La fillette triste

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IN LIBRERIA A MAGGIO 2011

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Un nuovo, letale virus sta colpendo gli utenti del peer to peer, ma non si tratta di un virus informatico. Una sindrome misteriosa, legata a un’antica leggenda e a una maledizione, sta mietendo vittime in tutta Europa a causa di un video casalingo distribuito random sul web, nel quale viene filmato l’omicidio di un’adolescente: nottetempo, chiunque abbia la sventura di osservare il filmato rimane orrendamente paralizzato, ma cosciente, fino al sopraggiungere di una morte lenta e angosciosa. Quando anche a Londra, Mae Ho e Nick Norwood vengono colpiti dal morbo misterioso, l’amico Lalo, con l’aiuto di un professore universitario e di un hacker informatico, si metterà sulle tracce della maledizione che accompagna il video. Una ricerca che lo condurrà lontano e che lo porterà a rischiare la vita pur di trovare la soluzione a questo inspiegabile rompicapo.

Transcript of La fillette triste

IN LIBRERIA A MAGGIO 2011

Un nuovo, letale virus sta colpendo gli utenti del peer to peer, ma non si tratta di un virus informatico. Una sindrome misteriosa, legata a un’antica leggenda e a una maledizione, sta mietendo vit-time in tutta Europa a causa di un video casalingo distribuito random sul web, nel quale viene filmato l’omicidio di un’adolescente: nottetempo, chiunque abbia la sventura di osservare il filmato rimane orrendamente paralizzato, ma cosciente, fino al sopraggiungere di una morte lenta e angosciosa. Quando anche a Londra, Mae Ho e Nick Norwood vengono colpiti dal morbo misterioso, l’amico Lalo, con l’aiuto di un pro-fessore universitario e di un hacker informatico, si metterà sulle tracce della maledizione che accompagna il video. Una ricerca che lo condurrà lontano e che lo porterà a rischiare la vita pur di trovare la soluzione a questo inspiega-bile rompicapo.

La Fillette Triste è un horror-thriller che unisce archeologia e informatica, azione e divertimento. La soluzione del mistero si dipanerà a poco a poco in un susseguirsi di colpi di scena che lascer-anno il lettore con il fiato sospeso, in un intreccio che unisce realtà e fantasia, archeologia, mitologia, psicologia.

L’autore:Francesco Lupo

è nato a Oliveto Citra, in provincia di Salerno,

il 5 aprile 1979, ma è cresciuto in

provincia di Bologna. Diplomato in elettrotec-

nica e automazione, Lupo è al suo primo romanzo, nato nelle

pause di un lavoro che lo ha portato spesso

lontano da casa. Appassionato di letture

che spaziano dal thriller al romanzo d’avventura,

Lupo ha trovato la sua dimensione

nel genere noir.

Francesco Lupo

La Fillette Triste

I libri editi da Absolutely Free sono distribuitida NDA di Editoria&Ambiente srl

Via Pascoli, 32 - 47853 - Cerasolo Ausa di Coriano (RN)

Lunga notte a Montague Street

Martedì 21 settembre. Ore 01.57 a.m. Gli occhi di Ryan erano lucidi e arrossati. Fuori, in strada, il silenzio. Non si udiva più da tempo il chiacchiericcio dei clienti del Blue Door Bistrot, il piccolo locale di Montague Street adiacente casa Kendal. A Camden Town la vita notturna era appena cominciata, ma a Montague Street, schiacciata fra il retro lugubre del British Museum e i giardini della University of London, quella notte era rimasto solo un cielo violaceo spazzato dal vento. Le iridi celesti di Ryan stavano scomparendo sotto le palpebre pesanti dal sonno, desiderose di lasciarsi alle spalle la giornata sui libri di economia. Una luce lampeggiante sul monitor lo scosse per un istante dal torpore: uno smiley sotto la foto sexy di Jessica85 cercava di attirare la sua attenzione. J: …Ehi, sei ancora lì? R: Sì… Scusami, sto veramente crollando. Ci sentiamo domani? J: Ok, tesoro, a domani! Buonanotte! R: Buonanotte… Jessica85 gli stampò un bacio virtuale sul video e poi scomparve dalla finestra della chat. “Al diavolo… Sono le due e domani ho il test di Macroeconomia. Che ci fai ancora sveglio, idiota?”, pensò tra sé e sé il ragazzo. Sua madre, che insegnava proprio alla University of London, non gliel’avrebbe perdonata in caso di bocciatura all’esame. E in fondo questa Jessica – se quello era il suo vero nome - non era neanche un tipo troppo interessante. Perché ci aveva perso due ore in chat? Ryan si stropicciò gli occhi con le mani e, con un click distratto, chiuse la finestra di Firefox. Era ora di andarsene a dormire. Ma prima… Un’ultima occhiata ai download in coda nel suo programma di condivisione dei file. Era illegale, lo sapeva. Eppure tutti usavano Pirate’s Bay per scambiarsi gratuitamente film, musica e file di ogni

tipo. Milioni di utenti, miliardi di file. Si poteva trovare di tutto. Per Ryan era una vera e propria passione. Lo trovava miracoloso: bastava inserire il nome di ciò che si desiderava et voilà! Partiva la ricerca. Poi il file veniva messo in coda e, tramite la rete, i file richiesti venivano scaricati sul proprio hard disk. Quella sera aveva messo in coda 13 chicche che gli aveva consigliato Michael, il suo migliore amico: Blue Oyster Cult, Dead Can Dance, Heroes del Silencio, Joy Division, Otyg, Systers of Mercy, The White Stripes, Skid Row, ASP, Luna Luna, Deathstars, Sirenia e Theater of Tragedy. Nessuno avrebbe pensato, con quei suoi capelli rossicci scompigliati e la faccia lattiginosa costellata di efelidi, che Ryan fosse un cultore del rock, del death metal e dell’avant-garde. “Bene bene… Ci sono tutti”, disse tra sé e sé mentre scorreva con lo sguardo stanco l’elenco dei download. C’era anche il video di Rokia Traoré. Decisamente non era il suo genere di musica, ma lei era veramente una bomba, con quella sua pelle nera sulle curve mozzafiato accarezzate dalle lunghe treccine africane. Con un click premette il pulsante “play” del lettore virtuale e le note di Mouneissa si diffusero piano nella stanza, mentre le immagini sensuali della cantante sullo sfondo di spiagge dorate scorrevano davanti ai suoi occhi sempre più stretti. Sbatté le palpebre e lo sguardo finì nuovamente sull’elenco dei download. ”E che cos’abbiamo qui ancora?”. Le sorprese non erano finite. Tra le altre cose, Pirate’s Bay aveva finito di scaricare anche “Donnie Darko”, un film che stava scaricando da un paio di settimane, e poi… C’era un altro file tra i download. “Mesmerize.zip”. Ryan aggrottò la fronte. Aveva già tutti gli album completi dei Mesmerize e i video del gruppo non gli interessavano. Era una rock band molto piacevole, ma aveva smesso da tempo di ascoltarli. Non capiva come quel file potesse essere finito nella cartella dei suoi download. Preso dalla stanchezza, fece per trascinarlo nel cestino. Nel frattempo la canzone di Rokia Traoré era finita e Ryan si ritrovò con il dito sul mouse,

pronto al rilascio del file nel cestino, improvvisamente immerso nel silenzio. Qualcosa lo trattenne. Riportò il puntatore nella cartella e lasciò andare. Poi cliccò due volte sul file “Mesmerize.zip”: se era compresso, voleva vedere che cosa conteneva. Ci mise pochi secondi… La barra arancione della finestra di unzip toccò il 100% e, sul desktop, ecco che ora c’era un altro file: “La Fillette Triste”. Un video. “E questo… Vuoi vedere che…” Ryan sgranò completamente gli occhi al pensiero. Era veramente quel file? Una botta di adrenalina gli fece passare d’un colpo il sonno e la stanchezza. Non poteva essere… Ryan Kendal aveva appena vinto alla lotteria. O, almeno, così aveva creduto lui. Il ticchettio delle lancette era l’unico rumore nella stanza. Tic, tac… Tic, tac… Ryan era rimasto a bocca aperta, incapace persino di respirare. Tic, tac… Tic, tac… Si passò una mano sulla fronte e sui capelli. Non poteva crederci… La Fillette Triste era sul suo hard disk. Ryan si scosse. Era riuscito a scaricare il file più cercato del web, quello che si diceva fosse una specie di Blair Witch Project all’inglese. Tantissime storie giravano su quel video. Era difficile da scaricare per via del titolo “a scatola cinese”: chi lo aveva messo in circolazione aveva nascosto il file del video con uno zip dal titolo banale e dunque per la sua ricerca c’era stata una vera caccia al tesoro. In più, chi lo riceveva, inspiegabilmente, non lo rimetteva più tra i file di scambio e le fonti rimaste erano veramente poche. Doveva contenere roba forte. Ryan era sicuro che si trattasse di una nuova operazione commerciale per lanciare un film horror a basso costo: chissà come, si era diffusa la voce che una maledizione colpisse chiunque guardasse il video. Anche tra i banchi dell’università si vociferava sul fatto che chi guardava il video poi sparisse dalla circolazione in circostanze strane. «Stronzate!» Disse ad alta voce Ryan. Il suono della sua voce lo sorprese, tanto che sobbalzò sulla sedia. Scoppiò a ridere, cercando di soffocare la

risata per non svegliare i suoi genitori nella stanza accanto. Non si sarebbe lasciato suggestionare da quelle stupide storie: sapeva come funzionavano. Bastava una storiella messa in giro da chi aveva girato il video per giocare sull’impressionabilità dei ragazzi, e poi come per magia questa faceva il giro del mondo, giocando sull’ambiguità e sul dubbio. Aveva funzionato così anche per quelli del Blair Witch Project, e grazie alla credulità e al passaparola avevano fatto una fortuna sbancando i botteghini al cinema. Una ben studiata operazione commerciale a zero spese, ecco cos’era La Fillette Triste. Oltretutto, la storia delle tragedie inspiegabili che colpivano chi lo guardava non era neanche tanto originale: c’era già un altro film che sfruttava quel filone, The Ring. «Sarà il solito horror movie di serie B» Disse di nuovo, sorprendendosi ancora di aver parlato ad alta voce. Forse aveva solo bisogno di rompere il silenzio nella stanza. Le dita della sua mano si misero a tamburellare nervosamente sul tavolo, accanto al mouse. V’era un tale silenzio che poteva sentire le vibrazioni del legno sotto le dita, quasi che i muri vuoti le amplificassero in un suono spettrale. Ryan sprofondò per qualche istante in uno stato catatonico. Chissà perché, proprio in quel momento gli tornò alla mente una discussione avuta un paio di settimane prima con Nabil, un suo collega di studi alla University of London. Nabil era arrivato in ritardo alla lezione del Prof. Schulz e si era beccato una ramanzina davanti a tutti, quel giorno. Non era da lui… Quando poi aveva preso posto accanto a Ryan, gli aveva bisbigliato trionfante che una sua amica, Ashlynn, era riuscita a scaricare La Fillette Triste. Nabil aveva detto che Ashlynn lo avrebbe guardato e poi glielo avrebbe passato. Era eccitato come un bambino mentre raccontava. E alla fine il Prof. Schulz, seccato dal continuo bisbiglìo di sottofondo, lo aveva buttato fuori dall’aula. Qualche giorno dopo aveva rivisto Nabil, abbattuto e irritato. “Quella gallina! Prima mi mette la pulce all’orecchio, e poi sparisce dalla circolazione. Se lo vuole tenere tutto per sé? Al diavolo, me lo troverò

da solo!”, aveva borbottato. Insomma, Ashlynn non si era più fatta viva e Nabil era deciso a troncare un’amicizia per un banale incidente diplomatico. Mai l’avrebbe cercata per primo dopo essere stato preso in giro. Ryan non sapeva come fossero andate realmente le cose, ma non aveva più chiesto nulla a Nabil per non irritarlo ulteriormente. E ora ci stava ripensando… Dove era finita Ashlynn? Perché non si era più fatta sentire? Lei e Nabil sembravano essere buoni amici… Le era forse accaduto qualcosa? Si stava lasciando impressionare. Tic, tac… Tic, tac… Ryan si scosse. Che stupidi dubbi gli stavano venendo? Non si sarebbe mai abbassato al livello dei suoi amici creduloni che gli avevano detto e ripetuto di non scaricare quel video. Codardi… Paurosi e suggestionabili. Ecco che cos’erano. Persino Michael, che gli passava sempre “roba” da scaricare, gli aveva sconsigliato di guardarlo. Diceva che, nel dubbio, era meglio lasciar perdere. Michael non era stato chiaro, diceva che non era il caso di rischiare. Ryan non poteva credere che uno sveglio come Mike si fosse lasciato impressionare da quelle stupide voci. “Ma quale maledizione… Certo chi ha messo in giro la storia è stato bravo… Pare che tutti ne abbiano paura. E anche l’icona del file, con quei due occhi da ragazzina inquietanti, mette i brividi. Ma non sarò di certo uno di quelli che se la fanno sotto per una storiella”. Ryan era sempre più curioso. Poggiò la mano sul mouse. Tic, tac… Tic, tac… Il ticchettio dell’orologio nella stanza stava diventando insopportabile. Martellava sempre più forte nella testa di Ryan. Alzò un dito per cliccare. Esitò un istante. E se avesse avuto ragione Michael? Un brivido gli corse giù, lungo la schiena. Tic, tac… Tic, tac… Era tardi e la casa era avvolta nel silenzio assoluto, se non fosse stato per quel terribile ticchettio dell’orologio. Fuori, la luce violacea del cielo notturno creava ombre effimere attraverso la tenda tirata sulla finestra della sua stanza. Non poteva lasciar perdere ora… Il file era suo. Ryan aveva la gola secca, deglutì nervosamente e si rese conto che da qualche minuto

ormai respirava a bocca aperta con lo sguardo fisso sul monitor del computer. Aveva ancora la mano destra sul mouse, la testa protesa in avanti, quasi volesse entrare nel monitor. Probabilmente aveva assunto inconsapevolmente quella posizione da quando i dubbi e i pensieri gli avevano attanagliato la mente. Si ricompose e si mise comodo. Tic, tac… Tic, tac… “Coraggio, roccia! È solamente un video… Sarà la solita bufala per ragazzini” Tic, tac… Tic… Tac… Finalmente il dito si mosse sul mouse e con due colpi rapidi e veloci fece partire il filmato.

La Fillette Triste

L’immagine era un po’ sgranata. L’esterno di una casa. Era giorno, probabilmente pomeriggio. L’immagine era mossa, la qualità del video scarsa. La ripresa era fatta ad una trentina di metri dall’abitazione. Una strada sterrata e mal curata divideva il regista dalla casa. Una strada in salita. Ai lati, quelli che sembravano essere castagni, abeti e sequoie. La casa era bianca, dall’aspetto vecchio e trasandato. Sembrava abbandonata. Un tempo doveva essere stata molto graziosa. Era costruita su due piani e terminava con un corto tetto spiovente in lavagna, parzialmente ricoperto d’edera. La facciata, circondata da cespugli di lavanda e di artemisia sfioriti, era coperta da un’ampia veranda, alla quale si accedeva tramite tre piccoli scalini d’ingresso, rovinati e scheggiati. Nessuna parola, non un respiro. Il video procedeva in quei primi secondi di ripresa accompagnato semplicemente da un brusio di fondo. Si confondeva quasi con il silenzio della stanza… Ryan osservava il video immobile. La curiosità stava velocemente lasciando spazio ad un senso d’angoscia sempre più palpabile. Poi uno zoom improvviso e un’ombra. C’era qualcuno alla finestra. Poi lo stacco d’immagine. Un corridoio. L’autore del video si trovava all’interno. Un altro stacco. Il video procedeva per spezzoni di riprese montate grossolanamente. Ancora il corridoio. Si intravedeva qualche quadro appeso alle pareti. In fondo, due porte color indaco slavato, una di fronte all’altra. D’un tratto una ragazza sbucò da una di esse. Aveva lunghi capelli biondi e indossava una vestaglia color avorio. Le immagini indugiarono qualche istante su di lei. Era scalza, immobile, lo sguardo puntato pensierosamente sul pavimento. Qualcosa la scosse: alzò lentamente il viso e osservò la telecamera. Il suo sguardo ceruleo parve affievolirsi, finché, con uno scatto improvviso, si mise a correre verso chi riprendeva. A pochi passi dall’obiettivo si intravide il suo viso emaciato con uno sguardo che sembrava esplodere d’ira, la bocca

pronta a lanciare un grido. Un altro stacco. Una sala. L’ambiente era poco illuminato. Sul fondo della parete, una finestra a vetri spartiti da stecche orizzontali, anch’esse bianche, dalla quale filtrava una luce crepuscolare. Al centro della sala, un uomo e una ragazza. La telecamera sembrava essere appoggiata in un angolo, forse su un tavolo. Si intravedeva una superficie sfocata. L’uomo, una cinquantina d’anni, capelli brizzolati e fisico asciutto, teneva un braccio sulle spalle della ragazzina. Indossava un paio di pantaloni marroni e una camicia di flanella a quadri verdi. Lei poteva avere dodici, tredici anni al massimo. Fisico esile, la stessa vestaglia color avorio e una lunga cascata di capelli biondi. Se ne stavano immobili, come in una posa per una fotografia, l’uno accanto all’altra. Le espressioni dei volti, però, non erano quelli di una felice foto ricordo. L’uomo aveva lo sguardo perso nel vuoto e la sua espressione sembrava essere quella di chi non riesce a capacitarsi di qualcosa. Difficile, invece, cogliere l’espressione di lei: teneva il capo lievemente chino e i capelli le coprivano parzialmente il viso. La sala pareva ordinata. Un divano, il pavimento ricoperto da un parquet piuttosto grezzo, le pareti dai colori neutri… Probabilmente non veniva pulita da molto tempo. In quella ripresa immobile, quasi innaturale, lo sguardo di Ryan poté fare sempre più attenzione ai dettagli: su un lato della parete, in basso a destra rispetto alla ragazza, la superficie del muro era pieno di impronte di mani sovrapposte confusamente. Ryan era sempre più attento, sempre più colpito da quelle immagini. Ma, prima di riuscire a cogliere altri dettagli, un altro stacco interruppe la sequenza. L’uomo. L’angolo della ripresa sembrava diverso, lo zoom sicuramente potenziato. Era seduto, forse ancora nella stessa stanza. Aveva la schiena ricurva, i gomiti poggiavano sulle gambe e si teneva il volto tra le mani. Sembrava singhiozzare freneticamente, sicuramente piangeva. In un singulto, alzò il viso e i suoi occhi incrociarono l’obiettivo della telecamera. Erano gonfi di lacrime, l’espressione

disperata ed incredula. Un altro stacco. Il primo piano di una fotografia. Era una donna sulla quarantina, dai bei lineamenti. Magra, con lunghi capelli biondi. Aveva un’espressione severa, con le ciglia lievemente aggrottate sopra gli occhi color ghiaccio. Sebbene apparisse esile, incuteva una certa soggezione. Uno stacco più lungo degli altri. Qualche secondo. Il giardino al calar del sole. Un dondolo in legno, sul quale stava la ragazzina bionda in vestaglia. A Ryan sembrò che le immagini iniziassero a scorrere più velocemente, il movimento del dondolo appariva innaturale. L’ennesimo stacco. La ragazzina stava seduta a terra in un angolo della casa. Aveva di nuovo il viso rivolto verso il basso. Con uno scatto repentino del collo alzò il volto verso la telecamera. Un nuovo stacco interruppe le immagini. Di nuovo la ragazza sul dondolo, immersa nelle tenebre. Il movimento era di nuovo troppo rapido per essere naturale. Il video si fece di colpo più incalzante: una serie di immagini si susseguirono rapidamente. L’uomo e la ragazza nella sala, l’uomo che piangeva, la ragazza seduta in un angolo, il dondolo, le mani sul muro. Una stanza completamente buia, un letto matrimoniale, la foto, il volto della ragazza, uno stacco. Ryan aveva il cuore in gola. Gli era persino parso di udire delle voci, dei sussurri, mentre scorrevano quelle immagini. Ma non era sicuro. Poteva essere stata la sua immaginazione, condizionata dalla frenesia delle sequenze. Le immagini tornarono ora a velocità naturale. L’uomo pareva ancora piangere e singhiozzare, come in una replica della scena precedente. Stava accasciato su se stesso con la testa appoggiata alle mani, qualche scossa gli scuoteva il dorso di tanto in tanto facendolo sussultare. Di nuovo, l’uomo alzò lo sguardo e andò ad incrociare l’obiettivo della telecamera… Ma la sua espressione era totalmente diversa da quella dell’uomo affranto e distrutto che si era vista in precedenza. Nei pochi istanti della durata della scena, Ryan

colse in quell’espressione una malvagità sconcertante, un ghigno malefico che gli aveva totalmente stravolto i lineamenti. Stacco. Il video si mostrava di nuovo accelerato. Una stanza buia. Poi, un lampo e la figura della ragazza in piedi in un angolo. Poi di nuovo buio. Le ombre lasciavano intravedere solo la sagoma di un letto matrimoniale e quella di un uomo sdraiato sopra le coperte. Anche in questo caso, la telecamera sembrava poggiata su un mobile. Nella penombra, improvvisamente qualcuno afferrò l’uomo disteso sul letto per le caviglie. Stacco. In pochi decimi di secondo, il video riprese ad una velocità tale da non permettere di capire cosa si stesse guardando. Ryan, incollato con lo sguardo davanti al monitor, riuscì solo a captare qualche fotogramma delle immagini precedenti. Il video proseguì per circa un minuto con immagini completamente incomprensibili, un minuto che parve a Ryan un’infinità…La sua vista era affaticata da quel turbinio di immagini follemente accelerate, eppure non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo. Infine, un ultimo stacco. Il video sembrava essere terminato. Ryan sbatté le palpebre, un po’ intontito da quanto aveva visto. Fissò lo schermo nero che luccicava come un cielo notturno striato da pixel bianchi, con quell’effetto tipico delle vecchie videocassette non ancora registrate. Il ragazzo trasse un respiro di sollievo. Per quanto tempo aveva trattenuto il respiro? Era passato solo qualche secondo, quando le immagini ripresero all’improvviso e Ryan sobbalzò sulla sedia. Aveva i nervi a fior di pelle. Sul display, in basso a destra, era impresso l’orario della ripresa. Le 3:59 antimeridiane. Nel buio, si poteva scorgere una stanza matrimoniale, ma non era la stessa dell’ultima ripresa. Anche questa volta la videocamera era immobile, probabilmente appoggiata in un angolo della stanza. Nel buio, il profilo scuro di una persona adagiata, i lunghi capelli sparpagliati tra il cuscino e le lenzuola. Ma non era sola. Sul lato opposto della stanza, davanti a una finestra, si stagliava il profilo di un uomo. Era immobile, probabilmente la stava guardando. Poi si mosse.

Lentamente, allungò un braccio verso il letto e afferrò il cuscino del lato vuoto a lui più vicino. Poi, percorse con estrema calma tutto il perimetro del letto, fino a giungere proprio accanto alla ragazza. Si fermò a guardarla. Infine, con uno scatto d’ira improvviso, le calcò violentemente il cuscino sulla testa, mantenendolo con forza su di essa. La ragazza, con un sussulto, cominciò a dibattersi con tutte le sue forze, ma l’uomo non desistette. Lei si dibatteva, scalciava, le braccia affondavano nell’aria senza incontrare resistenza… Ma il video si interruppe proprio in quell’istante. Lo schermo era ora completamente nero. Ryan lo fissava senza fiatare. Un brivido gli percorse tutta la schiena, aveva le mani sudate. Era convinto di aver visto il volto della ragazza in un ultimo flash, ma il video era ancora completamente nero. Sarebbe ripreso? Doveva aspettarsi ancora qualcosa? Ryan si passò una mano tra i capelli e attese qualche secondo ancora trattenendo il respiro. Era finito.

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