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La distribuzione farmaceutica in Italia: nuovi
capitali e nuove sfide
Testo rivisto 6/10/2016
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1. Introduzione
I farmaci sono una parte essenziale dell'assistenza sanitaria e nuovi farmaci vengono sviluppati
costantemente. Assicurare l'utilizzo appropriato di farmaci è uno dei compiti cruciali dell’assistenza
sanitaria di alta qualità alla popolazione. Misurare quali farmaci e con che modalità sono utilizzati in sistemi
di assistenza sanitaria, e come tale utilizzo varia tra Paesi, può gettare luce sull'efficienza, la qualità e
l'equità dei servizi sanitari (Richards, 2010).
L'IMS (Institute for Healthcare Informatics) predice che il mercato farmaceutico raggiungerà quasi 1200
miliardi di dollari entro il 2016, con un aumento di quasi 250 miliardi di dollari rispetto ai 956 miliardi
registrati nel 2011. Sebbene gran parte di questa crescita provenga principalmente dall'espansione del
mercato nei principali Paesi emergenti, un ruolo chiave lo giocano sicuramente lo scadere dei brevetti e con
essi la diffusione dei farmaci generici. Per rendere l’idea della dimensione di tale espansione, la spesa in
medicinali coperti da brevetto dovrebbe aumentare da 596 miliardi di USD nel 2011 a USD 615 miliardi nel
2016 mentre la spesa totale per farmaci generici dovrebbe passare da USD 242 miliardi a USD 400 miliardi
entro il 2016.
La diffusione dei farmaci generici è sicuramente una delle note di maggiore interesse anche per il mercato
nazionale. Secondo il rapporto sull’uso dei Farmaci in Italia nel 2015 (OSMED – AIFA - 2016) “la spesa
farmaceutica totale, pubblica e privata, è stata pari a 28.9 miliardi di euro, di cui il 76,3% rimborsato dal
SSN” (Figura 1). La spesa media per cittadino è stata di circa 476 euro.
La spesa farmaceutica territoriale complessiva ha presentato una netta crescita rispetto all’anno
precedente pari a +8.9%. Tale crescita è stata in buona parte assorbita dall’introduzione sul mercato di
alcuni nuovi farmaci ad alto costo (in particolare i farmaci ad azione antivirale diretta di seconda
generazione DAAs per la cura dell’epatite C cronica). La spesa pubblica complessiva per farmaci di fascia A
(compresa la loro distribuzione diretta) è ammontata a 13.4 miliardi di euro circa con pari a circa il 61.5%
della spesa farmaceutica territoriale. La crescita è stata del 13.1% imputabile ad un aumento di più del 50%
della spesa per farmaci in distribuzione diretta e per conto, mentre è leggermente calata la spesa
farmaceutica convenzionata netta. Questa ripresa dell’aumento della spesa farmaceutica interrompe un
trend virtuoso di riduzione della stessa che durava da 4 anni (Figura 2). Come sottolineato tuttavia il trend
appare interrotto per una variazione massimamente dovuta alla introduzione di farmaci di ultima
generazione per specifiche patologie.
Trend in continua e lenta crescita è quello delle prescrizioni mediche (e quindi delle confezioni erogate). Si
sono dispensate nel 2015 circa 1.9 miliardi di confezioni con un aumento dello 0.1% rispetto all’anno
precedente.
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Figura 1. Fonte OSMED (2015) pag. 345 – Caratteristiche generali dell’uso dei farmaci in Italia
A fronte di un aumento costante delle ricette il calo della spesa registrato negli anni precedenti (nel 2014,
ha fatto registrare un calo del -3,1% rispetto al 2013) era in buona parte da attribuirsi alla diffusione dei
farmaci equivalenti, alle varie trattenute imposte alle farmacie e agli interventi adottati a livello regionale,
quali, in particolare, l’aumento dei ticket pagati dai cittadini e la distribuzione diretta di medicinali
acquistati dalle ASL (Figura 2).
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Figura 2 Fonte OSMED (2015) pag. 346 – Caratteristiche generali dell’uso dei farmaci in Italia
In questo quadro il rapporto OSMED (2015) ci fornisce importanti elementi di riflessione sull’andamento del
settore in particolare sulla composizione della spesa farmaceutica territoriale (Figura 3) e sulle sue
componenti (Figura 4).
Figura 3 Fonte OSMED (2015) pag. 350 – Composizione della spesa farmaceutica territoriale
Figura 4 Fonte OSMED (2015) pag. 351 – Andamento della spesa farmaceutica in regime di assistenza convenzionata – effetto
consumi, prezzi e mix
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Come si evince in particolare dalla Figura 4 l’effetto contrazione dei prezzi ha un ruolo chiave nel moderare
la spesa sanitaria nazionale. Sempre nel rapporto OSMED (2015) sono infatti riportati i trend di lungo
periodo dei prezzi medi dei farmaci di Classe A in assistenza convenzionata (decrescente), classe C con
ricetta (stabile nel lungo periodo) e dei farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche (molto più
altalenante nel periodo e mediamente più alto).
Come afferma Federfarma “le farmacie continuano a dare un rilevante contributo al contenimento della
spesa - oltre che con la diffusione degli equivalenti e la fornitura gratuita di tutti i dati sui farmaci SSN - con
lo sconto per fasce di prezzo, che ha prodotto nel 2015 un risparmio di oltre 500 milioni di euro, ai quali
vanno sommati circa 70 milioni di euro derivanti dalla quota dello 0,64% di cosiddetto pay-back, posto a
carico delle farmacie a partire dal 1° marzo 2007 e sempre prorogato. A tali pesanti oneri si è aggiunta, dal
31 luglio 2010, la trattenuta dell’1,82% sulla spesa farmaceutica, aumentata, da luglio 2012, al 2,25%. Tale
trattenuta aggiuntiva ha comportato, per le farmacie, un onere quantificabile nel 2015 in oltre 195 milioni
di euro. Complessivamente, quindi, il contributo diretto delle farmacie al contenimento della spesa, nel
2015, è stato di quasi 770 milioni di euro. In aumento le quote di partecipazione a carico dei cittadini in
conseguenza degli interventi regionali sui ticket e del crescente ricorso dei cittadini ai medicinali di marca
più costosi, con pagamento della differenza di prezzo rispetto all’equivalente di prezzo più basso, a seguito
delle polemiche sull’efficacia dei medicinali generici e sulla sostituzione da parte del farmacista del
medicinale prescritto dal medico con un equivalente tra quelli di prezzo più basso.”
Federfarma evidenzia due aspetti importanti collegati alla spesa sanitaria in medicinali e al ruolo svolto
dalle farmacie stesse. Da un lato infatti le farmacie agiscono in collaborazione con i sistemi sanitari regionali
e secondo le direttive del SSN al fine di ridurre la spesa pubblica in medicinali in particolare lavorando sulla
diffusione dei cosiddetti generici, meno costosi per l’utente finale e per il SSN. D’altro canto Federfarma
evidenzia come le polemiche spesso strumentali sull’efficacia dei generici e sulla sostituzione da parte del
farmacista abbiano inciso su questa opera di diffusione andando a provocare un aumento delle richieste di
farmaci a prezzo più alto impattando direttamente quindi sulle tasche dei cittadini. L’aspetto delle
differenze nella gestione regionale della distribuzione del farmaco verrà discusso più avanti nella ricerca.
Nello specifico ampio ruolo nell’analisi verrà ricoperta dall’osservazione delle differenze a livello provinciale
e regionale nel business farmacia. Tali differenze come verrà discusso non sono sempre imputabili a
differenze economiche sostanziali (cioè ad un effetto ricchezza) quanto, maggiormente, ad un effetto
regione (o provincia) e quindi alla locale gestione del settore.
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Le farmacie si pongono quindi in un ruolo fondamentale nella libera scelta del cittadino di servirsi di
prodotti sanitari:
sono il primo presidio sanitario cui si rivolgono i cittadini – o come identificato dal legislatore
l’ultimo presidio perché più prossimo al cittadino stesso nell’accesso al farmaco – una volta in
possesso dei farmaci stessi infatti non vi è più alcuna mediazione professionalizzata tra il cittadino e
l’utilizzo improprio del farmaco stesso;
sono, insieme ai medici, i presidi che possono garantire il corretto uso del farmaco e l’aderenza alla
terapia, determinando una riduzione della spesa sanitaria (sia essa a carico del SSN o del cittadino
stesso) a parità di servizio.
Nonostante le spinte verso il ritorno a farmaci con marchio, fatta eccezione per il 2015 (per i motivi
sottolineati da AIFA), nei sette anni precedenti si è osservato a livello aggregato un trend della spesa
virtuoso per utenti finali e per SSN. Il settore delle farmacie rimane nonostante tutto sotto i riflettori
mediatici. Il prezzo dei farmaci, la diffusione delle farmacie e più in generale il comparto dei prodotti
sanitari sono al centro di continue richieste di riforma verso una direzione di liberalizzazione del comparto
stesso. In prima istanza tali richieste si basano sull’assunto che il livello dei prezzi nel settore farmaceutico
italiano sia più alto rispetto ai competitor europei (in particolare la Germania - o quanto meno questa è la
versione propagandistica, che si scontra con i dati proposti dall'Osservatorio sui Medicinali OsMED)
riportato generalmente dai media come lo “scandalo” dei prezzi dei medicinali in Italia. È di settembre 2015
l’ultima turnata di polemiche collegate al DDL Concorrenza e alla (non avvenuta) liberalizzazione della
vendita dei farmaci in fascia C. In questa ultima serie di polemiche si evince il fondamentale problema di
determinare il ruolo stesso della farmacia.
Questa ricerca grazie all’utilizzo di dati acquisiti dal SOSE indaga la situazione delle farmacie in Italia ad un
livello di dettaglio regionale e provinciale allo scopo di determinare lo stato di salute del settore e come i
servizi forniti dalle farmacie stesse, le loro strategie di business e, laddove presenti, le società di capitali,
che hanno acquisito il controllo di farmacie comunali, abbiano impattato sul settore della distribuzione del
farmaco. Come si evincerà nelle prossime pagine l’analisi si focalizza su alcuni punti chiave di interesse per
il sistema nazionale sia dal punto del “policy maker”, che dal punto degli agenti partecipanti a questo
mercato, nella fattispecie le farmacie e i consumatori. I cardini dell’analisi sono fondamentalmente due. Da
un lato una analisi delle differenze territoriali nel business farmacia che evidenzia come vi siano disquilibri
regionali (e provinciali) non imputabili a dinamiche di mercato legate a cosiddetta “legge della domanda e
dell’offerta”. Nello specifico si osservano differenze nella redditività delle farmacie che non sono spiegabili
con le differenze economiche tra le differenti aree del Paese, ancor più in un settore che deve la
grandissima parte del proprio fatturato ad un bene a domanda fondamentalmente anelastica (i farmaci).
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Dall’altro lato l’analisi mira ad osservare quelle società di capitali che oggi operano nel settore della vendita
al dettaglio dei prodotti farmaceutici. Prima del DDL Concorrenza infatti (e ad oggi in attesa del
completamento dell’iter legislativo) le società di capitali potevano accedere solo alla gestione di farmacie
pubbliche: trattasi infatti di società che hanno ottenuto l’affidamento della gestione delle farmacie
comunali. Sebbene le società di capitali attualmente operanti sul mercato quindi non rispecchino
fedelmente le possibili società interessate ad entrare all’interno del mercato della distribuzione del farmaco
al dettaglio (né l’eventuale capacità delle stesse di modificarne l’organizzazione), esse sono un primo
preliminare campione che permette quantomeno di valutare se, società che già stanno operando nel
mercato, stiano agendo meglio o peggio (in termini di profitti e o di servizi) degli attori classicamente
presenti (i farmacisti titolari).
1.1 Il settore farmaceutico italiano nel contesto Europeo
È importante sottolineare come l’intervento pubblico nell’ambito farmaceutico sia finalizzato ad assicurare
una adeguata fornitura di servizi e prodotti dalle comprovate proprietà terapeutiche per massimizzare il
benessere della collettività. La legge 23 dicembre 1978, n. 833 soppresse il sistema mutualistico
(precedente) ed istituì il "Servizio sanitario nazionale", con decorrenza dal 1º luglio 1980. Dagli anni ‘80 il
servizio sanitario nazionale (che opera a tutela del bene salute) è, all’interno dell’Europa, uno dei pochi
sistemi di tipo universalistico e gratuito.
La garanzia per la sicurezza sulla salute e più in generale l’accesso ad una prestazione sanitaria come la
somministrazione di un farmaco rappresentano motivi sufficienti per una elevata regolamentazione del
mercato da parte dello Stato. In tutti i Paesi ritroviamo normative di controllo, abbastanza omogenee tra
loro, sulla produzione e la distribuzione dei prodotti farmaceutici, nonché sulla sperimentazione e
l’introduzione di nuovi farmaci. A livello comunitario, è stato evidenziato il diritto di ogni Stato
appartenente all’Unione Europea a legiferare autonomamente in tema di condizioni per la distribuzione dei
farmaci al pubblico.
Procedendo nell’analisi delle normative esistenti nei diversi Paesi occorre effettuare una distinzione tra
farmaci con obbligo di prescrizione, per i quali sono in genere previste regole più restrittive, e farmaci non
soggetti a prescrizione. Nella maggior parte dei casi esaminati, le farmacie rappresentano i principali, e
spesso gli unici luoghi di dispensazione dei farmaci soggetti a prescrizione (Prescription Only Medicines,
POM), anche detti farmaci “etici”. In nessun Paese tuttavia è consentito ad altri esercizi commerciali la
vendita di questa tipologia di prodotti farmaceutici, proprio allo scopo di garantire la sicurezza della salute
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e un’elevata qualità dei servizi erogati ai consumatori. Si deve comunque notare come esista tuttavia la
possibilità in alcuni Paesi (UK in particolare) di vendita online di farmaci anche con ricetta.
Risulta necessario innanzitutto sfatare un mito generalizzato sul prezzo dei farmaci. Nel nostro Paese
stando allo studio di Russo (2015) e al suo aggiornamento svolto da AIFA per OsMED (2016), il prezzo dei
farmaci è inferiore a quasi tutti i Paesi UE e superiore nello specifico solo a Grecia e Portogallo (Figura 5 e
Grafico 1).
Figura 5: Russo (2015), Dall’appropriatezza d’uso dei farmaci alla programmazione sanitaria – AIFA
Grafico 1: Laspeyres Index. Autori su dati OsMED (2016) – per la Grecia sono esclusi i farmaci ospedalieri
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La variazione tra un anno e l’altro è imputabile alla crescita dei prezzi nel nostro Paese dovuta
all’introduzione dei farmaci DAAs. Nonostante la variazione il nostro Paese mantiene la posizione e in
generale conferma la qualità del sistema sanitario nazionale nel mantenere sotto controllo la spesa
farmaceutica.
Questo non significa che non vi siano alcune specifiche criticità sui prezzi e soprattutto
sull’approvvigionamento di determinate tipologie di farmaci, né tantomeno è da tenere in secondo piano la
differenza nella distribuzione dei redditi fra i Paesi europei. È indubbio infatti che in Paesi che presentano
redditi (e ricchezza media) più elevati possano presentare in media prezzi dei beni maggiori.
Come si evince comparando l’andamento dei prezzi con quello della ricchezza disponibile per persona (GDP
per capita) riportata nel Grafico 2 e 3, i prezzi tedeschi ad esempio risultano in media essere più elevati di
quelli italiani, mentre la Francia e il Regno Unito (UK) sembrano avere prezzi leggermente più bassi di quelli
italiani in proporzione alla ricchezza pro capite disponibile nel 2014 e nel 2015. Va comunque notato come
siano da tenere in conto almeno altri 2 aspetti.
Grafico 2: GDPpc 2014. Elaborazione degli autori da dati OECD
Va comunque notato come siano da tenere in conto almeno altri 2 aspetti. In primis il GDP pro capite è una
misura della ricchezza disponibile delle famiglie che non tiene conto dell’aspetto distributivo. In secondo
luogo stiamo osservando solo due anni, il 2014 e il 2015, anni in cui l’Italia ha apparentemente toccato il
punto più basso della crisi economica (2015), mentre altri Paesi, quali UK erano già in fase di risalita. Si è
trattato per altro di anni ad inflazione 0 (o addirittura deflazione) in alcuni periodi e questo ha influito sulle
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dinamiche di prezzo di tutti i beni anche quelli soggetti a domanda relativamente anelastica. A queste
considerazioni generiche di carattere economico va aggiunto il limite stesso dell’indice di Laspeyres. Se da
un lato l’indice è indipendente dal livello di aggregazione risulta molto limitato nella capacità di cogliere
variazioni relative all’introduzione di nuovi beni o a miglioramenti tecnici che riguardano i beni stessi. In un
contesto come quello farmaceutico questi limiti hanno sicuramente una importanza da non sottovalutare.
In particolare come abbiamo evidenziato l’introduzione di farmaci di ultima generazione per la cura
dell’epatite C cronica ad alto prezzo ed alto impatto anche sui volumi totali ha sicuramente generato effetti
sull’indice stesso.
Grafico 3 GDPpc 2015. Elaborazione degli autori da dati OECD
Il differenziale di prezzo tra Italia e Germania in particolare è, come sottolineato più volte anche da AIFA, un
evento da contrastare che genera distorsioni nell’offerta del farmaco nel nostro Paese in particolare per
alcune decine di prodotti. L’assenza di politiche di gestione e tracciabilità uniche europee è infatti una
carenza del sistema che rende complessa l’intercettazione di comportamenti illeciti e più in generale mette
in contrasto le politiche sanitarie dei Paesi membri in particolare laddove vi siano forti differenziali di
prezzo.
La virtuosità del sistema italiano nell’assicurare prezzi dei farmaci più bassi che nel resto d’Europa è
certificata non solo da AIFA ma anche da una ricerca del CERGAS (Università Bocconi) che nel 2012
certificava prezzi dei farmaci più alti in Germania, Francia, UK e Spagna, con le sole eccezioni dei farmaci
non coperti da brevetto in UK (meno cari del 12.4%) e ospedalieri in Spagna (meno cari del 15.2%) ma con
una media sul mercato sempre superiore a quella italiana.
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Guardando la spesa individuale, fortemente legata alle dinamiche di prezzo essendo il consumo dei farmaci
fondamentalmente indipendente dalla ricchezza dei soggetti e dalle loro stesse preferenze, Confindustria in
uno studio autonomo evidenzia come l’Italia in termini di spesa in farmaci si attesti nettamente sotto la
media europea come si evince dalla Figura 6. I dati di Confindustria fanno riferimento alla spesa pro capite
nel 2014 e rafforzano l’idea che il nostro sistema SSN sia performante nella propria capacità di fornire, in
aggregato, farmaci a prezzi più bassi rispetto ai competitor europei.
Figura 6. Fonte: Rapacciuolo e Riccini (2015). Spesa farmaceutica pubblica pro capite 2014
Analizzando la spesa pro capite in farmaci e supponendo che i livelli di salute degli italiani non comportino
necessità mediche superiori o inferiori alle altre popolazioni europee, all’interno di un mercato in cui la
domanda del bene farmaco è fondamentalmente anelastica (ergo non dipendente dal reddito) i
differenziali di spesa pro capite tra Paesi sono fondamentalmente attribuibili a differenze di prezzo.
Come si evince appunto dalla Figura 6 il nostro Paese di attesta nettamente sotto la media UE e presenta
valori simili (e migliori) di quelli di UK, che come verrà discusso in seguito adotta all’interno dell’Europa il
sistema organizzativo della distribuzione del farmaco più dissimile al nostro.
Questi risultati sono permessi da uno schema normativo che non tralascia i controlli ma che permette un
contenimento della spesa farmaceutica sia del sistema sanitario che dei consumatori finali. Il sistema che
regola i prezzi dei farmaci in Italia deriva da una stratificazione di norme cominciata nel 1994. All’origine del
sistema dei prezzi italiano va posta la classificazione in “fasce di rimborsabilità” dei farmaci disposta dalla
legge 537/93 (GU 28/12/93):1
Farmaci totalmente rimborsati (Classe A o H) esiste un processo di negoziazione dei prezzi che
coinvolge l’AIFA e l’azienda titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIFA - 20162):
1 Agenzia del Farmaco http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/bif0106264.pdf
2 AIFA: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/il-prezzo-dei-farmaci
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o La determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale,
mediante la contrattazione tra Agenzia Italiana del Farmaco e le Aziende Farmaceutiche (L.
326/03), è un’attività che l’Agenzia svolge sulla base delle modalità e dei criteri indicati
nella deliberazione CIPE 01/02/01 “Individuazione dei criteri per la contrattazione del
prezzo dei farmaci”. Lo schema di contrattazione segue quanto riportato in Figura 7.
Figura 7. Fonte AIFA, Sito AIFA - Approfondisci… il prezzo dei farmaci
o Qualora la contrattazione fallisca i farmaci vengono classificati in fascia C, motivo per il
quale è possibile trovare in fascia C alcuni farmaci di alta rilevanza terapeutica.
Farmaci parzialmente rimborsati (Classe B) – categoria eliminata.
Farmaci totalmente a carico del paziente (Classe C) l’AIFA svolge un’azione di monitoraggio sui
farmaci con obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due condizioni:
o I farmaci a carico del paziente vengono venduti a un prezzo liberamente fissato dal
produttore.
o La Legge 27 dicembre 1997 n. 449, art. 36, comma 12 ha stabilito però che i cambiamenti di
prezzo debbano essere comunicati alla autorità e debbano avvenire, in aumento, ogni 2
anni, mentre sono sempre possibili le modifiche in diminuzione.
o l’incremento non può superare l’inflazione programmata.
Farmaci senza obbligo di prescrizione (OTC+SOP):
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o Il prezzo è stabilito liberamente dal dettagliante
La ripartizione dei farmaci tra le diverse classi di rimborsabilità è governata dalla Commissione Unica del
Farmaco e poi sostituita dall’AIFA (legge n. 326/2003). I prodotti parafarmaceutici invece non sono soggetti
ad alcuna regolamentazione di prezzo e si basano sul libero mercato.
Le Farmacie inoltre come dal Legge 27/2012 possono praticare sconti su qualsiasi tipo di farmaco
acquistato dal cittadino a proprie spese.
Sebbene nella maggioranza dei Paesi Europei esistano sistemi centralizzati per la determinazione del prezzo
dei farmaci vi sono rilevanti differenze. In UK (e anche nei Paesi Scandinavi) il prezzo è fondamentalmente
determinato dai produttori. Le autorità al servizio di Sua Maestà tuttavia determinano il livello di profitti
derivati dalla vendita diretta al pubblico. Le aziende farmaceutiche quindi determinano i prezzi in un
contesto di autorizzazioni e di margine di profitto programmato (Pharmaceutical Price Regulation Scheme,
PPRS).
In Germania fino al 2011 le aziende farmaceutiche potevano fissare liberamente i prezzi senza contrattarli
con le autorità (sebbene lo schema di rimborso sia soggetto sin dal 1989 al cosiddetto Festbetraegssystem
che determina l’ammontare massimo rimborsato alle associazioni di malattia).
Nella nostra analisi risulta importante valutare anche l’assetto proprietario delle farmacie in comparazione
con i Paesi di cui abbiamo discusso. In Francia ogni farmacista può possedere una farmacia ed essere socio
in altre 4 ma non è consentita la costruzione di catene commerciali. Il proprietario delle farmacie può
essere esclusivamente un farmacista (con alcune notabili eccezioni quali le farmacie ospedaliere e
aeroportuali) ed egli non può possedere più di una farmacia come socio di maggioranza. In Germania le
farmacie possono essere solo società individuali e di persone, i proprietari devono essere farmacisti e la
proprietà di più farmacie è vietata (però è ammessa l’apertura di fino a 3 succursali). In Spagna le farmacie
possono essere solo imprese individuali possedute almeno al 75% da un farmacista, non è ammessa in
alcun modo la catena farmaceutica. Differisce grandemente da questo punto di vista il Regno Unito. La
proprietà può essere diffusa, non è legata al vincolo della presenza di un farmacista (è obbligatorio però
che ogni punto vendita abbia un farmacista come responsabile sovrintendente) e sono ammesse catene.
Più in generale lo schema degli assetti proprietari è riportato in Figura 8 (da “La Farmacia Italiana 2015” pg
19, Federfarma su dati PGEU). Come si evince ogni Paese europeo segue schemi differenti. In Italia circa il
70% delle farmacie sono ditte individuali di un singolo farmacista mentre il restante 30% sono società di
farmacisti. Tali società di farmacisti possono possedere al massimo 4 farmacie, tutte all’interno della stessa
provincia. Con il DDL Concorrenza tale vincolo viene superato e le società di capitali potranno possedere
farmacie fino ad un massimo di concentrazione pari al 20% del numero delle farmacie presenti a livello
regionale. Si tornerà sull’argomento quando si affronterà l’analisi delle performance di quelle che sono oggi
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le uniche società di capitali già presenti sul mercato avendo in gestione le farmacie pubbliche in alcuni
territori.
Figura 8 La Farmacia Italiana 2015” pag. 19, Federfarma su dati PGEU – l’assetto proprietario in Europa
Infine per completare il quadro, stando ai dati 2015 del rapporto PGEU il rapporto tra il numero di farmacie
e il numero di abitanti ci pone sotto la media europea (Figura 9) con quasi 30 farmacie ogni 100000
abitanti.
In questa importante classifica che ci dà una misura del livello di prossimità rispetto al cittadino del nostro
Sistema Sanitario siamo secondi solo a Francia (34/100000) e Spagna (46/100000) tra i grandi Paesi
europei. Sempre in Figura 5 è riportato un secondo importante elemento: il numero medio di farmacisti per
farmacia. In tutta Europa solo in Austria vi sono più farmacisti per farmacia che in Italia. La presenza di un
alto numero di farmacisti nettamente superiore alla media europea ha una doppia valenza:
La presenza di personale specializzato permette di assicurare nelle farmacie del nostro Paese un
livello di professionalità e di servizio al cliente tecnicamente competente, permettendo anche orari
di apertura più lunghi e servizio 24 ore su 24 in alcune farmacie.
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Nonostante la crisi i laureati in Farmacia hanno probabilità di essere occupati più lata che la media
dei laureati. Questo ha favorito un trend di crescita nelle iscrizioni (e quindi nelle lauree) che cha
portato dai 1613 laureati in Farmacia del 2008 ai 3938 del 2014. Tale crescita ha e avrà effetti sul
mercato del lavoro dei farmacisti nei prossimi anni. Si evince infatti un trend di crescita dei laureati
del settore che se non sarà accompagnato da un trend di crescita dei posti di lavoro nel settore
(dalle case farmaceutiche fino alle farmacie stesse) genererà un disallineamento tra domanda e
offerta di lavoro.
Figura 9 Fonte PGEU (2015) – numero farmacie ogni 100000 abitanti e numero di farmacisti per farmacia.
All’interno di questo quadro, infatti, l’Italia è già il Paese che ha il maggior numero di farmacisti (più di
70000), il triplo della media europea e più del doppio di UK (circa 30000), e circa il 25% in più di Germania
(50000) e Spagna (47000).
Va inoltre notato che esistono alcune differenze sostanziali ed importanti nel rapporto tra punto vendita e
consumatore tra il sistema italiano e quello presente in alcuni competitor. In Italia vi è infatti l’obbligo di
presenza di un farmacista durante la distribuzione del farmaco, obbligo non altrettanto restrittivo in alcuni
degli altri Paesi. In molti Paesi europei, compresa l’Italia, inoltre è prevista la possibilità di vendita di farmaci
online, nel caso di UK anche per farmaci con obbligo di ricetta.
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Si tralascia una valutazione comparativa delle normative riguardanti le cosiddette parafarmacie e la vendita
in generale di prodotti di automedicazione essendovi differenze sostanziali in ogni Paese europeo, fermo
restando che in nessun altro Paese europeo che ha consentito la vendita di medicinali senza ricetta in
esercizi diversi dalla farmacia è prevista la presenza obbligatoria del farmacista.
1.2 Le differenze nell’accesso al farmaco fra le regioni italiane
Finora si è provveduto a fornire un quadro nazionale e collocare la situazione del mercato del farmaco, core
business delle farmacie in un contesto Europeo. L’Italia è tuttavia fortemente frammentata a livello
economico, sociale e per quanto riguarda il Sistema Sanitario Nazionale anche normativamente o
organizzativamente a livello regionale e provinciale. Prima quindi di entrare nel dettaglio dell’analisi della
situazione delle farmacie è quindi opportuno soffermarsi brevemente sulle differenze territoriali in termini
di accesso ai servizi sanitari, spesa sanitaria e condizioni socio economiche.
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Figura 10. Fonte La Repubblica3
A titolo di esempio si fa riferimento a un articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica il 30 luglio scorso
che evidenzia le differenze nei costi sostenuti dalle Regioni per la distribuzione di farmaci da parte delle
farmacie per conto delle ASL. (Figura 10) Come già sottolineato in precedenza la fonte giornalistica non
appare spesso adatta per valutare nel dettaglio (e correttamente) la situazione, è indubbio che tuttavia vi
siano sostanziali differenze nelle modalità di erogazione dei farmaci e nei costi sostenuti dalle regioni a
causa delle differenti normative, sistemi distributivi e scontistiche applicate. In attesa dell’uniformazione
dei Sistemi Sanitari Regionali al sistema delle ricette elettroniche (Figura 11) e alla entrata a regime
completa del sistema stesso le statistiche sono frammentate ma danno un quadro abbastanza
disomogeneo del Paese.
3 http://www.repubblica.it/salute/medicina/2016/07/30/news/farmaci_prezzi_diversi_per_ogni_regione-145079597/
scaricato il 19/08/2016
19 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Figura 11. Fonte: “La farmacia italiana 2015” pag. 45 Federfarma. Incidenza a livello regionale delle ricette elettroniche
Come si evince dal Grafico 4, infatti, il consumo di farmaci è stato negli ultimi due anni ben differente fra
diverse regioni del Paese, con alti consumi individuali in Liguria ed Emilia Romagna e nettamente più bassi
in Sicilia e Campania. Se si cercasse una regolarità nei consumi si noterebbe come il nord appaia, seppur
con le notabili eccezioni delle province autonome di Trento e Bolzano, maggiormente propenso al consumo
di farmaci. Interessante notare anche come la Liguria, regione in cui l’utilizzo della ricetta elettronica è
minore, sia anche la regione con maggiore consumo di farmaci da parte dei cittadini stessi.
20 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Grafico 4. Fonte: elaborazione degli autori da dati ISTAT
Per quello che riguarda il trend nazionale di medio periodo ISTAT fornisce anche il consumo di farmaci negli
ultimi 2 giorni sulla popolazione a livello nazionale dal 2006. Come si nota dal Grafico 5 i consumi in Italia
sono fondamentalmente in leggera crescita e (Tabella 1) sono alimentati in particolare dagli anziani e dagli
over 55. Il rapporto causale tra consumo di farmaci e avanzamento dell’età è ben documentato in
letteratura scientifica e non è certo una sorpresa, esso tuttavia pone un accento importante sul ruolo delle
farmacie all’interno della società. L’aumento dell’aspettativa di vita è intrinsecamente collegato al consumo
di farmaci e alle opportunità che la ricerca medica e farmaceutica forniscono alla popolazione. La farmacia
in qualità di presidio più vicino al cittadino all’interno del sistema sanitario svolge, in un quadro di aumento
21 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
di bisogni farmaceutici endogeno all’aumento dell’aspettativa di vita, un ultimo controllo del SSN sui reali
bisogni della società. Il ruolo della distribuzione di farmaci al dettaglio, ergo delle farmacie in questo
contesto è destinato a rafforzarsi ulteriormente in una società i cui bisogni farmaceutici sono in lenta ma
continua ascesa.
Grafico 5. Fonte: elaborazione degli autori da dati ISTAT
persone per consumo di farmaci negli ultimi due giorni
2014 2015
Classe di età
0-14 anni 13.1 13.9
15-17 anni 14.9 15.3
18-19 anni 19.7 19.6
20-24 anni 18.7 19.1
25-34 anni 21.6 22.3
35-44 anni 26.9 26.7
45-54 anni 37.8 38.4
55-59 anni 50.6 49.8
60-64 anni 62.8 62
65-74 anni 76 75.8
75 anni e più 89.8 88.1
Tabella 1. Fonte: dati ISTAT
I dati di ISTAT in termini di ricette emesse, spesa media per ricetta e spesa media pro-capite a livello
regionale invece fanno riferimento al biennio 2011-2012 e sono rappresentati nella Tabella 2.
Anno ricette di spec.
medic. e galen.
spesa media per
ricetta (euro)
spesa per ricetta di
spec. medic. e gal.
22 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
(migliaia) (euro pc)
Piemonte 2011 42142 19.46 186.04
2012 43070 17.91 176.43
Valle d'Aosta / Vallée d'Aoste 2011 1078 18.71 158.25
2012 1098 19.74 169.68
Liguria 2011 16776 17.38 138.61
2012 16505 15.05 158.75
Lombardia 2011 77012 23.25 182.51
2012 79544 21.33 173.27
Provincia Autonoma Bolzano / Bozen 2011 3129 20.05 152.7
2012 3055 17.9 107.33
Provincia Autonoma Trento 2011 4146 19.41 154.53
2012 4258 17.44 140.06
Veneto 2011 39754 19.03 191.56
2012 40220 17.21 141.87
Friuli-Venezia Giulia 2011 11436 20.55 183.12
2012 11618 18.36 174.67
Emilia-Romagna 2011 42599 16.6 161.21
2012 41987 14.72 141.28
Toscana 2011 39436 14.91 158.54
2012 37786 13.79 141.14
Umbria 2011 10396 15 174.31
2012 10480 13.9 164.46
Marche 2011 16438 16.94 179.33
2012 16474 15.72 167.65
Lazio 2011 59471 20.64 218.65
2012 62367 18.59 208.69
Abruzzo 2011 15155 20.03 229.17
2012 15604 17.85 212.31
Molise 2011 3377 16.85 179.73
2012 3318 15.13 160.28
Campania 2011 56324 19.54 189.77
2012 56515 17.05 167.04
Puglia 2011 43767 17.15 184.36
2012 44135 15.95 173.79
Basilicata 2011 6895 15.46 183.02
2012 6428 14.25 159.01
Calabria 2011 20831 18.75 196.73
2012 22772 16.37 190.46
Sicilia 2011 57719 19.86 228.09
2012 57598 18.45 212.59
Sardegna 2011 18291 19.25 212.55
2012 18763 18.26 208.97
Tabella 2. Fonte: dati ISTAT
I dati ci presentano un Paese in cui la spesa pro capite i medicinali è nettamente più alta nelle isole e in
Lazio e Abruzzo rispetto al resto del Paese. Questo Sebbene la spesa media per ricetta risulti generalmente
più alta nel nord (in particolare in Lombardia e in Friuli Venezia Giulia). Queste discrepanze dovute
23 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
quantomeno in parte alle differenze nella gestione sanitaria fra differenti regioni richiederebbero un
approfondimento che l’assenza di dati su un arco temporale maggiore al momento non permette. È
indubbio tuttavia che queste discrepanze abbiano un collegamento con le differenze
nell’approvvigionamento ospedaliero, nella gestione dei servizi di basi e nella catena distributiva dei
farmaci. Risulta essere nell’interesse dello Stato, delle regioni stesse e delle farmacie una armonizzazione
nazionale del settore al fine di uniformare le aree del Paese.
Cercando di approfondire l’analisi e di osservare dati più recenti, una differente scomposizione degli stessi
è disponibile ad opera di AIFA nel rapporto OsMED 2015. Come si evince dalla Figura 12 la spesa
farmaceutica convenzionata pro capite nel 2015 è stata mediamente più alta nel sud e nelle isole.
Figura 12. Fonte OsMED (2015) pag. 418. Spesa farmaceutica convenzionata 2015 (popolazione pesata)
24 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Ancora più evidenti nell’analisi fatta dall’Agenzia del Farmaco sono le differenze quando si va ad osservare
la spesa lorda pro capite in relazione al numero di confezioni come riportato in Figura 13.
Figura 13. Fonte OsMED (2015) pag. 419. Variabilità regionale dei consumi in regime di assistenza convenzionata di classe A-SSN
2015
25 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Osservando infine la Spesa farmaceutica pro capite territoriale (pubblica e privata) del 2015, soppesata per
la popolazione si evince come Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia presentino una spesa
territoriale di classe A-SSN nettamente superiore alla media nazionale. Inoltre osservando la spesa privata
Friuli, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Sardegna presentano una spesa inferiore al resto del Paese
(Figura 14).
Figura 14 Fonte OsMED (2015) pag. 423. Spesa farmaceutica pro capite territoriale
26 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Tali significative differenze nel consumo di farmaci sia in termini di ricette che in termini di spesa sono
quindi imputabili a differenze nei regimi di gestione regionali. Come si evince nella Figura 15, sempre
mutuata dal rapporto OsMED (20159) infatti ogni regione adotta regimi di ticket differenti, con palesi
risultati distorsivi del mercato.
29 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Figura 15. Fonte OsMED (2015) – AIFA pagine 65-73 – Modalità di applicazione dei ticket regionali.
2. Analisi del settore delle farmacie e intervento dello Stato
La natura del prodotto farmaceutico e i rischi di una sua non corretta assunzione hanno spinto a creare
diverse barriere all’accesso diretto al farmaco attraverso, in particolare, l'obbligo di prescrizione da parte di
un medico per molti farmaci e le regole sul tipo di distribuzione. La riserva alle farmacie del diritto di
esclusiva della vendita di alcuni farmaci, la titolarità della proprietà delle farmacie (e regole relative al suo
trasferimento), il numero di farmacie per lo stesso titolare sono solo alcuni degli interventi che lo Stato
Italiano nel corso degli anni ha sviluppato con l’obiettivo di assicurare che i farmaci (almeno in parte) siano
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distribuiti in un luogo diverso da un normale negozio, che l'accesso avvenga attraverso l'intermediazione di
un professionista laureato, variando dalla necessità della sola gestione affidata ad un farmacista alla
coincidenza tra proprietà e gestione al fine di attenuare gli obiettivi commerciali con le esigenze di etica
professionale. Le variazioni normative degli ultimi anni (dal DL 87/2005 convertito nella legge 149/2005, al
cosiddetto decreto Bersani del 2006 al recente d.d.l. Concorrenza -AS 2085) hanno ridefinito i confini delle
farmacie e in generale disciplinato produzione e distribuzione in maniera tale da incidere anche sugli assetti
di mercato e soprattutto sulla profittabilità delle imprese che operano in questo settore.
L’ammissibilità delle eventuali restrizioni alla concorrenza dipende dalla capacità di tutelare efficacemente
gli interessi collettivi coinvolti. Ad esempio il costo che la società sopporta per la presenza delle eventuali
rendite di posizione deve essere controllato e mantenuto ad un livello accettabile rispetto ai benefici
ricavati in termini di tutela della salute.
Nel 2005 il DL 87/2005 convertito nella legge 149/2005 introdusse la possibilità di effettuare sconti fino al
20% sul prezzo dei medicinali senza obbligo di prescrizione. A partire dal decreto Bersani (L. n. 248/2006), i
processi di deregolamentazione del settore farmaceutico sono stati numerosi. Il decreto-legge del 2006
introdusse la possibilità di vendere i medicinali senza obbligo di prescrizione anche in esercizi commerciali
altri rispetto alla farmacia, tuttavia alla sola presenza di un farmacista professionista. Sempre con lo stesso
decreto-legge è stato eliminato il limite del 20% allo sconto massimo praticabile e si è inoltre concesso alle
società di farmacisti di possedere fino a 4 farmacie nella provincia in cui la società ha sede legale. Si
provvide inoltre ad eliminare l’incompatibilità tra attività di distribuzione all’ingrosso e finale dei farmaci.
Nel 2007 si è provveduto poi a liberalizzare il prezzo dei medicinali senza obbligo di ricetta, si sono tolti i
vincoli alla pubblicità delle farmacie. Dal 2011 inoltre è stata ampliata la gamma dei medicinali vendibili in
altri punti vendita alla presenza di un farmacista (tramite il passaggio di tali farmici da farmaci con obbligo
di ricetta a farmaci senza obbligo di ricetta) e si è introdotta la possibilità di effettuare sconti anche su
farmaci di fascia C (DL 201/2011 convertito nella legge 214/2011), estesa successivamente ai farmaci di
fascia A acquistati privatamente (DL 1/2012, convertito nella legge 27/2012).
Attualmente l’esigenza principale è quella di salvaguardare il ruolo sociale del servizio sanitario nazionale e
l’accesso universale all’assistenza farmaceutica. Altrettanto rilevante è la necessità di realizzare il
contenimento della spesa, coinvolgendo tutti i soggetti che presentano competenze in tale ambito. Il
farmaco è un bene primario per la società, anche quando non è a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
L’introduzione di nuove regole che accrescano la concorrenzialità del mercato dei medicinali rappresenta
sempre una soluzione per contenere i costi della distribuzione e rendere disponibili i farmaci a condizioni
più vantaggiose. Questo obbiettivo tuttavia non appare di semplice raggiungimento essendo già i prezzi
italiani spesso più bassi di presenti in molti partner dell’Unione.
31 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
L’analisi finora effettuata mostra infatti una necessità di armonizzazione del sistema nazionale e di
controllo del problema della esportazione di farmaci verso Paesi che presentano prezzi di vendita più alti
con rischi di carenza di disponibilità di scorte.
Un assetto regolatorio più flessibile in cui le forze di mercato siano libere di operare comporta un
potenziale benessere ulteriore per la collettività (prezzi più bassi, qualità maggiore delle prestazioni) ma
anche una potenziale perdita di controllo sull’etica del servizio. Ai potenziali effetti sul benessere sociale,
non possono non affiancarsi anche le conseguenze sui singoli soggetti che agiscono nel settore. In
particolare i produttori e i distributori intermedi e finali sono in questo periodo chiamati a confrontarsi con
un nuovo contesto di mercato da cui potranno scaturire opportunità, ma anche un maggiore rischio per la
sopravvivenza delle imprese. È infatti indubbio che un processo che sposti la titolarità (e con essa la
responsabilità penale) dal farmacista imprenditore ad una azienda che suddivide una catena di comando
possa generare una minore percezione della responsabilità del farmacista dipendente. Se quindi il conflitto
di interessi farmacista-imprenditore e società di capitali che investe in farmacie è di per se simile nelle
forme di incentivo, differente può essere la percezione associata alla responsabilità per atti non
professionali (o contrari alla legge) all’interno di una catena diretta (farmacista titolare della farmacia,
rapporto diretto con farmacisti dipendenti) o di una relazione subordinata più lunga (come nelle imprese di
medio-grande dimensione).
L’obbiettivo del regolatore parrebbe dover essere, in prima istanza, il miglioramento dell’accessibilità del
servizio e la gestione della relazione farmacia/cliente, nonché una uniformazione dei sistemi regionali e un
processo di tracciabilità dei farmaci sul mercato europeo al fine di garantire in primis l’utente finale e in
secondo luogo per prevenire distorsioni dell’offerta del mercato interno dovute ad azioni esterne al
mercato stesso. All’interno di un contesto di distribuzione del farmaco a livello aggregato sostanzialmente
virtuoso rispetto ai partner Europei questa ricerca ora mira a chiarire lo stato di salute delle farmacie
italiane.
Appare quindi dirimente all’interno del dibattito e delle valutazioni che ancora sono in discussione notare
come dal punto di vista economico vi siano i presupposti per la necessità di normare in maniera chiara ed
esplicita ruoli e responsabilità civili e penali sia per i dipendenti delle società di capitali che per le società
stesse essendo ad oggi la legislazione basata sulla figura del farmacista titolare, figura che se e dove
entreranno società di capitali nella distribuzione finale del farmaco, verrà meno.
2.1 Dettagli Normativi
2.1.1 Il contesto europeo
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Per quanto riguarda l’assetto proprietario delle farmacie, si osserva come le diverse forme di
regolamentazione sono giustificate con il principale obiettivo di salvaguardare l’indipendenza della
professione dei farmacisti e di assicurare che le decisioni non siano prese solo sulla base del rendimento
commerciale, ma che sia invece preponderante la tutela della salute pubblica attraverso un servizio di alta
qualità. Numerosi sono stati gli interventi in ambito comunitario il cui riferimento principale rimane la
direttiva 2005/36/CE che regolamenta il riconoscimento delle qualificazioni professionali seppur non
deliberando sulla forma giuridica che le farmacie sono vincolate ad assumere. Allo stato attuale, proprietà e
gestione delle farmacie coincidono, grazie alla riserva della gestione in via esclusiva ai farmacisti abilitati,
responsabili di un solo esercizio farmaceutico ovvero, in caso di società, che possono essere titolari fino a
un massimo di 4 farmacie, con un direttore che deve essere socio della società.
A livello europeo, la deroga alla coincidenza tra proprietà e gestione dell’esercizio farmaceutico è stata
concessa in Irlanda, Olanda e Regno Unito (oltre che fuori Europa in Canada e Stati Uniti) dove non esistono
limiti alla forma giuridica delle farmacie e la legge consente ad ogni persona fisica o giuridica di essere
proprietaria.
Dal punto di vista economico, il vincolo del numero di farmacie per titolare tende ad essere fortemente
penalizzante dal punto di vista della concorrenza e quindi a completo danno dei consumatori. Questo
rendeva impossibile una corretta allocazione delle risorse (efficienza allocativa) da parte delle singole
farmacie ma anche un corretto sfruttamento delle economie di scala derivanti ad esempio dalla gestione
unificata degli ordini di magazzino. La proprietà multipla inoltre in linea di principio rafforza il potere
contrattuale del titolare rispetto ai distributori intermedi con la possibilità di acquistare farmaci a prezzi più
vantaggiosi a fronte di garanzie di un (potenziale) maggiore volume di vendite.
Negli ultimi anni, il processo di liberalizzazione dell’assetto proprietario delle farmacie in molti Paesi
europei ha spinto le farmacie verso una integrazione non solo in senso verticale, ma anche e soprattutto
orizzontale, con la formazione di catene di farmacie. La costituzione di catene di farmacie è strettamente
collegata alla possibilità di proprietà multipla delle farmacie e all’assenza di riserve, ai soli farmacisti, del
diritto di proprietà delle farmacie, per l’esigenza di raccogliere capitali sufficienti a finanziare imprese di
medie o grandi dimensioni. Catene di farmacie sono quindi consentite in molti Paesi dell’UE, in particolare
in Belgio, Irlanda, Islanda, Norvegia, Olanda e Regno Unito. In particolare, nell’ultimo di questi Paesi
durante gli ultimi anni si è determinato un cambiamento strutturale del mercato delle farmacie in quanto la
proporzione delle farmacie in catene composte da 5 o più esercizi è passata da circa un terzo a metà. Le
farmacie inoltre gestite direttamente dai supermercati sono cresciute del 30%.
La principale ragione per la quale, in molti Paesi europei, i processi di integrazione orizzontale e verticale
sembrano procedere di pari passo sembra essere l’incentivo a eliminare la doppia marginalizzazione dei
ricavi. Una unica filiera permette infatti in linea teorica di ottenere imprese che hanno maggiori profitti
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dovuti all’aumento dei volumi dato dall’abbassamento dei prezzi (dovuto ad un passaggio di ricarico in
meno).
2.1.2 Decreto Bersani, Legge 248/2006 e DDL Concorrenza
La normativa italiana invece ha determinato nel tempo profonde distinzioni nella disciplina della titolarità
tra farmacie a seconda della natura pubblica o privata dell’attività. Nel caso delle farmacie pubbliche,
relativamente residuali nelle piccole municipalità, il comune ha la possibilità di scegliere tra le differenti
alternative in campo: la gestione diretta, la costituzione di una azienda speciale, di una società di capitali a
prevalente capitale pubblico o anche l’affidamento dell’attività ad un consorzio costituito tra più comuni.
Per le farmacie di natura privata, invece, la normativa proponeva regole diverse, ampiamente modificate
dalla legge 248/2006. È prevista la possibilità di optare per la forma di impresa individuale il cui titolare sia
farmacista abilitato e iscritto all’albo, in alternativa può essere costituita una società di persone costituita
da soci tutti iscritti all’albo ma anche il ricorso alla forma di società cooperativa a responsabilità limitata.
Nuove recenti modifiche sono previste dal DDL sulla concorrenza in particolare con riferimento agli articoli
58 e 59 (testo licenziato dalla X Commissione del Senato) sulle farmacie. Tali articoli modificano la disciplina
sull’esercizio della farmacia privata da parte di società con riferimento ai profili delle tipologie di società,
dei requisiti soggettivi dei soci e delle eventuali incompatibilità, della direzione della farmacia, dei limiti
numerici e territoriali (soppressi) per la titolarità di farmacie da parte della società e della comunicazione
dello statuto societario e delle variazioni del medesimo sull’identità dei soci ad alcuni soggetti pubblici. Un
altro punto interessante presente nell’articolo 59 riguarda la possibilità di trasferimento territoriale della
farmacia in alcuni comuni della medesima regione (riguardante solo le farmacie soprannumerarie nei centri
con meno di 6600 abitanti) ed infine sugli orari di apertura delle farmacie a garanzia del livello minimo di
servizio da assicurare. Un punto nodale riguarda la modifica introdotta alla Camera al comma 2, (lettera a)
dell’articolo 58 che ha escluso dai profili di incompatibilità alla partecipazione alle nuove società di gestione
delle farmacie le attività di distribuzione intermedia e intermediazione del farmaco.
L’art. 8, comma 1, lett a) della legge 362/1991 prevedeva l’incompatibilità tra partecipazione alle società di
cui all’art.7 della legge 362/1991 e l’attività di distribuzione dei farmaci.
La Corte costituzionale con sentenza 24 luglio 2003, n. 275 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della
lettera a) nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è
incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e
informazione scientifica del farmaco. Il contenzioso era sorto nel Comune di Milano in relazione
all’affidamento ad un gruppo operante nella distribuzione intermedia della gestione delle farmacie
comunali.
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Successivamente, la norma di cui al D.LGS. 219 del 2006, articolo 100, comma 2, che prevedeva
l’incompatibilità tra attività di distribuzione all’ingrosso e fornitura al pubblico di medicinali, è stata
abrogata dalla legge 248/2006 di conversione del DL 223/2006 (DL Bersani).
Il Decreto Legistlativo 29 dicembre 2007, n. 274 ha disposto (con l'art. 2, comma 16) l'introduzione del
comma 1-bis. "1-bis. I farmacisti e le società di farmacisti, titolari di farmacia ai sensi dell'articolo 7 della
legge 8 novembre 1991, n. 362, nonché le società che gestiscono farmacie comunali possono svolgere
attività di distribuzione all'ingrosso dei medicinali, nel rispetto delle disposizioni del presente titolo.
Parimenti le società che svolgono attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali possono svolgere attività
di vendita al pubblico di medicinali attraverso la gestione di farmacie comunali.”
Il DDL Concorrenza estende il mercato della distribuzione del farmaco verso altri canali proprietari mirando
ad attirare capitali nel settore. L’apertura verso le società di capitali che ora potranno acquisire fino al 100%
della proprietà di una farmacia ha come vincolo solo il mantenimento di un mercato concorrenziale
evitando posizioni di monopolio o di oligopolio che potrebbero danneggiare gli altri competitor e gli utenti
finali. Tale salvaguardia è ottenuta nelle intenzioni del legislatore dalla soglia massima di mercato pari al
20% del numero delle farmacie operanti a livello regionale, che potrà essere detenuta da una sola società.
Questo, da un lato, liberalizza il mercato offrendo nuove possibilità di investimenti legati ad una maggiore
liquidità azionaria, dall’altro però, non è del tutto privo di rischi dal punto di vista economico e sociale. Il
problema infatti coinvolge la partecipazione azionaria in quota delle farmacie associata al forte
indebitamento che la stessa detiene con alcune società di distribuzione intermedia. Tali società avendo la
possibilità di accedere alle quote azionarie delle farmacie potrebbero in linea teorica condizionare le scelte
strategiche della farmacia. La figura del farmacista titolare potrebbe essere relegata nella realtà (anche se
non formalmente) al ruolo di dipendente che da un lato deve ottemperare agli obblighi giuridici e
deontologici previsti per lo svolgimento dell’attività farmaceutica e dall’altro deve sottostare alle
indicazioni che provengono dalla quota, dalla quale non può essere del tutto autonomo. Questo potrebbe
anche influenzare l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico nonché creare potenziali incentivi di
disinteresse al titolare dell’esercizio su alcuni aspetti di gestione confidando sulla possibilità di addebitare le
spese alla proprietà. Come discusso precedentemente infatti esiste ampia letteratura economica che
analizza come all’interno di una catena di collaborazione (o di comando) vi sia una percezione del rischio (in
questo caso del comportamento illecito) mitigata.
3. Il ruolo della distribuzione intermedia
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Rispetto alla distribuzione finale, il settore della distribuzione intermedia si presenta più concentrato con la
presenza in media a livello nazionale di grossisti di grandi dimensioni, le cui quote di mercato si
mantengono stabili nel tempo. In dettaglio, i dati aggregati Geofarma indicano per l’Italia nel 2016 la
presenza di circa un centinaio di attori della distribuzione intermedia, regolamentati allo stato attuale dalla
Direttiva 2001/83/CE e dal Dlgs 219/2006, di cui tre i soggetti principali, Alliance, Comifar e UNICO. In Italia,
allo stato odierno la distribuzione intermedia è solo full-line, cioè i distributori possono acquisire la
proprietà del prodotto prima del passaggio ai distributori al dettaglio. Nel sistema italiano di
amministrazione dei prezzi e dei margini riguardanti l’intera filiera, per i farmaci soggetti a rimborso dal
SSN, attualmente la remunerazione garantita ai distributori intermedi è intorno al 3% del prezzo al
consumo, pari al 4,5% del prezzo concordato ex fabrica.
In Europa, nel 2012 esistevano 772 distributori e rifornivano circa 173000 farmacie avvalendosi per la
distribuzione nazionale di 5000 imprese capillarmente diffuse a livello locale. Storicamente (AGCM, 1997), i
canali full-line hanno sempre prevalso nell’ambito della distribuzione territoriale attraverso le farmacie,
mentre prevalevano quelli short-line solamente nel comparto delle forniture ospedaliere. Allora, ad
esclusione delle farmacie comunali, che potevano farlo anche con strutture associative, alle farmacie
private era vietata come indicato nel paragrafo precedente l’integrazione verticale ascendente della loro
attività, (mentre è stato sempre permessa la formazione di gruppi per l’acquisto collettivo dei farmaci).
L’impossibilità delle società di capitali di possedere farmacie de facto generava un divieto di integrazione
verticale discendente, ossia di partecipazione dei distributori intermedi al controllo proprietario delle
farmacie. Tale divieto verrà rimosso dal DDL sulla concorrenza.
Bisogna evidenziare come nel 2000 i tre operatori con le maggiori quote di mercato realizzavano in Italia il
32% del fatturato, mentre in Germania i primi tre operatori dominavano sostanzialmente il mercato con
una quota del 79%, in Francia il solo primo operatore deteneva una quota del 41% ed i primi due del 71%,
in Gran Bretagna i primi due operatori (di dimensioni analoghe) del 66%. I grossisti, operanti negli Stati
Europei, sono imprese private o cooperative di farmacisti che rispondono ad una logica di condivisione dei
magazzini e dei costi di approvvigionamento. Negli ultimi anni, i principali operatori del settore hanno
recentemente acquisito una dimensione internazionale attraverso l’acquisizione di attività in altri Paesi (eg.
Gehe, Phoenix, Tamro) o la formazione di alleanze strategiche (Alliance Santé con Sanacorp, Anzag,
Unichem e altre). In effetti la distribuzione intermedia dei farmaci è da sempre controllata in Europa da
grandi imprese, pur essendo articolata in sistemi logistici capillari e presenta comunque livelli di
concentrazione nei singoli Paesi superiori a quelli dell’industria farmaceutica.
Paese Italia Germania Spagna Francia Olanda Regno Unito
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Sistema Distributivo
Multicanale multicanale multicanale Multicanale multicanale Multicanale
Canali di Distribuzione
Full-line Full/Short-line Full/Short-line Full/Short-line Full/Short-line Full/Short-line
Numero Licenze di Grossisti
600 4000 300 25 300 1675
Grossisti regionali full-line
83 8 55 3 0 6
Grossisti nazionali full-line
2 5 3 3 5 3
Giorni di Consegna 3 3.3 3 2 1 2
Obbligo di servizio pubblico
Si Si si Si no No
Tabella 4. Fonte: elaborazione degli autori
Dal punto di vista teorico e sulla base delle osservazioni in esame, l’elevata e crescente concentrazione nel
settore farmaceutico anche in Italia sembra dipendere da due fattori principali. Il primo elemento è un
processo di concentrazione orizzontale con il chiaro obiettivo di sfruttare le economie di scala del settore.
Un secondo elemento è associato alla crescente internazionalizzazione delle imprese all’ingrosso attraverso
acquisizioni e alleanze strategiche. Nel 2010, le imprese operanti nel nostro Paese nella distribuzione
intermedia dei farmaci erano 110 con 12.300 addetti (112 in media per impresa) e con un fatturato
complessivo (che include anche la distribuzione all’ingrosso di parafarmaci che fa capo a tali imprese) di
13.200 milioni di Euro. Sebbene i maggiori distributori intermedi acquistino farmaci generici e di marca da
imprese di tutta Europa, le relazioni tra farmacisti e grossisti rimangono in genere confinate entro il
territorio nazionale.
Le prime quattro imprese, a seguito di processi interni di sviluppo e di acquisizioni detengono allo stato
attuale più del 60% del fatturato del comparto, che comprende, però anche quello dei gruppi di acquisto
tra farmacisti, 11 dei quali, tra loro consorziati, si appoggiano alla maggiore impresa del comparto che
agisce nel nome e per conto di ciascuno di tali gruppi. Questa impresa (Federfarmaco) ha sviluppato varie
iniziative a supporto dell’attività di marketing dei farmacisti (ben 11.000) che ad essa fanno capo, compresa
un’ampia gamma di prodotti di marca commerciale prevalentemente composta da parafarmaci ed extra-
farmaci a connotazione salutistica, peraltro poco diffusi. Le farmacie aderenti, inoltre, concentrano su
Federfarmaco poco più del 50% dei loro acquisti, rivolgendosi anche ad imprese concorrenti. Tre delle
imprese maggiori sono di proprietà italiana, la quarta è invece una filiale di un grande gruppo estero
impegnato in un processo di crescita transnazionale, una di esse opera solo nell’Italia del Nord. Il restante
46% del mercato è distribuito su un centinaio di imprese di dimensioni minori.
In aumento è invece il fenomeno della esportazione parallela (sia fisica che on line). Gli esportatori paralleli
traggono vantaggio dalla politica di regolamentazione dei prezzi di mercato, esportando nei Paesi ad alto
prezzo farmaci da distributori di Paesi che li forniscono a prezzi più bassi e massimizzando così i propri
profitti. Come sottolineato nella fase introduttiva a fronte delle regole comunitarie, data l’importanza della
37 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
salute pubblica come elemento che può esulare anche tali norme, una armonizzazione di tali fenomeni a
livello Europeo appare quanto mai centrale per il futuro sviluppo dell’intero settore.
Il commercio parallelo, osservato negli ultimi 10 anni, è stato (ed è tutt’ora) oggetto di aspre discussioni
all’interno dell’Unione Europea. Da un lato, alcuni sostengono che esso possa avere un impatto positivo in
termini di concorrenza e di prezzi di vendita. Dall’altro lato, le imprese farmaceutiche cercano di utilizzare
la propria influenza per spingere i diversi Paesi a proibire o limitare il fenomeno. Bisogna sottolineare che
la legislazione europea non consente alcun tipo di discriminazione dei prodotti farmaceutici sulla base del
Paese di origine. In particolare, la Corte di Giustizia Europea è più volte intervenuta affermando che gli Stati
membri non possono proibire che un prodotto, anche se protetto da brevetto, sia rivenduto in un qualsiasi
Stato membro una volta che sia stato immesso sul mercato di un altro Stato membro.
Il contesto italiano ha legiferato sull’attività di fornitura alle farmacie tramite norme confluite nel dlgs.
219/2006, codice comunitario dei medicinali.
4. Le Farmacie in Italia: caratteristiche delle imprese
Nella parte di introduzione di questo lavoro si è provveduto ad analizzare le condizioni del mercato della
distribuzione del farmaco. In questa seconda parte ci soffermiamo invece sui dati caratteristici delle
farmacie stesse. Questo tipo di analisi viene effettuata sui dati della banca dati Be On Business del SOSE. I
dati utilizzati sono i valori medi a livello provinciale delle voci presenti negli studi di settore, nel caso
specifico di nostro interesse “M04U - Farmacie” (codice di attività Ateco 2007: 47.73.10 – Farmacie).
“Le informazioni a disposizione nella banca dati, descritte nelle specifiche tecniche di archivio di ogni Settore
economico e per i periodi di imposta disponibili, sono riconducibili a due tipologie di dati: variabili originali
(non calcolate) e variabili calcolate (risultato di elaborazioni e/o analisi SOSE).
Le variabili originali di tipo contabile e strutturale derivano dai modelli per la comunicazione dei dati
rilevanti ai fini dell’applicazione degli Studi di settore. Per ogni variabile originale, nelle specifiche tecniche di
archivio, si fa riferimento nel “codice campo” al rigo del modello Studi di settore corrispondente alla
variabile; le variabili calcolate, non facendo direttamente riferimento ad un campo del modello Studi di
settore, non presentano valorizzato il “codice campo”. (BeONBusiness, contratto)
La fornitura dati per questa ricerca è stata effettuata nello specifico secondo “due differenti estrazioni dati
basate sui criteri di campionamento di seguito descritti.
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Campione di analisi C.1 "Tutti i modelli"
Nel rispetto del vincolo di riservatezza e di valorizzazione delle variabili, vengono fornite su base
provinciale tutte le informazioni disponibili relative al Settore Economico in oggetto.
Campione di analisi C.2 "Società di Capitali"
Nel rispetto del vincolo di riservatezza e di valorizzazione delle variabili, vengono fornite tutte le
informazioni relative al Settore Economico in oggetto sulla base dei seguenti simultanei criteri di
aggregazione:
o territorio: Provincia
o forma giuridica: Società di Capitali
I dati fanno riferimento alle dichiarazioni obbligatorie per gli studi di settore del periodo 2011-2014. I dati
per il 2015 saranno infatti disponibili solo con il primo trimestre 2017.
Nella sotto sezione 4.1 si provvederà alla analisi del campione C1 riguardante l’universo di tutte le farmacie
mentre nella sezione 4.2 si analizzerà il campione C2. La sotto sezione 2.1.3 provvederà ad un raffronto.
4.1 Le farmacie in Italia campione “tutti i modelli”
Prima di addentrarci nell’analisi del nostro campione è necessario soffermarsi sul numero di farmacie
presenti sul nostro territorio in modo da comprendere la rappresentatività dei dati forniti dal SOSE. Stando
ai dati di Federfarma in Italia nel 2015 vi erano 18201 farmacie di cui 1641 pubbliche, una ogni 3340
abitanti. Il numero delle farmacie è destinato ad aumentare a seguito delle nuove aperture conseguenti ai
concorsi straordinari banditi in tutte le Regioni. Come si evince dalla Tabella 5 esistono consistenti
differenze nella distribuzione delle farmacie a livello regionale con un numero di abitanti particolarmente
basso per numero di farmacie in quelle aree che per conformazione morfologica presentano una
dispersione della popolazione in piccoli comuni (si pensi per esempio alla Calabria). Fa eccezione la
Provincia di Bolzano in quanto si è scelto di accentrare le farmacie in pochi centri di media dimensione.
Poiché i dati del SOSE sono basati sulle dichiarazioni obbligatorie per gli studi di settore e non contengono i
dati di tutte le farmacie (chi non aderisce o chi fattura più di 5 milioni di euro è escluso), è necessario
identificare prima della analisi la rappresentatività del nostro campione. Come si evince dalla Tabella 6 a
livello regionale la copertura del campione SOSE va dal 66% dell’Umbria all’86% della Basilicata.
Indubbiamente la non adesione agli studi di settore (per la quale mancano statistiche adeguate) e
l’esclusione delle farmacie con fatturato superiore ai 5 milioni di Euro annui possono influenzare in parte i
risultati. Questo può avvenire in due direzioni. La prima per un effetto selezione dovuto all’assenza delle
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farmacie di maggiore dimensione (purtroppo non è possibile sapere se e quante siano per la legge sulla
privacy) che in parte abbassa la nostra distribuzione. La seconda qualora la mancata adesione agli studi di
settore fosse dovuta a motivi di autoselezione dovuti a caratteristiche da noi non osservabili. In questo caso
l’autoselezione ed esclusione dallo studio di settore nasconderebbe alla nostra analisi la caratteristica per la
quale le farmacie hanno deciso di non aderire allo studio stesso. Il campione appare tuttavia esteso e
ampiamente sufficiente ad effettuare una analisi adeguata agli scopi della ricerca
REGIONE NUMERO FARMACIE ABITANTI ABITANTI
PER FARMACIA COMPLESSIVE PRIVATE PUBBLICHE
VALLE D'AOSTA 50 43 7 128.591 2.572
PIEMONTE 1.577 1.467 110 4.436.798 2.813
LIGURIA 598 576 22 1.591.939 2.662
LOMBARDIA 2.863 2.406 457 9.973.397 3.484
VENETO 1.349 1.236 113 4.926.818 3.652
BOLZANO 124 118 6 515.714 4.159
TRENTO 167 143 24 536.237 3.211
FRIULI-V.GIULIA 389 364 25 1.229.363 3.160
EMILIA-ROMAGNA 1.258 1.042 216 4.446.354 3.534
MARCHE 506 430 76 1.553.138 3.069
TOSCANA 1.132 902 230 3.750.511 3.313
LAZIO 1.504 1.342 162 5.870.451 3.903
UMBRIA 272 221 51 896.742 3.297
ABRUZZO 508 472 36 1.333.939 2.626
MOLISE 169 166 3 314.725 1.862
CAMPANIA 1.618 1.560 58 5.869.965 3.628
PUGLIA 1.114 1.092 22 4.090.266 3.672
BASILICATA 205 201 4 578.391 2.821
CALABRIA 768 761 2 1.980.533 2.596
SICILIA 1.457 1.445 12 5.094.937 3.497
SARDEGNA 578 573 5 1.663.859 2.879
Totale nazionale 18.201 16.560 1.641 60.782.668 3.340
Tabella 5. Fonte: Federfarma. Numero di farmacie nel 2015
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Dimensione Campione Rappresentatività
campione4 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 394 394 390 390 77%
Basilicata 184 184 177 175 85%
Bolzano 101 103 104 105 85%
Calabria 616 632 604 588 77%
Campania 1308 1304 1044 1168 72%
Emilia Romagna 869 914 926 917 73%
Friuli Venezia Giulia 310 319 328 305 78%
Lazio 1207 1205 1174 1138 76%
Liguria 488 508 494 489 82%
Lombardia 2004 2056 2073 2030 71%
Marche 371 372 375 353 70%
Molise 144 147 142 141 83%
Piemonte 1253 1261 1247 1231 78%
Puglia 978 973 928 923 83%
Sardegna 494 508 520 507 88%
Sicilia 1176 1224 1192 1131 78%
Toscana 801 795 791 784 69%
Trento 115 114 113 116 69%
Umbria 181 178 184 179 66%
Valle d'Aosta 34 35 36 34 68%
Veneto 1108 1110 1120 1082 80%
Tabella 6. Fonte: elaborazione degli autori da dati SOSE e Federfarma
Il primo indicatore per valutare l’andamento negli ultimi quattro anni delle farmacie è il Margine Operativo
Lordo (MOL) riportato in Tabella 7 (a,b,c,d,e: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole rispettivamente).5
Questo indicatore, detto anche EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization -
utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti) ci indica
approssimativamente l’andamento delle imprese come rapida approssimazione dei flussi di cassa. Ci
permette fondamentalmente di dare una prima valutazione delle nostre imprese. Il MOL è generalmente
preferito agli utili dagli analisti finanziari in quanto permette di valutare la capacità di una impresa di
generare ricchezza prima che le operazioni degli amministratori riducano gli utili al fine di ridurre il monte
tasse. Sempre in Tabella 7 sono riportati anche i tassi di variazione. Come si evince chiaramente il 2012 è
stato un anno negativo per tutto il settore (come del resto per tutta l’economia del Paese). Il ROE medio
non ponderato6 nei 4 anni in Italia è stato di 147048, 133958, 140479 e 147539 euro rispettivamente. La
caduta del 2012 è stata recuperata in termini di MOL solo dopo due anni nel 2014 a livello nazionale, e in
4 Calcolata come il numero di farmacie nel campione 2014 sul totale delle farmacie 2015 di Federfarma su base
regionale 5 Da qui in avanti la classificazione a,b,c,d,e seguirà questa indicazione
6 Il calcolo è stato effettuato facendo la media dei valori provinciali e non tenendo in conto della differenza nella numerosità del
campione nelle province.
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alcune provincie tale caduta non è ancora stata riassorbita. Nella Figura 16 sono riportati MOL medi
regionali (media provinciale non ponderata) negli anni 2011-2014.
Figura 16. Fonte Elaborazione degli autori da dati SOSE. – ROL medio regionale 2011-2014 (da in alto a sinistra a in basso a
destra)
Come si evince dalle mappe, escludendo le province autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Lazio
appaiono guidare la classifica nazionale. Ad una analisi media regionale tuttavia, anche lavorando sulle
tonalità, non appaiono differenze drastiche tra le regioni, e, anche laddove vi siano, non appaiono essere
strettamente legate alle condizioni economiche delle stesse. Se così fosse infatti ci aspetteremmo la
Lombardia alla guida (più rossa per così dire) delle altre regioni. Seguita dalle regioni del nord e dovremmo
osservare un colore molto più blando nel sud del Paese. Per altro questa discrepanza tra le condizioni
economiche regionali e il MOL medio delle farmacie non deve sorprendere. Vi sono due valide ragioni per
le quali questa relazione economica non è evidenziata. In primo luogo come abbiamo detto il bene farmaco
è fondamentalmente un bene a domanda anelastica, quindi fondamentalmente poco sensibile sia a
variazioni di ricchezza disponibile che di prezzo. In secondo luogo come evidenziato dai dati AIFA nelle
regioni meridionali del Paese la spesa per farmaci (che come vedremo è la principale e a volte quasi
42 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
esclusiva voce dei ricavi) pro capite è decisamente più alta che nel nord. Analizzando l’andamento
provinciale le Tabella 7 e Figure annesse danno un quadro più definito. Figura 17 rispettivamente ognuna
per gli anni 2011-2014 riportano l’andamento del MOL provinciale. Più scura l’area, maggiore è l’intensità
rispetto alla media territoriale.
Come detto una prima analisi dei dati territoriali ci segnala come il MOL non appaia in prima istanza legato
prettamente alla regionalità. Sebbene si possano identificare delle dinamiche comuni fra provincie della
stessa regione possono permanere differenze sostanziali sia nei livelli che nelle traiettorie del MOL (ad
esempio Pavia presenta un margine del 12% circa maggiore rispetto a Mantova).
Nord-Ovest
Margine Operativo Lordo Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Liguria Genova 147055 131860 139111 150644 -10% 5% 8%
Imperia 122858 105374 110031 129056 -14% 4% 17%
La Spezia 132579 109366 134077 137965 -18% 23% 3%
Savona 120721 109663 110964 119124 -9% 1% 7%
Lombardia Bergamo 160532 133605 146316 157327 -17% 10% 8%
Brescia 170289 153458 160928 166610 -10% 5% 4%
Como 151824 140514 158423 169461 -7% 13% 7%
Cremona 155107 144039 149793 168884 -7% 4% 13%
Lecco 141093 131395 141353 146983 -7% 8% 4%
Lodi 151781 139340 138400 143352 -8% -1% 4%
Mantova 132289 126308 133570 137667 -5% 6% 3%
Milano 139008 122213 134556 147057 -12% 10% 9%
Monza e della Brianza 166182 148671 160245 172427 -11% 8% 8%
Pavia 164158 148434 161754 168040 -10% 9% 4%
Sondrio 152524 137214 152662 159781 -10% 11% 5%
Varese 165964 156170 163416 175356 -6% 5% 7%
Piemonte Alessandria 129407 119408 137010 137422 -8% 15% 0%
Asti 151334 140658 141393 147780 -7% 1% 5%
Biella 128548 122136 120400 126629 -5% -1% 5%
Cuneo 125872 120897 120486 125713 -4% 0% 4%
Novara 167145 155168 158715 161663 -7% 2% 2%
Torino 142093 128943 136535 144848 -9% 6% 6%
Verbano-Cusio-Ossola 120498 107248 120162 109112 -11% 12% -9%
Vercelli 124091 114524 118973 124068 -8% 4% 4%
Valle d’Aosta Valle d’Aosta 149527 143855 156202 159689 -4% 9% 2%
Tabella 7a. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
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Figura 17 Fonte Elaborazione degli autori da dati SOSE. – ROL provinciale 2011-2014 (da in alto a sinistra a in basso a destra)
Le differenze organizzative a livello regionale sicuramente impattano le dinamiche dei prezzi e con esse
anche il MOL, il raffronto tra regioni sostanzialmente simili dal punto di vista economico come Piemonte e
Lombardia con Veneto ed Emilia Romagna fa emergere una significativa differenza tra esse. Le province di
Roma e Latina appaiono invece essere quelle che (assieme alle province autonome di Trento e Bolzano)
presentano un MOL più elevato. Sono seguite in questa classifica dalle provincie venete. Fanalino di coda il
Molise con MOL anche del 50% inferiore al Veneto. In generale il Sud appare presentare MOL inferiori
rispetto al Centro Nord e in particolare al Nord-Est e a Roma.
Estremamente negativa inoltre la dinamica del MOL in Calabria e Sicilia dove non si riscontra il recupero
osservato tendenzialmente nelle altre regioni dopo il 2012. A livello provinciale quindi si osserva una
dinamica del MOL più vicino ad effetti di mercato legati a ricchezza disponibile sul territorio. Tuttavia i
risultati contrastano con quella che appare essere la spesa media in farmaci evidenziata da AIFA. La
differenza nel MOL va quindi ricercata nelle attività correlate e nella dimensione del parco clienti piuttosto
che nella attività di vendita di farmaci che mediamente è più remunerativa (per ogni cliente).
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Nord-Est
Margine Operativo Lordo Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Bolzano Bolzano 195664 182519 196727 201053 -7% 8% 2%
Emilia Romagna Bologna 154290 143917 161530 173966 -7% 12% 8%
Ferrara 140891 128386 139475 151405 -9% 9% 9%
Forlì-Cesena 162435 140907 167666 168677 -13% 19% 1%
Modena 151192 140160 151466 151681 -7% 8% 0%
Parma 140806 124348 130180 140344 -12% 5% 8%
Piacenza 133855 123690 132322 141764 -8% 7% 7%
Ravenna 155487 133406 146984 162953 -14% 10% 11%
Reggio nell'Emilia 177270 159323 162437 172757 -10% 2% 6%
Rimini 141782 121379 130281 147597 -14% 7% 13%
Friuli Venezia Giulia Gorizia 177364 165035 164860 179537 -7% 0% 9%
Pordenone 153749 141642 144399 150965 -8% 2% 5%
Trieste 153660 121487 147427 138228 -21% 21% -6%
Udine 144750 132591 141370 150993 -8% 7% 7%
Trento Trento 206642 198195 215166 212307 -4% 9% -1%
Veneto Belluno 157809 151304 162254 160295 -4% 7% -1%
Padova 170698 155784 160936 166840 -9% 3% 4%
Rovigo 158330 148129 156724 172946 -6% 6% 10%
Treviso 174172 166372 171072 182765 -4% 3% 7%
Venezia 165416 153277 163764 172774 -7% 7% 6%
Verona 177698 160749 167768 182501 -10% 4% 9%
Vicenza 171696 162267 168470 181078 -5% 4% 7%
Tabella 7b. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In questo quadro provinciale va letta l’applicazione della normativa sulle spettanze teoriche sul prezzo al
pubblico al netto dell’IVA dei farmaci di fascia A. Dato il sistema di approvvigionamento dei farmaci di fascia
A infatti: “I margini di industrie farmaceutiche, grossisti e farmacie, sui medicinali concedibili a carico del
SSN, sono fissati (legge n. 662/96, modificata dalla legge n. 122/2010) nella misura rispettivamente del
66,65%, 3%, 30,35%”. Per la farmacia si tratta di margini minimi e comunque lordi, in quanto la quota di
spettanza teorica è ridotta dallo sconto articolato per fasce di prezzo che le farmacie stesse sono tenute a
concedere obbligatoriamente al SSN riportato nella tabella sottostante e che incide mediamente per oltre 5
punti percentuali, e dalla trattenuta 2,25% con la legge 135/2012 (conversione del DL 95/2012). Tali sconti
fanno sì che, di fatto, il margine delle farmacie sia regressivo, diminuisca cioè percentualmente
all'aumentare del prezzo del farmaco.
Sui farmaci equivalenti, che non hanno goduto di copertura brevettuale e che sono inseriti nelle liste di
riferimento AIFA, una quota pari all'8% del margine dell'industria è ridistribuita tra grossisti e farmacia
secondo le regole di mercato. La disposizione suddetta non riguarda i medicinali di fascia C, a totale carico
45 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
del cittadino. L’unica disposizione normativa applicabile a tali medicinali deve essere rintracciata
nell’articolo 13 del R.D. 3.3.1927. che prevedeva il diritto del farmacista ad un margine non inferiore al 25%
del prezzo al pubblico.” (Fonte Federfarma – 18 ottobre 2013).
Centro
Margine Operativo Lordo Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Lazio Frosinone 168232 149456 151999 162393 -11% 2% 7%
Latina 205794 191395 196136 197383 -7% 2% 1%
Rieti 127400 117201 118602 126693 -8% 1% 7%
Roma 192850 173505 182968 190352 -10% 5% 4%
Viterbo 165216 148575 152234 174706 -10% 2% 15%
Marche Ancona 167044 155685 159831 178550 -7% 3% 12%
Ascoli Piceno 125079 109925 117028 121652 -12% 6% 4%
Fermo 134028 118967 115173 133196 -11% -3% 16%
Macerata 138822 124455 145548 158885 -10% 17% 9%
Pesaro e Urbino 134410 126936 131734 131841 -6% 4% 0%
Toscana Arezzo 141119 121277 133602 128913 -14% 10% -4%
Firenze 145664 121996 135859 139882 -16% 11% 3%
Grosseto 142694 131397 134898 151702 -8% 3% 12%
Livorno 160022 150022 161516 172552 -6% 8% 7%
Lucca 131205 110707 115833 122021 -16% 5% 5%
Massa-Carrara 145734 132282 136558 137758 -9% 3% 1%
Pisa 124174 107116 110756 123680 -14% 3% 12%
Pistoia 154571 138841 154601 162165 -10% 11% 5%
Prato 155837 143115 141282 156114 -8% -1% 10%
Siena 162583 145761 154459 163973 -10% 6% 6%
Umbria Perugia 136214 122402 130782 143203 -10% 7% 9%
Terni 130558 124219 143857 144579 -5% 16% 1%
Tabella 7c Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Sud
Margine Operativo Lordo Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Abruzzo Chieti 114814 114461 115402 122744 0% 1% 6%
46 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
L'Aquila 110967 109977 112072 110994 -1% 2% -1%
Pescara 141950 120097 126942 140655 -15% 6% 11%
Teramo 151525 130839 146878 163756 -14% 12% 11%
Basilicata Matera 152757 138862 150084 158690 -9% 8% 6%
Potenza 121667 114926 116482 121813 -6% 1% 5%
Calabria Catanzaro 124427 114139 125429 124063 -8% 10% -1%
Cosenza 123155 109106 117963 122153 -11% 8% 4%
Crotone 135261 137542 129680 125818 2% -6% -3%
Reggio di Calabria 138724 121365 127790 131444 -13% 5% 3%
Vibo Valentia 101819 102046 108295 104775 0% 6% -3%
Campania Avellino 137104 127517 122372 132646 -7% -4% 8%
Benevento 127502 128360 132153 130916 1% 3% -1%
Caserta 132769 119882 119787 135488 -10% 0% 13%
Napoli 119064 112741 115809 127892 -5% 3% 10%
Salerno 141389 123499 134636 135871 -13% 9% 1%
Molise Campobasso 104831 95518 96577.6 100839 -9% 1% 4%
Isernia 81780.9 79436.6 79425.1 76740.5 -3% 0% -3%
Puglia Bari 174061 154913 160386 165650 -11% 4% 3%
Barletta-Andria-Trani 146675 138057 145334 146452 -6% 5% 1%
Brindisi 189924 176667 170128 179059 -7% -4% 5%
Foggia 144621 129696 134208 141325 -10% 3% 5%
Lecce 163372 148708 153505 162815 -9% 3% 6%
Taranto 182113 161575 171197 185127 -11% 6% 8%
Tabella 7d. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Come accennato sopra, il sistema dei margini lordi sul prezzo per i farmaci di fascia A (iva inclusa) è legato
ad un sistema di scontistiche che incidono anche sul MOL delle farmacie stesse. Il margine del 30.35%
infatti subisce una serie di riduzioni che vanno dal 3.75% per i farmaci da 0 a 25.82 euro al 19% per i farmaci
oltre i 154.94 euro. I margini di ricavo sono quindi determinati ex-lege e sono decrescenti nel prezzo del
farmaco stesso. Differenti in questo sono i metodi di remunerazione presenti in Francia, Spagna, Germania
e UK per i quali si rimanda al lavoro di Health Innovation (2012).
Isole
Margine Operativo Lordo Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
47 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Sardegna Cagliari 167398 154007 157435 172848 -8% 2% 10%
Carbonara-Iglesias 160975 152566 148353 161882 -5% -3% 9%
Medio Campidano 160923 143609 145986 163256 -11% 2% 12%
Nuoro 120587 99564.4 100334 112044 -17% 1% 12%
Ogliastra 120471 115832 118845 133386 -4% 3% 12%
Olbia-Tempio 163560 149507 175603 159119 -9% 17% -9%
Oristano 103388 96569.8 93374.8 103284 -7% -3% 11%
Sassari 140489 131385 135566 145969 -6% 3% 8%
Sicilia Agrigento 166110 150894 144034 141035 -9% -5% -2%
Caltanissetta 153604 122627 135129 130203 -20% 10% -4%
Catania 170771 154062 147959 154061 -10% -4% 4%
Enna 133652 120932 122335 131053 -10% 1% 7%
Messina 151111 136909 140506 135776 -9% 3% -3%
Palermo 175929 157145 153706 158382 -11% -2% 3%
Ragusa 193288 187567 174224 173622 -3% -7% 0%
Siracusa 167335 148032 140903 143838 -12% -5% 2%
Trapani 141117 125628 130397 135096 -11% 4% 4%
Tabella 7e. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Siccome il MOL dipende dalle vendite e dai costi nelle prossime pagine si passerà ad analizzare le principali
voci di entrata ed uscita nel periodo. Per comodità espositiva si presenteranno i valori medi regionali per le
principali voci di entrata prima e di uscita poi. I dati sono tuttavia analizzati e valutati su base media
provinciale. Le medie in questo caso sono calcolate in maniera ponderata per tenere in conto della
differente dimensione e quindi del differente peso delle singole provincie all’interno delle regioni.
La Tabella 8 ed annessa figura riporta i ricavi delle vendite e delle prestazioni. Come si evince dalla tabella,
Calabria, Basilicata e Molise sono le ultime tre regioni per ricavi, con il Molise fanalino di coda con ricavi
medi nel 2014 pari a 527987 Euro. In testa alla graduatoria vi sono invece Lazio, Umbria e Lombardia (con la
provincia autonoma di Bolzano), con il Lazio che guida la classifica con 1542150 Euro annui nel 2014. Va
inoltre riscontrato come i ricavi dalle attività abbiano mostrato una forte flessione tra il 2011 e il 2012 e tale
flessione si sia arrestata negli anni successivi solo nel 50% circa delle regioni, mentre le rimanenti hanno
continuato un trend di riduzione delle entrate. Questo è in linea con l’andamento dell’economia del Paese,
tuttavia essendo il settore farmaceutico un settore a domanda anelastica questa discesa dei ricavi è da
imputare in parte ad una contrazione dei prezzi (in particolare il passaggio a farmaci generici dai prezzi
inferiori e/o alla diffusione della distribuzione diretta di medicinali più costosi) e ad una riduzione dei ricavi
dalle attività di vendita accessorie.
48 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Ricavi delle vendite e delle prestazioni Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Abruzzo 962734 914291.3 931681.5 931398.8 -5% 2% 0%
Basilicata 828284 779584.5 782736.2 812643.1 -6% 0% 4%
Bolzano 1390358 1346620 1393188 1391991 -3% 3% 0%
Calabria 920796.9 878423.9 879699.9 871338.9 -5% 0% -1%
Campania 1174500 1137417 1168524 1169834 -3% 3% 0%
Emilia Romagna 1250573 1188349 1193946 1186766 -5% 0% -1%
Friuli Venezia Giulia 1203013 1129110 1123765 1124760 -6% 0% 0%
Lazio 1600917 1516077 1544340 1542150 -5% 2% 0%
Liguria 1194102 1124480 1097970 1107636 -6% -2% 1%
Lombardia 1317498 1268735 1289847 1293065 -4% 2% 0%
Marche 1180460 1120689 1118514 1146366 -5% 0% 2%
Molise 586178.3 541767.8 536067.7 527987.3 -8% -1% -2%
Piemonte 1085908 1056305 1065084 1051528 -3% 1% -1%
Puglia 1273850 1195826 1214666 1222767 -6% 2% 1%
Sardegna 1125128 1067679 1048345 1046421 -5% -2% 0%
Sicilia 1310620 1244139 1221568 1173533 -5% -2% -4%
Toscana 1282438 1229083 1217820 1221131 -4% -1% 0%
Trento 1290257 1272552 1278474 1246606 -1% 0% -2%
Umbria 1319820 1261948 1298039 1308258 -4% 3% 1%
Valle d'Aosta 999587.2 1025064 1077575 1085793 3% 5% 1%
Veneto 1286827 1244278 1239935 1243864 -3% 0% 0%
Tabella 8. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In Tabella 9 sono riportate le vendite per il 2014 per fascia di prezzo in numero di confezioni per farmacia. I
dati sono disponibili con questa disaggregazione solo per gli anni 2013-2014. Il dato è tuttavia sufficiente
49 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
per evidenziare come le due prime fasce di prezzo costituiscano da sole la grandissima parte del mercato
(in termine di pezzi) delle farmacie. Come si evince dai dati il numero di pezzi è aumentato tra il 2013 e il
2014 soprattutto nelle fasce di prezzo minori. Abruzzo e Molise mostrano inoltre un andamento di forte
aumento dei pezzi venduti in tutte le fasce di prezzo con un andamento anomalo rispetto alle regioni
limitrofe, fatta eccezione per la Campania che presenta effettivamente un forte aumento in quasi tutte le
fasce di prezzo, fatta eccezione per quella superiore ai 51.65 Euro. Le cause di tali differenze potrebbero
essere imputabili a situazioni sanitarie da monitorare o a un sistema di approvvigionamenti del SSN gestito
in maniera differente da queste regioni, che richiederebbe indagine specifica.
Confezioni <6 Euro Confezioni 6-12 Euro
Confezioni 12.01-22.50 Euro
Confezioni 22.51-51.65 Euro
Confezioni >51.65 Euro
2014 Var. 2014 Var. 2014 Var. 2014 Var. 2014 Var.
Abruzzo 23416.48 14% 17337.13 19% 5058.884 14% 3324.156 6% 1478.306 14%
Basilicata 23213.1 6% 17743.97 14% 4641.952 6% 3159.819 -8% 962.1048 10%
Bolzano 23830.7 -1% 15840.9 4% 4360.48 -3% 3451.7 -9% 1377.38 3%
Calabria 21920.43 5% 18447.45 8% 4562.033 4% 3325.204 -4% 1126.58 9%
Campania 26986.58 8% 23510.34 15% 6205.936 7% 4549.151 4% 1607.314 -15%
Emilia Romagna
33643.82 1% 22522.19 3% 4866.222 -6% 2864.654 -16% 973.6204 0%
Friuli Venezia Giulia
30959.83 4% 20128.04 9% 5104.64 1% 3942.543 0% 1356.554 8%
Lazio 33463.63 6% 29066.5 10% 7742.085 -2% 5125.89 -5% 1796.762 7%
Liguria 21833.39 6% 19469.18 3% 4619.888 -3% 3173.739 -13% 1099.803 -9%
Lombardia 27276.87 3% 21460.85 9% 5216.083 0% 4068.659 -7% 1800.847 -7%
Marche 28979.16 5% 22246.44 8% 5658.262 1% 3609.174 -11% 1312.011 10%
Molise 16102.51 26% 12283.15 27% 3035.04 17% 2164.435 16% 851.3083 26%
Piemonte 25762.19 1% 19592.81 5% 4434.963 -12% 3370.886 -13% 1253.048 3%
Puglia 34040.85 4% 28269.41 11% 7005.965 1% 5121.886 -4% 1592.473 10%
Sardegna 26015.92 6% 20686.79 10% 5302.644 -2% 3643.402 -10% 1571.801 5%
Sicilia 25233.22 5% 24805.94 8% 6016.173 -13% 4108.152 -15% 1527.236 -18%
Toscana 34135.55 2% 22594.26 5% 5216.271 -3% 2917.287 -11% 1012.42 5%
Trento 31192.83 1% 20412.47 5% 4839.79 -1% 3595.49 -7% 1310.91 6%
Umbria 37492.02 6% 25751.54 11% 5719.507 3% 3524.472 -10% 1405.583 10%
Valle d'Aosta 23314.74 4% 16457.74 7% 4130.38 0% 2995.38 -6% 1298.59 8%
Veneto 28770.21 0% 22865.62 5% 5298.711 -4% 3688.453 -10% 1451.956 3%
Tabella 9. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In Tabella 10 (ed annessa figura) è invece riportata la percentuale di ricavi che è dovuta all’acquisto presso
le farmacie di farmaci con ricetta e senza ricetta rispetto al totale dei ricavi. Come si evince dalla tabella la
percentuale dei farmaci con ricetta è sempre superiore al 50% (fatta esclusione per la provincia autonoma
di Bolzano) e in alcuni casi, quali Calabria, Molise e Basilicata, supera il 70%. La seconda voce per entrate
pari a più del 10% dei ricavi sono i farmaci senza ricetta.
50 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
% ricavi da medicinali con ricetta % ricavi da medicinali senza ricetta
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 69% 68% 67% 67% 13% 13% 12% 11%
Basilicata 71% 69% 70% 70% 11% 10% 9% 9%
Bolzano 49% 47% 46% 45% 11% 12% 13% 12%
Calabria 74% 72% 72% 71% 10% 10% 10% 9%
Campania 67% 67% 67% 65% 15% 15% 14% 15%
Emilia Romagna 64% 62% 61% 60% 11% 11% 12% 11%
Friuli Venezia Giulia 63% 61% 60% 59% 12% 13% 13% 13%
Lazio 68% 67% 65% 65% 10% 10% 10% 10%
Liguria 65% 61% 61% 61% 12% 14% 14% 13%
Lombardia 62% 60% 60% 60% 12% 13% 12% 12%
Marche 66% 65% 66% 64% 13% 13% 11% 11%
Molise 73% 72% 72% 73% 11% 9% 9% 9%
Piemonte 64% 62% 61% 60% 10% 10% 10% 10%
Puglia 71% 70% 68% 69% 10% 10% 10% 10%
Sardegna 69% 68% 67% 66% 8% 8% 8% 9%
Sicilia 71% 70% 69% 68% 11% 11% 11% 10%
Toscana 63% 62% 61% 60% 12% 12% 12% 12%
Trento 56% 54% 53% 53% 10% 11% 11% 11%
Umbria 65% 61% 60% 59% 11% 14% 13% 13%
Valle d'Aosta 54% 53% 54% 54% 16% 14% 12% 12%
Veneto 62% 61% 60% 59% 11% 12% 12% 12%
Tabella 10. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Le due voci strettamente legate alla missione stessa delle farmacie coprono quindi più del 70% dei ricavi
delle farmacie in Italia. Le forti differenze territoriali tuttavia evidenziano come il business stesso dipenda in
misura rilevante dalle prassi mediche e dalla gestione dei servizi sanitari su base regionale. Vi sono regioni
in cui la vendita dei farmaci costituisce infatti ben più dell’80% dei ricavi delle farmacie stesse. Il restante
20%-30% dei ricavi dipende invece da, specialità medicinali ad uso veterinario (ed altri prodotti per
animali), medicinali omeopatici, prodotti galenici, prodotti per particolari regimi alimentari (ed integratori),
51 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
prodotti parafarmaceutici, prodotti erboristici, prodotti di puericultura e per l’infanzia, prodotti cosmetici e
di profumeria ed altri prodotti. Infine vi sono i servizi aggiuntivi che le farmacie offrono per il pubblico.
In Tabella 11 (e figura) abbiamo riportato la percentuale di ricavi delle farmacie dovute ai servizi forniti
dalle stesse e la percentuale di ricavi dovuta alla commercializzazione di medicinali con ricetta equivalenti
(c.d. generici). Queste due voci, infatti, sono profondamente legate alla funzione prevista dal legislatore per
le farmacie come presidio del SSN più vicino al cittadino:
I servizi offerti vanno dalla misurazione della pressione arteriosa ad alcuni esami, test diagnostici,
fino alla messa a disposizione di operatori socio-sanitari. Questi servizi possono influire sia sul
rapporto con la clientela (in termini promozionali) che essere il veicolo tramite il quale la farmacia
assolve alla funzione di presidio sanitario diffuso in una fase di riassetto e accorpamento dei servizi
sanitari territoriali.
La parte di commercializzazione dei cosiddetti farmaci generici rientra nelle funzioni specifiche delle
farmacie finalizzate alla riduzione dei costi sia per l’utente finale che per il SSN. Sotto questo
aspetto sono proprio le farmacie il principale mezzo tramite il quale convogliare i consumi verso
appunto i cosiddetti farmaci generici.
Come evidente dai dati i servizi accessori sono una parte infinitesimale dell’attività farmaceutica e si
presentano come una voce potenzialmente da sviluppare. Il ridotto apporto ai ricavi tuttavia non va
confuso con la mancanza di servizi. Essi sono infatti spesso erogati gratuitamente. Va tuttavia notato come
le differenze territoriali anche in questo ambito siano molto forti e maggiore uniformità andrebbe
perseguita.
% ricavi da servizi % ricavi da medicinali "generici"
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 0.1% 0.1% 0.1% 0.4% 9% 12% 12% 12%
Basilicata 0.2% 0.2% 0.2% 0.2% 10% 10% 9% 12%
Bolzano 0.2% 0.2% 0.2% 0.1% 8% 10% 8% 10%
52 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Calabria 0.1% 0.1% 0.1% 0.2% 8% 9% 6% 7%
Campania 0.2% 0.2% 0.3% 0.1% 5% 6% 6% 6%
Emilia Romagna 0.2% 0.2% 0.3% 0.3% 9% 11% 11% 11%
Friuli Venezia Giulia 0.1% 0.1% 0.1% 0.1% 9% 9% 10% 12%
Lazio 0.1% 0.2% 0.2% 0.3% 7% 8% 8% 7%
Liguria 0.1% 0.2% 0.2% 0.2% 8% 9% 8% 9%
Lombardia 0.2% 0.2% 0.2% 0.2% 8% 10% 10% 12%
Marche 0.2% 0.2% 0.2% 0.2% 11% 13% 9% 9%
Molise 0.4% 0.2% 0.2% 0.2% 9% 11% 12% 12%
Piemonte 0.2% 0.2% 0.2% 0.1% 7% 8% 9% 10%
Puglia 0.2% 0.2% 0.2% 0.2% 7% 8% 10% 12%
Sardegna 0.2% 0.2% 0.4% 0.5% 8% 10% 8% 11%
Sicilia 0.1% 0.1% 0.1% 0.1% 7% 8% 6% 7%
Toscana 0.2% 0.2% 0.2% 0.4% 8% 10% 11% 13%
Trento 0.1% 0.1% 0.2% 0.2% 10% 15% 14% 17%
Umbria 0.5% 0.6% 0.5% 0.5% 8% 11% 9% 11%
Valle d'Aosta 0.6% 0.7% 0.5% 0.4% 8% 9% 8% 9%
Veneto 0.3% 0.1% 0.1% 0.1% 7% 8% 9% 9%
Tabella 11. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Molto importante appare invece essere l’attività delle farmacie nel favorire (o meno) la diffusione dei
farmaci generici. Si va infatti dal 6% di ricavi della Campania al 13% della Toscana (e al 17% della provincia
autonoma di Trento che appare essere la più virtuosa in questo campo). Poiché la diffusione dei farmaci
generici influenza sia la disponibilità economica degli utenti che quelle del SSN tali differenze risultano
essere molto penalizzanti per i cittadini di alcune regioni.
Non sembra essere indifferente in questo processo la territorialità, con Lazio, Campania, Calabria e Sicilia
nettamente sotto la media nazionale. Alcune di queste regioni risultano anche essere quelle che
presentano le peggiori situazioni di bilancio regionale a carico del sistema sanitario.
Passando invece alla voce costi in primo luogo è necessario valutare l’apporto dei dipendenti al business
aziendale. Per farlo ci siamo focalizzati in primo luogo sul numero di dipendenti e sul costo degli stessi
come riportato in Tabella 12 e figura.
numero addetti Costo dei dipendenti
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 3.25 3.22 3.24 3.30 76039.8 76803.01 77151.89 75482.45
Basilicata 2.84 2.79 2.79 2.90 51975.98 53836.73 52184.07 54298.85
Bolzano 4.58 4.63 4.83 4.77 150103.7 156393.3 167182.7 164102.9
Calabria 3.12 3.10 3.06 3.03 61978.34 64395.43 63115.82 61983.79
Campania 3.94 3.88 4.01 3.91 92377.66 95282.7 98252.22 93997.69
53 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Emilia Romagna 4.61 4.58 4.56 4.54 125916.5 129755.3 129248.5 126570.9
Friuli Venezia Giulia 4.29 4.25 4.22 4.32 117359.9 121585.4 120308.7 122421.9
Lazio 5.29 5.31 5.35 5.35 150932.8 160010.7 158875.8 155565.2
Liguria 4.50 4.50 4.35 4.37 115706.4 120182.1 114281.4 113310.8
Lombardia 4.18 4.16 4.19 4.23 121451.1 126508.9 129420.8 129587.9
Marche 3.90 3.88 3.82 3.90 101016.2 104852.6 101496.1 102314.7
Molise 2.09 2.01 2.04 2.05 28431.02 28429.51 27301.55 26585.49
Piemonte 4.09 4.12 4.21 4.21 97677.16 104107.7 105367.9 104642.5
Puglia 4.13 4.09 4.15 4.14 100607 104664.9 105519.4 104187.5
Sardegna 4.03 3.88 3.92 3.89 95416.41 98164.27 97319.73 94625.78
Sicilia 4.23 4.20 4.20 4.17 99218.47 103495.7 100549.4 99243.99
Toscana 4.70 4.68 4.59 4.61 127240.7 133786.5 129189.5 128340.7
Trento 4.36 4.45 4.56 4.53 123015 128752.8 132534.4 130397.7
Umbria 4.90 4.83 4.90 5.03 146044.6 149652.9 154825.4 156767
Valle d'Aosta 3.76 4.01 4.26 4.32 88365.9 104785.3 113740.7 117090
Veneto 4.36 4.35 4.42 4.46 112621.4 119261.6 119879.6 121488.4
Tabella 12. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Come si può notare la dimensione media delle farmacie in proporzione al numero di dipendente varia
drasticamente da regione a regione e con essa variano i costi (anche quelli per singolo dipendente).
Indubbiamente la differente struttura organizzativa delle farmacie stesse in differenti territori (urbano,
rurale), la presenza differenti sussidi a livello regionale (o l’assenza), la copertura h24 (o la sua assenza) e la
fornitura di servizi accessori influenzano drasticamente questo aspetto.
Nonostante la varietà si può notare come le differenze in termini di costo del lavoro siano in alcuni casi
estreme. Si passa da poco meno di 14 mila euro in media per dipendente del Molise ai quasi 40 mila della
provincia autonoma di Bolzano.
54 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Tali differenze appaiono tuttavia eccessive anche tenendo in conto della differenza nel costo della vita e
delle condizioni economiche dell’area di riferimento. Se si va a confrontare il costo del lavoro sui ricavi
infatti si ottiene un quadro molto frammentato come presentato in Tabella 13.
L’incidenza del costo del personale sui ricavi è infatti nettamente più bassa nelle regioni centro meridionali
rispetto alle regioni settentrionali. Se si considera che tendenzialmente come visto nell’analisi del ROL e dei
ricavi non vi è forte differenza tra Nord e Sud (escludendo singoli casi) in termini contrattuali si evidenzia
una minore incidenza del costo del lavoro nelle regioni meridionali. Questa discrepanza potrebbe trovare
giustificazione in una differente composizione dei dipendenti in termine di qualifiche tra le varie aree del
Paese. Appare comunque rilevante notare come all’interno dei contratti nazionali infatti vi possano
comunque essere spazi di discrepanza laddove chi lavora nell’esercizio lavori meno ore tra differenti aree o
ricopra ruoli meno qualificati.
Costo dipendenti/Ricavi
2011 2012 2013 2014
Abruzzo 8% 8% 8% 8%
Basilicata 6% 7% 7% 7%
Bolzano 11% 12% 12% 12%
Calabria 7% 7% 7% 7%
Campania 8% 8% 8% 8%
Emilia Romagna 10% 11% 11% 11%
Friuli Venezia Giulia 10% 11% 11% 11%
Lazio 9% 11% 10% 10%
Liguria 10% 11% 10% 10%
Lombardia 9% 10% 10% 10%
Marche 9% 9% 9% 9%
Molise 5% 5% 5% 5%
Piemonte 9% 10% 10% 10%
Puglia 8% 9% 9% 9%
Sardegna 8% 9% 9% 9%
Sicilia 8% 8% 8% 8%
Toscana 10% 11% 11% 11%
Trento 10% 10% 10% 10%
Umbria 11% 12% 12% 12%
Valle d'Aosta 9% 10% 11% 11%
Veneto 9% 10% 10% 10%
Tabella 13. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
55 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
In generale la gran parte della mano d’opera impiegata nelle farmacie sono farmacisti (si veda la Tabella
14) con picchi del 90% di dipendenti in Molise (e sempre sopra l’80% in Emilia Romagna). La differenza nel
trattamento economico va quindi ricercata nella struttura organizzativa delle farmacie, nella offerta e
domanda di farmacisti e nella forza contrattuale tra le parti.
Questi dati rafforzano la sensazione che nonostante le note positive espresse nella prima parte di questa
ricerca in merito alla virtuosa (rispetto ai partner europei non in senso assoluto) gestione del mercato
farmaceutico italiano in termini di prezzi e di controlli, vi siano comunque margini importanti di
miglioramento del business. Le chiare differenze nella gestione aziendale infatti evidenziano come la
mancanza di uniformità nella gestione del Sistema Sanitario possa causare storture che sono l’anticamera
di fallimenti del mercato o di comportamenti illeciti.
numero Farmacisti share farmacisti
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 2.27 2.32 2.40 2.48 70% 72% 74% 75%
Basilicata 1.67 1.80 1.74 1.71 59% 65% 62% 59%
Bolzano 2.28 2.37 2.65 2.75 50% 51% 55% 58%
Calabria 2.00 2.05 2.05 2.06 64% 66% 67% 68%
Campania 2.09 2.10 2.24 2.25 53% 54% 56% 57%
Emilia Romagna 3.91 3.86 3.84 3.86 85% 84% 84% 85%
Friuli Venezia Giulia 2.94 2.94 3.00 3.03 69% 69% 71% 70%
Lazio 3.01 3.08 3.10 3.27 57% 58% 58% 61%
Liguria 3.01 2.98 2.92 2.95 67% 66% 67% 67%
56 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Lombardia 2.62 2.64 2.67 2.72 63% 63% 64% 64%
Marche 2.82 2.88 2.83 2.78 72% 74% 74% 71%
Molise 1.88 1.81 1.60 1.69 90% 90% 78% 83%
Piemonte 2.52 2.62 2.65 2.73 62% 64% 63% 65%
Puglia 2.21 2.28 2.32 2.35 54% 56% 56% 57%
Sardegna 3.03 3.00 3.02 2.95 75% 77% 77% 76%
Sicilia 2.22 2.24 2.29 2.29 52% 53% 54% 55%
Toscana 3.50 3.44 3.46 3.51 75% 74% 75% 76%
Trento 2.88 2.67 2.79 2.84 66% 60% 61% 63%
Umbria 3.70 3.57 3.60 3.94 76% 74% 73% 78%
Valle d'Aosta 2.45 2.72 2.77 3.04 65% 68% 65% 70%
Veneto 2.79 2.83 2.91 2.98 64% 65% 66% 67%
Tabella 14. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Per finire l’analisi descrittiva della gestione delle farmacie è opportuno analizzare la struttura
dell’approvvigionamento dei farmaci. Nella Tabella 15 sono riportati il costo del venduto e la percentuale
dello stesso rispetto ai ricavi. Se si fa eccezione per le provincie autonome di Trento e Bolzano in cui la
percentuale di costo del venduto rispetto ai ricavi risulta essere sempre sotto il 70% in tutte le altre regioni
siamo oltre al 70% con un leggero trend in discesa nel periodo.
La catena distributiva del farmaco come discusso è di fondamentale importanza per determinare le sorti del
settore stesso. Sappiamo infatti che il mark-up è definito in buona parte dalla legge per ogni soggetto (dal
produttore agli intermediari) in particolare per quello che riguarda i farmaci di Fascia A.
Costo del venduto Costo del venduto/ricavi
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 702296.5 663617.1 675518.4 669355.7 73% 73% 73% 72%
Basilicata 601681.1 561021.8 563992.4 583118.6 73% 72% 72% 72%
Bolzano 950015.4 908949.4 933839.1 930899.6 68% 67% 67% 67%
Calabria 678676.4 647482.9 644231.5 633900.3 74% 74% 73% 73%
Campania 870870.9 844409 872956.9 868844.9 74% 74% 75% 74%
Emilia Romagna 888927.1 834869.6 829900.9 815799 71% 70% 70% 69%
Friuli Venezia Giulia 863394 798333.2 787003.9 779517.7 72% 71% 70% 69%
Lazio 1142864 1072963 1094548 1086943 71% 71% 71% 70%
Liguria 858808.4 803363.8 781828.4 780131.9 72% 71% 71% 70%
Lombardia 956818.4 915615.8 921093.4 916335.3 73% 72% 71% 71%
Marche 854496.4 807102.2 804718.5 820328.3 72% 72% 72% 72%
Molise 425518.4 389264.3 386876.4 377925.8 73% 72% 72% 72%
Piemonte 783818.1 757054 757417.1 740466.7 72% 72% 71% 70%
Puglia 931457.3 868789.7 882980.7 882879.9 73% 73% 73% 72%
57 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Sardegna 824656.4 778267.3 754410.9 740296.1 73% 73% 72% 71%
Sicilia 977588.4 923743.6 906329 861050.3 75% 74% 74% 73%
Toscana 914589.5 870589.3 855346.6 850459.1 71% 71% 70% 70%
Trento 892838.3 874102.5 863542.4 832359.1 69% 69% 68% 67%
Umbria 952967.7 903178.9 922789.2 920571.8 72% 72% 71% 70%
Valle d'Aosta 693967.7 711584.4 739078 733555.1 69% 69% 69% 68%
Veneto 918373.9 879385.3 866997 859904.7 71% 71% 70% 69%
Tabella 15. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Nella Tabella 16 vengono evidenziate le differenze nell’approvvigionamento da parte delle farmacie. Le
differenze appaiono marcate tra regione e regione. La presenza di così marcate differenze ha delle
importanti ripercussioni sui rapporti coi fornitori, sul prezzo finale dei farmaci e potrebbe averne sulla
gestione e sulla catena di proprietà delle farmacie stesse.
Mentre la quota di acquisto diretto appare infatti tendenzialmente uniforme nel Paese (con l’eccezione
delle province autonome di Trento e Bolzano nettamente sotto media), la presenza di cooperative (o
consorzi) di acquisto dipende fortemente dalla territorialità. La presenza di alternative nell’acquisto dei
farmaci è un buon segnale in quanto, generando concorrenza, riduce i prezzi per gli utenti finali e/o
aumenta i margini per le farmacie stesse.
La presenza di quote di mercato quasi totalmente nelle mani dei grossisti di per sé non è un rischio
economico qualora vi sia sufficiente concorrenza tra i grossisti stessi. I nostri dati non ci forniscono
purtroppo informazione sul numero dei grossisti e sulle loro quote di mercato. Per questo motivo un
supplemento di indagine su questo aspetto appare necessario.
In presenza di un numero diffuso di grossisti infatti farmacie e consumatori finali risulterebbero tutelati
contro eventuali fenomeni di cartello. Questo non può essere invece assicurato in presenza di una forte
concentrazione di mercato nelle mani di pochi grossisti.
Poiché inoltre i grossisti risultano essere i primi creditori delle farmacie questo potrebbe generare un
rapporto da indagare sulle forniture laddove vi siano situazioni debitorie consistenti. D’altro canto proprio
questo tipo di rapporto potrebbe generare dei benefici per l’utente finale laddove un processo di
integrazione verticale portasse ad una riduzione dei costi intermedi a beneficio dell’utente finale.
Il problema di un processo di integrazione verticale che avvenga tramite acquisizione per pregressi debiti
però potrebbe portare ad un servizio farmaceutico non in linea con il ruolo identificato dal legislatore per le
farmacie. È quindi opportuno valutare più nel dettaglio questo tipo di integrazione.
58 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Acquisto diretto Grossista Cooperativa
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 9% 10% 9% 10% 47% 47% 46% 45% 43% 42% 44% 43%
Basilicata 11% 12% 11% 13% 84% 83% 85% 84% 4% 5% 3% 3%
Bolzano 7% 7% 8% 11% 69% 69% 72% 71% 20% 21% 16% 15%
Calabria 13% 13% 14% 14% 86% 86% 84% 85% 1% 1% 1% 1%
Campania 15% 16% 16% 17% 78% 78% 78% 78% 6% 6% 5% 5%
Emilia Romagna 16% 17% 17% 18% 61% 60% 58% 57% 23% 23% 24% 24%
Friuli Venezia Giulia 18% 18% 20% 21% 78% 77% 77% 76% 3% 3% 3% 3%
Lazio 14% 15% 15% 16% 50% 50% 49% 48% 34% 34% 34% 35%
Liguria 17% 18% 18% 18% 71% 73% 73% 73% 11% 9% 8% 8%
Lombardia 16% 16% 18% 18% 51% 51% 49% 48% 32% 32% 33% 34%
Marche 10% 12% 12% 12% 48% 46% 45% 45% 39% 40% 42% 42%
Molise 10% 8% 10% 10% 75% 76% 75% 75% 15% 16% 15% 14%
Piemonte 18% 19% 21% 22% 75% 74% 73% 72% 6% 6% 6% 5%
Puglia 12% 13% 13% 14% 51% 52% 56% 62% 36% 35% 30% 23%
Sardegna 12% 14% 16% 16% 54% 61% 77% 78% 32% 24% 6% 5%
Sicilia 14% 15% 15% 16% 77% 78% 78% 77% 8% 6% 6% 5%
Toscana 15% 16% 16% 17% 54% 54% 53% 53% 30% 30% 30% 30%
Trento 5% 6% 6% 8% 71% 71% 74% 73% 18% 20% 18% 16%
Umbria 15% 14% 15% 15% 35% 35% 35% 32% 49% 49% 49% 52%
Valle d'Aosta 23% 25% 25% 27% 74% 72% 71% 69% 3% 3% 3% 3%
Veneto 17% 18% 18% 18% 71% 70% 68% 68% 10% 11% 13% 13%
Tabella 16. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
4.2 Le farmacie in Italia campione “Società di capitali”
Il database SOSE contiene informazioni per un campione costituito da 512 società di capitali, situate in una
ventina di provincie. Ovviamente la diffusione di tali società sebbene capillare non coinvolge tutte le regioni
d’Italia. Le isole (Sicilia e Sardegna) ad esempio solo escluse da questa analisi. Si precisa che ad oggi quando
si parla di società di capitali, si intendono le società che hanno ottenuto l’affidamento della gestione di
farmacie comunali, cioè di farmacie pubbliche. Tali farmacie rimangono di proprietà dei comuni, ma
vengono gestite da un socio privato.
Va sottolineato come la piccola dimensione del campione (e la possibilità di entrata ed uscita dallo stesso
volontaria – abbandono studi di settore – e normata – superamento dei 5 milioni di euro di fatturato)
possano influire in maniera determinante sui dati. Si tratta tuttavia dell’unico parametro di raffronto ad
oggi possibile per quello che riguarda una valutazione delle performance nel settore di questa forma di
controllo aziendale.
In Tabella 17 possiamo osservare le province d’Italia in cui le società di capitali esercitano. Osservando il
margine operativo Lordo, possiamo notare che il 2012 è stato l’anno negativo anche per le società di
59 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
capitali. La ripresa avvenuta nel 2014 ha coinvolto tutte le città con l’esclusione della provincia di Firenze.
Un dato incredibilmente elevato si osserva nella provincia di Roma con una variazione al margine tra il 2013
e il 2014 di oltre il 300%. Per il campione osservato, non emergono inoltre differenze elevate tra le province
del Nord e del Sud d’Italia.
MOL Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Ancona 71243.4
Ascoli Piceno 15081.3 14651.3 21523 -3% 47%
Bari 67838.2 51634.7 60293.8 75281.2 -24% 17% 25%
Bergamo 42070.5 30368.5 71683.5 110611 -28% 136% 54%
Brescia 110496 74630.8 91138.9 98616.3 -32% 22% 8%
Firenze 112122 68570.7 106430 101026 -39% 55% -5%
Latina 150037 124290 135885 -17% 9%
Lecce 77676.9 75757.5 60027.1 98308.8 -2% -21% 64%
Macerata 39600.9 47283.6 52332.1 19% 11%
Mantova 125235
Milano 43376.7 69917.9 96271.8 100765 61% 38% 5%
Modena 60379.5 62214.1 70415.2 13%
Monza e della Brianza 137804 98749.5 133471 141537 -28% 35% 6%
Padova 82397.4 89758.6 106127 9%
Pisa 133671 102989 116163 155332 -23% 13% 34%
Roma 93633 43974.2 14589.7 62115.5 -53% -67% 326%
Sondrio 53010.6 87349.1 97307.8 65% 11%
Teramo 14448.2
Treviso 80553.4 61147.9 68460.8 -24% 12%
Varese 109065 97057.1 65446.9 95336.1 -11% -33% 46%
Verona 104173 62079.3 69157.2 74515.8 -40% 11% 8%
Vicenza 70249.1 80314.3 78708.6 81491.6 14% -2% 4%
Tabella 17. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
La varianza estrema dei dati MOL ci dà una prima dimensione della poca affidabilità del dato. Tuttavia ci dà
anche una indicazione qualitativa che è la stessa che un analista finanziario avrebbe nel valutare il settore e
quindi il possibile investimento di una società di capitali nella distribuzione diretta del farmaco. La gestione
delle farmacie pubbliche da parte di società per azioni non presenta parametri di redditività migliori delle
attività farmaceutiche private. In quest’ottica si può avanzare l’ipotesi che in caso di decisione di ingresso
nel settore da parte di catene commerciali esse lo facciano tramite un processo relativamente lento, con
l’acquisizione eventuale di alcune farmacie e con una penetrazione nel mercato lenta dovuta ad un periodo
di assestamento. A ulteriore disincentivo funge inoltre il fatto che i margini di profitto sono in grossa parte
determinati da vincoli di legge. Proprio per questo non osserviamo (con tutti i limiti del campione)
prestazioni migliori da parte delle società che gestiscono le farmacie pubbliche dalla normale gestione
privata delle stesse.
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La Tabella 18 riporta i ricavi delle vendite e delle prestazioni esattamente come indicato nella Tabella 8 del
paragrafo precedente per l’intero campione. Per le osservazioni in esame, è possibile sottolineare come la
regione Marche abbia avuto una variazione enorme tra il 2011 e il 2014. Si nota infatti che ad una perdita
larga (28%) nel 2012, è seguita una crescita repentina nel 2014 del 14%. La condizione dei ricavi in Toscana
risulta invece la più stabile in Italia con una variazione in periodo di crisi del 4% (da -2% nel 2011 a +2% nel
2012). Un dato relativamente bizzarro è quello del Veneto con una crescita costante fino al 43% durante il
periodo di crisi (unica in Italia) a cui segue invece una perdita dell’11% nel 2014. Probabilmente tale
risultato può essere associato ad un aumento della concorrenza interna ad una potenziale riconversione
delle farmacie durante il periodo in esame.
Ricavi delle vendite e delle prestazioni Tasso di Variazione
2011 2012 2013 2014 2011-12 2012-13 2013-14
Abruzzo 520496.8
Emilia Romagna 1293015 1480694 1441855 -3%
Lazio 792171.9 855642 822094.9 1081146 8% -4% 32%
Lombardia 314723.1 283405.6 305768.5 301791.2 -10% 8% -1%
Marche 659188.5 471653.8 424909.3 486147.9 -28% -10% 14%
Puglia 541071.5 521793.4 494457.1 532071.5 -4% -5% 8%
Toscana 1214222 1232693 1203418 1328156 2% -2% 10%
Veneto 364555.5 363935.5 521602.9 465435.7 0% 43% -11%
Tabella 18. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In Tabella 19 osserviamo le vendite per il 2014 per fascia di prezzo in numero di confezioni per farmacia. I
dati sono disponibili con questa disaggregazione solo per gli anni 2013-2014. Il dato è tuttavia sufficiente
per evidenziare come anche per le società di capitali le due prime fasce di prezzo costituiscano da sole la
grandissima parte del mercato (in termine di pezzi) delle farmacie. Un dato interessante (differente dal
campione precedente) riguarda una notevole variazione dei prezzi delle confezioni tra le varie regioni. Si
osserva ad esempio come le Marche abbiano una sistematica riduzione per tutte le confezioni tra il 2013 e
il 2014. Osserviamo una riduzione del 27% per le confezioni con un costo inferiore ai 6 euro e una riduzione
del 41% o del 36% per farmaci più costosi, a partire da 22 euro. Un risultato simile si osserva ad esempio
per il Lazio. Il caso opposto è quello della Toscana che ha visto un aumento costante dei prezzi
indipendentemente dalle categorie di farmaci in esame. Si osserva infatti un aumento del 31% per le
confezioni con un costo inferiore a 6 euro e addirittura del 35% per le confezioni che hanno un costo tra i 6
e i 12 euro. Tale dato risulta ancora più interessante se associato al valore dei ricavi delle vendite e delle
prestazioni nelle tabelle precedente che invece dimostrano tassi di variazione molto più contenuti. Il punto
importante di questa analisi è quindi che l’aumento (o la diminuzione) dei prezzi come osservata non trova
61 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
corrispondenza (almeno diretta) con margini di ricavo sulle vendite e sulle prestazioni. Vi è quindi la
possibilità che l’aumento dei prezzi venga rivolto a canali aziendali differenti da validare attraverso uno
studio ad hoc.
Confezioni <6 Euro Confezioni 6-12 Euro
Confezioni 12.01-22.50 Euro
Confezioni 22.51-51.65 Euro
Confezioni >51.65 Euro
2014 Var. 2014 Var. 2014 Var. 2014 Var. 2014 Var.
Emilia Romagna 37989.6 0% 25326.4 -2% 5021.6 -15% 2958.6 -28% 1068 -7%
Lazio 21174.11 -28% 17350.22 -29% 6232.33 -25% 4803.44 -22% 3266.78 16%
Lombardia 34698.34 32% 26477.44 35% 7087.539 23% 4766.35 19% 2060.301 22%
Marche 13771.33 -27% 9739 -32% 2503.17 -26% 1454.83 -41% 511.5 -36%
Puglia 26897.3 6% 21689.4 15% 5390.2 6% 3811.3 -1% 1251.8 29%
Toscana 70531.91 31% 46396.45 35% 10530.55 24% 5748.273 17% 2032.455 31%
Veneto 30759.38 1% 24392.45 5% 5627.001 -6% 3711.501 -16% 1424.387 -4%
Tabella 19. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In Tabella 20 riportiamo la percentuale di ricavi che è dovuta all’acquisto presso le farmacie di farmaci con
ricetta e senza ricetta rispetto al totale dei ricavi. Anche in questo caso si osserva come la percentuale dei
ricavi legata a medicinali con ricetta sia sempre superiore al 50% indipendentemente dall’anno di
riferimento. I ricavi percentuali in Puglia superano anche il 70% per il 2011 e il 2012. Risulta relativamente
contenuta la percentuale dei ricavi per farmaci senza ricetta con circa il 10-11% nel 2014 con una riduzione
intorno al 5/6% rispetto al 2011. È quindi doveroso sottolineare come non si osservano differenze tra le
regioni italiane oggetto del campione e soprattutto come il tentativo di diversificazione dei prodotti in
vendita nelle farmacie avvenuta in questi anni (anche a seguito della competizione con le parafarmacie)
non abbia determinato (se non in misura marginale) un aumento dei ricavi.
% ricavi da medicinali con ricetta % ricavi da medicinali senza ricetta
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 49% 17%
Emilia Romagna 62% 59% 57% 10% 11% 11%
Lazio 57% 59% 52% 37% 13% 12% 10% 14%
Lombardia 54% 53% 52% 54% 15% 14% 14% 14%
Marche 58% 57% 61% 65% 16% 15% 11% 15%
Puglia 72% 70% 68% 67% 9% 11% 12% 13%
Toscana 55% 53% 53% 53% 11% 13% 11% 11%
Veneto 57% 58% 54% 54% 14% 14% 15% 15%
Tabella 20. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
62 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
In Tabella 21 abbiamo anche riportato la percentuale di ricavi delle farmacie dovute ai servizi forniti dalle
stesse e la percentuale di ricavi dovuta alla commercializzazione di medicinali con ricetta equivalenti (c.d.
generici). Esattamente come per il caso esaminato nel paragrafo precedente, i margini di ricavo legati ai
servizi sono una parte infinitesimale dei ricavi sebbene nel Lazio raggiungano percentuali molto più elevate,
addirittura del 13% nel 2014.
Un ruolo più importante è ricoperto dai ricavi ottenuti dalla vendita di medicinali generici. Nelle Marche ad
esempio la crescita di questi ricavi è stata intorno al 13% mentre nel Lazio solo del 2%.
% ricavi da servizi % ricavi da medicinali "generici"
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 0% 1%
Emilia Romagna 0% 0% 0% 11% 9% 9%
Lazio 1% 8% 7% 13% 2% 6% 10% 4%
Lombardia 1% 0% 0% 0% 10% 11% 10% 11%
Marche 0% 1% 0% 1% 16% 11% 11% 13%
Puglia 0% 0% 0% 0% 7% 8% 11% 9%
Toscana 2% 1% 1% 0% 2% 4% 6% 12%
Veneto 1% 0% 0% 1% 9% 10% 7% 5%
Tabella 21. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Come per il precedente campione, le misure di costo (oltre a quelle di ricavo) possono essere utili per
comprendere l’evoluzione gestionale delle farmacie. La dimensione media delle società di capitali varia in
maniera sostanziale da regione a regione. Si passa da poco più di due dipendenti in media in Abruzzo a più
di 7 dipendenti in Lazio. Sebbene tale dato sia relativamente correlato con il costo totale dei dipendenti, ad
esso è associata una variazione pressoché ingiustificabile sul costo medio per dipendente. Il costo medio
nel Lazio è circa 150000 euro nel 2011 (addirittura 164000 euro nel 2014) mentre in Emilia Romagna il
costo medio non supera i 54000 euro in media. Il dato non risulta spiegabile neanche dal punto di vista di
una eterogeneità geografica in quanto costi medi elevati (sopra i 100000 euro) si ritrovano in Lazio, Veneto
e Puglia mentre tra i più bassi ritroviamo Emilia Romagna, Lombardia e Abruzzo. Il differente costo della
vita e quindi delle condizioni economiche tra Nord e Sud del Paese non è in grado di fornire una spiegazione
plausibile ad una tale eterogeneità. Tale variazione del costo medio dei dipendenti andrebbe validato con
una analisi sulla varietà dei contratti a cui i dipendenti sono sottoposti.
numero addetti Costo dei dipendenti
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 2.40 76039.8 76803.01 77151.89 75482.45
Emilia Romagna 4.66 5.85 5.95 51975.98 53836.73 52184.07 54298.85
63 C:\Users\RAF5D~1.SOR\AppData\Local\Temp\rapporto_farmacie 19102016-1.doc
Lazio 5.62 6.00 6.04 4.31 150103.7 156393.3 167182.7 164102.9
Lombardia 7.58 7.07 7.29 7.17 61978.34 64395.43 63115.82 61983.79
Marche 5.53 4.06 3.45 1.88 92377.66 95282.7 98252.22 93997.69
Puglia 4.04 4.27 4.31 4.14 125916.5 129755.3 129248.5 126570.9
Toscana 9.86 10.82 10.05 10.96 117359.9 121585.4 120308.7 122421.9
Veneto 5.62 5.59 6.34 5.11 150932.8 160010.7 158875.8 155565.2
Tabella 22. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Confrontando il costo del lavoro sui ricavi come in Tabella 23, infatti si ottiene un quadro molto confuso sul
costo del lavoro in azienda. Per le società di capitali il costo dei dipendenti rispetto ai ricavi ottenuti ad un
peso in media superiore rispetto alle farmacie tradizionali a conduzione familiare. Se da un lato questo
risultato è intuitivamente ragionevole, dall’altro le variazioni regionali sono molto particolari e configurano
potenziali (e nel lungo periodo sistematiche) condizioni di perdita in alcune regioni. Osservando il dato delle
Marche ad esempio con un valore del 175% configura una condizione in cui il costo del personale incide in
maniera così netta da essere superiore ai ricavi (quasi del doppio). Un simile valore (relativamente più
contenuto) del 93% si ottiene per la Lombardia. Questo dimostra come le variazioni dei costi medi a livello
regionale andrebbero profondamente analizzate in quanto non sono giustificabili da qualunque principio
aziendale di profitto.
Costo dipendenti/Ricavi
2011 2012 2013 2014
Abruzzo 132%
Emilia Romagna 25% 20% 22%
Lazio 62% 37% 43% 93%
Lombardia 19% 22% 20% 21%
Marche 48% 65% 81% 175%
Puglia 90% 85% 91% 87%
Toscana 27% 26% 27% 25%
Tabella 23. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
In Tabella 24, si osserva come il numero dei farmacisti nelle società di capitali sia leggermente aumentato
dal 2011 al 2014. La share dei farmacisti e quindi dei dipendenti specializzati sembra costante e
tendenzialmente crescente nel tempo.
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numero Farmacisti share farmacisti
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 0.00 0%
Emilia Romagna 4.00 5.20 5.60 86% 89% 94%
Lazio 1.50 3.03 4.71 5.00 27% 51% 78% 116%
Lombardia 3.97 3.61 3.95 4.04 52% 51% 54% 56%
Marche 4.54 0.00 2.77 0.00 82% 0% 80% 0%
Puglia 2.60 2.73 3.09 2.80 64% 64% 72% 68%
Toscana 9.67 12.04 10.75 11.18 98% 111% 107% 102%
Veneto 3.48 2.22 3.78 3.22 62% 40% 60% 63%
Tabella 24. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
Nella Tabella 25 emerge chiaramente come il ruolo dei grossisti sia preponderante per le società di capitali.
Al margine il peso del credito nei confronti dei grossisti risulta superiore rispetto alle farmacie tradizionali.
Bisogna però sottolineare che la quota di costo nei confronti dei grossisti tende ad essere decrescente dal
2011 al 2014 e questo dovrebbe tutelare da eventuali tendenze debitorie che (come menzionato nei
paragrafi precedenti) potrebbero creare un particolare rischio economico nei termini esplicati dal Ddl sulla
concorrenza.
Acquisto diretto Grossista Cooperativa
2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014 2011 2012 2013 2014
Abruzzo 19% 79% 2%
Basilicata 18% 21% 23% 82% 79% 76% 0% 0% 0%
Bolzano 7% 9% 11% 17% 64% 67% 71% 70% 19% 16% 11% 3%
Calabria 19% 21% 24% 23% 48% 49% 51% 51% 30% 27% 23% 24%
Campania 12% 17% 20% 10% 62% 67% 67% 75% 19% 13% 10% 13%
Emilia Romagna 15% 21% 12% 16% 58% 67% 68% 75% 26% 11% 20% 10%
Friuli Venezia Giulia 21% 33% 22% 23% 68% 65% 75% 67% 2% 2% 3% 10%
Lazio 23% 29% 30% 28% 71% 61% 52% 56% 5% 9% 17% 14%
Tabella 24. Fonte: elaborazione degli autori su dati SOSE
5. Conclusioni
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Questo studio fornisce uno stato dell’arte della Farmacia italiana nel 2011-14. Dopo aver fatto un quadro
consuntivo sui consumi dei farmaci nel nostro Paese e sulle variazioni normative intercorse negli anni ci
siamo soffermati sulla analisi di un campione rappresentativo di circa il 70% delle farmacie italiane.
Abbiamo analizzato tale campione sia in aggregato sia focalizzandoci sulle poche società di capitali già
presenti sul mercato in quanto aventi ottenuto in gestione farmacie pubbliche.
Nello studio sono emerse in particolare 2 tendenze importanti:
- Forti differenze territoriali dovute a differenze imputabili a questioni amministrative locali
- L’assenza di incentivi tali da prevedere ad oggi un drastico cambiamento del mercato dei farmaci al
dettaglio nei prossimi anni.
Per quello che riguarda le differenze territoriali (che influiscono fortemente sull’accesso ai farmaci da parte
dei cittadini in termini di disponibilità e costi, pubblici e privati) tali differenze influenzano ovviamente il
business farmacia in direzioni che non sono direttamente riconducibili alle condizioni economiche dei
territori. Sicuramente la dimensioni del mercato influiscono sulle performance aziendali, tuttavia appare
più influente in questo senso la gestione sanitaria regionale. Va inoltre evidenziato come le discrepanze
territoriali abbiano portato a forti differenze nell’accesso ai farmaci in relazione alle modalità di
distribuzione degli stessi (diretta, dpc, convenzionata) e nella diffusione dei cosiddetti farmaci generici e, di
conseguenza della spesa farmaceutica pubblica e privata. Vi sono infine forti differenze territoriali
nell’utilizzo della ricetta elettronica come nella diffusione dei servizi al cittadino forniti dalle farmacie stesse
(la cosiddetta farmacia dei servizi). Il superamento delle differenze regionali appare quindi essere un
elemento che il legislatore dovrà valutare nel dettaglio al fine di migliorare sia la qualità del servizio
sanitario al cittadino sia al fine di rendere migliori le condizioni in cui generare business per le farmacie
stesse. In ottica simile si sottolinea anche la necessità di spingere per una maggiore uniformità di regole e
controlli a livello comunitario al fine di superare le discrepanze tra Paesi dannose per il mercato e
soprattutto pericolose per la salute pubblica.
Per quello che riguarda la maggiore novità presentata dal DDl Concorrenza e la possibilità di acquisizione da
parte di società di capitali di farmacie si sottolineano alcuni aspetti:
- Non vi sono dati tali da far pensare che la penetrazione dei capitali nel settore sarà tale da
stravolgerne i fondamentali nel breve periodo.
- La soglia di concentrazione del mercato del 20% appare elevata e difficilmente raggiungibile nella
realtà dei fatti. Se dal punto di vista economico tale soglia appare essere in linea con la volontà del
legislatore di evitare il rischio di oligopolio o di posizioni dominanti sul mercato tali da distorcerne
la concorrenza, nella realtà dei fatti la distribuzione al dettaglio difficilmente presenta tali livelli di
concentrazione. Basti pensare che la Coop non raggiungeva il 19% del mercato nel 2015.
- Un aspetto importante da considerare (e non analizzabile non essendo tali dati disponibili) è dato
dal numero di farmacie indebitate verso i fornitori e che potrebbero quindi costituire una via
semplificata di acquisizione di fette anche consistenti del mercato da parte dei grossisti (o delle
stesse società farmaceutiche). Da questo punto di vista va sottolineato che le farmacie fortemente
indebitate non rappresentano a priori l’investimento più redditizio che si possa pensare. In un
settore i cui margini sono fondamentalmente dati da regole rigide sui prezzi dei farmaci la
possibilità di rendere farmacie oggi in perdita profittevoli sta nella capacità di migliorare la struttura
dei costi o di espandere il proprio mercato. Il miglioramento della struttura dei costi è sicuramente
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auspicabile per il settore, l’espansione del proprio mercato appare invece difficile in un settore a
domanda anelastica e fortemente influenzato dalla territorialità.
- Esiste ad oggi una necessità normativa importante che il legislatore dovrà tenere in conto nei
prossimi passaggi legati al DDL concorrenza. Il fatto che la responsabilità civile e penale passi dal
farmacista proprietario (o socio di farmacisti) ad una catena decisionale estesa non aumenta in sé
l’incentivo economico ad andare contro l’appropriatezza del servizio, ma riduce la percezione nei
soggetti della responsabilità. È quindi necessario che il legislatore provveda a ridefinire in maniera
chiara responsabilità e controlli al fine di disincentivare comportamenti che non siano in linea con
l’interesse del cliente.
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