La disfagia: affrontiamola insieme - flipiemontelogopedia · 2020. 5. 19. · La disfagia, un tempo...
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La disfagia:affrontiamola
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I
di Barbara Guarneri e Claudia Tuoni
“Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.”
Henry Ford
La disfagia, un tempo poco conosciuta, oggi è una problematica che interessa diversi ambiti clinici e differenti figure professionali, con le quali la necessità di collaborare si fa sempre più forte.Il nostro lavoro vuole rispondere a un’esigenza precisa: riuscire a tro-vare uno strumento di incontro tra noi e i medici, cercando di rispon-dere alle domande che frequentemente coinvolgono la nostra pratica clinica. Quali sono le persone a rischio disfagia? Quali sono i “campanelli d’al-larme” di questo disturbo? Cosa fa il logopedista? Quali strategie si possono mettere in atto per aiutare il paziente e la sua famiglia?Da qui nasce l’idea di collaborare con voi medici, di aprirci a nuovi argomenti di scambio e confronto, di farci conoscere e attingere dal vostro sapere, dato che tutti i giorni vi trovate a fronteggiare situazioni varie e complesse, ad incontrare persone con differenti necessità di cura.
Vorremmo fornirvi un piccolo strumento pratico per riconoscere e in-quadrare meglio questo disturbo e rendere l’approccio terapeutico più consapevole, mirato ed efficace, aumentando la tempestività e l’ap-propriatezza degli interventi. Solo una rete salda e unita di esperienze e saperi può supportare e guidare il difficile compito di accompagnare il malato e guidarlo verso una situazione di benessere per lui e la sua famiglia.
Ci auguriamo che possa esservi utile e diventare il punto di partenza per conoscerci meglio come professionisti e come persone, collabora-re ancora di più e curare al meglio i nostri pazienti.
Il progetto
AppendiciFARMACI E DISFAGIA 321. Come devono essere assunti i farmaci? 322. Come interagiscono con gli alimenti? 343. Quali farmaci possono provocare disfagia? 36
3.1 Disfagia come effetto collaterale e secondario
di alcuni farmaci 36
3.2 Farmaci che possono causare esofagiti o
aumentarne il rischio 42
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE 431. Modificazione degli alimenti 432. Tipi di diete 46
L’ADDENSANTE 491. Perché addensare i liquidi? 492. Quali addensanti sintetici scegliere? 503. Esistono anche addensanti naturali? 514. Addensanti e idratazione 53
AllegatiALLEGATO 1 Malnutrition Universal Screening Tool (MUST) 56ALLEGATO 2 Mini Nutritional Assessment (MNA) 57ALLEGATO 3 Scala della deglutizione ASHA NOMS 58
La Disfagia1. Che cos’è la disfagia? 9
1.1 Quali complicanze possono insorgere? 10
1.2 Chi è a rischio? 10
1.3 Campanelli d’allarme 12
Il medico1. Qual è il ruolo del medico? 16
1.1 Anamnesi 16
1.2 Esame obiettivo 16
1.3 Test di screening 17
Test del bolo d’acqua 18
2. A chi rivolgersi se il paziente risulta positivo al test dell’acqua? 19
2.1 Valutazione strumentale: confronto tra Fees e VFS 20
La presa in carico logopedica1. Qual è il ruolo del logopedista? 24
1.1 La presa in carico 24
1.2 Compiti del logopedista 25
1.3 Esame clinico della deglutizione 26
1.4 L’osservazione al pasto 27
1.5 Il trattamento logopedico 28
1.6 Counseling 29
1
76
Disfagia è il termine usato per descrivere i disordini della deglutizione. È una condizione pervasiva e potenzial-
mente mortale che può emergere da una molteplicità di patolo-
gie, tra cui quelle neurologiche, che colpiscono il sistema neu-
ronale, motorio e sensoriale che sottostanno alla deglutizione.
Il disturbo deglutitorio può essere presente in tutte le fasi del
processo, pertanto può compromettere la masticazione, i movi-
menti della lingua, il riflesso di deglutizione (ritardato o debole),
la chiusura glottica (parziale o nulla), la presenza di residui nel
canale orofaringeo, ecc.
Classificazione del disturbo deglutitorio:
• motoria oro-faringea: alterazione della progressione del
bolo, dovuta a alterata coordinazione della biomeccanica
deglutitoria.
• ostruttiva: difficoltà del bolo di progredire per ostruzione
delle strutture cave deputate alla deglutizione e alla loro
compressione estrinseca con ristagno del bolo a monte
dell’ostruzione.
• disfagia esofagea: causata da patologie organiche che inte-
ressano l’esofago con sintomi quali pirosi, rigurgito, sensa-
zione di rallentamento o arresto di cibo in sede retrosterna-
1. Che cos’è la disfagia?
La Disfagia
98
• Malattie metaboliche: Amiloidosi, Sindrome di Cushing, Tire-
otossicosi, Morbo di Wilson.
• Cause iatrogene: effetti collaterali di terapie farmacologiche
(chemioterapia, neurolettici), esiti di chirurgia del distretto
cervico-cefalico, esiti di radioterapia, lesioni da sostanze
corrosive, causticanti, ecc.
Inoltre tra i soggetti maggiormente a rischio ..
L’ANZIANO FRAGILE: “condizione caratterizzata da una ridotta riserva fisio-
logica, associata a un’aumentata suscettibilità. Le principali componenti della
fragilità sono una ridotta capacità del sistema neurologico, cardiovascolare
e respiratorio indotta dal formarsi degli effetti dell’invecchiamento dei danni
conseguenti ad uno stile di vita inadeguato (fumo, sedentarietà, abuso, alco-
ol..) ed a malattie in atto o subite nel corso della vita. La fragilità si realizza
solo quando la riduzione delle riserve fisiologiche raggiunge un livello critico
(critical mass) (Buchner et al., 1992)”
• Presbifagia Primaria: alterazioni deglutitorie nell’anziano
sano, dovute ad alterazioni anatomo-fisiologiche correlate
all’età.
• Secondaria: ovvero l’alterazione della funzionalità deglu-
titoria clinicamente rilevabile nel soggetto anziano, come
elemento isolato o secondaria ad eventi patologici ai quali
l’anziano è maggiormente esposto: malattie di origine cere-
brovascolare (es ictus) e/o neurodegenerativa (malattia di
Parkinson, malattia di Alzheimer, sclerosi multipla e malattie
del motoneurone).
le e dolore.
• disfagia di origine respiratoria: si intendono le situazioni di
difficoltà deglutitoria dove è predominante l’eziologia delle
patologie dell’apparato respiratorio.
• disfagia psicogena: non riconosce cause organiche, ana-
tomiche, fisiopatologiche ma deve essere ricondotta uni-
camente a disturbi del comportamento alimentare o altre
psicopatologie.
1.1 Quali complicanze possono insorgere?
• Malnutrizione
• Disidratazione
• La più grave complicanza della disfagia è la polmonite da aspirazione (ab-ingestis), che si determina per progressione
di liquidi e alimenti nelle vie aeree prevalentemente sede
polmonare basale destra
1.2 Chi è a rischio?
Le principali patologie che causano disfagia oro-faringea sono:
• Malattie neurologiche: tumori del tronco, trauma cranico,
stroke, paralisi cerebrale, sindrome di Guillain-Barrè, Mor-
bo di Huntington, sclerosi multipla, Poliomielite, sindrome
post-polio, discinesia tardiva, encefalopatie metaboliche,
sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
• Malattie miopatiche: malattie del connettivo, dermatomiosi-
te, miastenia grave, distrofia miotonica, distrofia oculofarin-
gea, polimiosite, sarcoidosi, sindromi paraneoplastiche.
• Malattie infettive: Difterite, Botulismo, Malattie di Lyme, Sifi-
lide, Mucosite (Herpes, Cytomegalovirus, Candida, ecc)
La Disfagia
1110
• Odinofagia;
• Masticazione difficoltosa, con eventuale ristagno di cibo nel
cavo orale;
• Sensazione di soffocamento (da cibo, liquido, saliva), com-
parsa di tosse quando mangia o beve;
• Fuoriuscita di cibi o liquidi dal naso durante il pasto;
• Perdita di peso, pirosi e reflusso acido, bronchite cronica,
febbre;
• Riduzione sensibilità gustativa, tattile e termica;
• Salivazione ridotta o aumentata;
• Dolore toracico atipico;
• Modificazioni abitudini alimentari (in particolare cambio
spontaneo delle consistenze);
• Rilievo di posture o manovre assunte spontaneamente;
• Infezioni polmonari ricorrenti; rischio polmonite abingestis;
• Rialzo temperatura termica senza cause note;
• Frequenza respiratoria maggiore di 30 atti per minuto.
1.3 Campanelli d’allarme:
• Alterato livello di coscienza o riduzione delle risposte;
• Disartria (linguaggio con difficoltà di articolazione);
• Schiarimenti di gola frequenti;
• Difficoltà a deglutire;
• Allungamento tempi di deglutizione;
• Più atti deglutitori per un singolo bolo;
• Colpi di tosse durante i pasti o dopo aver ingerito del cibo
• Voce “gorgogliante” o umida, durante e dopo i pasti;
• Presenza di qualsiasi segno indicatore di ridotta funzione
laringea;
• Fascicolazione della lingua e raucedine;
• Rilievo di riflessi patologici nel distretto buccale;
• Perdita di saliva dalla bocca;
• Aumento durata del pasto;
• Senso di corpo estraneo in gola o cibo che si ferma in gola;
La Disfagia
1312
15
2
14 1514
essere esaminati anche in relazione alla sensibilità e al mo-
vimento, per rilevare eventuali disfunzioni motorie;
• Stato del collo (linfoadenopatie, gozzo, masse);
• Stato di idratazione (aspetto delle mucose e della cute);
sono considerati segni di grave disidratazione: ipotensione
arteriosa, tachicardia, oliguria, letargia.
1.3 Test di screening
Proponiamo di seguito test di screening veloci e semplici che i
MMG possono proporre ai pazienti a rischio disfagia e/o malnu-
trizione.
1.3.1Il MMG può effettuare lo screening dello stato di nutrizione, che
viene eseguito nei soggetti adulti (età <65 anni) con il “Malnu-trinional Universal Screening Tool” (MUST) e nei pazienti
anziani (età ≥ 65 anni) con il “Mini Nutritional Assessment” (MNA) vedi allegati.
Se il paziente è denutrito (punteggio totale ≥ 2 al MUST o ≤ 11
all’MNA) è necessario richiedere una visita di Dietetica e Nutri-
zione clinica.
1.3.2Three-oz Water Swallow test (test del bolo d’acqua), che riportiamo nella pagina seguente. In alternativa il paziente può essere inviato ai servizi di Logo-
pedia presenti sul territorio, richiedendo una valutazione per
disfagia.
1.1 Anamnesi
Il medico di riferimento (MMG) deve raccogliere i dati anamne-
stici ed obiettivi relativi al sospetto di disfagia ed alla eventuale
presenza di patologie in cui la sua insorgenza è frequente e/o
condizioni cliniche considerate possibile complicanza della di-
sfagia.
• Patologica remota: vedi storia clinica e patologie a rischio
disfagia
• Patologica prossima: vedi campanelli d’allarme
• Anamnesi farmacologica: alcuni farmaci possono causare
disfagia vedi allegato sui farmaci
1.2 Esame obiettivo
Inoltre viene richiesta l’esecuzione di un esame obiettivo per
ottenere ulteriori informazioni sul rischio di deficit deglutitorio:
• Grado di vigilanza e livello di coscienza del paziente;
• Grado di controllo posturale e alterazioni della postura;
• Igiene orale e secrezioni orali;
• Disfonia, voce gorgogliante;
• Stato del cavo orale, (labbra, lingua, palato, dentizione o
protesi dentaria, faringe); labbra, lingua e palato dovranno
1. Qual è il ruolodel medico?
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Il Medico
LOGOPEDISTA sul territorio che tratti
di disturbi di deglutizione.
Quando i risultati dello screening indicano o lasciano sospetta-
re la presenza di un disturbo della deglutizione è opportuno ri-
chiedere un approfondimento attuato da professionisti formati
in modo specifico in questo campo.
2. A chi rivolgersi se il paziente risulta positivo al test dell’acqua?
VALUTAZIONE STRUMENTALE
VALUTAZIONE CLINICA
In Italia, sono abilitati ad
effettuare una Visita Foniatrica per
l’inquadramento dei disturbi della
deglutizione i laureati in Medicina
e Chirurgia che abbiano conseguito
il diploma di Specializzazione in
Foniatria o in Audio Foniatria.
Sono inoltre da considerare
personale opportunamente
formato a visita e valutazione
deglutologica i laureati in Medicina
e Chirurgia che abbiano completato
un Master Universitario in
Deglutologia o affine.
Vedi cap. 3 “La presa in carico logopedica”
Test del bolo d’acquaPROCEDURA
Vengono effettuate tre somministrazioni di acqua con l’aumento
progressivo della quantità in modo che, dagli iniziali 5ml, si ar-
riva fino a 90ml, che devono essere bevuti senza interruzione. Si
utilizza dapprima un cucchiaino da the e successivamente una
tazza o un bicchiere con imboccatura larga (per evitare l’esten-
sione del collo verso l’indietro).
Offrire alla persona, seduta e con la testa in asse, 5 ml di acqua liscia
a temperatura ambiente con un cucchiaio per 3 volte.
Se la persona non tossisce si offre acqua direttamente dal bicchiere,
si attende qualche secondo, si fa parlare il paziente per valutare la
qualità della voce:
Se precedentemente il test è negativo
si procede con 50ml di acqua dal
bicchiere. Se anche questo è negativo
1
2
3
4
GRADO 3 – DISFAGIA MODERATA
GRADO 4 - DISFAGIA GRAVE
GRADO 2 – DISFAGIA LIEVE
Se presenta solo voce rauca e/o
gorgogliante =
in caso di voce rauca e/o
gorgogliante e tosse =
Ad ogni cucchiaio verificare l’avvenuta
deglutizione, attendere qualche secondo
e se il paziente presenta tosse severa e
voce gorgogliante si sospende il test
GRADO 1 –DISFAGIA ASSENTE.
18 19
Il Medico
sumano il mezzo di contrasto, che siano sottoposti a Rag-
gi X e, non ultimo, che siano sufficientemente collaboranti.
La valutazione strumentale si completa con il test del bolo, at-
traverso la somministrazione di alimenti di diversa consistenza
e volume con il quale si andrà a verificare se ci sono episodi o
rischio di penetrazione o aspirazione in relazione alle fasi della
deglutizione.
La VFS e la Fess sono le metodiche strumentali universalmente riconosciute come idonee per diagnosticare il disturbo deglu-titorio e l’aspirazione silente. Molti studi hanno confrontato le due metodiche separatamente ma le conclusioni sono che at-tualmente non ci sono dati sufficienti per raccomandare l’una o l’altra, dal momento che entrambe presentano punti di forza e limiti.
2.1 Valutazione strumentale: confronto tra Fees e VFS
• Fees - fibroendoscopia (la esegue solitamente il foniatra o
l’otorinolaringoiatra). Lo studio della deglutizione a mezzo di
fibroendoscopia transnasale (FEES) viene effettuata diretta-
mente dal Deglutologo a mezzo di osservazione con fibroe-
ndoscopio di faringe e laringe contemporaneamente alla
somministrazione di cibi di diversa consistenza (PDTA
Piemonte, 2013). È una metodica meno costosa e che può
essere effettuata anche al letto del paziente, i tempi sono
contenuti, rendendola una metodica ottimale nel follow-up
di qualsiasi paziente L’esecuzione della FEES richiede una
strumentazione variamente complessa a seconda che la
procedura sia al letto del paziente o in ambito ambulato-
riale.
• La VFS - Videoflorografia (effettuata dal radiologo esperto
in materia di deglutizione) mostra in modo chiaro la fisio-
logia di tutte le strutture coinvolte nella deglutizione, dal-
le labbra all’esofago, ed evidenzia ogni minima anomalia
dei loro movimenti. Questa metodica permette di eviden-
ziare pienamente l’incapacità o l’eccessivo ritardo ad ini-
ziare la deglutizione faringea, l’aspirazione degli ingesti, il
rigurgito nasofaringeo, il residuo di bolo nella cavità farin-
gea dopo la deglutizione. Permette, inoltre, di determinare
le strategie terapeutiche mirate ad eliminare o a compen-
sare la disfunzione stessa, di esaminare successivamen-
te gli effetti prodotti e valutarne infine l’efficacia. Tuttavia
l’esame richiede attrezzature con alti costi e comporta che
i pazienti siano trasferiti nella stanza radiologica, che as-
20 21
Il Medico
3
23
1.2 Compiti del logopedista
Il logopedista deve effettuare:
• Un’anamnesi generale e specifica: diagnosi clinica, anda-
mento della malattia di base, storia dell’insorgenza ed
evoluzione del disturbo della deglutizione, terapie farma-
cologiche in atto, stato nutrizionale, funzione respirato-
ria (con particolare attenzione a eventuali complicanze
polmonari), abilità relative alle funzioni comunicative e
cognitive. Eventuali valutazioni precedenti, stato socio-cul-
turale.
• l’osservazione e la valutazione clinica: metodi usati mag-
giormente per valutare la disfagia, che si devono avvalere
di specifici protocolli. Essi devono comprendere:
• la rilevazione dei pre-requisiti (vigilanza, attenzione, orien-
tamento);
• lo stato respiratorio (autonomo, assistito, presenza di can-
nula tracheostomica, tipo di cannula, presenza di monitor
e indicazione dei valori di saturazione);
• lo stato nutrizionale (presenza di pompe per alimentazio-
ne non orale, alimenti sul comodino);
• le posture spontaneamente assunte durante la deglutizio-
ne e di quelle possibili;
• la valutazione della sensibilità, motricità volontaria e ri-
flessa;
• la valutazione delle prassie delle strutture oro-faringee e
laringee;
• l’esecuzione di prove di deglutizione con sostanze e/o ali-
menti di diversa consistenza;
• l’igiene orale e dentatura (per la scelta delle consistenze
da utilizzare in valutazione e successivamente nell’alimen-
1.1 La presa in carico
Una valutazione clinica standardizzata al Letto del paziente
(bedside assessment) dovrebbe essere effettuata da un profes-
sionista competente nella gestione della disfagia (di norma il
logopedista).
Nei pazienti con disfagia devono essere valutate sempre le
abilità comunicative, le funzioni cognitive e le capacità decisio-
nali (FLI D, SIGN D).
Lo scopo della bedside examination deve essere (Amitrano, 2019):
• Rilevare la presenza di disfagia
• Valutarne la gravità
• Individuare i meccanismi disfunzionali
• Programmare la riabilitazione
• Rimodulare un piano di trattamento
• Valutare gli esiti del trattamento
• Iniziare una relazione terapeutica con il paziente e i care giver
1. Qual è il ruolo del logopedista?
La presa in carico logopedica
2524
1.4 L’osservazione al pasto
L’osservazione al pasto del paziente, con modalità di esecuzione
e strumenti suoi propri, si inserisce nella valutazione del pazien-
te con disfagia. A differenza delle normali prove di valutazione
della deglutizione, l’osservazione al pasto analizza un campio-
ne comportamentale corrispondente all’intera durata del pasto.
L’osservazione al pasto analizza il comportamento del soggetto
avendo cura di ridurre al minimo le influenze esercitate dall’os-
servatore (Amitrano).
L’osservazione al pasto si pone come:
• metodica di completamento dell’iter valutativo, qualora sor-
gesse la necessità di analizzare più ampi campioni di com-
portamento
• verifica di quanto effettivamente avviene durante i pasti
quotidiani del paziente sia durante la fase riabilitativa che
al completamento di quest’ultima.
Strumenti utilizzati: Griglia di osservazione al pasto (Amitrano-Crinelli 2005)
tazione del paziente);
• deve infine essere rilevata la presenza o assenza di segni
patologici (evocazione di tosse riflessa associata all’atto
deglutitorio, voce umida o gorgogliante, tracce di bolo pre-
senti da stoma o cannula tracheale), indici di aspirazione.
1.3 Esame clinico della deglutizione
L’esame clinico della deglutizione prevede prove di deglutizio-
ne per l’alimentazione. Non tutte le prove cliniche si conclu-
dono necessariamente con le prove di alimentazione; queste si
effettuano a seconda dei dati emersi nella fase precedente di
valutazione (in particolare dal referto dell’ORL, se presente). Un
paziente attento e collaborante, senza gravi problemi respiratori
o stress fisici e presenta un certo grado di elevazione laringea è
un buon candidato per le prove di alimentazione. In condizioni
diverse le decisioni sono strettamente dipendenti dal contesto
in cui viene effettuata la valutazione del paziente.
Le prove di alimentazione vengono effettuate con tutte le con-
sistenze: liquido, semi-liquido, semi-solido, solido. Il professio-
nista esperto in gestione della disfagia dovrebbe effettuare una
valutazione clinica bedside standardizzata. Per la valutazione il
logopedista può fornirsi del test Mann Assesment of oral Ability
(MASA). vedi allegato
Mentre come scala della deglutizione per stabilire a che livello
di disfagia si trova il paziente, abbiamo scelto la ASHA NOMS,
che prevede anche la descrizione di aspetti di dieta, restrizioni
alimentari e stimoli. vedi allegato
GRIGLIA D’OSSERVAZIONE DEL
COMPORTAMENTO DEL PAZIENTE DURANTE IL
PASTO
(A. AMITRANO - V. CRINELLI)
• Soggetto osservato
Cognome:
Nome:
Data dell’osservazione:
Data d’insorgenza dell’evento patologico:
Eziologia:
Stroke troncale
Stroke encefalico
Stroke cerebellare
Trauma Cranico
Sclerosi Multipla
Sclerosi Laterale Amiotrifica
Neoplasia
Parkinson
Altro ………………….............
• Check-list
1) Il paziente è disteso nel letto durante il pasto:
SI NO
2) E’ seduto:
in carrozzina
sulla sedia
sul letto
97
3) Durante il pasto è presente un care giver:
SI NO
4) E’ autonomo nell’assunzione del cibo:
SI NO
5) La capacità di iniziare il pasto avviene in maniera autonoma:
SI NO
6) E’ in grado di utilizzare adeguatamente le posate:
SI NO
7) Si versa il cibo addosso :
SI NO
8) Utilizza in modo adeguato il tovagliolo:
SI NO
9) Inizia a mangiare solo se sollecitato:
SI NO
10) Rifiuta il cibo:
SI NO
11) La consistenza degli alimenti è:
solida
semisolida
liquida
semiliquida
doppia consistenza
12) Utilizza protesi dentaria:
SI NO
13) Mastica:
SI NO
15) Deglutisce senza masticare:
SI NO
16) Tiene le labbra chiuse durante le masticazione:
SI NO
98
17) E’ presente fuoriuscita di cibo dalla bocca nel corso della masticazione:
SI NO
18) Presenta Scialorrea:
SI NO
19) E’ presente fuoriuscita di cibo dal naso:
SI NO
20) Dopo la masticazione ci sono residui:
SI NO
Se si :
sulle labbra
nella bocca
21) Rimangono residui di cibo sul cucchiaio ( o forchetta ):
SI NO
22) Parla mentre mangia:
SI NO
23) Guarda la televisione:
SI NO
24) Si guarda continuamente attorno:
SI NO
25) E’ costantemente distratto dalle persone che si trovano nella stanza:
SI NO
26) Si alza più volte dalla sedia:
SI NO
27) Cambia continuamente postura:
SI NO
28) Piange:
SI NO
29) Fa pause lunghe tra un boccone e l’altro:
SI NO
30) Prende il cibo dal piatto tralasciando quello posto nella parte di sinistra (o destra):
99
La presa in carico logopedica
2726
1.6 Counseling
A completamento del programma riabilitativo, il logopedista po-
trà, attraverso il counseling, fornire elementi informativi relativi
alle tecniche di alimentazione, alla scelta delle consistenze de-
gli alimenti, alla gestione del comportamento e dei fattori am-
bientali. Il counseling potrà essere rivolto al paziente, se possi-
bile, e ai familiari o caregivers, al personale medico e sanitario,
al personale addetto alla preparazione dei cibi, ad altre agenzie
(esempio scuola/comunità). Il counseling della preparazione
del cibo è da svolgere in collaborazione con i Dietisti.
1.5 Il trattamento logopedico
L’obiettivo del trattamento logopedico è di minimiz-zare le conseguenze della disfagia. Il trattamento delle
strutture buccali (sensibilità, motricità, prassie) è indicato in
associazione con altri tipi di approcci (modificazioni dietetiche,
tecniche di compenso, modificazioni posturali) (FLI GPP).
Nel trattamento vengono impostate delle strategie per influen-
zare la velocità e il transito del bolo:
• modificazioni dietetiche, ovvero alterazione della consisten-
za o della viscosità del cibo e dei liquidi;
• tecniche di compenso, ovvero posture (la modifica della
posizione della testa o del corpo) o manovre (la ma-
nipolazione di uno degli isolati aspetti del meccanismo di
deglutizione);
• scelta di ausili per favorire l’assunzione di alimenti;
• tecniche terapeutiche, ovvero esercizi o strategie per facili-
tare e stimolare la deglutizione.
• norme comportamentali che il paziente dovrà attuare du-
rante l’assunzione di pasti, condivise con il care-givers di ri-
ferimento.
Qualora, in base ai risultati delle valutazioni logopediche in iti-
nere, compresa l’osservazione del pasto e della riabilitazione lo-
gopedica, si osservassero variazioni dei caratteri della disfagia, il
paziente andrà rinviato a Visita Foniatrica nel corso della quale
si potrà variare il giudizio sulla gravità della disfagia ed i relativi
provvedimenti.
La presa in carico logopedica
2928
Appendici30 31
Attenzione!Un’impropria manipolazione delle medicine o/e la mescolazio-ne di più prodotti al fine di somministrarli insieme può rendere il farmaco sottodosato, inattivo o creare dei composti dannosi per la salute del paziente.
La formulazione di un farmaco per somministrazione orale do-
vrebbe essere modificata solo in caso di mancanza dello stesso
in altre forme farmaceutiche o di alternative terapeutiche che
possono essere somministrate per una via diversa da quella
orale vedi normative aifa che definisce alcuni parametri di-
chiarati che comprendono anche le caratteristiche del prodotto.
Se un farmaco viene alterato in qualsiasi modo prima di essere
somministrato ossia si agisce al di fuori della licenza di produ-
zione del medicinale, ne consegue che il produttore cessa di
essere responsabile di qualsiasi conseguenza possa insorgere
dall’assunzione dello stesso!
FARMACI E DISFAGIA
Un particolarissimo tipo di “alimenti” che sovente richiedono
di essere assunti per bocca sono i farmaci: compresse, pillole
confettate, capsule possono provocare non pochi problemi nel
momento della somministrazione se questa avviene con le mo-
dalità errate. Non a caso li abbiamo voluti definire “alimenti”
poiché in quanto tali non fanno eccezione alle norme di con-
sistenza prescritte per l’alimentazione della persona disfagica:
i farmaci da assumere per bocca, infatti, devono avere le stesse
caratteristiche di consistenza previste per i cibi.
Fra le medicine somministrabili per bocca possono essere pre-
ferite quelle in forma liquida quali le gocce, le polveri solubili,
gli sciroppi, le soluzioni e le sospensioni: queste preparazioni
possono essere addensate con le apposite polveri, analoga-
mente a quanto detto per le bevande, e somministrate alla con-
sistenza voluta. I farmaci disponibili solo in compressa, confetto
o capsula possono essere somministrati con maggiore sicurezza
con acqua gelificata o con una crema piuttosto che con acqua.
1. Come devono essere assunti i farmaci?
FARMACI E DISFAGIA Appendici
3332
FARMACI E DISFAGIA
• La carbamazepina e la griseofulvina vengono assimilati
più velocemente a stomaco pieno poiché solubilizzati dagli
acidi biliari
• Lo stato di malnutrizione incrementa la tossicità di molti
altri farmaci o al contrario ne minimizza l’effetto
• Il succo di pompelmo: inibitore del citocromo P450, un
enzima detossificante di moltissimi farmaci; pertanto ne
diminuisce l’attività (a volte pericolosamente)
• Diuretici: assumerli durante i pasti e meglio evitare l’assun-
zione di grandi quantità di alimenti ricchi di potassio (es.
banane, arance e verdure a foglia verde).
• I-MAO: se associati a formaggi fermentati, fegato bovino,
vino rosso, banane e carni lavorate possono provocare crisi
ipertensive
• Warfarin: inibitore della vitamina K vanno esclusi dall’a-
limentazione i cibi con forte incidenza di questa vitamina
come verdure a foglia larga e verde (es. cavolo, lattuga, spi-
naci), preferendo a queste i prodotti vegetali a forma solida
e colorati (es. pomodori, carote, ravanelli)
• Ormoni tiroidei sintetici assumerli al mattino a stomaco
vuoto, almeno 60 minuti prima dei pasti
• Farmaci beta-bloccanti: agiscono più rapidamente se il
flusso epatico è maggiore assumere durante i pasti
• Antibiotici: inibiti dai farmaci anti-acidi o da alimenti e
composti che contengono ferro, rame, zinco, magnesio allu-
minio, calcio, o che siano tamponati assumere il farmaco due ore prima o quattro ore dopo il pasto
• Bifosfonati: producono un effetto lesivo sull’esofago è
necessario evitare il reflusso gastrico non ingerendo cibi che
possono favorire tale stato ed evitare di sdraiarsi per 30 minuti
• L-Dopa: la sua assimilazione è ostacolata da una dieta iper-
proteica evitare l’assunzione di troppe proteine
• Levostatina, paracetamolo, digossina: possono essere
assorbiti in maniera incompleta a causa della presenza di
troppe fibre nella dieta
• Alcune sostante contenute nel tè o nel caffè riducono l’as-
sorbimento di ferro
• Eccesso di vitamina C: riduzione livelli sierici di vitamina
B12 anemia perniciosa
2. Come interagiscono con gli alimenti?
FARMACI E DISFAGIA Appendici
3534
EFFETTO CORRELATO ALLA DURATA DELLA TERAPIA: A MEDIO-LUNGO TERMINE
Antidepressivi triciclici
Imipramina, amitriptilina, ecc.
Gli effetti anticolinergici possono attenuarsi durante la terapia o essere controllati con opportuni aggiustamenti del dosaggio
Antiparkinson Ropinirolo, selegina Effetti collaterali legati all'effetto MAO-inibitore; si ha potenziamento del L-DOPA di cui si dovrà ridurre la dose
Diuretici Acido etacrinico Si sono verificati con l’impiego di dosi elevate dopo 1-3 mesi di terapia ininterrotta
FANS Acido acetilsalicilico, celecoxib, diclofenac, ecc.
I FANS dovrebbero essere prescritti con cautela in presenza di reflusso gastroesofageo sintomatico
Neurolettici Butirrofenoni, fenotiazine (aloperidolo, clorpromazina, ecc.)
I disturbi di solito si risolvono riducendo la dose o interrompendo la terapia; i pazienti a rischio maggiore sembrano essere quelli sottoposti a trattamento a lungo termine
Calcio antagonisti Amlodipina Non comune
Bifosfonati Acido alendronico Comune
3.1 Disfagia come effetto collaterale e secondario di alcuni farmaci
Farmaci che causano disfagia come effetto collatera-le e secondario
3. Quali farmaci possono provocare disfagia?
EFFETTO TRANSITORIO
Antiemicranici Zolmitriptan Generalmente transitori, tendono a manifestarsi entro 4 ore; la somministrazione ripetuta non ne aumenta la frequenza, si risolvono spontaneamente senza ulteriori trattamenti
Antipsicotici Olanzapina, quetiapina
Lievi transitori effetti anticolinergici
FARMACI E DISFAGIA Appendici
3736
Antidepressivi Triciclici: imipramina, clomipramina, amitriptilina, nortriptilina, doxepinaSSRI (Inibitori selettivi della serotonina): citalopram, fluoxetina, paroxetina, sertralina, venlafaxina
La xerostomia è estremamente frequente, specialmente negli anziani, soprattutto con i triciclici e meno con i SSRI (poiché hanno minore componente anticolinergica)
Antimaniacali Litio La xerostomia si verifica in circa il 20-50% dei pazienti ed è da mettere in relazione alla poliuria indotta dallo ione
Antiinfiammatori Diflunisal, ibuprofene,fenoprofene, naprossene, piroxicam
I FANS dovrebbero essere prescritti con cautela in presenza di reflusso gastroesofageo sintomatico
Antiparkinsoniani Biperidene, triesifenidile, amantadina, seleginina
Capacità di causare xerostomia, che dipende dalla loro attività antimuscarinica. Effetti collaterali legati all’effetto MAO-inibitore: si ha potenziamento della L-DOPA di cui si dovrà ridurre la dose
Antiipertensivi Ad azione centrale come alfa- metildopa, clonidina, reserpina
Si ha fino nel 40% dei pazienti. La riduzione della salivazione si esplica sia nel SNC sia in periferia e dipende dall’attività agonistica per i recettori adrenergici alfa2; in particolare, in periferia la stimolazione dei recettori alfa2 presinapticieterotropici provoca un’inibizione della trasmissione colinergica
Diuretici Acido etacrinico, tiazidici, furosemide, spironolattone,triamterene, mannitolo
In tali casi la reazione avversa è imputabile al meccanismo della disidratazione
Antistaminici e decongestionanti
Clorfeniramina, difenidramina, pseudoefedrina
Anti-H1 di prima generazione provocano xerostomia perché dotati di attività anticolinergica
Calcio antagonisti Amlodipina -
EFFETTO CORRELATO ALLA DURATA DELLA TERAPIA: A BREVE TERMINE
Antibiotici Amoxicillina, eritromicina, ecc.
Raro
Anticolinergici N-butilscopolamina, atropina, iosciamina
-
Antifungini Amfoterina B -
Antiemetici Metoclopramide -
Procinetici Domperidone -
Miorilassanti ad azione periferica
Tossina botulinica Le reazioni avverse gravi sono rare e di solito correlate a diffusione della tossina ad aree non considerate bersaglio
Farmaci che causano disfagia in quanto provocano xerostomi
EFFETTO CORRELATO ALLA DURATA DELLA TERAPIA: A MEDIO-LUNGO TERMINE
Agenti simpaticomimetici
Salbutamolo, salmeterolo (per inalazione)
Xerostomia si verifica in meno del 3%
Ansiolitici e sedativi Benzodiazepine (es. triazolam), idrossizina
-
Antiaritmici Disopiramide, chinidina, procainamide, mexiletine amiodarone, diltiazem,propafenone
Data dall’attività anticolinergica
Appendici
3938
EFFETTO CORRELATO ALLA DURATA DELLA TERAPIA: A BREVE TERMINE
Antiprotozoari Metronidazolo 1% dei casi per via intravaginale. La frequenza del fenomeno è probabilmente maggiore quando il metronidazolo è usato per via sistemica
Anticolinergici o Antimuscarinici
Butilscopolamina, atropina, omatropina, ipratropio
-
Antiemetici Metoclopramide -
Antidiarroici Loperamide Provocano la sindrome della bocca secca e questo effetto viene aggravato dalla associazione con parasimpaticolitici
EFFETTO TRANSITORIO
ACE Inibitori Metronidazolo 1% dei casi per via intravaginale. La frequenza del fenomeno è probabilmente maggiore quando il metronidazolo è usato per via sistemica
Farmaci che deprimono il SNC
Antiepilettici Carbamazepina, gabapentin, fenobarbitale, fenitoina, acido valproico
Benzodiazepine Alprazolam, clonazepam, clorazepato, diazepam, lorazepam
Antipertensivi centrali
Clonidina, reserpina
Neurolettici/ antipsicotici
Clorpromazina, clozapina, flufenazina, aloperidolo, olanzapina, quetiapina, risperidone, trifluoperazina
Provocano xerostomia in virtù della loro attività anticolinergica; il rischio è aumentato dalla concomitante somministrazione di farmaci antiparkinsoniani anticolinergici, somministrati per combattere le reazioni extrapiramidali. Sebbene la clozapina possa provocare anche una fastidiosa xerostomia, essa causa più comunemente una ipersalivazione paradossa
Urologici Oxibutunina -
Agenti antineoplastici
Leuprolide, megestrolo, procarbazina
La chemioterapia antineoplastica può essere causa di xerostomia, ma una maggiore attenzione è rivolta alla mucosite, che rappresenta una grave manifestazione della tossicità di diversi agenti. I pazienti con tumore avanzato possono richiedere vari trattamenti (per esempio, agenti antineopla- stici, antidepressivi e analgesici) che influiscono sulla funzione salivare, pertanto vanno frequentemente incontro alla xerostomia
Antiulcerosi Omeprazolo, sucralfato -
Citochine Interferone-alfa Fino al 28% dei pazienti
Agenti antiretrovirali Indinavir, ritonavir, saquinavir
Gli inibitori delle proteinasi causano xerostomia in circa il 2% dei casi
Analgesici centrali Tramadolo, codeina, fentanyl, morfina
Provocano la sindrome della bocca secca; questo effetto viene aggravato dalla associazione con parasimpaticolitici
Miorilassanti centrali Baclofene, tizanidina -
Appendici
4140
In riferimento alla consistenza gli alimenti si dividono in:
• liquidi: acqua, tè e tisane.
• liquidi-densi (con scorie): Latte, yogurt da bere, succhi di
frutta.
• semiliquidi: passati di verdure, creme liquide, semolini li-
quidi, yogurt, gelati, frullati ed omogeneizzati di frutta dove
prevale la percentuale liquida.
• semisolidi: passati di verdure densi, semolini densi, creme
dense, polenta molto morbida, budini, mousse, formaggi
cremosi.
• solidi: pasta corta di pezzatura grossa e gnocchi (ben cotti e
ben conditi), uova sode, pesce diliscato, verdure cotte non
filamentose, formaggi molli (tipo crescenza), soufflé, banana
e mela.
La consistenza dei cibi può essere modulata ed adeguata alle
esigenze del paziente; è possibile utilizzare:
• addensanti naturali (es. gelatine, fecola di patate, amido di
mais, farine istantanee, farine di cereali, colla di pesce, ecc.)
e artificiali che possono essere aggiunti ad alimenti, liquidi,
semiliquidi o semisolidi, caldi o freddi, dolci o salati, mante-
nendo la consistenza ottenuta nel tempo senza modificare il
gusto ed il colore del cibo o della bevanda.
1. Modificazione degli alimenti
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE
3.2 Farmaci che possono causare esofagiti o aumentarne il rischio
• In modo diretto per irritazione locale, durante un tratta-
mento a medio-lungo termine bed-medication o insuf-
ficiente idratazione.
Questi farmaci sono: antibiotici come la clindamicina,
eritromicina e tetracicline; FANS come acido acetilsalicidi-
co, iboprofene, naprossene; bifosfonati come Alendronato,
risedronato e metilxantine come la teofilina
• In maniera indiretta come antitumorali e citotossici possono
causare mucositi e quindi infezioni micotiche e virali (ad es.
ciplatino, metotrexate)
FARMACI E DISFAGIA Appendici
4342
scarso controllo linguale e/o ipomobilità faringea. Viceversa,
gli stessi sapori possono aiutare in caso di ridotta sensibili-
tà. Il sapore “acido”, ha l’effetto di aumentare la secrezione
salivare (è quindi da evitare in caso di scialorrea).
• Appetibilità: l’aspetto del cibo deve essere curato e, se pos-
sibile, le portate distinte. Per favorire, inoltre, il transito del
bolo e in particolare il riflesso della deglutizione, sono con-
sigliati cibi con sapori forti/speziati, agrodolci che stimolano
l’aumento della salivazione.
In caso di disfagia è sempre bene evitare il consumo dei seguenti cibi:
• Alimenti a doppia consistenza: contengono al proprio in-
terno sia una parte liquida che solida, queste due consi-
stenze hanno velocità diversa e quindi prevedono modalità
deglutitorie differenti, che però richiedono di essere attuate
contemporaneamente (es. pastina in brodo, minestrone con
verdure a pezzi, gelati o yogurt con pezzi di cioccolato o frut-
ta, agrumi, ecc.)
• Alimenti con filamenti (es. bollito, finocchio, mozzarella, for-
maggi cotti, ecc.)
• Alimenti con scarti (es. nervetti, lische, ecc.)
• Legumi (es. fagioli, piselli, ceci, ecc.)
• Cereali (es. riso, farro, orzo, mais, ecc.)
• Alimenti solidi di difficile gestione orale (es. fette biscottate,
grissini, pane, caramelle, confetti)
• Frutta secca, di bosco, con nocciolo o semini e agrumi
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE
• diluenti (es. acqua, brodo vegetale, brodo di carne, latte,
centrifugati/succhi di frutta e di verdure),
• lubrificanti (es. olio, burro, maionese, besciamella, ecc.).
L’impiego di queste sostanze, tuttavia, deve tener conto, nel
lungo periodo, dell’equilibrio nutrizionale del paziente.
In riferimento al grado di coesione gli alimenti devono ga-
rantire compattezza durante tutto il passaggio nel canale ali-
mentare, senza sbriciolarsi o frammentarsi.
Per favorire l’assunzione dei cibi si può intervenire sulle seguen-
ti caratteristiche alimentari:
• Omogeneità: il cibo deve presentarsi tutto della stessa con-
sistenza.
• Viscosità/scivolosità: il bolo deve determinare il “minor at-
trito” possibile sulle pareti del canale alimentare. Tale ca-
ratteristica può essere incrementata con l’aggiunta, agli ali-
menti, di condimenti untuosi (olio, panna, besciamella, ecc.)
• Dimensioni: il porzionamento e la dimensione del boccone
sono molto importanti e devono variare a seconda del tipo
di alterazione della deglutizione.
• Temperatura: la temperatura vicina a quella corporea NON
stimola la percezione del boccone durante le fasi della de-
glutizione. Gli alimenti dovrebbero avere una temperatura
più calda o più fredda di 36°-37°.
• Colore: il colore del cibo può migliorarne l’appetibilità.
• Sapore: nel paziente anziano i sapori “acido”, “amaro”, “pic-
cante” possono aumentare il rischio di aspirazione per
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE Appendici
4544
cali senza tosse riflessa per due o più tipi di consistenza
o aspirazione con due tipi di consistenza, con tosse de-
bole o non riflessa o aspirazione e penetrazione larin-
gea con un tipo di consistenza, assenza di tosse riflessa
DIETA A: Cibi a consistenza semisolida, omogenei e cremosi.
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE
ALIMENTI PREPARAZIONI PERMESSE
Cereali Crema di grano, crema di riso, creme multicereali.
Uova Uovo sbattuto con zucchero, zabaione.
Prodotti del latte Yogurt molto denso (senza pezzi di frutta), latte addensato.
Grassi Salse, brodi, addensati.
Carni e sostituti Carni tenere frullate con aggiunta di salse.
Zuppe Frullate e filtrate; dense quanto serve.
Dolci Frappè, creme, budino, gelato, granite.
Bevande Tutti i liquidi devono essere freddi e addensati, con un addensante commerciale. Usare solo acqua gelificata.
• Livello 4: Disfagia lieve/moderata. Necessaria assisten-
za al pasto e una restrizione a una o due tipi di consisten-
ze. Possono presentarsi uno o più di queste condizioni:
ritenzione in cavità orale e/o faringe detersa con difficol-
tà; aspirazione presente con un solo tipo di consistenza,
con tosse debole o non riflessa; penetrazione laringea
• Livello 1: Disfagia severa. Non possibile alcuna nutrizione
orale in sicurezza. Non presente deglutizione efficace. Posso-
no presentarsi una o più di queste condizioni: severa riten-
zione in faringe con incapacità di detersione; severa stasi del
bolo in cavità orale con incapacità di detersione; aspirazione
silente con due o più tipi di consistenze; tosse volontaria
non efficace NIENTE PER OS
• Livello 2: Disfagia moderata/ severa. Massima assistenza
o uso di strategie facilitatorie con parziale nutrizione orale
(tollerata in sicurezza solo un tipo di consistenza, con l’uso
di strategie facilitatorie). Possono presentarsi uno o più di
queste condizioni: severa ritenzione in faringe, incapacità di
detersione o necessità di aiuto; severa stasi del bolo a livello
orale, perdita o ritenzione incapacità di detersione del cavo
orale o necessità di multipli aiuti; aspirazione con due o più
tipi di consistenza; non tosse riflessa e debole tosse volon-
taria.
• Livello 3: Disfagia moderata. Necessaria assistenza to-
tale o strategie facilitanti e restrizione a due o più tipi di
consistenza. Possono presentarsi uno o più di queste con-
dizioni: moderata ritenzione in faringe detersa con aiuto;
moderata ritenzione nella cavità orale, detersa con aiu-
to; penetrazione nelle vie aeree a livello delle corde vo-
2. Tipi di diete
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE Appendici
4746
Chi soffre di disfagia può avere più o meno difficoltà nella degluti-
zione in funzione delle caratteristiche proprie del bolo (consistenza,
viscosità, coesione). Per esempio alimenti liquidi come l’acqua, il tè
le tisane sono i più difficili da somministrare nei soggetti con disfa-
gia intra-deglutitoria in quanto questi liquidi, per la loro consistenza,
determinano una deglutizione estremamente rapida e scarsamente
controllabile.
Quando si utilizzano gli addensanti si consiglia di procedere gra-
dualmente, aggiungendoli un po’ alla volta agli alimenti, per evitare
che il cibo risulti troppo denso: alcuni agenti addensanti infatti han-
no un effetto quasi istantaneo, altri invece possono avere un effetto
graduale che dura vari minuti. Da una parte quindi occorre ispessire
i liquidi e dall’altra rendere i solidi più fluidi ma non è possibile defi-
nire con precisione quale sia la consistenza ideale, in quanto varia in
funzione delle caratteristiche proprie dell’alimento (viscosità, durez-
za, eccetera) e dal tipo di disfunzione rilevata nel soggetto.
L’addensamento dei liquidi riduce la penetrazione e l’aspirazione,
ma, con l’aumentare della densità, aumenta anche il rischio di resi-
dui nella faringe osservare con attenzione il paziente, aumentare
molto gradualmente la densità, fino a trovare il liquido meno denso
possibile che si adatti meglio alle esigenze del paziente!
1. Perché addensare i liquidi?
L’ADDENSANTE
con tosse riflessa per due tipi di consistenza; penetrazio-
ne laringea senza tosse riflessa per un tipo di consistenza.
DIETA B: Alimenti di consistenza semiliquida, semisolida e so-
lida morbida a pezzetti/tritata; liquidi leggermente addensati.
• Livello 5: Disfagia lieve. Può essere necessaria supervi-
sione al pasto e una selezione del tipo di consistenza del
cibo. Lieve disfagia orale con ridotta masticazione e/o ri-
stagno di cibo con detersione spontanea. Possono pre-
sentarsi una o più delle seguenti condizioni: aspirazione
di piccole quantità di liquido con tosse riflessa efficace
e completa detersione delle vie aeree; penetrazione la-
ringea con alimenti di diversa consistenza o con un tipo
soltanto seguita da una spontanea detersione laringea.
• Livello 6: con limiti funzionali; indipendenza ridotta. Il
paziente potrebbe avere una fase orale debole o una fase
faringea ritardata. Può essere necessario un tempo più
prolungato per l’alimentazione. Non presenta aspirazio-
ne o penetrazione per nessuna delle diverse consistenze.
DIETA C: Alimenti di consistenza semiliqui-
da semisolida, solida morbida. Liquidi a piccoli sorsi.
• Livello 7: Atto deglutitorio funzionale. Non presente disfa-
gia. Dieta libera.
MODIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI E TIPI DI DIETE Appendici
4948
L’ADDENSANTE
Di seguito si riportano alcune alternative naturali che possono
essere aggiunte alle preparazioni alimentari e che sono comu-
nemente usate in cucina per addensare le consistenze:
• Amidi: zuccheri complessi estratti da diverse specie di pian-
te, sono le sostanze vegetali migliori per addensare; in com-
mercio sono venduti sotto forma di farine impalpabili e han-
no solitamente un prezzo molto contenuto. Ecco quali sono:
amido di riso, amido di mais, fecola di patate, amido di ta-
pioca, amido di frumento, fecola di maranta.
• Le farine si prestano particolarmente a essere impiegate
come addensanti in cucina; perfette nelle preparazioni sala-
te, come quelle di zuppe e minestre, alle quali conferiranno
cremosità e corpo, i vari tipi di farina possono essere usati
anche per addensare creme dolci e gelati. Quelle più indica-
te sono: farina di legumi, di riso, di semi di carrube, farina di
piselli e farina di semi di lino.
• Le “gomme” vegetali sono sostanze naturali ricavate dalle
piante, le gomme vegetali sono degli ottimi addensanti, re-
peribili sotto forma di polveri finissime per creme, salse, ge-
lati, bevande e confetture. In commercio ne esistono davvero
tante e con caratteristiche diverse: gomma di xanthan, gom-
ma di tara, gomma di konjac, ecc.
3. Esistono anche addensanti naturali?
L’ADDENSANTE
Gli addensanti commerciali possono essere aggiunti al termine delle
fasi di cottura e preparazione, permettendo un aggiustamento all’ul-
timo momento, tarato sul singolo paziente. Essendo inoltre quasi in-
sapori alterano poco il sapore dell’alimento. Quelli più comuni sono
a base di: amido modificato, polisaccaridi e maltodestrine.
Nelle farmacie si possono trovare addensanti istantanei in polvere
da aggiungere agli alimenti liquidi fino a raggiungere la consistenza
minima per poter deglutire senza difficoltà, si va da quella dello sci-
roppo a quella della crema o del budino e bevande ed altre prepara-
zioni alimentari (creme dolci e salate ecc.) già addensate.
Gli addensanti farmaceutici presentano alcuni vantaggi:
• non modificano il colore e il gusto dei liquidi
• si possono utilizzare con liquidi caldi o freddi
• mantengono la consistenza voluta nel tempo
2. Quali addensanti sintetici scegliere?
Appendici
5150
Sull’uso degli addensanti per il mantenimento dell’apporto
idrico nei pazienti disfagici non vi è accordo poiché il consumo
di acqua gelificata permette certamente di ingerire una certa
quantità di liquidi necessaria ma, nella maggior parte dei casi,
non sufficiente.
Due recenti studi (un RCT e uno studio osservazionale) hanno
indagato l’efficacia delle tecniche compensative nelle variabili
consistenza dei liquidi e posizione del capo, studiandole nello
stesso campione costituito da due diverse popolazioni di pa-
zienti, una di persone con demenza e una con Morbo di Parkin-
son. Anche se dal loro studio non hanno tratto dati certi, tuttavia
hanno formulato una serie di osservazioni che possono avere
una validità clinica: a) in confronto al gruppo che ha adottato
la tecnica del mento abbassato, i pazienti che hanno assunto i
liquidi addensati hanno presentato con maggior frequenza al-
meno uno episodio delle seguenti condizioni: disidratazione,
infezioni del tratto urinario e febbre; b) inoltre in questo grup-
po si è registrato un maggior numero di perdite di pazienti per
ricoveri ospedalieri; c) coloro che assumevano liquidi addensati
della consistenza del nettare hanno sofferto di un più alto nu-
mero di episodi di diarrea rispetto a coloro che usavano liquidi
della consistenza del miele, per contro hanno registrato tempi
4. Addensantie idratazione
L’ADDENSANTE
• Agar agar: non altera il sapore delle pietanze, oltre che per la
preparazione di creme e gelatine, può essere utilizzato anche per
gelificare prodotti in cui sia presente l’ananas che non solidifica-
no con la “colla di pesce”.
• Pectina: ricavata principalmente dalle bucce delle arance e dal-
le mele, questa sostanza ha un elevato potere gelificante e vie-
ne per questo impiegata sopratutto per preparare confetture e
marmellate.
• Lecitina di soia: addensante per creme e sughi che deve essere
usata a freddo.
L’ADDENSANTE Appendici
5352
Allegati
di degenza per polmonite molto più brevi sia di coloro che as-
sumevano liquidi della consistenza del miele, sia di coloro che
tenevano il capo abbassato, dato che fa pensare che i liquidi
meno densi siano più facili da espellere dalle vie aeree rispetto
a quelli con un maggior grado di viscosità .
Un fattore critico nella rialimentazione è il mantenimento di una
adeguata idratazione. In particolar modo faticano a raggiungere
livelli di idratazione ottimali coloro che devono essere idratati
con bevande addensate o gelificate.
L’ADDENSANTE
5554
Mini Nutritional Assessment (MNA)
Il “Mini Nutritional Assessment” (MNA) è riprodotto in questa pagina con la cortese con-cessione del Nestlé Nutrition Institute. Per ulteriori informazioni su “MNA”: www.mna-elderly.com
ALLEGATO 2
Malnutrition Universal Screening Tool (MUST)
Il “Malnutrition Universal Screening Tool” (‘MUST’) è riprodotto nelle pagine 56-59 con la cortese concessione della BAPEN (British Association for Parenteral and Enteral Nutri-tion). Traduzione del testo a cura del Gruppo di Lavoro del PDTA. Per ulteriori informazioni su ‘MUST’: www.bapen.org.uk
ALLEGATO 1 Allegati
5756
L’opuscolo nasce dal lavoro di tesi per il Master Universitario di I livello in Deglutologia, dell’Università degli studi di Torino, frequentato nell’anno
2019/2020. Ringraziamo il Corep e le responsabili del Master per l’esperienza e la
Dottoressa P. Cancialosi per averci seguite durante il progetto.
Principali fonti bibliografiche di riferimento: PDTA disfagia Regione Emilia Romagna, 2010; PDTA disfagia Regione Piemonte,
2013; Amitrano, Crivelli, Griglia di Osservazione al Pasto, 2005
ALLEGATO 3
Scala della deglutizione ASHA NOMS
58
Per infoBarbara Guarneri, [email protected]
Claudia Tuoni, [email protected]
Grafica a cura di Lucia Cariani