La Divina Commedia - Ezzelino Fotoclub · La Divina Commedia Inferno ... Spunti iconografici e...
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La Divina Commedia
Inferno - Canto XII ed Ezzelino da Romano
Spunti iconografici e parafrasi del canto
Argomento del Canto XII
Il dodicesimo canto dell'Inferno è ambientato nel settimo cerchio,
dedicato ai violenti.
Dante e Virgilio si muoveranno attraverso il primo girone, quello
destinato ai violenti contro il prossimo. I dannati di questo girono sono
tuffati nel fiume di sangue bollente Flegetonte, più o meno in profondità a
seconda della loro colpa (tiranni fino agli occhi, omicidi fino al collo...
predoni e ladroni fino al petto).
Qui sono presenti o vengono citati il Minotauro, Teseo, Arianna, i
Centauri (Chirone, Nesso e Folo), Deianira, Alessandro di Fere, Dionisio
di Siracusa, Ezzelino da Romano, Obizzo II d'Este, Azzo VIII d'Este,
Guido di Montfort, Attila, Pirro Neottolemo, Sesto Pompeo, Rinieri da
Corneto e Rinieri de' Pazzi.
http://www.latelanera.com/divina-commedia-inferno/canto-XII-inferno.asp
Argomento del Canto - Sunto
Discesa al greto (1-30)
Il punto in cui Dante e Virgilio scendono dal VI al VII Cerchio è impervio, in
quanto la discesa è simile alla frana che ha percosso il letto dell'Adige.
Sull'estremità superiore di questa rovina c'è il Minotauro, che appena vede
i due poeti si morde dalla rabbia. Virgilio gli grida che nessuno di loro è
Teseo, l'eroe che uccise il mostro sulla Terra, e Dante non è qui su
indicazione di Arianna ma per vedere le pene dei dannati.
Il Minotauro si allontana saltellando, come un toro che ha ricevuto un colpo
mortale, e i due poeti ne approfittano per allontanarsi e calarsi giù per lo
scoscendimento della roccia.
Origine dei crolli all'Inferno (31-48)
Virgilio intuisce che Dante si sta chiedendo quale sia l'origine della ruina
dove stava a guardia il Minotauro e spiega che la prima volta in cui è
passato di lì (poco dopo la sua morte, quindi prima della nascita di Cristo)
essa non c'era ancora.
Però poco tempo prima che Cristo risorto traesse dal Limbo le anime dei
patriarchi biblici, tutta la valle infernale tremò scossa da un terremoto
fortissimo e fu questo a causare il crollo. Virgilio invita quindi Dante a
guardare davanti a sé, dove c'è il fiume di sangue in cui sono immersi i
violenti.
Canto XII - Sunto
Il Flegetonte e i centauri (49-75)
Dante obbedisce e vede un'ampia fossa a forma di semicerchio, in cui
scorre un fiume di sangue bollente (il Flegetonte), e tra la parete del
Cerchio e il fiume corrono dei centauri, armati di arco e frecce. I mostri si
arrestano quando vedono arrivare i due poeti e tre di loro si staccano
dalla schiera.
Uno di loro chiede da lontano quale sia il peccato dei viaggiatori e li
minaccia con l'arco. Virgilio risponde che spiegherà tutto al loro capo,
Chirone, e poi dice a Dante che il centauro che ha parlato è Nesso, morto
a causa di Deianira, mentre quello al centro è Chirone, che allevò Achille,
e l'altro è Folo, uno dei più violenti.
Intorno al fiume ce ne sono migliaia, col compito di colpire con le frecce i
dannati che fuoriescono troppo dal sangue bollente.
Incontro con Chirone (76-99)
I due poeti si avvicinano ai centauri e Chirone minaccia di colpirli con una
freccia, indicando ai compagni che Dante è ancora vivo. Virgilio spiega
che il suo compito è mostrare al discepolo l'Inferno, poiché questo è il
volere divino e Dante non è un ladrone, né lui stesso un malfattore.
Virgilio chiede poi a Chirone di incaricare uno dei compagni di portare in
groppa Dante e fargli attraversare il Flegetonte, dal momento che Dante
ha un corpo fisico. Chirone si volta alla sua destra e incarica Nesso di
guidare i due poeti fino al guado.
Canto XII - Sunto
Nesso mostra a Dante i violenti (100-139)
Nesso obbedisce e scorta Dante e Virgilio lungo il Flegetonte, dove i
dannati immersi nel sangue levano alte grida.
Il centauro indica a Dante spiriti immersi sino alle ciglia e spiega che sono
tiranni, tra i quali indica un Alessandro, Dionisio di Siracusa, Ezzelino da
Romano, Òbizzo d'Este
Più avanti Dante vede dei dannati immersi sino alla gola nel bulicame, tra
cui Nesso indica Guido di Montfort che uccise a Viterbo Enrico, cugino
del re d'Inghilterra. Altri dannati emergono fino al petto e tra questi Dante
riconosce più di uno, altri ancora sono immersi sino ai piedi.
Dopo che ha fatto salire sulla sua groppa Dante e ha iniziato ad
attraversare il Flegetonte, Nesso spiega che il livello del fiume si abbassa
progressivamente, sino a ricongiungersi al punto opposto dove invece è
più profondo e dove sono puniti i tiranni
Nel punto di maggior profondità sono immersi Attila, Pirro, Sesto
Pompeo, Riniero da Corneto e Rinieri dei Pazzi. Dopo essere giunto
sull'altra sponda, il centauro torna da dove è venuto.
Le illustrazioni di Gustave Dorè
Le illustrazioni di Gustave Dorè
Miniature antiche
Il periodo romantico
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Canto XII e Parafrasi del testo
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Ezzelino da Romano
Ezzelino da Romano fu un condottiero e un dittatore di Padova. È noto anche
come Ezelino da Romano, signore della Marca Trevigiana, soprannominato il
Feroce o il Terribile.
Fu considerato un soldato audace, astuto e valoroso anche se fanatico come
ghibellino e spietato nella sua volontà di dominio. Ereditò dal padre i territori
di Bassano, di Marostica e di tutti i castelli situati sui colli Euganei.
Già a venti anni aveva manifestato le sue speciali inclinazioni per la guerra,
unite ad uno spirito di dissimulazione e di pazienza, straordinari per la sua
età.
Era inoltre resistentissimo ad ogni fatica, capace di affrontare impavido
qualsiasi pericolo, freddo ed insensibile ad ogni spettacolo di pietà,
intollerante di ogni freno e di ogni consiglio.
Si comportò con una crudeltà forse maggiore rispetto ai livelli (peraltro assai
elevati) dei suoi tempi, anche se non particolarmente credibili sembrano le
fonti storiche di parte a lui avversa che non mancarono di descrivere Ezzelino
III come un fosco tiranno che traeva personale diletto nell’escogitare torture
raffinate quanto crudeli.
Fu certamente uomo di parte e delle fazioni si servì principalmente per
ingrandire i suoi feudi e rendersi sempre più potente. Per tutto ciò appare
come il più attivo e ardente ghibellino, tanto che di questo partito ebbe di fatto
il comando nell’Italia settentrionale. http://galilei2d.altervista.org/wordpress/?cat=1
Ezzelino da Romano
Unito alla sorte dell’imperatore Federico II e del casato svevo, egli trasse
sempre da questa sua posizione nuove ragioni di dominio tirannico, vigilando
affinché la sua potenza non venisse attaccata dall’esterno.
Requisì ai padovani da lui banditi i castelli di Agna e di Brenta, mandando a
morte tutti coloro che li custodivano. Incamerò diversi castelli del marchese
d’Este e del conte di San Bonifacio e, estendendo le sue conquiste alla
provincia di Treviso, aveva a suo tempo assoggettato Feltre e Belluno,
spargendo sangue a piene mani e mantenendo nell’obbedienza i sui sudditi
antichi e nuovi, costruendo prigioni tanto sudice quanto pestilenziali, nelle
quali rinchiudeva alla rinfusa uomini, donne e fanciulli.
A questi ultimi, per una sua particolare voluttà, sembra facesse strappare gli
occhi. Ezzelino III rappresentò di fatto le fortune sconfitte dell’Impero e della
parte ghibellina e non è dato fissare con precisione e affidabilità storica rigidi
confini fra la sua indubbia mancanza di scrupoli e la sua ferocia e la sua forte
(ma soccombente) visione politica
« “e quella fronte ch’a il pel così nero, / è Azzolino…” »
(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto XII)
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