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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo 1 LA DEPRESSIONE E LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI: UN PONTE TRA ANIMA E CORPO La depressione spesso si associa alle patologie cardiovascolari. Da sempre il cuore è considerato l’epifenomeno simbolico delle sofferenze della psiche.

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LA DEPRESSIONE E LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI: UN PONTE

TRA ANIMA E CORPO

La depressione spesso si associa alle patologie cardiovascolari. Da sempre il cuore è considerato l’epifenomeno simbolico delle sofferenze della psiche.

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Nulla rende vivi e nulla uccide quanto le emozioni(Joseph Roux, Meditazioni di un parroco di campagna, 1886)

Ogni condizione della mente che comprenda dolore o piacere, speranza o paura, è causa di una agitazione la cui influenza si estende fino al cuore

(William Harvey, 1628)

Non solo il sentire comune associa cuore e sentimenti, quindi umori. Anche la letteratura, ma anche la scienza medica fin dai suoi albori, ha percepito questo profondo legame.

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Considerazioni generali sulla depressione

lGli studi epidemiologici indicano la depressione come una delle malattie più prevalenti. Nello studio National Comorbidity Replication Survey la prevalenza lifetime è stata stimata al 16.2%, e a 12 mesi al 6.6% [Kessler et al., 2003]

lLa presentazione clinica della depressione è assolutamente eterogenea, se si considerano i sintomi accessori oltre ai due fondamentali (umore depresso e perdita di interessi) [McGlinchey et al., 2006]

lÈ una malattia cronica, ricorrente, in cui il susseguirsi degli episodi sensibilizza agli episodi successivi [Solomon et al., 2000] (Kindling hypotesis) [Kendler et al., 2000]

- Nello studio STAR*D Project (Sequenced Treatment Alternatives to Relieve Depression) che ha coinvolto 1500 pazienti con depressione maggiore, il 74% dei pazienti ha presentato più di un episodio depressivo [Hollon et al., 2006]

Bibliografia:Kessler RC, Berglund P, Demler O et al. The epidemiology of major depressive disorder: results from the National Comorbidity Survey Replication (NCS-R). JAMA 2003; 289: 3095–105. McGlinchey JB, Zimmerman M, Young D, Chelminski I. Diagnosing major depressive disorder VII: are some symptoms better than others? J Nerv Ment Dis 2006; 194: 785–90. Solomon DA, Keller MB, Leon AC et al. Multiple recurrences of major depressive disorder. Am J Psychiatry 2000; 157: 229–33. Hollon SD, Shelton RC, Wisniewski S et al. Presenting characteristics of depressed outpatients as a function of recurrence: preliminary findings from the STAR*D clinical trial. J Psychiatr Res 2006; 40: 59–69.Kendler KS, Thornton LM, Gardner CO. Stressful life events and previous episodes in the etiology of major depression in women: an evaluation of the “kindling” hypothesis. Am J Psychiatry 2000; 157: 1243–51.

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La depressione ha correlati non solo a livello nervoso centrale ma anche periferico

La depressione non coinvolge solo la disregolazione dei sistemi espressivi dell’affettività, ma anche delle funzioni cognitive superiori “Hypothetically, disrupted ‘connectivity´ between limbic/para-limbic areas and rostral integrative prefrontal formations, results in compromised feedback regulation of limbic activity. Consequently, dorsal cognitive/executive network is hypoactive while overly active limbic areas continue to stimulate the hypothalamus leading to neuroendocrine dysregulation and sympathetic hyperactivity”.Una delle strutture maggiormente sensibili, data la loro posizione di cerniera tra le diverse aree funzionali del cervello, è l’ipotalamo, la cui disregolazione determina una cascata di alterazioni neuroendocrinologiche assai complessa e diffusa. Alti livelli di cortisolo determinano alterazioni della neuroplasticità neuronale e della resistenza cellulare, a sua volta anche a livello ippocampale (atrofia). La iposensibilizzazione dei recettori per i glucocorticoidi a sua volta determina una mancata risposta agli ormoni dello stress, con incapacità di interrompere la catena di attivazione glucocorticoide dello stress, e quindi (assieme all’attivazione dell’amigdala) determina la attivazione dei fattori infiammatori (citochine, interleuchine) via attivazione del sistema simpatico, che a sua volta innesca il rebound di desensibilizzazione dei recettori per i glucocorticoidi, la ipofunzione ippocampale, la atrofia gliale e la apoptosi neuronale,innescando così un circolo vizioso irreversibile e autoalimentantesi. La stimolazione dei fattori di crescita (in particolare il BDNF) attraverso l’innalzamanto della funzione dei neurotrasmettitori monoaminergici (serotonina, noradrenalina) è il meccanismo per cui gli antidepressivi hanno una indubbia efficacia nell’interrompere e invertire tale processo.

Bibliografia:Maletic V, Robinson M, Oakes T et al. Neurobiology of Depression: An Integrated View Of Key Findings. Int J Clin Pract. 2007;61(12):2030-2040

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La depressione è una malattia sistemica

Lydiard B. APA 2007

Diviene sempre più chiaro che la depressione è una malattia multisistemica con evidenti componenti endocrine, vascolari, neurali, immunologiche e psicosociali. In questo contesto,un ruolo di primo piano nel mediare i rapporti tra manifestazioni psichiche e patologia d’organo è svolto dai meccanismi dello stress cronico.

Da quanto detto in precedenza appare quindi chiaro che la depressione è una malattia multisistemica con evidenti componenti endocrine, vascolari, neurali, immunologiche e psicosociali. In questo contesto, un ruolo di primo piano nel mediare i rapporti tra manifestazioni psichiche e patologia d’organo è svolto dai meccanismi dello stress cronico.

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L’impatto della patologia depressiva sulla clinica medica

lLa sintomatologia depressiva è associata a: - Peggiore qualità della vita (QoL) - Scarso miglioramento clinico dopo la malattia - Ridotta adesione alle prescrizioni mediche - Aumento di mortalità (non legata a suicidio)

lLa depressione determina un calo della funzionalità sociale del 21%, se associata a patologie organiche, tale calo del funzionamento sociale si amplia al 50%

Sia la depressione maggiore che la depressione minore risultano associate a peggioramento della qualità di vita, aumento di morbidità e disabilità funzionale legate alla patologia organica, maggiore utilizzo di risorse sanitarie in genere. La depressione inoltre diminuisce la tendenza ad aderire alle prescrizioni mediche (dieta, esercizio fisico, sospensione dal fumo e assunzione regolare della terapia), che potenzialmente peggiora il decorso della malattia.

Bibliografia: Goldney et al. Diabetes, depression, and quality of life: a population study. Diabetes Care 2004;27:1066-70.Di Matteo MR. Depression is a risk factor for noncompliance with medical treatment: meta-analysis of the effects of anxiety and depression on patient adherence. Arch Intern Med 2000;160:2101-7.Stein MB, Cox BJ, Afifi TO, Belik SL, Sareen J. Does co-morbid depressive illness magnify the impact of chronic physical illness? A population-based perspective. Psychol Med 2006;36:587–96.Frasure-Smith N, Lespérance F. Recent evidence linking coronary heart disease and depression. Can J Psychiatry 2006;51:730–7.Katon WJ. Clinical and health services relationships between major depression, depressive symptoms, and general medical illness. Biol Psychiatry 2003;54:216–26.Taylor CB, Youngblood ME, Catellier D, et al, for the ENRICHD Investigators. Effects of antidepressant medication on morbidity and mortality in depressed patients after myocardial infarction. Arch Gen Psychiatry 2005;62:792–8.

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COMORBIDITÀ: CARDIOLOGIA E DEPRESSIONE

Andiamo quindi ad esaminare quali sono le relazioni, in base ai dati emersi dalla ricerca clinica e di base, tra patologie dell’umore e patologie del cuore.

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Depressione e malattie cardiovascolari

lLa depressione è una condizione che frequentemente si accompagna alle malattie cardiovascolari sia come evento precursore che come conseguenza dei disturbi cardiologici

lLe malattie cardiovascolari determinano un aumento del rischio di depressione

lLa depressione è un fattore di rischio per morbilità/mortalità post infarto e cardiopatie congestizie

lLa depressione è un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di patologie coronariche

lLa depressione si associa ad un aumento dell’attivazione piastrinica e di eventi cardiaci

l I SSRI sono antidepressivi efficaci senza gli effetti avversi dei TCA

I dati che emergono dall’analisi della ricca letteratura neuropsicocardiologica evidenziano come le due condizioni, depressione e malattie cardiovascolari, abbiano effetti sinergici nella presentazione dei quadri clinici, peggiorando l’una la condizione dell’altra e viceversa. Ugualmente, vi sono dati robusti di condivisione di alcuni fattori patogenetici comuni, quali la condivisione dell’alterazione della catena dei fattori dell’infiammazione o degli equilibri del sistema serotoninergico sia centrale (SNC) che periferico (funzionalità piastrinica).

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Entità del problema: i primi studi

l In seguito ad infarto miocardico acuto (IMA) fino al 65% dei soggetti riferisce sintomi depressivi clinicamente rilevanti, anche se non sufficienti per porre diagnosi di episodio depressivo maggiore (Cassem e Hackett 1971, Cay et al. 1972)

lNei pazienti cardiovascolari la diagnosi di depressione maggiore viene posta nel 18-27% dei casi (Cassem 1997)

lLa depressione maggiore si manifesta nel 16-22% dei pazienti che hanno avuto un IMA recente (Schleifer et al. 1989, Carney et al. 1990, Forrester et al. 1992)

Infatti i dati epidemiologici hanno mostrato come la depressione maggiore in comorbidità con le malattie cardiovascolari ne complichi il decorso, aumentando sia la morbilità che la mortalità in modo significativo.

Bibliografia:Barth J, Schumacher M, Herrmann-Lingen C. Depression as a risk factor for mortality in patients with coronary heart disease: a meta-analysis. Psychosom Med 2004;66:802–13.van Melle JP, de Jonge P, Spijkerman TA, et al. Prognostic association of depression following myocardial infarction with mortality and cardiovascular events: a meta-analysis. Psychosom Med 2004;66:814–22.Gnanasekaran G. Epidemiology of Depression in Heart Failure. Heart Failure Clin 7 (2011) 1e10/ doi:10.1016/j.hfc.2010.08.002

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Proportion meta-analysis plot (random effects)

lLa review più completa, anche se non recentissima, evidenzia come la depressione si manifesti nella popolazione con patologie cardiovascolari con una frequenza media del 21.5% (con oscillazioni dal 9 al 60% a seconda degli studi) Rutledge et al., 2006

Tutti gli studi epidemiologici più recenti confermano quanto i pionieristici studi di associazione tra depressione e malattie cardiovascolari avevano evidenziato già negli anni ’80: la depressione si manifesta in un numero significativo di soggetti affetti da cardiopatia. La prevalenza media rilevata è del 21.5%.

Bibliografia:Rutledge T, Reis VA, Linke SE, et al. Depression in heart failure a meta-analytic review of prevalence, intervention effects, and associations with clinical outcomes. J Am Coll Cardiol 2006;48:1527.

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Anche l’ansia ha un ruolo come fattore di rischio indipendente

In uno studio epidemiologico parallelo lo stesso gruppo ha evidenziato come sia l’ansia, e non la depressione con cui spesso è in comorbidità, il fattore di rischio psicologico più significativo.

Bibliografia:N. Vogelzangs, Seldenrijk A, Beekman ATF, van Hout HPJ, de Jonge P, Penninx BWJH. Cardiovascular disease in persons with depressive and anxiety disorders. Journal of Affective Disorders, 2010, 125:241–248.Roest AM, Martens EJ, de Jonge P, Denollet J. Anxiety and Risk of Incident Coronary Heart Disease. A Meta-Analysis. Journal of the American College of Cardiology, 2010, 56:38-46

Roest et al., 2010

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Incidenza della depressione nell’insufficienza cardiaca

l In una popolazione di pazienti affetti da insufficienza cardiaca senz depressione all’ingresso del periodo di osservazione, dopo 12 mesi è stata rilevata una incidenza del 7.3% di casi di depressione minore e del 5.6% di casi di depressione maggiore

lLa ricorrenza di episodi depressivi nei 12 mesi si è avuta nel 25% e 34% dei casi rispettivamente

lFattori di rischi associati rilevati: - Pregressa depressione - Abitudine al fumo - Alta frequenza di visite nella medicina di base - Alto grado di classe NYH - Arresto cardiaco con manovre di rianimazione

Lossnitzer et al. 2013

Bibliografia:Lossnitzer N, Herzog W, Störk S et al. Incidence rates and predictors of major and minor depression in patients with heart failure. Int J Cardiology, 2013, 167:505-507.

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Incidenza della depressione nell’insufficienza cardiaca

lL’incidenza della depressione cresce quasi linearmente dal 11% dei soggetti in classe NYHA I al 20% in quelli in classe II, al 38% di quelli in classe III fino al 42% di quelli in classe IV

01020304050

%

I II III IVclassi NYHA

Incidenza depressione e classi NYHA

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La depressione come fattore di rischio in soggetti sani

l In una metanalisi sull’associazione tra depressione e rischio di insufficienza coronarica (CHD) in soggetti sani, sono stati identificati 11 studi che rispondevano ai criteri di inclusione - Il rischio relativo [RR] di sviluppare CHD in soggetti depressi è risultato 1.64 (95% confidence interval [CI]=1.29-2.08, p<0.001). - Una successiva sensitivity analysis ha mostrato che una depressione clinicamente rilevante (RR=2.69, 95% CI=1.63-4.43, p<0.001) è risultata un fattore predittivo più intenso del semplice umore depresso (RR=1.49, 95% CI=1.16-1.92, p=0.02)

lLa depressione è associata ad un aumentato rischio di sviluppo di CHD in persone sane - Il maggiore effetto riscontrato nelle condizioni di depressione clinicamente rilevante rispetto a condizioni di lieve umore depresso sembra riconducibile ad una correlazione dose-risposta.

Rugulies, R., 2002. Am. J. Prev. Med. 23, 51–61.

Bibliografia:Rugulies R. Depression as a predictor for coronary heart disease. A review and meta-analysis. Am J Prev Med 2002;23:51–61

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Associazione tra depressione e rischio di malattie cardiache

Van der Kooy et al., 2007

Una recente metanalisi degli studi di associazione tra depressione ed infarto miocardico (8 studi) evidenzia come la depressione sia un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di IMA. Il rischio medio rilevato è di 1,6, e viene equiparato al rischio correlato all’abitudine al fumo.Lo stesso si può dire dell’associazione tra depressione e patologia coronarica, il cui rischio complessivo è di 1,48, dello stroke (RR 1,43) e delle malattie cardiovascolari in genere (RR 1,63)

Bibliografia:Van der Kooy K, van Hout H, Marwijk H, et al. and Aartjan BeekmanDepression and the risk for cardiovascular diseases: systematic review and meta analysis. Int J Geriatr Psychiatry 2007; 22: 613–626.

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La depressione come fattore di rischio in soggetti sani

l I dati dei primi studi di rischio sono stati confermati dalle numerose ricerche successive, tra cui - Lo studio INTERHEART (Yusuf et al., 2004) - Un ampio studio epidemiologico svolto su un arco temporale di 40 anni di osservazione (RR=3.08) (Wyman et al., 2012) - Studio GAZEL (Lemogne et al., 2013)

l Il grado di associazione è tale da avere indotto gli autori del 2010 Global Burden of Disease Study a inserire la depressione come significativo fattore indipendente di rischio cardiovascolare (Charlson et al., 2011)

Bibliografia:Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, et al. Effect of potentially modifiable risk factors associated with myocardial infarction in 52 countries (the interheart study): Case–control study. Lancet. 2004;364:937-952.Wyman L, Crum RM, Celentano D. Depressed mood and cause-specific mortality: a 40-year general community assessment. Annals of Epidemiology, 2012, 22:638-643.Charlson FJ, Stapelberg NJ, Baxter AJ, Whiteford HA. Should global burden of disease estimates include depression as a risk factor for coronary heart disease? BMC Med. 2011;9:47.Lemogne C, Nabi H, Melchior M, Goldberg M, Limosin F, Consoli SM, Zins M. Mortality associated with depression as compared with other severe mental disorders: A 20-year follow-up study of the GAZEL cohort. Journal of Psychiatric Research, 2013, 47:851-857.

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Fattori di rischio per la depressione post-infartuale

lStato di comorbidità (depressione precedente)

lEventi stressanti negativi

lFamiliarità per disturbi dell’umore

lTemperamento – espressività della rabbia

Alcuni studi in particolare si sono rivolti alla valutazione dell’influenza dell’espressione di sentimenti negativi (rabbia in primis) rispetto alla manifestazione di eventi cardiovascolari acuti. In media vi è un fattore di rischio di 1.2 per la manifestazione di eventi cardiovascolari in soggetti positivi alle misure del tratto “rabbia” nelle sue varie forme espressive.

Bibliografia:Chida Y, Steptoe A. The association of anger and hostility with future coronary heart disease:a meta-analytic review of prospective evidence. J Am Coll Cardiol. 2009;53:936.Haukkala A, Konttinen HN, Laatkainen T, Kawachi I. Hostility, anger control, and anger expression as predictors of cardiovascular disease. Psychosom Med. 2010;72:556-562.

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La personalità di tipo A

lUno dei primi assunti della medicina psicosomatica era che la repressione o la soppressione di emozioni negative si associa a uno stato tensivo interiore che determina lo sviluppo di malattie da stress

lSviluppo del concetto di Personalità A, caratterizzata da - Rabbia - Irritabilità - Impazienza - Urgenza - Competitività - Eccessivo coinvolgimento nel lavoro

l I dati epidemiologici hanno però evidenziato solo una minima influenza sul rischio cardiovascolare

Myrtek, 2001

Bibliografia:Myrtek M. Meta-analyses of prospective studies on coronary heart disease, type A behavior and hostility. Int J Psychiatry. 2001;79:245-251

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La personalità di tipo D

lConcetto di Personalità di Tipo D

- Tendenza a vivere sentimenti negativi (rabbia, tensione) - Incapacità a manifestare socialmente tali sentimenti (inibizione emotiva)

lLa Personalità di tipo D si associa, dopo un follow up di oltre 6 anni, a - 20% di soggetti con eventi cardiaci significativi - 9% di soggetti deceduti per IMA o eventi cardiaci acuti - OR 2.87 (1.15 to 7.15), p 0.024

Denollet et al., 2010

Bibliografia:Denollet J, Gidron Y, Vrints CJ, Conraads VM. Anger, Suppressed Anger, and Risk of Adverse Events in Patients With Coronary Artery Disease Am J Cardiol 2010;105:1555–1560

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Controllo della rabbia e eventi cardiovascolari

l I soggetti con maggiori capacità di controllare o esprimere in modo funzionale sentimenti di rabbia presentano un periodo libero da eventi cardiovascolari significativamente più lungo dei soggetti non in grado di controllare la rabbia

lLa curva di Kaplan-Meier evidenzia tale risultato

Schmidt et al., 2013

Bibliografia:Schmidt MM, Lopes RD, Newby K et al. Anger control and cardiovascular outcomes. Int J Cardiology, 2013, http://dx.doi.org/10.1016/j.ijcard.2013.05.084.

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Possibili meccanismi esplicativi

lRiduzione del tono serotoninergico cerebrale

- La serotonina è implicata nel controllo dell’emotività (impulsività e rabbia ma anche depressione)

lAlti livelli di ostilità (cronica) sono associati a - Iperlipidemia, ipertensione, iperattivazione simpatica aterosclerosi

lAlti livelli di aggressività (acuta) sono associati a - Aumento catecolamine, aumento fatica cardiaca, aumento aggregabilità piastrinica ischemia, aritmia, rottura placche, trombosi

Suls, 2013

In questa recentissima review vengono analizzati tutti i più importanti studi sulla connessione tra rabbia, ostilità, fattori biologici sttostanti e interazioni con le patologie cardiache. I limiti dei diversi studi sono legati alla non unidirezionalità delle influenze, alla sovrapposizione di effetto di diversi fattori eziopatogenetici, ai differenti strumenti di misura e valutazione delle variabili.

Bibliografia:Suls J. Anger and the Heart: Perspectives on Cardiac Risk, Mechanisms and Interventions. Prog Cradiovasc Dis, 2013, 55:538-547.

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Fattori di rischio per malattie cardiovascolari

Tradizionali

Fumo

Ipertensione

Diabete

Dislipidemie

Familiarità

Sesso maschile

Età

Obesità

Stili di vita (sedentarietà)

Psicosociali

Depressione

Isolamento sociale

Ansia

Ostilità

Tratti personologici

Hopelessness

Aterosclerosi

Evento cardiovascolare

Ricorrenza

Altri studi hanno evidenziato una associazione negativa tra depressione e decorso di una preesistente malattia cardiovascolare (i pazienti nel periodo post-infartuale che sviluppavano depressione presentavano un rischiodi mortalità 3.5 volte superiore rispetto alla popolazione infartuata non depressa)

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Potenziali meccanismi di incremento del rischio cardiologico associato alla depressione

lAumentato rischio di aritmie

lAumentata aggregabilità piastrinica

lAlterazioni nel metabolismo lipidico

lRidotta adesione agli interventi psicosociali sugli stili di vita (fumo obesità diabete) e/o aumentato rischio per gli stessi

lRidotta adesione ai piani terapeutici

Negli anni ‘70 sono stati condotti alcuni studi epidemiologici sulla mortalità tra i pazienti depressi rispetto alla popolazione generale.I dati indicavano (9 studi su 10) un aumento significativo della mortalità per disturbi cardiovascolari nella popolazione depressa rispetto a quella generale. Gli stessi studi indicavano tuttavia anche una associazione stretta tra depressione e fumo di sigaretta.Studi successivi, controllando per tutti i fattori di confondimento tra cui anche il fumo, hanno tuttavia confermato l’associazione tra depressione e maggiore incidenza di patologie cardiovascolari 5 studi su 6).

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Decorso della depressione e dei disturbi cardiovascolari in comorbidità

lLa depressione maggiore è una malattia cronica (15-20% dei casi), ricorrente (75-80% dei casi) (Angst 1992)

lPuò determinare gravi complicanze nei pazienti cardiologici ma anche aumentare il rischio di morte improvvisa da cause cardiache in soggetti con anamnesi negativa per disturbi cardiovascolari (Roose e Dalack 1992)

lLa depressione tende a cronicizzarsi nel corso del primo anno dopo l’evento cardiologico (Schleifer et al. 1989, Stern et al, 1977, Travella et al. 1994)

La depressione maggiore è una malattia cronica (15-20% dei casi), ricorrente (75-80% dei casi), che persiste per mesi se non trattata (Angst 1992), e può determinare gravi complicanze nei pazienti cardiologici ma anche incrementare il rischio di morte improvvisa da cause cardiache in soggetti con anamnesi negativa per disturbi cardiovascolari (Roose e Dalack 1992). In molti casi la depressione era già presente nel periodo precedente l’evento cardiovascolare, in altri l’IMA può aver fatto precipitare l’episodio depressivo. Indipendentemente dalla relazione temporale con l’IMA, la depressione tende a cronicizzarsi nel corso del primo anno dopo l’evento cardiologico (Schleifer et al. 1989, Stern et al, 1977, Travella et al.1994); inoltre anche nei pazienti con coronaropatia ma senza IMA la depressione tende ad avere un decorso cronico (Hance et al. 1995).Nei pazienti cardiopatici in cui l’episodio depressivo non si è ancora completamente risolto (assenza di segni e sintomi per almeno 2 mesi - criteri DSM IV) il rischio di recidiva è elevato, così come quello di ricorrenza (Wells et al. 1992). Sebbene la depressione e gli altri disturbi dell’umore siano così frequenti nella popolazione cardiopatica, questi disturbi non vengono tuttavia diagnosticati frequentemente (Nemeroff et al. 1998). Questi dati sono paralleli a quelli rilevati negli studi di epidemiologia generale: nonostante l’elevata prevalenza a 6 mesi della depressione (17% nella popolazione generale europea, di cui 6.9% depressione maggiore, 1.8% depressione maggiore e 8.3% sintomi depressivi senza impairment funzionale), solo il 57% cerca un trattamento attivo; di questi solo il 69% riceve una prescrizione farmacologica che è un antidepressivo soloin un quarto dei casi (Docherty 1997, Lepine et al. 1997).

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La concomitanza tra malattie cardiovascolari e depressione può determinare aumento del rischio

lDi morte improvvisa cardiologica rispetto alla popolazione normale

lDi complicanze di ischemia cardiaca nei depressi rispetto alla popolazione non depressa

lDi mortalità nei 18 mesi seguenti ad un episodio ischemico in presenza di depressione (Roose e Dalack 1992, Roose e Spatz 1999, Wulsin et al. 1999)

l In particolare i primi dati controllati evidenziano che i sintomi depressivi esorditi dopo IMA aumentano il rischio di successivi eventi cardiovascolari e dunque diminuiscono il tasso di sopravvivenza (Carney et al., 2004, Lesperance et al., 2002)

Bibliografia:Carney et al., 2004. Depression and late mortality after myocardial infarction in the enhancing recovery in coronary heart disease (ENRICHD) study. Psychosom. Med. 66, 466–474.Lesperance et al., 2002. Five-year risk of cardiac mortality in relation to initial severity and one-year changes in depression symptoms after myocardial infarction. Circulation 105, 1049–1053.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo26

Tutte le depressioni?

lStudi più recenti hanno confermato come il maggior fattore di rischio per la morbilità e mortalità non sia la depressione preesistente alla patologia cardiaca acuta ma quella che si sviluppa in seguito - Dickens et al.: nel campione di depressi ad onset successivo a IMA, durante un periodo di followup di 12 mesi, il rischio di mortalità è 2.33 volte superiore a quello di soggetti depressi prima dell’IMA, anche controllando per tutti i fattori di rischio noti

- de Jonge et al.: la sopravvivenza a 12 mesi dopo IMA è peggiore nel gruppo di soggetti con depressione post-IMA rispetto al gruppo senza depressione o al gruppo di soggetti con storia di depressione precedente l’IMA, anche controllando i fattori di rischio

- Grace et al., Parker et al. e Carney et al.: lo sviluppo di una sindrome depressiva successiva ad evento cardiaco acuto è indice correlato a mortalità entro i primi 5 anni, ma non la storia di depressione precedente

Bibliografia:Dickens C, et al. New onset depression following myocardial infarction predicts cardiac mortality. Psychosom Med 2008;70:450–5.Dickens C, et al. Depression is a risk factor for mortality after myocardial infarction: fact or artifact. J Am Coll Cardiol 2007;49:1834–40.de Jonge P, van den Brink RHS, Spijkerman TA, Ormel J. Only incident depressive episodes after myocardial infarction are associated with new cardiovascular events. J Am Coll Cardiol 2006;48:2204–8.Grace SL, et al. Effect of depression on five-year mortality after an acute coronary syndrome. Am J Cardiol 2005;96:1179–85.Parker GB, et al. Timing is everything: the onset of depression and acute coronary syndrome outcome. Biol Psychiatry 2008;64:660–6.Carney RM, et al. History of depression and survival after acute myocardial infarction. Psychosom Med 2009;71:253–9.

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Due depressioni?

l Il tentativo di trovare sub-sindromi depressive che maggiormente si associano a malattie cardiovascolari o ad aggravamento delle stesse non hanno mostrato significativi riscontri

lSolo la dimensione somatica della depressione è risultata associata a rischio cardiovascolare, markers biologici (fattori dell’infiammazione, funzionalità endoteliale) e malattia cardiaca

lControllando per i fattori psicosociali, si perde la correlazione con i markers biologici ma resta quella con il dismetabolismo e gli stili di vita

Carney e Freedland, 2012; Michal et al. PLoS ONE, 2013

Bibliografia:Michal M, Wiltink J, Kirschner Y, Wild PS, Münzel T, et al. (2013) Differential Associations of Depressive Symptom Dimensions with Cardio-Vascular Disease in the Community: Results from the Gutenberg Health Study. PLoS ONE 8(8): e72014. doi:10.1371/journal.pone.0072014.Carney RM, Freedland KE. Is There a High-Risk Subtype of Depression in Patients with Coronary Heart Disease? Curr Psychiatry Rep (2012) 14:1–7.

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lLa suddivisione dei sintomi depressivi in tre cluster distinti - somatico/affettivi – pessimismo, affaticamento - cognitivo/affettivi – isolamento sociale, difficoltà al lavoro - sintomi appetitivi – perdita di appetito e peso ha permesso di rilevare come solo i sintomi somatici della depressione siano significativamente correlabili ad una morbilità e mortalità cardiaca, pur controllando per gli altri fattori di rischio

de Jonge et al., 2006

Bibliografia:de Jonge P, et al. Symptom dimensions of depression following myocardial infarction and their relationship with somatic health status and cardiovascular prognosis. Am J Psychiatry 2006;163:138–44.

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Depressione e incremento della mortalità cardiovascolare

Curva di Kaplan-Meir che indica l’incremento di mortalità nei pazienti ospedalizzati con sindrome cardiaca e storia di depressione (Da Albert et al. Am J Med, 2009)

Tra i tanti studi disponibili, vale la pena citare questo, che evidenzia in modo chiaro il ruolo significativo della depressione nell’aumento della mortalità cardiaca.

Bibliografia:Albert NM, Fonarow GC, Abraham WT, et al. Depression and clinical outcomes in heart failure: an OPTIMIZE-HF analysis. Am J Med 2009;122:366.

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Depressione: difficoltà diagnostiche nei pazienti affetti da malattie internistiche

lDepressione come reazione adeguata allo stato di stress dell’individuo malato;

lSintomi depressivi (soprattutto quelli della sfera organica) possono sovrapporsi a quelli della condizione medica di base (ad esempio perdita di peso, astenia, affaticabilità)

l I criteri diagnostici per la depressione nei pazienti organici sono poco definiti

Kathol et al. 1990

Vi sono però alcuni problemi che oggettivamente possono rendere difficoltosa una diagnosi di depressione nei pazienti affetti da malattie internistiche. I sintomi depressivi infatti possono rappresentare una reazione adeguata allo stato di stress dell’individuo malato; i sintomi depressivi (soprattutto quelli della sfera organica) possono sovrapporsi a quelli della condizione medica di base (ad esempio perdita di peso, astenia, affaticabilità); infine i criteri diagnostici per la depressione nei pazienti organici sono poco definiti: anche il DSM-IV impone l’assenza di patologie mediche per porre la diagnosi di depressione maggiore (Kathol et al. 1990).Non è comprensibile questa area di incertezza diagnostica data la elevata frequenza delle depressione nella popolazione clinica.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo31

Overlap sintomatologico tra depressione e condizioni mediche associate

Mulsant B et al. Am J Geriatr Psychiatry 1994;2:220–29

Dispnea

Insonnia

Iporessia

Astenia

Fatica

Deficit cognitivi

(memoria)

“Componenti emozionali”

e sintomi “core”

1.  Depressione

2.  Anedonia

3.  Apatia

4.  Colpa

5.  Ansia psichica

Sintomi fisici

Dolore

Lamentele

ipocondriache

La sovrapposizione di patologie organiche e Depressione Maggiore particolarmente frequente nella persona anziana rende complicato il processo diagnostico. Perdita di interesse, diminuzione dell’energia, modificazioni dell’appetito, perdita di peso e disturbi del sonno possono essere secondari alla patologia organica, alla patologia depressiva o ad entrambe.

Bibliografia:Mulsant B et al. Am J Geriatr Psychiatry 1994;2:220–29.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo32

Criteri diagnostici della depressione in corso di malattie organiche

l I sintomi psicologici e cognitivi (umore depresso, irritabilità, senso di solitudine, difficoltà di concentrazione e della memoria) della depressione sono frequentemente descritti dai pazienti con patologie organiche

lSono i sintomi dell’area psicologica e cognitiva ad essere i più discriminanti per porre una corretta diagnosi

lEndicott (1984) aveva proposto di sostituire alcuni criteri diagnostici “fisici” con un analogo numero di criteri “psicologici”: 1. ritiro sociale al posto dei disturbi del sonno 2. aspetto depresso al posto della perdita di appetito 3. autosvalutazione al posto della perdita di energia 4. umore non reattivo al posto delle difficoltà di concentrazione

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo33

Criteri diagnostici per la DM e per la DD

Vieweg WV et al. Treatment of depression in patients with coronary heart disease. Am J Med. 2006;119:567-73

DM: Almeno due settimane di umore depresso o perdita di interesse in quasi tutte le attività più

5 tra i seguenti sintomi (2-4 per la DD):

• Significativo cambiamento dell’appetito o del peso

• Insonnia o ipersonnia

• Agitazione/rallentamento psicomotorio

• Affaticamento / perdita di energia

• Sentimenti di colpa

• Mancanza di concentrazione

• Ricorrenti pensieri di morte o suicidio

Sintomi addizionali proposti per i pazienti con comorbidità medica

• Anedonia/perdita di piacere

• Tendenza al pianto

• Aspetto depresso

• Ritiro sociale

• Sentimenti di perdita di speranza o di mancanza aiuto

• Pensieri ruminanti

In considerazione della peculiare fenomenica depressiva in corso di patologie organiche, sono stati proposti criteri modificati per la diagnosi categoriale di queste condizioni

Bibliografia:Vieweg WV et al. Treatment of depression in patients with coronary heart disease. Am J Med. 2006;119:567-73

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo34

“Barriere” alla corretta diagnosi della depressione

lFattori del paziente: mancanza di consapevolezza; senso di vergogna

lFattori del medico: mancanza di corretta informazione ed addestramento; riluttanza nell’indagare le aree intime emotive dei propri pazienti; scarsità di tempo per condurre una visita più completa (Docherty 1997)

lPresenza di depressioni slatentizzate o provocate dai trattamenti farmacologici concomitanti (Vampini e Bellantuono 1998)

Interessante appare quindi la proposta di Endicott (1984) di sostituire alcuni criteri diagnostici “fisici” con un analogo numero di criteri “psicologici”: in questo modo il numero di criteri necessari alla diagnosi resta invariato, mentre il tipo di criteri (se adeguatamente selezionati) può essere adattato alla tipologia dei pazienti osservati. I sintomi sostituiti devonoessere ovviamente equivalenti per validità ed attendibilità. La proposta di Endicott è di sostituire l’aspetto depresso al posto della perdita di appetito, il ritiro sociale al posto dei disturbi del sonno, l’autosvalutazione al posto della perdita di energia, l’umore non reattivo al posto delle difficoltà di concentrazione. Vi sono poi altre “barriere” alla corretta diagnosi della depressione nell’ambito medico internistico e della medicina di base: mancanza di consapevolezza da parte del paziente, che non riferisce i sintomi emotivi al medico; senso di vergogna da parte del paziente nel riferire i propri stati emotivi; mancanza di corretta informazione ed addestramento dei medici di medicina generale o specialisti di medicina interna; riluttanza nell’indagare le aree intime emotive dei propri pazienti da parte dei medici; scarsità di tempo per condurre una visita più completa (Docherty 1997). Non devono poi essere dimenticate le depressioni slatentizzate o provocate dai trattamenti farmacologici concomitanti: in particolare gli antiipertensivi, la digitale, gli anticolesterolemici, alcuni antibiotici, gli antagonisti H2, i corticosteroidi, di frequente utilizzo nei pazienti cardiologici (Vampini e Bellantuono 1998).Gli stessi farmaci inoltre possono determinare sintomi aspecifici che possono contribuire a false diagnosi o a impedire una corretta diagnosi di depressione.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo35

Presentazioni atipiche della depressione nell’anziano

lSintomi prevalentemente cognitivi (pseudodemenza)

lLamentazione di dolori aspecifici

lDescrizione di sintomi vaghi, specie gastroenterici

lAumento dell’ansia o dell’irritabilità

Infine alcune parole devono essere spese per il paziente anziano: in questa popolazione la depressione si presenta spesso con caratteristiche atipiche che ne rendono ancora più difficoltoso il riconoscimento.Ad esempio un elevato livello di ansia ed irrequietezza, di sintomi ipocondriaci, ossessivi, di lamentele sproporzionate al grado di patologia oggettiva, l’improvviso rifiuto ad alimentarsi o ad assumere le terapie possono essere importanti spie di una sindrome depressiva in sviluppo (Vampini e Bellantuono 1998).

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Possibili cause di presentazione atipica negli anziani

lRiduzione fisiologica correlata all’età della risposta alle malattie

lRiduzione progressiva della riserva funzionale e fisiologica

l Interazioni complesse tra condizioni croniche ed eventi acuti

lSottostima dei sintomi da parte del paziente o dei care-givers

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Come riconoscere la depressione nei pazienti cardiovascolari

lNonostante la quantità di validi strumenti di screening per la depressione nelle patologie organiche, e tra queste le malattie cardiovascolari, i dati più recenti suggeriscono (economicamente) di fare riferimento a due domande chiave, che se positive devono suggerire un rischio depressivo da ulteriormente indagare, mentre se negative permettono di escludere la presenza di alterazioni del timismo significative

Meader et al. Br J Gen Pract, 2011

Bibliografia:Meader N, Mitchell AJ, Chew-Graham C, et al. Case identification of depression in patients with chronic physical health problems: a diagnostic accuracymeta-analysis of 113 studies. Br J Gen Pract 2011; DOI: 10.3399/bjgp11X613151.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo38

Due semplici domande

lValutare se presente calo del tono dell’umore

lValutare se presente perdita di interessi verso attività precedentemente piacevoli

lSensibilità 0.98

lSpecificità 0.86

lRange per gli altri strumenti di screening (Zung, PHQ-9, GHQ, BDI, CES-D, Hamilton Depression, HADS)

- Sensibilità 0.73 – 0.90 - Specificità 0.64 – 0.92

Due domande chiave si sono rivelate più adeguate e “time-sparing” rispetto a strumenti di screening più complessi e lunghi da somministrare. Il vantaggio di disporre di sole due domande, facilmente ponibili all’interno di una normale valutazione cardiologica, è più che evidente. La positività a entrambe deve fare sospettare con ragionevole certezza sulla presenza di un quadro depressivo clinicamente significativo. Si può quindi o impostare direttamente una terapia antidepressiva o inviare, per una consulto di chiarimento, allo specialista psichiatra.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo39

Whooley et al., 1997; Whooley, 2006

Questo semplice algoritmo di screening della depressione è stato testato in numerose patologie organiche, mostrando una elevata sensibilità e specificità.

Bibliografia:Whooley MA, Avins AL, Miranda J, Browner WS. Case-finding instruments for depression — two questions are as good as many. J Gen Intern Med. 1997;12:439-445.Whooley MA. Depression and cardiovascular disease: Healing the broken-hearted. JAMA. 2006;295:2874-2881.

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Nuove evidenze

lNuove evidenze epidemiologiche mettono però in dubbio la utilità di uno screening per la depressione nelle malattie cardiovascolari, alla luce della relativa inefficacia dei trattamenti proposti soprattutto sugli outcome cardiaci

lMancano tuttavia adeguati studi RCT che sostengano o meno l’utilità (o inutilità) dello screening (e quindi del trattamento) della depressione nei pazienti con malattie cardiovascolari

Thombs et al., 2013

Bibliografia:Thombs BD, Roseman M, Coyne JC, de Jonge P, Delisle VC, et al. (2013) Does Evidence Support the American Heart Association’s Recommendation to Screen Patients for Depression in Cardiovascular Care? An Updated Systematic Review. PLoS ONE 8(1): e52654. doi:10.1371/journal.pone.0052654.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo41

DEPRESSIONE, MALATTIE CARDIOVASCOLARIED INVALIDAZIONE SOCIALE

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo42

lLa depressione presenta lo stesso grado di invalidazione delle malattie cardiovascolari

l Il Medical Outcome Study (MOS) (Wells et al. 1992) ha evidenziato come la depressione causi lo stesso grado di incapacitazione funzionale delle malattie cardiache croniche

lLa comorbidità tra depressione e malattia cardiovascolare presenta un effetto additivo sulla inabilitazione funzionale: i dati del MOS hanno mostrato un raddoppio dei punteggi di inabilitazione rispetto alle condizioni di singola morbidità. I dati WHO hanno confermato questi risultati (Ormel et al. 1994)

Lane D, Carroll D, Ring C, Beevers DG, Lip GY. Mortality and quality of life 12 months after myocardial infarction: effects of depression and anxiety. Psychosom Med 2001;63:221

Bibliografia:Lane D, Carroll D, Ring C, Beevers DG, Lip GY. Mortality and quality of life 12 months after myocardial infarction: effects of depression and anxiety. Psychosom Med 2001;63:221.

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LA FISIOPATOLOGIA CARDIACA: RELAZIONI CON LA DEPRESSIONE

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Szczepanska-Sadowska et al., 2010

In questo interessante lavoro di sintesi vengono analizzate le più importanti relazioni tra i fattori comuni della depressione e delle malattie cardiovascolari, sottolinenado come sia tutto il sistema di regolazione della omeostasi interna dell’organismo ad essere coinvolta. Di seguito verranno affrontati i singoli più importanti aspetti di tali correlazioni.

Bibliografia:Szczepanska-Sadowska E, Cudnoch-Jedrzejewska A, Ufnal M, Zera T. Brain And Cardiovascular Diseases: Common Neurogenic Background Of Cardiovascular, Metabolic And Inflammatory Diseases. Journal Of Physiology And Pharmacology 2010, 61, 5, 509-521.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo45

Nair N, Farmer C, Gongora E, Dehmer G. Commonality Between Depression and Heart Failure. m J Cardiol 2012;109:768 –772

Una ipotesi di unificazione dei meccanismi neurobiologici che correlano depressione ed insufficienza carduaca è stato proposto da Nair et al. 2012.L’ipotesi, suggestiva, correla in modo reciproco i principali fattori comuni tra depressione e patologia cardiaca (fattori dell’infiammazione, disturbi neuroendocrini, tono dell’umore).

Bibliografia:Nair N, Farmer C, Gongora E, Dehmer G. Commonality Between Depression and Heart Failure. Am J Cardiol 2012;109:768 –772.

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Relazione tra malattie cardiovascolari e depressione

lUna aterosclerosi sistemica può determinare microinsulti vascolari a livello del sistema nervoso centrale che, soprattutto nei pazienti anziani (ma anche in quelli più giovani se vengono coinvolte le aree sottocorticali), possono determinare lo sviluppo di sindromi depressive la cui ricaduta clinica è analoga a quella della depressione primaria classica (Fieschi e Cao 1998, Evans et al. 1999)

Un ulteriore fattore da tenere in considerazione è la relazione inversa tra malattie cardiovascolari e depressione: una aterosclerosi sistemica può determinare microinsulti vascolari a livello del sistema nervoso centrale che, soprattutto nei pazienti anziani (ma anche in quelli più giovani se vengono coinvolte le aree sottocorticali), possono determinare lo sviluppo di sindromi depressive la cui ricaduta clinica è analoga a quella della depressione primaria classica (Fieschi e Cao 1998, Evans et al. 1999).

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo47

Disturbi emotivi e malattie cardiovascolari: fisiopatogenesi

lLa principale causa di morte improvvisa tra i pazienti depressi probabilmente è la fibrillazione ventricolare (FV)

lLa FV si innesca in seguito ad una stimolazione elettrica ectopica sopra-soglia del miocardio nel delicato periodo della fase della ripolarizzazione: questa soglia è più bassa nel miocardio ischemico o in qualche modo sofferente

lSNC tramite il bilancio simpatico/parasimpatico influenza le proprietà elettrofisiologiche del miocardio: un aumento dell’attività simpatica abbassa la soglia di fibrillazione ventricolare, un aumento dell’attività parasimpatica la innalza

La principale causa di morte improvvisa tra i pazienti depressi probabilmente è la fibrillazione ventricolare.Questa si innesca in seguito ad una stimolazione elettrica ectopica sopra-soglia del miocardio nel delicato periodo della fase della ripolarizzazione: questa soglia è più bassa nel miocardio ischemico o in qualche modo sofferente; inoltre il sistema nervoso centrale tramite il bilancio simpatico/parasimpatico influenza le proprietà elettrofisiologiche del miocardio: infatti sembra che un aumento dell’attività simpatica (secondaria ad iperattivazione dei nuclei posteriori dell’ipotalamo) abbassi la soglia per la fibrillazione ventricolare, mentre un aumento dell’attività parasimpatica innalza questa soglia con effetti protettivi (Roose e Dalack 1992).

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Reattività emotiva e fisiopatologia cardiaca

lHelplessness: lo stress percepito, cognitivo (più che quello realmente vissuto), determina una reazione incontrollabile di sconfitta e di impotenza, soprattutto in persone sensibilizzate (ansia o depressione, abuso di alcool e fumo di sigarette)

lStudi ECGrafici hanno evidenziato come uno stato emotivo negativo preceda di poco sottoslivellamenti del tratto S-T, e come emozioni negative quali senso di frustrazione, tristezza o tensione raddoppino il rischio di eventi ischemici nell’ora successiva (Evans et al. 1999)

È stato osservato come la comorbidità depressione/ansia contribuisca ad innalzare i livelli del colesterolo serico e ad allungare il periodo QTc.Anche un elevato livello di ostilità favorirebbe la manifestazione di microperiodi ischemici: studi ECGrafici hanno evidenziato come uno stato emotivo negativo preceda di poco sottoslivellamenti del tratto S-T, e come emozioni quali senso di frustrazione, tristezza o tensione raddoppino il rischio di eventi ischemici nell’ora successiva (Evans et al. 1999).Un sottoslivellamento del tratto S-T è uno dei più significativi fattori ECGrafici di previsione di morte improvvisa da cause cardiovascolari (De Bacquer et al. 1998).

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Stress ed alterazioni cardiovascolari

l Studi su animali hanno mostrato come una situazione di stress alteri in modo rapido la funzionalità ventricolare fino al punto da indurre una fibrillazione ventricolare, mentre il tempo necessario per la rinormalizzazione delle caratteristiche elettrofisiologiche del miocardio sia decisamente più lungo, esponendo al rischio di effetti additivi degli stress ripetuti l Le più recenti teorie psicosomatiche descrivono un modello in cui gli stimoli stressanti cronici rappresentano il fattore primario di una attivazione emotiva prolungata che può essere deviata o verso una malattia puramente psichica o verso una espressività prevalentemente bioumorale (iperattivazione asse ipotalamo-ipofisi-surrene e ipertono simpatico) l Tra i meccanismi fisiopatologici che possono spiegare l’aumentato rischio di mortalità nei pazienti cardiovascolari depressi ne vengono descritti altri due: l’alterazione della variabilità fisiologica della frequenza cardiaca e l’aumentata aggregabilità piastrinica

Sono noti i rapporti tra sistema autonomico e risposta allo stress: studi su animali hanno mostrato come una situazione di stress alteri in modo rapido la funzionalità ventricolare fino al punto da indurre una fibrillazione ventricolare, mentre il tempo necessario per la rinormalizzazione delle caratteristiche elettrofisiologiche del miocardio sia decisamente più lungo, esponendo al rischio di effetti additivi degli stress ripetuti (Lown et al. 1980).Infatti le più recenti teorie psicosomatiche descrivono un modello in cui sono gli stimoli stressanti cronici quelli maggiormente responsabili di una attivazione emotiva prolungata che può essere deviata o verso una malattia puramente psichica o verso una espressività prevalentemente bioumorale (iperattivazione asse ipotalamo-ipofisi-surrene e ipertono simpatico), con lo sviluppo delle classiche malattie psicosomatiche (tra cui ipertensione, ipercolesterolemia e conseguenze cardiovascolari). Tra gli altri meccanismi fisiopatologici che possono spiegare l’aumentato rischio di mortalità nei pazienti cardiovascolari depressi in particolare ne vengono descritti due: l’alterazione della variabilità fisiologica della frequenza cardiaca e l’aumentata aggregabilità piastrinica (Nemeroff et al. 1998).Altri fattori possono poi avere un ruolo additivo sulla morbilità e mortalità associata alla comorbidità depressione/malattie cardiovascolari.

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La variabilità fisiologica del ritmo cardiaco

lLa variabilità fisiologica del ritmo cardiaco (misurata come la deviazione standard di diversi intervalli R-R del ritmo sinusale) è un indice della relazione funzionale tra azione simpatica e parasimpatica sul pacemaker cardiaco (si tratta della variabilità dell’azione vagale rilevabile con gli atti respiratori)

lUn cuore funzionalmente sano presenta una elevata variabilità del ritmo cardiaco, mentre questa si riduce in presenza di disturbi cardiaci significativi

lSia nel caso del cuore infartuato che nel caso della depressione si rileva la riduzione della variabilità del ritmo cardiaco

lQuesta sarebbe da ascriversi ad una riduzione dell’influenza parasimpatica sul pacemaker, predisponendo quindi alla fibrillazione ventricolare

La variabilità fisiologica del ritmo cardiaco (misurata come la deviazione standard di diversi intervalli R-R del ritmo sinusale) è un indice della relazione funzionale tra azione simpatica e parasimpatica sul pacemaker cardiaco (si tratta della variabilità dell’azione vagale rilevabile con gli atti respiratori).Un cuore funzionalmente sano presenta una elevata variabilità del ritmocardiaco, mentre questa si riduce in presenza di disturbi cardiaci significativi (coronaropatie o insufficienza cardiaca congestizia). Nel caso del cuore infartuato la riduzione della variabilità del ritmo cardiaco è da ascriversi ad una riduzione dell’influenza parasimpatica sul pacemaker, predisponendo quindi alla fibrillazione ventricolare. Anche nel caso del paziente depresso si può rilevare una analoga riduzione della variabilità fisiologica del ritmo a seguito dell’inibizione del tono parasimpatico. Questa via finale comune potrebbe rendere ragione della aumentata mortalità dei pazienti affetti da depressione, in particolare se affetti da cardiopatie anche clinicamente silenti (Roose e Dalack 1992).In questo lavoro di Carney et al. Del 1995 si evidenzia coma la variabilità fisiologica del ritmo cardiaco sia significativamente ridotta in un campione di soggetti depressi non cardiopatici.

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Depressione e variabilità del ritmo cardiaco nelle patologie coronariche

Carney RM et al. Am J Cardiol 1995;76:562-564

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Cause della riduzione della variabilità del ritmo cardiaco

Problemi organici:

Trapianto cardiaco

Coronaropatie

Insufficienza cardiaca congestizia

Neuropatia diabetica

Invecchiamento fisiologico

Trattamento con tricicli

Stati di alterazione emozionale:

Inibizione comportamentale

Rabbia/ostilità

Stress

Disturbi d'ansia

Depressione

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AGGREGABILITÀ PIASTRINICA:RELAZIONI CON LA DEPRESSIONE

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Ruolo del sistema serotoninergico

lSi ritiene che la serotonina (5HT) abbia un ruolo rilevante nella regolazione dell’equilibrio affettivo ed emotivo e di varie funzioni biologiche e comportamentali: i dati sperimentali raccolti negli ultimi decenni hanno evidenziato come la 5HT abbia un ruolo centrale nella regolazione dell’appetito, del sonno, del dolore, dei ritmi cardiaci, delle funzioni cognitive e affettive, degli impulsi (Coccaro e Murphy 1991) lUna sua disfunzione pertanto determina importanti e diffusi disturbi dell’omeostasi affettiva e comportamentale

Si ritiene che il sistema serotoninergico abbia un ruolo rilevante nella regolazione dell’equilibrio affettivo ed emotivo dell’uomo, oltre a controllare un gran numero di funzioni biologiche e comportamentali: ad esempio i dati sperimentali raccolti negli ultimi decenni hanno evidenziato come la serotonina (5HT) abbia un ruolo centrale nella regolazione dell’appetito, del sonno, del dolore, dei ritmi cardiaci, delle funzioni cognitive e affettive, degli impulsi (Coccaro e Murphy 1991).Una sua disfunzione pertanto determina importanti e diffusi disturbi dell’omeostasi affettiva e comportamentale.

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Serotonina ed aggregabilità piastrinica

lLa depressione (= alterazione del tono serotoninergico) può determinare una iperattivazione della funzionalità piastrinica tramite una alterazione della densità dei recettori 5HT2A piastrinici: una disregolazione del sistema serotoninergico centrale, di cui le piastrine rappresentano il modello periferico, può avere riflessi diretti sulla funzionalità cardiovascolare (Markovitz et al. 1999)

lAnche altri fattori della trombogenesi (il fattore piastrinico 4 e la tromboglobulina beta) sono risultati significativamente più elevati tra i pazienti con comorbidità depressione/malattie cardiovascolari (Laghrissi-Thode et al. 1997)

Ad esempio la depressione (alterazione del tono serotoninergico) può determinare una iperattivazione della funzionalità piastrinica tramite una alterazione della densità dei recettori 5HT2A piastrinici (le piastrine si comportano come i neuroni serotoninergici, rappresentandone un modello periferico).Il concomitante uso di fumo potrebbe contribuire in modo significativo alla trombogenesi sia attraverso il meccanismo di induzione recettoriale piastrinica sia alterando la risposta dei recettori per il fibrinogeno GPIIb/IIIa. Il dato rilevante è quindi che una disregolazione del sistema serotoninergico centrale, di cui le piastrine rappresentano il modello periferico, può avere riflessi diretti sulla funzionalità cardiovascolare (Markovitz et al. 1999).Il ruolo della depressione sulla aggregabilità piastrinica è stato evidenziato anche per altri fattori della trombogenesi (il fattore piastrinico 4 – FP4- e la tromboglobulina beta) sono risultati significativamente più elevati tra i pazienti con comorbidità depressione/malattie cardiovascolari (Laghrissi-Thode et al. 1997).

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Il ruolo delle piastrine

Parete vascolare danneggiata

PF4, ßTG

ADP, Ca++, 5HT vasocostrizione

Adesione

VonWillebrand Collagene Fibronectina

Fibrinogeno Aggregazione

Ca++

α-granuli Granuli densi

GP IIb/IIIa GP Ib 5HT2

α2

Piastrine attivate

Piastrine attivate

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ALTRI FATTORI CONCOMITANTI

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Depressione e variabilità pressoria

lLa variabilità della pressione arteriosa dipende dallo squilibrio del sistema autonomico a sua volta influenzato da fattori psicologici quali ansia, depressione, ostilità (Sloan et al. 1999) lL’iperattivazione del sistema adrenergico può influire inoltre sulla aritmogenesi, slatentizzare una ischemia miocardica, influenzare la aggregabilità piastrinica ed aumentare la viscosità ematica. Inoltre, in un cuore ischemico, può manifestarsi vasospasmo coronarico (Rozanski et al. 1999)

Un altro fattore che può determinare alterazioni a livello dell’endotelio coronarico e la formazione e stabilità delle placche è la variabilità della pressione arteriosa (più che il valore medio pressorio).La eccessiva variabilità della pressione arteriosa dipende dallo squilibrio del sistema autonomico che a sua volta è influenzato da fattori di rischio psicologici quali ansia, depressione, ostilità (oltre che sedentarietà ed età avanzata) (Sloan et al. 1999). Studi sia su animali che in ambito umano hanno mostrato che una iperattivazione del sistema adrenergico (sia geneticamente predeterminata - iperreattività simpatica: incremento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa - sia secondaria ai fattori psicosociali già visti) può influire sulla aritmogenesi, slatentizzare una ischemia miocardica, influenzare la aggregabilità piastrinica ed aumentare la viscosità ematica. Inoltre, in un cuore ischemico, può manifestarsi vasospasmo coronarico (Rozanski et al. 1999).

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Depressione e bassa compliance

lUna metanalisi condotta su 12 studi relativi alla depressione ha evidenziato che i pazienti depressi presentano un rischio 3 volte superiore di scarsa compliance rispetto ai non depressi

DiMatteo MR et al. Arch Intern Med 2000;160:2101-2107

Una metanalisi condotta su 12 studi relativi alla depressione ha evidenziato che i pazienti depressi presentano un rischio 3 volte superiore di scarsa compliance rispetto ai non depressi.

Bibliografia:DiMatteo MR et al. Arch Intern Med 2000;160:2101-2107.

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Depressione, cardiopatia e compliance terapeutica

l I pazienti cardiovascolari depressi aderiscono in modo inadeguato ai programmi farmacoterapeutici e di riabilitazione e sono più propensi a riprendere a fumare rispetto ai pazienti non depressi; anche la riduzione dei supporti sociali che si ha nei pazienti depressi contribuisce all’aumentata morbilità e mortalità

Evans et al 1999

Non va dimenticata poi l’influenza della depressione sulla compliance alle prescrizioni terapeutiche: i pazienti cardiovascolari depressi aderiscono in modo inadeguato ai programmi di riabilitazione e sono più propensi a riprendere a fumare rispetto ai pazienti non depressi; anche la riduzione dei supporti sociali che si ha nei pazienti depressi contribuisce alla morbilità e mortalità (Evans et al 1999).

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo61

Modello psicofisiologico delle malattie cardiovascolari

Fattori fisici neuropatie

età denervazioni

Fattori psichici depressione

ansia stress ostilità

Fattori comportamentali

esercizio fisico dieta

terapie

SINDROME CARDIOVASCOLARE

↓ controllo autonomico cuore

↑ variabilità pressoria sotto stress

↑ variabilità pressoria a riposo

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Rischio trombotico

Vulnerab. trombotica Aritmie Ischemia

miocardica

Stimolazione simpatico

↑Fc ↑PA

Vasocostrizione se endotelio danneggiato

↓soglia aritmogenica

Danni endotelio coronarie

Attivazione piastrine Modificazioni emostatiche

↓funz. endotelio

STRESS

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Depressione e fattori della infiammazione

lSempre più dati sperimentali suggeriscono un ruolo dei fattori dell’infiammazione nella manifestazione della depressione: In particolare viene sottolineato il ruolo della interleuchina-1beta (IL-1beta) e degli antagonisti del recettore IL-1 come “cerniera” tra sistema immunitario e sistema nervoso centrale

Howren et al., 2009

Bibliografia:Howren MB, Lamkin DM, Suls J. Associations of depression with C-reactive protein, IL-1, and IL-6: a meta-analysis. Psychosom Med 2009;71:171–86.

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I mediatori

lStudi recenti hanno mostrato che i sintomi depressivi sono associati ad un aumento di concentrazione di mediatori del processo infiammatorio come Interleukina 6 (IL-6) e Proteina C Reattiva (PCR)

lL’aumento di tali mediatori è stato osservato - sia in pazienti con depressione clinicamente rilevante: Miller et al., 2002. Am. J. Cardiol. 90, 1279–1283. - sia in soggetti in remissione per Disturbo depressivo Maggiore: Kling, et al., 2007 Biol. Psychiatry 62, 309–313

lNumerosi altri studi sono citati nel lavoro di review di Poole et al. 2011, in cui si ipotizza che la depressione post evento cardiaco acuto sia strettamente correlata alla risposta infiammatoria dell’organismo, abbia una manifestazione prevalentemente somatica dei sintomi (sickness behaviour syndrome), e sia scarsamente responsiva ai trattamenti antidepressivi classici

Lo stress percepito, cognitivo (più che quello realmente vissuto), determina una reazione incontrollabile di sconfitta e di impotenza, soprattutto in persone sensibilizzate (ansia o depressione, abuso di alcool e fumo di sigarette). Anche l’accumulo di stress minori o le limitazioni psicosociali derivanti da handicaps socio-economici possono essere descritti tra i fattori scatenanti la catena di eventi bioumorali alla base dello sviluppo o dell’aggravamento della malattie cardiovascolari.

Bibliografia:Poole L, Dickens C, Steptoe A. The puzzle of depression and acute coronary syndrome: Reviewing the role of acute inflammation. Journal of Psychosomatic Research 71 (2011) 61–68.

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Il ruolo delle citochine

CITOCHINE SNC

NEUROPROTEZIONE NEURODEGENERAZIONE

Citochine periferiche

Infiammazione

Comportamento

CRH

ACTH

Cortisolo

Gene iNOS

Questa situazione determina specifiche alterazioni endocrine, in particolare l’ipersensibilizzazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e l’inibizione della secrezione degli ormoni sessuali e della crescita.Queste alterazioni ormonali sono seguite dal deposito di masse grasse intraaddominali e viscerali (placche endoteliali) e da resistenza all’insulina (Björntorp 1997). Nel corso degli anni si sono poi raccolti sempre più dati suggestivi del ruolo dei fattori dell’infiammazione nella manifestazione della depressione: in particolare viene sottolineato il ruolo della interecmclub. Il portale per la formazione in medicina leuchina-1beta (IL-1beta)e degli antagonisti del recettore IL-1 come “cerniera” tra sistema immunitario e sistema nervoso centrale (Licinio e Wong 1999).

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Un modello unificante dei fattori di rischio

ANS, autonomous nervous system; HPA, hypothalamus–pituitary–adrenal; LDL-C, low density lipoprotein cholesterol; HDL-C, high-density lipoprotein cholesterol; AP, arterial blood pressure; IL, interleukin; TNF, tumor necrosis factor.

Bibliografia:Da Andrei AM, Fráguas R Jr. Cardiopatias e doenças psiquiátricas. In: Serrano Jr CV, Stefanini E, Timerman A. Tratado de Cardiologia SOCESP. 2nd ed. São Paulo, Brazil: Editora Manole; 2008:2387–2403, citato in Serrano Jr CV, Setani KT, Sakamoto E, Andrei AM, Fraguas R. Association between depression and development of coronary artery disease: pathophysiologic and diagnostic implications. Vascular Health and Risk Management 2011:7 159–164.

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Opzioni terapeutiche

Non farmacologiche

Interventi comportamentali

Gestione dello stress

Esercizi fisici

Farmacologiche

Antidepressivi triciclici

Antidepressivi SSRI

Altri antidepressivi

Ansiolitici

L’approccio terapeutico ai soggetti con depressione, ansia e malattie cardiovascolari è complesso, e deve tenere conto della specifica fragilità di questi pazienti. In particolare, gli interventi farmacologici devono essere rispettosi dell’aumentata suscettibilità agli effetti collaterali del trattamento, della concomitante somministrazione di altre terapie, delle interazioni tra i diversi farmaci, delle alterazioni delle normali funzioni metaboliche degli individui affetti (metabolismo, distribuzione, eliminazione).

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Stress Management & Behavioral Counseling

Autori Rivista Esito

Friedman et al. Am Heart J 1986 +

Frasure-Smith et al. Psychosom Med 1985 +

Am J Cardiol 1991 +

Am J Cardiol 1992 +

Lancet 1997 -

Jones et al. BMJ -/0

Taylor et al. J Cardiopulm Rehabil 1997 -

I primi studi mostrano come approcci cognitivo-comportamentali migliorino gli esiti a medio termine delle patologie cardiache in presenza di alterazioni dell’affettività.Un intervento efficace della fase II della riabilitazione cardiovascolare comprende l’addestramento nelle tecniche di rilassamento sia muscolare che cognitivo. Dopo un addestramento formale i soggetti sono invitati a praticare a domicilio gli esercizi di rilassamento. I risultati più significativi sono un abbassamento del grado di reattività nelle relazioni interpersonali (sensibilità sociale, ostilità, aggressività), una riduzione dell’intensità dei sintomi depressivi e una diminuzione della frequenza cardiaca. I dati inoltre sono indicativi di una relazione diretta tra effetto di queste tecniche e intensità delle risposte (Collins e Rice 1997).Il trattamento della depressione può contribuire significativamente alla riduzione della mortalità nei pazienti cardiovascolari. Il trattamento farmaco- logico deve però essere rispettoso del quadro organico sottostante: i criteri di sicurezza e di efficacia sono quindi particolarmente importanti. Le linee generali di trattamento relativamente alle dosi ed al tempo non sono dissimili da quelle per il trattamento della depressione primaria. Sono però differenti le opzioni terapeutiche utilizzabili. Infatti, sebbene gli antidepressivi di vecchia generazione (triciclici) siano efficaci, il loro profilo di effetti collaterali li rende scarsamente proponibili per il trattamento della depressione in corso di malat- tie cardiovascolari.

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La depressione e le malattie cardiovascolari: un ponte tra anima e corpo69

Terapie non farmacologiche

lUna metanalisi di 23 studi controllati ha messo in evidenza come i pazienti che ricevevano un trattamento psicosociale (psicoterapia individuale e di gruppo, stress management e rilassamento) in associazione ad un trattamento di riabilitazione cardiologica classico mostravano un significativo miglioramento dei parametri pressione arteriosa, frequenza cardiaca e livello di colesterolo serico, ed una significativa riduzione della mortalità a due anni rispetto al campione che aveva frequentato solo la riabilitazione cardiologica classica (Linden et al. 1996)

lSuccessive metanalisi hanno confermati i precedenti dati. Vi è da dire che però non vi sono molti studi RCT sull’argomento

Una metanalisi di 23 studi controllati ha messo in evidenza come i pazienti che ricevevano un trattamento psicosociale (psicoterapia individuale e di gruppo, stress management e rilassamento) in associazione ad un trattamento di riabilitazione cardiologica classico mostravano un significativo miglioramento dei parametri pressione arteriosa, frequenza cardiaca e livello di colesterolo serico, ed una significativa riduzione della mortalità a due anni rispetto al campione che aveva frequentato solo la riabilitazione cardiologica classica (Linden et al. 1996).

Bibliografia:Rees K, Bennett P, West R, Smith GD, Ebrahim S. Psychological interventions for coronary heart disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2004 2004;(2):CD002902. DOI:101002/14751858CD002902pub2.

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lLa terapia cognitivo-comportamentale è l’unica terapia sicura ed efficace nel trattamento della depressione in pazienti con patologia cardiaca (Shapiro, 2009)

lVi sono però dati derivanti da attenti studi di meta-analisi che evidenziano come l’approccio classico alla depressione post-evento cardiovascolare non abbia la stessa efficacia che nella depressione “classica” (Whalley et al., 2011; Lane et al., 2005)

Bibliografia:Shapiro PA. Treatment of depression in patients with congestive heart failure. Heart Fail Rev 2009;14:7.Whalley B, Rees K, Davies P, Bennett P, Ebrahim S, Liu Z, et al. Psychological interventions for coronary heart disease. Cochrane Database Syst Rev 2011(8):CD002902.Lane DA, Chong AY, Lip GY. Psychological interventions for depression in heart failure. Cochrane Database Syst Rev 2005(1): CD003329.

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Terapie farmacologiche

lDevono essere tenuti in considerazione i seguenti punti fondamentali: - criteri di sicurezza - criteri di efficacia - dosi impiegate - tempo di trattamento lDeve anche essere tenuta in considerazione l’ipotesi che la depressione successiva a patologie cardiovascolari non abbia lo stesso grado di risposta della depressione “classica” alle terapie disponibili (Hackett et al., 2010 e 2008) l Infine, dati recenti hanno dimostrato come solo le depressioni più gravi abbiano tassi di risposta significativi ai trattamenti farmacologici (Kirsch et al., 2008)

Oltre ad una maggiore sensibilizzazione relativamente agli effetti collaterali non specifici (maggior tasso di episodi di delirium anche a basse dosi, rischio di eccessiva sedazione con cadute e fratture di femore negli anziani) sono particolarmente rischiosi gli effetti a livello cardiovascolare (Evans et al. 1999). Infatti i pazienti cardiologici, indipendentemente dall’età, sono spesso in politerapia con calcioantagonisti, antiaritmici, alfaantagonisti, diuretici e betabloccanti: il rischio di reazioni ipotensive anche gravi è quindi incrementato, così come l’azione reciprocamente potenziante sull’effetto antiaritmico e sulla conducibilità miocardica. L’uso degli antidepressivi triciclici nei pazienti cardiovascolari, in particolare quelli affetti da ischemia miocardica, è controindicato a causa del rischio di induzione di aritmie ventri- colari. Infatti i triciclici presentano una attività antiaritmica tipo 1A, e come tutti i farmaci appartenenti a questa classe possono determinare, su un miocardio ischemico, lo sviluppo di aritmie ventricolari fatali attraverso un rallentamento della conduzione dello stimolo elettrico e la slatentizzazione di foci ectopici di elettrostimolazione. Inoltre l’alterazione del bilancio simpatico/parasimpatico presente nei pazienti depressi li espone ad un maggiore rischio di fibrillazione ventricolare in caso di alterazioni della ripolarizzazione.

Bibliografia:Hackett ML, Yang M, Anderson CS, Horrocks JA, House A. Pharmaceutical interventions for emotionalism after stroke. Cochrane Database Syst Rev 2010(2):CD003690.Hackett ML, Anderson CS, House A, Xia J. Interventions for treating depression after stroke. Cochrane Database Syst Rev 2008;4:CD003437.Kirsch I, Deacon BJ, Huedo-Medina TB, Scoboria A, Moore TJ, Johnson BT. Initial severity and antidepressant benefits: A meta-analysis of data submitted to the Food and Drug Administration. PLoS Med 2008;5(2):e45.

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Antidepressivi e rischio di IMA studio di popolazione caso-controllo

l8887 casi di prima ospedalizzazione per IMA (1994-2002) l88,862 controlli confrontabili per età e sesso lRisultati & conclusioni: In pazienti con storia di malattie cardiovascolari, abbiamo osservato una tendenza alla riduzione del rischio di infarto miocardico tra coloro che utilizzavano SSRI (OR 0.85, 95%CI 0.62-1.16)… l… Gli antidepressivi possono essere associati con una riduzione del rischio di infarto miocardico tra i soggetti con anamnesi di malatti cardiovascolari, sebbene resti incerto se via siano differenze tra classi di antidepressivi

Monster TBM, et al. Am J Med 2004

Gli effetti biochimici dei triciclici non sono specifici, coinvolgendo di fatto tutti i neurotrasmettitori del SNC con conseguenze rilevanti a livello periferico. L’azione antimuscarinica può determinare una inibizione del sistema parasimpatico con tachicardia (oltre agli effetti sul sistema urinario e gastrointestinale) e inibizione vagale: l’effetto finale è una alterazione della conducibilità cardiaca che nei pazienti con blocco di branca può condurre ad arresto cardiaco.

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Triciclici

Maggiore sensibilità agli effetti collaterali aspecifici Cardiotossicità diretta

Reazioni ipotensive

Attività anti-colinergica

Potenziamento degli effetti delle terapie cardiovascolari Riduzione della variabilità del ritmo cardiaco

SSRI

il trattamento con SSRI non determina significativi effetti a livello cardiovascolare

interazioni farmacocinetiche con altri farmaci possono determinare eventi avversi cardiologici ed effetti vasocostrittori e sull’aggregabilità piastrinica

Roose, 2003; Wang et al., 2011

Le differenti opzioni farmacologiche

L’effetto antiistaminico può determinare incremento di peso (ed aumento del lavoro cardiaco) ed ipotensione posturale. L’inibizione della ricaptazione della noradrenalina determina una alterazione dell’equilibrio dei recettori beta, alfa1 e alfa 2, con tachicardia ed ipotensione.Gli SSRI sono una classe di antidepressivi i cui effetti a livello della funzionalità cardiaca non sono evidenti. Sebbene i dati sull’uso degli SSRI nei pazienti cardiovascolari siano pochi e la ricerca clinica solo agli inizi, tre recenti studi condotti su un totale di 94 pazienti cardiovascolari affetti da depressione hanno mostrato come il trattamento con SSRI non determini significativi effetti collaterali a livello cardiovascolare.

Bibliografia:Roose SP. Treatment of depression in patients with heart disease. Biological Psychiatry 2003;54(3):262–8.Wang JT, Hoffman B, Blumenthal JA. Management of Depression in Patients with Coronary Heart Disease: Association, Mechanisms, and Treatment Implications for Depressed Cardiac Patients. Expert Opin Pharmacother. 2011 January ; 12(1): 85–98. doi:10.1517/14656566.2010.513701.

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SSRI come antidepressivi di prima linea

l Il trattamento con SSRI mostra profili di sicurezza ed efficacia adeguati alla popolazione cardiologica. La maggior parte degli eventi avversi rilevati negli studi su SSRI e malattie cardiovascolari è da attribuirsi alla patologia cardiovascolare più che ai SSRI lBisogna poi considerare che la maggior parte di questi pazienti è in politerapia, quindi vi è anche la necessità di utilizzare molecole a scarso impatto sul sistema citocromiale P450. in questo citalopram e sertralina mostrano un profilo decisamente favorevole lBisogna anche considerare il profilo di effetti collaterali e della tollerabilità, fattori che possono influenzare la adesione alla terapia stessa

Elderona et al., 2013

Una sintesi degli studi sui trattamenti antidepressivi nei pazienti cardiovascolari può essere reperita nel lavoro di review seguente:Elderona L, Whooley MA. Depression and Cardiovascular Disease. Progress in cardiovascular diseases. 2013, 55: 511 – 523.

Per i lavori sulla sicurezza ed efficacia degli SSRI si può fare riferimento ai seguenti articoli:Pizzi C, Rutjes AW, Costa GM, Fontana F, Mezzetti A, Manzoli L. Meta-analysis of selective serotonin reuptake inhibitors in patients with depression and coronary heart disease. Am J Cardiol. 2011;107:972-979.Solai LK, Mulsant BH, Pollock BG. Selective serotonin reuptake inhibitors for late-life depression: A comparative review. Drugs Aging. 2001;18:355-368.Zajecka J, Mitchell S, Fawcett J. Treatment-emergent changes in sexual function with selective serotonin reuptake inhibitors as measured with the rush sexual inventory. Psychopharmacol Bull. 1997;33:755-760.

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Studio SADHART(Sertraline Antidepressant Heart Attack Randomization Trial)

lLo studio è stato sviluppato per valutare l’uso di antidepressivi in pazienti con patologie cardiache lÈ stato dimostrato che la depressione può essere trattata senza incrementare il rischio di complicanze lÈ stata rilevata anche una riduzione degli endpoint compositi degli IMA o della mortalità conseguente a coronaropatia lL’incidenza degli eventi cardiaci gravi era solo del 14.5% nel gruppo trattato con sertralina rispetto al 22.4% del gruppo trattato con placebo lUno studio di continuazione sui 29 mesi ha evidenziato come l’effetto protettivo del trattamento con sertralina si mantenga nel tempo

Bibliografia:Glassman AH, O’Connor CM, Califf RM, Swedberg K, Schwartz P, Bigger JT Jr, et al. Sertraline treatment of major depression in patients with acute MI or unstable angina. JAMA. 2002;288:701–709.Taylor CB, Youngblood ME, Catellier D, Veith RC, Carney RM, Burg MM, et al. Effects of antidepressant medication on morbidity and mortality in depressed patients after myocardial infarction. Arch Gen Psychiatry. 2005;62:792–798.

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Studio ENRICHD (Enhancing Recovery in Coronary Heart Disease Patients)

l In una analisi post-hoc dei partecipanti allo studio ENRICHD si è evidenziato come il trattamento con SSRI riduca del 42% le ricorrenze di IMA e la mortalità anche dopo aggiustamento per le variabili demografiche e cardiovascolari, anche indipendentemente dal concomitante trattamento psicoterapico cognitivo-comportamentale

Jaffe et al., 2006; Taylor et al., 2005

Bibliografia:Writing Committee for the Enrichd Investigators. Effects of treating depression and low perceived social support on clinical events after myocardial infarction: The Enhancing Recovery in Coronary Heart Disease Patients (ENRICHD) Randomized Trial. JAMA 2003;289(23):3106–16.Jaffe AS, Krumholz HM, Catellier DJ, et al. Prediction of medical morbidity and mortality after acute myocardial infarction in patients at increased psychosocial risk in the Enhancing Recovery in Coronary Heart Disease Patients (ENRICHD) study. Am Heart J 2006;152:126.Taylor CB, Youngblood ME, Catellier D, Veith RC, Carney RM, Burg MM, et al. Effects of antidepressant medication on morbidity and mortality in depressed patients after myocardial infarction. Arch Gen Psychiatry. 2005;62:792–798.

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Studio MIND ITMyocardial Infarction and Depression Intervention Trial lÈ stata comparata l’efficacia di mirtazapina e citalopram nel migliorare gli esiti cardiaci a 18 mesi in 331 soggetti con IMA a parità di prognosi iniziale lUna analisi post-hoc ha comparato soggetti responders agli antidepressivi vs soggetti non responders: i non responders hanno avuto un esito prognostico peggiore l I dati non sono risultati significativi verosimilmente per problemi nella costruzione statistica del campione studiato

De Jonge et al., Am J Psychiatry, 2007

Bibliografia:de Jonge P, Honig A, van Melle JP, et al. Nonresponse to treatment for depression following myocardial infarction: association with subsequent cardiac events. Am J Psychiatry 2007;164:1371.

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Studio CREATECardiac Randomized Evaluation of Antidepressant and Psychotherapy Efficacy

lSono stati studiati gli effetti indipendenti della psicoterapia interpersonale (IPT) e del trattamento con antidepressivi in uno studio fattoriale 2 x 2 su 284 pazienti cardiologici - IPT + citalopram + gestione standard - IPT + placebo + gestione standard - No IPT + citalopram + gestione standard - No IPT + placebo + gestione standard l Il trattamento con citalopram si è dimostrato più efficace del placebo nel ridurre i sintomi depressivi e il miglioramento della percezione dei supporti sociali

lL’associazione della IPT non ha determinato significativi miglioramenti ulteriori rispetto al citalopramLesperance et al., 2007

Bibliografia:Lesperance F, Frasure-Smith N, Koszycki D, Laliberte M-A, van Zyl LT, Baker B, et al. Effects of citalopram and interpersonal psychotherapy on depression in patients with coronary artery disease: The Canadian Cardiac Randomized Evaluation of Antidepressant and Psychotherapy Efficacy (CREATE) Trial. JAMA 2007;297(4):367–79.

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M-HARTMontreal Heart Attack Readjustment Trial

lSono stati randomizzati 1376 con pregresso IMA, monitorati via telefono lNei soggetti non trattati con antidepressivi si è evidenziata una maggiore mortalità cardiaca o per altri motivi rispetto alla popolazione trattata

l I trattamenti non farmacologici hanno evidenziato rischi elevati nei pazienti con recente IMA

Frasure-Smith et al., 1995 e 2002

Bibliografia:Frasure-Smith N. The montreal heart attack readjustment trial. J Cardiopulm Rehabil 1995;15:103.Frasure-Smith N, Lesperance F, Gravel G, et al. Long-term survival differences among low-anxious, high-anxious and repressive copers enrolled in the Montreal heart attack readjustment trial. Psychosom Med 2002;64:571.

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Indicazioni pratiche

lLe linee guida suggerite attualmente prevedono di trattare la depressione maggiore nei pazienti cardiologici con sertralina o citalopram come prima scelta, altri SSRI come seconda scelta - Sertralina: 25-150mg / die - Citalopram: 10-40 mg / die - Iniziare a dosi basse e titolare in 1-3 mesi - Trattamento di mantenimento di 4-9 mesi a dose stabilizzata lRischio di aumento del tempo di sanguinamento, iponatremia e bradicardia: monitorare

Lesperance et al., 2007

Bibliografia:Lichtman JH, Bigger JT Jr, Blumenthal JA, Frasure-Smith N, Kaufmann PG, Lesperance F, et al. Depression and coronary heart disease: recommendations for screening, referral, and treatment: A science advisory from the American Heart Association prevention committee of the council on cardiovascular nursing, council on clinical cardiology, council on epidemiology and prevention, and interdisciplinary council on quality of care and outcomes research: Endorsed by the American Psychiatric Association. Circulation 2008;118(17):1768–75.Pozuelo L, Tesar G, Zhang J, Penn M, Franco K, Jiang W. Depression and heart disease: what do we know, and where are we headed? Cleve Clin J Med 2009;76(1):59–70. Summers KM, Martin KE, Watson K. Impact and clinical management of depression in patients with coronary artery disease. Pharmacotherapy 2010;30(3):304–22.

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Non solo SSRI?

l Il bupropione è un altro antidepressivo con un profilo di sicurezza ed efficacia adeguato ai pazienti cardiologici

lPuò essere assunto in concomitanza agli SSRI, in alcuni casi contribuendo a controllarne gli effetti collaterali

l Il bupropione si può però associare a modesti in crementi pressori, per cui necessita di un monitoraggio specifico

l Il bupropione ha mostrato anche una discreta capacità nel controllare il craving verso il fumo (ma non nella popolazione affetta da patologia coronarica)

Roose et al., 1991

Bibliografia:Roose SP, Dalack GW, Glassman AH, Woodring S, Walsh BT, Giardina EG. Cardiovascular effects of bupropion in depressed patients with heart disease. Am J Psychiatry. 1991;148:512-516.

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Bhuiyan et al., 2013

Una ipotesi esplicativa

Bibliografia:Bhuiyan S, Tagashira H, Fukunaga K Crucial Interactions Between Selective Serotonin Uptake Inhibitors and Sigma-1 Receptor in Heart Failure. J Pharmacol Sci, 2013, 121:177 – 184.

l L’ipertrofia miocardica e l’insufficienza cardiaca determinano sia la riduzione dell’espressione dei recettori sigma-1 cardiaci sia la deattivazione della via dei segnalatori Akt, attraverso l’attivazione della calcineurina cardiaca

l L’uso di agonisti dei recettori sigma-1 (come gli antidepressivi SSRI) proteggerebbe il cuore dall’ipertrofia miocardica e dal danno tissutale attraverso la upregulation dei recettori sigma-1 e la stimolazione del sistema di segnalazione Akt-eNOS mediato dai recettori stessi

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DEPRESSIONE E MALATTIA CARDIOVASCOLARE:

UN CASO CLINICO E DIFFERENTI PUNTI DI VISTA

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Il cardiologo: stato attuale

lUomo di 48 anni, pregresso infarto miocardico parete inferiore 3 settimane prima, sottoslivellamento ST

lSi presenta a più di 8 ore dall’inizio di sintomi dolorosi

lECG: BBS, >30 BEV/ora

lFrazione di eiezione 28%, picco di troponina I 3.4, frazione CK 16

lRiferisce angina ingravescente negli ultimi 18 mesi, ridotta dopo l’infarto

lNicturia 2/notte; facile affaticabilità

lLDL 93, HDL 39

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Il cardiologo: anamnesi

l Ipertensione dall’età di 26 anni, trattata episodicamente e sotto controllo

lModeratamente sovrappeso da sempre, scarso controllo dietologico

lDiabete preclinico; test di tolleranza al glucosio anormale alla prima ora

lTrattamenti in corso: atorvastatina, nadololo, enalapril, clorotiazide, aspirina, in valutazione per amiodarone

lAnamnesi personale: divorziato, fuma 30 sigarette/die, occasionalmente abuso di alcool, nega cocaina, riferisce periodiche fluttuazioni dell’umore con assenteismo e perdita del lavoro, visite psichiatriche nel passato

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Lo psichiatra: stato attuale

lUomo di 48 anni con storia di depressione ricorrente e disturbo panico

lRiferisce infarto miocardico 3 settimane fa

lSi sente senza speranza, particolarmente dopo l’infarto, ha perso il lavoro 3 mesi fa a seguito delle troppe assenze

lRiferisce anedonia, deflessione timica da 6 mesi, risvegli precoci, aumento ponderale di 3 kg negli ultimi 6 mesi, sentimenti di colpa per i fallimenti familiari, difficoltà di concentrazione

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Lo psichiatra: anamnesi

lSeparato da due anni, ha due figli adulti che non vede da tempo

lRiferisce 4 episodi depressivi nel passato, con esordio a 18 anni - Si segnala scarsa adesione alla nortriptilina e fluoxetina - Ha risposto alla sertralina nel terzo episodio, ma si è perso al follow-up

lNon assume farmaci psicotropi nell’attualità, somministrato Valium in ospedale e per 1 settimana dopo la dimissione; politerapia cardiologica

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Caso clinico

Priorità mediche

Controllare PA e colesterolo

Sospendere fumo

Perdere peso

Programma di riabilitazione cardiologica

Cercare adesione alle cure di profilassi secondaria

Monitorare le aritmie

Ridurre al minimo la poliprescrizione

Priorità psichiatriche

Iniziare e titolare terapia antidepressiva

Controllare gli effetti collaterali

Monitorare la gravità della depressione e della disperazione

Ristabilire un adeguato ruolo sociale e lavorativo Rischio suicidario?

Aggressività

Psicoterapia?

La depressione è una patologia psichiatrica che molto frequentemente si presenta nel corso delle malattie cardiovascolari, e si associa ad una elevata morbilità e mortalità.Inoltre determina un aumentato carico di lavoro per i servizi sanitari e di sofferenza per i pazienti e i loro familiari. I dati epidemiologici mostrano come la depressione e gli altri disturbi emotivi abbiano la stessa importanza dei tradizionali fattori di rischio nello sviluppo e nel decorso delle malattie cardiovascolari.L’imperativo clinico del medico è di diagnosticare la sofferenza e di fare ogni ragionevole sforzo per ridurla.L’umore depresso nei pazienti con patologie cardiovascolari deve essere quindi valutato con attenzione, data la sua significativa ricaduta sul livello di sofferenza soggettiva ed oggettiva, e, nel caso, trattato con idonea terapia, tenendo in attenta considerazione sia lo stato organico che le medicazioni concomitanti.

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CONCLUSIONI

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La depressione:

lÈ una patologia che molto frequentemente si manifesta nel corso delle malattie cardiovascolari, e si associa ad una elevata morbilità e mortalità

lDetermina un aumentato carico di lavoro per i servizi sanitari e di sofferenza per i pazienti e i loro familiari

lPresenta la stessa importanza dei tradizionali fattori di rischio nello sviluppo e nel decorso delle malattie cardiovascolari

L’umore depresso nei pazienti con patologie cardiovascolari deve essere quindi valutato con attenzione, data la sua significativa ricaduta sul livello di sofferenza soggettiva ed oggettiva, e, nel caso, trattato con idonea terapia, tenendo in attenta considerazione sia lo stato organico che le medicazioni concomitanti