Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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Numero di Studi di politica economia sociologia relativo al problema dell'alto Adriatico, di Pier Lodovico Bertani con prefazione di Gino Arias.

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I. S. A.V E N E Z I A

BIBLIOTECA

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PIER LODOVICO BER TAN I

IL PROBLEMA

DELL’ALTO ADRIATICO

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IL PROBLEMA

DELL'ALTO ADRIATICO

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PIER LO D O V IC O BERTANI

IL PROBLEMA

DELL'ALTO ADRIATICO

Prefazione di Gino Arias

L ' E C O N O M I A I T A L I A N A E D I T R I C E I N R O M A

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I N D I C E G E N E R A L E

P R E F A Z I O N E ................................................................................................................................. pag. IX

P A R T E P R I M A — L’ALTO ADRIATICO NELLA STORIA POLITICA EDE C O N O M I C A ...................................................................... » 3

1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico.2. La natura geografica: osservazioni preliminari sul retro­terra dei vari porti. 3. L 'Alto Adriatico e le tendenze ege­moniche absburgiche : la funzione individuale e coordinati­va dei tre porti italiani nel dopoguerra. 4. La posizione politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annes­sione. 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Unghe­ria del 17 Marzo 1934 ; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936. 6. Le marine mercantili particolarmente in­teressate al traffico adriatico. 7. Distinzione delle cor­renti latitudinali e longitudinali. Nota bibliografica.

PARTE SECONDA — IL TRAFFICO M ARITTIMO NEI VARI PORTI . . » 3

1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia, prima e dopo la guerra mondiale. 2. Le correnti del traf­fico triestino nell’ultimo venticinquennio. 3. Le condizioni econom iche di Fiume, con riferimento allo scalo di Susak.4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere del porto e del suo retroterra. S. L’ importanza dei porti minori nei vari settori dell’ A driatico; la funzione

Ravenna. 6. La possibilità che i porti della costa orien­tale ed occidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici. 7. La posizione dei

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porti jugoslavi nel traffico adriatico : il m ovimento di Susak. 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico. 9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­rittimo. 10. Le condizioni economico-ambientali del­l ’em porio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento. Nota bibliografica.

P A R T E T E R Z A — LE PROSPETTIVE DEL TRAFFICO A LT O -A D R IA ­TICO ......................................................................................... * 91

1. La politica econom ica internazionale e l’opera di col­laborazione fra i porti d e ll 'A lto A driatico: i rapporti commerciali fra Italia e Jugoslavia 2. 11 nuovo si­stema porto-ferroviario nella politica adriatica jugoslava.3. La politica tariffaria jugoslava. 4. La posizione dei tre empori italiani. 5. I progetti ferroviari favorevoli al traffico di Trieste e Venezia. 6. I porti della costa orientale e la loro interferenza a ll ’ attività alto-adriatica.7. I noli negli nltimi anni. 8. Il problema dell’ A lto A- driatico nel più vasto campo della vita economica e po­litica internazionale. Nota bibliografica.

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P R E F A Z I O N E

La dotta, esauriente monografia di Pier Lodovico Bertani sul pro­blema dell'Alto Adriatico, che io ebbi la viva soddisfazione di pro­porre per il primo premio in un recente concorso bandito dal Partito Na­zionale Fascista, conquista senz'altro un posto di prim’ordine nella ricca, ma piuttosto frammentaria, letteratura, antica e recente, sull’argomento, di così vitale importanza per l'imminente e necessaria espansione dell’economia imperiale italiana, anche a traverso i suoi porti adriatici.

I fatti, che il Bertani enumera, ed illustra magistralmente, hanno dimo­strato senza fondamento l'infausto e malevolo pregiudizio, che pur senti- vasi mormorare prima e durante la grande guerra, secondo il quale i porti di Venezia, Trieste e Fiume avrebbero dovuto, con reciproco danno, inva­dere l’un l'altro la rispettiva zona d'influenza e contrastarsi le future pos­sibilità d'irradiazione.

A questa tesi disfattista, Mario Alberti ed io ci opponemmo vigorosa­mente fino dal 1915.

II Bertani dimostra che i porti italiani dell’ Alto Adriatico costitui­scono ormai un solo sistema e che hanno tutti le più grandi probabilità di ulteriori ed anche grandiosi sviluppi, con grande vantaggio dell'econo­mia italiana. Bene osserva il Bertani che la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa. « Nel nostro caso Venezia, Trieste e Fiume pos­sono prosperare tranquillamente, lavorando ciascuno per quella zona di cui sono lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte di un’ unica potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazio­nali, è anzi un bene, perchè il potere centrale, specie se forte e non tur­bato nelle sue decisioni da inframettenze e speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singole funzioni».

La volontà politica, anche in questo campo, ha un'influenza poderosa e determinante: sempre più si dimostra che la disciplina politica degli scambi internazionali, sopra tutto col metodo delle compensazioni, è una esigenza fondamentale per l'economia italiana, nella sua attuale fase di

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unificazione corporativa e di conquista progressiva dei mercati stranieri. Le convenzioni doganali e portuarie fra l ’Italia e l'Austria, l'Italia e l'Un­gheria, l'Austria e l'Ungheria sono uno fra g li innumerevoli documenti di questa grande verità, che g li economisti ligi al decrepito utilitarismo ne­gano od ammettono di mala voglia e con limitazioni non giustificate.I protocolli di Roma del 17 marzo 1934 e quelli addizionali del 23 marzo 1936 segnano il trionfo della concezione Mussoliniana, pienamente accolta dall'Austria e dall'Ungheria, secondo la quale i tre paesi, senza discono­scere la utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con gli Stati danubiani, formano un unico gruppo e un unico fronte. Oià se ne vedono gli effetti sull’aumento di traffico nel porto di Trieste.

Il Bertani, con mirabile conoscenza dei dati di fatto, pazientemente raccolti e accuratamente elaboratici dà una descrizione chiara ed efficace delle varie marine mercantili interessate al traffico adriatico e quindi pro­cede all’ analisi del traffico marittimo nei vari porti adriatici, compresi quelli dalmatici.

Rimangono inalterate le condizioni naturali, che fanno di Venezia lo strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra esclusivamente nazio­nale; rimangono inalterate e possono in parte ritenersi anche migliorate per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la previdente assistenza del governo nazionale e per il forte incremento dato all'attività industriale. Questo fu in passato ed è oggi il porto che nelle rela­zioni fra l’Europa Centrale e l'Estremo Oriente permette il più ampio sfrut­tamento dei trasporti marittimi.

E ben noto che Venezia e Trieste presentano le stesse caratteristiche di un fortissimo squilibrio fra importazioni ed esportazioni: 3 milioni e 275 mila tonti, importate contro 455 mila esportate a Venezia nel 1934 ;1 milione e 816 mila tonn. importate, contro 591 mila esportate a Trieste nello stesso anno.

Non si può ritenere che questo carattere possa essere sensibilmente atte­nuato in brevissimo tempo, ma certo molto gioverebbe che ciò si verificasse come tendenza, sia pure a lungo periodo, quale segno della crescente espansione italiana e per le ben note conseguenze sul corso dei noli e per riflesso sull'ulteriore sviluppo del traffico marittimo.

lo penso che l'economia imperiale italiana sarà sempre più indipen­dente, ma sempre meno racchiusa in se stessa, pur entro i suoi vastissimi confini; essa potrà e dovrà inserirsi sempre più nell'economia mondiale, con volontà di dominio.

In questo periodo dell’economia italiana, forse imminente, comunque non lontano, i nostri grandi porti, e sopra tutto quelli dell'Adriatico, raggiun­geranno un volume di traffico di gran lunga superiore a quello attuale, con un maggiore equilibrio fra gli elementi da cui è costituito ; rappresenteranno insomma le grandi porte a traverso le quali l'imperialismo economico ita­liano si incamminerà trionfalmente per le vie del mondo.

Roma, R. Università, 27 Ottobre 1936-X IVGINO ARIAS

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............ Si è riunita a Palazzo Littorio la Commissione nominata perl’esame dei lavori presentati ai “ Littoriali della Cultura,, indetti dai Grup­pi Universitari Fascisti.

Erano presenti S. E. il Prof. Santi Romano, per il Ministero delle Cor­porazioni ; S. E. il Prof. Giuseppe Bottai e il Prof. Gino Arias per il Mini­stero dell’Educazione Nazionale ; il Dott. Salvatore Gatto per i Gruppi Uni - versitari Fascisti, nonché i rappresentanti delle Confederazioni Nazionali : Dott. Daniele Gorga, Avv. Marcello Andreoli, Avv. Emanuele Cabibbo, Avv. Giuseppe Arcangeli, Avv. Roberto Roberti, Prof. Filippo Carli, Dott. Raimondo Michetti, Prof. Alfonso Cermonti, Dott. Fernando Martelli, Avv. Mario Mammoli, Comandante Alberto Coda, Dott. Giuseppe Sallicano, Console Ivo Oliveti.

L ’on. Starace ha affidato la presidenza a S. E. il Prof. Santi Romano.

Fra tutti i lavori premiati è stato segnalato, in modo particolare, quello contrassegnato col motto “ Vincere per vivere, vivere per vincere,,, che ha svolto il tema della Confederazione fascista della gente del mare e dell’ aria: “ 11 traffico marittimo dell’Adriatico con speciale riguardo a quello compiuto da navi battenti bandiera italiana, jugoslava e greca,,. L ’autore del lavoro, che ha dimostrato soprattutto di essersi dedicato con passione e serietà di studi allo svolgimento del tema prescelto, è il fasci­sta universitario Pier Lodovico Bertani, studente in giurisprudenza presso la R. Università di Bologna, al quale è stato così assegnato un premio di L. 2000, mentre la Commissione ha indicato il lavoro alla Confederazione Fascista della gente del mare e dell’aria come meritevole di pubblicazione.

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I l p ro b le m a J e l l A l t o A d r ia t ic o

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P A R T E P R I M A

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L A lto A d r ia t ic o nella storia politica ed econom ica

tt

1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico pag.

2. La natura geografica : osservazioni preliminari sulretroterra dei vari p o r t i .........................................

3. L ’ Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgi-che: la funzione individuale e coordinativa dei tre porti nel dopoguerra.........................................

4. La posizione politica ed economica di Fiume primae dopo 1’ annessione....................................................„ 14

5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del17 Marzo 1934; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936 .............................................................. ...... 18

6. Le marine mercantili particolarmente interessate altraffico adriatico......................................................... ....... 20

7. Distinzione delle correnti del traffico adriatico : cor­renti latitudinali e longitudinali............................... ...... 28

AJota bibliografica.................................................................... 29

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i . Il problema ddl'Adriatico, certo assai più complesso di quello riguardante gli altri mari che circondano la nostra penisola, è sta­to oggetto di numerosi trattati, taluni per vero pregevoli, da parte di scrittori d’ogni Nazione e tempo.

Ma il più delle volte si è preso in consi' derazione uno solo degli aspetti della que- stione, o ci si è lasciati fuorviare il pensie­ro da sentimenti e passioni personali, o si sono seguite tendenze politiche ed econo­miche comunque particolaristiche, giungen­do a conclusioni erronee, perfino antistori­che. Vorremmo, insomma, uno studio pos­sibilmente completo, che trattasse l’argo­mento da un punto di vista universale, cioè nella sua portata storica, che tenesse conto delle evoluzioni economiche e degli scon­volgimenti politici, senza per questo abban­donarsi a visioni deontologiche nazionali e ultrapatriottiche, altrettanto ideali quanto pericolose.

Il problema dell’Adriatico va posto nel tempo, non solo per studiarne gli sviluppi

avuti in passato, ma anche per conoscerne e valutarne esattamente lo stato di poten­zialità nel quale si presenta al futuro; in altri termini, si devono prender le mosse da quei sani criteri di Geopolitica, senza i qua­li è nostro convincimento che non si pos­sano analizzare questioni di indole politico­economica. Diciamo subito che i nostri cri­teri divergono assai da quelli della scuola francese e germanica, che pur hanno il me­rito di aver avvalorato tale disciplina; se è vero, come è di fatto, che la Geopolitica è la scienza del legame territoriale dei pro­cessi politici (i), non scorgiamo come si pos-

(i) Vedasi: W ILHELM ZlEGl.ER : «Einführung in die Politik », pag. 27 . Lo ZlEGLER, insieme all'HAUSHOFER

(K arl H .: « Die Grenzen in ihrer geographischen und politischen Bedeutung ») e al DlX (ARTHUR D. : « Geo­politik », in « Staat und Wirtschaft », n. 16) è un si- stematore della Geopolitica come scienza a sè stante.

Per una critica profonda e coscienziosa, sia pure sintetica, delle tendenze delle scuole geopolitiche fran­cesi e tedesche, rammentiamo: U g o M orICHINI: In­troduzione a: « Il Bacino adriatico e la Dalmazia », Libreria del Littorio, 1932, che avremo occasione di citare spesso ad altro proposito.

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sano poi sostituire i logici fondamenti: la Geografia fisica, l'Antropogeografia e la Storia, con presupposti politico-filosofici, a secondi fini.

Data dunque questa nostra concezione, sarà opportuno, tralasciando per ovvie ra­gioni una esposizione del problema dal pun­to di vista geografico-fisico, premettere al­cune considerazioni di natura antropogeo­grafica, cioè relative alla funzione svolta dal mare nei riguardi degli abitanti le zone marittime.

2. La assoluta superiorità della costa orien­tale sulla occidentale, che si rileva qualora si considerino solamente le regioni litoranee, specialmente ai fini della navigazione, scom­pare se si porta l’esame a maggiore pro­

fondità: anzitutto la costa occidentale ha un retroterra più vasto, e, per quanto scar­se siano le precipitazioni, non risente così fortemente della bora e dello scirocco. Ma la differenza geografica più essenziale, e di

maggior effetto per una valutazione socia­le, si deve cercare nel raccordo dei versan­ti alla propria catena e nella posizione com­plessiva di questa rispetto alle altre regio­ni circostanti. Infatti la costa italiana, mer­cè i comodi valichi appenninici, fu facilmen­te influenzata e rafforzata dai popoli dello altro versante: Toscani, Latini e Campani, che con la loro maggiore civiltà e ricchez­za diedero vita alla regione e neutralizza­rono le forze barbariche orientali, già im­pedite nel loro passaggio dall’Adriatico.

La costa orientale invece risentì della sua particolare infelicità, perchè, oltre ad avere nelle montagne uno spartiacque bizzarro e indeciso, manca di un vero versante dall’al­tra parte, ed anche quell’altopiano che lo

sostituisce è rivolto a settentrione. Dal Car­so si passa ai Balcani con una serie di pic­cole catene, che si intrecciano in modo tale da impedire qualunque confine naturale.

Da questo fatto traggono origine gli in­numerevoli conflitti e la discordia innata, che costituisce la piaga fondamentale dei popoli balcanici. Di tali vicende dolorose subì le conseguenze la regione litoranea, della quale le orde barbariche si servirono come di un ponte di passaggio per le loro migrazioni dall’Oriente all’Occidente d’Eu­ropa.

Devesi anche aggiungere che la costa o- rientale, se ebbe dei benefizi dall’Adriatico, li ebbe per imposizione; quindi, nel subire la supremazia delle regioni italiche, si tro­vò da questo lato in una dipendenza che moralmente pregiudicò il valore di quei be­nefizi.

Si comprende quindi, come la fortunata condizione geografica — ricchezza d’isole e

di insenature, presenza di coste adatte alla

navigazione — disgiunta da criteri di sana

coscienza politica nelle popolazioni, sia stata

nociva al progresso economico, alla pace e particolarmente allo sviluppo del senso di nazionalità degli abitanti la costa orientale. Di contro, la costa italiana si sviluppò sotto l ’influsso della civiltà italica, basata sulla unità geografica e nazionale, per sua natura indistruttibile. Questo ci basti a dimostra­re le ragioni intime della superiorità so­ciale dell’elemento italiano nel bacino del­

l’Adriatico.Un altro fenomeno, derivante da fattori

puramente fisici, che rende ancor più com­plesso il problema, è costituito dalla par­ticolare conformazione del retroterra dei va­ri porti adriatici. Mentre in tutta la parte

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occidentale le condizioni dell’entroterra so- no in genere molto più favorevoli all’ inse- diamento umano, che non la zona costiera, nell’altra costa esse sono assai poco propi­zie, sino a diventare addirittura impossibili, allontanandoci anche solo per pochi chilo­metri dalla costa, su per l’impervia scar­pata delle Alpi Bebie e delle Dinariche.

Questa diversità di fattori ambientali trova riscontro nella storia politica ed eco­nomica, che ha per teatro il bacino dello Adriatico, come si può vedere esaminando le condizioni naturali, il processo del popo­lamento e le vicissitudini politiche di que­sta zona così ricca di eventi storici (i).

L ’esatta conoscenza della situazione geo­grafica ed antropogeografica dovrebbe in­dicare la via più favorevole segnata dalla natura allo sviluppo ed alla prosperità degli Stati; ma questa considerazione non deve indurci ad un determinismo geografico tale da non ammettere spostamenti ad opera della volontà, come se si trattasse di un campo al di fuori della realtà umana; anzi, è esatto sostenere che la quantità e la qua­lità del litorale possono essere sostituiti da un solo buon porto, magari artificiale, sem­pre che il popolo, cui appartiene l’approdo, sia industrialmente potente, commercial­mente attivo, marinarescamente capace, a- bile nelle direttive dei suoi dirigenti poli­tici e finanziari.

Non per questo sono invertiti i principi geopolitici: nessuna forza umana può im­porre all’Adriatico una funzione diversa da quella stabilita da natura, confermata da due millenni di attività storica. Anzi, la speciale conformazione del retroterra dei

( i ) V e d i am plrus: U . MORICHINI, o p . c it .

singoli porti rende più sentiti gli sposta­menti di confine e di zone di influenza.

Tipico è il caso di Trieste, dopo l’annes­sione all’Italia.

3. Con lo spostamento del confine politi- co-doganale, Trieste, che spingeva la sua in­fluenza nell’Europa centrale fino a conten­dere ad Amburgo i traffici di Praga e di Norimberga, venne improvvisamente a tro­varsi priva del suo poderoso retroterra na­zionale. I fatti hanno poi dimostrato come fosse errato il credere che il porto di Trie­ste fosse votato alla inazione e alla morte; infatti, il retroterra politico può essere so­stituito da un retroterra economico, che è in gran parte naturale, anche se in questo caso lo sfruttamento, pur facilitato da co­mode vie di comunicazione, costa ai porti ingenti sacrifici, come la istituzione e la ma­nutenzione di speciali organismi capaci di attirare e dirigere il traffico.

Particolare interesse presenta il porre a confronto — senza entrare ad esaminare le attuali condizioni che considereremo in seguito — i caratteri antropici ed economi­ci che presentava Trieste prima della guer­ra, con la sistemazione ottenuta in seguito al conflitto mondiale, in relazione alla coe­sistenza di Venezia e di Fiume.

La scoperta dell’America e quella della via delle Indie per il Capo di Buona Spe­ranza, ebbero per effetto il lento spostamen­to dei traffici europei dal Mediterraneo al- l’Atlantico. A partire dal ’500, le guerre coi Turchi logorarono e sottrassero alla Poten­za veneta le basi navali e le colonie, tanto necessarie alla sua vita commerciale.

La decadenza di Venezia si manifesta ap­pieno agli albori del secolo XVIII; nel 1702 le proteste della Repubblica non valgono più

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1.0

ZONE DI COMPETENZA ECONOMICA DEI VARI PORTI NELL’ ANTEGUERRA

'SCALA 1: 91000000

VENEZIA ] GENOVA

TRIESTE AMBURGO

FIUME ZONE CONTESE

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ad impedire l ’esistenza di navi armate trie­stine e fiumane. Carlo V I approfitta della alleanza veneziana per proclamare, il 2 Giu­gno 17 17 , la libertà dei mari. Sotto questo colpo e dopo l’infausta pace di Passarowitz (1718), la vecchia Regina dell’Adriatico, onusta di gloria, piega vieppiù il capo al suo destino, finche un grande Tiranno le strap­pa anche la corona, per aggiungerla, ambi­to trofeo, ai suoi cimeli di vittorie.

Trieste, senza industrie, nè commerci, po­co popolata, sfornita di capitali e "di attrez­zatura, sia portuaria che stradale, seppe ap­profittare delPindebolimento politico ed e- conomico della Serenissima e, costruendo strade, migliorando il codice mercantile, au­mentando la flotta, soppiantare la decaden­te Repubblica nella sua funzione di inter­mediaria fra l ’Oriente e l ’Occidente, assu­mendone il traffico col Levante, fonte di vitale grandezza.

Le condizioni di Venezia rispetto a Trie­ste peggiorarono naturalmente quando il Veneto, dal Trattato di Campoformio (1797) al 1866, appartenne, con alterne v i­cende, all’Austria, la quale, prevedendo che prima o poi Venezia sarebbe tornata in do­minio della Nazione cui doveva appartene­re, dedicò a quel porto poche cure e solo for­mali.

Mentre Trieste e Fiume furono eretti a porti franchi il 18 Marzo 17 19 , per Vene­zia Francesco I firmò il Decreto con cui si attuava la franchigia (durata poi, salvo la interruzione 1849 ^ 51, fino al 1873), con vigore dal i° Febbraio 1830; nel 18 3 1 si fondarono a Trieste le Assicurazioni Gene­rali, vera base della fortuna economica del­l’emporio; finalmente, due anni prima che sorgesse la Riunione Adriatica di Sicurtà,

ecco presentarsi in campo la meravigliosa arma di espansione austriaca : il Lloyd (1836). Contemporaneamente aH'affermarsi di potenti nuclei di marineria, sorsero le pri­me ferrovie che unirono Trieste a Lubiana e a Vienna.

Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez restituì all’Adriatico la sua naturale fun­zione di bacino di smistamento dei traffici fra l’Oriente e l’Europa centrale, impedendo così che altre linee internazionali, attraver­so i porti del Nord e lungo il Danubio pas­sassero in prima linea, davanti al nostro ba­cino. Immediatamente il traffico dell’Adria­tico tornò a pulsare con ritmo accelerato. Ma i porti adriatici, e Venezia in special modo, non essendo preparati al riattivarsi in grande scala del traffico marittimo, si ridussero ad avere un’influenza poco più che locale — ad ogni modo alquanto limita­ta — , con parziale vantaggio dei porti ger­manici e inglesi.

La causa della impreparazione degli em­pori adriatici va ricercata principalmente nelle variazioni del momento storico e del fattore antropogeografico. Le correnti po­litiche del moderno nazionalismo europeo intensificarono i traffici e gli scambi interna­zionali, dando vita a sistemi economici sem­pre più complessi; mentre si cercava di ri­durre i costi, si aumentò la potenza, la qua­lità e la sicurezza delle comunicazioni; si elevarono barriere doganali, mentre d’altro lato si cercava di eliminarne gli effetti con sistemi fiscali ed economici speciali, come la tendenza al monopolio, la clausola della nazione più favorita, gli scambi bilanciati, ecc.

Nel frattempo anche il fattore antropo­geografico mutò il campo nel quale si svol­

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gevano i commerci. Il vecchio attrezza­mento marittimo-commerciale non era più sufficiente all’economia delle nuove corren­ti di traffico; per applicare le recenti inven­zioni alla struttura economica nazionale, occorrevano non solo ricchezze ingenti, ma anche una visione ampia e organica del mo­mento, con un programma chiaro ed armo­nico, le cui basi risiedessero su di una salda unità nazionale e una potente riserva finan­ziaria da parte dello Stato. Pertanto le N a­zioni europee fecero a gara a diminuire le esigenze tariffarie, fiscali e tributarie in ge­nere, a costruire ed arredare porti, col per­fezionare i sistemi lavorativi, col rendere i fondali proporzionati ai nuovi scali, aumen­tando l’area delle banchine e corredandole di mezzi rapidi di carico e scarico delle merci.

L ’alterazione più profonda prodotta dai moderni sistemi di comunicazione fu quella relativa all’area di gravitazione economica dei vari centri marittimi. I porti del Nord, collegati al retroterra da pianeggianti fer­rovie e da poco costose linee fluviali, hanno la preferenza in confronto ai porti adriatici, più vicini e in passato anche più convenien­ti, i cui servizi non sono adatti alle nuove esigenze commerciali. In secondo luogo, si rende sempre più indispensabile allo svilup­po dei commerci una salda base industriale e, negli ultimi tempi, l’assistenza di un or­ganismo finanziario poderoso, che comune­mente è lo Stato.

Questa intromissione dello Stato nel fe­nomeno economico, tipica dell’attuale mo­mento storico, non significa affatto che l’or­ganismo politico possa invertire i principii economici e contrastare alla forza logica del­le cose: la migliore riprova si ha nel fal­

limento della artificiosa politica di privile­gi e di monopoli, che per parecchi decenni ha dato potenza rigogliosa a empori locali durante la decadenza di Venezia. Vero è che le coste soggette all’Austria erano sotto taluni aspetti in migliori condizioni di quel­le italiane; ma la abbondanza di approdi e la presenza di elementi ricchi ed attivi non sarebbero state sufficienti, senza la volontà tenace di un organismo formidabile, bra­moso di avere il predominio dell’Adriatico. Allora si iniziò quel tentativo antistorico di slavizzazione del nostro mare, che fu causa non ultima deH’intervento italiano nel Maggio del ’ 15 .

Agli effetti del problema dell’Adriatico, la grande guerra non è altro che il crollo violento degli artifici coi quali gli Imperi centrali volevano imporre un instabile e- quilibrio economico; con un processo im­provviso, logico, anche se si è manifestato attraverso la distruzione di innumeri vite, l ’Italia ha riavuta la sua naturale suprema­zia.

Durante il conflitto, i traffici marittimi

furono completamente sospesi ed ogni atti­vità commerciale paralizzata. Di tale stato di cose i porti adriatici risentirono le conse­guenze in modo assai più grave di tutti gli altri. Spentasi la conflagrazione, il traffico marittimo dell’Adriatico si trovò ostacolato, oltre che dalla crisi politica interna, dalle particolari condizioni dei Paesi dai quali

doveva trarre vita; i Balcani, la Turchia, la Russia, i Paesi dell’estremo Oriente erano tormentati da guerre, perturbazioni sociali e rivoluzioni economiche. Contemporanea­mente, le condizioni economico-finanziarie dell'antico retroterra, particolarmente per

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T R A F F IC O M A R IT T IM O T O T A L E

Trieste, non permettevano il riallacciarsi di relazioni commerciali, per le quali gli scam­bi erano impediti dalla instabilità e dal rin- vilimento progressivo della moneta. Solo cosi ci possiamo spiegare il lento riprendere del movimento commerciale adriatico nel dopoguerra.

Facendosi appunto forti di questa indo­lenza dei nostri empori a riassumere la lo­ro funzione di primo piano, alcuni scrittori ed uomini politici stranieri hanno preteso sostenere che la moderna economia dei tra­sporti non sopporta la coesistenza in uno stesso mare di più porti della stessa Nazio­ne; quasi che non si possa attribuire a cia­scuno di essi una speciale funzione, deter­minata dalla natura del retroterra e dalle vie di comunicazione che ad esso fanno ca­po. Quindi la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa; infatti, nel nostro caso, Venezia, Trieste e Fiume possono pro­

sperare tranquillamente, lavorando ciascuna per quella zona di cui è lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre em­pori da parte di una unica Potenza non so­lo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbarei naturali rapporti internazionali, è anzi un bene; perchè il potere centrale, specie se for­te e non turbato nelle sue decisioni da in- trammittenze di speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singo­le funzioni ; il che non si poteva certo fare quando soltanto Venezia apparteneva alla Italia, debole rispetto a un’Austria-Unghe- ria, che con ostinati sacrifici voleva il pre­dominio incontrastato dei suoi porti.

Trieste e Fiume, sbocchi di retroterra ap­partenenti a diverse Nazioni, hanno neces­sariamente risentito le conseguenze econo­miche della guerra e della crisi postbellica più di qualunque altro porto italiano. Il

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frazionamento dell’impero absburgico nei vari Stati ha prodotto un eccezionale scon­volgimento di confini, accompagnato da un improvviso nuovo orientamento delle cor­renti della politica economica. Tale feno­meno, la crisi monetaria conseguente e le condizioni particolari dei mercati orientali hanno contribuito fortemente a rendere più difficile il risorgere dei traffici triestini e fiumani.

Si noti la tendenza al riassestamento del­l’equilibrio economico, col riattivamento della produzione e degli scambi; nel caso di Trieste, il grave squilibrio fra esporta­zione ed importazione marittima verifi­catosi nel 19 19 non è più avvenuto; questo dimostra che Trieste ha riassunta la sua funzione di collegamento fra l’O- riente e l’Europa centrale, come nell’an- teguerra. Non che si sia raggiunta la in­tensità di traffico di allora, ma il movi­mento marittimo totale medio del decennio I925 ' 34 costituisce l’82,o8 % di quello del quinquennio i909-’ i 3 : percentuale per ve­ro rilevante, se si tien conto delle diverse condizioni economiche del territorio retro­stante e della depressione generale iniziata­si nel 1929.

La situazione economica dei tre porti ita­liani deU’Alto Adriatico sarà da noi analiz­zata in seguito, ma possiamo subito trarre una conclusione da quanto abbiamo fin qui esposto.

La ripresa del movimento commerciale con tutti i Paesi del retroterra conferma che il porto di Trieste va riacquistando la sua intensità ed importanza d’anteguerra e che la nuova barriera politico-doganale che lo separa dal suo retroterra economico non ne diminuisce, nè cambia affatto la funzione;

anzi, possiamo già preventivamente affer­mare che una vigile e lungimirante politica economica italiana potrà, nella ripartizione del traffico europeo, determinare a Trieste, in collaborazione con Venezia e Fiume, u- na influenza superiore a quella che poteva darle, con i suoi artifici contrastanti coi sani principi geopolitici, il sistema economico dell’Austria-Ungheria. Quindi, la « nociva concorrenza » fra i porti dell’Adriatico si cambierà in nobile emulazione, a tutto be­neficio della Nazione.

4. Esaminiamo ora un’altra questione, forse più complessa e intricata di quella triestina: il problema di Fiume, con parti­colare riguardo alla coesistenza di Trieste e alla concorrenza di Susak.

In conseguenza dell’artificiosa e forzata politica adriatica dell’Austria, alla quale si è già avuto occasione di accennare, il porto di Fiume completò l ’opera di concorrenza ai porti italiani, in attesa di essere restituita all’Italia. Il Patto di Londra contiene le ba­si della ricompensa per l ’intervento italiano in guerra; quello che accadde fino all’annes­sione di Fiume all’Italia con l’Accordo di Roma del 27 Gennaio 1924 è noto ai più.

Gli Articoli 4, 5 e 6 del Patto di Londra dimostrano, con chiarezza maggiore degli altri, che le rivendicazioni italiane si ispira­vano a criteri di grandezza romana e ve­neta:

Ari. 4. — « Nel Trattato di pace, l’Ita- « lia avrà il Trentino, il Tirolo cisalpino « con la sua frontiera geografica e naturale « (la frontiera del Brennero); Trieste, le « Contee di Gradisca e Gorizia, tutta l’Istria « fino al Quarnaro compresavi Volosca e le « isole istriane di Cherso, Lussino, come an-

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« che le piccole isole di Plavnik, Unia, Ca­li nidole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi,« Asinelio, Gruica e i vicini isolotti.

« Nota. — La frontiera sarà tracciata...« fino a Idria. Da questo punto seguirà in « direzione di sud-est verso lo Schneeberg « (Nevoso) lasciando fuori del territorio ita­ci liano tutto il bacino della Sava e dei suoi <» affluenti; dallo Schneeberg la frontiera « scenderà verso la costa in modo da inclu- « dere Castua, Mattuglie, Volosca nel terri- « torio italiano.

Art. 5. — « L ’ Italia avrà anche la pro- « vincia di Dalmazia nei suoi confini am- « ministrativi attuali.

« Nota. — Sarà dato alla Croazia nell’Al- « to Adriatico tutta la costa, dalla baia di « Volosca, sul confine istriano, fino alla « frontiera settentrionale della Dalmazia « comprendente il litorale attualmente un­ii gherese e tutta la costa della Croazia, il « porto di Fiume...

Art. 6. — « L ’Italia avrà la completa so- < vranità tra Vallona, l’isola di Saseno e « su un territorio circostante... ».

Naturalmente si supponeva che, a guer­ra vinta, si potessero ottenere tali compensi; ma, purtroppo, quando il conflitto mondia­le stava per cedere il posto alla pace, un nuovo fattore di discordie si aggiunse; l ’abi­tudine alle Conferenze, suscitate e mante­nute da parassiti voraci, desiderosi di difen­dere gli altrui eroismi per sfruttare a pro­prio indegno vantaggio la situazione dolo­rosa. Astro del momento fu il teorico poli­tico Wilson.

Già dal 18 Ottobre 19 19 , il deputato fiu­mano Ossoinak richiedeva apertamente per la sua città, italiana nel passato, italiana nel presente, il diritto di autodecisione. Finita

la guerra, i Trattati del Trianon e di San Germano, dimentichi dei Patti prebellici, restituirono all’Adriatico press’a poco la con­figurazione che aveva prima della guerra. Fiume fu abbandonata alla mercè di due v i­cini in contrasto; poco dopo, gli Alleati, spinti dal contegno della cittadinanza fiu­mana, che ardeva di passione nazionale, co­minciarono a formulare i vari progetti: Wilson, Tardieu, Gay (ispirato dall’Ossoi- nak), Richard (di ispirazione fiumana) e in­fine quello George; tutti falliti.

A ll’opera internazionale si intrecciarono gli eventi, che, per quanto cari al nostro cuore di italiani, non possiamo qui consi­derare minutamente; certo, l ’eroismo dei Fiumani e l ’intervento pronto dei Legio­nari d’Annunziani influirono enormemente sulle decisioni prese in seguito. La soluzione della questione fu affidata alle due parti contendenti, fuori dell'ambito di discussio­ne in sede di Conferenza internazionale. Durante i ministeri Giolitti e Sforza si ten­nero le Conferenze di San Remo e di Pai- lanza, che terminarono nell’Accordo sui generis di Rapallo, il 12 Novembre 1920; Fiume divenne Stato indipendente, l’ Italia ebbe la Venezia Giulia fino al Monte N e­voso con le isole del Quamero, Cherso e Lussin, ma rinunziò alla Dalmazia e alle sue isole, meno Zara e Lagosta. Il malcon­tento dei Fiumani per questa soluzione si risolse con l’annessione di Fiume all’Italia, il 27 Gennaio 1924.

Fu poi indetta una Conferenza italo- jugoslava, che, dopo varie vicende, terminò con l ’Accordo di Nettuno, firmato il 20 Lu­glio 1925 ad Anzio; per tale Accordo si è resa possibile l’assistenza alle minoranze i- taliane sulla costa dalmata. Inoltre al Regno

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S. C. S. è garantito libero sfogo nel porto bene attrezzato di Fiume, non soltanto per i suoi prodotti, ma per tutto il suo traffico di transito e coi vantaggi del regime per i punti franchi. Sono state eliminate ragioni di dannose reciproche concorrenze fra i por­ti di Fiume e di Susak, senza pregiudicare per questo l'opera dei due Governi, intesa a sviluppare i traffici del proprio Paese. Si è decisa l ’istituzione dei Magazzini Generali nel Bacino Thaon di Revel, con l’obbligo di emissione di warrants.

Naturalmente al susseguirsi degli eventi politici corrispose una diversità di indirizzi economici destinati al porto di Fiume. Co­sì, col Patto di Londra, Fiume con tutto lo immediato retroterra veniva assegnata alla Croazia; quindi il porto doveva assoluta- mente competere ai Croati, con ampia liber­tà di traffico anche e soprattutto a danno di Trieste. In tal modo restava la concorrenza fra i porti nord-adriatici, minaccia continua alla nostra sovranità economica, anche se, col possesso della Dalmazia e dell’Albania,lo sbocco fiumano godeva di una autonomia molto relativa.

Nei vari progetti presentati alla Confe­renza della Pace si ebbero in poco conto gli obbiettivi economici. Il progetto Gay-Ossoi- nak, unico, mirò chiaramente ad evitare la temuta scissione dell’organismo portuario, per la questione del Delta e del Piazzale del­la Braidizza; eliminato questo, cadde subito dopo anche il progetto Richard, che risol­veva la questione economica con l’erezione di tutto l ’impianto a porto franco.

Il Trattato di Rapallo, che non eccelle per la sua limpidità, permise lo spezzamento del­l’unità portuaria, essendo stati assegnati al Regno S.C.S. il Delta e Porto Barros. Non

ostante vari tentativi, fra i quali notevole quello del Senatore Quartieri per rivedere i confini orientali, si giunse al Trattato di Ro­ma, che riconobbe la sovranità jugoslava sul Delta e Porto Barros, e concesse al Re­gno S. C. S. in affittanza il bacino Thaon di Revel nel Porto di Fiume. Si stabiliro­no inoltre accordi per il funzionamento del porto e della ferrovia, istituendo, per le que­stioni di dettaglio, apposite commissioni, che portarono all’Accordo di Nettuno, di cui abbiamo fatto menzione poc’anzi.

Sarebbe superfluo dire che tutti i sunno­minati progetti riguardanti l ’organizzazio­ne economica interna di Fiume avevano co­me presupposto e scopo unico la possibilità di traffici col retroterra. Certo, finche si par­lò di Stato libero, l ’unico sistema per dar vita all’organismo macrocefalo era il regime di porto franco (progetto Richard), perfezio­nato con l’istituzione del consorzio portua­rio. In seguito si sarebbe voluto dar vita ad un sistema di «resistenza», facendo di Fiu­me un porto industriale col dare impulso alle industrie esistenti e creandone delle nuove. Ma Fiume aveva, come ancora ha, carattere anche e soprattutto commerciale. Vero è che circa un terzo della popolazione totale anteguerra era addetto alle industrie; ma il particolare momento economico di ri­lassamento generale non permetteva Uno sviluppo industriale così enorme da sostitui­re la attività commerciale. Quindi anche tale nuovo indirizzo fu presto lasciato e si tornò a considerare Fiume come porto di grande transito. Sorse allora lo spinoso pro­blema della concorrenza: Fiume è una mi­naccia per Trieste, così come questa lo è per Venezia.

Si è già notato come, prima della guerra,

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esistesse effettivamente una concorrenza fra i porti italiani e austro-ungarici, e come la politica austriaca abbia cercato di accentua­re il dualismo Trieste-Fiume. Ma oggi che questi porti sono riuniti sotto la stessa ban­diera per proseguire, in modo organico e coordinato, la loro azione contro l’ invaden­za dei porti del Nord, dobbiamo conside­rare assolutamente cessata ogni ragione di concorrenza più o meno forzata fra di essi. Fiume permane lo sbocco naturale dei traf­fici provenienti o destinati all Ungheria, an­che se la politica jugoslava tenta di sosti­

tuire al nostro emporio i suoi porti centro­settentrionali: Spalato, Sebenico e, in par- ticolar modo, Susak.

Pur riserbandoci di studiare nella par­te seguente i problemi speciali relativi a tale questione, possiamo brevemente accennare ai caratteri generali che in-

T R A F F IC O M A R IT T IM O DI IMPORT A Z IO N E

dividuano la funzione dei due porti di Fiu­me e Susak. A favore del porto italiano sta la maggiore disponibilità di linee regolari di navigazione e il possesso di impianti por­tuali capaci e modernamente attrezzati, che

assicurano una rapida manipolazione e buo­na custodia delle merci. Susak, invece, ha maggiore disponibilità di spazi per il depo­sito dei legnami, tariffa preferenziale fer­roviaria e minor costo della mano d’opera.

L ’esistenza di tali fattori sembra segna­re la via ad una specializzazione dei due porti: a Fiume le merci ricche e bisognevo­li di cure e deposito in spazi coperti; a Su­sak le merci di massa che non hanno tali esigenze. Dato però che le prime, per la struttura economica del retroterra fiumano,

non bastano da sole ad alimentare un por­to della capacità di quello di Fiume, questo non può disinteressarsi delle altre merci. I­

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noltre bisogna tener presente che le defi­cienze di Susak possono, in tempo brave, essere eliminate. Epperò ai dirigenti respon­sabili delPavvenire economico di Fiume in­combe l’obbligo di vigilare e di provvedere tempestivamente, affinchè sia difesa, man­tenuta e anche aumentata l'efficienza del porto. Soprattutto, data la nuova attrez­zatura dei porti dalmati, dobbiamo impedi­re che i traffici destinati naturalmente ai nostri porti, attratti da benefici di monopoli e da tariffe preferenziali, prendano altra via, con grave danno del nostro commercio ma­rittimo.

5. Torna quindi a proposito ricordare l’o­pera recentemente svolta dal Governo fasci­sta a favore dei porti di Trieste e di Fiume.

11 Capo del Governo italiano aveva negli ultimi anni fissate le direttive per la rico­struzione danubiana, precisandole successi­vamente a Stresa, e determinandole nel Set­tembre 1933 nel suo memorandum. Ap­punto da tali direttive e da tale piano da­nubiano sono scaturiti i Protocolli di Ro­ma del 17 Marzo 1934, che hanno segnato un passo deciso verso il riassestamento eco­nomico internazionale.

11 primo Protocollo firmato a Roma dalle tre Potenze è essenzialmente politico; i tre firmatari si impegnano a consultarsi su tutti i problemi che li riguardano, allo scopo di svolgere una politica concorde, secondo i piani prestabiliti. Gli altri due Protocolli hanno contenuto strettamente economico: mentre il secondo riguarda tutti e tre i Pae­si, il terzo è limitato all’Italia ed all’Au­stria e si riconnette ai precedenti per le questioni particolari.

Tali Protocolli stabiliscono: a) l ’allarga­

mento delle convenzioni commerciali esi­stenti tra l’Italia e l’Austria, l’ Italia e l ’Un­gheria, allo scopo di facilitare le esporta­zioni reciproche, sviluppando il carattere complementare delle rispettive economie na­zionali; b) la concessione di dazi preferen­ziali a prodotti industriali austriaci e la con­clusione di intese fra le industrie austriache e quelle italiane; c) l ’adozione dei provve­dimenti necessari per superare le difficoltà derivanti all’Ungheria dal ribasso dei prez­zi del grano; d) lo sviluppo del traffico di transito attraverso i porti adriatici (Proto­collo II, Art. 3 : « I tre Governi si obbli­gano a facilitare ed a sviluppare quanto più possibile il movimento di transito nei porti dell’Adriatico. A questo scopo saranno con­clusi quanto prima possibile accordi bilate­rali »).

Grazie alla attivissima azione svolta dal­le amministrazioni competenti, vennero fir­mati il 14 Maggio Accordi separati, che danno rapida applicazione ai Protocolli del 17 Marzo.

L ’Accordo italo-austriaco contiene: a) la concessione a favore dell’Austria di dirit­ti preferenziali per un numero considere­vole di prodotti industriali; b) la concessio­ne a favore dell’Italia, sotto il regime della clausola della Nazione più favorita, di al­cune facilitazioni di carattere doganale per un certo numero di prodotti, la maggior parte dei quali è di tipica produzione italia­na. L ’Accordo italo-ungherese contiene: a) l’impegno da parte dell’Italia di acquistare per mezzo della Società «Safni» da una or­ganizzazione ungherese un milione ed even­tualmente due milioni di q.li di grano, ad un prezzo che permetta all’Ungheria una conveniente valorizzazione del suo prodot­

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to; b) l'impegno dell’Ungheria di prendere in particolare considerazione le domande dell’ Italia per facilitazioni doganali sogget­te al regime della clausola della Nazione più favorita, come pure per l’attuazione del regime delle restrizioni alle importazioni.

Tra l’ Italia e l ’Austria, l ’Italia e l’Unghe­ria e l ’Austria e l’Ungheria sono interve­nute intese per apportare miglioramenti a- gli Accordi bilaterali esistenti sulle impor­tazioni, conosciuti comunemente col nome di « Accordi del Semmering ». E ’ stata i- noltre firmata una Convenzione italo-au- striaca per lo sviluppo del traffico italo-au- striaco attraverso il porto di Trieste, ed è

stata parafata una Convenzione italo-un- gherese per lo sviluppo del traffico unghe­rese in transito per il porto di Fiume.

La visita a Trieste del Signor Stock- inger, Ministro federale austriaco del com­mercio, segnò la fase conclusiva delle trat­tative italo-austriache, con l’attuazione dell’Accordo portuale. Il 20 Giugno giunge­va a Trieste la Delegazione austriaca pel­

le prime prese di contatto ufficiali con gli esponenti dell’economia triestina. Lo sco­po di tale visita era di sanzionare ufficial­mente la convenzione di Roma e di elabo­rare le clausole in sede tecnica. In questo senso il lavoro portato a termine è stato co­spicuo: nei due giorni di permanenza a Trieste la Delegazione ebbe modo di esa­minare gli elementi fondamentali delPeco- nomia triestina e di accertarne l’efficacia non solo nel quadro dell’economia naziona­le, ma in quello delle possibilità per una ri­presa dei traffici austriaci anche verso i mer­cati dell’estero più lontani.

Due anni dopo la firma di tali Protocolli,

il Capo del Governo italiano, il Cancelliere federale d’Austria e il Presidente del Con­siglio d’Ungheria si sono riuniti in Roma il23 Marzo 1936, per firmare tre Protocolli addizionali ai Protocolli di Roma del 17 Marzo 1934- Nei Protocolli I e III si riaf­ferma la concezione politica italiana, per evitare ogni e qualsiasi complicazione im ­prevedibile nel bacino danubiano: i tre Paesi decidono di costituirsi in gruppo e di creare a questo scopo un organo competente di consultazione reciproca, composto dai Mi­nistri per gli Affari Esteri dei tre Stati fir­matari. Importanza specifica, dal punto di vista economico, ha il Protocollo II, in cui è detto che, sebbene i tre Governi siano completamente d’accordo sull’utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con altri Stati danubiani, essi riconoscono che per ora una tale intensificazione non po­trebbe effettuarsi che con accordi bilaterali.

Ma, per la loro natura, i tre Protocolli de­vono considerarsi un tutto unico: il testo politico è la premessa necessaria degli ac­cordi economici e questi danno sostanza a quelli.

Ad ogni modo è lecito attendersi che, man mano che il volume dei traffici aumen­terà in grazia delle ricordate concessioni e in vista della ripresa generale e di quella speci­fica dell’economia austriaca, il vantaggio dell’economia triestina vada accrescendosi in proporzione. Questa aspettativa è con­fortata dal fatto che le cifre relative al traf­fico totale attraverso il porto di Trieste hanno segnato nel 1934 un aumento di 605.087 tonnellate rispetto al 1933. T a­le aumento ci autorizza quindi a spe­rare anche che, quanto prima, gli uo­mini d’affari triestini possano trasfor­

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T R A F F IC O M A R IT T IM O DI E S P O R T A Z IO N E

mare la loro attività, che ora si limita alle operazioni portuali e di spedizione, in par- tecipazione proficua all’economia nazionale, prendendo parte viva nel movimento com­merciale, come acquirenti e rivenditori del­le merci. Chè se questo si verificherà, allo­ra sarà veramente opportuno prendere se­riamente in esame il progetto per l’ istituzio­

ne a Trieste di una «Fiera Danubiana», a simiglianza della Fiera del Levante di Bari.

6. Al suaccennato pericolo di deviamento dei traffici destinati naturalmente ai nostri porti ci fa pensare la politica portuaria e ferroviaria jugoslava, sulla quale dovremo intrattenerci diffusamente a suo luogo. Per

ora ci limitiamo a far presente che il Re­gno S. C. S., maneggiando con destrezza le tariffe ferroviarie, è riuscito, in parte, a

deviare artificialmente il traffico dalle sue vie naturali.

La concorrenza straniera si esplica anche nella tendenza a monopolizzare i traffici a favore di determinate bandiere: vediamo infatti che la nostra marina mercantile è, oggi più che mai, premuta da tale concor­renza delle bandiere estere, specialmente

nordiche. La nostra marina mercantile, sot­to la spinta delle larghe previdenze del Go­verno, sta investendo ingenti capitali nelle

costruzioni per rendere il suo naviglio a- datto alle odierne necessità del traffico ma­rittimo. Perciò ogni atto che venga ad ac­crescere l’ intensità delle forze perturbatri­ci già in azione deve essere considerato con vigile ed ansiosa attenzione.

La marina mercantile jugoslava non è an­cora per la nostra marina un concorrente

di eccezionale importanza, ma tutti gli sfor­

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zi del Governo jugoslavo tendono a ren­derla almeno un concorrente di notevole portata. Epperò bisogna tener conto di que­sta forza, che si aggiunge al gioco delle competizioni commerciali, non tanto per il valore attuale, quanto per la efficienza che ora possiede potenzialmente e che in un gi­ro di tempo più o meno breve può mettere in opera. Tuttavia non dobbiamo dimenti­care che, oltre alla marina jugoslava, altri competitori, benché di minore importanza, contendono all’Italia il predominio assolu­to nel campo commerciale adriatico: in par­ticolare la marina greca.

La Grecia, dato il suo sviluppo costiero, possiede numerosi porti: il Pireo, emporio di transito e di approvvigionamento di A- tene, Salonicco, sbocco della Macedonia e della Serbia meridionale. Patrasso, Cavalla, Volo, porto della Tessaglia, Corfù e Can- dia. Ultimamente il Governo greco ha ri­volto grande cura per aumentare l ’efficien­za del Pireo, come porto di transito, ed è riuscito a renderlo adatto alle nuove esi­genze ed ai nuovi desideri. Ora, dato lo sviluppo naturalmente felice di numerosi porti in Grecia, se si tiene conto dell'ecce­zionale carattere dei marinai greci che of­frono il loro lavoro anche dietro minimo compenso, per la particolare capacità di a - dattamento e di sacrifìcio, facilmente si comprende come la marina mercantile el­lenica si trovi disseminata un po’ in tutti i porti mediterranei, e come, data la estre­ma vicinanza, tale marina svolga una at­tività di penetrazione non trascurabile in tutti i porti dell’Adriatico.

Riteniamo opportuno fornire i dati rela­tivi alle marine mercantili italiana, jugosla­va e greca, particolarmente interessate nel

problema adriatico. Ecco la situazione della marina mercantile italiana:

Tonnellaggio di stazza netta delle navi della M arina M ercantile Italiana

Anno (al 31 D icem bre) a vela a propulsione

meccanica

Media 1881-1890 750.000 150.000„ 1891-1900 570.000 280.000

1901 575.207 424.711’ 02 570.403 448.404’ 03 584.223 460.535’ 04 570.355 462.259’ 05 541.171 484.432’ 06 503.260 497.537’ 07 468.674 526.586’ 08 453.324 566.738’ 09 439.941 631.252’ 10 432.690 674.4971911 410.991 696.994’ 12 374.835 762.274’ 13 355.963 876.885’ 14 348.959 933.156’ 15 332.262 934.396’ 16 261.769 1.035.702’ 17 281.498 895.668’ 18 — 698.933’ 19 — 631.822’ 20 — 835.0301921 — 1.075.200’ 22 — 1.508.708’ 23 — 1.635.950’ 24 191.182 1.588.589’ 25 168.255 1.763.944’ 26 154.809 1.877.366, 27 151.793 1.946.209’ 28 143.952 2.009.690’ 29 135.383 1.918.073’ 30 127.583 1.990.3661931 120.741 2.043.273’ 32 119.837 2.050.743’ 33 115.820 1.867.442’ 34 112.249 1.775.776

Per la valutazione dei dati surriportati dobbiamo ricordare che: a) noi ci basiamo sui dati forniti dalla Direzione Gen. della Marina Mercantile all'istituto Centrale di Statistica del Regno d’ Italia; b) dall’anno 1924 in poi le notizie si riferiscono al Re­gno entro gli attuali confini; c) dal 19 15 al 19 18 non furono computati i piroscafi di

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stazza netta inferiore a 250 tonnellate; dal 19 18 al 1923 non furono computati i piro­scafi di stazza netta inferiore a 50 tonnel­late; d) il tonnellaggio di stazza netta era determinato fino al 1905 col sistema Moor- som; con Legge 21 Dicembre 1905, n. 59° ’ fu adottato il metodo inglese stabilito dal « Merchant Shipping Act ».

La prima cosa che si rileva è il netto pro­filarsi di due movimenti: l’uno fortemen­te ascensionale per il tonnellaggio delle na­vi a vapore, l’altro discendente per le navi a vela. Ora sarà bene vedere in che pro­porzione, rispetto al totale nazionale, il na­viglio mercantile si trovi inscritto nei 13 compartimenti adriatici. Riportiamo i dati pubblicati per l’ultimo decennio:

Tonnellaggio di stazza netta delle navi italiane Inscritte nel com partim enti adriatici

Anno (al 31

Dicembre)

a vela a propulsione meccanica

semplici con motore ausiliario piroscafi motonavi

1924 31.638 549.414’ 25 30.470 568.303’ 26 28.942 609.048’ 27 28.183 627.224’ 28 25.461 649.194’ 29 18.170 7.639 487.480 140.719’ 30 16.968 9.359 471.307 159.2131931 15.245 10.612 461.438 179.735’ 32 14.070 10.421 443.244 151.405’ 33 12.575 11.787 407.421 158.314

Come si vede confrontando questa ta­bella con la precedente, il naviglio dei com­partimenti adriatici è in media la terza par­te del totale nazionale; solo nel 32-*33 si nota una contrazione sensibile nel tonnel­laggio delle motonavi e dei piroscafi, veri­ficatasi per Trieste e per Venezia, con una diminuzione media di 15-16.000 tonnel­late all’anno. Troppo lungo sarebbe qui se­guire la politica marittimo-armamentaria

italiana, analizzando gli effetti che i prov­vedimenti a fine nazionale hanno determi' nato sul nostro naviglio adriatico. Ricorde­remo quindi solo alcune basi del program­ma di perfezionamento italiano (1).

Anzitutto il Governo nazionale ha im­posto una logica disciplina ai servizi marit­timi, contribuendo a stabilire regolarmen­te quelle comunicazioni riconosciute indi­spensabili, come naturale prolungamento delle linee ferroviarie, e provvedendo af­finchè l’espletamento di tali servizi sia ef­fettuato da navi di speciali caratteristiche, ma con tariffe ragionevoli. A tali fini non può naturalmente servire la marina libera, che si basa su principi di tornaconto im­mediato; quindi lo Stato interviene diret­tamente con aiuti finanziari, riservandosi un controllo sull’esercizio.

La rete di tali linee indispensabili è sta­ta stabilita definitivamente nel 1926; in ba­se ad attento studio dei mercati più propizi alla nostra penetrazione commerciale, si è creato un sistema organico di linee utili, che, in uscita da Trieste, toccando gli altri scali nazionali, s’irradia nel mondo: con maggiore frequenza si verifica l’uscita dal Canale di Otranto verso il Levante e il Mar Nero, e, con frequenza progressivamente minore, verso il Mediterraneo occidentale, verso l’estremo Oriente e verso le Americhe.

Non è possibile vedere ora quale quota di partecipazione sulla cifra destinata alle sovvenzioni venga distribuita per i servizi adriatici. Notiamo solo che, mentre prima della sistemazione del ’26 i servizi sovven­zionati, sottoposti nel periodo postbellico al

(i) V ed i amplias : l'ed itoria le di COSTANZO C ia n o sul

Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X e quello di L U IG I

L o JACONO sul Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X II.

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cosiddetto esercizio in compartecipazione che le Società effettuavano per conto dello Stato, importavano all’Erario una spesa di 3 1 7 milioni di Lire circa, e, ad esempio, nel 1922 la percorrenza totale era di miglia 4 milioni 398.623, effettuata da 162 navi, per tonnellate lorde 390.901, e con età me­dia di 22 anni e 3 mesi, attualmente la flotta sovvenzionata, composta in tutto di 224 navi, di età media di 14 anni e 1 me­se, con stazza lorda di 774 .915 tonn., per­corre un migliatico annuo di 7 .14 2 .14 4 mi­glia e costa allo Stato solo 263 milioni di Lire.

L ’efficienza dei servizi aumenterà certa­mente in seguito alla attuazione di quel processo dt razionalizzazione che ha rag­gruppato quasi tutta la flotta adriatica sov­venzionata nei due potenti organismi: il Lloyd Triestino e la Adriatica. Tale pro­cesso è suscettibile di ulteriore sviluppo nei riguardi delle linee minori.

Poiché il movimento passeggeri, specie quello transoceanico, è svolto nella quasi totalità dai porti del Tirreno, evidentemen­te le cure più attente nei riguardi della ma­rina adriatica si sono dirette a dare impul­so al traffico mercantile.

Pertanto il Governo nazionale, median­te la vigilanza affidata ad un apposito or­gano parastatale, « Il Registro Italiano », e mediante le disposizioni del Regolamento di sicurezza, aderente alle norme delle Con­venzioni di Londra del ’29 e ’30, ha mirato particolarmente a migliorare l ’efficienza dal punto di vista tecnico. Tale programma è stato fortemente facilitato dall’assistenza dell’ istituto di Credito Navale e, ancor più, dal Decreto del ’26, che ha per fine di sti­molare il progresso tecnico del naviglio, ac­

cordando protezione maggiore alle costru­zioni più perfette. Inoltre è stato istituito un compenso di armamento per navi di velocità superiore ai 14 nodi orari e sono stati at­tuati due provvedimenti rispondenti a esi­genze contingenti, che destinano premi di demolizione e premi di navigazione, in mo­do che gli armatori italiani, oberati da mag­giori oneri in confronto ai concorrenti este­ri, siano in grado di far fronte alle riper­cussioni della attuale depressione economi­ca mondiale.

Possiamo dunque concludere che la mari­na mercantile italiana nell’Adriatico, come tutto il naviglio nazionale, resa tecnicamen­te perfetta dalle benefiche cure del Regi­me, è degna di provvedere alle comunica­zioni marittime con efficienza maggiore che per il passato e con prospettive sempre più floride, relativamente, s’intende, alle con­dizioni economico-commerciali del campo internazionale.

La marina mercantile jugoslava sorse na­turalmente quando la politica commerciale jugoslava si orientò alle rotte adriatiche, co­me avremo occasione di vedere meglio in seguito.

Il primo nucleo della marina mercantile jugoslava risale al Trattato di Versailles (1919) ed al successivo Accordo Bettolini- Trumbic (7 Settembre 1920), che provvide alla ripartizione fra le bandiere italiana e jugoslava di tutta la flotta mercantile ex austro-ungarica (vedi il « Bollettino Uffi­ciale del Provveditorato al Porto di Vene­zia », Marzo 1932). Furono allora assegnate al Regno S.C.S. 114 .388 tonnellate, che au­mentarono lentamente fino al ’25 (176.382 tonnellate); dopo quell’anno il progresso di­

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venta molto più rapido (224.719 tonn. nel ’26; 254.247 nel ’27; 315.500 nel ’29).

Dal « Lloyd’s Register of Shipping » (ed. ’34-’35) si rileva che al i ” Luglio 1934 la marina jugoslava era costituita da 357 migliaia di tonnellate lorde (0,54 °/0 del na­viglio mondiale), così ripartite: 355.000 tonn. di piroscafi (0,66 %); 2.000 tonn. di motonavi (0,02 %) e poco più di 200 tonn. di velieri. Tale rapido aumento è in gran parte da attribuire alla assistenza che il Go­verno ha dato alla marina e che, caratte­rizzata in un primo tempo dalle sovven­zioni, è notevolmente aumentata a datare dall’anno finanziario 1924^25, come dimo­stra chiaramente il seguente prospetto:

Annofinanziario

N.dellelinee

Sovvenzioni cor­risposte dall’Era-

rio in DinariM iglittico

Dinariper

miglia

1922-’23 48 13.700.000 756.954 11,771923-’24 51 11.250.000 674.892 16,63l?24-’25 57 39.999.568 979.310 40,801925-’26 62 39.936.173 958.506 41,661926-’27 63 30.271.935 1.007.801 30.031927-’28 58 36.360.000 1.060.350 34,28

Con la Legge di Finanza del ’ 28-’29 il regime fu modificato, cosicché fu prevista — per un decennio — la sovvenzione an­nua di 49 milioni e mezzo di Dinari, ripar­tita nella seguente misura alle diverse So­cietà: alla « Jadranska Plovidba » (58 piro­scafi; 23.436 tonn. lorde; 6 linee regolari) 30 milioni e mezzo di Dinari; alla « Ragu- sea » o « Dubrovacka Parabrodska Plovid­ba » (22 piroscafi; 44.476 tonn. lorde; 10 linee regolari) 11.250.000 Dinari; alla « Bo- ka » (8 piroscafi; 1.0 3 1 tonn. lorde; 9 linee) 7 milioni di Dinari; alla « Hum », 750.000 Dinari.

Le compagnie si sono impegnate a man­

tenere durante il periodo predetto un certo numero di linee regolari ed a far costruire24 navi per complessive 8.800 tonn.

Ma a datare dal 1930 furono pure stipu­late altre due convenzioni decennali: la prima — sovvenzione annua di 6 milioni di Dinari — con la Società « Oceania » per l’esercizio di una linea quindicinale celere Susak-Spalato-porti spagnoli (Barcelona- Valencia-Alicante) e ritorno, inaugurata un paio di anni fa, in seguito al noto Accordo commerciale Spagna-Regno S.C.S.; la secon­da — 8 mil. e mezzo — con il «Jugoslaven- sky Lloyd», per la prima linea regolare col Sud America. L ’ « Oceania » si impegnava a costruire due piroscafi da 3-4.000 tonn. e 14 miglia orarie; il « Jugoslavenski Lloyd », 4 piroscafi da 8 -x 0.000 tonn. e12 miglia di velocità.

Ma l’assistenza non si è limitata alle sov­venzioni, poiché la Legge 3 1 Maggio ’ 29 (Gazzetta Ufficiale n. 142, del 20 Giugno 1929) ha concesso alle aziende armatoriali ed ai cantieri in esercizio — a decorrere dai i° Aprile 1928 e per 12 anni — l’esonero dal pagamento delle imposte dirette sugli utili di esercizio e sugli edifici che servono alla gestione; esonero dalle imposte sul gi­ro di affari; di tutte le addizionali, statalio del Banato o municipali; dei dazi di im­portazione delle navi; dei diritti sui con­tratti di noleggio, su quelli dei mutui ipo­tecari, ecc. Di tali larghissimi esoneri trar­ranno vantaggio anche le aziende armato­riali ed i cantieri costituiti dopo il ’28, sem­pre per 12 anni dal giorno successivo alla registrazione.

Per completare il quadro dell’assisten­za statale, occorre far menzione del proget­to relativo agli aiuti alla costruzione nava­

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le, che estende, in primo luogo, l’esonero fiscale predetto — quanto ai cantieri — si' no al 3 1 Marzo ’950; tale esonero concede ad essi cantieri, senza onere di canone, le zone demaniali marittime necessarie, l ’im­portazione in franchigia dei materiali oc­correnti, nonché un compenso di costru­zione per tonnellata lorda, variabile secon­do il tipo di nave e secondo la maggiore o minore percentuale dei materiali nazionali adoperati. Un elemento di successo dell’ar- mamento jugoslavo è certamente costituito dal basso costo di esercizio derivato dal cam­bio della valuta nazionale, dalle tabelle di armamento, dalla mancanza di oneri sociali e fiscali.

Inoltre si deve notare che la marina in parola non è sfuggita al movimento di con­centrazione caratteristico del dopoguerra; già pochi anni dopo l’armistizio, piccole compagnie di cabotaggio si erano fuse con la « Jadranska Plovidba »; nel ’28 poi si erano fuse la « Atlantska Plovidba » e la « Jugoslavenska Amerikanska Plovidba », costituendo il « Jugoslavenski Lloyd », con una flotta che attualmente conta 26 pirosca­fi, per tonn. lorde 131.000 circa.

Gli ultimi tre anni sono stati poco soddisfacenti per l ’armamento jugoslavo, sul quale si è anche ripercosso il crollo della sterlina.

Anche le società sovvenzionate hanno sofferto non poco; infatti, le eccessive spe­se, fatte specialmente a fini politico-milita- ri, non hanno permesso al bilancio di pa­gare le sovvenzioni. Secondo il « Novo Doba » di Spalato, del 27 Gennaio ’32, la « Jadranska Plovidba », essendo in credito per 30 milioni di Dinari, minacciava di so­spendere i servizi se non pagata.

Comunque, parecchio materiale di se­conda mano e nuovo è stato recentemente acquistato all’estero.

Furono poi costituite tre Compagnie, la cui flotta è formata da un solo piroscafo. Infine fu costituita a Susak la « fadran Bro- darsko », con tre piroscafi di circa 4.000 tonn. lorde l'una, ad opera di armatori in­glesi di Newcastle, dove è rimasta la sede sociale, mentre naturalmente a Susak si è dovuta tenere una direzione sotto un sud­dito jugoslavo amministratore, per poter ottenere il minor costo di esercizio e gli esoneri fiscali, concessi, appunto, con de­creto della Direzione di Finanze di Zaga­bria per il periodo 26 Ottobre 19 31 -2 5 Ottobre 1943.# Ciò apre l’adito ad accennare all'interes­

se britannico negli affari marittimi jugosla­vi, che mira a trarre vantaggio dalla poli­tica di protezione svolta dagli organi am­ministrativi nei riguardi del traffico marit­timo adriatico. Tale interessamento degli istituti finanziari britannici si è verificato anche nella vendita a prezzo di favore da parte della « Royal Mail » al « Jugoslaven­ski Lloyd » di un transatlantico di 17.000 tonn., destinato a compiere crociere, in un primo tempo lungo la costa dalmata e la Grecia, toccando in seguito anche Venezia ed Istambul.

Ma l ’interessamento britannico si è ri­levato anche sotto altra forma: così i can­tieri Carrow hanno acquistato nel '30, per riattrezzarlo modernamente, il cantiere di Kraljevica, che dal ’ 18 praticamente non lavorava più.

Anche la Francia si interessa degli affari adriatici della Jugoslavia; infatti la So- ciété Anonyme des Ateliers et Chantiers

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de la Loire » ha acquistato nel Marzo del ’31 gli impianti ed il bacino galleggiante del cantiere Marjan di Spalato, che è stato riat- trezzato ed ampliato con l’acquisto di un altro cantiere di riparazioni di Spalato: il <, Jug ».

Accanto alla navigazione marittima è da ricordare la navigazione fluviale, che si svol­ge quasi totalmente sul Danubio e quindi non presenta un interesse particolare pel nostro studio.

Ci resta ora da dire qualcosa della ma­rina mercantile ellenica, di cui però non ci dilunghiamo a considerare minutamente lo sviluppo, tanto più che essa partecipa al traffico totale adriatico di bandiera estera per il 25-27 °/0. Attingendo le notizie dal Bollettino del Porto di Venezia, riportia­mo nella seguente tabella i dati riferentisi ad alcuni anni tipici, limitandoci ad osser­vare che la marina ellenica ha subito, in se­guito ai danni prodotti dal conflitto mon­diale, una decurtazione di navi a propul­sione meccanica del 64 % , cifra notevolis­

Tonnellaggio di stazza lorda del N avig lio M ercantile Ellenico

Anno a vela a propulsione meccanica

1813 153.580 _1876 347.847 —

1912 101.459 600.0001915 107.466 893.6501919 80.000 175.6501 >31 55.993 1.403.7821933 49.000 1.411.0001934 48.000 1.507.000

sima, specie se si pensa che la cifra relativa alla Germania raggiunge il 36,8 °/0.

Vediamo dunque che la percentuale del naviglio greco a vapore raggiunge il 2,79%

sul tonnellaggio mondiale, contro 0,66 della marina jugoslava, 4 ,19 della marina italiana.

Altissima è la percentuale delle navi da carico, che, secondo le statistiche del 31 Di­cembre 1930, costituiscono il 92,55 % del­la flotta. Fra le varie categorie di tali navi, si trova poi che la più elevata pro­porzione è raggiunta dal gruppo 3.001- 4.000 tonn.: 3 3 .9 0 % ; segue il gruppo 4.001-5.000, col 3 1,2 2 °/0; il 5.001-6.000, col 12 ,6 4 % ; 3 soltanto sono i «cargo» superiori a questo tonnellaggio.

Non vogliamo dilungarci a parlare delle singole società: ci limitiamo a far presente che predomina il piccolo armamento; infat­ti il 74 % delle aziende armatoriali elleni­che è costituito da armatori di una sola na­ve, contro il 69,9 % in Danimarca, il 67 per cento in Italia, il 65 % in Olanda e Germania (dalla « Nautical Gazette », 14 Novembre 1931).

Fra le caratteristiche meno confortevoli per la marina greca, sono da ricordare l ’al­ta quota del materiale invecchiato e la man­canza di un società nazionale per le assi­curazioni, che vengono totalmente coperte dal Lloyd britannico.

Fra i vari progetti per una sistemazione organica della marina mercantile ellenica il più notevole è senza dubbio quello espresso dalla Commissione extraparlamentare pre­sieduta dal Michelacopulos. Di tale dise­gno, veramente razionale e degno di ogni considerazione, fanno parte la creazione di una società assicuratrice nella proporzione del 30 % e la fondazione di un « Istituto di Credito Marittimo », per la concessione di mutui. Norme speciali vengono istituite per la marina transatlantica e per quella da pas- seggeri; ma la proposta che più direttamen­

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te interessa il traffico adriatico è quella di assistere indirettamente, a mezzo di eso­neri fiscali, la marina da carico.

Concludendo, la flotta contribuisce alla bilancia commerciale greca con un utile net­to di oltre i milione di Sterline circa, cui so­no da togliere circa 100.000 Sterline per gli interessi sui prestiti con garanzia ipotecaria, ed aggiungere 5 o 600 mila Sterline di salari degli equipaggi, che vengono annualmente rimesse in Patria; si ha quindi un utile net­to superiore in media a 1.400.000 Sterline all’anno.

Anche la classe armatoriale greca ha ri­sentito sinistramente degli effetti della de­pressione economica; infatti, negli ultimi anni, la media dei disarmi ha oscillato fra il 15 e il 18 % .

Da quanto si è detto risulta all’evidenza che la marina italiana si trova in posizione di indiscusso e indiscutibile predominio nel bacino dell’Adriatico.

A rendere più sensibile la concorrenza svolta dalle macine straniere a quella ita­liana, contribuisce l’incremento potente da­to dal Governo albanese ai suoi porti. Tut- tavia, per il carattere montagnoso del ter­reno, che ostacola assai le comunicazioni interne, ed il numero degli abitanti (un milione circa), l ’entità del traffico maritti­mo albanese è poco rilevante. Dei princi­pali porti albanesi: Scutari, Durazzo, Va- lona e Santi Quaranta, Durazzo è destina­to ad assorbire quasi tutto il commercio di importazione albanese proveniente dalla costa della Puglia.

Interessante è considerare l’ importanza eccezionale che il principale porto puglie­se, Bari, ha nel commercio con l’Albania. Questo Paese, infatti, mancando di un

grande centro che rifornisca il mercato in­terno, si rivolge all’emporio italiano per la maggior parte delle sue forniture. I bisogni, relativamente limitati per la popolazione a non alto tenore di vita, rendono conve­nienti gli acquisti in piccola quantità di­rettamente a Bari e alimentano un com­mercio che raggiunge parecchie decine di milioni di Lire ogni anno. Si tratta di cen­tinaia di voci, alcune delle quali per quan­tità limitatissime, che, col loro numero, danno una idea della frequenza degli scam­bi commerciali fra le due sponde. Ad ogni modo, oltre il 50% del traffico italo-albá­ñese si concentra a Bari.

Naturalmente il commercio con l’Alba­nia non è che una parte del traffico marit­timo che Bari ha con i Paesi del Levante,i cui rapporti con l’ Italia vanno vieppiù in­tensificandosi. L ’accrescimento rapido e co­stante del porto in parola è favorito dal fatto che Bari, per la sua felice posizione, è divenuto anche un importante centro di collocamento della produzione italiana. I rapporti con la Jugoslavia e la Grecia so­no pure notevoli e si basano principalmen­te sullo scambio di materie prime e pro­dotti agricoli con manufatti. Tale movi­mento, già così intenso, non ostante la crisi che attanaglia i Paesi d’Oriente, è destina­to ad aumentare vieppiù, man mano che la situazione economica mondiale tenderà a normalizzarsi.

La quasi totalità di tali scambi, come in genere i commerci con il Levante mediter­raneo, si compie con navi battenti bandiera italiana, greca o jugoslava.

Appunto per tale ragione ci siamo diffusi ad analizzare la consistenza di queste tre marine mercantili.

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7- Tra le caratteristiche del traffico adria- tico possiamo notare la corrente di trai- fici, che chiameremo longitudinali, tra il gruppo dell’Alto Adriatico e le coste orien- tali, e due correnti, che diremo latitudinali, l'una fra la Dalmazia e le Marche, l’altra fra la Puglia e l’Albania,

Agli effetti del nostro studio, solo la pri­ma di tali correnti riveste importanza, men- tre le due correnti latitudinali, essendo di minore entità data la economia delle re­gioni, interessano soltanto in quanto eserci­tano influenza concorrente con quella dei porti dell’Alto Adriatico. Ma a questi traf­fici interni del nostro bacino sovrasta per entità la corrente di transito che, supera­to il Canale d’Otranto, si dirige all’Orien- te e ai Paesi transoceanici.

In questa corrente di transito interna­zionale sta la vera chiave di volta del pro­blema dell’Alto Adriatico: si è già detto che Venezia, Trieste e Fiume possono svol­gere la loro azione di attrazione dei traffici centroeuropei all'Adriatico oggi meglio di ieri; al fine di dimostrare il nostro asserto, crediamo opportuno di passare in rassegna

minuta i porti adriatici, per prospettarne

anche i caratteri salienti, la consistenza in atto o potenziale e la funzione in rapporto al dominio immediato o fluitante-

La naturale divisione delle correnti di traffico ci porta a classificare i porti in: a) porti dell’Alto Adriatico; b) porti dell’A ­driatico Occidentale; c) porti dell’Adriatico Orientale. Degli empori di queste due ul­time classi proporremo un esame di scor­cio, per rilevare solo la possibilità o meno di concorrenza con i centri dell’Alto A- driatico.

Nella seconda parte del presente saggio prenderemo analiticamente in esame i porti dell’Alto Adriatico, per studiarne le condizioni geografico-ambientali, l ’attrez­zatura tecnico-meccanica e lo sviluppo del traffico mercantile marittimo nell’ultimo trentennio, con particolare riguardo agli ef­fetti della concorrenza jugoslava. Anche gli empori occidentali ed orientali saranno da noi brevemente considerati, per presentare una visione il più possibile organica della attuale situazione economica adriatica.

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N O T A B IB L IO G R A F IC A

Abbondantissima è la letteratura: ricordiamo

solo quelle opere che abbiamo avuto particolar­

mente presenti, o ci sembrano interessanti per

sviluppi analog ci o consderazioni cr.tiche più o

meno antitetiche. Così per la parte generale si

ricorda: U . M orichini: « I l bacino adriatico e

la Dalmazia », Roma, Libreria del Littorio, 19 3 2 ;

del medesimo; « Civiltà mediterranea», Monda-

dori, 19 2 8 ; M . A lb erti: «A driatico e Mediter­

ran eo», Milano, 1 9 1 5 ; (del medesimo ricordiamo

anche : « L a Dalmazia, il suo valore economico

e politico e l ’Italia», Roma, 1 9 1 5 ; « La fortuna

economica di Trieste e i suoi fattori », Trieste,

1 9 1 3 ; « L a conquista di T rie ste», Roma, 1 9 1 4 ;

« Trieste e la sua fisiologia economica », in Ri­

vista delle Soc. Commerciali, Luglio-Dicembre

19 1 5 ) ; nei « Quaderni federali delle T re V en e­

zie », 19 2 6 , è molto pregevole il « Saggio sul­

l'ordinamento adriatico », di M . Griffini; del

medesimo ricordo il « Saggio sull’assetto econo­

mico di F iu m e», Roma, 1 9 2 1 ; G . Cassi: « I l

mare A d riatico », Milano, 1 9 1 5 ; C . V e lla y : « La

question de l’Adriatique », Parigi, 1 9 1 5 : C . Di

Cesari) : « T h e Adriatic question », Londra,

1 9 1 7 ; Italiens Senator: « L a question de l’A -

driatique » ; L . L u ig g i: « I bisogni dei porti adria-

tici », Venezia, 1 9 1 9 : L . Lu zzatti: « P e r l’A ­

driatico », al Convegno adriatico nazionale, V e ­

nezia, 1 9 1 9 ; ricordiamo anche gli « Atti del Con­

gresso della Marina mercantile e della Lega N a ­

vale », Venezia, 1 9 1 9 ; Adriacus: « L a Ques­

tion Adriatique », Recueil de documents officiels

par Adriaticus, Parigi, 19 20 ; Id .: « D a Trieste

a Valona - Il problema adriatico e i diritti ita­

liani », Milano, 1 9 1 8 ; di B. Frescura ricordia­

mo : « Il problema dell’Adriatico », Genova; E.

Lém onon: « L ’ Italie d ’après-guerre ( i 9 i4 - ’ 2 i ) » ,

Parigi, 19 2 2 ; Id .: « L a nouvelle Europe cen­

trale et son bilan économique ( i 9 i9 - ’3o) »,

Parigi 19 3 1 ; vedi anche gli A tti della Commis­

sione per il dopoguerra - Sottocommissione eco­

nomica : « I problemi economici urgenti », Roma,

19 1 9 ; * * * (O. Randi): « L ’A d riatico», Milano,

del medesimo si ricordi: « L a Jugoslavia»,

Napoli, 19 2 2 ; « I popoli balcanici », Roma,

19 2 8 ; T . Sillani : « Mare Nostrum », Milano

(Alfieri); del medesimo; «C ap isald i» (Il proble­

ma adriatico e la Dalmazia, Milano, 19 1 8 ; L ’ I­

talia e l’Asia Minore, 1920); A . Solm i: « L ’ A ­

driatico e il problema nazionale », Roma, 19 20 ;

Tomaso Sillani ha anche curato il volume su

« L ’Italia e il Levante », in cui ricordiamo parti­

colarmente « I porti dell’Alto Adriatico nella po­

litica dell’ espansione italiana nel Levante », di

G. Stefani, Bari, 1 9 3 4 ; A . Tam aro: « L ’A dria­

tico golfo d ’Italia - L ’ italianità di T rieste», M i­

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30

lano, 1 9 1 5 ; (de] medesimo ricordo: «Italiani e

Slavi nell’Adriatico », Roma, 19 15 ; « La Vénétie

Julienne sur les frontières orientales », Roma,

19 1 9 : « Raccolta di documenti sulla questione

adriatica », Roma (nella Rivista Polit:ca)i, 19 20 ;

« La lotta di Fiume contro la Croazia », Roma;

« La lotta delle razze nell’Europa danubiana »,

Bologna, 19 23); G. Dainelli: «F iu m e e la Dal­

m azia» (particolarmente il Capo II), U .T .E .T .,

19 2 5 ; del medesimo: « L a D alm azia», Novara,

19 18 ; « La regione balcanica », Firenze, 19 2 2 ;

M. Angelini; « Il nuovo Stato cecoslovacco e i

porti italiani», Roma, 1 9 1 9 ; G . Stuparich: « L a

Nazione Ceca », Napoli, 19 2 2 ; G. A rias: « Porti

italiani e porti del Nord », in « Rivista delle So­

cietà commerciali », Roma, e « Principi di eco­

nomia commerciale», Milano, 1 9 1 7 ; Auerbach:

« Races et Nationalités d ’Autriche-Hongrie », Pa­

rigi, 1 9 1 7 ; notevole interesse presentano anche

due opere di noti stranieri : C. Benoist : « Les

lois de la politique française », Parigi, 19 28 ;

E. Benes: « L a Boemia contro l’Austria-Unghe-

ria », Roma, 1 9 1 7 ; F. C aburi: «Italiani e Jugo­

slavi nell’Adriatico», Milano, 1 9 1 9 ; J. C v ijic :

«Stu d io sull'italianità della D a!m azia»; B. Cu­

rie: « Privrada i radnici u Dalmacija »; A . D ’A -

lia: «La Dalmazia nella storia, nella politica, nella

guerra, nella pace», Roma, 19 2 8 ; F . Coppola:

« L a politica della P ace», Bologna; Id .: « L a

pace coatta », M lano, 19 29 ; D . De Am -

brosis : « L ’Italia Padano-Adriatica » (Monogra­

fie di Geografia militare nazionale), Genova,

1 9 2 5 ; S. Fournol: « G li eredi della successione

d 'A u stria» , Milano, 1 9 1 8 ; M . U d in a: « L ’estin­

zione dell’ impero austro-ungarico nel diritto in­

temazionale », Trieste, 1 9 3 3 ; B. Frescura: « I l

Trattato di Rapallo ed i rapporti economici fra

l'Italia e la Jugoslavia» (dalla V ita Marittima e

Commerciale, 19 22); id .: «S u lla questione della

Siidbahn », 19 20 ; di G . Fusinato: « I l regime

tecnico ed economico del Danubio nei riguardi

del traffico marittimo dell’Adriatico », Trieste,

1 9 2 2 ; il Griffini ha uno studio su « L ’Ungheria

odierna », Roma, 1 9 2 2 ; A . H odnig uno su

« L ’U n g h e ra e i Magiari »; V . Tissot pubblicò a

Parigi, nel 18 8 3 , « La Hongrie de l’Adriatique

au Danube »; R. Pernice scrisse nel 1 9 1 5 , a M i­

lano, de « L ’origine ed evoluzione storica delle

Nazioni Balcaniche»; sull’argomento ricordo:

M . N ew bigin : « Geographical Aspects of Bal-

kan », Londra, 1 9 1 5 ; due anni dopo, a Parigi,

L . Leger pubblicò « Le Panslavisme et l’ intérêt

français » ; A . Mousset, nel ’22, a Parigi, Office

National du Commerce Extérieur : « Le Royau­

me des S. H . S. »; F. Musoni a Firenze, nel

19 2 3 ; « La Jugoslavia », Profilo etnico, enigmi­

stico, economico; P. Rencer: « L a Jugoslavia

economica e gli interessi italiani nei rapporti

con la Ju goslavia»; G . Paresce: « Italia e Jugo­

slavia dal 1 9 1 5 al 19 29 »; Firenze, 19 3 5 ; W .

Warren : « Gli Slavi nell’Adriatico », Parigi,

1 9 1 8 : Z . C. : « G li sbocchi naturali della Jugo­

slavia all'Adriatico», 1 9 1 9 ; A . Gauvain : « L a

question yougoslave», Parigi, 1 9 1 8 ; I. Juras:

« Pregled gospodarstva i trgovine Dalmacije »,

Spalato, 19 2 3 ; M. M arcic: <• Gospodarski

polozaj Dalmacije u Jugoslaviji », Spalato, 19 20 ;

S. Osterman : « Italija i Jugoslavia na Jadranu »,

Zagabria, 19 20 ; dello stesso ricordo anche:

« Rijeka i Ju goslavia », Zagabria, 19 20 ; F.

Salata : « Le mouvement yougoslave en A u-

triche-Hongrie pendant la guerre », Parigi,

1 9 1 9 ; del medesimo: « I l diritto d'Italia su

Trieste e l'Istria », Roma, 1 9 1 5 ; P. Senjanovic :

« Dalmatinska zeljeznica u Jugoslaviji »; P. So-

kolovich : « Le problème italo-slave », Parigi,

1 9 1 5 ; Seton-W atson : « German, Slave and

M a gya r», Londra, 1 9 1 6 ; Id. : « T h e Balkans,

Italy, and thè Adriatic », Londra, 1 9 1 5 ; F. Bay-

lon : « Lo sviluppo economico della Dalmazia in

relazione a quello dell’Italia », Venezia, 19 2 4 ;

G. Prezzolini: « L a D alm azia», Firenze, 1 9 1 5 ;

L. Lakalos : « Industria Dalmacije », Zagabria,

19 22 .

Per quanto concerne i trasporti in relazione

alle esigenze tecnico'portuarie, ci limitiamo a

ricordare : G. Roletto : « Porti, Cantieri e N avi

d’Italia», Brescia, 19 3 4 ; E . C ucchini: « I porti

marittimi in relazione alle esigenze dei traffici

m oderni», Milano, 1 9 1 1 ; F . T a jan i: « I tra­

sporti sotto l’aspetto economico », Milano, 19 3 2 ;

G. Fries: «M arina da carico adriatica», V en e­

zia, 1 9 1 9 ; G . Supino: «Rapporti fra lo Stato e

la Marina mercantile », Roma, 1 9 1 9 . Per l’at­

Page 49: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

31

tuale economia dei trasporti dei singoli empori,

vedi le note bibliografiche delle parti seguenti.

M. D ew avrin (del quale ci piace ricordare l'o­

pera : « Les Ports et leurs fonctions économi-

ques », Louvain, 19 10 ) dimostra col suo lavoro

su « Les ports de Trieste, Fiume et Venise »,

pubblicato a Louvain nel 19 19 , l’ interessamento

degli studiosi stranieri al problema de i nostri porti nell’immediato dopoguerra. N el voi. IV ,

neli’Archivio di Stato, il Marin tratta la « Storia

civile e politica del commercio dei Veneziani ».

E. M usatti: « Per la storia di Venezia », Padova,

1909, e « Cenni storici sul commercio di V en e­

z ia » ; Ministero della M arina: «M onografia

storica dei porti dell’antichità nella penisola ita­

liana », Roma, 19 0 5 ; P. Foscari; « P e r il più

largo dominio di V e n e zia» , Milano, 1 9 1 7 ; C .

Battistella : « Relazione sull’avvenire del porto

di Venezia », Camera di Commercio di Venezia,

1 9 1 9 ; G . Lu zzatto: «li porto di Venezia e il

suo retroterra », Venezia, 1 9 2 3 ; G . Giuriati (ju­

nior): « I l porto di V e n e zia» , Venezia, 19 2 4 ;

A . R. T on iolo: « I l nuovo retroterra commer­

ciale di Venezia in confronto a quello di Geno­

va e di Trieste », al Congresso Geografico Ita­

liano, Firenze, 1 9 2 1 .

Per lo studio de il porto di Trieste, si ved a: P.

G ribaudi: « Il porto di Trieste e la sua funzione

geografica », in R iv. Soc. Geogr. It., 1 9 1 7 ; G .

Costantin Jangakis: « L e port de Trieste avant

et après la revolution de la Monarchie austro-

hongroise », Bologna, 19 2 3 ; ma particolare atten­

zione merita lo studio di A . Chiaruttini: « L a

funzione economica del porto di T rieste», V e ­

nezia, 1 9 2 3 ; l’ istituto di Geografia della R. U n i­

versità di Trieste ha pubblicato nel ’3 1 la « G u i­

da per il commercio con il Levante », a cura di

G . Roletto e M . Vergottini; sull’argomento ri­

cordo anche : « Le développement économique

de Trieste », Parigi, 1 9 3 1 , di G . Roletto; C . Mo-

schitti: « Mercati d ’Oriente », Napoli, 19 2 3 (fuo­

ri commercio); R. Babich: « L a concorrenza fra

Trieste e Fiume nell’anteguerra », Venezia,

1 9 2 3 ; L . C . M oier : « Der Karst und seine

Hohlen », Trieste, 1896.

Notevoli, a scopo storico, i « Cenni sulle con­

dizioni commerciali di Fiu m e», Fiume, 18 8 0 ;

F. Rachi : « Fiume gegenüber von Croatien »,

Zagabria, 18 6 9 ; R. H o rvat; «Sto ria politica

della Città di Fiume », Fiume, 1 9 1 8 ; S. Gigante:

« Storia del Comune di Fiume », Firenze, 19 28 ;

A . H o d n ig: «Fiu m e e i baluardi delle G iulie»,

Roma, 1 9 1 7 ; dello stesso: «Fiu m e italiana e la

sua funzione antigermanica », Roma, 1 9 1 7 ; I.

Baccich : « Fiume, il Quarnero e gli interessi

italiani nell’Adriatico », Torino, 1 9 1 5 ; C . Batti­

sti : « Il sacro diritto di Fiume ad essere unita

all’ Italia», Bologna, 1 9 1 4 ; del Burich: «Fium e

e l’ Italia», Torino, 1 9 1 5 ; V . Scialoia: « L a po­

sizione giuridica di Fiume » (Rass. »tal., a. II,

vol. II, fase. IX), Roma, 1 9 1 9 ; notevole il « L i­

bro Verde », sui negoziati diretti fra il Governo

italiano e il Governo jugoslavo per la pace adria-

tica, Roma, 1 9 2 1 (ricordiamo anche quello sui

« Documenti diplomatici presentati dal Ministro

Sonnino al Parlamento italiano », Milano, 1 9 1 5 ;

E . Susm el: «Fiu m e attraverso la storia», M i­

lano, 1 9 2 1 ; del medesimo ricordo anche; « I l

porto di Fiume » e « L a Città di passione », M i­

lano, 1 9 2 1 ; A . Ossoinak: «P erchè Fiume deve

essere italiana». Fiume, 1 9 1 9 ; dello stesso:

« Perchè Fiume deve essere porto franco », Fiu­

me, 1 9 2 1 ; di G. D ’Annunzio: «D isegn o di un

nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiu­

me », Fiume, 19 2 0 ; C . Zoli : « Le giornate di

Fiu m e», Firenze, 1 9 2 1 ; interessanti anche il

Bollettino della Deputazione fiumana Storia pa­

tria e il Bollettino Ufficiale del Comando d ’A n ­

nunziano di Fiume; di A . D epoli: « I l diritto

storico ed etnico di Fiume di fronte alla Croa­

zia », Fiume, 1 9 1 9 ; del medesimo: « I l confine

orientale di Fiume e la questione del Delta e

della Fium ara», Fiume, 1 9 2 1 ; «Porto Barros »,

Fiume, 1 9 2 1 ; G . Benedetti: « Fiume, Porto Bar­

ros e il retroterra », Roma, 19 2 2 ; ricordo pure

del Benedetti : « Italia e Jugoslavia dopo il patto

di amicizia », Roma, 19 24 , e « La pace di Fiu­

me. Dalla conferenza di Parigi al Trattato di

R o m a», Bologna, 19 2 4 ; E . Cim bali: «G abriele

d’Annunzio prima e dopo il Trattato di Rapai-

Io » , Catania, 19 3 1? per quanto riguarda i Trat-

tati cui s’è fatto cenno, si v ed a: A . Giannini:

« Il Trattato di Rapallo al Parlamento italiano »,

Roma, 1 9 2 1 ; « Il Trattato di Rapallo nei com­

Page 50: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

32

menti della stam pa», Roma, 1 9 2 1 ; «Fiu m e nei

Trattato di Trianon », Roma, 1 9 2 1 ; «Raccolta

di Trattati ed Accordi per la pace adriatica »,

Roma, 19 2 4 ; « La questione di Porto Barros e

gli Accordi di Santa Margherita al Parlamento

italiano », Roma, 19 2 3 ; « Gli Accordi di Santa

M argherita», Roma, 19 2 3 ; «T rattati ed A c ­

cordi per l’Europa danubiana », Roma, 19 2 3 ;

« Documenti per la storia dei rapporti fra l'Ita­

lia e la Jugoslavia », Roma, 19 3 4 ; L . Federzoni:

« Il Trattato di Rapallo », Bologna, 1 9 2 1 ; « Porto

Barrcs », Fiume, 1 9 2 1 ; su « L a restaurazione del

Patto di Londra e la difesa di Fiume » ha scritto

Forges Davanzati (Roma, 1920); dell’Associazione

Nazionalista Italiana: « I d ritti dell’Italia alla

Conferenza della Pace », Roma, 1 9 1 9 ; P. Orano:

« L ’Italia e gli altri Stati alla Conferenza

della P ace», Bologna, 19 3 r ; S . Shishich:

« Jadransko pitanje na Konferencij mira u Pa-

rizu, Zbirka akata i dokumenatata », Zagabria,

19 20 ; U . Silvagn i: « Les révendications natio-

nales italiennes au Congrès de la Paix », Roma,

19 1 9 ; « Italy’s great war and national aspira-

tion », a cura di Hodnig, Sillani, Alberti, Corsi,

Tamaro, Tolom ei, Milano 1 9 1 8 ; A . Tardieu:

« La Paix », Parigi, 1 9 2 1 ; T . T itto n i-V . Scialoia:

« L ’Italia alla Conferenza della Pace », Roma,

1 9 2 1 ; per le vicende parlamentari del periodo

storico considerato, ricordiamo: Hautecoeur:

« L ’Italie sous le Ministère Orlando », Parigi,

1 9 1 9 ; G . G iolitti: «M em orie della mia v ita » ,

voi. II, Milano, 19 2 2 ; A . Salandra: «Discorsi

sulla guerra », Milano, 19 2 2 : notevole interesse

presenta la lettura di « U n anno di politica este­

ra », di C . Sforza, Roma, 1 9 2 1 ; gli Atti parla­mentari contengono importanti Relazioni sugli

argomenti da noi trattati, come il famoso D i­

scorso del Senatore A . Grossich (1923).

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P A R T E S E C O N D A

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traffico m a rittim o n e i v a ri p orti

1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,prima e dopo la guerra m on d ia le ...........................pag.

2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticin­quennio ..........................................................................„

3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimentoallo scalo di S u s a k ........................................................

4. Le fluttuazioni stagionali come indice del caratteredel porto e del suo r e t r o te r r a ................................„

5. L’importanza dei porti minori nei vari settori del­l’Adriatico; la funzione di R a v e n n a ............................ .

6. La possibilità che i porti della costa orientale ed oc­cidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici.......................................... .......

7. La posizione dei porti jugoslavi nel traffico adriatico:il movimento di S u sa k ................................................„

8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico . . ,,9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma­

rittimo .......................................................................................10. Le condizioni economico-ambientali deH’emporio di

Ragusa e lo sviluppo del suo movimento . . . „Nota bibliografica..................................................................... .

37

47

55

62

64

67

6975

79

86

89

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i . Venezia si presentò nella lotta eco­nomica mondiale, a causa della rivoluzione operata nei mezzi di trasporto, in condi­zioni di assoluta inferiorità, sia nei con­fronti della sua funzione nazionale, sia nei riguardi della sua funzione di intermedia­ria fra l’Oriente e l’Europa centrale.

Benché interessantissimo, dobbiamo tra­lasciare per ovvie ragioni l ’esame del traf­fico affluito al porto di Venezia nel quaran­

tennio che possiamo chiamare iniziale del suo esercizio, in quanto condizioni geogra­fiche, politiche ed economiche non consen­tivano che lo scalo lagunare potesse am­

pliare il suo respiro per tutta la capacità dei suoi polmoni.

Riguardo all’attrezzatura del porto in pa­rola, è fuor di dubbio che si provvide con

ragionevole cura solo negli anni immediata­mente precedenti la guerra e dopo il 1922.

Dalla seguente tabella appare il raffron­to tra gli impianti esistenti nel 19 19 , quasi

identici a quelli prebellici, e quelli realiz­zati alla fine del ’23.

Meccanismi esistenti

nel porto di Venezia

Gruidrauliche

Gruelettriche

da tonn.

} 1,5 < 10 -20

11,5 1,5- 3 3- - 6

10 -20 15 -30

Scaricatoria ponte

Elevatoriper cereali

Montacarichia ) I d r .Argan. ( g ,

Trasportatori a teleferica

Totale meccanismi

310,41,5

Num ero

1919 ’23 '34

52 73

79

42311

48

23

1102

Potenzialità di sollevamento

installata

1919 ’23

1520

348

1280,4

15

121,4

10,5816

2030

8

128

33

208,5

’34

713.5

128152030

12

128

34.5

3,7283,7

Inoltre le banchine da 4 .150 mq. sono salite a 4.226; le calate sono restate in 41.436 mq.; gli impianti ferroviari sono saliti da 82.000 a 94 000 m. Pur restando imprecisabile l’area del porto, a causa della

Page 56: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

38

speciale configurazione di Venezia, che non permette di precisare tali dati, le aree

occupate da magazzini per depositi di mer- ci hanno subite le seguenti variazioni:

Aree del m agazzini esistenti in mq.

Anno

In muratura in legno

TotaleO rdinari Punto franco D a ricostruire

in m uratura

1919 16.426 5.300 10.180 31.906

1 23 29.296 13.710 2.10 1 45.107

* 34 54.430 13.710 — 68.140

Appare dai dati esposti che l’organiz- zazione portuale è negli anni presi in esame sensibilmente migliorata, essendo più che raddoppiata la potenzialità di sollevamento installata, aumentati i magazzini, perfezio­nati i servizi; tanto che si calcola che la ra­pidità media giornaliera di scarico delle merci alla rinfusa potesse arrivare nel ’24 alle 800 tonn., contro una cifra inferiore alle 500 tonn. neH’anteguerra. In questi

ultimi anni, con l’eliminazione di talune gravi deficienze, specialmente per quanto riguarda l’esportazione, con l’ampliamento di magazzini, con l’aumento di mezzi di carico e di trasporto dalle aree coperte a banchina, col perfezionamento dei sistemi di trasbordo; tali servizi sono perfettamente adeguati alla organizzazione ed alla neces­sità di un grande porto moderno. Si calcola che oggi la predetta media giornaliera di 800 tonnellate possa superare le 1.000.

Riteniamo ora opportuno, prima di ana­lizzare le attuali correnti di traffico, fer­

marci a considerare le condizioni nell’im- mediato dopoguerra, ponendole a raffronto con quelle del periodo prebellico, per osser­

vare, sia pur brevemente, quali conseguen­ze la guerra mondiale abbia avuto per il commercio veneziano e come la nuova con­formazione politica ed economica influisca su di esso. Riportiamo, nel prospetto se­guente, le cifre relative al movimento com­merciale di Venezia.

Naturalmente non possiamo dilungarci ad esaminare le correnti di traffico partita- mente per ciascun anno; pertanto ci servi­remo, per i confronti, delle medie quin­quennali, al fine di eliminare le irregolari ed accidentali fluttuazioni annuali, pur ri- serbandoci di mettere in evidenza singolar­mente le peculiarità di un certo interesse.

AnnoM erce arrivata e partita (In tonnellate)

Via mare Via terra

1909 2.702.833 1.472.877

’ 10 2.669.542 1.578.148

’ 1 1 2.743.403 1.525.365

’ 12 2.881.839 1.660.338

’ 13 2.662.835 1.449.785

Media1Q09-’ 13 2.732.090,4 1.537.302,6

1919 1.265.603 998.315

’20 1.270.526 1.119.045

’ 2 1 1.656.676 1.344.966

’22 1.735.499 1.358.657

’ 23 2.013.854 1.639.126

Media1919-’23 1.588.431,6 1.292.021,8

Nel quinquennio i909-’ i3 , si nota una stasi, che deriva dalla saturazione della po­tenzialità del porto, il quale non è più in grado di offrire all’afflusso delle merci con­dizioni vantaggiose, che consentano al traf­fico quella libertà di movimento, rapidità

Page 57: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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di operazioni ed economia, che sono ad esso necessari.

La ripresa del movimento commerciale nel dopoguerra, come si è notato, fu assai lenta e faticosa: in particolar modo poi quella del traffico adriatico, più duramente colpito dalla guerra prima e poi dallo scon­volgimento economico dei Paesi che prin­cipalmente lo alimentavano.

Numerose, e in parte già ricordate, furo­no le cause di debolezza dei porti adriatici, e di Venezia soprattutto, che tuttavia do­po il 1920, attenuandosi le cause in parola, sia pure con lento progresso, andò riacqui­stando la sua funzione regionale e nazio­nale. Il carattere della ripresa del traffico veneziano nel dopoguerra può essere rile­

AnnoMerce arrivata e partita (percentuali)

V ia mare Via terra

Media 1909-’ 13 100 ICO

1919 46,32 64,94

’ 20 46,50 72,79

’2 1 60,64 87,49

’22 63,52 88,38

’23 73,71 106,62Media

19l9-’23 58,14 84,04

vato dai raffronti in percentuale sulla me­dia del quinquennio 1909-’ ! 3.

Si nota subito che, mentre il movimento ferroviario ha ripreso l ’intensità d’ante­guerra, il commercio marittimo ha raggiun­to appena il 73 .7 1 per cento, rispetto alla media del quinquennio 1909-’ !3 .

Se poi esaminiamo il rapporto fra im­portazione ed esportazione, abbiamo il pro­spetto raffrontativo riportato qui di fianco.

Movimento delle merci in tonnellate

AnnoImportazione Esportazione

Rapporto p e r ­centuale tra Imp. ed E sp .

19C9 2.348.417 354.416 15,09

’ 10 2.335.443 334.099 14,31

’ 1 1 2.404.625 338.778 14,09

’ 12 2.498.564 383.275 15,34

’ 13 2.286.375 376.460 16,46

Media1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 15,05

1919 1.095.150 170.453 15,56

’ 20 1.138.801 131.725 11,57

’2 1 1.547.590 109.086 7,05

’ 22 1.577.887 157.612 9,99

’ 23 1.850.731 163.123 8,81

Media1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 10,15

Rapporto % fra le

Medie 60,72 40,96

Appare subito che Venezia è sempre stata uno scalo di importazione e che nep­pure la guerra ha potuto modificare tale suo carattere. Questo dipende naturalmen­te dalla funzione regionale ed industriale dello scalo veneziano; infatti notiamo una diminuzione da 15,05 a 10 ,15 nel rappor­to percentuale fra esportazione ed impor­tazione nei due quinquenni presi in esame, perchè la zona di influenza per mezzo di ferrovia è aumentata, a causa dello sposta­mento del confine al di là della Venezia Giulia, e perciò è minore la quantità di merci che ripartono per via mare. Le im­portazioni sono infatti costituite per la mag­gior parte da materie prime e semi-lavorate per industria e da generi alimentari di pri­ma necessità; quindi merci povere, pesanti ed ingombranti, tra le quali nel periodo

Page 58: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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prebellico tiene il posto predominante (ol­tre il 50%) il carbone; seguono i cereali (ol­tre il 13% ), i petroli ed olii minerali, i con­cimi e minerali metallici, ecc.

Lo squilibrio maggiore nell’importazione fra i due periodi considerati è determinato dalla differenza del carbone arrivato al por­to di Venezia in tali anni; mentre infat­ti la media annuale nel quinquennio prebel­lico è di circa 1.295.000 tonn., nel periodo postbellico la media è inferiore alle 700 mi­la tonn., e raggiunge appena le 910.000 tonn. nel 1923. Questo deriva principal­mente da due fattori; da una parte, il mi­

nor consumo di carbone determinato dal­la diminuita produzione industriale entro terra, dal suo alto costo e dall’impiego di al­tri mezzi di energia; dall’altra, gli arrivi

di carbone dalla Francia e dalla Germa­nia, in conto riparazioni e debiti, di cui si vale in special modo la amministrazione fer­roviaria.

Una notevole ripresa si è invece avuta nella importazione dei cereali, che, contro una media di 280.000 tonn. nel quinquen­nio prebellico, ha raggiunto nel dopoguer­

ra una media di 350.000 tonn.Abbiamo visto come in sostanza siano

le merci povere che ricostituiscono il traf­fico attraverso il porto di Venezia, che va così riassumendo il suo carattere d’ante­guerra. Esaminiamo ora più particolarmen­te le principali correnti di traffico nei pe­riodi in esame.

L ’andamento naturale del commercio nel periodo postbellico viene fortemente altera­to, e per le varie cause di ordine interna­zionale, fiscali, economiche, sociali, e per lo sconvolgimento nella produzione nazionale,

particolarmente nella regione veneta, come risulta dal seguente prospetto :

Im portazioniM edia

1908-’ 121921 1922 1923

Combustibili tonn. 1.280.780 659.160 769.461 910.490

Fosfati, concim i » 220.750 38.889 121.075 166.264

Cereali . . . » 280.661 442.991 359.146 363.498

M ater. da costruz.» 84.767 — — 27.974

Metalli . . . »

Pirite di ferro •

81.409

3.053 5.39326.603

Legnami. . . » 59.487 11.641 24.731 33.248

Cotone . . . » 32.069 48.270 45.753 47.029

Canapa e jnta » 14.223 4.476 8.165 10.346

Petrolio ed olii mi­nerali . . . » 31.010 21.786 28.937 67.741

Olii vegetali . » 21.465 —8.699Sevo,ecc. (1912) » 6.461 77 5.736

CafTè . . . »

Coloniali, droghe» 6.661

1.226 7.0721 5.909

Zucchero . . » — 11 .10 0 SO —

La merce che apporta il più forte con­tributo alla diminuzione totale dell’ im­portazione è il carbone; i cereali, pur di­minuendo a causa del maggior rendimen­to della produzione nazionale dovuto alla rimessa in valore dei territori danneggia­ti, restano sempre superiori alla media prebellica^ senza raggiungere tuttavia la cifra del 19 12 ; i fosfati e concimi raggiun­gono in media il 65 %, benché nel 1923 si superi il 75 % della media prebellica. L ’importazione del cotone e degli olii mi­nerali è eccedente in confronto a quella anteguerra; troviamo invece diminuiti i metalli e i minerali, i legnami, i materiali per costruzione, gli olii vegetali e molti altri pròdotti minori. Scompare la impor­

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41

tazione dello zucchero per la ripresa effi­cienza della nostra industria zuccheriera; vediamo riprendere la importazione del caffè in seguito al ripristino del regime di libero commercio.

I Paesi di provenienza delle merci esa­minate sono naturalmente i grandi mer-

ni economiche e sociali dei vari Paesi: qua­si nullo il commercio di importazione dal­l’Austria nel dopoguerra; stabile quello con la Germania, costituito in gran parte da materiale in conto riparazioni; un au­mento notevole nell’importazione dall'In­ghilterra, bilanciato parzialmente dalla di-

M O V IM E N T O T O T A L E D E L L E M E R C I N E L PO R TO DI V E N E Z I A

cati di produzione delle varie materie pri­me: 1 Inghilterra per i carboni, la Rume- nia per i cereali, il bacino del Danubio per i legnami, la Tunisia per i fosfati, la costa orientale adriatica e la Grecia per le pietre da costruzione e i marmi; il tonnellaggio importato da altre regioni italiane è costi­tuito prevalentemente da sale, da vini e spiriti, da materiale da costruzione e da zolfo. Raffrontando i dati relativi, che omettiamo di riportare per brevità, appa­iono le alterazioni dovute alle perturbazio-

minuzione degli Stati Uniti, determinata dalla fine dello sciopero minerario inglese del 19 2 1, che abbassò in quell’anno le for­niture del carbone a favore deH’America.

Assai sensibile è l ’aumento dei traffici con la Jugoslavia, dovuto all’ importazione di bovini, lignite e legna, mentre si nota

una diminuzione negli scambi con la Ro­mania, che continua ad essere la principale fornitrice di cereali, ma che, a causa della crisi del suo mercato, ci fornisce solo per

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42

un terzo della importazione totale di ce­reali. 1 fosfati e concimi vari vengono ora quasi esclusivamente dalle Colonie Nord­africane francesi, a scapito del Belgio.

La guerra mondiale contribuì non solo a diminire le esportazioni in senso assoluto, ma anche relativamente alle importazioni nei due periodi.

EsportazioniMedia

1909-’ 131921 1922 1923

Cercali tonn. 103.47714.592

Riso lavorato » 58 2.685

Combustibili » 42.605 — — 1.843

Manifatture e fi­lati . . . » 25.681 14.182 13.892 17.545

Materiali da co­struzione . » 25.042 1.063 1.306

Marmo greggio » — 3.906 2.115

Conterie, smalti, ecc. . . . » 3.060 355

j

639123.663

Chincaglie, terra­glie, ecc. . > 400 _ —

'

Fosfati, concim i » 20.225 — _ 1.448Legnami . . » 11.579 5.264 4.219 3.059Metalli . . » 8.892 — — 1.200Carta e cartone » 4.716 8.898 660 1.250Pelli greggic e la­

vorate . . » I.0S2 _ 488Cot one . . . » 109 — ---

Cauapa, lino, ju- ta . . . » __ 1.420 3.263

5.122

Candele steariche e c c . . . . » 1.267 525 853 879

Riportiamo nel prospetto che precede le principali merci che hanno costituito le va­rie correnti di esportazione, riserbandoci di trarne sintetiche deduzioni.

Oltre ai cereali, materiali da costruzione

e combustibili, diretti prevalentemente alle altre regioni d’Italia, abbiamo nelle espor­tazioni un buon quantitativo di manifat­ture e filati, fosfati e concimi lavorati, le­gnami e canapa pure lavorati; titoli tutti che si dimostrano in aumento costante. No­tevole è che queste merci sono tutte di rile­vante valore. Non potendo fare raffronti tra i dati dei vari anni a causa delle varia­zioni di quotazione della moneta italiana, riportiamo solamente i dati relativi al 19 12 , secondo la Camera di Commercio:

Merci importate: tonn. 2.328.656, Lire 336.834.676; Merci esportate: tonnellate 331.384 , Lire 195.633.330.

Queste cifre danno risalto all’alto costo delle merci di esportazione in confronto al basso prezzo delle merci importate: infat­ti, su una cifra di tonnellaggio d’esporta­zione che sale ad appena il 14,23 % di quello d’importazione, il valore in Lire sale alla percentuale del 58,08 % .

La lentezza della ripresa della esporta­zione veneziana è una delle manifestazioni

più naturali dello speciale carattere assunto dai traffici nel dopoguerra e delle perturba­zioni che alteravano il regolare svolgimen­to. Questo fenomeno è diminuito natural­mente per il progressivo risanamento eco­nomico di Paesi, che un lungo travaglio di guerre e di distruzioni ha reso bisognosi di ampi rifornimenti. Ad intensificare il traf­fico veneziano ha poi provveduto il Gover­no nazionale con vigili provvidenze statali e con gli acccrdi commerciali coi Paesi di Oriente, con l’U.R.S.S., con la Jugoslavia, ecc.

In conclusione, permane la caratteristica del grande squilibrio tra importazione ed

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esportazione nel traffico marittimo vene- ziano, accentuato dalla forte ripresa delle correnti di importazione e dal forte incre­mento presentato dal movimento ferrovia­rio; il che sta a denotare che è aumentata la percentuale delle merci in arrivo o partenza dal mare che usufruiscono, per giungere ri­spettivamente al luogo di destinazione o dal luogo di provenienza, di linee ferro­viarie. Ad esempio, le merci esportate via terra nel 1923 sono state superiori alla me­dia di quelle esportate via terra nel quin­quennio 1909-'13 di oltre il 20 °/Q.

Vediamo ora la divisione delle merci per destinazione. I dati relativi dimostrano che una parte soltanto, in media circa il 45 % , delle partenze via mare è contemplata nel­le statistiche doganali del commercio spe­ciale di esportazione, il che sta a denotare che la maggior parte delle merci imbarcate nel porto di Venezia non è effettivamente diretta all’estero, ma ad altri porti nazio­nali. Si è così accentuata la doppia caratte­ristica del traffico marittimo di esportazione del porto in parola: la bassa entità in con­fronto alla importazione e la elevata per­centuale delle partenze verso porti nazio­nali.

Dall’esame del traffico marittimo nei pe­riodi immediatamente precedente e seguen­te la guerra, passiamo ora a considerare il traffico svolto attraverso il porto di Vene­zia dal 1925 in poi, con particolare riguar­do al quinquennio i930-’ 34.

il movimento commerciale è andato mi­gliorando fino al 1929, anno in cui ha in­cominciato ad influire sul movimento com­merciale quel complesso di fenomeni eco­

nomico-finanziari e politico-doganali, che si sogliono definire la crisi. Il che risulta dal seguente prospetto:

43

Movimento delie merci (in tonn.)

Anno Via mare Via terra

Importaz. Esportaz. Totale Totale

Media1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 2.732.090,4 1.537.302,6

Media1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 1.588.431,6 1.292.021,8

1924 2.069.147 226.682 2.295.829 —

’ 25 1.937.239 284.901 2.122.140 1.912.320

’26 1.676.750 232.652 1.909.402 1.627.777

’27 2.187.921 267.549 2.445.470 2.019.086

’28 2.465.857 332,970 2.798.827 2.297.665

’29 2.592.315 422.723 3.015.038 2.479.346

’30 2.523.637 438.649 2.962.286 2.310.310

’31 2.321.499 472.519 2.794.018 1.903.498

’32 2.375.292 457.301 2.832.593 1.541.698

’33 2,444.926 523.879 2.968.805 1.459.029

’34 3.274.859 455.245 3.730.104 1.810.190

Media 1930-’34 2.588.042,6 469.519,6 3.057.561,2 1.804.945

Notiamo particolarmente che, mentre le importazioni sono notevolmente diminuite nel ’30 e nel ’3 1 , per poi aumentare fino ad oggi, con un massimo eccezionale nel ’34, le esportazioni sono andate lievemente, ma costantemente aumentando. La diminuzio­ne degli arrivi è da attribuirsi specialmen­te alla diminuita importazione di cereali e di carbone; l ’aumento degli imbarchi è do­vuto alla aumentata esportazione di ferti­lizzanti, ceneri di piriti e manufatti.

Per i fattori determinanti tale diminu­zione di sbarchi è da tenersi presente an-

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44

che il famoso Decreto-Legge 21 Dicembre no annullato nel totale del traffico il lie- 19 3 1 (1), che non ha tuttavia portate le ve aumento subito nelle esportazioni, sono paurose conseguenze prevedute in un pri- le seguenti:

T i t o l i 1930 1931 1932 1933 1934

Carboni . . . . tonn. 1.233.091 1.161.363 966.132 1.123.168 1.766.504

Materie fertilizzanti „ 213.762 121.735 111.622 143.719 174.699

C e r e a l i ...................... ...... 287.822 229.358 313.171 93.393 175.930

76.012 62.162 60.086 58 511 58.549

Di queste diminuzioni la più grave e preoccupante era quella che colpiva l'im­portazione delle materie fertilizzanti (fo­sfati minerali in prima linea), non solo per l ’altezza della sua proporzione, che supera­va il 43% dell’importazione del ’30 ed era confermata dalla diminuzione dell 8 ,3 1% verificatasi nel 1932 rispetto al precedente anno, ma anche perchè rivelava le condi­zioni particolarmente difficili in cui si tro­vavano gli agricoltori veneti, ed in conse­guenza l ’industria dei concimi chimici, che aveva assunto così grande e promet­tente sviluppo a Marghera ed in tutto lo immediato retroterra di Venezia; ma nel ’33 e nel ’34 l'importazione di materie fer­tilizzanti ha superate le cifre del ’3 1 - ’32, tanto che si può sperare che tale crisi sia superata.

Meno preoccupante invece la diminuzio­ne del sale, dovuta probabilmente all’esu­berante rifornimento dei magazzini degli anni precedenti, e quella dei carboni, che, sebbene considerevole, era stata a Venezia

(5-75%) sensibilmente inferiore a quella di tutto il Regno (oltre il 10 %); ma tale dimi­nuzione aumentò nel 1932 rispetto all’anno precedente (16,81 %); fortunatamente nel

mo momento dai finanzieri inglesi e dalla loro stampa.

Prima di analizzare le varie correnti del traffico, osserviamo che, mentre la cifra del tonnellaggio di esportazione verso altri Pae­si sale in media ad appena il 10 % dell’im­portazione, il valore di tali merci raggiun­ge ben il 49% . Riteniamo ora opportuno considerare le correnti del traffico venezia­no, nell’ultimo quinquennio, avendo par­ticolare riguardo ai principali elementi de­terminanti la diminuzione avvenuta dopo il 1929. A tale scopo scegliamo il 19 3 1 . per­chè la diminuzione di 168.268 tonn. ri­spetto al 1930 è abbastanza forte da po­ter essere considerata.

Le merci che han subito le diminuzioni più sensibili nelle importazioni e che han-

(1 ) R egio D ecreto-Legge 21 D icem bre 19 5 1 . n . 1592 : « T a ssa speciale pcv le m erci provenienti d all'estero

che si sbarcano nei porti c nelle spiaggie del R egno ».

C on tale D .-L . si istituisce una tassa di sbarco sulle m erci d i a rrivo v ia m are nei porti nazionali, nella m i­

sura seg u en te : L . 1 per tonn. per i fo sfati, nitrati (escluso quello di soda) e m ateriali da costruzione m u­

raria : L , 2,50 per le altre m erci (carbone). Sono in­

vece esenti da tale tassa le m erci di transito pro ve­

nienti per v ia terra (per la discussione di tale D .-L .

ricordiam o i num eri del 7 ed 11 G en n aio 1932 del

« Journal o f C om m erce », ed il « S yren and Sh ip p in g »

del 13 G en n aio ’32).

Page 63: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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33 e 34 S1 ® avuta una notevole ripresa an­che in questo settore.

Nel caso infine dei cereali, per cui la di­minuzione considerevole si è manifestata esclusivamente nelle importazioni del gra­no (mentre per il mais si è avuto un lieve aumento), la perdita del movimento portua­le è largamente compensata dal vantaggio deH’agricoltura nazionale, che, pur non es­sendosi verificato nel 1932, si è ripetuto negli ultimi due anni.

Di fronte a queste diminuzioni, trovia­mo due indici confortanti nella costante a- scesa delle importazioni di olii minerali e petrolio, salite da 326 823 tonn. nel ’30 a 355-387 nel ’3 1 , a 366.897 nel ’ 32, a 465.186 nel ’33 ed a 441.060 nel ’34 e nella comparsa per una cifra abbastanza si­gnificativa, di una voce nuova: i minerali metallici, di cui si importarono nel 19 31 37 mila 241 tonn., nel ’32 38.962, nel ’33 38.342 e nel ’34 38 .716 , in seguito allo svi­luppo delle nuove ed importanti industrie di Marghera per la produzione dell’allumi­nio e delle leghe metalliche leggere.

Per quanto riguarda gli imbarchi, si ri­leva che anche nel 19 3 1 la esportazione è salita (circa il 9% rispetto al 1930), si è mantenuta a questo livello nel 193?-, ed ha ripreso ad ascendere nel ’ 33; ma gli au­menti del ’33 sono tanto più confortanti, perchè non sono determinati, come in anni precedenti, dalle ceneri di pirite, scese anzi da 146.003 a 12 7 .2 10 tonn. nel ’ 3 1 , 82 mila 7 15 nel '32 e 50.664 nel ’ 33, ma dal grano, salito da 38.569 a 67.264 tonn. nel ’3 1 , a 104 .817 nel ’32 e 1 47 .75t nel '33 e, soprattutto, dalle merci varie, in cui si è ma­nifestata nel ’3 1 una ascesa del 38 °/Q, che meriterebbe di essere analizzata e spiegata

nelle sue cause, che forse si devono ricercare nel minor costo dei trasporti marittimi per l ’inoltro ad altri porti italiani. In tale au­mento, che è tanto più significativo in quanto non si riscontra nel movimento di alcuni altri importanti porti, si può ritenere che abbia avuto notevole influenza la nuo­va sezione portuale di Marghera, il cui movimento portuale è in aumento sensibile anche per gli imbarchi.

Infatti l ’incremento di tale sezione appa­re costante e parallelo all ampliamento de­gli impianti; negli ultimi sei anni dei qua­li si conoscono le statistiche, esso ha segui­to l ’andamento seguente:

Movimento delle merci a Marghera (in tonn.)

Anno Sbarchi Imbarchi Totale

1929 579.461 140.485 719.496

'3 0 682.016 142.397 824.113

’ 31 705.536 159.194 864.730

’ 32 712.345 164.856 877.201

’ 33 895.967 157.613 1.043.580

’ 34 996.715 134.459 1.131.174

Di questo movimento, che rivela una ascesa così promettente, si può calcolare che almeno i due terzi siano dovuti ai bisogni dei grandi stabilimenti che si sono andati moltiplicando e perfezionando nella zona industriale ed ai grandi e modernissimi de­positi che si sono andati costruendo per il sale e soprattutto per gli olii minerali.

Vediamo ora i Paesi di destinazione e di provenienza delle correnti del traffico esaminato. Anzitutto è da notare che, men­tre gli imbarchi per porti nazionali raggiun­gono in media il 43% dell’esportazione to­

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tale, gli sbarchi di merci provenienti da altre regioni italiane salgono ad appena l*i i % dell’ importazione totale.

Dopo il 1929, si è notato nelle importa­zioni una contrazione notevole nei traffici con l’Olanda, con gli Stati Uniti, con l’Ar- gentina e con la Jugoslavia, mentre sono sensibilmente aumentate le correnti prove­nienti dalla Romania e dalla U.R.S.S..

Nelle esportazioni invece sono diminui­te le cifre relative agli Stati Uniti, Albania, Grecia, Turchia, Egitto e Sudan e sono cre­sciute invece quelle relative alla Jugoslavia, alla U.R.S.S. e alla Germania.

Come è facile osservare, tali diminuzio­ni, particolarmente nelle correnti di scam­bio con l'America, sono sintomatiche del periodo di crisi iniziatosi appunto nel ’29.

Pér quanto interessantissimo, dobbiamo omettere lo studio delle cause determinanti tale fenomeno; perciò passiamo senz’altro ad esaminare il traffico marittimo svolto attraverso il porto di Venezia distinto per bandiere.

Dal 1925 in poi il traffico compiuto da navi battenti bandiera nazionale è andato con alterna vicenda aumentando fino al 1929, anno in cui ha raggiunto un massi­mo del 68,5% del totale, per poi ascen­dere nel ’30 e riprendere lentamente la via dell’ascesa nel ’3 1 . Le bandiere estere so­no fortemente diminuite nel ’26, ma hanno lentamente ripreso a salire fino al ’30, per scendere di nuovo lentamente dopo tale anno: nel 1934 , le bandiere estere hanno partecipato al totale in proporzione del 38,5 per cento.

Passiamo ora brevemente in rassegna le correnti di traffico compiute con navi bat­

tenti bandiera jugoslava e greca. Quest’ulti- ma partecipa al movimento totale con una media annua superiore al 9% , quella jugo­slava con una media del 7 ,8% . Però, men­tre la percentuale della bandiera greca tende ad aumentare, quella jugoslava tende a di­minuire; particolarmente notevole poi è il fatto che, mentre la bandiera greca interessa

un grandissimo numero di Paesi, pur aven­do una corrente più intensa verso i! Nord- Europa e l ’America latina, quella jugoslava interessa quasi esclusivamente i Paesi me­diterranei in genere e, particolarmente, i Nord-europei.

Per quanto riguarda poi il movimento dei passeggeri attraverso il porto di Vene­zia, non crediamo vi siano molte conside­razioni da fare. Notiamo che la bandiera italiana supera in media il 90% del tota­le, mentre fra le bandiere estere solo quelle inglese e germanica toccano rispettivamen­te circa il 3,5 e 2 ,5% ; cifre invero poco preoccupanti, benché nel ’32 la bandiera estera abbia fatto un balzo in avanti, por­tandosi dall’8 ,3% nell’anno precedente al 17,3 e a ben il 36 ,7% nel 1934.

Nella tabella alla pagina seguente ripor­tiamo dettagliatamente i dati riferentisi al­l’ultimo decennio, dato che le condizioni politiche, tanto cambiate rispetto all’ante- guerra, non ci permettono di eseguire sin­tetici confronti statistici fra i due periodi.

Concludendo, possiamo dire che la po­tenzialità notevolmente aumentata e la or­ganizzazione amministrativa sempre più perfetta del porto di Venezia ci incoraggia­no, anche nelle attuali poco floride condi­zioni economiche generali, a considerare l ’avvenire con tranquillità e fede.

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Le lievi contrazioni del traffico manife- statesi nel ’30 e nel ’3 1 , già largamente compensate dal leggero aumento verificatosi nel ’32 e nel ’33 e dall’eccezionale ascesa del ’34 confermano i meravigliosi risultati ottenuti nel quinquennio precedente.

Bandiera AnnoV i a g g i a t o r i

Sbarcai1 * Imbarc. “lo Totale °lo

1925 52 075 100 39.145 100 91.218 100

’ 26 42.880 100 33.319 100 76.194 100

a ’27 33.291 100 27.138 100 60.429 100—H ’28 29.255 100 26.979 100 56.232 100

O

a<H

’29

’30

37.613

46.591

100

100

27.225

36.572

100

100

64.843

83.163

100

100

’31 38.188 100 34.447 100 72.635 100OH ’32 42.968 100 37.163 100 80.131 100

’33 35.913 100 31.561 100 67.474 100

’34 33.895 100 32.978 100 66.573 100

1925 51.667 99.2 38.739 99 90.406 99,1

’26 39.354 91,8 29.837 89,5 69.191 90,8<!Z ’27 31.194 93,7 25.881 95,4 57.075 94,4

<! ’28 24.235 82,8 22.395 82,9 46.600 82,9N*

’29 33.833 89,9 24.171 88,8 58.004 89,4•<Hl—l

’30

’31

40.732

35.194

87,4

92,2

31.634

31.163

86.5

90.5

72.366

66.357

87,1

91,4

’ 32 35.375 82,3 30.719 82,7 66.094 82,5

’33 26.244 73,1 23.557 74,6 49.801 73,8

’34 21.853 64,5 20.449 92,6 42.302 63,5

1925 406 0,8 406 1 812 0,9

’26 3.526 8,2 3.482 10,5 7.008 9,2

< 7 7 2.097 6,3 1.257 4,6 3.354 5,6

« ’28 5.018 17,2 4.614 17,1 9.632 17,1

H’29 3.735 10 ,1 3.054 1 1 ,2 6.839 10,6

CO ’30 5.859 12,6 4.938 13,5 10.797 12,9W

’31 2.494 7,8 3.384 9,5 6.278 8,6

’32 7.593 17,7 6.444 17,3 14.037 17,5

’33 9.669 27,9 8.004 25.4 17.673 26,2

’34 12.042 35,5 12.229 37,4 24.271 36,5

Le condizioni naturali, che fanno di V e­nezia lo strumento indispensabile di un va­sto e ricco retroterra, esclusivamente na­zionale e perciò più sicuro, rimangono inal­terate, e possono in parte ritenersi anche mi­gliorate per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la previdente assistenza del Governo nazio­nale e per il forte incremento dato alla at­tività industriale.

2. Trieste deve la sua importanza eco­nomica soprattutto alla favorevole posizio­ne geografica; infatti Trieste è naturalmen­te il porto che nelle relazioni fra l’Europa centrale e l ’estremo Oriente permette il più

ampio sfruttamento dei trasporti marittimi.Il moderno sviluppo economico del no­

stro porto comincia solo dopo le guerre napoleoniche, favorito particolarmente dalla fondazione del Lloyd Triestino e delle va­rie Società d’Assicurazione e dalla costru­zione delle linee Lubiana e Vienna-Trie- ste.

Unita così col suo retroterra, Trieste, col sorgere di potenti compagnie di navigazio­ne, acquistò ben presto una notevole im­portanza commerciale e industriale, con in­tenso traffico marittimo e con moderna at­trezzatura portuale.

Il porto di Trieste è quindi d’origine relativamente recente. Le prime installazio­ni portuali moderne sono state iniziate nel 1868, cioè 1 1 anni dopo la ferrovia Vien- na-Trieste. In tale anno si cominciò anche la costruzione del porto nuovo, detto ora Vittorio Emanuele III, terminata nel 1883. Per la protezione del bacino si costruì nella parte meridionale del nuovo porto una diga e un’altra calata, un porto per il le­

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gname e uno per gli olii minerali a S. Sab- ba. Per lo sviluppo del traffico di Trieste negli anni seguenti, fu necessario costruire un nuovo porto, cominciato nel 190 1. Al 1880 si può far risalire la data di fonda- zione dell’Azienda dei Magazzini Gene­rali, quando, in pieno regime di porto fran­co, il Comune e la Camera di Commercio si assicurarono i mezzi per costruire ed eser­cire dei magazzini da erigere nell’area del porto. Nel 1894 un accordo fra gli istituti interessati portò alla statizzazione dei Ma­gazzini Generali, che costituiscono oggi un Ente parastatale con carattere autonomo. La maggior parte delle installazioni por­tuali è utilizzata dai Magazzini Generali, la cui funzione consiste nella amministra­zione deH'attrezzatura, nella cura dell’an- damento portuale e nella gestione dei ser­vizi relativi allo scarico, al carico ed al de­posito delle merci.

Nel seguente prospetto, diamo una idea della attuale grandezza ed importanza del porto in parola:

A re a to tale d e l p o r t o ................................ m q. 9 5 4 .2 10

A re a d ei b a c i n i ............................................. » 5 5 1 .3 9 0

A re a d ei m o l i ...................................................» 26 5 .78 6

A rc e e d i f i c a t e ...................................................> 248 .932

S v ilu p p o d e lle b a n ch in e . * . . . m . 16 .3 4 0

E d i f i c i .............................................................................. 1 6 1

A re e u t iliz z a b ili n egli hangar» e m a­

gazzin i ......................................................... m q. 349 .436

Aree Scoperte ad uso commerciale . » 133.030 Capacità negli hangar» e magazzini . tonn. 501.531

| Binari . . . m. 59.776 Impianti ferroviari Piattaforme . n. 169

( Deviatori . . » 175Alle rive da tonn. 1,5 » 103

» » » » 3 . » 8

q ; Galleggianti * » 25 . » 1J ► » » 40 . » 1

Fisse » » 120 . » 1\ Martelliformi » » 120 . » 1

Montacarichi e gru fisse nei magazzini » 108Bilance a p o n t e ....................................... » 14Apparati scaricatori del grano . . . » 17

Come si vede, l ’attuale attrezzatura del porto di Trieste è poderosa ed assoluta- mente rispondente alle necessità del traf­fico.

Per meglio analizzare la utilizzazione di tale porto e le sue attuali correnti commer­ciali, crediamo opportuno studiare lo svi­luppo del traffico triestino nell’ultimo ven­ticinquennio.

Anzitutto vediamo brevemente come ta­le traffico si sia svolto nei quinquenni im­

mediatamente precedente e seguente la guerra mondiale. Dal seguente prospetto possiamo trarre un’idea del traffico triesti­

no in tali anni:

Merce arrivata e partita (in tonnellate)

Anno V i a m a r e V i a t e r r a

Cifre assolute "lo Cifre assolute °l.

1909 2.909.487 95 2.146.334 88,6

’ 10 2855.007 93,2 2.208.633 91,2

’ 1 1 3.072.178 100,3 2.424.886 100,1

’ 12 3.023.972 98,8 2.630.770 108,6

’ 13 3.449.728 112,7 2.697.634 111,4

Media1909-’ 13 3.062.074,4 100 2.421.651,4 100

1919 1.479.009 48,3 1.378.420 56,9

’ 20 1.474.550 48,1 1.632.314 67,4

’ 21 1.490.980 48,7 1.402.103 57,9

’22 1.506.125 49,2 1.419.295 58,6

’23 2.050.948 67 2.020.457 83,4

Media1919-’ 23 1.600.322,4 52,3 1.570.517,8 64,8

Come si vede, il movimento commer­ciale di Trieste ha avuto negli anni pre­

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49

cedenti la guerra un continuo e sensibile aumento, culminante nel 19 13- Nell’imme­diato dopoguerra invece il porto in parola, come sbocco di un retroterra formato da varie Nazioni, ha naturalmente sentito più fortemente di qualunque altro porto ita­liano (escludendo Fiume, che, per le note cause politiche, non ha ripreso ancora la sua funzione normale) la ripercussione del­la crisi economica postbellica. Il fraziona­mento dell’ impero nei vari Paesi, i loro sconvolgimenti interni e le diffìcili vicen­de finanziarie, le condizioni precarie di tut­ti i mercati orientali, hanno fortemente contribuito alla depressione del movimento commerciale triestino. Per tutte queste ra­gioni il traffico marittimo riprende molto lentamente il ritmo ascensionale.

Riteniamo ora opportuno analizzare le ci­fre riportate, confrontando l’importazione e l’esportazione. Dal prospetto seguente rileviamo anzitutto che nel periodo prebel­lico lo squilibrio fra importazione ed espor­tazione è molto meno sensibile nel porto triestino che non in quello veneziano: ve­diamo infatti che nel 19 13 le esportazioni hanno raggiunto quasi la metà delle im­portazioni. Il rapporto fra esportazione ed importazione nel quinquennio 1909-13 è di poco inferiore al 45 per cento, con forte tendenza a superare tale livello nel 19 12 - 19 13 . Questo fatto ha notevole importan­za neH’avvaloramento dello scalo triestino, poiché la maggiore intensità dei noli di ritorno influisce beneficamente sul prezzo dei noli di andata.

Inoltre la sproporzione fra merci povere e ricche è a Trieste assai minore di quanto non sia a Venezia: il valore infatti delle merci importate ed esportate nel 19 13 (ri­

ferendoci sempre ad un solo anno, per evi­tare gli errori di confronto derivanti dalle

Anno

Movimento delle merci (In tonn.) Rapporto

°lo ira Esp. e Imp.Importazione Esportazione

1909 2.094.567 814920 38,91

’ 10 1.983.921 8 71086 43,91

• 1 1 2.144.124 928.054 43,28

' 1 2 2.042.319 981.653 48,07

’ 13 2.314.017 1.135.711 49,08

Media1909-M3 2.115.789,6 946284,8 44,72

1919 1.356.656 122.353 9,02-

’20 1.183.665 290885 24,57

’ 21 1.138.652 352328 30,94

’ 22 952.856 553.269 58,06

’23 1.356.819 694.129 51,16

Media1919-’23 1.197.729,6 402.592,8 33,61

Rapporto fra le Medie 56,61 % 42,54 o /o —

variazioni di quotazione monetaria) è il seguente :

Esportazione tonn. 1 - 13 5 .7 1 1 , Corone 932.074.013.

Importazione tonn. 2 .3 14 .0 17 , Corone 869.518.300.

Vale a dire che su una cifra di esporta­zione che sale al 49,1 % di quelle di im­portazione, il valore della prima raggiun­ge il 107,2 °/0 della seconda.

Dalle cifre riportate si vede che il traf­fico triestino va riprendendo il suo carat­tere d’anteguerra. Il fortissimo squilibrio fra importazione ed esportazione maritti­ma verificatosi nel 19 19 va via via dimi­nuendo; questo perchè, mentre subito dopo

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50

T R A F F IC O D E L L E G N A M E A T R I E S T E

la guerra i Paesi del retroterra hanno avu­to un estremo bisogno di merci di approv­vigionamento (producendo la forte impor­tazione di farina, granaglie, grassi, ecc.), a poco a poco si va riassestando l’equilibrio economico, riprende la produzione e gli scambi riassumono l’andamento normale. Le esportazioni, che nel 19 ammontava­no a sole 122 .353 tonn., salgono a oltre mezzo milione nel 1922 e nel ’23 a quasi 700.000 tonn., mentre le importazioni, di­minuite dal 1920 al ’22 per il minor biso­gno di approvvigionamenti, riprendono il loro movimento ascensionale, raggiungen­do il quantitativo del 19 19 . Il fatto che il rapporto fra esportazione ed importazione tnel 1923 ha leggermente superato quello del '13 prova che Trieste ha ripreso la sua funzione di scalo intermediario tra l ’Euro­

pa e l ’Oriente, con le precise caratteristiche che aveva anteguerra.

Naturalmente il traffico triestino nel quinquennio deH’immediato dopoguerra è ben lontano dal raggiungere l’ intensità pre­bellica, poiché il movimento ferroviario del1923 ha toccato l’83,4 °/0 della media del movimento nel quinquennio 1909-’ ! 3 e quello marittimo il 67 °/0.

Evidentemente non possiamo dilungarci ad esaminare le varie correnti del traffico triestino negli anni considerati; in linea di

massima notiamo che negli anni del do­poguerra, rispetto a quelli precedenti il conflitto mondiale, sono in forte diminu­zione il carbone, i minerali, il cotone e il caffè, mentre sono in aumento sensibile i cereali, gli olii minerali, il tabacco e lo zucchero.

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Anche per quanto riguarda i Paesi di provenienza e di destinazione, ci limitia­mo a ricordare la grande importanza che hanno la Gran Bretagna nelle importa­zioni (con una percentuale media superiore al 30 %) e gli altri porti italiani nelle esportazioni (in media il 25 %).

Ma il rilevamento più interessante che si può trarre da tale analisi è che l’Italia nel periodo prebellico è in media al quarto po­sto nelle importazioni, ma al primo nelle esportazioni; e questo significa che Trieste assolve un compito di intermediaria nel commercio fra l ’ Italia e i Paesi del suo re­troterra, come appare dalle cifre relative al movimento ferroviario, che per brevità omettiamo; ne deriva dunque che l’incre­mento e lo sviluppo dei traffici triestini so­no strettamente connessi alle condizioni economiche italiane. Con la caduta poi del­le barriere doganali che dividevano Trie­ste dall’Italia, molti prodotti destinati al rifornimento della città e del suo retroterra friulano ed istriano, che anteguerra prove­nivano dall’Austria, possono ora essere for­niti dai nostri industriali e commercianti; così per i cotonati, le lanerie, seterie, mac­chine e prodotti siderurgici, cereali, zuc­chero, olii minerali, ecc.

Naturalmente nel dopoguerra l’ Italia continua ad occupare il primo posto nelle esportazioni triestine, confermando il carat­tere che il porto aveva anteguerra e di cui abbiamo or ora fatta menzione; si passa anzi da una percentuale del 20 °/Q di par-' tecipazione al totale nella media prebel­lica ad oltre il 30 % nel 1922.

Una notevole diminuzione si nota tut­tavia nelle correnti di esportazione per il Levante, ridotte a circa un terzo dell ante­

guerra; però tali correnti sono in costante aumento, e dimostrano la tendenza a ri­prendere l’ intensità prebellica-

Vediamo quindi come il riattivato traf­fico marittimo e la ripresa del movimento commerciale con tutti i Paesi del retroterra confermino che la funzione del porto di Trieste risulta del tutto inalterata, nè di­minuita per la variazione di appartenenza politica.

Esaminate così le salienti caratteristiche del traffico marittimo triestino nei periodi immediatamente precedente e seguente la guerra, vediamo ora come si siano svolte le correnti commerciali nel periodo che va dal 1924 ad oggi.

Il prospetto seguente ci dimostra l’an­damento del porto in parola:

Movimento delle merci (in tonnellate)

Anno V i a m a r e Via terra

Importaz. Esportaz. Totale Totale

Media 1909-’ 13 2.115.689,8 946.284,8 3.061.974,6 2.421.651,4

Media 1919-’23 1.197.728,6 402.592,8 1.600.321,4 1.570.517,8

1924 1.891.845 985.432 2.877.277 2.984.487

’25 1.905.727 958.577 2.864.304 2.612.436

’26 1.539.564 998.193 2.537.757 2.339.013

’27 1.717.221 856.080 2.573.301 2.422.727

'28 1.994.481 827.293 2.821.774 2.502.561

’29 2.175.541 891.060 3.066.601 2.537.591

’30 1.637.083 806.265 2.443.348 2.052.195

’31 1.822.417 649.882 2.472.299 1.889.905

’32 1.618.000 528.000 2.146.000 1.541.708

’33 1.322.581 479.298 1.801.879 1.217.445

’34 1.816.160 590.806 2.406.966 1.580 416

Media1925-’34 1.754.877,5 758.545,4 2.513.422,9 2.069599,7

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Dopo la prima debole ripresa dei traffici verificatasi negli anni dell’immediato do­poguerra, il porto di Trieste avvertiva nel1924 un improvviso risveglio di traffico, dovuto alla situazione politica ed econo­mica maturatasi allora in Germania, che trattenne temporaneamente l’influsso della concorrenza degli scali nordici. Ma, col ri­torni alla condizione normale di quello Stato, il traffico portuale ripiegava lenta­mente negli anni successivi, diminuendo in media di un centinaio di tonn. all’anno. Nel 1928 e ’29 si aveva una nuova forte ripresa, che nel ’ 30 veniva arrestata dalla ripercussione determinata dalla crisi econo­mica sui traffici adriatici, che diminuiva anzi la cifra del movimento marittimo del ’29 di quasi il 20 % . La tendenza ascen­sionale ha ripreso nel 19 3 1 , ma nel ’32 e nel ’33 la depressione economica ha prodot­to gravi effetti, riducendo ancora annual­mente del 12,5 °/0 circa il movimento to­tale, aumentato poi del 34 % nel 1934.

Tuttavia dobbiamo essere sicuri che il porto di Trieste è destinato ad occupare posizioni che rispondano al suo prestigio, alla sua funzione ed alla sua perfezione tec­nica. Tale sicurezza ci infondono appunto gli istituti che costituiscono insieme il com­plesso organismo portuario; essi hanno resi­stito, con tenacia veramente degna della nostra epoca, nella lotta contro gli effetti di depressioni improvvise e riprese eccezio­nali, derivanti in gran parte dalle ricerche di equilibrio e di assestamento nell’Europa danubiana; si sono anzi posti sistematica- mente sulla via della riconquista dei mer­cati, che, neH’anteguerra, avviavano copio­samente all’emporio triestino le proprie cor­renti commerciali, portando, ovunque ab­

biano avuti rapporti di affari, di interessio di scambi, una larga fiducia nella loro or­ganizzazione.

A dimostrare il nostro asserto varrà l ’esa­me delle correnti di traffico negli ultimi anni, dal 1927 ad oggi, che ci proponiamo di eseguire ora.

A tale uopo ci serviremo dei dati relativi al traffico svolto attraverso i Magazzini Generali, che rappresenta in media circa i tre quarti del movimento portuale comples­sivo.

Vediamo così che il traffico marittimo nel 1928, che prendiamo in considerazione perchè anteriore allo scoppio della crisi mondiale, è stato superiore a quello del ’27 del 6,6 % , pur restando leggermente infe­riore alla media prebellica. Tale eccedenza rispetto all’anno precedente è dovuta al miglioramento verificatosi per i carboni e minerali (aumento del 12 ,3 %) e per le al­tre merci (5,4 %). Gli aumenti assoluti più forti si sono avuti nello sbarco, mentre 1 au­mento relativo più forte si è avuto nell’im­barco di carboni e minerali (aumento del

35*5 %)•L ’incremento registrato nelle importa­

zioni va attribuito essenzialmente al tran­sito di ingenti quantitativi di cereali, de­stinati al retroterra estero, e alle piriti. Mi­gliorato risulta pure il movimento dei se­mi oleosi, del carbone, delle cipolle, dei grassi animali e vegetali e della copra; mentre risultano in perdita anche notevole il vino, i tabacchi, il caffè, il riso, i fosfati, gli agrumi e lo zolfo, omettendo i minori.

L ’esportazione è leggermente diminuita rispetto al 1927; tale diminuzione è do­vuta ai principali articoli di esportazione dall’entroterra estero, quali la carta, i car­

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toni e la cellulosa, la magnesite, la ghisa, ferro e acciai d’ogni genere, i legumi ed altri titoli di minore importanza. Anche lo zucchero risulta in diminuzione negli im- barchi (con una perdita del 7 %), poiché il commercio con l’interno è tanto aumen­tato da assorbire anche l’aumento verifi­catosi negli arrivi dall’entroterra.

Poste così a confronto le varie correnti di traffico negli anni 1927 e ’28, vediamo ora l ’andamento di tali correnti negli anni 1930 e *31, quando cioè hanno cominciato a farsi sentire gli effetti delle speciali con­dizioni economiche manifestatesi nella pie­nezza della loro gravità alla fine del ’29, per poter dedurre le influenze di tali condi­zioni sullo sviluppo del traffico marittimo.

Malgrado la notevole depressione degli imbarchi, che hanno perduto circa il 20 % in seguito alle diminuite esportazioni na­zionali ed estere, il totale del commercio marittimo del ’3 1 ha superato del 5 % i contingenti dell’anno precedente.

A tale risultato si è giunti grazie al no­tevole incremento delle importazioni, che hanno superato di 2 .174 4 16 q.li il quanti­tativo raggiunto nel ’30. Negli arrivi si av­verte appunto un aumento del 15 % per quanto riguarda i carboni e minerali e un aumento del 2 9 ,1% per le altre merci. Nel­le partenze invece si nota una diminuzione media del 20 °/ot alla quale partecipano i carboni e minerali con oltre il 69 % di per­dita in confronto all’anno precedente. N o­tevolissimo poi è l ’aumento del 565,5 % di importazione di cereali, che ha fatto sa­lire le cifre relative da 352.942 q.li a 2 .350.014 q.li.

Dall’esame dei dati relativi, emerge an­

che che nel 19 3 1 hanno in generale rigua­dagnato le voci che nel 1930 avevano su­bite le maggiori diminuzioni. Infatti, per gli sbarchi, oltre ai cereali, si notano in au­mento i carboni, i semi oleosi, le cipolle, tutte merci che erano diminuite nel ’30. In sofferenza si notano il cotone, i tabacchi, la copra, le pietre, il ferro e derivati, ed altre merci in minore quantità. Quanto alle cor­renti di esportazione, notiamo che, mentre nel 1930 avevano resistito agli effetti della depressione economica, grazie al forte mo­vimento avutosi con l’Egitto, nel ’ 3 1 esse sono state più duramente colpite dal per­sistere di tali precarie condizioni, bilancian­do quasi completamente i vantaggi dhe era­no derivati al porto in parola dal maggior movimento negli arrivi: le più forti dimi­nuzioni si notano nelle cifre riguardanti lo zucchero, la ghisa, ferro e acciai, la magne­site, i minerali di zinco e i cementi. Hanno migliorato invece i cereali, l ’orzo tallito, il riso e, lievemente, il caffè, il quebracco e le frutta secche.

Per quanto riguarda l’andamento del traffico nel 1934 , poiché abbiamo avuto oc­casione di intrattenerci sulla influenza eser­citata dalle Convenzioni italo-ausitriaca e italo-ungherse (Roma, 17 Marzo 1934), ci limitiamo a riportare le cifre relative all’ im­portazione delle principali merci:

Carbone f o s s i l e ...................... tonn. 451.219

» 170.236

Residui della distillazione di olii minerali . . . . » 115.950

Semi o l e o s i ............................ » 104.222

O lii m in e ra li............................ » 61.215

» 55.123

C e r e a l i ....................................... » 36.086

» 19.109

Page 72: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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Metalli lavorati e m acchine. » 12.443

Materiale da costruzione (e- scluso il legno e il ferro) » 7.625

Olii v e g e t a l i ............................ » 6.329

P e l l i ............................................ > 5.895

Per quanto concerne i Paesi di prove-nienza o destinazione delle correnti in esa­me, notiamo che le importazioni (che costi­tuiscono in media quasi i tre quarti del mo­vimento marittimo totale) sono formate principalmente dagli arrivi dalla Gran Bre­tagna, da altri porti d’Italia, dall’Olan- da, dall’Argentina, dalla Grecia, dalla U. R. S. S., dai Paesi dell’estremo Oriente e dall’Egitto. Nelle esportazioni il maggior movimento si è svolto con i porti naziona­li, la Grecia, gli Stati Uniti, i Paesi orien­tali, la Jugoslavia e l’Albania. Risulta anche che circa 1*85 °/Q del traffico marit­timo totale è assorbito dal movimento con l’estero.

Le correnti più importanti negli arrivi sono quelle del carbone dalla Gran Bre­tagna, Danzica, U.R.S.S. e Olanda, dei cereali dall’Argentina e dalla U.R.S.S., delle piriti dalla Grecia, del cotone dall’Egitto e dall’india, della frutta, ortaggi e agrumi dall’interno, Grecia e Turchia, dei tabacchi dalla Grecia, Turchia e Bulgaria. Nelle partenze prevalgono invece le correnti di zucchero per la Grecia, Turchia, Siria e Pa­lestina e Albania, di carta e derivati per l’ india, la Cina, l'Egitto, la Grecia e la Turchia, di magnesite per gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, e i prodotti di varie in­dustrie per la Grecia, l’Albania, la Jugo­slavia, l’ india e il Levante asiatico.

Per quanto riguarda il traffico marittimo triestino distinto per bandiera, notiamo che la quota di partecipazione della bandiera

italiana al totale è in media del 73% nel decennio considerato; in ordine d’impor­tanza vengono poi le bandiere inglese, ju­goslava, greca e germanica. Si nota però che, mentre le correnti di importazione co­stituiscono la quasi totalità del traffico com­piuto con bandiera inglese, greca e germa­nica, le correnti di esportazione compiute con bandiera jugoslava si aggirano sul 60 % del movimento totale d’imbarco compiuto da navi battenti bandiera estera. Di un certo interesse è pure la constata­zione che, mentre le bandiere jugoslava e inglese prevalgono nella navigazione di li­nea, nella navigazione libera partecipa spessissimo, e talora con non lieve impor­tanza, la baiidiera greca; il che sta a con­validare le considerazioni d’indole generica da noi già espresse nella parte riguardante il porto di Venezia.

Riguardo al movimento passeggeri, ri­portiamo una tabella riferentesi all’undi- cennio 1924-1934, omettendo compara­zioni con altri periodi, sia per evitare con­fronti fra dati determinati da fattori e con­dizioni diverse, sia per non dilungarci trop­po su tale questione, approfondendo l’esa­me delle cause relative.

L unico fatto degno di nota è che il mo­vimento passeggeri ha avuto in media un aumento costante di circa 60.000 viaggia­tori in più ogni anno fino al 19 3 1 ; inoltre si nota che la già lievissima partecipazione estera al movimento passeggeri (meno del- l ’ 1 % , e quasi tutta di bandiera jugoslava) è andata diminuendo in modo relativamen­te sensibile. Questo dimostra la grande fi­ducia che cittadini e stranieri ripongono nelle compagnie di navigazione italiane, tanto più confermata dal fatto che la po­

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tenziata attrezzatura jugoslava non è riusci­ta, non diciamo a migliorare, ma neanche a conservare le posizioni raggiunte.

Come si rileva dall’esame fin qui con*

Bandiera AnnoV i a g g i a t o r i

Sbarcati Imbarcati

1924 738.099 732.710

’25 761.640 767.196

’26 843.279 857.018

’ 27 808.752 813.959

’28 1.053.056 1.062.094T O T A L E

’ 29 1.127.280 1.122.383G E N E R A L E

’30 1.153.360 1.166.922

’31 1.194.276 1.163.695

’32 1.068.189 1.068.908

’33 688.636 702.586

’34 738.232 741.555

1924 733.950 729.487

’25 755.690 761.759

’26 836.390 851.076

’27 802.852 808.926

’28 1.047.706 1.056.880I T A L I A N A ’ 29 1.121.270 1.117.026

’30 1.147.663 1.162.066

’31 1.191.127 1.162.899

’32 1.066.393 1.067.290

’33 686.894 701.144

1 ’34 736.665 740.779

1924 4.149 3.223

’25 5.950 5.437

’26 6.889 5.942

’27 5.900 5.033

’28 5.350 5.214

E S T E R A’ 29 6.010 5.357

’30 5.697 4.856

’31 3.149 796

’32 1.796 1.618

’33 1.742 1.442

’ 34 1.567 776

dotto, il traffico marittimo svolto attraverso il porto di Trieste, e in particolare attraver­so i Magazzini Generali, che ne costituisco- no l ’organismo più delicato e potente, ri­sente ancora, se pur lievemente, delle con­seguenze della guerra mondiale; tuttavia esso porto sostiene con degna tenacia la lotta contro le attuali precarie condizioni economiche, nell attesa che l’Europa realiz­zi il suo definitivo riassetto economico e fi­nanziario. Tale riassetto porterà certa­mente una revisione della politica economi­ca della Jugoslavia, e Trieste non subirà

più la artificiosa concorrenza di Susak e di Spalato, riassumendo la sua posizione pre­bellica ed aumentandone anche il prestigio e l ’importanza.

3. Fiume, la città nobilissima per il perenne e volontario olocausto, risente tut­tora le conseguenze del suo patriottico at­taccamento ; la guerra ha prodotto i suoi ef­fetti certo non confortevoli; vicinissima al confine, la città è troppo legata al retroter­ra per non subire le ripercussioni di una crisi economica, che in qualunque entità si abbatta su di esso. Quindi Fiume è in­dubbiamente il meno protetto economi­camente fra i porti adriatici.

Avendo notato precedentemente le ra­gioni delle condizioni attuali del porto in parola dal punto di vista sia politico, sia economico, ci limiteremo ora a fare delle constatazioni analitiche, d’indole puramen­te economica, riserbandoci di studiare nella terza parte le prospettive di vita del porto, tenendo presente l ’eventualità di una revi­sione di confini che interessi, anche indiret­tamente, lo scalo di Fiume.

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Poiché è opportuno vedere quali varia- lato e dei progettati nuovi impianti di Su­zioni abbia subito l ’attrezzatura portuale sak, è assolutamente necessario che gli isti- nell’ultimo ventennio, riportiamo i dati re- tuti ed organi responsabili continuino nei lativi, tenendo presente nel periodo post- provvedimenti atti ad arrestare la azione bellico la divisione operata dal Trattato di jparalizzatrice della attività commerciale

Attrezzatura portuale 1 9 141 9 2 4

19 3 4Italia s. c. s. Concessione

s. C. S.

Area del p o r t o ....................... hmq. 58,2 40 8,2 10 74,5

Svilupppo banchine . . . . m. 6.300 4.100 1.450 750 6.300

m q‘ 81.000 59.000 8.000 10.000 70.500

Magazzini generali . . ’ . » 116.800 109.500 — 43.300 116.543,2

Magazzini in legno . . . . > 18.000 3.600 3.200 — 2.646

Sviluppo ferroviario. . . . m. 60.000 52.000 8.000 52.000 60.000in comune in comune

| Delta . . . mq. 119.000 — 119.000

Arce scoperte \ Braidizza . . » 212.000 — 212.000 — > 43.000

( Altri . . . > 150.000 25.000 130.000 3.000

tonn. — — — — 6.000

/ da tonn. 0,5 . • 1 1 — — 1

Gru a mano S » » 1 2 2 — - - -

( » » 10 . . — — — — 1

/ da tonn. 1,5 . . 25 1 1 1 1 3 14

Gru elettriche s » » 3 . • 6 5 — 1 6

( » * 6 . . 1 1 — — 1

Pontoni da tonn. 40 . . . 1 1 — — 1

Roma, per mostrare le diverse possibilità dei due scali, di Fiume italiana e di Susak jugoslava. Vediamo brevemente per quali mezzi di lotta ciascuno dei due porti si trovi in vantaggio.

Fiume è destinata ad essere lo scalo delle merci ricche e dei manufatti in genere, Susak delle merci povere. Poiché le prime non sono sufficienti ad alimentare un porto commerciale della capacità di quello di Fiume, e poiché la Jugoslavia tende con tutte le sue forze a strappare al porto ita­liano anche tali correnti, a favore di Spa-

fiumana. Assai provvidenziali sono stati gli Accordi conclusi nel 1934 a Roma con l’Au­stria e l’Ungheria; e particolare attenzione merita la razionale organizzazione dei ser­vizi marittimi regolari; vedremo infatti co­lia mantenuto servizi marittimi regolari, rapidi nei confronti di quei Paesi coi quali ha mantenuto servizi marittimi regolari, con la propria bandiera.

Esposte in linea di massima le ragioni differenziali dei due scali italiano e jugosla­vo, analizziamo il traffico marittimo attra­verso il porto di Fiume nell’ultimo venti-

Page 75: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

57

M ER C I A R R I V A T E V I A T E R R A M E R C I P A R T IT E V I A M A R E

M E R C I A R R I V A T E V I A M A R E M E R C I P A R T IT E V I A T E R R A

Page 76: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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cinquennio. Naturalmente non potremo porre a raffronto i dati del periodo imme­diatamente postbellico, e per la quasi asso­luta inoperosità del porto e per la mancan­za di statistiche ufficiali attendibili, che datano solo dal i° Marzo 1924.

AnnoMovimento delle merci (In tonnellate)

Importazione Esportazione T otale

1909 842.327 771.371 1.613.698

’ 10 695.587 828.893 1.524.480

’ 1 1 775.152 853.765 1.628.917

’ 12 879.197 1.092.084 1.971.281

’ 13 922.959 1.173.882 2.096.841

Media1909-’ 13 823.044,4 943.999 1.767.043,4

1924 197.257 145.170 341.427

’25 404.680 304.779 709.459

’26 385.413 366.273 751.686

’27 442.228 353.367 795.595

’ 28 502.692 378.309 881.001

Media1924-’28 386.454 309.620,1 695.833,6

1929 523.141 585.281 908.422

'30 482.625 300.741 733.366

’31 369.523 218.988 588.520

’32 283.210 194.228 477.438

’33 402000 168.000 570.000

’34 375.000 230.000 605.000

Media1930--34 382.471,6 222.391,4 604.865,3

Per la giusta valutazione del rapporto con la media prebellica è necessario som­mare alle cifre del porto di Fiume quelle di Susak, dato che in quell’epoca i due scali formavano un tutto unico. A tale uo­po ci serviremo del quinquennio i925-’29, come quello che oltre a presentarci dati molto attendibili, non risente deH’inffuen-

za della attuale anormalità, riserbandoci di studiare questo problema nel seguito della trattazione.

0 Im portazione (In tonn.) Esportazione (in tonn.)

e< Fium e Susak Totale Fiume Susak Totale

Media190Q-M3 S23.044,4 943.999

1925 404.680 156.430 561.110 304.779 154.050 458.829

’26 385.413 120.624 506.037 366.273 134.518 500.791

’27 442.228 225.626 667.854 353.367 210.123 363.490

’28 502.692 255.144 757.836 378.309 308.678 686.987

’29 523.141 305.229 82S.370 385.281 328.915 714.196Medial925-’29 451.631 212.611 664.241 357.602 227.257-544.859

Anno

Totale Im portazione ed Esportazione

Totale generale

Fiume Susak Assolute °l.

Media1909-’ 13 1.767.043,4 1.767.043,4 100

1925 709.459 310.480 1.019.939 57,72

’26 751.686 255.142 1.006.828 56,98

’ 27 795.595 435.749 1.231.344 69,68

’28 881.001 563.822 1.444.823 81,76

’29 908.422 634.144 1.542.566 87,30

Media1925-’ 29 809.232,6 439.867,4 1.249.100 70,69

Come si vede, il totale generale del traf­fico marittimo è andato costantemente au­mentando; quindi è logico supporre che Fiume riprenda presto la sua marcia ascen­sionale, con un movimento degno della sua importanza e funzione.

Analizziamo ora le correnti del traffico marittimo fiumano, li prospetto seguente ci

dà un’idea dell’andamento dei principali titoli nel periodo considerato, confrontato con lo sviluppo avuto nell’anteguerra:

Page 77: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

59

I m p o r t a z i o n i 1909 1910 1911 1912 1913

t o n n . 272.467 142.258 158.026 145.496 227.859

99 123.172 127.348 131.740 115.851 128.914

9> 68.594 76.331 80.895 96.357 118.493

38.905 37.281 23.593 36.037 42.025

O l i i m i n e r a l i ............................. 9» 6.391 4.978 7.496 7.582 11.157

M i n e r a l i ( p i r i t i ) . . . . 99 15.593 10.831 14.567 25.545 23.146

I m p o r t a z i o n i 1925 1926 1927 1928 1929

95.173 69.800 107.700 100.300 104.600

R i s o ....................................... „ 38.384 35.200 38.900 35.100 35.200

F o s fa t i .................................. „ 102.001 86.000 55.900 67.000 43.000

V in o ........................................ „ 11.579 29.900 24.500 24.100 15.700

Olii m inerali....................... ,, 73.796 106.900 107.700 119.900 189.200

Minerali (p iriti). . . . „ 45.468 29.900 27.100 34.500 19.900

8.331 6.800 9.700 13.200 14.300

E s p o r t a z i o n i 1909 1910 1911 1912 1913

208.377 228.773 224.777 236.748 239.059

Traversine ferroviarie . „ 21.603 21.921 34.805 38.161 37.915

Z u c c h e r o ............................ „ 132.981 159.795 141.533 305.549 388.931

16.922 9.974 10.586 9.585 6.483

11.178 9.904 28.220 15.699 13.552

38.534 61.244 46.386 53.916 67.500

E s p o r t a z i o n i*

1925 1926 1927 1928 1929

v / Squadrato e segato . tonn. ' 161.800 171.500 203.400 161.000

a ̂ G re g g io ....................... ( 115.110 7.800 9.700 1 1 .10 0 6.200

r Da ardere . . . . 99 5.700 7.700 7.200 4.400\

Traversine ferroviarie »9 — 13.700 16.000 20.000 6.000

Zucchero » . . . . 99 71.132 50.200 55.800 43.300 104.900

R is o ....................................... 99 10.067 12.800 19.600 26.400 23.500

99 2.325 4.300 5.300 8.800 10.600

99 — 34.200 4.100 1.300 4.400

Cascami di barbabietola. 99 10.142 — 1.400 5.300 16.900

Page 78: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

60

Anche per tale analisi, riteniamo oppor- tuno tener presenti le cifre riferentisi al movimento di Susak; a tale scopo prende- remo in esame le merci più importanti, sul­le quali si esplica la concorrenza fra i due scali, per stabilirne anche le posizioni reci­proche.

I legnami, come vedremo meglio in se­guito, rappresentano quasi l ’unico articolo di esportazione da Susak per l’estero (in media il 95% del traffico totale), mentre nell’importazione predominano i fosfati per una media di quasi il 45% , il carbon fos­sile (20%) e le piriti (15% )-

Notiamo subito che, per il legname, men­tre per Trieste ha avuto una influenza for­tissima la cessione di Susak al Regno S.C. S., Fiume ha subita una sensibilissima dimi­nuzione per il Trattato di Commercio fra Spagna e Regno S.C.S. (1928), a completo favore di Susak; infatti, mentre nel 1924 Trieste esportò 2 15 .755 tonnellate di le­gname, negli ultimi anni ne ha in media esportato meno di un quarto; e Fiume, che nel ’28 esportò 234.442 tonnellate, ora ne esporta circa un terzo; per Susak è invece andata continuamente aumentando la in­tensità dell’esportazione dei legnami, che ha raggiunto nel ’29 le 3 17 .526 tonnellate, con lieve tendenza alla diminuzione. Anche nei fosfati e nelle piriti si nota un sensibile

T R A F F IC O D E L L E G N A M E N E L P O R T O DI

F IU M E

spostamento a favore di Susak, pur mante- nendo Fiume la prevalenza negli scambi con le Americhe; ma in tale questione entrere­mo più avanti. Per il carbone fossile non è possibile fare alcuna comparazione, data l ’esistenza di un forte traffico fra i due por­ti, dovuto particolarmente alle necessità della navigazione.

Come si vede, sono andati sempre più manifestandosi i diversi caratteri e le ten­

Ar r i v i Paesi di provenienza 0 di destinatone

Par t enz e

1926 ’27 ■28 ’29 1926 ’27 •28 ’29

23,7 13,5 18 23,4 Italia 18,4 23,9 20,3 10,6

54,7 50 48,9 52,9 Regno S. C. S. 10,2 15,4 17,7 19,2

18,3 21,8 27,1 16,5 Ungheria 17,8 21,9 24,4 8,9

— — — — Austria 11,4 7,9 12 ,1 13,5

— — — — Cecoslovacchia 41,6 21,9 25,4 44,1

Page 79: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

denze dei due scali, italiano e jugoslavo, con aumentata fortuna di quest’ultimo, de­

rivante particolarmente dalla forzata orien­tazione della politica economica della Jugo­slavia.

La partecipazione del retroterra al mo­vimento portuale di Fiume si esprime nelle cifre percentuali sul totale, raccolte nel pro­spetto in fondo alla pagina precedente.

Per quanto riguarda i Paesi di prove­nienza o di destinazione delle merci esa­minate, ricordiamo che nelle importazioni è particolarmente notevole la corrente dal- l ’U .R .S S., che tende continuamente al­l’aumento, dalla Jugoslavia, dagli Stati Uniti, dall’interno e dall’estremo Oriente. Notiamo invece che nelle esportazioni han­no acquistato interesse crescente le correnti verso l’Albania e verso gli Stati Uniti.

Gli scambi con altri Paesi si sono man­tenuti più o meno a un livello costante. Naturalmente, data la diversità di condi­zioni politiche, non possiamo fare confron­ti con i dati riferentisi all’anteguerra; que­sto va notato anche riguardo all’analisi del traffico distinto per bandiere, che ci propo­niamo di eseguire ora. Dalle cifre relative appare subito come la percentuale di par­tecipazione al movimento complessivo sia andata continuamente diminuendo per la bandiera estera: da un massimo del 38 % nel 1925 si è arrivati all’ 1 1 , 1 2 % nel ’32, al 24,91 °/Q nel ’33 e al 23,9 per cento nel ’34. Questo dipende, particolarmente negli ultimi anni, da due fattori princi­pali: la aumentata fiducia che ha acqui­stata all estero la marina mercantile italiana e la diminuzione di libertà negli scambi in­ternazionali, verificatasi dopo il ’29.

Il traffico compiuto con navi battenti bandiera jugoslava interessa particolar­mente le importazioni dalla Gran Bretagna (carboni), dalla Spagna e dalla Grecia, e le esportazioni verso la Spagna e l ’Argentina, oltre gli scambi fra Italia e Jugoslavia, e i Paesi del Levante.

La bandiera ellenica interessa un po’ tutto il bacino del Mediterraneo, e particolarmente la Spagna e i Paesi dell’Egeo.

Degno di nota è il fatto che in nessuna operazione di commercio con l ’interno ap­paiono bandiere estere.

Passato così in rassegna il movimento commerciale del porto di Fiume, con par­ticolare riguardo a quello del periodo 1925- ’29, vediamo ora brevemente il movimento dei passeggeri.

Dalla tabella seguente appare subito che il movimento passeggeri interessa esclusiva- mente la bandiera italiana, e particolarmen­te la navigazione di cabotaggio, e che l’en­tità di tale parte del traffico marittimo fiu­mano è andata continuamente diminuendo.

Abbiamo già detto che Fiume è intima­mente legata al suo retroterra, e si compren­de quindi come le condizioni economiche dell’Europa centrale e dell’Ungheria par­ticolarmente abbiano influito in questi ul­timi anni sull’andamento del traffico marit­timo del porto in parola. Attualmente il pro­blema fiumano non consiste soltanto nel ri­cupero del retroterra naturale, ma dipende direttamente dalla riacquistata prosperità e- conomica centro-europea; ecco quindi come sono legittimi le ansie e l'interessamento del popolo italiano alla situazione economi­ca dell’Europa slava e balcanica in particola­re.

61

Page 80: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

62

Bandiera AnnoV iaggiatori

Sbarcati Imbarcati

1925 237.881 208.753

’26 216.243 214.333

’27 168.834 162.239

TOTALE’28 175.527 173.526

’29 174.272 178.145GENERALE ! ’30 176.883 175.132

'31 121.042 121.910

’32 78.503 68.221

’33 59.002 72 346

’34 80.038 75.727

1925 237.880 208.752

’26 216.235 214.328

’ 27 168.821 162.239

’28 175.527 173.526

ITALIANA ’29 174.272 178.145

’30 176.883 175.132

’31 121.042 121.908

’32 78.503 68.221

’ 33 59.002 72.346

’34 80.034 75.727

1925 1 1

’26 8 5

’27 13 —

’28 — —

’29 — —

ESTERA ’30 — —

’31 — 2

’32 — —

’33 — —

’34 4 —

Soltanto col possesso di Fiume l’Italia può ritenersi assicurata la possibilità di un vero e completo dominio commerciale deH’Adria- tico, e tolto il pericolo che altri possa valer­si di Fiume per distrarre da Trieste parte

del traffico di transito fra l ’Europa centrale e l’Oriente.

Nei riguardi dell’ Italia, il Golfo del Quar- naro rappresenta la sorgente e il mezzo di ir­radiazione dei prodotti e delle correnti di traffico adriatico verso i Balcani. Sotto tale aspetto il rifiorire del commercio marittimo fiumano presenta una particolare importan­za anche per i porti della costa occidentale dell’Adriatico.

Infatti, se Fiume divenisse un vero e pro­prio emporio di smistamento per i Balcani, naturalmente le merci sarebbero fornite ad esso da linee regolari partenti da Trieste, Venezia, Ravenna ed Ancona.

Il mantenimento di tali correnti non do­vrà essere molto difficile, anche nei confron­ti di Susak: notiamo infatti che Fiume ha mantenute intatte le sue relazioni commer­ciali con quei Paesi, con i quali era ed è uni­ta da regolari servizi di linea.

Inoltre, benché la differenza fra impor­tazione ed esportazione marittime non sia eccessiva, si verrebbe con tali linee a sosti­tuire le correnti di esportazione, ristabilen­do un equilibrio conveniente.

La vita commerciale del Quarnaro torne­rà così a pulsare con ritmo pieno e la fede politica dei fiumani sarà ricompensata non da pietà riconoscente, ma dalla attuazione delle loro energie, ora solo potenzialmente esistenti.

4. Crediamo opportuno convalidare le nostre osservazioni circa la natura e le pro­spettive economiche dei porti dell’Alto A- driatico, calcolando, in base ai dati mensili forniti dalla Direzione Generale della Mari­na Mercantile all’ istituto Centrale di Sta­tistica del Regno d’Italia, le fluttuazioni sta-

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A N D A M E N T O S T A G I O N A L E D E L T R A F F IC O M A R IT T IM O T O T A L E

63

VENEZIA

MAGGIO

FEBBRAIO

FIUME

DICEMBRE

NOVEMBRE

„OTTOBRE

L U G L I O

AGOSTO

SE T TE M B R E

— - - TR IESTE

APRILE

MARZO

GE.TÍNA 0

'ia !a et i T on n e lla te

gionali nei porti di Venezia, Trieste e Fiu­me, pei quali empori adriatici (insieme ad Ancona) esistono i dati mensili nel quin­quennio i929-’33, cui si riferisce il dia­gramma polare qui riportato, in cui sono rappresentate le medie mensili del movi­mento marittimo mercantile totale, espres­so in migliaia di tonnellate.

Per il porto di Venezia, si nota un mas­simo estivo, culminante nel mese di Luglio, derivante dalle forti importazioni di cereali, mentre all’aumento primaverile contribui­scono le importazioni di olii minerali e, in genere, dei prodotti grezzi destinati alla attività industriale, che generalmente si in­tensifica dopo Febbraio; le cifre relativa­mente notevoli del trimestre Ottobre-

Dicembre sono sostenute dagli sbarchi di fosfati e di carboni fossili per la riserva.

NeH'andamento stagionale del porto di Trieste, che risulta assai meno irregolare di quello di Venezia, con tendenza a superare di poco o scendere pure di poco al di sotto della media delle medie mensili, si notano due massimi principali : uno primaverile, de­rivante dalle importazioni di materie prime destinate all’industria, e di cereali dall’este­ro; e uno autunnale, dipendente dagli arrivi di merci che vengono tutte sbarcate in gran­di quantità, quali il cotone, gli agrumi e le frutta, il riso, i tabacchi e, soprattutto alla fine di Novembre, di carbone fossile per le riserve; in Gennaio e in Luglio notiamo

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una cifra considerevole, rispettivamente a causa delle importazioni di fosfati e del mo­vimento dei cereali nazionali.

Un massimo autunnale, accresciuto dal­le esportazioni di zucchero, e un aumento in Gennaio di natura simile a quelli triesti­ni, si notano nella fluttuazione stagionale di Fiume, mentre il massimo primaverile si trova posticipato di un paio di mesi, per

le esportazioni di legname squadrato e se­gato, prodotto delle industrie che fanno uso del legname raccolto nell’ immediato re­troterra.

Pertanto crediamo di poter asserire che le fluttuazioni stagionali del movimento ma­rittimo sono un indice molto attendibile del carattere del porto e della natura della zona che su di esso gravita.

5. Proponendoci di vedere quale influen­za eserciti sul problema dell’Alto Adriatico l'attività svolta attraverso gli altri porti del nostro bacino, riteniamo opportuno studia­re prima il traffico marittimo degli scali ita­liani e poi di quelli jugoslavi.

La estensione ai porti minori di indagini analoghe a quelle condotte pei massimi em­pori sarebbe di indubbio interesse, ma si op­pone la assoluta mancanza di elementi sta­tistici recenti, di sufficiente affidamento. La regione che a tale riguardo presenta minore possibilità di rilevamenti è quella dell’A ­driatico settentrionale, ove esiste una quan­tità di scali con valore puramente locale, sia per il movimento dei viaggiatori, sia per il traffico mercantile, che si verifica gene­ralmente col grande emporio più vicino, con prevalenza degli scambi di generi alimen­tari, verdura, prodotti della pesca e mine­

rali. Pola è l ’unico scalo che presenti una certa importanza, non tanto per il movi­mento commerciale, che è in media di po­co inferiore alle 180.000 tonnellate di mer­ce sbarcata e imbarcata, quanto per il mo­vimento delle navi entrate e uscite, che su­pera i 2 milioni di tonnellate di stazza net­ta all’anno. Naturalmente questo fatto è sintomatico del carattere del porto di Po- la: scalo destinato alla marina da guerra, presenta possibilità tecnicamente favorevo­lissime all’ormeggio di navi di qualsiasi ti­po e pescaggio.

Nella regione adriatica occidentale, la parte settentrionale presenta interesse par­ticolare per la questione della pesca, che ha dato luogo, fino a poco più di un decennio fa, a gravi malumori fra i pescatori italiani e dalmato-istriani.

Tale questione è stata risolta sulla base della reciprocità, con zone miste accessibili ai pescatori di ambo le coste, tenuto conto dei fattori scientifico-zoologici (uova e lar­ve pelagiche), dagli Accordi di Brioni del 14 Settembre 19 2 1. La ragione di tali dissi­di consiste nel fatto che i pescatori italiani esercitano in prevalenza la pesca in alto ma­re, e necessitano quindi di un forte vento che spinga le imbarcazioni con le pesanti re­

ti, mentre i pescatori dalmati e istriani eser­citano in prevalenza la pesca litoranea con reti a strascico tirate da terra, mancando di imbarcazioni adatte e di marinai piatici della pesca di alto mare.

Dei numerosi porti esistenti sulla costa nord-occidentale, il più importante è quel­lo di Chioggia, con un movimento annuo di oltre 50.000 tonnellate; ma, data la mini­ma entità di tali traffici, omettiamo altre

Page 83: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

65

indagini per poter trattare più diffusamen­te del porto di Ravenna.

Ravenna presenta particolare interesse per due ragioni: perchè in parte già eserci­ta e in parte è destinata a svolgere traffico internazionale, e perchè v ’è contrasto nel definire se Bologna debba utilizzare o meno il porto in parola in contrapposto a Vene­zia e a Livorno. Sarebbe superfluo dire che a noi interessa solo l’esame di questo se­condo punto.

Purtroppo lo spazio ci impedisce di stu­diare attraverso le fonti storiche e geogra­fiche le direttive geopolitiche che nel tem­po si sono susseguite fin dal «Portus Clas- sis » augusteo, alla ripresa dello scalo per volontà del Cardinale Alberoni nel 1737 , giù giù fino al Decreto 5 Febbraio 1860 di Luigi Carlo Farini, e al riconoscimento ufficiale della funzione di Ravenna da par­te del Governo fascista, che pochi anni or sono ha definito il porto in parola « la L i­vorno adriatica ». Neppure possiamo vede­re l’esatta ubicazione dei vari porti, quali il Lione, il Blacherno, il Bedeso, il Pirotolo, il Vatreno, quello di Classe e, più tardi, il Candiano.

Ci limitiamo quindi a notare che esisto­no ancora rilevanti deficienze tecniche por­tuali. Le banchine della Darsena non sono ancora in ottime condizioni; la sistemazio­ne dei piazzali è ancora in via di attuazione; i binari ferroviari posti nell’ambito portua­rio sono rialzati ed ostacolano quindi il

transito dei veicoli; la attrezzatura mecca­nica è rimasta quasi invariata da quella del 1905, essendo costituita da due gru, da 5 e da 10 tonnellate l ’una, cui sono da aggiun­gere i tre ponti trasbordatori, impiantati da

poco tempo sulle banchine in sevizio delle fabbriche di concimi della « Montecatini » e della « Interconsorziale Romagnola » per prodotti chimici, e del molino Spagnoli e Padovani.

Pertanto l’aumento costante e sistemati­co, verificatosi nel periodo postbellico, nel traffico commerciale, denota la intrinseca vitalità del porto in parola e ne rende tan­to più notevoli i risultati conseguiti. Tali risultati sono anche frutto della ottima di­sciplina delle maestranze, riorganizzate col noto R. Decreto-Legge 24 Gennaio 1929. Questa circostanza ha fortemente contri­buito all’aumento delle rese, che, ad esem­pio, sono passate da una media giornaliera di 260-280 tonnellate per piroscafo con 4 boccaporti e carico incompleto, a 480 ton­nellate, aumentando da 4 a 6 le squadre, e curando che le ore di lavoro siano effetti­vamente otto.

Oltre a queste ragioni tecniche, hanno contribuito non poco a sostenere il movi­mento commerciale le tariffe portuali, che nel 19 31 sono state ancor meglio sistemate e ridotte (tariffe speciali per il mulino Spa­gnoli e Padovani, la Raffineria di zolfi Almagià, la Montecatini, la Interconsor- ziale; tariffe per il nitrato di soda e per i cereali, ecc.).

Per dare un’idea della divergenza delle opinioni dei tecnici a tale riguardo, cite­remo due frasi molto sintomatiche.

Nella Relazione Regazzoni sulla ferrovia Prato-Empoli, presentata al Consiglio Pro­vinciale dell’Economia Corporativa di Bo­logna nella sessione autunnale del 2 1 No­vembre 19 3 1, è stato detto: «...Per tali ra­gioni, oltre che per le caratteristiche sue

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proprie, Livorno si presenta incontrastabil­mente come il porto naturale di Bologna e di tutta la bassa valle padana ».

La ¡Relazione Cagnoni al Convegno Re­gionale della Federazione Provinciale dei Commercianti dellEmilia-Romagna del 24 Febbraio 1929 conteneva questo asserto: « Ora l’Emilia ha il suo porto a Ravenna ». In senso simile si esprime anche la « Guida Tecnica Commerciale e Industriale » della Provincia di Ravenna del 19 13 . là dove è detto: « Il porto di Ravenna è lo scalo na­turale per tutte le merci dirette dal ma­re a Bologna, Ferrara e oltre, al Nord ed al Sud attraverso l’Italia centrale, per Faenza e Firenze, sino ad oltre Arezzo ».

Purtroppo non possiamo soffermarci a di­scutere questa questione interessantissima e, se non vitale, certo di capitale importan­za per l’economia della bassa valle pada­na. Ci limitiamo pertanto ad esprimere una convinzione che è frutto, non solo di esa­me delle opinioni altrui, ma anche di stu­dio personale, attraverso le condizioni at­tuali di ambiente sia geografico, sia econo- mico-commerciale.

Le distanze ferroviarie da Bologna dei porti che se ne contendono la appartenen­za come zona d’influenza, sono le seguenti: da Ravenna, km. 64; da Venezia, km. 164: da Ancona, km. 204; da Livorno, km. 186. Se si tiene conto che il prezzo dei trasporti ' direttamente proporzionale al numero dei chilometri e che è possibile il perfezio­namento nella congiunzione fra Ravenna e Bologna con innovazioni nella rete fer­roviaria, stradale e fluviale, si dovrebbe senz’altro ritenere Ravenna scalo naturale

di tutta la regione emiliano-romagnola e di parte della Toscana.

Ma a modificare fortemente tale soluzio­ne interviene la attrezzatura tecnico-mec canica e la profondità del canale di Ra­venna.

Pertanto crediamo che il porto di Ra­venna debba ritenersi lo scalo naturale di tutta la bassa valle padana e delle regioni fino a Piacenza e ad Arezzo, per le merci che non richiedono grande velocità nelle operazioni di carico e scarico; mentre per Ir merci che, come la frutta, richiedono locali di deposito e sistemi meccanici per­fezionati, debbono essere utilizzati i porti di Livorno e di Venezia, rispetti­vamente per le correnti destinate al com­mercio transoceanico e levantino-orientale in genere.

Ravenna quindi deve servire con in­fluenza fino a Piacenza ed Arezzo, come scalo di tutte le correnti di piccola velo­cità e delle correnti di grande velocità col Levante e coi Paesi oltre Suez; mentre, con influenza solo sulla bassa valle padana, può servire per le correnti di grande velocità con l’Occidente e, in genere, con direzione Panama; lasciando ad altri porti, attrezzati più modernamente, il traffico di quei pro­dotti, destinati oltre il Canale d’Otranto, che potremmo definire di « categoria ex­tra », data la eccezionale importanza che per essi assumono la celerità di operazioni e di trasporto e la conservazione.

Questo sembra a noi essere il parere più ragionevole fra le numerose relazioni e di­scussioni in proposito. Quindi, non appe­na sarà terminato quei mirabile ciclo di opere espressamente volute dal Capo del

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Governo fascista e che comprende il mo­numentale acquedotto inaugurato tre an­ni fa, è sperabile che si provveda ad una sistemazione del porto e della sua attrezza­tura, con la eliminazione dei numerosi in­convenienti già ricordati, per un più flori­do avvenire del massimo emporio della Ro­magna.

Dei numerosi piccoli porti che hanno vi­ta lungo la costa occidentale, notiamo che esistono correnti frequentissime con l’altra sponda, specie per l ’importazione di mine­rali e l ’esportazione di prodotti dell’agri- coltura; ma tali correnti di scambio sono così poco notevoli agli scopi che ci propo­niamo col presente studio, che passiamo senz’altro all’esame di una nuova, impor­tante questione.

6. Il problema della concorrenza che al­tri scali adriatici possono esercitare su V e­nezia, Trieste e Fiume va studiato separa­tamente per la costa occidentale e per quella orientale.

Per la costa occidentale, l ’argomento in­teressa particolarmente per Bari, dato che Ancona, benché si stiano compiendo opere degne dei tempi e delle necessità nuove, non presenta qualità tali da competere con i tre empori alto-adriatici : le possibilità del re­troterra di Ancona sono molto limitate, spe­cie industrialmente; il traffico totale è fun­zione predominante delle importazioni di carbone; le altre correnti si svolgono parti­colarmente con l’altra sponda e l ’esporta­zione di zolfo, proveniente quasi tutto dal­la miniera di Ca’ Bermandi-Bellisio Solfare e, in quantità minore, dalle miniere di Per- ticara e Cesena e dalle Raffinerie di Cesena

e Pesaro, potrà costituire una forma di con­correnza per il solo porto di Ravenna.

La Puglia è sempre stata, fin dall’epoca più remota, in stretti rapporti con i Paesi del Levante; cosa questa più che naturale, se si considera che la situazione geografica, particolarmente favorevole, permette di fa­re non solo uno scambio diretto fra i pro­dotti della Puglia e quelle orientali, ma an­che di servire da ponte di passaggio per la produzione del vastissimo retroterra.

Questa funzione di mediazione degli scambi fra l’Oriente e l ’Occidente è andata acquistando una notevolissima importanza, col progresso dell’economia nazionale e con l’aumento demografico italiano. Si è venuta così determinando una intensa corrente di scambi specialmente fra materie prime e prodotti industriali, che, per quanto riguar­da la zona di influenza di Bari, si effettua precisamente attraverso tale porto. Parti­colarmente rilevanti sono quindi gli scam­bi con i vari Paesi del Levante, i cui rap­porti vanno intensificandosi vieppiù; tale opera di intensificazione è grandemente fa­vorita dalla Camera di Commercio italo- orientale e della « Fiera del Levante », che si tiene a Bari ogni anno dal 6 al 2 1 Set­tembre. Naturalmente importante è anche il movimento di importazione ed esporta­zione con i Paesi dell’Europa centrale, con l ’America latina e con i Paesi occidentali in genere.

Ma Bari è divenuta particolarmente un centro di collocamento e smistamento del­la produzione italiana; comunemente af­fluiscono ai depositi di Bari domande di merci, che, a causa della vicinanza dei por­ti levantini di destinazione, sono soddi­

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sfatte in pochi giorni, con gran vantaggio degli acquirenti, che in tal modo possono rifornirsi in breve tempo e secondo i biso­gni, senza essere obbligati a tenere immo­bilizzate forti quantità di merci o ad at­tendere l’invio dei diversi articoli da cen­tri di produzione più lontani.

Questa funzione razionale e utilissima si sviluppa sempre più col perfezionamento della organizzazione locale e delle co­municazioni con le diverse zone. Certamen­te essa trae gran vantaggio dal movimento determinato dalla « Fiera del Levante », movimento di finanzieri e di uomini d’af­fari italiani e orientali, che, in occasione di tale manifestazione, hanno la possibilità di incontrarsi e concludere importanti contrat­ti a Bari.

Omettendo considerazioni di carattere analitico, che in questo caso sarebbero pri­ve di sviluppo deduttivo, ci limitiamo ad asserire che Bari può sottrarre ai traffici triestini e veneti quelle correnti che risen­tono negativamente delladdentramento dei porti dell’Alto Adriatico: passeggeri, merci ricche e merci bisognevoli di partico­lare velocità di trasporto (intendendo per velocità anche il risparmio sugli interessi dei capitali impiegati, la possibilità di un pronto collocamento delle merci, l’imme­diato rifornimento ai magazzini, l’esonero delle spese di assicurazione per le merci im­barcate, ecc.) possono rendere convenienteil trasporto via terra lungo l'Adriatico, fi­no all’ imbarco a Bari.

Come si vede, anche in questo caso non è possibile parlare di concorrenza di porti italiani fra loro; anzi, la specializzazione di Bari per determinati titoli non fa che ren­dere più evidente e palese che nell’Adria­

tico italiano è possibile una sana coordina­zione e collaborazione dei diversi empori, a tutto vantaggio dello sviluppo del traf­fico e del progresso economico internazio­nale.

La costa orientale dell’Adriatico, che fino alla caduta deU’Impero era parte essen­ziale della struttura politica austro-ungari- ca, era conosciuta nel commercio interna­zionale e nel mondo marittimo attraverso i grandi empori di Trieste e Fiume, centri ambedue di intensa vita economica.

Questi porti costituivano la doppia por­ta della Monarchia dualista, mentre tutti gli altri scali, e soprattutto i dalmati, non avevano alcuna importanza nel commercio marittimo internazionale.

Completamente separati dal ricco retro­terra, i porti dalmati limitavano le loro fun­zioni alla provvista di derrate e di prodotti di prima necessità per i non molto estesi territori circostanti, ricorrendo spessissimo ai mercati di Trieste e Fiume.

Col nuovo assetto politico verificatosi do­po lo sfacelo dell’ impero austro-ungarico, cambiarono le circostanze e le condizioni per un ulteriore sviluppo della vita econo­mica, commerciale e marittima della Dal­mazia, creandosi nuove grandi possibilità di traffico.

Lungo il litorale jugoslavo esistono 167 scali frequentati da piroscafi. Ma, ai fini del nostro studio, rivestono importanza solo Susak, Sebenico, Spalato e, in parte, Ragusa. Appunto sull’attività di tali empori noi ci intratterremo diffusamente, anche perchè non esistono pubblicazioni italiane che espongano la situazione adria- tica jugoslava, traendo deduzioni o da dati

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genuini, o da studi e deduzioni di altri, de- hitamente denudati delle tendenze partico­laristiche, che si manifestano ad un attento esaminatore.

Oltre ai quattro empori principali, han­no vita sulla costa adriatica orientale nu­merosi porti minori, come Almissa, Met- kovic e Bocche di Cattaro, che nel quin­quennio i930-’34 hanno avuto un movi­mento totale di merci rispettivamente di 93, 76 e 23 mila tonnellate. Fra i porti mi­nori non va dimenticato Zara, che, se non ha un movimento marittimo tale da im­porsi alla nostra attenzione, ha tuttavia una importanza singolare, data la sua posizione politica nel centro della Dalmazia di appar­tenenza jugoslava.

Tutti questi porti minori svolgono in­tensi traffici con la sponda italiana, ma Za­ra è destinata ad assumere una eccezionale importanza negli scambi col retroterra ju­goslavo, quando una visione più nitida del­la realtà economica indurrà il Governo di Belgrado ad allentare la politica di stretto protezionismo dei suoi scali; specialmente poi se saranno attuati i progetti ferroviari austriaci, ora completamente abbandonati, di congiungere Zara a Obrovazzo e, attra­verso Bencovaz, Zaravecchia e Dernis, al­lacciarla alla linea Knin-Litorale. In tal ca­so il Governo italiano riprenderà in esamei progetti di ampliamento e perfezionamen­to del porto, per renderlo adatto a soddi­sfare le nuove esigenze.

Tutto questo sta a dimostrare che le pro­spettive del traffico marittimo zaratino so­no intimamente connesse ai rapporti poli­tici e alle intese economiche dei due vicini Regni.

Dei porti albanesi (Scutari, Durazzo, Va-

lona e Santi Quaranta) non è il caso di far cenno qui, se non per ricordare che Santi Quaranta è destinata a sicuro avvenire, ad­dirittura europeo, qualora venisse costruita la famosa ferrovia transbalcanica, sulla qua­le si è tanto discusso nell’immediato dopo­guerra e della quale saranno indubbiamen­te ripresi in esame i progetti, appena sarà cessata l'attuale depressione economica. T a­le ferrovia, dovendo unire Costantinopoli al Canale d’Otranto, avrà inizio non lungi dallo scalo in parola, che vedrà cosi aumen­tata la sua importanza strategica, per cui un valente studioso italiano lo ha già de­finito la « Gibilterra adriatica ».

7. Ci siamo già occupati della questione di Porto Barros e della poco ragionevole politica seguita da Carlo Sforza e da Gio- litti, derivante soprattutto dalla incompe­tenza che costoro avevano nel campo della politica economica.

Certamente il lavoro di assestamento e di adattamento per rendere il porto di Susak atto alle nuove esigenze, non è stato facile; infatti, neanche oggi, dopo 12 anni di vita autonoma, esiste una stazione ferroviaria in città ed i sistemi adottati nel complesso dei lavori portuali non sono i più moderni e i più perfetti tecnicamente.

Tuttavia Susak per la sua alta latitudine costituisce un punto di approdo ben adden­trato nel continente e garantito sotto l’a­spetto tecnico-nautico. Per quanto riguar­da la capacità di movimento del porto in parola, rispetto alla posizione geografica, si deve constatare che tale capacità è di gran lunga superiore a quella degli altri porti jugoslavi. Questo fatto è particolarmente importante per il commercio di transito che

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è favorito dalla distanza effettivamente minore, sia dai centri interni dello Stato, sia da quelli stranieri.

Premesso che si devono distinguere i pri­vilegi della posizione di Susak da quelli che debbono ritenersi effetti di artifici politici di Belgrado, esponiamo nella seguente ta­bella raffrontativa le distanze ferroviarie effettive dei principali empori dai due mag­giori porti jugoslavi:

Centri Jugoslav i a Susak a Spalata

da Zagabria . . . Km. 370 437

Lubiana . . . ,, 339 546

»♦ Ostèk . . . . „ 499 706

Novi Sad . . . „ 609 816

»» M. Teresiopoli . „ 624 831

1» Belgrado . . . „ 655 862

tt Vel Beckerek „ 718 925

Centri Esteri a Susak a S p a la to

da G raz......................Kra. 465 672

** Presburgo . . . ,, 606 812

Budapest . . . ,, 623 830

?» Vienna . . . . 624 831

L i n i ...................... „ 725 932

*♦ Monaco . . . . „ 843 1.050

*» Brno . . . . „ 761 968

9» Praga . . . . ,, 1.019 1.226

»* Cracovia . . . „ 1.520 1.227

Risulta evidente la superiorità di Susak in questo che è uno dei fattori principali nella scelta per lo scalo marittimo: la di­stanza ferroviaria dal centro di produzione

o di destinazione. Esamineremo in seguito quali fini si proponga la tariffa preferen­ziale determinata da Belgrado a favore di Spalato, specialmente nei riguardi dei porti di Fiume e Trieste.

Vediamo ora le caratteristiche portuali specifiche dello scalo jugoslavo. Il bacino oc­cupa una superficie di circa io kmq. La estensione delle banchine e delle rive, com­prese quelle del Canale della Fiumara, for­mante la frontiera italo-jugoslava, ammon­ta a 1.455 metri; la profondità del mare presso le rive è di 7 -10 metri; nel bacino principale possono quindi svolgere le ope­razioni commerciali necessarie anche i gran­di transatlantici, mentre per il piccolo ca­botaggio è riservato il Canale della Fiuma­ra. Sulle rive principali sono collocate 1 1 gru elettriche, delle quali 7 nel porto Ales­sandro e 4 nel porto Bercic; le rive sono for­nite di doppi binari ferroviari (per circa 700 metri), di acqua (17 bocche della capa­cità di 8-10 tonnellate all’ora) e di impianti elettrici.

La grande distesa del Delta e della Brai- dizza, uniti da due ponti di ferro oltre l’E- neo (Fiumara), occupa una superficie di circa 140.000 mq. e rappresenta il più gran­de deposito di legname di tutto il RegnoS. C. S.

Nel 1925 è stata costruita lungo la riva della Braidizza un molo in legno per i bi­sogni del cabotaggio costiero e nello stesso anno è stato aperto al traffico un nuovo porto in cemento armato della lunghezza di 207 metri, destinato alla esportazione del legname. II nuovo porto serve per alleg­gerire il porto principale, eccessivamente carico di lavoro. Non ci dilunghiamo a par­lare della attrezzatura del Canale della Fiu­

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mara e della Braidizza. Ricordiamo solo che alla Braidizza fa capo la ferrovia elicoidale che permette ai convogli di scendere a quo- ta mare, e che l’impianto ferroviario di smi­stamento è del tutto indipendente dal si­stema ferroviario del porto di Fiume.

Presa in tal modo visione della attrezza­tura tecnica del porto di Susak, analizzia­mone ora il movimento commerciale.

Dall’encrata in vigore degli Accordi di Roma, il nuovo scavo jugoslavo seppe ac­quistarsi gradatamente il primo posto tra gli altri nel movimento di transito. Con te­naci sforzi le Autorità preposte seppero or­ganizzare un discreto movimento regolare per tutte le merci in genere, ad onta del­l’attrezzatura originaria, riservata esclusi­vamente al commercio del legname. Le Amministrazioni marittime e ferroviarie furono messe a dura prova per l ’esiguità e ristrettezza del porto, ed i piroscafi durantei periodi di maggior lavoro dovettero so­stare al largo talvolta alcuni giorni.

Non ostante tale saturazione dei mezzi tecnici, il movimento delle navi in questi

nove anni è in continuo aumento, come di­mostra il seguente prospetto;

Anno

N avi orm eggiate (1 tonn. = 2.8315 me.)

numero tonnellaggio

1922 1 2 1 13.070

’ 23 474 20.749

’24 2.293 334.215

’ 25 2.871 524.477

’26 3.187 557.887

’ 27 3.273 717.891

’ 28 3.713 928.378

’ 29 4.339 1.045.673

’30 4.603 1.190.320

’31 4.651 1.228.987

’32 4.415 950.505

’33 4.972 1.068.107

’34 5.083 1.201.909

Per quanto concerne le varie specie di navigazione, notiamo che, mentre le navi a vela, che partecipano al movimento to­tale con una media del 4,9 % , sono andate lentamente diminuendo, le navi a propul­

M o v i m e n t o d e l l e m e r c i (in tonnellate)

Annoc o n l ’ i n t e r n o c o n l ’ e s t e r o

sbarcate im barcate totale sbarcate imbarcate totaleTotale

1925 39.000 27.300 66.300 137.899 140.191 278.090 344.390

’26 29.413 15.488 44.901 91.211 119.030 210.241 255.142

’27 52.500 19.271 71.771 160.473 182.638 343.111 414.882

’28 44.068 28.403 72.471 211.076 280.375 491.451 563.922

’ 29 55.855 29.562 85.417 249.374 299.353 548.727 634.144

’ 30 57.578 25.665 83.243 240.442 377.354 617.796 701.039

’ 31 56.076 28.314 84.390 145.786 335.513 481.299 565.689

’32 51.961 24.196 76.157 89.189 255.133 344.322 420.479

’ 33 52.825 25.008 77.833 107.985 332.667 440.652 518.485

’ 34 56.850 25.061 81.911 111.846 396.760 508.606 590.517

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sione meccanica hanno aumentato la loro quota di partecipazione, specialmente per l ’aumento dei piroscafi di navigazione libe­ra, che sono passati da una media del 42 per cento a circa il 54 % .

Sarà opportuno analizzare ora il movi­mento delle merci: dalla tabella ripor­tata in fondo alla pagina precedente, si rileva l’aumento costante del traffico commerciale attraverso il porto in esame fi­no ai 1930. Dopo tale anno ha avuto effet­to la crisi paralizzatrice dei traffici, fino a far scendere la cifra del movimento totale nel 1932 a 4.204.786 q.li. Maggiore inte­resse presenta invece la forte contrazione verificatasi nel ’26, dovuta alla irrazionale tariffa preferenziale a favore di Spalato, en­trata in vigore nell’Ottobre del ’25 e subito levata nell’Ottobre dell’anno seguente.

Questa tariffa preferenziale doveva avere lo scopo di attirare il transito delle merci dai porti di Trieste e di Fiume agli scali della parte centrale del Regno S. C. S. 11 breve esperimento ha dimostrato l’erroneità di ta­le politica tariffaria; infatti, mentre non raggiungeva nessun intento contro i porti italiani, danneggiava gravemente lo scalo di Susak, che si vedeva sottratto anche quel traffico che naturalmente gli spettava. Con la cessazione della tariffa preferenziale il movimento del porto riprese il suo cam­mino rapidamente, come dimostrano le cifre del nostro prospetto.

Vediamo dunque che gli sforzi fatti dal­la politica jugoslava non sono riusciti ad al­lontanare gli effetti della anormale situa­zione presente, ma hanno anzi provocato un movimento di forte rilassamento, che pare tenda a persistere anche attualmente. Dalla stessa tabella risulta anche che le

esportazioni sono andate aumentando co­stantemente fino al 1930 e che il commer­cio con l’estero ha assunto sempre nuovi svi­luppi, con un massimo dell’88 ,12 °/0 sul to­tale nel ’30, sceso all’81,88 % nel ’32, 84,99 nel ’33 e 86 ,13 nel ’34. In tale commercio con l’estero si nota poi che le esportazioni sono superiori alle importazioni, con forte tendenza ad aumentare tale superiorità; in­fatti nel 1933 e nel ’34 le esportazioni non raggiungono il terzo delle importazioni. No­tevole è pure il fatto che Susak, mentre esporta una sola merce, estende il suo com­mercio di importazione a tutti i titoli, il che ci dimostra la importanza decisamente non lieve dello scalo in parola. Negli imbar­chi, invece, il legname è quasi l’unico ti­tolo, con una quota di partecipazione al totale superiore in media al 90 % .

Le importazioni sono rappresentate dal carbon fossile, dai fosfati, dalla pirite, dal sale, dall’asfalto, dai prodotti d’indurtne chimiche, coloniali, ecc.: tutti prodotti che, prima del ’24, giungevano all’attuale retro­terra di Susak, passando per il porto di Fiume.

Dalle seguenti tabelle si nota anche che Susak, come Spalato, ha un movimento di importazione dall’estero assai rilevante, a differenza degli altri scali jugoslavi, che, come vedremo, hanno importanza quasi esclusivamente per gli imbarchi.

Pertanto Susak, in merito specialmente alla rete ferroviaria che lo collega ottima­mente col retroterra, acquista un carattere ben distinto di porto di transito; transito tanto più notevole, in quanto si consideri che Susak è priva di qualsiasi industria lo­cale (come potrebbero essere per Sebenico e Spalato il cemento, la marna, la bauxite

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M e r c i I m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o (In tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

Cereali e r i s o ............................................. 2.930 692 379 5.068 2.407 2.284

— 1.291 2.486 3.820 4.434 4.225

C o l o n i a l i ........................................................ 4.447 2.307 584 431 667 16.328

Carboni .................................................. 47.922 79.750 54.852 52.938 46.700 30.340

10.875 10.100 11.516 10.330 13.370 10.538

500 2.785 1.913 1.167 1.829 333

F o s f a t i ............................................................. 134.974 87.838 21.852 17 9.342 11.572

1.306 3.653 4.123 1.659 692 20Piriti .............................................................. 37.036 19.544 5.233 — 2.547 1.032

Tessili e d e r i v a t i .................................. 234 274 35 82 1.207 2.326

Ferro e derivati .................................. 4.119 11.669 10.766 193 1.359 1.228

Creosoto per im pegnatone di traverse — — — — 7.217 2.467

Materiale fe r r o v ia r io ............................ — 15.998 22.881 - 5.079 4.167

5.031 4.541 9.156 13.484 11.135 24.986

Totale 249.3 74 240.442 145.786 89.189 107.985 111.846

M e r e i e s p o r t a t e a l l ' e s t e r o (In tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

Prodotti dell’a g r ico ltu ra ............................ 775 3.592 442 6.909 5.360 11.674

Legname da costru z ion e ...................... 293.938 281.228 231.102 216.447 277.853 326.718

76 10.931 9.251 21.172 19.254 16.789

Traverse e doghe in quercia e faggio . — 71.982 88.558 5.904 3.430 21.251

Prodotti dell’ industria agrìcola . . . 1.309 618 438 94 10.427 1.105

Estratto di legno di pino, castagno e2.243 2.072 600 443 122 1.025

C a lciocian am id e ............................................ 40 1.997 — - 1.500 1.720

T a n n in o ............................................................. 159 1.950 2.886 1.696 2.096 851

A l t r i .................................................................. 813 2.984 2.236 2.468 12.625 15.627

Totale 299.353 377.354 335.513 255.133 332.667 396.760

Page 92: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

74

P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)

P a e s i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

Italia ....................................................... 25.314 15.103 6.862 7.564 10.858 16.215

G r e c i a ............................................................. 14.854 2.652 5.233 9 8.385 5.131

10.946 10.705 7.166 10.340 6.358 8.335

4.486 50.996 1.635 14.849 4.379 17.849

Inghilterra . ................................. 29.899 32.411 14.402 10.279 14.716 4.160

Spagna , . . . . . . . 7.794 4.587 1.085 2.846 5.565 461

Algeria, M arocco e T unisia . . . . 114.743 58.936 14.220 329 7.143 5.772

19.568 23.473 76.466 37.528 22.837 5.302

Estremo O r i e n t e ....................... 1.093 1.130 1.030 2.251 — 9.164

Stati Uniti ................................................ 15.524 29.350 6.991 — 3.200 7.445

America l a t i n a ............................................ 4.281 2.460 1.713 1.008 1.914 6.970

U. R. S. S.............................................. — 2.843 — — 8.300 —

Altri ........................................................ 872 5.796 8.983 2.186 14.330 25.042

Totale 249.374 240.442 145.786 89.189 107.985 111-846

D e s t i n a z i o n i d e l l e m e r c i e s p o r t a t e (in tonnellate)

P a e s i 1929 1930 1 1931.

1932 1933 1934

87.027 128.210 108.506 122.817 197.626 235.293

F r a n c ia ............................................................ 38.768 50.999 88.241 19.368 23.229 16.081

B e l g i o ............................................................. 29.973 38.590 8.304 2.783 5.67 6 8.559

30.366 14.774 15.930 4.288 2.636 8.612

14.971 17.631 25.005 21.187 32.092 22.841

G e r m a n ia ..................................................: 4637 3.109 168 170 1.840 2.846

Spagna ............................................................. 525 70.394 40.088 35-158 30.061 40.641

23.189 10.551 10.744 5.501 4.717 11.159

2.597 1.913 1.870 1.764 1.634 901

4.232 4.451 2.852 12.951 5.314 5.145

41.531 22.268 26.001 12.275 24.127 34.917

12.357 8.782 5.436 3.321 3216 4.769

A l t r i ................................................................... 9.180 5,682 22 368 13.243 499 4.996

Totale 299.353 377.354 335.513 255-133 332.667 396.760

Page 93: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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e il carbone), e che la sua zona di influen- Per le rilevazioni in merito alle bandiereza compresa fra gli stessi confini politici interessate nel traffico attraverso lo scalo di(non possiamo chiamarlo con proprietà « re- Susak, riportiamo nel seguente prospetto itroterra nazionale ») è ben più ristretta di dati riferentisi al periodo 1929-’34:

T o n n e l l a g g i o d ì s t azza d e l l e n a v i a r r i v a t e e p a r t i t e (In centinaia di tonn.)

B a n d i e r a 1929 1930 1931 1932 1933 1934

J u g o s la v a ....................................................... 12.531 14.031 16.742 13.211 14.495 16 651

5.916 6.522 5.406 3.941 4.639 5.687

G r e c a ............................................................. 505 316 280 80 237 248

0,6 — 3,1 1,9 — —

I n g le s e ............................................................. 1.025 1.034 886 1.147 1.129 —

Francese ....................................................... 252 196 174 — — —

O la n d e s e ........................................................ 346 474 336 274 351 465

T ed esca ............................................................. 237 725 475 258 195 529

34 — — — 151 200

124,4 467 221,9 142,1 206 1.393

Totale 20.971 23.765 24.524 19.055 21.403 25.173

quella dei porti della Dalmazia centrale.Per quanto riguarda i Paesi di prove-

nienza o di destinazione delle merci sud­dette, abbiamo riportato due tabelle, relative al sessennio i929-’34, limitandoci a notare che l’Italia ha una altissima quota di parte­cipazione al commercio estero di Susak: circa il 30% nelle esportazioni e il 15 % nel­le importazioni. Nè si tratta di pochi titoli, come per il Marocco e Tunisia, per gli sbar­chi, e l’Olanda, l’Algeria e il Marocco per gli imbarchi, ma di una infinità di merci che obbligano le due sponde a contatti fre­quenti e costanti.

Vedremo con maggiore profondità il carattere del commercio italo-jugoslavo nel seguito della trattazione, comprendendo an­che il movimento del porto in parola.

Dal prospetto risulta subito la forte quo­ta di partecipazione della bandiera italiana al movimento ed anche l’accentramento della attività marittima al naviglio jugo­slavo.

Nel movimento dei passeggeri non tro­viamo alcunché di notevole: esso segue ne­cessariamente il movimento dei piroscafi, con una notevole contrazione a partire dal 19 3 1. Tale movimento è compiuto da navi battenti bandiera jugoslava ed è quasi com­pletamente assorbito dal movimento con l’interno. Epperò tali dati non rivestono al­cuna utilità ai fini del nostro studio, onde ne omettiamo specifico esame.

8. Il porto di Sebenico è situato al cen­tro di una buona baia, nella quale si pene­

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tra attraverso uno stretto e profondo canale, di modo che il porto è al riparo da qualsiasi intemperie. La profondità del canale è tale che possono accedere i più grandi piroscafi (si noti che il porto di Sebenico era la base delle navi da guerra della Monarchia au- stro-ungarica).

In questi ultimi anni il porto di Sebeni- co ha raggiunto un grande sviluppo: la sua superficie è di 272.500 mq.t mentre la lun- ghezza dei moli è di 1.308 metri, con una superficie di 37.780 mq. La profondità del mare nel porto varia fra i 4 e 8 metri. Da alcuni anni sono stati iniziati i lavori per un grande molo, destinato al movimento mercantile, che sarà il più spazioso fra quan­ti esistono lungo il litorale jugoslavo.

Sebenico possiede condizioni economiche adatte per un forte progresso e sviluppo, da­ta la sua situazione in prossimità della foce del Cherca, sulla quale già prima della guerra furono costruiti i potenti impianti della « S.U.F.I.D. » (oggi Seffyed), per lo sfruttamento industriale delle grandi ca­scate d’acqua, impianti che, secondo il con­tratto concluso alcuni anni or sono con la nuova Società, debbono essere ancora am­pliati.

In prossimità del porto è situata una grande fabbrica per la produzione del car­buro di calcio e della calciocianamide, che assicura al traffico marittimo forti quantità di contingente esportabile: oltre 100 mila q.li all’anno. Non lontano si trova la mi­niera di carbone « Promina », che esporta annualmente attraverso lo scalo in parola circa 500 mila q.li di carbone.

Nel retroterra immediato di Sebenico si trovano i grandi giacimenti di bauxite, che sono sfruttati con successo sempre crescen­

te, specialmente per le esportazioni nei Pae­si d’oltremare (circa 400 mila q.li di media annuale).

Nel porto di Sebenico fa capo il commer­cio del legname proveniente dalla Bosnia del Nord, per mezzo di una speciale ferro­via a scartamento ridotto, appositamente costruita dalla Ditta Steinbeiss.

Queste sono le condizioni favorevoli allo sviluppo del porto dalmata in esame, che ci permettono di ritenere sicura la prospe­rità avvenire.

Per quanto riguarda il movimento por­tuale, oltre al prospetto riportato qui sotto, relativo al numero ed al tonnellaggio delle

AnnoNavi ormeggiale (1 tonn. = 2.8315 me.)

numero tonnellaggio

1913 3.962 805.243

1922 2.717 609.202

’23 2.057 454.347

’24 2.153 527.624

’25 3.197 674.030

’26 3.891 743.582

’27 3.628 756.036

’ 28 4.332 911.760

’29 4.458 896.188

’30 4.592 931.455

’31 4.982 1.095.429

’32 4.277 936.141

’33 4.468 893.240

’ 34 4.430 910.784

navi ormeggiate, riportiamo nella seguente pagina i dati delle varie correnti di traf­fico. Notiamo a tal uopo che il porto di Se­benico ha carattere esclusivo di esportazione e che le correnti più intense interessano i Paesi esteri: in primo luogo l’Italia, specie per gli imbarchi, poi l’Inghilterra, l’Olan­

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M o v i m e n t o d e l l e m e r c i (In tonnellate)

Anno con l’ interno con l’estero

sbarcate Imbarcate totale sbarcate imbarcate totaleTotale

1913 25.658 50.071 75.729 31.911 106.400 138311 214.040

1925 2.920 1.090 4.010 21.940 186.281 208.221 212.231

’ 26 5.539 12.227 17.766 21296 326.053 347.349 365.115

’ 27 24.963 14.762 39.725 28.089 250.294 278.383 318.108

’ 28 25.057 22.268 47.325 30.326 234.870 265.196 312.521

’ 29 10.055 15.605 25.660 14.620 191.739 206.359 232.019

’ 30 7.079 14.480 21.559 19.173 184.114 203.287 224.846

’ 31 9.451 11.464 20.915 14.129 159.042 173.171 194.086

’ 32 8.337 12.499 20.836 4.743 156.331 161.074 181.910

’ 33 7.917 13.596 21.513 3.302 153.592 156.794 178.307

’ 34 7.718 15534 23252 5.141 169.933 175.074 198326

da, via via fino alle Canarie e al Giappone. Le principali correnti di traffico consi' stono in cereali e riso, carboni fossili, legna- mi, bauxite, cellulosa, carburo e calciocia- namide, per le esportazioni: cereali e riso,

legumi, agrumi, olii minerali, manganese, prodotti dell’industria tessile e del ferro, zolfo preparato, ecc., per le importazioni. Ma i seguenti prospetti non abbisognano di spiegazioni :

M e r c i e s p o r t a t e a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

P ro d o tt i d e ll ’ a g r ic o ltu ra e d e ll 'in d u s tr ia297 210 168 252 256 121

L e g n a m e d a c o s t r u z io n e ................................ 50.873 55.320 34.568 62.445 74.805 83.499

L e g n a d a a rd e re ............................................. — — 4.574 5.893 2.141 3.363

C arb o n fo ss ile ( l i g n i t e ) .......................... 69.179 55.034 48.907 44.341 40.991 40.843

G e s s o ................................................................• 234 1.098 8.770 200 560 2.200

B a u x i t e ....................................................................... 29.880 51.411 41.509 39.930 34.760 39.020

C a lc io c ia n a m id e ................................................... 9.360 2.681 2.000 700 — —

C a r b u r o ...................................................................... 11.309 7.679 7.351 445 — —

C e l l u l o s a ................................................................ 19.805 9.670 9.805 1.900 — —

A l t r i ............................................................................. 802 1.011 1.390 225 79 887

T o ta le 191.739 184.114 159.042 156.331 153.592 169.993

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M e r c i i m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

1.886 262 272 75 129 822

Limoni e a r a n c e ....................................... — 2 1.577 6 — 1

Carboni f o s s i l i ............................................ 7.892 9.420 3.515 3.500 1.735 3.300

Olii minerali .................................................. 187 79 501 400 600 —

P ir it i ................................................................... — 914 2.200 — — -

F o s f a t i ........................................ 1.200 — — ' — — . —

— 5.000 4.750 — - -

Ferro e d e r iv a ti............................................. 1.325 1.213 200 27 27 3

Z olfo p r e p a ra to ............................................. 690 920 280 125 211 372

A l t r i ............................................................. 1.440 1.363 834 610 500 643

Totale 14.620 19.173 14.129 4.743 3.202 5.141

Riportiamo anche i dati specifici ai Paesi media pel 60 °/0), seguita dall’italiana (30di destinazione o di provenienza; quanto per cento), ia francese, l ’inglese e la tede-alle bandiere interessate in tali correnti, no- sca, con percentuali minime, tiamo solo che predomina la jugoslava (in II movimento dei passeggeri attraverso

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P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)

P a e s i 1929 1930 1531 1932 1933 1934

I t a l ia . . . . 6.178 4.350 4.467 839 867 1.053In g h ilte r ra . 7.235 8.802 3.590 — — —

A lg e r ia 1.200 — — — — —

U. R . S. S. . — 620 — 400 — —

In d ie In g le s i — 5.000 4.750 — — —

R o m a n ia — — 500 — 600 —

G e rm a n ia — — — 3.500 1.735 3.300G re c ia . . . . 1 7 — — 786A lt r i . . . . . 7 400 815 4 — 2

T o ta le 14.620 19.173 14.129 4.743 3.202 5.141

il porto in esame è andato continuamente sviluppandosi; tuttavia si nota che tale mo­vimento, compiuto quasi esclusivamente da navi battenti bandiera jugoslava, ha valore pressoché locale, dato che la densità dei passeggeri per miglio marino è in media 1 ,12 per le linee locali laterali nel distretto marittimo (11,6 0 °/Q dei passeggeri traspor­tati lungo le coste jugoslave) e 0 ,13 per le linee estere (0,3 %). La media dei passeg­geri trasportati si aggira negli ultimi anni sui 150.000 all’anno, dei quali circa 2.000 trasportati da navi battenti bandiera estera (italiana).

9. A meno di 40 miglia marittime a sud di Sebenico si trova Spalato, il più impor­tante porto jugoslavo.

Il porto si apre nella parte settentrionale dell’ampio specchio d’acqua compreso fra la costa dalmata ed un anello di isole, fra cui Zirona, Salta e Brazzà. La navigazione at­traverso lo scalo di Spalato comporta quin­di la conoscenza dei passaggi, che fanno co­municare lo specchio d’acqua col mare aper­to. Il porto si apre immediatamente a est

del largo imbocco della Baia dei Castelli; esso è sufficientemente riparato dal rom­pionde della traversia; tuttavia i venti di sud-ovest provocano mare agitato. Il fon­do è fangoso e tiene solidamente; il bacino portuale, con fondali superiori ai 4 metri, ha una superficie totale di 4.887 ettari.

Benché Spalato occupi fra tutti i porti ju­goslavi il primo posto nelle tabelle statisti­che del traffico marittimo, esso è ancora oggi uno degli scali più poveri per quanto concerne le installazioni tecnico-meccani- che. Varie sono le ragioni, in parte di na­tura politica, fino alla caduta dell’Austria, e, in seguito, di natura finanziaria.

Spalato ha ottenuta la sua prima con­giunzione con l’interno per via ferroviaria solamente nel 1925, con la linea della Lika sulla Zagabria-Susak; avremo da occuparci più intensamente di tale arteria, quando tratteremo della politica ferroviaria, tariffa­ria e portuaria della Jugoslavia nei ri­guardi del traffico adriatico e dell’economia italiana in genere; tuttavia notiamo che, con l’apertura di questa linea, la situazione economica e commerciale del porto in pa­

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rola non è ancora totalmente mutata, per­chè questa via attraversa regioni povere, che in parte non possono essere sfruttate neppure industrialmente, e l’orientamento del traffico dalla linea Zagabria-Susak per Spalato non è nè razionale nè finanziaria­mente conveniente, benché Spalato sia pa­rificata a Susak per la tariffa ferroviaria. La linea della Lika inoltre non è sufficiente per il trasporto di merce di grande massa e,

oltre alle altre numerose deficienze che ri­leveremo in seguito, ha gran parte del per­corso esposto durante l’inverno a violente intemperie e a tormente di neve che spesso rendono il movimento irregolare e difetto­so. Essendo questa l ’unica ferrovia che uni­sce il porto in esame al suo retroterra, è evi­dente e naturale che l’avvenire di Spalato dipende in primo luogo dalla costruzione di linee di comunicazione razionali e favore­voli, come si propone il programma ferro­viario della Jugoslavia.

Il porto di Spalato non ha per ora alcuna importanza come scalo di transito, perchè appena il 5 % del suo traffico totale spetta alle merci di transito. Spalato deve la sua superiorità fra i porti jugoslavi alla intensa vita economica del suo retroterra immedia­to e particolarmente di quello del litorale dalmatico. Infatti, la costa della Dalmazia centrale, per la quale Spalato ha funzione di fornitore e di rappresentante commer­ciale con le innumerevoli isole antistanti, è assai popolata e adatta alla attuazione del programma di avvaloramento stabilito dal Governo jugoslavo. Nelle immediate vici­nanze del porto si trovano i giacimenti di marna, che si estendono su tutto il settore geologico situato fra Traù e Macarsca e che

raggiunge a Spalato il maggiore spessore: da 900 a 200 metri.

Questa materia prima, che è sfruttata da circa vent’anni, costituisce la base della vita industriale di Spalato e dei suoi dintorni ed è il principale titolo del traffico marittimo. Tre grandi fabbriche per la produzione del cemento lavorano già oggi con una produ­zione media di 500 mila tonn. all’anno; è probabile che in un non lontano avvenire sorgano a Spalato altri stabilimenti indu­striali, ma con l’aiuto di capitali stranieri. Inoltre esiste nell’immediato retroterra pos­sibilità di sfruttamento e di trattamento di altre materie prime e di estrazione di mine­rali atti all’esportazione, come il carbone, la bauxite, il carburo di calcio, la calciociana- mide, la pietra da costruzione, ecc. La quan­tità disponibile di carbone bianco permette anche la industrializzazione e la elettrifica­zione a buon mercato e per numerose im­prese.

Per la produzione e l’esportazione sono anche da ricordare alcuni prodotti agricoli: frutta, piante medicinali, vini, piretro ed altri.

Queste sono le risorse cospicue e sicure, dalle quali il porto di Spalato trae il con­tingente per il suo traffico attuale.

Per quanto riguarda la capacità del por­to, bisogna riconoscere che essa è già oggi insufficiente. Bisogna anzitutto fare di­stinzione fra il porto industriale di Spalato (sjeverna Vranjic luka) e il cosiddetto por- to-città (gradska), ossia il vecchio porto di Spalato.

Il porto industriale si trova nella baia di Salnona e Vragnize, che formano il con­fine del Comune. Lo scalo industriale è sta­to costruito dall’iniziativa privata, senza al-

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cun piano tecnico preordinato nè sistema organico. V i sono dei moli successivamente costruiti dalle imprese private per loro con­to, e per i loro bisogni; così per le fabbriche di cemento. Questi moli, che costituiscono il porto industriale di Spalato, sono attual­mente in numero di undici, per una lun­ghezza totale di mille metri e una super­ficie di 11.5 0 0 mq. Su tali moli le fabbri­che posseggono gli elevatori necessari al trasbordo diretto di merci dai magazzini al­le navi e viceversa; sono anche muniti di impianti elettrici ed idraulici. Questo sca­lo continua a costruirsi lentamente secon­do i bisogni della vita industriale, ma sem­pre senza organicità, cosa che certamente costituisce un grande svantaggio. Attraver­so tale porto si effettua principalmente il traffico con l’estero, costituito in massima parte da correnti di esportazione.

Il porto-città si trova invece in un se­micerchio quasi perfetto, chiuso da un rom­pionde. Per quanto si fossero investiti, spe­cialmente in questi ultimi anni, capitali re­lativamente notevoli per l’allargamento della superficie dei moli e delle banchine, non si potrà mai dare a tale scalo posizione importante nel traffico di transito, perchè manca lo spazio necessario alla costruzione di installazioni portuarie adatte. La stazio­ne ferroviaria che si trova a lato del porto è stata costruita mezzo secolo fa, in occa­sione dell’apertura della linea ferroviaria Spalato-Knin.

Questa arteria aveva allora sei binari a scartamento normale; oggi non ne ha che quattro, perchè l’apertura della ferrovia Spalato-Signa (1903) a scartamento ridotto rese necessaria la soppressione dei due bina­ri a scartamento normale. Questo sembra

oggi paradossale: infatti Spalato aveva per quello che riguarda le comunicazioni ferro­viarie una capacità, cinquanta anni or so­no, assai superiore di adesso. Oggi, infatti, il traffico locale raggiunge al massimo 70 vagoni al giorno. Siccome ogni espansione della stazione ferroviaria è impossibile, la Amministrazione decise, con l’apertura del­la Lika, di costruire una stazione speciale per il deposito di vagoni merci nelle vici­nanze della città ad una distanza di 4 km. dal porto. Ma questa costruzione non ha raggiunto lo scopo cui era destinata, per­chè il collegamento fra la nuova stazione e la vecchia è fatto per uno stretto corridoio che attraversa la città, con una pendenza massima del 25 % e con bruschi angoli, in modo che il trasporto delle merci riesce molto difficile, lento e limitato.

A causa di tali circostanze, si impone il problema del come risolvere efficacemente la questione del collegamento diretto fra la stazione ferroviaria e il porto, in vista di un possibile ulteriore sviluppo di Spalato come emporio di transito e come centro commerciale jugoslavo nell’Adriatico.

Nella soluzione di questo problema non c’è per gli esperti che una via: costruire ex novo il futuro porto di Spalato, sulla costa orientale della baia dei Sette Castelli, al nord della città, limitando l’impiego del porto-città alle comunicazioni puramente locali. A questo proposito esistono due pro­getti: l ’uno prevede la costruzione del por­to nella vallata di Poliud (circa 1 km. a nord della città): l’altro nella baia di Vra- nize, ove l’iniziativa privata ha già costrui­to il suo porto industriale. Le ragioni tec­

niche, economiche e commerciali sono in­

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82

contestabilmente a favore del secondo prò- getto.

Il porto di Spalato risente un danno dal­le diverse prospettive esistenti circa la pos­sibilità della sua costruzione tecnica, e si potrebbe dire quasi che questa abbondan­za, di cui natura l ’ha favorito, sia piuttosto di svantaggio che di profitto.

Per dare a Spalato la possibilità di diven­tare un importante centro di traffico, si im­pone la necessità della costruzione della li­nea ferroviaria Belgrado-Serajevo-Spalato (di cui parleremo diffusamente più avanti), che dovrebbe rappresentare l ’allacciamento diretto fra la Bosnia-Erzegovina e il bacino della Sava-Danubio, da una parte, e 1 A- driatico centrale dall’altra. Ad onta della lunga lotta sostenuta per ottenere la citata ferrovia, nulla è stato fatto, e la ragione di queste indecisioni del Governo jugoslavo in così delicata questione appare evidente quando si pensi che la Jugoslavia, dhe una volta sospirava appena 5 km. di costa per avere uno sbocco al mare, si è trovato d’un tratto in possesso di 600 km. di lito­rale felice, con numerosi buoni porti natu­rali.

Il Governo è edotto delle necessità che impongono un indirizzo organico; ma le correnti contrarie, che non possiamo qui partitamente esaminare, sono numerose; v ’ha chi dice che ogni forma di incremen­to di Spalato recherebbe danno a Susak: idea questa veramente miope, nonché priva di fondamento geografico ed economico, non trovandosi Susak in condizioni favore­voli per i traffici della Bosnia-Erzegovina e della Serbia occidentale.

Dal canto nostro, reputiamo necessaria ed opportuna la politica di lavorare in tutti

i sensi, sempre, s’intende, senza artifici, per il porto di Spalato, unico emporio per la espansione centro-jugoslava dei traffici: pur restando utile aiutare nelle loro molteplici esigenze gli altri scali della Dalmazia, che si trovano in condizioni inadatte a soddisfa­re i bisogni imposti dalla naturale configu­razione del loro retroterra.

Poiché ci siamo trattenuti alquanto a dire delle condizioni in atto e potenziali del por­to di Spalato, ci soffermeremo meno lunga­mente ad esaminare le singole correnti del traffico. Come si rileva dai due prospetti ri­feriti qui di seguito, lo sviluppo del porto in parola è andato continuamente aumen­tando fino al 1928, anno in cui la stazza delle navi ormeggiate ha raggiunto i 2 mi­lioni 927.128 tonnellate; in secondo luo­go, Spalato è un porto prevalentemente di esportazione, particolarmente verso l’estero.

Le merci costituenti il traffico di Spalato

AnnoNavi ormeggiate (1 tonn. = 2.S315 me.)

numero tonnellaggio

1913 6.833 1.816.052

1922 6.309 1.385.229

’23 5.827 1.218.122

’24 6.721 1.583.164

’25 7.524 1.977.135

’26 7.684 2.043.940

’27 7.508 2.304.223

’28 8.763 2.927.128

’29 9.789 2.851.991

’ 30 9.209 2.737.991

’31 9.882 2.902.603

’32 8.957 2.704.834

’ 33 9.529 2.860.407

’34 9.875 3.210.625

Page 101: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

83

M o v i m e n t o d e l i e m e r c i (in tonnellate)

Anno con l’ interno con l ’estero

sbarcate im barcate totale sbarcate im barcate totaleTotale

1913 32.343 94.241 126.584 64.268 25280 3 317.071 443655

1925 50.410 56.450 106.860 93.953 605.838 699.791 806.651

’26 39.237 66.734 105.971 100.713 528.932 629.645 735.616

’27 43.851 115.924 159.775 118.731 543.592 662.323 822.098

’28 31.758 120.682 152.440 142.822 644.167 786.989 939.429

’29 33.397 96.763 130.160 195.163 825.837 1.021.000 1.151.160

’30 26.029 100.377 126.406 130.240 837.634 967.874 1.094.280

’ 31 29.770 124.490 154.260 141.667 731.835 873.502 1.027.762

’32 32.057 119.921 151.978 101.231 550.841 652.072 804.050

’ 33 36.458 114.915 151.373 97.485 535.057 632.542 783.915

’ 34 40.861 117.659 158.520 107.277 697.081 804.358 962.878

Me r c i e a p o r t a t e a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

Prodotti dell’ a g r ico ltu ra ....................... 8.035 18.357 10.181 18.531 1.491 8.601

Legname da costru z ion e ............................ 16.583 4.137 5.904 2.888 8.006 20.533

Traverse e doghe in quercia, faggio ep i n o .............................................................. — 17.521 11.284 1.648 882 5.020

Legna da ardere ............................................. 21.549 330 138 886 84 543

Carbone di l e g n a ....................................... 2.287 18 1 — — —

V i n i .................................................................. — 1.221 573 44 75 132

Carbon f o s s i l e ............................................. 5.290 3.729 2.652 1.131 1.070 3.538

B a u x ite ............................................................. 27.450 6.980 6.496 18.460 16.580 52.639

M a r n a ............................................................. 296.382 392.638 285.686 188.403 158.890 184.745

— 1 6 1.306 2.128 6.071

436.793 381.708 398.299 309.485 338.686 401.858

C alciocianam ide............................................. 122 — 1.101 708 — —

146 782 378 426 257 194

9367 9.450 6.923 5.317 5.913 7.212

2.833 769 2.213 1.608 995 5.995

Totale 825.837 837.634 731.835 550.841 535.057 697.081

Page 102: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

84

derivano direttamente dalle condizioni in- stremo Oriente e i Paesi levantini, per gu dustriali suesposte, e interessano particolare imbarchi; mentre per gli sbarchi sono inte- mente, oltre l’ interno, l ’Italia, l ’Egitto, l’e- ressate principalmente le correnti prove-

M e r c i i m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o in tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

C e re a li e r iso . . . . 2.219 1.328 1.206 771 1.326 595

411 395 342 248 207 239

C a rb o n i fo ss ili 129.369 99.366 129.645 86.233 87.125 94.913

O lii m in e ra li . . . . 47.342 16.349 25 8.318 1 7

A s f a l t o ................................ 304 1.040 - — — 1.022

A s b e s t o ................................ 851 502 — — — —

T e s s il i e d e r iv a t i . . 1.674 1.580 2.038 1.087 969 1.500

F e r ro e d e r iv a t i . . . 5.472 2.412 2.201 956 1.121 1.370

M a c c h in e , p ezzi e a p p a re c c h i 450 1.438 90 117 335 97

A l t r i ...................................... 7.071 5.830 6.120 3.501 6.401 7.534

T o ta le 195.163 130.240 141.667 101.231 97.485 107.277

D e s t i n a z i o n i d e l l e me r c i e s p o r t a t e (in tonnellate)

P a e s i 1929 1930 1931 1932 ! 1933 1934

351.490 428.618 309.476 208.977 177.204 228.875

G r e c i a ....................................................................... 47.379 40.150 36.088 17.607 2.191 3.700

A l b a n i a ....................................................................... 19.331 21.831 31.737 24.086 12.873 15.467

E g i t t o ....................................................................... 93.888 62.264 26.077 43.726 1 47.161 49.637

L ib ia , A lg e r ia , T u n is ia e M a ro c c o . . 37.980 75.548 58.816 72.699 70.511 106.038

A lt r i P a e s i a f r i c a n i ....................................... 47.619 46.905 49.115 26.264 1 45.459 69.845

A lt r i P a e s i l e v a n t i n i ....................................... 81.703 80.901 107.892 97.797 j 90.708 111.601

O l a n d a ....................................................................... 30.105 10.969 20 301 j 5.700 36.454

I s o le C a n a r ie . .................................................... 20.838 26.696 39.137 33.339 | 34.135 9.108

A m e r i c h e ................................................................ 32.339 14.575 30.131 8.323 1 20.317 13.261

E stre m o O r ie n t e ................................................... 46.566 15.120 15.123 9.437 17.129 22.040

16.599 14.057 28.223 8.285 i 11.6691 31.055

T o ta le 825.837 837.634 731.835 550.841 535.0571

697.081

Page 103: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)

P a e s i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

I t a l ia . . . . 18.348 11.168 15.770 6.487 7.784 9.068

In g h ilte r ra . 125.585 94.319 104.139 68.542 51.255 39.478

R o m a n ia 47.231 16.373 — 8.302 — —

G e rm a n ia 3.500 1.473 268 — - 510

U. R . S. S. . — 4.908 3.395 1.967 15.771 9.732

O lan d a . — 1.395 6.307 — 124 700

D a n z ica — — 10.562 14.967 18.982 37.540

A lt r i . . . . 499 604 1.226 966 3.569 10.249

T o ta le 195.163 130.240 141.667 101.231 97.485 107.277

nienti dall’ Inghilterra, dalla Romania e dal­l’Italia.

Circa le bandiere che battono le navi che operano nel porto in parola, notiamo che la italiana ha una quota di partecipazione di poco inferiore a quella jugoslava, mentre le navi di altre Nazioni partecipano con una percentuale minima; così la inglese col 3 ,3 % , la greca col 2 ,2% e l’albanese con lo0,2 % sul totale del tonnellaggio di stazza; il che appare evidente dal prospetto se­guente :

Il movimento dei passeggeri è andato nu­mericamente aumentando, ma, rispetto al totale dei passeggeri trasportati da linee lo­cali o straniere lungo la costa jugoslava, è andato lentamente e costantemente dimi­nuendo. Si nota anche una diminuzione della densità dei passeggeri per miglio ma­rino; il che sta a dimostrare l’esistenza di quell’ interessantissimo problema della gra­vitazione demografica verso Spalato dalle zone circostanti, che aumenta il movimen­to locale dei passeggeri e dimostra l'infon­datezza delle preoccupazioni che si fonda­

T onnellaggio di stazza delle navi arrivate e partite (In centinaia d i tonn.)

Bandiera 1929 1930 • 1931 1932 1933 1934

Ju g o s la v a 29.305 28.731 32.480 31.119 31.818 36.233

I ta l ia n a 24.277 23.674 22.698 20.459 22.162 25.119

In g le se 1.968 696 951 1.204 379 875

G re c a . . . . 1.104 1.133 1.202 686 961 944

A lb a n e s e 75 77 92 78 93 113

T e d e sca 131 74 — 202 497 550

E g iz ia n a 59 . 219 67 40 29 —

A lt r e . . . . 187 130 567 515 675 376

T o ta le 57.106 54.734 58.057 54.303 56.614 64.210

Page 104: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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no su una presunta possibilità di concor­renza di Spalato coi porti dell’Alto Adria­tico per il movimento dei passeggeri.

io. Ragusa, come Spalato, ha due porti: quello della città, per le comunicazioni lo­cali (specialmente pel movimento passeg­geri), e il porto commerciale, che è situato a Gravosa, detta ufficialmente Ragusa Se­conda (Dubrovnik I e II rispettivamente). La città è meta di turisti e stranieri, il cui interesse non permette alcun impianto in­dustriale, che dia vita a una intensa atti­vità commerciale. Anche ora il porto com­merciale non può essere utilizzato intera­mente per il commercio transoceanico, per­chè tutta la zona costiera a sud dello scalo è organizzata e adattata a fini turistico-cli- matici. Si sono infatti costruiti alberghi e parchi forniti dei più moderni impianti di conforti e divertimenti per il soggiorno esti­vo e invernale del pubblico internazionale.

Appunto per tale ragione il porto di Gra­vosa, come scalo commerciale, non può estendersi che fino ad un certo limite sulla costa nord del bacino, che ha 500 mila mq. di superficie. La lunghezza dei moli è di complessivi 970 metri, con una superficie di 40.000 mq. e si sta ultimando la costru­zione di nuovi moli per la lunghezza di 240 metri.

A Gravosa esiste un grande deposito per merci, costruito sette anni or sono e de­stinato a servire per il deposito di merci sbarcate. Esso ha una superficie di 1.086 mq. e una capacità di 11.6 50 me., ed è for­nito di tutte le più moderne installazioni per il carico e lo scarico: acqua, luce, gru elettriche, montacarichi, ecc.

Ma il commercio non ha tratto alcun pro­fitto da tale magazzino, perchè esso è stato dato in affitto dal Ministero delle Comuni­cazioni alla Direzione dei Monopoli.

Certamente, in un avvenire non lonta­no, le cose cambieranno e il magazzino sa­rà dato in locazione a privati, in vista della organizzazione dei depositi franchi, che, conformemente al Regolamento promulga­to pochi anni or sono, dovrebbero essere istituiti a Gravosa, Spalato e Susak: della quale questione ci occuperemo più diffusa­mente nella terza parte dello studio.

Dalla breve esposizione or ora fatta delle condizioni economico-ambientali dell’em­porio di Ragusa, appare evidente che lo svi­luppo del commercio è stato fortemente impedito nella attuazione delle possibilità. Il prospetto seguente ci mostra lo sviluppo del movimento portuario, secondo le cifre relative alla stazza:

Anno

N avi orm eggiate (I tonn. — 2.8315 me.)

numero tonnellaggio

1913 3.720 1.233.490

1922 2.590 822.183

’ 23 2.884 843.329

’ 24 3.237 916.153

’ 25 3.264 1.082.815

’ 26 3.849 1.259.339

’ 27 3.848 1.377.483

’ 28 4.466 1.573.395

’29 4.587 1.592.779

’30 4.680 1.580.641

’31 4.769 1.712.709

’32 4.427 1.796.993

'33 4.611 2.059.533

’ 34 4.556 2.369.675

Page 105: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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La seguente tabella ci dà un’idea esatta del movimento delle merci attraverso il porto in esame: particolarmente notiamo che è rimasta inalterata la grande differen-

Per quanto concerne i Paesi di destina­zione o di provenienza, ci limitiamo a ri­levare che le esportazioni interessano per quasi un terzo l’Italia (in media circa 750

Anna

M o v i m e n t o de l l e m e r c i (in tonnellate)

con l’ interno con l’estero

Totalesbarcate Imbarcate totale sbarcate imbarcate totale

1913 19.771 2.438 22.209 32.189 134.353 166.542 188.751

’ 25 18.920 16.085 35.005 52.302 129.175 181.477 216.482

’ 26 5.251 18.431 23.682 39.606 125.637 165.243 188.925

’ 27 11.685 11.739 23.424 33.549 151.817 185.366 208.790

’28 12.389 8.483 20.872 52.807 233.788 286.595 307.467

’29 17.766 10.874 28.640 103.627 234.561 338.188 366.828

’ 30 15.169 7.839 23.008 101.456 208.829 310.285 333.293

’ 31 10.210 8.191 18.401 139.753 131.711 271.464 389.865

’ 32 10.869 7.808 18.677 105.733 98.411 204.144 222.821

’ 33 11.916 7.998 19.914 120.956 121.655 242.611 262.525

’ 34 14488 7.621 22.109 135.028 149.157 284.185 306.294

za fra importazione ed esportazione, col particolare che, mentre gli sbarchi interes­sano moltissimi titoli, gli imbarchi sono co­stituiti prevalentemente (circa il 95 %) da legname.

mila q.li all’anno), mentre le importazioni provengono principalmente dai Paesi del Nord e dall’ interno, interessando solo per il 4,5 % rispetto al totale la nostra Nazione.

Anche la ripartizione del tonnellaggio

M e r c i i.'m p 0 r t a t e d a l l ’ e s t e r o (lu tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

C e re a li e r iso 879 316 272 222 167 321

F r u t ta e le g u m i . 2207 2.006 1733 2.033 1.166 1.363

C a rb o n i fo s s ili . 76.661 84.174 119.115 86.070 106.661 122.721

S a le . . . . 7.546 6.400 9.641 8.605 6.151 4.977

O lii m in e ra li 2.390 917 2.155 1.667 2.483 2.294

T e s s i l i e d e r iv a ti 326 963 845 378 475 815

F e r r o e d e r iv a t i . 8.450 789 437 35 425 290

A lt r i . . . . 5.168 5.891 5.555 6.723 3.428 2.247

T o ta le 103.627 101.456 139.753 105.733 120.956 135.028

Page 106: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

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M e r c i e s p o r t a t e a 11* e s t e r o (in tonnellate)

T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934

P ro d o tt i d e ll ’ a g r ic o ltu ra 2.200 1.616 1.489 2.690 2.154 2.176

L e g n a m e d a co stru z io n e

T r a v e rs e e d oghe in

224.698 197.671 115.077 84.717 108.061 104.171

q u e rc ie , fa g g io e p in o — 5.934 6.041 1.150 958 287

L e g n a d a a rd e re . 2.458 99 683 774 2.189 1.911

T ab acco 1.695 524 199 — — —

O lii m in e ra li 563 4 12 11 5 7

M ag n esite 637 1.414 1.973 2.173 987 2.751

M in e ra li d i ram e — — 5.100 5.212 5.385 35.375

A lt r i . . . . 2.310 1.567 1.137 1.684 1.916 2.479

T o ta le 234.561 208.829 131.711 98.411 121.655 149.157

secondo le varie bandiere non merita parti- colare attenzione, se non in quanto si noti che la bandiera italiana, con un numero di navi che è circa un quinto di quelle jugo­slave, supera per tonnellaggio la metà della stazza delle navi battenti bandiera jugo­slava.

Per evidenti ragioni, non possiamo dilun­garci ad esaminare le correnti del traffico marittimo jugoslavo, che, se presentereb­bero particolare interesse perchè non esisto­no studi in proposito, sono da noi già state sufficientemente illustrate ai fini che si pro­pone il presente saggio.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Per la parte generale relativa al materiale sta-

tistico di cui s’è fatto uso in questa seconda

parte, ricordiamo: dell’ istituto Centrale di Sta­

tistica, 1’ « Annuario statistico italiano », Ser:e I,

li, III e I V (voi. I) e il prezioso « Bollettino men­

sile di statistica » ; notevoli le varie pubblicazioni

statistiche del Ministero delle Comunicazioni,

Direzione generale delle Ferrovie, e del M ini­

stero della Marina, Direzione generale della M a­

rina mercantile; del Ministero delle Finanze, il

<i Movim ento della Navigazione nel 1 9 2 9 » ; id.

nel 19 30 e nel 1 9 3 1 , Rema, 19 3 2 , 19 3 3 e 19 3 4 ;

G . Mortara : « Prospettive economiche », X V ed.,

Milano (U n. Bocconi », 19 35 .

Per i traffici attraverso il porto di Venezia:

oltre alle varie pubblicazioni statistiche del C on­

siglio provinciale deU’Economia corporativa, già

Camera di Commercio e Industria : « L ’attività

economica della provincia di Venezia negli an­

ni i9 2 9 - ’3o », Venezia, 1 9 3 1 ; prezioso è il

« Bollettino Ufficiale Mensile » del Provvedito­

rato al Porto di Venezia; a cura dell’Ente stes­

so : « I I Po rto», Venezia, 19 2 2 , e « L e Port de

Venise », Venezia, 1 9 3 1 ; nel 19 19 , G . Albi ha

pubblicato : « I traffici marittimi di Venezia »,

Venezia; nel 19 2 3 , E . Coen C ag li: « Il Porto di

Venezia », Venezia; nel ’ 17 , G . Fusinato pub­

blicò : « Su ll’ordinamento amministrativo del

Porto di Venezia », Comune di Venezia.

Per il porto di Trieste ricordo: oltre alle pub­

blicazioni statistiche della Camera di commer­

cio e del Consiglio ptov. dell’Economia corpora­

tiva, le « Relazioni » e il « Bollettino statistico »

dei Magazzini Generali.

Per Fium e: la « Relazione sulla situazione eco­

nomica di Fiume », della Camera di Commercio.

1 9 1 3 ; del Consiglio prov. dell’Economia corpo­

rativa del Carnaro : « L ’ economia della provin­

cia del Carnaro nel 19 29 », Fiume 1 9 3 1 ; del G o­

verno marittimo di Fiume i « Cenni sull’Azien­

da portuaria», Fiume, 1 9 2 1 ; si ricordi anche il

« Regolamento per l’amministrazione del Porto

e del Litorale della Città di Fiume ».

Per gli altri porti italú&u ricordiamo solo le

pubblicazioni statistiche varie, e i Bollettini in

particolare, dei Consigli prov. dell’Economia

corporativa; sul « Porto di Zara », ricordiamo

anche la pubblicazione di G . Accocella; la Fe­

derazione Fascista Ravennate dei Commercianti

ha pubblicato nel 1 9 2 9 : « Ravenna porto dell’E ­

milia », Relaz, di A . Cagnoni; cinquantaquattro

anni or sono, G. Marchesetti : « La pesca lungo

le coste orientali dell’Adriatico », Trieste; del

medesimo : « Bericht aus dem Kiistenlande »,

Vienna, 1909.

Per i porti jugoslavi ci siamo serviti principal­

mente dei dati della « Pomorska Statistika, za

godinu i9 2 9 -’3 4 » ; pubblicata dalla Trgovacka i

obtrinicka Komora u Splitu, Spaiato, i9 3 o - '3 5 .

Questi volumi, veramente preziosi per chi studia

l’argomento adriatico, ci sono stati direttamente

inviati dalla cortesia dei Signori Juraj Duboko-

vic e del Dr. Mirko B u ie, rispettivamente Pre­

sidente e Segretario della Camera di Commercio

e Industria di Spalato. Di A . Alesani ricordo:

« Il porto di Spalato nel nuovo assetto adria­

tico »; J. Lakatos: « Privredni Almanah Jugo-

slavenskog Lloyda », Zagabria, 19 29 ; G. N o v a k :

« S p lit u svjetskom prometu », 1 9 2 1 ; J. Rubic:

« Gravitacija susjednik zitelia Splitu », Zagabria,

19 30 ; P. Skok : « Ima grada Splita ».

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P A R T E T E R Z A

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L e prospettive del traffico alto-adriatico

1. La politica economica internazionale e l'opera di col­laborazione fra i porti dell’Alto Adriatico: i rap porti commerciali fra Italia e Jugoslavia. . . . pag.

2. Il nuovo sistema porto-ferroviario nella politica adria-tica ju g o s la v a .................................................................

3. La politica tariffaria jugoslava.......................................... ......4. La posizione dei tre empori italiani................................„5. 1 progetti ferroviari favorevoli al traffico di Trieste e

V e n e z ia .................................................... . . . „6. I porti della costa orientale e la loro interferenza al­

l’attività a lto -adriatica ................................ ’ . . „7. 1 noli negli ultimi a n n i .....................8. 11 problema dell’Alto Adriatico nel più vasto campo

delia vita economica e politica internazionale . . „

Nota b ib lio g r a f ic a ........................................................ ......

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'.

1

Page 113: Pier Lodovico Bertani - Il problema dell'alto Adriatico (1936)

i . Nelle precedenti parti del nostro stu­dio, abbiamo cercato di impostare il pro­blema dell’Alto Adriatico, presentandone analiticamente lo svolgimento verificatosi nell’ultimo venticinquennio e fermandoci a studiare, particolarmente per ciascun porto, non solo i dati che si riferiscono agli sbar­chi ed agli imbarchi, ma curandoci anche di vedere quali mercati costituiscano il re­troterra verso cui si dirigono o donde pro­vengono le merci costituenti il traffico ma­rittimo.

La trattazione, necessariamente somma­ria, di tale argomento è stata svolta non tanto per avere una visione statica dell'en­tità, delle fonti e delle destinazioni delle va­rie correnti, ma piuttosto per potere logi­camente dedurre l ’aspetto dinamico e le possibilità del traffico marittimo, in base alle attuali condizioni politico-economiche dei diversi porti. A tale fine, ci siamo sof­fermati ad esaminare anche le caratteristi­che portuali e la attrezzatura meccanica in particolar modo, mettendo in evidenza le

deficienze o l’eventualità che siano assor­bite determinate correnti.

Dalla esposizione fatta nella seconda parte, risulta quindi evidente che lo studio della zona dell’Alto Adriatico presenta una eccezionale complessità, superiore a quella prospettata da quegli Autori, che hanno trattato l’argomento da un punto di vista puramente politico, o storico, o commer­ciale, o comunque tecnico.

Abbiamo già veduto quali siano state le relazioni fra i tre porti di Venezia, Trie­ste e Fiume, negli ultimi decenni. Vedia­mo ora come possa svolgersi quella opera di coesistenza e collaborazione, cui s’è fatto cenno precedentemente.

Anzitutto è da notare che i tre porti so­no uniti da un vincolo potentissimo: la di­fesa dell’economia nazionale, cui gli scali nordici, jugoslavi ed egei, con artifici di ogni sorta, tentano sottrarre l’utile ricava­bile dalla libera affluenza delle merci at­traverso gli empori italiani.

Questa lotta continua, per e aell’Adria-

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'

tico, si combatte da decenni ed è oggetto di studio e di passione per una infinità di economisti e di commercianti, che quoti' dianamente debbono difendersi dall’ insidia straniera.

Spesso gli Stati che meno avrebbero di' ritto di fare appunti alla nostra bilancia commerciale, si permettono di insinuare moventi di indole egemonica nei nostri rap' porti internazionali. Il caso verte partico- larmente intorno alla condotta che Belgra' do mantiene nei riguardi dell’Italia.

Da anni, particolarmente da quando, il 25 Luglio 1925, i torbidi interni, suscitati dal malcontento dei Croati e degli Sloveni, indussero Re Alessandro a tentare un Go' verno di coalizione, rendendo poi impossi' bile nel Dicembre del 1929 il rinnovo del Patto di Roma del 1924, il Regno S. C. S. ostenta fieri propositi verso l’altra sponda; e, in passato, alcuni elementi, certo non re- sponsabili, si sono abbandonati a vandali' smi inconsulti, senza riuscire a farci dimen- ticare che i canoni fondamentali della ci' viltà sono venuti ai Serbo'Croati'Sloveni, come a tanti altri popoli più potenti, dal' l ’Italia.

Ciò non ostante, il vicino Regno conser' va nell’ Italia il miglior cliente del suo com- mercio estero, e dal nostro mercato trae annualmente profitti di parecchie centinaia di milioni di dinari.

Effettivamente non è frequente il caso di trovare in due Stati limitrofi una com- binazione così complementare delle rispet' tive economie nazionali, come si presenta per l ’Italia e la Jugoslavia.

Quest’ultimo ha larga possibilità di esportare prodotti agricoli e materie prime per l’ industria; la prima invece, dato l’ele­

9 &

vatissimo progresso industriale, abbisogna appunto di quei prodotti jugoslavi; dato che la via di comunicazione più frequente- mente usata è l’Adriatico, con traversata breve ed economica, si comprende come le correnti di scambio fra le opposte rive sia- no frequenti e notevoli.

Nonostante tutti gli sforzi fatti da emi' nenti personalità jugoslave per dimostrare il contrario, dal 1925 in poi il Governo di Belgrado si è sforzato continuamente per ridurre le importazioni dal nostro Paese, mentre questo non ¡si è curato di porre in campo artifizi simili, distinguendo netta- mente la sfera degli interessi naturali e del­le necessità economiche da quella dei sen­timentalismi politici, artificiosi, più o me­no compensati.

A dimostrare tale asserto è più che suffi­ciente una scorsa ai dati percentuali del commercio estero jugoslavo nélPultimo de­cennio, distinto per Paesi di provenienza e di destinazione: appare subito che, men­tre la Jugoslavia importa dall’ Italia per circa il 13 % sul totale (contro una media del. 18 % della Cecoslovacchia, del 16 % dell’Austria e della Germania, del 15 % dei Paesi extra-mediterranei), esporta in Italia quasi il 28 % delle sue esportazioni totali, superando di gran lunga l’Austria (18 %), la Germania (10 %), la Cecoslovac­chia (10 %), l ’Ungheria, ecc. Secondo le più recenti notizie, elaborate sui dati delle statistiche doganali italiane, a partire dal 1928, primo anno della stabilizzazione del­la Lira e immune da conseguenze perturba­trici di crisi economica, il totale delle no­stre importazioni ed esportazioni è sceso da 100 (1928) a 36 (1934) nei riguardi del mondo intero, mentre nei riguardi della

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sola Jugoslavia sarebbe sceso a 4 1. Nelle nostre importazioni dal vicino Regno, si riscontra una diminuzione da 100 a 38; mentre nelle esportazioni si nota una con- trazione da 100 nel ’28 a 46 nel ’ 34.

Per quanto concerne la nostra bilancia commerciale con la Jugoslavia, il Barome- tro Economico Italiano registra un sensi­bile miglioramento per noi fra il 1928 ed oggi; infatti, nel ’28, le esportazioni ita­liane verso il Regno S. C. S. erano infe­riori del 4 1 % alle esportazioni jugoslave in Italia, mentre oggi questo squilibrio, a noi dannoso, si è ridotto al 30 % . In tal modo il nostro deficit commerciale col vicino Re­gno è diminuito dal 32 al 30 °/0.

Probabilmente il miglioramento verifica- tosi a partire dal 1932 è dovuto agli accor­di presi col Presidente dell’ istituto Nazio­nale per l’Esportazione dal dott. Jurai To- micic, Direttore dell’ istituto per il Commer­cio estero della Jugoslavia. In vero, dopo tali abboccamenti, avvenuti a Roma nel Febbraio del ’3 1 , si è verificato un riav­vicinamento economico fra i due Stati: in­fatti il Museo Commerciale dell’ istituto ju­goslavo ha preparata la rappresentanza dei progressi economici jugoslavi alla Fiera Campionaria di Milano, a partire dal 19 31 ; inoltre, per la prima volta, la Jugo­slavia si è presentata ufficialmente alla Fiera del Levante del 1932, nell’intznto di far apprezzare maggiormente ai mer­cati italiani e orientali i suoi prodotti prin­cipali.

Negli ambienti commerciali si è sperato molto negli effetti dell « Accordo addi­zionale » e nel « Protocollo sul Comitato economico permanente », conclusi il 25 Aprile 1932 ed entrati in vigore il i° Giu­

gno successivo, inerenti il Trattato di Com­mercio del 14 Luglio 1924.

Ora, dato quanto siam venuti dicendo, se si tiene presente che noi potremmo in gran parte e facilmente effettuare altrove il rifornimento delle merci che acquistiamo in Jugoslavia, mentre questo non sa­prebbe dove trovare utilmente altri sboc­chi, ben si comprende come i Serbo-Croati- Sloveni diano prova di assoluta incoscien­za, quando tentano di inasprire i rapporti col nostro Paese. Essi lottano non solo con­tro la loro convenienza politico-sociale, av­versando i nostri principi di collaborazione e di disciplina, ma minacciano la loro stes­sa economia nazionale.

Quindi dobbiamo augurarci, o che i rap­porti economici fra i due Stati si pongano di nuove su vie naturali e amichevoli una volta eliminata la depressione economico- finanziaria che inasprisce anche gli animi dei responsabili della politica di Belgrado,o che si verifichi quanto prima un com­pleto riassetto politico nei Balcani, in mo­do che l’elemento che è più adatto ad as­sorbire la civiltà d’Occidente sostituisca l’e­lemento che ha dimostrato di non sapere ancora sceverare i reali interessi economici e spirituali dei popoli soggetti.

2. Dopo aver veduto quali siano, e comi si siano andati svolgendo, i rapporti eco- nomico-commerciali fra l’Italia e la Ju­goslavia, ci sembra opportuno consi­derare i vari punti della politica economica seguita da Belgrado nei riguardi del traf­fico marittimo adriatico, riserbandoci di vedere poi come tale programma influisca sull’economia italiana, particolarmente su­gli empori dell’Alto Adriatico.

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Gli indirizzi costituenti il programma adriatico jugoslavo, in parte in via di at­tuazione, sono principalmente i seguenti: politica marinara, politica portuaria, poli­tica ferroviaria.

Abbiamo già visto come lo Stato jugosla­vo abbia nell’Adriatico una delle sue più salde basi economiche. Alcuni anni fa, fu­rono lanciati, e in parte praticati, progetti tendenti ad utilizzare il porto di Salonicco e a regolare la navigazione danubiana; ma l’espansione economica jugoslava non ha trovata alcuna facilitazione in tale sistema commerciale, e, quindi, con visione più aderente alla realtà geografica ed economi­ca, si è rivolta all’Adriatico.

Per alcuni anni si tentò anche un movi­mento commerciale di massa lungo la rot­ta del sud-est e le trasversali balcaniche, che da Skoplje e da Nis raggiungono l’A l­bania, la Grecia e Salonicco; ma tale diret­tiva si dimostrò insufficiente per le neces­sità jugoslave, e, dopo vari anni di tenta­tivi più o meno mancati, la Jugoslavia è tornata alla politica adriatica; politica lo­gica e ragionevole, poiché i mercati consu­matori dei prodotti del Regno sono appun­to l’Italia, l ’Africa settentrionale, la Fran­cia e la Spagna.

Pertanto la politica di avvaloramento adriatico, iniziata nel ig 2^ 'r2^, ha teso e tende tuttora a sviluppare profondamente una coscienza marinara jugoslava e a prov­vedere alle deficienze portuarie e tecnico- amministrative della marina mercantile e delle vie di comunicazione.

A tale programma consigliava anche lo sviluppo economico del Litorale dalmatico, che, particolarmente con l'avvaloramento dei nuovi giacimenti minerari delle Bano-

vine del Litorale, della Drina e del Verbas, e con lo sfruttamento delle forze idrauli­che dello Zemagna, del Cherca e del Cetina, necessita della vicinanza del mare e di mez­zi atti al trasporto dei prodotti minerali.

Effettivamente la propaganda jugoslava per tali fini è stata intensa, ed ha ottenuti risultati veramente degni di nota.

Anzitutto il movimento attraverso il porto di Salonicco è andato continuamente diminuendo, mentre i porti danubiani han­no lentamente riacquistato il loro valore quasi esclusivamente locale.

Vediamo dunque che la Jugoslavia, dopo aver tentato di espandersi verso il nord e verso il sud, si è decisamente orien­tata verso l’Occidente, attraverso le rotte adriatiche.

In tal modo sorge la marina mercantile jugoslava, della quale ci siamo fermati a parlare diffusamente nella prima parte, po­nendola a raffronto con le marine italiana ed ellenica.

Nel quadro dei rapporti di scambio che il vicino Regno ha con l’Italia e della con­sistenza delle principali marine mercantili operanti nell’Adriatico, che siamo venuti fin qui prospettando, cerchiamo ora di co­gliere i tratti caratteristici e salienti della politica portuaria jugoslava. Ci interesserà anche il problema del collegamento del L i­torale col retroterra, per poter vedere come la soluzione influisca sul commercio adria- tico e, particolarmente, sul movimento dei porti della zona superiore.

La politica porto-ferroviaria del Regno jugoslavo comprende nel suo programma questi punti principali : a) ampliamento e perfezionamento di alcuni scali, particolar­mente favoriti dalla natura e sviluppati

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commercialmente, oppure meritevoli di spe­ciale cura a fini strategico-militari; b) co­struzione di una rete di ferrovie a scarta­mento normale e, possibilmente, a doppio binario, per congiungere i nuovi porti alle vecchie regioni della Bosnia, Erzegovina, Croazia e Montenegro, e, attraverso queste, influire sui bacini della Sava, del Danubio e della Morava; c) avvaloramento, sia pure in limiti modesti, di tutti i minori porti adriatici, in modo che ciascuno di essi pos­sa provvedere alle necessità del traffico lo­cale e dell’immediato retroterra; d) far gra­vitare verso i porti nazionali, a tutto dan­no dei porti giuliani, i traffici jugoslavi e le correnti dei Paesi finitimi, come l’Un­gheria, la Cecoslovacchia e la Rumenia.

Naturalmente, il punto più interessante per l’economia italiana è quest’ultimo; ma premettiamo lo studio dei tre primi per po­ter presentare una idea più completa del problema adriatico.

Abbiamo già veduto, singolarmente per ciascun porto, lo sviluppo avuto negli ul­timi lustri; particolarmente notevole è l ’ in­cremento dello scalo di Susak, del quale avremo ad occuparci diffusamente per la concorrenza a Fiume e a Trieste.

Riguardo ai porti minori si nota soltanto che lo sviluppo tecnico-portuario è andato aumentando, parallelamente alla attuazione del programma di avvaloramento economico del Litorale dalmatico. Tuttavia, negli ul­timi cinque anni, si nota una stasi nella po­litica di attrezzatura portuaria, a causa del­la sensibilissima crisi che, a datare dal 1930, si è verificata nel traffico marittimo jugoslavo e, in genere, su tutta la economia del vicino Regno.

Ricordiamo che particolare influenza ha avuto il Regolamento sui punti franchi, che il Governo di Belgrado, in sostituzione del­le zone franche e in analogia ai provvedi­menti italiani del Gennaio 1928, emanava il 13 Maggio 1929. Tale Regolamento isti­tuisce e disciplina le zone doganali libere nei porti di mare.

Tale provvedimento è stato particolar­mente favorevole a Susak. Tuttavia non ci sembra necessario soffermarci più a lungo su tale argomento, tanto più che abbiamo già analizzato caso per caso, lo sviluppo e le condizioni dei porti principali; pertanto, studiamo ora gli effetti prodotti, o che si attendono, dalla politica jugoslava dei tra­sporti sul traffico marittimo.

Per favorire l ’attuazione del suo pro­gramma di avvaloramento adriatico, spo­stando il centro d’espansione commerciale della linea del Danubio verso il mare, la Jugoslavia ha progettato dei piani di costruzioni ferroviarie e stradali veramen­te imponenti, che però vengono attuati con molta lentezza e difficoltà, sia per ragioni d’indole geografica, come la esistenza del Sistema dinarico, sia per ragioni economi- co-finanziarie.

Per quanto riguarda le carrozzabili, no­tiamo che esse hanno il duplice scopo del trasporto delle materie prime e dell’eserci­zio di linee turistiche. Il traffico automo­bilistico ha avuto un forte impulso, arre­stato tuttavia negli ultimi anni, ed ha per­messo a Spalato, Ragusa, Susak e Cer- quenizza di divenire centri importanti di linee automobilistiche e turistiche, contri­buendo maggiormente alla politica di av­valoramento adriatico, anche dal punto di vista delle bellezze artistico-balneari e na­

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turali in genere. Dapprima tale movimen- to era compiuto essenzialmente con auto­mezzi delle Poste; poi, a datare dal ’29, si presentarono le prime imprese private, che si occupano del trasporto delle merci con automezzi.

Tuttavia maggiore importanza ha la po­litica ferroviaria vera e propria, che tende ad alimentare verso l’Adriatico le forti cor­renti di esportazione, che un tempo si di­rigevano a Trieste, Fiume e Salonicco.

La Jugoslavia ha ereditato dall’Au- stria-Ungheria un sistema ferroviario co­struito con fini prevalentemente politici e strategici, che lo rendeva dipendente da altri Stati, perchè le due grandi arterie che attraversavano il Regno sfociavano in ter­ritorio estero: a Fiume, la trasversale Buda- pest-Zagabria-Ogulin-Adriatico; a Salonic­co, la longitudinale Belgrado-Nis-Skoplje- Egeo.

11 nuovo sistema politico attuato dai Trattati di pace, ha fatto sorgere nuove ne­cessità e si è presto sentito il bisogno di al­lacciare la costa al retroterra. 11 Regno S. C. S., di fronte a sì grave compito, non seppe concretare un programma organico e deciso, ma preferì seguire una politica di perpetuo ondeggiamento fra la soluzione adriatica e l’orientamento verso l’Egeo, tra­scurando in tal modo gli interessi di intere regioni. Infatti, tutti sanno che le vecchie amministrazioni austriaca e ungherese, preoccupate essenzialmente di favorire gli empori di Trieste e Fiume, avevano dotato le regioni meridionali della Monarchia so­lamente di quelle linee che, o non costitui­vano pericolo di concorrenza per le linee centrali, o rispondevano a criteri prevalen­temente strategici.

In Serbia, poi, esistevano altri ostacoli, che si opponevano allo sviluppo della rete ferroviaria. Le uniche linee d’accesso al ma­re erano quella per Salonicco, verso cui a datare dal 1926 si orientò il commercio estero serbo, in conseguenza della guerra doganale con la Monarchia danubiana, e quella per l ’Adriatico, attraverso le Alpi Albanesi. Per giungere a tali sbocchi, le li­nee serbe dovevano attraversare territori dell’impero Ottomano, la cui politica era non curante dei Vilayet europei.

Quanto alla linea adriatica, tutti i tenta­tivi serbi sono stati osteggiati dalla volontà delPAustria-Ungheria, che, come avan­guardia del <( Drang nach Osten », voleva impedire a quella Nazione l’accesso all’A ­driatico e la emancipazione economica.

Ma ora, dopo il Trattato di Bucarest (10 Agosto 19 13) e dopo il conflitto mondiale, si è reso possibile al Regno jugoslavo l ’ac­cesso diretto al mare, e tutti gli sforzi do­vrebbero essere rivolti all’impianto di fer­rovie di sbocco all’Adriatico.

Vediamo brevemente come e in qual mi­sura si sia attuato il programma jugoslavo.

La linea Danubio-Adriatico, ottenuta mediante il raccordo di Uzice, stazione ter­minale della Belgrado-Uzice, con Vardiste, terminale della Serajevo-Visegrad, rappre­senta la prima congiunzione della Capitale del Regno, e quindi della Sava e del Danu­bio, col mare.

Altre due linee, però longitudinali e a carattere industriale, vennero ad allacciare la Sava all’Adriatico: la Priedor-Knin-Se- benico-Spalato, che per Novi si innesta alla Belgrado-Zagabria nei pressi di Sogna, e la Brod-Serajevo-Ragusa-Bocche di Cattalo; tali linee non sono, come parrebbe a prima

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101

vista, la attuazione piena dei desideri dei Serbi, perchè una serie di ostacoli e di in- ceppi ne dimostra la incapacità a smaltire un forte volume di traffici.

Alle ferrovie Danubio-Adriatico è segui­ta quella della Lika, che congiunge Zaga­bria a Spalato, via Ogulin-Gracas. Tale ar­teria, di indubbia importanza, avrebbe do­vuto risolvere il problema dell’incanala­mento dei traffici dalla Jugoslavia a un porto dello Stato: Spalato, che, per posi­zione geografica e p«r possibilità di sviluppo negli impianti portuali, avrebbe dovuto so­stituire Trieste e Fiume dell’anteguerra, nella loro funzione di porte del commercio estero e della politica marinara. Ma questa linea, risultando dal raccordo di vari tron­chi, costruiti con criteri differenti e con sco­pi locali, non può avere efficienza organica e carattere unitario.

Pertanto anche tale linea non è sufficien­te ai bisogni jugoslavi e solo quando sarà compiuto il raccordo con la linea Zagabria- Belgrado, lungo il fiume Una, per Bihac e Novi a Sogna sulla Sava, la ferrovia della Lika potrà assumere maggiore efficienza.

Altre linee che congiungono il retroterra jugoslavo al mare, oltre quelle già ricordate e la linea del Vardar, che sbocca a Salonic­co, sono la Budapest-Drnje-Zagabria-Ogu- lin-Fiume e la « Meridionale », che, prove­nendo da Vienna, segue la direzione Ma- ribor-Cilli-Zidani Most-Lubiana-Postumia- Trieste. A Zidani Most c’è la diramazione per Zagabria-Sisek-Belgrado.

Come si vede, la regione settentrionale jugoslava è unita al litorale in modo molto più favorevole ai traffici. L ’attuazione del disegno di congiunzione di Gottschee a Mo- ravitze, la stazione più settentrionale della

Ogulin-Fiume, renderà ancora più comple­

to il sistema ferroviario dal punto di vista jugoslavo, perchè sarà possibile instradare da Lubiana verso i porti settentrionali del Regno le correnti che ora transitano per T rieste.

3. Abbiamo cercato di presentare sinteti­camente le condizioni attuali della rete di comunicazione del litorale con l’ interno del Regno; cerchiamo ora di cogliere le diret­tive della politica tariffaria jugoslava, ed i suoi effetti sul movimento dei porti italiani.

Il Governo di Belgrado mira, con un regime preferenziale, a spostare le correnti di traffico dall’Alto al Medio Adriatico, e precisamente cerca, concedendo notevoli facilitazioni tariffarie alle esportazioni di­rette a Spalato, di favorire quest’ultimo porto, compensando, con la minore spesa, la distanza maggiore e la deficienza tecni­ca della linea della Lika. La tariffa ferro­viaria, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, in vigore fino all’Ottobre ’26, si dimostrò rovinosa per la economia di Su- sak, e pertanto è stata sostituita da un’altra, che, di principi simili, è più moderata negli effetti pratici.

Con questa tariffa si vuole raggiungere il triplice effetto di favorire Spalato, di im­pedire il congestionamento di Susak e di sottrarre notevoli contingenti di traffico a Fiume e a Trieste.

A dimostrare il nostro asserto è certamen­te sufficiente la seguente tabella, cui unia­mo, per maggiore evidenza, una carta di­mostrativa della profondità offensiva della politica tariffaria jugoslava, nei rapporti de­gli empori dell’Alto Adriatico.

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102

C o n f r o n t o d e l l e d i s t a n z e e d e i c o s t i f e r r o v i a r i

per Trieste per Susak per Spalato

Stazioni di partenza

Km.1 tonnell.

L ireKm.

1 tonnell.

LireKm.

1 tonnell.

L ire

N o t e

Bohinska-Bistrica . . 133 46,92 435 47,39 642 47,39 Massima penetrazione

B l e d ................................. 153 51,20 414 45,80 622 45,80 a parità di costo

J e s e n i c e ................................... 159 52,68 404 45,02 611 45,02

Kranjska Gora . . . 184 56,91 427 46,54 634 46,54 Confine Austria ; linea

173 47,44 368 41,63 575 41,63 Villach

T r z ic ................................. 191 51 386 43,33 593 43,83

154 41,86 339 39,26 546 39,26

R a k c k ................................... 99 31,87 391 44,17 598 44,17

K a m n ik ........................... 168 46,43 363 41,63 570 41,63

Zidani Most . . . . 208 53,70 306 36,72 513 36,72

C i l l i ................................. 232 58,27 330 38,42 537 38,42

Slovenj - Gradec . . , 303 71,98 401 45,02 608 45,02 Confine Austria ; linea

St. I l j ........................... 314 78,34 407 45,02 614 45,02 Klagenfurt

K o t o r i b a ...................... 372 78,08 373 42,48 580 42,48

369 76,72 409 45,02 615 45,02 Massimo effetto a pa­

Novomente...................... 220 55,57 263 33,34 470 33,74 rità di distanza

K o c e v je ........................... 221 56,41 372 42,48 579 42,48

I circoli economici di Susak e quelli di Zagabria, che è la più diretta interessata al­lo sviluppo di questo porto, fecero tutto il possibile per indurre il Governo di Belgra­do a rivedere la sua politica dei mezzi di comunicazione, sostenendo che, col regime preferenziale tariffario, bisognava sostenere anche Susak. Ma a ciò si opponevano i Trat- tati con l’Italia, che obbligano il Regno ju­goslavo alla parità tariffaria tra Susak e Fiume: ora, per non favorire lo scalo ita­liano, si continua a favorire soltanto Spa­lato.

Certamente il danneggiare i porti ita­liani è il fine predominante di tale politica; ma, ad un attento esaminatore, appare evi­

dente che Belgrado, oltre a volere un porto centrale difeso e pulsante di vita attiva, cerca di spostare verso il sud il centro eco­nomico potentissimo della Slovenia, miran­do a rafforzare il suo predominio politico diminuendo la potenza delle altre regioni.

Come appare dalla esposizione che ab­biamo teste compiuta, la politica jugoslava per l ’Adriatico è ancora molto incerta e preconcetta, e rende il problema del traf­fico marittimo adriatico ancor più com­plesso.

4. Ad ogni modo, cerchiamo di sintetiz­zare la posizione reciproca dei tre porti ita­liani della zona superiore.

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Notiamo anzitutto che tali scali assumo­no, dal nostro punto di vista, tre diversi aspetti: il primo, di difesa dell’Adriatico come grande arteria per i traffici interna­zionali, contro la invadenza dei porti nor­dici e contro il Danubio, cui le mutate con- Azioni politiche hanno ridato la secolare funzione di via carovaniera dall’Oriente al- l’Occidente; il secondo, di difesa della eco­nomia nazionale; il terzo, di potenziamen­to e sviluppo del proprio movimento.

Alla prima di tali funzioni, comune ai tre porti, si è già fatto cenno nella prima parte; vediamo ora partitamente quali sia­no le possibilità per le altre due.

Dal punto di vista nazionale, la lotta nel­l’Adriatico deve essere collettiva, condotta con criterio unitario e metodo strategico. Fiume deve essere la avanguardia della eco­nomia nazionale per l ’espansione italiana nelle ricche regioni della Ungheria, della Croazia e di parte della Slavonia, con pos­sibilità di irradiazione verso altri empori di assorbimento dei nostri prodotti; Trieste deve essere la linea di tali correnti e V e­nezia il centro di produzione e di contin­gentamento, che dà vita e dirige tale ordi­namento economico.

La funzione specifica di ciascun porto in­tegra la attività del movimento marittimo, come parte della economia nazionale. An­zitutto, le correnti di esportazione, di cui abbiamo parlato, debbono assumere specia­li caratteri, aderenti alla posizione dell’em­porio : Venezia deve tendere allo sviluppo e al perfezionamento delle industrie già esi­stenti, Trieste all’aumento della sua zona di gravitazione e di influenza commercia­le, e Fiume deve cercare di riordinare, po­tenziare, ed indirizzare la sua attività in­

dustriale, che, un tempo florida, non po­trebbe più rivivere in modo analogo, per­chè le condizioni politiche sono radical­mente cambiate, sovvertendo l ’antico siste­ma economico.

A dar vita al traffico marittimo concor­rono naturalmente anche le correnti di im­portazione, che possono avere il loro cen­tro avanzato di smistamento a Fiume, pei' le correnti provenienti dall’Ungheria e dal­lo regioni settentrionali della Jugoslavia, mentre Trieste è adatta ad importare solo per i bisogni locali, tendendo piuttosto al commercio di transito.

L ’avvenire dei nostri porti nell’Alto Adriatico è quindi strettamente connesso, anzi dipendente, dall’oritntamento politi­co degli Stati finitimi, dalle condizioni eco­nomiche internazionali e dallo sviluppo di industrie locali e regionali.

Quindi noi dobbiamo attenderci una ri­presa nei traffici attraverso i tre empori del- l’Alto Adriatico, che, per non risentire della concorrenza dei porti nordici, jugosla­vi ed egei, debbono possedere una corri­spondente capacità di assorbimento, poiché, quando si parla di porto o di emporio ma­rittimo, non si deve intendere lo specchio d’acqua con le installazioni adiacenti, ben­sì si deve avere presente la potenza e l’af­fidamento delle società commerciali locali e delle imprese di navigazione, della possibi­lità di indirizzo sicuro delle correnti e di tutto quel complesso che è chiamato rete di comunicazione, formato da ferrovie, da linee di navigazione, da autostrade e car­rozzabili, da linee fluviali, lagunari e la­cuali.

Il Capo del Governo italiano, con netta visione dell’awenire, ha detto più volte che

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non si debbono porre limiti al progresso e all’espansione economica dell’Italia.

5. N ell’anormalità delle presenti condi' zioni economiche non crediamo sia il caso di intraprendere costruzioni di nuovi siste­mi; ma, non appena le depresse condizioni tenderanno a rialzarsi, siamo certi che il Governo, dando prova di una delle più re* centi fra le virtù italiche, la previdenza, prenderà in esame i vari progetti ferroviari.

Se anche ora prendiamo in considerazio- ne l’opuscolo su « I valichi ferroviari tran- salpini al confine nord-orientale », pubbli­cato dalla Direzione Generale delle Costru­zioni Ferroviarie del Ministero dei LL. PP., vediamo subito come i valichi che riunisco­no le migliori doti preferenziali sono quelli del Predii e delle Alpi Aurine. Non ci fer­miamo ad analizzare e discutere i vari pro­getti, ma vediamo brevemente quale è la opinione più diffusa tra studiosi e specia­listi, sia per gli effetti economici, che stra­tegici.

La funzione di Trieste come ponte fra l’Oriente e il Centro-Europa ha ispirato i progettisti. La Prediliana comprende due disegni; l’uno, che dovrebbe valersi della linea esistente, Gorizia-Santa Lucia di Tol­mino, per deviare nel tratto superiore in di­rezione del Predii; l ’altro, che segue un per­corso non ancora determinato, toccando Monfalcone, Sagrado, ove supererebbe FI- sonzo, Cormons, Cividale e, seguendo il Natisone, per Creda, il valico del Predil. A Creda si staccherebbe un tronco di collega­mento, che, per Idersko (medio Isonzo), si allaccerebbe alla transalpina per Assling a Santa Lucia di Tolmino.

Appare subito che da tale linea trarrebbe

vantaggio non solo l’emporio di Trieste, ma tutta la zona da Udine a Gorizia, lun­go la valle del Natisone, mentre il collega­mento Creda-Santa Lucia unirebbe diret­tamente Udine alla Sava, senza passare per Gorizia.

Per Trieste, poi, è da notare che non solo sarebbero favorite le correnti che, pro­venendo dall’Austria e oltre, passano per il Tarvisio, ma anche si riuscirebbe a sot­trarre alcuni centri alla politica preferen­ziale tariffaria jugoslava; così per Kraniska Gora, e forse anche per Jesenice e Bled, che verrebbero a trovarsi in posizione molto migliore verso i porti italiani, come è già per Rakek e per Bohjnska Bistrica, pros­sime al confine e collegate da linea diretta.

L ’altra arteria progettata, cui abbiamo fatto menzione, è quella detta delle Auri­ne, che ha per iscopo di far gravitare su Venezia e Trieste il traffico del Tirolo e della Germania meridionale, compresa Mo­naco.

La linea di grande comunicazione Mo- naco-Rattenberg, già esistente a doppio bi­nario, sarà congiunta, con 149,2 km. di li­nea di nuova costruzione, per Dobbiaco, a Cima Gogna, ove avranno inizio due ra­mi: il destro, per Venezia, tocca Calalzo, Ponte delle Alpi, Vittorio e Conegliano, per un totale di 148,6 km., dei quali 14 di nuova costruzione, 5 1,2 da rettificare e raddoppiare, 57 già esistenti e 26,4 già co­struiti; il sinistro, invece, per Trieste, toc­ca Mauria, Villa Santina, Carnia, Udine, Cormons, Sagrado, Monfalfone, per un totale di 172 ,5 km., dei quali 83,2 di nuova costruzione, 19,2 da rettificare e rad­doppiare, 40,1 da raddoppiare e 70,1 già esistenti.

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In base a tali cifre, la distanza di Mona­co da Venezia e da Trieste risulta rispet­tivamente di 423 e 447 km., e si può quindi affermare dhe la gravitazione del traffico del Tirolo e della Germania me­ridionale sarà con tale linea distribuita tra i due polmoni dell’Adriatico setten­trionale.

Inoltre, se si attueranno i disegni per 1 raccordi Peschiera-Domegliara e Gudon- Brunico-Sand, che abbreviano di 33 Km.il percorso per Milano, si comprende che un utile notevole sarà risentito anche dalla Capitale lombarda.

Per Trieste dobbiamo notare anche cheil tratto Trieste-Monfalcone-Sagrado-Cor- mons può servire in comune per la Predi- liana e per la linea delle Aurine, con un notevole risparmio nella spesa.

Dalla sintetica trattazione che abbiamo fin qui esposta, appare evidente che l’av­venire del traffico marittimo attraverso gli empori italiani dell’Alto Adriatico non può mancare, tanto più che esso è intimamente connesso con le sorti del nostro Paese, che mai come in questo momento si sono mo­strate sicure, sia per il fervore di attività industriale e commerciale, sia per i progres­si costanti che l’Italia va compiendo, avva­lorando le sue forze potenziali di masse demografiche ed economiche, dimostrando ancora una volta il suo naturale diritto ad espandersi e bonificare nel mondo.

6. Assai più limpidi si presentano gli orizzonti per i due maggiori empori del­l ’Adriatico occidentale: Ancona e Bari.

Come s’è detto, il porto di Ancona ha funzioni limitate; a prescindere dalla no­tevole diminuzione verificatasi negli ulti­

mi sei anni, derivante in parte dalle con­dizioni economiche generali e in parte dal dissesto di uno dei principali istituti di cre­dito della regione, possiamo affermare chelo sviluppo di attività industriali contribui­rà certamente ad aumentare il movimento attraverso tale emporio: ma, per ora, que­sto scalo ha precipuamente la funzione di capolinea collettore delle correnti di scam­bio coi porti dalmati e di integratore dei porti minori per la pesca. Quindi nulla giu­stifica le preoccupazioni di taluni circa la possibile concorrenza ai porti dell’Alto Adriatico.

Se sarà costruita la direttissima Belgrado- Spalato, Ancona assumerà particolare im­portanza per talune celeri correnti di traf­fico, e precisamente per la importazione del bestiame jugoslavo, per la esportazione di frutta e agrumi nazionali, per lo scambio di corrispondenza internazionale, per il movi' mento passeggeri, e costituirà un nuovo mezzo per la penetrazione culturale-sociale italiana. Con tale linea avremo Roma col­legata, direttamente attraverso Ancona e Spalato, a Belgrado, Sofia e Costanti­nopoli.

Il porto di Bari presenta notevoli possi­bilità di sviluppo come centro di espansio­ne economica nel Levante: la Fiera, che tutti gli anni si tiene in Settembre, è la di­mostrazione più evidente delle intenzioni del Governo nazionale. Tuttavia dobbia­mo notare che l’importanza di Bari è desti­nata ad aumentare assai, sia per la ripresa economica che non può mancare, sia per la politica di inensificazione commerciale col Levante, sia infine per la revisione dei rap­porti di scambio estero dell’Albania. Non possiamo entrare in tale questione, ma c»

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limitiamo ad alcune generiche osservazio- ni sulla distribuzione geografica del corri- mercio albanese.

Dai dati ufficiali della « Statistike e Tregtis se Jashtme », si rileva che per le importazioni la concentrazione dei traffici tende a diminuire, particolarmente a danno di quelle Nazioni, che, neU’immediato do­poguerra, fornivano oltre 1*85 % di tali correnti: l ’Italia e la Grecia, che negli ul­timi anni hanno ridotte le loro forniture al 50 % . Nelle esportazioni, invece, la con­centrazione geografica verso l’Italia e la Gre­cia, nelle misure rispettive medie del 60 e 20 % , non tende a diminuire; anzi, attra­verso variazioni contingenti, si nota una ten­denza all’aumento verso l’Italia.

Da tali constatazioni risulta evidente che l’ Italia, malgrado la sua posizione favo­revole, determinata dalla politica amiche­vole verso l ’Albania, che si concreta prin­cipalmente sotto la forma di prestiti, finan­ziamenti e aiuti di ogni specie, non si è curata di monopolizzare in tutto o in parte i rifornimenti albanesi dall’estero, lascian­do libero il campo alla sempre più intensa concorrenza straniera.

L ’ Italia, dunque, permettendo che il vi­cino Regno volgesse le sue richieste a quei mercati, ove riteneva di poter acquistare a condizioni più favorevoli, ha dato e dà tut­tora prova di larga visione delle necessità economiche, non disgiunta dal desiderio di mantenere inalterate le attuali condizioni di buon vicinato.

7. Ci proponiamo ora di vedere breve­mente quale influenza abbiano esercitato negli ultimi anni i noli marittimi sul com­mercio estero mondiale, con riferimento

particolare a quello italiano, compiuto at­traverso i porti adriatici.

Gli scambi internazionali sono costante­mente diminuiti nell’ultimo lustro. Dopolo sconvolgimento finanziario prodotto dal­l’abbandono della parità aurea da parte del­la Sterlina (Settembre 19 31) e del Dollaro (Aprile 1933), la politica di difesa doganale è stata ovunque intensificata. I dazi sono stati accresciuti proprio nel momento in cui la diminuzione dei prezzi faceva spera­re un aumento di scambi. Tutti i Governi, che quasi contemporaneamente hanno ina­sprite le barriere doganali, si sono illusi di poter tutelare la produzione e il lavoro na­zionale, calcolando di riserbare a questi il mercato interno e di riuscire a penetrare nei mercati stranieri.

In una situazione di così evidente con- trosenso, naturalmente il commercio inter­nazionale è stato colpito con particolare gra­vità.

Per fornire un’idea della diminuzione mondiale degli scambi negli ultimi anni, riportiamo, a titolo di esempio, dal Bollet­tino Mensile di Statistica della Società delle Nazioni, alcune percentuali di dimi­nuzione del valore globale delle merci scambiate nel 1932 rispetto all’anno pre­cedente, che già fu un anno poco favore­vole agli scambi internazionali: Inghilter­ra e Argentina, 15 % ; Canadà, 23 % ; Ita­lia, 30 °/0; Stati Uniti d’America e Olan­da, 34 % ; Germania, 35 % ; Francia, 50 per cento; Brasile, 53 % .

Alcuni studiosi ritengono tale fenomeno derivante dall’orientamento dell’economia mondiale a circoli chiusi nazionali; ma, do­po la Conferenza di Ottawa, pare invece che abbia avuto inizio una tendenza alla

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installazione di sistemi preferenziali fra gruppi di Stati, come è il caso degli accora di fra Belgio, Lussemburgo e Olanda; fra Olanda e le Colonie; fra gli Stati danu­biani, cui probabilmente si richiamano gli accordi militari della Piccola Intesa, sui quali tanto si è discusso negli ultimi anni.

Taluni credono di scorgere una tendenza alla normalizzazione dei traffici; ma per ora questi sistemi preferenziali non tendono che a convertire la guerra doganale di bar­riera politica, fra i singoli Stati, in guerra doganale di barriera d’intesa, fra gruppi di Stati.

Parallelamente alla diminuzione degli scambi e dei traffici, continua la caduta dei noli marittimi, che ha determinato il Go­verno italiano a istituire premi di naviga­zione, compensi di demolizione e aumenti di sovvenzioni, per la quale, nonostante la necessità di rimodernare e perfezionare i mezzi di trasporto marittimo, la attività dei cantieri è stata fortemente depressa.

Ora, poiché per consuetudine i noli so­no quotati in moneta inglese, l'insufficien­za del rialzo di essi dopo la svalutazione della Sterlina del Settembre 19 31 ha dato luogo ad una forte caduta dei noli in oro nei Paesi che, come l’ Italia, hanno tenuto fede alla moneta aurea.

Questo fenomeno è dimostrato più chia­ramente dal prospetto seguente, che dà i numeri indici complessivi medi dei noli marittimi per il trasporto del carbone da­gli Stati Uniti d’America e dal Regno Unito in Italia, secondo i dati mensilmente elaborati dal Consiglio provinciale dell’E- conomia corporativa di Genova (1):

(1) L e form ule con le quali sono stati determ ina­

ti i noli-oro sono le segu en ti: a) per il R egn o U ni-

Noli pel trasporto del carbone d ag li Stati Uniti d ’ Am erica e Regno U nito :

Indici medi com plessivi (base : m edia 1922-’25 = 100)

A n n o M e d i a

1922 - 1925 1001926 98,81927 92,21928 80,41929 88,31930 63,81931 56,61932 44,11933 39,71934 40,1

Indici mensili 1931 1932 1933 1934 1935

G en n a io ....................... 59,3 42,3 41 38,8 38,9

Febbraio . . . , . 61,4 42,5 41,2 37,6 39,6

M arzo............................ 63,1 48,3 40,6 36,2 39,2

63 45,8 41,7

Doli.

36,9 43,9

67,4 47,2 41,7 37,6 47,6Giugno ...................... 63,2 48 41 40,5 49,4L u g l i o ....................... 60,3 45,1 40,2 43,9 48,7A g o s t o ...................... 59 41,5 40,2 43,5 43,5Settembre . . 52,4

L st.

43 38,4 43,5 48,1

Ottobre . . . . : 46,9 41,1 35,2 41,3 --Novembre . . . . 45,6 40,6 35,6 40 --Dicembre . . . . 40,8 41,5 36,5 39,2 —

to , dal Settem bre 19 3 1 all’ A p rile 19 3 3 ; nolo m edio carta d iviso p e r :

4,866 x 100

corso del D ollaro a Lo nd ra

b) per il R egno U n ito , dal M aggio 19 33 ad o g g i:

nolo m edio carta x 100 , d iv iso p e r :

92,46 x 100

corso della L it . a Londra

c) per gli Stati U n iti d ’A m erica , dal M aggio 19 33

ad o g g i: nolo m edio carta x 100 , d iv iso p e r :

corso della L it . a N e w Y o rk x 100

5,26

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Tali indici si possono tenere rappresen­tativi delPandamento generale dei noli sul­le nostre rotte, notando poi che gli indici relativi ai porti adriatici (Venezia) per le provenienze dal Canale di Bristol sono in media inferiori del 2 % rispetto all’indice medio complessivo riportato, con lieve ten­denza ad aumentare tale differenza.

La caduta dei noli in oro avrebbe certa­mente recato danno gravissimo ai prodotti cerealicoli nazionali, se provvedimenti di varia natura non fossero intervenuti a pa­ralizzarne gli effetti; bisogna però tenere presente che tale caduta ha avvantaggiato alcune nostre industrie nell’approvvigiona- mento delle materie prime e nell’esporta­zione dei prodotti lavorati, abbassandone sensibilmente i costi di produzione, parti­colarmente per quelle industrie che sfrut­tano merci di temporanea importazione.

8. Ora, se si tiene presente che gli au­menti di tariffe portuarie, le preferenze di bandiere, le provvigioni bancarie, la quota­zione della moneta base, le variazioni dei noli-oro hanno negli effetti pratici valore di dazi doganali, formando con questi un sistema interdipendente, e che la sfiducia, che forse è la causa principale, benché la­tente, se non della depressione attuale, al­meno del prolungarsi di essa, ha invaso particolarmente i campi in cui si muovono gli industriali e commercianti che dovreb­bero far uso dei porti di Trieste e Fiume, principalmente l’Austria, la Germania me­ridionale, l ’Ungheria e la Jugoslavia, vediamo con sicurezza come l’avvenire del traffico marittimo dell’Adriatico sia, in misura superiore a quella di altri mari, in­timamente connesso con la risoluzione, non

solo della ciisi economica mondiale, ma an­che del problema dei debiti e delle ripara­zioni, questioni che in pratica sono l’una riflesso dell’altra.

E ’ necessario quindi affrontare le cause della attuale depressione economica.

11 Capo del Governo fascista ha già tracciate le direttive: aumento di soli­darietà fra tutti i popoli indistintamen­te, per far rivivere gli scambi internazio­nali; disciplinamento delle masse e con­trollo delle attività economico-finanziarie da parte dello Stato, per ristabilire, conva­lidare e potenziare la fiducia dei singoli.

Il Governo italiano ha sempre seguito questo indirizzo; e l’opinione pubblica mon­diale, anche quando credeva che l’ Italia per­seguisse un imperialismo di puro prestigio, si è poi accorta che in sostanza la nostra espansione coloniale tende al miglioramen­to dell’economia nazionale e con questa al­l’elevamento della vita europea.

D ’altra parte, la miglior prova che l’ Ita­lia non pensa all’autarchia come sistema di isolamento, ma come mezzo per garantirsi quell’ indipendenza economica senza la qua­le, nelle turbate relazioni internazionali, non si può pensare ad una effettiva indipenden­za politica, la si ha nel fatto che il nostro commercio con l’estero ha subito negli ul­timi anni, precedenti l’infausto ma per noi glorioso periodo delle sanzioni ginevrine, una diminuzione relativa meno sensibile di quella di altre Potenze.

Tale resistenza alla progressiva paralisi degli scambi internazionali trae le sue ori­gini prime dalla salda e ferma disciplina esistente nei nostri empori, nella cura posta dalle Amministrazioni a salvaguardare i giusti interessi dei lavoratori portuali e a

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rendere sempre più concreti e rispondenti alle necessità gli organismi esistenti negli scali: uffici del lavoro, squadre, mezzi mec­canici e assistenza tecnica. Una sana poli- tica estera è la base di qualsiasi progresso nel campo internazionale; così il Governo nazionale, pur in momenti particolarmen- te densi di responsabilità, non ha mancato di portare il suo apporto veramente effet- tivo alla soluzione del problema danubiano, coi Protocolli di Roma con l’Austria e con l’Ungheria (23 Marzo 1936).

Ormai i nostri porti godono all’estero larga fiducia ed alto credito, per la regola­rità e rapidità delle operazioni che in essi si compiono. La nostra marina mercantile è perfetta sotto tutti gli aspetti e nessun popolo possiede una classe marittima così attaccata al mare come è l’ italiana, e l ’a- driatica in ispecie; questo è dimostrato dal fatto che la percentuale della bandiera na­zionale nel traffico mercantile attraverso i porti adriatici è sempre superiore alle per­centuali degli altri litorali.

Questi numerosi fattori, avvalorati dalla disciplina potente del sistema corporativo, infondono piena fiducia circa l’avvenire del traffico marittimo dell’Adriatico; le pro­

spettive di pacifico progresso sono la dimo­strazione del valore intrinseco del nostro mare, che in tutte le età è stato la via più aperta e sicura per l’espansione economica e sociale del nostro Paese.

Oggi che il Popolo italiano ha sintetiz­zato le contingenti conquiste deH’esperien- za, per trasfonderle in un nuovo ordina­mento politico e sociale, il problema del- l ’Alto Adriatico presenta nuove possibilità di risoluzione. Dopo decenni di travaglio eroico per raggiungere la forma coerente al momento storico, torna il tempo di mo­strare al mondo che è virtù degli Italiani l’operare fortemente, per offrire il proprio contributo al benessere e al progresso eco­nomico dei Popoli.

Possano altre genti seguire l ’esempio del­l’Italia; un’intelligenza, maturata attraversoi millenni, dirige un Popolo lavoratore, in­timamente equilibrato fino a determinarsi un nuovo sistema di vita; quel Popolo ha il diritto e il dovere di imporre l ’idea coordi­natrice delle esperienze e tendenze degli or­ganismi internazionali.

Maggiore potenza assumeranno allora i principi che, usciti dal genio latino, han­no governato e sono destinati a governare nei secoli la vita dello spirito umano.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Per quanto riguarda la politica economica *n- temaZumale, sono numerose le Riviste e i pe­riodici che continuamente ne trattano; princi­palmente ricordiamo : « La Revue économique (et financière) de Belgrade », « La Revue écono- mique internationale », « La Rassegna econom:co- commerciale Italo-Jugoslava» (Milano), «Commer­cio», «La Porta Orientale» (Trieste), «La Rivista della Città di Venezia», «La Revue Balcanique», «La Revue des Deux Mondes», il «Novo Doba» (Spalato), «Mediterranée» (Marsiglia), «Les Com- merces » (Parigi), « Adriatico Nostro » e « Il Cor­riere Adriatico », « Echi e Commenti », « The Economist», « The Journal of Commerce », «The Journal of Board », la « Nautical Gazette », « Syren and Shipping », i « Supplementi econo­mici » del Times; notevoli alcuni editoriali su « Il Piccolo di Trieste » e « Il Popolo » di Trie­ste, e de « L’Intransigeant » (Parigi); (nel ’33 1” « Intransigeant » pubblicò : « Ombres sur l’A- driatique », di G . Mazelin).

Molto presenti si sono tenuti i dati delle pub­blicazioni statistiche dell’ istituto Nazionale del- l’Esportazione (Roma) e dell’istituto per l’Espor- tazione di Belgrado; l'Ufficio di Statistica della Direz. Gen. delle Dogane e Imposte dirette (Mi­nistero delle Finanze) pubblica la « Statistica del Commercio speciale di importazione ed esporta­zione » che però va considerata con molta av­vedutezza. Per Io studio dei nostri rapporti con l’Albania sono notevoli gli studi d i ; R. Alma- g ià : « L ’A lban ia», Roma, 19 3 0 ; A. Baldacci: « Studi speciali albanesi », Roma, 19 3 2 .

Per Io studio de i problemi ferrc/vuiri ci limi­

tiamo a ricordare : F. Tajani : « I valichi alpi­

ni », Milano, 19 14 ; G . Fusinato: « I nuovi va­

lichi alpini e il raccordo fluviale italo-elvetico »,

Venezia, 19 19 ; E . Schironi: « L a ferrovia me­ridionale e la ripresa dei traffici triestini », Eco­

nomia, Trieste, 19 2 3 ; G. P iv a : « L ’arteria fer­

roviaria detta del Predii », Venezia, 19 2 3 ; par­

ticolare interesse presenta « La Jugoslavia e le sue vie di comunicazione », di M . Segnan, V e ­

nezia, 19 26 ; di Z . Vaskovitsch : « La liaison du Littcral du Qtiarnero à l'H n terlan d par une voie ferree », Belgrado, 19 26 ; « La construction

de la deuxièm e voie sur la ligne Belgrade-Nich- Skoplje-Salonique », Belgrado, 19 26 ; sempre del

V askovitsch : « L a ligne Belgrade-Serajevo- Splitz », Belgrado, 19 26 ; Jugoslavenski L lo yd : « Le congiunzioni col retroterra dei porti di

Susak e Spalato», 19 26 ; G. Gastèran: « L a re-

constitution du réseau ferrovia're et la liaison Danube-Adriatique », Belgrado, 19 24 ; G . Nicoli

ha pubblicata nel ’32 , a Roma, la « Relazione sulla linea ferroviaria detta delle Aurine ».

Per lo studio del problema de i noli è di fon­damentale importanza il volume di A . D i Co­mite : « I N oli e la Bilancia dei Debiti e dei Cre­

diti in Italia nel periodo i9 2 5 - ’28 », che costi­

tuisce il voi. X X I, della Serie V I, dell’ottima collezione degli « Annali di Statistica », a cura

dell’ istituto centrale di Statistica del Regno di Italia; per l ’andamento dei noli fino all’anno scorso era prezioso il « Barometro economico »,

di F. V inci, nella « Rivista italiana di Statistica, Economia e Finanza » (oggi « Rivista Italiana di Scienze economiche »).

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1. S. A,B I B L I O T E C A

j V E N E Z I A 0 5

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finito ¿1 stampareil 28 Ottobre 1936 " X I V

coi tipi di Ugo Q uintily

tipografo in Roma

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