FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE- SHORT FORM: … · Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dell’AOU...

71
1 UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in INFERMIERISTICA FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE- SHORT FORM: VALUTAZIONE DELLO STRESS ACCUMULATO DAI FAMILIARI DEI PAZIENTI CARDIOCHIRURGICI. UNO STUDIO DESCRITTIVO Relatore: Dott. ANDREA TOCCACELI Tesi di Laurea di: STORTONI DAILA A.A. 2013/2014 Correlatore: Dott.ssa DIGNANI LUCIA

Transcript of FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE- SHORT FORM: … · Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dell’AOU...

1

UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea in INFERMIERISTICA

FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE-

SHORT FORM: VALUTAZIONE

DELLO STRESS ACCUMULATO DAI

FAMILIARI DEI PAZIENTI

CARDIOCHIRURGICI. UNO STUDIO

DESCRITTIVO

Relatore:

Dott. ANDREA TOCCACELI

Tesi di Laurea di:

STORTONI DAILA

A.A. 2013/2014

Correlatore:

Dott.ssa DIGNANI LUCIA

2

INDICE

INTRODUZIONE……………………………………………………….....................4

1.1 STRESS, STRAIN E COPING……………………………………………………7

1.2 INTERVENTI CARDIOCHIRURGICI…………………………………………11

1.2.1 EPIDEMIOLOGIA………………………………………………………….….11

2.1 COPING DEI CAREGIVERS DEI PAZIENTI CARIOCHIRURGICI………..16

2.2 CAREGIVING BURDEN…………………………………………………......19

2.3 FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE - SHORT FORM……...………...........23

3.1 NATURA DELLO STUDIO…………………………………………….……….25

3.2 VARIABILI OSSERVATE ………………………………………………...…25

3.3 POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO………………...………………….……...25

3.4 CAMPIONE E METODO DI CAMPIONAMENTO……...……………............25

3.4.1 DIMENSIONE CAMPIONARIA………………………………………………….25

3.4.2 CAMPIONAMENTO……………….……………………………………….….26

3.5 ANALISI STATISTICA…………………………………………….…………...26

3.6 STRUMENTI……………………………………………………….……………26

3.7 CONSIDERAZIONI ETICHE…………………………………………….……..27

3.7.1 ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO………………………………….....………27

3.8 RISULTATI………………………………...…………………………….……...28

3.9 DISCUSSIONE…………………………………………...……..........…………41

3.9.1 STATISTICA INFERENZIALE………..…………………………………....…....41

3.9.2 CORRELAZIONI………………………………………………….…….……...47

3.9.3 CONFRONTO CON GLI STUDI TROVATI IN LETTERATURA ……...……………..49

3.9.4 CONCLUSIONI………………….……………………………….……….……53

3.9.5 RILEVANZA PER LA PRATICA CLINICA………………………………………..54

3.9.6 LIMITI DELLO STUDIO…………………...…………………………………...55

ALLEGATI………………………………………………………………….……….56

RINGRAZIAMENTI………………...………………………………………………60

BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………..61

3

Alla mia famiglia.

4

INTRODUZIONE

Il presente studio intende analizzare il vissuto dei caregivers informali dei pazienti che

hanno subìto un intervento cardiochirurgico e, in particolare, il carico di stress cui è

sottoposto il familiare che si prende cura del proprio caro.

Queste persone sono “caregivers informali” ovvero “fornitori di cure non

professionisti”, che solitamente fanno parte della sfera famigliare o della cerchia di

amici del paziente.

Poco si sa a proposito di queste figure, della loro importanza e della necessità di farvi

capo, nonché di tutto quello che ruota attorno a loro.

L’attenzione dei medici e degli infermieri si concentra sul fornire agli assistiti ed ai

caregivers, tutte le informazioni sulla gestione a domicilio dei pazienti che hanno subìto

l’intervento cardiochirurgico, senza preoccuparsi del carico di stress che può

accumulare il famigliare/caregiver del paziente, che spesso si ritrova da solo a dover

supportare e sopportare il proprio famigliare cardiopatico.

Spesso i caregivers sono limitati per quanto riguarda la gestione delle cure e le

conoscenze cliniche. Essi inoltre, oltre alle attività curative ‘visibili’ (cure fisiche e

medicamentose), devono esplicitare anche quelle ‘invisibili’, come il monitoraggio

dello stato di salute e il sostegno morale.

Tutto ciò li sottopone a stress continuo che, se non compensato con delle efficaci

strategie di coping, li potrebbe portare a sviluppare problemi di salute legati

all’eccessivo carico assistenziale.

È noto dalla letteratura internazionale che caratteristica comune alla maggior parte dei

caregivers è il sovraccarico psicofisico derivante dal peso delle responsabilità e dalla

condivisione profonda dello stato emotivo del proprio congiunto. Questi disturbi spesso

conducono il caregiver a problemi rilevanti, tanto che Hill parla di ‘hidden patient’

(Hill J. “The hidden patient” Lancet, 2003) mettendo in luce sia la condizione di

patologia a cui giungono alcuni caregivers, sia la mancanza di attenzione a riguardo.

5

È altresì noto come il caregiver sia in grado di influenzare l’aderenza ai

trattamenti/prescrizioni e l’accettazione della malattia da parte dei pazienti stessi. Per

questo motivo, il caregiver necessita un’attenzione particolare e, soprattutto, una

comunicazione specifica e adeguata al proprio ruolo: gli operatori sanitari spesso non

sono preparati a questo fine.

Lo scopo principale di tale studio è dunque quello di evidenziare la particolare

situazione in cui viene a trovarsi il caregiver che assiste un paziente cardioperato e di

dimostrare la necessità di dare un sostegno fisico e psicologico ai famigliari che si

prendono cura costantemente ed in prima persona del proprio caro malato. Tale aiuto

deve partire in primis dal personale sanitario che assiste il paziente nel post-operatorio e

deve continuare regolarmente dopo la dimissione, tramite l’assistenza domiciliare

integrata (ADI). Questo purtroppo non avviene quasi mai per un’infinità di motivi:

perché, come già detto, gli operatori sanitari sono poco preparati nel fornire

questo tipo di ‘assistenza’;

poiché il personale infermieristico è sempre meno e, di conseguenza, trascura

tali aspetti assistenziali, dando la priorità ad altri bisogni;

poiché quasi sempre i sanitari curano e si prendono cura del paziente, senza

considerare il fatto che avere un famigliare cardiopatico a casa comporta una

serie di cambiamenti importanti (spesso deleteri per il caregiver) anche

all’interno del nucleo famigliare;

poiché avviene spesso che al momento della dimissione dall’ospedale, il

paziente e la famiglia vengono abbandonati a sé stessi.

Nel seguente studio si è scelto quindi di andare inizialmente a spiegare i concetti di

stress, strain e coping. A questo segue una breve delucidazione sugli interventi

cardiochirurgici più frequentemente eseguiti (secondo la “Society of Toracic Surgeons”

(STS) americana).

Dopodiché si parla del caregiving di pazienti cardiochirurgici e si spiega il concetto di

caregiving burden, portando a conoscenza del lettore i più importanti studi trovati nella

letteratura internazionale, riguardo a tali argomenti.

6

Infine si va ad illustrare il tipo di studio fatto in questo lavoro: uno studio di tipo

osservazionale correlazionale della durata di sei mesi, in cui è stato osservato lo strain

dei caregivers dei pazienti sottoposti ad intervento cardiochirurgico, all’interno del

Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dell’AOU Ospedali Riuniti “Umberto I-G.M.

Lancisi-G.Salesi” di Ancona.

A 100 caregivers dei pazienti è stato somministrato il Family Strain Questionannaire-

Short Form (FSQ-SF); analizzando i risultati di tale questionario è stato possibile

identificare un grading di strain del caregiver, in modo da identificare la categoria di

caregivers maggiormente esposta a stress e dunque, maggiormanete a rischio di

depressione.

E’ da sottolineare che il FSQ-SF permette un rapido screening della situazione vissuta

dal caregiver ma non fornisce alcun tipo di diagnosi psicologica dello stesso.

7

CAPITOLO 1

1.1 STRESS, STRAIN E COPING

Il concetto di coping fa riferimento a come le persone affrontano (to cope with) le

situazioni che vengono percepite come stressanti, sia quotidiane sia straordinarie, allo

scopo di attivare l’individuo a fare qualcosa per dominare l’evento e controllare le

proprie emozioni.

Prima di descrivere i processi di coping però, è necessario definire i concetti di stress e

strain.

Molti studiosi ritengono che l’origine del termine stress derivi dal latino Strictus

(stretto, serrato, compresso) e risalga al XVII secolo, periodo in cui era usato per

indicare “difficoltà” e “afflizione” o “avversità”.

Strain è considerato il risultato di stress o effetti negativi di eventi stressanti. (Fletcher,

1988; Hobfoll, 1988; Jones & Kinman, 2001).

In psicologia stress viene utilizzato per la prima volta da Cannon nel 1932 come

sinonimo di stimolo nocivo. Successivamente Selye (1936), un biologo, concettualizza

lo stress come un insieme di reazioni difensive di natura fisiologica e psicologica attuate

per far fronte ad una minaccia o ad una sfida. Selye fu il primo ad aver riconosciuto che

lo stress non è una condizione necessariamente patologica e negativa, ma una reazione

in primo luogo adattativa, in quanto finalizzata a ristabilire o a mantenere l’equilibrio

omeostatico.

Infine Lazarus e Folkman (1984) definiscono lo stress come la condizione derivante

dall’interazione di variabili ambientali e individuali, che vengono mediate da variabili di

tipo cognitivo. Quindi lo stress viene concettualizzato come qualcosa di dinamico, a

carattere relazionale e compare per la prima volta il concetto di stress psicologico.

Con tale concetto si sottolinea la componente soggettiva dell’evento stressante, ovvero

che l’elemento fondamentale che determina l’entità della reazione emozionale-

8

fisiologica è la valutazione cognitiva che l’individuo compie del suddetto evento

stressante. In altre parole, nessun evento esistenziale significativo può essere

considerato aprioristicamente patogenetico e, allo stesso tempo, ogni evento suscettibile

di produrre una reazione emozionale potrebbe essere definito come avvenimento

stressante (Pancheri, 1993). Gli eventi sono stressanti nella misura in cui sono percepiti

come stressanti, per cui uno stimolo produrrà o meno una reazione di stress a seconda di

come viene interpretato e valutato (Lazarus, 1998).

Tuttavia lo stress non è un’esperienza esclusivamente soggettiva, ma la sua entità è

definita anche dalle caratteristiche oggettive dello stimolo. Perciò la portata stressogena

di un evento è determinata, oltre che dalla valutazione cognitiva dello stimolo compiuta

dall’individuo, anche dalle caratteristiche oggettive dello stimolo, ovvero dalla qualità

dell’evento (come l’impatto emozionale che produce nel soggetto) e dalla sua quantità

(come, per esempio, la durata temporale e la “vicinanza” con altri eventi che

costituiscono una potenziale minaccia per l’equilibrio psico-fisico dell’individuo).

Infine la portata stressogena di un evento è definita, oltre che dalla valutazione cognitiva

e dalla percezione emotiva dello stimolo (valutazione primaria), anche dalla cosiddetta

valutazione secondaria, ovvero dalla valutazione che un individuo compie delle proprie

risorse e capacità di far fronte allo stimolo stressante (Strategie di Coping). In altre

parole un evento sarà tanto più stressante quanto più l’individuo si percepirà inadeguato

e incapace di fronteggiarlo (Lazarus RS, 1991; Lazarus RS e Folkman S, 1984).

9

Il termine coping è stato introdotto nella ricerca psicologica negli anni sessanta. Non

esiste una definizione unanime; in modo semplicistico può essere tradotto come “far

fronte a”, “reagire a”.

Le strategie di coping sono, dunque, le modalità che definiscono il processo di

adattamento ad una situazione stressante. Tuttavia esse non garantiscono il successo di

tale adattamento. Infatti il coping, se è funzionale alla situazione può mitigare e ridurre

la portata stressogena dell’evento, ma, se è disfunzionale ad essa, può anche

amplificarla. Quando si parla di coping ci si riferisce all’insieme degli sforzi cognitivi e

comportamentali attuati per controllare specifiche richieste interne e/o esterne che

vengono valutate come eccedenti le risorse della persona (Lazarus, 1991). Si evincono

da tale definizione quelle che sono le caratteristiche distintive del coping: è un processo

dinamico, in quanto è costituito da una serie di risposte reciproche, attraverso le quali

ambiente e individuo si influenzano a vicenda; comprende una serie di azioni, sia

cognitive che comportamentali, intenzionali, finalizzate a controllare l’impatto negativo

dell’evento stressante.

E’ possibile classificare le strategie di coping a seconda degli obiettivi che può

raggiungere:

Emotion-focused coping, che consiste nella regolazione delle reazioni emotive

negative conseguenti alla situazione stressante;

Problem-focused coping, che consiste nel tentativo di modificare o risolvere la

situazione che sta minacciando o danneggiando l’individuo.

(Lazarus RS, 1991; Lazarus RS e Folkman S, 1984; Marcello N, 2011).

Dopo Lazarus numerosi sono stati i ricercatori che si sono dedicati allo studio delle

strategie di coping.

Nel 1978 Barbara Dohrenwend propone un modello basato sullo stress psicosociale

enfatizzando il ruolo dei mediatori psicologici e situazionali nella risoluzione

dell’evento stressante. Secondo l’autrice i mediatori psicologici, come ad esempio i

valori individuali, possono rafforzare la capacità psicologica di una persona a sviluppare

10

un alto livello di abilità per risolvere problemi sociali ed emozionali complessi. I

mediatori familiari, come la cerchia dei familiari o gli amici, o le risorse collettive

fornite dai servizi pubblici o del privato sociale attivati dalla comunità, possono

contribuire ad affrontare un evento stressogeno quando le risorse a disposizione

dell’individuo sono insufficienti.

Il modello della Dohrenwend si colloca entro l’ambito della psicologia di comunità e

pone l’accento su una visione olistica dei problemi e degli eventi stressanti.

L’indicazione di studiare non un individuo isolato ma un soggetto inserito nel contesto

in cui vive è alla base del modello sociocontestuale di Berg (1998).

L’autore è interessato a studiare il processo attraverso cui gli individui affrontano gli

eventi della vita in connessione con gli altri: le altre persone intervengono in modi e

momenti diversi nel processo di coping. Possono fungere da fonte di informazione,

consiglio, sostegno, modelli di funzionamento o malfunzionamento. I modi in cui un

soggetto può interagire con gli altri nel valutare ed affrontare un evento stressante sono

differenti.

Infine, partendo dal lavoro di Lazarus e Folkman, nel 1990 Endler e Parker hanno

individuato tre tipologie di coping predominanti:

coping centrato sul compito (task coping): è rappresentato dalla tendenza ad

affrontare il problema in maniera diretta, ricercando soluzioni per fronteggiare la crisi;

coping centrato sulle emozioni (emotion coping): rappresentato da abilità

specifiche di regolazione affettiva, che consentono di mantenere una prospettiva

positiva di speranza e controllo delle proprie emozioni in una condizione di disagio,

oppure di abbandono alle emozioni, come la tendenza a sfogarsi o, ancora, la

rassegnazione;

coping centrato sull’evitamento (avoidance coping): rappresentata dal tentativo

dell’individuo di ignorare la minaccia dell’evento stressante o attraverso la ricerca del

supporto sociale o impegnandosi in attività che distolgono la sua attenzione dal

problema.

E’ interessante osservare il contributo della letteratura in merito al legame esistente tra

strategie di coping e pazienti affetti da patologie di natura cronico-degenerativa:

11

uno stile di coping incentrato su “l’essere attivi, il pensare positivamente e

l’esprimere le proprie emozioni” stabilisce una correlazione positiva con l’aumento

delle capacità funzionali residue, con punteggi superiori nelle misure cliniche della

malattia e con migliori livelli di adattamento psicologico. (Sharloo M et a, 1998)

strategie attive di coping permettono una migliore gestione dei livelli di dolore

associati ai processi patologici. Il paziente riesce a controllare meglio il proprio dolore,

utilizza con maggiore efficacia gli strumenti non farmacologici (massaggi, tecniche di

rilassamento, musicoterapia…), mantiene un livello superiore di livello funzionale

(Brown GK & Nicassio P, 1987)

non esistono stili di coping adattivi o disadattivi a priori per la risposta ai

processi patologici: dipendono dalla modalità di utilizzo e dalle caratteristiche del

paziente. Strategie che possono risultare efficaci in una situazione, potrebbero non

esserlo in un’altra e modalità reattive che risultano positive, se usate moderatamente e

temporaneamente, possono divenire negative se usate in modo esclusivo (Zeidner M. &

Saklofske D, 1996; Monticelli B, 2006).

Si può quindi concludere che l’elemento essenziale per un buon adattamento allo stress,

soprattutto nel caso di eventi stressanti duraturi nel tempo, sia la flessibilità nell’uso

delle strategie di coping, la capacità, cioè, di non irrigidirsi su un’unica strategia, ma di

riuscire a cambiarla qualora si dimostri inefficace e disadattiva.

1.2 INTERVENTI CARDIOCHIRURGICI

1.2.1 Epidemiologia

La STS (Society of Thoracic Surgeons) americana ha pubblicato i risultati statistici degli

interventi cardiochirurgici più frequenti. Questi risultati sono divenuti le linee guida di

riferimento per tutti i centri cardiochirurgici mondiali.

I principali interventi cardiochirurgici che vengono eseguiti sono:

-ByPass Aorto Coronario (BPAC)

-Sostituzione valvolare aortica

12

-Sostituzione valvolare mitralica

-Doppia sostituzione valvolare mitro-aortica

-Plastica valvolare mitralica

ByPass Aorto Coronarico (BPAC)

L'intervento di bypass aortocoronarico è il tipo di intervento cardiochirurgico eseguito

più di frequente, con lo scopo appunto di 'bypassare' i restringimenti (stenosi) o le

occlusioni delle arterie coronarie. Durante un intervento di BPAC il chirurgo apre le

arterie coronarie con una piccola incisione a valle dell'ostruzione e vi sutura un

segmento di vena safena o di arteria mammaria. L’estremità prossimale della vena

safena viene poi suturata all'aorta ascendente, così che il sangue da essa, attraverso la

vena, raggiunge di nuovo l'arteria coronaria. Se invece viene usata l'arteria mammaria,

la sua estremità prossimale è già naturalmente collegata al sistema arterioso (all'arteria

succlavia).

I risultati a distanza del BPAC sono ottimi. La maggior parte dei pazienti trae un

duraturo sollievo dai sintomi dell'angina e dal rischio di danno miocardico ischemico

(infarto). Molti pazienti hanno la sensazione di avere molta più energia, rendendosi

conto di quanto si erano auto-limitati per evitare l'insorgenza dei sintomi di ischemia.

Una piccola parte dei pazienti ha bisogno di una seconda operazione (in genere circa 10

anni dopo la prima), ma grazie ai recenti progressi della tecnica chirurgica, la maggior

parte dei cardiochirurghi è convinta che questa necessità diminuirà significativamente

in futuro. Oltre alla migliore qualità di vita, studi recenti mostrano anche una maggior

aspettativa di vita nei pazienti operati di BPAC.

Dopo un intervento efficace, il dolore anginoso dovrebbe scomparire, anche se per un

certo periodo il paziente soffrirà di una certa dolenzia legata all'incisione chirurgica. In

genere la dimissione avviene dopo circa una settimana, e alla maggior parte dei pazienti

viene consigliato un ulteriore periodo riabilitativo di circa 8 - 14 giorni. Il recupero

completo può richiedere fino a due mesi dopo l'intervento, perché nel primo periodo il

corpo utilizza la maggior parte delle risorse a disposizione per recuperare dal trauma

13

chirurgico. Alla fine del periodo di recupero le condizioni generali del paziente saranno

almeno come quelle preoperatorie (e molto spesso anche meglio).

Sostituzione valvolare aortica

La valvola aortica è posta tra il ventricolo sinistro e l'arteria aorta. La valvola aortica

può ‘ammalarsi’ per diversi motivi: vi può essere una anomalia congenita che può

richiedere la correzione subito, se grave, oppure predisporre ad una degenerazione che

avviene più tardi nella vita; oppure vi possono essere delle malattie acquisite che

colpiscono la valvola aortica.

L’anomalia congenita più frequente è data dalla bicuspidia. In genere la valvola aortica

ha tre lembi valvolari o cuspidi, ma a volte può presentarne soltanto due. Una valvola

bicuspide è presente nell’ 1 - 2% della popolazione, e rappresenta la seconda causa più

frequente di alterazione, tale da richiedere l'intervento. Queste valvole possono

funzionare relativamente bene per molti anni, prima di diventare stenotiche oppure

insufficienti (cioè non più in grado di chiudersi bene). La causa più frequente di malattia

valvolare, necessitante la sostituzione, è la degenerazione senile. Questo significa

semplicemente che la valvola, invecchiando, si indurisce e vi si depositano noduli di

calcio che ne impediscono il funzionamento. La seconda causa più frequente è la

malattia reumatica, che provoca fusione e retrazione cicatriziale dei lembi, lasciando

una valvola allo stesso tempo stenotica ed insufficiente. Altre cause meno frequenti di

valvulopatia aortica comprendono le infezioni (dette endocarditi), il prolasso di una

cuspide e le malattie dell'aorta stessa, come aneurismi e dissezioni.

In linea generale vi sono due tipi di protesi valvolari oggi disponibili, ognuna con pregi

e difetti caratteristici: le protesi meccaniche e le protesi biologiche.

Dopo la fase di convalescenza e di riabilitazione, i pazienti operati di sostituzione

valvolare in genere godono di una importante riduzione della sintomatologia e di un

netto miglioramento della capacità d'esercizio e di tolleranza agli sforzi. Possono essere

necessari fino a 2 - 3 mesi dall'intervento per un completo recupero. Dopo la guarigione

della ferita sternale, in genere non vi sono limitazioni importanti all'attività fisica, se

non quelle legate all'assunzione di anticoagulanti. E' necessaria la profilassi antibiotica

prima di ogni procedura invasiva (compresa la rimozione del tartaro dentale).

14

Plastica valvolare mitralica

La valvola mitralica è la valvola d’ ingresso al ventricolo sinistro.

La valvola mitralica può ‘ammalarsi’ e divenire stenotica, insufficiente oppure si può

avere una combinazione dei due difetti. In tutti questi casi il sangue tende a ristagnare in

atrio sinistro e nei vasi polmonari, causando debolezza, affaticabilità e dispnea.

L'accumulo di sangue nell'atrio causa col tempo la dilatazione di questa cavità con

sviluppo di aritmie (specialmente la fibrillazione atriale) che possono causare

palpitazioni. I farmaci possono aiutare per un certo periodo ad alleviare i sintomi, ma

quando la funzione valvolare decade, sarà necessario programmare l'intervento.

A volte la valvola mitrale può essere riparata, specialmente quelle insufficienti per

allungamento o rottura di corde o per perdita di allineamento dei lembi. Altre volte

invece la valvola deve essere sostituita con una protesi artificiale.

Un discorso a parte meritano le plastiche riparative della valvola mitralica.

Per quanto riguarda le protesi valvolari mitraliche, vale lo stesso discorso fatto per le

protesi valvolari aortiche. (Ci sono protesi meccaniche e protesi biologiche).

Dopo la fase di convalescenza e di riabilitazione, i pazienti operati di sostituzione

valvolare in genere godono di una importante riduzione della sintomatologia e di un

netto miglioramento della capacità d'esercizio e di tolleranza agli sforzi. Possono essere

necessari fino a 2 - 3 mesi dall'intervento per un completo recupero. Dopo la guarigione

della ferita sternale, in genere non vi sono limitazioni importanti all'attività fisica, se

non quelle legate all'assunzione di anticoagulanti. E’ necessaria la profilassi antibiotica

prima di ogni procedura invasiva (compresa la rimozione del tartaro dentale).

Negli USA le stime di esecuzione di interventi di BPAC si attestano intorno ai

152.00/anno (Wilson CT et al, 2007). Inoltre a questa procedura (pur se associata a costi

sanitari nettamente superiori) corrisponde un tasso di successo (sia in termini di

mortalità che di recupero delle condizioni cliniche) superiore rispetto alla procedura di

rivascolarizzazione percutanea (PCI): OR (BPAC/PCI) 1.5 (IC95% 1.0 – 2.3) (Hillis LD

et al, 2011).

15

Per ciò che concerne la patologia valvolare i dati americani suggeriscono una

prevalenza del 2.5%, con una forbice età correlata che va dallo 0.7% (18-44 anni) al 13-

3% (>75 anni). Nel contesto europeo, la prevalenza osservata è del 2.3% (d’Arcy JL et

al, 2011).

A livello europeo è possibile analizzare i dati forniti dal servizio sanitario nazionale

anglosassone, secondo il quale si assiste ad un picco di prevalenza di BPAC negli

uomini di età compresa tra i 61 ed i 70 anni. Per il sesso femminile tale picco è

osservabile in corrispondenza di età superiori ai 75 anni (Bridgewater B et al, 2008). I

tassi di mortalità e sopravvivenza rispetto ai maggiori interventi cardiochirurgici relativi

al Regno Unito possono essere così specificati (Bridgewater B et al, 2008):

BPAC: mortalità 1.5%; sopravvivenza a 5 anni 88%

Chirurgia valvolare: mortalità 3.5%; sopravvivenza a 5 anni 82%

BPAC + chirurgia valvolare (contemporanee): mortalità 6.1%; sopravvivenza a

5 anni 72%.

In Italia, la spesa per i soli interventi cardiochirurgici è stimabile in circa 650 milioni di

Euro annui (50.000 procedure annue ad un DRG medio di circa € 13.000)

corrispondente all'1% del Fondo Sanitario. In Italia esistono circa 100 unità ospedaliere

di cardiochirurgia. Il rapporto EUROSTAT indica una media di 50 interventi

cardiochirurgici ogni 100.000 abitanti ogni anno (Ministero della Salute, 2010a).

Disaggregando il dato per DRG (Diagnosis Related Groups): la percentuale maggiore è

relativa agli interventi di bypass aorto-coronarico (26.500 DRG), seguita dagli interventi

a carico delle valvole cardiache (18.500 DRG) .

Il tasso di mortalità atteso per gli interventi cardiochirurgici è stimabile nel 3% (IC95%

2.9%-3.2%) (Ministero della Salute, 2010a).

La prevalenza degli interventi di rivascolarizzazione a livello nazionale è stimabile nel

3.4% per il sesso maschile e 4.6% per il sesso femminile (Ministero della Salute,

2010b).

16

CAPITOLO 2

2.1 COPING DEI CAREGIVERS DI PAZIENTI

CARDIOCHIRURGICI

Uno stile di vita coerente con le prescrizioni igienico-sanitarie indicate dall’équipe

assistenziale può ridurre sostanzialmente il rischio di recidive cardiovascolari ma è

difficile da raggiungere e da mantenere: molto spesso è necessaria l’insaturazione di un

intervento integrato che veda coinvolti pazienti, équipe curante e familiari/caregivers.

Il caregiver in letteratura è definito come la persona (componente del nucleo familiare o

meno) che si fa carico di una condizione di patologia di un soggetto malato (Ayre L.,

2000). Non esistono però criteri definiti per la sua identificazione: diventare caregiver

può essere infatti una scelta consapevole; una necessità legata alle condizioni di

relazione con la persona assistita o ancora una decisione derivante da problematiche di

natura economica (Tognetti A., 2004; Luchetti L. et al, 2011).

I caregivers sono i “fornitori di cure non professionisti”, che solitamente fanno parte

della sfera famigliare o della cerchia di amici del paziente.

Spesso i caregivers sono limitati per quanto riguarda la gestione delle cure e le

conoscenze cliniche. Essi inoltre, oltre alle attività curative ‘visibili’ (cure fisiche e

medicamentose), devono esplicitare anche quelle ‘invisibili’, come il monitoraggio dello

stato di salute e il sostegno morale (Wolfsgruber M. et al, 2009; Luchetti L et al, 2012).

Tutto ciò li sottopone a stress continuo (specialmente se il famigliare si ritrova da solo a

svolgere la funzione di caregiver) che, se non compensato con delle efficaci strategie di

coping, li potrebbe portare a sviluppare problemi di salute legati all’eccessivo carico

assistenziale. Il caregiver infatti può risentire negativamente dell’impatto provocato

dalla malattia invalidante del familiare sulla propria qualità della vita e sul benessere

psicologico.

Quella del caregiver è una figura assistenziale in crescita nei paesi industrializzati, a

causa dell’allungamento della vita, dell’incremento della popolazione anziana e della

17

riduzione di mortalità grazie al miglioramento della diagnostica preventiva, delle cure e

all’aumento delle patologie croniche invalidanti. Nell’identificare il caregiver non si

tiene conto se coabiti con la persona malata, o dell’intensità, del tipo, della durata

dell’assistenza, in quanto questi elementi possono variare nel tempo a seconda delle

necessità dell’assistito.

L’attività dei caregivers è oggetto di attenzione dagli anni ‘60. Inizialmente orientata al

riconoscimento dei bisogni di caregiving di soggetti con problemi cognitivi dovuti a

malattia mentale, psichiatrica e a difficoltà di sviluppo, si è estesa all’osservazione dei

bisogni delle famiglie con soggetti affetti da esiti di patologie neurologiche acute

(stroke, TC) e con patologie croniche progressive (Alzheimer, Parkinson, SLA, SM) e

negli anni ‘80 anche all’ambito gerontologico ed oncologico.

Alcune teorie sui processi di stress affermano che eventi di vita stressanti

contribuiscono significativamente a erodere le strategie personali di coping del

caregiver (coping positivo) o ad aumentare quelle maladattive (coping negativo),

producendo esiti negativi di salute, con particolare riferimento all’insorgenza della

depressione (Lazarus RS e Folkman S, 1984; Pearlin LD et al, 1981).

Più precisamente, tali teorie suggeriscono che lo stress della vita quotidiana da solo non

può spiegare l'intensità dei disturbi psicologici/psichiatrici sviluppati. Al contrario,

determinate strategie di coping o particolari fattori comportamentali spiegano la

relazione tra lo stress della vita e i disturbi insorti.

Il caregiving di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer è un esempio comune utilizzato

per lo studio dello stress, in particolare per lo studio della correlazione tra stress e

sintomi depressivi (Cohen et al, 1990; Gallagher, Rose, Rivera, Lovett et al, 1989;

Mahoney, Regan, Katona e Livingston, 2005; Ory, Hoffman, Yee, Tennstedt e Schulz,

1999; Williamson & Schulz, 1993).

Questa tipologia di pazienti mostra, in un ampio periodo di tempo, un certo numero di

cambiamenti, come ad esempio modifiche del funzionamento cognitivo e del

comportamento.

18

Due revisioni della letteratura (Burns, 1996; . Schulz et al, 1995; Schulz & Sherwood,

2008; Teri et al, 1992), hanno rilevato che problemi di memoria e di comportamento

presentati dai pazienti col morbo di Alzheimer sono particolarmente deleteri per il

caregiver in termini di benessere psichiatrico.

L’esperienza vissuta dai caregivers porta alla depressione perché si assiste per la

maggior parte dei casi ad una deprivazione della loro attività sociale e/o ricreativa.

Questo aspetto è stato approfondito dal modello psicologico descritto come “Activity

Restriction" (2000) con cui si afferma che proprio la mancanza di “attività di rinforzo”

(Williamson GM & Shaffer, 2000) tra cui attività sociali e ricreative, determina un

aumento di sintomi depressivi.

Un altro processo di coping che potrebbe essere attivato dallo stress del caregiver è il

cosiddetto “coping di evitamento” (Folkman S et al, 1986).

Questo tipo di coping è caratterizzato da tentativi di evitamento o di fuga dallo stress,

per evitare di doverlo affrontare. L’evitamento è descritto in letteratura attraverso due

possibili varianti: tipo cognitivo (ad esempio, "Cerco di dimenticare tutto") e tipo

comportamentale ("Evito di stare con la gente in generale"; "Continuo come se non

fosse successo niente") .

Il coping di evitamento è un rimedio allo stress, a breve termine.

Inoltre, poiché gli stimoli negativi non sono del tutto evitabili, gli effetti a lungo termine

del coping di evitamento possono effettivamente essere dannosi per l'individuo. L'uso

del coping evitante è stato più volte associato ad esiti negativi psichiatrici (Penley,

Tomaka Wiebe, 2002) anche tra gli operatori sanitari (Garity, 1997; Wright, Lund,

Caserta e Pratt, 1991).

Tra i caregivers in particolare, questo tipo di coping sembra essere più fortemente

collegato con sintomi depressivi, rispetto ad altre forme di coping ( Powers DV et al,

2002; Mausbach BT et al, 2006) .

Uno studio ha mostrato che lo stress del caregiving è infatti associato ad un aumentato

uso del coping evitante, che a sua volta è associato ad un aumento della depressione.

(Mausbach BT et al, 2006) .

19

2.2 CAREGIVING BURDEN

In letteratura è stato coniato il concetto di caregiver burden (Mochari-Greenberger H,

2012; Luchetti L et al, 2012; Adelman RD et al, 2014). In questo senso, si è andati ad

indagare l’impatto del carico assistenziale sul benessere psicofisico e sulla qualità della

vita di chi si occupa di persone anziane, con attenzione al sostegno informale, fornito da

personale di cura non specializzato, nella fattispecie i familiari.

Sono state date numerose interpretazioni del concetto di caregiver burden e vi è accordo

nel definirlo come il peso dell’assistenza percepito dal caregiver. Questo si traduce in

un disagio psicologico caratterizzato da ansia, depressione e malessere fisico, in un

carico soggettivo che investe gli aspetti sociali ed economici dell’assistenza. Si tratta di

un concetto multidimensionale che si ripercuote in modo globale sulla qualità della vita

delle persone che si occupano di un anziano; le caratteristiche dei caregivers sono state

studiate in relazione alla percezione del carico soggettivo per cercare di individuarne

un’eventuale influenza: genere ed età del caregiver, condizioni socio-economiche,

presenza e qualità di una rete di supporto sociale, aspettative e strategie di coping

adottate per far fronte allo stress.

Tutti questi aspetti influiscono sul peso percepito provocandone un aumento (le donne

tendono a sperimentare un maggior carico rispetto agli uomini) o, al contrario, una

riduzione (la presenza di una rete di supporto adeguata ed una condizione economica

tale da permettere di usufruire di un aiuto formale nell’assistenza).

Le ripercussioni che può avere il grado di carico percepito dai caregivers sono duplici:

interessano la qualità della vita del caregiver stesso (la presenza di ansia, depressione e

stress elevato può compromettere il funzionamento in aree importanti del vivere

quotidiano, come quella lavorativa, relazionale e familiare e può causare la comparsa di

sintomi di malessere fisico. Nella maggior parte dei casi si riduce il tempo che il

caregiver ha a disposizione per sé e per gli altri membri della famiglia poiché viene

assorbito per gran parte del tempo dalle necessità imposte dall’assistenza); interessano

la qualità della vita delle persone anziane malate poiché incidono sulla qualità della cura

che viene loro fornita (se il caregiver non trova le risorse da investire nell’assistenza

corre il rischio di percepire un carico sempre più elevato, fino al punto di non essere più

20

in grado di gestire e sostenere la relazione di cura).

Per quello che riguarda la gestione del paziente cardiopatico, è possibile individuare un

panel di sette fattori caratterizzanti l’utilizzo di strategie di coping efficaci: il

coinvolgimento del caregiver, l’apprendimento continuo sull’insufficienza cardiaca,

accettare e affrontare la diagnosi di insufficienza cardiaca, imparare da altri pazienti con

insufficienza cardiaca, guida per il problem solving quotidiano, cambiamenti di vita,

risorse finanziarie. (Piamjariyakul U et al, 2012a; Piamjariyakul U et al, 2012b)

I materiali didattici per l’educazione dei caregivers familiari devono includere strategie

per far fronte alle diverse esigenze emotive dei pazienti, nel tempo.

I caregivers stessi hanno identificato l’apprendimento continuo sull’insufficienza

cardiaca nel tempo, come una strategia importante per gestire efficacemente la propria

malattia a casa.

I pazienti hanno anche riferito che è stato utile avere materiale audiovisivo da rivedere

ripetutamente a casa e partecipare a gruppi di discussione clinica con altri pazienti che

stavano gestendo lo scompenso cardiaco.

L’educazione dei caregivers può portare a migliori risultati clinici, come ad esempio

l’aderenza dei pazienti alla terapia farmacologica, alla dieta prescritta, all'esercizio

fisico e a ridurre la depressione.

Una soluzione a tali problemi, potrebbe essere l’istituzione di sessioni di insegnamento

al telefono (quando i caregivers sono disponibili). Questo sarebbe un modo per

aumentare le informazioni dei caregivers sull’autogestione dello scompenso cardiaco.

Inoltre, i pazienti hanno indicato un forte desiderio di avere una guida professionale,

soprattutto con capacità di problem solving, nell’autogestione dell’insufficienza cardiaca

(Pressler et al, 2009; Wilkins, Bruce e Sirey, 2009; Annema et al, 2009).

“Family support - a burden to patient and caregiver” è uno studio condotto in Svizzera,

sul peso che ha la malattia cardiaca sul paziente e sul caregiver.

21

L'impatto del sostegno familiare sul recupero e sulla mortalità dei pazienti con patologia

cardiaca è stata dimostrata in diversi studi. E’ stato anche accertato che essa ha effetti

sui coniugi e sulla vita della famiglia.

Ciò sottolinea che il supporto reciproco dei membri della famiglia, è la forma più

importante di sostegno, in situazioni di malattia.

Quando un familiare soffre di una malattia cardiaca, i membri della famiglia e

soprattutto i partners, possono diventare più uniti e supportarsi reciprocamente, in modo

benefico.

Tuttavia, se il supporto che i famigliari danno al loro caro malato, viene percepito come

un fardello pesante da sostenere per le proprie capacità, ci possono essere gravi

conseguenze per il famigliare come pure per l'interazione familiare.

I ruoli dei membri della famiglia, a causa di tale patologia, cambiano e il caregiver

sperimenta una perdita del proprio stile di vita e il nuovo ruolo che deve svolgere può

creare in lui un conflitto. Nel lungo termine, potrebbe comparire l’isolamento del

caregiver, se diminuisce il supporto da parte degli altri.

In letteratura è riportato inoltre che un considerevole costo emotivo colpisce per lo più i

caregivers femminili.

Le conseguenze di tale stress sono espresse in termini di sensazioni di essere facilmente

irritabili, avere difficoltà ad addormentarsi e sentirsi tesi.

In tutto ciò, i professionisti non possono sostituire il sostegno dei membri della famiglia,

però possono consigliare loro di aderire ad un programma di riabilitazione cardiaca,

incentrata sulla famiglia.

Uno studio (condotto da Aggarwal B1, Liao M, Christian A, Mosca L., ricercatori del

Columbia University Medical Center, New York, 2009, USA) ha valutato la relazione

tra caregiving e il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari. Le conclusioni sono

state che i caregivers dei pazienti cardiopatici possono avere essi stessi un maggior

rischio di mortalità e morbilità per malattie cardiovascolari, rispetto ai non-caregivers,

dovuto al subottimale stile di vita e a fattori di rischio psicosociali.

22

I ricercatori Yeh PM e Bull M. negli USA (anno 2012) hanno utilizzato, tra le famiglie

di anziani con insufficienza cardiaca congestizia, il modello di resilienza allo stress, per

analizzare il livello di resistenza del famigliare-caregiver al peso dell’assistenza. E’

emerso che i compiti più onerosi per il caregiver erano la dipendenza degli anziani

cardiopatici nelle attività di vita (ADL: Activity of daily living), il sostegno famigliare, la

qualità delle relazioni, la continuità delle cure, le strategie di coping e il benessere

spirituale.

In conclusione, le criticità maggiormente prevalenti riscontrate in letteratura riferibili

all’assunzione del ruolo di caregiver di un paziente cardiopatico possono essere così

declinate:

Scarsa conoscenza della patologia e scarsa informazione riguardo alla gestione

della patologia (decorso, farmaci, eventi acuti, percorsi clicinico-assistenziali, dieta,

stile di vita) (Piette et al, 2008; Pressler SJ et al, 2009; Wilkins VM et al, 2009; Annema

et al., 2009; Riegel B et al, 2009) .

Insorgenza di depressione, ansia, tristezza, sensazione di un grande dispendio

emotivo che generano sensazioni di essere facilmente irritabili, avere difficoltà ad

addormentarsi e sentirsi tesi (Lidell E., 2002).

Aumento del rischio di mortalità e morbilità per malattia cardiovascolari

(Aggarwal B et al, 2009).

Insorgenza di stati di ansia legati alla consapevolezza di svolgere compiti

difficili e di vitale importanza per i proprio cari malati (Baker K et al, 2010).

Difficoltà crescenti nel gestire le attività di vita quotidiana, il sostegno

famigliare, la qualità delle relazioni, la continuità delle cure, le strategie di coping e

benessere spirituale (Yeh PM et al, 2012).

Risulta di fondamentale importanza la presa in carico del caregiver da parte

dell’infermiere, l’elaborazione di piani assistenziali che li aiuti a far fronte alle esigenze

assistenziali del paziente, ma soprattutto a sviluppare strategie di coping efficaci nel

combattere i fattori di stress.

23

2.3 FAMILY STRAIN QUESTIONNAIRE – SHORT FORM

(FSQ-SF)

(Vidotto et al, 2010)

In Italia, per la valutazione del sovraccarico emotivo e fisico del caregiver burden, sono

stati costruiti il Family Strain Questionnaire (FSQ) e il Disease Impact On Caregiver

(DIOC), finalizzati rispettivamente ad esaminare le problematiche caregiving-correlate,

indipendentemente dalla patologia ma relative a soggetti adulti, e a rilevare l’impatto di

diverse patologie croniche del paziente sulla qualità di vita del caregiver.

Nel presente studio, si andrà ad utilizzare il “Family Strain Questionnaire-Short Form”

(FSQ-SF) appositamente creato soprattutto per fornire al medico di base o ad altre

figure sanitarie uno strumento semplice per tenere sotto controllo la situazione dei

caregivers. La forma abbreviata (Short Form) è di rapida compilazione e non richiede di

essere professionisti per la sua somministrazione. La pagina iniziale del questionario

richiede la compilazione in anonimato di una breve scheda anagrafica relativa al

paziente e al caregiver che ha consentito la rilevazione di una serie di dati

sociodemografici. La seconda parte invece, è composta da 30 quesiti, parte di un’unica e

generale dimensione dello strain , posti in ordine di severità e raggruppati in aree a

crescente rischio psicologico:

• area OK: il caregiver sta reagendo bene alla situazione;

• area R (raccomandato): il caregiver sta reagendo sufficientemente bene ma con

qualche incapacità di adattamento. Si raccomanda una consultazione psicologica

qualora i sintomi peggiorassero;

• area SR (fortemente raccomandato): il caregiver presenta un evidente strain che

richiede una valutazione e un supporto psicologico;

• area U (urgente): il caregiver presenta un rilevante strain e un alto rischio psicologico.

E’ urgente che sia visto da uno psicologo o da uno psichiatra.

Il FSQ-SF permette un rapido screening della situazione vissuta dal caregiver ma non

fornisce alcun tipo di diagnosi psicologica dello stesso. I risultati del FSQ-SF, indicano

24

che più il punteggio totale è alto, più fragile e a rischio sarà la condizione psicologica

del caregiver.

Il questionario è visionabile nell’allegato n.1

25

CAPITOLO 3

3.1 NATURA DELLO STUDIO

Lo studio effettuato è di tipo osservazionale correlazionale ed ha avuto una durata di sei

mesi.

3.2 VARIABILI OSSERVATE

E’ stato osservato lo strain dei caregivers dei pazienti sottoposti ad intervento

cardiochirurgico, all’interno del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dell’AOU

Ospedali Riuniti “Umberto I-G.M. Lancisi-G.Salesi” di Ancona.

3.3 POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO

La popolazione studiata è stata quella dei caregivers dei pazienti post chirurgici

ricompresi nel programma di follow-up degli Ambulatori del Dipartimento Scienze

Cardiovascolari- AOU Ospedali Riuniti-Ancona.

Così come riportato dalla letteratura (Ayre L., 2000; Tognetti A, 2004; Luchetti L. et al,

2011), il caregiver è stato individuato in colui che si occupa in maniera continuativa

della salute e del percorso assistenziale della persona malata. Si è scelto, però, di non

limitare l’attenzione solo al caregiver principale, ma a tutti i famigliari (presenti)

coinvolti nell’assistenza del malato purché la loro presenza fosse costante e attiva.

3.4 CAMPIONE E METODO DI CAMPIONAMENTO

3.4.1 Dimensione campionaria

Una prima fase pilota ha consentito di definire la dimensione ottimale del campione

della popolazione considerata anche se, per le finalità descrittive dello studio, si ritiene

adeguato il numero di caregivers arruolabili in un periodo di 6 mesi (stimabile in un

numero di 100).

26

3.4.2 Campionamento

L’approccio metodologico, esclusivamente di tipo osservazionale, ha previsto

l’arruolamento consecutivo (senza ripetizione), previo acquisizione di un consenso

libero ed informato, dei caregivers dei pazienti ammessi al programma di follow-up

degli Ambulatori per i pazienti postchirugici Dipartimento Scienze Cardiovascolari-

AOU “Ospedali Riuniti-Ancona non rientranti nei seguenti criteri di esclusione:

soggetti con evidenti alterazioni dello stato cognitivo;

caregivers che non abbiano compiuto i 18 anni.

3.5 ANALISI STATISTICA

L’analisi dei dati ha previsto, oltre ai normali test per il confronto dei valori medi

osservati nelle variabili continue e al test del χ2 per il confronto di frequenze e

percentuali nelle variabili categoriche, l’uso di modelli di regressione per spiegare

eventuali relazioni tra lo strain dei caregivers studiati ed alcuni suoi possibili predittori

legati in particolare alle condizioni cliniche dei pazienti. In presenza di un accettabile

indice di correlazione tra le variabili considerate, una dipendenza per almeno il 80%

della variabile bersaglio (strain) rispetto a quelle esplicative può essere ritenuta

interessante dal punto di vista clinico.

a) I dati sono stati analizzati con SPSS - versione 19.0

3.6 STRUMENTI

Family Strain Questionnaire-Short Form (FSQ-SF) (Allegato n.1)

Il Family Strain Questionnaire-Short Form (Vidotto G. et al, 2010) è un semplice

strumento appositamente creato per i membri dell’équipe assistenziale per tenere sotto

controllo la situazione dei caregivers: la sua forma abbreviata è di rapida compilazione.

È composto da 30 items con risposta dicotomica (SI-NO) posti in ordine di severità e

raggruppati in aree a crescente rischio psicologico. Al termine del questionario vengono

27

computate le risposte “SI”: in base a questo dato è possibile identificare un grading di

strain del caregiver:

• area OK: 0÷6 risposte SI. Il caregiver sta reagendo bene alla situazione;

• area R (raccomandato): 7÷12 risposte SI. Il caregiver sta reagendo sufficientemente

bene ma con qualche incapacità di adattamento. Si raccomanda una consultazione

psicologica qualora i sintomi peggiorassero;

• area SR (fortemente raccomandato): 13÷20 risposte SI. Il caregiver presenta un

evidente strain che richiede una valutazione e un supporto psicologico;

• area U (urgente): 21÷30 risposte SI. Il caregiver presenta un rilevante strain e un

alto rischio psicologico. E’ urgente che sia visto da uno psicologo o da uno psichiatra.

Il FSQ-SF permette un rapido screening della situazione vissuta dal caregiver ma non

fornisce alcun tipo di diagnosi psicologica dello stesso.

E’ stata utilizzata la versione in lingua italiana (Capovilla ED et al, 2012).

3.7 CONSIDERAZIONI ETICHE

L’arruolamento dei soggetti nello studio è avvenuta dopo la firma del consenso libero

ed informato (allegati n. 2 e 3) e del consenso al trattamento dei dati personali e

sensibili. Tutti i soggetti coinvolti sono stati informati riguardo allo studio dallo

sperimentatore, il quale è rimasto a completa disposizione per eventuali chiarimenti in

merito alle modalità di svolgimento dello studio stesso.

I dati raccolti sono stati utilizzati al solo scopo dichiarato nello studio.

3.7.1 Articolazione del progetto

I FASE:

28

Ai caregivers che hanno accompagnato i loro assistiti alle visite

programmate di follow-up, dopo firma del consenso libero ed informato e

autorizzazione al trattamento dei dati personali, è stato somministrato il

FSQ-SF per la rilevazione dello strain attualmente vissuto. Ad ogni

caregiver è stato attribuito un numero identificativo, così che l’identità dei

soggetti arruolati è rimasta nota solo allo sperimentatore, responsabile della

detenzione dei dati.

II FASE:

I dati sono stati raccolti attraverso un foglio elettronico, il cui accesso è

protetto dallo sperimentatore. Il database contiene esclusivamente

l’identificativo del paziente e non i suoi dati anagrafici. I dati raccolti sono

stati la base per l’elaborazione statistica successiva che è andata a verificare

le ipotesi dello studio.

3.8 RISULTATI

Il questionario FSQ-SF è stato compilato da 73 soggetti.

Tramite i dati raccolti è stato possibile tracciare un panorama, seppur limitato, della

popolazione dei caregivers che assistono i pazienti post-cardiochirurgici compresi nel

programma di follow-up degli ambulatori della struttura sopra citata.

Il 56,2% dei caregivers sono donne mentre il restante 43,8% sono uomini.

Questo dato è in linea con la letteratura esistente che vede le donne come principali

protagoniste nell’assistenza al malato.

Per quanto riguarda lo stato civile dei famigliari, il 76,7% di essi è

coniugato/a, il 16,4% è celibe/nubile, i restanti sono divorziati/e (4,1%) o

vedovi/e (1,4%).

L’età dei caregivers è eterogenea; la media è di 52 anni (con una deviazione

standard del 15,89) con un minimo di 20 e un massimo di 78 anni.

29

La maggioranza dei soggetti possiede una scolarità medio-alta, per lo più un

diploma di scuola media superiore (34,2%); un 20,5% dei caregivers ha un

diploma di laurea; un altro 20,5% ha la licenza media; il 12,3% ha la licenza

elementare; i soggetti restanti (12,3%) hanno preferito non rispondere.

Per quanto concerne il lavoro attuale, il 65,8% del campione analizzato

lavora; il 26% è pensionato; l’1,4% è disoccupato; mentre il restante 6,8%

non ha risposto.

Focalizzandoci invece sulla professione svolta, il 53,4% dei lavoratori è

dipendente (operaio e impiegato), il 17,8% è casalinga e

studente/studentessa, il 13,7% svolge invece attività di lavoro indipendente

(artigiano, commerciante, imprenditore), il restante 2,7% è personale

sanitario (infermiere, medico).

Dall’analisi del grado di parentela con il congiunto, emerge che nella

maggior parte dei casi il caregiver è un figlio/a (31,5%) o il coniuge

(23,3%), mentre raramente troviamo genitori, fratelli/sorelle, nipoti o altro

(24,7%); il restante 20,5% non ha compilato questo campo del questionario.

Riguardo alle informazioni sui pazienti lasciate dai loro caregivers, risulta che:

l’età media è di 71 anni (con una deviazione standard del 9,57), con un

minimo di 32 e un massimo di 84 anni;

il 50,7% dei pazienti sono maschi; il 30,1% sono femmine; mentre il 19,2%

dei caregivers non ha compilato il campo relativo al sesso del proprio

congiunto;

Il 34,2% dei pazienti ha una scolarità a livello elementare (licenza

elementare); il 23,3% ha conseguito il diploma di scuola media superiore; il

16,4% è in possesso di licenza media; mentre solo il 2,7% è laureato (il

restante 23% non ha risposto a questo quesito).

La maggior parte dei pazienti (39,7%) ha subìto un intervento di by-pass

aorto-coronarico (BPAC); il 32,9% un intervento valvolare; l’11% si è

sottoposto a by-pass e sostituzione valvolare (BAC+SV); l’8,2% non ha

30

risposto; il 4,1% ha subìto un’angioplastica coronarica percutanea (PTCA)

ed il restante 4,1% è stato operato per l’aneurisma dell’aorta.

La tabella sottostante (tabella n.1) riassume le caratteristiche sociodemografiche dei

pazienti e dei rispettivi caregivers.

Tabella n.1 Caratteristiche sociodemografiche dei pazienti e dei caregivers (n=73)

Caratteristiche Frequenza Percentuale

INTERVENTO CCH:

ANEURISMA AORTICO 3 4.1

BAC+SV 8 11.0

BPCA 29 39.7

INTERVENTO

VALVOLARE

24 32.9

PTCA 3 4.1

Mancante 6 8.2

SESSO DEL FAMILIARE:

32

43.8 M

F 41 56.2

STATO CIVILE DEL

FAMILIARE:

12 16.4 CELIBE/NUBILE

CONIUGATO/A 56 76.7

DIVORZIATO/A 3 4.1

VEDOVO/A 1 1.4

31

Mancante 1 1.4

LAVORO ATTUALE:

1 1.4 DISOCCUPATO/A

LAVORATORE 48 65.8

PENSIONATO/A 19 26.0

Mancante

5 6.8

LAVORO SVOLTO:

STUDENTE 3 4.1

CASALINGA 10 13.7

AUTONOMO 10 13.7

DIPENDENTE 39 53.4

SANITARIO 2 2.7

Mancante 9 12.3

TITOLO DI STUDIO:

DIPLOMA 25 34.2

LAUREA 15 20.5

LICENZA

ELEMENTARE

9 12.3

LICENZA MEDIA 15 20.5

Mancante 9 12.3

32

GRADO DI PARENTELA:

ALTRO 11 15.1

CONIUGE 17 23.3

FIGLIO/A 23 31.5

FRATELLO/SORELLA 6 8.2

MADRE 1 1.4

Mancante 15 20.5

SESSO DEL CONGIUNTO:

M 37 50.7

F 22 30.1

Mancante 14 19.2

SCOLARITA’ DEL CONGIUNTO:

17

2

23.3

2.7

DIPLOMA

LAUREA

LICENZA ELEMENTARE

LICENZA MEDIA

Mancante

25 34.2

12 16.4

17 23.3

N Minimo Massimo Media DS

ETA' DEL FAMIGLIARE 70 20 78 52.13 15.89

ETA' DEL CONGIUNTO 58 32 84 71.02 9.57

33

I risultati ottenuti al FSQ-SF mostrano che la grande maggioranza dei famigliari è

preoccupata per la malattia del proprio caro (90,4%), vorrebbe sapere con più precisione

quali cure si stanno prestando al proprio caro (76,7%), sente di avere bisogno di consigli

su come assisterlo (74%), vorrebbe avere più tempo da dedicare a sé stessa (71,2%),

dice di pensare sempre alle conseguenze rispetto alle prospettive di vita legate alla

malattia (67,1%), si sente particolarmente stressata (67,1%), sente di avere troppe cose a

cui pensare (63%), si sente impotente di fronte alla malattia (61,6%) e dichiara di

pensare spesso alla morte del congiunto (57,5%).

Al contrario, le percentuali più basse di risposte “sì” sono state registrate in

corrispondenza dei seguenti items del questionario: “Talvolta ho l’impressione di aver

perso il mio congiunto” (8,2%), “Vorrei parlare della possibile perdita del mio

congiunto” (8,2%),

“A volte mi sento irritato dalle continue richieste del mio congiunto” (12,3%),

“Nessuno capisce il peso che porto” (19,2%), “Sono pessimista per il futuro” (24,7%).

In riferimento alle quattro “aree di rischio” (OK, R, SR e U) i risultati hanno mostrato

che l’11% dei caregivers rientra nell’area “OK”, vale a dire che mostra adeguate abilità

di coping per fronteggiare lo stress legato alla malattia del congiunto, il 27,4% rientra

nell’area “R”, area per cui potrebbe essere consigliabile un counselling psicologico

qualora la percezione dello stress da parte del caregiver aumentasse; il 28,8% rientra

nell’area “SR”, per cui viene consigliato un intervento di valutazione e sostegno

psicologico e il 12,3% rientra nell’area “U”, per la quale l’intervento psicologico

assume caratteristiche di urgenza. La percentuale residua degli intervistati (20,5%) non

ha completato la compilazione del questionario, per cui non è stato possibile elaborare

un coretto punteggio del FSQ-SF.

La tabella n.2 mostra i risultati del FSQ-SF.

34

Tabella n.2 Risultati questionari FSQ-SF

Frequenza Percentuale

AREA OK 8 11.0

AREA R 20 27.4

AREA SR 21 28.8

AREA U 9 12.3

NON completo 15 20.5

Totale 73 100.0

Analizzando i dati più nello specifico, possiamo collegare le quattro aree del Family

Strain Questionnaire-Short Form:

ai diversi interventi cardiochirurgici subìti dai pazienti;

al sesso dei famigliari;

allo stato civile;

al lavoro svolto;

al titolo di studio conseguito dai caregivers;

al grado di parentela tra caregiver e congiunto;

al sesso del congiunto;

all’età del congiunto;

all’età del famigliare.

o Intervento cardiochirurgico (vedi tabella n.3):

ANEURISMA DELL’AORTA rientrano, per il 50% nell’area SR e per il

restante 50% nell’area U;

BY-PASS AORTO CORONARICO (BAC) e SOSTITUZIONE VALVOLARE

(SV) rientrano, per il 42,9% nell’area R; per il 28,6% nell’area SR e per il

restante 28,6% nell’area U;

35

BY-PASS AORTO CORONARICO (BAC) rientrano, per il 40,9% nell’area R,

nell’area SR per il 31,8%, per il 18,2% nell’area OK mentre per la restante

percentuale del 9,1% nell’area U;

INTERVENTO VALVOLARE rientrano, per il 40% nell’area SR, per il 30%

nell’area R, per il 20% nell’area OK e per il restante 10% nell’area U;

ANGIOPLASTICA CORONARICA PERCUTANEA (PTCA) rientrano, per il

66,7% nell’ area R e per il 33,3% nell’area U.

Tabella n.3 TOT FSQ correlato a INTERVENTO CCH

Si può quindi notare che l’intervento cardiochirurgico che genera maggiore stress nei

caregivers è la chirurgia dell’aneurisma dell’aorta.

Ciò è assolutamente comprensibile, in quanto tale intervento rappresenta un’emergenza

chirurgica per cui, se il paziente non viene trattato tempestivamente ha alte probabilità

di morire. La sopravvivenza alla rottura dell'aneurisma aortico è infatti molto bassa (10-

15% dei casi) ed è legata in gran parte alla tempestività della diagnosi e all'efficacia del

trattamento chirurgico e rianimatorio. (Saratzis A. et al, 2014)

o Sesso del famigliare (vedi tabella n.4):

INTERVENTO CCH

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

ANEURISMA AORTICO 0.0% 0.0% 50.0% 50.0%

BAC+SV 0.0% 42.9% 28.6% 28.6%

BAC 18.2% 40.9% 31.8% 9.1%

INTERVENTO VALVOLARE 20.0% 30.0% 40.0% 10.0%

PTCA 0.0% 66.7% 0.0% 33.3%

Mancante 0.0% 0.0% 75.0% 25.0%

36

la maggioranza (40,7%) dei caregivers maschi rientra nell’area R, il 29,6%

nell’area OK, il 22,2% nell’area SR e solo il 7,4% nell’area U;

la maggioranza (48,4%) dei caregivers femmine rientra nell’area SR, il 29%

nell’area R, il 22,6% nell’area U e nessuno nell’area OK.

Tabella n.4 TOT FSQ correlato a SESSO DEL FAMILIARE

Da ciò si può dedurre che i caregivers che risentono di più dello stress legato

all’intervento cardiochirurgico del proprio famigliare, sono quelli di sesso femminile. E’

importante sottolineare inoltre che nessuno dei caregivers femmina rientra nell’area

OK, vale a dire che nessuna di esse mostra adeguate abilità di coping per fronteggiare

lo stress legato alla malattia del congiunto, differentemente dai caregivers di sesso

maschile che dunque sembrano riuscire a fronteggiare meglio la natura stressante di

questo evento.

o Stato civile del familiare (vedi tabella n.5):

i caregivers celibi/nubili rientrano per un 30% nell’area SR, per un altro 30%

nell’area U, per un 20% nell’area R e per la restante percentuale (20%) nell’area

OK;

la maggioranza (38,6%) dei caregivers coniugati rientrano nell’area SR, un

34,1% nell’area R, un 13,6% nell’area OK ed il restante 13,6% nell’area U;

sia i divorziati che i vedovi rientrano al 100% nell’area R.

SESSO DEL

FAMILIARE

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

M

F

M 29.6% 40.7% 22.2% 7.4%

F 0.0% 29.0% 48.4% 22.6%

37

Tabella n.5 TOT FSQ correlato a STATO CIVILE DEL FAMILIARE

o Lavoro svolto dai caregivers (vedi tabella n.6):

i disoccupati rientrano al 100% nell’area SR;

i lavoratori rientrano per un 39,5% nell’area R, per un 31,6% nell’area SR, per

un 15,8% nell’area OK e per il restante 13,2% nell’area U;

i pensionati rientrano per il 42,9% nell’area SR, per il 35,7% nell’area R, per il

14,3% nell’area OK, per il restante 7,1% nell’area U.

Tabella n.6 TOT FSQ correlato a LAVORO ATTUALE

STATO CIVILE DEL

FAMILIARE

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

CELIBE/NUBILE 20.0% 20.0% 30.0% 30.0%

CONIUGATO/A 13.6% 34.1% 38.6% 13.6%

DIVORZIATO/A 0.0% 100.0% 0.0% 0.0%

VEDOVO/A 0.0% 100.0% 0.0% 0.0%

LAVORO ATTUALE

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

DISOCCUPATO/A 0.0% 0.0% 100.0% 0.0%

LAVORATORE 15.8% 39.5% 31.6% 13.2%

NULL 0.0% 0.0% 40.0% 60.0%

PENSIONATO/A 14.3% 35.7% 42.9% 7.1%

38

o Titolo di studio del caregiver (vedi tabella n.7):

i caregivers con licenza elementare rientrano per il 50% nell’area SR, per il

37,5% nell’area R e per il 12% nell’area U;

la maggioranza (55,6%) dei caregivers con licenza media rientrano nell’area R,

il 33,3% nell’area U e l’11,1% nell’area OK;

il 35% dei caregivers con diploma appartiene all’area SR, un 25% all’area R, un

altro 25% all’area OK ed il restante 15% all’area U;

i caregivers laureati rientrano per il 50% nell’area R, per il 28,6% nell’area SR,

per il 14,3% nell’area OK e solo per il 7% nell’area U.

Tabella n.7 TOT FSQ correlato a TITOLO DI STUDIO

Da notare che i caregivers che hanno conseguito una laurea hanno la minore

percentuale di appartenenti all’area U.

o Grado di parentela con il paziente (vedi tabella n.8):

il 41,7% dei coniugi rientra nell’area SR, il 25% nell’area U, un altro 25%

nell’area R e solo l’8,3% nell’area OK;

il 38,9% dei/delle figli/figlie rientra nell’area R, il 33,3% nell’area SR, il 16,7%

nell’area OK e l’11,1% nell’area U;

TITOLO DI STUDIO TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

LICENZA

ELEMENTARE 0.0% 37.5% 50.0% 12.5%

LICENZA MEDIA 11.1% 55.6% 0.0% 33.3%

DIPLOMA 25.0% 25.0% 35.0% 15.0%

LAUREA 14.3% 50.0% 28.6% 7.1%

39

un 50% dei/delle fratelli/sorelle rientra nell’area R, l’altra metà rientra nell’area

SR;

Tabella n.8 TOT FSQ correlato a GRADO DI PARENTELA

Va sottolineato che i coniugi dei pazienti cardioperati sono quelli con una minore

percentuale di appartenenti all’area OK.

o Sesso del paziente (vedi tabella n.9):

i caregivers che assistono il proprio caro di sesso maschile rientrano per il

38,5% nell’area R, per un altro 38,5% nell’area SR, per l’11,5% nell’area OK e

per il restante 11,5% nell’area U;

i caregivers che assistono il proprio caro di sesso femminile rientrano per la

maggioranza (42,1%) nell’area R, per il 26,3% nell’area SR, per il 15,8%

nell’area OK e per il restante 15,8% nell’area U.

Tabella n.9 TOT FSQ correlato a SESSO DEL CONGIUNTO

GRADO DI PARENTELA TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

ALTRO 20.0% 60.0% 10.0% 10.0%

CONIUGE 8.3% 25.0% 41.7% 25.0%

FIGLIO/A 16.7% 38.9% 33.3% 11.1%

FRATELLO/SORELLA 0.0% 50.0% 50.0% 0.0%

MADRE 0.0% 0.0% 0.0% 0.0%

SESSO DEL

CONGIUNTO

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

40

o Età del caregiver (vedi tabella n.10):

nessuno dei caregivers che hanno più di 44 anni e meno di 52 appartiene all’area

U;

nessuno dei caregivers che hanno più di 53 anni e meno di 65 rientra nell’area

OK.

Tabella n.10 TOT FSQ correlato a ETA’ DEL CAREGIVER

o Età del paziente: (vedi tabella n.11):

Riguardo invece all’età del congiunto cardioperato, l’unico dato rilevante è che i

caregivers che prestano assistenza ai famigliari che hanno più di 78 anni non rientrano

per niente nell’area OK né nell’area U.

Tabella n.11 TOT FSQ correlato a ETA’ DEL CONGIUNTO

M 11.5% 38.5% 38.5% 11.5%

F 15.8% 42.1% 26.3% 15.8%

ETA' DEL

CAREGIVER

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

<43 aa 17.6% 29.4% 35.3% 17.6%

>44 aa < 52 aa 23.1% 38.5% 38.5% 0.0%

>53 aa < 65 aa 0.0% 50.0% 33.3% 16.7%

>66 aa 15.4% 30.8% 30.8% 23.1%

ETA' DEL

CONGIUNTO

TOT FSQ

AREA OK AREA R AREA SR AREA U

<67aa 23.1% 53.8% 15.4% 7.7%

41

3.9 DISCUSSIONE

3.9.1 Statistica Inferenziale

Da questo momento si può andare ad analizzare quanto i risultati ottenuti abbiano una

validità statistica. Innanzitutto occorre capire se i dati raccolti (così come si

distribuiscono) abbiano un andamento dovuto al CASO oppure ad una CAUSA: cioè se

esiste una significatività statistica. Questo si può fare utilizzando test statistici.

Quello utilizzato in questo studio è il Chi-quadro (χ2) un test non parametrico che si

effettua sulle variabili statistiche che non hanno un andamento gaussiano o normale. Il

livello di significatività accettato è stato p<0,005.

In particolare, la presenza di significatività statistica indica che c’è validità esterna dei

risultati e che dunque il dato ottenuto non per casualità, può essere esteso alla

popolazione generale di riferimento.

Tabella n.12 Chi-quadrato: variabili sociodemografiche *TOT FSQ-SF

Variabili p-value

INTERVENTO CCH 0.537

SESSO FAMILIARE 0.002

STATO CIVILE FAMILIARE 0.523

LAVORO ATTUALE 0.206

TITOLO DI STUDIO 0.063

GRADO DI PARENTELA 0.574

>66 aa <73aa 18.2% 18.2% 27.3% 36.4%

>74aa <77aa 10.0% 30.0% 50.0% 10.0%

>78aa .0% 50.0% 50.0% .0%

42

SESSO CONGIUNTO 0.845

SCOLARITA' CONGIUNTO 0.740

ETA' DEL CAREGIVER 0.710

ETA' CONGIUNTO 0.126

La tabella n.12 mette in relazione i risultati del FSQ-SF con le variabili

sociodemografiche considerate nella sezione “risultati”.

Si può notare che l’unica variabile ad avere significatività statistica è il sesso del

familiare. Essere un caregiver donna implica minori abilità di coping per fronteggiare

lo stress (tabella n. 4): i caregivers di sesso femminile sono soggetti ad un maggiore

carico di stress rispetto ai caregivers maschili, non solo nel campione osservato ma

anche nella popolazione generale.

Nella tabella n.13 è stato inserito il valore della “p”, solo per le variabili in cui è stata

riscontrata significatività statistica.

Per la domanda n.1 “Sono preoccupato per la malattia del mio congiunto”,

hanno significatività statistica lo stato civile e il titolo di studio del famigliare in

quanto presentano entrambi p<0,05.

Nell’item 2 “Mi sento impotente di fronte alla malattia” ha significatività

statistica solo la voce che indica l’età del congiunto, in quanto presenta p=0,036.

Per l’item 6 “Ho troppe cose a cui pensare” sono significativamente statistici

l’intervento cardiochirurgico subìto dal congiunto; sesso, titolo di studio ed età

del familiare. Presentano infatti p<0,05.

Il sesso del familiare è l’unico elemento ad avere significatività statistica,

nell’item 8 “Vorrei controllare di più le mie emozioni” in quanto ha una “p” pari

a 0,000.

43

Tabella n.13 Significatività statistica (p-value)* item-variabili sociodemografiche

Interv Sesso

famil.

Stato civile

famil.

Lavor

o

Titolo

studio

Grado

parent

Sesso

cong.

Scolarità

cong.

Età

famil

Età

cong

ITEM 1

0,012 0,010

ITEM 2

0,036

ITEM 3

ITEM 4

ITEM 5

ITEM 6 0,048 0,003

0,028 0,040

ITEM 7

ITEM 8

0,000

ITEM 9

0,008

0,034

ITEM

10

0,023

ITEM

11

0,024

0,013 0,000 0,033

ITEM

12

0,038

ITEM

13

ITEM

14

0,028

ITEM

15

0,040

ITEM

16

0,035

0,045

ITEM

17

0,045

ITEM

18 0,016

0,026 0,017 0,021

ITEM

19

ITEM

20

0,029

44

ITEM

21

0,008

ITEM

22

0,039

ITEM

23

ITEM

24

0,023

0,010 0,005

ITEM

25

0,011

ITEM

26

ITEM

27

ITEM

28

0,022

ITEM

29

0,000

ITEM

30 0,012

* Test del Chi-quadrato; p<0,05

Per la domanda n.9 “In questo periodo mi sento molto in ansia per il futuro”,

hanno significatività statistica sesso e titolo di studio del familiare.

Per l’item 10 “Ho spesso disturbi quali insonnia, difficoltà digestive, mal di

testa, stanchezza”, ha significatività statistica solamente il sesso del familiare

(p=0,023).

Nella domanda n.11 “In questo periodo mi sento molto stressato” hanno

significatività statistica sesso e titolo di studio del famigliare, età del congiunto e

grado di parentela col congiunto.

45

La scolarità del congiunto è l’unica variabile ad avere significatività statistica,

nella domanda n.12 “Avrei bisogno di parlare delle cose che non vanno con un

esperto (medico, psicologo, etc…).

Il sesso del famigliare è l’unico elemento che presenta significatività statistica,

per la domanda n.14 “La malattia del mio congiunto mi provoca stanchezza”.

Il sesso del congiunto è invece l’unico elemento significativamente statistico,

relativamente all’item 15 “In questo periodo ho poca voglia di uscire” .

Nell’item 16 “Ho l’impressione di non riuscire a far fronte a tutti i miei

problemi” sono risultati statisticamente rilevanti sesso del familiare e scolarità

del congiunto.

Il titolo di studio (del familiare) è l’unica variabile statisticamente rilevante, per

quanto riguarda la domanda n.17 “Mi sento in colpa quando lascio il mio

congiunto solo o con qualcun altro” .

Per l’item 18 “Ho poco tempo da dedicare agli altri famigliari”, sono

statisticamente rilevanti il tipo di intervento cardiochirurgico subìto dal

congiunto, sesso e scolarità del congiunto e il grado di parentela.

L’età del congiunto è l’unico dato statisticamente rilevante, per quanto riguarda

l’item 20 “Talvolta mi è difficile contenere la rabbia” .

Solamente l’età del familiare è invece statisticamente rilevante per la domanda

n.21 “Sono pessimista per il futuro”.

Il sesso del familiare è l’unico dato statisticamente significativo, per l’item 22

“Non so se riuscirò a superare tutte le difficoltà di questo periodo” .

46

Per quanto riguarda la domanda 24 “Sono molto ansioso di fronte al mio

congiunto”, statisticamente significativi sono sesso, lavoro attuale e titolo di

studio del familiare.

Il titolo di studio del familiare è statisticamente rilevante per la domanda n.25

“Talvolta ho l’impressione di aver perso il mio congiunto” ed anche per la

domanda n.28 “Nessuno capisce il peso che porto”.

Per l’item 29 “Vorrei parlare della possibile perdita del mio congiunto” è

statisticamente rilevante la scolarità del congiunto.

Infine, l’intervento cardiochirurgico subìto dal congiunto è l’unica variabile

statisticamente rilevante, per quanto riguarda l’item 30 “In caso di bisogno non

posso fare affidamento su qualcuno della famiglia”.

Inoltre, leggendo la tabella in senso verticale, è possibile evidenziare per ogni variabile

sociodemografica, quale item è più statisticamente significativo:

o Relativamente all’intervento cardiochirurgico, è la domanda n.30 “In caso di

bisogno non posso fare affidamento su qualcuno della famiglia”.

o Per il sesso del famigliare, è l’item n.8 “Vorrei controllare di più le mie

emozioni”.

o Per quanto riguarda lo stato civile del caregiver, è la domanda n.1 (l’unica con

significatività statistica, per questa variabile) “Sono preoccupato per la malattia

del mio congiunto”.

o Per il lavoro svolto dal famigliare, è l’item n.24 (l’unico) “Sono molto ansioso di

fronte al mio congiunto”.

47

o Se si considera il titolo di studio del famigliare, è sempre l’item n.24 (vedi

sopra).

o Relativamente al grado di parentela, è l’item n.11 “In questo periodo mi sento

molto stressato”.

o Per quanto concerne il sesso del paziente, è l’item n.18 “Ho poco tempo da

dedicare agli altri famigliari”.

o Per la scolarità del paziente, è la domanda n.29 “Vorrei parlare della possibile

perdita del mio congiunto”.

o Relativamente all’età del caregiver, è la domanda n.21 “Sono pessimista per il

futuro”.

o Infine, per l’età del paziente, è l’item n.20 “Talvolta mi è difficile contenere la

rabbia”.

3.9.2 Correlazioni

Dopo aver capito se le singole misurazioni corrispondevano ad un ordine CAUSALE è

interessante valutare se esistono correlazioni lineari tra le variabili considerate: cioè se

siano legate da un legame di proporzionalità (diretta= positiva; indiretta= negativa).

Questa si misura con l’indice di correlazione lineare (r di Pearson): ha un range di

variabilità compreso tra -1 e +1 (-1= -100%; +1= +100%). Il valore della correlazione ci

dice la forza del legame delle variabili considerate. Occorre considerare soltanto quelle

correlazioni statisticamente significative; dove cioè la p<0,05.

La tabella n.25 mostra le correlazioni tra il totale del Family Strain Questionnaire-Short

Form (TOT FSQ-SF) e le variabili sociodemografiche considerate nel presente studio.

L’unica correlazione statisticamente significativa è quella tra il TOT FSQ ed il SESSO

DEL FAMILIARE.

48

Tale correlazione presenta infatti p<0,01 (come è evidenziato in tabella n.14).

Queste due variabili (TOT FSQ e SESSO DEL FAMILIARE) presentano inoltre una

correlazione lineare positiva pari a 47% (vedi tabella n.14). Sono dunque legate da un

legame di proporzionalità diretta.

Tabella n.14 Correlazioni lineari Variabili sociodemografiche- TOT FQS-

SF

Variabili Correlazione TOT FSQ-SF

INTERVENTO CCH R di Pearson 0.010

p-value 0.942

SESSO FAMILIARE R di Pearson 0.470

p-value 0.000

STATO CIVILE FAMILIARE R di Pearson -0.141

p-value 0.295

LAVORO SVOLTO R di Pearson -0.133

p-value 0.363

TITOLO DI STUDIO R di Pearson 0.022

p-value 0.870

GRADO DI PARENTELA R di Pearson 0.167

p-value 0.211

SESSO CONGIUNTO R di Pearson -0.044

p-value 0.774

SCOLARITA' CONGIUNTO R di Pearson 0.175

49

p-value 0.188

ETA' CAREGIVER R di Pearson 0.081

p-value 0.556

ETA' CONGIUNTO R di Pearson 0.155

p-value 0.315

3.9.3 Confronto con gli studi trovati in letteratura

Purtroppo non è stato possibile trovare in letteratura alcuno studio che trattasse

l’argomento dello stress nei caregivers dei pazienti cardioperati.

Sono presenti però diversi studi sullo strain/stress dei caregivers dei pazienti con

insufficienza cardiaca; tra questi è stato selezionato quello che presenta risultati più

affini all’argomento trattato finora.

Nel novembre 2011 è stato pubblicato nella rivista “American Journal Of Critical

Care” (AJCC) uno studio sull’impatto del caregiving di pazienti con insufficienza

cardiaca.

Tale studio è stato condotto da Boyoung H. et al presso “University of California, San

Francisco’s Medical Center” tra ottobre 2009 e febbraio 2010.

Sono stati studiati 76 pazienti con insufficienza cardiaca e i loro rispettivi caregivers

primari.

L'impatto del caregiving sulla vita dei famigliari di tali pazienti è stato misurato

utilizzando il Caregiver Reaction Assessment (CRA). (vedi allegato n.4)

Il CRA si compone di 24 domande; a ciascuna domanda si deve rispondere con un

punteggio della scala Likert che va da 1 (fortemente in disaccordo) a 5 (fortemente

50

d'accordo). Più il punteggio è alto, più è elevato l’impatto del caregiving sui membri

della famiglia.

Le caratteristiche demografiche e cliniche dei 76 pazienti con insufficienza cardiaca e

dei loro caregivers sono presentati nella tabella n.15.

Tabella n.15

Caratteristiche dei pazienti con insufficienza cardiaca e dei loro caregivers

CARATTERISTICHE

PAZIENTI CON

INSUFF.

CARDIACA

(N=76)

CAREGIVER

FAMILIARE

(N=76)

Età media (DS), range 53.8 (14.3), 20 - 78 53.4 (15.7), 18 - 92

Sesso femminile 34 (45%) 54 (71%)

Attualmente sposati 46 (61%) 54 (71%)

Grado di parentela con il

paziente:

Marito/Moglie - Partner 56 (74%)

Figlio/Figlia 7 (9%)

Genitore 7 (9%)

Altro parente/ Amico 6 (8%)

Lavoratori/Lavoratrici 41 (54%)

51

Hanno lasciato il lavoro o

ridotto le ore, per assistere il

loro caro

18 (24%)

Vivono con il paziente 66 (87%)

La maggior parte dei pazienti erano uomini (55%) e coniugati (61%). L'età media dei

pazienti era di 53,8 (DS, 14,3) anni.

La maggior parte dei caregivers primari erano il coniuge o il partner (74%) del paziente;

erano donne (71%), sposate (71%); l'età media era 53,4 (SD, 15,7) anni.

Più della metà dei caregivers (54%) erano impiegati a tempo pieno o part-time e circa

un quarto di essi ha dovuto lasciare il posto di lavoro o ridurre il proprio orario di

lavoro per fornire assistenza ai propri famigliari. La maggior parte dei caregivers (87%)

viveva con il loro caro.

Rispetto ai caregivers coniugati, quelli non sposati hanno riferito di aver ricevuto meno

supporto dagli altri membri della famiglia e, di conseguenza, di sentire maggiormente il

peso dell’assistenza.

Molti famigliari hanno riferito che il loro ruolo di caregivers aveva influenzato

negativamente la loro salute. (Vedi tabella n.16)

Tabella n.16 Statistiche descrittive

Impatto del caregiving

(CRA)

Media

(DS)

Range

attuale

Range

possibile

Consistenza

Interna

Mancanza di supporto

familiare 2.1 (0.8) 1.0 - 4.6 1.0 - 5.0 0.77

Impatto sugli orari di 2.8 (0.9) 1.0 - 4.8 1.0 - 5.0 0.82

52

lavoro

Impatto sulla salute 2.1 (0.8) 1.0 - 4.3 1.0 - 5.0 0.73

Complessivamente, l'impatto assistenziale sui caregivers di pazienti con insufficienza

cardiaca è risultato confrontabile a quello dei caregivers dei pazienti con cancro al

colon-retto, con sclerosi multipla e con ictus.

E’ inoltre emerso che la maggior parte dei pazienti con insufficienza cardiaca necessita

di un’assistenza continua e costante tanto da indurre i propri caregivers ad abbandonare

il posto di lavoro nonché la maggior parte degli interessi personali. Tutto ciò li potrebbe

portare a depressione poiché si assiste ad una deprivazione della loro attività sociale e

ricreativa. (“la mancanza di attività di rinforzo tra cui attività sociali e ricreative,

determina un aumento di sintomi depressivi.” -Williamson GM & Shaffer, 2000).

Da quanto visto, si può concludere che essere caregiver di un paziente con insufficienza

cardiaca ha un impatto negativo sulla qualità di vita dei caregivers stessi. Ciò, benché

riguardi i caregivers di pazienti con scompenso cardiaco, è sovrapponibile ai risultati

ottenuti con il FSQ-SF, sottoposto ai famigliari dei pazienti cardioperati.

Sono emersi infatti dei bisogni comuni come la necessità di avere dei consigli su come

assistere i propri cari e il bisogno di più tempo per sé stessi.

In entrambi gli studi inoltre, la maggior parte dei pazienti sono uomini e coniugati; la

maggior parte dei caregivers sono invece donne, coniugate.

Tali affinità rafforzano l'importanza e la necessità, da parte del personale sanitario, di

andare a valutare i bisogni dei caregivers dei pazienti con insufficienza cardiaca nonché

dei pazienti cardioperati. La valutazione dovrebbe avvenire durante il ricovero del

paziente, per ridurre al minimo l'impatto negativo del ruolo di caregiver, sulla salute dei

famigliari che si occupano dell’assistenza dei propri cari cardiopatici.

53

3.9.4 Conclusioni

Nonostante gli evidenti limiti legati alla numerosità del campione, il presente studio è

comunque riuscito nell’intento di offrire dei dati che consentano una prima panoramica

delle caratteristiche della popolazione dei caregivers dei pazienti cardioperati compresi

nel programma di follow-up degli Ambulatori del Dipartimento di Scienze

Cardiovascolari dell’AOU Ospedali Riuniti “Umberto I-G.M. Lancisi-G.Salesi” di

Ancona. Il profilo medio del caregiver emerso ci mostra che nella maggior parte dei

casi si tratta di donne, per lo più mogli o figlie, con una scolarità medio-alta, lavoratrici

(operaie o impiegate) o pensionate.

L’età media dei pazienti è più alta di quella dei caregivers (71 anni contro 52); la

maggioranza dei pazienti sono maschi e il livello di scolarità prevalente è medio-basso.

I risultati del Family Strain Questionnaire-Short Form hanno confermato l’ipotesi

principale dello studio: essere caregiver di un paziente che ha subìto un intervento di

cardiochirurgia genera stress che, se non compensato con delle efficaci strategie di

coping, potrebbe portare a sviluppare problemi di salute legati all’eccessivo carico

assistenziale.

La maggior parte dei familiari intervistati rientra infatti nelle aree di rischio “SR”

(fortemente raccomandato): il caregiver presenta un evidente strain che richiede una

valutazione e un supporto psicologico; e “R” (raccomandato): il caregiver sta reagendo

sufficientemente bene ma con qualche incapacità di adattamento. Si raccomanda una

consultazione psicologica qualora i sintomi peggiorassero.

L’intervento che genera maggiore stress nel caregiver è la chirurgia dell’aneurisma

dell’aorta.

I caregivers che risentono di più dello stress legato all’intervento cardiochirurgico del

proprio famigliare, sono quelli di sesso femminile.

L’unica variabile ad avere significatività statistica è il sesso del familiare: i caregivers

di sesso femminile sono soggetti ad un maggiore carico di stress rispetto ai caregivers

maschili, non solo nella popolazione osservata ma anche a livello generale.

54

L’unica correlazione statisticamente significativa è quella tra il TOT FSQ ed il SESSO

DEL FAMILIARE. Queste due variabili (TOT FSQ e SESSO DEL FAMILIARE)

presentano inoltre una correlazione lineare positiva. Sono dunque legate da un legame

di proporzionalità diretta.

3.9.5 Rilevanza per la pratica clinica

Dai risultati ottenuti, emerge la necessità di individuare il caregiver che potremmo

definire “fragile” e questo potrebbe avere importanti implicazioni sulla cura a domicilio

e sul rischio di istituzionalizzazione del paziente. Si configurerebbe pertanto la necessità

della presa in carico del caregiver fragile, oltre che del paziente fragile.

La presenza dello psicologo è frequente nei reparti ospedalieri ad elevato impatto

emotivo come quelli oncologici, pediatrici, ginecologici, nefrologici, ma è scarsa in

quelli di cardiochirurgia o di cardiologia. La presenza costante di tale figura in tali unità

operative, potrebbe rivelarsi efficace nella determinazione del caregiver burden e nella

gestione delle sue conseguenze, anche una volta che il paziente sia stato dimesso.

Da un punto di vista strettamente infermieristico, prendersi cura in modo continuativo di

un paziente (in tal caso di un paziente cardioperato) significa includere all’interno del

piano assistenziale anche i caregivers in modo da garantire assistenza e sostegno al

malato senza sottovalutare il ruolo che questi hanno, essendo uno strumento prezioso

alla cura del malato stesso.

Per poter fornire una buona assistenza bisogna sempre partire da una valutazione

obiettiva delle risorse e dei limiti del nucleo familiare e da lì costruire una rete protettiva

non solo verso il malato ma anche a favore del suo caregiver. L’azione insostituibile dei

caregivers non può essere “spontanea” e guidata solo da affetto e buon senso. I ca-

regivers devono essere informati, istruiti e sostenuti per affrontare, insieme al malato, le

mille difficoltà della vita quotidiana.

L’infermiere, attraverso il processo assistenziale rileva e risponde a problemi reali o

potenziali al bisogno, grazie alla strategia della risoluzione dei problemi (problem

solving), vale a dire, formulando Diagnosi Infermieristiche esplicite per ogni problema

che possa presentare il caregiver o familiare.

55

Sostenere con competenza il caregiver significa alleviarne le difficoltà ed elevare la

qualità dell’assistenza prestata. Un caregiver che riceve maggior sostegno sarà in

condizione di incrementare l’assistenza che fornisce.

Essere la figura di riferimento di un paziente “cardiopatico” crea una grande

responsabilità, la quale porta a chi non è pronto ad affrontare questa esperienza, una

minore capacità di coping e disagio psico-fisico, perché assistere una persona cara per il

caregiver, può portare a rinforzare i legami.

3.9.6 Limiti dello studio

Lo studio presenta i seguenti limiti:

Difficoltà nell’esecuzione dell’intervista ai caregivers: spesso era presente un

atteggiamento di reticenza nei confronti dell’intervistatore, denotando una scarsa

abitudine alle interviste da parte di tali soggetti. Questo potrebbe aver

influenzato in qualche maniera la spontaneità e la completa sincerità delle

risposte date.

Natura cross-sectional dello studio: i dati raccolti, per la natura dichiarata dello

studio non sono stati elaborati con altre metodiche di indagine statistica che

avrebbero potuto fornire informazioni ancora più circostanziate e approfondite.

Numerosità campionaria: estendere il numero delle interviste attraverso un

periodo di osservazione più ampio potrebbe fornire dati ancora più robusti da un

punto di vista statistico.

Monocentricità dello studio: poter avere a disposizione dati di più centri

cardiochirurgici potrebbe garantire conclusioni di maggiore rilevanza per la

pratica clinica.

56

Allegato n.1

57

Allegato n.2

“Strategie di coping attuate dai pazienti cardiochirurgici e dai loro caregivers”

Consenso Informato per il caregiver

Il sottoscritto

____________________________________________________________________

Nato a ___________________________________________________ il

_____________________

Dopo aver ricevuto esaurienti spiegazioni in merito alla richiesta di partecipazione allo

studio osservazionale “Strategie di coping attuate dai pazienti cardiochirurgici e dai

loro caregivers” e dopo aver letto la relativa Scheda Informativa, della quale ha

ricevuto una copia,

ACCONSENTE

NON ACCONSENTE

a partecipare allo studio stesso.

Data Firma

____________ _____________________________________________

CONSENSO ALL’UTILIZZO DEI DATI PERSONALI (D.Lgs. 196/2003)

Sono stato informato/a e acconsento ai sensi del D.Lgs. 196/2003 artt. 7 e 13 affinchè i

miei dati personali possano essere esaminati dalle persone appositamente autorizzate.

Sono al corrente che tali informazioni saranno trattate come strettamente confidenziali.

Autorizzo inoltre, ai sensi del D.Lgs. 193/2003, lo Sperimentatore ad inserire i dati da

me riferiti nel database dell’indagine. In ogni momento potrò avvalermi della facoltà di

chiedere la cancellazione od oppormi all’utilizzo dei miei dati personali, facendone

richiesta scritta al Responsabile dell’indagine, la Dott.ssa Rosalia Mercanti, o allo

Sperimentatore, Dott. Andrea Toccaceli.

Data Firma

____________ _____________________________________________

58

Allegato n.3

“Strategie di coping attuate dai pazienti cardiochirurgici e dai loro caregivers”

Scheda Informativa per il caregiver

Gentile Signore/a,

Le proponiamo di partecipare ad uno Studio Osservazionale il cui scopo è quello di osservare quanto i caregivers dei

pazienti affetti da patologie cardiache e sottoposti a chirurgia cardiaca riescano ad attuare strategie di coping efficaci

a superare lo stress derivante dall’intervento chirurgico e dai cambiamenti che questo induce nello stile di vita

precedente.

La Sua adesione a questo studio è completamente libera e volontaria, e Lei si potrà ritirare in qualsiasi momento,

anche senza preavviso o motivazione. Non sono previsti costi di alcun tipo per Lei, né compensi. Se decidesse di

partecipare, Le verrà chiesto di firmare un documento allegato di richiesta di Consenso Informato.

Ai fini della gestione della malattia del suo caro, non ci saranno modifiche nella pratica clinica quotidiana, ovvero lui

continuerà a ricevere la stessa assistenza e i medesimi trattamenti, senza che lo studio determini alcun tipo di rischio

aggiuntivo.

L’indagine prevede la somministrazione del questionario FSQ-SF, che richiederà circa 10 minuti per la sua

compilazione.

Questo studio potrà presentare oppure no dei benefici sanitari diretti per il suo caro. E’ tuttavia possibile che altri

soggetti con la sua stessa patologia possano trarre beneficio dalle informazioni che si apprenderanno con questo

studio, in quanto esso potrebbe contribuire ad ampliare le conoscenze rispetto alle strategie di coping attuate e quindi

a pianificare un’assistenza maggiormente adeguata ed efficace.

Ai sensi del D.Lgs. 196/2003 sulla tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, la

gestione dei dati che La riguardano, sarà improntato ai principi di correttezza e trasparenza, tutelando la Sua

riservatezza ed i Suoi diritti. Ai Suoi dati personali verrà attribuito un numero identificativo, dopodiché gli stessi

verranno archiviati ed elaborati elettronicamente e utilizzati esclusivamente per scopi di ricerca scientifica. Il

responsabile della detenzione di tali dati è il Dott. Andrea Toccaceli (infermiere). I risultati dello studio a cui

partecipa potranno essere oggetto di pubblicazione scientifica, ma la sua identità rimarrà sempre segreta.

Se Lei lo richiederà, alla fine dello studio, potranno esserLe comunicati i risultati della ricerca.

Per qualunque domanda relativa a questo studio, potrà rivolgersi alla Dott.ssa Rosalia Mercanti o allo sperimentatore

Dott. Andrea Toccaceli.

Dott.ssa Rosalia Mercanti

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali

Riuniti” di Ancona

Dipartimento delle Professioni Sanitarie

Tel. 071/5963138

E-mail: [email protected]

Dott. Andrea Toccaceli

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali

Riuniti” di Ancona

SOD UTIC

Via Conca 71 – 60020 Ancona

Tel. 071/5965016

E-mail: [email protected]

In conclusione è necessario sottolineare che il protocollo sperimentale è stato redatto in conformità alle Norme di

Buona Pratica Clinica ed è stato approvato dal Comitato Etico di questo Istituto, al quale Lei potrà rivolgersi per

segnalare qualsiasi situazione di disagio in cui dovesse trovarsi in relazione allo studio osservazionale a cui partecipa.

59

Allegato n.4

60

RINGRAZIAMENTI

Vorrei dedicare qualche riga del mio lavoro di tesi a tutti coloro che, in questi faticosi

anni di studio, mi sono stati vicino e mi hanno aiutato.

In primis ringrazio la mia famiglia, zio Stefano e Michela. Grazie, perché mi avete

sempre sostenuto ed incoraggiato, soprattutto nei momenti più difficili.

Poi vorrei ringraziare i miei migliori amici Barbara, Martina, Elisa ed Elia che hanno

condiviso con me questo percorso, rendendo più leggere le infinite giornate

all’università e in ospedale (e anche fuori).

Un ringraziamento speciale va a Marco Ciarrocchi, che ha reso unico ed

indimenticabile il mio tirocinio in TIPO e al professor Andrea Toccaceli che è stato

sempre disponibile, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per eventuali chiarimenti o

spiegazioni, con infinita pazienza e grande professionalità.

Termino con un saluto ed un ringraziamento speciale ai miei nonni che mi guardano da

lassù.

61

BIBLIOGRAFIA

Adelman RD, Tmanova LL, Delgado D, Dion S, Lachs MS. (2014) Caregiver

burden: a clinical review. Journal of American Medical Association

12;311(10):1052-60

Aggarwal B, Liao M, Christian A, Mosca L. (2009) Influence of caregiving on

lifestyle and psychosocial risk factors among family members of patients

hospitalized with cardiovascular disease. Journal of General Internal Medicine

24(1):93-8

Ayre L. (2000) Narratives of family caregiving: the process of making meaning.

Research in Nursing Health 23:424-34

Baker K, Flattery M, Salyer J, Haugh KH, Maltby M. (2010) Caregiving for

patients requiring left ventricular assistance device support. Heart & Lung

39(3):196-200

Brown GK & Nicassio PM (1987). Development of questionnaire for the

assessment of active and passive coping strategies in chronic pain patients.

Pain, 31, 53-64

Bridgewater B., Keogh B, Kinsman R,Walton P. (2008) Sixth National Adult

Cardiac Surgical Database Report 2008. Demonstraing quality. The Society for

Cardiothoracic Surgeryin Great Britain & Ireland

Cannon WB. (1932). The wisdom of the body. New York: Norton

62

Capovilla ED, Stablum A, Serpentini S, Vidotto G. (2012) Il vissuto del

caregiver nella terminalità neoplastica: uno studio preliminare multicentrico su

strain e coping. La rivista italiana di cure palliative 14(1): 11-18

Carver CS, Scheier MF, Weintraub JK (1989) Assessing Coping Strategies: A

Theoretically Based Approach. Journal of Personality and Social Psychology

56(2): 267-83

D'Arcy JL, Prendergast BD, Chambers JB, Ray SG, Bridgewater B (2011)

Valvular heart disease: the next cardiac epidemic. Heart 97:91-93

Dohrenwend B (1978) Social Stress and Community Psychology. American

Journal of Community Psychology 6(1): 78

Endler NS, Parker JDA (1990) Coping Inventory for Stressful Situations (CISS):

Manual. Toronto: Multi-Health Systems

Fletcher B. (1988) The epidemiology of occupational stress, in (eds) CL.Cooper,

R.Payne, Causes, coping and consequences of stress at work, Chichester, John

Wiley and Sons

Folkman S, Lazarus RS, Dunkel-Schette C, DeLongis A, Gruen, RJ (1986)

Dynamics of a stressful encounter: Cognitive appraisal, coping, and encounter

outcomes. Journal of Personality and Social Psychology 50(5):992-1003

Grady KL, Wang E, White-Williams C, Naftel DC, Myers S, Kirklin J,

Rybarczyk B, Young JB, Pelegrin D, Kobeshigawa J, Higgings R, Heroux A

(2013) Factors associated with stress and coping at 5 and 10 years after heart

transplantation. Journal of Heart and Lung Transplantation 32(4): 437–46 Hill J.

The hidden patient. Lancet 2003; 362: 1682

63

Hillis LD, Smith PK, Anderson JL, Bittl JA, Bridges CR, Byrne JG, Cigarroa

JE, Disesa VJ, Hiratzka LF, Hutter AM Jr, Jessen ME, Keeley EC, Lahey

SJ,Lange RA, London MJ, Mack MJ, Patel MR, Puskas JD, Sabik JF, Selnes

O, Shahian DM, Trost JC, Winniford MD; American College of Cardiology

Foundation; American Heart Association Task Force on Practice

Guidelines; American Association for Thoracic Surgery; Society of

Cardiovascular Anesthesiologists; Society of Thoracic Surgeons (2011).

2011 ACCF/AHA Guideline for Coronary Artery Bypass Graft Surgery. A report

of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association

Task Force on Practice Guidelines. Developed in collaboration with the

American Association for Thoracic Surgery, Society of Cardiovascular

Anesthesiologists, and Society of Thoracic Surgeons. Journal pf the American

College of Cardiology 6;58(24):e123-210

Hobfoll SE (1988) The ecology of stress. Hemisphere Publishing, New York

Lazarus RS (1991). Emotion and adaptation. Oxford University Press, New

York

Lazarus RS and Folkman S. (1984). Stress, appraisal and coping, Springer, New

York

Lidell E (2002) Family support-a burden to patient and caregiver. European

Journal of Cardiovascular Nursing 1(2):149-52

Lin CS, Wang SS, Chang CL, Shih FJ (2010) Dark-Recovery Experiences,

Coping Strategies, and Needs of Adult Heart Transplant Recipients in Taiwan.

Transplantation Proceedings 42:940–2

Luchetti L, Porcu N, Dordoni G, Franchi F (2011) Il carico soggettivo dei

64

familiari (caregiver burden) di anziani con polipatologia ricoverati in una unità

operativa di geriatria ospedaliera per acuti. Giornale di Gerontologia 59: 217-

24

Luchetti L, Porcu N, Dordoni G, Gobbi G, Lorido A (2012) Burden del

caregiver di anziani ricoverati in una unità operativa ospedaliera per acuti e

ruolo dello psicologo nella gestione del caregiver ‘fragile’. Giornale Italiano di

Medicina del Lavoro ed Ergonomia 34(1): A34-A40

Marcello N (2011) Stress: definizioni, fattori esogeni, fasi di reazione e coping.

Sicurezza del volo 286: 2-9

Mausbach BT, Roepke SK, Chattillion EA, Harmell AL, Moore R, Romero-

Moreno R, Bowie CR, Grant I. (2012) Multiple Mediators of the Relations

Between Caregiving Stress and Depressive Symptoms. Aging & Mental health

16(1):27-38

Ministero della Salute (2010a) Quaderni del Ministero della Salute. Criteri di

appropriatezza clinica, tecnologica e strutturale nell’assistenza alle malattie del

sistema cardiovascolare. Struttura organizzativa e funzionale della

cardiochirurgia. 1:61-75

Ministero della Salute (2010b) La situazione sanitaria del paese. Malattie

cardiovascolari. 47-53

Mochari-Greenberger H, Mosca L. (2012) Caregiver burden and

nonachievement of healthy lifestyle behaviors among family caregivers of

cardiovascular disease patients. American Journal of Helath Promotion

27(2):84-9

65

Monticelli B (2006) I processi di coping nell’adattamento allo stress. Psicolab-

Magazine online- Categoria Salute http://www.psicolab.net (Consultato il 15

maggio 2014)

Pancheri P (1993) The clinical picture of anxiety. The problems and the

prospects. Recenti Progressi in Medicina 84: 127-8

Pearlin LD, Lieberman MA, Meneghan EG, Mullan JT (1981) The stress

process. Journal of Health

Penley JA, Tomaka J, Wiebe JS (2002) The association of coping to physical

and psychological health outcomes: a meta-analytic review. Journal of

Behavioral Medicine 25(6):551-603

Pfeifer PM, Pereira Ruschal P, Bordignon S (2013) Coping strategies after heart

transplantation: psychological implications. Revista Brasileira de Cirurgia

Cardiovascular 28(1):61-8

Piamjariyakul U, Smith CE, Werkowitch M, Elyachar A. (2012a) Part I: heart

failure home management: patients, multidisciplinary health care profressionals

and family caregivers’ perspectives. Applied Nursing Research 25(4):239-45

Piamjariyakul U, Smith CE, Werkowitch M, Elyachar A. (2012b) Part 2:

Enhancing heart failure home management: integrated evidence for a new

family caregiver educational plan. Applied Nursing Research 25(4):246-50

Piette JD, Gregor MA, Share D, Heisler M, Bernstein SJ, Koelling T, Chan P.

(2008) Improving heart failure self-management support by actively engaging

66

out-of-home caregivers: results of a feasibility study. Congestive Heart Failure

14(1):12-8

Powers DV, Gallagher-Thompson D, Kraemer H (2002) Coping and

Depression in Alzheimer's Caregivers Longitudinal Evidence of Stability. The

Journals of Gerontology 57 (3): 205-11

Pressler SJ, Gradus-Pizlo I, Chubinski SD, Smith G, Wheeler S, Wu J, Sloan R.

(2009) Family caregiver outcomes in heart failure. American Journal of Critical

Care 18(2):149-59

Riegel B, Lee CS, Dickson VV, Carlson B. (2009) An update on the self-care of

heart failure index. Journal of Cardiovascular Nursing 24(6):485-97

Saratzis A, Bown MJ., The genetic basis for aortic aneurysmal disease. in

Heart, 2014, 100-5

Selye H. (1936) A syndrome produced by diverse nocuous agents. Nature

138(4):32

Sica C, Magni C, Ghisi M, Altoè G, Sighinolfi C, Chiri LR, Franceschini S.

(2008) Coping Orientation to Problems Experienced-Nuova Versione Italiana

(COPE-NVI): uno strumento per la misura degli stili di coping. Psicoterapia

Cognitiva e Comportamentale 14(1): 27-53

Sharloo, M., Kaptein, A. A., Weinman, J., Hazes, J. M., Willems, L. N. A.,

Bergman, W. & Rooijmans, H. G. M. (1998). Illness perceptions, coping and

functioning in patients with rheumatoid arthritis, chronic obstructive pulmonary

disease and psoriasis. Journal of Psychosomatic Research, 44, 573-85

67

Tognetti A (2004) Le problematiche del caregiver. Giornale di Gerontologia

52: 505-10

Vidotto G, Ferrario SR, Bond TG, Zotti AM (2010) Family Strain

Questionnaire-Short Form for nurses and general practitioners. Journal of

Clinical Nursing 19:275-83

Wilkins VM, Bruce ML, Sirey JA. (2009) Caregiving tasks and training interest

of family caregivers of medically ill homebound older adults. Journal of Aging

and Health 21(3):528-42

Williamson GM (2000) Extending the Activity Restriction Model of Depressed

Affect: Evidence from a sample of breast cancer patients. Health Psychology

19, 339-347

Wilson CT, Fisher ES, Welch HG, Siewers AE, Lucas FL. (2007) US trends in

CBG hospital volume: the effect of adding cardiac surgery programs. Health

Affairs, 26(1):162-168

Wolfsgruber M., Oberparleiter J., Mantovan F (2009) Il coping nei genitori di

figli affetti da patologia tumorale. Una revisione della letteratura. L’infermiere

5-6: 18-22

Yeh PM, Bull M. (2012) Use of the resiliency model of family stress, adjustment

and adaptation in the analysis of family caregiver reaction among families of

older people with congestive heart failure. International Journal of Older People

Nursing 7(2):117-26

Zeidner M. & Saklofske D. (1996). Adptive and maladaptive coping. In M.

68

Zeidner & N. S. Endler (Eds.), Handbook of coping. Theory, research,

applications, 505-531. John Wiley and Sons, Inc

Adelman RD1, Tmanova LL2, Delgado D2, Dion S1, Lachs MS1., Caregiver

burden: a clinical review. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24618967

(Accesso: 7 settembre 2014)

Aggarwal B1, Liao M, Christian A, Mosca L., Influence of caregiving on

lifestyle and psychosocial risk factors among family members of patients

hospitalized with cardiovascular disease.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18998190

(Accesso: 2 settembre 2014)

Baker K1, Flattery M, Salyer J, Haugh KH, Maltby M. Caregiving for patients

requiring left ventricular assistance device support.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20457339

(Accesso: 1 settembre 2014)

Baldini E., Boselli L., Piazza S. Corso di Perfezionamento in Psicologia

dell’Emergenza in situazioni di calamità naturali ed umane in ambito nazionale

ed internazionale: Emozioni e reazioni di coping in situazioni di emergenza

http://www.counselling-care.it/pdf/pdf_psico/Psicotrauma73.pdf

(Accesso: 12 agosto 2014)

Boyoung Hwang, Kirsten E. Fleischmann, Jill Howie-Esquivel, Nancy A.

Stotts, Kathleen Dracup, Families in Critical Care: Caregiving for patients with

heart failure: Impact on patients’ families.

http://ajcc.aacnjournals.org/content/20/6/431.full.pdf+html

(Accesso: 20 ottobre 2014)

69

Brogioli S.M., Bachelor of Science in Cure infermieristiche: Il ruolo dei

caregiver informali nei pazienti cardiopatici

http://www.supsi.ch/home/dms/supsi/docs/bachelor-master/tesi-

bachelor/2011/Cure-infermieristiche-Tesi-Bachelor-2011.pdf

(Accesso: 3 agosto 2014)

EPICentro- Istituto Superiore di Sanità BPAC: Studio degli esiti a breve termine

di interventi di By-Pass Aorto-Coronarico nelle Cardiochirurgie Italiane

http://bpac.iss.it/ (Accesso: 15 maggio 2014)

Ghetti A., Lama A., Forlani G., Raggiotto L., Ropa A. Evidence Based

Physiotherapy and Evidence Based Speech Therapy: Protocollo riabilitativo

dell’utente cardiochirurgico

http://www.evidencebasednursing.it/revisioni/fisioterapisti/Protocolli_CardioChi

r.pdf

(Accesso: 10 agosto 2014)

H Von Der Ohe, M De Beer Industrial and Organisational psychology:

Occupationl stress, strain and coping in a professional accounting organisation.

http://uir.unisa.ac.za/bitstream/handle/10500/2186/00THESIS.pdf

(Accesso: 20 agosto 2014)

Lidell E., Family support-a burden to patient and caregiver.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14622768

(Accesso: 4 settembre 2014)

Luchetti L., Porcu N., Dordoni G., Gobbi G., Lorido A., Giornale Italiano di

Medicina del Lavoro ed Ergonomia: Burden del caregiver di anziani ricoverati

in una unità operativa ospedaliera per acuti e ruolo dello psicologo nella

gestione del caregiver ‘fragile’. http://gimle.fsm.it/34/1s_psi/05.pdf

(Accesso: 7 settembre 2014)

70

Marcello N. Sicurezza del Volo n. 286/2011: Stress: definizioni, fattori esogeni,

fasi di reazione e coping.

http://www.aeronautica.difesa.it/editoria/rivistasv/documents/286/pag2-9.pdf

(Accesso: 10 agosto 2014)

Mausbach BT1, Roepke SK, Chattillion EA, Harmell AL, Moore R, Romero-

Moreno R, Bowie CR, Grant I., Multiple Mediators of the Relations Between

Caregiving Stress and Depressive Symptoms.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22224706

(Accesso: 7 settembre 2014)

Mochari-Greenberger H1, Mosca L., Caregiver burden and nonachievement of

healthy lifestyle behaviors among family caregivers of cardiovascular disease

patients. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23113777

(Accesso: 2 settembre 2014)

Monticelli B. Psicolab: Laboratorio di ricerca e sviluppo: I processi di coping

nell’adattamento allo stress. http://archive.today/www.psicolab.net/2006/i-

processi-di-coping-nell’adattamento-allo-stress/

(Accesso: 20 agosto 2014)

Moroni L., Sguazzin C., Filipponi L., Bruletti G., Callegari S., Galante E.,

Giorgi I., Majani G., Bertolotti G., Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed

Ergonomia: Caregiver Need Assessment: uno strumento di analisi dei bisogni

del caregiver.

http://www.researchgate.net/publication/228360296http://ajcc.aacnjournals.org/

content/20/6/431.full.pdf+html

(Accesso: 20 settembre 2014)

71

Piamjariyakul U., Smith C.E., Werkowitch M., Elyachar A., Part I: Heart

failure home management: Patients, multidisciplinary health care professionals

and family caregivers' perspectives. http://www.sciencedirect.com

(Accesso: 4 settembre 2014)

Piamjariyakul U., Smith C.E., Werkowitch M., Elyachar A., Part II: Enhancing

heart failure home management: integrated evidence for a new family caregiver

educational plan. http://www.sciencedirect.com

(Accesso: 4 settembre 2014)

Speziali G., Cardiochirurgia on line. http://www.cardiochirurgia.org/

(Accesso: 21 agosto 2014)

Wolfsgruber M., Oberparleiter J., Mantovan F., L’INFERMIERE 5-6/2009: Il

coping nei genitori di figli affetti da patologia tumorale. Una revisione della

letteratura.

http://www.ipasvi.it/archivio_news/download/823_1302125683_717.pdf

(Accesso: 3 agosto 2014)

Yeh PM1, Bull M., Use of the resiliency model of family stress, adjustment and

adaptation in the analysis of family caregiver reaction among families of older

people with congestive heart failure.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21631886

(Accesso: 1 settembre 2014)