La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ”...

56
Rassegna bibliografica La cultura del socialismo di Maurizio Degl’Innocenti Nell’ormai ampia letteratura sui rapporti tra politica e cultura in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, i due recenti lavori di Gio- vannini e di Fedi (Claudio Giovannini, La cultura della “Plebe”, Milano, Angeli, 1984, pp. 158, lire 15.000; Roberto Fedi, Cultura letteraria e società civile nell’Italia unita, Pi- sa, Nistri Lischi, 1984, pp. 314, lire 20.000), di cui avevamo già apprezzato alcune antici- pazioni in riviste specializzate o in occasione di convegni di studio, offrono un contributo stimolante e talvolta ricco di spunti filologi- camente interessanti, in particolare in merito alle generazioni di giovani intellettuali che, dalle delusioni degli esiti risorgimentali, ap- prodarono al radicalismo democratico o al socialismo. Giovannini propone una attenta rilettura de “La Plebe”, uno dei più noti e più impor- tanti organi di stampa di ispirazione repub- blicana e socialista, anzi — secondo la sto- riografia corrente — non solo punto di riferi- mento di letterati democratici e scapigliati, e dei vari leader delle maggiori tendenze del socialismo italiano e internazionale, ma an- che espressione delle diverse fasi di sviluppo del socialismo evoluzionistico e gradualista in Italia. Merito di Giovannini è tanto di ave- re allargato lo studio al periodo iniziale, quando il giornale fondato a Lodi nel 1868 da Enrico Bignami si presentava “repubbli- cano-razionalista”, quanto di avere cercato di ricostruirne tutte le implicazioni culturali, che si concretizzavano nell’accentuato laici- smo, nella fede verso la scienza, la ragione e il progresso (pp. 41-59), nella proposta di una nuova letteratura anche se ancora incer- ta tra la poesia carducciana, la prosa verista, la poesia di protesta, la critica scapigliata. Ne scaturisce il quadro di un itinerario politi- co e culturale particolarmente complesso, nel quale vecchio e nuovo convivevano o meglio si scontravano, e dove impegno politico pro- gressista e retroterra culturale non sempre riuscivano a trovare una sintesi, come l’auto- re sembra prospettare nel capitolo per certi versi emblematico, dedicato alla questione femminile (in particolare pp. 71-77). Sul piano dei programmi più strettamente politici, l’autore ne mette in risalto il costan- te richiamo al mito della Rivoluzione france- se, in particolare del periodo giacobino, pro- fondamente rivalutato durante il Secondo Impero rispetto al dantonismo precedente; e il ruolo avuto dall’esperienza della Comune nel progressivo orientamento del giornale verso un socialismo “comunalista” e liberta- rio. Rispetto alla nota tesi di Ernesto Ragio- nieri, l’autore sottolinea in maniera convin- cente il rapporto decisivo de “La Plebe” con il socialismo francese, da Proudhon, a Brousse e a Malon, limitando la prevalente influenza marxista al solo terreno economico (pp. 146-49). In verità, “La Plebe”, nelle sue compo- nenti culturali razionaliste, scientiste, repub- blicane e garibaldine, in polemica con Mazzi- ni, evidenziava 1’esistenza di un’ampia area

Transcript of La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ”...

Page 1: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica

La cultura del socialismodi Maurizio Degl’Innocenti

Nell’ormai ampia letteratura sui rapporti tra politica e cultura in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, i due recenti lavori di Gio- vannini e di Fedi (Claudio Giovannini, La cultura della “Plebe”, Milano, Angeli, 1984, pp. 158, lire 15.000; Roberto Fedi, Cultura letteraria e società civile nell’Italia unita, Pi­sa, Nistri Lischi, 1984, pp. 314, lire 20.000), di cui avevamo già apprezzato alcune antici­pazioni in riviste specializzate o in occasione di convegni di studio, offrono un contributo stimolante e talvolta ricco di spunti filologi­camente interessanti, in particolare in merito alle generazioni di giovani intellettuali che, dalle delusioni degli esiti risorgimentali, ap­prodarono al radicalismo democratico o al socialismo.

Giovannini propone una attenta rilettura de “La Plebe”, uno dei più noti e più impor­tanti organi di stampa di ispirazione repub­blicana e socialista, anzi — secondo la sto­riografia corrente — non solo punto di riferi­mento di letterati democratici e scapigliati, e dei vari leader delle maggiori tendenze del socialismo italiano e internazionale, ma an­che espressione delle diverse fasi di sviluppo del socialismo evoluzionistico e gradualista in Italia. Merito di Giovannini è tanto di ave­re allargato lo studio al periodo iniziale, quando il giornale fondato a Lodi nel 1868 da Enrico Bignami si presentava “repubbli­cano-razionalista”, quanto di avere cercato di ricostruirne tutte le implicazioni culturali, che si concretizzavano nell’accentuato laici­

smo, nella fede verso la scienza, la ragione e il progresso (pp. 41-59), nella proposta di una nuova letteratura anche se ancora incer­ta tra la poesia carducciana, la prosa verista, la poesia di protesta, la critica scapigliata. Ne scaturisce il quadro di un itinerario politi­co e culturale particolarmente complesso, nel quale vecchio e nuovo convivevano o meglio si scontravano, e dove impegno politico pro­gressista e retroterra culturale non sempre riuscivano a trovare una sintesi, come l’auto­re sembra prospettare nel capitolo per certi versi emblematico, dedicato alla questione femminile (in particolare pp. 71-77).

Sul piano dei programmi più strettamente politici, l’autore ne mette in risalto il costan­te richiamo al mito della Rivoluzione france­se, in particolare del periodo giacobino, pro­fondamente rivalutato durante il Secondo Impero rispetto al dantonismo precedente; e il ruolo avuto dall’esperienza della Comune nel progressivo orientamento del giornale verso un socialismo “comunalista” e liberta­rio. Rispetto alla nota tesi di Ernesto Ragio­nieri, l’autore sottolinea in maniera convin­cente il rapporto decisivo de “La Plebe” con il socialismo francese, da Proudhon, a Brousse e a Malon, limitando la prevalente influenza marxista al solo terreno economico (pp. 146-49).

In verità, “La Plebe”, nelle sue compo­nenti culturali razionaliste, scientiste, repub­blicane e garibaldine, in polemica con Mazzi­ni, evidenziava 1’esistenza di un’ampia area

Page 2: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

98 Rassegna bibliografica

di democrazia sociale, che ebbe un peso no­tevole nella costituzione della Prima Interna­zionale in Italia e che comunque dette un’im­pronta per certi aspetti decisiva agli originari caratteri del movimento socialista italiano, al di là della stessa eredità positivista e garibal­dina, su cui ora, tra i tanti recenti contributi per lo più d’occasione si veda l’agile lavoro di L. Briguglio, Garibaldi e il socialismo (Mi­lano, SugarCo, 1982). La funzione allora e negli anni seguenti degli intellettuali e l’eredi­tà di un modo particolare di fare politica, il sedimentarsi di una certa predisposizione pragmatica e “sperimentale”, il ruolo pecu­liare attribuito alla cultura e alla istruzione, l’intreccio di un cosmopolitismo umanitario e pacifista e di un radicato internazionalismo proletario, lo stesso concetto di “popolo”, che nella “plebe” comprendeva il proletaria­to urbano, i garzoni, gli artigiani, ma anche la canaglia, la plebaglia, quella che per Paolo Valera, assiduo collaboratore, sarebbe dive­nuta con accenti diversi la “folla”, sono al­cuni dei problemi che oggi si pongono all’at­tenzione dello studioso. Così come, al pari della ricerca di Fedi su “Il Preludio” , fonda­to a Cremona nel novembre 1875 da Andrea Cantalupi, Arcangelo Ghisleri e Leonida Bis­solati, sul “Gazzettino Rosa” di A. Bizzoni, Felice Cavallotti e F. Cameroni, la lettura de “La Plebe” sollecita lo studio della commi­stione risorgimentale tra attività giornalistica e milizia politica, anche come succedanea al­la assenza di moderne organizzazioni di par­tito; mentre il generale trasferimento delle sedi delle riviste dalla provincia alla grande città non può non sollevare la questione della mutata collocazione del giornalismo provin­ciale e del carattere più o meno decentrato della società politica.

Nel suo studio sulle complesse relazioni tra cultura letteraria e società civile nell’Italia unita, fino al 1911, inteso come data perio­dizzante, anzi — per dirla con Cardarelli — l’ultimo anno dell’Ottocento (p. 11), Rober­to Fedi allarga la ricerca alla novellistica se­

mipopolare, alla novellistica colta e di consu­mo, all’attività giornalistica e politica, con scrupolo filologico ma senza mai perdere di vista i nessi più generali. Nelle Novelle mon­tatesi di Gherardo Nerucci, Fedi non indivi­dua solo il gusto folclorico dell’Ottocento, ma anche il riflesso di uno stato di malessere di una generazione borghese e moderata, lai­ca e un po’ populista, nostalgica dell’età eroica risorgimentale. L’itinerario culturale del Nerucci viene così ricondotto alla storia di una sconfitta di una intera generazione e al tentativo di un risarcimento nell’ipotetico e nella ricostruzione senza pretese di un pas­sato-presente fantasioso, dove la memoria paesana sconfina nel meraviglioso (pp. 47-50). L’esperimento del “Preludio” è col­locata dall’autore nel crocevia di una cultura alla ricerca di sé, pur nutrita della fiducia delle sorti progressive della nazione da parte della filosofia positivista e del radicalismo repubblicano, che si richiamava all’eredità di Cattaneo (p. 53). L’autore pone fortemente l’accento sul carattere decisivo per le sorti della cultura italiana del dibattito sul reali­smo nazionale, sul positivismo e sull’ideali­smo risorgimentale, ed assegna al “Gazzetti­no rosa” di Bizzoni e di Cavallotti, ma so­prattutto alla parte avutavi da Felice Came­roni, un ruolo di punta e di avanguardia, per l’importazione del realismo zoliano in Italia, e soprattutto per la lettura di esso in chiave rivoluzionaria, “fino alla dichiarata propo­sta di costituire una diversa forma di cultura letteraria, non lirica né aristocratica, ma anzi rivolta in senso prevalentemente sociale, e dalle finalità chiaramente interpretabili come politiche” (pp. 56-57).

Di grande interesse sono i capitoli che l’au­tore dedica al rapporto tra socialismo e lette­ratura, ricostruito fin dalle prime esperienze sul “Preludio” e sul “Gazzettino rosa” , se­guito attravero la lettura dell’ “Avanti!” del periodo romano e nell’esperienza di Carda­relli come redattore dell’ ’’Avanti!” , fino al suo trasferimento a Firenze. Egli prospetta la

Page 3: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 99

tesi che la proposta rivoluzionaria negli anni settanta di un realismo di avanguardia, avan­zata da Cameroni, da Bissolati e da Ghisleri, con l’indicazione metodologica della prosa, intorno al primato di Zola, nei due decenni a cavallo del secolo venne recuperata solo sot­to forma di propaganda sociale o come mo­mento difensivo in una guerra di posizione, contro la marea montante del neomistici­smo, dell’idealismo, dello spiritualismo cat­tolico e dell’irrazionalismo: se la “Critica so­ciale” passava da un radicato positivismo ad un sostanziale eclettismo, 1’ “Avanti!” di Bissolati poneva attenzione “alla potente eri- dità populistica romantica e risorgimentale, con anche l’intenzione di piegare la struttu­ra narrativa borghese a strumento di comu­nicazione di contenuti progressivi, a medium privilegiato di informazioni ‘pedagogiche’ (P- 214).

Anche con il contributo costante di Gusta­vo Balsamo-Crivelli, riformista torinese, nel­la rubrica Cronache letterarie ospitata in pri­ma pagina, 1’ “Avanti!” sembrava attestarsi, secondo l’autore, nella ricerca di una via me­diana tra il tardivo recupero di esperienze narrative per lo più straniere, e l’elaborazio­ne di una forma romanzesca autoctona, il cui motivo di distinzione fosse quasi esclusiva- mente l’attributo politico, con la conseguen­za della separazione tra la tendenza diffusa alla stabilizzazione di alcuni punti fermi, e le sia pure interessanti iniziative della sparuta “avanguardia” presente (pp. 217-21). Da questo punto di vista, anche il paradigma cardarelliano, dall’ingresso come autodidat­ta nelle file del socialismo, alla ricerca di un proprio status intellettuale e sociale, fino al suo abbandono del giornale al tempo della guerra libica, viene presentato da Fedi come

il simbolo “di una frattura mai più ricompo­sta fra due generazioni, oltre che fra diverse direzioni ideologiche” (p. 269). Infine un lungo capitolo è dedicato dall’autore anche al De Amicis novelliere, dove viene prospet­tata la tesi della “divaricazione tra una gene­rica vocazione al bozzetto e una coriacea ed infine politica volontà di romanzo”, conclu­sasi in lui con “la determinante condanna al­l’inedito” e con la rilettura di sé (pp. 154-55). Ma sul socialismo di De Amicis, maturato anche alla luce della lettura di testi marxisti intorno al 1890, e sul suo romanzo Primo Maggio, si veda ora la stimolante rivaluta­zione fattane da Sebastiano Timpanaro, Il Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000).

Resta il problema, al quale ora i lavori di Giovannini e di Fedi forniscono ulteriori spunti, della esistenza o meno all’interno del­la democrazia laica e repubblicana e del mo­vimento socialista nell’Italia unita di un pro­getto culturale a largo raggio che fosse inteso come condizione per l’esito positivo di un programma politico di trasformazione pro­fonda delle strutture economico-sociali e di gestione del potere, nel dilemma — che fu comune a tutta la socialdemocrazia europea — tra il tentativo di dare corpo ad una cultu­ra “nuova” e alternativa rispetto a quella tra­dizionale e borghese e il proposito di avvici­nare la cultura al popolo privilegiando il mo­mento della distribuzione del prodotto arti­stico e in genere culturale e facendo della partecipazione dei socialisti alla cultura na­zionale uno dei momenti fondamentali della lotta contro la stessa borghesia capitalistica.

Maurizio Degl’Innocenti

Page 4: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

100 Rassegna bibliografica

Soldati e borghesi nell’Europa modernadi Giorgio Rochat

Lo studio comparato dei principali eserciti europei nell’età contemporanea, che si pre­figge questo bel volume (John Gooch, Solda­ti e borghesi nell’Europa moderna, Ro- ma-Bari, Laterza, 1982, pp. 306, lire 28.000), è un tema relativamente nuovo e assai com­plesso, il cui sviluppo presenta lacune inevi­tabili e scelte dolorose, a cominciare dalla ri­nuncia a trattare politica navale e flotte da guerra. Proprio perché questa vuole essere un storia comparata, l’autore ha scelto di privilegiare la ricerca di elementi comuni nei grandi eserciti piuttosto che gli elementi di continuità o l’inserimento di ognuno di essi nella realtà nazionale. Particolarmente felici sono quindi le cento pagine dedicate al perio­do 1815-1914 in cui, pur nella relativa diver­sità di soluzioni tecniche, gli eserciti europei ebbero Io stesso ruolo politico. “Custodi del­l’ordine” è il titolo del capitolo sugli anni 1815-59, perché “l’ordine interno, sociale e politico, dell’Europa riposava sui suoi eserci­ti, i quali a loro volta ne erano un riflesso. Ma i poliziotti non sempre si rivelano buoni combattenti” (p. 84).

La pressoché generale adozione del model­lo prussiano di ordinamento dopo il decen­nio di guerre 1859-71 non rappresenta per Gooch una svolta politica radicale: “a molti tra i potenti dell’Europa, quando pensavano ai vantaggi che si potevano trarre dall’imita­zione del modello prussiano, sembrava che l’obbedienza militare e la sottomissione poli­tica facessero tutt’uno” (p. 113). L’organiz­zazione militare ebbe infatti da contempera­re nei diversi Stati la tutela dell’ordine inter­no con la mobilitazione del maggior numero possibile di uomini e l’approntamento di cor­pi d’armata sempre più numerosi, potenti e costosi: ne derivò la tendenza generale della società industriale ad una delega della gestio­

ne dell’esercito a corpi ufficiali chiusi, domi­nati dall’aristocrazia e dalle destre politiche, profondamente ostili verso i movimenti di massa. Gooch traccia una sommaria analisi delle cause di questa delega nelle principali potenze, ma, proprio perché gli interessa ri­cercare gli elementi per una storia compara­ta, più che approfondire le differenti situa­zioni nazionali, preferisce soffermarsi sulle conseguenze di questa delega, ossia sul con­flitto tra governi e alti comandi, che esplose in tutti i paesi durante la prima guerra mon­diale.

Di questo conflitto viene messa in rilievo soprattutto la mancanza di alternative: “I ci­vili non sembrarono mai recedere dal princi­pio che in tempo di guerra i militari dovesse­ro avere pieni poteri. Se poi c’erano contrasti ai quali non si poteva rimediare, i capi mili­tari erano sostituiti con altri capi militari: la possibilità che tornassero a comandare i civi­li era scartata a priori. Tutto questo era la conseguenza della generale illusione che fos­se la forza lo strumento capace di far rag­giungere gli obiettivi fissati: obiettivi che co­munque gli uomini politici erano raramente, per non dire mai, in grado di spiegare ai mili­tari ed ai civili in modo non del tutto generi­co” (p. 166).

Come emerge da questa citazione, la ricer­ca di Gooch si sviluppa nell’ambito di una storia tradizionale dei vertici politico-milita­ri, anche per il condizionamento esercitato dalle disponibilità di studi utilizzabili per sot­tolineare il marcato parallelismo dei conflitti tra governi e alti comandi nei diversi paesi. Malgrado i dati interessanti forniti sul dis­senso di base nei paesi in guerra, vengono co­sì lasciati da parte gli studi e le interpretazio­ni più recenti che ridimesionano i pur aspri contrasti tra vertici politici e militari (e più in

Page 5: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 101

generale la separazione tra esercito e paese) come elementi di una stessa politica di affer­mazione imperialistica verso l’esterno e verso l’interno. L’interesse di Gooch per i rapporti politico-militari di vertice è così esclusivo che egli rinuncia anche a illustrare l’evoluzione della guerra di trincea, che pure presenta tan­ti elementi comuni nei diversi belligeranti.

Il capitolo forse più nuovo e interessante del volume è dedicato al ventennio 1919-39, perché “mentre prima del 1914 l’atteggia­mento delle diverse nazioni europee di fronte alla guerra era sostanzialmente simile, negli anni tra le due guerre emersero sensibili dif­ferenze” (p. 191). Gooch individua due ten­denze generali: la maggioranza dei paesi, a cominciare da Francia e Gran Bretagna, “ri­tenevano che la guerra moderna si fondasse sull’economia, che la strategia preferibile consistesse nello starsene sulla difensiva e che un attacco fosse ipotizzabile solo con grandi forze e dopo averlo lungamente preparato” . Minoranze aggressive, che tro­varono espressione nella Germania nazista, “sostenevano che si poteva e doveva rom­pere l’equilibrio che era prevalso sul cam­po di battaglia negli anni precedenti e che ciò era possibile sperimentando le nuove armi messe a disposizione dalla tecnologia. Le due teorie non erano del resto soltanto il frutto di considerazioni d’ordine milita­re, ma erano espressione ciascuna dell’am­bito socio-politico entro il quale erano na­te” (p. 190). Tra questi due punti di riferi­mento Gooch articola l’analisi della politi­ca militare europea, condotta con risultati molto stimolanti per il costante sforzo di confronto e per lo stretto collegamento con i problemi economici. Una lettura utile per tutti, in cui ci sembrano discutibili sol­tanto le pagine sull’Unione Sovietica, che presenta soluzioni troppo particolari per rientrare negli schemi della storiografia po­litico-militare classica. Meno nuovo, ma sempre interessante, l’ultimo capitolo sulla seconda guerra mondiale, che dedica ancora

molta attenzione ai problemi economici e in­dustriali, lasciando in ombra la condotta dei combattimenti e l’organizzazione degli eser­citi, fino a sottovalutare (ci sembra) la reale potenza bellica tedesca.

Il giudizio complessivo sul volume è larga­mente positivo, con due rilievi generali già accennati. In primo luogo una certa discon­tinuità di taglio tra i diversi capitoli o gruppi di capitoli, che di volta in volta presentano centri di interesse parzialmente diversi, come il ruolo degli eserciti nei singoli Stati nell’Ot­tocento, il conflitto tra governi e alti coman­di nella prima guerra mondiale, le scelte di fondo della difesa nazionale tra le due guer­re mondiali. È questo il prezzo da pagare per una ricerca che, volendo toccare i princi­pali eserciti europei su un arco di quasi due secoli, è costretta a dipendere dagli studi esi­stenti; non sempre omogenei per i diversi paesi e periodi. In secondo luogo ci sembra che il rapporto tra politici e militari (tra sol­dati e borghesi, come nel titolo italiano del volume, che sostituisce il più semplice Ar­mies in Europe dell’edizione originale 1980) sia visto in modo troppo rigido, attento ai ruoli istituzionali più che alle situazioni con­crete e sempre diverse. Il distacco e talvolta l’aperta ostilità tra ufficiali di carriera e am­bienti governativi che caratterizzano quasi tutta la nostra storia recente non debbono far dimenticare che questi ufficiali continua­vano a far parte a pieno titolo della classe dirigente e che il distacco autentico era sem­mai tra questa classe dirigente e le masse ur­bane e contadine. Non vogliamo presentare a nostra volta schematizzazioni troppo facili di una realtà complessa e mutevole, bensì sottolineare che il taglio di Gooch ha una giustificazione in un opera di sintesi, ma va applicato alle situazioni concrete con intelli­gente elasticità.

Due righe infine sulla parte dell’Italia nel volume, che non è brillante. Le pagine sul­l’Ottocento e sul ventennio tra le due gran­di guerre sono complessivamente buone (ma

Page 6: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

102 Rassegna bibliografica

perché Gooch utilizza ancora autori superati come Tosti e inattendibili come De Biase?), però nella prima come nella seconda guerra mondiale l’Italia praticamente scompare. Inoltre sono abbastanza numerosi gli errori piccoli e grandi: per fare un solo esempio, Pelloux era certamente uno dei leader dell’e­sercito, ma nel 1898, salì al governo dopo gli stati d’assedio e le brutali repressioni, con un programma di sinistra liberale, che si volse poi a destra per ragioni politiche e non per un pronunciamento militare (vedi invece le p. 140 e 210). Molto interessante la biblio­grafia in appendice al volume, che riunisce le opere utilizzate dall’autore con sobri cenni critici; inservibile però la sezione italiana, ampliata per l’edizione italiana fino a diveni­re un elenco di titoli nutrito, ma acritico e

incompleto, di nessuna utilità per il lettore interessato come per lo specialista. Quanto alla traduzione, ci sembra complessivamente buona (ma perché intitolare Soldati e bor­ghesi nell’Europa moderna un libro che tratta quasi soltanto vicende contempora­nee?); non è però sempre precisa per i ter­mini tecnici. Citiamo ad esempio le pagine incomprensibili sul reclutamento austriaco (pp. 74 e 79), svedese (p. 131) e francese (p. 203), la confusione tra navi varate e navi sal­pate (p. 182) e tra eserciti, armi e armate (pp. 183, 226), infine la riduzione dell’illu­stre Royal Navy ad un’incerta Marina Reale (pp. 229, 231, 241: tutte le altre denomina­zioni più note, da Reichswehr a Raf, non so­no tradotte).

Giorgio Rochat

Giovani e clientelismo nel Mezzogiornodi Laura Capobianco, Guido D ’Agostino

Da un originario progetto di studio delle mo­difiche indotte dalla scolarizzazione di massa sulle concezioni di vita dei giovani di una co­munità montana della provincia di Salerno, il lavoro di Amalia Signorelli {Chi può e chi aspetta. Giovani e clientelismo in un ’area in­terna del Mezzogiorno, Napoli, Liguori, 1983, pp. 276, lire 18.500) è diventato poi un’indagine sulla “onnipresenza ed onniper- vasività delle relazioni clientelari” (p. 13) in tutti gli ambiti della vita pubblica e meridio­nale. La modifica del focus della ricerca è na­ta, come ricorda l’autrice, dal fatto che sin dall’inizio i giovani intervistati si autopercepi- scono divisi in “chi può”, nel senso di avere la protezione adeguata al momento opportuno, e in “chi aspetta” una qualsiasi opportunità, sprovvisto, com’è, di tale protezione. E così si è intitolata pure l’opera che risulta organizza­ta su due coordinate distinte, l’una scandita

sul contesto generale e l’altra su un ambito lo­cale. La prima parte comprende un esame delle teorie elaborate negli ultimi decenni sul clientelismo come struttura portante delle re­lazioni sociali, rispetto alle quali si precisa l’angolazione della Signorelli che privilegia l’aspetto segnatamente ideologico del feno­meno, inteso nel senso del significato che al­l’interno di un contesto dato i soggetti confe­riscono alle proprie azioni. Un’analisi che viene nel libro definita “culturologica” e che trova nella letteratura popolare tradizionale (proverbi), un supporto documentario ricco e interessante. La seconda parte è invece dedi­cata alla verifica delle ipotesi interpretati­ve delineate secondo i parametri cui ci si è ri­feriti, alla luce della realtà osservata in sede locale; e allo stesso ambito si connettono gli studi dei giovani ricercatori che integrano il volume.

Page 7: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Ràssegna bibliografica 103

Quali dunque le caratteristiche di fondo del clientelismo ormai onnipresente nella so­cietà meridionale? In antitesi con quanto so­stenuto da altri studiosi (tra cui J. e P. Schneider Culture and Political Economy in Western Sicily, New York, Academic Press, 1976, e Gribaudi Mediatori. Antrologia del potere democristiano nel Mezzogiorno, Tori­no, Rosemberg & Sellier, 1980), la Signorelli ritiene che il nuovo clientelismo, quello di partito, che a partire dall’Unità d’Italia, ma soprattutto e con caratteristiche più nette nella seconda metà di questo secolo ha sosti­tuito il clientelismo dei notabili, ne conservi tuttavia almeno due tratti fondamentali. Pur essendo mutata la natura dei beni controlla­ti, che da privati sono diventati pubblici, ci si trova comunque in presenza di una situazio­ne di beni limitati in virtù della quale perma­ne al boss di partito la funzione di controllo­re degli stessi (gate keeper) e la possibilità di riproporre anche per beni di carattere pub­blico un rapporto privato, personalizzato. Certo, il boss è oggi in una situazione preca­ria, e grazie al suffragio universale maggiore dovrebbe essere il potere contrattuale del cliente che, al contrario, rimane debole — ed è qui il secondo elemento di persistenza — in una condizione che si può definire di inflazione: cresce il prezzo dei favori, ma di­venta un favore ottenere anche il più sempli­ce dei certificati. Se di innovazione si può dunque parlare rispetto al passato, occorre riferirsi alla onnipresenza del clientelismo e alla sua tendenza espansionistica fino alla onnipervasività, con alto tasso di illegalità e pericolosità.

Nondimeno, altrettanto generalizzata è la riprovazione espressa per il fenomeno e le sue conseguenze: “certo, lo facciamo anche noi, ma lo facciamo per non farlo più” (p. 52); discorsi che possono sembrare banali e ipocriti, ma che a parere della Signorelli vanno invece interpretati e collocati nella giusta dimensione, ciò che in effetti ella stes­sa fa nella parte più interessante del libro,

dove coglie con acutezza la persistente ambi­valenza della cultura meridionale da sempre oscillante tra particolarismo e universalismo. Al contrario di quanto ha sostenuto E.C. Banfield {Le basi morali di una società arre­trata, Bologna, Il Mulino, 1976) e con lui inte­re correnti antropologiche anglo-americane, l’autrice afferma che “nella cultura popolare meridionale l’ambivalenza tra orientamenti universalistici e orientamenti particolaristici ha una lunghissima storia... ; tale ambivalenza ha permeato tutte le modalità di rappresenta­zione della stratificazione sociale che la cultu­ra popolare meridionale ha espresso, in parti­colare quella fondata sul cristianesimo, quella fondata sull’onore, quella fondata sui diritti degli esseri umani, quella fondata sugli anta­gonismi di classe. Pertanto in ciascuna di que­ste rappresentazioni della stratificazione so­ciale coesistono contenuti (conoscenze e valo­ri) orientati universalisticamente ed egualita­riamente; e contenuti particolaristici, perso­nalistici, clientelari” (p. 55).

In effetti, oltre che al “familismo amora­le” di cui parla Banfield, la dialettica loca- le/generale, come delineata dalla Signorelli — e sarebbe stato opportuno trattare il tema in maniera più esplicita e incisiva — contra­sta con la tesi di J. e P. Schneider {La disso­luzione delle élites dominanti nella Sicilia del ventesimo secolo, in “Incontri meridionali”, 1981, n. 3), per i quali la dimensione del “lo­cale” avrebbe resistito assai a lungo ai diversi processi generalizzanti (legati prima alla dif­fusione del cristianesimo, quindi all’affer­mazione delle monarchie universalistiche e poi degli stati nazionali) prima di soccombe­re alla modernizzazione economica e politi­ca. Per l’antropologa romana bisogna ripro- blemizzare l’intera questione; ogni realtà co­stituisce un prodotto storico: “precisamente il prodotto della dialettica — a scala locale di fattori di scala locale e non locale. È infatti questa interferenza fra fattori locali e fattori generali che spiega la variazione dei risultati al variare delle localizzazioni e delle scale;

Page 8: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

104 Rassegna bibliografica

ma è la totalità dei fattori e il peso e la durata del loro operare che debbono fondare un’i­potesi interpretativa generale” (pp. 54-55).

Un’indicazione, questa, metodologica e concettuale assai utile per superare la realtà meridionale (del tipo sviluppo/sottosvilup- po), sia il descrittivismo di certe indagini a scala locale volutamente elusive del rapporto con la dimensione “generale” . Semmai, resta il problema del rapporto più corretto tra ipo­tesi e verifica, tra idee generali e ambiti in cui esse si inverano, e, in ultima analisi, tra con­testo e realtà specifica, settoriale; la Signo­relli ha scelto la strada che dal generale giun­ge al particolare, usando come materiali di base testi di letteratura orale, in particolare proverbi, perché abbondanti ed omogenei per tutta l’area meridionale e perché “data la loro finalità gnomica... offrono molte infor­mazioni sulla vita quotidiana di chi li ha ela­borati o usati, sia a livello materiale che co­gnitivo e valutativo” (pp. 55-56). Si tratta di un uso intelligente di fonti adoperate da altri in maniera diversa, e pienamente coerente con l’assunto; “Londane da segnuere, londa- ne da onoere” e “Vicino a segnuere, londane da onoere”: in quale altro contesto proverbi siffatti potrebbero trovare piena giustifica­zione se non in un ambito in cui da sempre rapporti di produzione e di dominanza indu­cono atteggiamenti di sottomissione che pur convivono con altri, egualitari e solidaristici? Ha ragione l’autrice nel rilevare che i due proverbi “dicono entrambi la verità... fre­quentare il signore significa accettare la pra­tica di una reciprocità asimmetrica e di una obbligazione sbilanciata che nulla hanno più in comune con l’antica concezione egalitaria dell’onore; ma frequentare il signore signifi­ca guadagnare denaro e acquistare, sia in proprio che di riflesso, potere e influenza, dunque il ‘nuovo’ onore” (p. 62). O ancora, per considerare un altro esempio: “Cu nuju pozzu, cu mugghierima pozzu”, è un prover­bio che esprime un orizzonte culturale (Non posso con nessuno, con mia moglie posso)

nel quale anche il più povero contadino, per­fettamente cosciente della sua impotenza, tro­va nella famiglia nucleare, e in particolare nel possesso della moglie, la possibilità di eserci­tare il comando. Pertanto, mentre si possono sopportare le corna fatte da un individuo so­cialmente superiore, non altrettanto avviene nel caso si tratti di un pari grado. Questa eve­nienza disonora, dato che l’onore si gioca non sul terreno del sesso, quanto su quello del co­mando e del potere. Ma d’altro canto proprio il fatto che l’aggressività si scateni tra omolo­ghi impedisce, anche in presenza di una certa coscienza di classe, l’organizzazione di una vera e propria strategia di lotta.

Questa guerra tra i poveri è ben evidenzia­ta anche nella terza Appendice del volume nella quale Rita Introno rintraccia le ragioni della persistenza nel credere al malocchio proprio nell’antagonismo e nelP invidia che si provano nei confronti delle persone apparte­nenti agli strati sociali subalterni e non dei ricchi da sempre. Il raggiungimento del be­nessere non è di tutti; è dunque ottenuto in maniera innaturale e solo un rimedio natura­le come il malocchio può riportare l’equili­brio. È certo il rovescio speculare della soli­darietà pur presente negli strati contadini ma che nella società meridionale trova un ulte­riore ostacolo, oltre che negli elementi cultu­rali, nella persistenza della frammentazione delle figure sociali.

Orientamenti universalistici e orientamenti particolaristici, terreno a fertile per lo svilup­po delle relazioni clientelari, costituiscono dunque l’orizzonte della società meridionale, e lo caratterizzano, come viene confermato, nella seconda parte del volume, dai risultati della ricerca sul campo. Dei tre livelli d’inda­gine, il primo relativo alle strutture di produ­zione, di scambio, di riproduzione e di co­municazione esistenti nella comunità monta­na; il secondo dedicato all’ideologia della classe dirigente — primo polo della relazione clientelare —; il terzo, interessato all’altro polo della stessa, i giovani tra i 18 e i 28 anni,

Page 9: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 105

quest’ultimo è sicuramente il più significati­vo ai fini della dimostrazione dell’assunto.

Si tratta, infatti, di un’analisi di una classe anagrafica che per l’effetto combinato della scolarizzazione anche a livelli medio-alti, la disoccupazione o sottocupazione intellettua­le e le trasformazioni delle forme dell’emi­grazione, divenuta “uno strato sociale che unisce all’esperienza diretta di un elevato li­vello di precarietà, una capacità di coscienza critica superiore a quella tradizionale nel­l’ambiente cui appartiene: si tratta insomma di un gruppo che nel provvedere alla propria sistemazione, sperimenta un massimo di clientelizzazione dei rapporti, avendo avuto una socializzazione che dovrebbe avere valo­rizzato al massimo l’aspirazione verso rap­porti universalisticamente orientati” (p. 76). È sintomatico che i giovani dell’area in que­stione pur percependo in modo molto acuto la contraddizione in cui si ritrovano, finisco­no con Pautoattribuirsi almeno parte di re­sponsabilità delle condizioni in cui vivono. In essi è fortissima la volontà di opporsi alle morse di una tradizione stretta tra fatalismo e rassegnazione, contrapponendosi alla qua­le, e in special modo ai genitori, e comunque alle figure adulte, finiscono col rivendicare orgogliosamente un’autonoma capacità di giudizio e di costituzione del proprio destino. Parimenti assai esplicito è il sentimento di odio verso l’assistenzialismo da cui si sento­no umiliati e verso il clientelismo cui pure fi­niscono con l’adeguarsi in maniera tortuosa e spesso dolorosa; dalle loro affermazioni emerge che la qualità indispensabile per chi governa resta pur sempre l’onestà.

Si può dunque parlare di persistenza pur in presenza di molti elementi di trasformazio­ne. Ma è legittimo, allora, chiedersi se sarà proprio l’acutizzarsi del dualismo e la cresci­ta della rabbia a lasciare spazio a speranze di trasformazione? Per la Signorelli la risposta

è positiva, o così sembra dal momento che a conclusione del suo lavoro scrive: “Se chi può, provvederà a integrarli nel sistema con sufficiente rapidità, li rivedremo [questi gio­vani] intenti a far favori agli amici; ma se do­vranno restare fra chi aspetta ancora molto a lungo, forse lo scarto fra la relativa abbon­danza di strumenti culturali e la grande scar­sità di opportunità operative che caratterizza la loro posizione può rivelarsi matrice di pro­cessi di integrazione nel sistema sociale auto­nomamente elaborati e innovatori rispetto a quelli tradizionali” (p. 178).

Il volume, come si è detto, comprende an­cora alcune appendici in cui sono raccolti saggi di giovani studiosi che affrontano aspetti particolari connessi alla tematica ge­nerale che vi è affrontata. Pietro d’Angelo si sofferma sulla “normizzazione”, cioè sulle tecniche e i procedimenti attraverso i quali gli enti locali immobilizzano le iniziative in­novative in una rete di norme; Augusto Fer- raiuolo realizza una complessa indagine sullo scontro tra i poteri reali e quelli magici quale emerge dalla analisi dei materiali narrativi e di tradizione orale dell’area studiata; Angela Giglio verifica nella festa la compresenza di universalismo e particolarismo in una dialet­tica di fondo che rende alta e sempre aperta la partecipazione ad un gioco che non si ri­solve mai a vantaggio di nessuno. Al contri­buto di Rita Introno si è già accennato in precedenza.

Nel complesso, un lavoro intelligente e ricco di prospettive, con notevoli spunti metodologici e soprattutto aperto e corag­gioso nei confronti di una problematica as­sai difficile quale quella che coinvolge il mondo giovanile nei suoi rapporti con il la­voro, con gli adulti, con la diversità tra i sessi e nei suoi “conti” con il passato.

Laura Capobianco, Guido D ’Agostino

Page 10: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

106 Rassegna bibliografica

Classi popolari e movimento operaio

E m i l i o F r a n z i n a (a cura di), La classe, gli uomini e i partiti. Sto­ria del movimento operaio e so­cialista in una provincia bianca: il Vicentino (1873-1948), Prefa­zione di Guido Quazza, Vicen­za, Odeonlibri Editrice, 1982, 2 voli., pp. 1328, sip.

Perché proprio una storia del movimento operaio e socialista di Vicenza e del vicentino? Nella lunga introduzione ai due tomi del libro, Emilio Franzina, cu­ratore e animatore di quest’ope­ra collettanea, dichiara l’intento di spezzare il meccanismo di ri­mozione e di dimenticanza che la cultura dominante, cattolica e moderata, ha esercitato nei con­fronti del movimento operaio di parte laica, socialista, comuni­sta di quell’area geografica del Veneto. Non che non fosse chia­ro dall’inizio, al Franzina e agli autori, che la storia degli operai vicentini fosse una storia dei vinti. Tuttavia essi hanno senti­to il dovere “di certificare... la portata non marginale né ines­senziale del ruolo giocato da co­loro che furono sconfitti. Se es­si, che pure persero la partita, non avessero lottato condizio­nando i vincitori e non fossero riusciti ad imporsi di tanto in tanto, in qualche piccolo punto del nostro passato, moltissimi risultati positivi di cui le classi subalterne e popolari di tutta la provincia beneficiarono... non sarebbero mai stati raggiunti... perché nulla o pochissimo venne spontaneamente dato e tutto o quasi tutto fu ottenuto e con­quistato” (p. 90).

Ci si perdonerà la lunga cita­zione che sintetizza con effica­

cia il senso che Franzina e la sua équipe hanno voluto assegnare alla loro fatica. Un’ipotesi di ri­cerca sorretta da una sofferen­za, da una passione politica che, come ha notato Quazza nella prefazione, “ha le sue radici nel predominio esercitato dall’av­versario” (p. VI), che qui è rap­presentato dal mondo cattolico nelle sue molteplici componenti e manifestazioni.

Ma sarebbe errato attribuire solo alla passione politica la scelta dell’oggetto e del soggetto delle ricerche pubblicate. Vicen­za e la sua provincia, è noto, rappresentano un laboratorio privilegiato per osservare feno­meni di grande portata nell’am­bito della storiografia contem­poranea. È in quell’area, infatti che si sviluppava, già dalla se­conda metà dell’Ottocento, uno dei più importanti poli dell’in- dustria manifatturiera tessile. Uno sviluppo giocato sull’uso sapiente delle condizioni e delle contraddizioni di un mondo ru­rale che rappresentava un enor­me serbatoio di manodopera scarsamente qualificata e quindi più facilmente sfruttabile e ri­cattabile. Ma proprio in questa caratteristica, di stretta connes­sione tra città e campagna, di ciò che è stato definito “l’osmo­si fra industria e agricoltura” , sta anche la radice delle difficol­tà e dei ritardi, quindi delle sconfitte, incontrati dalla classe operaia vicentina. Una classe operaia, ad esempio quella di Schio, ma ancor più quella di Valdagno, nella quale il contat­to col mondo e l’economia con­tadina rappresentavano, come è noto, ben più di un rapporto so­lamente ideologico. A ciò si ag­giunga il paternalismo dell’in­tervento sociale da parte di un

capitalismo moderno e avvedu­to che mirava al controllo più totale della forza lavoro.

In quest’area, dunque, il pro­blema dello scontro tra “bian­chi” e “rossi” , un problema che fa da filo conduttore a tutta l’o­pera, travalicava gli aspetti pu­ramente dottrinari e di princi­pio, per radicarsi nel modo stes­so nel quale quelle due compo­nenti si posero dinanzi a que­stioni cruciali. Ad esempio ri­spetto ai modelli concreti assun­ti dai Rossi o dai Marzotto. Ed è proprio dalla ricostruzione delle dinamiche attraverso le quali gli antagonismi di classe si svilup­parono a Vicenza e nella sua provincia, che possiamo appro­dare, sulla scorta dei risultati delle ricerche di cui ci stiamo oc­cupando, ad un giudizio meno di maniera e più fondato. È fuor di dubbio, infatti, che le debolezze intrinseche di un pro­letariato fortemente permeato dalla cultura contadina e che muoveva i primi passi sulla stra­da delle rivendicazioni economi­che e normative venivano ingi­gantite non solo dalla capacità di “resistenza” padronale, ma anche dal fatto che la Chiesa, attraverso le sue articolazioni manteneva un potere di attra­zione e di condizionamento spesso a sostegno dell’azione re­pressiva del padronato. Tutto ciò, forse, con toni e modi più articolati di quanto non appaia in alcune ricostruzioni, ma in­dubbiamente la sostanza del problema ci pare colta nei suoi aspetti essenziali.

Diviso in quattro parti, il li­bro si compone in realtà di tre sezioni. Nella prima, Storie e storia (I e II parte divise crono­logicamente dalla fine della pri­ma guerra mondiale), la storia

Page 11: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 107

degli operai vicentini e delle loro organizzazioni si dipana attra­verso i saggi di Ezio Maria Simi- ni, sulla classe operaia scieden­se, le sue forme organizzative e politiche, la sua cultura; di Lu­ciano Chilese, che ci propone un’analisi della composizione sociale, delle lotte, delle condi­zioni di vita degli operai vicenti­ni e dello sviluppo dell’associa- zionismo; di Leopoldo Maglia- retta, che affronta i nessi econo­mia-società; di Luca Romano, che studia il rapporto tra le lotte e le diverse componenti politi­co-ideologiche dell’organizza­zione operaia. Del primo dopo­guerra si occupa Francesco Be- nacchio, analizzando le leghe rosse, mentre Renato Camurri studia la formazione e i primi anni di vita del Pedi a Vicenza e Nevio Furegon ricostruisce i momenti esaltanti della conqui­sta socialista del capoluogo; in­fine Giuseppe Pupillo affronta il tema della rifondazione del Pei nel periodo della Resistenza. Arricchiscono questa sezione “narrativa” due raccolte icono­grafiche (Immagini) introdotte da una nota di Franzina, La sto­ria in camera oscura.

Già da questo sommario elen­co si nota un maggiore sforzo profuso nello studio dell’arco cronologico compreso tra l’ulti­mo trentennio dell’Ottocento e la fine della prima guerra mon­diale. Qui, almeno nell’impian­to, ci pare meglio riuscito il ten­tativo di cogliere nelle loro dina­miche interne i vari aspetti in cui si manifestò la storia del movi­mento operaio di parte sociali­sta: le trasformazioni economi­che, la composizione della forza lavoro, le condizioni salariali, le lotte, l’associazionismo operaio nei suoi aspetti mutualistici, sin­

dacali, politici, l’approccio ope­raio ai problemi della cultura.

La terza parte dell’opera pro­pone una serie di saggi raggrup­pati nella sezione Questioni e problemi. Vi si trovano i lavori di Massimo Marangon, Culture operaie e agroindustrialesimo (Schio 1872-1905); di Giorgio Roverato, Gli operai della Mar- zotto ; di Bernardetta Ricatti Ta- vani, Case per gli operai: la “nuova Schio”; di Leopoldo Magliaretta, Le classi popolari in affitto; di Percy A. Allum- II- vio Diamanti, Tra complessità e omogeneità: voto e società vi­centina nel primo dopoguerra. I lavori di questa sezione tentano una messa a punto su specifici problemi che vengono affronta­ti con l’uso di tecniche e metodi d ’indagine d’indubbio interesse. Emblematico, a questo riguar­do, il saggio di Allum e Dia­manti sul voto, ma si vedano anche l’approccio antropologi­co culturale, di Marangon, le analisi sulla particolarità valda- gnese, di Roverato, il problema delle abitazioni indagato, dal punto di vista urbanistico e ar­chitettonico dalla Ricatti Taro- ni, e da quello sociale dal Ma­gliaretta.

Nell’ultima sezione, Docu­menti, interviste e testimonianze, Giulio Antonio Galla (Aspetti e momenti di storia del giornali­smo operaio a Vicenza: “El Vi­sentin ” settimanale dei socialisti (1892-1925), documenta le vi­cende e il ruolo di questo perio­do, prima radicale poi sociali­sta. Seguono il saggio di Simi- ni, Compagni di base, nel quale si ricostruisce, sulla scorta dei verbali originali, la nascita e la vita interna della sezione socia­lista di Marano Vicentino; Fer­dinando Offelli, Fuoriusciti

politici e antifascisti di Chiap­pano, affronta la vicissitudini che portarono Vincenzo Santa- caterina e Amabile Peguri ad abbandonare l’Italia per l’Ame­rica, e il ruolo antifascista in terra d’emigrazione in una co­munità che mostrava estese sim­patie per il regime dittatoriale italiano. Tema ripreso e svilup­pato in un successivo contributo di Judy Santacaterina che testi­monia del ruolo di Amabile nel­le trasmissioni radiofoniche per la comunità italiana di Chicago. Chiude la sezione un intervento del Canzoniere vicentino, che presenta una scelta di canti sul lavoro, l’emigrazione, la guer­ra, la Resistenza.

Domenico Scacchi

F r a n c o L i v o r s i , Turati, Mila­no, Rizzoli, 1984, pp. 365, lire 30.000.

Il fortunato genere delle bio­grafie storiche si arricchisce ora di uno studio di Livorsi, di im­pianto strettamente etico-politi­co, su Filippo Turati. La bio­grafia, costruita per lo più su fonti edite e sulla base di appor­ti storiografici noti, manifesta un carattere prevalentemente di­vulgativo, con una notevole ri­duzione dell’apparato critico, ma è merito dell’autore evitare che ciò si traduca nella rinuncia ad una propria chiave interpre­tativa.

Consolidati luoghi comuni e antiche sovrapposizioni ideolo­giche rendevano l’argomento prescelto e il taglio adottato non privi di insidie, che sarebbero state superate più facilmente se si fosse operata una duplice e convergente operazione: da un lato la ricostruzione, anche at-

Page 12: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

108 Rassegna bibliografica

traverso le testimonianze e le corrispondenze, del personag­gio Turati, nella sua individuali­tà e nella sua “quotidianità” , dall’altro la rimeditazione delle sue posizioni politiche in un quadro di riferimento generale, cioè europeo. La prima chiave di lettura è solo parzialmente presente nei primi capitoli, dove si parla della nevrosi di Turati, ma finendo per avvalorare un’a­nalisi fin troppo intimistica: ac­costata ad un presunto stato d ’animo narcisistico, essa sareb­be superata finalmente nel pas­saggio dalla letteratura e dalla poesia all’impegno politico più diretto. La identificazione di ciò in una sorta di passaggio dal privato al pubblico non appare del tutto convincente, se solo si consideri che negli ultimi decen­ni del secolo in Italia e in Euro­pa (si pensi alla Francia!) la let­teratura rappresentò una pecu­liare forma di impegno cultura­le e sociale, di cui varrebbe la pena piuttosto ricostruire gli iti­nerari e i referenti culturali. L’altro, e ultimo, riferimento di carattere psicologico lo si rin­traccia nella attribuzione a Tu­rati di un “elitismo” , che l’au­tore fa risalire in larga misura ad una tradizione risorgimenta­le, profondamente sentita, ma senza “la critica corrosiva” di altri (p. 13).

Il tema del rapporto tra l’in­tellettuale di origine borghese e le masse, su cui opportunamen­te Livorsi insiste, viene risolto con la presentazione di una sor­ta di divaricazione tra il ripudio della classe borghese e la consa­pevolezza della “dura necessità” della conquista delle masse (p. 50). Il motivo di fondo dell’eli- tismo turatiano viene continua- mente riproposto in contrappo­

sizione al concetto della sponta­nea coscienza di classe rivolu­zionaria (p. 93), e si traduce di volta in volta in istanza inter­classista, in vocazione verticisti- co-parlamentare (p. 244), in at­teggiamento neoilluministico, cioè nella proposizione di pro­grammi di azione prescindendo dagli orientamenti specifici dei diversi raggruppamenti (come nel caso del Rifare l ’Italia!, di cui l’autore sottolinea però l’im­portanza) (p. 345). Ma proprio partendo dalla premessa del rapporto leader-masse (ma an­che del rapporto socialismo e democrazia, nonché socialismo e nazione), sarebbe stato utile adottare un’ottica comparata con le figure di altri leader della socialdemocrazia europea, co­me per esempio Jaurès, Bebel, V. Adler. E più che dare l’im­pressione di rimproverare a Tu­rati di non aver seguito le orme di un Bissolati o di un Bonomi, sarebbe stato interessante rico­struirne, oltre la attenzione ai meccanismi parlamentari (co­munque importanti per qualsia­si politico), anche il significato del costante richiamo al paese e al movimento socialista nel suo complesso. Insomma, a quali forze sociali si rivolgeva, quale importanza attribuiva al proble­ma della burocrazia (e della or­ganizzazione dei servizi pubbli­ci), quale significato poteva ri­coprire l’impegno profuso nella difesa di determinate categorie di lavoratori, come i postelegra­fonici? E oltre allo studio sulla sua fortuna nell’ambito della storia del socialismo italiano ed europeo, sarebbe stato di gran­de interesse analizzarne la pecu­liarità nel fare politica, le sue stesse qualità di oratore e di scrittore. Ad esempio, rispetto

ad altri leader della socialdemo­crazia europea come Bebel o Adler, non istaurò un rapporto carismatico diretto con le mas­se, pur godendo di un indiscus­so prestigio personale anche presso gli avversari; né ricoprì mai importanti cariche politiche nel partito, dalle cui vicende in­terne anzi in molte occasioni as­sunse una posizione defilata. La biografia politica di Turati si sviluppa sì a livello politico-par­lamentare, ma soprattutto at­traverso “la Critica sociale” . Anche in questo esaltava un modo di fare politica tipico dei leader della socialdemocrazia del tempo (si pensi, ad esempio, a Jaurès), che dirigevano o col- laboravano strettamente ad or­gani di stampa.

Proprio la debolezza del qua­dro di riferimento generale (eu­ropeo) induce Livorsi a qualche sottovalutazione o addirittura deformazione interpretativa. Nel presentare, ad esempio, il programma della Lega sociali­sta milanese del 1891, rileva cor­rettamente lo spazio concesso al problema dell’istruzione, ma senza considerare che era stato un tema assai dibattuto in quasi tutti i programmi redatti da de­mocratici o socialisti; e liquida la valutazione della religione co­me affare privato ancorandola “alla tradizione liberale” , senza ricordare l’attenzione rivolta al­la questione laica da Turati e da Bissolati, non solo nella tradu­zione e nella presentazione del saggio di Michajl Bakunin, Dio e lo Stato, ma anche nelle pole­miche degli inizi del secolo, se­condo ritmi e coincidenze euro­pee davvero singolari. La stessa contrapposizione tra “il filoso­fo” Labriola e “il politico” Tu­rati riesce un po’ di maniera: il

Page 13: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 109

primo “esemplarmente lucido” nella teoria e quindi nella strate­gia “avrebbe avuto ragione nei tempi lunghi”; il secondo empi­rico, puro tattico, “intuitivo nelle scelte e lento nelle motiva­zioni di lungo periodo” alla fine sarebbe giunto a “posizioni so­cialiste corrette anche in termini teorici o strategici” . Per risolve­re tale contraddizione l’autore ricorre al concetto della “forza e sincerità della scelta di vita so­cialista” di quest’ultimo (p. 72), non del tutto soddisfacente. An­cora più sbrigativo è il giudizio sul “riformismo sociale” e sul­l’atto di costituzione della Cgdl, inteso come prevalenza di istan­ze pacificatrici su quelle conflit­tuali, da cui sarebbe derivato un compromesso anticonflittuale tra lavoratori e imprenditori, a danno dei lavoratori più poveri e dei braccianti (p. 166). A parte la parzialità di tale valutazione (la Federterra, ad esempio, fu diretta da sindacalisti di orienta­mento riformista) e il riecheg- giamento di tesi ormai superate sulle origini della Cgdl, se solo si ponga mente al fatto che la costituzione di centrali sindacali (come di altre organizzazioni di massa) fu allora un fenomeno generalizzato, occorrerebbe piuttosto ricostruire l’attenzio­ne di Turati al mondo sindacale, le sue corrispondenze con la lea­dership sindacale come pure il suo interesse verso le tendenze del movimento sindacale euro­peo, anche attraverso il tramite di eccezionali collaboratori a “Critica sociale” , come Fausto Pagliari.

Lo stesso vale per i rapporti tra Turati e il socialismo inter­nazionale: Livorsi sottolineacorrettamente la scarsità di rela­zioni con l’Internazionale, ma il

problema è senz’altro più am­pio, e implica il suo posto nel socialismo europeo, l’insieme dei suoi rapporti personali e di quelli dei suoi più assidui colla­boratori, la sua attenzione non solo ai congressi internazionali, ma alle stesse vicende del movi­mento operaio internazionale. E soprattutto implica la questione di quale e quanto socialismo in­ternazionale fosse nelle posizio­ni politiche espresse di volta in volta da Turati.

In generale, nel volume di Li­vorsi ad alcune parti di piacevo­le lettura si sovrappongono altre composte più frettolosamente, dove si evidenziano alcune fasti­diose sviste, come per esempio la costituzione dell’associazione nazionale, definita “prefasci­sta” posta nel 1911, anziché nel 1910 (p. 249), o l’assegnazione della segreteria della Cdl di Ge­nova, anziché di quella di Vene­zia, a Giacinto Menotti Serrati, nel 1914, e soprattutto dove si segnala un certo abuso di neolo­gismi, con evidente valenza ne­gativa. Così il Turati della neu­tralità viene presentato “oscil­lante, intermedista, centrista, in fondo a metà strada tra rivolu- zionarismo di sinistra e riformi­smo di destra” (p. 287), nonché “estraneo al plebeismo come al ministerialismo facile, e per l’occasione al disfattismo” . Spesso alcuni giudizi appaiono troppo generici o concettual­mente poco rigorosi, come ad esempio la tesi che il massimali­smo avrebbe “travolto per interi cicli storici il riformismo” (p. 311) o lo stesso abuso dei termi­ni “riformismo” e “rivoluzio­ne”, nozione quest’ultima ap­plicata fino ai seguaci di Ghisle- ri e di Zuccarini, e soprattutto a Mussolini, direttore dell’“Avan­

ti!” , che in casa socialista avreb­be rappresentato “l’uomo nuo­vo al passo con i tempi” (p. 279).

In conclusione, la biografia di Livorsi conferma la centralità della figura politica di Turati nella tradizione socialista, e dà anche un contributo proprio nell’analisi delle vicende politi- co-parlamentari del partito so­cialista, specialmente del dopo­guerra. Una centralità ricono­sciuta da quel Carlo Rosselli, per molti versi critico severo verso il socialismo prefascista, che su questo scrisse un saggio dall’autore considerato oppor­tunamente ancora di attualità, e ben evidenziata nella stessa con­siderazione nutrita nei suoi con­fronti da parte di quei giovani (Pertini gli si rivolgeva nel 1927 chiamandolo “maestro”) che ne organizzarono la fuga in Fran­cia, alla quale ha dedicato alcu­ne delle pagine più efficaci.

Maurizio Degl’Innocenti

M. A n t o n i o l i , I. B a r b a d o r o ,

B. B e z z a , C. B r e z z i , F. F a b ­

b r i , I. G r a n a t a , G.C. J o c -

t e a u , A . P e p e , G. P r o c a c c i ,

A . R o v e r i , G. S a p e l l i , L . Z a ­

n i , Storia del sindacato. Dalle origini al corporativismo fasci­sta, a cura della Fondazione Brodolini, Venezia, Marsilio, 1982, pp. 233, lire 8.000.

L’anomalia del movimento sindacale italiano è originaria e costituisce una costante attorno alla quale esso ha vissuto i suoi momenti di forza e le sue più aspre battaglie interne. Si tratta, per dirla con Procacci, della “combinazione molto intelli­gente di due modelli: quello

Page 14: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

110 Rassegna bibliografica

francese, sindacalista, rivolu­zionario [...] territoriale [...] e quello tedesco [...] verticale su base professionale, non esclu­dendo né l’una né l’altra” (p. 32).

Da qui la sua peculiare poli­ticità, non figlia né madre del partito (Idomeneo Barbadoro), e l’egemonia riformista che, pur sotto diverse vesti, vi si è esercitata (Adolfo Pepe), ben­ché il vero salto “modernizzan­te” (dal sindacato di mestiere al sindacato d’industria) sia av­venuto con l’impatto, anch’es- so molto originale nonostante i modelli stranieri, del sindacali­smo rivoluzionario (Maurizio Antonioli) di cui però il ceppo riformista del Cgdl rigettò i germi anarchizzanti e quelli, alla lunga, fascistizzanti. Qui gli apporti più originali del vo­lume, divulgativo ad alto livel­lo, appaiono quelli di Antonio­li, appunto, e di Bruno Bezza, che individua giustamente nel periodo della prima guerra mondiale e nel regime di Mobi­litazione industriale un mo­mento decisivo di trasforma­zione della composizione tecni­ca e politica della forza lavoro e di crescita delle potenzialità organizzative e di lotta della classe.

Ma il pregio complessivo del volume, per il quale esso può es­sere un’utile guida anche per lo studioso, sta nell’approccio, di­chiaratamente opposto alla tra­dizione sedimentata di lettura delle vicende sindacali in chiave esclusivamente politica, e rivol­to invece a mettere in risalto l’interna logica sindacale (la quale a sua volta può riuscire molto utile a delle riletture “po­litiche”). È questo approccio che consente di includere tra gli

oggetti della trattazione, con pari legittimità della maggiori­taria Cgdl, non solo la Usi (co­me s’è visto) e la Cil (Cammello Brezzi), non solo il movimento cooperativo (Fabio Fabbri), ma anche lo stesso sindacalismo fa­scista (Giulio Sapelli) e l’ordina­mento corporativo (Gian Carlo Jocteau), ritrovandovi i motivi di interazione e di discussione che talune denominazioni ave­vano impedito di vedere fino ad una ripresa di studi rigorosi, og­gi ormai più che decennale. In tal modo anche del “biennio rosso” , grazie ai contributi di Ivano Granata (industria) e di Alessandro Roveri (campagne), si ha una lettura che fa final­mente riemergere al di sotto del­le pur legittime interpretazioni politiche e fortemente periodiz- zanti, le caratteristiche di corpo­sità rivendicativa e i limiti di po­litica prettamente sindacale.

Gianfranco Petrillo

P a o l o F a v i l l i , Riformismo e sindacalismo. Una teoria econo­mica del movimento operaio: tra Turati e Graziadei, Milano, Angeli, 1984, pp. 366, lire 25.000.

Sarebbe certamente riduttivo considerare questo libro soltan­to come un capitolo di storia del sindacalismo italiano. Appaio­no infatti evidenti i legami tra l’attuale e un denso volume pubblicato dallo stesso autore alcuni anni fa (Il socialismo ita­liano e la teoria economica di Marx, 1882-1902, Napoli, Bi- bliopolis, 1980). In quel lavoro Favilli aveva compiuto una ri­gorosa rivisitazione, usando ca­tegorie analitiche compiutamen­

te storiche, all’interno del pro­cesso di formazione del marxi­smo italiano seguendo il filone privilegiato della teoria econo­mica. Ne erano emersi linea­menti in qualche modo incon­sueti, frutto di un’attenzione scarsamente velata da filtri ideologici. Ora alcuni di quei li­neamenti vengono utilizzati per una lettura originale della teoria sindacale riformista nell’Italia dei primi anni del Novecento.

Un episodio di storia della cultura socialista, dunque, an­cora con particolare riferimento alla vicenda del marxismo. Il tutto nel contesto “del più gene­rale problema storico concer­nente le forme dell’incontro tra socialismo e movimento operaio (nel periodo considerato tra marxismo, socialismo e movi­mento operaio), incontro nel quale ognuno dei termini man­tiene aperto un largo ventaglio di valenze”. In un contesto in­terno all’unionismo nel quale “i programmi e le pratiche [...] si strutturano rispetto ad un pro­blema teorico principale: il rap­porto tra economia e politica nel movimento operaio” .

Ed è proprio intorno a questo “problema teorico principale” che trova svolgimento l’analisi di Favilli, preoccupato, in pri­mo luogo, di ridare senso stori­co ben definito a categorie ana­litiche usate troppo spesso in maniera eccessivamente estensi­va. Insomma anche un lavoro di precisazione e definizione, quasi un picchettaggio di territori, su alcuni tratti della peculiarità socialista; una delimitazione qualche volta un po’ rigida, seppur in presenza di una co­stante consapevolezza della permeabilità del connettivo culturale generale.

Page 15: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 111

Gli itinerari teorici di Filippo Turati e di Antonio Graziadei su marxismo, sindacato, lotta di classe rappresentano la trama narrativa su cui si articola la di­mensione analitica.

Un itinerario, quello di Tura­ti, in fondo tutto interno alla cultura marxista, dalla “orto­dossia” rigida e “tedesca” degli anni novanta allo sfumarsi delle determinazioni di tale “ortodos­sia” nel pieno della esperienza riformista nell’età giolittiana. La continuità nella convinzione che solo il “nocciolo duro” del marxismo rappresentava la ga­ranzia dell’autonomia teorica e politica del socialismo, l’essenza della sua — sempre proclamata — “diversità” .

Coerentemente ed esplicita­mente esterno invece l’itinerario di Antonio Graziadei. Un Gra­ziadei che pone al centro della propria elaborazione teorica e della propria azione politica fi­no alla guerra mondiale il pro­blema di una vera e propria so­stituzione degli elementi primi della cultura tradizionale e del “senso comune” socialisti. Un Graziadei che individua nel sin­dacato e nella sua “centralità” , il terreno ideale dove l’opera­zione di mutamento di egemo­nie teoriche poteva verificarsi in maniera del tutto “naturale” così come “naturale” , appunto, era il rapporto economico di cui il sindacato rappresentava una funzione.

Due itinerari, quelli di Turati e di Graziadei, destinati dunque a scontrarsi nella determinazio­ne dei caratteri che l’unionismo italiano avrebbe dovuto assu­mere, soprattutto in relazione alla dimensione politica del so­cialismo. In questo quadro la stessa lettura fatta da Favilli

della vicenda del “partito del la­voro” finisce per assumere rile­vante spessore; una griglia che trattiene non solo gli aspetti esteriori dello scontro e della polemica politica, ma anche il profondo delle aggregazioni e disaggregazioni culturali.

Maurizio Antonioli

I primi operai di Marghera. Mercato, reclutamento, occupa­zione 1917-1940, a cura di F. Pi­va e G. Tattara, Venezia, Marsi­lio, 1983, pp. 465, lire 30.000.

L’Istituto per la ricerca e per la documentazione sindacale “Fondazione Giuseppe Coraz- zin” di Mestre, ha promosso una vasta indagine sulla realtà industriale e sulle origini della classe operaia di Marghera.

Il lavoro, dimostratosi am­plissimo e ancora in fase di ulte­riore sviluppo, presenta i contri­buti di uno specialista di meto­dologie della statistica come Pietro Manto van, di uno stu­dioso di storia moderna e con­temporanea come Francesco Pi­va, di un economista come Giu­seppe Tattara, di uno storico in­teressatosi dell’area veneta co­me Fabio Ravanne, e dei ricer­catori — con varie competenze, da quelle sociologiche a quelle più propriamente socio-politi­che — della “Fondazione G. Corazzin” quali Valerio Belotti, Maurizio Carbognin e Paolo Feltrin. La ricchezza delle tema­tiche trova riscontro nella ric­chezza delle fonti d ’informazio­ne alle quali hanno attinto gli autori: l’Archivio di Stato e più in generale le fonti amministra­tive e statistiche, gli archivi par­rocchiali, la stampa ecc. Di par­

ticolare interesse restano tutta­via i libri matricola che costitui­scono una delle basi documen­tarie più ricche e significative. Sotto questo profilo notevole è inoltre il contributo scientifico sul piano della elaborazione sta­tistica dei dati, corredati da pre­cisi riferimenti tecnici e metodo- logici.

Più in generale, il saggio, gra­zie alle diverse competenze, of­fre un ampio ventaglio di que­stioni che vanno dal mercato del lavoro ai caratteri economicoso- ciali di Porto Marghera e del- l’entroterra veneto; dallo studio di alcune realtà aziendali (la Breda, la Montecatini, l’Uva, la Sirma ecc.) alla composizione della forza lavoro, all’andamen­to del flusso migratorio dei la­voratori e quindi alle strategie imprenditoriali volta per volta adottate nei loro confronti. Nel corso dello svolgimento, il lavo­ro cerca inoltre di trarre dall’a­nalisi specifica spunti per allar­gare il piano della riflessione. Per citare solo alcuni esempi ri­cordiamo le considerazioni di Tattara sul mercato del lavoro. Tattara sente l’esigenza di in­quadrare il problema compa­randolo alle diverse aree nazio­nali (pp. 27-51), mentre su un diverso versante, Carbognin si riallaccia al confronto maturato nel corso degli anni settanta tra Giuliano Procacci e Stefano Merli sugli indirizzi di ricerca che la storia della classe operaia avrebbe dovuto intraprendere (pp. 165 sgg.).

L’ampiezza e l’eterogeneità delle problematiche — contra­riamente a quanto sembrano te­mere Piva e Tattara nell’intro­duzione quando sottolineano che il lavoro è in corso di elabo­razione e non può quindi ancora

Page 16: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

112 Rassegna bibliografica

aver raggiunto sufficiente omo­geneità — non sacrificano il nu­cleo centrale della ricerca rap­presentato da quella figura di lavoratore che, con felice espressione, gli autori definisco­no con il termine di “metal-mez­zadro” (p. 16). Le caratteristi­che di questa figura operaia, proveniente dall’entroterra ve­neto e soggetto ad un rapido ri­cambio all’interno della fabbri­ca, costituiscono il punto di ag­gregazione centrale della ricerca dal momento che sottolineano con forza il nesso fondamentale di tutta una realtà sociale con­traddistinta dal rapporto tra “entroterra agricolo”, e “centro industriale” . Belotti, Carbognin e Feltrin ricordano, ad un certo punto, che ad una “ ...fabbrica ‘moderna’ non corrisponde ne­cessariamente una classe ope­raia stabile e in questo senso ‘moderna’ ” (p. 296), mettendo bene in luce come in un polo di sviluppo industriale possa — e anzi sia ad esso funzionale — mantenersi in vita una figura operaia ancora profondamente legata alla realtà contadina an­che quando la realtà produttiva sia tecnologicamente avanzata e moderna.

Marco Coslovich

Ivo L i z z o l a , E l i o M a n z o n i ,

Dall’azione sociale al sindacato. Proletariato bergamasco e leghe bianche. L ’età giolittiana, Ro­ma, Edizioni Lavoro, 1982, pp. 214, lire 10.000.

Tutte le numerose fabbriche tessili delle valli bergamasche nel 1909 furono scosse da una vertenza emblematica verifica- tasi al cotonificio Zoppi di Ra- nica: l’operaio Scarpellini, reo

di essere vicepresidente della le­ga tessile bianca e di aver pre­sentato una piattaforma riven­dicativa era stato licenziato. Nonostante le scenate, i ricatti, le pressioni, le mediazioni delle autorità civili e religiose, i 400 lavoratori della fabbrica non ce­dettero sul principio, politica- mente irrinunciabile, della riam­missione in fabbrica del loro compagno dirigente sindacale, fino e oltre il licenziamento di tutte le maestranze. Era evento da colmare di “dolorosa sorpre- sa”Pio X che pur si confessava “ignaro delle cause che lo pro­vocarono” (p. 139) e faceva ve­nire in piena luce le latenti con­traddizioni interne al mondo cattolico, non solo bergamasco, in fatto di iniziativa di lotta sin­dacale. Prima lo scontento, poi l’indignazione, infine — soprat­tutto quando avviene la saldatu­ra con la Camera del lavoro — l’ira dominano i dirigenti mode­rati e conservatori della Curia e delle organizzazioni diocesane. Fino all’accerchiamento e all’i­nevitabile resa del movimento di lotta. Con tante scuse. Non da parte operaia, la quale dopo cinquanta giorni esprimeva an­cora molta combattività, ma da parte della diocesi.

“Lo sciopero di Ranica” è emblematico perché “nelle vi­cende del proletariato bergama­sco nell’età giolittiana rappre­senta, ad un tempo, il momento più alto di protagonismo, soli­darietà e combattività e l’inizio di un suo deciso ridimensiona­mento” (p. 149). Rovesciando una tradizione costante, gli au­tori lo esaminano infatti per la prima volta non in rapporto alla storia del mondo cattolico ma in rapporto alla crescita politica e organizzativa complessiva del

proletariato bergamasco. Ne sortisce da un lato la sottolinea­tura, non di maniera, di quello che per comodità si potrebbe definire il versante dell’“auto­nomia di classe” presente nelle leghe bianche e misconosciuto, per motivi opposti ma conver­genti, sia dalle interpretazioni tradizionali della sinistra sia da quelle di parte cattolica. Dall’al­tro lato emerge la forte contrad­dizione che tale autonomia in­nesca nelle organizzazioni del laicato cattolico e che gli autori mettono in piena luce contro ogni pretesa agiografica della pubblicistica più proclive al confessionalismo e all’interclas­sismo.

Aggiungerei però un elemen­to che gli autori, nel loro legitti­mo ardore di rivalutazione delle ragioni proletarie del leghismo cattolico, non mettono in altret­tanta evidenza, ma che si dedu­ce senza difficoltà dalla lettura: la forte capacità dei dirigenti cattolici di “governare” queste contraddizioni in una prospetti­va che, anche ai livelli periferici e intermedi, guarda sempre al di là della vicenda contingente e che finisce per ricomporre le contraddizioni in una visione di lungo periodo che sa tenere con­to, diversamente dalle istituzio­ni proletarie sia “bianche” sia “rosse” , di tutti gli elementi in gioco e che punta più alto e più lontano: non solo all’unità del mondo cattolico, a costo di ap­piattire o spezzare le punte più salienti e avanzate, ma al rap­porto complessivo con l’insieme della società e delle istituzioni. La cosa è di grande rilievo per ricomporre il mosaico della pre­senza dei cattolici nell’agone so­ciale e politico, ma ovviamente è destinata a perdersi per la mi­

Page 17: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 113

nuzia, a volte eccessivamente, diligente, della ricostruzione del­le vicende.

Gianfranco Petrillo

G i u s e p p e C a p o b i a n c o , La co­struzione del “partito nuovo” in una provincia del sud. Appunti e documenti sul PCI di Caserta: 1944-1947, Napoli, Cooperativa Editrice Sintesi, 1981, pp. 246, sip.

Il casertano è un’estesa pro­vincia della Campania che com­prende alcuni centri di notevole importanza economica, quali Aversa, Capua, Santa Maria Capua Vetere in cui l’agricoltu­ra ha avuto, fino alle trasforma­zioni degli anni sessanta, un ruolo primario.

Indagare le modalità dello sviluppo dell’organizzazione co­munista alla luce delle preceden­ti tradizioni del movimento ope­raio, può contribuire a com­prendere quali caratteristiche e specificità ha assunto in questa area la costruzione del “partito nuovo”.

È un interrogativo a cui il li­bro di Capobianco, dirigente comunista campano dal 1948, inizia a dare risposta, e ciò è tanto più importante conside­rando che nel casertano, soprat­tutto nei centri medio-grandi, ha a lungo prevalso, e tuttora permane, una forte egemonia democristiana.

L’attenzione è rivolta al per­sonale politico che andò a costi­tuire il quadro dirigente e inter­medio del partito comunista, nonché ai soggetti sociali che ne permisero lo sviluppo organiz­zativo ed elettorale. Il riferi­mento agli inizi del secolo lascia intravedere un’antica tradizione

socialista che si esplicitava nella presenza di alcune “isole rosse”, come, ad esempio, Sora, o, an­cora, nello sviluppo di un forte movimento d’occupazione delle terre nel primo dopoguerra.

Un rapido cenno al fascismo polemizza con la tesi di un pre­sunto consenso contadino e mette in risalto invece lo stato di profondo malessere che “non si trasformò in movimento orga­nizzato per la debolezza della si­nistra alla vigilia dell’avvento del fascismo e per la difficoltà di trovare forme di azione poli­tica nella situazione eccezionale del ventennio, che collegassero i gruppi antifascisti alle masse popolari” (p. 50).

Con il crollo del regime il di­sagio si trasformava in rivolta popolare e antifascista. Prevale­vano gli elementi di spontaneità e legami molto parziali si crea­vano con le strutture organizza­te: “I movimenti spontanei non si incontrarono con i gruppi or­ganizzati e gli eccidi nazisti non divennero occasione di rottura con il passato e coscienza del cambiamento” (p. 55).

Da tali premesse è agevole comprendere perché nel dopo­guerra la costituzione del Pei stentasse a decollare. La situa­zione si presentava contraddit­toria e confusa. All’importan­te risultato, conseguito nel giu­gno ’44 con l’elezione del comu­nista Corrado Graziadei a sin­daco di Sparanise, faceva ri­scontro l’isolamento di comuni­sti e socialisti a Caiazzo. Qui le sedi dei due partiti furono di­strutte in pieno giorno con l’ap­poggio delle truppe alleate e la mancata protesta della popola­zione favorì la piena impunità dei responsabili. Le difficoltà dell’or­ganizzazione comunista erano

confermate dal calo degli iscritti comunisti che si registrò dal 1944 al 1945 e si acuirono in occasione del referendum istituzionale in cui la monarchia raggiunse l’83,12 per cento dei voti e la re­pubblica il 16,88 per cento.

Un’inversione di tendenza si iniziava a delineare allorché i comunisti riuscirono a collegar­si con i canapicoltori, che costi­tuivano un settore molto impor­tante di lavoratori agricoli. Si trattava per Io più di comparte­cipanti e mezzadri che rivendi­cavano la riduzione degli affitti a canapa. L’autore ne ricostrui­sce il ciclo di lotte evidenziando il ruolo di direzione che vi ebbe­ro le organizzazioni di sinistra, quali la Federterra e l’Associa­zione agricoltori in Terra di La­voro. Il dato è importante perché segnala la presenza comunista in fasce di lavoratori agricoli che, come osservò Giorgio Amendo­la alla Conferenza d ’organizza­zione del 1947, erano molto di­verse dal contadino “affamato e lacero” tipico del latifondo me­ridionale.

Restano da comprendere, pe­rò, i successivi passaggi del comportamento politico e socia­le dei canapicoltori, che negli anni successivi confluirono in maggioranza nella “bonomia- na” . Nel libro questi interroga­tivi rimangono irrisolti, anche, forse, per il ridotto periodo temporale preso in esame.

Il decollo del “partito” si eb­be nel 1947, ma coincise con una crisi profonda della federa­zione casertana che si concluse con l’espulsione di parte del gruppo dirigente accusato di “autoritarismo e di caporali­sme, forme degenerative che in qualche caso giungevano alla di­sonestà comune” . Nella polemi­

Page 18: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

114 Rassegna bibliografica

ca s’inserì la direzione del parti­to attraverso l’intervento di Paolo Bufalini. Al di là del lin­guaggio dei documenti riportati nel libro, le ragioni del dissidio non appaiono pienamente espli­cite. Si intravede probabilmente un eccessivo peso dell’influenza personale di alcuni dirigenti lo­cali, che poteva contrastare con l’impostazione rigidamente cen- tralistica del partito.

Lo spunto è però molto inte­ressante, sia perché ritaglia uno squarcio inedito sui rapporti al­l’interno dell’organizzazionecomunista, sia perché lascia in­travedere l’importanza che ac­quisiva la gestione delle cariche pubbliche ai fini del consenso elettorale.

Nell’insieme il saggio riesce a effettuare una ricostruzione ef­ficace dello sviluppo iniziale del Pei, andando oltre il consueto cliché della storiografia politica, che confina il ruolo dei comuni­sti nel Mezzogiorno ad una esi­gua presenza, tutta legata ad al­cuni peculiari momenti di lotta. Meno soddisfacente appare l’in­dagine, allorché si analizzano le ragioni del prolungato minori- tarismo della sinistra nel caser­tano, laddove, invece, si andava pienamente affermando l’ege­monia politica democristiana.

Gloria Chianese

N u n z i o D e l l ’E r b a , Giornali e gruppi anarchici in Italia (1892-1900), Milano, Angeli, 1983, pp. 190, L. 10.000.

Al termine di un lavoro minu­zioso condotto in vari archivi (principalmente all’ACS di Ro­ma e a Torino e Napoli), l’auto­re — giovane ricercatore dell’U­

niversità di Torino — ha pubbli­cato un volume, terminato nel 1980, che presenta notevoli spunti d’interesse, ma anche qualche limite. Già nell’impo­stazione di partenza si accetta, alquanto acriticamente, la ten­denza storiografica secondo la quale nell’ultimo decennio del­l’Ottocento gli anarchici avreb­bero rilevato una “grave crisi di presenza organizzativa e di identità politica” (p. 28) e “non si accorgono che stanno per es­sere definitivamente travolti dalla nuova realtà delle cose che richiede metodi nuovi di lotta politica” (p. 37). Tale situazio­ne, sommata agli effetti della re­pressione statale, spiegherebbe secondo il suo punto di vista il declino dell’anarchismo e, in qualche misura, l’affermarsi del partito socialista.

Il filo conduttore di questo la­voro, che comunque non si pre­senta come un tentativo di de­scrizione complessiva dell’anar­chismo italiano di fine secolo, segue l’evoluzione della stampa anarchica con un criterio misto di tipo cronologico-geografico. Per ogni anno e per ogni città (o zona) sono analizzati i numero­sissimi numeri unici o fogli dalla breve esistenza, oltre ai non molti periodici di una certa du­rata (“L’Avvenire Sociale” di Messina, “L’Agitazione” di An­cona, il “Sempre Avanti” di Li­vorno ecc.). Da ogni testata vengono poi estrapolati quei brani che servono ad illuminare alcuni dei temi ritenuti più im­portanti: “propaganda del fat­to” , repressione crispina, que­stione organizzativa, tendenze individualiste, manifestazioni e rivolte popolari, agitazioni pro­mosse dagli anarchici ecc. L’ampiezza delle fonti a stampa

e delle relazioni di polizia ha pe­rò portato talora ad una certa di­spersione nel resoconto partico­lareggiato di singoli aspetti della repressione, trascurando que­stioni di più ampio respiro, co­me ad esempio i rapporti con i socialisti, uno dei punti sui quali VIntroduzione dichiarava di vo­ler concentrare l’attenzione.

Un problema affrontato ab­bastanza ampiamente è stato in­vece quello del conflitto fra le tendenze organizzatrici, ricon­dotte naturalmente a Errico Malatesta, e quelle antiorganiz- zatrici, sia d’ispirazione indivi­dualista che comunista. In tale esposizione manca purtroppo (ma probabilmente le fonti non lo permettevano) una ricerca del­le motivazioni di fondo, al di là di quelle meramente ideologi­che, di tale contrasto interno al movimento libertario. D’altra parte già in altri studi più ampi, come quello di Gino Cerrito (Dall’insurrezionalismo alla Set­timana Rossa (1881-1914), Fi­renze, Crescita Politica, 1977) e quello, molto accurato di Pier Carlo Masini (Storia degli anar­chici italiani nell’epoca degli at­tentati, Milano, Rizzoli, 1976), la composizione sociale e le ragioni della diffusione dell’individuali­smo restano alquanto in ombra. Il senso del dibattito fra Malatesta e Merlino sul “possibilismo eletto­rale” emerge in modo soddisfa­cente nei suoi tratti essenziali, mentre viene identificato corretta- mente nella riaffermazione del tradizionale astensionismo dai “riti elettorali” uno dei momenti unificanti delle varie correnti del­l’anarchismo.

Un ulteriore tema evidenziato è quello della violenza nella lot­ta contro lo Stato, violenza che assume varie forme: dall’atto

Page 19: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 115

“giustizierò” di Bresci alla insur­rezione della Lunigiana del 1894. L’autore sembra considerare l’u­so della violenza, anche armata, come un portato esclusivo di cer­ta ideologia anarchica, trascu­rando perciò di collegarla con un costante atteggiamento di estra­neità delle classi subalterne, o al­meno di notevoli componenti di esse, rispetto alla mediazione istituzionale, allora tentata dai socialisti con alterne fortune. Proprio su questo tema appaio­no delle affermazioni di evidente contraddittorietà: si cita la “pro­paganda non violenta predicata soprattutto da Malatesta” (p. 11) mentre poi si sostiene che lo stesso “avverte la necessità di una rivolu­zione violenta” (p. 92).

Nel complesso l’opera merita di essere considerata per la mole notevole di informazioni fornite quanto meno quale integrazione agli studi già citati e inoltre a quello fondamentale di Leonar­do Bettini (Bibliografia dell’a­narchismo, vol. 1, t. 1, Periodi­ci e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Ita­lia 1872-1971, Firenze, Cp edi­trice, 1972). Infatti il volume presenta un fitto elenco di circa centotrenta periodici e numeri unici, di cui più di una trentina non compresi nel lavoro di Bet­tini; l’appendice comprende inoltre una quarantina di schede biografiche di militanti libertari del periodo.

Claudio Venza

M a u r i z i o M a r i n e l l i , Il sinda­cato di polizia, Brescia, Edizio­ni Del Moretto, 1983, pp. 184, lire 12.000.

È un libro importante, perché scritto da un “protagonista”,

un agente della Polizia di Stato, laureato in sociologia; un libro interessante per l’ampia biblio­grafia e documentazione che in appendice riporta, fra l’altro, gli statuti dei due maggiori sin­dacati di polizia, il Siulp e il Sap; ma soprattutto, visto il ra­pido mutamento di una realtà come quella della polizia, un li­bro attuale, al quale non sfug­gono gli ultimi avvenimenti che hanno interessato l’istituzione, dal primo congresso nazionale del Siulp alle vicende legate ai maltrattamenti nei confronti di alcuni brigatisti (il cosiddetto caso “Nocs”).

Il libro, dopo una prefazione del questore a riposo Salvatore Margani e l’introduzione del se­gretario generale del Siulp Fran­cesco Forleo, si apre con una descrizione, rapida ma precisa, delle linee di tendenza che han­no caratterizzato dalla sua isti­tuzione la polizia, con il propo­sito di indicare gli elementi di continuità e rottura che ne han­no contrassegnato la vita dal 1952 ad oggi.

Il secondo capitolo, dopo aver fatto la cronaca dell’iter parlamentare della legge di ri­forma, illustra le caratteristiche della nuova polizia italiana, smilitarizzata e sindacalizzata.

Allo studio di quest’ultimo tema, quello della sindacalizza- zione della polizia, è rivolto il terzo ed ultimo capitolo, sen­z’altro il più interessante di tut­to il libro. Dopo una sintetica rassegna delle libertà sindacali riconosciute ai poliziotti di altri quindici paesi europei, l’autore tratta accuratamente della sin- dacalizzazione della polizia ita­liana, del dibattito che ha prece­duto la legge di riforma (la legge 1° aprile 1981, n. 121), e del do­

po riforma, esaminando lo stato d ’attuazione delle nuove norme dell’amministrazione della Pub­blica Sicurezza e la situazione del Siulp e del Sap, non trala­sciando la trattazione del pro­cesso di Padova dove, nel luglio 1983, sono stati condannati quattro uomini del Nocs per le torture inflitte al brigatista Ce­sare Di Lenardo.

Da quanto precede, si può di­re che l’opera di Marinelli, at­traverso una chiara esposizione di come era, di com’è e come dovrebbe essere la polizia (e i suoi sindacati), viene ad assu­mere il carattere di un testo sto­rico-politico ampiamente utiliz­zabile da quanti, come è detto nella prefazione “vogliono ave­re conoscenza dei problemi con­nessi alla polizia italiana ed ap­profondirne lo studio”.

Poche le critiche da muovere a Marinelli; si poteva forse ap­profondire maggiormente l’ana­lisi della legge 121, così come si poteva discutere più a fondo sull’atteggiamento dei partiti e dei sindacati. Occorre però dare atto a Marinelli che le finalità del suo libro stanno non tanto nel mostrare l’indifferenza che partiti, sindacati ed opinione pubblica hanno per molto, forse troppo tempo, ostentato nei confronti di questi lavoratori in divisa, quanto nel trattare, da un punto di vista politico, stori­co ed anche tecnico, il tema di questo sindacato. E non si può certamente criticare il fatto di aver parlato poco degli “obiettivi mancati” (p. 93) dal Siulp e dal Sap (professionalità degli agenti, banca dei dati, coordinamento tra le varie forze di polizia, organici in rosso) e de­gli sviluppi che le vicende lega­te alle tendenze antiriformatrici

Page 20: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

116 Rassegna bibliografica

(“restaurazione prefettizia” ten­tata o presunta; chiusura dei vertici ministeriali per il primo contratto nazionale di lavoro degli operatori di polizia) hanno subito negli ultimi mesi: la ma­teria è infatti in così rapida evo­luzione che la sua sede naturale di trattazione resta la stampa quotidiana e periodica, d’attua­lità politica e d ’informazione tecnica.

In conclusione, dunque, e per quanto detto prima e anche per la notevole e minuziosa biblio­grafia, soprattutto quella ri­guardante i quotidiani (più di trecento articoli raccolti sull’ar­gomento a partire dal 1974), “Il sindacato di Polizia” soddisfa ampiamente il suo scopo, cioè l’analisi della prima forza di po­lizia italiana e dei suoi sindacati, e questo (la conoscenza della realtà attuale che si integra nello sforzo per la sua trasformazio­ne), in un momento in cui anche gli agenti di custodia e la Guardia di finanza lottano per una ri­strutturazione democratica e moderna dei rispettivi istituti, è senza dubbio il più valido contri­buto che un lavoro come questo possa dare.

Antonio Mazzei

A d o l f o P e p e , Classe operaia e sindacato. Storia e problemi (1890-1948), Roma, Bulzoni, 1982, pp. 449, lire 25.000.

In questo volume Adolfo Pe­pe ha raccolto alcuni suoi saggi apparsi nell’arco di un decen­nio in varie riviste e volumi col­lattanei, inserendovi due lavori inediti. La riproposizione di questi scritti avviene secondo un ordine tematico, indipen­dentemente dalla data della lo­

ro apparizione. Abbiamo così un primo blocco di studi sullo sviluppo dell’organizzazione operaia che, prendendo le mos­se dall’ultimo decennio del­l’Ottocento si dipana affron­tando la genesi della Cgdl sino alla ricostituzione del sindaca­to e la scissione del 1948. Do­po questo primo gruppo di saggi abbiamo alcuni inediti: La conflittualità operaia in età giolittiana e II sindacato in Italia e in Europa.

Il volume si presenta con una fisionomia complessiva­mente omogenea, pur nella di­versità dei contributi, un paio dei quali apparsi su riviste sin­dacali e finalizzati, forse, più al dibattito politico che alla ri­flessione storiografica. La pre­senza di lavori già conosciuti insieme a quelli inediti ci con­sente di soffermarci su questi ultimi, anche perché vi ritro­viamo i tratti tipici in cui si è manifestata l’ipotesi storiogra­fica dell’autore in tutta la sua produzione scientifica. Propo­sito di Pepe, chiarito nella prefazione, è quello di portare un ulteriore contributo al di­battito sulla storia del movi­mento operaio e del sindacali­smo. Secondo l’autore vanno superati due limiti in cui sono incorsi gli storici che hanno privilegiato la storia del potere e delle istituzioni politiche, o, in contrapposizione, hanno ri­volto la loro attenzione alla cultura materiale e alla micro­storia delle masse. Per Pepe la storia del movimento operaio e del sindacato va invece af­frontata partendo dalla lotta di classe quale “fenomeno cen­trale che riassume in sé e quali­fica l’intero processo storico dell’Italia contemporanea”, po­

nendola in relazione ai proces­si di trasformazione del potere statale ed economico.

In La conflittualità in età gio­littiana, l’autore prende le mos­se dall’esplosione degli scioperi all’inizio del XX secolo, indivi­duando nel fenomeno il termo­metro per valutare il processo di maturazione politica e organiz­zativa del proletariato. Gli scio­peri vengono analizzati nella lo­ro quantità e qualità in rapporto alle strategie che si delineano nell’azione del padronato e con una particolare attenzione ai processi di ristrutturazione eco- nomico-finanziaria. Per il pe­riodo 1900-1907 Pepe nota una linea di sviluppo della conflit­tualità operaia autonoma dal ci­clo economico. Un’indipenden­za che aveva cominciato a mani­festarsi tra il 1902 e il 1904 e che, proprio a partire dal gran­de sciopero generale di quell’an­no, entrava in una fase più am­pia e articolata che si conclude­va con le lotte del 1907. In quel periodo gli scioperi avevano al centro non solo le questioni del salario, ma il problema dei rap­porti di potere all’interno delle fabbriche.

Dopo il 1907 la controffensi­va padronale veniva favorita dai processi di ristrutturazione che avevano comportato l’immis­sione di nuove tecnologie e la conseguente modificazione del­la stratificazione della classe. Le lotte del biennio 1908-1909 non riuscivano ad incidere sui pro­cessi di ristrutturazione in atto e le scelte operate dai vertici sin­dacali aggravavano, secondo Pepe, le difficoltà in cui si muo­veva il movimento operaio. Gli scioperi del 1910-11, invece, an­che se generalmente andarono incontro a sconfitte, dimostra­

Page 21: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 117

vano un nuovo livello dello scontro diretto con il padronato e favorivano il rinnovamento delle strutture sindacali e della loro strategia. La guerra di Li­bia aveva comportato un inter­vento diretto dello Stato a soste­gno dei settori strategici dell’ap­parato produttivo, ma non tan­to da poter segnare un’inversio­ne di tendenza della situazione economica e sociale del paese. La guerra comportò, anzi, una radicalizzazione dello scontro sociale che finì col coinvolgere, mettendole in crisi, le stesse strutture del movimento sinda­cale con una perdita di egemo­nia della Cgdl e dello stesso Psi.

Nel saggio II sindacato in Ita­lia e in Europa, obiettivo del­l’autore è quello di negare la specificità di un caso italiano ri­spetto alla storia del movimento sindacale europeo. Il giudizio si fonda sull’analisi delle vicende degli anni settanta per cui, a fronte di un ruolo di conserva­zione politico-istituzionale del sindacato italiano, si osserva lo sviluppo di un’ondata di con­flittualità operaia che rimette in discussione quegli apparati sin­dacali che avevano svolto in Eu­ropa un ruolo di mediazione ri­conducendo le lotte dei lavora­tori nell’alveo delle compatibili­tà istituzionali ed economiche. Ripercorrendo per grandi sche­mi la storia sindacale della Francia, della Germania, del­l’Inghilterra e della Svezia, Pepe mette in evidenza come negli an­ni settanta sia entrata in crisi la strategia sindacale di questi pae­si di contrattare la politica eco­nomica in cambio del conteni­mento della conflittualità. Ma la crisi del sindacato e conse­guentemente di alcuni partiti operai europei è anche il segno

della crisi dell’opzione strategi­ca della borghesia che aveva as­segnato proprio al sindacato il ruolo istituzionale di garante dei meccanismi di autoregolamen­tazione dei conflitti sociali. In questo quadro, secondo Pepe, la crisi d’identità del sindacato è la conseguenza immediata della nuova strategia della borghesia che tende ad assegnare all’orga­nizzazione operaia il solo ruolo di “stabilizzazione e conserva­zione del sistema sociale e politi­co capitalistico” .

Come si vede il taglio storio­grafico di Pepe è rivolto a privi­legiare, nella storia del movi­mento operaio, lo sviluppo del­l’autonomia della classe dai processi di accumulazione capi­talistica, ma anche dalle politi­che perseguite dalle direzioni sindacali. Un’angolazione, que­sta, interessante a feconda an­che perché l’autore mette nel giusto rilievo le strategie della controparte, i processi di ri­strutturazione economica e pro­duttiva, i comportamenti istitu­zionali. Tuttavia ci pare che quest’impostazione possa com­portare qualche rischio di sche­matizzazione particolarmente quando si giudichi il ruolo del­l’organizzazione sindacale, vista essenzialmente come forza di contenimento della combattivi­tà operaia.

Domenico Scacchi

A n d r e i n a D e C l e m e n t i , Politi­ca e società nel sindacalismo ri­voluzionario 1900-1915, Bulzo­ni, Roma, 1983, pp. 176, lire15.000.

Nel nutrito panorama di studi sul sindacalismo rivoluzionario, apparsi in Italia negli ultimi an­

ni, il lavoro di Andreina De Cle­menti si colloca fra i pochi saggi che trattano il fenomeno nel suo complesso e non solamente in aspetti particolari o in periodi ristretti. Va comunque subito precisato che l’assenza di un’a­nalisi del sindacalismo spagnolo priva purtroppo la ricerca di un elemento tutt’altro che seconda­rio o “periferico” come sembra ritenere l’autrice. Tuttavia il vo­lume offre notevoli spunti di ri­flessione su questo aspetto della attuale storiografia del movi­mento operaio, che risente in­dubbiamente degli effetti della “crisi del radicalismo politico marxista”, come sottolinea la De Clementi.

La chiave di volta della ricer­ca è data dallo studio del sinda­calismo francese definito “ar­chetipo” di quello italiano e, in misura minore, di quelli statuni­tense e inglese. Questi quattro casi sono considerati nella loro evoluzione temporale e vengono strettamente legati alle condi­zioni sociali delle categorie pro­duttive coinvolte.

In Francia, dove il sindacali­smo nasce e si sviluppa a partire dagli ultimi anni ottanta, esso rappresenterebbe “l’ultima resi­stenza degli operai di mestiere”, e degli artigiani, di fronte alla nuova figura del manovale spe­cializzato. Le trasformazioni produttive che si realizzano du­rante la crisi del 1907-1908 (con l’impiego di nuovi macchinari che implicano una radicale sem­plificazione delle mansioni ope­raie) segnano l’inizio della fine del sindacalismo rivoluzionario francese.

È sempre in Francia che viene definito, secondo l’autrice, 1’“universo simbolico” del sin­dacalismo; esso comprende eie-

Page 22: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

118 Rassegna bibliografica

menti del pensiero di Proudhon e di Marx, in una sorta di sin­cretismo che le masse, o meglio alcuni strati proletari, accettano sotto l’influenza di organizzato­ri-teorici (come Fernand Pel- loutier e Victor Griffuelhes) completamente dediti alla causa sindacale. Punti fondamentali della posizione sindacalista so­no: il primato della pratica sul­l’ideologia, il distacco del sin­dacato dal partito, l’esaltazione della classe dei produttori, il ri­fiuto della politica, degli intel­lettuali e dello Stato. Sul piano degli strumenti di lotta, la scel­ta va all’azione diretta — intesa come momento di manifesta­zione dell’estraneità della classe operaia dalla società borghese e dalle sue leggi — e quindi al boicottaggio e al sabotaggio della produzione, fino a giunge­re alla proclamazione dello sciopero generale rivoluziona­rio. L’autrice segue le tappe fondamentali di questo movi­mento sul piano dell’azione e della teoria confrontandolo con i mutamenti del socialismo poli­tico di Jules Guesde, con l’ap­porto degli anarchici e dei blan­quisti, e, sull’altro versante, con le conseguenze della nuova legislazione del lavoro introdot­ta da un ministro di provenien­za socialista, oltre che con i ri­tardi e i limiti dell’associazioni­smo padronale.

Non mancano interessanti considerazioni sui contrasti in­terni alle concezioni sindacali- ste, ad esempio fra la valorizza­zione etica del lavoro quale fat­tore fondamentale della presen­te e, tanto più, della futura so­cietà e gli atti di sabotaggio che inevitabilmente portano alla di­struzione o danneggiamento dei prodotti.

La situazione italiana, radi­calmente diversa a causa dell’e­gemonia politica del Psi sul pro­letariato, è messa bene in evi­denza dalla De Clementi insie­me ai caratteri particolari della leadership sindacalista che co­stituisce inizialmente una delle correnti socialiste e che resta sempre esterna alla condizione di classe degli appartenenti al- l’Usi. Anzi tra i motivi della sconfitta, della caduta verticale della lotta e dell’organizzazione dei braccianti ferraresi (uno dei punti di forza dell’Usi), l’autri­ce indica la sovrapposizione dei dirigenti sindacali che si impon­gono quali capi di una massa a loro profondamente estranea. Risultano però poco convincen­ti per la limitatezza della tratta­zione l’associazione del sindaca­lismo rivoluzionario a forme re­ligiose di millenarismo egualita­rio cosi come la definizione del­le “connotazioni regressive” dei moti della “Settimana Rossa” .

In sede di conclusione l’autri­ce propone una sintetica inter­pretazione del sindacalismo ri­voluzionario come fenomeno so­stanzialmente omogeneo, al di là di certe differenze fra paese e paese. Si tratterebbe in ultima analisi di un movimento messia­nico fondato sull’utopia di una futura “società di produttori”, movimento capace di fornire una valida identità collettiva ai propri aderenti e di utilizzare le carenze delle varie correnti ope­raie riformistiche. I suoi meriti principali sarebbero stati quelli di aver saputo individuare con immediatezza e intelligenza “i nuovi soggetti dell’antagonismo sociale” , di aver criticato l’auto­ritarismo insito nella democrazia rappresentativa, di aver potenzia­to la conflittualità operaia e di

aver sostenuto la rivendicazione dell’autonomia dell’organizza­zione sindacale da quella politica.

Al momento della formula­zione di un giudizio storico con­clusivo De Clementi si dimostra possibilista e ritiene che tuttora non sia accettabile la stroncatu­ra di questo movimento in quanto troppo spesso e troppo sbrigativamente il sindacalismo rivoluzionario sarebbe stato og­getto di prevenzioni politiche e di schematismi ideologici.

Claudio Venza

G i o r g i o S a c c h e t t i , Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi, Altre Edizioni, 1983, pp. 196, li­re 20.000.

Il lavoro di Giorgio Sacchetti, ricercatore non professionista di Arezzo, permette di illuminare un periodo e una regione di no­tevole importanza nella storia dell’anarchismo di lingua italia­na. Il primo ventennio del seco­lo viene solitamente presentato come una fase di ridimensiona­mento dell’influenza libertaria sul movimento operaio, nel quale sarebbe prevalsa quasi completamente la forza del par­tito socialista. Sulla base della quantità e qualità delle iniziati­ve anarchiche — presentate dal­l’autore con puntualità e preci­sione —, tale immagine risulte­rebbe meno convincente e soli­da. In Toscana (regione tutt’al- tro che marginale nel campo dei conflitti politici), dove l’inter­nazionalismo si era radicato fin dal 1864, al tempo del soggior­no di Bakunin a Firenze, il mo­vimento libertario era riuscito a ereditare buona parte della pre­cedente esperienza del solidari­

Page 23: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 119

smo operaio e dell’insorgenza contadina e, sia pure in misura minore, delle cospirazioni de­mocratiche, e aveva trovato am­pi consensi nelle classi subalter­ne e nei circoli progressisti e re- pubblicani.

Il Sacchetti ne rievoca i trat­ti salienti: il confronto fra le tendenze contrarie e favorevoli ad una strutturazione organiz­zativa, l’impegno in campo sindacale, le lotte anticlerica­li e antimilitariste, e più in ge­nerale il carattere schiettamen­te proletario e lo spirito di co­stante rivolta, nonché la for­te solidarietà interna e la capa­cità di adattarsi alla forzata clandestinità. La ricerca si sof­ferma inoltre sull’alternanza di momenti di prevalenza dell’in­dividualismo, abbastanza for­te a Pistoia e a Firenze, e mo­menti di supremazia della cor­rente comunista-organizzatri­ce che alla fine riesce a guida­re tutto il movimento. I comu­nisti-organizzatori, è ricorda­to esaurientemente, svolgono un’intensa attività in seno alle organizzazioni sindacali e con­tribuiscono al conseguimento di significative affermazioni di varie componenti della classe operaia: i cavatori di Carrara (che nel febbraio 1913 conqui­stano la giornata lavorativa di sei ore e mezzo), i siderurgici di Piombino, i minatori del Valdarno, i ferrovieri di Pisa e di Livorno, i lavoranti in pelle di Empoli e di altri centri. Ciò che forse non si riesce a capire esattamente dal libro di Sac­chetti è il motivo, o i motivi per i quali le proposte anarchiche incontrano tali successi in certe zone e in certe categorie piutto­sto che in altre. Emerge invece con chiarezza il complesso ca­

rattere del movimento, compo­sto da vari elementi: insubordi­nazione e solidarietà di classe, resistenza e determinazione nel­le agitazioni. Anche in altri due campi di azione degli anarchici toscani — l’anticlericalismo e l’antimilitarismo — si manife­stano nettamente le stesse com­ponenti di ribellione e di volon­tà rivoluzionaria, pur nell’ambi­to di collaborazioni con altre forze sovversive o anche generi­camente progressiste. Gli anar­chici, e non solo in Toscana, ri­cercano il concorso dei massoni e dei socialisti ai tempi delle proteste operaie e intellettuali contro l’assassinio del maestro libertario spagnolo Francisco Ferrer, nonché l’appoggio dei giovani socialisti e repubblicani durante le campagne di solida­rietà con Masetti e con i soldati condannati per insubordinazio­ne o contro le compagnie di di­sciplina e le spedizioni coloniali. Sul problema delle alleanze l’autore non si è purtroppo sof­fermato, in quanto ha ristretto l’indagine, malgrado il titolo piuttosto ampio del volume, alle iniziative più propriamente anarchiche.

L’esame delle vicende interne all’anarchismo è certamente ap­profondito e documentato; se­gue infatti passo passo tutte le frequenti, e spesso irregolari, pubblicazioni e segnala soprat­tutto i nodi dei dibattiti dei vari congressi locali, congressi che danno vita nella primavera del 1914 all’Unione anarchica to­scana e preparano la convoca­zione di un Congresso comuni­sta anarchico italiano, previsto nell’estate seguente ma che non verrà svolto.

Sulla base di documenti d’ar­chivio e di resoconti della stam­

pa libertaria, l’autore valuta che il movimento anarchico orga­nizzato disponesse, in Toscana poco prima del conflitto, di più di un centinaio di gruppi con un’attiva militanza. Allo scop­pio delle ostilità non ci sarebbe­ro state significative defezioni dal tradizionale antimilitarismo e antibellicismo, anche se la pre­sa di posizione filo-intesista di Kropotkin avrebbe portato a qualche perplessità, poi fugata dalla risposta di Malatesta. L’avversione generale alla guer­ra, anzi, si può dedurre dai fre­quenti, e talora violenti, scontri di piazza con gli interventisti, anche con quelli di provenienza democratica o repubblicana.

Va ancora rilevato che nelle interessanti e ampie appendici sono pubblicati documenti e ar­ticoli, volantini e deliberati con­gressuali che illustrano adegua­tamente il vivace quadro d’in­sieme dell’anarchismo regiona­le. Completano il volume, senza dubbio valido e stimolante, una nutrita bibliografia, assai utile soprattutto per i numerosi pe­riodici e numeri unici locali.

Claudio Venza

G i n o C e r r i t o , Dall’insurrezio- nalismo alia settimana rossa. Per una storia dell’anarchismo in Italia. (1881-1914), Firenze, Crescita politica, 1977, pp. 253, lire 5.000.

In quest’opera l’autore (scom­parso nel settembre 1982) conti­nua l’analisi del movimento anarchico di lingua italiana met­tendone in luce la problematica e l’evoluzione interne. Viene qui ripreso in larga parte il tema della struttura organizzativa

Page 24: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

120 Rassegna bibliografica

federale che caratterizzò l’ala bakuninista della I Internazio­nale (vedi G. Cerrito, Il ruolo dell’organizzazione anarchica, Catania, R.L., 1973, pp. 492, li­re 3.000).

L’esame parte dal 1881, anno di svolgimento del Congresso internazionale di Londra, il pri­mo importante incontro orga­nizzativo fra anarchici dopo il congresso di Saint-Imier del 1872. Da Londra sarebbe inizia­to un periodo “eroico” costella­to da numerosi episodi di “pro­paganda del fatto” avvalorati dagli “scritti incendiari di Kro­potkin” e dal progetto di Carie­rò centrato sulla “guerra per bande” . Gli attentati diffusi, la repressione statale e la disorga­nizzazione del movimento, se­condo Cerrito, portarono all’i­solamento degli anarchici dalle masse lavoratrici. Inoltre le in­fluenze nefaste dell’individuali­smo di tipo stirneriano associa­to spesso a posizioni estetizzanti (“sublimi filosofie ed eleganze artistiche”) impedirono all’infa­ticabile azione organizzatrice di Malatesta e di Fabbri di appro­dare a risultati apprezzabili. In questo tipo di interpretazione sembra però riprodursi una vi­sione alquanto schematica dei problemi del movimento anar­chico alle prese con le necessità organizzative da un lato e con l’autonomia individuale dei suoi militanti dall’altro. Ad esempio l’autore giunge a spiegare la fine della Federazione socialista anarchica del Lazio, durata dal 1901 al 1906, con un’insistente manovra di “libelli, menzogne e chiacchiere” condotta da un “piccolo gruppo di antiorganiz- zatori ”, “ strumentalizzandocon deliberato proposito la cre­dulità degli anarchici” . Andreb­

be verificato piuttosto quanto la “provocazione individualista” trovasse terreno favorevole, ol­tre che nella naturale ricettività psicologica dei militanti, nella composizione sociale del movi­mento.

Un altro filone dell’analisi di Cerrito concerne l’atteggiamen­to anarchico nei confronti del­l’impegno sindacale. Egli ritie­ne che “l’anarcosindacalismo fu proprio una reazione al siste­ma dell’azione cospirativa e in­surrezionale dei gruppi specifi­ci” e che nel suo progressivo sviluppo abbiano influito sia l’entusiasmo per la situazione francese (almeno fino al 1906), sia il lavoro incessante della tendenza organizzatrice. En­trambi questi fattori si sarebbe­ro giovati dell’inasprimento della lotta di classe a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo e di un certo “prestigio di irriducibi­li avversari del capitalismo e dello Stato” goduto dagli anar­chici presso le masse lavoratri­ci. L’esaltazione per il sindaca­to come mezzo e come fine del­la lotta antistatale verrà però ri­dimensionata al Congresso in­ternazionale di Amsterdam del 1907 proprio da Errico Malate­sta, che tenderà a distinguere nettamente l’organizzazione specifica degli anarchici dalla struttura sindacale dei lavorato­ri genericamente disposti all’a­zione diretta e alla solidarietà di classe. (Al riguardo si veda: a cura di Maurizio Antonioli, Di­battito sul sindacalismo. A t­ti del Congresso internaziona­le anarchico di Amsterdam del 1907, Firenze, Crescita Poli­tica, 1978.)

Il libro riporta una larga ap­pendice documentaria, in buo­na parte di difficile reperimento,

dedicata per lo più alla polemi­ca sulla “crisi dell’anarchismo” iniziata nel 1907 tra Francesco Saverio Merlino, ex anarchico approdato ad una sorta di so­cialismo libertatorio, e Luigi Fabbri ed Errico Malatesta, i principali esponenti della com­ponente organizzatrice. Il giudi­zio di Cerrito è che in una certa misura le critiche di Merlino sulla staticità del movimento erano fondate e avrebbero me­ritato una risposta più convin­cente di quella fideistica data da Luigi Galleani su “Cronaca Sovversiva” , periodico comuni­sta antiorganizzatore degli anarchici italiani negli Stati Uniti (gli articoli sono raccolte nel volumetto L. Galleani, La fine dell’anarchismo?, Torino, Assandri, 1978, pp. 133).

Per Cerrito, la “Settimana Rossa” avrebbe dimostrato a Malatesta la disponibilità insur­rezionale delle masse e l’incapa­cità rivoluzionaria della mino­ranza sovversiva. La mancata decisione dei dirigenti politici e sindacali, socialisti e repubblica­ni —- sovversivi solo a parole — portò, secondo l’autore, a far sfumare questa occasione rivo­luzionaria che, puntando sulla favorevole predisposizione psi­cologica, avrebbe colmato i vuo­ti di una preparazione tecnica minuziosa, peraltro rara anche nei moti rivoluzionari vittoriosi.

Con tale valutazione, che si discosta nettamente da quelle fi­nora prevalenti (vedi ad esempio E. Santarelli, Il socialismo anar­chico in Italia, Milano, Feltri­nelli, 1973), termina questo sag­gio oltremodo utile per la con­tinuazione, e il rinnovamento, del dibattito sull’anarchismo italiano.

Claudio Venza

Page 25: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 121

C l a u d i o V e n z a , M a r c o P u p p i -

n i , D i a n e l l a G a g l i a n i , Com­pagno tante cose vorrei dirti... Il funerale di Giovanni Casali, anarchico, Prato Carnico 1933, Presentazione di Enzo Santarel­li, Udine, Centro Editoriale Friulano, 1983, pp. 87, lire9.000.

Non sono numerosi, a livello nazionale né tantomeno a livello regionale, gli studi che affronti­no il problema del dissenso po­polare negli anni del regime fa­scista.

Il tema in questione è quanto- mai delicato e si presta facil­mente a forzature e a valutazio­ni limitate dei fenomeni. Non è il caso di questo volumetto col­lettivo che ha come primo meri­to quello di superare un’ottica prettamente localistica nelle analisi dei fatti descritti, propo­nendo una serie di interpretazio­ni sul rapporto classi popolari- fascismo estremamente stimo­lanti.

L’opera è composta da tre saggi distinti, in cui gli autori, partendo da posizioni metodo- logiche e ideologiche abbastan­za diverse, affrontano il tema della tradizione socialista e anarchica in Val Pesarina, che ha nell’episodio del funerale “rosso” dell’anarchico Giovan­ni Casali, svoltosi nel 1933 in pieno regime fascista, una delle più significative manifestazioni.

Il saggio di Venza è quello che affronta in maniera più diretta le vicende legate al funerale sov­versivo; la ricostruzione dei fat­ti, peraltro per molti aspetti av­vincente, passa attraverso un largo uso delle carte di polizia conservate presso l’Archivio centrale dello Stato oltre che delle testimonianze orali di

quanti videro o parteciparono a quegli avvenimenti.

I limiti della penetrazione del fascismo nella società friulana e carnica in particolare sono espressi dalla grande partecipa­zione popolare alle esequie di Giovanni Casali, “ ... il Pode­stà, il Segretario Politico, il Pre­sidente dell’Opera nazionale Balilla, presenti ma silenziosi, sanno che non possono contare che su pochi adepti, per lo più spinti dall’indigenza” (p. 21).

Tutta la vicenda è inserita in una meticolosa descrizione del­l’ambiente geografico ed uma­no. L’emigrazione è per molti l’esperienza che più incide nelle coscienze politiche e l’assimila­zione di una “nuova mentalità” provoca un vivace dibattito che si concretizza nella nascita e nel­lo sviluppo delle organizzazioni socialiste e anarchiche; alcuni tra i lavoratori politicamente più attivi diventano dei punti di riferimento per tutta la comuni­tà; è il caso dello stesso Casali, anarchico, morto in Francia nel 1933 in circostanze accidentali, i cui funerali divengono occasio­ne per una protesta aperta: « . . . onorare apertamente un ri­voluzionario, un anarchico vuol dire già manifestare il proprio dissenso al potere vigente ” (P- 21).

Va comunque rilevato come allo stato attuale degli studi non esista un’opera complessiva sul Friuli negli anni del fascismo, una lacuna che si fa sentire an­che in questo lavoro.

II saggio di Puppini ripercor­re in maniera molto dettagliata e precisa le tappe del movimen­to operaio in Val Pesarina dai primi anni del Novecento alla Resistenza; la costruzione della Casa del popolo, l’organizza­

zione di varie cooperative e l’i­stituzione delle varie organizza­zioni socialiste e anarchiche rap­presentano le tappe in cui si ra­dica quella tradizione democra­tica che il fascismo non riuscì mai a piegare del tutto: l’inten­sità delle vicende resistenziali confermerà questa tradizione e Prato Carnico diventerà una delle culle del movimento parti­giano garibaldino.

Di diverso impianto è il sag­gio di Daniella Gagliani, in cui in maniera stimolante viene af­frontato il problema della me­moria storica delle classi popo­lari durante il periodo fascista. Partendo dall’episodio del fune­rale sovversivo di Prato Carnico l’autrice rileva come il regime reazionario abbia sempre osteg­giato e represso in maniera a volte sproporzionata (nel caso del funerale carnico vennero in­viate al confino cinque persone) le manifestazioni, anche sotto forma di riti funebri, di una tra­dizione collettiva non allineata alle parole d’ordine dominanti.

Ne deriva una nuova e diversa riconsiderazione del rapporto masse popolari e fascismo e la necessità quindi di ricostruire una storia della mentalità di quelle classi che come è noto non hanno in genere lasciato memoria scritta.

Paradossalmente il fascismo, impegnato a controllare tutte le forme di dissenso, ci fornisce at­traverso i vari rapporti di poli­zia, di prefetti e ministri, una se­rie di documenti che ci per­mettono di cogliere una parte della soggettività delle masse popolari.

L’autrice del saggio fa notare come i termini fascismo-antifa­scismo, consenso-dissenso in questo tipo di analisi siano in­

Page 26: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

122 Rassegna bibliografica

sufficienti e per molti aspetti fuorvianti: è un nuovo tipo di approccio necessariamente in­terdisciplinare che apre nuove prospettive alle ricerche sull’ar­gomento.

Complessivamente il volume ha il merito di porre un tema, quello dell’antifascismo popola­re e spontaneo, che a livello re­gionale ha avuto trattazioni il più delle volte occasionali e in­sufficienti; eppure consideran­do l’alto numero di persone de­ferite al Tribunale speciale in Friuli negli anni venti e trenta, l’argomento meriterebbe uno studio più sistematico e comple­to. Questo lavoro rappresenta una buona prima traccia.

Dino Barattin

A l c e o R i o s a , II movimento operaio tra società e stato - Il caso italiano nell’epoca della Seconda Internazionale, Mila­no, Angeli, 1984, pp. 222, lire16.000.

Il volume raccoglie un ampio ventaglio di documenti sulla storia del partito socialista, dalla sua fondazione nel 1892 con il nome di Partito dei lavo­ratori italiani allo scoppio della prima guerra mondiale. Con l’eccezione, fuori da questo ar­co cronologico, di due docu­menti: il programma “per la pace e pel dopo guerra” del maggio 1917 e il sunto dell’ulti­ma parte della riunione del Consiglio direttivo della Confe­derazione generale del lavoro nel novembre 1918.

Le sette sezioni in cui sono di­visi i documenti (tutti stralciati da congressi già pubblicati e dai principali giornali del partito e

del sindacato), intendono ri­spondere tanto ai principali pro­blemi propri della storia del mo­vimento operaio italiano che al­le questioni imposte al dibatti­to dalle vicende della II Interna­zionale.

Il tema di fondo è quello del rapporto tra sindacato e partito, le loro diverse funzioni e rap­porto reciproco, le discussioni sullo sciopero generale e il suf­fragio universale. L’ultima se­zione è dedicata al rapporto con i “disorganizzati” .

La corposa introduzione ai documenti di Alceo Riosa pren­de le mosse dal VII Congresso della II Internazionale (Stoccar­da 1907), per ripercorrere la di­scussione e la sistemazione teori­ca del rapporto partito/sindaca- to dagli ultimi anni del secolo scorso alla crisi della prima guer­ra mondiale. Attorno a questo rapporto, secondo l’autore, si delinea il modo originale e auto­nomo in cui il movimento ope­raio italiano si rapporterà, nella sua fase iniziale di organizzazio­ne centralizzata, tanto alla socie­tà che allo stato; svolgendo tra questi due poli un ruolo di cer­niera e di saldatura che si incrine­rà solamente con la vittoria della politica massimalista all’indo­mani della guerra.

m.f.

G i a n f r a n c o A . B i a n c h i , Storia dei sindacati in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1984, pp. 272, li­re 13.500.

Questa del Bianchi non inten­de tanto essere una nuova storia di sindacati in Italia dal Patto di Roma del ’44 ad oggi, mancando programmaticamente di uno scavo sui documenti, di una ori­

ginale proposta interpretativa, di nuove testimonianze. È piuttosto un lavoro di divulga­zione compiuto sul materiale già esistente che ripercorre le vicende delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e del padronato industriale privile­giando il momento del passag­gio dell’Italia da paese essen­zialmente agricolo a paese pre­valentemente industriale.

La ricostruzione storica — compiuta da un autore che ha al suo attivo numerose inchie­ste giornalistiche — si soffer­ma soprattutto sui momenti e sugli episodi che hanno favori­to e accompagnato il crescere dell’apparato industriale, cer­cando di enucleare l’influenza di questa crescita sui rapporti sindacali e sul formarsi delle strategie e delle tattiche delle diverse organizzazioni.

m.f.

F i o m V a r e s e - B u s t o A r s i z i o ,

La sindacalizzazione difficile, Milano, Vangelista, 1982, pp. 533, lire 18.000.

Il volume, che è un primo la­voro di ricerca sulla storia del movimento operaio varesino promosso nell’ottantesimo an­niversario di fondazione della Fiom-Cgil, si compone di due parti. Una prima saggistica, contenente tre lavori di ricogni­zione storica, con particolare at­tenzione alla storia sindacale, su tre importanti aziende della pro­vincia (di Valerio Crugnola sul­la Ignis tra il 1943 e il 1969, di Francesca Amoni sulla Bassa­ni Ticino soprattutto negli anni ’60 e ’70, di Pietro Macchione sulla Siai-Marchetti dal 1945 al 1951); una seconda che riporta i

Page 27: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 123

testi delle relazioni, mozioni ed interventi dei congressi provin­ciali della Fiom di Varese dal IV del 1952 al X del 1977. Ques­ti documenti sono preceduti da una premessa di Franco Ca­talano.

m.f.

A n g e l o O l i v i e r o O l i v e t t i , Dal sindacalismo rivoluzionario al corporativismo, Roma, Bonac- ci, 1984, pp. 320, lire 20.000.

Quarta pubblicazione della sezione documenti della collana “I fatti della storia” diretta da Renzo De Felice, questa raccol­ta curata da Francesco Perfetti, riunisce i testi più significativi di una delle più interessanti figure del sindacalismo rivoluzionario e del fascismo. Angelo Oliviero Olivetti approdò al sindacali­smo rivoluzionario negli anni del dibattito europeo sul revisio­nismo per divenire poi fautore dell’interventismo e — dopo il delitto Matteotti che lo riavvici­nò al fascismo da cui si era ini­zialmente distaccato — uno dei teorici del corporativismo.

I testi presentati seguono le quattro principali fasi dell’atti­vità giornalistico-teorica dell’O- livetti (che morì a Spoleto nel 1931, ormai ordinario alla fa­coltà di Scienze politiche di Pe­rugia), delineando una quadro completo e delle sue idee e dei mutamenti avvenuti. Nella lun­ga introduzione, Perfetti abboz­za uno schizzo biografico del- l’Olivetti, puntando prevalente­mente ad evidenziare la genesi della sua produzione teorica sul sindacato, sul rapporto sindaca­to-stato nel regime fascista, sul corporativismo.

m.f.

U m b e r t o T o m m a s i n i , L ’anar­chico triestino, Roma, Edizione Antistato, pp. 543, lire 15.000.

Umberto Tommasini, anar­chico libertario vissuto dal 1896 al 1980, triestino di nascita e di cultura, antifascista, confinato, esiliato a Parigi, combattente della guerra di Spagna, militan­te del movimento anarchico nel secondo dopoguerra, racconta la sua vita e le sue vicende politi­che ed umane in questa lunga “autobiografia” raccolta, regi­strata e trascritta da Claudio Venza. Testimonianza piena di fascino, sia per l’uso del dialetto che per la ricchezza umana del personaggio, questa autobio­grafia è particolarmente signifi­cativa nella ricostruzione della vita al confino, nel testimoniare le difficoltà di un antifascismo minoritario ma coerente, nel dare un affresco veritiero e co­lorito delle vicende spagnole e dei drammi vissuti non solo al fronte ma all’interno stesso del­le file repubblicane. Meno inte­ressanti, dal punto di vista sto­rico, le pagine del secondo do­poguerra, che mostrano però esaurientemente la tempra uma­na e morale di un esponente esemplare di una generazione di militanti.

La lunga e accurata nota in­troduttiva di Claudio Venza, ol­tre a puntualizzare il dibattito sulla storia orale e i suoi proble­mi, è ricca di materiale archivi­stico e precisa ed esauriente nel­la ricostruzione del mondo del confino, dell’emigrazione anti­fascista, dei volontari italiani in Spagna, di tutto il retroterra storico che fa da sfondo alla vi­ta dell’“anarchico triestino”.

m.f.

L e o n e G a s p a r i n i , La Banda del Matese. La guerriglia nell’Italia postunitaria, Salerno, Galzera- no, 1983, pp. 150, lire 6.000.

Negli anni immediatamente successivi all’unificazione, il Mezzogiorno d’Italia, in coinci­denza con lo scioglimento dell’e­sercito garibaldino e il consoli­damento dell’alleanza politica tra moderati e classe possidente, fu caratterizzato da uno stato di vera e propria guerriglia conta­dina, meglio conosciuta come brigantaggio. Manifestatosi in forme assai diffuse già durante il “decennio francese” esso attin­geva linfa vitale dalle miserrime condizioni economico-sociali del mondo contadino meridio­nale particolarmente esasperato dall’assenza di un qualunque in­tervento capace di infrangere il monopolio esercitato dai ceti pos­sidenti sulla proprietà fondiaria.

La monarchia borbonica — esiliata a Roma — il governo pontificio e gruppi di legittimisti di altri paesi europei (la Spagna, per esempio) cercava, con l’invio di fondi e di emissari, di impri­mere al movimento un indirizzo politico reazionario: sul piano interno esisteva una indubbia istanza ad avere un proprio com- po da coltivare, molto sentita dalle masse contadine meridio­nali. Il governo italiano, sotto lo sguardo attento del mondo poli­tico europeo, operò una feroce repressione servendosi anche di strumenti legislativi come la leg­ge Pica, che se, intorno al 1865, riuscì a stroncare le forme di massa della rivolta, non si rivelò però in grado di eliminare il dif­fuso malcontento che l’aveva ge­nerata, ulteriormente aggravato dalla conferma del dominio so­ciale del ceto possidente.

Page 28: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

124 Rassegna bibliografica

Un diffuso stato di miseria, invero, caratterizzava anche le campagne dell’Italia centroset­tentrionale, sicché, all’intorno al 1870, in vaste zone del nostro paese la situazione sociale si presentava particolarmente es­plosiva. L’inverno 1873-74 fu molto duro: il raccolto si era in­fatti rivelato scarso e i prezzi dei generi annonari erano soggetti a continui rincari: risentimento contro le istituzioni ed inquietu­dini serpeggiavano un po’ do­vunque. Nell’estate del 1874 va­rie località, fra cui Bologna e Castel del Monte (Bari), furono teatro di moti di ispirazione anarchica quasi subito repressi. I processi, svoltisi tra il 1875 e il 1876 con esito favorevole agli imputati, permisero a tutto il movimento socialista, dopo al­cuni anni di dura repressione, di riorganizzarsi. Al suo interno, però — come ha osservato alcu­ni anni fa l’iniziatore di tali stu­di, Franco Della Peruta (cfr. Il socialismo italiano dal 1875 al 1882. Dibattiti e contrasti, “An­nali Feltrinelli”, I, 1958) — co­minciava a svilupparsi la lotta fra le diverse correntbda un lato vi era il gruppo degli anarchici o bakuninisti (Costa, Cafiero, Malatesta ecc.), dall’altro quel­lo dei cosiddetti “legalitari” . I primi, al contrario dei secondi, avversavano ogni forma di au­torità (e perciò anche lo Stato, l’autorità per eccellenza), rite­nendo fondamentale, per lo svi­luppo di un vasto movimento ri­voluzionario, l’adesione delle masse rurali anziché del proleta­riato industriale. In tal senso gli anarchici, e in particolare Baku­nin, attribuivano grande impor­tanza a tutti quei paesi arretrati

sul piano politico e sociale, dove più forti erano le sopravvivenze feudali e più debole o addirittu­ra inesistente il proletariato in­dustriale, instaurando altresì un legame con tutta la tradizione democratica risorgimentale teo­rizzatrice della guerra per bande (Bianco di Sain Jorioz, Mazzini, Pisacane ecc.). La cosiddetta propaganda dei fatti — finaliz­zata alla diffusione delle idee anarchiche attraverso azioni esemplari e clamorose, e non necessariamente vincenti — era pertanto diretta conseguenza di questo atteggiamento di chiusu­ra nei confronti della classe ope­raia e di tutte le sue forme orga­nizzative. Il contrasto, tuttavia, nelle seconda metà degli anni settanta era appena agli inizi e solo negli anni ottanta l’ideolo­gia socialista riuscirà a prevalere su quella anarchica.

Muovendosi su posizioni anarchiche, Cafiero e Malate­sta, all’indomani dell’avventu­roso congresso di Tosi (1876), cominciarono ad organizzare un nuovo tentativo insurrezionale. La scelta cadde sulla zona del Matese percorsa, negli anni pre­cedenti, da fremiti di irrequie­tezza e caratterizzata da una profonda miseria, situazione che — nei loro piani — la rende­va particolarmente adatta allo scopo.

La ricostruzione dell’episodio compiuta da Leone Gasparini, facendo esclusivo riferimento a materiale ampiamente cono­sciuto, non si propone di ag­giungere alcunché di nuovo a quanto già acquisito dal dibatti­to storiografico negli ultimi de­cenni; essa al contrario tende a sottolineare la necessità di impe­

dire che “un fatto insurreziona­le compiuto poco più di cento anni fa da un pugno di uomini armati di vecchi fucili viva nel­l’ambito di una cronaca angu­sta” (p. 7).

Le successive fasi del proces­so furono notevolmente condi­zionate dal clima repressivo che però, almeno fino agli anni ot­tanta non riuscì a produrre i ri­sultati sperati.

Infatti, il sistema delle Cor­ti di Assise, basato sulle giu­rie popolari, aveva ampiamen­te dimostrato l’indisponibilità, da parte di queste ultime, a condannare gli anarchici per reati squisitamente politici. Sic­ché, l’autorità giudiziaria tese ad appesantire i termini della carcerazione preventiva, non­ché ad abusare sistematicamen­te delle proprie prerogative. Con l’inizio degli anni ottanta, il potere giudiziario cercherà di impedire, attraverso un re­lativo alleggerimento dei ca­pi di accusa, che il giudizio degli imputati fosse appannag­gio delle Corti d ’Assse, prefe­rendo affidarlo a giudici di professione.

Anche in occasione dei fatti del Matese, la durezza dei me­todi polizieschi e l’eccessivo protrarsi della carcerazione preventiva (ben sedici mesi) non poterono non influenzare il verdetto assolutorio della giuria popolare, che — secon­do l’autore — non intese “esprimere un giudizio favore­vole alle idee socialiste o ad­dirittura anrachiche, quanto un consenso verso tutti coloro che si ribellavano al governo”(p. 120).

Ciro Rocco

Page 29: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Spoglio dei periodici stranieri 1983di Franco Pedone

Sono stati presi in considerazione i seguenti periodici:

Australia: “Labour History”;

Austria: “Zeitgeschichte”;

Bulgaria: “Etudes balkaniques”;

Francia: “Actes de la recherche en sciences sociales”, “Annales. Economies, sociétés, civilisations”, “Cahiers d’histoire”, “Ca­hiers d’histoire de Institut de recherches marxistes” “Cahiers du monde russe et so­viétique”, “Cahiers Léon Trotsky”, “Etu­des rurales”, “L’homme et la société”, “Le mouvement social”, “Relations internatio­nales” , “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contempo­rains”, “Revue française de science politi­que”, “Revue historique”;

Germania Rdt: “Beitrâge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” ;

Germania Rft: “Geschichte und Gesell- schaft” , “Historische Zeitschrift”, “Mili- tàrgeschichtliche Mitteilungen”, “Neue Po- litische Literatur”, “Vierteljanhrshefte für Zeitgeschichte”;

Gran Bretagna: “Comparative Studies in Society and History”, “The Economic Hi­story Review”, “The English Historical Review”, “History Workshop”, “The Hi­storical Journal” , “Journal of Contempo

rary History” , “Journal of Social Policy” , “New Left Review”, “Past and Present” , “Social History”;

Jugoslavia: “Casopis za Suvremenu Pov- jest” , “Vojnoistorijski Glasnik”;

Olanda: “International Review of Social History”;

Polonia: “Dzieje Najnowsze”, “Kwartalnik Historyczny”, “Polish Western Affairs” , “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srod- kowej”, “Z Pola Walki”;

Romania: “Revue des études sud-est euro­péennes”, “Revue roumaine d’histoire”;

Spagna: “Revista de estudios internaciona- les” ;

Svezia: “The Scandinavian Economie Hi­story Review and Economy and History”, “The Scandinavian Journal of History”;

Svizzera: “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte”;

Ungheria: “Acta historica”;

USA: “The American Historical Review”, “Explorations in Economic History”, “Jour­nal of Asian Studies” , “The Journal of Eco­nomic History” , “Journal of Family Histo­ry”, “Journal of History of Ideas” , “Journal of Interdisciplinary History”, “Journal of La- tin-American Studies”, “The Journal of Mo­dern History”, “Polical Science Quaterly”-

Page 30: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

126 Rassegna bibliografica

“Proceedings of the Academy of Political Science”, “Socialist Review”, “Telos” .Lo spoglio è stato effettuato da Franco Pe­done, con la collaborazione di Enzo Collotti,

Stanislaw Sierpowski e Nanda Torcellan. Es­so non comprende gli ultimi numeri di perio­dici che, al momento della stampa, non era­no ancora usciti.

Storiografia

Walter C. Adamson, Benedetto Croce and the Death o f Ideolo­gy, in “The Journal of Modern History”, voi. 55, n. 2, pp. 208-236.

Klaus J. Bade, Imperialismus- forschung und Kolonialhistorie, in “Geschichte und Gesell- schaft” , a. 9, n. 1, pp. 138-150.

Horst Bartel, Das Lutherbild der revolutionaren deutschen Arbeiterbewegung, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe­wegung”, a. 25, n. 6, pp. 786-796.

Karl Dietrich Bracher, Demo- kratie und Ideologie im Zeital- ter der Machtergreifung, in “Vierteljahrshefte für Zeitges- chichte”, a. 31, n. 1, pp. 1-24.

Volker Briese, Militar, und Ge- sellschaft. Der Beitrag sozial- wissenschaftlicher Literatur zur aktuellen Diskussion (I), in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 336-357; (II), n. 4, pp. 413-435.

Wilhelm Bruns, Die Vereinten Nationen zwischen Ignoranz und Irrelevanz?, in “Neue Poli­tische Literatur” , a. XXVIII, n. 3, pp. 358-371.

Oliver Carre, Le combat - pour - Dieu et l ’Etat islamique chez Sayyid Qotb, l ’inspirateur du

radicalisme islamique actuel, in “Revue française de science po­litique” , a. XXXIII, n. 4, pp. 680-705.

José U. Martinez Carreras, Hi- storia de las relaciones interna- cionales de los paises afroasiati- cos. Notas bibliograficas (I), in “Revista de estudios internacio- nales”, n. 2, pp. 281-310; (II), n. 4, pp. 785-805.

Tadeusz Cieslak, L ’evoluzione della concezione della federa­zione balcanica nel X IX e nel X X secolo, in “Studia z Dzie- gow Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 5-22.

Werner Conze, Hans Rothfels, in “Historische Zeitschrift” , voi. 237, n. 2, pp. 311-360.

Peter Dusek ed altri, Das gelun- gene Experiment. “Koloniali- smus - Dritte Welt - Neokolo- nialismus”, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 11/12, pp. 435-447.

Karl-George Faber, Cogito ergo sum historiens novus. Bemerkun- genzu “Die Geschichte der Anna­les, erzahlt von François Furet”, in “HistorischeZeitschrift”, voi. 236, n. 3, pp. 529-538.

R.A. Flechter, Cobden as Edu­cator: the Free-Trade Interna­tionalism o f Eduard Bernstein, 1899-1914, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. 3, pp. 561-578.

François Furet, Beyond the “Annales”, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 3, pp. 389-410.

Luigi Vittorio Graf Ferraris, Po- litik und Zeitgeschichte. Ein- klang Oder Widerspruch?, in “Vierteljahrshefte für Zeitges­chichte”, a. 31, n. 3, pp. 373-388.

Mir j ana Gross, Braudel e Vilar due rappresentanti della storio­grafia francese, in “Casopis za Suvremenu Povjest” , a. 15, n. 2, pp. 93-97.

Jürgen Habermas, Neo-Conser­vative Culture Criticism in the United States and West Germa­ny: an Intellectual Movement in Two Political Cultures, in “Te­los” , n. 56, pp. 75-89.

Brian Harrison - James Maclt- tillan, Some Feminist Betrayals o f Women’s History, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 375-389.

Heiko Haumann, Grundproble- me der Sowjetgesellschaft aus historischer Sicht, in “Neue Po­litische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 372-380.

Historians and Movies: the Sta­te o f the Art. Scritti di Marc Ferro, Nicholas Pronay, Wolf­gang Ernst, R.C. Raack, Ri­chard Taylor, Nicholas Reeves, Jay W. Baird, C. Brian Morris, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 3.

Page 31: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 127

Eckhard Jesse, Renaissance der Totalitarismuskonzeption? Zur Kontroverse um einen strittigen Begriff, in “Neue Politische Li­teratur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 459-492.

Jean-Paul Joubert, Remarques sur la politique “entriste”, in “Cahiers Leon Trotsky”, n. 16, pp. 3-15.

Nikki R. Keddie, Iranian Revo­lutions in Comparative Perspec­tive, in “The American Histori­cal Review” , vol. 88, n. 3, pp. 579-598.

Elizabeth Klosty Beaujour, A r­chitectural Discourse and Early Soviet Literature, in “Journal of the History od Ideas”, vol. 44, n. 3, pp. 477-495.

Reinhard Kühnl, Der deutsche Faschismus in der neueren For- schung. Beitràge zur Kausalfra- ge und zum Herrschaftssystem, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 57-84.

Walter Laqueur, The Question o f Iudgement: Intelligence and Medicine, in “Journal of Con­temporary History” , vol. 18, n. 4, pp. 537-548.

Willaume Malgorzata, Le ulti­me realizzazioni della storiogra­fia romena, in “Kwartalnik Hi- storyczny”, a. XC, n. 2, pp. 337-380.

Victor Morales Lezcano, Apro- ximación bibliografica al Ma- greb, in “Revista de estudios in- ternacionales” , n. 1, pp. 75-82.

Francisco Aldecoa Luzanaga, Nota bibliografica sobre Ameri­ca Latina y Espana, in “Revista

de estudios internacionales” , n. 4, pp. 807-812.

Bernard Manin, Friedri­ch August Hayek et la que­stion du libéralisme, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 1, pp. 41-64.

Tilman Mayer, Die Nationa­le Frage in Deutschland, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIIII, n. 3, pp. 295-324.

Muhammad Umar Memor, Pakistani Urdu Creative Wri­ting on National Disintegra­tion: the Case o f Bangladesh, in “The Journal of Asian Stu­dies”, voi. 83, n. 1, pp. 105-127.

Ernst Nolte, Marxismus und Nationalsozialismus, in “Vier- teljahrshefte fiir Zeitgeschi- chte”, a. 31, n. 3, pp. 389- 417.

José Pacheco Pereira, L ’histo­riographie ouvrière au Portu­gal, in “Le Mouvement so­cial” , n. 123, pp. 99-108.

Joachim Radkau, Szenenwech- sel in der Kernkraft-Kontro- verse, in “Neue Politische Li­teratur”, a. XXVIII, n. 1, pp. 1-56.

Arnold Reisberg, Alfred Klahr - erster marxistisch-leninisti- scher Theoretiker iiber die ôsterreichische Nation, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 3, pp. 411-416.

Rolf Richter, Zur Analyse und Kritik der nichtmarxistischen Geschichtsschreibung iiber del Alltag im deutschen Faschi­

smus, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewe­gung”, a. 25, n. 6, pp. 824- 834.

Sheldon Rothblatt, Some Re­cent Writings in British Politi­cal History, 1832-1914, in “The Journal of Modern Hi­story” , voi. 55, n. 3, pp. 484-499.

Hans-Peter Schwarz, Die euro- pdische Integration als Aufgabe der Zeitgeschichtsforschung, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte” , a. 31, n. 4, pp. 555-572.

Nisha Sohai-Achuthan, Soviet Ideologists and the Institute o f Oriental Studies: Works onContemporary India in Soviet Union, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 42, n. 2, pp. 323-343.

Ronald Gregor Suny, Toward a Social History o f the October Revolution, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. l ,p p . 31-52.

John Trayer, Alfredo Frassati in the History and Historiogra­phy o f Modern Italy, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 2, pp. 285-296.

John Trayer, Illiberalism and Beyond: German History and Historiography o f Modern Ita­ly, in “The Journal of Modern History”, voi. 55, n. 2, pp. 268-285.

Bogdan Wachowiak, Una nuo­va elaborazione tedesco-occi­dentale della storia della Prus­sia, in “Kwartalnik Historycz- ny” , a. XC, n. 3, pp. 573-580.

Page 32: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

128 Rassegna bibliografica

Giinter Wollstein, Das Ende der Hoffnungen des Jahres 1980. Literatur zur jiingsten Ge- schichte Polens, in “Neue Poli- tische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 98-104.

Giinter Wollstein, Preussen - Literatur zur Geschichte des “aufgehobenen ” Staates im “Preussenjahr” und in dessen Umfeld, in “Militàrgeschichtli- che Mitteilungen” , n. 33, pp. 91-116.

Hartmann Wunderer, Alkohol in der Geschichte, in “Neue Po- litische Literatur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 436-458.

James D. Young, Marxism and the Scottish National Question, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 1, pp. 141-163.

Metodologia e organizzazione della ricerca

Rudolf G. Ardelt, Arbeiterkultur - Die andere Kultur, in “Zeitge- schichte”, a. XI, n. 3, pp. 88-102.

Kathleen Neils Conzen, Quanti­fication and the New Urban Hi­story, in “The Journal of Inter­disciplinary History” , voi. 13, n. 4, pp. 653-677.

Gordon Craig, The Historian and the Study o f International Relations, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. l.PP . 1-11-

Martin Van Creveld, Thoughts an Military History, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 549-566.

Robert Deutsch, Die Psychohi- storie und die sowjetische Ge- schichtsschreibung. Zur Ge­schichte einer Grenzüberschrei- bung, in “Schweizerische Zeit­schrift fiir Geschichte” , voi. 33, n. 2, pp. 168-191.

Pierre Favre, La constitution d ’une science du politique. Le deplacement des ses objets et “l ’irruption de l ’histoire réele”, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 2, pp. 181-219; n. 3, pp. 365-402.

Fonti (Le) della letteratura sul movimento operaio socialista a Zagabria dalle sue origini ai no­stri giorni, Tavola rotonda, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest”, a. 15, n. 3, pp. 1-76.

Norbert Frei, “Machtergrei- fu n g ”. Anmerkungen zu einem historischen Begriff, in “Vier- teljahrshefte fiir Zeitgeschich- te” , a. 31, n. l,p p . 136-145.

Stephen P. Glick - Jan Char­ters, War, Games, and Military History, in “Journal of Con­temporary History” , voi. 18, n. 4, pp. 567-581.

Gangolf Hiibinger, Literaturge- schichte als gesellschaftswissen- schaftliche Disziplin. Ihre Be- griindung durch Georg Gott­fried Gervinus, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 1, pp. 5-25.

Daniel Jelzar, Le ricerche relati­ve alla storia del movimento operaio nella Repubblica Popo­lare di Bulgaria, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 3/4, pp. 119-131.

Richard Jensen, The Microcom­puter Revolution fo r Histo­rians, in “The Journal of Inter­disciplinary History” , vol. 14, n . 1, pp. 91-111.

Zbigniew Kulak, L ’industrializ­zazione, le trasformazioni so­ciali e il movimento operaio nel­le terre polacche e in Germania fino al 1914 nei manuali della Repubblica Federale Tedesca, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 267-277.

Gerhard Lozek, Das Problem von Objektivitat und Parteilich- keit und dier Auseinanderset- zung mit der biirgerlichen Ge- schichtsscheibung, in “Zeit­schrift fiir Geschichtswissen- schaft”, a. 31, n. 5, pp. 387-396.

Marcel Merle, Sur la “problé­matique” de l ’étude des rela­tions internationales en France, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 3, pp. 403-427.

Teodor Miatewicz, La questio­ne polacca sullo sfondo della crisi politica russa negli scritti di Roman Dmowski degli anni 1903-1909, in “Dzieje Najnow- sze” , a. XV, n. 4, pp. 3-30.

Peter Moore - Ewan Maidment, The Archives o f Business and Labour, 1954-1982, in “Labour History”, n. 44, pp. 107-112.

Bernard Peloille, Le vocabu­laire des notions “nation”, “Etat”, “patrie”. Quelques ré­sultats d ’enquête, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. l,p p . 65-108.

Page 33: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 129

Theodore K. Rabh, The Deve­lopment o f Quantification in Hi­storical Research, in “The Jour­nal of Interdisciplinary History”, voi. 13, n. 4, pp. 581-601.

Craig J . Reynolds - Hong Lysa, Marxism in Thai Historical Stu­dies, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 83, n. 1, pp. 77-104.

Theodor Schieder, Organisation und Organisationen der Ge- schichtswissenschaft, in “Histo- rische Zeitschrift” , vol. 237, n. 2, pp. 265-288.

Walter Schmidt, Deutsche Ge- schichte als Nationalgeschichte der DDR, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 3, pp. 332-339.

Walter Schmidt, Die Geschichts- wissenschaft den DDR in den fünfziger Jahren. Ihre Konsti- tuierung als sozialistische deut- sche Geschichtswissenschaft, in “Zeitschrift für Geschichtswis­senschaft”, a. 31, n. 4, pp. 291-312.

Hansjôrg Siegenthaler, Ent- scheidungshorizonte im sozialen Wandel, in “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte” , vol. 33, n. 4, pp. 414-431.

Herbert A. Strauss, Die Leo Baeck Institute und die Erfor- schung der deutsch-jüdischen Geschichte, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 471- 478.

Maris A. Vinovskis, Quantifica­tion and the Analysis o f Ameri­can Antebellun Education, in “The Journal of Interdiscipli­

nary History” , voi. 13, n. 4, pp. 761-786.

Ruth Wodak, Der Stellenwert von Sprache in der Geschichts- forschung, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 7, pp. 261-285.

Storia fino alla prima guerra mondiale

Ljubomir Antic, Il tentativo di creare “la Lega croata” degli emigranti dell’America del Sud nel 1913, in “Casopis za Suvre- menu Povjest” , n. 2, pp. 43-62.

Samuel L. Baily, The Adju­stment o f Italian Immigrants in Buenos Aires and New York, in “The American Historical Re­view”, voi. 88, n. 2, pp. 281- 315.

Shigemi Inaga, La reinterpreta­tion de la perspective lineare au Japon (1740-1830) et son retour en France (1860-1910), in “Ac­tes de la recherche en sciences sociales” , n. 49, pp. 29-46.

Herbert S. Klein, The Integra­tion o f Italian Immigrants in the United States and Argentina: a Comparative Analysis, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. 2, pp. 306-329.

A.J.H . Lotham - Larry Neal, The International Market in Ri­ce and Wheath, 1868-1914, in “The Economic History Re­view” , voi. 36, n. 2, pp. 260-280.

Angus Maddison, A Compari­son o f the Levels o f GOP per Capita in Developed and Deve­loping Countriers, 1700-1980,

in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 27-41.

Jehuda Reinhorz, Chaim Weiz- mann: the Shaping o f a Zionist Leader before the First World War, in “Journal of Contempo­rary History”, voi. 18, n. 2, pp. 205-231.

Europa

George L. Bernstein, Liberalism and the Progressive Alliance in the Constituencies, 1900-1914. Three Case Studies, in “The Hi­storical Review”, voi. 26, n. 3, pp. 617-640.

Jozef Chlebowczyk, Le classi sociali dell’Europa orientale e l ’inizio della guerra mondiale nel 1914, in “Z Pola Walki”, a. XXVI, n. 3/4, pp. 187-202.

N.F.R. Crafts, Gross National Product in Europe 1870-1910: Some New Estimates, in “Ex­plorations in Economie Histo­ry” , voi. 20, n. 4, pp. 387-401.

Ludwik Hass, La classe operaia polacca all’epoca del capitali­smo fino al 1914, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 2, pp. 19-47.

Nicolas P. Hiley, The Failure o f British Espionage against Ger­many, 1908-1914, in “The Hi­storical Review” , voi. 26, n. 4, pp. 867-889.

John Keiger, Jules Cambon and Franco-German Detente, 1907- 1914, in “The Historical Re­view” , voi. 26, n. 3, pp. 641-659.

Page 34: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

130 Rassegna bibliografica

Norbert Michta, Von der Spal- tung zur Vereinigung der polni- schen Arbeiterbewegung (1893- 1948), in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewe­gung”, a. 25, n. 5, pp. 686- 692.

Ubavka Ostojic-Fejic, La posi­zione delle personalità politi­che e scientifiche britanniche nei confronti degli sforzi della Serbia dal 1914 al 1915, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 253-265.

Bozidar Samardziev, La Gran Bretagna e alcuni aspetti delle relazioni politiche turco-bulgare nel periodo 1898-1903, in “Etu­des balkaniques”, a. XIX, n. 3, pp. 19-39.

Bo Strath, Workers Radicalism in Theory and Practice. A Study o f the Shipyard Workers and Industrial Development in Go­thenburg, Malmò and Bremen, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 4, pp. 261- 291.

Francia

Jean-William Dereymez, Les syndicats ouvriers de Saône -e t- Loire (1899-1914), in “Cahiers d ’histoire de l’Institut de recher­ches marxistes”, n. 16, pp. 27-57.

Remi Fabre, Un groupe d ’étu­diants protestants en 1914-1918, in “Le Mouvement social”, n. 122, pp. 75-101.

Paul Gerbod, Les touristes français à l ’étranger (1871- 1914), in “Revue d’histoire mo­derne et contemporaine” , a. XXX, n. 2, pp. 283-297.

Odette Hardy - Hemery, La né­buleuse en expansion aux X IX e et X X e siècles: l ’espace de l ’usi­ne sidérurgique de Denain, in “Le Mouvement social” , n. 125, pp. 57-78.

John Horne, Le Comité d ’Ac- tion (CGT - PS) et l ’origine du réformisme syndical du temps de guerre (1914-1916), in “Le Mouvement social” , n. 122, pp. 33-60.

Jean-Charles Jauffret, Armée et pouvoir politique. La question des troupes spéciales chargées du maintien de Tordre en Fran­ce de 1871 à 1914, in “Revue hi­storique” , n. 547, pp. 97-144.

Jean-Charles Jauffret, Etudes sur l ’armée française de 1870 à 1914, in “Revue historique”, n. 546, pp. 399-407.

Roger Martin, Les instituteurs, la guerre et la paix, 1880-1940, in “Cahiers d’histoire de l’Insti­tut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 59-87.

Jean-Yves Nevers, Du clientéli­sme à la technocratie: cent ans de démocratie communale dans une grande ville Toulouse, in “Revue française de science po­litique” , a. XXXIII, n. 3, pp. 428-454.

Gerard Noilier, Espace de pro­duction et luttes sociales: l ’e­xemple des usines sidérurgiques lorraines (1880-1930), in “Le Mouvement social” , n. 125, pp. 25-36.

Guy Pedroncini, La strategie du général Pétain, in “Relations internationales”, n. 35, pp. 277- 289.

Germinal Pica, La fonction educative des bourses du travail dans le mouvement ouvrier (1895-1914), in “Cahiers d’hi­stoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 16, pp. 4-26.

Jean-Louis Robert, Une analyse d ’implication: l ’évolution du groupe des “Temps Nouveaux” en 1915, in “Le Mouvement so­cial”, n. 122, pp. 61-74.

Charles Sowerwine, Workers and Womens in France before 1914: the Debate over Couriau Affair, in “The Journal of Mo­dern History”, voi. 55, n. 3, pp. 411-441.

Germania

René Eichenlaub, L ’expressio- nisme allemand et la Première guerre mondiale. A propos de l ’attitude de quelques-uns de ses représentants, in “Revue d’hi­stoire moderne et contemporai­ne” , a. XXX, n. 2, pp. 298-321.

Marlene Ellerkamp - Brigitte Jungmann, Le travail et la san­té: le vie des ouvrierès d ’une usi­ne textile de Brême entre 1868 et 1914, in “Le Mouvement so­cial” , n. 124, pp. 113-130.

Dieter Fricke, Nationalsoziale Versuche zur Fôrderung der Krise der deutschen sozialde- mokratie. Zum Briefwechsel zwischen Max Maurenbrecher und Friedrich Naumann (1910-1913), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewe­gung” , a. 25, n. 4, pp. 537-547.

Imanuel Geiss, Die Manipulier- te Kriegsschuldfrage. Deutsche Reichspolitik in der Julikrise

Page 35: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 131

1914 und deutsche Kriegsziele im Spiegel des Schuldreferats des Auswartigen Amtes, 1919- 1931, in “Militârgeschichtliche Mitteilungen” , n. 34, pp. 31-60.

Hartmut Kaelble, Der Mythos von der rapiden Industrialisie- rung in Deutschland, in “Ge- schichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 1, pp. 106-118.

David E . Kaiser, Germany and the Origins o f the First World War, in “The Journal of Modern Histo­ry” ,voi.55,n .3 ,pp. 442-474.

Klaus Saul, Jugend im Schatten des Krieges. Vormilitarische Ausbildung - Kriegswirtschaftli- che Einsatz - Schulalltag in Deutschland 1914-1918, in “Mi­litàrgeschichtliche Mitteilun­gen”, n. 34, pp. 91-184.

Siegfried Schmidt, Politile und Ideologie des bürgerlichen Libe- ralismus im Revolutioszyklus zwischen 1789 und 1917, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft”, a. 31, n. 1, pp. 24-37.

Dennis E. Schowaiter, Army and Society in Imperial Germa­ny: the Pains o f Moderniza­tion”, in “Journal of Contem­porary History”, voi. 18, n. 4, pp. 583-618.

Shulamit Volkov, Jiidische As­similation und jiidische Eige- nart im Deutschen Kaiserreich, Ein Versuch, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 3, pp. 331-348.

Gran Bretagna

Brian Heeney, Women’s Strug­gle fo r Professional Work and

Status in the Church o f En­gland, 1900-1930, in “The Hi­storical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 329-347.

Avner Offer, Empire and Social Reform: British Overseas Inve­stment and Domestic Politics, 1908-1914, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 1, pp. 119-138.

G.C. Peden, Sir Richard Hop­kins and the “Keynesian Revo­lution” in Employment Policy, 1929-1945, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 2, pp. 281-296.

Ellen Ross, Survival Networks: Women’s Neighbourhood Sha­ring in London before World War I, in “History Workshop”, n. 15, pp. 4-27.

G.R. Searle, The Edwardian Li­beral Party and Business, in “The English Historical Re­view” , voi. 98, n. 386, pp. 28-60.

Alan Sykes, The Radical Right and the Crisis o f Conservation before the First World War, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 3, pp. 661-676.

Keith Wilson, The Foreign Offi­ce and the “Education” o f Pu­blic Opinion before the First World War, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 2, pp. 403-411.

Russia

Maurice Carrez, Le mouvement ouvrier finlandais des origines à la guerre civile de 1918, in “Ca­hiers d’histoire de l’Institut de

recherches marxistes”, n. 16, pp. 79-103.

Michael Confino, Pierre Kro- potkine et les agents de l ’Ohra- ma. Etude suivie de trente let­tres inédites de P. Kropotkine à M. Goldsmith et à un groupe anarchiste russe, in “Cahiers du monde russe et soviétique”, a. XXIV, n. 1-2, pp. 83-149.

Annelies Laschitza, Lenin kon- tra Kautsky wàhrend der Revo- lutionsjahre 1917/1918, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 3, pp. 347-351.

Dominic Lieven, Bureaucratie Authoritarism in Late Imperial Russia: the Personality Career and Opinions o f P.N. Durnovo, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 391-402.

Barbara T. Norton, Russian Po­litical Masonery o f the February Revolution o f 1917, in “Interna­tional Review of Social History”, voi. 28, n. 2, pp. 240-258.

William A. Renzi, Who Com­posed “Sazonov’s Thirteen Points”? A Re Examination o f Russia’s Aims o f 1914, in “The American Historical Review”, voi. 88, n. 2, pp. 347-357.

Nurit Schleifmann, The Inter­nal Agency: Linchpin o f the Po­litical Policy in Russie, in “Ca­hiers du monde russe et soviéti­que” , a. XXIV, n. 1-2, pp. 151-177.

Gary Thurston, The Impact o f Russian Popular Theatre, 1886-1915, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 2, pp. 237-267.

Page 36: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

132 Rassegna bibliografica

Altri Paesi

Manuel Villaverde Cabrai, L ’E- tat et le patronat portugais de­vant la classe ouvrière de 1890 à 1914, in “Le Mouvement so­cial” , n. 123, pp. 45-68.

Daniel J. Grange, Emigration et colonies: un grand débat de VI- talie liberale, in “Revue d’hi­stoire moderne et contemporai­ne”, a. XXX, n. 3, pp. 337-365.

Joseph Harrison, Heavy Indu­stry, the State, and Economic Development in the Basque Re­gion, 1876-1936, in “The Eco­nomy History Review”, voi. 36, n. 4, pp. 535-551.

Sigfus Jonsson, The Icelandic Fisheries in the Pre-Mechaniza­tion Era, c. 180-1905: Spatial and Economic Implications o f Growth, in “The Scandinavian Economic History Review and Economic and History”, voi. XXXI, n. 2, pp. 132-150.

Lars Jonung, Monetization and the Behavior o f Velocity in Swe­den, 1871-1913, in “Explora­tions in Economic History” , voi. 20, n. 4, pp. 418-439.

Maria Filomena Monica, Mort d'une aristocratie ouvrière portu­gais (1870-1914), in “Le Mouve­ment social”, n. 123, pp. 69-97.

Mirko Radmansovic, L ’ammu­tinamento delle navi da guerra della flotta austro-ungarica nel­le Bocche di Cat taro, 1-3 feb ­braio 1918, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 203-228.

Milorad Raduninovic, I progetti e le misure per la fortificazione

delle Bocche di Cattaro durante il primo decennio del X X seco­lo, in “Vojnoistorijski Gla­snik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 229-242.

Africa

Raymond E. Dumett, African Merchants o f the Gold Coast, 1860-1905. Dynamics o f Indige­nous Entrepreneurship, in “Comparative Studies in Socie­ty and History” , voi. 25, n. 4, pp. 661-693.

Bent Hansen, Interest Rates and Foreign Capital in Egypt under British Occupation, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 4, pp. 867-884.

America

Bennett D. Baack - Edward John Ray, The Political Econo­my o f Tariff Policy: a Case Stu­dy o f the United States, in “Ex­plorations in Economic Histo­ry” , voi. 20, n. 1, pp. 14-36.

Malcolm R. Burns, Economies o f Scale o f Tobacco Manifactu- re, 1897-1910, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 2, pp. 461-474.

Warren D. Devine jun., From Shafts to Wires: Historical Per­spective on Electrification, in “The Journal of Economic Hi­story”, voi. 43, n. 2, pp. 347-372.

Stewart E. Tolnay, Fertility o f Southern Black Farmers in 1900: Evidence and Specula­tion, in “Journal of Family Hi­story” , voi. 8, n. 4, pp. 314-332.

Asia

Roland Felber, Charakter und Bedeutung der Xinhai-Revoluti- on 1911 in China, in “Zeit­schrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 3, pp. 233- 242.

Joanne Stafford Mortimer, A n­nie Besant and India 1913-1917, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 1, pp. 61-78.

Pierre-Etienne Will, Le stocka­ge public des grains en Chine à l ’epoque des Oing (1644-1911). Problèmes de contrôle, in “An­nales. Economies sociétés civili­sations”, a. XXXVIII, n. 2, pp. 259-277.

Tomasz Wituch, L ’autonomia dell’Armenia turca nel periodo 1912-1914, in “Kwartalnik Hi- storyczny” , a. XC, n. 1, pp. 55-79.

Storia tra le due guerre

Nicolae Dascalu, La visita di Nicola Jorga negli Stati Uniti d ’America, nel Canada e nel Messico (gennaio-marzo 1930), in “Revue roumaine d’histoi­re” , a. XXII, n. 2, pp. 115-125.

Elfriede Lewerenz, Antifaschi- stischer Kam pf der Kommuni- stischen Internationale im Jahre 1923, in “Beitràge zur Geschich- te der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. l,p p . 17-29.

Herbert Mayer, Die Pariser Konferenz der Sozialistischen Arbeiter-Internationale 1933. Zur Auseinandersetzung in der

Page 37: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 133

internationalen Sozialdemokra- tie um die Schaffung der prole- tarischen Einheitsfront, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft” , a. 31, n. 6, pp. 494-505.

Organisierung (Die) des Frie- dens: Demobilmachung1918-1920, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 2 [contiene: Gerald D. Felman, Die Demobilmachung und die Sozialordnung der Zwischenk- riegszeit in Europa-, Antoine Prost, Die Demobilmachung und Krielgsteilnehmer in Frank- reich; David Englander, Die De­mobilmachung in Grossbritan- nien nach die Ersten Weltkrieg; Richard Bessel, “Eìne nicht all- zu grosse Beunruhigung des Ar- beitsmarktes”. Frauenarbeit und Demobilmachung in Deut­schland nach dem Ersten Weltk­rieg-, Michail Geyer, Ein Vorbote des Wohlfahrtstaates. Die Krieg- sopferversorgung in Frankreich, Deutschland und Grossbritan- nien nach dem Ersten Weltkrieg-, Reinhard Riirup, Die deutsche Revolution von 1918/19 in der neueren mssenschaftliche Di- skussion; Reinhard Neebe, Un- ternehmerverbànde und Gewerk- schaften in den Jahren der Gros- sen Krise 1929-1933].

R.A.C. Parker, The Pound Sterling, the American Treasury and British Preparations fo r War, 1938-1939, in “The En­glish Historical Review” , voi. 98, n. 387, pp. 261-279.

Rosemarie Schumann, Der Weltkongress gegen den impe- rialistischen Krieg 1932 in A m ­sterdam, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft”, a. 31, n. 2, pp. 117-131.

Amnan Sella, Khalkin-Gol: the Forgotten War, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 651-687.

Europa

Madga Adam, L ’Hongrie et Munich, in “Revue d’Histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 132, pp. 1-21.

Harindar Aulach, Britain and the Sudeten Issue, 1938: the Evolution o f a Policy, in “Jour­nal of Contemporary History” , vol. 18, n. 2, pp. 233-259.

Bobi Bobev, L ’Albania nella stampa bulgara tra le due guer­re mondiali, in “Etudes balka­niques” , a. XIX, n. 2, pp. 93-104.

Gaiina M. Borisova, La Bulga­ria, la Grecia e la politica della Gran Bretagna nel 1919, in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 3,pp. 77-91.

Stefan Breuer, Faschismus in Italien und Deutschland: Ge- sichtspunkte zum Vergleich, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 9/10, pp. 341-369.

Henryk BuIIiak, La mediazione della diplomazia polacca tra la Romania e l’Unione Sovietica per la conclusione del trattato di Karkow nel periodo 1928-1929, in “Studia z Dziegow i Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 89-195.

Siegfried Bünger, Reaktionen der herrschenden Kreise Gross- britanniens au f die Machtiiber- tragung an die Faschisten in

Deutschland, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 11, pp. 1004-1010.

A.J. Crozier, Philippe Berthelot and the Rome Agreements o f January 1935, in “The Histori­cal Review”, vol. 26, n. 2, pp. 413-422.

Jean Delmas, L ’état-major français et le gouvernement bol­chevique (1917-1918). Strate­gie et ideologie, in “Relations internationales” , n. 35, pp. 291- 303.

Nemco Dimov, L ’internaziona­le contadina ed i partiti contadini in Bulgaria, Jugoslavia e Roma­nia, 1923-1929, in “Etudes balka­niques”, a. XIX, n. 3, pp. 3- 18.

Francesco Guida, La politi­ca italiana nei confronti della Bulgaria dopo la prima guer­ra mondiale. (La questione della Dobrugia), in “Etudes bal­kaniques”, a. XIX, n. 1, pp. 49- 58.

Aleksandar Hriston, La Mace­donia alla conferenza della pace di Parigi, in “Casopis za Suvre- menu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 9- 26.

Irena Koberdowa, La I I Inter­nazionale e il movimento ope­raio polacco, in “Dzieje Naj- nowsze”, a. XV, n. 1-2, pp. 3-19.

Bodgan Kosel, Il trattato di Ro­ma. A proposito della storia della rivalità italo-tedesca nel­l ’Europa Centrale nel periodo 1933-1934, in “Studia z Dzie­gow ZSRR i Europy Srodko­wej”, voi. 19, pp. 105-130.

Page 38: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

134 Rassegna bibliografica

Jerzy Kozenski, L ’annessione dei territori cechi da parte della Germania nella primavera 1939, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej”, voi. 18, pp. 137-157.

Victor Morales Lezcano, Espa- noles y franceses en la primera mitad del singolo X X , in “Revi- sta de estudios internacionales” , n. l,p p . 71-74.

Antoine Mares, Mission militai­re et rélations internationales: l ’exemple franco-tchecoslova- que, in “Revue d’histoire mo­derne et contemporaine”, a. XXX, n. 4, pp. 559-586.

Pierre Milza, Le fascisme italien à Paris, in “Revue d ’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 3, pp. 420-452.

A.J. Prazmowska, War over Danzig? The Dilemma o f An- glo-Polish Relations in the Months Preceding the Out­break o f the Second World War, in “The Historical Re­view” , voi. 26, n. 1, pp. 177- 183.

Pal Protz, Il mistero delle diver­se strade praticate dalla politica estera tedesca. (Le relazioni te­desco-ungheresi dall’autunno 1934 alla primavera 1935), in “Acta Historica”, a. 29, n. 1, pp. 35-55.

Konrad Repgen, Zur vatikani- schen Strategie beim Reichskon- kordat, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte", a. 31, n. 3, pp. 506-535.

Walter Schauffelberger, La Suisse entre la France et l ’Alle­

magne, 1914/1939. Reflexions et strategie militaire, in “Rela­tions internationales” , n. 35, pp. 305-317.

Ljudmil Spasov, L ’Unione So­vietica e le relazioni bulga­ro-turche nel periodo 1934- 1938, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 3, pp. 58-76.

Paul Stafford, The Chamberla­in-Halifax Visit to Rome: a Reappraisal, in “The English Historical Review” , vol. 98, n. 386, pp. 61-100.

Miroslav Tejchman, Ultimi ten­tativi di creare un sistema di si­curezza collettiva nell’Europa Sud-Orientale contro l ’aggres­sione fascista (primavera-estate 1939), in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 2, pp. 83-92.

Wieslaw Walkiewicz, I conflitti di frontiera italo-jugoslavi alla Conferenza della pace di Parigi, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej”, voi. 18, pp. 83-102.

Wolfgang Wilhelmus, Das fa- schistische Deutschland und Schweden 1933-1939, in “Zeit­schrift fiir Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 11, pp. 968-981.

Francia

Stéphane Audoin, Le Parti communiste français et la vio­lence: 1929-1931, in “Revue historique”, n. 546, pp. 365- 383.

Jean-Paul Brunet, Un fascisme français: le Parti populaire français de Doriot (1936-1939),

in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 2, pp. 255-280.

Yves Cohen, L ’espace de l ’orga­nisateur: Ernest Mattern, 1906- 1930, in “Le Mouvement so­cial” , n. 125, pp. 79-96.

Elisabeth Du Réau, Enjeux stra­tégiques et redéploiement diplo­matique français: novembre1938 - septembre 1939, in “Re­lations internationales”, n. 35, pp. 319-335.

Images de la France en 1938- 1939, in “Relations internatio­nales” , n. 33[contiene: René Girault, L ’ima­ginaire et l ’histoire des relations internationales-, Georges-Henri Soutou, La perception de la puissance française par René Mossigli en 1938; Robert Frank, Les attachés financiers en 1938 - technocrates ou techniciens? - et la perception de la puissance de la France; Antoine Mares, Puis­sance et presence culturelle de la France. L ’exemple du Service des Oeuvres française à l ’Etran­ger dans les années trente; Pa­scal Ory, Plus dure sera la chu­te: les pavillons français aux ex­positions internationales de 1939; Remy Pithon, Opinions publiques et répresentations cul­turelles face aux problèmes de la puissance. Le témoignage du ci­nema français (1938-1939): Christine Sellin, L ’image de la puissance française a travers les manuels scolaires; Claude Lévy, L ’image de la puissance françai­se dans un hebdomadaire dépo­litisé: Marianne].

Jon Jacobson, Strategies o f French Foreign Policy after World War I, in “The Journal

Page 39: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 135

of Modem History”, vol. 55, n. l ,p p . 78-95.

Lucette Le Van - Lemesle, L ’e- conomie politique à la conquête d ’une légitimité, 1896-1937, in “Actes de la recherche en scien­ces sociales” , n. 47-48, pp. 113-117.

Maurice Moissonier, Le Cartel lyonnais du bâtiment à l ’heure de l ’unité syndicale (1933-1936), in “Cahiers d’histoire de l’Insti­tut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 6-30.

“Programmes (Les) minimum” de la CGT de 1918 à 1921, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 16, pp. 58-78.

Germania

Richard Albrecht, Exil-For- schung. Eine Zwischenbilanz (I), in “Neue Politische Litera- tur” , a. XXVIII, n. 2, pp. 174-201.

Helmut Arndt - Axel Wôrner, Das sozialdemokratische Fa- schismusbild (1923-1933), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 1, pp. 30-40.

Gilbert Badia, L ’acte de nais­sance du regime nazi: l ’incendie au Reichstag, in “Cahiers d’hi­stoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 12, pp. 109-114.

T. Balderston, The Beginning o f the Depression in Germany, 1927-30: Investment and the Capital Market, in “The Econo­mic History Review” , voi. 36, n. 3, pp. 395-415.

Russel A. Berman, Das Erbe Gustav Landauers im deutschen Zionismus der zwanziger Jahre, in “Zeitgeschichte” , a. XI, n. 2, pp. 33-43.

Knut Borchardt, Noch einmal: Alternativen zu Briinings Wirt- schaftspolitik?, in “Historische Zeitschrift” , vol. 237, n. 2, pp. 67-84.

Werner Bramke, Vom Freistaat zum Gau Sachsen unter der fa- schistischen Diktatur 1933 bis 1939, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1067-1078.

Werner Bramke, Zum Verhal- ten der Mittelschichten in der Novemberrevolution, in “Zeit­schrift fiir Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 8, pp. 701- 708.

Martin Broszat, Zur Struktur der NS-Massenbewegung, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge­schichte” , a. 31, n. 1, pp. 52-76.

Antoni Czubinski, La politica della Germania nei confronti delle minoranze nazionali tede­sche negli anni 1918-1945, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 1, pp. 40-64.

Heinz Deutschland - Hans Pol- zin, Die Zerschlagung der freien Gewerkschaften am 2. Mai 1933. Hintergriinde und historische Lehren, in “Beitrà­ge zur Geschichte der Arbeiter­bewegung” , a. 25, n. 4, pp. 524-536.

Christof Dipper, Der deutsche Widerstand und die Juden, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 349-380.

Andreas Dorpalen, SPD und KPD in der Endphase der Wei- marer Republik, in “Viertel­jahrshefte fiir Zeitgeschichte” ,а. 31, n. l,p p . 77-107.

Dieter Engelmann, Ràtekonzep- tionelle Vorstellungen wàhrend der deutschen Novemberrevolu­tion, in “Beitràge zur Geschich­te der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 797-809.

Dieter Fricke, Zur Geschichte der christlichen Gewerkschaften vor 1918, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1092-1105.

Dieter Fricke, Zur Rolle des Bundes der Landwirte zu Be- ginn der Novemberrevolution 1918/19, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n.б, pp. 506-522.

Lothar Gruchmann, “Blut- schutzgesetz” und Justiz. Zu Entstehung und Auswirkung des Nürnberger Gesetzes vom 15 September 1935, in “Viertel­jahrshefte fiir Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 418-442.

Andreas Hillgruber, “Revisioni- smus” - Kontinuitàt und Wan- del in der Aussenpolitik der Weimarer Republik, in “Histo­rische Zeitschrift” , voi. 237, n. 3, pp. 597-622.

Giinter Hortschansky, Novem­berrevolution und Griindung der KPD, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewe­gung” , a. 25, n. 6, pp. 777-785.

Manfred Jacobs, Kirche, Wel­tanschauung, Politik. Die evan- gelischen Kirchen und die Op­tion zwischen dem zweiten und

Page 40: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

136 Rassegna bibliografica

dritten Reich, in “Vierteljahrs- hefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. l ,p p . 108-135.

Jurgen John, Zum Wirken kommunistischer Studenten in Jena 1922/23. Die kommunisti- sche Studentengruppe an der Universitàt Jena und das Kartell der Deutschen Republikani- schen Studentenschaft, in “Zeit­schrift für Geschichtswissen- schaft”, a. 31, n. 7, pp. 607-625.

Michael H. Kater, Frauen in der NS-Bewegung, in “Vierteljahrs- hefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 2, pp. 202-241.

Gunther Mai, Die Nationalso- zialistische Betriebszellen-Orga- nisation. Zum Verhaltnis von Arbeiterschaft und Nationalso- zialismus, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 4, pp. 573-613.

Anthony McEligott, Street Poli­tics in Hamburg, 1932-33, in “History Workshop”, n. 16, pp. 83-90.

Manfred Messerschmidt, The Wehrmacht and the Volksge- meinschaft, in “Journal of Con­temporary History” , vol. 18, n. 4, pp. 719-744.

Horst Môller, Die nationalsozia- listische Machtergreifung. Kon- terrevolution oder Revolution, in “Vierteljahrshefte für Zeitge­schichte” , a. 31, n. 1, pp. 25-51.

Heinz Niemann, Die Haltung der SPD zur faschistischen Machtergreifung 1933, in “Bei- trâge zur Geschichte der Arbei- terbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 41-47.

Larry Peterson, A Social Analy­sis o f KPD Supporters. The Hamburg Insurrectionaries o f October 1923, in “International Review of Social History” , voi. 28, n. 2, pp. 200-239.

Joachim Petzold, Die deutsche Grossbourgeoisie und die Er- richtung der faschistischen Dik- tatur, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 3, pp. 214-232.

Joachim Petzold, Grossbürger- liche Initiâtiven fü r die Beru- fung Hitlers zum Reichskanzler. Zur Novemberpetition von 1932 des Keppler-Kreises deutscher Bankiers, Grossindustrieller, Überseekaufleute und Gros- sgrundbesitzer, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 1, pp. 38-54.

Hans Piazza, Revolutions, Wissenschaftler, Internationa­list. Eugen Varga, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung” , a. 25, n. 6, pp. 866-874.

Gottfried Plumpe, Industrie, technischer Fortschrift und Staat. Die Kautschuksynthese in Deutschland 1906-1944/45, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 4, pp. 564-597.

Wolfgang Schlicker - Josef Gla­ser, Tendenzen und Konsequen- zen faschistischer Wissenschaft- spolitik nach dem 30. Januar 1933, in “Zeitschrift für Ge­schichtswissenschaft” , a. 31, n. 10, pp. 881-895.

Martin Schumacher, Der Um- schwung in Deutschland 1933. Eine unbekannte Artikelfolge des preussischen Staatsministers

Otto Klepper, in “Vierteljahrs- efte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. l ,p p . 146-177.

Stanislaw Sierpowski, L ’uscita della Germania dalla Società delle Nazioni, in “Polish We­stern Affairs”, vol. 24, n. 1, pp. 16-39.

Annelies Voigtlander, Zum Wirken Hermann Dunckers als Propagandist in der KPD 1920 bis 1922. Dokumente aus dem Nachlass und dem Historischen Archiv der KPD, in “Beitrâge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 6, pp. 835-846.

James Wickham, Working - Class Movement and Working - Class Life. Frankfurt am Main during the Weimar Republik, in “Social History” , voi. 8, n. 3, pp. 315-343.

Walter Wimmer, Die KPD und der Untergang der Weimarer Republik, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewe- gung” , a. 25, n. 1, pp. 3-16.

Detlef Ziegs, Das Faschismusbild der Jungsozialisten in der SPD in den letzten Jahren der Weimarer Republik, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 93-98.

Gran Bretagna

Anthony Adamthwaite, The British Government and the Media, 1937-1938, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 281-297.

John Archer, Grande-Bretagne: l ’entrisme et le Labour Party, in

Page 41: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 137

“Cahiers Leon Trotsky” , n. 16, pp. 54-78.

Uri Bialer, Telling the Truth to the People: Britain’s Decision to Publish the Diplomatic Pa­pers o f Interwar Period, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 2, pp. 349-367.

Alan Booth, The “Keynesian Revolution” in Economic Poli­cy-Making”, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 1, pp. 103-123.

Robert Dare, Instinct and Orga­nization: Intellectuals and Bri­tish Labour after 1931, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 3, pp. 677-697.

Rolph Hayburn, The Natio­nal Unemployment Workers’ Movement, 1921-36, in “Inter­national Review of Social Hi­story”, voi. 28, n. 3, pp. 279-295.

Carol E. Helm, Industrial Orga­nization and Regional Develop­ment in Interwar Britain, in “The Journal of Economic Hi­story”, voi. 43, n. 4, pp. 931-952.

Max Krafchik, Unemployment and Vagrancy in the 1930s: De­terrence, Rehabilitation and the Depression, in “Journal of So­cial Policy” , voi. 12, n. 2, pp. 195-213.

Stephen Nicholas, Agency Con­tracts, Institutional Modes, and the Transition to Foreign Direct Investment by British Manufac­turing Multinationals before 1939, in “The Journal of Eco­nomic History” , voi. 43, n. 3, pp. 675-686.

Gail L. Savage, Social Class and Social Policy: the Civil Service and Secondary Educa­tion in England during the In­terwar Period, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 261-280.

Andrew J. Taylor, The Miners and Nationalisation, 1931-36, in “International Review of Social History”, voi. 28, n. 2, pp. 176-199.

Mark Thomas, Rearmament and Economic Recovery in the Late 1930s, in “The Economic History Review”, voi. 36, n. 4, pp. 552-579.

Noelle Whiteside, Private Agencies fo r Public Purposes: Some New Perspectives on Po­licy Making in Health Insuran­ce between the Wars, in “Journal of Social Policy” , voi. 12, n. 2, pp. 165-193.

Temple Willcox, Projection or Publicity? Rival Concepts in the Pre-War Planning o f the British Ministry o f Informa­tion, in “Journal of Contem­porary History” , voi. 18, n. 1, pp. 97-116.

Italia

Denise Detragiache, Le fasci­sme féminin de San Sepolcro à l ’affaire Matteotti (1919-1925), in “Revue d ’histoire moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 3, pp. 366-400.

Giovanni Genovesi - Tina To­masi, Le système scolaire de l ’E­tat corporatif: La “Charte de l ’école”, in “Revue d’histoire

moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 3, pp. 408-419.

Karl-Egon Lônne, Zu den jüngst verôffentlichten Brief- wechseln Benedetto Croces, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 5, pp. 209-224.

Michel Ostenc, L ’école italien pendant le fascisme, in “Revue d’histoire moderne et contem­poraine”, a. XXX, n. 3, pp. 401-407.

Jeanette Roche-Pezard, La si­tuation des arts plastiques en Italie à la vieille de la Seconde guerre mondiale, in “Revue d’histoire moderne et contem­poraine”, a. XXX, n. 3, pp. 543-575.

Jugoslavia

Bosiljka Jangatovic, Il movi­mento operaio rivoluzionario a Zagabria dal 1929 al 1934, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest” , n. 2, pp. 1-31.

Nadizda Jovanovic, Nel perio­do 1934-1937. Milan Gorkic era contro lo Stato jugoslavo unita­rio?, in “Casopis za Suvremenu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 77-89.

Stanislava Koprivica-Ostric, Il Partito indipendente operaio della Jugoslavia partito politico operaio, in “Casopis za Suvre­menu Povjest” , a. 15, n. 1, pp. 1-8 .

Katarina Spehnjak, Alcuni pro­blemi dello sviluppo storico del Fronte nazionale dell’Alleanza socialista jugoslava 1935-1978, in “Casopis za Suvremenu Pov­jest”, a. 15, n. 1, pp. 27-54.

Page 42: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

138 Rassegna bibliografica

Polonia

Ludwig Hass, L ’attività politica e organizzativa della classe ope­raia della II Repubblica, in “Dzieje Najnowsze”, a. XV, n. 1-2, pp. 19-44.

Ludwik Hass, La classe operaia polacca nel periodo 1915-1939, in “Z Pola Walki”, a. XXVI, n. 2, pp. 3-29.

Edward Jelinski, La politica del Partito socialista polacco nei confronti delle minoranze na­zionali negli anni 1918-1939, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 83-107.

Piotr Lossowski - Piotr Stawec- ki, La società polacca e l ’eserci­to nel periodo della prima guer­ra mondiale e della II Repubbli­ca, in “Dzieje Najnowsze”, a. XV, n. 3,pp. 57-71.

Aleksander Luczak, La cultura politica del movimento contadi­no polacco nel periodo 1918-1939, in “Kwartalnik Hi- storyczny” , a. XC, n. 2, pp. 339-350.

Michal Schwa, Il problema del­la nazionalità nel giornalismo e nei programmi dei socialisti po ­lacchi nel periodo della II Re­pubblica, in “Dzieje Najnow­sze”, a. XV, n. 1-2, pp. 107-128.

Henryk Slabek, L ’azione della sinistra rivoluzionaria per una Polonia indipendente e sociali­sta, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 45-62.

Jan Tomicki, L ’austromarxi- smo e la sinistra socialista po­lacca nel periodo della II Re­

pubblica (1918-1939), in “Dzie­je Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 129-144.

Roman Wapinski, Le genera­zioni della II Repubblica, in “Kwartalnik Historyczny” , a. XC, n. 3, pp. 483-504.

Spagna

Walther L. Bernecker, Spanien im Krieg (1936-1939). For- schungslage und Desiderate, in “Militàrgeschichtliche Mittei- lungen” , n. 33, pp. 117-162.

Pierre Broue, Quand Carrillo était “gauchiste”: les Jeunesses socialistes d ’Espagne 1935- 1936, in “Cahiers Léon Trot­sky” , n. 16, pp. 17-53.

Isabel de Madariaga, Salvador de Madariaga et le Foreign Offi­ce, in “Revista de estudios inter- nacionales”, n. 2, pp. 229-257.

Shannan E. Fleming, Spanish Marocco and the “Alzamiento Nacional”, 1936-1939. The Mi­litary, Economic and Political Mobilitazion o f a Protectorate, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 1, pp. 27-42.

URSS

Wladimir Berelowitch, L ’ancien et le nouveau. La vie du village russe pendant la NEP dans les monographies soviétiques de l ’epoque, in “Cahiers du monde russe et soviétique”, a. XXIV, n. 4, pp. 369-410.

Pierre De Bois, La question ukrainienne (1917-1921), in

“Schweizerische Zeitschrift fur Geschichte” , vol. 33, n. 2, pp. 141-167.

Marc Jansen, Government Partners o f the Bolsheviks. The Russian Socialist Revolutiona­ries in the Far Eastern Republic,1920- 22, in “International Re­view of Social History” , voi. 28, n. 3, pp. 296-303.

Livre (Le) rouge sur le Procès de Moscou (1936), in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 14, pp. 11-141.

Maksudov, La composition na­tionale de l’Armée rouge d ’a­près le recensement de 1920, in “Cahiers du monde russe et so­viétique” , a. XXIV, n. 4, pp. 483-492.

James M. Polachek, The Moral Economy o f the Kiangsi Soviet (1928-1934), in “The Journal of Asian Studies” , voi. 82, n. 4, pp. 805-829.

Romuald Wojna, Conseguenze sociali, economiche e politiche del cattivo raccolto del1921- 1922 in Unione Sovietica, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej” , voi. 18, pp. 103-136.

Romual Woyna, Dal comuni­Smo di guerra alla Nuova Politi­ca Economica, 1920-1922, in “Studia z Dziegow i Europy Srodkowej” , voi. 19, pp. 57-86.

Altri Paesi

Richard Breen, Farm Servan- thood in Ireland 1900-40, in “The Economie History Re­view” , vol. 36, n. 1, pp. 87-102.

Page 43: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 139

Katalin Ferber, L ’equilibrio in­terno ed internazionale dell’Un­gheria negli anni successivi alla stabilizzazione (1924-1931), in “Acta Historica” , a. 29, n. 2-4, pp. 283-286.

Marjatta Hietala, The Diffusion o f Innovations. Some Exemples o f Finnish Civil Servant’s Profes­sional Tours in Europe, in “Scandinavian Journal of Histo­ry” , voi. 8, n. 1, pp. 23-36.

Peter Malina, Biicherverbote in Ôsterreich 1933-1938. Zur Kon- trolle systemverdachtiger Lite- ratur am Beispiel der Universi- tatsbibliothek Wien, in “Zeitge- schichte” , a. X, n. 8, pp. 311-335.

August Walzl, Juden in Karnten - Der Fall Preis als Exemplel, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 5, pp. 183-192.

America

Michael J. Twomey, The 1930s Depression in Latin America: a Macro Analysis, in “Explora­tions in Economic History”, voi. 20, n. 3, pp. 221-247.

Usa

Lee J. Alston, Farm Foreclosu­res in the United States during the Interwar Period, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 4, pp. 885-904.

Peter H. Amann, Vigilante Fa­scism: the Black Legion as an American Hybrid, in “Compa­rative Studies in Society and Hi­story” , voi. 25, n. 3, pp. 490-524.

Allan G. Bogne, Changes in Me­chanical and Plant Technology: the Corn Belt, 1910-1940, in “The Journal of Economic Hi­story” , voi. 43, n. 1, pp. 1-25.

Sally Hunter Graham, Woo­drow Wilson, Alice Paul, and the Woman Suffrage Move­ment, in “Political Science Quarterly”, voi. 98, n. 4, pp. 665-679.

John McVickar Haight jun., Franklin D. Roosevelt, l ’avia­tion européenne et la crise de Munich, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 132, pp. 23-40.

Rüdiger Horn, Das Isolationi- smusproblem und die amerika- nische Aussenpolitik in den zwanziger Jahren, in “Zeit­schrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 9, pp. 771-788.

Harry C. McDean, “Reform” Social Darwinist and Measuring Levels o f Living on American Farms, 1920-1926, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 79-88.

David C. Mowery, Industrial Research and Firm Size, Survi­val and Growth in American Manifacturing, 1921-1946: an Assessment, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 4, pp. 953-980.

David C. Mowery, The Rela­tionship between Intrafirm and Contractual Forms o f Industrial Research in American Manifac­turing, 1900-1940, in “Explora­tions in Economic History” , voi. 20, n. 4, pp. 351-374.

Marthe Shiells - Gavin Wright, Night Work as a Labor Market Phenomenon: Southern Textiles in the Interwar Period, in “Ex­plorations in Economic Histo­ry” , voi. 20, n. 4, pp. 331-350.

Mark Schmitz - Price V. Fi- shbock, The Distribution o f In­come in the Great Depression: Preliminary State Estimates, in “The Journal of Economic Hi­story”, voi. 43, n. I, pp. 217-230.

Gene Smiley, Did Incomes fo r Most o f the Population Fall from 1923 trough 1929?, in “The Journal of Economic Hi­story” , voi. 43, n. 1, pp. 209-216.

Warren C. Whatley, Labour fo r the Picking: the New Deal in the South, in “The Journal of Eco­nomic History” , voi. 43, n. 4, pp. 905-930.

Altri Paesi

Joel Horowitz, The Impact o f Pre-1943 Labour Union-Tradi­tions on Peronism, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 1, pp. 101-116.

Manfred Kossok, Ein Lebenfür die Arbeiterklasse Perus. José Carlos Mariategui, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 3, pp. 422-428.

Asia

Ahmed S. Ahmedev, Gli anta­gonismi interalleati riguardo ai problemi della Turchia dall’or-

Page 44: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

140 Rassegna bibliografica

mistizio di Moudros al Tratta­to di Sevrés, in “Etudes bal­kaniques” , a. XIX, n. 1, pp. 27- 48.

Dipesh, Chakrabarty, On Dei­fying and Defying Authority: Managers and Workers in the Jute Mills os Bengal circa 1890-1940, in “Past and Pre­sent” , n. 100, pp. 124-147.

Damien Durand, La nascita del­l ’opposizione di sinistra cinese, in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 15, pp. 3-26.

David Feeny, Extensive versus Intensive Agricultural Deve­lopment: Induced Public Inve­stment in Southeast Asia, 1900-1940, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 3, pp. 687-704.

Frank S.T. Hsias - Lawrence R. Sullivan, A Political Histo­ry o f the Taiwanese Commu­nist Party, 1928-1931, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 2, pp. 269-289.

Margarita Koleva Ivanova, Avvicendamenti di partiti e di governi in Turchia (1936-1939), in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 1, pp. 87-102.

Robert J. Smith, Making Villa­ge Women into “Good Wives and Wi Mothers” in Presewar Japan, in “Journal of Family History” , voi. 8, n. 1, pp. 70-85.

Oceania

Sally Kennedy, Useful and Ex­pendable: Women Teachers in Western Australia in the 1920s

and 1930s, in “Labour Histo­ry”, n. 44, pp. 18-26.

L.J. Lous, Victorian Council against War and Fascism: A Re­joinder, in “Labour History” , n. 44, pp. 39-54.

Jan W. McLean - Jonathan Pin- cus, The Australian Living Standards Stagnate between 1890 and 1940, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l ,p p . 193-202.

Seconda Guerra Mondiale

Pierre Broue, Chen Duxiu et la IVe Internationale, de 1938 a 1942, in “Cahiers Leon Trot­sky” , n. 15, pp. 27-39.

Gerard Roche, Malraux, Trot­sky et la revolution chinoise, in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 15, pp. 40-70.

Tapani Paavonen, Reformist Programmes in the Planning fo r Post- War Economic Policy du­ring World War II, in “The Scandinavian Economic Histo­ry Review and Economy and History” , vol. XXXI, n. 3, pp. 178-200.

Daniel Silverfarb, Britain, the United States, and the Security o f the So ’udi Arabian Oilfields in 1942, in “The Historical Re­view” , voi. 26, n. 3, pp. 719-726.

Peter Sipos - Istvan Vida, La politica degli Stati Uniti nei con­fronti dell’Ungheria durante la Seconda Guerra Mondiale, in “Acta Historica” , a. 29, n. 1, pp. 79-110.

Europa

Dusan Biber, Le missioni alleate nel Litorale sloveno dal 1943 al 1945, in “Vojnoistorijski Gla- snik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 131-144.

Edgar Bonfour, Die schweizer Juden in Frankreich 1942/43, in “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte”, voi. 33, n. 2, pp. 217-221.

Gisela Buchinger - Elke Stockl, Konzentrationslager und Wi- derstand. Zwei Unterrichtsein- heiten am Beispiel des Konzen­trationslager Mauthausen, in “Zeitgeschichte”, a. 10, n. 6, pp. 240-248.

Jost Diilfer, Deutschland, Grossbritannien und der Minie­re Osten. Zur Vorgeschichte und Geschichte des Zweiten Weltkrieges, in “Neue Politi- sche Literatur” , a. XXVIII, n. 3, pp. 325-335.

Josef Foschepoth, Grossbritan­nien, die Sowjetunion und die Westverschiebung Polens, in “Militargeschichtliche Mittei- lungen”, n. 34, pp. 61-90.

Robert H. Keyserlingk, Die deutsche Komponente in Chur­chills Strategie der nationalen Erhebung 1940-1942. Der Fall Otto Strasser, in “Vierteljah- rshefte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. 4, pp. 614-645.

Ireneusz Kolendo, L ’attività del Comitato misto di coordinamen­to polacco-cecoslovacco (1941- 1942), in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 207-219.

Heinz Kiihnrich, Die Sowjetu­nion in der Politik der KPD in

Page 45: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 141

der Anfangsperiode des zweiten Weltkrieges, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 6, pp. 810-823.

Czeslaw Pilickowski, Il genoci­dio nazista alla luce dei piani te­deschi e della loro realizzazione, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 1, pp. 181-214.

Douglas L. Wheeler, In the Ser­vice o f Order: the Portuguese Political Police and the British, German and Spanish Intellegen- ce, 1932-1945, in “Journal of Contemporary History”, voi. 15, n. 1, pp. 1-25.

Wolfgang Wilhelmus, Wie schwedische Sozialdemokraten 1943/44 der illigalen KPD hal- fen , in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 856-865.

Henryk Zimniak, La vita musi­cale tedesca nel “Paese della Warta" dal 1939 al 1945, in “Polish Western Affairs”, voi. 24, n. 2, pp. 215-243.

Zofia Zaks, L ’atteggiamento della Francia e dell’Unione So­vietica nei confronti del proble­ma polacco nel periodo 1944-1945, in “Studia z Dzie- gow Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 159-199.

Francia

Claire Andrieu, Genèse de la loi du 13 juin 1941, première loi bancaire française (septembre 1940-septembre 1941), in “Revue historique”, n. 546, pp. 385-397.

Communistes (Les) français fa ­ce è l ’invasion, mai-juin 1940.

Nouveaux documents d’archi­ves, préséntés par Roger Martel­li, in “Cahiers d’histoire de l’In­stitut de recherches marxistes” , n. 17, pp. 53-68.

Christian Faure, Pétainisme et retour aux sources: autour du tricentenaire Sully, in “Cahiers d ’histoire” , a. XXVIII, n. 4, pp. 3-32.

Front populaire, antifascisme, resistance. Le PCF (1938-1941), in “Cahiers d ’histoire de l’Insti­tut de recherches marxistes” , n. 14[contiene: Roger Bourderon, Hypothèse confirmées-, Roger Martelli, La strategie communi­ste de Munich au Front natio­nal-, Ivan Avakoumoirtch, La resistence du PCF vue par l ’oc­cupant (juillet 1940-juin 1941). Documents communistes choi­sis et présentés par Roger Bour­deron et Germaine Willard].

Jean Gueffon, La Cour de Ju­stice d ’Orléans (1944-1945), in “Revue d ’histoire de la deuxiè­me guerre mondiale et des con­flits contemporains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 50-64.

Annie Lacroix-Riz, Unitaires et confédérés d ’une réunification à l ’autre (1934-1943), in “Cahiers d’histoire de recherches marxi­stes” , n. 15, pp. 31-58.

André Martel, La doctrine fran­çaise de contre-offensive a l ’é­preuve de la deuxiemè guerre mondiale, in “Relations inter­nationales” , n. 35, pp. 337-357.

Michael R. Marrus, Die franzb- sischen Kirchen und die Juden- verfolgung in Frankreich 1940- 1944, in “Vierteljahrshefte für

Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 483-505.

Midi (Le) toulousan: occupa­tion et liberation, in “Revue d ’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contem­porains”, a. XXXIII, n. 131 [contiene: André Laurens, Le phénomène milicien en Ariège et l ’évolution de ses représenta­tions dans l ’opinion-, M. Gou- bet, Une “République rouge” à Tolouse à la libération: mythe ou réalité?-, Roland Trempe, A ux origines des comités mixtes de la production: les comités de liberation d ’entreprise dans la région toulousaine-, Pierre La- borie, Opinion et représenta­tions: la Liberation et l ’image de la Resistence-, Robert Fabre - Diana Fabre, La main - d ’oeu­vre au service de l ’Allemagne dans la region de Tolouse-, Emi- lienne Eychenne, Le franchisse­ment clandestin de la frontière dans les Pyrénées centrales-, Guy Lobedan, La répression à la Li­beration dans la région de To­louse].

Waldeck Rochat, La strategie communiste à la vieille de la Li­beration, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches mar­xistes” , n. 17, pp. 69-85.

Ange Rovere, Pour une Corse nouvelle: la strategie du PCF à la Liberation (1943-1945), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 12,pp. 66-88.

Paul Silvestre, STO, maquis et guérilla dans l ’Isère, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contem­porains” , a. XXXIII, n. 130, pp. 3-50.

Page 46: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

142 Rassegna bibliografica

Germania

Heinz Boberach, Die ÜberfMi­ning von Soldaten des Heeres und der Luftwaffe in die SS- Totenkopfverbànde zur Bewa- chung von Konzentrationsla- gern 1944, in “Militârgeschtich- liche Mitteilungen”, n. 34, pp. 185-190.

H.W. Koch, Hitler’s “Program­m e” and the Genesis o f Opera­tion “Barbarossa”, in “The Hi­storical Review”, voi. 26, n. 4, pp. 891-920.

Horst Kuss, Auschwitz iiberle- ben. Neue und alte Erinnerun- gen an deutsche Konzentration- salager, in “Neue Politische Li- teratur”, a. XXVIII, n. 2, pp. 202-208.

Hans Mommsen, Die Realisie- rung des Utopischen: Die “En- dlôsung der Judenfrage” im “Dritten Reich”, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 381-420.

Henryk Osszewski, Il nazismo e la guerra, in “Polish Western Affairs", voi. 24, n. 1, pp. 3-15.

Margot Pikarski - Elke War­ning, Ober den antifaschisti- schen Widerstandskampf der KPD. Aus Gestapoakten (I), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 67-87; (II), n. 3, pp. 398-410; (III), n. 4, pp. 548-60; (IV), n. 5, pp. 704-709.

Ronald Sassning, Genesis und Bedeutung des ZK der KPD vom 6. Dezember 1942, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft” , a. 31, n. 9, pp. 789-800.

Marek Sokolowski, La forma­zione del governo Dônitz e la capitolazione del III Reich, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 4, pp. 31-67.

Jugoslavia

Nikola Anic, L ’approvvigiona­mento della IV Armata jugosla­va durante l ’offensiva della pri­mavera 1945, in “Vojnoistorij- ski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 105-129.

Mehmedalija Bojic, I preparati­vi della direzione del movimen­to di liberazione jugoslavo per la seconda Sessione del Consi­glio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia alla luce dei documenti del Comita­to centrale del Partito comuni­sta jugoslavo e delle altre fon ti di archivio, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 28-53.

Luka Bozovic, L ’attività delle organizzazioni del movimento di liberazione nazionale nella re­gione di Foca nella prima metà nel 1942, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 11-60.

Slobodan Brankovic, La repub­blica partigiano di Foca, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 85-104.

Christopher R. Browning, Wehrmacht Reprisal Policy and the Mass Murder o f Jews in Serbia, in “Militàrgeschich- tliche Mitteilungen” , n. 33, pp. 31-48.

Milivoj Despot, Alcune questio­ni relative alla guerra di libera­

zione nazionale nella regione di Mosor e il diritto internaziona­le, in “Vojnoistorijski Gla­snik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 83-96.

Stjepan Domankusle, L ’opera­zione “Herbst I ” della 187a di­visione tedesca di riserva nella montagna di Dilj e la regione di Dakovo nell’autunno 1943, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 165-178.

Igor Graovac, Basi teoriche e metodologiche per la ricerca delle strutture dei partecipanti alla guerra rivoluzionaria in Croazia dal 1941 al 1945, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest”, n. 2, pp. 33-42.

Guerra (La) di liberazione na­zionale e la rivoluzione sociali­sta nel 1942. Tavola rotonda, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 1.

Mirko Gutic, Le organizzazioni del Partito comunista jugoslavo e dell’Unione dei Giovani Co­munisti Jugoslavi e la loro atti­vità nelle unità insurrezionali, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 97-118.

Slavica Hreskovski, Le prime reazioni dell’occupante e dei collaborazionisti all’insurrezio­ne della Slovenia e le rivendica­zioni della minoranza tedesca per una lotta più attiva contro il movimento di liberazione nazio­nale, in “Vojnoistorijski Gla­snik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 179-216.

Vlado A. Ivanovski, La fonda­zione del Partito comunista di Macedonia e la prima sessione del Comitato centrale il 19 ed il

Page 47: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 143

20 marzo 1943, in “Vojnoisto- rijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 33-68.

Andelko Kaipic, La distruzione delle navi a Klimno e nella baia di Solina nell’isola di Krk nell’a­prile 1941, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp.193-202.

Zdravko Klanjacek, La guerra di liberazione in Slovenia nel 1942, in “Vojnoistorijski Gla­snik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 69-83.

Sevo S. Kovacevic, La forma­zione del primo distaccamento di partigiani della guerra di libe­razione nazionale ed i combatti­menti del 1942 nella regione di Grimec, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 137-164.

Stevo G. Kovacevic, L ’impegno delle unità del distaccamento partigiano di Noksic nel distret­to di Kolasin nella primavera 1942, in “Vojnoistorijski Gla­snik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 217-240.

Branco Latas, I cetnici di Draja Mihailovic in Slovenia. La Guardia blu”, in “Voinoistorij- ski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 163-192.

Gojko Milijanic, Le unità locali partigiane come forma di orga­nizzazione militare in Serbia orientale, prima tappa della guerra di liberazione nazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 61-82.

Dragoijub Z. Mircetic, La ven­tesima brigata serba nei com­battimenti sulla testa di ponte

sulla Drina (dal 12 al 31 dicem­bre 1944), in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 145-161.

Fabrudin Novalic, “La Foglia e il Martello ” dal 1940 al 1941. (Il ruolo del giornale nell’edifica­zione e nella realizzazione della politica del Partito comunista jugoslavo), in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 241-252.

Slavko Vukeevic, Le città come fonte di quadri e di mezzi mate­riali nella guerra di liberazione nazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 119-136.

Altri Paesi

Florin Constantini, L ’agonia di una dittatura: la diplomazia del regime di Antonescu alla vigilia dell’insurrezione, in “Revue roumaine d’histoire” , a. XXII, n. 3, pp. 201-212.

Christopher Harvie, Labour in Scotland during the Second World War, in “The Flistorical Review”, voi. 26, n. 4, pp. 921-944.

Stephen M. Horak, L ’Ukraine entre les nazis et les communi­stes, 1941-1945, in “Revue d ’hi­stoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contem­porains” , a. XXXIII, n. 130, pp. 65-75.

Huan, La marine soviétique en guerre (Arctique 1941-1945), in “Revue d’histoire de la deuxiè­me guerre mondiale et des con­flits contemporains, a. XXXIII, n. 132, pp. 41-76.

André Lasserre, En Suisse aux frontières de la politique et du militaire: “Armée et foyer”1939-1945, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 77-89.

Fritz Petrick, Das Okkupations- regime des faschistischen deut- schen Imperialisms in Norwe- gen 1940 bis 1945, in “Zeit­schrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 5, pp. 397- 413.

Kazimierz Subzac - Piotr Matu- sak, Gli aspetti sociali della lot­ta per la liberazione della nazio­ne polacca negli anni 1939-1945, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 3, pp. 73-84.

Hans Weichselbaum ed altri, Erinnerte Geschichte im Unter- richt. Eine Projektarbeit iiber das Jahr 1945 in Salzburg, in “Zeitgeschichte”, a. XI, n. 2, pp. 44-55.

Olav Wicken, Industrial Chan­ge in Norway during the Second World War. Electrification and Electrical Engineering, in “Scandinavian Journal of Hi­story”, voi. 8, n. 2, pp. 119-150.

Africa

Bakajika Banjkila, Les ou­vriers du Haut-Katanga pen­dant la deuxième guerre mon­diale, in “Revue d’Histoire de la deuxième guerre mondia­le et des conflits contempo­rains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 91-108.

Robert Pearce, Espionage in A frica: the Case o f the Duchess,

Page 48: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

144 Rassegna bibliografica

in “The Historical Review”, vol. 26, n. 2, pp. 423-430.

America

Peter Waldmann, Der Zweite Weltkrieg und die Entstehung des Peronismus, in “Viertel- jahrshefte fiir Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 181-201.

Asia

Agap Gorabedzan, Le lotte di liberazione a Cipro durante la seconda guerra mondiale, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 4, pp. 3-15.

Storia dopo la Seconda Guerra Mondiale

Denise Artaud, Une relecture de Kennan: signification et limites du “containment”, in “Rela­tions internationales” , n. 36, pp. 381-393.

Robert Bayer - Jacques Mistral, Le temps présent: La crise I: D ’une analyse historique à une vue prospective, in “Annales Economies sociétés civilisa­tions” , a. XXXVIII, n. 3, pp. 483-506; II: Pesanteur et poten­tialité des années quatre-vingt, n. 3, pp. 773-789.

Alfredo Bruno Bologna, Los derechos de Inglaterra sobre las islas Malvinas, in “Revista de estudios internacionales” , n. 4, pp. 775-783.

William E. Burkhardt, Institu­tional Barriers, Marginality, and Adaptation among the

American-Japanese Mixed Bloods in Japan, in “The Jour­nal of Asian Studies” , voi. 42, n. 3, pp. 519-544.

Barbara Epstein, UnegualGiants: American Foreign Poli­cy and the Soviet Union, in “So­cialist Review” , n. 72, pp. 11-34.

Hector Gros Espiell, Los dere­chos humanos en las relaciones Este-Oeste. La declaración de Helsinki, in “Revista de estu­dios internacionales” , n. 2, pp. 209-227.

Peter N. Farrar, Britain’s Pro­posal fo r a Buffer Zone South o f the Yalu in November 1950: Was it a Neglected Opportunity to End the Fighting in Korea?, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 327-351.

Jacques Freymond, Les strate­gies de l ’epoque nucléaire. Quelques observations, in “Re­lations internationales”, n. 36, pp. 375-379.

Raymond L. Garthoff, The NA TO Decision on Theater Nu­clear Forces, in “Political Scien­ce Quarterly”, voi. 98, n. 2, pp. 197-214.

Hannu Heikkala, The United States and the Question o f Ex­port Licences in Finland 1947-1948, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 4, pp. 247-259.

Andrzej Kastory, La politica degli Stati Uniti verso la Roma­nia nel 1945, in “Dzieje Naj- nowsze”, a. XV, n. 4, pp. 69-90.

Robert H. Keyserlingk, Grund- satz oder Praxis: Kanada und Òsterreich 1938-1948, in “Zeit­geschichte”, a. X, n. 6, pp. 227-239.

Wolfgang Krieger, Was General Clay a Revisionist? Strategie Aspects o f the United States Oc­cupation o f Germany, in “Jour­nal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 165-184.

Richard Ned Lebow, The Cu­ban Missile Crisis: Reading the Lessons Correctly, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 3, pp. 431-458.

Antonio Marquina, El conflicto del Sahara y la cooperación glo­bal del Gobierno espanol en Ar- geliay Maruecos, in “Revista de estudios internacionales”, n. 4, pp. 755-774.

Pierre Melandri, L ’Alliance atlantique: incertitudes stratégi­ques, incertitudes diplomati­ques, in “Relations internatio­nales” , n. 36, pp. 395-413.

Karl H. Metz, Der kleine Krieg in grossen Krieg: Die Guerilla, in “Militàrgeschichtliche Mittei- lungen” , n. 33, pp. 7-30.

Jean-François Michel, La crea­tion de la FSM, septembre-octo­bre 1945, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxi­stes”, n. 15, pp. 88-111.

Jean-Claude Montant, Les structures multilatérales de coo­peration en matière d ’armement des pays européens de l ’Alliance atlantique, in “Relations inter­nationales”, n. 36, pp. 425-443.

Amikam Nachmani, “It is a Matter o f Getting the Mixture

Page 49: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 145

Right”: Britain’s Post-War Re­lations with America in the Middle East, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 1, pp. 117-140.

R. Ovendale, Britain, the Uni­ted States, and the Recogni­tion o f Communist China, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 1, pp. 139-158.

Alain Ruscio, Les communi­stes, le gouvernement français et l ’Indochine en 1947, in “Cahiers d’histoire de l’Insti­tut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 25-40.

Alain Ruscio, Les communi­stes français, le mendesisme et l ’Indochine (1950-1954), in “Cahiers d’histoire de l’Insti­tut de recherches marxistes”, n. 12, pp. 115-122.

Malcolm Saunders, The A L P ’s Response to the Anti-Vietnam War Movement: 1965-1973, in “Labour History”, n. 44, pp. 75-91.

Pierre Soyjri, Le crise de 1974 et la réponse du capital, in “Annales Economies sociétés civilisations”, a. XXXVIII, n. 4, pp. 780-820.

Martin Staniland, Africa, the American Intelligentsia, and the Shadow o f Vietnam, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 4, pp. 585-616.

David Thomas, The Importan­ce o f Commando Operations in Modern Warfare 1939-82, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 4, pp. 689-717.

David C. Wolf, To Secure a Convenience: Britain Recogni­zes China, 1950, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 299-327.

Europa

Henri Burgelin, L ’Union de l ’Europe Occidentale (UEO) et la défense européenne, in “Re­lations internationales”, n. 36, pp. 415-423.

Roland Cayrol - Piero Ignazi, Cousins ou frerès? Attitudes politiques et conceptions du parti chez les militants sociali­stes français et italiens, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 4, pp. 629-650.

Pierre Guillien, Les chefs mili­taires français, le réarmement de l ’Allemagne et la CED (1950-1954), in “Revue d’hi­stoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits con­temporains”, a. XXXIII, n. 129, pp. 3-33.

Karl-Heinz Nassmacher, Politi- sche Parteien im internationalen Vergleich, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 277-294.

Zdzislaw Puslecki, Il protezio­nismo nel commmercio interna­zionale e l ’integrazione dell’Eu­ropa occidentale, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 245-266.

Bruce Russett - Donald R. De­luca, Theater Nuclear Forces: Public Opinion in Western Eu­rope, in “Politicai Science

Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 179-196.

Hansjakob Stehle, Der Brief- wechsel der Kardinaie Wyszynski un Dòpfner im deutsch-polini- schen Dialog von 1970/71, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte”, a. 31, n. 3, pp. 536-553.

Rolf Steininger, Wie die Teilung Deutschlands verhindert werden solite. Der Robertson-Plan aus dem Jahre 1948, in “Militàrge- schichtliche Mitteilungen” , n. 33, pp. 49-90.

Angel Vinas, El debate de la se- guridad en Europa. Una refle­xion sobre ses antecedentes hi- stóricos, in “Revista de estudios internacionales” , n. 4, pp. 711-734.

Antoni Wladyslaw Walczak, Gli incontri di Erfurt, Kassel et Berlino-Ovest nella prospettiva dei rapporti tra la Repubblica Democratica Tedesca e la Re­pubblica Federale Tedesca nel periodo 1970-1981, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 335-360.

Austria

Andrea Gliick - Annemarie Strauss, Die Ernàhrungssitua- tion nach dem Zweiten Weltk- rieg in Òsterreich - Ein Entwurf fiir den Unterricht in der achten Schulstufe, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 4, pp. 158-165.

Oskar Lehner, Die Entwicklung der òsterreichischen Sozialde- mokratie. Dargestellt an Hand ihres Eigentumsverstàndnisses, in “Zeitgeschichte” , a. XI, n. 1,pp. 1-18.

Page 50: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

146 Rassegna bibliografica

Gustav Spann Rechtsextremi- smus und Jugendliche, in “Zeit- geschichte” , a. X, n. 5, pp.194-208.

Francia

Jean-Jacques Aymé, Ces Jeu­nesses dont leur parti ne voulut pas: les Jeunesses socialistes de France de 1944 à 1947, in “Ca­hiers Léon Trotsky” , n. 16, pp. 79-100.

Françoise Cribier, Itinéraires professionels et usure au travail: une generation de salariés pari­siens, in “Le Mouvement so­cial” , n. 124, pp. 11-44.

Paul Delanoue, La Cgt et les Syndicats de l ’Afrique noire de colonisation française de la Deuxième guerre mondiale aux indépendances, in “Le Mouve­ment social”, n. 122, pp. 103-116.

Jacques Derville - Patrick Le­comte, Le Parti Communiste Française au miroir de ses parti­sans: un image contrastée, in “Revue française de science po­litique” , a. XXXIII, n. 4, pp. 651-679.

Elections (Les) municipales. Mars 1983. Région Rhône-Al­pes. Scritti di Jean-Luc Pinol, Pierre Dumolard, Jacques Ion, Jean Nizey, André Vant, Pierre Bréchon, Jean-Paul Ducasse, Jean-Marc Labrosse, Marc Boyer, Jean-Pierre Houssel, Michèle Bacot et Paul Bacot, in “Cahiers d’histoire” , a. XXVIII, n. 2-3;Frank Favre, Les groupes d ’in­térêt sous la Cinquième Répu­blique. Test de trois modèles

théoriques de l’interaction entre groupes et gouvernement, in “Revue française de science po­litique” , a. XXXIII, n. 2, pp. 220-254;

French Socialism. Scritti di Jean L. Cohen, Alain Lopetz, Jac­ques Julliard, Hughes Portelli, Bruno Bongiovanni, Richard P. Shryock, Daniel Mothe, Jac­ques Caroux, Thierry Paquat, Mark Kesselman, Sharon Zu- kin, Moishe Gonzales, Gérard Raulet, Alain Touraine, Pierre Birnbaum, Claude Lefort, Pier­re Rosanwollon, André Gorz, Dick Howard, John Mason. Edited by Jean L. Cohen, in “Telos” , n. 55.

Annie Lacroix - Riz, L ’entrée de la France dans la guerre froide (1944-1947), in “Cahiers d ’hi­stoire de l’Institut de recherches marxistes”, n. 13, pp. 4-24.

Annie Lacroix-Riz, Un ministre communiste face à la question des salaires: l ’action d ’Ambroi­se Croizat de novembre 1945 à mai 1947, in “Le Mouvement social” , n. 123, pp. 3-44.

René Mouriaux, Une étude sur la CGT: remarques autour d ’une problématique, in “Cahiers d’hi­stoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 112-118.

Raymond Poidevin, La France devant le problème de la CED: incidences nationales et interna­tionales (été 1951 à été 1953), in “Revue d’histoire de la deuxiè­me guerre mondiale et des con­flits contemporains”, a. XXXIII, n. 129, pp. 35-57.

Gilles Richard, La droite en 1947, in “Cahiers d’histoire de

l’Institut de recherches marxi­stes” , n. 13, pp. 41-55.

Ange Rovere, Le PCF et la so­ciété corse (1945-1946), in “Ca­hiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 57-82.

Dominique Schnapper - Sylvie Strudel, Le “vote ju i f” en Fran­ce, in “Revue française de scien­ce politique”, a. XXXIII, n. 6, p. 933-961.

Jacques Zanotto, Simon Parve- ny, ouvrier des fours, in “Le Mouvement social”, n. 125, pp. 125-146.

Germania

Gerd Dietrich, Erste zentrale Arbeitstagung der SED im J uni 1946, in “Beitràge zur Geschich- te der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 561-571.

Jan Foitzik, Kadertransfer. Der organisierte Einsatz studente- deutscher Kommunisten in der SBZ 1945/46, in “Vierteljahr- shefte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 308-334.

Florian Freund - Gustav Spann, Zur Auseinandersetzung mit der Apologie des Nationalsoziali- smus III: Triviale Kriegsroman- hefte und der “Weltan- schauungskrieg im Osten”, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 9/10, pp. 370-392.

Karl-Heinz Füssl - Christian Kubina, Determinanten der Berliner Schulentwicklung nach 1945, in “Zeitgeschichte”, a. 10, n. 4, pp. 139-157.

Page 51: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 147

Wolfgang Jacobmeyer, Jiidi- sche Überlebende als “Displa­ced Persons”. Untersuchungen zur Besatzungspolitik in den deutschen Westzonen und zur Zuwanderung osteuropàischer Juden 1945-1947, in “Geschich- te und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 421-452.

Siegfried Suckut, Zu Krise und Funktionswandel der Blockpoli- tik in der Sowjetisch Besetzten Zone Deutschlands um die Mil­le des Jahres 1948, in “Viertel- jahrshefte fur Zeitgeschichte”, a. 31, n. 4, pp. 674-718.

Hans Woller, Zur Demokratie- bereitschaft in der Provinz des amerikanischen Besatzungsge- biets. Aus den Stimmungsbe- richten des Ansbacher Oberbiir- germeisters an die Militàrregie- rung 1946-1949, in “Vierteljahr- shefte fiir Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 335-364.

Germania - RDT

Sonia Eichhofer, Das Karl- Marx - Jahr 1953 - ein Hòhe- punkt der Revolution au f dem Gebiet der Ideologie und Kultur in der ersten H alf te der fiinfzi- ger Jahre, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewe- gung” , a. 25, n. 2, pp. 187-199.

Josef Gabert - Roland Grau - Volker Steinke, 30 Jahre Kampfgruppen der Arbeiterkl- asse in der Deutschen Demokr- atischen Republik, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 4, pp. 489-502.

Carla Gielke, Marxistisch-leni- nistische Sozialpolitik der SED

zwihen 1956 und 1958, in “Bei­tràge zur Geschichte der Arbei- terbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 572-580.

Joachim Heise - Rolf Lom­barde Das Ringen der SED um die Einbeziehung von Glàubi- gen in den Aufbau des Soziali- smus und den Friedenskampf (1949/50), in “Zeitschrift fiir Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 6, pp. 483-493.

Ulla Plener, Sozialreformisti- sche Programmatik in den sieb- ziger Jahren, in “Zeitschrift fiir Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 2, pp. 99-116.

Jürgen Schebera, Kommunist, Publizist, Politiker. Gerhart Ei- sler, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 5, pp. 724-736.

Walter Schmidt, Die Griindung der Historikergesellschaft der DDR 1958. Ihr Beitrag zur Durchsetzung des Marxis- mus-Leninismus in der Ge­schichtswissenschaft der DDR Ende der fiinfziger/ Anfang der sechziger Jahre, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 8, pp. 675-700.

Rolf Stôckigt, Problème der Bundnispolitik der SED in der Übergangsperiode vom Kapita- lismus zum Sozialismus in der DDR, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewe­gung” , a. 25, n. 3, pp. 340-346.

Manfred Teresiak, Der Kampf der SED fiir Frieden und euro- paische Sicherheit in der ersten Halfte der siebziger Jahre, in “Beitràge zur Geschichte der

Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 4, pp. 503-515.

Heinz Vosske, Sein Leben war Treue zum Marxismus-Leninis- mus und aufopferungsvolle A r­beit fü r unseren sozialistischen Staat. Walter Ulbricht, in “Bei­tràge zur Geschichte der Arbei­terbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 109-122.

Germania - RFT

Uwe Backes, Ursachen des Linksterrorìsmus in der Bunde- srepublik Deutschland, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 493-509.

Franz J. Bauer, Der Bayerische Baurnverband, die Boden re­form und das Flüchtlingspro- blem, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 443-482.

Hiltrud Bradter, Friedensbewe- gung und Jugend in der BRD, in “Zeitschrift für Geschichtswis­senschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1059-1066.

Horst Fisch, 15 Jahre DKP. Kam pf um Frieden und sozialen Fortschrit, in “Beitràge zur Ge­schichte der Arbeiterbewe­gung”, a. 25, n. 5, pp. 647-658.

German (The) Peace Move­ment. Scritti di Sigrid Meuschel, Walter Süss, Michael Lucas, Axel Honneth, Otto Kali- scheuer, Boris Frankel, Jeffrey Herf, Joachim Hirsch, Wolf­gang Pohrt, Klaus Ehring, in “Telos” , n. 56, pp. 119-192.

Christoph Klessmann, Betrieb- sparteigruppen und Einheitsge-

Page 52: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

148 Rassegna bibliografica

werkschaft. Zur betrieblichen Arbeit der Parteien in der Friih- phase der westdeutschen Arbei- terbewegung 1945-1952, in “Vierteljahrshefte für Zeitge- schichte”, a. 31, n. 2, pp. 272-307.

Hans Jürgen Küsters, Ade­nauers Europapolitik in der Griindungsphase der Europài- schen Wirtschaftsgemeinschaft, in “Vierteljaharshefte fur Zeit- geschichte” , a. 31, n. 4, pp. 646-673.

Ernst Laboor, Friedensbewe- gung und Friedens forschung in derBRD, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 10, pp. 924-934.

Hermann Lübbe, Der Nationali- smus im deutschen Nachkriegs- bewusstsein, in “Historische Zeitschrift”, voi. 236, n. 3, pp. 579-599.

Norbert Madloch - Werner Paff, Historische Erfahrungen des Friedenskampfes in der BRD, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 7, pp. 581-595.

Andrei S. Markovitz, West Ger­many’s Political Future: the 1983 Bundestag Elections, in “Socialist Review”, n. 70, pp. 67-98.

Siegfried Neufert, Auslandische Arbeiter in der Bundesrepublik, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l,p p . 85-97.

Ulla Plener, Reformistische Ar- beiterbewegung und Friedens- kam pf heute. Dargestellt vor al- lem am Beispiel der BRD (1980-1982), in “Beitràge zur

Geschichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 1, pp. 48-61.

Horst Schneider, Die Antiatom- todbewegung in der BRD Ende der fünfziger Jahre, in “Zeit­schrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 11, pp. 963- 967.

Gran Bretagna

Jonathan Bradsahw - Kenneth Cooke - Christine Godfrey, The Impact o f Unemployment on the Living Standards o f Fami­lies, in “Journal of Social Poli­cy”, voi. 12, n. 4, pp. 433-452.

Ray Forrest - Alan Mûrie, Resi- dualization o f Council Hou­sing: Aspects o f the Changing Social Relations o f Housing Te­nure, in “Journal of Social Poli­cy” , voi. 12, n. 4, pp. 433-467.

Roger Pean, Trade Union Orga­nization and Skill in the Cotton and Engineering Industries in Britain, 1850-1960, in “Social History” voi. 8, n. 1, pp. 37-55.

David Prynn, The Woodcraft Folk and the Labour Movement 1925-70, in “Journal of Con­temporary History” , voi. 18, n. l,p p . 79-95.

Paul Whiteley - Steve Winyard, Influencing Social Policy: The Effectiveness o f the Poverty Lobby in Britain, in “Journal of Social Policy” voi. 12, n. 1, pp. 1-26.

Polonia

Kuzetan Dobrosielski, I problemi dell’unificazione del movimento

operaio nel voivodato di Varsa­via e la creazione del Partito operaio unificato polacco (1948- 1949), in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 191-206.

Robert Hanicotte, La tripartiti- sme polonais ou la coopération politique institutionelle, in “Re­vue française de science politi­que”, a. XXXIII, n. 3, pp. 480-503.

Bodgan Hillebrandt, Il movi­mento politico degli studenti in Polonia negli anni 1945-1950, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 161-189.

Wojcisch Kalicki, Il sistema di propaganda del Partito sociali­sta polacco negli anni 1944- 1948, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 145-160.

Christoph Klessmann, Revolu­tion und Konterrevolution in Polen, in “Neue Politische Lite­ratur” , a. XXVIII, n. 2, pp. 219-227.

Ungheria

Tibor Erenyi - Balint Szabo, Il movimento operaio ungherese nel periodo 1945-1962, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 1, pp. 23-34.

Lajos Izsak, La politica dei par­titi borghesi di opposizione in Ungheria dopo la liberazione, 1944-1948, in “Acta Historica” , a. 28 (1982), pp. 89-133.

Andreas Ko vacs, The Jewish Question in Contemporary Hungary, in “Telos”, n. 58, pp. 55-74.

Page 53: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 149

URSS

Mira Beth Lansky, “People’s War” and the Soviet Treat: the Rise and Fall o f a Military Doc­trine, in “Journal of Contempo­rary History”, voi. 18, n. 4, pp. 619-648.

Susan J. Linz, Measuring the Carryover Cost o f W W II to the Soviet People: 1945-1953, in “Explorations in Economic Hi­story”, voi. 20, n. 4, pp. 375-386.

Charles E. Ziegler, Worker Par­ticipation and Workers Discon­tent in the Soviet Union, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 235-253.

Altri Paesi

Giuseppe Chiarante, From Pio X II to John Paul II, in “Telos” , n. 58, pp. 75-82.

Constantine P. Danopoulos, Mi­litary Professionalism and Regi­me Legitimacy in Greece, 1967- 1974, in “Political Science Quar­terly”, voi. 98, n. 3, pp. 485-506.

Panayote E. Dimitras, La Grece en quête d ’une politique indé­pendante, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. l ,p p . 109-132.

Stanko Jurisa, Politica agraria e problemi del collettivismo in Ju­goslavia durante il conflitto tra il Partito comunista jugoslavo ed il Cominform, in “Casopis za Suvremenu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 55-73.

Einst A. Levin, The Finances o f the Vatican, in “Journal of

Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 185-204.

Francisco Aldecoa Luzanaga, Significado y efectos de la adhe­sion de Espana a la Alianza Atlantica en su proceso de par- tecipación activa en las relacio- nes internacionales, in “Revista de estudios internacionales” , n. l ,p p . 39-70.

Dominique Memmi, Le divorce à l ’italienne: partis, opinion fe ­minine et referendum du 12 mai 1974, in “Revue d ’histoire mo­derne et contemporaine” , a.XXX, n. 3, pp. 476-509.

Victor Morales, Las relaciones internacionales de Espana con sus vecinos mediterraneos, in “Revista de estudios internacio­nales”, n. 3, pp. 543-551.

Peter Boegh Nielsen, Aspects o f Industrial Financing in Den­mark, in “The Scandinavian Economie History Review and Economy and History”, voi.XXXI, n. 2, pp. 79-108.

Rolf Tamnes, Norwegian A tti­tudes to a Free Nordic Nucle­ar-Free Zone 1958-1982, in “Scandinavian Journal of Hi­story” , voi. 8, n. 4, pp. 225-246.

Africa

African History Today. Saggi di Robert W. Harms, Patrick Man­ning, Patricia Romero Curtin, Leroy Vail, Landeg White, An­dré de Toit, in “The American Historical Review”, voi. 88, n. 4.

Afrique (Lj , Noire dans les re­lations internationales depuis la deuxième guerre mondiale, in

“Relations internationales”, n. 34[contiene: Marc Michel, La coo­pération intercoloniale en A fri­que noire, 1942-1950: un néoco­lonialisme éclairé?-, Denise Bou­che, L ’ouverture de l ’Afrique occidentale française-, Nicole Guez, Le montée des pouvoirs militaires en A frique et la sécu­rité internationale-, Elikia M’Bokolo, Historicité et pou­voir d ’Etat en Afrique noire. Reflexions sur les pratiques d ’E­tat et les idéologies dominantes-, Philippe Decraene, Barthélemy Boganda ou du projet d ’Etat unitarie centroafricain à celui d ’Etats-Unis d ’Afrique latine-, Guy Nicolas, Le défi nigérian: gestation d ’une puissance regio­nale].

Larry Diamond, Class, Ethnici­ty, and the Democratic State: Nigeria 1950-1966, in “Compa­rative Studies in Society and Hi­story”, voi. 25, n. 3, pp. 457-489.

Organization and Resistance in South Africa. Interview with Mark Davenport, in “Socialist Review”, n. 67, pp. 55-70.

Margaret Sanders, Measure­ment o f Levels o f Living in the People’s Republic o f the Congo since 1950, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l ,p p . 243-250.

Asia

Asie (L j du Sud-Est entre la Chine et l ’Inde. Agriculture et pouvoirs, in “Etudes rura­les”, n. 89-90-91, pp. 7-198 [contiene tra l’altro: Georges Condominas, Aspects écologi-

Page 54: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

150 Rassegna bibliografica

ques d ’un éspace social restreint en Asie du Sud-Est. Les Mnong Gar et leur environnement; Ma­rie-Alexandrine Martin, L ’indu­strie dans le Kampuchea démo­cratique (1975-1978); Christian Taillard, Les transformations de quelques politiques agricoles socialistes en Asie entre 1978 et 1982 (Chine, Vietnam, Cam­bodge et Laos); Patrick Beille- vaire, Introduction à la société et à l ’histoire de Taiwan].

Noam Chomsky, The Middle East and the Probality o f Nu­clear War, in “Socialist Re­view” , n. 70, pp. 7-54.

Donald G. Gillin - Charles Et- ter, Staying on: Japanese Sol­diers and Civilians in China: 1945-1949, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 3, pp. 497-518.

Alain Heston - Dharma Kumar, The Persistence o f Land Frag­mentation in Peasant Agricultu­re: an Analysis o f South Asian Cases”, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 2, pp. 199-220.

Ton That Thien, Bases - airrère et stratégie révolutionnaire en Asie du Sud-Est (1945-1975), in “Relations internationales” , n. 36, pp. 445-467.

Cina

Rudolph Bauer, Innenseiten der chinesischen Gesellschaft, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 105-128.

Dwight H. Perkins, Research on the Economy o f the People’s Republic o f China: a Survey o f

the Field, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 2, pp. 345-372.

Manfred Vasold, Versaumte Gelegenheiten? Die amerikani- sche Chinapolitik im Jahr 1949, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte” , a. 31, n. 2, pp. 242-271.

Andrew C. Walder, Organized Dépendance and Cultures o f Authority in Chinese Industry, in “The Journal of Asian Stu­dies”, voi. 83, n. 1, pp. 51-76.

India

Onkar Marwah, L ’lnde: per­spectives stratégiques, in “Rela­tions internationales” , n. 36, pp. 469-485.

Michelle B. Matlpin, Famines, Epidemics, and Population Growth: the Case o f India, in “The Journal of Interdisciplina­ry History” , voi. 14, n. 2, pp. 351-366.

Hans-Joachim Radde, Indiens Kommunisten im Kampf um ei- ne linke und demokratische A l­ternative, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 4, pp. 516-523.

Altri Paesi

Shahrough Akhavi, The Ideolo­gy and Praxis o f Shi’ism in the Iranian Revolution, in “Com­parative Studies in Society and History” , voi. 25, n. 2, pp.195-221.

Gengis Aktar - Ahmet Insel, La traditionalité ottomane et la

modernité turque, in “L’hom­me et la société” , n. 69-70, pp. 123-144.

Massoud Doher, A ux origines de la guerre libanaise de 1975-1976, in “Cahiers d ’histoi­re de l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 97-112.

Katherine P. Ewing, The Poli­tics o f Sufism: Redefiniting the Saints o f Pakistan, in “The Journal of Asian Studies” , n. 42, n. 2, pp. 251-268.

Robert N. Kearney, The Politi­cal Party System in Sri Lanka, in “Political Science Quarter­ly” , voi. 98, n. 1, pp. 17-33.

Fumie Kumagai, Changing Di­vorce in Japan, in “Journal of Family History” , voi. 8, n. 1, pp. 85-108.

Benedici R. O’G Anderson, Old State, New Society: Indonesia’s New Order in Comparative Hi­storical Perspective, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 42, n. 3, pp. 477-496.

Vietnam, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxi­stes” , n. 17, pp. 5-50 [contiene: Charles Fourniau, La trajectoire vietnamienne (1858- 1984); Alain Ruscio, Le premier mois de la guerre. (Etude sur le déclenchement du conflit fran­co-vietnamien, novembre-decem- bre 1946); Les communistes fran­çais et le mouvement national vietnamien (1920-1954)].

America

Enrique A. Baloyra-Herp, Reac­tionary Despotism in Central

Page 55: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

Rassegna bibliografica 151

Central America, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 295-319.

V. Bulmer-Thomas, Economie Development over the Long Run-Central America since 1920, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 269-294.

Hector Perez Brignoli- Yolanda Baires Martinez, Growth and Crisis in the Central American Economies, 1050-1980, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 363-398.

Daniel Pecaut, Sur la violence en Amérique Latine. Elements de problématique, in “L’homme et la société” , n. 67-68, pp. 69-74.

Ricardo Sidicaro, Huit proposi­tions sur le regimés autoritaires d ’Argentine, du Chili et d ’Uru­guay, in “L’homme et la socié­té", n. 69-70, pp. 145-174.

Helgio Trindade, La question du fascisme en Amérique Lati­ne, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 2, pp. 281-312.

Brasile

Patrick M. Hughes, Church Re- neeal in Brazil, in “Telos’, n. 58, pp. 83-94.

M. Louise Fox, Income Distri­bution in Post-1964 Brasil: New Results, in “The Journal of Economie History”, vol. 43, n. l ,p p . 261-271.

Suzanne Williams, Land Rights and the Manipulation o f Identi­

ty: Official Indian Policy in Brazil, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. l,p p . 137-161.

Usa

Stanley Aronowitz, Remarking the American Left, Part I: Cur­rents in American Radicalism, “Socialist Review”, n. 67, pp. 9-54, Part II: Socialism and Beyond, n. 69, pp. 7-44.

David P. Calleo, American Do­mestic Priorities and the De­mands o f Alliance, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. l,p p . 1-15.

Cornelius P. Cotter, Eisenho­wer as Party Leader, in “Politi­cal Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 255-283.

Alexander Cockburn - James Ridgeway, The Freeze Move­ment versus Reagan, in “New Left Review”, n. 137, pp. 5-21.

Crisis (The) in Higher Educa­tion. Scritti di Thomas E. Wenzlau, Joseph S. Murphy, George B. Weathersby, Joseph Froomkin, Fred E. Crossland, Martin Kramer, Lawrence E. Gladieux, W. Lee Hansen, Jo­seph Froomkin, Stephen P. Dresch, Charles B. Saun­ders jun., W. Bruce Bassett, Frederick, E. Balderston, Hay­den W. Smith. Edited by Jo­seph Froomkin, in “Pro­ceeding of the Academy of Political Science” , voi. 35, n. 2.

Steve Fraser, Industrial Demo­cracy in the 1980s, in “Socialist Review”, n. 72, pp. 99-122.

Garry Freeman - Paul Adams, Ideology and Analysis in Ame­rican Social Securety Policy­marketing, in “Journal of So­cial Policy” , voi. 12, n. 1, pp. 75-95.

Mark. E. Kann, Radicals in Power: Lesson from Santa Monica, “Socialist Review”, n. 69, pp. 81-101.

Wolfgang Krieger, Die ameri- kanischen Atomwaffen und der Kalte Krieg, 1945-1950, a. XXVIII, n. 2, pp. 209-218.

Paul Light, Vice-Presidential Influence under Rockfeller and Mondale, in “Political Science Quartely” , voi. 98, n. 4, pp. 617-640.

George Lipsitz, “The Drum Major Instinct”. American Re­ligion since 1945, in “Telos”, n. 58, pp. 95-107.

Dave Fadden - Jim Wa­ke - Bill Hartung, The Freeze Economy: The Economic Im­pact o f a Bilateral Nucle­ar Weapons Freeze, in “So­cialist Review”, n. 70, pp. 35-66.

Michael Orni - Howard Wi- nant, By the Risvers o f Baby­lon: Race in the United States, Part I, in “Socialist Review”, n. 71, pp. 31-66, Part. II, n. 72, pp. 35-70.

New Light on the Rosenberg Case. An Interview with Mi­chael and Robert Meeropol, in “Socialist Review”, n. 72, pp. 71-96.

Politics (The) o f Property Taxa­tion. Scritti di H. Clyde Reeves,

Page 56: La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000). Resta il problema, al quale ora i lavori

152 Rassegna bibliografica

John O. Behrens, Carl Shoup, Robert J. Cline, John Shannon, James Heilbrun, Philip M. Klutznik, Paul v. Corusy, Char­les C. Cook, Arthur C. Roemer, A.M. Woodruff, Walter Ry- beck, Steven D. Gold, Lawren­ce Susskind, Cynthia Horan, Steven B. Cord, Arlo Woolery, Elsie M. Watters, Joel M. Stern, Donald A. Hicks, Dick Netzer: Edited by Lowell Har- riss, in “Proceedings of the Academy of Political Science”, voi. 35, n. 1.

Roger B. Porter, Economic A d­vice to the President: from Ei­senhower to Reagan, in “Politi­cal Science Quarterly”, voi. 98, n. 3, pp. 403-429.

Leonard Quart, A Populist in Hollywood: Frank Capra’s Po­litics", in “Socialist Review”, n. 68, pp. 59-74.

Noia Reinfardt, Commerciali­zation o f Agriculture und Rural Living Standards: El Palmar, Colombia, 1960-1979, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l,p p . 251-260.

Roberta M. Spalter-Roth, Dif­ferentiating between the Living Standards o f Husbands and Wi­ves in Two-Wage-Earner Fami­lies, 1968 and 1979, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 231-240.

David Stephens, President Car­ter, the Congress, and NEA: Creating the Department o f

Education, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 4, pp. 641-664.

Samuel Stone, Production and Politics in Central America’s Convulsions, in “Journal of La­tin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 413-469.

William West - Joseph Cooper, The Congressual Veto and A d­ministrative Rulemaking, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 285-304.

Laurence Whitehead, Explai­ning Washington’s Central American Policies, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 321-363.

Altri Paesi

David Browning, Agrarian Re­form in El Salvador, in “Jour­nal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 399-429.

John S. Gitlitz - Telmo Rojas, Peasant Vigilante Committees in Northern Peru, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 1, pp. 163-197.

Saul Landau, Inside Nicara­gua’s Class War, in “Socialist Review”, n. 71, pp. 9-30.

Susan Eckstein, Transforma­tion o f a “Revolution from Be­low”. Bolivia and International Capital, in “Comparative Stu­dies in Society and History” , voi. 25, n. l,p p . 105-135.

Gerhard Drekonja Konrad, Co­lombia; en bósqueda de una po­litica exterior, in “Revista de estudios internacionales”, n. 2, pp. 259-282.

Jean-Pierre Lavaud, Les luttes au sein d ’un appareil de répres­sion: l ’armée bolivienne, in “L’homme et la société”, n. 67-68, pp. 75-80.

Jan Roxvorough - Ilan Bizberg, Union Locals in Mexico: the “New Unionism” in Steel and Automobiles”, in “Journal of Latin American Studies” , vol. 15, n. 1, pp. 117-135.

James A. Sandos - Harry E. Cross, National Development and International Labour Mi­gration, Mexico 1940-1965, in “Journal of Contemporary Hi­story” , vol. 18, n. 1, pp. 43-60.

Jack Spence, Media Coverage o f El Salvador’s Election”, in “Socialist Review” , n. 68, pp. 29-58.

Oceania

Brian D. Haig - Neville G. Cain, Industrialization and Producti­vity: Australian Manufacturing in the 1920s and 1950s, in “Ex­plorations in Economic Histo­ry” , voi. 20, n. 2, pp. 183-198.

David Stephens, Unity Tickets and the Victorian Branch o f the ALP, in “Labour History” , n. 44, pp. 55-74.