La figura femminile come ponte per l'integrazione

19
1 Progetto cofinanziato dal Ministero Pari Opportunità “La figura femminile come ponte per l’integrazione” "Il quadro europeo nell'ambito dell’inclusione e integrazione degli immigrati. Uno sguardo al femminile" a cura di Elena Garavaglia Associazione ESTER Le politiche europee in materia d’immigrazione e d’integrazione dei cittadini dei paesi terzi si inquadrano in un contesto demografico europeo esposto a notevoli cambiamenti. L’integrazione degli immigrati regolari rappresenta un enorme potenziale e una sfida per una Europa più multiculturale, coesa e competitiva. Di seguito si presentano i principali cambiamenti demografici che attraversano i Paesi dell’Unione, gli obiettivi che l’Unione europea si è proposta di raggiungere attraverso la Strategia 2020 insieme alle sfide che dovrà affrontare nel prossimo futuro, alcuni cenni sulla politica europea in materia di pari opportunità ed antidiscriminazione, per arrivare alla politica di immigrazione e integrazione dei cittadini e delle cittadine dei paesi terzi. Si propongono, inoltre, alcuni esempi d’integrazione al femminile nel nostro Paese. In questo modo ci sembra di poter inquadrare appieno il fenomeno della immigrazione al femminile in ambito europeo e in particolare in Italia, per aprire un dibattito e favorire una riflessione locale al fine di individuare le migliori pratiche di integrazione e cogliere la figura femminile come risorsa e ponte per l’integrazione. Il dibattito aperto con alcuni studenti delle scuole secondarie della Regione Lombardia, la riflessione sulla percezione e sugli stereotipi legati all’immigrazione e al genere e i disegni che sono stati raccolti in una piccola pubblicazione evidenziano come le nuove generazioni percepiscano gli immigrati e le donne nel contesto del mercato del lavoro e tra i sessi. Emerge un mondo in cui le giovani donne ricoprono ruoli e sono rappresentate in ambienti lavorativi solitamente tipici del sesso maschile, alcuni uomini immigrati ricoprono ruoli e posizioni di comando rispetto agli uomini e alle donne italiani. Da questo piccolo osservatorio sembra si possa dire che i giovani italiani, cresciuti in un contesto educativo multiculturale rispetto alla generazione più adulta e anziana, abbiano superato gli stereotipi legati al genere e alle differenze culturali e vivano in un ambiente più stimolante, ricco e coeso. Per i giovani sembra naturale vivere in un mondo “transculturale”, ricco di diverse culture, esperienze, religioni che travalicano gli stereotipi legati al genere. Da ultimo, si propongono delle raccomandazioni utili a stimolare una riflessione comune per i decisori politici a livello regionale e locale, per le organizzazioni della società civile, le cooperative di cittadini italiani, le cooperative, le associazioni e le comunità d’immigrati, gli istituti di ricerca, al fine di promuovere possibili protocolli d’intesa tra i diversi portatori di interesse per la valorizzazione della risorsa femminile, come ponte per l’integrazione, a livello locale.

description

"Il quadro europeo nell'ambito dell’inclusione e integrazione degli immigrati. Uno sguardo al femminile"

Transcript of La figura femminile come ponte per l'integrazione

Page 1: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

1  

Progetto  co-­‐finanziato  dal  Ministero  Pari  Opportunità  “La  figura  femminile  come  ponte  per  l’integrazione”  

 "Il  quadro  europeo  nell'ambito  dell’inclusione  e  integrazione  degli  immigrati.    

Uno  sguardo  al  femminile"    

a  cura  di  Elena  Garavaglia  -­‐  Associazione  ESTER        

Le  politiche  europee  in  materia  d’immigrazione  e  d’integrazione  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  si  inquadrano  in  un  contesto  demografico  europeo  esposto  a  notevoli  cambiamenti.  L’integrazione  degli  immigrati  regolari  rappresenta  un  enorme  potenziale  e  una  sfida  per  una  Europa  più  multiculturale,  coesa  e  competitiva.  Di  seguito  si  presentano  i  principali  cambiamenti  demografici  che  attraversano  i  Paesi  dell’Unione,  gli  obiettivi  che  l’Unione  europea  si  è  proposta  di  raggiungere  attraverso  la  Strategia  2020  insieme  alle  sfide  che  dovrà  affrontare  nel  prossimo  futuro,  alcuni  cenni  sulla  politica  europea  in  materia  di  pari  opportunità  ed  antidiscriminazione,  per  arrivare  alla  politica  di  immigrazione  e  integrazione  dei  cittadini  e  delle  cittadine  dei  paesi  terzi.    Si  propongono,  inoltre,  alcuni  esempi  d’integrazione  al  femminile  nel  nostro  Paese.  In  questo  modo  ci  sembra  di  poter  inquadrare  appieno  il  fenomeno  della  immigrazione  al  femminile  in  ambito  europeo  e  in  particolare  in  Italia,  per  aprire  un  dibattito  e  favorire  una  riflessione  locale  al  fine  di  individuare  le  migliori  pratiche  di  integrazione  e  cogliere  la  figura  femminile  come  risorsa  e  ponte  per  l’integrazione.  Il  dibattito  aperto  con  alcuni  studenti  delle  scuole  secondarie  della  Regione  Lombardia,  la  riflessione  sulla  percezione  e  sugli  stereotipi  legati  all’immigrazione  e  al  genere  e  i  disegni  che  sono  stati  raccolti  in  una  piccola  pubblicazione  evidenziano  come  le  nuove  generazioni  percepiscano  gli  immigrati  e  le  donne  nel  contesto  del  mercato  del  lavoro  e  tra  i  sessi.  Emerge  un  mondo  in  cui  le  giovani  donne  ricoprono  ruoli  e  sono  rappresentate  in  ambienti  lavorativi  solitamente  tipici  del  sesso  maschile,  alcuni  uomini  immigrati  ricoprono  ruoli  e  posizioni  di  comando  rispetto  agli  uomini  e  alle  donne  italiani.  Da  questo  piccolo  osservatorio  sembra  si  possa  dire  che  i  giovani  italiani,  cresciuti  in  un  contesto  educativo  multiculturale  rispetto  alla  generazione  più  adulta  e  anziana,  abbiano  superato  gli  stereotipi  legati  al  genere  e  alle  differenze  culturali  e  vivano  in  un  ambiente  più  stimolante,  ricco  e  coeso.  Per  i  giovani  sembra  naturale  vivere  in  un  mondo  “transculturale”,  ricco  di  diverse  culture,  esperienze,  religioni  che  travalicano  gli  stereotipi  legati  al  genere.  Da  ultimo,  si  propongono  delle  raccomandazioni  utili  a  stimolare  una  riflessione  comune  per  i  decisori  politici  a  livello  regionale  e  locale,  per  le  organizzazioni  della  società  civile,  le  cooperative  di  cittadini  italiani,  le  cooperative,  le  associazioni  e  le  comunità  d’immigrati,  gli  istituti  di  ricerca,  al  fine  di  promuovere  possibili  protocolli  d’intesa  tra  i  diversi  portatori  di  interesse  per  la  valorizzazione  della  risorsa  femminile,  come  ponte  per  l’integrazione,  a  livello  locale.      

   

Page 2: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

2  

       

Il  quadro  demografico  europeo    Il  Trend  statistico  ci  parla  di  una  popolazione  europea  più  numerosa,  più  vecchia,  più  multiculturale.1    Alcuni  dati      Il  numero  di  abitanti  della  Unione  europea  è  di  502  milioni.  La  percentuale  degli  immigrati  in  Unione  europea  è  il  4%  (20  milioni),  un  quinto  degli  immigrati  nel  mondo2.  Il  tasso  di  crescita  della  popolazione  europea  avviene  grazie  agli  immigrati  (91  milioni  in  più).  L’età  media  della  popolazione  europea  dal  1990  al  2010  è  cresciuta  da  35  a  41  anni.  Il  tasso  di  disoccupazione  della  popolazione  europea  è  di  circa  l’8%.  La  popolazione  immigrata  è  più  giovane,  attestandosi  su  una  media  di  27,5  anni  rispetto  alla  media  dei  cittadini  europei  di  30,2.  Le  proiezioni  al  2060  indicano  che  tra  i  giovani  adulti  immigrati,  il  numero  delle  prime  e  seconde  e  generazioni  è  destinato  a  crescere  notevolmente.    L’incremento  della  popolazione  non-­‐europea  nei  paesi  dell’Unione  è  di  uno  o  due  milioni  all’anno  nell’ultimo  periodo  (con  il  picco  nel  2007).  Molti  dei  paesi  europei,  infatti,  continuano  ad  attrarre  la  popolazione  immigrata  dagli  altri  paesi  non-­‐europei  anche  dopo  la  crisi  globale  finanziaria  che  ha  prodotto  recessione  nei  paesi  occidentali.    I  Paesi  dell’Unione  europea  attraggono  gli  immigrati  con  bassa  scolarità  e  negli  ultimi  anni  l’immigrazione  ha  interessato  i  Paesi  che  si  affacciano  sulla  sponda  del  Mediterraneo.  Gli  immigrati  con  alta  scolarità,  sia  maschi  che  femmine,  tendono  ad  essere  impiegati  in  lavori  meno  qualificati  dei  cittadini  locali.      In  ambito  europeo,  gli  immigrati  di  seconda  generazione  si  avvicinano  al  tasso  d’impiego  dei  figli  degli  autoctoni,  ma  il  loro  tasso  d’impiego  rimane  basso  e  ciò  vale  per  gli  uomini  come  per  le  donne.  Evidenziamo  comunque  che,  in  Italia,  le  giovani  donne  immigrate  di  seconda  generazione  registrano  un  tasso  di  occupazione  superiore  a  quello  delle  donne  con  genitori  italiani.    

                                                                                                               1  Eurostat,  Demography  Report  2010,  -­‐  Older,  more  numerous  and  diverse  Europeans    2  Development  Research  Centre  on  Migration  Globalisation  &  Poverty  “Making  Migration  Work  for  Development”      

Page 3: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

3  

Nel  2060  si  prevede  che  la  percentuale  dei  residenti  in  Unione  europea  di  età  compresa  tra  i  15  e  74  anni  nati  all’estero  o  con  un  genitore  nato  all’estero  raddoppierà  rispetto  al  2008  (12,7  %)  e  raggiungerà  addirittura  il  25%.    Se  si  considera  il  processo  d’integrazione  dei  cittadini  dei  pesi  terzi,  nei  quattro  paesi  europei  (Belgio,  Olanda,  Francia,  Austria,  Regno  Unito)  con  le  più  ampie  coorti  degli  immigranti  di  seconda  generazione  e  dati  disponibili,  si  nota  che  avviene  nel  corso  di  due  o  tre  generazioni,  quando  i  figli  degli  immigrati  acquisiscono  un  livello  di  scolarizzazione  e  un  ingresso  nel  mercato  del  lavoro  simile  a  quello  della  popolazione  locale.  I  dati  indicano  anche  che,  in  generale,  nei  ventisette  Paesi  dell’Unione  europea,  i  nipoti  degli  immigrati  non  si  sentono  più  parte  di  un  gruppo  minoritario.    Insieme  all’aumento  degli  immigrati  cittadini  di  paesi  terzi,  si  registra,  inoltre,  un  incremento  del  numero  di  europei  che  si  spostano  nei  paesi  dell’Unione:  sono  tendenzialmente  più  giovani  e  più  scolarizzati  della  media  nel  paese  ospitante;  solitamente  si  spostano  nei  Paesi  europei  per  poco  tempo.  In  particolare,  le  persone  che  si  spostano  in  altri  paesi,  sia  migranti  tradizionali  sia  nuovi,  tendono  a  essere  più  abili  nelle  lingue  straniere  e  si  muovono  per  studiare  e  lavorare.        In  Italia    In  Italia  si  registra  il  più  alto  tasso  di  popolazione  anziana  non  autosufficiente  insieme  alla  Germania,  con  un  tasso  di  fertilità  basso  (1.6)  e  una  aspettativa  di  vita  alta.  La  previsione  è  che  il  tasso  della  popolazione  dipendente  cresca  di  due  terzi  negli  anni  (quindi  due  persone  al  di  sopra  dei  65  anni  per  ogni  tre  persone  che  sono  in  età  lavorativa).  La  popolazione  italiana  è  destinata  a  rimanere  invariata  numericamente,  solo  se  continua  il  tasso  di  immigrazione.  Il  tasso  di  occupati  anziani  è  relativamente  basso.  La  proporzione  di  lavoratori  anziani  (55-­‐64  anni)  come  forza  lavoro  è  destinata  ad  arrivare  al  25%  nel  2030.  E’  necessario  aumentare  la  produttività,  promuovendo  il  successo  scolastico,  evitando  l’abbandono  scolastico  e  investendo  nella  ricerca  e  nello  sviluppo.    Nel  2009,  si  registra  un  tasso  di  impiego  delle  donne  tra  i  25  e  54  anni  pari  al  59,2%  rispetto  alla  stessa  coorte  di  età  degli  uomini  dell’  84,6%  e  un  tasso  d’impiego  delle  donne  immigrate  tra  i  25  e  i  54  anni  di  età  del  53,6%  .      La  promozione  della  forza  lavoro  femminile  e  la  riduzione  della  povertà  femminile  impiegata  nei  lavori  domestici  e  con  prole,  insieme  all’allungamento  dell’età  pensionabile  sono  alcune  delle  opportunità  e  delle  sfide  che  il  nostro  paese  deve  affrontare  nel  futuro.      

Page 4: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

4  

 La  strategia  europea  20203  

 La  strategia  europea  2020  punta  a  rilanciare  l'economia  dell'Unione  europea  nel  prossimo  decennio.    In  un  mondo  che  cambia  l'Unione  europea  si  propone  di  diventare  un'economia  intelligente,  sostenibile  e  solidale.    Queste  tre  priorità,  che  si  rafforzano  a  vicenda,  intendono  aiutare  l'Unione  europea  e  gli  Stati  membri  a  conseguire  elevati  livelli  di  occupazione,  di  produttività  e  di  coesione  sociale.    In  particolare,  l'Unione  si  è  posta  cinque  ambiziosi  obiettivi  –  in  materia  di  occupazione,  innovazione,  istruzione,  integrazione  sociale  e  clima/energia  –  da  raggiungere  entro  il  2020.    Ogni  Stato  membro  ha  adottato  per  ciascuno  di  questi  settori  i  propri  obiettivi  nazionali.    Gli  interventi  concreti  a  livello  europeo  e  nazionale  vanno  a  consolidare  la  strategia.    Nello  specifico,  crescita  intelligente  significa:  -­‐  migliorare  le  prestazioni  nell’istruzione  e  quindi  incoraggiare  le  persone  ad  apprendere,  studiare  e  aggiornare  le  loro  competenze.  -­‐  migliorare  le  prestazione  nel  campo  della  ricerca/innovazione  attraverso  la  creazione  di  nuovi  prodotti/servizi  in  grado  di  stimolare  la  crescita  e  l'occupazione  per  affrontare  le  sfide  della  società.  -­‐  migliorare  le  prestazioni  nel  campo  della  società  digitale  attraverso  l’uso  delle  tecnologie  dell'informazione  e  della  comunicazione.    Gli  obiettivi  dell'Unione  europea  per  la  crescita  intelligente  comprendono:  - livelli  d’investimento  (pubblico  più  privato)  pari  al  3%  del  PIL  dell'Unione  europea,  nonché  condizioni  migliori  per  la  ricerca,  lo  sviluppo  e  l'innovazione.  -­‐  tasso  di  occupazione  per  donne  e  uomini  di  età  compresa  tra  20  e  64  anni  al  75%  entro  il  2020,  da  conseguire  offrendo  maggiori  opportunità  lavorative,  in  particolare  a  donne,  giovani,  lavoratori  più  anziani  e  meno  qualificate  e  immigrati  regolari.  -­‐  migliori  risultati  scolastici,  in  particolare,  riducendo  gli  abbandoni  scolastici  al  di  sotto  del  10%;  garantendo  che  almeno  il  40%  dei  30-­‐34enni  abbia  un'istruzione  universitaria  (o  equivalente).      Crescita  sostenibile  significa  un'economia  più  efficiente  sotto  il  profilo  delle  risorse,  più  verde  e  più  competitiva.    L’Unione  europea  intende:  -­‐  costruire  un'economia  a  basse  emissioni  di  CO2  più  competitiva,  capace  di  sfruttare  le  risorse  in  modo  efficiente  e  sostenibile  -­‐  tutelare  l'ambiente,  ridurre  le  emissioni  e  prevenire  la  perdita  della  biodiversità.  -­‐  servirsi  del  ruolo  guida  dell'Europa  per  sviluppare  nuove  tecnologie  e  metodi  di  produzione  verdi    

                                                                                                               3  COM(2010)  2020  Comunicazione  della  Commissione  europea  2020  “Una  strategia  per  una  crescita  intelligente,  sostenibile  e  inclusiva”      

Page 5: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

5  

-­‐  introdurre  reti  elettriche  intelligenti  ed  efficienti    -­‐  sfruttare  le  reti  su  scala  europea  per  conferire  alle  nostre  imprese  -­‐  specie  le  piccole  aziende  industriali  -­‐  un  ulteriore  vantaggio  competitivo.  -­‐  migliorare  l'ambiente  in  cui  operano  le  imprese,  in  particolare  le  piccole  e  medie    -­‐  aiutare  i  consumatori  a  fare  delle  scelte  informate.    Gli  obiettivi  dell'Unione  Europea  per  la  crescita  sostenibile  comprendono:  -­‐  la  riduzione  delle  emissioni  di  gas  serra  del  20%  rispetto  ai  livelli  del  1990  entro  il  2020.    L'UE  è  pronta  ad  andare  oltre  e  prevedere  una  riduzione  del  30%  se  gli  altri  paesi  sviluppati  si  assumono  un  impegno  analogo  e  i  paesi  in  via  di  sviluppo  contribuiscono  secondo  le  proprie  capacità  nell'ambito  di  un  accordo  globale.  -­‐  l’aumento  della  proporzione  delle  energie  rinnovabili  nel  consumo  finale  al  20%    -­‐  l’aumento  del  20%  dell'efficienza  energetica.      Nello  specifico,  crescita  solidale  significa:  -­‐  aumentare  il  tasso  di  occupazione  dell'Unione  europea  con  un  numero  maggiore  di  lavori  più  qualificati,  specie  per  le  donne,  i  giovani  e  i  lavoratori  più  anziani.  -­‐  aiutare  le  persone  di  ogni  età  a  prevedere  e  gestire  il  cambiamento  investendo  in  competenze  e  formazione.    -­‐  modernizzare  i  mercati  del  lavoro  e  i  sistemi  previdenziali.  -­‐  garantire  che  i  benefici  della  crescita  raggiungano  tutte  le  aree  dell'Unione  europea.    L’Unione  europea,  attraverso  la  crescita  solidale,  ha  l’obiettivo  di  ridurre  almeno  del  25%  la  popolazione  povera  -­‐  20  milioni  di  persone  a  rischio  o  in  situazione  di  povertà  ed  emarginazione  in  meno.          

La  Strategia  europea  per  la  parità  tra  donne  e  uomini4        

Richiamando  la  Carta  delle  donne5,  che  ribadisce  che  la  parità  tra  donne  e  uomini  è  un  diritto  fondamentale,  stabilito  dall'articolo  2  del  trattato  sull'Unione  europea  e  dalla  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea6,  che  si  tratta  di  uno  dei  valori  comuni  sui  quali  si  fonda  l'Unione  europea.  Che  la  coesione  economica  e  sociale,  la  crescita  sostenibile  e  la  competitività,  le  sfide  demografiche,  riuscire  in  tutto  questo  dipende  da  una  vera  uguaglianza  tra  donne  e  uomini.    

                                                                                                               4  COM(2010)  491  definitivo  Comunicazione  della  Commissione  al  Parlamento  europeo,  al  Consiglio,  al  Comitato  Economico  e  Sociale  europeo  e  al  Comitato  delle  Regioni  “Strategia  per  la  parità  tra  donne  e  uomini  2010-­‐2015”    

 5 COM(2010)78  definitivo  Comunicazione  della  Commissione  “Maggiore  impegno  verso  la  parità  tra  donne  e  uomini  Carta  per  le  donne”    6  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell’Unione  europea  Capo  III  artt.  20-­‐26  

Page 6: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

6  

La  strategia  europea  per  la  parità  2010  2015  rileva  che  le  disparità  tra  le  donne  e  gli  uomini  violano  i  diritti  fondamentali,  impongono  un  pesante  tributo  all'economia  e  hanno  come  conseguenza  una  sottoutilizzazione  dei  talenti.    Promuovendo  la  parità  di  genere  si  possono  ottenere  vantaggi  economici  e  commerciali.  Per  raggiungere  gli  obiettivi  di  Europa  2020,  infatti,  è  necessario  utilizzare  il  potenziale  e  i  talenti  delle  donne  in  modo  più  ampio  ed  efficiente.    Le  azioni  che  la  strategia  promuove  interessano  cinque  settori  e  attività  trasversali  e  cioè:  pari  indipendenza  economica,  pari  retribuzione  per  lo  stesso  lavoro  e  lavoro  di  pari  valore,  parità  nel  processo  decisionale,  dignità,  integrità  e  fine  della  violenza  nei  confronti  delle  donne,  parità  tra  donne  e  uomini  nelle  azioni  esterne.  L’attività  trasversale  interessa  il  monitoraggio,  l'applicazione,  la  valutazione  e  l'aggiornamento  regolari  del  quadro  giuridico7  in  materia  di  parità8  e  antidiscriminazione9.    La  pari  indipendenza  economica  è,  nello  specifico,  una  condizione  essenziale  perché  sia  le  donne  che  gli  uomini  siano  in  grado  di  controllare  la  propria  vita  e  di  compiere  scelte  reali.    Per  raggiungere  l'obiettivo  di  Europa  2020  di  un  tasso  di  occupazione  del  75%  per  donne  e  uomini  è  necessario  concentrarsi  sulla  partecipazione  al  mercato  del  lavoro  delle  donne  più  anziane,  dei  genitori  soli,  delle  donne  disabili,  delle  donne  migranti  e  delle  donne  delle  minoranze  etniche.        Per  quanto  concerne  le  donne  migranti,  si  sottolinea  che  il  loro  tasso  di  occupazione  rimane  basso,  specialmente  nei  primi  tre  anni  in  cui  si  trovano  nel  paese  di  accoglienza.    Per  questo  motivo  è  essenziale  fornire  per  tempo  un  sostegno  alle  donne  migranti  e  monitorare  gli  effetti  di  tale  assistenza.  È  importante  renderle  più  consapevoli  dei  loro  diritti  e  facilitare  la  loro  integrazione  e  l'accesso  all'istruzione  e  all'assistenza  sanitaria.        Le  azioni  chiave  per  il  raggiungimento  dell’indipendenza  economica  intendono:  -­‐ sostenere  la  promozione  della  parità  di  genere  per  quanto  riguarda  la  definizione  e  

l'attuazione  delle  misure  nazionali  pertinenti,  -­‐ promuovere  l'imprenditorialità  e  il  lavoro  autonomo  delle  donne,  

                                                                                                               7  COM(2008)  420  definitivo  Comunicazione  della  Commissione  al  Parlamento  europeo,  al  Consiglio,  al  Comitato  Economico  e  Sociale  Europeo  e  al  Comitato  delle  Regioni  “Non  discriminazione  e  pari  opportunità:  Un  impegno  rinnovato”      8  La  sfida  demografica  e  la  solidarietà  tra  generazioni  P7_TA(2010)0400  Risoluzione  del  Parlamento  europeo  dell'11  novembre  2010  sulla  sfida  demografica  e  la  solidarietà  tra  le  generazioni  (2010/2027(INI))  Paragrafo  Politica  della  migrazione      9  Art  21  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell’Unione  europea  “E’  vietata  qualsiasi  forma  di  discriminazione  fondata,  in  particolare,  sul  sesso,  la  razza,  il  colore  della  pelle  o  l’origine  etnica  o  sociale,  le  caratteristiche  genetiche,  la  lingua,  la  religione  o  le  convinzioni  personali,  le  opinioni  politiche  o  di  qualsiasi  altra  natura,  l’appartenenza  ad  una  minoranza  nazionale,  il  patrimonio,  la  nascita,  gli  handicap,  l’età  o  le  tendenze  sessuali.”      

Page 7: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

7  

-­‐ valutare  le  disparità  ancora  esistenti  per  quanto  riguarda  il  diritto  al  congedo  per  motivi  di  famiglia,    

-­‐ riferire  sui  risultati  ottenuti  dagli  Stati  membri  per  quanto  riguarda  le  strutture  di  assistenza  per  l'infanzia    

-­‐ promuovere  la  parità  di  genere  in  tutte  le  iniziative  concernenti  l'immigrazione  e  l'integrazione  dei  migranti.

 Le  azioni  chiave  che  riguardano  la  pari  retribuzione  per  lo  stesso  lavoro  e  lavoro  di  pari  valore  intendono  superare  gli  ostacoli  alla  radice  della  disparità  tra  i  sessi  legate  al  divario  tra  il  livello  d'istruzione  delle  donne  e  la  loro  carriera  professionale,  alla  segregazione  nel  mercato  del  lavoro  dato  che  le  donne  e  gli  uomini  tendono  ancora  a  lavorare  in  settori  e/o  impieghi  diversi  e  alla  parte  sproporzionata  di  responsabilità  familiari  da  sostenere  e  la  conseguente  difficoltà  di  conciliare  il  lavoro  con  la  vita  privata.      Le  azioni  che  intendono  promuovere  la  parità  nel  processo  decisionale  si  concentrano  su  iniziative  mirate  al  miglioramento  della  parità  di  genere  nei  processi  decisionali,  al  monitoraggio  dell'obiettivo  del  25%  di  donne  in  posizioni  direttive  di  alto  livello  nella  ricerca;  al  monitoraggio  dei  progressi  verso  l'obiettivo  del  40%  di  membri  di  uno  stesso  sesso  nei  comitati  e  gruppi  di  esperti  istituiti  dalla  Commissione,  al  sostegno  degli  sforzi  per  promuovere  una  maggiore  partecipazione  delle  donne  alle  elezioni  al  Parlamento  europeo,  anche  come  candidate.      Richiamando  il  Programma  di  Stoccolma10,  nel  settore  della  dignità,  integrità  e  fine  della  violenza  nei  confronti  delle  donne,  la  Commissione  si  concentra  sulla  protezione  delle  vittime  dei  reati  e  tra  cui  le  donne  vittime  di  violenze  e  mutilazioni  genitali,  e  annuncia  una  strategia  globale  dell'Unione  europea  per  le  violenze  nei  confronti  delle  donne.  Inoltre,  la  Carta  per  le  donne  prevede  misure,  tra  cui  leggi  penali,  nei  limiti  delle  sue  competenze,  per  sradicare  la  mutilazione  genitale  femminile  in  tutta  l'Unione  europea.      Per  ciò  che  riguarda  la  parità  delle  donne  e  degli  uomini  nelle  azioni  esterne,  l’Unione  europea  intende  cooperare  attivamente  con  le  organizzazioni  internazionali  che  operano  per  la  parita  tra  donne  e  uomini  al  fine  di  produrre  sinergie  e  promuovere  l'emancipazione  femminile,  nonché  con  la  nuova  agenzia  delle  Nazioni  Unite  per  l'uguaglianza  di  genere  e  sostiene  la  partecipazione  alla  società  civile,  la  creazione  di  infrastrutture  e  le  campagne  a  sostegno  della  parità  tra  donne  e  uomini  e  dell'emancipazione  femminile.    L'Unione  europea  si  impegna  anche  a  proteggere  le  donne  nelle  situazioni  di  conflitto  e  post-­‐  conflitto  e  ad  assicurare  la  loro  piena  partecipazione  alla  prevenzione  dei  conflitti,  alla  costruzione  della  pace  e  ai  processi  di  ricostruzione,  ed  attua  con  determinazione  l'approccio  globale  dell'Unione  europea  alle  risoluzioni  del  Consiglio  di  sicurezza  delle  Nazioni  Unite  1325  e  1820  sulle  donne,  la  pace  e  la  sicurezza.                                                                                                                        10 (2010/C  115/01)  Programma  di  Stoccolma  “Un'Europa  aperta  e  sicura  al  servizio  e  a  tutela  dei  cittadini”    

 

Page 8: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

8  

 L'Unione  europea  inserisce  la  parita  di  genere  anche  nella  sua  politica  commerciale  come  parte  di  un  quadro  più  ampio  di  sviluppo  sostenibile  e  nei  suoi  accordi  commerciali  preferenziali  incoraggia  l'effettiva  applicazione  delle  principali  norme  di  lavoro  dell'Organizzazione  Internazionale  del  Lavoro  e  della  sua  agenda  per  il  lavoro  dignitoso,  anche  in  relazione  alla  non  discriminazione.            

Una  politica  comune  d’immigrazione    Considerando  le  sfide  demografiche  che  l’Europa  deve  affrontare  in  un  mondo  sempre  più  interconnesso  e  globale,  soprattutto  a  fronte  della  crisi  che  sta  coinvolgendo  e  attraversando  in  modo  significativo  i  Paesi  occidentali,  le  politiche  di  pari  opportunità  tra  gli  uomini  e  le  donne  e  le  pari  opportunità  per  tutti,  la  politica  antidiscriminatoria  per  cui  L'Unione  europea  opera  nell'interesse  dei  suoi  cittadini  per  impedire  che  vengano  discriminati  in  base  al  sesso,  alla  razza  o  all'origine  etnica,  alla  religione  o  alle  convinzioni  personali,  alla  disabilità,  all'età  o  all'orientamento  sessuale,  l’integrazione  degli  immigrati,  cittadini  di  paesi  terzi,  presuppone  una  politica  comune  sull’immigrazione11  come  risposta  strategica  per  lo  sviluppo  di  un  mondo  più  solidale,  sostenibile  e  coeso.  L’immigrazione,  pertanto,  costituisce  quindi  una  sfida  e  nello  stesso  tempo  un’opportunità.    La  politica  comune  di  immigrazione  deve  promuovere  opportunità  economiche  e  misure  di  integrazione  basate  sulla  solidarietà  e  sulla  condivisione  degli  oneri.  Essa  deve  essere  vista  come  un  continuum  che  va  dall'ingresso  nel  territorio  fino  all'insediamento  e  all'inclusione  economica  e  sociale.    Come  più  volte  osservato,  le  politiche  antidiscriminatorie  e  per  la  parita  dei  diritti  sono  importanti  per  eliminare  alcuni  degli  ostacoli  cui  devono  far  fronte  gli  immigrati  e  i  loro  discendenti,  pertanto  a  tal  riguardo,  è  opportuno  promuovere  il  dialogo  interculturale  e  interconfessionale.          L’integrazione  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  come  motore  dello  sviluppo  economico  e  di  coesione  

sociale    Al  fine  di  promuovere  le  politiche  sopra  descritte,  il  Consiglio  dell’Unione  europea  ha  istituito  il  Fondo  europeo  per  l’integrazione  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  nel  più  ampio  quadro  del  Programma  “Solidarietà  e  gestione  dei  flussi  migratori”.  12  

                                                                                                               11 COM(2007)  780  definitivo  Comunicazione  della  Commissione  al  Parlamento  europeo,  al  Consiglio,  al  Comitato  Economico  e  Sociale  Europeo  e  al  Comitato  delle  Regioni  “Verso  una  politica  comune  di  immigrazione”      12 (2007/435/CE)  Decisione  del  Consiglio  che  istituisce  il  Fondo  europeo  per  l’integrazione  di  cittadini  di  paesi  terzi  per  il  periodo  2007-­‐2013  nell'ambito  del  programma  generale  “Solidarietà  e  gestione  dei  flussi  migratori”      

Page 9: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

9  

Obiettivo  generale  del  Fondo  e  sostenere  gli  sforzi  compiuti  dagli  Stati  membri  per  permettere  a  cittadini  dei  paesi  terzi,  appena  arrivati,  provenienti  da  contesti  economici,  sociali,  culturali,  religiosi,  linguistici  ed  etnici  diversi  di  soddisfare  le  condizioni  di  soggiorno  e  di  integrarsi  più  facilmente  nelle  società  europee.    Esso  contribuisce  allo  sviluppo  e  all'attuazione  di  strategie  nazionali  d'integrazione  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  in  tutti  gli  aspetti  della  società,  tenendo  conto  in  particolare  del  principio  secondo  cui  l'integrazione  è  un  processo  dinamico  e  bilaterale  di  adeguamento  reciproco  da  parte  di  tutti  gli  immigrati  e  di  tutti  i  residenti  dei  Paesi  membri.    Tali  politiche  della  Unione  europea  sono  riconfermate  e  declinate  nella  successiva  Agenda  per  l’integrazione  dei  cittadini  di  paesi  terzi13,  nella  quale  si  evidenzia  che  l’integrazione  è  un  processo  che  parte  dal  basso  e  che  le  politiche  d’integrazione  sono  favorite  da  un  approccio  “bottom-­‐up”,  connesse  al  livello  locale,  e  che  favoriscono  un  atteggiamento  positivo  verso  la  diversità,  costruito  sul  rispetto  reciproco  delle  diverse  culture  e  tradizioni  e  che  le  politiche  devono  minimizzare  l’isolamento  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  permettendo  anche  l’accesso  alla  formazione  e  all’inserimento  nel  mercato  del  lavoro.    Così  come  l’Europa  si  è  costruita  sul  rispetto  reciproco  tra  culture  e  tradizioni  diverse,  essa  deve  promuovere  un  atteggiamento  positivo  verso  i  cittadini  e  le  cittadine  dei  paesi  terzi  rispettandone  i  diritti  fondamentali  e  la  parità  di  trattamento.        Dato  che  i  dati,  a  oggi,  indicano  i  livelli  occupazionali  della  forza  lavoro  immigrata,  soprattutto  femminile,  bassi,  la  crescente  disoccupazione  e  gli  alti  tassi  di  forza  lavoro  immigrata  sovra  qualificata,  il  rischio  crescente  di  esclusione  sociale,  le  disparità  in  termini  di  rendimento  scolastico,  l'apprensione  pubblica  per  la  scarsa  integrazione,  le  azioni  che  l’Unione  europea  deve  ancora  intraprendere,  riguardano  i  seguenti  settori  chiave:  l’integrazione  tramite  la  partecipazione,  più  azione  a  livello  locale  e  il  coinvolgimento  dei  paesi  d’origine.    La  partecipazione  si  declina  nel  mercato  del  lavoro  e  nel  campo  dell’istruzione.    Nel  mercato  del  lavoro  essa  si  ottiene  attraverso  l’apprendimento  della  lingua,  l’istituzione  di  servizi  che  permettano  il  riconoscimento  di  qualifiche  e  competenze  acquisite  nel  paese  d'origine  in  modo  da  offrire  agli  immigrati  maggiori  opportunita  di  trovare  un  impiego  per  cui  sono  adeguatamente  qualificati  (questo  è  vero  soprattutto  per  le  donne),  il  rafforzamento  dell’imprenditorialità  immigrata,  la  capacità  creativa  e  innovativa.  La  partecipazione  nel  campo  dell’istruzione  deve  prevedere  l’insegnamento  della  lingua  sin  dalla  fase  pre-­‐scolare,  evitare  la  dispersione  e  l’abbandono  scolastico,  favorire  l’affiancamento  dei  genitori  alla  scolarizzazione  dei  figli  immigrati.  

                                                                                                               13 COM(2011)  455  definitivo  Comunicazione  della  Commissione  al  Parlamento  europeo,  al  Consiglio,  al  Comitato  Economico  e  Sociale  europeo  e  al  Comitato  delle  Regioni  “Agenda  europea  per  l’integrazione  dei  cittadini  di  paesi  terzi”      

Page 10: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

10  

Inoltre  migliori  condizioni  di  vita  sono  garantite  dalla  rimozione  di  eventuali  ostacoli  e  dalla  fruizione  dei  servizi  sociali  e  sanitari  e  dal  contrasto  alla  povertà  e  all’esclusione  dei  più  vulnerabili.    La  partecipazione  al  processo  democratico  è,  insieme  all’inserimento  nel  mercato  del  lavoro,  condizione  d’integrazione,  pertanto  vanno  rimossi  gli  ostacoli  legislativi  e  amministrativi  che  impediscono  la  partecipazione  degli  immigrati  alla  vita  politica.  Si  deve  favorire  il  coinvolgimento  dei  rappresentanti  degli  immigrati,  comprese  le  donne,  nell'elaborazione  e  nell'attuazione  delle  politiche  e  dei  programmi  d’integrazione.  I  paesi  dell’Unione  europea  dovrebbero  predisporre  misure  per  prevenire  la  discriminazione  istituzionale  e  promuovere  la  parità  di  trattamento.    A  livello  locale,  un'integrazione  effettiva  presuppone  misure  di  sostegno  a  favore  delle  infrastrutture  sociali  e  della  rivitalizzazione  urbana.  E’  importante  un  approccio  integrato  contro  la  segregazione.    In  riferimento  ai  contatti  con  i  paesi  di  origine,  le  rimesse  e  il  trasferimento  di  competenze,  l’innovazione  e  le  conoscenze  possono  incentivare  investimenti  sostenibili  nei  paesi  d'origine  favorendone  lo  sviluppo.    Promuovere,  da  ultimo,  una  strategia  piu  dinamica  a  favore  dell'imprenditoria  transnazionale  può  agevolare  gli  imprenditori  attivi  tanto  negli  Stati  membri  dell’Unione  europea  che  nei  paesi  partner.  Questo  tipo  di  imprese  può  creare  posti  di  lavoro  nei  paesi  di  origine  e  essere  un  vantaggio  sia  per  l'integrazione  degli  immigrati  che  per  lo  sviluppo  degli  scambi  tra  paesi.        Lo  studio  pilota  del  2011  condotto  dalla  Commissione  europea14individua  gli  indicatori  per  l’integrazione  dei  cittadini  dei  paesi  terzi  nelle  quattro  aree  politiche,  già  evidenziate  dalla  Agenda  sopra  citata,  e  cioè:  occupazione,  educazione,  inclusione  sociale,  cittadinanza  attiva,  sottolineando  l’importanza  del  senso  di  appartenenza  nella  societa  ospitante.    Nello  specifico,  gli  indicatori  utilizzati  per  indagare  le  caratteristiche  dell’area  occupazione  sono:  -­‐  tasso  di  occupazione  -­‐  tasso  di  disoccupazione  -­‐  tasso  di  attività.    Per  quanto  riguarda  l’area  educazione,  gli  indicatori  sono:  -­‐  il  livello  di  scolarizzazione  conseguito    -­‐  la  quota  dei  bassi  risultati  tra  i  quindicenni  in  letteratura,  matematica  e  scienze  -­‐  la  quota  dei  laureati  tra  i  soggetti  tra  i  trenta  e  i  trentaquattro  anni    -­‐  la  quota  degli  abbandoni  di  scuola  e  formazione  nella  fascia  d’età  18-­‐24  Per  l’area  inclusione  sociale  sono:  -­‐  il  reddito  netto  medio  della  popolazione  immigrata  in  proporzione  al  reddito  netto  medio  del  totale  della  popolazione  

                                                                                                               14 European  Commission  EUROSTAT  2011,  “Zaragoza  pilot  study  Indicators  of  immigrant  integration”        

Page 11: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

11  

-­‐  la  quota  di  popolazione  a  rischio  povertà,  cioè  con  reddito  netto  disponibile  di  meno  del  60%  della  media  nazionale.  -­‐  la  quota  di  popolazione  che  percepisce  il  proprio  stato  di  salute  come  buono  o  scarso.  -­‐  il  rapporto  tra  proprietari  e  non  proprietari  dell’abitazione  tra  immigrati  e  popolazione  locale  Per  l’area  cittadinanza  attiva  sono:  -­‐  la  quota  di  immigrati  che  hanno  acquisito  la  cittadinanza  -­‐  la  quota  di  immigrati  che  posseggono  un  permesso  di  soggiorno  permanente  o  di  lungo  termine  -­‐  la  quota  di  immigrati  tra  i  rappresentanti  politici  eletti    Infine,  si  richiamano  le  Linee  guida  redatte  dalla  Commissione  europea  per  i  decisori  politici  e  gli  operatori15  che  si  occupano  dell’integrazione  degli  immigrati.    Nel  testo  si  sottolinea  che  l’integrazione  è  un  processo  dinamico,  di  mutuo  adattamento  tra  immigrati  e  residenti,  e  che  l’interazione  frequente  tra  immigrati  e  cittadini  è  un  fenomeno  fondamentale  per  l’integrazione,  che  il  dialogo  interculturale,  la  condivisione  di  forum,  l’educazione  alla  cultura  degli  immigrati  e  le  condizioni  di  vita  stimolanti  rafforzano  l’interazione  tra  immigrati  e  residenti.          

L’integrazione  di  alcune  donne  immigrate:  Case  History16    

Una  chef  “fusion”  nel  porto  di  Genova.  La  svolta  è  targata  2007.  Carola  Osores,  34  anni,  con  in  tasca  una  laurea  in  Economia  conseguita  all’Università  di  Lima,  peruviana  di  nascita  ma  genovese  d’adozione,  decide  di  spogliarsi  dalle  vesti  della  manager  per  indossare  quelle  dell’imprenditrice  e  aprire,  insieme  alla  mamma  Ani  Vargas,  chef  d’eccezione  con  esperienze  maturate  in  Italia  e  all’estero  (perlopiù  in  Perù,  Messico,    Brasile  e  Francia),  una  gastronomia  “fusion”,  capace  di  mescolare  tradizioni  culinarie  tra    le  più  diverse:  “Segreti  e  Sapori”  di  Genova,  a  pochi  passi  dal  porto,  oggi  meta  prediletta  di  buongustai  italiani  e  stranieri.  Carola  Osores  ha  lanciato  anche  il  servizio  di  chef  a  domicilio.  L’offerta  comprende  anche  uno  o  più  camerieri,  a  seconda  delle  esigenze.  “Ne  è  valsa  la  pena:  il  prossimo  passo    sarà  aprire  un  ristorante.  Non  etnico,  semmai  fusion”.  E  all’insegna  del  “fusion”  sono  anche  le  attivita  extra-­‐lavorative  di  Osores.  Una  su  tutte:  l’associazione  non-­‐profit  Encuentro  che,  oltre  a  promuovere  la  cultura  e  l’arte  latino-­‐  americana,  aiuta  le  famiglie  di  migranti  residenti  a  Genova  a  integrarsi  al  meglio  nel  tessuto  sociale.  “Tra  i  nostri  progetti  c’è  quello  di  aiutare  i  bambini  a  inserirsi  al  meglio  nelle  scuole”  conclude  Carola  Osores,  che  può  contare,  tra  l’’altro,  sull’aiuto  di  alcune  psicologhe  peruviane  con  titoli  di  studio  conseguiti  in  Italia.    

                                                                                                               15  Linee  guida  2010  della  Commissione  europea  per  i  decisori  politici  e  gli  operatori  (Progetto  pilota  Zaragoza)  16  Manuale  2012  “Comunicare  l’immigrazione.  Guida  pratica  per  gli  operatori  dell’informazione”  realizzato  dalla  societa  cooperativa  Lai‒momo  e  dal  Centro  Studi  e  Ricerche  nellʼ’ambito  del  progetto  “Co‒in  -­‐  Comunicare  lʼ’integrazione”,  promosso  dal  Ministero  del  Lavoro  e  delle  Politiche  Sociali          

Page 12: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

12  

   Dalla  lotta  politica  alla  candidatura  al  Nobel.  Márcia  Theóphilo  è  nata  a  Fortaleza,  in  Brasile.  Dal  1968  al  1971  ha  lavorato  come  giornalista  nel  campo  della  cultura  a  San  Paolo.  Nel  1971  ha  pubblicato  in  Brasile  un  libro  di  racconti.    Nel  1972  ha  lasciato  il  Brasile,  sottraendosi  con  lʼ’esilio  alla  repressione  di  una  dittatura  militare  ed  è  arrivata  a  Roma,  dove  ha  conseguito  il  dottorato  in  Antropologia.  È  entrata  in  contatto  con  vari  artisti  ed  esponenti  di  un  accademismo  impegnato,  come  il  poeta  spagnolo  in  esilio  Rafael  Alberti,  con  cui  ha  stabilito  un  importante  rapporto  di  lavoro  e  amicizia.  Quando  in  Brasile  è  iniziato  il  processo  di  democratizzazione,  nel  1979,  Márcia  Theóphilo  è  tornata  a  San  Paolo  dove  ha  partecipato  al  Movimento  per  la  Democrazia  e  ha  collaborato  come  corrispondente  con  varie  riviste  italiane.  È  tornata  a  Roma  nel  1981  dove  ha  continuato  a  lavorare  nello  scambio  culturale  tra  Italia  e  Brasile,  organizzando  incontri  di  poesia.  In  Italia  ha  pubblicato  diversi  libri  di  poesia,  le  sono  stati  assegnati  premi  e  i  suoi  scritti  sono  entrati  nelle  più  importanti  antologie  di  poesia.  Vive  tra  l’Italia  e  il  Brasile  ed  è  nella  lista  di  candidatura  al  premio  Nobel.  “Nel  mio  lavoro  ho  cercato  di  fare  una  fusione  tra  memoria  emotiva  e  memoria  culturale,  tra  poesia  e  documentazione,  tra  mondo  arcaico  e  mondo  contemporaneo,  creando  un  tuttʼ’uno  in  cui  tutte  queste  materie  si  compenetrano.  Penso  però,  che  senza  la  poesia  non  si  può  arrivare  allʼ’anima  della  foresta.  Lʼ’antropologia  è  una  disciplina  che  ha  finito  con  il  privilegiare  gli  oggetti  e  la  cultura  materiale.  Io  ho  privilegiato  il  soggetto  più  leggero,  lʼ’anima,  la  poesia.”        La  determinazione  è  l’anima  del  commercio  Non  c’è  tempo  per  l’autocommiserazione:  bisogna  rimboccarsi  le  maniche.  Deve  avere  pensato  così  Caterine  Okpokpo,  35  anni,  originaria  di  Lagos,  in  Nigeria,  alla  notizia  della  morte  in  un  incidente  stradale  di  suo  marito,  nigeriano  pure  lui,  titolare  del  Global  African  Market  di  Poggibonsi,  in  provincia  di  Siena.  Era  il  2001  e  lei,  madre  di  tre  figli,  i  gemelli  Kevin  e  Kennedy  e  la  piccola  Stefy,  all’epoca,  rispettivamente,  di  sei  e  tre  anni,  non  ha  avuto  dubbi:  avrebbe  mantenuto  l’impresa  di  famiglia  che  tanti  sacrifici  era  costata  a  tutti.  E  ci  è  riuscita,  con  l’aiuto  della  comunità  locale  e  con  quello  dei  servizi  sociali  che  le  hanno  dato  una  mano  nel  seguire  i  figli.  “Col  tempo  l’attività  è  cresciuta:  oggi  ho  una  superficie  di  vendita  di  trecento  metri  quadrati  e  prodotti  provenienti  da  tutto  il  mondo”.  “È  qui  la  mia  vita  ed  è  qui  che  voglio  crescere  i  miei  figli.  Sono  arrivata  nel  1989,  ad  appena  16  anni:  sarei  dovuta  rimanere  pochi  mesi,  ospite  di  uno  zio  a  Roma,  volevo  prendere  contatti  per  esportare  prodotti  made  in  Italy  in  Nigeria,  e  invece  subito  o  quasi  ho  trovato  l’amore  e  ho  deciso  di  fermarmi”.  Okpokpo  non  ha  certo  avuto  una  vita  facile,  ma  è  serena:  “Sono  molto  religiosa”  conclude.  “Frequento  la  chiesa  pentecostale  evangelica  di  Siena:  è  la  mia  fede  ad  aiutarmi  ad  andare  avanti”.        Le  avventure  di  un  medico  nero,  e  donna.  Cecile  Kashetu  Kyenge  è  nata  nella  Repubblica  Democratica  del  Congo  (RDC).  Arrivata  in  Italia  nel  1983,  ha  superato  gli  esami  per    l’accesso  a  medicina,  ha  imparato  l’italiano  e  iniziato  a  lavorare  per  mantenersi.  “Era  il  1983,  gli  stranieri  erano  pochissimi.  Io  mi  ero  procurata  una  piccola  radio  e  ascoltavo  tutte  le  canzoni,  in  modo  da  potere  avere  argomenti  di  conversazione.  Nel  giro  di  un  anno  e  mezzo  conoscevo  tutti  i  

Page 13: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

13  

cantanti  italiani”.  “Ci  sono  stati  tanti  imprevisti  nella  mia  storia  e  una  buona  dose  di  sfortuna,  ma  ho  incontrato  anche  tante  persone  pronte  ad  aiutarmi.”  La  gravissima  situazione  politica  della  RDC  e  l’amore  l’hanno  spinta  a  rimanere  in  Italia  e  iniziare  a  lavorare  come  oculista  a  Reggio  Emilia.  Cecile  oggi  si  considera  all’incrocio  tra  due  mondi:  un  privilegio  che  spesso  però  ha  avuto  costi  elevati.  Per  gli  italiani  non  è  facile  rapportarsi  con  un  medico  nero,  per  di  più  donna.  A  Cecile  è  successo  molte  volte  di  essere  scambiata  per  l’infermiera,  mentre  l’infermiere  veniva  chiamato  pomposamente  dottore.  Nel  2002  fonda  l’associazione  DAWA,  per  realizzare  iniziative  interculturali  in  Italia  e  interventi  sanitari  e  sociali  in  Africa.  Attualmente  è  consigliera  di  circoscrizione  nel  suo  Comune  e  portavoce  della  rete  Primo  Marzo  ed  è  impegnata  anche  a  Modena  in  progetti  di  cooperazione  internazionale.  “Non  avrei  accettato  di  occuparmi  solo  di  immigrati,  come  spesso  viene  chiesto  agli  stranieri”.        Nell’oriente  dell’occidente:  una  scrittrice  indiana  a  Trieste  Lily  Amber  Laila  Wadia  è  nata  a  Bombay,  in  India.  Si  è  trasferita  in  Italia,  a  Trieste,  per  motivi  di  studio  e  ha  fatto  di  questo  luogo  la  sua  nuova  città.    “Pensiamo  di  scegliere  un  luogo  dove  andare  a  vivere  e  fare  il  nostro  percorso  di  vita  ma  poi  forse  è  il  destino  che  sceglie  per  noi.  Io  sono  capitata  qui  per  caso,  per  studio,  e  ho  deciso  di  rimanere  perché  mi  piaceva  moltissimo  questa  città:  molto  italiana  per  certi  versi,  molto  cosmopolita  per  altri.”  Nel  2004  ha  vinto  il  concorso  Eks&Tra,  primo  concorso  letterario  riservato  agli  scrittori  migranti,  fondato  nel  1995,  che  ha  ricevuto  la  medaglia  del  Presidente  della  Repubblica.  Questo  premio  letterario  è  un  momento  centrale  nel  suo  percorso  di  scrittrice.  La  vittoria  le  dà,  infatti,  il  coraggio  di  utilizzare  per  la  prima  volta  l’italiano  come  lingua  per  la  scrittura.  Da  questo  connubio  risulteranno  numerosi  libri  che  affrontano  le  tematiche  delle  migrazioni  con  puntualità  e  ironia.    Laila  Wadia  oggi  è  scrittrice  e  traduttrice,  collabora  con  l’Università  di  Trieste  come  esperta  linguistica,  scrive  per  il  settimanale  Internazionale  e,  sempre,  affronta  il  tema  della  migrazione  come  una  condizione  esistenziale.  “La  migrazione  è  un  diritto  di  ogni  essere  umano,  io  non  credo  nelle  nazionalità,  io  non  credo  nei  paesi,  io  credo  nelle  persone.”        Judith  e  la  biodanza  Judith  Raymond  Mushi  è  nata  a  Moshi,  una  piccola  città  del  nord  della  Tanzania.  Un  incontro  fortuito  con  un  italiano  in  viaggio  su  un  autobus,  la  cortese  attenzione  di  Mushi  e  la  sua  testardaggine  la  conducono  in  Italia.    La  prima  visita  è  a  questo  fortunato  avventuriero  che  l’aveva  aiutata  e  che  si  rivela  essere  un  appassionato  di  biodanza.  Mushi  si  appassiona  a  questa  disciplina  e  decide  di  approfondire  gli  studi  e  di  praticarla.  Si  trasferisce  in  Sudafrica,  dove  studia  danza  e  frequenta  un  corso  da  assistente  sociale  all’università  di  Johannesburg.  Nello  stesso  periodo  continua  a  visitare  l’Italia,  impara  l’italiano  e  s’innamora.  Nel  2004,  si  trasferisce  definitivamente  in  Italia  per  stare  con  suo  marito  a  Milano.  Mushi  costituisce  un’associazione  per  diffondere  la  cultura  tanzaniana  e  insegnare  la  lingua  swahili.  “In  Italia  sembra  facile  integrarsi,  perché  la  gente  sembra  molto  gentile  e  pronta  ad  aiutarti.  Ma  questo  succede  finché  sei  un  visitatore.  Poi  le  cose  cambiano.  Dell’Africa  qui  non  si  sa  quasi  nulla.  La  gente  crede  che  Africa  sia  solo  fame,  guerra,  tamburi”.  Il  suo  sogno  

Page 14: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

14  

rimane  quello  di  tornare  in  Tanzania  con  suo  marito  per  aprire  un  centro  di  assistenza  per  bambini,  “una  vera  casa  famiglia”.        Conciliazione  dei  tempi  di  vita  e  di  lavoro...  al  femminile  “Sono  arrivata  a  Roma  nel  1980,  a  20  anni,  con  il  contratto  di  lavoro  come  colf  già  firmato  per  una  famiglia  che  abitava  ai  Parioli”,  racconta  un’anonima  cittadina  di  origine  capoverdiana.  “Guadagnavo  200.000  lire  al  mese  e  ne  inviavo  la  metà  alla  mia  famiglia.  A  Roma  ho  conosciuto  un  sardo  e  mi  sono  sposata.  Nell’83  è  nato  mio  figlio  e  dopo  undici  mesi  una  bambina.  Purtroppo  nel  1984  mi  sono  separata  ritrovandomi  immigrata  con  due  figli  piccoli  e  senza  familiari.  Nel  ‘90  mi  sono  inserita  nella  CISL  e  quindi  nell’ANOLF  –  Associazione  nazionale  oltre  le  frontiere.  Nel  lavoro  avevo  pianificato  tutti  gli  orari:  accompagnavo  i  bimbi  all’asilo,  lavoravo,  li  riprendevo  e  a  casa  lavoravo  come  sarta.  Durante  le  vacanze  scolastiche  li  portavo  con  me  al  lavoro...  leggevano  o  facevano  i  compiti.  Mio  marito  non  mi  ha  mai  aiutato,  neanche  economicamente.  Ho  inserito  i  miei  figli  negli  scout,  in  parrocchia  e  in  palestra  per  facilitare  la  loro  integrazione.  Sono  stata  poi  inserita  in  una  cooperativa,  come  aiuto  cuoca  in  una  scuola  per  non  vedenti.  Ora  svolgo  assistenza  agli  anziani  e  ai  disabili.  Ho  la  cittadinanza  italiana,  ma  per  fortuna  non  ho  perso  quella  del  mio  paese.  Sono  fiera  di  essere  una  capoverdiana  italiana...  So  cucinare  meglio  i  cibi  italiani  che  quelli  di  Capo  Verde!  Una  cosa  che  mi  dispiace  dopo  tanti  anni  in  Italia  è  che,  non  essendo  riconosciuto  il  titolo  di  studio  del  paese  di  origine,  non  si  riesce  a  cambiar  lavoro...  Si  lavora  nei  servizi  domestici  e  basta.  Ho  anche  conseguito  la  licenza  media  in  Italia,  così  posso  dire  di  avere  un  piccolo  diploma  da  utilizzare”.        Mona  Mohanna,  stilista  libanese  nella  capitale  della  moda  Mohanna  in  arabo  significa  “desiderio”.  E  lei,  Mona  Mohanna,  originaria  del  Libano,  naturalizzata  italiana,  la  sua  principale  aspirazione  l’ha  realizzata:  diventare  stilista.  “Prima  tappa:  Reggio  Emilia,  dove  ho  seguito  due  corsi  da  progettista  dell’abbigliamento  e  da  tecnico  delle  confezioni.  Per  farmi  le  ossa,  poi,  ho  lavorato  per  alcuni  anni  come  operaia  in  diversi  laboratori  tessili  della  zona”.  Nel  1997  si  è  iscritta  a  un  master  in  fashion  design  a  Milano,  grazie  all’aiuto  di  una  zia  in  Libano  che  le  ha  prestato  25  milioni  di  lire  per  l’iscrizione.  “Mi  ci  sono  voluti  tre  anni  per  restituirli”  dice  la  stilista,  che  nell’ottobre  2006,  alla  Camera  di  Commercio  di  Milano,  è  stata  insignita  del  Premio  europeo  per  l’imprenditoria  straniera.  Finiti  gli  studi,  però,  l’accesso  alle  case  di  moda  era  sbarrato.  “Il  fatto  che  porti  l’hijab,  il  velo  islamico,  credo  non  mi  abbia  aiutata  durante  le  selezioni”.  Non  le  è  restato  che  mettersi  in  proprio.  La  prima  collezione  è  stata  presentata  nel  1999  alla  Fiera  dell’artigianato  di  Firenze  “I  capi  esposti,  realizzati  in  lino  e  ricamati  a  mano  da  donne  palestinesi  ospitate  nei  campi  profughi  libanesi,  andarono  a  ruba”  racconta  l’imprenditrice,  sposata  con  un  iracheno  naturalizzato  italiano  e  mamma  di  Badr  e  Mariam.  Gli  abiti  e  gli  accessori  griffati  Mona  Mohanna  sono  tuttora  realizzati  da  una  ventina  di  artigiane,  sparse  tra  il  Libano  e  la  Siria  e  sono  venduti  in  Italia  (e  non  solo)  attraverso  una  rete  di  120  negozi.            

Page 15: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

15  

 La  forza  delle  donne.  Le  donne  immigrate  hanno  fatto  nascere  in  tutta  Italia  associazioni  volte  all’integrazione  e  all’aiuto  reciproco.  Ecco  la  storia  di  una  delle  più  antiche  e  conosciute:  l’Associazione  AlmaTerra,  che  è  stata  avviata  l’8  marzo  del  1990  dall’incontro  di  alcune  attiviste  della  Casa  delle  donne  di  Torino  con  un  gruppo  di  donne  migranti.  Nel  1993  è  nato  il  Centro  interculturale  “Alma  Mater”,  gestito  da  un’associazione  interculturale  costituita  ad  hoc,  AlmaTerra,  che  si  configura  come  un  luogo  allo  stesso  tempo  pratico  e  simbolico  di  intermediazione  tra  le  donne  e  la  città,  tra  le  donne  tra  di  loro  e  come  laboratorio  interculturale.  Nel  1995  ha  aperto  anche  l’hammam,  luogo  d’eccellenza  per  la  cura  del  corpo  e  delle  relazioni  femminili.    L  ‘idea  forte  è  stata  quella  di  ribaltare  lo  stereotipo  della  migrante  come  bisognosa  e  mostrare,  grazie  all’incontro  multiculturale,  le  risorse,  le  capacità  e  i  talenti  individuali  delle  donne  migranti,  sovente  invisibili  e  sommerse,  valorizzandone  l’apporto  in  progetti  di  partecipazione  e  di  cooperazione  internazionale,  in  particolare  in  progetti  di  autodeterminazione.    È  con  questa  idea  che,  per  esempio,  si  sono  realizzati  corsi  di  formazione  per  mediatrici  culturali,  figure  di  “interfaccia”  in  grado  di  favorire  la  comunicazione  tra  le  migranti  e  i  servizi.  Esse  sono  diventate  la  seconda  anima  del  progetto  Alma  Mater,  in  una  prospettiva  di  interazione  accompagnata,  anzi  gestita,  dalle  donne  stesse  attraverso  una  loro  auto-­‐professionalizzazione.        Un‘avvocata  in  strada  contro  la  tratta.  Esohe  Aghatise  è  nata  a  Benin  City,  in  Nigeria.  Nel  1983  si  è  laureata  in  Giurisprudenza  a  Ife  e  successivamente  si  è  specializzata  in  Diritto  internazionale  dell’economia  e  del  commercio.  Ha  iniziato  quindi  a  praticare  l  ‘attività  di  avvocato    e  a  insegnare  presso  la  facoltà  di  Giurisprudenza  a  Benin  City.    A  29  anni  ha  vinto  una  borsa  di  studio  presso  l’università  di  Studi  europei  di  Torino.  Dopo  la  specializzazione  ha  continuato  con  un  dottorato  di  ricerca.  Per  mantenersi  ha  lavorato  come  interprete  in  tribunale  e  come  mediatrice  in  un  progetto  sulla  salute  delle  donne  prostituite.    È  lì  che  è  entrata  in  contatto  con  la  realtà  della  tratta  e  è  nata  l’idea  di  fondare  un’associazione  per  la  tutela  delle  persone  con  forte  svantaggio  sociale  ed  economico,  immigrate  e  non  immigrate.  E  così  nel  1998  è  nata  l’associazione  Iroko.    “All’inizio  lavoravo  da  casa,  con  il  mio  PC  e  nient’altro.  Seguivo  alcune  ragazze  che  non  avevano  assistenza  sanitaria...  Nel  2002  sono  entrata  in  contatto  con  la  Coalition  Against  Women  Traffic,  un’organizzazione  che  combatte  la  tratta  delle  donne  a  livello  internazionale...  Oggi  con  me  lavorano  cinque  persone:  due  italiane,  due  nigeriane,  una  ghanese,  con  due  educatrici  esterne  che  fanno  assistenza  ai  bambini  delle  ragazze  che  hanno  lasciato  la  strada  e  chiesto  protezione.  Lo  scorso  anno  abbiamo  avuto  circa  duecento  richieste.  Una  goccia  nel  mare,  ma  il  mare  è  fatto  di  gocce”.        Genitori  in  classe:  la  relazione  in  gioco.  Nelle  scuole  italiane  è  da  più  di  vent’anni  che  si  sperimentano,  con  successo,  attività  d’integrazione.  Genitori  migranti  e  italiani,  assieme  agli  insegnanti,  hanno  dimostrato  spesso  la  volontà  di  costruire  percorsi  di  conoscenza  reciproca  e  di  attivare  la  relazione  tra  persone  portatrici  di  lingue,  storie  e  culture  diverse.    

Page 16: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

16  

Tra  la  moltitudine  di  buone  pratiche  ne  raccontiamo  una  realizzata  recentemente  in  otto  scuole  materne  della  provincia  di  Bologna.  Le  insegnanti,  dopo  una  fase  di  formazione,  hanno  proposto  ai  genitori  laboratori  finalizzati  alla  realizzazione  di  un  prodotto  creativo  da  lasciare  alla  scuola.    Gli  incontri,  guidati  da  animatrici  interculturali  della  cooperativa  Lai-­‐momo,  sono  stati  molto  partecipati  e  hanno  consentito  a  tutti  di  raccontare  la  propria  storia  di  immigrazione.  Più  di  novanta  genitori  hanno  scelto  di  mettersi  in  gioco,  ascoltandosi  reciprocamente  e  facendo  domande  rispetto  alle  pratiche  culturali  diverse,  con  curiosità  e  apertura.    Molte  madri,  anche  native,  hanno  raccontato  di  trovarsi  in  condizione  d’isolamento,  con  poche  relazioni  nei  territori  perché  giunte  da  altre  zone  d’Italia;  altre  hanno  dato  la  loro  disponibilità  per  un  aiuto  concreto,  ad  esempio  per  ritirare  a  turno  i  figli  anche  di  altre  madri.  O  semplicemente  si  sono  accordate  per  ritrovarsi,  dopo  il  laboratorio,  per  una  merenda  con  i  bambini  o  per  letture  animate,  dandosi  appuntamento  a  casa  l’una  dell’altra.    Gli  incontri  sono  stati  facilitati  da  un  grande  lavoro  di  coinvolgimento  che  le  insegnanti  hanno  realizzato  curando  la  relazione  con  ciascun  genitore.        Le  partecipanti  al  Concorso  letterario  nazionale  Lingua  Madre.  Il  concorso  Lingua  Madre,  realizzato  a  Torino  dal  2005,  è  il  primo  a  essere  espressamente  dedicato  alle  donne  di  origine  straniera  residenti  in  Italia  che,  utilizzando  la  nuova  lingua  (l’italiano),  vogliono  approfondire  il  rapporto  fra  identità,  radici  e  mondo  “altro”.    Il  concorso  ha  ottenuto  subito  un  grande  riscontro:  donne  di  numerose  nazionalità  hanno  inviato  storie.  E  in  questo  caso  il  “successo”  è  rappresentato  dal  fatto  di  avere  conquistato  uno  spazio  di  espressione  e  di  confronto,  senza  rimanere  nel  silenzio  delle  mura  domestiche.    Gli  incipit  dei  migliori  racconti  sono  pubblicati  nel  sito  del  concorso.  Dalla  presentazione  del  volume  che  raccoglie  i  racconti  dell’edizione  2011:  “Ho  camminato  in  un  solco  tracciato  per  me  da  generazioni  di  migranti,  ho  viaggiato  leggera,  e  strada  facendo  ho  abbandonato  pezzi  di  bagaglio.  Ho  fatto  spazio  per  questo  paese:  il  mio”.    Migrazioni,  spostamenti,  esperienze  di  confine.  A  raccontarle,  tante  voci  come  quella  di  Jacqueline/Nambena  con  due  infanzie  e  due  anime,  prima  in  Madagascar  e  poi  in  Italia.  O  come  Elisa,  “frutto”  di  un  amore  italo-­‐vietnamita,  che  viaggia  alla  scoperta  della  sua  “mezza  luna”,  metafora  della  terra  materna,  fino  a  Generda  che  con  la  freschezza  dei  suoi  undici  anni  mette  a  confronto  due  mamme,  un’italiana  e  un’albanese,  così  diverse  e  così  uguali.    Le  donne  sfidano  i  luoghi  comuni  narrando  il  cambiamento  di  cui  sono  protagoniste.  Allo  scontro  contrappongono  la  relazione,  alla  strenua  difesa  dell’identità  il  riconoscimento  reciproco  nell’alterità.  Donne  che  “si  sono  fatte  sorprendere  dal  miraggio  di  una  vita  migliore.  E  anziché  rimproverarlo  di  averle  ingannate,  quel  miraggio,  l’hanno  ringraziato  di  averle  fatte  camminare  ancora”.        Da  maestra  in  Ucraina  a  imprenditrice  del  Nord-­‐Est.  Nataliya  Garashchuk  faceva  la  maestra  elementare  per  poche  hrivne  al  mese,  l’equivalente  di  80-­‐100  euro,  quando,  nel  1995,  decise  di  lasciare  l’Ucraina  per  Italia,  con  suo  figlio  Nicolaj,  di  appena  quattro  anni.    

Page 17: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

17  

“Dopo  qualche  mese,  in  cui  ho  lavorato  come  cameriera  in  un  paio  di  locali  sulla  Riviera  adriatica,  mi  sono  arresa  e  sono  tornata  indietro.  Tre  anni  più  tardi  avrei  ritentato,  stavolta  per  rimanere  per  sempre”.  Destinazione:  Conegliano,  in  provincia  di  Treviso,  dove  “per  sei  anni  ho  lavorato  in  un  paio  di  stabilimenti  della  zona  specializzati  in  componentistica  per  gli  elettrodomestici”.    In  Italia  ha  trovato  anche  l’amore:  Andrea,  oggi  suo  marito.  “È  stato  lui  a  spingermi  a  fare  qualcosa  di  diverso”.  Da  lì  l’idea  di  rilevare  una  lavanderia,  racconta  l’imprenditrice  che,  a  tre  anni  dal  grande  passo,  ha  assunto  anche  un’aiutante:  una  ragazza  albanese.  “In  più  servivano  risorse  per  rinnovare  l’intero  locale,  impianti  compresi,  e  acquistare  i  macchinari  giusti”.  Ci  voleva  un  mutuo,  insomma,  e  a  fare  da  garante  in  banca  ci  ha  pensato  il  marito  Andrea.    Ne  è  valsa  la  pena:  “In  un  mese  tratto  in  media  700  capi,  ma  ci  sono  stati  anche  picchi  di  1.500,  se  non  di  più”.  E  conclude:  “Abbiamo  avuto  un  figlio,  Lorenzo,  di  4  anni.  Quest’anno,  poi,  ho  preso  la  cittadinanza  italiana.  La  mia  vita  è  in  Italia  ora  e  a  tornare  in  Ucraina  non  ci  penso  proprio”.        L  ‘eccellenza  nello  studio  Bahja  Afouzar  è  nata  in  Marocco  a  Kenitra  una  città  vicina  a  Rabat.  Si  è  trasferita  in  Italia,  a  Imola,  con  la  famiglia  all’età  di  10  anni.  Ha  ottenuto  ottimi  risultati  a  scuola  e  ha  deciso  di  iscriversi  alla  Facoltà  di  Giurisprudenza  dell’Università  di  Bologna.  Afouzar  si  è  laureata  a  dicembre  2011  con  110  e  lode,  ottenendo  una  menzione  speciale  per  la  sua  tesi.  Infatti,  il  rettore  dell’Alma  Mater  Studiorum  ha  conferito  al  suo  elaborato  sui  diritti  umani  nella  Sharia  l’importante  e  raro  riconoscimento  della  “dignità  di  stampa”.    Attualmente,  Afouzar  ha  iniziato  il  praticantato  presso  un  importante  studio  legale  di  Bologna  e  presto  si  iscriverà  alla  Scuola  di  Specializzazione  per  le  professioni  legali  “E.  Redenti”.  Inoltre,  è  stata  impegnata  in  attività  di  mediazione  linguistico  -­‐  giuridica  e  fa  parte  del  comitato  giovanile  dell’associazione  Partecipazione  Spiritualità  Musulmana  –  PSM,  che  ha  appena  concluso  il  sesto  meeting  nazionale.          

La  figura  femminile  come  ponte  per  l’integrazione.    Istituzioni  pubbliche  locali,  organizzazioni  della  società  civile,  associazioni  femminili,  comunità,  

associazioni  e  cooperative  d’immigrati,  cittadini  e  cittadine  a  confronto  per  promuovere  un  nuovo  welfare  

 Considerando  quanto  suggerito  dalla  Unione  europea,  a  livello  locale,  si  possono  individuare  alcuni  campi  d’intervento  e  percorsi  che  i  diversi  soggetti  interessati  dalle  e  alle  politiche  d’immigrazione  e  d’integrazione  dei  cittadini  e  delle  cittadine  dei  paesi  terzi  possono  percorrere  per  valorizzare  al  meglio  la  risorsa  femminile  come  ponte  per  l’integrazione.    L’approccio  proposto  individua,  quindi,  nello  sviluppo  delle  politiche  di  pari  opportunità  e  anti-­‐discriminazione  il  canale  privilegiato  d’intervento.  Gli  indicatori  di  integrazione  definiti  a  livello  europeo  (cfr.  Studio  pilota  di  Zaragoza)  sono  il  riferimento  per  misurare  gli  obiettivi  raggiunti  a  livello  locale.  

Page 18: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

18  

Si  incoraggia  la  promozione  di  Tavoli  di  confronto  e  Protocolli  di  intesa  tra  gli  Enti  pubblici  regionali  e  locali  -­‐  Assessorati  Famiglia,  conciliazione,  integrazione  e  solidarietà  sociale,  Industria,  artigianato,  edilizia  e  cooperazione,  Occupazione  e  politiche  del  lavoro  e  Politiche  sociali  e  Cultura  della  salute  –  e  le  cooperative  e  le  associazioni  di  immigrati,  i  centri  per  l’impiego,  le  categorie  datoriali,  gli  istituti  di  ricerca  e  formazione,  le  associazioni  femminili  al  fine  di:    Valorizzazione  del  capitale  umano,  efficienza  del  mercato  del  lavoro:      -­‐  rimuovere  gli  ostacoli  che  impediscono  alle  donne,  e  alle  donne  immigrate  in  particolar  modo,  di  accedere  al  mercato  del  lavoro,  attraverso  la  promozione  di  misure  di  conciliazione  dei  tempi  di  vita  e  di  lavoro,    -­‐  promuovere  l’imprenditoria  femminile  e  valorizzare  le  competenze  delle  donne  immigrate,    -­‐  favorire  e  promuovere  l’accesso  al  credito  delle  donne  immigrate  e  degli  immigrati  in  generale,    -­‐  favorire  l’incontro  della  domanda  e  dell’offerta  nel  mercato  del  lavoro,  anche  attraverso  una  lettura  corretta  del  bilancio  delle  competenze  delle  donne  immigrate,  per  permettere  di  uscire  dalla  segregazione  orizzontale  –accesso  a  settori  del  mercato  del  lavoro  solitamente  a  esclusivo  appannaggio  degli  uomini,  e  verticale  –possibilità  di  fare  carriera  nell’ambiente  di  lavoro  in  cui  si  è  inserite,      Educazione    -­‐  favorire  l’apprendimento  della  lingua  da  subito  e  in  età  prescolare  dei  minori  immigrati    -­‐  promuovere  nei  plessi  scolastici  l'intercultura-­‐  intesa  come  cittadinanza  attiva  -­‐  rivolta  a  tutti  gli  alunni  e  non  solo  a  quelli  immigrati,  attenta  a  riconoscere  e  valorizzare  tutte  le  diversità,  individuando  misure  su  più  livelli  che  coinvolgano  le  istituzioni,  le  famiglie,  il  terzo  settore  mettendo  al  centro  il  ruolo  fondamentale  giocato  dalle  donne  e  dalle  mamme.    -­‐  evitare  la  dispersione  scolastica  dei  giovani  e  delle  giovani  italiani  e  dei  cittadini  dei  paesi  terzi      Inclusione  sociale    -­‐  favorire  l’accesso  ai  beni  e  ai  servizi  socio  sanitari  da  parte  delle  donne  immigrate,      -­‐  favorire  l’abitare  sociale  delle  donne  immigrate  e  soprattutto  delle  donne  madri  e  single      -­‐  promuovere  misure  di  sostegno  a  favore  delle  infrastrutture  sociali  e  della  rivitalizzazione  urbana.  E’  importante  un  approccio  integrato  contro  la  segregazione.  

Page 19: La figura femminile come ponte per l'integrazione

         

   

 

19  

 Cittadinanza  attiva    -­‐  Favorire  l’ottenimento  della  cittadinanza  attraverso  una  corretta  informazione  e  sensibilizzazione  sui  propri  diritti  e  doveri  e  delle  procedure  formali  da  adempiere    Sensibilizzazione  e  rapporti  con  i  paesi  di  origine    -­‐  veicolare  attraverso  i  diversi  media  e  internet  2.0  le  esperienze  positive  d’integrazione  delle  donne  immigrate  rimuovendo  gli  stereotipi  negativi  legati  all’immigrazione    -­‐  promuovere  incontri  tra  le  organizzazioni  della  società  civile  e  le  comunità  d’immigrati/e  per  favorire  la  conoscenza  delle  diverse  culture,  religioni  e  potenzialità,  anche  al  fine  di  progettare  insieme  interventi  locali  e  promuovere  l’integrazione    -­‐  promuovere  legami  tra  le  realtà  imprenditoriali  italiane  e  d’  immigrati  e  gli  imprenditori  delle  comunità  dei  paesi  di  origine  al  fine  di  promuovere  e  sviluppare  il  “business  sociale17”    -­‐  favorire  l’incontro  delle  donne,  testimoni  chiave,  che  si  sono  distinte  nel  loro  paese  di  origine,  a  vario  titolo,  nella  promozione  delle  politiche  di  pari  opportunità  –  ad  es.:  rinnovamento  del  codice  familiare  in  Marocco  -­‐  e  femminili,  e  delle  donne  immigrate  in  Italia  e  sensibilizzare  le  comunità  di  migranti  su  quanto  accade  in  positivo  nel  loro  paese  di  origine.    Partecipazione  democratica    -­‐  Rimuovere  gli  ostacoli  legislativi  e  amministrativi  che  impediscono  la  partecipazione  degli  immigrati  alla  vita  politica  locale  (cfr.  proposta  dell’Assessorato  Politiche  Sociali  e  Cultura  della  Salute  del  Comune  di  Milano)18  e  nazionale.      

                                                                                                               17 Secondo  l’accezione  di  Muhammad  Yunus,  il  business  sociale  può  essere  definito  come  una  società  -­‐  creata  appositamente  per  risolvere  un  problema  sociale  -­‐  che  non  distribuisce  dividendi  e  non  deve  incorrere  in  perdite.  In  un  business  sociale,  gli  investitori/proprietari  recuperano  il  capitale  investito  senza  interessi  ma  non  possono  ottenere  nessun  dividendo.  Lo  scopo  dell’investitore  è  pertanto  quello  di  raggiungere  uno  o  più  obiettivi  sociali  attraverso  l’operatività  dell’azienda.      18  Quotidiano  La  Repubblica  del  21  Aprile  2012  “Il  Comune  di  Milano:  diritto  di  voto  agli  stranieri”