"La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

136

Click here to load reader

description

Monumento della letteratura russa antica.

Transcript of "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

Page 1: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Cronaca degli anni passatiXI-XII secolo

Повѣсти времѧньных лѣтПовесть временных лет

© associazione culturale Larici, 2008

11

Page 2: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Prefazione

Composta in lingua slava, la Cronaca degli anni passati (o Cronaca di Nestore, o Manoscritto Nestoriano) è la più antica storia russa che si conosca ed è stata scritta da una serie di autori succedutisi nel corso di un secolo al monastero delle Grotte di Kiev, il cui singolo contributo è difficile da distinguere.La tradizione l’attribuisce al monaco Nestore, perché fu lui a riunire, correggere, introdurre, ampliare e titolare il materiale annalistico del monastero, incominciato da un monaco di nome Nikon. Morto Nestore, l’opera fu fatta riscrivere dal principe Vladimir II Monomaco nel 1116, in seguito a una lite con il monastero kieviano, dal monaco Sil’vestr del monastero Vydubickij, la cui redazione ci è giunta attraverso una copia eseguita da un certo Lavrentij nel 1377 (detta Manoscritto Laurenziano). Alla riscrittura di Sil’vestr, ne seguì un’altra voluta dal principe Mstislav, figlio di Vladimir Monomaco, che conosciamo per la copia dell’inizio del XV secolo rinvenuta nel monastero di Sant’Ipatij (Manoscritto Ipaziano). In seguito, si fecero molte copie, più o meno fedeli a seconda dello scopo. Inoltre, quando l’opera fu conosciuta in Occidente alla fine del XVII secolo, alcuni traduttori integrarono i vuoti sulla base di frammenti di altre cronache russe.Ciononostante, la Cronaca degli anni passati resta un monumento della letteratura e della storia antica, che sarebbe alquanto limitativo considerare soltanto un capitolo della storia del cristianesimo. Essa fa conoscere, in ordine cronologico, il formarsi dello Stato della Rus’ di Kiev e la storia di un popolo sviluppatosi tra usanze pagane, tradizioni cristiane e credenze magiche, con regnanti sempre in guerra e dai comportamenti a volte paradossali. Nella narrazione, confluiscono anche brani di racconti epici, documenti diplomatici, leggende agiografiche e racconti di battaglia tra popoli slavi, scandinavi, nordici, bizantini, nomadi delle steppe asiatiche.

Avvertenze

La presente restituzione non ha carattere filologico o storico in senso stretto: esistono già autorevoli e approfonditi studi. Il nostro scopo è stato quello di consentire a tutti di conoscere la prima cronaca slava anche se nel suo solo contenuto generale. Per questo motivo, non si è tralasciata alcuna parte delle diverse stesure tramandateci cosicché il testo risulta arricchito di qualche inserto poco noto. Si sono pure evitate quelle ricercatezze terminologiche che avrebbero reso meglio il tempo e lo spirito di questo testo quasi millenario, a scapito, però, della sua comprensione. Inoltre, si è introdotta la divisione in capitoli, sulla scia dell’uso ottocentesco, perché consente di individuare con facilità, tramite l’indice in fondo al testo, un argomento o un periodo senza scorrere tutte le pagine.La cronologia seguita nei manoscritti è quella bizantina, che parte dalla creazione del mondo calcolata all’anno 5508 a.C. Per comodità la data d.C. è segnata tra parentesi quadre.Non si sono utilizzate le note tradizionali a fondo pagina, ma lungo il testo si sono inseriti pochi accenni essenziali tra parentesi quadre [.] utili per risalire a un passo biblico, per spiegare una parola in lingua o, con [o: ...], quando la difformità tra i manoscritti ha prodotto interpretazioni diverse.

© associazione culturale Larici, 2008

12

Page 3: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

I principati nella Rus’ di Kiev

Racconto degli avvenimenti dei secoli passati fatto da un monaco che era a Kiev, nel monastero di Pečerskij, al tempo di Feodosij, su come è derivata la terra russa, chi a Kiev cominciò dapprima a regnare e come la terra russa è sorta

Cominciamo questo resoconto

I. Spartizione delle terre dopo il diluvioDopo il Diluvio, i tre figli di Noè, Sem, Cam e Jafet, si divisero la terra.Sem ebbe l’Oriente, la Persia, la Bactria e in longitudine fino alle Indie e in latitudine Rhinocurura: e per ben fissarne i limiti, aggiungerò che la sua sovranità si estendeva dall’Oriente fino a Mezzogiorno, e comprendeva i seguenti paesi: la Siria, la Media, il fiume Eufrate, la Babilonia, la Korduna, l’Assiria, la Mesopotamia, l’antica Arabia, l’Elumais e le Indie; la possente Arabia, la Celesiria, la Commagena e tutta la Fenicia.A Cam toccò la parte a mezzogiorno, cioè l’Egitto, l’Etiopia, che confina con le Indie, l’altra parte dell’Etiopia dove sorge il fiume Rosso [Niger], che scorre verso oriente, la Tebaide, la Libia che confina con la Cirenaica, la Marmarica, la Sirte, l’Altra Libia, la Numidia, la Massuiria, la Mauritania che

13

Page 4: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

è di fronte a Cadice. A Oriente, ebbe la Cilicia, la Pamfilia, la Pisidia, la Mesia, la Liconia, la Frigia, la Cabalia, la Licia, la Caria, la Lidia; l’Altra Mesia, la Troade, l’Eolide, la Bitinia e l’antica Frigia. Le isole che inoltre gli appartenevano erano quelle di Sardegna, di Creta, di Cipro e il vicino fiume Geona, chiamato attualmente Nilo.Quanto a Jafet, ricevette le terre settentrionali e occidentali: la Media, l’Albania, la Armenia Minore e Maggiore, la Cappadocia, la Paflagonia, la Galazia, la Colchide, il Bosforo, la Meotide, il paese dei Derbici, la Sarmazia, la Tauride, la Scizia, la Tracia, la Macedonia, la Dalmazia, il paese dei Molossi, la Tessaglia, la Locride, la Pelenia, che fu anche chiamata Peloponneso, l’Arcadia, l’Epiro, l’Illiria, il paese degli Slavi, la Lichinitia, l’Adriatia da dove viene il nome del mar Adriatico, e il Mare Adriatico. Ebbe inoltre le isole di Britannia, la Sicilia, l’Eubea, Rodi, Chio, Lesbo, Citera, Zacinto, la Cefalonia, Itaca, Corfù e parte del paese che fu chiamata Ionia, e il fiume Tigri, che scorre tra la Media e la Babilonia, fino al Ponto. Verso il mare del Ponto, egli ebbe a settentrione il Danubio, il Dnestr e i monti del Caucaso o degli Ugri, e da lì fino al Dnepr, e gli altri fiumi come la Desna, il Pripjat’, la Dvina, il Volchov, la Volga che scorre verso oriente, verso la parte di Sem.Nelle terre di Jafet dimoravano i Russi, i Čudi e molti altri popoli, come i Meri, i Muromi, i Vesi, i Mordvini, i Čudi dello Zavoloč’e, i Permiani, i Pečera, gli Emi, gli Ugri, i Litvi, gli Zimegola, i Korsi, i Letgalli, i Ljubi, oltre ai Ljachi, ai Prussiani e ai Čudi che dimoravano sulle coste del mare dei Varjaghi. Vicino a questo mare, a oriente fino ai confini di Sem e a occidente di questo stesso mare fino agli Angli e ai Volci, si estendeva il paese dei popoli Varjaghi. Alla stirpe di Jafet appartenevano ancora i Varjaghi, gli Svedesi, i Normanni, i Goti, i Russi, gli Angli, i Gallesi, i Volci, i Romani, i Germani, i Korliazi, i Carolingi, i Venedi, i Genovesi e gli altri popoli che abitano tra l’occidente e il mezzogiorno e confinano con i popoli di Cam.

II. La Torre di Babele e la dispersione dei popoliSem, Cam e Jafet, dunque, dopo essersi spartiti il territorio traendolo a sorte, decisero che nessuno tra loro avrebbe invaso la parte di suo fratello. Vissero allora ciascuno nella propria eredità e non avevano che una lingua. Ma moltiplicatisi gli uomini sulla terra, essi risolsero di costruire una torre fino al cielo, ai tempi di Nektan e di Faleg. E si raccolsero nella piana di Sennaar per alzare una torre fino al cielo e, intorno a essa, la città di Babilonia. E lavorarono a questa torre per quarant’anni, senza tuttavia poterla completare. E discese dal cielo il Signore Dio per vedere la città e la torre, e disse: «Ecco che essi formano un solo popolo e non hanno che una lingua». Quindi il Signore confuse le parole di questa lingua, e le divise in settantadue dialetti che disseminò su tutta la superficie della terra. Iddio, dopo che ebbe così disposto, rovesciò la torre con una grande tempesta, e ora le sue rovine si vedono tra l’Assiria e la Babilonia che misurano 5433 cubiti di altezza e altrettanto di larghezza [o: 5400 cubiti di altezza e 33 di larghezza.], che furono conservati tra l’Assiria e la Babilonia per molti secoli.

14

Page 5: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Dopo la distruzione della torre e la confusione delle lingue, i figli di Sem occuparono le regioni orientali; a quelli di Cam le regioni meridionali e a quelli di Jafet le regioni occidentali e settentrionali. Fra questi settantadue popoli è quello degli Slavi, che i discendenti di Jafet chiamavano Norici, i quali sono Slavi.

III. Elencazione dei popoli slaviGli Slavi si stabilirono vicino al Danubio, nel paese degli Ugri e dei Bulgari. Alcuni di questi Slavi si sono dispersi sulla terra e hanno assunto i nomi dei luoghi dove si stabilirono; per esempio, coloro che popolarono le rive del Morava, si chiamarono Moravi, e altri Cechi. I Croati Bianchi, i Serbi e i Chorutani [Croati] sono ugualmente slavi. Ma presto i Volci attaccarono gli Slavi che rimanevano vicino al Danubio, e li espulsero. Alcuni di questi Slavi si stabilirono vicino alla Visla [Vistola] e furono chiamati Ljachi; parte dei Ljachi si nominavano Poljani; altri Ljutiči, altri Masoviani e altri Pomerani. E questi Slavi si insediarono vicino al Dnepr e alcuni conservarono il nome di Poljani, altri presero quello di Drevljani, perché popolavano i boschi; altri quello di Dregoviči, perché si stabilirono tra il Pripjat’ e la Dvina; altri, che vivevano lungo la Dvina, furono chiamati Poločani, dal nome di un piccolo fiume chiamato Polota che si getta nella Dvina; infine, gli Slavi che si stabilirono vicino al lago Il’men’ conservarono il loro nome e vi alzarono una città, che chiamarono Città Nuova [Novgorod]; altri, infine, si ritirarono nei dintorni dei fiumi Desna, Sejm e Sula, e presero il nome di Severjani. È così che si è sparsa la stirpe slava, e anche la sua scrittura si chiama slava.

IV. Descrizione della via dalla Rus’ a RomaAl tempo in cui i Poljani vivevano isolati tra le loro montagne, c’era una strada che andava dal paese dei Varjaghi alla Grecia, mentre, dal paese dei Greci a quello dei Varjaghi, c’era una via per le barche lungo il Dnepr e dall’alto Dnepr fino al Lovat’; dal Lovat’ si entrava nel grande lago Il’men’. Da questo lago scaturisce il Volchov, che sfocia nel grande lago Nevo [Ladoga], di cui la foce è nel mare dei Varjaghi. Da questo mare si può andare fino a Roma, e da Roma, sempre per mare, fino a Car’grad [Costantinopoli] e da Car’grad si può andare al mare del Ponto [Mar Nero], nel quale si getta il fiume Dnepr.Il Dnepr ha la sua sorgente nella foresta di Okov e scorre verso mezzogiorno, mentre la Dvina, che ha la sua sorgente nelle stesse foreste, scende verso settentrione e si getta nel mare dei Varjaghi; da quelle medesime foreste, scende da occidente a oriente la Volga, le cui settanta foci si gettano nel mare dei Chvalisi [Mar Caspio]. Da questo mare, lungo la Volga, si può andare dalla Rus’ alla Bulgaria e presso i Chvalisi, e raggiungere a oriente il territorio dei Semiti, e andare lungo la Dvina fino al paese dei Varjaghi, e dal paese dei Varjaghi fino a Roma, e da Roma fino ai possedimenti dei discendenti di Cam. Il Dnepr con le sue tre foci si getta nel mare del Ponto, chiamato anche Mare Russo. È per questo mare, a quanto si dice, che arrivò per evangelizzare sant’Andrea, fratello di Pietro.

15

Page 6: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

V. Tradizione sull’apostolo sant’Andrea e descrizione dei bagni russiDopo avere predicato la parola di Dio a Sinope, Andrea andò fino a Cherson [o, in russo, Korsun’], dove apprese che il corso del Dnepr non era lontano. Volendo recarsi a Roma, guadagnò dunque la foce del fiume, risalì la sua corrente e prese terra una prima volta alle falde delle montagne. L’indomani, alzandosi, disse ai discepoli: «Guardate queste montagne, la benedizione del Signore risplenderà su esse; una grande città vi si alzerà e Iddio vi innalzerà molte chiese». Quindi, salito sulle montagne, egli le benedisse, piantò una croce e, dopo avere pregato il Signore, scese dalla montagna dove in seguito sorse Kiev e risalì il Dnepr.Sant’Andrea, continuando la sua navigazione, sbarcò in seguito tra gli Slavi là dove oggi è Novgorod, e restò alcuni tempi fra loro. Studiò questi popoli e le loro abitudini e i loro bagni e, poiché si bagnavano e si colpivano bagnandosi, se ne stupì. In seguito, si recò presso i Varjaghi e di là raggiunse Roma, dove parlò dei popoli che aveva evangelizzato e raccontò quanto aveva osservato nei suoi viaggi e disse: «Io ho visto cose stupefacenti nella terra degli Slavi venendo qui, ho visto dei bagni di legno che riscaldano moltissimo, quindi gli uomini si mettono tutti nudi, e si gettano sul corpo dell’acqua saponata, poi prendono una verga flessibile e si colpiscono da sé stessi, e si battono così forte che ne escono appena vivi, allora essi si versano dell’acqua fredda sul corpo e ritornano così alla vita e fanno ciò tutti i giorni; nessuno infligge loro questa tortura se la danno essi stessi e fanno ciò per bagnarsi, non per torturarsi». E coloro che sentirono questo racconto ne furono sorpresi. Dopo il suo viaggio a Roma, Andrea ritornò a Sinope.

VI. Fondazione di KievI Poljani dunque vivevano in gruppi separati, e ciascuno governava la propria famiglia, essi vivevano tra loro ciascuno con la propria famiglia nella sua casa, governando ciascuno la propria famiglia.Fra loro si trovavano tre fratelli, di cui uno si nominava Kij, l’altro Šček; il terzo Choriv; essi avevano una sorella chiamata Lybed’. Kij dimorava sulla montagna dove è oggi la salita di Boričev, Šček sulla montagna dove si trova ora Ščekovica, e Choriv, su una terza montagna, chiamata con il suo nome, Chorivica. Fondarono una piccola città che nominarono Kiev, dal nome del fratello maggiore, attorno alla quale c’erano una foresta e una grande pineta; essi vi andavano per cacciare gli animali selvatici, poiché erano abili e avveduti. Ed essi si chiamavano Poljani, ed è da essi che discendono i Poljani che sono ancora oggi a Kiev. Alcune persone che ignoravano queste cose, hanno detto che Kij era un barcaiolo, che si era fermato vicino a Kiev, traghettando dall’altra sponda del Dnepr, e ne fu conquistato e costruì la città. A proposito di ciò si è conservato il proverbio: «Chi vuole andare a Kiev? ecco il passaggio di Kij». Tuttavia se Kij fosse stato un barcaiolo, egli non avrebbe viaggiato fino a Car’grad.Invece Kij era il capo della sua tribù e, recatosi dall’imperatore, ricevette

16

Page 7: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

grandi onori da questo imperatore. Ritornato nel suo paese seguendo il Danubio, in un posto che gli piaceva costruì una piccola città, e lì volle stabilirsi con la sua famiglia ma gli abitanti dei dintorni non glielo permisero. Ancora adesso gli abitati delle coste del Danubio chiamano questa città Kievec. Kij ritornò dunque nella sua città di Kiev e vi terminò la sua esistenza. I suoi fratelli Šček e Choriv e la loro sorella Lybed’ qui vi morirono.

VII. Elencazione dei popoli abitanti la Rus’Dopo la morte di questi fratelli, la loro stirpe cominciò a regnare sui Poljani, mentre i Drevljani erano governati dai loro propri principi, così come i Dregoviči, gli Slavi di Novgorod e i Poločani lungo il fiume Polota. Al di là dei Poločani [in altre traduzioni “al di là” non indica un territorio, ma una discendenza.] si trovano i Kriviči che si sono insediati alle sorgenti della Volga, della Dvina e del Dnepr, e la cui capitale è Smolensk. E oltre ai Kriviči sono i Severjani. A nord, sul lago Bianco [Beloozero, oggi Belozersk] abitano i Vesi, e sul lago di Rostov i Meri che sono anche sul lago di Kleščino e sul fiume Okà, che si getta nella Volga, si trovano i Muromi, i Čeremisi, i Mordvini, popoli che hanno ciascuna una loro lingua, perché non ci sono lingue slave nella Rus’ che presso i Poljani, i Drevljani, i Novgorodiani, i Poločani, i Dregoviči, i Severjani, i Bužani, stabiliti sulle rive del Bug, più tardi chiamati Volyniani. I popoli stranieri che pagano tributo alla Rus’ sono i Čudi, i Meri, i Vesi, i Muromi, i Čeremisi, i Mordvini, i Permjani, i Pečera, gli Emi, i Lituani, gli Zimegola, i Korsi, i Noromi [o: Noroma], i Livi. Tutti questi popoli hanno una propria lingua, sono della stirpe di Jafet e vivono nelle regioni settentrionali.

VIII. Invasione dei Bulgari, degli Ugri e degli ObriQuando gli Slavi, come abbiamo detto, vivevano lungo il Danubio, dalla Scizia, cioè dalla Chazaria, arrivarono i popoli chiamati Bulgari, che si stabilirono sul Danubio e oppressero gli Slavi. Vennero poi gli Ugri Bianchi che s’impossessarono della terra slava, dopo avere cacciato i Vlachi [Valacchi] che prima di loro l’avevano occupata. Questi Ugri iniziarono a essere conosciuti sotto il regno dell’imperatore Eraclio, quando furono in guerra contro l’imperatore persiano Cosroe.Nella stessa epoca apparvero anche gli Obri [Àvari], conosciuti per la loro guerra contro Eraclio, che per poco non catturarono. Gli Obri attaccarono gli Slavi, vinsero i Dulebi, che sono di stirpe slava, e fecero violenze alle loro donne. Quando uno degli Obri voleva andare da qualche parte, non aggiogava né cavalli né buoi, ma faceva aggiogare al carro tre, quattro o cinque donne che erano obbligate a trainarlo: è così che essi oppressero i Dulebi. Gli Obri erano di grande possanza e di un orgoglio smisurato, ma Dio li colpì: morirono tutti, e non ne sopravvisse uno solo. Da ciò viene il proverbio ancora in uso nella Rus’ ai nostri giorni: «Si estinsero come gli Obri», perché essi non lasciarono né discendenti né eredi. In seguito apparvero i Peceneghi, e più tardi ai tempi di Oleg arrivarono vicino a Kiev

17

Page 8: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

gli Ugri Neri.

IX. Altre migrazioni dei popoliI Poljani, che, come si è detto, sono della stessa stirpe degli Slavi, si chiamarono Poljani; i Drevljani, anch’essi di stirpe slava, si chiamarono Drevljani. I Radimiči e i Vjatiči discendono dai Ljachi, perché fra questi Ljachi si trovavano due fratelli chiamati l’uno Radim e l’altro Vjatko. Il primo di essi popolò i dintorni della Soža, e gli abitanti furono chiamati Radimiči. Viatko con la sua tribù si fermò nelle campagne lungo l’Okà, e gli abitanti presero il nome di Vjatiči. I Poljani, i Drevljani, i Severjani, i Radimiči, i Vjatiči e i Chorutani [Croati] erano popoli che vivevano in pace. I Dulebi erano stanziati lungo il Bug, dove sono oggi i Volyniani; gli Uliči e i Tiverci, che erano molto numerosi, si erano stabiliti lungo il Dnestr e fino al Danubio. Essi riuscivano ad arrivare fino al mare, e le loro città esistono ancora oggi, e il loro paese fu conosciuto dei Greci con il nome di Grande Scizia.

X. Spiegazione dei loro costumiQuesti popoli seguivano la religione di loro padri, ed avevano le loro usanze, le loro tradizioni e ciascuno le proprie abitudini.I Poljani osservavano gli usi dei loro antenati; erano dolci, umili e molto rispettosi verso le loro nuore, le loro sorelle, le loro madri, i loro genitori; e le nuore avevano gran pudore verso i suoceri e i cognati. Osservavano anche un’usanza che toccava il matrimonio. Il fidanzato non andava lui stesso a cercare la sua fidanzata, ma gliela portavano verso sera, e non riceveva che alla mattina la dote convenuta.I Drevljani, al contrario, vivevano in modo bestiale, realmente come bestie feroci; si uccidevano tra loro, mangiavano tutto senza mondarlo e non contraevano matrimonio: essi rapivano le fanciulle quando andavano alla sorgente a prendere l’acqua. I Radimiči, i Vjatiči e i Severjani avevano le medesima usanza: vivevano nelle foreste, come gli animali selvatici, si nutrivano di ogni cosa senza pulirla, pronunciavano ogni sorta di parole oscene in presenza dei loro genitori e delle loro nuore, non ammettevano alcun matrimonio, però organizzavano dei giochi fra i villaggi e andavano a questi giochi, dove si ballava e si intonavano canti demoniaci, e là ciascuno prendeva la donna con la quale si era già inteso; avevano anche due e tre donne. Quando uno o l’altro moriva, essi celebravano la trizna [banchetto funebre] intorno al cadavere, poi innalzavano una grande pira, ponevano il morto sulla pira, vi accendevano il fuoco e in seguito raccoglievano le ossa, le mettevano in un piccolo vaso e ponevano questo vaso su un palo lungo la strada, come ancora al giorno d’oggi fanno i Vjatiči.Tali erano anche i costumi dei Kriviči e di altri pagani, non conoscendo la legge di Dio e facendo le proprie leggi da soli.

XI. Estratto di Georgios Hamartolos sui costumi dei differenti popoli

18

Page 9: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Georgios Hamartolos [o Giorgio Amartolo, o Giorgio Monaco] disse, nei suoi Annali: «Ogni popolo ha o leggi scritte o usanze, e chi non ha le leggi scritte osserva come leggi le usanze dei suoi antenati. Primi fra costoro, sono i Siriani, che vivono ai confini della terra, hanno per legge i costumi dei loro antenati: si astengono dal libertinaggio e dall’adulterio, dal furto, dalla calunnia, dall’omicidio, in un parola dal fare male alcuno. La legge dei Bactriani, altrimenti chiamati Rachmani e Insulari, è stata trasmessa dai loro antenati e la loro religione consiste nel non mangiare carne, non bere vino, non consegnarsi al libertinaggio, non compiere alcuna cattiva azione, per timore di Dio. Ma i loro vicini, gli Indi, sono assassini, osceni, collerici oltre natura, e nella parte più interna del paese mangiano uomini, uccidono i viaggiatori e li divorano come cani. I Caldei e i Babilonesi hanno altri costumi: essi si sposano con le loro madri, concupiscono con i loro nipoti, uccidono, commettono senza vergogna qualunque tipo di infamia considerandola però una buona azione, e lo fanno anche quando sono lontani dal loro paese. I Geleani hanno tutt’altra legge: da loro, le donne arano, costruiscono le case e fanno i lavori degli uomini, possono anche consegnarsi al libertinaggio perché a loro piacciono gli uomini che peraltro non le ostacolano, né le condannano. Fra le loro donne ci sono alcune donne che amano i combattimenti, danno la caccia alle bestie selvatiche, comandano gli uomini e si fanno obbedire. In Britannia molti uomini giacciono con la stessa donna e molte donne s’accoppiano con un uomo solo, e questa usanza colpevole, senza freni e impudica, viene dai loro antenati. Le Amazzoni non hanno mariti, ma, come animali, migrano una volta all’anno, in primavera, per accoppiarsi agli uomini dei villaggi vicini, quando il desiderio le prende, e questo tempo è per loro una festa di grande solennità. Quando hanno concepito, fuggono dagli amanti e, quando partoriscono, se il bambino è un maschio, lo uccidono; se è una femmina, la nutrono e l’allevano con cura.»Anche i nostri vicini Polovcy [o Cumani, o Poloviciani] conservano ancora oggi i costumi dei loro antenati: per loro è motivo di vanto versare il sangue, mangiare la carne delle carogne, qualunque cosa immonda, i ratti e le marmotte; s’accoppiano con la matrigna e con la nuora, e osservano altre usanze dei loro antenati. E noi cristiani di tutti i paesi in cui si crede nella Santa Trinità, non si riconosce che un battesimo e una fede, noi non abbiamo che una legge, cioè che siamo stati battezzati in Cristo e rivestiti da Cristo [cfr. Gal 3,27.].

XII. Guerra tra Poljani e ChazariDopo dunque la morte dei tre fratelli [fondatori di Kiev] di cui abbiamo parlato, i Poljani furono oppressi dai Drevljani e da altri popoli vicini; e i Chazari, che abitavano sulle montagne e nei boschi, li assalirono e dissero loro: «Pagateci il tributo». I Poljani si consultarono e dettero loro una spada a due lame per focolare. Ma, i Chazari portarono questo tributo al loro principe e ai loro anziani, e dissero loro: «Abbiamo conquistato nuovi tributari». Chiesero i loro capi: «Dove sono?». Risposero: «Sono nei boschi

19

Page 10: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e sulle montagne al di là del Dnepr». E gli altri dissero: «Che cosa vi hanno dato?». Mostrarono le spade. Allora gli anziani dei Chazari dissero: «Principe, questo non è un buon tributo! Noi usiamo armi che tagliano soltanto da una parte, come la sciabola; queste hanno i due lati taglienti come la spada. Dobbiamo temere che un giorno questo popolo chiederà il tributo a noi e ad altri popoli». Infatti ciò successe, poiché gli anziani non avevano parlato per proprio volere, ma per ispirazione divina.Fu ciò che accadde al tempo del Faraone, imperatore d’Egitto, quando Mosè fu portato dinanzi a lui e il consiglio degli anziani disse: «Quest’uomo umilierà l’Egitto!» E ciò ebbe luogo, poiché Mosè sterminò gli Egizi, di cui prima egli era loro schiavo. Analogamente, i Chazari dapprima soggiogarono i Poljani e in seguito furono questi a dominare i Chazari. Ed ecco come ancora oggi i principi russi regnano sui Chazari.

XIII. Comparsa dei Rus’ e cronologia (852)Nell’anno 6360 [852], nella quindicesima indizione, all’ascesa dell’imperatore Michele, si iniziò a parlare della terra russa. Sappiamo ciò, perché è sotto questo imperatore che la Rus’ attaccò Car’grad, com’è scritto nella Cronaca dei Greci. È da qui che comincerò e fornirò le date.Da Adamo al diluvio sono 2242 anni; dal diluvio ad Abramo sono 1082 anni; da Abramo all’esodo dall’Egitto sono 430 anni; dall’esodo dall’Egitto fino a Davide sono 601 anni; da Davide e dal principio del regno di Salomone fino alla cattività di Babilonia [conquista di Gerusalemme, 586 a.C.] sono 448 anni; dalla cattività di Babilonia al regno di Alessandro 318 anni; da Alessandro alla nascita di Cristo 333 anni; dalla nascita di Cristo a Costantino 318 anni; da Costantino all’attuale Michele 542 anni. E dall’ascesa al trono di Michele fino a quella di Oleg principe russo, 29 anni; e dall’epoca in cui Oleg si stabilì a Kiev fino all’arrivo di Igor’ 31 anni; e dal primo anno di Igor’ fino al primo anno di Svjatoslav 33 anni; e dal primo anno di Svjatoslav fino all’ascesa al trono di Jaropolk 28 anni. E Jaropolk regnò 8 anni e Vladimir regnò 37 anni e Jaroslav regnò 40 anni. Così ci sono, dalla morte di Svjatoslav alla morte di Jaroslav, 85 anni e, dalla morte di Jaroslav alla morte di Svjatopolk, 60 anni.Ma ritorniamo al punto dove eravamo rimasti e diciamo ciò che si compì in questi anni, a partire dall’ascesa al trono di Michele [Michele III] e contiamo gli anni l’uno dopo l’altro.

XIV. I Bulgari e i Varjaghi (853-858)Anni 6361, 6362, 6363, 6364, 6365 [853-857].Nell’anno 6366 [858], l’imperatore Michele fece una spedizione, per mare e per terra, alla testa di un numeroso esercito contro i Bulgari, che, vedendosi non abbastanza numerosi per resistere, chiesero il battesimo e si sottomisero all’imperatore greco. Michele battezzò i principi e i bojari bulgari, quindi concluse la pace con loro.Nell’anno 6367 [859], i Varjaghi d’oltremare si fecero pagare tributo dai Čudi, dagli Slavi, dai Meri, dai Vesi e dai Kriviči. In quel tempo, i Poljani, i

110

Page 11: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Severjani e i Vjatiči erano tributari dei Chazari, che prelevavano una pelle di scoiattolo per ogni focolare.

XV. Insediamento dei Varjaghi russi. Askol’d e Dir a Kiev (860-862)Negli anni 6368, 6369, 6370 [860-862], i Varjaghi furono scacciati oltremare e questa volta [nell’anno 6370 (862)], i popoli che essi avevano già sottomesso rifiutarono di pagare il tributo e vollero governarsi da soli, ma non c’era tra loro ombra di giustizia: una famiglia s’alzava contro un’altra e non c’erano che discordie e si dilaniarono tra loro. E alla fine dissero: «Cerchiamo un principe che ci governi e ci giudichi secondo giustizia». Per trovarlo, gli Slavi passarono il mare e si recarono dai Varjaghi che si chiamavano Varjaghi-Russi, come altri si nominano Varjaghi-Svedesi, Normanni, altri Angli e altri Goti. E i Čudi, gli Slavi, i Kriviči e i Vesi dissero ai Varjaghi-Russi: «La nostra terra è grande, e tutto vi è in abbondanza, ma l’ordine e la giustizia vi mancano; venite a regnare e a governarci». Tre fratelli varjaghi si offrirono con le loro genti e portarono con loro tutti i Varjaghi-Russi, andarono dagli Slavi, e Rjurik il maggiore, si stabilì a Novgorod, il secondo Sineus a Beloozero, e il terzo, Truvor, a Izborsk. Questa terra ricevette più tardi dai Varjaghi il nome di Rus’, ma i suoi abitanti, i novgorodiani, prima dell’arrivo di Rjurik, erano conosciuti sotto il nome di Slavi.Due anni dopo, Sineus e suo fratello Truvor morirono; Rjurik allora restò il solo padrone del paese; si avvicinò al lago Il’men’ e fortificò la città di Novgorod sulle rive del Volchov. Padrone assoluto del governo, divise le terre e le città tra i suoi uomini, a uno ordinò di costruire la città di Polock, a un altro quella di Rostov, e a un terzo Beloozero. E in queste città i Varjaghi non erano che dei forestieri, perché i primi abitanti di Novgorod erano gli Slavi, a Polock erano i Kriviči, a Rostov i Meri, a Beloozero i Vesi, a Murom i Muromi, e Rjurik comandava su tutti questi popoli.E con lui c’erano due uomini, che non erano della sua stirpe, ma erano suoi bojari, ed essi chiesero di andare a Car’grad con la loro gente, e così penetrarono nel paese lungo il Dnepr per arrivare fino a Car’grad. Strada facendo, scoprirono una piccola città situata su una montagna; e chiesero: «Di chi è questa città?» Fu risposto loro: «Un tempo apparteneva a tre fratelli – Kij, Šček e Choriv – che l’hanno costruita; ma sono morti, noi siamo i loro discendenti e paghiamo il tributo ai Chazari». Askol’d e Dir rimasero in questa città, radunarono un grande numero di Varjaghi e iniziarono a regnare sulle terre dei Poljani, intanto che Rjurik regnava a Novgorod.

XVI. Askol’d e Dir attaccano Car’grad (863-866)Negli anni 6371, 6372, 6373, 6374 [863-866], Askol’d e Dir andarono contro la Grecia e vi arrivarono il quattordicesimo anno del regno dell’imperatore Michele. Questo imperatore, partito in guerra contro gli Agari [o Agareni: Arabi], si trovava sulle coste del fiume Nero quando fu informato dal governatore della città che i Russi si muovevano contro

111

Page 12: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Car’grad, ed egli accelerò il ritorno, ma i Russi erano già penetrati nel Corno d’Oro. Costoro fecero una orribile strage dei cristiani e assediarono Car’grad con i loro duecento vascelli. L’imperatore, entrato a stento la città, si rifugiò con il patriarca Fozio nella chiesa della Santa Deipara alle Blacherne e vi passò la notte in preghiera. All’alba, in mezzo ai canti dei salmi e dei santi cantici, il patriarca immerse il manto della Santa Vergine nel mare calmo e tranquillo e subito si levò una tempesta, le acque del mare si ingrossarono, le onde si alzarono e i vascelli dei Russi idolatri furono dispersi, scagliati sulla costa e fracassati, cosicché pochi sfuggirono al disastro e ritornarono alle loro case.

XVII. Morte di Rjurik (879)Negli anni 6375, 6376 [867-868], Basilio cominciò a regnare.Nell’anno 6377 [869], tutta la terra di Bulgaria fu battezzata.Negli anni 6378, 6379, 6380, 6381, 6382, 6383, 6384, 6385, 6386, 6387 [870-879], Rjurik continuò a regnare in Russia; quindi consegnò il trono a Oleg, principe della sua stirpe, al quale affidò la tutela di suo figlio Igor’, ancora molto piccolo, e morì.

XVIII. Morte di Askol’d e Dir. Oleg si stabilisce a Kiev (882)Anni 6388, 6389 [880-881].Nell’anno 6390 [882], Oleg, alla testa di un numeroso esercito composto da Varjaghi, Čudi, Slavi, Meri, Vesi e Kriviči, andò a Smolensk, nella terra dei Kriviči, s’impossessò della città e vi stabilì i suoi uomini. Da lì discese verso Ljubeč’, la conquistò e vi mise i suoi uomini. Giunto presso le montagne di Kiev, Oleg apprese che Askol’d e Dir vi regnavano. Egli nascose alcuni guerrieri nelle imbarcazioni, lasciando indietro il resto dell’esercito, e avanzò da solo con il giovane Igor’. Poi si avvicinò fino ai monti degli Ugri, nascose il suo esercito e inviò ad Askol’d e Dir degli ambasciatori per dire: «Siamo dei mercanti, andiamo in Grecia inviati dai principi Oleg e Igor’, venite dunque davanti a noi che siamo della vostra stirpe». Allora Askol’d e Dir andarono e i soldati russi uscirono dalle loro barche, e Oleg disse ad Askol’d e Dir: «Voi non siete né principi, né discendete da principi, mentre io sono della famiglia del principe». E mostrando Igor’ aggiunse: «Questo è il figlio di Rjurik». E uccisero Askol’d e Dir e li seppellirono sulla montagna che ancora oggi si chiama Monte degli Ugri [Monte Ugorskij] dove si trova ancora oggi il palazzo di Ol’ma. Sulla tomba di Askol’d fu più tardi costruita la chiesa di San Nicola; la tomba di Dir è invece dietro la chiesa di Sant’Irene.E Oleg si insediò come principe di Kiev e disse: «Questa città sarà la madre di tutte le città russe!». Avendo attorno a lui Slavi, Varjaghi e altri popoli, essi presero il nome di Rus’. Allora Oleg cominciò a costruire città fortificate, e stabilì il tributo degli Slavi, dei Kriviči e dei Meri, e ordinò ai Varjaghi di Novgorod il pagamento di trecento grivny [antica moneta russa] all’anno come tributo per mantenere la pace, e i Varjaghi lo pagarono fino alla morte di Jaroslav.

112

Page 13: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

XIX. Guerre di Oleg contro i popoli viciniNell’anno 6391 [883], Oleg dichiarò guerra ai Drevljani, li sottomise e impose loro il tributo di una martora nera per focolare.Nell’anno 6392 [884], egli andò contro i Severjani, li vinse, impose loro un tributo leggero e li sollevò dal pagare il tributo ai Chazary dicendo: «Io sono loro nemico, ma voi non avete ragioni per pagare».Nell’anno 6393 [885], Oleg inviò ambasciatori ai Radimiči per domandare: «A chi pagate il tributo?». Essi risposero: «Ai Chazari». Oleg disse loro: «Non lo pagherete più ai Chazari, ma a me». Ed essi gli pagarono uno šč’leg [scellino] a testa, come prima ai Chazari. E Oleg sottomise i Poljani, i Drevljani, i Severjani e i Radimiči e fece la guerra agli Uliči e ai Tiverci.Negli anni 6394 e 6395 [886-887], regnava [a Costantinopoli] Leone, figlio di Basilio, chiamato da noi Lev, e fu imperatore con suo fratello Alessandro, ed essi regnarono ventisei anni.Anni 6396, 6397, 6398, 6399, 6400, 6401, 6402, 6403, 6404, 6405 [888-897]Nell’anno 6406 [898], gli Ugri andarono vicino a Kiev, presso quella che ancora oggi si chiama la montagna degli Ugri [Ugorska]. Arrivarono alle rive del Dnepr e alzarono le loro tende, perché erano nomadi come lo sono ancora oggi i Polovcy. Essi venivano dall’Oriente, superarono le grandi montagne che sono chiamate montagne degli Ugri e si misero a combattere i Vlachi e gli Slavi che vivevano in queste regioni. Gli Slavi vi si erano stabiliti ma poi i Vlachi sottomisero la terra slava; poi gli Ugri scacciarono i Vlachi, riconquistarono la terra e vi si stabilirono con gli Slavi dopo averli sottomessi, e da allora ha il nome di Ugria.E gli Ugri si misero a far la guerra ai Greci, e devastarono la Tracia e la Macedonia fino a Tessalonica [Salonicco]. Poi fecero la guerra ai Moravi e ai Cechi. E tutti erano un popolo slavo: gli Slavi insediati sulle rive del Danubio e già sottomessi agli Ugri, i Moravi, i Cechi, i Ljachi e i Poljani chiamati oggi Rus’.È per loro, per i Moravi, che sono state create le lettere, che poi presero il nome di scrittura slava, quella che è in uso nella Rus’ e presso i Bulgari Danubiani.

XX. Cirillo e MetodioQuando gli Slavi [di Moravia] furono battezzati, i loro principi, Rostislav, Svjatopolk e Kocel, si rivolsero all’imperatore Michele dicendo: «Il nostro paese è battezzato, ma non abbiamo maestri per predicare, istruirci e spiegarci le Sacre Scritture. Noi non comprendiamo né la lingua greca, né la lingua latina, così alcuni ci spiegano in un modo e altri in un altro, quindi non capiamo il significato dei libri sacri. Inviaci dunque maestri che siano capaci di spiegarci la lingua dei libri e il loro spirito». Sentendo queste parole, l’imperatore Michele riunì tutti i filosofi e ripeté loro ciò che chiedevano i principi slavi, e il filosofi dissero: «C’è a Tessalonica un uomo chiamato Leone che ha due figli che conoscono bene la lingua slava, due

113

Page 14: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

figli sapienti e filosofi». Intendendo ciò, l’imperatore fece dire a Leone a Tessalonica: «Mandami subito i tuoi due figli, Metodio e Costantino». Sentendo ciò, Leone glieli mandò rapidamente, e loro andarono dall’imperatore, il quale disse: «Ecco che gli Slavi mi hanno chiesto un maestro per spiegar loro i libri sacri; ciò è il loro desiderio».Egli ordinò loro di partire e li mandò nel paese degli Slavi da Rostislav, Svjatopolk e Kocel; e appena loro giunsero composero le lettere slave, e tradussero l’Apostolo [contenente gli Atti e le 21 Lettere degli Apostoli] e i Vangeli. Gli Slavi si rallegrarono molto di udire la grandezza di Dio nella propria lingua, quindi i due tradussero il Salterio, l’Ottoico e altri libri. Ma alcuni si misero a disprezzare le lettere slave dicendo: «Nessun popolo ha il diritto di avere proprie lettere, se non gli Ebrei, i Greci e i Latini, come testimoniò Pilato nell’iscrizione sopra la croce del Signore».Il papa di Roma, udendo ciò, rimproverò coloro che mormoravano contro i libri slavi, dicendo: «Che si compiano le parole della Scrittura: “Che tutte le lingue glorifichino Dio”, e ancora: “Che tutte le differenti lingue esaltino la grandezza di Dio, come dallo spirito Santo sarà dato loro rispondere”. E se qualcuno disprezza la scrittura slava, che sia bandito dalla Chiesa fino a quando si sia ravveduto perché “questi sono dei lupi e non pecore: che occorre riconoscere dai loro frutti e guardarsi da loro”. Ma voi, figli di Dio, ascoltate i Suoi insegnamenti, e non respingete gli insegnamenti della Chiesa, così come ve li ha trasmessi Metodio, il vostro maestro» [cfr. At 2,4; Mt 7,15-16]Costantino ritornò dunque, e andò a istruire il popolo bulgaro, mentre Metodio restò in Moravia. In seguito, il principe Kocel nominò Metodio vescovo di Pannonia, sulla cattedra dell’apostolo Andronico, uno dei settanta discepoli secondo l’apostolo san Paolo. Metodio chiamò due preti, abilissimi scribi, ed essi tradussero tutti i libri santi, dal greco in slavo in sei mesi, dal marzo al 26 di ottobre. Quando terminarono, resero grazia e gloria a Dio che aveva benedetto il vescovo Metodio, successore di Andronico, perciò l’apostolo Andronico è il primo maestro del popolo slavo venuto in Moravia. Anche l’apostolo Paolo era giunto in Moravia e vi aveva insegnato, perché l’apostolo Paolo è venuto dall’Illiria dove si trovavano gli Slavi prima dell’arrivo di Paolo. E perciò san Paolo è il maestro del popolo slavo, al quale apparteniamo anche noi della Rus’, e ha lasciato al popolo slavo come vescovo suo successore Andronico. Ma il popolo slavo e il popolo russo sono dei Varjaghi che presero il nome Rus’, ma prima erano Slavi e, sebbene venissero anche chiamati Poljani, essi parlavano la lingua slava. Si chiamavano Poljani perché dimoravano in pianura [pole, in russo] ed essi parlavano la stessa lingua degli Slavi.

XXI. Spedizione contro i GreciAnni 6407, 6408, 6409 [899-901].Nell’anno 6410 [902], l’imperatore Leone armò gli Ugri contro i Bulgari; gli Ugri attaccarono e devastarono tutto il paese dei Bulgari. Quando Simeone [re di Bulgaria] lo seppe, si volse contro gli Ugri. Gli Ugri lo affrontarono e

114

Page 15: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

dispersero i Bulgari, e Simeone poté a mala pena fuggire a Dorostol.Nell’anno 6411 [903], Igor’ era cresciuto, seguiva Oleg e gli ubbidiva, e gli portarono una sposa da Pleskov [Pskov] di nome Ol’ga.Anni 6412, 6413, 6414 [904-906]. Nell’anno 6415 [907], Oleg marciò contro i Greci, dopo aver lasciato Igor’ a Kiev, ingaggiò un gran numero di Varjaghi e di Slavi, Čudi, Kriviči, Meri, Poljani, Severjani, Drevljani, Radimiči, Croati e Tiverci come conoscitori. Tutti questi popoli erano chiamati dai Greci “Grande Scizia”. Oleg partì con tutti questi uomini, alcuni a cavallo e altri in nave; c’erano più di duemila navi. Raggiunse Car’grad e le città si serrarono. Oleg sbarcò sulla riva, ordinò ai soldati di tirare i vascelli in secca e di devastare i dintorni della città. E uccisero molti Greci, e saccheggiarono molti palazzi e incendiarono molte chiese, e quanto ai prigionieri si tagliò la testa ad alcuni, si torturarono altri, si trafissero di frecce altri o si annegarono in mare, e i Russi fecero subire ai Greci molti altri supplizi, com’è in guerra. E Oleg ordinò ai suoi soldati di costruire delle ruote e porle sotto ai vascelli; ed appena il vento fu favorevole, fece tendere le vele e i vascelli giunsero attraverso i campi fino alle porte della città. Vedendo ciò, i Greci si spaventarono e mandarono a dire a Oleg: «Non distruggere la nostra città, ti pagheremo il tributo che vorrai». E Oleg arrestò il suo esercito, e [i Greci] gli portarono cibo e vino, ma egli non ne volle, perché erano avvelenati. E i Greci si spaventarono e dissero: «Questo non è Oleg, ma san Dmitrij che Dio ha inviato contro di noi». E Oleg ordinò loro di versare dodici grivny per uomo dei suoi duemila vascelli, e c’erano quaranta uomini per nave. E i Greci acconsentirono e chiesero la pace perché non devastasse l’impero greco.Oleg, allontanatosi un poco dalla città, si mise a trattare la pace con gli imperatori Leone e Alessandro. Inviò loro, in città, Karl, Farlaf, Vel’mud, Rulav e Stemid per dire: «Consegnatemi il tributo». E i Greci dissero «Noi ti daremo ciò che hai chiesto». E Oleg ordinò che fossero pagati dodici grivny a ogni soldato dei suoi duemila vascelli e inoltre un tributo per le città russe, in primo luogo per Kiev, poi per Černigov e Perejaslavl’, per Polotsk, Rostov e Ljubeč’ e per le altre città dove governavano principi sottomessi a Oleg. E comandò: «Quando i Russi verranno, che essi ricevano ciò che loro aggrada. Quando verranno i mercanti, che essi abbiano per sei mesi pane, vino, pesci e frutta e si approntino bagni quando vorranno. Quando un Russo rientrerà, il vostro imperatore gli dia per il viaggio cibo e àncore e funi e vele e tutto ciò che abbisogna».Tali furono le condizioni che i Greci accettarono e gli imperatori e tutti i dignitari dissero: «Se un Russo verrà senza merce, non riceverà alcun mensile. E il principe russo proibisca ai Russi che verranno qui di far danni nei villaggi del nostro paese. E i Russi che giungeranno dimoreranno presso San Mamas [quartiere suburbano di Costantinopoli], e inviati dell’imperatore trascriveranno i loro nomi e dopo essi potranno ricevere il mensile, cominciando da quelli di Kiev, poi di Černigov, poi di Perejaslavl’ e delle altre città. Entreranno disarmati in città da un’unica porta, accompagnati da un

115

Page 16: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

soldato dell’imperatore, a cinquanta uomini alla volta, e commerceranno a loro piacimento, senza pagare alcun diritto».Gli imperatori Leone e Alessandro conclusero la pace con Oleg, pagarono il tributo e si impegnarono con un giuramento, baciando la croce, poi invitarono Oleg e i suoi a giurare. Costoro, seguendo l’usanza russa, giurarono sulle loro spade nel nome di Perun, il loro supremo dio, e di Volos, dio del bestiame, e la pace fu conclusa.E Oleg disse: «Preparate delle vele di seta per i Russi e delle vele di lino fine per gli Slavi» [in altre traduzioni è il contrario rendendo la seta più fragile del lino]. E si fece così: poi egli appese il suo scudo sulla porta della città in segno di vittoria e partì da Car’grad. E i Russi spiegarono le loro vele di seta e gli Slavi le loro vele di lino che il vento stracciò. E gli Slavi dissero: «Ritorniamo alle nostre vele di tela grezza, perché le vele di lino fine non sono fatte per noi». E Oleg arrivò a Kiev, portando oro, seta, frutta, vino e ogni tipo di tessuti preziosi. E Oleg fu soprannominato il Saggio, perché questa gente era pagana e ignorante.Anni 6416, 6417, 6418 [908-910].Nell’anno 6419 [911], una grande stella a forma di lancia [cometa] si mostrò a Occidente.

XXII. Trattato con i Greci (912)Nell’anno 6420 [912] Oleg mandò inviati a concludere la pace e a porre le condizioni tra Greci e Russi e raccomandò loro di prendere come base l’intesa da lui conclusa con gli imperatori Leone e Alessandro:«Noi, della stirpe russa: Karl, Inegeld, Farlaf, Vel’mud, Rulav, Gudy, Ruald, Karn, Frelav, Ruar, Aktevu, Truan, Lidul, Fost e Stemid, noi siamo stati inviati da Oleg, gran principe della Rus’, e da tutti i suoi principi illustri e grandi bojari a lui sottomessi, a voi Leone, Alessandro e Costantino, grandi autocrati e imperatori greci in nome di Dio, per il mantenimento e la conferma dell’amicizia esistente da molti anni tra i Cristiani e la Rus’, secondo la volontà dei nostri grandi principi e conformemente ai loro ordini, e da parte di tutti i Russi sottomessi alla loro autorità.«Con l’aiuto di Dio, desideriamo rinsaldare la nostra serenità e rendere manifesta l’amicizia tra i Cristiani e la Rus’, noi abbiano molte volte riconosciuto come cosa giusta di proclamarla non solamente con semplici parole ma anche con uno scritto e un fermo giuramento, formulato sulle nostre armi secondo la nostra fede e il nostro costume.«Ora gli articoli del trattato che noi abbiamo deliberato, in nome della fede in Dio e dell’amicizia, sono le seguenti:«Il primo riguarda la promessa della pace con voi, Greci, per amarci l’un l’altro con tutta la nostra anima e tutta la nostra volontà, e noi non permetteremo, sebbene sia in nostro potere, che qualcuno di coloro che sono sottomessi ai nostri illustri principi commetta contro di voi frode o delitti. Noi ci sforzeremo, secondo le nostre forze, di conservare ora e sempre, Greci, un’amicizia perfetta e incrollabile tal quale noi abbiamo conclusa, scritta e sancita con il giuramento. Da parte vostra, Greci,

116

Page 17: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

osserverete la medesima amicizia, incorruttibile e immutabile, in tutti i secoli per il nostro principe russo e per tutti coloro che sono assoggettati al nostro illustre principe russo. «E per ciò che tocca i misfatti ci accordiamo come segue. Se ci sono prove evidenti, si farà un rapporto certo; se una parte è dubbia, si farà giurare secondo religione la parte certa e dopo sia inflitta la pena in ragione del fatto. Se un Russo uccide un Cristiano o un Cristiano un Russo, che egli perisca dove ha compiuto l’omicidio. Se egli fugge dopo avere compiuto il delitto ed è ricco, allora il suo più vicino congiunto prenda la parte dei suoi beni e colui che cattura l’omicida riceva altrettanto secondo legge. Se l’assassino è fuggiasco e povero, che lo si cerchi fino a quando sia catturato e allora muoia.«Se qualcuno colpisce con la spada o altra arma, per quel colpo o ferita, pagherà cinque libbre d’argento secondo la legge russa, e se il colpevole è povero che costui dia ciò che ha, che sia spogliato delle sue vesti e, per la rimanenza, che egli giuri, secondo la sua fede, che nessuno può aiutarlo, e allora che si cessi di perseguirlo.«Se un Russo ruba a un Cristiano o se un Cristiano ruba a un Russo, e il derubato prende in flagranza il ladro e quest’ultimo oppone resistenza, che sia ucciso, né i Russi né i Cristiani saranno perseguiti per l’omicidio e il derubato riprenderà quanto ha perso. Se il ladro si consegna, che il derubato lo prenda e lo leghi; e il ladro renderà il maltolto in triplice misura. Se un Russo a un Cristiano o un Cristiano a un Russo ruba con la violenza qualche oggetto, che ne paghi tre volte il valore.«Se una tempesta sospinge una nave greca su una riva straniera e che la trovi qualcuno di noi Russi, che costui vada in aiuto della nave e del suo carico, e che li rimandi in seguito in un paese cristiano, e che li si accompagni attraverso tutti i posti pericolosi fino a che siano in sicurezza. Se la nave è trattenuta dalla tempesta o da qualche ostacolo che viene da terra e non può arrivare alla sua destinazione, noi Russi soccorreremo i rematori di quella nave e porteremo in salvo essi e il loro intero carico, se ciò avviene presso la terra greca. Se un simile incidente avviene a una nave vicino alla terra russa, noi la condurremo alla terra russa quindi si venderà tutto quello che si può vendere del carico di quella nave, dopodiché noi Russi tratterremo il denaro del vascello e quando andremo in Grecia sia per fare commercio, sia in ambasciata presso il vostro imperatore, renderemo con onore il prezzo del carico. Ma se succedesse che qualcuno di una nave greca sia ucciso o colpito da noi Russi oppure derubato, allora i colpevoli saranno puniti secondo quanto sopra enunciato.«Se un prigioniero russo o greco viene venduto in un paese straniero e incontra un Russo o un Greco, che questi, dopo aver accertato che sia un Russo o un Greco, lo riscatti e lo riporti nel suo paese, e a chi l’ha riscattato si renderà il prezzo del riscatto oppure gli sarà offerto il corrispettivo del costo di uno schiavo. Se qualcuno in guerra diventa prigioniero dei Greci, lo si rinvierà nella sua patria, e si pagherà per lui, così come è stato detto, secondo il suo valore.

117

Page 18: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

«Se l’imperatore andrà in guerra, quando farà una spedizione e i Russi vorranno onorare il vostro imperatore, tutti coloro che vorranno andare con lui e restarvi non verranno ostacolati dalla Rus’. Se un Russo, di dove venga, è fatto schiavo e venduto in Grecia oppure se un Greco, di dove venga, è venduto nella Rus’, che sia riscattato con venti libbre d’oro e ritorni in Grecia [In altre traduzioni si specifica che queste norme valgono per russi e greci “cristiani”.].«Se venisse rubato un servo russo o fuggisse o fosse venduto con la forza, i Russi ne porteranno reclamo e, se la loro dichiarazione sarà dimostrata, il servo sarà riportato nella Rus’. E se i mercanti perdono un servo e lo richiedono, che lo cerchino e lo riprendano dopo averlo trovato; ma se qualcuno non lascia fare questa ricerca al mercante [o: non esibisce le prove], che egli perda lui stesso il suo schiavo. «Se muore qualcuno dei Russi che servono in Grecia presso l’imperatore cristiano senza avere disposto dei suoi beni, e se egli non ha genitori in Grecia, che i suoi beni siano resi ai suoi genitori in Russia. Se ha lasciato disposizioni, il designato riceverà i beni a lui lasciati per iscritto come erede, e prenderà questa eredità dai Russi che fanno commercio [in Grecia] o da altre persone che vanno in Grecia e che vi hanno conti.«Se un malfattore passa dalla Russia in Grecia, e i Russi lo richiedono all’imperatore cristiano, che sia preso e ricondotto anche contro la sua volontà in Russia. I Russi faranno la stessa cosa per i Greci se succedesse qualcosa di simile.«E per confermare in modo irremovibile questa pace tra voi, Cristiani, e noi Russi, abbiamo fatto scrivere questo trattato da Ivan su due pergamene che è stato firmato dal vostro imperatore di sua propria mano: in presenza della santa Croce e della santa e indivisibile Trinità del vostro vero Dio, ciò è stato sancito e rimesso ai nostri ambasciatori. E noi, abbiamo giurato al vostro imperatore, che regna su voi per volontà di Dio, secondo la legge e le usanze del nostro popolo che noi non ci allontaneremo, né nessuno dei nostri, dalle condizioni di pace e d’amore stipulate tra noi. E abbiamo consegnato questo scritto al vostro governo per essere custodito, per intesa comune, a confermare e annunciare la pace conclusa tra noi. La seconda settimana del mese di settembre, indizione XV, anno della fondazione del mondo 6420 [912] dalla creazione del mondo».

XXIII. Morte di Oleg (912)L’imperatore Leone ricoprì gli ambasciatori russi di doni, oro, sete, broccati, e li affidò ai suoi ufficiali perché mostrassero loro le bellezze delle chiese e i palazzi dorati e le ricchezze che vi si custodivano, oro, sete e pietre preziose, e gli strumenti della passione del Signore, la corona e i chiodi, e la porpora, le reliquie dei santi, e insegnassero loro la fede cristiana e spiegassero la vera religione; quindi li congedò con grandi onori quando partirono per il loro paese.Allora gli ambasciatori inviati da Oleg tornarono dal principe e riferirono quanto avevano udito dai due imperatori, come avevano concluso la pace,

118

Page 19: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

quali condizioni avevano stabilito e il giuramento che né i Greci né i Russi le avrebbero trasgredite.E Oleg viveva in pace con tutti i suoi vicini, e Kiev era la sua capitale.E l’autunno arrivò e Oleg si ricordò del suo cavallo che faceva nutrire ma non montava mai, perché un giorno aveva chiesto agli indovini e ai maghi: «Di che cosa morirò?», un indovino gli rispose: «Principe, il cavallo che tu ami e cavalchi sarà la causa della tua morte!». Oleg, avendo riflettuto su ciò, disse «Non lo monterò mai più, né lo vedrò ancora». Ordinò dunque che si nutrisse quel cavallo e che non lo si portasse più al suo cospetto. E trascorsero alcuni anni ed egli non se ne servì nemmeno per la sua spedizione in Grecia. Quando ritornò a Kiev, passati quattro anni, nel quinto anno si ricordò il cavallo che doveva causare la sua morte secondo la previsione degli indovini. E chiamò il capo degli stallieri dicendo: «Dov’è il mio cavallo che avevo ordinato di nutrire e accudire?» Lo scudiero rispose: «È morto». Oleg si mise a ridere e a farsi beffe degli indovini, dicendo: «Ecco che non dicono il vero gli indovini, sono tutte menzogne: il cavallo è morto e io sono vivo!». E ordinò di sellare il suo cavallo dicendo: «Voglio vedere le sue ossa!». E andò nel posto dove giacevano le ossa scarnificate e il teschio spoglio dell’animale. E disceso da cavallo rise dicendo: «È forse questa teschio che mi farà perire?». E schiacciò il teschio sotto il piede e un serpente uscì da quel teschio e lo morse al piede. Cadde malato e morì. Tutto il popolo lo pianse con dolore e fu sepolto sulla collina chiamata Ščekovica. Il suo tumulo esiste ancora oggi e lo si chiama il tumulo di Oleg. E il suo regno fu di trentatré anni.

XXIV. Digressione sui maghiCosa stupefacente sono gli incantesimi dei maghi. Sotto il regno di Domiziano, c’era un indovino chiamato Apollonio di Tiana, era molto famoso e girava per città e villaggi producendo ovunque prodigi diabolici. Andò da Roma a Bisanzio, e su preghiera degli abitanti di questa città fece questo: scacciò dalla città un gran numero di serpi e di scorpioni, in modo che la gente non ebbe più danno, e domò i cavalli focosi alle assemblee dei dignitari. Andò anche ad Antiochia su invito degli antiocheni tormentati dagli scorpioni e dai pappataci e fece uno scorpione di rame e lo seppellì in terra e vi mise sopra una piccola colonna di marmo, e ordinò alla popolazione di andare per la città con una canna in mano e di agitare questa canna gridando «Sia la città senza pappataci!». Così fuggirono dalla città pappataci e scorpioni. Interrogato anche sulle scosse che minacciavano la città, sospirò, quindi scrisse su una tavoletta queste parole «Misera te, città infelice, che avrai molte scosse, e il fuoco ti inghiottirà, e sulle rive del tuo fiume Oronte sarai pianta».Di lui, il grande Anastasio della città di Dio [Antiochia] disse: «In alcuni luoghi, gli incantesimi compiuti da Apollonio di Tiana producono effetti ancora oggi: sia allontanando alcuni quadrupedi o uccelli che nuocciono agli uomini, sia contenendo il corso irregolare dei fiumi, sia compiendo sortilegi che distruggono gli uomini o portano loro danno. Poiché non soltanto

119

Page 20: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

durante la sua vita i demoni fecero queste e altre cose simili per lui, ma, anche dopo la sua morte, frequentano la sua tomba e fanno prodigi in suo nome per fuorviare i poveri di spirito, molto portati a queste cose diaboliche». Cosa dire degli atti magici di Manetone? Era così abile nell’arte della magia che cancellava senza dubbio Apollonio, dicendo che costui non possedeva la vera saggezza filosofica, perché avrebbe dovuto, diceva, fare ciò che voleva con la sola parola e non usare mezzi materiali [In altre tradizioni si generalizza la frase, non citando Manetone, che fu un sacerdote e storico egizio del III secolo a.C.]. Ma tutto ciò arriva con il permesso di Dio e l’opera del demonio. È così che egli prova l’ortodossia della nostra fede, se essa è salda nell’essere unita al Signore, se non si lascia sedurre dagli ingannevoli miracoli e artifici di Satana compiuti dagli schiavi e dai servi della sua malizia. E ancora, alcuni hanno profetizzato in nome del Signore, come Balaam, Saul e Caifa, e hanno cacciato i demoni come Giuda e i figli di Sceva [At 19,14-15], perché la Grazia opera spesso attraverso le persone indegne per andare a vantaggio di altri. Balaam era ben lontano dalla retta vita e dalla fede, e tuttavia la Grazia si mostrò in lui per l’edificazione di altri. Tale era anche il Faraone, a cui si predisse l’avvenire [Es 5]. E Nabucodonosor aveva violato le leggi e tuttavia gli fu rivelato il futuro di diverse generazioni a venire [Dn 2,28 ss.]. Così molti, nemici del Signore, fecero miracoli sotto il segno del Cristo [o: prima dell’incarnazione del Verbo] e approfittarono con i loro artifici di coloro che non comprendevano il bene, tali sono stato Simon Mago, Menandro e altri. È per tale gente che è stato detto «Non lasciarti ingannare dai prodigi».

XXV. Principato di Igor’ e alcune guerre (913-940)Nell’anno 6421 [913], Igor’ iniziò a regnare dopo Oleg. In quel tempo cominciò l’impero anche Costantino, figlio di Leone, genero di Romano, e i Drevljani marciarono contro Igor’ dopo la morte di Oleg.Nell’anno 6422 [914], Igor’ marciò contro i Drevljani, e dopo averli vinti impose loro un tributo superiore a quello di Oleg. Quest’anno ancora, Simeone di Bulgaria avanzò fin sotto Car’grad e dopo aver concluso la pace ritornò nella sua terra.Nell’anno 6423 [915], i Peceneghi vinsero per la prima volta la Rus’ e, conclusa la pace con Igor’, arrivarono fino al Danubio. In quel tempo, Simeone percorse e devastò la Tracia. I Greci chiamarono contro di lui i Peceneghi. Vennero i Peceneghi e vollero attaccare Simeone, ma la discordia regnava tra i voivodi [generali] greci. I Peceneghi, vedendo che litigavano tra loro, ritornarono sui loro passi e i Bulgari piombarono sui Greci e li sterminarono.Simeone s’impadronì di Adriano precedentemente chiamata la città di Oreste, il figlio di Agamennone, che dopo essersi bagnato nei tre fiumi guarì da una malattia e per questo diede il suo nome alla città. In seguito, l’imperatore Adriano la ricostruì e la chiamò col suo nome, Adrianopoli. Noi

120

Page 21: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

la chiamiamo la città di Adriano [o di Odrin].Anni 6424, 6425, 6426, 6427 [816-919].Nell’anno 6428 [920], Romano diventò imperatore dei Greci. Igor’ fece la guerra ai Peceneghi.Anni 6429, 6430, 6431, 6432, 6433, 6434, 6435, 6436 [921-928].Nell’anno 6437 [929], Simeone marciò su Car’grad e devastò la Tracia e la Macedonia, poi avanzò fin sotto Car’grad con grandi forze, pieno di orgoglio, e concluse la pace con l’imperatore Romano, poi ritornò nelle sue terre.Anni 6438, 6439, 6440, 6441 [930-933].Nell’anno 6442 [934], gli Ugri marciarono per la prima volta contro Car’grad, e devastarono tutta la Tracia. Romano concluse la pace con loro.Anni 6443, 6444, 6445, 6446, 6447, 6448 [935-940].

XXVI. Spedizione contro i Greci (941) e il fuoco grecoNell’anno 6449 [941], Igor’ mosse contro i Greci. E i Bulgari annunciarono all’imperatore: «I Russi avanzano contro Car’grad su diecimila navi». Essi [i Russi] traversarono il mare, combatterono la Bitinia e devastarono le coste del Ponto fino a Eraclea e alla terra di Paflagonia, e conquistarono tutto il territorio di Nicomedia, e incendiarono tutte le coste del Corno. Dei prigionieri, alcuni furono trucidati, altri collocati come bersaglio furono trafitti con i dardi, ad altri furono spezzate le membra o legate le mani dietro la schiena conficcarono dei chiodi di ferro nella testa. E bruciarono molte sacre chiese, incendiarono monasteri e villaggi e presero molto bottino sulle due coste del mare. In seguito, i soldati arrivarono da Oriente, Panfir comandava 40.000 uomini, seguito da Foca il patrizio, a capo i Macedoni, da Teodosio lo Stratilata alla testa dei Traci e da molti alti dignitari, e accerchiarono i Russi. Avendo tenuto consiglio, i Russi marciarono armati contro i Greci, il combattimento fu accanito e i Greci vinsero a stento. I Russi ritornarono dunque la sera al loro campo, poi la notte salirono sulle loro navi e fuggirono. Teofane si inseguì con i vascelli armati di fuoco e con dei tubi lanciava il fuoco contro le navi russe. E si vide un terribile prodigio. I Russi, alla vista delle fiamme, si gettarono in mare per salvarsi a nuoto, e coloro che sopravvissero tornarono alle loro case. Quando furono ritornati nella loro terra, ciascuno di loro raccontò ai familiari ciò che era accaduto e parlò del fuoco dalle navi: «I Greci hanno un fuoco simile al fulmine che sta nel cielo – dicevano – e, lanciandocelo contro, ci hanno incendiato, è per questo che non abbiamo potuto vincerli». Igor’ si mise allora a radunare un grande esercito, e andò dai Varjaghi al di là del mare per incitarli contro i Greci perché egli voleva andare ad attaccarli di nuovo.Nell’anno 6450 [942], Simeone marciò contro i Croati e i Croati lo sconfissero, ed egli morì lasciando suo figlio Pietro principe dei Bulgari.Questo anno nacque a Igor’ un figlio chiamato Svjatoslav.

XXVII. Sottomissione dei Greci e nuovo trattato di pace (945)Nell’anno 6451 [943], gli Ugri marciarono di nuovo contro Car’grad e

121

Page 22: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

ritornarono nel loro paese dopo aver concluso la pace con Romano. Nell’anno 6452 [944], Igor’ radunò un esercito di Varjaghi, Russi, Poljani, Slavi, Kriviči e Tiverci e assoldò i Peceneghi prendendo da loro degli ostaggi, e mosse contro la Grecia, per mare e per terra, volendo vendicarsi. I Chersonesi, avendo saputo ciò, avvisarono Romano dicendo: «Ecco, i Russi, hanno già coperto il mare con i loro innumerevoli vascelli». Anche i Bulgari annunciarono la stesse notizia, dicendo: «Arrivano i Russi, hanno i Peceneghi al loro servizio». L’imperatore, sentito ciò, inviò a Igor’ i suoi dignitari più illustri, per pregarlo dicendo: «Non venire, prendi il tributo che riscuoteva Oleg e io aggiungerò ancora qualcosa a quel tributo». Egli inviò anche ai Peceneghi tessuti preziosi e molto oro.Igor’ arrivò al Danubio, radunò la družina [ufficiali] e tenne consiglio ripetendo ciò che aveva proposto l’imperatore. La družina disse a Igor’: «Se l’imperatore parla così, che cosa dobbiamo fare se non prendere l’oro, l’argento e la seta senza combattere? Chi sa dire chi sarà il vincitore, se noi o loro? Chi è che discute con il mare? Perché noi non marceremmo sulla terra, ma sopra gli abissi marini; la morte ci minaccia tutti». Igor’ prestò loro ascoltò e ordinò ai Peceneghi di devastare la Bulgaria, poi prese dai Greci oro e tessuti preziosi per tutto l’esercito e ritornò verso Kiev nella sua terra.Nell’anno 6453 [945], Romano, Costantino e Stefano inviarono degli ambasciatori a Igor’ per rinnovare l’antico trattato di pace. Igor’ discusse con loro della pace, inviò i suoi uomini da Romano. Romano riunì i bojari e i dignitari. E introdussero gli ambasciatori russi, e si ordinò di trascrivere su pergamena quanto si conveniva tra le due parti.«Conformemente all’altro trattato stipulato al tempo degli imperatori Romano, Costantino e Stefano, signori amanti di Cristo.«Noi della stirpe russa, ambasciatori e mercanti: Ivor, ambasciatore di Igor’, gran principe russo, e gli ambasciatori ordinari: Vuefast per Svjatoslav figlio di Igor’, Iskusevi per la principessa Ol’ga, Sludy per Igor’ [nipote del Gran principe Igor’], Uleb per Vladislav, Kanicar per Predslava [figlia di Igor’], Šichbern per Sfandra, la sposa di Uleb, Prasten per Turd, Libiar per Fast, Grim per Sfirk, Prasten per Akun, nipote di Igor’, Kary per Tudkov, Karšev per Turodov, Egri per Evliskov, Voist per Voïkov, Istr per Amindov, Prasten per Bern, Javtjag per Gunarev, Šibrid per Aldan, Kol per Klekov, Steggi per Eton, Sfirka, Alvad per Gud, Fudri per Tuad, Mutur per Utin; i mercanti: Adun’, Adulb, Iggivlad, Oleb, Frutan, Gomol, Kuci, Emig, Turobid, Furosten, Bruny, Roald, Gunastr, Frasten, Inegeld, Turbern e l’altro Turbern, Uleb, Turben, Mony, Ruald, Sven’, Aldan, Tilen, Apoub’ksar, Vuzlev e Sinko Borič, inviati da Igor’, gran principe russo, e da tutti i principi e tutti i popoli della terra di Rus’. Da loro ci fu ordinato di rinnovare il vecchio trattato di pace, violato da anni dal demone nemico del bene e amico della discordia, e di consolidare l’antica amicizia tra i Greci e i Russi.«Il nostro gran principe Igor’ e i suoi principi e bojari e tutti i popoli russi ci hanno inviato da Romano, Costantino e Stefano, grandi imperatori della Grecia, per confermare l’amicizia con questi imperatori e con tutti i loro

122

Page 23: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

bojari e con tutto il popolo greco per tutto il tempo che il sole brillerà ed esisterà l’universo. «E chiunque dei Russi cercasse di rompere questa pace, se è di coloro che hanno ricevuto il battesimo, sia punito da Dio onnipotente e condannato a perire in questa vita e nell’altra. Se invece è fra i non battezzati, che non riceva aiuto né da Dio, né da Perun, che non sia riparato dai loro scudi, ma sia trafitto dalle sue stesse spade, dalle sue frecce, dalle altre armi, e che siano schiavi in questo secolo e in quelli futuri.«Il gran principe di Russia e i suoi bojari inviino ai Greci, ai grandi imperatori greci, quante navi a loro piaccia con ambasciatori e mercanti. Come allora imposto, gli ambasciatori portavano un sigillo d’oro, mentre i mercanti d’argento, ma ora il nostro principe ha stabilito di inviare uno scritto al vostro imperatore. E gli ambasciatori e i mercanti da lui inviati dovranno portare lo scritto che specifica «Ho inviato tante navi», affinché noi riconosciamo coloro che vengono in pace. Ma se essi venissero senza scritto, ce le consegneranno e noi le sorveglieremo e le tratterremo e avvertiremo il vostro principe. Se essi non volessero arrendersi e opponessero resistenza, essi saranno messi a morte e il vostro principe non cerchi ragione di tale morte. Se essi fuggissero e giungessero nella Rus’, noi scriveremo al vostro principe e si procederà secondo volontà.«Se un Russo arriva senza merci, non riceva il mensile. E il principe vieti ai suoi inviati e ai Russi, che qui verranno, di commettere eccessi nei villaggi della nostra terra. Coloro che vengono dimorino a San Mamas [quartiere suburbano di Costantinopoli], e il nostro imperatore manderà qualcuno per trascrivere i loro nomi e solo dopo riceveranno il proprio mensile, gli ambasciatori la loro paga e i mercanti il mensile; per primi riscuoteranno quelli di Kiev, poi quelli di Černigov e di Perejaslavl’. Essi devono entrare in città da un’unica porta scortati da un uomo dell’imperatore, senza armi, a gruppi di cinquanta uomini per volta; si occupino del loro commercio seguendo i propri interessi e poi se ne vadano via. L’ufficiale dell’impero li sorvegli e se qualcuno dei Russi o dei Greci commetterà qualche torto, egli lo giudichi. I Russi, entrando in città, non arrechino danno e non comprino tessuti preziosi per più di cinquanta monete d’oro [o “sovrani”] e chiunque li acquisti deve mostrarli all’ufficiale dell’impero e questi la sigillerà [sdoganerà] e gliela renderà. E partendo i Russi ricevano da noi i viveri occorrenti per il viaggio e quanto sarà necessario per i vascelli, così come si è prima stabilito, e ritornino salvi nel loro paese. Essi non hanno il diritto di passare l’inverno a San Mamas.«Se uno schiavo fugge dalla Russia e lo si viene a cercare nel vostro impero, se è a San Mamas lo si riprenda. Se non lo si trovasse, allora i Russi cristiani facciano giuramento secondo la loro fede e i non cristiani secondo la loro usanza e solo dopo essi riceveranno l’equivalente del suo prezzo, già fissato di due tele preziose per servo.«Se qualcuno del nostro impero o della vostra città oppure un servo nostro di altra città si rifugia presso di voi portando con sé della refurtiva, lo si restituisca e, se la roba sottratta è nella sua integrità, gli siano prese due

123

Page 24: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

monete d’oro per ogni cosa sottratta. Se un Russo prova a rubare qualcosa alle genti del vostro impero, sia punito severamente e paghi il doppio del valore di ciò che avrà rubato. Se un Greco fa lo stesso a un Russo, subisca la medesima punizione. Se un Russo ruba qualcosa a un Greco, o un Greco a un Russo, è giusto che renda non solamente la cosa stessa, ma anche il valore di quella cosa. Se la cosa rubata è stata venduta, il ladro paghi il doppio del valore e sia punito secondo la legge greca e secondo il codice e la legge russa.«Se un Russo porta dei prigionieri cristiani del nostro paese: se è un giovane uomo o una giovane donna, si paghino dieci monete d’oro per il loro riscatto, se sono persone di età media si paghino otto monete d’oro per il loro riacquisto, se è un bambino o un vecchio, si diano cinque monete d’oro.«Se si trovassero tra i Greci degli schiavi russi, i Russi potranno riscattarli con dieci monete d’oro. Se è un Greco ad averli comperati, faccia giuramento sulla croce per ricevere il prezzo pagato per loro.«Riguardo al Chersoneso e alle sue città, sia precluso al principe russo di far la guerra in quelle terre e in tutte le città esistenti in quella regione e quel territorio non gli sia sottomesso. Se il principe russo ci chiederà dei soldati per la guerra, gliene saranno consegnati quanti ne avrà bisogno. Se i Russi trovano una nave greca gettata in qualche luogo dalla tempesta, essi non la tocchino. Colui che sottrarrà qualcosa da questa nave o che mandi un uomo in prigione o lo uccida, sia giudicato secondo la legge russa e quella greca.«Se i Russi trovassero i Chersonesi che pescano alla foce del Dnepr, non si faccia loro alcun male.«I Russi non potranno passare l’inverno alla foce del Dnepr, né a Belobereg, né a Sant’Eterio, ma al volgere dell’autunno, dovranno tornare alle loro case nella Rus’.«Quanto ai Bulgari Neri che vengono a devastare il Chersoneso, noi chiediamo al principe russo di non permettere loro di recar danno a questa regione.«Se qualche crimine viene commesso dai Greci sudditi del nostro impero, voi non avete il diritto di punirlo, ma ciascuno sarà punito dall’ordine del nostro imperatore per i suoi delitti. Se un Cristiano uccide un Russo o un Russo un Cristiano, l’omicida sia catturato dai congiunti e ucciso. Se l’omicida fugge ed è ricco, i familiari della vittima prendano i suoi beni. Se l’omicida è povero e fugge, lo si ricerchi fino a quando non si trovi e, trovatolo, sia messo a morte.«Se un Russo colpisce un Greco o un Greco un Russo con la spada, la lancia o altra arma, paghi per questa colpa cinque libbre d’argento, secondo la legge russa; se è povero, si venda tutto ciò che possiede e pure i vestiti che indossa e infine lo si faccia giurare, secondo la sua fede, che egli non ha più nulla e solo allora lo si rilasci.«Se il nostro imperatore avesse bisogno di soldati per combattere i nostri nemici, si scriverà al vostro gran principe, ed egli ci invierà quanti soldati richiederemo, e così gli altri paesi vedranno quale amicizia esiste tra Greci e Russi.

124

Page 25: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

«Abbiamo scritto questo trattato su due pergamene, e una di queste pergamene è per il nostro impero, sopra di essa c’è una croce e i nostri nomi scritti e sull’altra il nome dei vostri ambasciatori e dei vostri mercanti. E quanti del nostro impero partono con gli ambasciatori siano accompagnati dal gran principe russo Igor’ e dai suoi dignitari, Costoro, dopo aver ricevuto la pergamena, giureranno di osservare esattamente tutto ciò che è stato fissato e scritto sulla pergamena dove i nostri nomi sono trascritti.«Dunque, quelli di noi che sono cristiani hanno giurato nella chiesa di Sant’Elia, la cattedrale [di Kiev], davanti alla croce santa e a questa pergamena, di osservare tutto ciò che vi è scritto e di non trasgredirlo in nulla. E chiunque di noi se ne allontanasse, principe o altro, battezzato o meno, che non riceva alcun soccorso da Dio, che sia schiavo in questa vita e nella vita futura, e che perisca con le sue stesse armi.«E i Russi non cristiani depongano i loro scudi e le loro spade sguainate, i loro archi e le altre armi, e giurino che tutto ciò che è scritto su questa pergamena sarà osservato da Igor’ e da tutti i suoi bojari e da tutto il popolo russo in tutti i tempi e per sempre. Se dunque qualche principe o suddito russo violasse ciò che è scritto su questo foglio, che perisca con le sue stesse armi e sia maledetto da Dio e da Perun per aver violato il giuramento.«Finché il gran principe Igor’ sarà vivo, farà in modo che questa amicizia giusta resti immutata e si mantenga finché il sole splenderà e l’universo durerà nei secoli attuali e per sempre».Gli inviati di Igor’ tornarono da Igor’ assieme agli ambasciatori greci, e riferirono tutto ciò che aveva detto l’imperatore Romano. Igor’ chiamò gli ambasciatori greci e disse loro: «Ditemi ciò che vi ha ordinato l’imperatore». E gli ambasciatori dell’imperatore dissero: «L’imperatore ci ha inviati; egli ama la pace e vuole avere pace e amicizia con il principe della Rus’. I tuoi ambasciatori hanno raccolto il giuramento dei nostri imperatori, che ci hanno inviati per ricevere il tuo giuramento e quello dei tuoi uomini». Igor’ promise di fare ciò. L’indomani Igor’ chiamò gli ambasciatori e salì sulla collina dove si ergeva Perun, ed essi deposero i loro scudi, le loro armi e il loro oro, e Igor’ fece il giuramento così come i suoi uomini che erano pagani, mentre i Russi cristiani fecero il giuramento nella cappella di Sant’Elia che è eretta sul ruscello vicino al sobborgo dei Chazari ed era chiesa cattedrale perché molti Varjaghi e Chazari erano cristiani.Quando Igor’ ebbe suggellato la pace con i Greci, al momento di congedare gli ambasciatori, egli fece loro dono di pellicce, di schiavi e di cera e li congedò. Gli ambasciatori tornarono dall’imperatore, riportandogli tutto ciò che aveva detto Igor’ e della sua amicizia per i Greci.

XXVIII. Guerra contro i Drevliani e morte di Igor’ (945)Igor’ cominciò a regnare a Kiev e visse in pace con tutte le regioni. E quando venne l’autunno, si mise a pensare ai Drevljani, volendo loro imporre un più alto tributo.Nell’anno 6453 [945], la družina di Igor’ gli disse: «Le truppe di Svenal’d

125

Page 26: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

[generale di Igor’, oppressore degli Uliči] sono provviste di armi e indumenti, mentre noi siamo ignudi. Vieni con noi, principe, a esigere un nuovo tributo, affinché tu e noi ne profittiamo». E Igor’ li ascoltò, e andò dai Drevljani per reclamare il tributo, e aumentò quello il vecchio tributo e i suoi uomini usarono la violenza; dopo ciò lui e i suoi ritornarono a Kiev con il tributo. E mentre se ne ritornava, egli rifletté e disse alla sua družina: «Tornate alle vostre case con questo tributo, mentre io torno indietro a riscuotere dell’altro». E lasciò andare i suoi uomini ed egli con una piccola družina tornò indietro bramando maggiori ricchezze. Quando i Drevljani appresero che Igor’ ritornava da loro, tennero consiglio insieme al loro principe Mal e dissero: «Se il lupo si abitua all’ovile e non lo si uccide, sgozzerà una dopo l’altra tutte le pecore; così è anche per Igor’: se non lo uccidiamo ora, ci rovinerà tutti». E gli mandarono alcuni di loro per dirgli: «Perché ritorni da noi? Ti abbiamo già pagato tutto il tributo». Ma Igor’ non li ascoltò. I Drevljani uscirono allora dalla città di Iskorosten’ e uccisero Igor’ e la sua družina poco numerosa. E si seppellì Igor’ e il suo tumulo si vede ancora oggi vicino a Iskorosten’, nelle terre dei Drevljani.

XXIX. Ol’ga, reggente di Svjatoslav, e gli ambasciatori drevljaniOl’ga viveva a Kiev con suo figlio, il giovane Svjatoslav, e il suo precettore Asmud, e il voivoda era Svenal’d, che era il padre di Mstiša. E i Drevljani dissero: «Noi abbiamo ucciso il principe russo, diamo sua moglie Ol’ga in sposa al nostro principe Mal, e poi di Svjatoslav ne faremo ciò che vorremo».E i Drevljani inviarono venti uomini, scelti tra i più importanti, per nave da Ol’ga. Essi arrivarono presso Boričev [collina di Kiev]; allora il fiume [Dnepr, antico Boristene] scorreva ai piedi della collina di Kiev e nella valle non abitava nessuno, ma solo sulla collina. La città di Kiev era là dove oggi si eleva il palazzo di Gordjata e di Nikifor [Niceforo], mentre il palazzo del principe occupava il recinto dove sono oggi i palazzi di Vorotislav e di Čudin, e la pesa pubblica era fuori città [in altra traduzione: e le reti per catturare gli uccelli venivano tese fuori città]. Fuori città c’era un altro palazzo, dov’è il palazzo del Governatore, dietro alla chiesa della Santa Deipara, si ergeva il palazzo del terem [fortezza] che era tutto di pietra.Si avvertì Ol’ga che i Drevljani erano giunti, e Ol’ga li fece chiamare, e disse loro: «Ospiti cari, siete arrivati!» e i Drevljani dissero: «Principessa, siamo venuti». E Ol’ga disse loro: «Ditemi, che ragione vi porta?». E i Drevljani risposero: «I Drevljani ci hanno inviato per dire: Noi abbiamo ucciso il tuo sposo, tuo marito era come un lupo che razziava e predava, ma i nostri principi sono buoni, essi fanno prosperare la terra dei Drevljani, vieni dunque da Mal nostro principe in isposa». Perché tale era il nome del principe dei Drevljani. Ol’ga rispose loro: «Ciò che dite mi è caro, perché io non posso risuscitare mio marito, invece a voi voglio rendere onore domani, in presenza della mia gente. Andate ora alla vostra imbarcazione con fierezza. E io domani vi manderò a prendere e allora voi dite: “Noi non verremo a piedi, non verremo a cavallo, ma trasportateci nella nostra

126

Page 27: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

imbarcazione”, e vi porteranno nella vostra barca». Ed ella li lascio andare alla loro imbarcazione. E Ol’ga ordinò di scavare una fossa grande e profonda nel recinto del terem, fuori città. L’indomani, Ol’ga rimase nel terem e mandò a prendere gli ospiti. E andarono dicendo: «Ol’ga vi invita a grandi onori». Essi risposero: «Noi non verremo a cavallo, né sui carri, né a piedi, ma trasportati nelle nostre barche». E dissero i Kieviani: «Dobbiamo per forza obbedire, il nostro principe è morto, e la nostra principessa sta per sposare il vostro principe».E li portarono nelle barche; essi si sedettero impettiti e inorgogliti, con gli ampi pettorali preziosi indosso. E li si portarono verso il palazzo di Ol’ga e li gettarono nel fosso con le loro barche. Ol’ga si protese e disse loro: «Era giusto l’onore resovi?». Essi risposero: «La nostra fine è peggiore della morte di Igor’». Ed ella ordinò che li si seppellissero vivi, e li si sotterrò. Ol’ga inviò ambasciatori ai Drevljani per dire loro: «Se davvero voi mi volete, inviatemi degli uomini scelti affinché io possa venire dal vostro principe in grande onore, altrimenti i Kieviani non mi lasciano partire».I Drevljani, udendo ciò, scelsero gli uomini migliori fra quanti governavano le loro terre e glieli mandarono. Quando furono arrivati, Ol’ga ordinò di preparare un bagno dicendo loro: «Quando vi sarete lavati, verrete da me». Si riscaldò il bagno e i Drevljani entrarono e si misero a lavarsi. Si chiuse la porta dietro di loro e Ol’ga ordinò di aumentare il fuoco nel bagno dall’uscita, e arsero vivi tutti. E Ol’ga mandò [ambasciatori] ai Drevljani per dire: «Ecco, sto venendo da voi; preparate molto idromele nella città in cui uccideste mio marito, perché possa piangere sulla sua tomba e fare il banchetto funebre in onore del mio sposo».Essi, avendo inteso queste nuove parole, prepararono una grande quantità di idromele. Ol’ga, seguita da una piccola družina, avanzò in fretta verso la tomba del suo sposo, e, giunta, lo pianse e ordinò ai suoi uomini di innalzare un gran tumulo, e come fu terminato ordinò di preparare la cerimonia funebre. I Drevljani si sedettero per bere e Ol’ga ordinò ai suoi di servirli. I Drevljani chiesero a Ol’ga: «Dov’è la nostra družina che ti abbiamo inviato per scortarti?». Ella rispose: «Essi sono con me, con la družina di mio marito». E quando i Drevljani si furono ubriacati ordinò ai suoi uomini di lanciarsi contro di loro e di massacrarli. E ne massacrarono cinquemila. E Ol’ga ritornò a Kiev e preparò il suo esercito per muoversi contro i Drevljani.

XXX. Guerra contro i Drevljani (946)Nell’anno 6454 [946], Ol’ga, con suo figlio Svjatoslav, radunò un esercito numeroso e valoroso e marciò contro i Drevljani e i Drevljani le andarono incontro. Quando i due eserciti presero a combattersi, Svjatoslav gettò la sua lancia contro i Drevljani, e la lancia passò fra gli orecchi di un cavallo e colpì una zampa dell’animale, perché egli non era che un bambino. E Svenal’d e Asmud dissero: «Il principe ha già cominciato la battaglia, che la družina si slanci dietro al principe». E dispersero i Drevljani.I Drevljani fuggirono e si rinchiusero nelle loro fortezze. Ol’ga attaccò con suo figlio la città di Iskorosten’, perché là il suo sposo era stato ucciso, e

127

Page 28: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

pose, insieme al figlio, l’assedio, mentre i Drevljani si chiusero in città e si difesero energicamente poiché sapevano, avendo ucciso il principe, ciò che li attendeva se si fossero arresi. E Ol’ga stette un anno senza potersi impossessare della città. E immaginò allora l’inganno seguente: inviò [ambasciatori] alla città per dire: «Che cosa sperate? Tutte le vostre città si sono sottomesse a me e pagano il tributo e lavorano i campi della propria terra e voi, per non pagare il tributo, volete morire di fame?». I Drevljani risposero: «Accorderemmo volentieri il tributo, ma tu vuoi vendicare il tuo sposo». E Ol’ga disse loro: «Ho già vendicato il mio sposo le due volte che siete venuti a Kiev e la terza volta quando ho fatto la cerimonia funebre in suo onore. Non voglio più vendicarmi, voglio ricevere da voi un piccolo tributo e, conclusa la pace con voi, tornerò indietro». I Drevljani dissero: «Cosa ci chiedi? Noi ti daremo volentieri miele e pellicce». Ella rispose loro: «Non avete più né miele, né pellicce; io chiedo una piccola cosa: datemi tre colombi e tre passeri per ogni cortile, poiché non voglio imporvi tributi pesanti, come fece mio marito, ma vi chiedo questa piccola cosa, perché siete già stremati dall’assedio».Contenti, i Drevljani presero da ogni casa tre colombi e tre passeri e li inviarono umilmente a Ol’ga. Ol’ga disse loro: «Poiché vi siete arresi a me e a mio figlio, ritornate nella vostra città, io me ne andrò domani per tornare alla mia città». I Drevljani, felici, rientrarono in città e raccontarono ciò al popolo e gli abitanti della città si rallegrarono.Ol’ga distribuì a ciascuno dei suoi soldati un colombo e un passero e ordinò a ciascuno di legare alle zampe dei due uccelli un pezzo di tessuto intriso di zolfo con una cordicella e, quando venne il crepuscolo, Ol’ga ordinò ai suoi soldati di liberare i colombi e i passeri. I colombi e i passeri volarono verso i loro nidi, gli uni verso la colombaia, gli altri sotto i tetti e così presero fuoco le colombaie, le capanne, le torri, le stalle, e non ci fu casa che non fu raggiunta dal fuoco e non si poté estinguerlo perché tutte le case bruciarono insieme. E gli abitanti della città fuggirono e Ol’ga ordinò al suo esercito di catturarli. Così prese la città e la incenerì, e catturò i vecchi della città e degli altri alcuni li fece uccidere, altri li dette come schiavi ai suoi uomini e fece pagare tributo agli ultimi rimasti. E impose loro un gravoso tributo, e i due terzi del tributo erano per Kiev, l’altro terzo per Vyšgorod, per Ol’ga, poiché Vyšgorod era la città di Ol’ga. E Ol’ga percorse il paese dei Drevljani con suo figlio e la sua družina, fissando leggi e tributi. Si vedono ancora oggi le loro residenze e le loro riserve di caccia. E ritornò alla sua città, Kiev, con suo figlio Svjatoslav, e vi rimase un anno.Nell’anno 6455 [947], Ol’ga andò a Novgorod, stabilì sulle rive della Msta accampamenti e fissò tributi e testatici lungo la Luga. Si vedono ancora le sue riserve di caccia, e le testimonianze e i villaggi e gli accampamenti. Ancora oggi si vede a Pleskov [Pskov] la sua slitta, e lungo il Dnepr e la Desna si vede la pesa pubblica [in altra traduzione: lungo il Dnepr e la Desna scelse i siti ove far tendere le reti per la cattura degli uccelli.], ed esiste ancora anche il suo villaggio Ol’žiči. Dopo avere sistemato ogni cosa, ritornò vicino a suo figlio a Kiev, e visse con lui in serenità e amore.

128

Page 29: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

XXXI. Battesimo di Ol’ga (955)Anni 6456, 6457, 6458, 6459, 6460, 6461, 6462 [948-954].Nell’anno 6463 [955], Ol’ga andò in Grecia e giunse a Car’grad. L’imperatore era allora Costantino, figlio di Leone, e Ol’ga andò da lui, e, vedendo quanto fosse molto bella in volto e molto saggia, l’imperatore s’intrattenne con lei e ne ammirò l’intelligenza, e disse: «Tu sei degna di regnare al nostro fianco in questa città». Avendo intese queste parole, ella rispose all’imperatore: «Io sono pagana, se vuoi battezzarmi, battezzami tu stesso, altrimenti non mi farò battezzare». E l’imperatore la battezzò con il patriarca.Una volta illuminata [battezzata], ella si rallegrò nell’anima e nel corpo, e il patriarca l’istruì nella fede e le disse «Tu sei benedetta fra le donne russe, poiché hai amato la luce e abbandonato l’oscurità. I figli della Rus’ ti benediranno fino all’ultima generazione». E la istruì sui dogmi della Chiesa, sulla preghiera, il digiuno, la carità, sull’importanza del mantenimento della castità; ed ella restava a capo chino e, come una spugna assorbe l’acqua, riceveva quelle istruzioni, poi si inginocchiò dinanzi al patriarca dicendo: «Che per le tue preghiere, o padre, sia preservata dagli ostacoli del demonio». E le si dette con il battesimo il nome di Elena, che prima era stato quello della madre di Costantino il Grande. E il patriarca la benedisse e la congedò. Dopo il battesimo, l’imperatore la chiamò e le disse «Voglio prenderti in moglie». Ella disse: «Come fai a volermi se tu mi hai battezzata e chiamata figlia? Tra i Cristiani ciò è contro la legge, lo sai tu stesso». E l’imperatore disse: «Ol’ga, tu mi hai ingannato!». E le offrì molti doni, oro e argento, tessuti preziosi e vasellame, e la congedò chiamandola figlia.Ella ritornò nella sua terra, ma andò prima dal patriarca per chiedergli la benedizione sulla sua casa e gli disse: «Il mio popolo è pagano e anche mio figlio, che Iddio mi preservi da ogni male». E il patriarca le disse: «Mia fedele figlia, tu sei stata battezzata in Cristo e in Cristo ti sei rivestita: Cristo ti proteggerà, come salvò Enoch nella prima generazione, e Noè nell’arca, e Abramo da Abimelech, Lot dai Sodomiti, Mosè dal Faraone, Davide da Saul, i tre giovani dalla fornace, Daniele dai leoni; così egli ti salverà dal maligno e dai suoi intrighi». Il patriarca la benedisse ed ella se ne andò in pace nella sua terra e arrivò a Kiev.Accadde ciò come era avvenuto ai tempi di Salomone. La regina d’Etiopia andò da Salomone per ascoltare la saggezza di Salomone ed ella vide molta saggezza e molti segni, così Ol’ga, questa principessa benedetta, cercava la saggezza divina: quella cercava la saggezza umana, questa quella divina. Perché «quelli che cercano la saggezza la troveranno» [cfr. Prv 8,17]. «La Sapienza grida per le strade, nelle piazze fa udir la voce; dall’alto delle mura essa chiama, pronuncia i suoi detti alle porte della città: Fino a quando, o inesperti, amerete l’inesperienza...» [Prv 1,20-22]. Ol’ga, donna benedetta, cercava fin dall’infanzia in questo mondo la saggezza che è quanto di meglio è fra tutto, ed ella trovò una perla preziosa, cioè Cristo. Perché Salomone ha detto: «Desiderio soddisfatto è una dolcezza al cuore» [Prv 13,19] e

129

Page 30: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

ancora: «inclina il tuo cuore alla prudenza» [Prv 2,2], «Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno» [Prv 8,17]. Il Signore disse: «Colui che viene a me non respingerò » [Gv 6,17].E Ol’ga ritornò a Kiev e l’imperatore greco inviò [ambasciatori] dicendo: «Ti ho colmata di molti doni, e tu mi dicesti: Quando sarò rientrata nella Rus’, ti invierò molti doni: schiavi, cera, pellicce e soldati in soccorso». Ol’ga rispose agli inviati: «Dite all’imperatore: Se tu dimorerai presso di me sulla Počajna [fiume presso Kiev] come già io sono rimasta nel Corno d’Oro, te li darò». E con queste parole congedò gli ambasciatori.Ora, Ol’ga viveva con suo figlio, Svjatoslav, e la madre lo indottrinava per il battesimo, ma egli non l’ascoltava neppure. E quando qualcuno voleva essere battezzato, egli non lo ostacolava, ma lo scherniva. Perché «La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione» [1 Cor 1,18]; «Non capiscono, non vogliono intendere, avanzano nelle tenebre» [Sal 82,5] e non vedono la gloria del Signore: i loro cuori sono induriti, le loro orecchie provano pena a udire e i loro occhi a vedere. Salomone disse: «Gli atti impuri sono lontani dall’intelletto» e «Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione; avete trascurato ogni mio consiglio e la mia esortazione non avete accolto... Poiché hanno odiato la sapienza e non hanno amato il timore del Signore; non hanno accettato il mio consiglio e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni» [Prv 1,24-30]. Anche Ol’ga diceva spesso: «Figlio mio, io ho conosciuto la saggezza [o Iddio] e ne gioisco; se tu la conoscessi, anche tu ne gioiresti». Egli non badava a ciò e diceva: «Se accogliessi io, da solo, un’altra fede, la mia družina riderebbe di me». Ella gli rispondeva: «Se tu ti fai battezzare, tutti ti seguiranno», ma egli non ascoltava sua madre e perseverava nei costumi pagani, non sapendo che colui che non ubbidisce a sua madre cade in sventura, come sta scritto: «Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte». [Lv 20,9; cfr. Es 21,17]. E lui si arrabbiò con sua madre, perché Salomone disse: «Chi corregge il beffardo se ne attira il disprezzo, chi rimprovera l’empio se ne attira l’insulto. Non rimproverare il beffardo per non farti odiare» [Prv 9,7-8].Ma Ol’ga amava suo figlio Svjatoslav e diceva: «Sia fatta la volontà di Dio; se Dio vorrà dare la grazia alla mia stirpe e della terra di Rus’, ponga nei loro cuori il desiderio di convertirsi a Dio, quel desiderio di cui anche a me fece dono». E, dicendo ciò, pregava per suo figlio e per la sua gente tutti i giorni e tutte le notti, allevando suo figlio fino alla maggiore età.

XXXII. Principato di Svjatoslav e guerre (965-967)Anni 6464, 6465, 6466, 6467, 6468, 6469, 6470, 6471 [956-963]Nell’anno 6472 [964], il principe Svjatoslav, cresciuto e diventato adulto, si mise a radunare molti soldati valorosi e arditi, egli stesso infatti era ardimentoso e molte guerre combatteva procedendo come una pantera alla testa del suo numeroso esercito; egli non usava né carri, né paiolo, né lessava la carne, ma affettava sottilmente carne di cavallo, o di selvaggina o

130

Page 31: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

di bue, e la passava sulle braci. Non aveva tenda, ma stendeva la gualdrappa e metteva la sella sotto la testa. Lo stesso facevano tutti i suoi guerrieri. E inviava [ambasciatori] nelle terre confinanti per dire: «Marcerò contro di voi». Ed egli andò sul fiume Okà e sulla Volga, e attaccò i Vjatiči e chiese loro: «A chi pagate il tributo?». Essi risposero: «Ai Chazari diamo uno scellino ad aratro».Nell’anno 6473 [965], Svjatoslav marciò contro i Chazari. Appreso ciò, i Chazari uscirono incontro guidati dal loro principe, il Khagan, e si scontrarono e combatterono e Svjatoslav vinse i Chazari e s’’impossessò della loro città di Bela Veža [Belgorod]. E vinse gli Jasi [Osseti] e i Kasoghi e ritornò a Kiev.Nell’anno 6473 [965], la principessa Ol’ga, nel suo principato, obbligò ogni nuovo sposo a pagare al suo principe una martora nera, e autorizzò i boiari ad aumentare la stessa imposta sulla gente dei loro domini.Nell’anno 6474 [966], Svjatoslav vinse i Vjatiči e impose loro tributo.Nell’anno 6475 [967], Svjatoslav andò al di là del Danubio contro i Bulgari. E si combatterono, gli uni e gli altri schierati, e Svjatoslav vinse i Bulgari e conquistò ottanta città e si insediò a Perejaslavec, e regnò riscuotendo il tributo dai Greci.

XXXIII. I Peceneghi assediano Kiev (968)Nell’anno 6476 [968], i Peceneghi apparvero per la prima volta nella Rus’, mentre Svjatoslav era a Perejaslavec, e Ol’ga si rinserrò con i suoi nipoti, Jaropolk e Oleg e Vladimir, dentro la città di Kiev. E i Peceneghi assediarono con forze possenti la città, cingendola tutt’intorno con una moltitudine innumerevole. Non si poteva uscire dalla città, né inviare messaggi; gli abitanti erano stremati dalla fame e dalla sete. Gli abitanti raccolti sull’altra riva del Dnepr si adunarono nelle imbarcazioni e restavano su quella riva, perché non era possibile a nessuno di loro andare a Kiev, né a qualcuno della città comunicare con loro. E la gente si affliggeva e diceva: «Non c’è nessuno che possa raggiungere l’altra riva per dire loro: Se non sarete domani mattina sotto la città, ci arrenderemo ai Peceneghi». E un giovane disse: «Andrò io». E gli dissero: «Vai!». Egli uscì dunque dalla città con una briglia in mano, e prese a correre fra i Peceneghi gridando: «Nessuno ha visto il mio cavallo?» poiché egli conosceva la lingua dei Peceneghi ed essi lo scambiarono per uno dei loro. Ed egli si avvicinò al fiume, gettò i suoi abiti, si tuffò nel Dnepr e si mise a nuotare. I Peceneghi vedendo ciò lo inseguirono e scoccarono su di lui le loro frecce, ma non poterono fargli nulla. Quelli dell’altra riva, scorgendolo gli andarono incontro con le imbarcazioni, lo issarono a bordo e lo condussero dalla družina. Ed egli riferì loro «Se entro domani mattina non arriverete sotto la città, la gente si arrenderà ai Peceneghi».Il loro voivoda, di nome Pretič, disse: «All’alba verremo con le barche e, dopo aver prelevato la principessa e i giovani principi e anche il loro seguito, torneremo su questa riva. Se non facciamo così, Svjatoslav si vendicherà facendoci morire».

131

Page 32: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

L’indomani alle prime luci dell’alba, essi montarono sulle imbarcazioni, dettero fiato alle trombe e la gente in città cominciò a gridare. I Peceneghi, pensando che il principe fosse ritornato, fuggirono senza ordine dalla città. E Ol’ga andò con i suoi nipoti e il seguito verso le imbarcazioni. Vedendo ciò, il principe dei Peceneghi tornò da solo indietro verso il voivoda Pretič e disse «Chi è arrivato?». E l’altro gli rispose «Gli abitanti dell’altra sponda». E il principe dei Peceneghi domandò: «Sei forse tu il principe?». E l’altro disse «Io sono del suo seguito e sono arrivato con l’avanguardia, dietro a me sta giungendo un esercito innumerevole guidato dal principe». Egli disse questo per spaventarlo. E il principe dei Peceneghi implorò Pretič: «Sii mio amico!». Ed egli rispose: «Così sia!». E si dettero la mano. Il principe dei Peceneghi donò a Pretič un cavallo, una sciabola e delle frecce, quegli ricambiò con una corazza, uno scudo e una spada. I Peceneghi si allontanarono dalla città e non potevano [o: osavano] far abbeverare i cavalli nel fiume Lybed’. E gli abitanti di Kiev inviarono [ambasciatori] a Svjatoslav per dire «Principe, tu cerchi terre straniere e regno, ma trascuri la tua; per poco i Peceneghi non ci hanno catturato insieme a tua madre e ai tuoi figli. Se tu non vieni e non ci difendi, ci invaderanno ancora. Non hai forse pietà della patria dei tuoi padri e di tua vecchia madre e dei tuoi figli?». Sentendo ciò, Svjatoslav montò subito a cavallo con la sua družina e tornò a Kiev, abbracciò sua madre e i suoi figli, deplorando ciò che a loro era accaduto con i Peceneghi. Quindi radunò il suo esercito e respinse i Peceneghi nelle steppe e la pace ritornò.

XXXIV. Morte di Ol’ga (969)Nell’anno 6477 [969]. Svjatoslav disse a sua madre e ai suoi bojari: «Non mi piace vivere a Kiev, voglio vivere a Perejaslavec, sul Danubio, perché là è il centro delle mie terre, perché là tutte le ricchezze vi arrivano: dai Greci l’oro, la seta, il lino, la frutta e vini d’ogni specie; dai Cechi e dagli Ugri l’argento e i cavalli; dalla Rus’ pellicce, cera, miele e schiavi». Gli disse Ol’ga: «Tu vedi che sono malata, perché vuoi andare lontano da me?», poiché ella già aveva cattiva salute. E gli disse ancora: «Dopo avermi dato sepoltura, andrai ovunque vorrai». Tre giorni dopo Ol’ga morì. Suo figlio, i suoi nipoti e tutto il popolo la piansero con gran dolore. La trasportarono via e la interrarono in campo aperto [ossia in un kurgan]. Ol’ga aveva dato ordine che non si facesse la trizna, poiché aveva il suo sacerdote e fu lui a seppellire la beata Ol’ga.Ella fu la precorritrice del cristianesimo nella Rus’, come la stella mattutina precorre il sole, come l’alba precorre la luce. Come la luna splende nella notte, ella brillò in mezzo agli uomini infedeli, come una perla in mezzo al fango, poiché gli uomini erano nel fango dei loro peccati, non erano ancora purificati dal santo battesimo. Infatti ella ricevette il lavacro nel sacro fonte battesimale e, spogliatasi della peccaminosa veste dell’antico Adamo, si era rivestita di quella del nuovo Adamo, che è Cristo. Noi le diciamo: «Rallègrati, rivelazione russa di Dio, principio della nostra riconciliazione». Ella è la prima fra i Russi a entrare nel regno dei cieli. I figli della Rus’ la

132

Page 33: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

inneggiano come loro guida, perché dopo la morte, pregò Dio per la Rus’. Ma l’anima dei giusti non muore [cfr. Sap 3,1], come ha detto Salomone «Quando comandano i giusti il popolo gioisce» [Prv 29,2], perché il suo ricordo è immortale [cfr. Sap 3,4], dura in Dio e negli uomini. Qui tutti gli uomini la glorificano, perché vedono il suo corpo giacere incorrotto da molti anni. Infatti il profeta disse: «Chi mi onorerà anche io lo onorerò» [1 Sam 2,30]. Anche Davide disse di costoro: «Il giusto sarà sempre ricordato, non temerà annunzio di sventura, saldo è il suo cuore, confida nel Signore, sicuro è il suo cuore, non teme» [Sal 112 (111),6-8]. Salomone disse infatti: «I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l’Altissimo ha cura di loro, per questo riceveranno una magnifica corona regale e un bel diadema dalla mano del Signore, perché li proteggerà con la destra e con il braccio farà loro da scudo» [Sap 5,15-16]. Aveva egli difeso la beata Ol’ga dal diavolo nemico e avversario.

XXXV. Guerre di Svjatoslav contro i Greci e trattato di pace (971)Nell’anno 6478 [970], Svjatoslav insediò Jaropolk a Kiev e Oleg presso i Drevljani. In questo tempo giunsero i cittadini di Novgorod a chiedere un principe per sé, dicendo: «Se non venite da noi, noi ce lo cercheremo da soli». E Svjatoslav disse loro «Qualcuno verrà da voi». Jaropolk e Oleg rifiutarono di andare. E Dobrynja [governatore di Novgorod] disse: «Domandate a Vladimir». Vladimir era figlio di Maluša, la dispensiera di Ol’ga. Maluša era sorella di Dobrynja, e il loro padre era Malk di Ljubeč’ [o: Malk Ljubečanin]. Dobrynja era zio di Vladimir. E i Novgorodiani dissero a Svjatoslav: «Dacci Vladimir». E egli rispose loro: «Ecco a voi!». E i Novgorodiani presero Vladimir con sé e Vladimir partì per Novgorod con suo zio Dobrynja, intanto che Svjatoslav raggiungeva Perejaslavec.Nell’anno 6479 [971] Svjatoslav marciò su Perejaslavec e i Bulgari si rinserrarono in città. E i Bulgari uscirono per combattere contro Svjatoslav, e ci fu una grande falcidia, e i Bulgari vinsero. E Svjatoslav disse ai suoi guerrieri: «Fratelli e družina, ci tocca morire qui, combattiamo con coraggio!». E all’imbrunire vinse Svjatoslav ed espugnò la città d’assalto dicendo «Questa città è mia!». E inviò [ambasciatori] verso i Greci per dire: «Voglio marciare contro di voi e conquistare la vostra città, come ho già preso questa!». E i Greci dissero: «Noi non siamo in grado di resistere a voi, ma ricevi da noi un tributo, per te e la tua družina. Comunicaci in quanti siete, affinché possiamo approntarlo per ognuno di voi». I Greci dissero ciò per ingannare i Russi, perché sono mentitori ancora oggi. E Svjatoslav rispose loro: «Noi siamo ventimila», ma aggiungendone diecimila, poiché i Russi erano solo in diecimila. E i Greci armarono centomila uomini contro Svjatoslav e non pagarono il tributo. E Svjatoslav si mosse contro i Greci e costoro avanzarono contro i Russi. A vederli i Russi si spaventarono di tanta moltitudine, e Svjatoslav disse: «Non abbiamo dove fuggire, volenti o nolenti, dobbiamo affrontarli. Piuttosto che gettare l’onta sulla Rus’, moriremo qui, da morti non la disonoreremo, ma se fuggiamo vincerà il disonore. Non volteremo la schiena, rimarremo saldi. Io andrò avanti, se la

133

Page 34: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

mia testa rotolerà, allora ognuno provveda a sé». E i guerrieri risposero: «Dove cadrà la tua testa, là saranno anche le nostre». E si schierarono i Russi e i Greci di fronte, e gli eserciti si scontrarono, e Svjatoslav uscì vincitore e i Greci fuggirono. E Svjatoslav avanzò verso la capitale guerreggiando e distruggendo le città di cui ancora oggi si alzano rovine deserte. E l’imperatore, convocati i suoi bojari a palazzo, disse loro: «Che cosa dobbiamo fare, dato che non possiamo opporgli resistenza?». E i bojari gli dissero: «Inviagli dei doni, vediamo se è amante dell’oro e di stoffe pregiate». E gli inviarono oro, tessuti preziosi e un uomo saggio a cui si disse «Osserva il suo sguardo, il suo viso e svela il suo pensiero». Questi prese i doni e andò da Svjatoslav. E comunicarono a Svjatoslav che erano venuti i Greci a riverirlo. Egli rispose: «Fateli pure entrare».Ed essi entrarono, si inchinarono davanti a lui, gli deposero dinanzi oro e tele preziose. E Svjatoslav, senza nemmeno guardarli, disse ai suoi famigli: «Riponeteli al sicuro». I famigli di Svjatoslav raccolsero i doni e li riposero. Gli inviati dell’imperatore ritornarono a casa. L’imperatore chiamò i suoi bojari, e gli inviati raccontarono: «Quando andammo da lui e offrimmo i nostri doni, egli non li degnò di uno sguardo e ordinò che fossero riposti». E uno fra loro disse: «Mettilo ancora alla prova, inviagli delle armi». Egli l’ascoltò; e gli inviarono una spada e altre armi, e gliele portarono. Egli, ricevute le armi, prese a lodarle e ad ammirarle e a ossequiare l’imperatore. Gli inviati tornarono dall’imperatore e gli raccontarono ciò che era accaduto; e i bojari dissero: «Quest’uomo dev’essere feroce, disprezza le ricchezze e prende le armi. Paghiamogli il tributo». E l’imperatore mandò [ambasciatori] per dire: «Non venire contro la città, prendi il tributo che ti aggrada», poiché mancava poco che giungesse a Car’grad. E gli pagarono il tributo. Egli lo riscosse anche per gli uccisi dicendo: «Saranno le famiglie a beneficiarne». Prese dunque molti doni e tornò a Perejaslavec con grande gloria. Vedendo quanto il suo esercito fosse poco numeroso, egli disse fra sé: «Se mi avessero sorpreso, avrebbero sterminato me e la mia družina», perché molti erano periti nella spedizione». E disse: «Andrò nella Rus’ e radunerò un’armata più numerosa», poi inviò degli ambasciatori all’imperatore a Dorostol [antica Dristra, oggi Silistrie], perché là si trovava l’imperatore, per dire: «Voglio avere con te un’alleanza salda e in amicizia». Sentito ciò, l’imperatore si rallegrò molto e gli inviò doni più considerevoli dei precedenti.Svjatoslav ricevette i doni, e si mise a consultarsi con la sua družina così dicendo: «Se non concludiamo la pace con l’imperatore e lui viene a sapere quanto siamo poco numerosi, egli ci muoverà contro e ci assedierà in questa città, e la Rus’ è lontana e i Peceneghi sono in guerra, chi mai ci aiuterà? Firmiamo dunque la pace con l’imperatore, ci hanno versato un tributo e ciò ci basti; e se dovesse mancare al pagamento, allora raccoglieremo nella Rus’ una moltitudine di guerrieri e marceremo su Car’grad». Queste parole piacquero alla družina. E inviarono i migliori uomini all’imperatore. E arrivarono a Dorostol e ciò fu riferito all’imperatore. L’indomani l’imperatore li convocò e disse loro: «Che gli inviati della Rus’

134

Page 35: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

parlino». Essi dissero: «Così dice il nostro principe: Voglio una salda amicizia con l’imperatore greco per tutti gli anni a venire». L’imperatore si rallegrò e ordinò allo scriba di scrivere su pergamena l’intero dire di Svjatoslav. E gli ambasciatori cominciarono a riferire il messaggio e lo scriba a scrivere, e dissero:«Conformemente al precedente trattato concluso tra Svjatoslav, gran principe russo, e Svenal’d, scritto da Teofilo Sinkel [Teofilo il Segretario] per Giovanni, soprannominato Zimisce, imperatore dei Greci, in Dorostol nel mese di luglio, XIV indizione, anno 6479 [971].«Io Svjatoslav, principe russo, ho giurato e confermo in questo trattato il mio giuramento: voglio, insieme a quanti, bojari e altri, nella Rus’ sono miei sudditi, vivere in pace e salda amicizia costante con voi Giovanni, grande imperatore dei Greci, e Basilio e Costantino, imperatori ispirati da Dio, e con tutte le vostre genti. Mai attaccherò la vostra terra, non adunerò guerrieri contro essa, non istigherò altri popoli né contro di voi, né contro coloro che sono soggetti al potere greco, né contro i Chersonesi o di altre sue città, né contro la terra dei Bulgari. E se qualcun altro ardisse muovere contro il vostro paese, gli sarò contro e lo combatterò. Come ho già giurato dinanzi agli imperatori greci, e insieme a me i bojari e la Rus’ intera, osserveremo il precedente trattato. Se noi non osserveremo quanto già enunciato, io e coloro che sono sotto il mio potere siano maledetti dagli dèi in cui crediamo, da Perun e da Volos, dio del bestiame, e che possiamo diventare gialli come l’oro e si possa perire dalle nostre stesse armi. Crediate ciò per vero, per avervi offerto ora la pergamena scritta e sigillato con il nostro sigillo».

XXXVI. Morte di Svjatoslav (972)Svjatoslav, stipulata la pace con i Greci, partì con le imbarcazioni verso le rapide [del Dnepr]. Il voivoda di suo padre, Svenal’d, gli disse: «Principe, aggira le rapide a cavallo, perché i Peceneghi sono appostati alle cataratte». Egli non lo ascoltò e continuò ad avanzare con le barche. E gli abitanti di Perejaslavec mandarono ai Peceneghi per dire: «Ecco che Svjatoslav ritorna nella Rus’ dopo avere avuto dai Greci molte ricchezze e innumerevoli prigionieri, ed egli non ha che una piccola družina». Al sentire ciò, i Peceneghi sbarrarono le cataratte. E giunse Svjatoslav alle cataratte, e non gli fu possibile superarle e passò l’inverno a Belobevež’e. E i viveri mancarono, e tanta era la fame che si pagava mezza grivna per una testa di cavallo. E Svjatoslav passò l’inverno là. Nell’anno 6480 [972], all’inizio della primavera, Svjatoslav tentò il passaggio delle cateratte, ma Kur’ [o: Kurja], principe dei Peceneghi, lo attaccò e ci fu una grande carneficina. E fu ucciso Svjatoslav, e gli tagliarono la testa, e col suo cranio fecero una coppa che rivestirono d’oro e in quella coppa bevettero. Svenal’d andò a Kiev da Jaropolk. E gli anni del principato di Svjatoslav furono in tutto ventotto.

XXXVII. Principato di JaropolkNell’anno 6481 [973], Jaropolk cominciò a regnare e Blud il suo voivoda,

135

Page 36: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

ebbe la sua fiducia.Anno 6482 [974].Nell’anno 6483 [975], un giorno il figlio di Svenal’d, di nome Ljut, uscì a caccia e inseguiva gli animali nel bosco fuori della città di Kiev. Oleg lo scorse e chiese: «Chi è quell’uomo?» e gli risposero «Il figlio di Svenal’d». E si slanciò e lo uccise, poiché anche Oleg cacciava in quei luoghi. E di là nacque l’odio tra Jaropolk e Oleg. E Svenal’d ripeteva sempre a Jaropolk: «Muovi contro tuo fratello e prendi tu il suo potere», poiché egli voleva vendicare suo figlio.Anno 6484 [976].Nell’anno 6485 [977], Jaropolk andò contro suo fratello Oleg nella terra dei Drevljani e Oleg avanzò all’incontro e incrociarono le armi. Nello scontro Jaropolk fu vincitore su Oleg. E fuggì Oleg con il suo esercito verso la città chiamata Ovruč. Attraverso un ponte gettato sul fossato si arrivava alle porte della città. I guerrieri, spingendosi l’un l’altro sul ponte, caddero nel fossato; anche Oleg precipitò dal ponte nel fossato. E molti caddero dal ponte e affogarono uomini e cavalli. E Jaropolk, entrato nella città di Oleg, si impossessò del suo potere. E mandò a cercare suo fratello. E lo cercarono, ma non lo trovarono. E un Drevljano disse: «L’ho visto ieri cadere dal ponte». E Jaropolk mandò a cercare suo fratello, e si tirarono fuori cadaveri dal fossato dalla mattina fino a mezzogiorno; e trovarono Oleg nel profondo, sotto i cadaveri, e lo estrassero e lo posero su un tappeto. E venne Jaropolk e pianse su di lui e disse a Svenal’d: «Guarda, ecco ciò che chiedevi!». E seppellirono Oleg nella campagna presso la città di Ovruč, e la sua tomba esiste ancora oggi vicino a Ovruč. E il suo potere passò a Jaropolk. Jaropolk aveva per moglie una greca, che era stata monaca, ma che suo padre Svjatoslav aveva presa e data a Jaropolk per la gran bellezza del suo volto. Vladimir, che era a Novgorod, apprese che Jaropolk aveva ucciso Oleg, e spaventato fuggì al di là del mare. Jaropolk inviò i suoi governatori a Novgorod e regnò da solo su tutta la Rus’.Nell’anno 6486 [978], Jaropolk vinse i Peceneghi ed impose loro tributo. Nello stesso anno nacque Svjatoslav, figlio di Vladimir.Nell’anno 6487 [979], Ildeja, principe dei Peceneghi, venne a trovare Jaropolk, al quale offrì i suoi servigi. Jaropolk gli fece buona accoglienza, gli dette qualche città e una certa estensione di paese, e lo trattò con molta distinzione. Nello stesso anno degli ambasciatori dell’imperatore andarono da Jaropolk, per testimoniare la pace e la buona amicizia che regnavano tra i due principi, e gli portarono lo stesso tributo che la Grecia aveva precedentemente pagato a suo padre e a suo nonno. Nello stesso anno degli ambasciatori del papa vennero a trovare Jaropolk. E verso questa epoca ancora ci furono segni nella luna, nel sole e nelle stelle; tremendi colpi di tuono, violenti uragani con turbinii causarono disgrazia agli uomini e alle greggi, così come agli animali dei boschi e dei campi.

XXXVIII. Ascesa e dissolutezza di VladimirNell’anno 6488 [980], Vladimir venne con i Varjaghi a Novgorod e disse ai

136

Page 37: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

governatori di Jaropolk: «Andate da mio fratello e ditegli: Vladimir verrà contro di te; preparati a combatterlo». E si stabilì a Novgorod. E inviò [ambasciatori] a Rogvolod di Polock per dire: «Voglio prendere tua figlia in sposa». Rogvolod chiese a sua figlia: «Vuoi sposare Vladimir?». Ella rispose: «Non voglio scalzare il figlio di una schiava, io voglio Jaropolk» [scalzare lo sposo era segno di sottomissione]. Rogvolod era venuto da oltremare e regnava a Polock, mentre Tury governava a Turov, è da qui il nome dei Turovcy. E gli inviati di Vladimir ritornarono a riferirgli quanto detto da Rogneda, figlia di Rogvolod, principe di Polock. Allora Vladimir radunò un numeroso esercito di Varjaghi e Slavi, Čudi e Kriviči, e andò contro Rogvolod. In quel momento stavano per accompagnare Rogneda da Jaropolk. E Vladimir giunse a Polock e uccise Rogvolod e i suoi due figli e prese sua figlia, Rogneda, per sposa. E marciò contro Jaropolk. Jaropolk ne fu sorpreso, tuttavia si accelerò a raccogliere le sue truppe, poiché era lui stesso molto valoroso. Il suo voivoda Blud gli disse allora: «Tuo fratello Vladimir non può che opporre un pugno di fringuelli davanti a un’aquila: non aver dunque alcun timore e non ti dar pena di raccogliere un esercito». Ma Blud non parlava così al suo padrone Jaropolk che per artificio e dispetto, poiché era stato corrotto e comprato da Vladimir. E Vladimir giunse a Kiev con un esercito numeroso, e Jaropolk non poté resistergli e si rinchiuse in Kiev insieme ai suoi uomini e a Blud. Vladimir si accampò a Dorogožic, e scavò un fossato fra Dorogožic e Kapič, e quel fossato si vede ancora oggi. Vladimir inviò a Blud, il voivoda di Jaropolk, queste perfide parole: «Sarai mio amico se uccidi mio fratello, ti prenderò come un padre e avrai da me grandi onori. Non sono stato io a iniziare a uccidere i miei fratelli, ma lui; e io mi sono spaventato e mi sono mosso contro di lui». E Blud rispose ai messaggeri di Vladimir: «Ti sarò nel cuore amico fedele!». O malvagia menzogna degli uomini! Come disse Davide: «Chi mangia il mio pane contro di me eleva congiura» [cfr. Sal 41 (40),10], poiché questi tramava con l’inganno contro il suo principe. E ancora: «Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame, per tanti loro delitti disperdili, perché a te si sono ribellati» [Sal 5,10-11]. E Davide disse ancora: «Gli uomini sanguinari e fraudolenti: essi non giungeranno alla metà dei loro giorni» [Sal 55 (54),24]. È un malvagio consiglio quello di colui che incita allo spargimento di sangue. Sono degli insensati coloro che, dopo aver ricevuto dal loro principe, o dal loro signore, onore o doni, meditano la morte del loro principe, costoro sono peggiori del demonio. Così è Blud, che tradì il suo principe dopo aver ricevuto da lui molti onori, ed è colpevole del sangue versato. Dunque, Blud si era rinchiuso insieme a Jaropolk che ingannava, e inviava spesso messaggeri a Vladimir, per incitarlo ad attaccare la città, poiché voleva lui stesso uccidere Jaropolk, ma gli era impossibile ucciderlo per la presenza degli abitanti. Blud, quindi, non potendo ucciderlo, usò l’inganno: gli consigliò di non uscire dalla città per combattere, e disse, mentendo, a Jaropolk: «I Kieviani inviano messaggeri a Vladimir per dire: Assalta la città e noi ti consegneremo Jaropolk. Fuggi dunque dalla città». Jaropolk si fidò e l’ascoltò, e fuggì e raggiunse la città di Rodnja, alla foce del Ros’, e vi si

137

Page 38: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

rinchiuse. Intanto Vladimir venne a Kiev. E assediarono Jaropolk a Rodnja, e la fame fu terribile in questa città, tanto che ancora oggi esiste questo modo di dire: «Sventura come quella di Rodnja». E Blud disse a Jaropolk: «Hai visto com’è numeroso l’esercito di tuo fratello? Non possiamo vincerlo, concludi la pace con tuo fratello». Gli diceva questo tramando contro di lui. E Jaropolk disse «Sia così!». E Blud inviò [messaggeri] a Vladimir per dire: «Ecco che sta per compiersi il tuo desiderio. Ti porterò Jaropolk, tu preparati ad ucciderlo». Vladimir, sentendo ciò, uscì nel cortile del terem paterno, di cui s’è già detto, e attese con la sua družina. E Blud disse a Jaropolk: «Va’ da tuo fratello e digli: Quello che vorrai darmi, io l’accetterò». Allora Jaropolk uscì e Varjažko gli disse: «Non andare, principe, ti uccideranno; salvati presso i Peceneghi e ritorna con un esercito», ma egli non l’ascoltò. E Jaropolk andò da Vladimir. Come varcò la soglia, due varjaghi gli trafissero il petto con le loro spade. Blud chiuse le porte per impedire ai suoi di entrare. Così fu ucciso Jaropolk. Varjažko, vedendo che Jaropolk era stato ucciso, fuggì dal palazzo presso i Peceneghi, e molto combatté coi Peceneghi contro Vladimir e questi faticò molto a farlo ritornare, dopo avergli dato giuramento.Intanto Vladimir giaceva con la moglie di suo fratello, la greca, che restò incinta e da lei nacque Svjatopolk. Ma una peccaminosa radice produce frutti cattivi, poiché sua madre era monaca e Vladimir aveva rapporti con lei fuori del matrimonio. Era [Svjatopolk] figlio di adulteri e perciò suo padre non lo amava, perché era generato da due padri, da Jaropolk e da Vladimir.I Varjaghi dissero poi a Vladimir: «Questa città [Kiev] ci appartiene, noi l’abbiamo conquistata, vogliamo il suo tributo, due grivny a persona». E Vladimir disse loro: «Attendete un mese, che si raccolgano i denari per voi [o: che c’è la raccolta delle pelli di martora]». E attesero un mese, e non gli diedero nulla. E i Varjaghi dissero: «Ci hai ingannati; mostraci il cammino verso i Greci». Rispose loro: «Andate!». E scelse fra loro alcuni uomini buoni, saggi e coraggiosi e assegnò loro le città; gli altri andarono verso Car’grad, presso i Greci. Ed inviò dinanzi a loro degli ambasciatori per dire all’imperatore: «Ecco che i Varjaghi vengono da te, non li tenere in città perché ti arrecheranno dei danni in città, come hanno già fatto qui; disperdili un po’ ovunque e non lasciare che uno solo ritorni qui».E Vladimir cominciò a regnare da solo a Kiev, e fece erigere idoli sulla montagna, fuori dalla corte del terem. La statua al dio Perun era di legno, ma la sua testa era d’argento e la sua barba [o: baffi] d’oro, e c’erano Chors, Daž’bog, Stribog, e Simar’gl e Mokoš. E chiamandoli dèi, si offrivano loro sacrifici; e si conducevano i propri figli e figlie per sacrificarli ai demoni. Così profanavano la terra con i loro sacrifici. E la terra di Rus’ e questa montagna furono coperte di sangue. Ma poiché Dio misericordioso non vuole la morte dei peccatori [cfr. 1 Tm 2,4], su quella montagna è oggi la chiesa di san Basilio, di cui fra breve parleremo.Ma ritorniamo al nostro racconto.Vladimir insediò suo zio Dobrynja a Novgorod; Dobrynja arrivò a Novgorod ed eresse un idolo a Perun sopra il fiume Volchov e i novgorodiani gli

138

Page 39: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

offrivano sacrifici come a un dio.Intanto Vladimir si era interamente abbandonato alla lussuria e fra le mogli ebbe: Rogneda, che si stabilì a Lybed’, dov’è ora il villaggio Predslavino, e da cui ebbe quattro figli Izjaslav, Mstislav, Jaroslav, Vsevolod e due figlie; dalla greca ebbe Svjatopolk; dalla ceca Vyšeslav; da un’altra [Malfrida, anche lei ceca] Svjatoslav e Mstislav; dalla bulgara Boris e Gleb. E aveva trecento concubine a Vyšgorod, e trecento a Belgorod, e duecento a Berestovo, nel villaggio che ancora oggi si chiama Berestovo. Era insaziabile nella concupiscenza, seduceva le donne adulte e violentava le fanciulle. Era dissoluto come a suo tempo Salomone. Infatti, è scritto [1 Re 11,3] che presso Salomone vi erano settecento mogli e trecento concubine. Questi era saggio, ma alla fine si smarrì; l’altro era pagano, ma alla fine trovò la salvezza. «Grande è il Signore, onnipotente, la sua sapienza non ha confini» [Sal 147 (146-147),5]. Il fascino della donna è una cosa malvagia, come disse delle donne Salomone dopo essersi pentito: «Non ascoltare le donne perverse, perché stillano miele le sue labbra, quelle della donna dissoluta; quello che delizia per un momento la tua gola e in seguito si rileva più amaro del fiele. Coloro che le avvicinano, dopo la morte conoscono l’inferno. Ella non percorre il sentiero della vita, ma nell’errore e nella stoltezza» [cfr. Prv 5, 3 ss.]. Questo Salomone della donna dissoluta, ed ecco ciò che disse della donna virtuosa: «Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani del paese. Confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell’avvenire. Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà. [...] I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo marito a farne l’elogio [...] Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città» [Prv 31,10-31].Nell’anno 6489 [981], Vladimir andò contro i Ljachi e conquistò le loro città di Peremyšl’, Červen e molte altre città che sono ancora oggi sottomesse alla Rus’. In questo stesso anno sottomise i Vjatiči, e impose loro un tributo per ogni aratro, così come aveva fatto suo padre.Nell’anno 6490 [982], i Vjatiči insorsero e Vladimir marciò contro di loro e li vinse un seconda volta.

139

Page 40: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

XXXIX. Storia del varjago cristiano (983)Nell’anno 6491 [983], Vladimir marciò contro gli Jatvighi, e vinse gli Jatvighi e s’impossessò della loro terra. E ritornò a Kiev e offrì dei sacrifici agli idoli insieme al suo popolo, e gli anziani e i bojari dissero: «Tiriamo a sorte un giovine e una fanciulla, e a chi toccherà sarà immolato agli dèi». C’era un varjago la cui casa era là dove ora si erge la chiesa della Santa Madre di Dio, che fu fondata da Vladimir. Questo varjago era venuto dalla Grecia, era segretamente cristiano e aveva un figlio bello di viso e di animo. La sorte cadde su di lui, per l’invidia del demonio. Infatti, il diavolo, che su tutti aveva potere, non lo sopportava, perché gli era come una spina nel fianco e si adoperò per farlo morire e gli aizzò contro il popolo. Degli inviati andarono [dal padre] e gli dissero: «La sorte ha designato tuo figlio, gli dèi lo reclamano, noi dobbiamo sacrificarlo agli dèi». E il varjago rispose: «Questi non sono affatto degli dèi, non sono che legno che oggi c’è e domani marcirà, infatti non mangiano, non bevono, non parlano. È la mano dell’uomo che li ha scolpiti nel legno con accetta e coltello. Non c’è che un Dio solo, che è adorato dai Greci e a lui si prosternano; egli ha creato il cielo e la terra e le stelle e il sole e la luna e l’uomo e gli ha concesso di vivere sulla terra. Invece questi dèi che cosa hanno fatto? essi stessi sono stati creati. Non consegnerò mio figlio ai demoni». Gli inviati ritornarono e riferirono ai pagani. Costoro presero le armi, andarono da lui e distrussero la sua casa. Egli stava con suo figlio all’ingresso. Gli dissero «Dacci tuo figlio, affinché lo si offra agli dèi». Egli rispose: «Se sono degli dèi, che venga uno di loro a prendere mio figlio. Voi, perché sacrificate agli dèi?». E con grandi grida [i pagani] spaccarono il pavimento sotto di loro e li uccisero entrambi [La casa era su palafitte, come tutte le abitazioni lacustri, ma in altra traduzione si dice: ruppero la veranda su cui erano affacciati.]. Nessuno sa dove furono seppelliti. Ma questa gente era ignorante e pagana. Il diavolo gioì di questo evento, non sapendo quanto la sua rovina fosse vicina: si era già sforzato di distruggere la stirpe cristiana, ma in altre regioni era stato scacciato dalla santa croce. Il maledetto pensava: «Questa sarà la mia dimora, perché qui non hanno insegnato gli apostoli, né profetizzato i profeti». Non sapeva che il profeta disse: «E a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio» [Os 2,25]. E degli Apostoli è scritto: «Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» [Sal 19 (18),5, ripreso in Rm 10,18]. Sebbene gli apostoli non siano stati qui di persona, tuttavia i loro insegnamenti risuonano come trombe nelle chiese dell’universo; è con la loro dottrina, è con i loro insegnamenti che trionfiamo sul nemico immondo e lo schiacciamo sotto i piedi, così come lo schiacciarono questi due antenati, che ricevettero la corona celeste insieme ai santi martiri e ai giusti.

XL. Guerre di Vladimir e dispute religiose (984)Nell’anno 6492 [984], Vladimir andò contro i Radimiči e aveva per voivoda Volčij Chvost [ossia Coda di Lupo]. Vladimir mandò Volčij Chvost davanti a

140

Page 41: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

tutti e incontrò i Radimiči sul fiume Piscan’ e Volčij Chvost sconfisse i Radimiči. Per questo i Russi si burlano dei Radimiči, dicendo «I Piščani fuggono dinanzi a una coda di lupo». Erano i Radimiči della stirpe dei Ljachi, che migrati in queste regioni si stanziarono, e pagano il tributo alla Rus’, e ancora oggi le sono sottomessi.Nell’anno 6493 [985], Vladimir partì contro i Bulgari con suo zio Dobrynja; essi andarono con le imbarcazioni, mentre i Torki [antichi Albanesi, spesso tradotto Turchi] Vladimir li fece andare a cavallo lungo la riva, e furono vinti i Bulgari. Dobrynja disse a Vladimir: «Ho guardato i prigionieri e tutti calzano stivali; costoro non ci pagheranno il tributo, andiamo a cercare coloro che calzano i lapti [calzature di corteccia di betulla o tiglio]». E Vladimir concluse la pace con i Bulgari e le due parti giurarono e i Bulgari dissero: «La pace sarà rotta tra noi quando la pietra galleggerà e il luppolo affonderà». E Vladimir ritornò a Kiev.Nell’anno 6494 [986], vennero da lui i Bulgari di fede islamica dicendo: «Principe, tu sei saggio e assennato, ma non hai religione. Convertiti alla nostra religione e prosternati a Maometto». E Vladimir disse: «Qual è la vostra fede?». Essi dissero «Noi crediamo in Dio, e Maometto ci insegna a circoncidere i membri celati, a non mangiare carne di maiale, a non bere vino, così dopo la morte potremo fornicare con le donne. Maometto ha assegnato a ciascun uomo settanta belle donne, e per sé ne ha scelta una bellissima che riassume la bellezza di tutte le altre, ed ella diventerà sua moglie. E, gli dissero, ci si può abbandonare alla dissolutezza. Chi è povero in questo mondo lo sarà anche nell’altro e se, viceversa, è ricco qui, anche nell’aldilà lo sarà». E i Bulgari dissero una moltitudine di altre menzogne che il pudore impedisce di riportare [o: per dissimulargli la turpitudine della loro credenza]. Vladimir li ascoltò, perché amava le donne e la dissolutezza, li ascoltava con piacere, ma non gli piacevano la circoncisione e l’astinenza dalla carne di maiale e, tanto meno, dal vino. Disse: «Bere è un diletto per i Russi, non possiamo rinunciarvi».Poi vennero i Nemc’y [ossia stranieri, qui nell’accezione di cattolici; in seguito designarono i Germani] da Roma dicendo: «Noi siamo venuti perché inviati dal Papa». E parlarono così: «Il Papa ti manda a dire: La tua terra è come la nostra, ma la nostra fede è luce, adoriamo il Dio che ha creato il cielo e la terra e le stelle e la luna e tutte le creature, mentre i vostri dèi sono di legno». Vladimir disse: «Quali sono i vostri precetti?». «Digiunare secondo le nostre forze: «Sia che mangiate, sia che beviate [...], fate tutto per la gloria di Dio» [1 Cor 10,31], come scrisse il nostro maestro Paolo». Vladimir rispose ai Nemc’y: «Andatevene, perché i nostri padri non vi hanno creduto».Avendo saputo ciò, degli Ebrei di Chazaria vennero e dissero: «Abbiamo sentito dire che sono venuti da te i Bulgari e i Cristiani per illustrare la loro fede. I Cristiani venerano colui che noi abbiamo crocefisso; noi crediamo nell’unico Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe». E Vladimir disse: «Qual è la vostra legge?». Essi risposero: «La circoncisione, l’astinenza della carne di maiale e di coniglio, il rispetto del Sabato». Egli disse loro: «E dov’è la

141

Page 42: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

vostra terra?». Essi replicarono: «A Gerusalemme». Egli disse loro: «Vi abitate là?». Essi risposero: «Dio si è adirato con i nostri padri e ci ha dispersi nel mondo a causa dei nostri peccati, e la nostra terra è stata consegnata ai Cristiani». Egli disse: «E come pensate di istruire gli altri se voi stessi siete stati scacciati da Dio e dispersi? Se Dio amasse voi e la vostra legge, non sareste dispersi in paesi stranieri; volete che questa sventura ricada anche qui?».In seguito i Greci inviarono un filosofo a Vladimir per dire: «Abbiamo saputo che sono venuti i Bulgari per invitarti ad accettare la loro fede, ma la loro fede offende il cielo e la terra, infatti essi sono maledetti più delle altre genti, perché simili agli abitanti di Sodoma e di Gomorra, contro i quali Dio lanciò pietre di fuoco, le sommerse e le distrusse [Gn 19,24-25]. Anche a quelli è riservata la stessa fine quando Dio verrà a giudicare la terra e ad annientare coloro che hanno compiuto ingiustizie e abomini, perché si lavano le parti celate e si lavano con quell’acqua, e se la versano in bocca e se la spruzzano sulla barba, ricordando Maometto. Anche le loro donne compiono queste cose infami e anche peggiori [decretare gli amplessi fra maschi e femmine]». Quando Vladimir sentì ciò, sputò per terra dicendo: «Che cosa immonda!». Il filosofo disse: «Abbiamo sentito che anche da Roma sono venuti per insegnarti la loro fede. Ma la loro fede differisce poco dalla nostra. Nel servizio divino essi si servono di pane azzimo, cioè di ostie, che Dio non ha concesso, poiché ordinò di servirsi del pane e ne dette agli Apostoli dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo spezzato per voi” [cfr. Mt 26,26]. E analogamente prese il calice e disse: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” [Mt 26,28]. Ma essi non fanno così e alterano la tradizione». Vladimir disse loro: «Gli Ebrei vennero da me e mi dissero: “I Nemc’y e i Greci credono in colui che noi abbiamo crocefisso”». Il filosofo rispose: «In verità in lui noi crediamo, perché i loro profeti predissero la nascita di Dio, e altri la sua crocifissione e sepoltura, e la sua resurrezione il terzo giorno e l’ascensione al cielo. Essi [Ebrei] hanno ucciso questi profeti e altri li hanno torturati. E quando il tempo predetto è giunto, egli discese sulla terra, fu crocifisso, risorse e salì al cielo. Per quarantasei anni attese che essi si pentissero, ma non si pentirono. Allora mandò contro di loro i Romani che distrussero la loro città, e li dispersero nel mondo dove essi servono ora gli stranieri». Vladimir domandò: «E perché Dio è disceso sulla terra, e subì un simile martirio?» Il filosofo rispose: «Se vuoi ascoltarmi, ti racconterò dal principio perché Dio è disceso sulla terra». Vladimir disse: «Ti ascolterò volentieri». E il filosofo si mise a parlare così: «[Qui inizia il racconto tratto dalla Genesi] In principio, il primo giorno, Dio creò il cielo e la terra. Il secondo giorno, creò il firmamento che è al centro delle acque e in quel giorno le acque si separarono: una parte salì nel firmamento e l’altra rimase al di sotto. Il terzo giorno creò il mare e i fiumi e le sorgenti e le sementi. Il quarto giorno creò il sole e la luna e le stelle e adornò Dio il cielo. Vedendo ciò, il primo degli angeli, il capo del coro degli angeli, rifletté tra sé e disse: “Scenderò sulla terra, la conquisterò e sarò simile a Dio e stabilirò il mio trono sulle

142

Page 43: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

nuvole a settentrione” [cfr. Is 14,14-15] E all’istante precipitò dal cielo e dopo di lui caddero coloro che gli erano sottoposti, il decimo coro angelico. Il nome di questo avversario era Satana, e al suo posto Dio mise Michele. Satana, sbagliando nelle sue intenzioni, perse la gloria primitiva e si chiamò nemico di Dio. In seguito il quinto giorno Dio creò le balene e i pesci e i rettili e gli uccelli alati. Il sesto giorno Dio creò le fiere e gli animali e i rettili terrestri, fece anche l’uomo. Il settimo giorno era sabato e Dio si riposò dalle sue fatiche. E Dio fece il paradiso a Oriente nell’Eden e qui mise l’uomo che aveva plasmato e gli permise di mangiare i frutti di qualunque albero, eccetto uno solo, quello della conoscenza del bene e del male, di questo non doveva toccarne. E Adamo viveva nel paradiso, contemplava Dio e lo glorificava e si univa agli angeli quando rendevano gloria a Dio. E Dio inviò il sonno ad Adamo e Adamo si addormentò e Dio tolse una costola ad Adamo e creò la donna, e la condusse ad Adamo e Adamo disse: “Essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna”. E dette Adamo i nomi agli animali e agli uccelli, alle fiere e ai rettili, e anche agli angeli dette un nome [o viceversa: e un angelo dette nome a lui e alla sua donna]. E Dio sottomise ad Adamo le fiere e gli animali ed egli li comandava ed essi gli ubbidivano. Il diavolo, vedendo come Dio onorava l’uomo, ne fu invidioso e si tramutò in serpente ed andò da Eva e le disse “Perché non mangiate dall’albero che è al centro del giardino?”. La donna rispose al serpente: “Dio ha detto: Non ne dovete mangiare, altrimenti morirete”. E il serpente disse alla donna: “Voi non morirete; Dio sa che il giorno che ne mangerete si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male”. E la donna vide quanto quell’albero fosse buono da mangiare e prese un frutto e lo mangiò, poi ne diede anche al marito, e anch’egli ne mangiò e si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. E Dio disse: “Maledetta sia la terra per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita”. E aggiunse Dio: «Quando stenderete la mano e coglierete dall’albero di vita, vivrete in eterno”. E il Signore Iddio scacciò Adamo del paradiso, ed egli stette di fronte al paradiso piangendo e lavorando la terra. E Satana si rallegrò della maledizione della terra. Ecco questa è la nostra prima rovina perché portò la punizione della perdita della vita angelica.«Adamo generò Caino e Abele. Caino era contadino e Abele pastore. E Caino offrì i frutti della terra a Dio e Dio non accettò il suo dono, Abele offrì il primo agnello nato e Dio accettò il dono di Abele. Satana penetrò nell’animo di Caino e lo incitò a uccidere Abele. E Caino disse ad Abele “Andiamo in campagna” e Abele ubbidì. E quando essi furono fuori, Caino aggredì Abele e voleva ucciderlo ma non sapeva come, e Satana gli suggerì: “Prendi una pietra e colpiscilo”. Prese una pietra e lo uccise. E Dio disse a Caino: “Dov’è tuo fratello?”. Egli rispose: “Sono forse il guardiano di mio fratello?”. E Dio disse: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me; tu gemerai e tremerai fino alla fine dei tuoi giorni”. Adamo ed Eva piangevano e Satana gioiva dicendo: “Ecco, colui che Dio elargiva onori, io l’ho fatto allontanare da Dio,

143

Page 44: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e ora l’ho ridotto in lacrime”. E piansero Abele per trent’anni, e il suo corpo non si decomponeva ed essi non sapevano seppellirlo. E per volere di Dio giunsero due uccelli, uno di essi morì e l’altro scavò una fossa, vi mise l’uccello morto e lo seppellì [l’episodio non è nella Genesi]. Vedendo ciò Adamo ed Eva scavarono una fossa, vi depositarono Abele e lo seppellirono piangendo. Adamo, all’età di 230 anni, generò Set e due figlie; una fu presa da Caino, l’altra da Set, e da queste unioni cominciarono a proliferare gli esseri umani e a moltiplicarsi sulla terra. Ed essi non conoscevano il loro creatore, si abbandonavano alla lussuria e a tutti i crimini, all’omicidio, all’odio [o: invidia] e vivevano come animali.«Fu Noè l’unico giusto di questa stirpe ed egli generò tre figli, Sem, Cam e Jafet. E Dio disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo” e ancora: “Sterminerò dalla terra l’uomo e gli animali”. E il Signore Dio disse a Noè: “Costruisci un’arca lunga trecento cubiti, cinquanta di larghezza per trenta di altezza”, perché gli Egizi chiamano cubito il sažen. Cento anni impiegò Noè per costruire l’arca e annunciò Noè che ci sarebbe stato un diluvio e lo schernirono. Quando l’arca fu pronta, Dio disse a Noè: “Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli; porta con te una coppia di ogni specie animale e di ogni tipo di uccello e di ogni sorta di rettile”. E Noè portò nell’arca quanto Dio gli aveva ordinato. E Dio mandò il diluvio sulla terra, e ogni cosa vivente fu inghiottita, ma l’arca galleggiava sull’acqua. E quando le acque si ritirarono, uscì Noè e uscirono i suoi figli e sua moglie e le donne dei suoi figli; ed è da costoro che si popolò la terra. Ci furono molti uomini, e tutti parlavano la stessa lingua, e si dissero l’un l’altro: “Costruiamo una torre la cui cima tocchi il cielo”. E si misero a costruirla e il loro capo era Nimrod e Dio disse: “Ecco che gli uomini si sono moltiplicati e i loro pensieri sono di vanità”. E discese Dio e divise la loro lingua in settantadue lingue. Soltanto la lingua [il popolo] di Adamo non fu allontanata dall’Eden poiché lui solo non si era unito alla loro stoltezza, così dicendo “Se Dio avesse detto agli uomini di costruire una torre fino al cielo, egli stesso l’avrebbe eretta con una sua parola, come creò il cielo e la terra e tutte le cose visibili e invisibili”. È per questo che la sua lingua non fu cambiata, e da essa discendono gli Ebrei [questo passo non è nella Genesi]. Si divisero [gli altri uomini] in settantuno nazioni e si dispersero sulla terra; e ogni popolo assunse costumi particolari per istigazione del diavolo: sacrificarono agli alberi, alle fonti, ai fiumi e non riconoscevano Dio. Ora, da Adamo fino al diluvio sono 2242 anni e dal diluvio alla divisione delle lingue 529 anni. In seguito, il diavolo indusse gli uomini a più grandi errori ed essi si misero a costruire idoli, alcuni di legno, altri di bronzo, altri di marmo, d’oro o d’argento. Ed essi li adoravano e portavano dinanzi ad essi i loro figli e le loro figlie e li sacrificavano e tutta la terra fu profanata e Serug cominciò a creare gli idoli, e li creava in onore dei morti: imperatori passati, eroi, maghi, donne perverse. Questo Serug generò Terach e Terach generò tre figli Abramo, Nacor e Aran. Terach faceva idoli avendolo imparato da suo padre. Abramo, raggiunta all’età della ragione, guardò il cielo e vide il sole e la luna e le stelle, e disse: “In verità, colui che ha creato il cielo è Dio, e mio

144

Page 45: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

padre inganna gli uomini”. E Abramo disse: “Metterò a dura prova gli dèi di mio padre”, e disse: “Padre, perché inganno gli uomini fabbricando idoli di legno? È Dio che ha creato il cielo e la terra”. E Abramo prese del fuoco e bruciò gli idoli nel tempio. Vedendo ciò, Aran, fratello di Abramo, che venerava gli idoli, tentò di portarli fuori e là fu consumato dal fuoco e morì prima di suo padre. Fino ad allora nessun figlio era mai morto prima del padre, ma i padri morivano prima dei loro figli, e da allora presero a morire i figli prima dei loro padri. Abramo piacque a Dio, che gli disse: “Vàttene dalla casa di tuo padre verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”. E Abramo fece ciò che Dio gli aveva ordinato. E Abramo prese suo nipote Lot, poiché Lot era suo cognato e suo nipote, avendo Abramo preso in moglie Sara, la figlia di suo fratello Aran. E giunse nella terra di Canaan presso la Quercia, e Dio disse ad Abramo: “Alla tua discendenza io darò questo paese”. E Abramo si inchinò a Dio. Ora, Abramo aveva 75 anni quando lasciò Carran, e Sara era sterile ed era afflitta per la sterilità. Sara disse ad Abramo: “Unisciti alla mia schiava”. E Sara prese Agar e la diede a suo marito e quando Abramo si unì con Agar, ella concepì un figlio, che Abramo chiamò Ismaele. Abramo aveva 86 anni quando Ismaele nacque. In seguito Sara concepì e partorì un figlio e gli diede nome Isacco. E Dio ordinò ad Abramo di circoncidere il bambino ed egli lo circoncise l’ottavo giorno. E Dio amò Abramo e la sua stirpe e la proclamò gente sua, e li distinse dagli altri popoli, dicendoli popolo suo. E Isacco crebbe, e Abramo morì all’età di 175 anni e fu seppellito. Isacco aveva sessant’anni quando generò due figli, Esaù e Giacobbe. Esaù era cattivo e Giacobbe era giusto. Giacobbe servì sette anni suo zio per ottenere in isposa la sua figlia minore, ma Labano, suo zio, non gliela diede, dicendo: “Sposa la maggiore” e gli diede Lia, la maggiore. Per [avere] l’altra gli disse: “Servimi per altri sette anni”. Egli lavorò altri sette anni per ottenere Rachele, ed ebbe per mogli le due sorelle, dalle quali ebbe otto figli: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zàbulon, Giuseppe e Beniamino; e da due schiave ebbe Dan, Nèftali, Gad e Asser. È da loro che vengono gli Ebrei. [Qui comincia il racconto tratto dall’Esodo]«Giacobbe, all’età di 130 anni, partì per l’Egitto insieme alla sua discendenza che contava sessantacinque persone. Visse 17 anni in Egitto e morì, e la sua stirpe lavorò per quattrocento anni. Nel mentre, si rafforzarono gli Ebrei e si moltiplicarono, intanto che gli Egizi li opprimevano di fatiche. In quei tempi nacque fra gli Ebrei Mosè, e gli indovini maghi d’Egitto dissero al Faraone: “Ecco, è nato fra gli Ebrei un bambino che annienterà l’Egitto”. Subito il Faraone ordinò di gettare i neonati degli Ebrei nel fiume Nilo. La madre di Mosè, temendo l’uccisione del neonato, lo prese e lo mise in un canestro e lo portò via e lo lasciò sul prato presso la riva. Giunse allora la figlia del Faraone, Fermufi, per fare un bagno e vide il bambino che piangeva e lo prese, e lo salvò e gli diede nome Mosè e l’allevò. Il bambino era molto bello e quando ebbe quattro anni la figlia del Faraone lo portò al cospetto di suo padre. Il Faraone vide Mosè e prese ad

145

Page 46: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

amare il fanciullo. Mosè si aggrappò al collo del Faraone e gettò per terra la corona e la calpestò. Vedendo ciò, un indovino disse al Faraone: “Imperatore, fai uccidere questo bambino, perché, se non lo farai, perderai l’Egitto”. Ma il re non lo ascoltò, al contrario ordinò di non uccidere più i figli degli Ebrei [questo episodio non è nell’Esodo].«Quando Mosè fu adulto, acquisì importanza alla corte del Faraone e poiché sembrava un secondo imperatore, i bojari gli portavano invidia. Mosè, avendo ucciso un Egiziano che aveva oltraggiato un Ebreo, fuggì dall’Egitto e raggiunse la terra di Madian. Trovandosi nel deserto, egli apprese dall’angelo Gabriele della creazione del mondo, del primo uomo e di quelli che lo seguirono, e del diluvio e della confusione delle lingue, e di ognuno quanti anni era vissuto, e il movimento e il numero delle stelle, e le misura della terra e ogni conoscenza. Dopo gli apparve Dio in un roveto ardente e gli disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto, sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese. Io ti mando dal Faraone re d’Egitto, e digli: Fa’ uscire Israele, affinché per tre giorni facciano offerte a Dio. Se il Faraone degli Egizi non ti ascolta, lo fulminerò con tutti i miei prodigi”. Andò Mosè, ma il Faraone non gli prestò ascoltò. E Dio mandò al Faraone dieci piaghe: con la prima i fiumi furono tramutati in sangue, con la seconda le rane, con la terza le zanzare, con la quarta i mosconi, con la quinta la peste del bestiame, con la sesta la ulcere, con la settima la grandine; con l’ottava le cavallette; con la nona un’oscurità di tre giorni, con la decima la morte dei primogeniti. Così subirono dieci piaghe per aver affogato i figli degli Ebrei per dieci mesi. E quando venne la peste in Egitto, il Faraone disse a Mosè e a suo fratello Aronne: “Andatevene prima possibile”. Mosè radunò gli Israeliti e uscì dalla terra d’Egitto. E Dio lo guidò attraverso il deserto verso al Mar Rosso: li precedeva il giorno sotto forma di nuvola e la notte di colonna di fuoco. Il Faraone, apprendendo che il popolo fuggiva, lo inseguì e lo spinse contro il mare. Accortisi, gli Israeliti gridarono contro Mosè dicendo: “Perché hai voluto condurci alla morte?” E Mosè si rivolse a Dio, e Dio disse: “Perché mi invochi? Batti il mare con la verga”. Ciò fece Mosè e le acque si divisero in due, e i figli d’Israele entrarono nel mare. Vedendo ciò, il Faraone li inseguì. I figli d’Israele raggiunsero la terra ferma e come furono sulla riva, il mare si richiuse sopra il Faraone e il suo esercito. E il Signore salvò Israele. E, dal mare, camminarono tre giorni nel deserto, e giunsero e arrivarono a Mara, e qui l’acqua era amara e il popolo mormorò contro Dio. E il Signore mostrò loro un legno, e Mosè lo mise nell’acqua e l’acqua si addolcì. In seguito ancora brontolarono contro Mosè e Aronne, dicendo: “Stavamo meglio in Egitto, dove mangiavamo carne, cipolla e pane a volontà!”. E il Signore disse: “Ho sentito il lamento dei figli di Israele” e dette loro della manna da mangiare. Poi dette loro la legge sul Monte Sinai. Mentre Mosè era salito sul monte presso Dio, essi fusero una testa di vitello e la adoravano come fosse un dio. Di costoro, Mosè ne fece perire tremila. E in seguito mormorarono nuovamente contro Mosè e Aronne perché mancava l’acqua. E Dio disse a Mosè: “Batti la roccia con un bastone”. E colpendo la roccia con il bastone

146

Page 47: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

pensò: “E se l’acqua non sgorgasse dalla roccia?”. E Dio s’adirò contro Mosè, perché egli non aveva glorificato il Signore, e, a causa di ciò e dei mormorii del popolo, egli [Mosè] non entrò nella terra promessa, ma [Dio] lo condusse sul Monte Nebo e gli mostrò la terra promessa. E Mosè morì sul monte.«E Giosuè, figlio di Nun, prese il comando; entrò nella terra promessa, distrusse la stirpe di Canaan e al suo posto stabilì i figli di Israele [cfr. Gs 1-5]. Morto Giosuè, Giuda fu posto giudice in vece; e vi furono altri quattordici giudici [cfr. Gdc 1], sotto i cui ordini dimenticarono Dio che li aveva tratti dall’Egitto, e cominciarono ad adorare gli idoli. E Dio adirato li abbandonò ai predoni delle tribù straniere. Quando si pentirono, ebbe pietà di loro e, quando li ebbe liberati, ricominciarono a servire il maligno. Dopo questi, furono giudici il sacerdote Elia [cfr 1 Re 17-21] e poi il profeta Samuele [cfr. 1 Sam e 2 Sam]. E il popolo disse a Samuele: “Dacci un re!” e il Signore si adirò contro Israele e dette loro Saul come re. Ma Saul non volle camminare nella legge del Signore, e Dio scelse Davide e lo mise alla testa degli Israeliti. E Davide assecondò Dio e il Signore promise a Davide che dalla sua stirpe nascerà Dio. E per primo iniziò a profetizzare l’incarnazione divina, dicendo: “Dal seno dell’aurora ti ho generato” [Sal 110 (109),3]. Profetizzò per quarant’anni e poi morì.«Dopo di lui regnò e profetizzò suo figlio Salomone [cfr. 1 Re] che costruì il tempio al Signore e lo chiamò il Santo dei Santi. Era saggio, ma alla fine si smarrì. Morì dopo avere regnato quarant’anni. Dopo Salomone regnò suo figlio Roboamo. Sotto di lui, il regno dei Giudei si divise in due parti, l’una era Gerusalemme e l’altra la Samaria. In Samaria regnava Geroboamo, servo di Salomone, il quale costruì due vitelli d’oro, l’uno a Betel sul colle, l’altro a Dan, dicendo: “Ecco, Israele, il tuo dio” [1 Re 12,28]. E il popolo adorò dimenticando Dio. Così anche a Gerusalemme prese a dimenticare Dio e ad adorare Baal, cioè il dio della guerra, ossia Ares, e dimenticò il Dio dei loro padri. E Dio iniziò a mandare loro i profeti, e i profeti cominciarono a rimproverare loro l’empietà e l’idolatria. Ma essi, i denunciati, sterminarono i profeti. E Dio molto si adirò contro Israele e disse: “Li scaccerò dalla mia presenza [cfr. 2 Re 17] e io convocherò altre genti che mi ascolteranno. E se essi peccheranno, non ricorderò le loro iniquità” [cfr. Ger 31,34]. E si mise a inviare i profeti, dicendo: «Annunciate il rifiuto degli Ebrei e la chiamata di altri popoli”. Per primo iniziò a profetizzare Osea, dicendo: “Porrò fine al regno della casa d’Israele. [...] Spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreèl. [...] Non amerò più la casa d’Israele, non ne avrò più compassione” [Os 1,4-6] e ancora: “Andranno raminghi fra le nazioni” [Os 9,17].«Geremia disse: “Anche se Mosè e Samuele si presentassero [...] non avrò pietà di loro” [cfr. Ger 15,1]. E sempre Geremia disse ancora: Io giuro per il mio grande nome che mai più il mio nome sarà pronunciato in tutto il paese d’Egitto dalla bocca di un uomo di Giuda” [Ger 44,26]. Ezechiele disse: “Il Signore Dio dice così: disperderò ad ogni vento quel che resterà di te [...] poiché tu hai profanato il mio santuario con tutte le tue nefandezze [...] io

147

Page 48: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

raderò tutto [...] non avrò compassione” [Ger 5,10-11]. Malachia disse: “Così dice il Signore: “Non mi compiaccio di voi [...]. Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti. [...] Perciò anch’io vi ho reso spregevoli e abbietti davanti a tutto il popolo” [Ml 1,10-11; 2,9]. Il grande Isaia disse: “Così dice il Signore: Stenderò la mano su di te, purificherò nel crogiuolo le tue scorie, eliminerò da te tutto il piombo” [Is 1,25]. E ancora disse: “I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, e non i vostri sabato non posso sopportare” [Is 1,13-14]. Il profeta Amos disse: “Ascoltate queste parole, questo lamento che io pronunzio su di voi, o casa di Israele! È caduta, non si alzerà più” [Am 5,1-2]. E Malachia disse: “Così dice il Signore: Manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Anzi le ho già maledette, perché nessuno tra di voi se la prende a cuore” [Ml 2,2] E molti profetizzarono sul loro ripudio. E a questi profeti Dio ordinò di predicare sulla chiamata di altre nazioni al posto loro. E iniziò Isaia a chiamare, dicendo: “Poiché da me uscirà la legge, il mio diritto sarà luce dei popoli. La mia vittoria è vicina, si manifesterà come luce la mia salvezza; le mie braccia governeranno i popoli” [Is 51,4-5]. Geremia disse: “Così dice il Signore: Con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova [...] Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” [Ger 31,31-33]. Isaia disse: “I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannunzio; prima che spuntino, ve li faccio sentire”. Cantate al Signore un canto nuovo” [Is 42,9-10] e “Ma i miei servi saranno chiamati con un altro nome, che sarà benedetto su tutta la terra” [Is 65,15-16] e “Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli” [Is 56,7] Disse ancora Isaia: “Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio [Is 52,10]. Davide disse: “Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria” [Sal 117 (116),1]. Così Dio amando le nuove nazioni disse che sarebbe disceso fra loro di persona manifestandosi in sembianze umane e soffrire per il peccato di Adamo. Ed essi cominciarono a profetizzare l’incarnazione di Dio. Davide disse per primo: “Oracolo del Signore al mio Signore: “Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi” [Sal 110 (109),1]. E disse ancora: “Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” [Sal 2,7]. Isaia disse: “Non un inviato né un angelo, ma egli stesso li ha salvati” [Is 63,9]. E ancora: “Poiché un bambino è nato per noi [...] Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile [...] grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine” [Is 9,5-6]. E ancora: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” [Is 7,14]. Michea disse: “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele” [Mic 5,1-2]. Geremia disse: “Egli è il nostro Dio e

148

Page 49: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

nessun altro può essergli paragonato. Egli ha scrutato tutta la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo [...] Per questo è apparso sulla terra e ha vissuto fra gli uomini” [Bar 3,36-36]. E ancora: “È un uomo, e chi comprenderà che è Dio, se morirà come uomo”. Zaccaria disse: “Come al suo chiamare essi non vollero dare ascolto, così quand’essi grideranno, io non li ascolterò, dice il Signore” [Zc 7,13]. E Osea disse “Così dice il Signore: La mia carne verrà da loro”.«Essi predissero anche la sua passione. Isaia disse: “Guai alle loro anime, perché hanno concepito cattive intenzioni dicendo: Imprigioniamo il giusto”. E disse ancora: “Il Signore mi ha detto: Non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” [Is 50,5-6]. Geremia disse: “Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi” [Ger 11,19]. Mosè disse della sua crocifissione: “La tua vita ti sarà dinanzi come sospesa ad un filo” [Dt 28,66]. E Davide disse: “Perché cospirano i popoli?” [Sal 2,1]. Isaia disse: “Era come un agnello condotto al macello” [Is 53,7]. Esdra disse: “Sia benedetto Dio, stendendo le sue braccia salvò Gerusalemme”.E profetizzarono la sua resurrezione. Davide disse: “Sorgi, Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti” [Sal 82 (81),8]. E ancora: “Il Signore si destò come da un sonno” [Sal 78 (77),65]. E ancora: “Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano” [Sal 68 (67),2]. E di nuovo: “Sorgi, Signore, alza la tua mano” [Sal 11 (10),33]. Isaia disse: “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” [Is 9,1]. Zaccaria disse: “Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te, estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua” [Zc 9,11]. E molti profetizzarono su di lui e tutto si è compiuto».Vladimir disse allora: «In quale tempo ciò si è compiuto?» E: «Si è già verificato ciò? o deve ancora arrivare?». Egli rispose: «Tutto ciò si è compiuto quando Dio si è incarnato. Come già ho detto, quando i Giudei uccisero i profeti e i re, infransero la loro legge e Dio li consegnò alla schiavitù, e, a causa dei loro peccati, furono portati prigionieri in Assiria, dove lavorarono per settant’anni. In seguito tornarono nella loro terra e non avevano un re, ma dei sacerdoti che li governarono fino al regno di Erode lo straniero che li conquistò. Sotto il suo regno, nell’anno 5500, Gabriele fu inviato a Nazaret dalla vergine Maria, della stirpe di Davide, per dirle: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te” [Lc 1,28]. E da questa parola concepì nel suo grembo il Verbo di Dio e partorì un figlio che chiamò Gesù. Ed ecco vennero dei Magi dall’Oriente dicendo: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo” [Mt 2,2]. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro: “Dove doveva nascere il Messia?”. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea” [Mt 2,3-5]. Appreso ciò, Erode inviò messaggeri con l’ordine: “Uccidete tutti i bambini al di sotto dei due anni” [cfr. Mt 2,16]. Essi andarono e uccisero 14.000 bambini [numero inesistente nei Vangeli]. Maria

149

Page 50: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

si spaventò e nascose il figlio. Giuseppe e Maria, preso il bambino, fuggirono in Egitto e vi restarono fino alla morte di Erode. In Egitto, un angelo apparve a Giuseppe per dirgli: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele” [Mt 2,20]. Partì e si stabilì a Nazaret. Quando [Gesù] crebbe e all’età di trent’anni iniziò a compiere miracoli e ad annunciare il regno dei cieli. E scelse dodici uomini che chiamò suoi discepoli. E compiva grandi miracoli: resuscitava i morti, guariva i lebbrosi, risanava gli zoppi, dava la vista ai ciechi e faceva molti altri miracoli, come era stato predetto dai profeti: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” [Mt 8,17]. E fu battezzato da Giovanni nel fiume Giordano, mostrando agli uomini nuovi la rigenerazione. E appena battezzato, “si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” [Mt 3,16-17]. Egli inviò i suoi discepoli a predicare il regno dei cieli, e il pentimento in remissione dei peccati. E volendo compiere la profezia, si mise a predicare che il Figlio dell’Uomo deve soffrire ed essere crocifisso e risorgere il terzo giorno. Poiché predicava nel tempio, i sacerdoti e i sapienti, colmi d’invidia, vollero uccidere e, avendolo catturato, lo condussero dal governatore Pilato. Pilato, accortosi che era stato consegnato un innocente, volle liberarlo, ma essi gli dissero: “Se lo rilasci, non sei amico dell’imperatore”. Pilato allora ordinò che fosse crocifisso. Preso Gesù, lo condussero al luogo detto Golgota e lo crocifissero. E sulla terra si fece buio dalla sesta ora alla nona. All’ora nona, Gesù esalò lo spirito. Il velo del tempio si squarciò in due e molti morti risuscitarono, ai quali ordinò di entrare in paradiso. Si calò Gesù dalla croce, lo deposero nel sepolcro e la gente di Giuda lo sigillò con i sigilli e vi si misero le sentinelle per vigilare, dicendo: “Perché non vengano i suoi discepoli e lo rubino” [Mt 27,64]. Il terzo giorno risuscitò e, dopo essere risuscitato dai morti, apparve ai discepoli per dire loro: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo” [Mt 28,19]. E rimase con loro i quaranta giorni dopo la sua risurrezione. E quando i quaranta giorni furono trascorsi, ordinò loro di andare sul Monte degli Ulivi e qui apparve loro, li benedisse e disse: “Non allontanatevi da Gerusalemme, ma attendete che si adempia la promessa del Padre mio” [cfr. At 1,4]. E detto questo salì al cielo. Essi si prosternarono davanti a lui, e tornarono a Gerusalemme e restarono nel tempio. Quando cinquanta giorni furono trascorsi, discese lo Spirito Santo sugli Apostoli. Ricevuto il dono dello Spirito Santo, si dispersero sulla terra, istruendo e battezzando con l’acqua».Vladimir chiese: «Perché nacque da una donna, fu crocifisso sul legno e fu battezzato con l’acqua?». Gli rispose: «Ecco perché. In principio il genere umano peccò per colpa di una donna perché il diavolo ingannò Adamo tramite Eva, ed egli fu privato del paradiso, ma Dio si vendicò contro il demonio per mezzo di una donna, e qui fu la prima sconfitta del diavolo. Per colpa di una donna Adamo subì la cacciata dal paradiso, Dio si incarnò dunque attraverso una donna e ordinò ai credenti di entrare in paradiso. E

150

Page 51: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

fu crocifisso sul legno perché è mangiando dall’albero che Adamo perse la beatitudine del paradiso. Dio subì la passione sul legno affinché, per mezzo del legno, il demonio fosse sconfitto e, sempre attraverso il legno, i giusti acquistassero la vita eterna. Fu rigenerato con l’acqua, perché al tempo di Noé, quando i peccati degli uomini si moltiplicarono, Dio mandò il diluvio sulla terra e sommerse d’acqua gli uomini. Per questo, il Signore disse: “Poiché ho punito con l’acqua gli uomini, a causa dei loro peccati, ora purificherò dai peccati gli uomini con l’acqua, con l’acqua della rigenerazione”. Così anche la stirpe di Giuda si purificò nel mare dai cattivi costumi degli Egizi, perché l’acqua fu la prima cosa che fu creata. Infatti si disse che lo Spirito di Dio era sopra le acque, per questo ora si battezza con lo Spirito e con l’acqua. La prima trasfigurazione avvenne per mezzo dell’acqua, come diede prova per la prima volta Gedeone, quando un angelo gli ordinò di andare contro i Madianiti. Egli cercò la prova e disse a Dio: “Io metterò un vello di lana sull’aia: se c’è rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno resta asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano” [Gdc 6,37], e così fu. Egli compì la trasfigurazione, perché alle terre straniere prima toccava la siccità, mentre ai Giudei il vello; in seguito, agli stranieri pervenne la rugiada, cioè il battesimo, mentre ai Giudei la siccità. Anche i profeti predissero che la rigenerazione sarebbe venuta attraverso l’acqua. Gli Apostoli insegnarono per il mondo la fede in Dio, e noi Greci, abbiamo accolto il loro insegnamento. Dio ha fissato un giorno nel quale, disceso dal cielo, giudicherà i vivi e i morti e renderà a ciascuno secondo le sue azioni: ai giusti il regno del cielo e la bellezza ineffabile, gioia senza fine e la vita eterna, mentre ai peccatori i tormenti del fuoco, un verme inestinguibile e torture senza fine. Tali sono i tormenti che proveranno coloro che non credono nel Signore nostro Gesù Cristo: coloro che non si battezzeranno bruceranno nel fuoco».E, detto questo, mostrò [a Vladimir] una tavola sulla quale era raffigurato il Giudizio del Signore; e gli indicò a destra i giusti, che gioiosamente entravano in paradiso, e a sinistra i peccatori, che avanzavano nei tormenti.Vladimir sospirò e disse: «Felici coloro che sono a destra, e sventurati i peccatori di sinistra». Il filosofo disse: «Se tu vuoi stare alla destra assieme ai giusti, allora battezzati!». Vladimir, riflettendo su ciò nel suo cuore, disse: «Attenderò ancora un poco, perché voglio indagare tutte le credenze». E Vladimir, dopo avergli fatto molti doni, lo congedò con grandi onori.

XLI. Ambasciate nelle comunità di fedeli (987)Nell’anno 6495 [987], Vladimir chiamò i suoi bojari e gli anziani della città, e disse loro: «Ecco che i Bulgari vennero a me dicendo: “Accogli la nostra legge”. In seguito sono venuti i Nemc’y [stranieri, nell’accezione di cattolici] ed essi lodarono la loro legge. Dopo costoro vennero i Giudei. E infine vennero i Greci, che biasimarono tutte le altre leggi, ma lodarono la propria e parlarono a lungo raccontando la origini del mondo, e narravano con saggezza ed era per tutti un piacere ascoltarli. Dissero: “Colui che segue la nostra fede dopo morto resusciterà e non morirà nei secoli. Se, invece, si

151

Page 52: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

converte a un’altra fede, allora brucerà nel fuoco nell’aldilà. Qual è la vostra opinione? Cosa rispondete?». E i bojari e gli anziani dissero: «Tu sai, principe, che nessuno denigra, ma sempre loda le proprie cose. Se vuoi approfondire, gli uomini non ti mancano, mandali affinché verifichino di persona il culto di ognuno e come ciascuno onora Dio». E questo discorso piacque al principe, come a tutti i presenti. Scelsero uomini saggi e istruiti, in numero di dieci, e dissero loro: «Andate prima di tutto dai Bulgari e verificate la loro fede e il loro culto». Essi partirono e videro le loro azioni impure e l’inchinarsi nelle moschee e ritornarono nel loro paese. E Vladimir disse loro: «Andate ora dai Nemc’y e osservate attentamente e in seguito andate dai Greci».Essi andarono dunque presso i Nemc’y, e, dopo aver osservato la loro chiesa e il loro servizio divino, si recarono a Car’grad, e si presentarono all’imperatore. L’imperatore chiese loro la ragione del viaggio ed essi gli raccontarono tutto ciò che era accaduto. Apprendendo ciò, l’imperatore se ne rallegrò e in quel giorno tributò loro grandi onori. Il giorno dopo, mandò un messaggero dal patriarca per dirgli: «I Russi sono qui giunti per conoscere la nostra credenza; prepara dunque la chiesa e il clero e tu stesso indossa le vesti da vescovo, affinché vedano la gloria del nostro Dio». Allora il patriarca convocò immediatamente il clero e celebrarono l’ufficio solenne secondo l’uso e bruciarono incenso [o: accesero le candele] e i cori intonarono i canti. L’imperatore andò con i Russi in chiesa, e li pose in un posto centrale. E si mostrarono loro le bellezze della chiesa, i canti e il servizio dell’archiereo, il ministero dei diaconi, spiegando loro l’ufficio divino. Pieni di stupore, essi ammirarono e lodarono il loro servizio. Gli imperatori Basilio e Costantino li chiamarono e dissero: «Tornate nelle vostre terre», e li congedarono con grandi doni e con onori. Ritornarono nel loro paese e il principe convocò i bojari e gli anziani e Vladimir disse: «Ecco che gli uomini inviati sono ritornati, ascoltiamo ciò che hanno appreso». E a loro disse: «Raccontate davanti alla družina». Essi dissero: «Visitammo in primo luogo i Bulgari e vedemmo che si recavano nel loro tempio, cioè nella moschea, senza cintura; quindi dopo gli inchini, si sedettero, guardando da una parte all’altra come ossessi e non c’è gioia fra loro, ma solo tristezza e un lezzo insopportabile. La loro legge non è bella. E andammo presso i Nemc’y e li abbiamo visti celebrare il loro servizio nel tempio, ma non vedemmo alcuna bellezza. Infine, giunti dai Greci, fummo condotti nel luogo in cui celebrano il servizio al loro Dio. Non sapevamo se eravamo in cielo o in terra, perché, in verità, non c’è sulla terra un simile spettacolo, né tanta bellezza. Non siamo capaci di raccontarlo, ma sappiamo solamente che là Dio abita in mezzo agli uomini, e che il loro ufficio è superiore a quello degli altri paesi. Noi non dimenticheremo mai tanta bellezza, perché ogni uomo che ha gustato il dolce, poi non sopporta l’amaro. Allo stesso modo, noi non possiamo più vivere qui».I bojari presero la parola, e dissero: «Se la religione greca fosse stata cattiva, la nonna tua, Ol’ga, che era la più saggia fra tutti gli uomini, non l’avrebbe accettata». Rispondendo, Vladimir chiese: «Dove riceveremo il

152

Page 53: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

battesimo?». Essi risposero: «Dove ti piacerà».

XLII. Nozze di Vladimir ed esposizione della fede cristiana (988)Passato un anno, nell’anno 6496 [988], Vladimir marciò con il suo esercito contro Cherson, città dei Greci e i Chersonesi si asserragliarono in città. E Vladimir si accampò dall’altro lato della città, presso la foce, a un tiro di freccia dalla città. E gli abitanti combatterono strenuamente. Vladimir assediò la città e il popolo era tremato, e Vladimir disse agli abitanti: «Se non vi arrendete, resterò qui per tre anni, se occorre». Essi non lo ascoltarono. Vladimir allora schierò il suo esercito e ordinò di ammassare della terra presso le mura della città. Mentre lo facevano, i Chersonesi, avendo scavato un foro da sotto le mura di cinta, toglievano la terra accumulata e la portavano nel centro della città dove l’ammucchiavano. I soldati ammassavano e Vladimir continuava l’assedio. Ecco che un uomo di Cherson, di nome Anastas, lanciò una freccia [verso il campo di Vladimir] sulla quale aveva scritto: «Dietro a te, a Oriente, c’è una condotta che porta dal pozzo in città, scava e intercettala». Saputo ciò, Vladimir alzò gli occhi al cielo e disse: «Se ciò è vero, mi battezzerò!». E ordinò di scavare e intercettarono l’acqua e la deviarono, così il popolo estenuato dalla sete si arrese. Vladimir entrò in città con la sua družina. E Vladimir inviò [messaggeri] agli imperatori Basilio e Costantino, dicendo: «Ecco che ho conquistato la vostra gloriosa città; ho saputo che avete una sorella nubile e, se non me la concederete in sposa, farò della vostra città ciò che ho fatto a questa». Appreso ciò, gli imperatori s’afflissero e gli inviarono questa risposta: «Per noi cristiani, è sconveniente concederla a un pagano. Se ti battezzi, tu otterrai ciò che chiedi e anche il regno dei cieli, e avrai la stessa nostra fede, ma se tu non vuoi compiere ciò, noi non potremo darti nostra sorella in sposa». Ascoltato ciò, Vladimir disse ai delegati degli imperatori: «Riferite agli imperatori che io mi battezzerò perché, già prima di ora, ho verificato la vostra legge, e questa mi piace, come pure la vostra fede e i vostri riti, di cui ho saputo dagli uomini che vi avevo inviato». Gli imperatori si rallegrarono alla notizia e parlarono alla loro sorella, di nome Anna, e inviarono a Vladimir per dirgli: «Prima battezzati, poi ti manderemo nostra sorella». Vladimir rispose: «Venite con vostra sorella a battezzarmi». Gli imperatori acconsentirono e inviarono la loro sorella e alcuni alti prelati e sacerdoti. Ella si rifiutava di partire: «Non andrò dal pagano, meglio per me morire qui». I suoi fratelli le dissero «È forse grazie a te che Dio porterà la Rus’ al pentimento, e tu salverai l’impero greco da una guerra crudele: quanto male hanno già arrecato i Russi ai Greci! Se tu non partirai, ne faranno ancora», e a fatica la convinsero. Ella montò dunque su una nave, abbracciò i parenti piangendo, e partì per mare. Quando ella arrivò a Cherson, i Chersonesi uscirono per renderle omaggio, la scortarono fino in città e la condussero al palazzo. Per volontà di Dio, Vladimir in quel momento s’ammalò agli occhi, e non vedendo nulla era molto inquieto e non sapeva cosa fare. E la principessa gli mandò a dire: «Se tu vuoi guarire da questo male, fatti battezzare il più presto possibile, altrimenti non te ne

153

Page 54: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

libererai». Vladimir, sentendo ciò, disse: «Se ciò si compirà, in verità grande è il Dio dei cristiani» e si fece battezzare. Il vescovo di Cherson, dopo aver annunciato la buona novella al popolo, lo battezzò con l’aiuto dei sacerdoti della principessa. E come impose le mani su di lui questi riacquistò subito la vista. Vladimir, sorpreso dell’immediata guarigione, rese gloria a Dio dicendo: «Solo ora conosco il vero Dio!». Veduto ciò, molti della sua družina si fecero battezzare. Egli fu battezzato nella chiesa di San Basilio, e questa chiesa si trova ancora a Cherson, nel centro della città, laddove i Chersonesi tengono il loro mercato. Anche il palazzo di Vladimir esiste tuttora presso la chiesa, e il palazzo della principessa è dietro all’abside. Dopo il battesimo, Vladimir sposò la principessa. Alcune persone male informate dicono che egli fu battezzato a Kiev, altri a Vasil’ev, altri ancora dicono altrove.Quando dunque Vladimir fu battezzato a Cherson, i sacerdoti gli esposero la fede cristiana, parlando così: «Non ti lasciar sedurre dagli eretici, ma credi nel dire: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra” e fino alla fine di questo Credo. E di seguito: “Credo in un solo Dio Padre non generato e nel Figlio unigenito, che è stato generato, e nello Spirito Santo, che procede: tre entità compiute, pensanti, distinte per numero ed essenza, ma non per divinità, perché essa si separa senza dividersi e si unisce senza confondersi. Il Dio Padre non generato è sempre, nella sua paternità senza inizio, principio e causa di ogni cosa, più anziano del Figlio e dello Spirito perché egli non è stato generato. Da lui fu generato il Figlio prima di tutti i secoli. Da lui procede lo Spirito Santo senza tempo e senza corpo. Esso è nell’insieme Padre, Figlio e Spirito. Il Figlio è consustanziale, senza principio come il Padre, e si distingue dal Padre e dallo Spirito Santo soltanto perché è stato generato. Lo Spirito è lo Spirito Altissimo, simile e consustanziale al Padre e al Figlio, ed esiste sempre. Il Padre ha la paternità, il Figlio ha la figliolanza, lo Spirito la processione, perché né il Padre trapassa nel Figlio o nello Spirito, né il Figlio nel Padre o nello Spirito, né lo Spirito nel Padre o nel Figlio, le loro proprietà sono immutabili. Non ci sono tre divinità, ma un solo Dio perché Dio è uno in tre persone. Il Figlio uscì, per volontà del Padre e dello Spirito, per la salvezza della creatura, dal seno del Padre senza tuttavia lasciarlo, per scendere, come seme divino, nel purissimo grembo di una vergine; egli ricevette in seguito un corpo animato di vita, dotato di parola e di ragione, e diventò il Dio incarnato, nato meravigliosamente senza che l’integra verginità di sua madre ne soffrisse. Egli non subì né turbamenti, né alterazioni, né trasformazioni, ma restò ciò che era, diventando ciò che non era, assumendo l’aspetto reale e non apparente di un servo, simile a noi in tutto, eccetto per il peccato, poiché per sua volontà nacque, per sua volontà soffrì la fame, per sua volontà ebbe sete, per sua volontà soffrì, per sua volontà ebbe timore, per sua volontà morì realmente e non apparentemente. Tutte le sue sofferenze furono reali, senza finzione alcuna. Si lasciò crocifiggere, patì la morte sebbene innocente, resuscitato nella propria carne, salì nei cieli senza che la sua carne conoscesse corruzione, si assise alla destra del

154

Page 55: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Padre, e nuovamente verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti: come egli salì nel suo proprio corpo, così tornerà. Per questo, riconosci un solo battesimo con l’acqua e con lo Spirito Santo, accostati ai santi misteri [sacramenti], credi nel vero corpo ed nel vero sangue, accetta le tradizioni della Chiesa e onora le sante immagini. Adora il venerabile legno della Croce e tutte le croci e le sante reliquie e i sacri calici. Rispetta anche i sette concili dei santi padri, il primo dei quali ebbe luogo a Nicea, era composto da trecentodiciotto padri che maledissero Ario e proclamarono la fede pura e giusta. Il secondo si tenne a Car’grad, era composto da centocinquanta padri che maledissero la Macedonia, che negava la divinità dello Spirito Santo, e proclamarono la consustanzialità della Trinità. Il terzo ebbe luogo a Efeso, era composto da duecento padri che dettero l’anatema a Nestorio e proclamarono la santità della Deipara. Il quarto concilio ebbe luogo a Calcedonia, era composto da seicentotrenta padri che maledissero Eutiche e Dioscuro e proclamarono vero Dio e vero uomo Nostro Signore Gesù Cristo. Il quinto concilio fu a Car’grad, era composto da centosessantacinque padri che dettero l’anatema a Origene ed Evagrio. Il sesto concilio ebbe luogo a Car’grad, era composto da centosettanta padri che maledissero Sergio e Ciro. Il settimo concilio si tenne a Nicea, dove trecentocinquanta Padri maledissero coloro che non onorano le icone. «Non ricevere l’insegnamento dei Latini, la loro fede è corrotta, perché essi entrano in chiesa e non si prosternano davanti alle immagini, ma restano in piedi o si inchinano e, chini, tracciano una croce per terra e la baciano, ma poi, alzatisi diritti, la calpestano con i piedi. Ma gli Apostoli non hanno insegnato questa tradizione; gli Apostoli hanno insegnato a baciare la croce, verticale, e onorare le immagini, perché Luca, l’evangelista, dipinse la prima icona e la inviò a Roma, e, come disse Basilio, l’immagine risale al prototipo originale. Inoltre, essi chiamano la terra “madre”, ma, se la terra è la loro madre, allora il cielo è loro padre, poiché in principio Dio creò il cielo e la terra. Perché dicono “Padre nostro che sei nei cieli”? Se dunque nella loro convinzione la terra è la madre, perché sputano sulla loro madre? Prima la baciano, poi la profanano. All’inizio, i Romani non facevano così, ma presenziavano a tutti i concili dove si riunivano, giungendo da Roma e da tutte le sedi vescovili. Così al primo concilio, quello contro Ario in Nicea, papa Silvestro inviò da Roma vescovi e sacerdoti, Atanasio ne inviò da Alessandria, Mitrofane da Car’grad e così corressero la fede. Al secondo concilio, [presenziarono] Damaso da Roma, Timoteo da Alessandria, Melezio da Antiochia, Cirillo da Gerusalemme e Gregorio il Teologo [da Car’grad]. Al terzo concilio vennero Celestino da Roma, Cirillo da Alessandria, Giovenale da Gerusalemme; al quarto Leone da Roma, Anatolio da Car’grad, Giovenale da Gerusalemme; al quinto Vigilio da Roma, Eutiche da Car’grad, Apollinare da Alessandria, Domnino da Antiochia. Al sesto concilio vennero Agatone da Roma, Giorgio da Car’grad, Teofane da Antiochia, Pietro monaco da Alessandria; al settimo concilio Adriano da Roma, Tarazio da Car’grad, Poliziano da Alessandria, Teodoro da Antiochia, Elia da Gerusalemme. Tutti questi prelati si riunirono con i loro vescovi e riaffermarono la fede. Dopo il

155

Page 56: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

settimo concilio, Pietro il Balbuziente andò con altri a Roma e s’impossessò del seggio di Roma, e corruppe la fede e si staccò dalle sedi [patriarcali] di Gerusalemme, Alessandria, Car’grad e Antiochia. Essi confusero l’Italia tutta, spargendo la propria diversa dottrina. Essi non professano una sola confessione di fede, ma molte, poiché, fra i loro sacerdoti, gli uni officiano congiunti a una sola moglie, altri ufficiano avendo sette mogli e molti altri si comportano diversamente. Guàrdati dalla loro dottrina, essi assolvono dai peccati per denaro e non c’è nulla di peggio. Dio ti preservi da ciò!».

XLIII. Battesimo del popolo russo (988)In seguito, Vladimir prese l’imperatrice Anna, il vescovo Anastasio e i sacerdoti di Cherson, con le reliquie di san Clemente e di Teba, suo discepolo, e prese anche i vasi sacri [è cosiddetto l’insieme di calice, diskos, asterisco, lancia e labida] e le icone per il culto. Fece costruire a Cherson una chiesa [di San Giovanni Battista] su un’altura al centro della città, formata dall’accumulo della terra che avevano sottratto dall’ammassamento [durante l’assedio], e quella chiesa esiste ancora oggi. Prese anche due idoli di bronzo e quattro cavalli di bronzo, che stanno ancora oggi dietro la [chiesa di] Santa Madre di Dio e che gli ignoranti credono fatti di marmo. Quale dono nuziale all’imperatrice, riconsegnò Cherson ai Greci e ritornò a Kiev.Appena giunto, ordinò di abbattere le immagini dei falsi dèi, che furono gli uni fatti in pezzi con l’accetta, gli altri gettati nel fuoco. Ordinò poi di attaccare [la statua di] Perun alla coda di un cavallo e di trascinarlo giù dalla collina lungo la via di Boričev fino al fiume Ručja, e comandò a dodici uomini di percuoterlo con le verghe. Non fece agire in tal modo perché ritenesse che il legno fosse sensibile, ma per fare oltraggio al demonio che, sotto questa forma, aveva ingannato gli uomini e, dagli uomini, ricevesse il castigo. «Grande è il Signore [...] e la sua grandezza non si può misurare» [Sal 145 (144),3]. Ieri era onorato dagli uomini, oggi è invece insultato. Mentre lo [Perun] trascinavano lungo il Ručja verso il Dnepr, gli infedeli piangevano per lui, giacché essi non avevano ricevuto il santo battesimo. Dopo averlo trascinato, lo gettarono nel Dnepr. E Vladimir ordinò: «Se esso si dovesse fermare da qualche parte, respingetelo dalla riva fino a quando avrà superato le rapide, solo allora potrete abbandonarlo». Essi fecero quanto ordinato. E abbandonato, una volta oltrepassate le rapide, il vento lo arenò su un basso fondale che da allora fu chiamato il Fondale di Perun, nome che porta ancora oggi. In seguito, Vladimir mandò un avviso per tutta la città: «Domani, chiunque, ricco o povero, mendicante o artigiano, non verrà sulla riva del fiume, sarà mio nemico!». Gli abitanti, udito ciò, si affrettarono [o: andarono con gioia], dicendo: «Se il battesimo non fosse stato una buona cosa, il principe e i bojari non l’avrebbero accettato». Il giorno dopo Vladimir andò sulla riva del Dnepr accompagnato dai sacerdoti della principessa e da quelli di Cherson, e un popolo innumerevole li accolse. Ed entrarono nell’acqua: alcuni erano immersi fino al collo, altri fino al petto, i più giovani erano sulla riva, altri tenevano i bambini, gli adulti si

156

Page 57: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

avvicendavano e i sacerdoti, ritti, recitavano le preghiere. Ed era una gioia, in cielo e in terra, vedere la salvazione di tante anime. Intanto il demone gemendo diceva: «Disgrazia a me, eccomi cacciato. Speravo di stabilire qui la mia dimora perché gli apostoli non vi avevano insegnato, né conoscevano Dio, ed ero io a godere del culto che mi offrivano; ed eccomi vinto da un ignorante, non dagli apostoli o dagli martiri, e non regnerò più in queste terre». Battezzato, il popolo se ne tornò nelle proprie case. Vladimir si rallegrò di aver conosciuto Dio, lui e il suo popolo, alzò gli occhi al cielo e disse: «Dio, creatore del cielo e della terra, volgi lo sguardo su questo popolo nuovo, e permettigli di riconoscerti come il vero Dio, così come ti hanno conosciuti i paesi cristiani. Fortifica in loro la vera fede, rendila incrollabile, e aiutami, o Signore, contro il nemico [il diavolo], in modo che, confidando in te e nel tuo potere, possa trionfare sui suoi inganni». Detto ciò, ordinò di costruire una chiesa nello stesso luogo ove si trovavano gli idoli. E costruì la chiesa di San Basilio sul colle dove prima si ergevano gli idoli di Perun e degli altri dèi, e dove prima il principe e il popolo facevano sacrifici. E cominciò a disseminare di chiese e di sacerdoti le città e a indurre a farsi battezzare tutti gli abitanti delle città e dei villaggi, poi mandò a cercare i figli delle famiglie più illustri e li fece istruire sui libri; le loro madri piangevano per essi, perché non erano ancora rinforzate nella fede, perciò li piangevano come morti. Ma, quando essi furono messi a studiare i libri, si compì in Russia la profezia che dice: «Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro e la lingua dei balbuzienti si scioglierà» [Is 29,18 e cfr. Is 33,19]. Perché questo popolo all’inizio non conosceva le parole dello Spirito Santo [o: la parola scritta] così Dio per suo volere e per la sua pietà, fece la grazia, come disse il profeta: «Farò grazia a chi vorrò far grazia» [Es 33,19]. Ma «ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo» [Tt 3,5]. Benedetto sia il Signore Gesù Cristo che si affezionò agli uomini nuovi e illuminò con il santo battesimo la terra russa. Per questo ci prosterniamo a lui, dicendo: Signore Gesù, cosa possiamo offrirti per tutto ciò che hai dato a noi, noi peccatori? Non sappiamo con quali offerte ricambiare i tuoi doni. «Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Da generazione all’altra elogeremo le tue opere» [cfr. Sal 145 (144),3-4]. E diciamo con Davide: «Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo il Signore nostro Salvatore. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia» [Cfr. Sal 95,1-2] e «Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia [...] ci ha liberati dai nostri nemici» [Sal 136 (135),1 e 24], ossia dagli idoli pagani. E ancora con Davide: «Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. Grande è il Signore e degno di ogni lode [...] la sua grandezza non si può misurare» [Sal 96 (95),1-4; Sal 145 (144),3]. Disse il Signore: «C’è gioia davanti agli

157

Page 58: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» e qui, non uno, non due si salvarono, ma una moltitudine innumerevole è ritornata al Signore, illuminata dal santo battesimo. Come disse il profeta: «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli » [Ez 36,25]. Un altro profeta disse: «Qual dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato [...] ma si compiace d’usar misericordia? Egli tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati» [Mic 7,18-19]. San Paolo disse: «Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte [...] perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» [Rm 6,3-4]. E altrove: «Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» [1 Cor 5,17]. «La nostra salvezza è più vicina ora [...] La notte è avanzata, il giorno è vicino» [Rm 13,11-12]. Grazie alla fede del nostro principe Vladimir, «abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo» [Rm 5,2]. «Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione» [Rm 6,22]. Per questo siamo obbligati a servire il Signore, gioendo in lui. Disse Davide: «Servite Dio con timore e con tremore esultate» [Sal 2,11]. Intoniamo inni al Signore nostro Dio, dicendo «Sia benedetto il Signore, che non ci ha lasciati, in preda ai loro denti [...] il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» [Sal 124 (123),6-7] dagli inganni del diavolo. «E si dissolse il ricordo di lui con frastuono. Il Signore però vivrà in eterno» [cfr. Sal 9] presso i figli della Rus’ che celebrano la Trinità, mentre i demoni saranno maledetti dagli uomini fedeli e dalle donne pie, che hanno ricevuto il battesimo e la penitenza per la remissione dei peccati: genti cristiane nuove, prescelte da Dio.Vladimir fu illuminato [battezzato], lui, i suoi figli e anche il popolo russo. Egli aveva dodici figli Vyšeslav, Izjaslav, Svjatopolk, Jaroslav, Vsevolod, Svjatoslav, Mstislav, Boris, Gleb, Stanislav, Pozvizd, Sudislav. Egli stabilì Vyšeslav a Novgorod, Izjaslav a Polock, Svjatopolk a Turov e Jaroslav a Rostov. Quando il maggiore Vyšeslav morì, stabilì Jaroslav a Novgorod, Boris a Rostov, Gleb a Murom; Svjatoslav presso i Drevljani; Vsevolod a Vladimir; Mstislav a Tmutorokan’, e quindi disse: «Non è bene che ci siano così poche città attorno a Kiev» e fondò delle città lungo la Desna e l’Oster, lungo il Trubež e la Sula e la Stugna. E si mise a radunare uomini valorosi tra gli Slavi, i Kriviči, i Čudi, i Vjatiči e con loro popolò queste città.Egli ebbe la guerra con i Peceneghi, e combatté contro di loro e li vinse.

XLIV. Fondazione di Belgorod (991) e guerra contro i Peceneghi (993)Anni 6497-6498 [989-990]Nell’anno 6499 [991], dopo ciò, Vladimir viveva secondo la legge cristiana. Per realizzare il progetto di edificare una chiesa di pietra alla Santa Madre di Dio, mandò a cercare dei maestri in Grecia. Così cominciò la costruzione. Quando la chiesa fu completata, la ornò di icone e l’affidò ad Anastasio di

158

Page 59: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Cherson e, per celebrarvi gli uffici, designò i sacerdoti di Cherson e donò tutto ciò che aveva portato da Cherson: icone, vasi sacri, croci.Nell’anno 6500 [992]. Vladimir fondò la città di Belgorod e raccolse in essa gente da tutte le città e vi mandò un gran numero di persone, perché amava questa città. Nel 6501 [993], Vladimir marciò contro i Chorutani [Croati] e, quando ritornò dalla guerra contro i Croati, i Peceneghi arrivarono dall’altra sponda della Sula. Vladimir marciò contro essi, e li avvistò sul fiume Trubež, dov’è oggi la città di Perejaslavl’. Vladimir stette su questa riva e i Peceneghi sull’altra, e né gli uni, né gli altri osavano attraversare il fiume. E venne il principe dei Peceneghi sul fiume, chiamò Vladimir e gli disse: «Manda uno dei tuoi uomini e io manderò uno dei miei, perché combattano tra loro. Se sarà il tuo a risultare vincitore, non faremo la guerra per tre anni; se, viceversa, sarà il mio a vincere, allora faremo la guerra per tre anni». E ritornarono ciascuno dalla propria parte. Vladimir, rientrato al campo, mandò degli araldi per l’accampamento per dire: «Non c’è un uomo che voglia battersi con un pecenego?». E non se ne trovò uno da nessuna parte. L’indomani i Peceneghi vennero e condussero il loro uomo, mentre nessuno dei nostri si presentò. Vladimir cominciò ad affliggersi e inviò ancora gli araldi. E un anziano si presentò al principe e gli disse: «Principe, ho mio figlio minore a casa, perché sono qui venuto con gli altri quattro, mentre lui è restato a casa. Nessuno, dall’infanzia, l’ha mai potuto vincere. Un giorno lo rimproverai mentre conciava una pelle e, infuriato con me, con le sue mani stracciò il cuoio in pezzi». Il principe, sentendo ciò, si rallegrò e inviò immediatamente a cercarlo e lo condussero al principe e il principe gli raccontò tutto. Egli rispose: «Principe, non so se io potrò misurarmi con lui; mettimi alla prova: c’è qui un toro grande e forte?». E quando si trovò un toro grosso e possente, egli ordinò di aizzarlo con ferri arroventati e liberarlo. Il toro s’avventò contro il giovane ed egli lo afferrò per un fianco e gli strappò pelle e carne, per quanto poteva contenere la sua mano. E Vladimir gli disse: «Puoi combattere con lui». E il giorno dopo vennero i Peceneghi e si misero a gridare «Non avete ancora l’uomo? Ecco, il nostro è pronto». Vladimir ordinò ai suoi di prepararsi al combattimento per quella notte e entrambi si ritirarono. I Peceneghi presentarono il loro uomo, che era straordinariamente enorme e terribile, e Vladimir presentò il suo. L’uomo dei Peceneghi, visto l’aspetto dell’altro, scoppiò a ridere, perché era di piccola corporatura. Si misurarono le distanze fra i due eserciti e i due furono lasciati l’un contro l’altro. E s’avvinghiarono e si stringevano con forza e con la mano [il russo] afferrò il pecenego per il petto soffocandolo a morte [o: lo strangolò] e lo sbatté in terra. Ed esultarono [i Russi], mentre i Peceneghi fuggirono. I Russi li inseguirono massacrandoli. Vladimir si rallegrò e su quel guado costruì una città che chiamò Perejaslavl’, perché il giovane aveva acquistato la gloria. Vladimir rese uomini grandi lui e suo padre. Vladimir ritornò a Kiev vittorioso e con grande gloria.

XLV. Liberalità di Vladimir

159

Page 60: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Anni 6502, 6503 [994-995].Nell’anno 6504 [996], Vladimir vedendo la chiesa [della Decima] completata, entrò e pregò Dio dicendo: «Signore Dio, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, e proteggi quello che la tua destra ha piantato [Sal 80, 15-16], perché queste nuove genti, delle quali hai illuminato il cuore, ti riconoscono come il vero Dio. Guarda queste chiesa che ho costruito io, indegno tuo servo, invocando colei che ti partorì, madre e semprevergine Deipara. Ascolta la preghiera di colui che prega in questa chiesa e rimetti tutti i suoi peccati per intercessione della santissima Madre di Dio». E dopo aver pregato, parlò così: «Ecco, io dono a questa chiesa della Santa Madre di Dio la decima parte dei miei averi e della mia città». E presto giuramento, mettendolo per iscritto, in questa chiesa, dicendo: «Chiunque infranga tale disposizione, che sia maledetto». E dette la decima ad Anastasio di Cherson, e offrì quel giorno una grande festa per i suoi bojari e gli anziani della città, e distribuì molti doni ai poveri.In seguito, i Peceneghi vennero verso Vasil’ev e Vladimir uscì contro di loro con una piccola družina, e si scontrarono. Ma Vladimir, non potendo tener loro testa, fuggì e si nascose sotto il ponte e a gran pena si nascose ai nemici. Allora Vladimir promise di costruire a Vasil’ev una chiesa alla Trasfigurazione del Signore, perché proprio quel giorno, in cui accadde lo scontro, cadeva la festa della Trasfigurazione del Signore. Sfuggito, Vladimir eresse la chiesa e celebrò una grande festa per la quale fece rimestare trecento barili di idromele. E convocò i bojari, i governatori e gli anziani di tutte le città e gente in quantità e distribuì ai poveri trecento grivny. La festa durò otto giorni e poi il principe ritornò a Kiev nel giorno della Dormizione della Santa Madre di Dio, e qui di nuovo celebrò una festa alla quale invitò una folla innumerevole. Vedendo che il suo popolo, che era cristiano, si rallegrava nel corpo e nell’anima, d’allora in poi ripeté questa festa ogni anno. Era anche amante delle parole della Scrittura. Udì un giorno leggere nel Vangelo: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» [Mt 5,7], e altrove: «Vendi quello che possiedi, dallo ai poveri» [Mt 19,21], e ancora: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano» [Mt 6,19-20], e Davide che disse: «Felice l’uomo pietoso che dà in prestito» [Sal 112 (111),5]. Sentì anche Salomone che disse: «Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore» [Prv 19,17]. Ascoltando tutto ciò, [Vladimir] ordinò che tutti i poveri e i miserabili si recassero al palazzo del principe per prendere quanto avevano bisogno per bere e per mangiare e dei denari [o: delle pellicce di martora] dal tesoro. Fece anche questo: dopo avere detto che «i malati e i sofferenti non possono venire fino al mio palazzo», ordinò di approntare un carro e di caricarlo di pane, carne, pesce e frutta varia, idromele in barili e kvas [bevande fermentate] entro altri barili, poi lo mandò per la città e interrogare: «Dove sono malati e indigenti che non possono camminare?». E a costoro si distribuì secondo il bisogno. E un’altra cosa fece: stabilì che

160

Page 61: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

tutte le domeniche nella sala conviviale del palazzo venisse offerto un banchetto, al quale avrebbero partecipato i bojari, la guardia del principe, i centurioni, i decurioni e gli uomini più illustri, sia che il principe fosse presente o assente. E a queste feste c’era molta carne di bestiame e selvaggina; c’era tutto in abbondanza. Ma un giorno che essi erano un po’ alticci presero a mormorare contro il principe, dicendo: «Ci sono guai in vista per le nostre teste, perché ci fa mangiare con i cucchiai di legno e non d’argento». Udite queste parole, Vladimir ordinò di forgiare per la družina dei cucchiai d’argento dicendo «Con l’oro e l’argento io non troverò una družina, ma con la družina troverò oro e argento, come trovarono oro e argento mio nonno e mio padre», perché Vladimir amava la družina, si consigliava con essa sull’amministrazione del Paese, sulle guerre e sulle istituzioni dello Stato.E viveva in pace con i principi e i sovrani confinanti, con Boleslav il Ljaco, con Stefano di Ugria [o il Magiaro] e con Olderico il Ceco, e vi erano tra loro pace e amicizia.Vladimir viveva nel timore di Dio, cresceva però il brigantaggio e i vescovi dissero a Vladimir: «Ecco, il numero dei briganti aumenta, perché non li punisci?». Egli rispose: «Temo di peccare». Essi gli replicarono: «Tu sei stato posto da Dio per punire i malvagi e graziare i buoni; quindi è tuo compito indagare sul crimine e poi punire il brigante». Vladimir eliminò la vira [pena pecuniaria comminata per assassinio] e si mise a punire i briganti. E i vescovi e gli anziani dissero: «Molte sono le nostre guerre, se fosse mantenuta la vira la si utilizzerebbe solo per le armi e i cavalli. Rispose Vladimir: «Così sia». E visse nel rispetto delle prescrizioni di suo nonno e di suo padre.

XLVI. Assedio pecenego di Belgorod (997)Nell’anno 6505 [997], Vladimir partì per Novgorod per arruolare dei bravi guerrieri contro i Peceneghi, perché la guerra in atto durava senza tregua, Ma i Peceneghi, saputo che il principe era assente, vennero e assediarono la città di Belgorod. E, impedendo l’uscita della città, la mancanza di viveri entro la città fu piuttosto grande. Vladimir era impossibilitato a soccorrerli perché non aveva esercito e i Peceneghi erano molto numerosi. E continuava l’assedio della città e la fame era terribile. E in città convocarono il veče [assemblea cittadina] e dissero: «Ecco, moriamo di fame perché il principe non porta soccorso. È forse meglio morire o arrenderci ai Peceneghi? Alcuni saranno uccisi, ma altri vivranno, mentre ora moriamo tutti di fame». E così decisero in consiglio. Un vecchio che non aveva presenziato al veče chiese: «Perché s’è riunito il veče?». E gli raccontarono che la popolazione si sarebbe arresa l’indomani ai Peceneghi. Udendo ciò, egli mandò a dire agli anziani della città: «Ho appreso che voi volete arrendervi ai Peceneghi». Essi risposero: «Il popolo non può più sopportare la fame». Disse loro: «Ascoltatemi, rimandate la decisione di tre giorni e fate ciò che vi dirò». Essi furono contenti e si impegnarono a ubbidirgli. Egli disse loro: «Prendete ciascuno un pugno di avena o di frumento o di

161

Page 62: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

semola». Andarono con gioia a raccogliere. E ordinò alle donne di preparare la soluzione di farina in cui far bollire il kisel’ [bevanda a base di cereali] e dispose di scavare un pozzo dove mettere la tinozza in cui fu versato il liquido. Poi ordinò di scavare un altro pozzo e sistemarvi dentro un’altra tinozza e ordinò di cercare del miele. E gli si portò una misura del miele che si conservava nella riserva del principe. Lo fece diluire molto nell’acqua e lo fece versare nella tinozza dell’altro pozzo. L’indomani, mandò cittadini dai Peceneghi che dissero loro: «Prendete tra noi degli ostaggi, intanto che voi, non più di dieci uomini, andrete in città per vedere quello che sta là accadendo». I Peceneghi si rallegrarono pensando che essi volessero arrendersi, presero gli ostaggi fra quegli e scelsero gli uomini migliori delle loro truppe e li inviarono in città per vedere cosa vi si stesse facendo. E giunsero in città e gli abitanti dissero loro: «Perché vi volete rovinare? Non riuscirete mai a vincerci! La terra stessa ci fornisce nutrimento e se non ci credete guardate con i vostri occhi». Ed li condussero ai pozzi dove c’era la soluzione di farina e attinsero un secchio e versarono nelle pentole, e dopo aver cotto il kisel’, li portarono con loro all’altro pozzo e attinsero dell’idromele e si misero a mangiare, prima da soli e poi anche i Peceneghi. Ed essi si stupirono e dissero «I nostri principi mai lo crederanno se non assaggeranno di persona». Allora i cittadini riempirono un recipiente di kisel’ e uno di idromele e li consegnarono ai Peceneghi. Ritornati, raccontarono tutto l’accaduto. I principi dei Peceneghi fecero cuocere e mangiarono e si stupirono. E ripresisi i propri ostaggi, mentre liberavamo quelli degli altri, tolsero l’assedio alla città e tornarono nella propria [città].

XLVII. Morte di Vladimir e omicidio di Boris e Gleb (1015)Anni 6506, 6507 [998-999]. Nell’anno 6508 [1000], morì Malfred [persona non identificata, ma forse è Malfrida, un’amante di Vladimir]. In quell’anno morì Rogneda, la madre di Jaroslav.Nell’anno 6509 [1001], morì Izjaslav, padre di Brjačislav, figlio di Vladimir.Anno 6510 [1002].Nell’anno 6511 [1003], morì Vseslav, figlio di Izjaslavl’ e nipote di Vladimir.Anni 6512, 6513, 6514 [1004-1006].Nell’anno 6515 [1007], dei resti di costoro [non identificati] furono traslati nella chiesa della Santa Madre di Dio.Anni 6516, 6517, 6518 [1008-1010].Nell’anno 6519 [1011], morì Anna, l’imperatrice sposa di Vladimir.Anni 6520, 6521 [1012-1013].Nell’anno 6522 [1014], Jaroslav, governatore di Novgorod, versava a Kiev un tributo annuale di duemila grivny, e distribuiva altre mille grivny alla scorta del principe nella città di Novgorod. Così pagavano tutti i governatori di Novgorod, ma Jaroslav smise di pagare il tributo a Kiev. E Vladimir disse: «Sgombrate le strade e rafforzate i ponti», perché voleva muovere contro suo figlio Jaroslav, ma cadde ammalato.Nell’anno 6523 [1015], quando Vladimir si stava preparando per marciare

162

Page 63: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

contro Jaroslav, questi mandò a chiamare al di là del mare dei Varjaghi per timore di suo padre. Ma Dio non dette al diavolo questa gioia [ossia vedere il figlio armato contro il padre]. Nel tempo in cui Vladimir era malato, aveva accanto Boris. Marciando i Peceneghi verso la Rus’, egli inviò Boris contro di loro, poiché egli era in grave salute e di quella malattia egli morì il giorno 15 del mese di luglio. Spirò a Berestovo, e lo nascosero, perché Svjatopolk era a Kiev. Di notte si aprì un varco nell’andito, lo avvolsero in un tappeto e lo calarono con delle funi [il palazzo era evidentemente su palafitte o comunque sopraelevato] e, deposto sulla slitta, lo trasportarono e lo misero nella chiesa della Santa Madre di Dio, che egli stesso aveva fatto costruire. Saputo ciò, una folla innumerevole là si diresse e pianse per lui: i bojari per il difensore della loro terra, gli indigenti per il protettore e benefattore. Poi lo deposero in un sepolcro di marmo e tra le lacrime seppellirono la salma del beato principe.Nuovo Costantino della grande Roma è egli, che da solo si convertì e battezzò la sua gente, così che questi [Vladimir] fece similmente a quegli [Costantino]. In precedenza, quand’era pagano, si era abbandonato alle cattive passioni; più tardi se ne pentì, come disse l’apostolo: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » [Rm 5,20]. Egli si distinse per il pentimento e le elemosine perché è scritto: «Io ti giudicherò nello stato in cui ti troverò» [cfr. Ez 7 e 24]. E il profeta disse: «Com’è vero ch’io vivo – oracolo del Signore Dio – io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva» [Ez 33,11]. Perché molti uomini giusti vivono secondo la legge di Dio e lasciano la retta via al momento della morte e periscono; e altri vivono in modo empio ma pentitisi al momento della trapasso si purificano, come disse il profeta: «La giustizia del giusto non lo salva se pecca [...] Se io dico al giusto: Vivrai, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette l’iniquità, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nella malvagità che egli ha commesso. Se dico all’empio: Morirai, ed egli desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto, rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà; nessuno dei peccati che ha commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà. [...] Giudicherò ciascuno di voi secondo il suo modo di agire, Israeliti» [Ez 33,12-20]. Ora, quest’uomo morì nella retta fede; cancellò i suoi peccati con la contrizione e con la carità che vale più di ogni altra cosa, poiché è scritto: «Sono state esaudite le tue preghiere e ricordate le tue elemosine davanti a Dio» [At 10,31]. È cosa meravigliosa quanto bene fece alla terra di Rus’ battezzandola. Ma noi, sebbene diventati Cristiani, non gli rendiamo un onore degno del suo operato. Se egli non ci avesse battezzati, ancora oggi saremmo avviluppati nelle insidie dal diavolo, nella quali perirono i nostri antenati. Se avessimo avuto maggior rispetto per lui e avessimo pregato Dio per lui nel momento del suo trapasso, certamente Dio, vedendo il nostro zelo, lo avrebbe glorificato. Noi dobbiamo dunque pregare Dio per lui; poiché è per mezzo

163

Page 64: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

suo che abbiamo conosciuto Dio. Possa dunque il Signore ricompensarti secondo il tuo anima ed esaudire i tuoi desideri, compreso l’anelato regno dei cieli. Ti offra il Signore la corona dei giusti, l’allegria e il giubilo del paradiso, insieme ad Abramo e agli altri patriarchi, come disse Salomone: «Con la morte del giusto non perisce la speranza» [Prv 11,7]. I Russi perpetuano il suo ricordo quando pensando alla loro conversione e lodando Dio nelle preghiere, nei canti e nei salmi. Canta al Signore un popolo nuovo, illuminato dallo Spirito Santo, nella fiduciosa attesa di Dio grande e il nostro Salvatore, Gesù Cristo, che ricompenserà ognuno secondo le proprie opere, con una gioia ineffabile che godranno tutti i Cristiani.Svjatopolk si stabilì a Kiev dopo suo padre e, convocati i Kieviani, cominciò a distribuire loro dei beni. Essi li accettavano, ma non era con lui il loro cuore, perché i suoi fratelli erano con Boris. Mentre Boris ritornava con l’esercito senza aver incontrato i Peceneghi, gli giunse la notizia: «Tuo padre è morto». Egli pianse molto suo padre perché più di tutti aveva amato suo padre, e si fermò sull’Al’ta dov’era giunto. Quanti erano nella družina di suo padre gli dissero: «Ora hai al tuo comando la družina e l’esercito di tuo padre, va’, insediati a Kiev sul trono di tuo padre». Egli rispose: «Non sarò io a levare la mano su mio fratello maggiore: se mio padre è morto, sarà lui a farmi da padre». I guerrieri, udendo ciò, si allontanarono da lui e Boris rimase solo con i suoi servitori.Svjatopolk, colmo di iniquità, concepì un disegno degno di Caino, e mandò [ambasciatori] a Boris per dire: «Voglio vivere con te in amicizia, e ti aumenterò l’eredità di nostro padre». Egli, però, parlava con inganno, cercando il modo per ucciderlo. Poi Svjatopolk andò di notte a Vyšgorod, e convocò segretamente Put’ša e i bojari di Vyšgorod per chiedere: «Mi servirete voi con tutto il cuore?». Put’ša e gli altri di Vyšgorod risposero: «Siamo pronti a sacrificare la testa per te». Egli disse loro: «Senza dir nulla a nessuno, andate e uccidete mio fratello Boris». Essi glielo promisero immediatamente. È di tali uomini che Salomone disse: «Corrono verso il male e si affrettano a spargere il sangue. [...] Ma costoro complottano contro il proprio sangue, pongono agguati contro se stessi. Tale è la fine di chi si dà alla rapina; la cupidigia toglie di mezzo colui che ne è dominato» [Prv 1,16-19]. I sicari raggiunsero di notte l’Al’ta, si avvicinarono e udirono la voce del beato Boris che cantava il Mattutino, perché già sapeva che lo volevano uccidere. Egli si alzò e cominciò a cantare dicendo: «Signore, quanti sono i miei oppressori! Molti contro di me insorgono» [Sal 3,2], e ancora «“Le tue frecce mi hanno trafitto”, sono pronto ai colpi “e ho sempre dinanzi la mia pena”» [cfr. Sal 38 (37),3-18] E ancora cantava: «Signore, ascolta la mia preghiera, non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto. Il nemico perseguita la mia anima» [cfr. Sal 143 (142),1-3] Quindi, terminati i sei salmi e scorgendo gli inviati mandati ad ucciderlo, intonò il Salterio dicendo: «Mi circondano tori numerosi... mi assedia una banda di malvagi» [Sal 22 (21), 13 e 17] e «Signore, mio Dio, in te mi rifugio: salvami e liberami da chi mi perseguita» [Sal 7,2], Poi cantò il Canone, quindi, terminato il Mattutino, pregò fissando un’icona con

164

Page 65: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

l’immagine del Salvatore e disse «Signore Gesù Cristo, che con queste sembianze ti sei mostrato sulla terra, e per tua volontà hai lasciato inchiodare le tue mani sulla croce, e hai accolto la tua passione per i nostri peccati, concedi anche a me di subire la mia. Non la ricevo da nemici, bensì da mio fratello, ma “Signore, non imputar loro questo peccato”» [At 7,60]. E dopo aver pregato ancora un poco, si gettò sul suo giaciglio. Ed ecco che gli assassini si precipitarono, come bestie feroci, intorno alla sua tenda e con le loro lance trafissero Boris, e il suo servo, gettatosi su di lui per proteggerlo, insieme a lui trafissero. Boris lo amava molto. Era questi un giovane di origine magiara, il preferito di Boris; si chiamava Georgij e Boris grandemente lo amava. Gli aveva donato un magnifico collare d’oro che egli indossava al suo cospetto. Uccisero un gran numero dei servitori di Boris; a questo Georgij, non riuscendo a togliergli in fretta il collare, gli tagliarono la testa e presero il collare e gettarono via la testa, cosicché, più tardi, non trovarono il suo corpo fra i cadaveri. Assassinato Boris, gli scellerati lo avvolsero nella tenda, e lo deposero sul carro e lo portarono via che ancora respirava. Quando l’empio Svjatopolk seppe che respirava ancora, mandò i Varjaghi a finirlo. Vennero quei due e vedendolo che era ancora in vita, uno dei due sguainò la spada e gli trafisse il cuore. Così morì il beato Boris, accogliendo la corona di Gesù Cristo insieme ai giusti, annoverati tra i profeti e gli apostoli, mescolandosi alle schiere dei martiri, riposando nel grembo di Abramo, contemplando la gioia ineffabile, cantando con gli angeli e giubilando con le schiere dei santi. E trasportarono segretamente il suo corpo a Vyšgorod e lo seppellirono nella chiesa di San Basilio. Quegli empi sicari vennero a Svjatopolk, come per reclamare gloria, i miserabili. I nomi di tali iniqui sono Put’ša e Talec’, Elovit e Ljaško. Loro padre è Satana. Sono stati servi dei demoni; i demoni, infatti, sono inviati per fare il male, e gli angeli per il bene, poiché l’angelo non fa alcun male all’uomo, bensì pensa sempre al suo bene, ancor più soccorre i Cristiani e li protegge dal diavolo, loro nemico, mentre i demoni non incitano che al male perché invidiosi dell’uomo che vedono stimato da Dio e rosi dal livore sono solleciti a invitare al male. Infatti il Signore domandò: «Chi ingannerà Acab re di Israele [...] Si fece avanti uno spirito che [...] disse: Io lo ingannerò». [2 Cr 18,19-20].] L’uomo cattivo che si consegna al male è peggiore del demonio, perché i demoni temono Dio, mentre l’uomo malvagio non ha né timore di Dio, né vergogna dinanzi agli uomini. I demoni temono la croce del Signore, mentre l’uomo malvagio non ha timore della croce del Signore. E Davide disse: «Rendete veramente giustizia o potenti, giudicate con rettitudine gli uomini? Voi tramate iniquità con il cuore, sulla terra le vostre mani preparano violenze. Sono traviati gli empi fin dal seno materno, si pervertono fin dal grembo gli operatori di menzogna. Sono velenosi come il serpente» [Sal 58 (57), 1-5]. L’empio Svjatopolk rifletté fra sé e disse: «Ecco, ho ucciso Boris; ora come ucciderò Gleb?». E concepì un disegno degno di Caino. Inviò con l’inganno [un messaggero] a Gleb per dirgli: «Vieni, affrettati, presto, nostro padre ti invoca perché è molto malato». Gleb balzò subito a cavallo, e partì con una

165

Page 66: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

piccola družina, perché era molto obbediente al padre. Quando raggiunse la Volga, il suo cavallo incespicò in una buca nei campi e si ferì alquanto a una zampa. Quindi Gleb giunse a Smolensk, e sul fiume Smjadyn’ prese una barca. In quel momento, Jaroslav, avendo appreso da Predslava [figlia di Vladimir] la morte del padre, e Jaroslav fece avvisare Gleb dicendo: «Non andare, tuo padre è morto e tuo fratello è stato ucciso da Svjatopolk». Gleb, intendendo ciò, pianse per il padre e più ancora per il fratello, e singhiozzando si mise a pregare, dicendo: «Ahimé, Signore, meglio sarebbe stato che io fossi morto con mio fratello piuttosto che vivere in questo mondo. Se avessi visto, fratello mio, il tuo viso angelico, sarei morto con te. Ora, perché sono restato solo? Dove sono quelle parole che mi rivolgevi, fratello mio amato? Non sentirò più i tuoi miti consigli. Se godi la fiducia del Signore, prega per me, affinché anch’io sopporti la passione. Meglio sarebbe stato per me morire con te, che vivere in questo mondo di tentazioni». E mentre pregava e piangeva, arrivarono gli inviati di Svjatopolk per uccidere Gleb, e costoro sfoderarono le spade. Il terrore vinse i servi di Gleb; e uno degli inviati, il miserabile Gorjaser’ ordinò di sgozzare immediatamente Gleb; il cuoco di Gleb, di nome Torčin, afferrò un coltello e sgozzò Gleb come agnello innocente. Fu immolato «a Dio in sacrificio di soave odore» [Ef 5,2] e come una vittima incolpevole ricevette la corona ed entrò nel regno dei cieli e vide il suo amato fratello, e insieme a lui si rallegrò della gioia ineffabile che dava il loro amor fraterno. «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!» [Sal 133 (132),1]. E i miserabili tornarono indietro, come disse Davide: «Tornino gli empi negli inferi» [Sal 9,18]. E ancora: «Gli empi sfoderano la spada e tendono l’arco per abbattere il misero e l’indigente, per uccidere chi cammina sulla retta via. La loro spada raggiungerà il loro cuore e i loro archi si spezzeranno» [Sal 37 (36),14.15] e « Poiché gli empi periranno [...] tutti come fumo svaniranno» [Sal 37 (36),20]. Essi ritornarono e riferirono a Svjatopolk: «Abbiamo compiuto il tuo ordine». A queste parole egli molto s’inorgoglì nel cuore, non sapendo che Davide disse: «Perché ti vanti del male o prepotente nella tua iniquità? Ordisci insidie ogni giorno; la tua lingua è come lama affilata, artefice di inganni. Tu preferisci il male al bene, la menzogna al parlare sincero. Ami ogni parola di rovina, o lingua di impostura. Perciò Dio ti demolirà per sempre, ti spezzerà e ti strapperà dalla tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi» [Sal 52 (51),3-7]Gleb fu dunque ucciso e gettato sulla riva tra due tronchi, in seguito lo si levò e lo si trasportò e lo si seppellì vicino al fratello nella chiesa di San Basilio.Uniti nei corpi e più ancora nelle anime, essi dimorarono vicino al Signore, Re dei re, in una gioia sconfinata e in uno splendore ineffabile, donarono doni di salvezza ai Russi e, a coloro che vengono con fede da altri paesi, offrite la guarigione: la facoltà di camminare agli zoppi, la vista ai ciechi, la salute agli ammalati, la libertà ai prigionieri; aprono le segrete ai prigionieri, consolano gli afflitti, salvano i perseguitati; sono i difensori della Rus’, torce risplendenti che incessantemente pregano il Signore per la loro gente. Così

166

Page 67: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

anche noi dobbiamo lodare degnamente questi martiri di Cristo e pregarli con fervore dicendo: «Esultate, martiri di Cristo, difensori della terra di Rus’, affinché alleviate coloro che vengono a voi con fede e amore; esultate, abitanti dei cieli, angeli incarnati, perché avete professato la fede dei servi di Cristo, animati dagli stessi pensieri, colmi dello stesso spirito e dello stesso cuore dei santi, perciò donate la salute a tutti coloro che soffrono. Esultate, Boris e Gleb, ricolmi di saggezza divina, perché come ruscelli fate scaturire dalla sorgente l’acqua vivificante e la versate per il sollievo dei fedeli; esultate, perché dopo aver calpestato il malvagio serpente, vi siete mostrati circondati di raggi lucenti, come torce illuminanti tutta la terra di Rus’, ricacciando le tenebre e mostrandovi con fede incrollabile. Esultate, perché avete conquistato un occhio sempre vigile, custodendo nel vostro cuore un’anima benedetta penetrata dal Signore; esultate insieme, fratelli, nella dimora celeste, nel luogo della felicità, nella gloria imperitura, che avete conquistato con i vostri meriti; esultate, perché siete rivestiti di luce del Signore e percorrete il mondo intero cacciando i demoni, curando i pazienti, torce superbe, difensori zelanti che vivete accanto a Dio, sempre inondati dai raggi divini, martiri coraggiosi che illuminate l’anima dei fedeli. Elevati dalla luminosa grazia del Signore, avete ricevuto tutte le bellezze della vita celeste, la gloria e l’alimento del paradiso, la luce della saggezza, la gioia della riconoscenza; esultate, perché voi, inondando tutti i cuori, scacciate dolori e pene e curate sofferenze terribili che con gocce del vostro sangue avete imporporato. Voi regnerete in eterno con Cristo, pregando per le nuove genti cristiane e vostri conterranei, poiché la terra di Rus’ fu benedetta dal vostro sangue e, martiri tra i martiri, con le vostre reliquie ospitate in chiesa, la illuminate di spirito divino e in essa pregate per il vostro popolo. Esultate, perché, con la vostra passione, siete il fulgente sole che la Chiesa serra nella gloria dei martiri. Esultate, stelle risplendenti, che illuminate all’alba rifulgendo sempre l’ascesa; martiri fedeli a Cristo e nostri protettori, aggiogate i pagani ai piedi dei nostri principi, pregate il Signore nostro Dio affinché essi vivano in pace, armonia e salute, salvateli dalle guerre intestine e dagli inganni del diavolo, concedete anche a noi di elevare inni, di onorarvi e di celebrare la vostra festa in tutti i secoli fino alla fine.

XLVIII. Guerra tra Jaropolk e Svjatopolk (1015)L’empio e malvagio Svjatopolk fece poi uccidere Svjatoslav, sui monti dell’Ugria [o Monti Magiari] perché tra i Magiari si era rifugiato. E pensava tra sé: «Ucciderò tutti i miei fratelli e m’impossesserò di tutto il potere della Rus’». È così che pensava nell’altezzosità della sua mente, non sapendo che «il Dio altissimo domina sul regno degli uomini, sul quale innalza chi gli piace» [Dn 5,21] insediando re o principi o chi gli aggrada. Se un popolo sarà gradito a Dio, darà a esso un re o un principe giusto, amante della giustizia e della legge, e designerà un governatore e un giudice che amministri la giustizia. Quando i principi sono giusti in una terra, molti peccati le saranno perdonati, invece quando i principi sono malvagi e iniqui, Dio rovescerà sventure su quella terra, perché il principe ne è alla testa.

167

Page 68: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Così disse Isaia: «Dalla pianta dei piedi alla testa essi hanno peccato» [cfr. Is 1,6], cioè dal principe fino al basso volgo. Guai dunque alla città il cui principe è giovane, amante del vino al suono delle gusli [strumento musicale a corde] in compagnia di giovani consiglieri, poiché Dio manda costoro per i peccati del popolo, mentre sottrae gli anziani e i saggi, come disse Isaia: «Il Signore, Dio degli eserciti, toglie a Gerusalemme [...] ogni genere di sostegno [...] il prode e il guerriero, il giudice e il profeta, l’indovino e l’anziano, il capo di una cinquantina e il notabile, il consigliere e il mago sapiente e l’esperto di incantesimi. Io metterò come loro capi ragazzi, monelli li domineranno » [Is 3,1-4].L’empio Svjatopolk iniziò a regnare a Kiev, e convocò il popolo e si mise a distribuire ad alcuni un mantello, ad altri denari e dispensò grandi ricchezze. Jaroslav ignorava ancora la morte del padre e aveva presso di sé molti Varjaghi, i quali facevano violenza ai Novgorodiani e alle loro mogli, e insorsero i Novgorodiani e fecero strage dei Varjaghi nel palazzo di Poromon. S’infuriò Jaroslav e, andato a Rakomo, si chiuse nel palazzo, e mandò [ambasciatori] ai Novgorodiani per dire: «Non mi è possibile risuscitarli». E chiamò a sé gli uomini migliori che avevano ucciso i Varjaghi, e li uccise con l’inganno. Quella stessa notte ricevette dalla sorella Predslava un messaggio da Kiev: «Tuo padre è morto, Svjatopolk si è insediato a Kiev dopo aver ucciso Boris e mandato per [uccidere] Gleb, guardati da lui».All’udir ciò, Jaroslav pianse per il padre, il fratello e la družina. L’indomani presto Jaroslav riunì quanti rimanevano dei Novgorodiani dicendo: «O mia cara družina, che ieri ho messo a morte ed oggi invece mi sarebbe molto utile». Egli si asciugò le lacrime e disse loro nel veče: «Mio padre è morto e Svjatopolk regna a Kiev e massacra i suoi fratelli». I Novgorodiani risposero: «Sebbene i nostri fratelli siano stati uccisi, noi possiamo ora combattere con te». E Jaroslav adunò mille Varjaghi e quarantamila altri soldati e marciò contro Svjatopolk, e invocando Dio disse: «Non io cominciai a uccidere i miei fratelli, bensì lui, che Dio sia il vendicatore del sangue dei miei fratelli, poiché egli versò il sangue innocente dei giusti Boris e Gleb. Farà forse anche con me lo stesso? Ma giudicami, o Signore, secondo giustizia, affinché la malvagità del peccatore abbia fine». E mosse contro Svjatopolk. Quando Svjatopolk ebbe appreso della marcia di Jaroslav, riunì un esercito innumerevole di Russi e Peceneghi e uscì contro di lui presso Ljubeč’, su questa riva del Dnepr, mentre Jaroslav era sull’altra.

XLIX. Principato di Jaroslav a Kiev (1016)Nel 6524 [1016], giunse Jaroslav e si trovarono uno di fronte all’altro [Svjatopolk] sulle opposte rive del Dnepr, e non osavano attaccare né gli uni, né gli altri, e restarono così contrapposti per tre mesi. E il voivoda di Svjatopolk, cavalcando lungo la riva, si mise a insultare i Novgorodiani, dicendo: «Perché siete venuti con questo zoppo [Jaroslav lo era]? Voi siete carpentieri, vero? Noi vi affideremo la costruzione delle nostre case». I Novgorodiani, sentendo ciò, dissero a Jaroslav: «Domani tragitteremo e li attaccheremo, e colui che non verrà, sarà da noi stesso ucciso». Stava già

168

Page 69: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

cominciando a gelare. Svjatopolk era accampato fra due laghi, e passò tutta la notte a bere con la sua družina. Jaroslav schierò la sua družina e traversò il fiume prima del levar del sole. Sbarcati sulla riva, allontanarono le barche dalla riva e mossero subito all’attacco gli uni contro gli altri. E fu un terribile massacro e il lago impedì il soccorso dei Peceneghi; Sviatopolk e la sua družina furono schiacciati contro il lago e camminarono sul ghiaccio, ma il ghiaccio si ruppe per il sovrappeso e Jaroslav prese il sopravvento. Vedendo ciò Svjatopolk fuggì e Jaroslav vinse. Sviatopolk si rifugiò dai Ljachi e Jaroslav si insediò a Kiev sul trono del padre e degli avi. Jaroslav aveva allora ventotto anni.

L. Guerra contro Boleslav (1018)Nell’anno 6525 [1017], Jaroslav venne a Kiev e delle chiese bruciarono.Nell’anno 6526 [1018], Boleslav marciò contro Svjatopolk [che era cognato di Boleslav] e i Ljachi contro Jaroslav. Jaroslav radunò molti guerrieri russi e varjaghi e slavi, marciò contro Boleslav e Svjatopolk e raggiunse Volynia e si accamparono sulle due rive del fiume Bug. Jaroslav aveva con sé il suo tutore e voivoda, di nome Buda. E Buda si mise a insultare Boleslav dicendo «Infilzeremo il tuo grasso ventre con un palo», perché Boleslav era grande e grosso, tanto che a fatica riusciva a montare a cavallo, ma era saggio. E Boleslav disse alla sua družina: «Se questa ingiuria non vi offende, solo io perirò». E si slanciò a cavallo nel fiume e il suo esercito lo seguì. Jaroslav non riuscì a schierarsi e Jaroslav fu vinto da Boleslav. Jaroslav fuggì con quattro uomini a Novgorod e Boleslav entrò a Kiev con Svjatopolk. E Boleslav disse «Che la mia družina passi in rassegna la città per la sottomissione». Ciò si compì.Jaroslav, rifugiatosi a Novgorod, voleva riparare al di là del mare, ma il governatore Konstantin, figlio di Dobrynja, e i Novgorodiani frantumarono con le accette [o: bruciarono] le navi di Jaroslav, dicendo: «Vogliamo ancora combattere contro Boleslav e Svjatopolk». E si misero a raccogliere il tributo in misura di quattro pelli di martora per ogni uomo, dieci grivny a testa per anziano, e diciotto grivny per bojaro. E chiamarono i Varjaghi e consegnarono loro il tributo, e Jaroslav riunì un numeroso esercito.Boleslav, intanto, era a Kiev e l’empio Svjatopolk disse: «Uccidete tutti i Ljachi che trovate in città». E sterminarono i Ljachi. Boleslav fuggì da Kiev, portando con sé il tesoro e i bojari di Jaroslav e sua sorella [sposa di Svjatopolk] e stabilì Anastasio della [chiesa della] Decima a custode dei beni, perché gli aveva guadagnato la fiducia con l’inganno, e [Boleslav] portò con sé una moltitudine di persone e conquistò la città di Červen e rientrò nella sua terra. Svjatopolk si mise a regnare a Kiev. E Jaroslav marciò contro Svjatopolk e Jaroslav vinse Svjatopolk e fuggì Svjatopolk presso i Peceneghi.

LI. Sconfitta e fuga di Svjatopolk (1020)Nell’anno 6527 [1019], Svjatopolk ritornò con i Peceneghi in gran forza e Jaroslav riunì molto guerrieri e marciò contro di lui sul fiume Al’ta. Jaroslav

169

Page 70: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

si fermò nel luogo dove Boris era stato ucciso e, levate le mani al cielo, disse: «Il sangue di mio fratello grida a te Signore [cfr. Gn 4,10], vendica il sangue di questo giusto, come hai vendicato il sangue di Abele infliggendo a Caino gemiti e terrore. Che sia lo stesso per Svjatopolk!». E pregò dicendo: «Fratelli miei, sebbene con il corpo abbiate abbandonato questo luogo, aiutatemi con la vostra preghiera e soccorretemi contro questo avversario assassino e superbo». Dopo questa preghiera, avanzarono gli uni contro gli altri, e la piana dell’Al’ta fu ricoperta da una moltitudine dei guerrieri di entrambi gli eserciti. Era un venerdì e al levar del sole incrociarono le armi ambo i contendenti e il combattimento fu terribile, e mai si era visto di simile nella Rus’. Si afferravano con le mani e si squartavano l’un l’altro, e per tre [o: due] volte si ricominciò la mischia, e il sangue scorreva come ruscelli in montagna. Sul far della sera, Jaroslav vinse, e Svjatopolk fuggì e mentre fuggiva, il diavolo s’impossessò di lui, le sue ossa si indebolirono, non si resse più sul cavallo e dovettero portarlo in barella. E i fuggiaschi andarono a Berest’e. Egli diceva: «Fuggite con me, ci inseguono!». I suoi famigli mandarono in esplorazione: «Forse che qualcuno ci insegue?» ma non v’era nessuno che li inseguisse, e continuarono a fuggire con lui. Egli giaceva malato, ma sollevandosi un po’ esclamava: «Ecco, ci inseguono, ci inseguono, fuggite!», e non voleva fermarsi in alcun luogo e fuggendo attraversò il paese dei Ljachi, perseguitato dalla rabbia di Dio. Raggiunse il deserto tra il paese dei Ljachi e quello dei Cechi e là spirò, malamente.Poiché egli era ingiusto, il giudizio di Dio fu emesso e dopo uscito da questo mondo, egli, misero, trovò i tormenti dei dannati, come provò la ferita letale che gli fu inflitta senza pietà e lo condusse alla morte; e dopo la morte, fu consegnato ai tormenti eterni, relegato nell’abisso dell’inferno. Il suo tumulo esiste ancora oggi nel deserto e ne fuoriesce un fetore orribile. Tale fu un avvertimento di Dio ai principi russi, affinché, se mai tenessero una condotta simile, si ricordino che riceveranno un castigo simile o anche maggiore, giacché, pur conoscendo ciò, un così turpe fratricidio commetterebbero. Caino, l’uccisore di Abele, fu colpito sette volte, mentre Lamech settanta volte, perché Caino ignorava il castigo di Dio che l’aspettava, invece Lamech, conoscendo il castigo abbattutosi sul suo avo, commise lo stesso un omicidio. Lamech disse alle mogli: «Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamech settantasette» [Gn 4,23-24], perché, pur sapendo, aveva ucciso i due figli di Enoch e preso per sé le loro mogli. E Svjatopolk è un novello Abimelech, che fu generato dall’adulterio e che uccise i suoi fratelli, figli di Gedeone [Gdc 9], così anche egli si comportò.Jaroslav giunse a Kiev e vi si insediò dopo essersi ripulito dai suoi sudori con la sua družina manifestando la vittoria e il grande impegno.Nell’anno 6528 [1020], un figlio nacque a Jaroslav e gli si dette nome Vladimir.Nell’anno 6529 [1021], Brjačislav, figlio di Izjaslav e nipote di Vladimir, marciò contro Novgorod, occupò questa città e preso un gran numero di

170

Page 71: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Novgorodiani con le loro fortune, se ne ritornò verso Polock. Ma quando arrivò al fiume Sudomir, Jaroslav, partito da Kiev, lo raggiunse qui il settimo giorno e Jaroslav vinse Brjačislav e fece tornare i Novgorodiani a Novgorod, mentre Brjačislav fuggì a Polock.

LII. Lotta tra Mstislav e Rededja (1022)Nell’anno 6530 [1022] Jaroslav venne a Berest’e. In quel tempo Mstislav, che era a Tmutorokan’, marciò contro i Kasoghi. Alla notizia, Rededja, principe dei Kasoghi, avanzò contro di lui. E i due eserciti si trovarono l’uno di fronte all’altro, e Rededja disse a Mstislav: «Perché far perire le družine fra di loro? Scendiamo piuttosto noi due in lotta: se tu sarai vincitore, prenderai i miei beni, mia moglie, i miei figli e la mia terra. Se vincerò io, prenderò tutti i tuoi beni». E Mstislav disse «Che sia così!». E Rededja disse a Mstislav «Non ci batteremo con le armi, ma faremo la lotta». E si avvinghiarono in un’energica lotta, ed essi lottarono a lungo. E Mstislav cominciò a indebolirsi, perché Rededja era grande e forte, e Mstislav disse: «O purissima Madre di Dio, aiutami. Se lo vincerò, farò costruire una chiesa in tuo onore». E detto ciò lo scaraventò a terra, prese il pugnale e trafisse Rededja. Mstislav entrò nella sua terra e prese tutti i suoi beni, sua moglie e i suoi figli e impose tributo ai Kasoghi. Ritornato a Tmutorokan’, gettò le fondamenta della chiesa alla Santa Deipara e la costruì, è quella che ancora oggi è a Tmutorokan’.Nell’anno 6531 [1023], Mstislav marciò contro Jaroslav con i Chazari e i Kasoghi.

LIII. Guerre civiliNell’anno 6532 [1024], mentre Jaroslav era a Novgorod, Mstislav venne da Tmutorokan’ a Kiev, e i Kieviani non lo ricevettero. Se ne andò allora e si stabilì a Černigov, mentre Jaroslav restava a Novgorod.In quell’anno apparvero gli indovini a Suzdal’ e uccisero gli anziani per istigazione del diavolo e dei demoni, dicendo che essi nascondevano le riserve [dei raccolti]. E vi fu una grande rivolta e la carestia in tutte le regioni; andarono tutti lungo la Volga, dai Bulgari, e carreggiarono il grano e così sopravvissero. Jaroslav, sentendo degli indovini, andò a Suzdal’, arrestò gli indovini, alcuni li esiliò, altri li punì, dicendo così: «Dio, a causa dei nostri peccati, manda a ogni terra carestia, o peste, o siccità, o altro castigo, l’essere umano invece ignora». Poi Jaroslav ritornò a Novgorod, e mandò [ambasciatori] al di là del mare per [arruolare] i Varjaghi. E venne Jakun con i Varjaghi. Jakun era bello e aveva il mantello intessuto d’oro. E venne da Jaroslav e partì Jaroslav con Jakun contro Mstislav. Mstislav, saputo ciò, marciò loro incontro verso la città di Listven. Alla sera, Mstislav schierò la družina, mettendo i Severjani di fronte ai Varjaghi e ponendosi egli stesso con la propria družina sulle ali. Calata la notte, arrivarono lampi e tuoni e pioggia, e disse Mstislav alla sua družina: «Attacchiamoli ora». E Mstislav e Jaroslav si mossero l’uno contro l’altro; i Severjani si slanciarono contro i Varjaghi, e furono impegnati i Varjaghi nel falcidiare i Severjani e dopo [o:

171

Page 72: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

quando i Varjaghi furono spossati] attaccò Mstislav con la sua družina e prese a massacrare i Varjaghi; la carneficina fu terribile, al lucore dei lampi si mescolava il bagliore delle armi; la tempesta era furiosa, la lotta possente. Jaroslav, vedendosi vinto, fuggì con Jakun, principe dei Varjaghi, e Jakun nella fuga perdette il suo mantello d’oro. Jaroslav ritornò a Novgorod, invece Jakun attraversò il mare.L’indomani all’alba, Mstislav, vedendo i cadaveri dei Varjaghi di Jaroslav insieme ai suoi Severjani, disse: «Come non rallegrarsi di ciò? Qui giacciono invero i Severjani, e là i Varjaghi, ma la mia družina è al completo». E Mstislav mandò a dire a Jaroslav: «Insediati tu a Kiev perché sei il fratello maggiore, a me invece andrà questa terra». Ma Jaroslav non osò andare a Kiev fintanto che non fu firmata la pace. E Mstislav si stabilì a Černigov, mentre Jaroslav a Novgorod, e gli uomini di Jaroslav a Kiev.Questo stesso anno nacque a Jaroslav un altro figlio e lo chiamò Izjaslav.Anno 6533 [1025].Nell’anno 6534 [1026] Jaroslav riunì un numeroso esercito e venne a Kiev, e concluse la pace con il suo fratello Mstislav a Gorodec. E si divisero la terra di Rus’ lungo il Dnepr. Jaroslav ricevette questa riva [l’occidentale] mentre Mstislav l’altra. E si misero a vivere in pace e fraterno amore e cessarono le discordie e le sommosse, un grande silenzio avvolse la terra.Nell’anno 6535 [1027], il terzo figlio nacque a Jaroslav e gli dette nome Svjatoslav.Nell’anno 6536 [1028], un segno in forma di serpente apparve in cielo e fu visibile da tutta la terra.Nell’anno 6537 [1029], si ebbe la pace.Nell’anno 6538 [1030], Jaroslav conquistò Bel’z. E nacque a Jaroslav il quarto figlio e lo chiamò Vsevolod. In quell’anno, Jaroslav marciò contro i Čudi, li vinse e fondò la città di Jur’ev. Verso quel tempo morì Boleslav il Grande fra i Ljachi, e vi furono dei tumulti nella terra dei Ljachi: il popolo insorse, sollevò e uccise i vescovi, i sacerdoti e i propri bojari, e vi fu tra loro una rivolta.Nell’anno 6539 [1031], Jaroslav e Mstislav radunarono un numeroso esercito e marciarono contro i Ljachi, e presero di nuovo la città di Červen e saccheggiarono la terra dei Ljachi, e si spartirono i molti prigionieri ljachi. Jaroslav insediò i suoi lungo il fiume Ros’, dove vivono ancora oggi.Nell’anno 6540 [1032], Jaroslav cominciò a fondare città lungo il fiume Ros’.Nell’anno 6541 [1033], Evstatij, figlio di Mstislav [Vladimirovič], morì.

LIV. Morte di Mstislav (1036)Anni 6542, 6543 [1034-1035]. Nell’anno 6544 [1036], Mstislav andò a caccia, si ammalò e morì. E lo seppellirono nella chiesa del Salvatore che aveva fondato lui stesso: aveva voluto che la chiesa fosse così alta che, seduti in groppa a un cavallo, si potesse stare dentro col braccio alzato. Mstislav era grosso di corporatura, rubizzo il viso, occhi grandi, ardito in battaglia, caritatevole e amava la družina sopra ogni cosa e non risparmiava per essa le ricchezze, le bevande

172

Page 73: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e neanche il cibo. Di seguito, Jaroslav assunse tutto il suo potere e diventò l’unico sovrano della terra di Rus’. Jaroslav andò a Novgorod e stabilì suo figlio Vladimir a Novgorod, e come vescovo scelse Židjata. In quel tempo un figlio nacque a Jaroslav e lo chiamarono Vjačeslav. Intanto che Jaroslav era a Novgorod, apprese che i Peceneghi stavano assediando Kiev. Radunato l’esercito di Varjaghi e Slavi, corse a Kiev ed entrò nella sua città. E trovò innumerevoli Peceneghi. Jaroslav uscì dalla città e dispose l’esercito in battaglia, mettendo i Varjaghi nel mezzo, i Kieviani li schierò all’ala destra e i Novgorodiani all’ala sinistra. E rimasero fermi davanti alla città.Intanto avanzarono i Peceneghi e si scontrarono sul luogo dove oggi si erge Santa Sofia, la metropolia russa: a quei tempi era un campo fuori della città. Il combattimento fu accanito e Jaroslav risultò vincitore soltanto verso sera. I Peceneghi fuggirono senz’ordine e non sapevano da che parte andare, tanto che alcuni fuggendo annegarono nel Setoml’, altri in altri fiumi, e altri ancora fuggirono e non sono mai più tornati. Quell’anno, Jaroslav rinchiuse in carcere a Pleskov [Pskov] suo fratello Sudislav, poiché l’aveva calunniato davanti a lui.

LV. Fondazioni di Jaroslav (1037)Nell’anno 6545 [1037], Jaroslav costruì a Kiev il cremlino con la Porta d’oro. Fondò anche la chiesa di Santa Sofia, la Metropolia, e poi, sopra la Porta d’Oro la chiesa dell’Annunciazione alla Santa Deipara, poi il monastero di San Georgij e la chiesa di Sant’Irene. E sotto di lui la fede cristiana iniziò a propagarsi e a fiorire nella Rus’, e i monaci a moltiplicarsi e i monasteri a sorgere. Jaroslav rispettava i regolamenti ecclesiastici e amava i sacerdoti e ancor più i monaci, e ai libri si applicava e spesso li leggeva notte e giorno. Radunò molti scribi e con loro traduceva dalla scrittura greca in quella slava. E scrissero molti libri questi uomini di fede, istruendosi in essi e nell’insegnamento divino trovavano piacere. Giacché se uno arerà la terra, qualcun altro la seminerà, e altri mieteranno e avranno cibo in abbondanza; così avvenne anche allora: il padre suo Vladimir arò la terra e la rese friabile, ossia la illuminò col battesimo, e costui [Jaroslav] seminò con le parole scritte nei libri nei cuori dei devoti; e noi invece mietiamo, ricevendo l’insegnamento dei libri. Poiché arreca grande utilità la scienza dei libri, i libri ci edificano e ci mostrano la via del pentimento; dai libri acquisiamo la saggezza e la temperanza; essi sono fiumi che irrigano l’universo, sono sorgenti di sapienza. Vi è nei libri una profondità incommensurabile, danno consolazione nel dolore, frenano l’intemperanza. Grande è la saggezza, come diceva Salomone lodandola: «Io, la Sapienza, possiedo la prudenza e ho la scienza e la riflessione. Temere il Signore [...] A me appartiene il consiglio e il buon senso, io sono l’intelligenza, a me appartiene la potenza [...] Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno» [Prv 8,12-17]. Se dunque voi cercate nei libri la saggezza con diligenza, voi trarrete gran profitto per la vostra anima; poiché colui che legge assiduamente i libri conversa con Dio oppure con i santi. Colui che legge i

173

Page 74: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

discorsi dei profeti e gli insegnamenti evangelici e degli apostoli e le vite dei santi padri, troverà per la sua anima grande utilità.Jaroslav dunque, come abbiamo detto, amava i libri e dopo averne copiati molti li lasciò in Santa Sofia, che egli stesso aveva costruito, e la ornò di icone preziose, d’oro e d’argento, e di vasi sacri, e in essa si cantano nelle ore prestabilite gli inni del Signore. E fondò altre chiese nelle città e nei villaggi, assegnando ad esse dei sacerdoti e assicurando a costoro uno stipendio [prelevato] dalle proprie sostanze. Ordinò loro di istruire la popolazione e di andare frequentemente in chiesa; poiché spetta ai sacerdoti istruire il popolo, come è prescritto da Dio. E il numero dei sacerdoti e dei cristiani aumentava. Jaroslav si rallegrava vedendo molte chiese e molti cristiani, e il demone si afflisse vedendosi sconfitto dai nuovi cristiani.Nell’anno 6546 [1038], Jaroslav marciò contro gli Jatvighi.Nell’anno 6547 [1039], la chiesa alla Santa Deipara che aveva costruito Vladimir, padre di Jaroslav, fu consacrata dal metropolita Feopempt.Nell’anno 6548 [1040], Jaroslav marciò contro la Lituania.Nell’anno 6549 [1041] Jaroslav mosse con le navi contro i Masoviani.Nell’anno 6550 [1042], Vladimir, figlio di Jaroslav, marciò contro gli Emi e li vinse e i cavalli dell’esercito di Vladimir rovinarono in terra. I cavalli respiravano ancora mentre la pelle si lacerava: c’era la peste fra i cavalli.

LVI. Ritirata contro i Greci (1043)Nell’anno 6551 [1043], Jaroslav inviò suo figlio Vladimir contro i Greci, dandogli molti guerrieri e conferendo il comando a Vyšata, il padre di Jan. E Vladimir partì con i vascelli, e navigando arrivarono al Danubio e si diressero verso Car’grad. Si alzò una gran tempesta che distrusse i vascelli dei Russi, il vento spezzò persino quello del principe, che fu raccolto sul suo vascello da Ivan, figlio di Tvorimir, il voivoda di Jaroslav. Il resto degli uomini fu gettato sulla costa in numero di seimila. Ed essi vollero ritornare nella Rus’, ma nessuno della družina del principe si decideva ad accompagnarli. Vyšata disse «Andrò io con loro». E sceso dalla nave, li raggiunse dicendo «Se sopravvivrò sarò con essi, se morirò sarò con la družina». E partirono in direzione della Rus’. E i Greci appresero la notizia che il mare aveva disperso i Russi e l’imperatore, di nome Monomach [Costantino IX Monomaco] inviò contro la Russia quattordici navi.Vladimir e la sua družina, vedendosi affrontati, ritornarono indietro, distrussero i vascelli greci e tornarono nella Rus’. Vyšata e quanti erano stati gettati sulla costa furono catturati e condotti a Car’grad, molti russi furono accecati. Tre anni più tardi, quando la pace fu conclusa, li si rinviò nella Rus’, da Jaroslav.In quel tempo Jaroslav concesse in isposa sua sorella a Cazimiro [re dei Ljachi], e Cazimiro rese, come dono di nozze, ottocento russi imprigionati da Boleslav dopo aver vinto Jaroslav.Nell’anno 6552 [1044], si dissotterrarono i corpi di due principi, Jaropolk e Oleg, figli di Svjatoslav, si battezzarono le loro ossa e li si seppellì nella

174

Page 75: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

chiesa della Santa Deipara. In quell’anno morì Brjačislav, figlio di Izjaslav, nipote di Vladimir, padre di Vseslav; e suo figlio Vseslav salì sul trono. Questi era nato per magia. Quando sua madre lo mise al mondo, egli aveva sul capo una ulcera [o: ferita]; i maghi dissero alla madre: «Fasciala perché se la porterà tutta la vita». E Vseslav la porta ancora oggi e per tale ragione non lo impietosisce lo spargimento di sangue.Nell’anno 6553 [1045], Vladimir pose le fondamenta della chiesa di Santa Sofia a Novgorod.Nell’anno 6554 [1046], vi fu completa calma.Nell’anno 6555 [1047], Jaroslav marciò contro i Masoviani e li vinse, uccise il loro principe Moislav, e sottomise Cazimiro.Anno 6556, 6557 [1048-1049].Nell’anno 6558 [1050], la principessa sposa di Jaroslav morì il decimo giorno del mese di febbraio.

LVII. Storia del monastero delle GrotteL’anno 6559 [1051], Jaroslav, riuniti i vescovi, elevò Ilarion, nativo della Rus’, metropolita della chiesa di Santa Sofia. Ecco, noi diremo ora dove prese il nome il monastero Pečerskij [o delle Grotte]. Il pio principe Jaroslav amava Berestovo [presso Kiev] e la chiesa dei Santi Apostoli là ubicata, e molto si prodigava per i sacerdoti. Fra costoro si trovava un sacerdote di nome Ilarion, uomo virtuoso, istruito e digiunatore. Ed egli andava spesso da Berestovo sul Dnepr, sopra la collina, dove è ora il vecchio monastero Pečerskij e là pregava dove era un gran bosco. Egli scavò una piccola grotta di due saženi [pari a due metri circa]; e venendo da Berestovo cantava le Ore e pregava Dio in segreto. In seguito, Dio ispirò il cuore del principe ed egli lo nominò metropolita in Santa Sofia, e la piccola grotta rimase così. Dopo qualche giorno, ci fu un tale, al secolo ..... [nome mancante, ma in alcuni manoscritti è Antipa], originario della città di Ljubeč’. Dio gli ispirò il desiderio di viaggiare. Andò alla Santa Montagna [Monte Athos], vide qui i monasteri esistenti, e dopo averli esaminati tutti, lo ispirò lo stato monastico. E si recò in uno fra quanti colà esistevano, e pregò il suo igumeno di ordinarlo monaco. Questi ascoltò la sua preghiera, gli praticò la tonsura e gli dette il nome di Antonij, e lo istruì e gli insegnò la vita monastica. E gli disse: «Ritorna nella Rus’, con te sarà la benedizione della Santa Montagna, perché sarai seguito da molti monaci». Lo benedisse e lo congedò dicendo «Vai in pace».Antonij venne a Kiev e si domandò dove avrebbe vissuto; e andò per i monasteri ma nessuno gli piacque, perché Dio non lo voleva. E prese a vagabondare per valli e per monti cercando il posto che Dio gli avrebbe indicato. E giunse sulla montagna dove Ilarion aveva scavato la grotta, questo piccolo luogo gli piacque e vi si stabilì, e pregò il Signore in lacrime dicendo: «Signore, fortifica il tuo servo in questo posto, e fa che la benedizione della Santa Montagna e dell’igumeno che mi ha fatto la tonsura scenda su di esso». E vi si stabilì pregando Dio, mangiando pane secco e spesso a giorni alterni e bevendo acqua; e là scavò una grotta senza

175

Page 76: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

concedersi tregua, né di giorno, né di notte, trascorrendo il tempo in fatiche, in veglia e in preghiere.Col tempo, delle persone buone lo seppero e andavano da lui portandogli quanto gli abbisognava. E acquistò Antonij fama di grande, e venendo a lui chiedevano la benedizione. Più tardi, quando morì il gran principe Jaroslav e suo figlio Izjaslav prese il potere e si stabilì a Kiev, Antonij divenne celebre nella terra di Rus’. Izjaslav, appresa la sua vita, venne con la sua družina a implorare la sua benedizione e le sue preghiere. E presso Antonij, che da tutti era stimato e riconosciuto grande, cominciarono a venire a lui dei fratelli, che egli riceveva e tonsurava. E dodici fratelli si riunirono intorno a lui e scavarono una grande grotta e una chiesa e delle celle che si vedono ancora oggi nella cripta sotto il vecchio monastero.E riuniti i fratelli, Antonij disse loro: «Ecco, fratelli miei, Dio vi ha qui riunito e avete la benedizione della Santa Montagna con la quale l’igumeno della Santa Montagna che mi tonsurò e io ho tonsurato voi. Possa dunque essere su di voi prima la benedizione di Dio e poi quella della Santa Montagna». E disse ancora: «Vivete da soli e per voi porrò un igumeno, mentre io voglio rimanere solo su questa collina, perché già da tempo ho scelto di vivere in solitudine». E dette loro un igumeno di nome Varlaam, ed egli se ne andò verso la collina e scavò una grotta che oggi si trova sotto il nuovo monastero, ed qui terminò la sua esistenza vissuta piamente, senza mai uscire per lunghi anni [o: per quarant’anni]. Le sue reliquie là riposano ancora oggi.[Prima della sua morte:] I suoi fratelli e l’igumeno vissero nella loro grotta. E quando il numero dei fratelli aumentò a tal punto che la grotta non li conteneva più, pensarono di costruire un monastero fuori della grotta. L’igumeno e i fratelli si recarono da Antonij e gli dissero: «Padre, i fratelli si sono moltiplicati e non si entra più nella grotta, se Dio lo concede e con la tua preghiera, noi costruiremmo una piccola chiesa fuori della grotta». E Antonio lo permise. Essi si inchinarono dinanzi a lui, e costruirono sopra la grotta una piccola chiesa in onore della Dormizione della Madre di Dio.E Dio cominciò a far aumentare il numero dei monaci, grazie alle preghiere della Santa Madre di Dio, e i fratelli tennero consiglio con l’igumeno per fondare un monastero. E i fratelli tornarono da Antonij per dirgli: «Padre, il numero dei fratelli aumenta sempre più e noi vorremmo fondare un monastero». Antonij si rallegrò e rispose: «Dio sia benedetto per ogni cosa e che la preghiera della Santa Madre di Dio e dei padri della Santa Montagna sia con voi». Detto ciò, inviò uno dei fratelli al principe Izjaslav per dire così: «Principe, Dio moltiplica i fratelli, ma il posto è piccolo, concedici questa collina che sovrasta la grotta». Izjaslav, sentito ciò, si rallegrò e, inviato uno dei suoi uomini, donò la collina. Allora l’igumeno e i fratelli fondarono una grande chiesa e recintarono il monastero con dei pali, e crearono un gran numero di celle, e la chiesa completarono ornandola di molte icone. Da allora data l’esistenza del Monastero Pečerskij; poiché prima i monaci vivevano nella grotta e da essa prese il nome di Monastero delle Grotte [Pečerskij].

176

Page 77: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Il monastero iniziò dunque dalla benedizione della Santa Montagna. Quando il monastero fu completato, essendo ancora igumeno Varlaam, Izjaslav fondò il monastero di San Dmitrij e nominò Varlaam igumeno di San Dmitrij, poiché voleva rendere questo monastero più illustre del Pečerskij, fidando nella ricchezza. Molti monasteri furono fondati da re e da bojari e con grandi tesori, ma essi non valgono come quelli che traggono origine dalle lacrime, dal digiuno, dalla preghiera e dalle veglie. Antonij, infatti, non possedeva né oro, né argento, ma fondò il suo monastero con le lacrime e il digiuno, come ho detto. Quando Varlaam andò al [monastero di] San Dmitrij, i fratelli tennero consiglio e andarono dal vegliardo Antonij e dissero: «Designa per noi un igumeno». Ed egli disse: «Chi volete?». Essi risposero: «Colui che piace a Dio e a te ». Egli disse loro: «Chi fra voi è come Feodosij, obbediente, mite e umile? Egli sarà il vostro igumeno». I fratelli si rallegrarono e si inchinarono davanti al vegliardo, e posero Feodosij igumeno; i fratelli erano in numero di venti.Feodosij, divenuto superiore del monastero, si diede a grande astinenza e digiuno e preghiere con lacrime; e radunò molti monaci e i fratelli che si raccolsero erano in numero di cento. E si diede a cercare una Regola monastica. C’era allora Michail, un monaco del Monastero di Studios, che era giunto dalla Grecia insieme al metropolita Georgij, e presso di lui cercò il Typicon dei monaci studiti, e trovatolo lo copiò e stabilì nel proprio monastero le modalità del cantare i canti monastici, e del compiere le adorazioni, del leggere le letture e quelle dello stare in chiesa, e tutto l’ordine degli uffici, e come stare a mensa e cosa mangiare nei diversi giorni, tutto come da regolamento. Stabilito ciò, Feodosij lo consegnò al suo monastero. Da quel momento accolsero tutti gli altri monasteri la Regola. Per questo il monastero Pečerskij è considerato il più antico di tutti e per dignità superiore agli altri. Intanto che restò nel monastero, Feodosij condusse una vita virtuosa e osservava la regola monastica, e accoglieva coloro che venivano a lui. Io stesso andai a trovarlo, io servo misero e indegno, e mi ricevette all’età di diciassette anni. Questo scrissi e indicai in quale anno fu fondato il monastero e perché prese nome Pečerskij. Diremo ancora della vita di Feodosij.Nell’anno 6560 [1052] morì Vladimir, il figlio maggiore di Jaroslav, a Novgorod e fu sepolto nella chiesa di Santa Sofia, che egli stesso aveva fondato.Nell’anno 6561 [1053], un figlio nacque a Vsevolod dall’imperatrice greca e gli imposero il nome di Vladimir.

LVIII. Morte di Jaroslav (1054)Nell’anno 6562 [1054], morì il gran principe della Rus’, Jaroslav. Quand’era in vita aveva istruito i suoi figli, dicendo: «Ecco, figli miei, io lascio questo mondo. Vogliatevi bene, perché siete fratelli nati dallo stesso padre e dalla stessa madre. Se vivrete in amore fra di voi, Dio sarà con voi e a voi sottometterà il vostro nemico, e vivrete in pace. Se invece voi vivrete nell’odio e nei litigi e vi dividerete, allora voi stessi perirete e perderete la

177

Page 78: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

terra dei vostri padri e dei vostri avi, con tante pene da essi conquistata. Vivete dunque in pace, fratello a fratello obbedendo. Ecco, in vece mia affido il mio scranno di Kiev a Izjaslav, il maggiore dei miei figli e vostro fratello. Obbedite a lui come avete obbedito a me, ed egli farà per voi le mie veci. Černigov la affido a Svjatoslav, Perejaslavl’ a Vsevolod, Vladimir a Igor’, e Smolensk a Vjačeslav». E così divise fra loro le città, e ordinò loro di non oltrepassare i confini dei fratelli, di scacciare alcuno, mentre a Izjaslav disse: «Se qualcuno dovesse oltraggiare suo fratello, allora tu aiuta l’offeso». È così raccomandava ai suoi figli di vivere in pace. Era già malato e raggiunta la città di Vyšgorod si aggravò molto. Izjaslav era allora a ..... [nome mancante, alcuni manoscritti indicano Novgorod], e Svjatoslav a Vladimir, Vsevolod era presso il padre, poiché suo padre l’amava più di tutti i suoi fratelli e l’aveva sempre presso di sé. Jaroslav terminò la sua vita e rese la sua anima nel mese di febbraio, il primo sabato di Quaresima, giorno di Santa Feodora [o: San Feodosij]. Vsevolod prese il corpo di suo padre, lo pose su una slitta e i sacerdoti lo trasportarono a Kiev, intonando i canti rituali. E il popolo tutto lo pianse. Lo si chiuse in un sepolcro di marmo, nella chiesa di Santa Sofia. Vsevolod e tutto il popolo lo piansero. Visse complessivamente settantasei anni.

LIX. Guerre contro i Torki e i Polovcy (1055)Inizio del principato di Izjaslav a Kiev.Nell’anno 6563 [1055], Izjaslav venne a stabilirsi a Kiev, mentre Svjatoslav a Černigov; Vsevolod a Perejaslavl’, Igor’ a Vladimir, Vjačeslav a Smolensk.In questo anno, durante l’inverno, Vsevolod marciò alla volta di Voin contro i Torki [antichi Albanesi, spesso tradotto con Turchi] e sconfisse i Torki. Questo anno, Boluš venne con i Polovcy e Vsevolod concluse la pace con loro, e i Polovcy tornarono da dove erano venuti.Anno 6564 [1056].Nell’anno 6565 [1057], morì Vjačeslav, figlio di Jaroslav, e a Smolensk si stabilì Igor’ dopo aver lasciato Vladimir.Nell’anno 6566 [1058], Izjaslav vinse i Goljadi [popolo baltico].Nell’anno 6567 [1059], Izjaslav e Svjatoslav e Vsevolod liberarono il loro zio Sudislav che era in prigione [a Pskov] da ventiquattro anni, e dopo aver baciato la croce [o: giurato] egli diventò monaco di Kiev.Nell’anno 6568 [1060], Igor’, figlio di Jaroslav, morì. In questo anno Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod e Vseslav radunarono un esercito numeroso e partirono a cavallo e in nave, con truppe innumerevoli, contro i Torki. Appreso ciò, i Torki si spaventarono e fuggirono e ancora non sono tornati, perché alcuni morirono fuggendo oppressi dalla collera divina, altri perirono per il gelo, altri di fame, altri di peste [o: malattia] e per il giudizio di Dio. Così Dio salvò i cristiani dai pagani.Nell’anno 6569 [1061], i Polovcy vennero per la prima volta ad attaccare la Russia. Vsevolod marciò contro di loro il giorno due del mese di febbraio. E nel combattimento vinsero Vsevolod e dopo aver guerreggiato [o: devastato la regione] se ne andarono; fu la prima sconfitta della Rus’ arrecata dai

178

Page 79: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

questi pagani, nemici empi; il loro principe si chiamava Sokal [o: Iskal]. Anno 6570 [1062].

LX. Digressione sui presagiNell’anno 6571 [1063], morì Sudislav, fratello di Jaroslav, e lo seppellirono nella chiesa di San Georgij. Questo anno, per cinque giorni, il Volchov, nei pressi di Novgorod, corse in direzione opposta; questo segno fu un cattivo presagio, infatti quattro anni dopo Vseslav incendiò la città.Nell’anno 6572 [1064], Rotislav, figlio di Vladimir, nipote di Jaroslav, si rifugiò a Tmutorokan’ e con lui fuggirono Porej et Vyšata, figlio di Ostromir, voivodi di Novgorod. E come giunse a Tmutorokan’ scacciò Gleb, e occupò il suo posto.Nell’anno 6573 [1065] Svjatoslav marciò contro Rotislav a Tmutorokan’. Rotislav si allontanò dalla città, non perché egli lo temesse, ma perché non voleva prendere le armi contro suo zio. Svjatoslav prese allora Tmutorokan’ e stabilì di nuovo suo figlio Gleb e ritornò sui suoi passi. Rotislav ritornò e ancora scacciò Gleb e Gleb andò da suo padre, e Rotislav si stabilì a Tmutorokan’. In quell’anno Vseslav cominciò la guerra.Verso quest’epoca [nel 1066], un segno apparve a Occidente, una stella smisurata [cometa di Halley], i cui raggi sembravano di sangue; si alzava la sera dopo il tramonto del sole, e ciò si ripeté per sette giorni. Era un cattivo presagio, perché dopo questo tempo insorsero molte discordie e si aggiunse l’aggressione dei pagani contro la terra di Rus’. Quella stella era come di sangue e versamento di sangue preannunciava.Verso quest’epoca un bambino fu gettato nel fiume Setoml, quel bimbo si impigliò nella rete dei pescatori e lo esaminarono fino a sera, poi lo ributtarono in acqua: egli aveva le parti pudiche sul volto e per la vergogna altro non s’ha da dire.Prima di questo tempo, c’era stato anche un mutamento nel sole, non era luminoso, bensì somigliante alla luna [eclisse solare del 1064]. Gli ignoranti sostenevano che il sole era sbocconcellato tutt’intorno. Tali fenomeni non sono segni di cose buone, noi così l’abbiamo inteso. «Perché già nell’antichità, ai tempi di Antioco, in Gerusalemme accadde che all’improvviso, e per la durata di quaranta giorni, si manifestassero dei cavalieri, in armi e dalle vesti d’oro, su dei cavalli rampanti, ed entrambi gli eserciti apparsi giostravano con le armi; ciò preannunciava l’aggressione di Antioco, l’attacco bellico contro Gerusalemme, Di seguito, ai tempi di Nerone, nella medesima Gerusalemme risplendette sopra la città una stella lanceiforme: questa preannunciava, invece, l’attacco bellico da parte dei Romani. E ugualmente accadde anche sotto l’imperatore Giustiniano: apparve una stella a occidente, spandeva raggi, per cui la chiamarono la fulgente e rifulse per venti giorni; dopo si verificò un fluire di stelle, dalla sera al mattino, tanto che tutti credettero che le stelle cadessero, e di nuovo il sole senza raggi splendeva: tutto ciò preannunciava congiure, malattie fra gli uomini e morie. Ancora sotto l’imperatore Maurizio avvenne questo: una donna partorì una creatura priva di occhi e di braccia, e in luogo dei fianchi

179

Page 80: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

una coda di pesce crebbe; mentre un cane nacque con sei zampe; In Africa nacquero due bambini: uno con quattro gambe, l’altro con due teste. Dopo, sotto Costantino l’Iconoclasta, figlio di Leone, vi fu un fluire di stelle dal cielo che precipitavano in terra; quanti le videro pensavano alla fine del mondo. Allora si scatenarono forti correnti d’aria. In Siria vi fu una forte scossa, e dalla terra, spalancatasi per tre poprišča [circa 2100 metri] miracolosamente fuoriuscì un mulo, che parlava con voce umana e annunciava l’invasione dei pagani, cosa che accadde» [dalla Cronaca di Giorgio Amartolo], perché i Saraceni invasero la Palestina. I segni del cielo o delle stelle o del sole o degli uccelli o altra cosa, nulla di buono presagiscono; questi segni invece sciagure appalesano: lo scoppio di una guerra, oppure una carestia, oppure preannunciano la morte.

LXI. Morte di Rostislav (1066)Nell’anno 6574 [1066], mentre Rotislav era a Tmutorokan’ e riscuoteva il tributo dei Kasoghi e di altre popolazioni, i Greci, avendo paura di lui [per la sua vicinanza], gli inviarono con l’inganno un kotopan [stratega]. Giunto che fu, conquistò la fiducia di Rotislav, che lo trattò con onore. Una volta mentre Rostislav beveva con la sua družina, gli disse il kotopan: «Principe, voglio bere alla tua salute»; rispose egli «Bevi pure!». Egli bevve metà della coppa e diede l’altra metà da bere al principe, ma dopo aver intinto un dito nella coppa: sotto l’unghia celava un veleno mortale. E l’offrì al principe, votandolo a morte certa entro l’ottavo giorno. Il principe bevve e il kotopan andò a Cherson e annunciò che il tal giorno Rotislav sarebbe morto e così fu. Gli abitanti di Cherson lapidarono quel kotopan. Rotislav era un uomo valoroso in battaglia, di buona stazza e bello in volto, caritatevole con i poveri; egli morì il giorno 3 del mese di febbraio, e fu seppellito nella chiesa della Santa Deipara.

LXII. Guerre intestineNell’anno 6575 [1067] Vseslav di Polock, figlio di Brjačislav, ricominciò la guerra e s’impossessò di Novgorod. I tre figli di Jaroslav – Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod – riunirono le truppe e marciarono contro Vseslav, nonostante il rigore dell’inverno. Essi vennero a Minsk e gli abitanti di Minsk si serrarono nella città. I tre fratelli espugnarono Minsk e falcidiarono gli uomini, mentre fecero prigionieri le donne e gli bambini. E partirono verso la Nemiga e Vseslav marciò contro di essi. E i due eserciti si scontrarono sulla Nemiga, il terzo giorno del mese di marzo. La neve cadeva abbondante ed essi si attaccarono. La battaglia fu terribile, molti uomini perirono; Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod furono i vincitori, invece Vseslav fuggì. Successivamente il giorno dieci del mese di luglio, Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod baciarono la venerabile croce per Vseslav e gli dissero: «Vieni da noi, non ti faremo alcun male». Egli confidò nel bacio sulla croce e attraversò il Dnepr in nave. Izjaslav precedeva nella tenda, Vseslav andava dietro a lui, così presero Vseslav a Rša, presso Smolensk. Iziaslav portò Vseslav a Kiev e lo gettò nelle segrete insieme ai suoi due figli.

180

Page 81: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

LXIII. Invasione dei Polovcy (1068) e pie riflessioniNell’anno 6576 [1068], degli stranieri invasero la Russia: era una moltitudine di Polovcy. Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod marciarono contro, sull’Al’ta. Calata la notte, si scontrarono. Per i nostri peccati Dio fece arrivare questi pagani contro di noi e i principi russi fuggirono e i Polovcy furono vincitori. Perché Dio al culmine della sua collera, inviò gli stranieri nella terra e così straziati gli uomini ritorneranno al Signore, ma la guerra intestina è attizzata dagli inganni del diavolo. Dio non vuole il male degli uomini, bensì il loro bene, mentre il diavolo si rallegra del male, dell’efferato omicidio, dello spargimento di sangue; è lui che fomenta le discordie, le insidie, l’odio tra fratelli, le calunnie. Se qualche terra rovina nel peccato, Dio la punisce con la morte, o con la carestia, o con l’invasione dei pagani, o con la siccità, o con i bruchi, o altri castighi. E ciò per indurci al pentimento, perché in esso Dio ci ha comandato di vivere, come dice il profeta: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» [Gl 2,12]. Se così agiamo, tutti i nostri peccati ci saranno rimessi; ma noi ritorniamo al male, sprofondando incessantemente come maiali che nel fango dei nostri peccati sempre s’inzacchera e così persistiamo. Per questo ci dice il profeta: «Sapevo che tu sei ostinato e che la tua nuca è una sbarra di ferro» [Is 48,4], quindi «Vi ho pure rifiutato la pioggia [...] un campo era bagnato di pioggia, mentre l’altro, su cui non pioveva, seccava» [Am 4,7] e «Vi ho inaridito i giardini e le vigne; i fichi, gli oliveti li ha divorati la cavalletta: e non siete ritornati a me, dice il Signore» [Am 4,9] e ho mandato contro di voi diverse malattie e delle morti terribili, anche sul vostro bestiame ho scagliato il castigo, ma neanche così siete ritornati a me, ma diceste soltanto: «Facciamoci forza». Fin quando durerà insaziabile la vostra malvagità? Voi vi siete allontanati dal mio cammino, dice il Signore, e avete sedotto molti uomini, così: «Sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio, contro gli oppressori della vedova e dell’orfano e contro chi fa torto al forestiero» [Ml 3,5] Perché non vi siete pentiti dei vostri peccati? Perché avete violato i miei precetti e non li avete osservati? Dice il Signore: « Convertitevi e vivrete» [Ez 18,32], io riverserò su di voi cibi celesti e allontanerò da voi la mia collera, finché non sovrabbondi su di voi ogni cosa, ma duri sono i vostri discorsi, che dicono: «È inutile servire Dio» [Ml 3,14]. E dice il Signore: «questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me» [Is 29,13]. È per questo che non otteniamo ciò che chiediamo: «Allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno» [Prv 1,28], così a noi, perché non volemmo camminare sulla sua strada, per questo il cielo si chiude o si apre per la vostra sventura, mandando la grandine al posto della pioggia o distruggendo i raccolti con il gelo, ed essiccando la terra con la calura a causa dei nostri peccati. Ma se ci pentiremo delle nostre iniquità, allora come ai suoi figli «vi dà la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua, la pioggia d’autunno e di

181

Page 82: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

primavera, come in passato. Le aie si riempiranno di grano e i tini traboccheranno di mosto e d’olio. “Vi compenserò delle annate che hanno divorate la locusta e il bruco, il grillo e le cavallette, quel grande esercito che ho mandato contro di voi...”» [Gl 2,23-25], dice il Signore Onnipotente. Capendo ciò, applichiamoci al bene, cerchiamo la giustizia, salviamo l’oppresso, volgiamoci al pentimento, non rendiamo il male con il male, né ingiuria con ingiuria, ma per amore accostiamoci a Dio con il digiuno e con il pianto e con le lacrime laviamo tutti i nostri peccati, non diciamoci cristiani a parole, vivendo invece da pagani credendo agli incontri. Chi infatti incontra un monaco, o un cinghiale o un maiale ritorna sui suoi passi: non è un agire da pagani? Temere tali presagi significa seguire l’insegnamento del diavolo. Altri credono allo starnuto che avviene per la salute della testa. Con queste e altre usanze il diavolo inganna, con ogni sorte di menzogna allontanandoci da Dio con le trombe e i saltimbanchi, con le gusli [strumento musicale a corde] e con le rusalie [feste pagane]. Vediamo i campi da gioco calpestati e una moltitudine di persone su di essi che si spintonano l’un l’altra, che si esibiscono in azioni dal demonio concepite; intanto che le chiese rimangono vuote; all’ora degli uffici pochi si recano in chiesa. Per questo riceveranno ogni castigo da Dio che accoglieremo quale punizione per i nostri peccati. Ritorniamo di nuovo al resoconto di prima.Quando Izjaslav fuggì con Vsevolod a Kiev e Svjatoslav a Černigov, anche i Kieviani fuggirono a Kiev, e il veče si riunì al mercato e mandò a dire al principe: «Ecco, i Polovcy si sono sparsi per tutta la terra, procuraci, o principe, cavalli e armi, e noi ci batteremo ancora contro di loro». Izjaslav non ascoltò questa preghiera e la gente cominciò a mormorare contro il voivoda, contro Kosnjačko. E tutta l’assemblea salì sulla collina e raggiunse il palazzo di Kosnjačko e, non trovandolo, si fermò davanti a quella di Brjačislav e dissero: «Andiamo, liberiamo la nostra družina dalla prigione». Ed essi si divisero in due, metà andarono alla prigione, e l’altra metà lungo il ponte arrivando al palazzo del principe. Izjaslav stava sul terrazzo coperto insieme alla sua družina che prese a discutere con il principe su chi mai s’avvicinasse dal basso. Mentre il principe scrutava da una finestrella e la sua družina era con lui, Tuky, fratello di Čudin, disse a Izjaslav: «Vedi, principe, l’irritazione del popolo, manda a sorvegliare Vseslav». E intanto che disse ciò, l’altra metà degli uomini ritornava dalla prigione di cui aveva aperto le porte. E la družina disse al principe «È un guaio. Manda a cercare Vseslav; in modo da attirarlo con l’inganno alla finestrella e lo si uccida con la spada». Il principe non volle ascoltare ciò. Il popolo se ne andò gridando verso la prigione di Vseslav. Izjaslav, vedendo ciò, fuggì dal palazzo con Vsevolod. Il popolo liberò Vseslav dalla prigione il giorno 15 del mese di settembre e lo stabilirono nella corte principesca, quindi saccheggiò il palazzo e afferrò una quantità immensa di oro, argento, pellicce e di pelli di martora [o, anziché pellicce e pelli, monete e lingotti]. Izjaslav si rifugiò dai Ljachi. In seguito, i Polovcy devastarono la terra di Rus’. Svjatoslav era a Černigov

182

Page 83: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e i Polovcy devastavano i dintorni di Černigov. Svjatoslav radunò una piccola družina e andò contro di loro nel territorio di Snovsk [oggi Sednev]. I Polovcy vedendo l’esercito in marcia si schierarono. Svjatoslav vedendo il grande numero disse alla sua družina: «Attacchiamoli, non ci è impossibile». E spronarono i loro cavalli e Svjatoslav vinse con tremila uomini, mentre i Polovcy erano in dodicimila. Alcuni furono uccisi, altri annegarono nello Snov, mentre catturarono il loro principe, ciò accadeva il primo giorno del mese di novembre. E Svjatoslav vittorioso ritornò nella sua città. Vseslav si insediò a Kiev.Così Dio mostrò la virtù della croce, perché Izjaslav nonostante avesse baciato la croce [fatto giuramento] aveva imprigionato Vseslav; per questo Dio condusse i pagani a liberare Vseslav che aveva onorato la croce. Nel giorno dell’Esaltazione della Croce, Vseslav disse sospirando: «O croce venerabile, poiché mi sono fidato di te, salvami da questa fossa». Dio dunque manifestò la forza della croce a insegnamento della terra di Rus’, affinché, una volta baciata la croce, non infrangessero più il giuramento. Perché se qualcuno lo viola, sarà punito già qui sulla terra e poi nei secoli a venire avrà il castigo eterno. Giacché la potenza della croce è grande, è con la croce che si sconfiggono le forze demoniache, la croce è la vittoria dei principi in guerra, protetti dalla croce i fedeli sconfiggono i loro nemici. A invocarla con fede, la croce è rapida a salvarci dalle sventure; i demoni non hanno timore di nulla, tranne della croce. Se i demoni tentano con le loro visioni qualcuno, segnandosi con il segno di croce li si scaccia. Vseslav rimase sette mesi a Kiev.

LXIV. Guerre intestineNell’anno 6577 [1069], Izjaslav e Boleslav, presero le armi contro Vseslav. Vseslav marciò contro di loro. E Vseslav giunse a Belgorod e durante la notte, di nascosto dai Kieviani, fuggì da Belgorod verso Polock. Il giorno dopo, gli uomini, constatata la fuga del principe, ritornarono a Kiev e si tenne una seduta del veče e si inviò un messaggero a Svjatoslav e Vsevolod per dire: «Abbiamo fatto male a cacciare il nostro principe, che ora arma i Ljachi contro di noi. Accorrete dunque nella città di vostro padre; se rifiuterete, non ci resterà che bruciare la nostra città e andarcene nella terra dei Greci». E Svjatoslav disse loro: «Manderemo a dire a nostro fratello che se dovesse venire a voi con i Ljachi per annientarvi, noi gli muoveremo guerra impedendogli di distruggere la città del padre nostro. Se vuole la pace, dovrà venire accompagnato da una piccola družina». Gli abitanti di Kiev si tranquillizzarono; Svjatoslav e Vsevolod mandarono a dire a Izjaslav: «Vseslav è fuggito, ma tu non condurre i Ljachi contro Kiev perché qui tu non hai nemici; se vuoi serbare collera e distruggere la città, sappi allora che a noi è caro il trono di nostro padre».Izjaslav, sentendo ciò, lasciò i Ljachi e partì con Boleslav accompagnato da pochi Ljachi. Egli mandò avanti a sé il proprio figlio Mstislav. Giunto Mstislav trucidò quanti avevano liberato Vseslav, in numero di settanta persone, altri accecò, altri uccise benché senza colpe e senza aver indagato.

183

Page 84: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Quando Izjaslav arrivò in città, la popolazione gli uscì incontro per riverirlo e i Kieviani accolsero il loro principe. Izjaslav si assise sul suo trono il secondo giorno del mese di maggio. E lasciò andare i Ljachi nei loro accampamenti, e segretamente li si uccideva; e Boleslav ritornò con i Ljachi nella sua terra. Izjaslav spostò il mercato sulla collina, scacciò Vseslav da Polock e stabilì suo figlio Mstislav a Polock, ma morto poco dopo mise al suo posto il di lui fratello Svjatopolk, per essere fuggiasco Vseslav.Nell’anno 6578 [1070] un figlio nacque a Vsevolod e lo chiamarono Rostislav. Questo anno fu fondata la chiesa di San Michail nel monastero di Vsevolod a Vydobič.

LXV. Storie di maghi (1071)Nell’anno 6579 [1071], i Polovcy fecero la guerra attorno a Rostovec e di Nežatin. In quest’anno Vseslav scacciò Svjatopolk da Polock. In quest’anno Jaropolk vinse Vseslav vicino a Golotič’sk.In questo tempo apparve un mago sedotto dal demonio. Venne a Kiev e disse: «Mi sono apparsi cinque dèi che dicevano così: “Annuncia alle genti che tra cinque anni il Dnepr scorrerà al contrario, mentre le terre muteranno luogo, per cui la terra di Grecia sarà al posto della Rus’ quella della Rus’, invece, al posto delle terre di Grecia e anche le altre si sposteranno». Gli ignoranti gli credettero, gli uomini di fede risero e gli dissero «Il demonio si gioca di te per rovinarti». E fu così con lui: una notte scomparve senza lasciare traccia. Perché i demoni, adescando, lo inducono al male, poi, una volta ammaestrata la vittima al dire e gettatala nell’abisso della morte, la deridono. Così andremo a raccontare della istigazione e dell’agire dei demoni.Quando ci fu la carestia in terra di Rostov, giunsero due maghi di Jaroslavl’ e dissero: «Noi sappiamo bene chi detiene l’abbondanza». E andarono lunga la Volga e, ogniqualvolta raggiungevano il camposanto di un villaggio, nominavano le donne più in vista, dicendo: «Questa trattiene il grano, quella il miele, quella il pesce, quella le pelli». E [gli abitanti] portavano a loro le proprie sorelle e madri e mogli. Nella loro allucinazione tagliavano loro la schiena e ne prelevavano da chi grano, da chi pesce oppure pelli. E così uccisero molte donne e s’impossessarono delle loro ricchezze.Poi raggiunsero Beloozero [lago Bianco] e con loro erano circa trecento uomini. In quel tempo successe che Jan, figlio di Vyšata, venne inviato da Svjatoslav a raccogliere il tributo. Gli abitanti di Beloozero gli raccontarono che due maghi, dopo aver ucciso molte donne lungo la Volga e la Šeksna, erano arrivati là. Jan cercò allora di sapere di chi fossero costoro e seppe che erano del suo principe; mandò allora a quelle persone, che facevano corona ai maghi, per dire loro: «Consegnatemi i maghi, poiché sono sudditi miei e del mio principe». Ma essi non ubbidirono e allora Jan si avviò da solo e senza armi, mentre i suoi famigli gli dicevano: «Non andare senza armi, ti insulteranno». Egli ordinò allora alla guardia di prendere le armi. E con essi, che erano in dodici, andò da quella gente nel bosco. Essi gli si pararono davanti schierati. Jan avanzò verso di loro armato di una piccola accetta;

184

Page 85: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

avanzarono tre dicendogli «Attento, tu stai andando a morte, fermati». Egli ordinò di ucciderli e proseguì verso gli altri. Essi si slanciarono contro Jan; uno scagliò contro Jan un’accetta. Ivan girò l’accetta e colpì il nemico con la parte ottusa e ordinò ai suoi di massacrarli. Essi fuggirono allora nel bosco e qui uccisero il sacerdote di Jan. Jan, ritornato in città presso gli abitanti di Beloozero disse loro: «Se non consegnerete questi maghi, non mi allontanerò da voi neanche fra un anno». I cittadini di Beloozero andarono, li catturarono e glieli condussero. Egli disse loro: «Perché avete ucciso quelle persone?». Risposero «Perché esse trattenevano l’abbondanza; e se uccidiamo e sterminiamo costoro vi sarà opulenza. Se tu lo vuoi, estrarremo in tua presenza grano, pesci o qualche altra cosa». Jan disse: «In verità voi mentite. Dio ha creato l’uomo dal fango, è fatto di ossa, di vene e di sangue, null’altro v’è in lui e nessuno sa nulla. Dio solo sa». Gli dissero: «Noi sappiamo come l’uomo è stato creato». Egli domandò «Come?». E loro di rimando: «Dio, lavandosi nel bagno [bagno di vapore] e sudando, asciugatosi con uno straccio lo gettò dal cielo in terra. Il diavolo entrò in discussione con Dio, chi da esso avrebbe fatto l’uomo, e il diavolo fece l’uomo e Dio vi mise l’anima. Così quando l’uomo muore, il suo corpo va alla terra e la sua anima al cielo». Jan disse loro: «Voi siete posseduti del demone. In quale dio credete?». Essi risposero «Nell’Anticristo». Egli disse: «Dove è?». Risposero: «Sta nell’abisso». Jan chiese «Quale dio mai risiede negli abissi? È un demonio, mentre Dio risiede nei cieli, assiso sul trono, glorificato dagli angeli, che gli stanno dinanzi intimoriti, senza poterlo contemplare; da questi angeli fu scaraventato giù colui che voi chiamate l’Anticristo, per la sua superbia fu gettato dal cielo e si trova nell’abisso, come voi dite, in attesa che Dio discenda dal cielo; e questo Anticristo sarà incatenato e buttato nel fuoco eterno, con i suoi servi e con coloro che credono in lui. Quanto a voi due, da me riceverete il castigo e dopo la morte di nuovo colà». Essi risposero: «I nostri dèi ci dicono che contro di noi non puoi fare nulla». Egli replicò loro: «I vostri dèi mentono». Ed essi dissero: «Noi ci dobbiamo presentare dinanzi a Svjatoslav e tu non puoi farci nulla». Jan ordinò di frustarli e strappare loro la barba. Quando furono frustati e furono strappate le barbe con la pinza, Jan chiese loro: «Che cosa stanno dicendo i vostri dèi?». Essi risposero: «Di presentarci al cospetto di Svjatoslav». Jan ordinò di mettere loro in bocca un rublo [o: un pezzo di legno] e di legarli all’albero della nave e li fece andare in nave dinanzi a sé, mentre egli teneva loro dietro. Quando raggiunsero la foce del Šeksna, Jan chiese loro: «Che cosa vi dicono i vostri dèi?». Risposero «Gli dèi ci dicono che da te non usciremo vivi». E Jan disse loro: «Vi hanno detto il vero». Essi replicarono: «Se ci liberi, un gran bene riceverai; se invece ci uccidi, molto dolore ti verrà e male». Ed egli rispose loro: «Se vi lascio andare allora sì che gran male da Dio mi verrà; se invece vi lascio morire, allora da Dio grande sarà la ricompensa». E Jan disse ai rematori: «A chi di voi qualche parente da costoro è stato assassinato?». Risposero: «A me la madre, all’altro la sorella, dell’altro i figli». Egli disse loro: «Vendicate pure i vostri cari». Essi li afferrarono, li uccisero e li appesero a una quercia.

185

Page 86: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Secondo giustizia il castigo di Dio ricevettero. Jan ritornò alla propria dimora, mentre nel corso della notte seguente un orso, arrampicatosi, prese a rosicchiarli e li divorò. E così perirono per istigazione del demonio, essi che prevedevano e astrologavano la fine degli altri, la propria ignoravano. Se l’avessero prevista, non sarebbero giunti in quel luogo, dove dovevano essere catturati; e poi, una volta presi, come mai dicevano: «Non periremo», visto che gli altri pensavano di dar loro la morte? Tale è l’istigazione dei demoni, i demoni non conoscono i pensieri degli uomini, ma attribuiscono degli intenti all’uomo, ignorando i segreti. Unicamente Dio conosce gli intenti degli uomini; i demoni nulla sanno perché sono impotenti e luridi d’aspetto [o: ciechi].Diremo ancora qualcosa della loro aspetto e delle loro allucinazioni. Verso quest’epoca, nel medesimo anno, successe che un novgorodiano giunse nella terra dei Čudi e si recò dall’indovino per cercare da lui delle stregonerie. Quest’ultimo, secondo la sua abitudine, si mise a convocare i demoni nella sua dimora. Il novgorodiano era seduto sulla soglia della casa, l’indovino invece giaceva irrigidito e il demone lo percosse. Alzatosi, l’indovino disse al novgorodiano «I nostri dèi non osano avvicinarsi perché tu hai su di te qualcosa che essi temono». Egli si ricordò della sua croce, la tolse e la lasciò fuori della dimora. Riprese di nuovo a invocare i demoni. Apparsi essi gli chiedevano perché mai era venuto. Poi il novgorodiano chiese al mago: «Perché mai temono la croce che portiamo indosso?». Rispose: «È un segno del Dio del cielo che i nostri dèi temono». Allora chiese: «Chi sono i vostri dèi? Dove vivono?». Rispose: «Gi dèi nostri vivono negli abissi. Sono neri d’aspetto, alati e caudati, fin sotto il cielo s’elevano per origliare i vostri dèi; perché i vostri dèi vivono nei cieli. E se muore uno dei vostri uomini, è trasportato in cielo, quando uno dei nostri muore, è condotto presso gli dèi nostri nell’abisso». Così avviene: i peccatori sono nell’inferno in attesa delle pene eterne, mentre i giusti nella dimora celeste insieme agli angeli convivono. Tale è la forza dei demoni, la loro bellezza e la loro impotenza. È così che essi smarriscono gli uomini, ordinando loro di raccontare le visioni che si manifestano a quanti non sono saldi nella fede: ad alcuni appaiono nei sogni, ad altri sotto forma di allucinazioni. E così fanno sortilegi per istigazione demoniaca. Soprattutto per il tramite delle donne si manifestano le demoniache tentazioni, poiché all’inizio il diavolo tentò la donna, poi essa tentò l’uomo. Anche in questa generazione compiono prodigi con sortilegi e con veleni o con altri imbrogli demoniaci. Anche gli uomini, quelli senza fede però, sono ingannati dai demoni, come ciò accadeva nella prima generazione. Al tempo degli Apostoli, vi era infatti Simone il Mago che compiva il sortilegio di far parlare un cane con voce umana, intanto che egli stesso assumeva le sembianze ora di vecchio, ora di giovane, oppure, durante le allucinazioni, tramutava d’aspetto un altro. Come anche Iannes e Iambres, i quali col sortilegio facevano miracoli contro Mosè, ma presto non poterono più nulla contro Mosè [cfr. 2 Tm 3,8]. Anche Kunop [Mago] compiva prodigi demoniaci, come camminare sull’acqua, e altre allucinazioni compiva ingannato dal demonio per la rovina sua e quella

186

Page 87: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

degli altri. Un mago si mostrò anche al tempo di Gleb nella città di Novgorod; parlando con le persone si spacciava per Dio e tanti ingannò e per poco la città intera. Diceva: «Tutto prevedo» e ingiuriando la fede cristiana diceva: «Attraverserò il Volchov alla presenza di tutti». E vi fu una sommossa in città e tutti gli credettero e volevano uccidere il vescovo. Il vescovo, prese la croce e indossati i paramenti, si erse dicendo: «Coloro che credono al mago vadano pure vicino a lui. Coloro che hanno la fede vengano vicino alla croce». E si divisero in due gruppi. Il principe Gleb con la sua družina rimase presso il vescovo, intanto che tutto il popolo seguì il mago. E ci furono grandi disordini fra loro. Gleb, nascondendo una scure sotto il mantello, si avvicinò al mago e gli disse: «Sai che cosa avverrà domani oppure prima di questa sera?». Egli rispose: «Io prevedo tutto». E Gleb disse «Prevedi dunque quello che ti accadrà oggi?». Egli disse: «Farò grandi miracoli». Gleb trasse fuori la sua scure e lo dimezzò, e cadde stecchito, e la gente si sparpagliò. Perì egli col corpo, consegnandosi con l’anima al demonio.

LXVI. Traslazione dei santi Boris e Gleb (1072)Nell’anno 6580 [1072], furono traslati i resti dei santi martiri Boris e Gleb. Allora si riunirono i figli di Jaroslav – Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod – e il metropolita dell’epoca Georgij, il vescovo di Perejaslavl’ Petr, quello di Jur’ev Michail; l’igumeno del [monastero] Pečerskij Feodosij, l’igumeno del monastero di San Michail Sofronij, l’igumeno del monastero del San Salvatore German, l’igumeno del monastero di Perejaslavl’ Nikolaj e tutti gli altri igumeni. E celebrarono un ufficio solenne e li seppellirono nella nuova chiesa, fatta erigere da Izjaslav e che ancora oggi svetta. Izjaslav, Svjatoslav, Vsevolod sollevarono per prima la bara di legno di Boris e, postala in spalla, la trasportarono. Precedevano tutti i monaci, ognuno con un cero in mano, e dietro a loro avanzavano i diaconi con i turiboli, quindi i sacerdoti e appresso a loro i vescovi con il metropolita, infine a seguire i tre principi con la bara. Giunti nella nuova chiesa, scoperchiarono la bara e la chiesa si riempì di soave olezzo, di gradevole fragranza. Vedendo ciò, essi resero gloria a Dio. E il metropolita fu assalito dal terrore perché non aveva una salda fede in loro, e caduto bocconi implorava il perdono. Baciati i resti di Boris, lo deposero in un sepolcro di pietra. Quindi sollevarono Gleb nel sacello di pietra, che posero sulla slitta e afferrate le corde lo trasportarono. Giunti dinanzi al portone del sacello si arrestò e non andava oltre. E ordinarono al popolo di invocare: «Signore, abbi pietà!» e lo trasportarono. Entrambi furono seppelliti il giorno venti del mese di maggio. E, celebrata la liturgia, i [tre] fratelli cenarono insieme, ciascuno con i propri bojari, in grande affetto.A quel tempo Čudin governava Vyšgorod, e Lazar’ era il capo della chiesa. Alla fine ognuno tornò alla propria sede.

187

Page 88: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

LXVII. Liti fra i figli di Jaroslav (1073)Nell’anno 6581 [1073], il diavolo sparse la contesa fra questi fratelli, figli di Jaroslav. S’accesero discordie fra loro; Svjatoslav e Vsevolod si schierarono contro Izjaslav. Izjaslav abbandonò Kiev e Svjatoslav e Vsevolod entrarono in Kiev nel mese di marzo, giorno ventidue e, trasgredendo all’ordine paterno, in Berestovo s’assisero sul trono. Fu Svjatoslav la causa della partenza di suo fratello perché un’eredità superiore bramava. Ingannò Vsevolod dicendo: «Ecco, Izjaslav complotta con Vseslav contro di noi. Se noi non lo anticipiamo, finirà per cacciarci». Aizzò così Vsevolod contro Izjaslav. Izjaslav andò dai Ljachi accompagnato dalla moglie, portando dovizia di sostanze e, fidando nelle molte ricchezze, diceva «Con queste troverò dei guerrieri». I Ljachi gli portarono via tutto, prima di indicargli la strada che l’avrebbe riportato lontano da loro. Intanto Svjatoslav, trasgredendo all’ordine paterno e più ancora a quello di Dio, si insediò a Kiev, dopo aver scacciato suo fratello. Grande è il peccato di chi infrange gli ordini del proprio padre. Per primi, infatti, lo avevano trasgredito i figli di Cam che invasero la terra di Set e dopo quattrocento anni ricevettero il castigo di Dio. Della stirpe di Set sono gli Ebrei, che, sterminata la stirpe di Canaan, riconquistarono la parte toccata loro in sorte e la loro terra. In seguito Esaù trasgredì gli ordini di suo padre e fu assassinato perché è male violare i confini altrui.Questo stesso anno fu fondata la chiesa del monastero delle Grotte dall’igumeno Feodosij e dal vescovo Michail, essendo allora il metropolita di Kiev Georgij in Grecia. Svjatoslav governava Kiev.

LXVIII. Morte di Feodosij (1074) e storia del monastero PečerskijNell’anno 6582 [1074], morì Feodosij, igumeno del monastero delle Grotte, morì. Diremo qualche parola sulla sua morte. Feodosij aveva l’abitudine, quando veniva il tempo della Quaresima, la sera della domenica della vigilia, dopo avere salutato tutti i fratelli secondo l’uso, di insegnare loro come trascorrere il periodo dell’astinenza, pregando notte e giorno e allontanando i pensieri impuri e le tentazioni del demonio. «I demoni, diceva, seminano nei monaci pensieri e desideri malvagi, infiammano la loro immaginazione e così inquinano le loro preghiere. Impedite il sopravvento di tali pensieri con il segno della croce dicendo così: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi, amen”. Oltre a ciò, astenetevi dal molto cibo, perché nel mangiare molto e nel bere smodato si accrescono i cattivi pensieri, impinguatisi i pensieri si consuma il peccato. Per cui, diceva, resistete all’azione dei demoni e alle loro astuzie, guardatevi dall’indolenza e dall’eccesso di sonno, siate vigili durante il canto in chiesa, attenti all’insegnamento dei padri e alle letture dei libri. Ai monaci si confà soprattutto avere sulle labbra il Salterio di Davide e con esso scacciare l’accidia demoniaca. Più di ogni altra cosa coltivate in voi l’amore verso tutti i più giovani, invece nei confronti degli anziani la sottomissione e l’obbedienza. I più anziani manifestino verso i più giovani amore ed edificazione, e si offrano quali esempi di astinenza e veglia, laboriosità ed

188

Page 89: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

umiltà, così occorre istruire i giovani e consolarli, e in tal modo trascorrere la Quaresima». Diceva così: «Dio ci ha dato questi quaranta giorni per la purificazione dell’anima. È la decima parte dell’anno che viene offerta a Dio, infatti da un anno all’altro ci sono trecentosessantacinque giorni e di questi ogni decimo giorno si offre a Dio quale decima, che sarebbe il digiuno quaresimale. Così l’anima, purificatasi in questi giorni festeggia luminosamente la resurrezione del Signore, giubilando in Dio. Il tempo di digiuno purifica l’intelletto dell’uomo; l’astinenza esiste dal principio: per primo ad Adamo fu proibito di assaggiare i frutti di un albero; Mosè dopo quaranta giorni di digiuno meritò di ricevere la legge sul Monte Sinai e vide la gloria di Dio [cfr. Dt 9,9], dopo aver digiunato la madre di Samuele lo partorì [cfr. 1 Sam 1,7 ss.], col digiuno gli abitanti di Ninive dissiparono la collera di Dio [cfr. Gio 3,5], digiunando Daniele meritò di ricevere grandi visioni [cfr. Dn 9], digiunando Elia fu rapito in cielo per partecipare al convito del paradiso [cfr. 2 Re 2,1-8], digiunando i tre fanciulli spensero la potenza del fuoco [cfr. Dn 3,6 ss.], digiunando nell’arco di quaranta giorni il Signore dedicò a noi il tempo del digiuno [cfr. Mt, 4,2], col digiuno gli apostoli sradicarono l’insegnamento demoniaco [cfr. At 13,2 ss. e 14,23], col digiuno i nostri padri apparvero quali lanterne nel mondo, risplendenti anche dopo la morte, palesando le grandi gesta e l’astinenza, simili ai grandi Antonio [il Grande] ed Eutimio e Saba e agli altri padri. Essi emuliamo anche noi, o fratelli». E dopo aver così istruito i fratelli e abbracciato nominalmente ciascuno di loro, abbandonava il monastero portando con sé un po’ di pane. Una volta entrato nella grotta, chiudeva la porta d’ingresso e la bloccava ammassando della terra e non parlava più con nessuno. Se capitava di avere qualche necessità, attraverso una piccola finestrella la comunicava, di sabato o di domenica; gli altri giorni permaneva in astinenza e preghiera, saldo nel digiuno. Rientrava nel monastero il venerdì, alla vigilia di San Lazar’, il giorno in cui termina l’astinenza quaresimale che s’apre col primo lunedì della settimana di San Fedor e per terminare il venerdì di San Lazar’; durante la settimana santa della passione si osserva il digiuno per onorare la passione del Signore.Feodosij, rientrato dunque secondo l’usanza, abbracciò i suoi fratelli e festeggiò con loro la domenica delle Palme. Quando arrivò il gran giorno della Resurrezione, lo festeggiò solennemente secondo la sua abitudine e poi cadde malato. Ammalatosi egli, invero, e giunto al quinto giorno di infermità, la sera chiese di essere trasportato nel cortile. I fratelli lo posero sopra una slitta e lo trasportarono di fronte alla chiesa. Ordinò allora di convocare tutti i fratelli e disse loro: «Miei padri, miei fratelli, miei figli, ecco che io me ne vado da voi, come mi manifestò il Signore in tempo di Quaresima, intanto che permanevo nella grotta: sto per abbandonare questo mondo. Chi desiderate avere quale vostro igumeno? Che io gli dia la mia benedizione». Essi gli dissero: «Tu sei il padre di tutti noi, colui che sceglierai sarà per noi padre e igumeno e gli obbediremo come a te». Il nostro padre Feodosij disse allora: «Allontanatevi da me, eccetto i due

189

Page 90: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

fratelli Nikolaj e Ignat, nominate pure colui che volete; di fra gli altri, uno anziano o giovane che sia, scegliete secondo volontà». Essi gli ubbidirono e si allontanarono verso la chiesa e, dopo essersi consultati, inviarono due fratelli per dire così: «Sia colui che vogliano Dio e la sua onorata preghiera, nomina pure il preferito da te». Feodosij disse loro: «Se volete che io designi il vostro igumeno, allora farò questo per voi, non di mia volontà, bensì per desiderio di Dio». E nominò per loro il presbitero Jakov. Ciò non fu gradito ai fratelli che dicevano: «Non ha ricevuto qui la tonsura». Infatti Jakov era venuto da Al’ta insieme al fratello suo, Paolo. E i fratelli si misero a chiedere Stefan, discepolo di Feodosij che all’epoca era il domestico [cantore], dicendo: «Questi è cresciuto sotto la tua guida, e presso di te ha servito, dacci costui». Feodosij disse loro: «Ecco, io ho designato Jakov secondo l’ordine divino, voi invece insistete secondo il volere vostro». E cedendo all’insistenza assegnò loro Stefan, perché diventasse il loro igumeno. E benedisse Stefan e gli disse: «Figlio, ecco, ti affido il monastero, custodiscilo con cura e attieniti a quanto ho stabilito nei servizi: non mutare le tradizioni monastiche e la regola, ma ogni cosa esegui secondo la legge e l’ordinamento monastico». Quindi i fratelli lo prelevarono e, trasportatolo in cella, lo adagiarono sul letto. Al sesto giorno, poiché egli era molto grave, venne a lui Svjatoslav, con suo figlio Gleb. E mentre erano presso di lui, Feodosij gli disse: «Ecco, lascio questo mondo, e quindi ti affido la custodia del monastero, nel caso accadesse in esso qualche turbolenza. A te raccomando anche l’igumeno Stefan: non permettere che lo si offenda». Il principe lo baciò e, promessogli che avrebbe avuto cura del monastero, si accomiatò da lui. Giunto il settimo giorno, Feodosij, oramai stremato, convocò Stefan e i fratelli e prese a dire loro così: «Alla mia dipartita da questo mondo, se avrò compiaciuto Dio e se Dio mi vorrà accogliere, allora, dopo il mio trapasso, il monastero comincerà ad ingrandirsi e a popolarsi di più: sappiate allora che Dio mi ha accolto. Se invece, dopo la mia morte, il monastero comincerà a impoverirsi di monaci e a scarseggiare di provviste conventuali, sappiate allora che non ho soddisfatto Dio». Quando egli ebbe proferito ciò, i fratelli piansero a dirotto: «O padre, prega Dio per noi, perché sappiamo, invero, che Dio non disdegnerà le tue fatiche». E tutta la notte si trattennero accanto a lui. E allorché giunse l’ottavo giorno, che era il secondo sabato dopo la Pasqua, alla seconda ora del giorno, rese l’anima nelle mani di Dio, il terzo giorno del mese di maggio. E piansero per lui i fratelli. Feodosij aveva ordinato di essere deposto nella grotta, dove a tante gesta aveva atteso. «Seppellite il mio corpo di notte», aveva detto. Così fecero. Giunta la sera, i fratelli presero il suo corpo, e lo deposero onorevolmente nella grotta, accompagnandolo con canti e ceri, lodando nostro Signore Gesù Cristo.E Stefan governava il monastero e i monaci del beato gregge adunato da Feodosij. Tali monaci risplendevano nella Rus’ come torce, alcuni erano formidabili nel digiunare, altri nella veglia, altri nell’adorazione in ginocchio, altri nell’astinenza a giorni alterni o ogni due giorni, altri nel consumare soltanto pane e acqua, altri solo verdure crude o cucinate; i più giovani

190

Page 91: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

sottomessi agli anziani non osavano parlare in loro presenza, ma sempre in sottomissione umiltà e grande obbedienza permanevano. Allo stesso modo anche i più anziani erano pieni d’amore verso i giovani, che istruivano e consolavano come figli prediletti. Se un fratello cadeva in qualche infrazione, lo confortavano e, per il grande amore che li legava, la punizione di un fratello condividevano in tre o quattro: tale era l’amore che univa questi fratelli e tale era la loro grande temperanza. Se qualche fratello abbandonava il monastero, tutti i confratelli, a causa di ciò, cadevano in grande afflizione, lo cercavano e lo riportavano al monastero, quindi tutti andavano a inchinarsi all’igumeno, pregavano l’igumeno e con gran gioia il fratello di nuovo accoglievano nel monastero. Tali essi erano: colmi di amore e di temperanza e di astinenza; di fra loro ricorderò alcuni uomini straordinari. Primo fra tutti Dem’jan [Damiano], il presbitero; era tanto dedito al digiuno e all’astinenza che fino alla sua morte nulla assaggiò che non fosse pane e acqua. Se qualcuno portava al monastero un bambino ammalato, oppure afflitto da qualche infermità, oppure giungeva in monastero, dal beato Feodosij, un adulto affetto da qualche malanno, ordinava questi a Dem’jan di recitare una preghiera per l’infermo e terminata la preghiera lo ungeva con l’olio santo. E guarivano quanti a lui venivano. Una volta che, ammalato e prossimo a morire, giaceva spossato, gli pervenne un angelo con le sembianze di Feodosij, che gli donò il regno dei cieli quale ricompensa per le sue gesta. Più tardi giunse Feodosij insieme ai fratelli e gli si sedettero accanto. Egli, allo stremo delle forze, guardò l’igumeno e disse: «Non dimenticare, igumeno, quanto mi hai promesso la notte scorsa!». Il grande Feodosij comprese che aveva avuto una visione e gli disse: «Fratello Dem’jan, ciò che io t’ho promesso si compirà». Egli, socchiusi gli occhi, rese l’anima nelle mani di Dio; l’igumeno e i fratelli seppellirono il suo corpo.C’era anche un altro fratello di nome Eremija, che ricordava il battesimo della Rus’. A costui Dio aveva donato un talento: profetava il futuro e quando scorgeva un fratello in pensieri impuri, lo riprendeva in segreto e lo istruiva a guardarsi dal demonio. Se qualche fratello meditava di lasciare il monastero ed egli veniva a scoprirlo, si recava da lui, biasimava il suo pensiero e consolava il fratello. Se annunciava a qualcuno qualche cosa, buona o cattiva che fosse, si avverava sempre la parola del vegliardo.C’era un altro anziano di nome Matvej e anche questi era veggente. Un giorno, mentre stava in chiesa al proprio posto, alzati gli occhi passò lo sguardo sui fratelli che, eretti lungo entrambi i lati, cantavano e scorse un demonio che s’aggirava in sembianze di Ljaco; era avvolto in un mantello e sotto la falda aveva un fiore chiamato lepok [la bardana]. Mentre passava lungo le file dei fratelli, prelevandosi dal petto il fiore, lo lanciava contro qualcuno. Se il fiore si attaccava a qualcuno dei fratelli, che erano intenti a cantare, questi sostava alquanto con la mente dissipata, poi, trovato un pretesto qualsiasi, lasciava la chiesa e ritornato in cella cadeva addormentato e non ritornava più in chiesa, fino alla fine del canto mattutino. Se lo lanciava contro un altro e il fiore non gli si attaccava,

191

Page 92: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

permaneva questi saldo nel canto fino al termine del Mattutino e solo allora si ritirava nella cella. Veduto ciò, il vegliardo lo raccontò ai suoi confratelli. Sempre quel vegliardo vide anche questo. Di solito egli, dopo il Mattutino, si tratteneva in chiesa intanto che tutti i fratelli, terminato il canto prima dell’alba, raggiungevano le loro celle; egli abbandonava per ultimo la chiesa. Una volta, mentre andava s’assise sotto il battaglio per tirare il fiato, ché la sua cella era distante dalla chiesa, ed ecco scorse una gran turba muovere provenendo dalla porta. Alzò gli occhi e vide uno che stava a cavalcioni di un maiale, mentre gli altri correvano intorno. E chiese loro il vegliardo: «Dove andate?». Rispose il demonio che cavalcava il porco: «A prelevare Michal Tol’bekovič». L’anziano si segnò col segno della croce e rientrò nella sua cella. Fattosi giorno e compreso il vecchio di cosa si trattava, disse al cellario: «Vai a controllare se Michal è in cella». Gli risposero: «Poc’anzi, dopo il Mattutino, ha saltato il muro». E l’anziano raccontò quella visione all’igumeno e ai confratelli. Al tempo di questo vegliardo morì Feodosij e divenne igumeno Stefan, e dopo Stefan Nikon ed egli era ancora in vita. Una volta, mentre assisteva al Mattutino, nel desiderio di vedere l’igumeno Nikon, sollevò gli occhi e scorse un asino che stava al posto dell’igumeno. Comprese che l’igumeno ancora non si era alzato. Alla medesima maniera molte altre visioni ebbe questo vegliardo e si spense nello stesso monastero in ragguardevole vecchiezza. C’era anche un altro monaco, di nome Isakij. Era stato ricco quando apparteneva ancora al mondo secolare: nativo della città di Toropec, aveva fatto il mercante. Poi pensò di farsi monaco e dopo aver distribuito i suoi averi fra i bisognosi e i monasteri, si recò dal grande Antonij nella grotta con la preghiera di dargli la tonsura monastica. L’accolse Antonij e lo rivestì della tonaca monastica, conferendogli il nome di Isakij, in luogo di Čern, il suo nome secolare. Questo Isakij intraprese una vita di rigori e indossò il cilicio. Chiese che gli comperassero un caprone e scuoiatolo indossò la pelle sopra il cilicio; la pelle umida si essiccò su di lui. E si rinchiuse nella grotta, in una dei corridoi, una piccola celletta di quattro braccia, e là, senza sosta, pregava Dio tra le lacrime. Il suo cibo era il solo pane eucaristico e anche questo a giorni alterni; persino l’acqua beveva con moderazione. Glieli portava il grande Antonij che glieli passava dalla finestrella attraverso la quale a stento s’infilava la mano; in questo modo riceveva il cibo. Così trascorse sette anni senza uscire mai alla luce, né sulle costole giacere, ma seduto si assopiva un po’. E, come d’abitudine, calata la sera si metteva in ginocchio a cantare i salmi fino alla mezzanotte e se si affaticava si sedeva sul suo sedile. Una volta, mentre, come uso, rimaneva seduto dopo aver spento la candela, all’improvviso una luce che accecava la vista come fosse il sole, risplendette nella grotta. E vennero a lui due giovani bellissimi dai volti fulgenti come il sole e gli dissero: «Isakij, noi siamo due angeli; guarda, Cristo viene con gli angeli». E alzatosi Isakij vide una folla e i loro volti simili al sole e fra di loro uno, il cui volto risplendeva sopra tutti gli altri. E gli dissero: «Isakij, ecco a te Cristo; cadi, prosternati a lui!». Egli non comprese l’opera demoniaca, né pensò a segnarsi con il segno della

192

Page 93: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

croce; alzatosi, invece, s’inchinò all’opera del demonio, come se si inchinasse a Cristo. I demoni esclamarono e dissero: «Sei nostro oramai, Isakij». E fattolo entrare nella celletta e messolo a sedere, presero ad ammassarsi intorno a lui e la cella si empì di loro e tutto il passaggio verso la grotta. E uno dei demoni, quello che si spacciava per Cristo, disse: «Prendete zampogne e tamburelli e gusli [strumento musicale a corde] e suonate, perché Isakij ballerà per noi». E attaccarono con le zampogne e con le gusli e coi tamburelli e presero a divertirsi con lui; alla fine lo abbandonarono stremato, vivo per miracolo, andandosene dopo averlo dileggiato. L’indomani, fattosi giorno e giunta l’ora di assaggiare il pane, venne Antonij, come d’abitudine, alla finestrella e disse: «Signore benedici padre Isakij!». Non vi fu risposta, né alcuno udì. Molte volte ripeté il saluto Antonij; nessuna risposta ricevette. E disse Antonij: «Ecco che è già morto». E mandò al monastero per cercare Feodosij e i suoi fratelli. E scavarono, laddove era sbarrato l’ingresso ed entrati lo prelevarono, pensandolo morto; lo portarono fuori e lo distesero dinanzi alla grotta. E si accorsero che era in vita. E disse l’igumeno Feodosij: «Dall’opera dei demoni proviene ciò». E lo misero sul letto e Antonij lo assisteva.In quel tempo accadde che Izjaslav ritornasse dalla terra dei Ljachi e si arrabbiasse Izjaslav con Antonij per Vseslav. E Svjatoslav, mandati gli uomini, prelevò Antonij di notte per accompagnarlo a Černigov. Antonij, giunto a Černigov, s’invaghì delle colline di Boldino e, scavata una grotta, prese qui dimora: esiste, colà sulle colline di Boldino, fino ai giorni nostri il monastero della Santa Madre di Dio. Feodosij, vedendo Antonij partire per Černigov, andò con i confratelli a prelevare Isakij e lo portò nella sua cella e lo accudiva, perché aveva indeboliti il corpo e la mente; non era capace di girarsi dall’altra parte, né di alzarsi, né di sedersi, ma giaceva su un lato e si bagnava spesso e sotto il suo fianco, e, per l’umidità e il ristagno, si formavano dei vermi. Feodosij in persona di sua mano lo lavava e cambiava e per due anni ebbe sempre cura di lui. E questo fu di meraviglia e stupore: giacque egli per due anni, senza mai assaggiare pane, né acqua, né cibo alcuno, né frutta; e neanche con la lingua parola proferire bensì per due anni rimase sordo e muto. Feodosij supplicava Dio per lui e su di lui recitava preghiere di giorno e di notte, fino a che al terzo anno riprese a parlare e si rizzò sulle gambe come un bambino e s’incamminò. Ma frequentare la chiesa sdegnava, tanto che con la forza lo attirarono verso di essi e così a poco a poco l’abituarono. Poi gli insegnarono ad andare al refettorio e lo facevano sedere lontano dai confratelli e gli mettevano il pane dinanzi, ma non lo toccava, se non glielo si metteva in mano. Feodosij disse: «Ponetegli il pane dinanzi, ma senza metterglielo in mano, che mangi da solo». E per una settimana non mangiò. Poi, lentamente, guardandosi intorno, cominciò ad assaggiare il pane e così imparò a mangiare. Così Feodosij lo salvò dalle insidie del diavolo e dalla sua seduzione. E Isakij di nuovo tornò all’estrema audacia e all’astinenza. Quando Feodosij morì e Stefan gli subentrò nella carica, Isakij disse: «Ecco, mi hai già ingannato una volta, o diavolo, mentre rimanevo nello stesso luogo; ora non mi rinserrerò più nella grotta, ti

193

Page 94: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

vincerò bensì vivendo nel monastero». E indossò il cilicio e sul cilicio una tonaca ruvida e assunse un comportamento da folle. E prese ad aiutare i cuochi cucinando per i confratelli. E al Mattutino presentandosi prima di tutti rimaneva solo ed immobile. Al sopraggiungere dell’inverno e dei terribili rigori calzava scarpe dalle suole logore, talché i piedi suoi si congelavano sulla pietra, ma egli non muoveva le gambe fino alla fine dei canti mattutini. E dopo il Mattutino si recava in cucina per preparare il fuoco, l’acqua e la legna prima che giungessero gli altri cuochi. Uno dei cuochi, che portava quel medesimo nome Isakij, disse scherzando a Isakij: «Là fuori c’è un corvo nero, vai e prendilo». Egli si inchinò dinanzi a lui fino a terra, prese il corvo e lo portò davanti a tutti i cuochi. Ed essi orripilarono e raccontarono all’igumeno e ai confratelli; e da allora i confratelli lo rispettarono. Egli, disdegnando la gloria umana, si diede alle follie, provocando dei danni ora all’igumeno, ora ai confratelli, ora ai secolari, tanto che alcuni lo castigarono. E prese ad uscire per il mondo, anche colà commettendo stravaganze. E si insediò nella grotta dov’era vissuto prima; Antonij era già morto ed egli radunò intorno a sé dei giovani e li rivestì di abiti monacali, per la qual cosa subì i castighi corporali dell’igumeno Nikon, come dei genitori di questi ragazzi. Egli tutto sopportava, accettando le bastonate e la nudità e il freddo giorno e notte. Una notte egli attizzò la stufa della piccola izba presso la grotta. Infiammata, attraverso le sue crepe, perché era piuttosto vecchia la stufa, presero a fuoriuscire delle lingue di fuoco. Egli nulla aveva con cui otturare le fessure e, salito sopra con i piedi scalzi stette sulle fiamme fino a che il fuoco non si spense. E molte cose raccontavano di lui, mentre di altre fui anche testimone. E così colse la vittoria sui demoni, ché in nulla li temeva e al par delle mosche considerava le sue visioni. Diceva loro: «Voi mi avete sedotto una prima volta nella grotta perché ignoravo le vostre insidie e le vostre perfidie, ma ora sono fiducioso: in nome del Signore Gesù Cristo e del mio Dio, e con la preghiera del padre mio Feodosij, avrò la vittoria». Molte volte i demoni gli arrecavano danni e dicevano: «Sei nostro, ti sei inchinato al nostro capo e a noi» ed egli ribatteva: «Il vostro capo è l’anticristo, mentre voi siete dei demoni» e segnava sul suo volto il segno della croce e così essi scomparivano. Una volta di nuovo vennero a lui di notte, spaventandolo con una visione, perché erano in molti, armati di zappe e picconi, e dicevano: «Facciamo crollare questa grotta e seppelliamolo qui»; altri dicevano: «Fuggi, Isakij, ti vogliono seppellire». Egli rispondeva loro: «Se foste stati degli uomini, sareste venuti di giorno, mentre voi siete tenebra, nella tenebra vivete e la tenebra vi porterà via». E li segnò con la croce ed essi scomparvero. Altre volte lo spaventavano in sembianze di orso, oppure di fiera feroce o di bove, oppure di serpenti che strisciavano verso di lui, o di rospi, o di topi o di ogni sorta di animali. E non riuscirono a fargli nulla e gli dissero: «Isakij, tu ci hai vinti». Egli rispose: «La prima volta mi avete vinto, poiché celati sotto le sembianze di Gesù Cristo e sotto quelle degli angeli, spoglie delle quali siete indegni; ma ecco ora apparite in sembianze di fiere e di animali, di serpenti e di rettili, come in realtà voi siete, cattivi e ripugnanti alla vista». E

194

Page 95: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

fuggirono da lui i demoni e da allora, come egli stesso raccontava, alcun danno dai demoni più gli derivò: «Una guerra, questa, protrattasi per me per ben tre anni». Poi riprese a vivere in rigore e astinenza, in digiuno e veglia. E così vivendo conchiuse la sua esistenza. E si ammalò nella grotta; e già infermo lo trasportarono nel monastero ed entro l’ottavo giorno spirò in Dio. L’igumeno Ioann e i confratelli, preparata la salma, gli diedero sepoltura. Tali erano i monaci del monastero di Feodosij, i quali risplendono quali torce anche dopo la morte e pregano Dio per i confratelli, che stanno qui e per quelli del secolo, per i benefattori del monastero nel quale anche oggi si conduce una vita virtuosa, tutti insieme uniti nei canti e nelle preghiere e nell’obbedienza per la gloria di Dio onnipotente e dalle preghiere di Feodosij protetti; a lui gloria nei secoli. Amen.

LXIX. Ambasciatori germani da Svjatoslav (1075)Nell’anno 6583 [1075], iniziarono la costruzione della chiesa del [monastero] Pečerskij sopra le fondamenta poste dall’igumeno Stefan. Per primo ad erigerla cominciò Feodosij; su quei basamenti continuò Stefan. Fu terminata nel terzo anno, il mese di luglio, giorno undicesimo. In quest’anno vennero a Svjatoslav gli ambasciatori dei Germani. Svjatoslav, inorgoglito, mostrò loro il suo tesoro. Essi, nel vedere una quantità incommensurabile di oro e d’argento e di stoffe pregiate, dissero: «Tutto ciò è nulla, giacché sono cose morte; meglio di ciò sono i guerrieri, perché gli uomini queste cose conquistano e anche in quantità ben superiore». È così che si gloriò Ezechia, re di Giuda, davanti agli ambasciatori del re di Assiria dal quale tutto sarebbe stato prelevato e portato in Babilonia [cfr. 2 Re 20,12 ss.]. Così, dopo la morte di questi [Svjatoslav], tutti i suoi beni furono dispersi ai quattro venti.Nell’anno 6584 [1076], Vladimir, figlio di Vsevolod, e Oleg, figlio di Svjatoslav, andarono in soccorso dei Ljachi, contro i Cechi. Quest’anno morì Svjatoslav, figlio di Jaroslav, il ventisette del mese di dicembre, in seguito all’incisione di un bernoccolo, e fu seppellito a Černigov, dietro la chiesa di San Salvatore. E dopo di lui s’assise sul trono Vsevolod il primo giorno del mese di gennaio. Quest’anno nacque a Vladimir un figlio, Mstislav, nipote di Vsevolod.Nell’anno 6585 [1077], Izjaslav mosse guerra alleandosi con i Ljachi; Vsevolod marciò contro di lui; Boris si insediò a Černigov nel mese di maggio e il suo regno durò otto giorni prima di fuggire a Tmutorokan’ presso Roman. Vsevolod marciò contro suo fratello Izjaslav a Volyn’ e conclusero la pace. E Izjaslav tornò a insediarsi a Kiev nel mese di luglio giorno quindici. Oleg, figlio di Svjatoslav, era presso Vsevolod di Černigov.

LXX. Guerra contro i Polovcy e morte di Izjaslav (1078)Nell’anno 6586 [1078], Oleg, figlio di Svjatoslav a Tmutorokan’, fuggì da Vsevolod il decimo giorno del mese di aprile.Quest’anno Gleb, figlio di Svjatoslav, fu ucciso a Zavoloč’e. Gleb era

195

Page 96: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

compassionevole verso i poveri, ospitale con i forestieri, premuroso verso la chiesa, ardente di fede, umile e bello d’aspetto. La sua salma fu tumulata a Černigov dietro la chiesa di San Salvatore, il giorno ventitré del mese di luglio. Mentre Svjatopolk, figlio di Izjaslav, gli succedette a Novgorod, Jaropolk regnava a Vyšgorod, Vladimir a Smolensk, Oleg e Boris portarono i pagani nella terra russa e marciarono contro Vsevolod insieme ai Polovcy. Vsevolod marciò contro di loro sulla Sožica e i Polovcy vinsero la Rus’ e molti furono gli uccisi. Vi morirono, il giorno venticinque del mese di agosto, Ivan Žiroslavič [Jaroslavič] e Tuky, fratello di Čudin e Porej e molti altri.Oleg e Boris entrarono a Černigov reputandosi vincitori, di fatto gran male alla Rus’ arrecavano, versando sangue cristiano, sangue che Dio dalle loro mani ricercherà [vendicherà] perché dovranno rispondere per la perdita delle anime dei Cristiani. Vsevolod venne da suo fratello Izjaslav a Kiev e, dopo essersi salutati si misero a seduti. Vsevolod raccontò tutto l’accaduto. Izjaslav gli disse: «Fratello, non affliggerti. Hai visto quanto male è capitato a me: non mi scacciarono forse, prima, per depredare i miei possedimenti? E poi ancora, una seconda volta, per quale mai colpa da me commessa? E non fui forse scacciato da voi, dai fratelli miei? E non andai ramingo per terre straniere, privato di ogni bene, senza aver compiuto alcun male? E ora, fratello, non rattristiamoci. Se ci spetterà una parte della terra russa, di essa sarà di entrambi; se ne saremo privati, la perderemo insieme. Io esporrò la mia vita per te!». E così dicendo, consolato Vsevolod, diede ordine di riunire tutti i guerrieri, dal più giovane al più anziano. E Izjaslav marciò con suo figlio Jaropolk, e Vsevolod con suo figlio Vladimir, e andarono contro Černigov, ma i cittadini di Černigov serrarono la città. Oleg e Boris non erano a Černigov. Poiché non aprivano i cittadini di Černigov, mossero essi all’assalto della città. Vladimir attaccava nella zona della porta ad oriente dello Strižen, ed espugnò la porta e conquistata la parte esterna della città la incendiò, mentre gli uomini fuggivano verso l’interno dell’abitato. Izjaslav e Vsevolod appresero che Oleg e Boris avanzavano contro di loro, li prevennero e uscirono dalla città contro Oleg. Allora Oleg disse a Boris: «Non marciamo contro essi, non possiamo opporci a quattro principi, ma manderemo [messaggeri] con umiltà ai nostri zii». Boris gli rispose: «Tieniti pronto e osserva, sono io avverso a tutti loro». Gran vanto menò egli, ignorando che «Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia» [Gc 4,6], perché «non si vanti il forte della sua forza» [Ger 9,22]. E mossero contro ed entrambi gli eserciti, raggiunta la località presso il villaggio che si chiama Nežatina Niva, si scontrarono e seguì una cruenta battaglia. E per primo cadde ucciso Boris, figlio di Vjačeslav, che tanto s’era vantato. Izjaslav, che era appiedato fra i fanti, da qualcuno, sopraggiunto inatteso, fu colpito alla spalla con la lancia. E così fu ucciso Izjaslav, figlio di Jaroslav. E siccome la battaglia si protraeva, Oleg fuggì con una piccola družina e a stento riuscì a salvarsi fuggendo a Tmutorokan’. Fu ucciso il principe Izjaslav il terzo giorno del mese di ottobre. E, prelevato il suo corpo, lo trasportarono in una barca e lo deposero nella città di Gorodec. Tutta la città di Kiev uscì incontro a lui. Sistemata la salma su una slitta, i

196

Page 97: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

sacerdoti e i monaci, intonando inni, la trainarono in città. Il gran pianto generale ed i singhiozzi che si elevavano coprivano il canto; tutta la città di Kiev lo pianse. Jaropolk seguiva il feretro con tutta la sua družina e piangeva: «Padre, padre mio, non sei proprio vissuto senza dolore in questo mondo, perché di tante aggressioni la gente estranea e i fratelli tuoi ti fecero oggetto. Tuttavia non per mano del fratello sei morto, bensì sacrificando il proprio capo per il fratello tuo». E trasportatolo seppellirono il suo corpo nella chiesa della Santa Deipara [o: nella chiesa di Santa Sofia a Kiev] deponendolo in un sepolcro di marmo. Izjaslav era di bell’aspetto e corporatura possente, di buona indole, intollerante verso le storture, amante della giustizia, estraneo all’astuzia come alla menzogna, ma candido di intelletto, mai restituiva male per male. Quante offese gli arrecarono i cittadini di Kiev: lo scacciarono, mentre la sua dimora saccheggiarono e a tanto male mai rispose col male. Se qualcuno vi dirà: «Ha sterminato i soldati che hanno liberato Vseslav dalle segrete», non egli compì ciò, bensì il figlio suo. Nuovamente i suoi fratelli lo cacciarono e andò ramingo per terre straniere. E assisosi egli di bel nuovo sul suo scranno, quando Vsevolod giunse da lui sconfitto, non gli disse: «Quanto male da voi ho ricevuto», non restituì male per male, ma lo consolò dicendogli «Fratello, poiché tu mi hai dimostrato affetto, riconducendomi sul mio scranno e appellandomi maggiore di te, ecco, son’io dimentico del male primiero; tu mi sei fratello, e per te il capo mio porrò», così poi accadde. Non gli aveva detto: «Quanto male mi avete fatto ed ecco, ora a te lo stesso accadrà», non disse: «Ciò non mi riguarda», ma, assumendo su di sé il dolore fraterno e amore grande manifestando, pose in atto quanto detto dall’apostolo: «Confortate i pusillanimi» [1 Ts 5,14]. In verità, se egli in questo mondo ha commesso qualche peccato, gli sarà perdonato, perché ha sacrificato il capo per suo fratello, non perseguendo maggior potere, né ricchezza superiore, ma ergendosi in difesa del fratello oltraggiato. Di simili uomini il Signore disse: «[Nessuno ha un amore più grande di questo:] dare la vita per i propri amici» [Gv 15,13]. Salomone disse: «Fratelli, nelle sventure siate soccorrevoli» [cfr. Prv 17,17]. Infatti l’amore è superiore a ogni altra cosa, come dice Giovanni: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Per questo l’amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore» [1 Gv 4,16-18]. E ancora: «Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» [1 Gv 4,20-21] Ogni cosa si completa nell’amore: per amore anche i peccati si dissolvono; per amore Dio discese in terra e si fece crocifiggere per noi peccatori e, assunti i nostri peccati, s’inchiodò sulla croce offrendo a noi la sua croce per scacciare l’odio demoniaco; per amore i martiri versarono il proprio sangue; per amore anche questo principe versò

197

Page 98: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

il proprio sangue per il fratello suo, adempiendo al precetto del Signore.Inizio del principato di Vsevolod a Kiev: Vsévolod s’assise in Kiev, sullo scranno di suo padre e di suo fratello, assumendo il potere su tutta la Rus’. E insediò suo figlio Vladimir a Černigov, mentre insediò Jaropolk nella città di Vladimir, e a questi assegnò anche Turov.

LXXI. Guerre civiliNell’anno 6587 [1079], Roman venne con i Polovcy presso Voin, Vsevolod stette presso Perejaslavl’ e concluse la pace con i Polovcy. E ritornò indietro Roman con i Polovcy, lo uccisero i Polovcy il secondo giorno del mese di agosto. Le ossa di lui, figlio di Svjatoslav, nipote di Jaroslav, a tutt’oggi colà giacciono. I Chazari fecero prigioniero Oleg e lo condussero per mare a Car’grad. Vsevolod insediò Ratibor governatore a Tmutorokan’.Nell’anno 6588 [1080], i Torki di Perejaslavl’ contro la Rus’. Vsevolod mandò contro di essi il figlio suo Vladimir. Vladimir infatti andò e vinse i Torki.Nell’anno 6589 [1081], fuggì Davyd, figlio di Igor’, insieme a Volodar’, figlio di Rostislav, il giorno diciotto del mese di maggio. Raggiunsero Tmutorokan’, imprigionarono Ratibor, e si stabilirono a Tmutorokan’. Nell’anno 6590 [1082], morì Osen’, principe dei Polovcy.Nell’anno 6591 [1083], giunse Oleg a Tmutorokan’, provenendo dai Greci e prese prigionieri Davyd e Volodar’ Rostislavič e si insediò a Tmutorokan’. E uccise i Chazari istigatori dell’assassinio di suo fratello e di lui medesimo, mentre liberò Davyd e Volodar’.Nell’anno 6592 [1084], venne Jaropolk da Vsevolod il giorno di Pasqua. In quel tempo i due figli di Rostislav erano sfuggiti a Jaropolk, e, ritornati, scacciarono Jaropolk. Vsevolod mandò suo figlio Vladimir e discacciò i figli di Rotislav e insediò Jaropolk a Vladimir. Questo anno Davyd assoggettò i gr’c’niky [popolazione mercantile della zona che commerciava con i Greci] di Oleš’e s’appropriò di ogni loro avere. Vsevolod lo mandò a cercare e quando venne gli offrì Dorogobuž.Nell’anno 6593 [1085], Jaropolk, ascoltato i cattivi consiglieri, volle marciare contro Vsevolod. Appreso ciò, Vsevolod gli mandò contro suo figlio Vladimir. Jaropolk, abbandonata la madre sua e la družina a Luck, fuggì presso i Ljachi. Vladimir giunse a Luck e gli abitanti della città si arresero, mentre la madre, la moglie e la družina di lui portò a Kiev, e ogni suo bene sequestrò.

LXXII. Avvenimenti diversi (1086-1090)Nell’anno 6594 [1086], Jaropolk tornò dai Ljachi, e concluse la pace con Vladimir e di nuovo Vladimir andò a Černigov; Jaropolk governava la città di Vladimir. Dopo alcuni giorni egli partì per Zvenigorod e non aveva ancora raggiunta la città che fu trafitto dal maledetto Neradec, dal diavolo e da uomini malvagi ammaestrato. Egli era disteso nella slitta e quello, mentre cavalcava, lo trafisse con la spada, il giorno ventidue del mese di novembre. Jaropolk si sollevò e, dopo essersi estratto la spada, tuonò a gran voce: «Ahimè, nemico mio, tu mi hai centrato». Neradec, il tre volte maledetto,

198

Page 99: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

fuggì a Peremyšl’ presso Rjurik, intanto che Radko e Vojkina, insieme a molti altri, trasportarono Jaropolk a cavallo, facendosi precedere sulla strada di Vladimir, e da qui a Kiev. Gli uscì incontro, insieme ai propri figli Vladimir e Rotislav, il pio principe Vsevolod [padre di Vladimir Monomaco] accompagnato da tutti i suoi bojari e dal venerabile metropolita Ioann, cui facevano ala i monaci e i sacerdoti; tutti i Kieviani su di lui gran lacrime piansero, con salmi e canti lo accompagnarono fino al [monastero di] San Dmitrij; e sollevato il suo corpo, con gli onori lo deposero nel sepolcro di marmo all’interno della chiesa del Santo Apostolo Pietro, che un tempo egli stesso aveva cominciato ad erigere, nel quinto giorno del mese di dicembre. Incolpevole, da molte sventure fu colpito: dai fratelli suoi scacciato, oltraggiato, depredato e infine anche un’amara morte lo colse, però la vita eterna e la pace si conquistò. Tale era questo beato principe Jaropolk, mite, tranquillo ed umile, amante dei fratelli e degli indigenti; la decima parte di tutti i suoi beni e del raccolto ogni anno offriva alla chiesa della Santa Deipara e pregava sempre Dio dicendo: «Signore, mio Dio, Gesù Cristo, accogli la mia preghiera e concedimi la morte per mano d’altri, come l’hai concessa ai miei fratelli Boris e Gleb, affinché possa io lavare i miei peccati col sangue mio e salvarmi da questo mondo frivolo e dalla violenza e dalle tentazioni del demonio». Il Signore nella sua bontà non gli negò quanto richiedeva e ricevette «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» [1 Cor 2,9], che sono da Dio approntati per quanti lo amano.In quell’anno Vsevolod andò a Peremyšl’. In quell’anno Vsevolod fondò la chiesa di Sant’Andrea del beato metropolita Ioann, costruì presso questa chiesa un monastero, dove sua figlia si fece monaca e si chiamò Janka; ella riunì molte altre religiose e visse con loro secondo le regole della vita religiosa.Anno 6595 [1087].Nell’anno 6596 [1088], fu consacrata la chiesa di San Michail del monastero di Vsevolod dal metropolita Ivan e i vescovi Luka, Isajja; in quel momento Lazar’ era igumeno di questo monastero.Quell’anno, Svjatopolk lasciò Novgorod e andò a Turov.Quell’anno morì Nikon, igumeno del monastero Pečerskij.Quell’anno i Bulgari s’impossessarono di Murom.Nell’anno 6597 (1089), fu consacrata la chiesa della Santa Deipara del Pečerskij, il monastero di Feodosij, dal metropolita Ioann e da Luka, vescovo di Belgorod, Isajja, vescovo di Rostov, Ioann, vescovo di Černigov, e Antonij, igumeno di San Georgij [o: vescovo di Jur’ev], al tempo del nobile principe Vsevolod, che governava la terra di Rus’, e dei suoi figli Vladimir e Rostislav, quando a Kiev voivoda della guardia urbana era Jan, e igumeno Ioann.Quell’anno morì il metropolita Ioann, era questi buon conoscitore dei libri e della scienza, caritatevole verso gli indigenti e le vedove, amabile con tutti, ricchi e poveri, sottomesso e umile e silenzioso, facondo quando consolava con le Sacre Scritture gli afflitti; nella Rus’ non v’è stato uno simile prima di

199

Page 100: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

lui, né dopo di lui un tale vi sarà. Quell’anno, Janka, la figlia di Vsevolod, andò dai Greci.Nell’anno 6598 [1090], Janka accompagnò il metropolitana Ioann, un eunuco, del quale, dopo averlo visto, tutta la gente disse: «Ecco, è arrivato un fantasma». Vi rimase un anno e poi spirò. Era egli uomo di scarse lettere, ma d’intelligenza diritta e dal franco dire. Quest’anno fu consacrata la chiesa di San Michail a Perejaslavl’, da Efrem, metropolita di quella chiesa, che l’aveva creata grande ed edificò un ampliamento imponente, abbellendola di ogni ornamento e vasi sacri. Infatti, questo Efrem, un eunuco di alta cultura, in quell’anno aveva eretto molti edifici: terminata la chiesa di San Michail fondò presso le porte della città la chiesa consacrata al santo martire Fedor e dopo questa la chiesa di Sant’Andrea fuori le mura, ed eresse delle terme in pietra, quali prima nella Rus’ non s’erano mai viste e ornò la città di Perejaslavl’ di chiese e di altri edifici.

LXXIII. Ritrovamento delle reliquie di san Feodosij (1091)Nell’anno 6599 [1091], l’igumeno e i monaci [del monastero Pečerskij o delle Grotte] tennero consiglio e dissero: «Non è bene che il nostro padre Feodosij riposi fuori del monastero e della sua chiesa, giacché egli ha fondato la chiesa e adunato i monaci». E, terminato il consiglio, disposero di preparare il luogo dove deporre i suoi resti. A tre giorni dalla Dormizione della Deipara, l’igumeno ordinò di scavare in corrispondenza del luogo, in cui giacevano i resti del padre nostro Feodosij. Del suo ordine io peccatore fui il primo testimone, per cui riferirò cose non udite con l’orecchio, ma bensì delle quali di persona fui artefice. Giunse da me l’igumeno e mi disse: «Andiamo nella grotta di Feodosij». Andato con l’igumeno all’insaputa di tutti, esaminai dove scavare e segnai, al di là dell’entrata, il posto in cui scavare. L’igumeno mi disse: «Non puoi dirlo a nessuno dei confratelli, ché niuno deve saperlo, tuttavia prendi colui che credi, perché t’aiuti». Quello stesso giorno preparai le zappe, con le quali scavare. E martedì sera, sull’imbrunire e all’insaputa di tutti, presi con me due confratelli [poi diventano uno solo] e raggiunsi la grotta. Dopo aver cantati i salmi cominciai a scavare. Affaticatomi, lasciai scavare l’altro fratello e scavammo fino a mezzanotte; eravamo stremati senza riuscire ancora a raggiungere la meta e presi a dolermi, ché forse si stava scavando nel punto sbagliato. Allora, afferrata la zappa, ripresi a scavare con fervore, intanto che il mio compagno riposava dinanzi alla grotta. Mi disse: «Hanno suonato la campana». In quel momento io raggiungevo i resti di Feodosij. E mentre egli mi diceva «Hanno suonato la campana», io gli annunciavo: «Lo scavo è pronto». Terminato che ebbi, il terrore mi vinse e presi a invocare: «Signore, abbi pietà». Dentro il monastero, due confratelli stavano guardando verso la grotta; l’igumeno ancora non aveva comunicato con chi, in segreto, l’avrebbe trasportato; ai rintocchi della campana scorsero essi tre colonne, splendenti come arcobaleni, che dopo un po’ andarono a posarsi sulla sommità della chiesa, nella quale da lì a poco stava per essere seppellito Feodosij. Comprese che si stavano traslando i resti di Feodosij,

1100

Page 101: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

ché di ciò il giorno prima gli era stata data notizia; dispiaciuto che lo si stesse compiendo senza di lui, saltò in groppa al cavallo e partì precipitosamente, prendendo con sé Kliment, che lasciò igumeno dopo di sé. E mentre erano per via, scorsero un fulgore grande. Approssimandosi, individuarono molte candele sopra la grotta: avvicinati alla grotta non videro più nulla e penetrarono nel fondo della grotta, dove noi si stava accanto ai suoi resti. Terminato lo scavo, avevo mandato a dire all’igumeno: «Vieni, così lo preleviamo». L’igumeno giunse con due confratelli. Io allargai lo scavo; entrammo e scorgemmo i suoi resti che giacevano; le giunture, però, non s’erano staccate e i capelli erano attaccati alla testa. E depostolo su un mantello, lo si trasportò fuori della grotta. L’indomani confluirono i vescovi: Efrem di Perejaslavl’, Stefan di Vladimir, Ioann di Černigov, Marin di Jur’ev e gli igumeni di tutti i monasteri. Vennero anche degli uomini pii e furono sollevati i resti di Feodosij fra profumo d’incenso e ceri ardenti. E lo trasportarono nell’atrio della sua chiesa, nel lato destro lo tumularono, il giorno quattordici del mese di agosto, di giovedì, all’una antimeridiana, indizione quattordicesima, anno... e quel giorno fu celebrato con solennità.Ecco, ora racconterò come si avverò una profezia di Feodosij. Mentre Feodosij era in vita e da igumeno governava il gregge affidatogli da Dio, non solo dei monaci, ma anche dei secolari si prendeva cura, delle loro anime, di come potevano salvarsi; si preoccupava di loro, più che dei suoi figli spirituali, consolando e istruendo chi veniva a lui. Altre volte si recava anche nelle loro case per impartire loro la benedizione. Una volta, giunto alla casa di Jan, presso Jan e la sua compagna Maria – Feodosij aveva un debole per loro, giacché vivevano nei precetti del Signore e in amore fra di loro convivevano –, recatosi da loro li istruiva sulla carità verso i poveri e sul regno dei cieli, su dove viene accolto il giusto, sulla sofferenza per il peccatore e sull’ora del trapasso. Ed ecco che, mentre parlava loro della deposizione dei corpi nella tomba, la moglie di Jan gli disse: «Chi lo sa dove mai mi seppelliranno». Feodosij le rispose: «In verità, laddove io giacerò, anche tu sarai seppellita». Così infatti accadde. Essendo trapassato prima l’igumeno, ciò avvenne diciotto anni più tardi: in quell’anno [ovvero diciotto anni dopo la morte di Feodosij] morì la moglie di Jan, di nome Maria, il giorno sedici del mese di agosto; e venuti i monaci intonarono i canti d’uso e trasportatala, la posero nella chiesa della Santa Deipara, sul lato sinistro, di fronte alla tomba di Feodosij. Feodosij fu seppellito il giorno quattordici, lei invece il sedici. Così si compì quanto predetto dal beato padre nostro Feodosij, dal buon pastore che pascolava le pecore loquaci con fedeltà, mitezza e dedizione, custodendole e vegliando su di esse, pregando per il gregge affidatogli e per le genti cristiani e per la terra di Rus’. E anche dopo la sua dipartita da questa vita prega per gli uomini di fede e per i tuoi discepoli, i quali guardando il tuo sepolcro rimembrino l’insegnamento tuo e la tua temperanza e rendono gloria a Dio. Io peccatore, servo tuo e discepolo, non saprei come lodare la tua esistenza esemplare e la tua astinenza. Tuttavia, dirò qualche cosa: «Esulta, padre nostro e precettore, ché, rinnegato il rumore del secolo, hai prediletto la quiete. Dio hai servito

1101

Page 102: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

in silenzio; nella vita monastica di ogni dono divino ti sei reso portatore, elevandoti col digiuno, sprezzando le passioni della carne e i godimenti, e la bellezza del mondo e rinnegando i desideri del secolo, seguendo le orme dei padri sapienti, divenendo emulo loro, distinguendoti nel silenzio, d’umiltà adornato e nelle parole della Scrittura gioendo. Esulta, ché ti sei fortificato nella speranza dei beni imperituri, dopo aver annientato la bramosia della carne, fonte di arbitri e di ribellioni, tu, o venerabile, agli inganni del demonio sei sfuggito e alle sue reti. O padre, con i giusti ti sei addormentato, hai ricevuto la ricompensa commisurata alle tue fatiche, giacché dei padri sei stato erede, continuatore del loro insegnamento, del loro costume e della loro ascesi, la loro regola hai osservato. Più che a quelle d’altri, alle abitudini e alla vita del Grande Teodosio [Teodosio il Grande] ti sei assimilato; la sua esistenza hai emulato, la sua ascesi hai perseguito, ripercorrendo le sue abitudini, e da un’opera buona a un’altra migliore passando, le usuali preci a Dio elevando, in luogo dell’olezzo profumato offrendo il turibolo di preghiere, fragrante incenso. Sconfitta la lascivia del mondo e il principe sovrano di questo secolo, sopraffatto l’avversario diavolo e i suoi inganni, uscisti vincitore, contrastando le sue frecce e insorgendo contro i suoi malvagi disegni, dopo esserti fortificato con l’arma della croce, con la fede invitta e con l’aiuto di Dio. Prega per me, o padre onorato, perché mi salvi dalle reti del malevolo; salvami con le tue preghiere dal nemico avverso».Quell’anno vi fu un segno nel sole, pareva che stesse scomparendo e ne avanzò ben poco, tanto che alle due antimeridiane del giorno ventuno del mese di maggio divenne simile ad una luna [eclisse solare].Lo stesso anno Vsevolod, era a caccia di animali presso Vyšgorod e, mentre si stavano tendendo le reti e i banditori presero a gridare, un serpente smisurato cadde dal cielo [meteorite] e le genti tutte inorridirono; in quel mentre la terra emise un boato, che in molti udirono. In quell’anno apparve a Rostov un mago che presto perì.

LXXIV. Miracoli a Polock (1092)Nell’anno 6600 [1092], un prodigio stupefacente ebbe luogo a Polock, un’allucinazione: calata la notte, echeggiava lo scalpitio lungo le strade, i demoni, simili a uomini, rapidi correvano in cerca di preda. Se qualcuno, desideroso di vedere, usciva di casa, senza che se ne avvedesse, veniva colpito dai demoni con una ferita mortale, per cui s’aveva paura d’uscire di casa. Poi [i demoni] presero ad apparire di giorno a cavallo, ma non era dato scorgere loro stessi, bensì solo gli zoccoli dei cavalli. Così aggredivano gli abitanti di Polock e della sua regione. Per questo anche gli uomini dicevano: «Le anime dei morti picchiano gli abitanti di Polock». Questo segno apparve per prima nella città di Druck.In quei tempi vi fu un segno in cielo, come un immenso cerchio in mezzo alla volta. Nello stesso anno la siccità era tale che la terra riarse e molti boschi e paludi presero fuoco da sé; e tanti segni si manifestarono in diversi luoghi.

1102

Page 103: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

E una grande guerra mossa dai Polovcy si dispiegò per ogni dove; tre città conquistarono: Pesočen, Perevoloka e Priluk, e di molti villaggi su entrambe le rive del Dnepr s’impossessarono. In quell’anno, i Polovcy, guidati da Vasil’ko, figlio di Rostislav, combatterono contro i Ljachi. Lo stesso anno morì Rjurik, figlio di Rostislav. In quei tempi tanti uomini morivano per diversi malanni, tanto che i venditori di bare [o: croci] dicevano: «Fra San Filippo e l’inizio di Quaresima abbiamo venduto settemila bare [o: croci da apporre sulle bare]». Ciò si verificò per i nostri peccati, perché i nostri peccati e la nostra iniquità si erano moltiplicati. Questo Dio ci inflisse per indurci al pentimento e a desistere dal peccato e dall’invidia e dalle altre cattiverie e opere del maligno.

LXXV. Morte di Vsevolod e devastazioni dei Polovcy (1093), riflessioniNell’anno 6601 [1093], primo di indizione, morì il grande principe Vsevolod, figlio di Jaroslav e nipote di Vladimir, e fu sepolto il giorno tredici del mese di aprile e fu seppellito il giorno quattordici, che cadeva allora nella Settimana Santa e il giorno, quando fu posto nel sepolcro, all’interno della grande chiesa di Santa Sofia, era il Giovedì santo. Questo pio principe Vsevolod fin da bambino era stato devoto, amante della giustizia, rivestiva gli indigenti e onorava i vescovi e i sacerdoti; sopra ogni cosa amava i monaci e assicurava loro l’occorrente; egli stesso di asteneva dall’alcool e dalla concupiscenza. Per questo era il preferito di suo padre, tanto che il padre gli diceva: «Figlio mio, ti ringrazio perché odo la tua mitezza e gioisco, poiché tu rassereni la mia vecchiaia. Se Dio ti concederà di assumere il potere del mio scranno dopo i tuoi fratelli, per diritto e non con la forza, allora quando Dio ti avrà portato via da questa vita, che tu sia seppellito laddove io giaccio, cioè presso la mia tomba, ché a te voglio un bene maggiore che non ai tuoi fratelli». Così si compì la parola del padre suo, come l’aveva espressa. Ricevette egli lo scranno di suo padre, dopo tutti i suoi fratelli. Alla morte di suo fratello, governò Kiev da principe ed ebbe molte più amarezze di quanto non conobbe mentre governava a Perejaslavl’. Mentre regnava a Kiev fu rattristato dai suoi nipoti, che presero a importunarlo, rivendicando il governo chi di una, chi dell’altra regione; egli, per acquietarli, assegnava loro le regioni. Insieme a queste amarezze insorsero anche delle malattie e, di seguito, s’affacciò anche la vecchiaia. E cominciò a prediligere il pensiero dei giovani, consigliandosi con loro. Costoro lo influenzavano e manifestò egli disappunto nei confronti della sua družina di prima e le persone non ottenevano giustizia dal principe. I giovani si davano alle ruberie e alla compravendita delle persone, mentre egli, vittima delle sue malattie, nulla sapeva di ciò. E, ammalatosi gravemente, mandò [un messaggio] a Černigov per il figlio suo Vladimir. Arrivato Vladimir e, vistolo ammalato, pianse molto. Giunta l’ora, presenti Vladimir e Rostislav, il figlio suo minore, trapassò silenzioso e tranquillo e si ricongiunse ai suoi avi, dopo aver regnato quindici anni in Kiev, uno a Perejaslavl’ e uno a Černigov. Vladimir, piangendo, insieme a suo fratello

1103

Page 104: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Rostislav, seppellì il suo corpo. E si adunarono vescovi e igumeni, monaci e sacerdoti, bojari e gente semplice e prelevato il suo corpo, con i canti di rito, lo deposero in Santa Sofia, come dicemmo prima. Vladimir prese a riflettere e disse: «Se mi siedo sullo scranno di mio padre, dovrò belligerare con Svjatopolk, perché questo scranno prima fu del padre suo». E così ragionando mandò [a cercare] a Turov Svjatopolk, intanto che egli si avviava a Černigov e Rostislav a Perejaslavl’. Passata la Pasqua, trascorsa la settimana festiva, la domenica dopo la Pasqua giorno ventiquattro del mese d’aprile, venne Svjatopolk a Kiev. E gli andarono incontro i Kieviani per inchinarglisi e lo accolsero con gioia e si assise egli sullo scranno di suo padre e di suo zio.Nello stesso tempo, i Polovcy mossero contro la terra di Rus’. Avendo udito che Vsevolod era morto, inviarono degli ambasciatori a Svjatopolk per la pace. Svjatopolk, senza consultarsi con la grande družina di suo padre e di suo zio, bensì tenendo consiglio con i pochi uomini arrivati con lui, prese gli ambasciatori e li fece rinchiudere nelle segrete. Avutane notizia, i Polovcy scesero in guerra. E sopraggiunsero molti Polovcy e assediarono la città di Torčesk. Svjatopolk accondiscese alla richiesta dei Polovcy, poiché desideroso di pace; i Polovcy, però, respinsero la pace facendo avanzare i guerrieri in tutte le terre. Svjatopolk cominciò a riunire il suo esercito per fronteggiarli. Uomini assennati gli suggerivano: «Non ti avventurare contro di loro, ché pochi sono i tuoi guerrieri». Egli rispose: «Ho i miei ottocento giovani [o cinquecento o settecento, secondo i manoscritti] capaci a tener loro testa». Altri, insensati, presero a dire: «Vai, principe!». Gli assennati replicarono: «Anche se riuscissi a schierarne ottomila, contro di loro non ti sarà facile: la nostra terra si è impoverita dalle guerre e dalle tasse; manda piuttosto [un messaggio] per tuo fratello Vladimir, perché ti soccorra». Svjatopolk li ascoltò, mandò per Vladimir, perché gli venisse in aiuto. Vladimir adunò i suoi guerrieri e mandò per Rostislav, suo fratello, a Perejaslavl’, intimandogli di correre in aiuto a Svjatopolk. Giunto Vladimir a Kiev, si radunarono presso il monastero di San Michail e sorsero fra di loro discordie e litigi, e quando si accordarono, baciarono insieme la croce, intanto che i Polovcy devastavano il territorio. E gli uomini di senno dissero: «Perché state a litigare fra di voi, mentre i pagani mandano in rovina la terra di Rus’? Rimandate a dopo i litigi, muovete ora piuttosto contro i pagani, con la pace o con la guerra che sia». Vladimir voleva la pace, Svjatopolk invece la guerra. E partirono Svjatopolk, Vladimir e Rostilav per Trepol’ e raggiunsero la Stugna. Allora Svjatopolk e Vladimir e Rotislav convocarono la propria družina in consiglio e presero a discutere, poiché volevano guadare il fiume. Disse Vladimir: «Invece di stare qui, oltre il fiume, esposti alla minaccia, stipuliamo piuttosto la pace con loro». E gli uomini assennati, Jan e gli altri, accolsero il suo suggerimento. I Kieviani non accettarono quel consiglio, bensì dissero: «Vogliamo combattere; andiamo sull’altra riva del fiume». E preferirono questo suggerimento e attraversarono la Stugna, che in quel tempo s’era molto ingrossata. Svjatopolk e Vladimir e Rotislav, dopo aver schierato la družina,

1104

Page 105: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

avanzarono. Svjatopolk teneva il fianco destro, Vladimir invece quello sinistro con nel mezzo Rostislav. E oltrepassato Trepol’ superarono il vallo. Ed ecco i Polovcy che venivano contro di loro e le loro frecce li precedevano. I nostri, che si trovavano tra i valli, issarono i loro stendardi e scoccarono le frecce fra i valli. Anche i Polovcy, che s’erano approssimati ai valli, issarono i loro stendardi. Poi attaccarono per primo Svjatopolk sbaragliandone le schiere. Svjatopolk rimase saldo, gli uomini, non sopportando più gli assalti guerreschi, scelsero la fuga. Di seguito attaccarono Vladimir e la battaglia fu terribile; fuggì anche Vladimir insieme a Rostislav. Raggiunsero la Stugna e Vladimir s’avviò a guadare insieme a Rostislav, figlio di Vsevolod; e Rostislav affondò dinanzi agli occhi di Vladimir. Questi volle afferrare il fratello suo e per poco egli stesso non affogò. Vladimir, guadato che ebbe il fiume con una piccola družina – molti del suo esercito erano caduti qui, e anche i suoi bojari vi perirono – raggiunse l’altra riva del Dnepr e pianse il fratello suo e per la sua družina. Se ne tornò a Černigov molto amareggiato. Svjatopolk fuggì a Trepol’ e qui si asserragliò trattenendosi fino a sera; quella notte poi raggiunse Kiev. I Polovcy, vedendosi vincitori, sparpagliarono i guerrieri sul territorio [per il saccheggio], altri invece tornarono a Torčesk. Questa sciagura si consumò nel giorno dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo, il ventisei del mese di maggio. Cercarono Rotislav, lo trovarono nel fiume e lo trasportarono a Kiev. E lo pianse la madre e le genti tutte erano grandemente afflitte per lui a causa della sua poca età. E si radunarono i vescovi, i sacerdoti e i monaci e, intonando i canti di rito, lo seppellirono nella chiesa di Santa Sofia, accanto a suo padre. I Polovcy assediarono la città di Torčesk; gli abitanti di Torčesk resistevano e combattevano valorosamente dall’interno della città uccidendo molti nemici. Allora i Polovcy, perseveranti, tagliarono i rifornimenti d’acqua e la gente in città moriva per la sete e per la fame. E gli abitanti di Torčesk mandarono [messaggeri] a Svjatopolk per dire: «Se tu non ci rifornisci di viveri, dobbiamo arrenderci». Svjatopolk provvide per il rifornimento, ma era impossibile raggiungere la città per i molti guerrieri armati che l’assediavano. E stettero [i Polovcy] intorno alla città per nove settimane e si divisero in due: una parte rimase presso la città a combattere, gli altri presero la via verso Kiev, depredando fra Kiev e Vyšgorod. Svjatopolk allora marciò contro di loro presso il fiume Želan’, e marciarono gli uni contro gli altri, e la battaglia fu cruenta. E i nostri volsero le terga dinanzi agli stranieri e cadevano feriti al cospetto dei nostri nemici; in tanti trovarono la morte e i caduti erano in numero superiore a quanti perirono presso Trepol’. Svjatopolk tornò a Kiev, da solo, per la terza volta, mentre i Polovcy ritornarono a Torčesk. Questa avventura accadde il giorno ventitré di luglio. L’indomani, il giorno ventiquattro, ricorrenza dei santi martiri Boris e Gleb, non il giubilo, bensì un gran pianto si diffuse in città, a cagione dei nostri peccati grandi e dell’ingiustizia, ché s’erano moltiplicati i nostri arbìtri.Ecco, Dio ha inviato contro i pagani non per aver essi cari ma per punire noi, perché ci astenessimo dalle cattive azioni. È per questo che ci punisce

1105

Page 106: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

con le invasioni dei pagani. Questa è la sua frusta, affinché ravveduti, ci si astenga dalla nostra malvagia condotta. È per questo che Dio ci ha inflitto il dolore, ché la prima sciagura, quella contro Trepol’, quest’anno coincise con il giorno dell’Ascensione del Signore, la seconda, invece, con la ricorrenza di Boris e Gleb, che è la festa nuova della terra di Rus’. Ecco perché il profeta disse: «Cambierò le vostre feste in lutto» [Am 8,10]. Un pianto grande colpì la nostra terra e deserti divennero i nostri villaggi e le città nostre; e fuggiaschi fummo dinanzi ai nostri nemici. Come disse il profeta: «Voi sarete sconfitti dai nemici; quelli che vi odiano vi opprimeranno e vi darete alla fuga, senza che alcuno vi insegua [...] Spezzerò la vostra forza superba [...] Le vostre energie si consumeranno invano» [Lv 26,17-20], vi sterminerà la spada del forestiero, «il vostro paese sarà desolato e le vostre città saranno deserte» [Lv 26,33] Poiché siete voi stolti e malvagi, anch’io muoverò contro di voi con malvagia ferocia. Così dice il Signore Dio di Israele. Questi perfidi figli di Ismaele arsero villaggi e granai e a molte chiese il fuoco appiccarono. Che niuno di ciò stupisca. Perché dove abbondano i peccati, sono visibili castighi d’ogni sorta. È per questo che l’universo si arrese, è per questo che la collera si propagò, è per questo che la terra fu martirizzata: alcuni sono portati in prigionia, altri vengono trucidati, altri consegnati alla vendetta e morte terribile ricevono, altri tremano alla vista degli assassini, ad altri ancora la morte arriva per fame o per sete. Una punizione, un castigo, apportatore di una molteplicità di afflizioni e di diversi dolori e di terrifiche sofferenze per quanti sono legati e calpestati e al gelo esposti e feriti. E ciò è ancor più sorprendente e più terribile, giacché nella stirpe cristiana il terrore e l’inquietudine e la sventura dilagano. È giusto e meritevole essere così puniti; ché una volta così castigati, avremo fede: abbiamo meritato di essere dati «in potere dei nostri nemici, ingiusti, i peggiori fra gli empi» [Dn 3, 32]. Diremo ad alta voce: «Tu sei giusto, Signore, e retto nei tuoi giudizi» [Sal 119 (118),137]. Diremo insieme a quel ladrone: «Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni» [Lc 23,41]. Diremo ancora con Giobbe: «Ciò che al Signore aggrada, così sarà. Sia benedetto il nome del Signore!» [cfr. Gb 1,21]. Per mezzo dell’invasione dei pagani apportatori di sciagure riconosciamo il Signore che abbiamo indotto in collera; fummo glorificati e non lo glorificammo; fummo onorati, ma non gli rendemmo onore, fummo salvati e non comprendemmo; fummo assunti e non ci applicammo al lavoro; fummo generati e ci vergognammo non riconoscendolo qual padre. Abbiamo peccato, e siamo stati puniti; così ci comportammo e allo stesso modo ora soffriamo: tutte le città e i villaggi sono deserti; attraversiamo i pascoli dove pascevano le mandrie di cavalli, di pecore e di buoi: solo deserto ora si scorge; i campi coltivati, ora inselvatichiti, sono ricovero di belve feroci. Però confidiamo nella misericordia di Dio. Il buon Signore ci ha ben puniti: «Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe» [Sal 103 (104),10]; così si confà al buon Signore: punire non secondo la copiosità dei peccati. Così il Signore fece con noi: risollevò le creature cadute e la trasgressione di Adamo perdonò, donò un lavacro per

1106

Page 107: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

la vita imperitura e il proprio sangue versò per noi. Quando ci scorse viventi non secondo giustizia, ci investì di questa guerra e lutto, affinché volenti o nolenti tutti nel secolo futuro si riceva la grazia. L’anima infatti che qui è stata punita, ogni misericordia incontrerà nel secolo futuro. Il Signore non punisce due volte per la medesima colpa. O indicibile amore di Dio per gli uomini, che scorse la nostra reticenza di volgerci a lui! O amore incommensurabile, che egli nutre per noi, ché volutamente ci siamo allontanati dai suoi comandamenti. Ora, non più volenti, sopportiamo, ora, per necessità, giacché nolenti, di già desiderosi. Dove era allora la nostra tenerezza, mentre ora tutti sono colmi di lacrime? Dove allora era il nostro sospiro, ora invero tutte le vie sono invase dal pianto per gli uccisi, massacrati dagli iniqui Polovcy? E molto combatterono, e ritornarono a Torčesk, e gli abitanti della città, stremati, morivano di fame e si arrendevano agli assalitori. I Polocvy, espugnata la città, le diedero fuoco, e spartitisi gli abitanti, agli accampamenti, presso i propri parenti e familiari, condussero una moltitudine di Cristiani: sofferenti, affranti, estenuati, dal gelo irrigiditi, affamati, assetati e vinti dalla sciagura, con i volti scavati, le carni annerite, in terra straniera, con la lingua riarsa, andavano ignudi e scalzi, con i piedi devastati dai rovi; lacrimando si facevano eco l’un l’altro, dicendo: «Ero io di tale città» e l’altro: «Invece di tal paese ero io»; e così, fra le lacrime, s’interrogavano, raccontavano della propria famiglia e nel sospirare gli occhi al cielo volgevano, all’Altissimo, cui ogni mistero è riservato.Che nessuno si azzardi a dire: Siamo invisi a Dio! Ciò non sia! Chi mai Dio ha amato come amò noi? Chi mai onorò come ha glorificato e innalzato noi? Nessuno. È per questo che l’ira sua maggiormente contro noi scagliò, che per essere stati più degli altri onorati, al di sopra di tutti peccammo; che per essere più di tutti istruiti e a conoscenza della volontà del Signore, e averla disprezzata, un castigo superiore a quello degli altri meritammo. Ecco, anche io peccatore, molto e spesso provoco la collera di Dio, e di frequente pecco tutti i giorni. Signore, salviamoci nella tua misericordia.Quest’anno morì Rotislav, figlio di Mstislav, nipote di Izjaslav, il primo giorno del mese di ottobre, mentre fu seppellito il sedici del mese di novembre, nella chiesa della Santa Madre di Dio, della Decima.

LXXVI. Devastazioni dei PolovcyNell’anno 6602 [1094], Svjatopolk concluse la pace con i Polovcy e prese in sposa la figlia di Tugorkhan, principe dei Polovcy.Quest’anno, Oleg, insieme ai Polovcy, partì da Tmutorokan’ e pervenne a Černigov. Vladimir si serrò in città, Oleg s’approssimò alla città e ne incendiò i dintorni; anche i monasteri arse. Vladimir concluse la pace con Oleg e lasciò la città per raggiungere lo scranno paterno a Perejaslavl’, mentre Oleg entrò nella città di suo padre. I Polovcy presero a guerreggiare in quel di Černigov, ché Oleg non lo impediva, anzi aveva dato ordine di guerreggiare. Ecco, già per la terza volta [Oleg] induceva i pagani contro la terra di Rus’, che Dio gli perdoni il peccato, ché molti cristiani perirono,

1107

Page 108: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

mentre altri furono imprigionati e dispersi per la terra.Lo stesso anno la terra di Rus’ fu invasa dalle cavallette, il giorno ventisei del mese di agosto, e divorarono ogni erba e molto grano; e non si ricordava in terra di Rus’ fin dalle origini una cosa simile a quella che videro i nostri occhi a causa dei nostri peccati.In quell’anno morì il vescovo di Vladimir, Stefan, il giorno ventisette del mese di aprile, alla sesta ora della notte; in precedenza era stato igumeno del monastero Pečerskij.Nell’anno 6603 [1095], i Polovcy, guidati dal figlio di Diogene, assaltarono i Greci e guerreggiarono in terra di Grecia. E il figlio di Diogene fu catturato dall’imperatore, che diede ordine di accecarlo. Quest’anno vennero i Polovcy Itlar’ e Kytan a Vladimir per la pace. E Itlar’ giunse nella città di Perejaslavl’, mentre Kytan, assieme ai suoi guerrieri, si arrestò fra le valli. E Vladimir consegnò a Kytan suo figlio Svjatoslav come ostaggio, intanto che Itlar’ stava in città con la migliore družina. Nel frattempo era giunto Slavjata da Kiev, inviato da Svjatopolk presso Vladimir per un qualche affare. E la družina di Ratibor prese a discorrere con Vladimir dello sterminio dei guerrieri di Itlar’. Vladimir, che si rifiutava di compiere ciò, obiettava: «Come posso fare ciò, dopo che ho giurato insieme a loro?»; la družina invece replicava a Vladimir: «Principe, non v’è peccato in questo. Dio te li ha condotti nelle tue mani. Essi in verità dopo aver sempre giurato con te, devastano la terra di Rus’ e versano sangue cristiano senza sosta». E prestò loro ascolto Vladimir e in quella notte Vladimir mandò Slavjata con una piccola družina e con degli abitanti di Torčesk fra i valli. E dopo aver prelevato Svjatoslav, uccisero Kytan e sterminarono la sua družina. Il giorno era sabato, di sera, mentre Itlar’ quella notte dormiva nel palazzo di Ratibor con la sua družina e nulla sapeva di quanto stesse accadendo con Kytan. L’indomani, di domenica, fattosi giorno, Ratibor passò in rassegna i guerrieri in armi e diede loro ordine di riscaldare l’izba. E mandò Vladimir il suo servitore Bjandjuk alla družina di Itlar’; e disse Bjandjuk agli uomini di Itlar’: «Il principe Vladimir vi chiama e manda a dire: Dopo esservi calzati nella calda izba e fatta colazione presso Ratibor, venite da me». Itlar’ rispose: «Sarà così». E come entrarono nella izba così furono serrati dentro. E saliti sul tetto dell’izba scoperchiarono la cima e allora Ol’beg Ratiborovič prese il suo arco e armatolo di freccia colpì Itlar’ al cuore e tutta la sua družina sterminarono. E così Itlar’ chiuse malamente la sua esistenza, la settimana che precede la Quaresima, nella prima ora del giorno, il giorno ventiquattro del mese di febbraio. Svjatopolk e Vladimir mandarono ad Oleg per ordinargli di marciare insieme a loro contro i Polovcy. Oleg promise di andare con loro, ma, partito, non percorse la medesima loro strada. Svjatopolk e Vladimir andarono all’accampamento e vi si impadronirono e fecero bottino di bestiame e di cavalli e di cammelli e di servi e ogni cosa portarono nelle proprie terre, E s’accese la loro ira contro Oleg per non essere andato con loro contro i pagani. E mandarono Svjatopolk e Vladimir ad Oleg per dire così: «Ecco, tu non sei venuto con noi contro i pagani, che hanno rovinato la terra di Rus’; presso di te comunque c’è il figlio di Itlar’:

1108

Page 109: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

uccidilo, oppure consegnalo a noi; egli è nemico nostro e della terra di Rus’». Oleg non prestò ascolto a ciò e l’odio si instaurò fra di loro.Quell’anno giunsero i Polovcy presso Jur’ev, e la tennero assediata tutto l’anno, e poco mancò che non la conquistassero. Svjatopolk li quietò. I Polovcy passarono oltre il fiume Ros’, gli abitanti di Jur’ev fuggirono e andarono a Kiev, Svjatopolk diede ordine di costruire una città sull’altura di Vitičev; col proprio nome la chiamò, Città di Svjatopolk, e ordinò al vescovo Marin di insediarsi colà insieme ai cittadini di Jur’ev, e a quelli di Zasakov e con gli abitanti delle altre città. Intanto la città di Jur’ev, abbandonata dai suoi residenti, fu arsa dai Polovcy. Sul finire di quell’anno Davyd Svjatoslavič partì da Novgorod per Smolensk; gli abitanti di Novgorod andarono a Rostov alla ricerca di Mstislav Vladimirovič e lo prelevarono e lo portarono a Novgorod, mentre a Davys dissero: «Non venire a noi». E Davyd prese la strada del ritorno verso Smolensk e si insediò a Smolensk, mentre Mstislav si insediò a Novgorod. In quel tempo, giunse Izjaslav, figlio di Vladimir, da Kursk in Murom e lo accolsero gli abitanti di Murom e il governatore di Oleg fu imprigionato.In quello stesso anno, il giorno ventotto del mese di agosto, apparvero le cavallette e ricoprirono la terra ed era spaventoso a vedersi: migravano verso le terre settentrionali divorando erba e granaglie.

LXXVII. I Polovcy presso Kiev (1096)Nell’anno 6604 [1096], Svjatopolk e Vladimir mandarono a dire a Oleg: «Vieni a Kiev che stendiamo, dinanzi al vescovo e agli igumeni, agli uomini di nostro padre e degli abitanti della città un accorso per la terra di Rus’, per la difesa della terra di Rus’ dai pagani». Oleg, ostentando pensieri temerari e parole di superbia, così rispose: «Non mi si confà di essere giudicato dal vescovo, o dagli igumeni, o dalla plebe». E non volle andare dai suoi fratelli, cedendo ai cattivi consiglieri. Svjatopolk e Vladimir gli mandarono a dire: «Se tu, dunque, non vieni insieme a noi contro i pagani, né presso di noi per un accordo, allora tu trami contro di noi e vuoi essere d’aiuto ai pagani. Allora Dio sarà fra di noi». Svjatopolk e Vladimir marciarono verso Černigov contro Oleg. Oleg fuggì da Černigov, il giorno tre del mese di maggio, di sabato. Sviatopolk e Vladimir lo inseguirono. Oleg si rifugiò a Starodub e vi si rinserrò. Svjatopolk e Vladimir lo assediarono in città e dalla città combattevano con ardimento, ma essi assaltarono la città e molti feriti si ebbero da entrambi le parti. E la lotta fra di loro si fece aspra e stettero intorno alla città trentatré giorni e gli abitanti della città erano stremati. E uscì Oleg dalla città, chiedendo la pace, e gli accordarono la pace, dicendo così: «Va’ da tuo fratello Davyd e venite insieme a Kiev, presso lo scranno di nostro padre e dei nostri avi, che essa è la più antica città in tutta la Rus’ kieviana, e colà degnamente ci si raduni e si pervenga a un accordo». Oleg promise di fare ciò e per questo baciò la croce.Intanto Bonjak, a capo dei Polovcy, raggiungeva Kiev, la sera di domenica, compiendo qualche azione di guerra nei dintorni di Kiev e dando fuoco al palazzo del principe in Berestovo. Intanto, Kur’ belligerava con i Polovcy

1109

Page 110: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

presso Perejaslavl’ e incendiò Ust’e, il giorno ventiquattro del mese di maggio, Oleg lasciò Starodub e raggiunse Smolensk e non lo vollero gli abitanti di Smolensk, e andò verso Rjazan’. Svjatopolk e Vladimir ritornarono nella propria terra. In quel mese venne a Perejaslavl’ Tugorkan, il suocero di Svjatopolk, il trentuno del mese di maggio e assediò la città, mentre gli abitanti di Perejaslavl’ stavano rinchiusi in città. Svjatopolk e Vladimir marciarono contro di loro lungo questa riva del Dnepr. Raggiunsero Zarub e qui guadarono e i Polovcy non si accorsero di loro, ché Dio li proteggeva; e schieratisi avanzarono verso la città. Gli abitanti, vedendoli, si rallegrarono e uscirono loro incontro, mentre i Polovcy stavano sull’altra riva del Trubež e si schierarono. Svjatopolk e Vladimir scesero nelle acque del Trubež contro i Polovtcy. Vladimir voleva riordinare la družina, le schiere, però, non gli ubbidirono e spronarono i cavalli contro il nemico. Alla vista di ciò, i Polovcy fuggirono, mentre i nostri si lanciavano all’inseguimento dei guerrieri, trucidando gli avversari. E compì il Signore in quel giorno un grande salvataggio: il giorno diciannove del mese di giugno furono sconfitti gli stranieri e il loro principe Tugorkan fu ucciso e anche il figlio suo; e molti altri principi, nostri nemici, qui caddero. L’indomani ritrovarono Tugorkan morto e lo prelevò Svjatopolk, ché era suo suocero e nemico. E, portatolo a Kiev, lo seppellirono in un tumulo a Berestovo, fra la via che conduce a Berestov e l’altra che giunge al monastero. E il venti di quello stesso mese, di venerdì, alla prima ora del giorno, piombò improvvisamente a Kiev Bonjak, rognoso senzadio, agile qual predatore, e mancò poco che i Polovcy penetrassero in città; e diedero fuoco ai sobborghi che circondavano la città e si volsero verso il monastero, e incendiarono il monastero di Stefan e quello di German [igumeno del monastero di San Salvatore a Berestovo]. E raggiunsero il monastero delle Grotte mentre noi si era nelle celle, a riposare dopo il Mattutino, e un gran baccano intorno al monastero sollevarono e issarono due stendardi dinanzi alla porta del monastero, intanto che noi si fuggiva dietro al monastero, e altri invece scappavano sul tetto. I figli di Ismaele senzadio abbatterono la porta del monastero e fecero il giro delle celle, spaccando le porte e portando via quello che trovavano nelle celle. Poi diedero fuoco alla casa della Santa Regina, la nostra Madre di Dio, e raggiunta la chiesa, appiccarono il fuoco alla porta volta verso sud, e anche alla seconda che guarda a nord. E penetrati nell’atrio presso la tomba di Feodosij presero le icone e diedero fuoco ingiuriando Dio e la nostra fede. Dio sopportava, perché non s’erano consumati i loro peccati e le loro iniquità; e dicevano essi: «Dov’è il loro Dio? [Sal 79 (78),10] Che li salvi e li liberi da noi!». E altre parole ingiuriose pronunciarono all’indirizzo delle sante icone, deridendole, ignorando che Iddio punisce i suoi servi con aggressioni belliche, perché appaiano come l’oro provato nel crogiolo, ché ai Cristiani è entrare nel regno dei cieli, dopo aver superato molte sofferenze e sventure, intanto che questi pagani e denigratori, sulla terra raccolgono allegria e abbondanza, per ricevere nell’aldilà le afflizioni, dal diavolo approntate nel fuoco eterno. Allora incenerirono anche il bel palazzo, eretto dal pio principe Vsevolod sulla collina chiamata Vydobič; a tutto questo i

1110

Page 111: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

maledetti Polotcy appiccarono il fuoco. Per questo anche noi, sull’esempio del profeta Davide intoneremo: «Mio Dio, rendili come turbine, come pula dispersa dal vento. Come il fuoco che brucia il bosco [...] così tu inseguili con la tua bufera [...] Copri di vergogna i loro volti» [Sal 83 (82),14-17]. Perché essi infatti hanno profanato e incendiato la tua santa dimora e il monastero della Madre tua e le reliquie dei tuoi servi. Uccisero alcuni dei nostri fratelli con le armi empie dei figli di Ismaele, inviati per punire i Cristiani. Sono usciti costoro dal deserto di Jatreb, fra Oriente e Settentrione; quattro generazioni fra di loro sono usciti: Turcomanni, Peceneghi, Torki e i Polovcy. Metodio [di Patara] testimonia di loro, che in otto tribù sfuggirono al massacro perpetrato da Gedeone, otto si rifugiarono nel deserto, le rimanenti quattro sterminò. Altri dicono che essi sono figli di Amon; ma non è così: che i figli di Moab sono i Chvalisi, i figli di Amon, invece, sono i Bulgari, mentre i Saraceni discendono da Ismaele, si rivendicano figli di Sara e si sono dati il nome di Saraceni, vale a dire: siamo [discendenti] di Sara. Così i Chvalisi e i Bulgari discendono dalla figlia di Lot, che concepì da suo padre; per questo la stirpe loro è impura. Mentre Ismaele generò dodici figli dai quali discendono i Turcomanni, i Peceneghi, i Torki e i Cumani, cioè i Polovcy, i quali provengono dal deserto, e al seguito di queste otto tribù usciranno alla fine del mondo quelle genti impure, murate nella montagna da Alessandro di Macedonia.

LXXVIII. Digressione sui popoli impuriRiguardo ciò, racconto ciò che sentii quattro anni fa a Novgorod da Guriat Rogovič di Novgorod che mi disse: «Io avevo inviato un mio servitore dei Pečera, popolo che paga il tributo ai Novgorodiani. Il mio servitore andò e partì subito per andare fin dagli Jugra. Gli Jugra sono un popolo straniero che è vicino ai Samoiedi [Sami] nelle regioni del Nord. Gli Jugra dissero al mio servo: “Noi siamo stati testimoni di un fatto straordinario di cui non avevamo mai sentito parlare. Questo miracolo è cominciato tre anni fa. Là sulla strada di Lukomorie [antico nome del golfo di Finlandia] Ci sono delle montagne che circondano il golfo del mare e si elevano fino al cielo. Da quelle montagne escono delle alte grida, delle parole di gente che sembra stia tentando di aprirsi un varco, e in una montagna c’è un piccolo foro e essi parlano da questa apertura e non si può comprendere la lingua, ma essi mostrano delle dita di ferro e fanno segni con le mani per domandare del ferro e quando si è dato loro del ferro, un coltello o un’ascia si sono ricevute pelli in cambio. C’è una strada che conduce a queste montagne, ma è inaccessibile a causa dei baratri, della neve o dei boschi, perciò non arriviamo sempre da loro e poi sono lontani, verso Nord”». Io dico a Guriat: «Questi sono i popoli murati da Alessandro di Macedonia, di cui parla Metodio di Patara. Alessandro, imperatore di Macedonia, venne nei paesi orientali e fino al mare, fino al paese chiamato Paese del Sole e vide qui degli uomini impuri della tribù di Jafet e dunque vide le loro oscenità: mangiavano cose atroci, uomini, mosche, gatti, serpenti, essi non

1111

Page 112: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

seppellivano mai i cadaveri ma li mangiavano così come i feti abortiti e ogni specie di animale impuro. Avendo visto ciò Alessandro il Macedone, temendo che essi si moltiplicassero e profanassero la terra, li respinse nei paesi a settentrione tra le alte montagne, e, per volere di Dio, le grandi montagne si strinsero attorno ad essi, non si unirono le montagne soltanto per dodici cubiti, e qui vennero erette porte di bronzo, e vennero unte con il sunklit così né il fuoco può bruciarlo né il ferro espugnarlo. Negli ultimi giorni del mondo usciranno le otto tribù dal deserto di Jatreb, e verranno fuori anche questi popoli immondi, che sono tra le montagne boreali per volere divino».Ma noi ai precedenti racconti torniamo, dei quali abbiamo già preso a discorrere.

LXXIX. Guerre civiliSebbene avesse promesso di andare da suo fratello Davyd, a Smolensk, e insieme a suo fratello raggiungere Kiev per concludere la pace, Oleg non volle compiere ciò, tanto che, arrivato a Smolensk e presi i guerrieri, partì per Murom, ché a Murom allora si trovava Izjaslav, figlio di Vladimir. Pervenne a Izjaslav la notizia che Oleg marciava su Murom e mandò [messaggeri] a Izjaslav per reclutare guerrieri a Suzdal’ e a Rostov e a Beloozero, e adunò molti uomini in armi. E Oleg inviò i suoi ambasciatori a Izljaslav per dire: «Raggiungi il dominio del padre tuo a Rostov, ché quel territorio [Murom] è del padre mio; giacché vorrei, qui permanendo, concludere la pace col padre tuo. Ecco egli mi ha scacciato dalla città del padre mio [Černigov]; e tu osi forse qui negarmi il pane mio?».Izjaslav non ascoltò queste parole, confidando nella moltitudine dei guerrieri. Oleg, confidando nel diritto suo, e ne aveva ragione, mosse contro la città con i suoi guerrieri. Izjaslav si schierò fuori della città in campo aperto. Oleg l’affrontò con le schiere e si attaccarono reciprocamente e seguì una battaglia feroce. E uccisero Izjaslav, figlio di Vladimir, nipote di Vsevolod, nel sesto giorno del mese di settembre; i guerrieri sopravvissuti si diedero a gambe, alcuni attraverso il bosco, altri verso la città. Oleg entrò in città e lo accolsero i cittadini. E, preso che ebbero Izjaslav, lo portarono nel monastero del San Salvatore e da qui lo trasportarono a Novgorod e gli diedero sepoltura in Santa Sofia, nel lato sinistro della chiesa. Oleg, impadronitosi della città, imprigionò i cittadini di Rostov, di Beloosero e di Suzdal’ e li mise ai ceppi. E mosse contro Suzdal’ e quando raggiunse Suzdal’, gli abitanti di Suzdal’ gli si arresero. Oleg, acquietata la città, alcuni imprigionò, mentre altri esiliò, espropriando i loro beni. E andò a Rostov e i cittadini di Rostov gli si arresero. E assunse il governo di tutte le terre di Murom e di Rostov e insediò governatori [o, in russo, posadnik] nelle città e cominciò a riscuotere il tributo. E Mstislav gli inviò [un ambasciatore] da Novgorod per dire: «Ritorna di nuovo a Murom e non t’attardare in terre altrui; mentre io andrò a pregare con la mia družina il padre mio e ti riappacificherò con lui. Anche se hai ucciso mio fratello, ciò non è di meraviglia, perché in guerra, invero, sia i re che gli uomini periscono». Oleg

1112

Page 113: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

non volle prestargli orecchio, ma meditava anche di conquistare addirittura Novgorod. E Oleg mandò Jaroslav, il fratello suo, in avanscoperta, intanto che egli si intratteneva presso Rostov. Mstislav si consultò con i Novgorodiani e inviarono Dobrynja Raguilovič dinanzi a loro in avanscoperta. Dobrynja imprigionò per primi gli esattori di tributo. Jaroslav vedendo ciò, ossia che erano stato imprigionati gli esattori – allora Jaroslav era di sentinella sul Medvedec –, fuggì quella notte stessa, e raggiunse Oleg e gli raccontò di Mstislav che avanzava e della cattura degli esattori. E partì Oleg per Rostov, intanto che Mstislav raggiungeva la Volga e gli raccontarono che Oleg stava ripiegando indietro verso Rostov; Mstislav gli tenne dietro. Oleg raggiunse Suzdal’. All’udire che Mstislav lo inseguiva, Oleg diede ordine di incendiare la città di Suzdal’, salvando solo l’edificio del monastero delle Grotte e la chiesa di San Dmitrij, che là si trova, dono di Efrem insieme ai villaggi. Oleg fuggì verso Murom; intanto Mstislav raggiungeva Suzdal’ e, fermatosi qui, mandava a Oleg per chiedere la pace, dicendo così: «Io ti sono minore di età, rivolgiti quindi al padre mio, rendi però la družina che hai fatto prigioniera; io invece ti ubbidirò in tutto». Oleg mandò a lui perseguendo la pace con l’inganno. Mstislav, che credette al suo inganno, lasciò andare la družina in campagna, e cominciò la prima settimana di Quaresima e arrivò il sabato. Mstislav sedeva a mensa quando gli pervenne la nuova che Oleg era sul Kljaz’: così tanto s’era avvicinato senza annunciarsi. Mstislav, accordandogli la propria fiducia, non aveva messo sentinelle. Dio, però, preserva dall’inganno i suoi devoti. Oleg si dispose sul Kljaz’ ma convinto che Mstislav sarebbe fuggito. In quel giorno la družina si strinse attorno a Mstislav e, in quelli a seguire, anche i Novgorodiani, i cittadini di Rostov e quelli di Beloozero. Mstislav stette dinanzi alla città, dopo aver schierato la družina, e Oleg non attaccò Mstislav, né Mstislav Oleg, e si controllarono l’un l’altro per quattro giorni. E ricevette Mstislav la notizia che «il padre gli aveva inviato il fratello Vjačeslav insieme ai Polovcy». E venne Vjačeslav il giovedì della seconda settimana di Quaresima, mentre l’indomani, di venerdì, Oleg mosse schierandosi contro la città, intanto che Mstislav gli andava contro con i Novgorodiani. E consegnò Mstislav lo stendardo di Vladimir a un cumano di nome Kunuj e, dopo avergli affidato la fanteria, lo collocò sul fianco destro. E conducendo Kunuj la fanteria dispiegò lo stendardo di Vladimir. Scorse Oleg lo stendardo di Vladimir e si spaventò, e il terrore assalì lui e i suoi guerrieri. E scesero in campo gli uni contro gli altri, e mosse Oleg contro Mstislav, mentre Jaroslav mandò contro Vjačeslav. Mstislav attraversò il Pežar’ con i Novgorodiani e scesero da cavallo i Novgorodiani e si scontrarono sulla Kulačka e fu mischia violenta e Mstislav cominciò a prevalere. E Oleg vedeva che si approssimava lo stendardo di Vladimir e che cominciava a incunearsi nelle sue retrovie, e sopraffatto da paura Oleg fuggì; Mstislav vinse. Oleg si rifugiò a Murom, rinserrò Jaroslav a Murom, mentre egli guadagnò Rjazan’. Mstislav raggiunse Murom e concluse la pace con gli abitanti di Murom e, prese le sue genti di Rostov e di Suzdal’, partì per Rjazan’ sulle orme di Oleg. Allora Oleg fuggì da Rjazan’, mentre Mstislav

1113

Page 114: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

giuntovi stipulò la pace con gli abitanti di Rjazan’ e liberò la gente sua confinata da Oleg. E mandò a dire a Oleg: «Non fuggire da nessuna parte, ma affidati ai fratelli tuoi con la preghiera perché non ti privino della terra di Rus’, e anch’io manderò al padre mio intercedendo per te». Oleg promise di fare ciò. Mstislav, ritornato di nuovo a Suzdal’, da qui raggiunse Novgorod, la sua città, accompagnato dalle preghiere del venerabile vescovo Nikita. Succedeva ciò nell’anno 6604 [1096], a metà della quarta indizione.

LXXX. Storia di Vasil’ko (1097)Nell’anno 6605 [1097], Svjatopolk [Izjaslavič] e Vladimir [Vsevolodovič], Davyd, figlio di Igor’, Vasil’ko, figlio di Rostislav, Davyd, figlio di Svjatoslav, e suo fratello Oleg si riunirono a Ljubeč’, per preparare la pace e si parlarono l’un l’altro dicendo: «Perché danneggiamo la terra di Rus’, da soli suscitando delle discordie fra di noi, mentre i Polovcy nella terra nostra seminano zizzania e sono ben contenti delle nostre guerre fratricide? Orsù, uniamoci da questo momento in un cuore solo e difendiamo la terra di Rus’. Che ciascuno rientri nella propria terra avita [ereditata]: Svjatopolk nella Kiev di Izjaslav, Vladimir nella terra di Vsevolod [Perejaslavl’], Davyd e Oleg e Jaroslav in quella di Svjatoslav [Černigov] e coloro che ebbero le terre assegnate da Vsevolod, rispettivamente nelle proprie città: Davyd a Vladimir, i figli di Rotislav a Peremyšl’ e Volodar’, Vasil’ko invece a Tereboval’». E su queste decisioni baciarono la croce col giuramento e dissero: «Chiunque d’ora in poi insorga contro un altro avrà contro di sé tutti noi e anche l’onorata croce». E dopo essersi salutati se ne tornarono ognuno nella propria sede.E Svjatopolk e Davyd ritornarono a Kiev e tutte le genti se ne rallegrarono; solo il diavolo si afflisse di questa concordia. E Satana si insinuò nel cuore di alcuni uomini e presero a parlare a Davyd, figlio d’ Igor’ dicendo così: «Vladimir si è accordato con Vasil’ko contro Svjatopolk e contro te». Davyd, assunte per vere le parole mendaci, cominciò a istigarlo [Svjatopolk] contro Vasil’ko, così dicendo: «Chi è che ha ucciso tuo fratello Jaropolk, mentre ora che mira a me e a te si è alleato con Vladimir? Salva la tua testa!». Svjatopolk molto turbato pensò: «Se ciò è vero, oppure è una menzogna, lo ignoro». Svjatopolk disse a Davyd: «Se dici il vero, Dio ti sia testimonio; se parli mosso dall’invidia, Dio sarà dalla loro».Svjatopolk s’afflisse per suo fratello e in sé rifletteva: «E se ciò fosse vero?». Credette a Davyd; e Davyd ingannò Svjatopolk e cominciarono a pensare a Vasil’ko; intanto Vasil’ko nulla sapeva di ciò, e neanche Vladimir. Davyd cominciò a dire: «Se non prendiamo Vasil’ko, né tu governerai a Kiev, né io nella città di Vladimir». E Svjatopolk lo ascoltò. E venne Vasil’ko il quattro di novembre e s’avviò verso Vidobič, e andò a inchinarsi a San Michail, nel suo monastero e là cenò, mentre issò l’accampamento a Rudica. Al calar della sera raggiunse il suo accampamento. L’indomani, fattosi giorno, Svjatopolk gli mandò a dire: «Non ti allontanare prima del mio onomastico» [il nome di battesimo di Svjatopolk era Michele e la festa ricorre l’8 novembre]. Vasil’ko rifiutò dicendo: «Non posso tardare, c’è

1114

Page 115: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

rischio di guerra in patria». Davyd gli mandò a dire: «Fratello, non te ne andare, non disobbedire al fratello maggiore, ce ne andremo insieme, dopo, noi due». Vasil’ko, però, non voleva fare così e non l’ascoltò. E disse Davyd a Svjatopolk: «Lo vedi, non si rammenta di te mentre soggiorna nei tuoi domini. Quando sarà nelle sue terre, vedrai da te, se non conquisterà le tue città, Turov e Pinsk e le altre tue città; allora ti ricorderai di me. Convocalo, invece, ora, imprigionalo e consegnalo a me». E gli obbedì Svjatopolk e mandò per Vasil’ko dicendo: «Se non vuoi trattenerti fino al mio onomastico, vieni ora a salutarmi e ci intratterremo insieme a Davyd». Vasil’ko, senza percepire l’inganno che a suo danno tramava Davyd, promise di andare. Vasil’ko montò a cavallo e partì, e gli venne incontro un suo servitore che l’avvertì dicendogli: «Principe, non andare, vogliono imprigionarti». Egli non l’ascoltò, perché fra sé rifletteva: «Come vogliono imprigionarmi? appena l’altro giorno baciammo la croce con le parole: “Chiunque insorga contro l’altro, avrà contro di sé la croce e noi tutti”». E meditando su ciò si segnò e disse: «Sia la volontà di Dio». E pervenne con una piccola družina al palazzo del principe, e gli uscì incontro Svjatopolk, e andarono nella sala, e venne Davyd e si sedettero in sala. E prese a dire Svjatopolk: «Fermati per la festa». E rispose Valsil’ko: «Non posso restare, fratello; ho già ordinato ai carreggi di proseguire». Davyd stava come muto. E Svjatopolk disse: «Fa’ colazione, fratello». Vasil’ko promise di far colazione. E disse Svjatopolk: «Voi rimanete pure qui, mentre io andrò a dare disposizioni». E uscì fuori, mentre Davyd rimase seduto insieme a Vasil’ko. E prese Vasil’ko a parlare a Davyd, ma Davyd non aveva né voce, né udito, perché era in preda al terrore e in cuore aveva l’inganno. E dopo aver atteso un po’ Davyd disse: «Dov’è il fratello?». Gli risposero: «Sul terrazzino dell’ingresso». E Davyd alzandosi disse: «Vado a cercarlo, mentre tu, fratello, rimani qua». E alzatosi, uscì fuori. Appena fuori Davyd, serrarono dentro Vasil’ko: era il cinque di novembre. E lo incatenarono in doppie catene e lo posero sotto guardia per la notte. L’indomani Svjatopolk convocò i bojari e i Kieviani e narrò loro quanto raccontatogli da Davyd, e cioè: «[Vasil’ko] ti ha ucciso il fratello, mentre contro di te si è unito con Vladimir, bramando la tua morte e il possesso delle tue città». Dissero i bojari e le genti: «Principe, a te spetta aver cura della tua testa. Se Davyd ha detto la verità, che Vasil’ko riceva la punizione; se non ha detto il vero che Davyd riceva da Dio il castigo e risponda dinanzi al Signore».Quando lo seppero gli igumeni presero a pregare Svjatopolk per Vasil’ko; disse loro Svjatopolk: «Tutto proviene da Davyd». Al vedere ciò Davyd cominciò ad istigare all’accecamento: «Se non farai ciò, ma lo lascerai libero, allora tu non governerai più, e nemmeno io». Svjatopolk lo voleva liberare, ma Davyd temendolo si opponeva. E in quella notte lo condussero a Zv’nigorod [o: Belgorod], che è una piccola città nei pressi di Kiev dalla quale dista circa dieci verste e lo trasportarono su un carro, poiché era in catene; e calatolo giù dal carro lo introdussero in una piccola izba. Mentre stava seduto Vasil’ko scorse un turco che affilava un coltello e comprese che lo volevano accecare e con gran pianto e lamento invocò Dio. Ed ecco

1115

Page 116: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

entrarono gli inviati di Svjatopolk e Davyd, Snovid Isečevič, lo stalliere di Svjatopolk, e Dmitrij, lo stalliere di Davyd, e si diedero a dispiegare un tappeto. Stesolo, afferrarono Vasil’ko perché lo volevano atterrare; egli lottava però strenuamente con loro e non riuscirono ad atterrarlo. Entrarono allora altri e lo atterrarono e lo legarono. E tolta una tavola dalla stufa gliela misero sul petto. E s’assisero ai due estremi Snovid Isečevič e Dmitrij, e non furono in grado di domarlo; e avanzarono altri due e, prelevata un’altra tavola dalla stufa, vi si sedettero sopra e lo schiacciarono con tanta forza che il torace scricchiolò. E avanzò il turco, il suo nome era Berendič ed era il pecoraio di Svjatopolk, con in mano il coltello; e voleva colpire nell’occhio. Non centrò, però, l’occhio e gli sfregiò il volto e a tutt’oggi Vasil’ko porta il segno di quella ferita. Dopo di ciò fece girare la lama nel suo occhio e gli cavò la pupilla; e poi anche nell’altro occhio girò la lama e gli cavò l’altra pupilla. In quel mentre era egli qual morto. E sollevatolo con tutto il tappeto, lo posero sul carro come morto e lo avviarono verso Vladimir. E mentre lo trasportarono si fermarono con lui, oltrepassato il ponte di Vozdviženski, al mercato e gli tolsero di dosso la camicia che era insanguinata e la diedero alla moglie del pop [prete] per lavarla. La moglie del pop, lavatala gliela indossò, intanto che gli altri pranzavano, e proruppe in lacrime la popad’ja [moglie del prete], perché egli era come morto. E, udendo il pianto, [Vasil’ko] disse «Dove sono?». Essi gli risposero: «Nella città di Vozdvižensk». E chiese dell’acqua; essi gliela diedero e bevve l’acqua e gli ritornò lo spirito e riprese coscienza e palpò la camicia e disse: «Perché me l’avete tolta? Avessi in questa camicia insanguinata accolto la morte e così mi fossi presentato dinanzi a Dio!». Essi dopo aver pranzato partirono, rapidi, con lui sul carro; lungo la strada accidentata perché si era nel mese di novembre, e raggiunsero con lui la città di Vladimir il sesto giorno. Giunse con lui anche Davyd come se avesse catturato una preda. E lo posero nel palazzo di Vakej. E misero trenta uomini di guardia e due servi del principe, Ulan e Kolčko.Orripilò Vladimir, invero, al sentire che Vasil’ko era stato imprigionato e accecato e, abbandonandosi a un gran pianto, esclamò: «Mai prima una cosa simile fu in terra di Rus’! mai, né ai tempi dei nostri nonni, né sotto i padri nostri, un simile misfatto è stato consumato!». E subito mandò a Davyd e a Oleg Svjatoslavič [erano fratelli]: «Venite a Gorodec, perché poniamo rimedio alla scelleratezza che si è consumata in terra di Rus’ e al fatto che fra noi, o fratelli, è stato scagliato un coltello. Se non poniamo subito rimedio, un male ancor peggiore ci assedierà, e il fratello scannerà il fratello, e perirà la terra di Rus’, mentre i nostri nemici, i Polovcy, arriveranno e si prenderanno la terra russa». Udito ciò, Davyd e Oleg caddero in grande afflizione e piangendo dissero: «Mai era successo ciò nella nostra famiglia!». E al momento adunati i guerrieri raggiunsero Gorodec; Vladimir qui stava con le schiere e attendeva nel bosco. Vladimir e Davyd e Oleg mandarono i propri uomini per dire a Svjatopolk: «Quale malvagità hai tu compiuto in terra di Rus’ e il coltello fra di noi hai scagliato? Perché hai accecato il fratello tuo? Se egli ha una qualche colpa, dovevi

1116

Page 117: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

denunciarla anche dinanzi a noi e, solo dopo averla provata potevi infliggere la punizione che meglio credevi; ora, invece, palesa la colpa per la quale gli hai ciò comminato». Svjatopolk rispose: «Davyd Igor’evič mi disse: “Vasil’ko ha assassinato tuo fratello Jaropolk e brama di assassinare te e usurpare la tua terra, Turov e Pinsk e Berest’e e Pogorina, mentre a Vladimir ha giurato che Vladimir si siederà a Kiev, invece Vasil’ko nella città di Vladimir”. Anche se malvolentieri dovevo pur salvaguardare il capo mio. E non io l’accecai, ma Davyd, e fu lui a condurlo da sé». E dissero gli uomini di Vladimir e di Davyd e di Oleg: «Non ti assolve il fatto che sia stato Davyd ad accecarlo, non nella città di Davyd fu preso e accecato, ma nella tua città fu imprigionato e accecato». E, dopo aver detto queste cose, si separarono.Il giorno seguente, mentre che Vladimir e Davyd e Oleg si apprestavano a guadare il Dnepr, per muovere contro Svjatopolk, Svjatopolk pensò di fuggire da Kiev, ma glielo impedirono i Kieviani, che inviarono, invece, Vsevolod e il metropolita Nikolaj a Vladimir per dirgli: «Principe, preghiamo te e i tuoi fratelli, non potete perdere la terra di Rus’. Se cominciate una guerra fra voi, i pagani esulteranno e si approprieranno delle nostre terre, che i vostri padri e gli avi vostri con grandi fatiche e ardimento hanno unificato, e per la terra di Rus’ hanno combattuto e altre terre hanno incorporato, mentre voi volete distruggere la terra di Rus’».La vedova di Vsevolod e il metropolita [di Kiev] raggiunsero Vladimir e lo pregarono e gli esposero la supplica dei Kieviani di concludere la pace e di difendere la terra di Rus’ e di guerreggiare contro i pagani. All’udire ciò proruppe in lacrime Vladimir e disse: «In verità, i padri nostri e i nostri avi difesero la terra di Rus’, noi invece la vogliamo perdere». E alla supplica della principessa, che aveva in stima di madre, si piegò e anche dinanzi alla memoria del proprio padre, perché egli aveva molto amato il padre suo sia in vita che dopo la sua morte, e in nulla mai gli avrebbe disobbedito. Per questo obbedì anche a lei come se fosse stata sua madre. Rispettava egli anche il metropolita per il suo grado di santità e non eluse la preghiera.Vladimir è colmo di affetto: ama il metropolita e i vescovi e gli igumeni, ancor più l’ordine monastico predilige, e sfama e disseta i religiosi che da lui si recano come una madre il figlio suo. Se scorge qualcuno in schiamazzi, oppure in sospetto di azioni riprovevoli, non condanna, ma tutti con affetto corregge e consola. Ma noi al nostro racconto ritorniamo.La principessa, dopo essere stata da Vladimir, tornò a Kiev e riferì a Svjatopolk e ai Kieviani quanto si era deciso, e che vi sarebbe stata la pace. Iniziarono a inviarsi scambievolmente degli uomini e si accordarono per dire a Svjatopolk così: «Questo disordine è opera di Davyd, quindi recati tu, Svjatopolk, da Davyd e fallo prigioniero, oppure scaccialo». Svjatopolk si impegnò e baciarono la croce fra loro e conclusero la pace. Vasil’ko soggiornava intanto a Vladimir, nella località summenzionata e quando si avvicinò, e anche io mi trovavo là, a Vladimir, mandò una notte il principe Davyd a chiamarmi. E io andai da lui e la družina gli stava seduta attorno e, fattomi accomodare, mi disse: «Ecco, la notte scorsa, mentre parlava con Ulan e Kolčko, Vasil’ko così diceva: “Mi giunge voce che Vladimir

1117

Page 118: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e Svjatopolk vengono contro Davyd; se Davyd mi desse retta, io manderei un uomo fidato a Vladimir per farlo tornare indietro, perché saprei cosa dirgli”. Ecco quindi Vasilij [nome del cronachista che era con Davyd e ha scritto questa parte], io ti mando, vai da Vasil’ko, omonimo mio, con questi servitori per dirgli così: “Se invierai un tuo uomo a Vladimir, perché torni indietro, ti concederò la città che preferisci: se vuoi Vsevolož oppure Šepol’ o Peremil’”». Io mi recai da Vasil’ko e gli riferii ogni detto di Davyd. Egli rispose: «Io non ho detto questo, ma confido in Dio; manderò [un messaggero] a Vladimir, perché non si versi sangue per me; però di ciò mi stupisco: mi vuol dare le sue città, mentre Tereboval’ è già mia, mio dominio ora e anche in futuro», come avvenne infatti, perché ben presto recuperò il suo possedimento. A me invece disse: «Vai da Davyd e digli: “Mandami Kul’mej, perché lo invii a Vladimir”». Ma Davyd non gli prestò ascolto e mi mandò di nuovo a dire: «Kul’mej non è qui». Allora Vasil’ko mi disse: «Fermati un po’». E ordinò a suo servo di uscire e rimasto solo con me prese a raccontarmi: «Odo, invero, che Davyd mi vuol consegnare ai Ljachi. Allora poco si è saziato del sangue mio, se ancora ne brama e s’appresta a consegnarmi a loro? Io infatti molto male ho arrecato ai Ljachi e ancor più ne avrei voluto arrecare loro e vendicare la terra di Rus’. E se anche mi consegnerà ai Ljachi, non temo io la morte. A te però confido: Iddio ha mandato contro di me tutto questo a causa del mio orgoglio, perché allorquando mi pervenne la notizia che venivano da me i Berendiči e i Peceneghi e i Torki, ecco, pensai nella mia mente, quando saranno presso di me i Berendiči e i Peceneghi e i Torki dirò ai fratelli miei Vladimir e Davyd: “Consegnatemi la vostra družina di giovani e voi intanto abbandonatevi ai canti e all’allegrezza”; e tra me pensavo: attaccherò la terra dei Ljachi e vendicherò la terra di Rus’; e poi avrei voluto conquistare i Bulgari del Danubio e assoggettarli a me. Allora avrei chiesto a Svjatopolk e a Vladimir l’assenso per muovere contro i Polovcy: “Andrò, avrei detto, contro i Polovcy, gloria a me a conquistare o a sacrificare il capo per la terra di Rus’”. Nessun altro sentimento ebbi in cuor mio, né contro Svjatopolk, né contro Davyd, ed ecco, giuro su Dio e nel suo ritorno, che nessun intendimento malevolo in nessun modo verso i miei fratelli concepii. Però, a causa della mia superbia, perché venivano a me i Berendiči e per l’allegrezza del mio cuore e l’orgoglio della mia mente Dio mi umiliò e mi sottomise».Quando arrivò il giorno di Pasqua, Davyd si mise in marcia per impadronirsi dei paese di Vasil’ko; e, nei dintorni di Bučesk, incontrò Volodar’, fratello di Vasil’ko, e Davyd non osò dar battaglia a Volodar’, fratello di Vasil’ko, e si fermò a Bučesk, e Volodar’ assediò questa città. E Volodar’ si mise a dire: «Tu hai commesso del male e non te ne sei pentito, confessa i crimini che hai commesso». Ma Davyd respinse tutti i torti su Svjatopolk dicendo: «Sono io che ho fatto tutto questo? È nella mia città che è successo? Io stesso temevo che mi prendesse e mi facesse subire lo stesso trattamento. Ho dovuto seguire ciò che avevano deciso perché ero nelle loro mani». Volodar’ riprese: «Dio sa ciò che è stato, ora rilascia mio fratello e concluderemo la pace con te». Davyd si rallegrò e mandò a cercare Vasil’ko,

1118

Page 119: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

lo ridiede a suo fratello ed essi conclusero la pace e andarono ciascuno per la propria strada. Vasil’ko rientrò in Tereboval’, e Davyd tornò a Vladimir.Appena arrivò la primavera, Volodar’ e Vasil’ko si coalizzarono contro Davyd; e, mentre Davyd si era rinchiuso a Vladimir, essi andarono alla città di Vsevolod, l’assediarono e la bruciarono. Vasil’ko ordinò di uccidere tutti gli abitanti che fuggivano. Soddisfece la sua vendetta sugli innocenti e sparse sangue innocente. Poi riprese la marcia contro [la città di] Vladimir. E Davyd si chiuse in Vladimir ed essi assediarono la città e fecero dire agli abitanti di Vladimir: «Noi non siamo venuti contro la vostra città, ma contro i nostri nemici crudeli, Turiak, Lazar’ e Vasilij, perché sono essi che hanno consigliato Davyd di fare il male che ha fatto. Se voi volete battervi per loro noi siamo pronti a combattere, altrimenti consegnateci i nostri nemici». Sentito ciò, gli abitanti tennero consiglio e dissero a Davyd: «Consegna quegli uomini, noi non ci batteremo per loro, possiamo combattere per te ma non per loro. Se non li consegnerai, noi apriremo le porte della città e sarai obbligato a provvedere alla tua sicurezza». Davyd si sentì costretto a consegnarli, ma disse: «Non sono qui», perché li aveva mandati a Loučesk [oggi Luzk, in Volynia]. Quando gli abitanti arrivarono a Loučesk, Turiak fuggì a Kiev; Lazar’ e Vasilij tornarono a Turinsk. Quando il popolo apprese che erano a Turinsk gridò contro Davyd: «Consegnali, se no apriamo le porte!». Allora Davyd mandò a cercare Vasilij e Lazar’ e li consegnò. Si concluse la pace la domenica e l’indomani mattina Vasilij e Lazar’ furono appesi e trafitti di frecce, poi essi levarono l’assedio dalla città.Questa fu la seconda vendetta di Vasil’ko, vendetta che ebbe il torto di prendersi. Avrebbe fatto meglio a lasciare la cura a Dio. Egli avrebbe dovuto incaricare Dio della sua vendetta perché come dice il profeta «farò vendetta dei miei avversari, ripagherò i miei nemici» [Dt 32,41]. Infatti vendicò il sangue dei suoi figli e fece cadere la sua vendetta sui suoi nemici e su quelli che lo odiarono. Quando gli assedianti furono partiti, si staccarono i corpi appesi e li si interrò.

LXXXI. Guerre intestineNell’anno 6605 [1096], Svjatopolk, avendo promesso di scacciare Davyd, marciò fino a Berest’e, città dei Ljachi [ora Brest di Lituania]. Quando Davyd lo seppe andò dai Ljachi e chiese aiuto a Vladislav [il loro re]. I Ljachi promisero di sostenerlo e ricevettero da lui cinquanta grivny d’oro, e gli dissero: «Vieni con noi a Berest’e, perché Svjatopolk ci invita a un incontro e noi ti riconcilieremo con lui». Davyd accompagnò Vladislav fino a Berest’e. Svjatopolk era in città e i Ljachi si accamparono sulle rive del Bug. Svjatopolk si intese con i Ljachi e donò loro dei gran presenti perché gli consegnassero Davyd. E Vladislav disse a Davyd: «Svjatopolk non vuole intendere nulla, ritorna sui tuoi passi» e Davyd se ne tornò a Vladimir. E Svjatopolk, essendosi inteso coi Ljachi, marciò verso Pinsk, essendo andato a cercare il suo esercito. Avanzò fino a Dorogobuž, dove lo attendeva l’esercito poi marciò contro Davyd fin sotto le mura della città di Vladimir, dove si era rinchiuso Davyd sperando nell’aiuto dei Ljachi, poiché essi gli

1119

Page 120: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

avevano detto «Se vengono i principi russi, noi verremo in tuo aiuto». Ed essi lo avevano ingannato, avendo ricevuto dell’oro da Davyd e da Svjatopolk. Svjatopolk circondò la città e vi rimase davanti sette settimane. Davyd cominciò a supplicarlo: «Lasciami uscire dalla città», e Svjatopolk acconsentì ed essi baciarono la croce. Davyd uscì dalla città e andò a Červen e Svjatopolk entro in città il sabato santo, e Davyd fuggì presso i Ljachi.Avendo spinto Davyd alla fuga, Svjatopolk meditò sui progetti contro Volodar’ e Vasil’ko dicendosi: «È per il bene di mio padre e di mio fratello». E marciò contro di loro. Quando Volodar’ e Vasil’ko lo seppero, avanzarono contro di lui, e prendendo la croce che lui aveva baciato con loro ripeterono: «Io sono venuto contro Davyd e voglio avere pace e amicizia con voi». Ma Svjatopolk violò quel giuramento e contò sul numero delle sue truppe. Si scontrarono nella pianura di Rožen e Vasil’ko alzò la croce dicendo «Ecco la croce che hai baciato. Tu mi hai già strappato gli occhi, ora vuoi strapparmi la vita, che questa croce sia tra noi!». E il combattimento cominciò, i soldati vennero alle mani e molti uomini pii videro una croce che si alzava sopra l’esercito di Vasil’ko. Il combattimento fu terribile e molti uomini caddero sui due fronti. Svjatopolk, vedendosi sconfitto, fuggì a Vladimir. I vincitori Volodar’ e Vasil’ko si fermarono dicendo: «Ci è sufficiente restare entro le nostre frontiere» E si allontanarono.Svjatopolk fuggì dunque a Vladimir portando con sé i suoi due figli, Mstislav e Jaroslav, e i due figli di Jaropolk e il figlio di Davyd Svjatoslavič, e il resto della sua družina. Svjatopolk stabilì suo figlio Mstislav, che aveva avuto da una concubina, a Vladimir, e mandò Jaroslav dagli Ugri allo scopo di ottenere un aiuto contro Volodar’, e lui andò a Kiev.Jaroslav, figlio di Svjatopolk, andò dagli Ugri, con lui era il re Koloman e due vescovi e si stabilirono intorno a Premyšl’ lungo il fiume, e Volodar’ si fermò nella città. In quel tempo, Davyd arrivò dai Ljachi, lasciò la sua donna presso Volodar’ e andò lui stesso dai Polovcy e si incontrò con Bonjak. Davyd ritornò e andarono insieme contro gli Ugri. Durante la loro strada si fermarono per passare la notte. A mezzanotte Bonjak si alzò, lasciò l’esercito e si mise a urlare come un lupo. Un lupo gli rispose e molti lupi si misero a urlare. Bonjak ritornò allora da Davyd e disse «Domani noi vinceremo gli Ugri». Il giorno dopo Bonjak sistemò il suo esercito in battaglia. Davyd aveva cento soldati, Bonjak trecento e li divise in tre colonne e andò contro gli Ugri. Egli mise all’avanguardia Altunopa con cinquanta uomini, affidò lo stendardo a Davyd che divise il suo esercito in due parti, mettendo cinquanta uomini per ala. Anche gli Ugri si schierarono in battaglia dividendosi in diversi corpi, essi erano in numero di ottomila. Altunopa attaccò il primo corpo, e dopo aver caricato arretrò dinanzi agli Ugri. Gli Ugri lo inseguirono e nella loro corsa superarono Bonjak. Boniak allora attaccò gli Ugri da dietro. Altunopa si girò ed essi non permisero agli Ugri di battere in ritirata. Così ne uccisero un grande numero. Bonjak divise la sua truppa in tre corpi ed essi batterono gli Ugri come un falcone che

1120

Page 121: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

insegue i corvi. Gli Ugri fuggirono, molti annegarono nel Vjagr’, altri nel San. Fuggendo lungo il San essi vi cadevano uno dopo l’altro e per due giorni il vincitore li inseguì massacrandoli. Là fu ucciso il loro vescovo Kupan e molti dei loro bojari. Si dice che perirono in quattromila.Jaroslav fuggì dai Ljachi e arrivò a Berest’e; Davyd, avendo preso Suteisk e Červen, arrivò all’improvviso e fece prigionieri gli abitanti di Vladimir. Mstislav si chiuse in città con una guarnigione perché aveva con sé gli abitanti di Pinsk, di Berest’e, di Vygošev. Davyd circondò la città e fece frequenti assalti. Una volta, avanzò fin sotto le torri della città, ma gli abitanti lanciarono le frecce che caddero più fitte della pioggia.Mstislav, nel momento in cui, montato sulla palizzata, stava per scoccare una freccia, fu raggiunto da una freccia che lo colpì sotto l’ascella per un difetto dell’armatura. Lo si portò via ed egli morì quella stessa notte. Si nascose la sua morte per tre giorni e il quarto fu annunciata all’assemblea. Il popolo disse: «Ecco che il principe è morto, se noi ci arrendiamo Svjatopolk ci farà tutti morire». E mandarono a dire a Svjatopolk: «Tuo figlio è morto e noi siamo pressati dalla carestia. Se tu non vieni, il popolo si arrenderà, non potendo sopportare la fame». Svjatopolk inviò il suo generale Putjata. Arrivato con l’esercito a Loučesk, presso Svjatoš, figlio di Davyd. Anche gli uomini di Davyd erano da Svjatoš perché questi aveva giurato a Davyd: «Se Svjatopolk viene contro di te, te lo farò sapere». Svjatoš non fece ciò ma fece arrestare gli uomini di Davyd e andò egli stesso contro Davyd. Svjatoš e Putjata arrivarono il cinque di agosto. Mentre l’esercito di Davyd assediava la città e Davyd faceva la siesta, essi si lanciarono sul suo esercito e presero a massacrarlo. Gli assediati uscirono dalla città e si misero a sgozzare i soldati di Davyd; e Davyd fuggì così come Mstislav, suo nipote. Svjatoš e Putjata presero la città e vi stabilirono Vasilij come posadnik di Sviatopolk. E Svjatoš andò a Loučesk e Putjata a Kiev. Davyd fuggì dai Polovcy e Bonjak lo ricevette. Davyd e Bonjak marciarono contro Svjatoš a Loučesk, assediarono Svjatoš nella sua città e conclusero la pace. Svjatoš abbandonò la città e andò da suo padre a Černigov. Davyd s’impossessò di Loučesk e da lì andò a Vladimir. Là il posadnik Vasilij fuggì dalla città e Davyd prese Vladimir e vi si stabilì.

LXXXII. Negoziati tra i principi (1098-1102)Nell’anno 6606 [1098], Vladimir costruì una chiesa di pietra in onore della santa Madre di Dio nel palazzo del principe a Perejaslavl’. Quell’anno Vladimir Monomaco fondò una città sull’Oster.Nell’anno 6607 [1099], Svjatopolk andò contro Davyd a Vladimir e scacciò Davyd presso i Ljachi. Quello stesso anno furono sconfitti gli Ugri presso Premyšl’.Quell’anno un segno apparve sopra la città di Vladimir: nel mese di aprile si videro due cerchi e in essi come due soli fino alla sesta ora. E la notte fino all’alba, si videro come tre stendardi luminosi. Nell’anno 6608 [1100 – in un manoscritto ciò che si descrive viene datato 6606/1098], Mstislav [Vsevdodovič] si allontanò da Davyd per mare, il

1121

Page 122: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

giorno dieci del mese di giugno. Quell’anno, i fratelli Svjatopolk, Vladimir, Davyd e Oleg conclusero la pace fra loro a Uvetič [o: Gorodec], il giorno dieci del mese di agosto. Lo stesso mese, giorno trenta, nel medesimo luogo si adunarono tutti i fratelli – Svjatopolk, Vladimir, Davyd, Oleg –, e li raggiunse Davyd Igor’evič, e disse loro: «Perché mi avete chiamato? Eccomi qua. Chi mai lamenta delle mie offese?». Vladimir gli rispose: «Sei stato tu a mandarci a dire: “Fratelli, voglio venire a voi e lagnarmi delle offese ricevute”. Poiché sei venuto e stai con i tuoi fratelli sul medesimo tappeto, perché mai non ti lagni? La tua lagnanza a chi tra noi è diretta?». Davyd però nulla proferiva. I fratelli tutti montarono a cavallo; e Svjatopolk era con la sua družina, e Davyd e Oleg, separatamente, ciascuno con la propria. Davyd Igor’evič invece stava in disparte e non lo facevano avvicinare a sé, bensì da soli decidevano di Davyd. E, accordatisi, mandarono a Davyd i propri uomini: Svjatopolk [mandò] Putjata, Vladimir Orogost’, Ratibor Davyd e Oleg Torčin. Gli inviati raggiunsero Davyd e gli dissero: «Questo ti mandano a dire i fratelli: “Non vogliamo darti lo scranno di Kiev, poiché hai scagliato il coltello fra noi, cosa che mai prima fu in terra di Rus’; per questo noi non ti imprigioneremo, né male alcuno ti faremo, bensì questo ti offriamo: raggiungi la fortezza di Božensk e stabilisciti colà, mentre Svjatopolk ti darà Duben e Cartorysk. Vladimir invece ti darà duecento grivny, Davyd e Oleg altre duecento grivny”». Allora inviarono i loro ambasciatori a Volodar’ e a Vasil’ko: «Prendi, prendi con te il fratello tuo Vasil’ko e state insieme signori della medesima regione, di Peremyšl’; se ciò vi aggrada stabilitevi colà, altrimenti fa venire Vasil’ko qui, perché ci si prenda cura di lui; allora ci consegnerete i nostri contadini e i servi». Non accettarono ciò Volodar’ e Vasil’ko. Davyd si stabilì a Božensk; poi Svjatopolk cedette a Davyd Dorogobuž, ove si spense anche; mentre consegnò Vladimir a suo figlio Jaroslav.Nell’anno 6609 [1101], morì Vseslav, principe di Polock, il giorno quattordici del mese di aprile, di mercoledì, indizione nona. Il medesimo anno Jaroslav Jaropolčič mosse guerra in quel di Berest’e, egli uscì contro Svjatopolk e lo sorprese in città, lo catturò e lo trasportò a Kiev in catene. Intercedettero per lui il metropolita e l’igumeno e convinsero [presero] Svjatopolk e lo condussero presso la tomba dei santi Boris e Gleb dove gli tolsero i ceppi e lo lasciarono andare.Quell’anno si adunarono sul fiume Zolot’ča tutti i fratelli: Svjatopolk, Vladimir e Davyd e Oleg e Jaroslav, il loro fratello: i Polovcy inviarono degli ambasciatori – di ogni principe per ciascun fratello – per chiedere la pace. Risposero loro i principi della Rus’: «Se veramente chiedete la pace incontriamoci tutti a Sakov». E accettarono i Polovcy e si recarono a Sakov. E conclusero la pace con i Polovcy e prelevarono reciprocamente degli ostaggi, il giorno quindici del mese di settembre e ognuno imboccò la propria strada.Lo stesso anno Vladimir elevò la chiesa cattedrale in onore della Santa Madre di Dio a Smolensk.Nell’anno 6610 [1102], Jaroslav Jaropolčič fuggì da Kiev il primo giorno del

1122

Page 123: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

mese di ottobre. Alla fine dello stesso mese, Jaroslav Svjatopolčič trasse in inganno Jaroslav Jaropolčič e catturatolo sulla Nura lo condusse da suo padre, Svjatopolk, dove lo misero in catene. Lo stesso mese, il giorno venti, venne [a Kiev] Mstislav, figlio di Vladimir, con i Novgorodiani; Svjatopolk s’era accordato con Vladimir, che Novgorod sarebbe stata di Svjatopolk, il quale avrebbe là insediato il proprio figlio, mentre Vladimir avrebbe insediato suo figlio a Vladimir. E venuto Mstislav a Kiev sedettero nell’izba e dissero gli uomini di Vladimir: «Ecco, Vladimir ha inviato suo figlio e intanto sono qui i Novgorodiani in attesa di prelevare tuo figlio e tornare a Novgorod, mentre Mstislav andrà a Vladimir». E dissero i Novgorodiani a Sviatopolk: «Ecco, principe, noi siamo inviati a te con questo messaggio: “Non vogliamo Sviatopolk, né suo figlio. Se tuo figlio ha due teste, allora mandacelo. Invece costui ci è stato dato da Vsevolod, ci siamo allevati il principe da soli, mentre tu ti sei allontanato da noi”». Sviatopolk a lungo discusse con loro, ma essi, ostinati, presero Mstislav e partirono per Novgorod.Nello stesso anno, si manifestò in segno in cielo: il ventinove del mese di dicembre [o: gennaio] e per tre giorni, come un’aurora di fuoco da oriente e da mezzogiorno, da occidente e da settentrione, e per tutta la notte vi fu una luce intensa, come fosse il brillio della luna piena. In quell’anno vi fu un segno nella luna, il giorno cinque del mese di febbraio. Il medesimo mese, il giorno sette, si manifestò un segno nel sole: il sole fu cerchiato da tre archi e v’erano altri tre archi concatenati fra loro. Nello scorgere tale segno gli uomini di fede con sospiri e lacrime invocarono Dio, perché Dio volgesse al bene questi segni: i segni presagiscono a volte sciagure, altre volte cose buone, ma presaghi di bene erano questi segni. L’anno seguente infatti Dio suscitò pensieri buoni nei principi della Rus’: decisero di affrontare i Polovcy e marciare nella loro terra, cosa che si verificò, come diremo di seguito, all’anno successivo.In questo anno morì Vladislav, principe dei Ljachi. Lo stesso anno morì Jaroslav Jaropolčič, il giorno undici del mese di agosto. Il medesimo anno fu accompagnata la figlia di Svjatopolk, Sbyslava, presso i Polacchi, in moglie a Boleslav, il giorno sedici del mese di novembre. Questo anno nacque a Vladimir un figlio che fu chiamato Andrej.

LXXXIII. Vittoria sui Polovcy (1103)Nell’anno 6611 [1103] Dio pose nel cuore di Svjatopolk e Vladimir [Monomaco], principi della Rus’, un pensiero buono e s’incontrarono a Dolobsk per riflettere. E stavano Svjatopolk con la sua družina e Vladimir con la propria nella medesima tenda. E presero a discutere e la družina di Svjatopolk cominciò a dire: «Non è tempo ora, in primavera, per attaccare, se non vogliamo perdere i nostri contadini e i loro campi». Rispose Vladimir: «Mi stupisce, o družina, che abbiate compassione dei cavalli con i quali costui ara; perché non badate, invece, che quando il contadino incomincerà ad arare, se sopraggiunge un polovcy, questi colpirà di freccia il contadino, gli porterà via il cavallo e recandosi nel suo villaggio gli porterà via la moglie

1123

Page 124: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e i figli suoi e ogni altra cosa? Avete forse pietà del cavallo suo, ma non avete pietà di lui medesimo?». Nulla poté rispondere la družina di Svjatopolk. E Svjatopolk disse: «Fratello, eccomi, io sono già pronto». E si alzò Svjatopolk mentre Vladimir gli disse: «Ecco, tu, fratello, un gran bene farai alla terra di Rus’». E mandarono loro due a Davyd e a Oleg per dire: «Venite contro i Polovcy e che si viva, o si muoia». Davyd ascoltò il loro appello, mentre Oleg non l’accolse, adducendo la scusa: «Non sto bene». Vladimir, accomiatandosi dal fratello suo, partì per Perejaslavl’, mentre gli tennero dietro Sviatopolk e Davyd Svjatoslavič, Mstislav nipote di Igor’, Vjačeslav Jaropolčič, Jaropolk Vladimirovič. Partirono a cavallo e in barca; giunsero sotto le cateratte nell’isola di Chortica. E montarono a cavallo e i fanti, sbarcati dalle navi, camminarono per quattro giorni nei campi e raggiunsero Suten’. I Polovcy alla notizia che i Russi s’avvicinavano, si adunarono senza numero e iniziarono a consultarsi. E disse Urusoba: «Chiediamo la pace ai Russi, altrimenti essi ci combatteranno con ardimento: infatti, molto male abbiamo arrecato alla terra di Rus’». I più giovani dissero a Urusoba: «Se tu hai paura dei Russi, noi invece non li temiamo; sterminati costoro andremo nelle loro terre e prenderemo le loro città e chi potrà salvarli da noi?». I principi russi e i soldati tutti pregavano Dio e offrivano voti a Dio e alla purissima sua Madre: chi la kut’jà [riso cotto con uva passa, usato nei banchetti funebri], chi elemosina ai poveri, altri dei doni ai monasteri. Intanto che essi così pregavano mossero i Polovcy e mandarono dinanzi a loro in avanscoperta Altunopa, famoso fra di loro per il suo coraggio; anche i principi russi mandarono le loro avanguardie. E le avanguardie russe individuarono Altunopa e quanti erano insieme con lui; e neanche uno si salvò, ma tutti sterminarono. Avanzarono le schiere dei Polovcy simili a un bosco ed era impossibile abbracciarli con lo sguardo; e i Russi andarono contro loro. E Dio grande instillò un terribile terrore nei Polovcy, che s’empirono di paura e di tremore e alla vista dei guerrieri russi impietrirono, mentre i loro cavalli mancavano di scatto nelle zampe. I nostri, baldanzosi a cavallo come a piedi, si lanciarono contro di loro. I Polovcy, scorgendo l’impeto con cui i Russi si slanciavano contro di loro, ancor prima di essere raggiunti, voltarono la schiena alle schiere russe. I nostri li inseguirono falcidiandoli; era il quarto giorno del mese di aprile. Grande salvezza concesse Dio in quel giorno ai devoti principi russi e a tutti i Cristiani, permettendo una sfolgorante vittoria sui nostri nemici. E qui nella mischia uccisero venti principi – Urusoba, Kčij, Arslanapa, Kitanopa, Kuman, Asup, Kurtok, Čenegrepa, Sur’bar’ e altri principi loro – e catturarono Beldjuz’. Al termine, i fratelli sedettero in consiglio dopo aver sopraffatto i loro nemici e condussero Beldjuz’ da Svjatopolk e Beldjuz’ si affannò ad offrire per sé [per la sua libertà] oro e argento e cavalli e bestiame. Svjatopolk lo mandò da Vladimir. Quando vi giunse, Vladimir cominciò a interrogarlo: «Ecco, lo vedi dove ti ha condotto il giuramento? Tante volte, pur avendo giurato, avete devastato la terra di Rus’. Perché non hai detto ai tuoi figli e alla tua gente di non infrangere il giuramento, ma avete invece versato sangue cristiano? Ricada il sangue tuo sulla tua testa». E ordinò di

1124

Page 125: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

ucciderlo, e così lo fecero a pezzi. E poi si riunirono tutti i fratelli e disse Vladimir: «Ecco, “Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso” [Sal 118 (117),24], perché il Signore ci ha liberati dai nostri nemici: ha sottomesso i nostri avversari, ha abbattuto le teste serpigne e le ha date in pasto alle genti russe». Presero allora il bestiame e le pecore e i cavalli e i cammelli e le tende con il bottino e con i servi, e prelevarono i Polovcy e i Torki con i loro accampamenti e ritornarono i Russi carichi di grandi bottini e di gloria e con vittoria grande nelle loro terre.In quello stesso anno, apparvero le cavallette, il primo giorno di agosto. Quello stesso anno, medesimo mese, giorno diciotto, andò Svjatopolk e ricostruì la città di Jur’ev, che i Polovcy avevano arso. Quell’anno Jaroslav combatté contro i Mordvini, nel mese di marzo, giorno quattro e fu sconfitto Jaroslav.

LXXXIV. Avvenimenti diversiNell’anno 6612 [1104], fu condotta la figlia di Volodar’ all’imperatore Alessio di Costantinopoli [forse per sposare un suo figlio], giorno venti del mese di luglio. Lo stesso anno, fu condotta Peredslava, figlia di Svjatopolk, presso gli Ugri, in isposa all’imperatore, il giorno ventuno del mese di agosto. Quell’anno giunse nella Rus’ il metropolita Nikifor, il giorno sei del mese di dicembre. Lo stesso mese morì Vjačeslav Jaroslavič [o: Jaropolčič], il giorno tredici di dicembre. Il giorno diciotto di quello stesso mese fu insediato il metropolita Nikifor [Niceforo].Quando quell’anno volgeva verso la fine, Svjatopolk inviò Putjata contro Minsk, Vladimir invece [inviò] il figlio suo Jaropolk, mentre Oleg in persona mosse contro Gleb, dopo aver imprigionato Davyd Vseslavič; a nulla pervenendo di bel nuovo ritornarono. E nacque a Svjatopolk un figlio e lo chiamarono Brjačislav.In quell’anno vi fu un segno: il sole era cerchiato e in mezzo al cerchio c’era una croce, nel centro della croce il sole, mentre fuori del cerchio su ambo i lati due soli, e sopra il sole oltre il cerchio un arco, con le punte rivolte a nord; un segno simile anche nella luna col medesimo aspetto apparve, il mese di febbraio, nei giorni quattro, cinque e sei; di giorno per tre giorni, mentre di notte, nella luna, per tre notti.Nell’anno 6613 [1105], il coronamento di Sant’Andrea crollò. Il metropolita insediò Amfilofij vescovo di Vladimir, il mese di agosto, giorno ventisette. Nello stesso anno, insediò Lazar’ a Perejaslavl’, giorno dodici del mese di novembre. Quell’anno insediò Mina a Polock il decimo giorno del mese di dicembre. Quell’anno una stella a coda si mostrò a Occidente e vi restò un mese. Quell’anno Boniak andò in inverno a Zarub, sconfisse i Torki e i Berendiči.Nell’anno 6614 [1106], i Polovcy combatterono presso Zarečesk e Svjatopolk inviò contro essi Jan [figlio di Vyšata] e Ivanek Zacharič Kozarin e scacciarono i Polovcy e presero dei prigionieri.In quell’anno morì Jan, il buon vecchio, in veneranda età, dopo essere vissuto novant’anni. Visse secondo la legge di Dio, non era peggiore dei

1125

Page 126: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

primi uomini giusti. Da lui io udii molti racconti che ho trascritto in questa cronaca. Era uomo buono e mite e sottomesso, fuggiva ogni male, la sua tomba si trova nel monastero Pečerskij, nell’atrio, dove giace il suo corpo, sepolto nel mese di giugno, giorno ventiquattro. In quell’anno prese i voti [si fece monaca] Evpraksija, figlia di Vsevolod, il sesto giorno del mese di dicembre. Nello stesso anno fuggì Izbygnev presso Svjatopolk. Lo stesso anno Svjatopolk [o: Svjatoslav], figlio di Davyd, nipote di Sviatoslav, prese i voti il giorno diciassette del mese di febbraio. In quell’anno gli Zimegola vinsero i figli di Vseslav, e uccisero la družina, novemila uomini.In quell’anno nel mese di agosto ci fu un oscuramento del sole.

LXXXV. Vittoria sui Polovcy: trattati e matrimoni (1107)Nell’anno 6615 [1107], indicazione prima [o: quindicesima], quarto anno del ciclo lunare, ottavo del ciclo solare. In quell’anno morì la moglie [o: figlia] di Vladimir il mese di maggio, giorno sette. Nello stesso mese, guerreggiò Bonjak e catturò dei cavalli presso Perejaslavl’. Quell’anno vennero Bonjak e Šarukan il vecchio e molti altri principi [polovcy] e si fermarono presso Luben. Svjatopolk e Vladimir e Oleg Svjatoslavič, Mstislav Vjačeslavič, e Jaropolk andarono contro i Polovcy di Luben e alla sesta ora del giorno guadarono la Sula e li attaccarono. I Polovcy in preda al terrore per la paura non riuscirono a issare neanche lo stendardo, ma afferrati i cavalli fuggirono, altri invece se la diedero a gambe; i nostri li raggiunsero e presero a falcidiarli, altri con le mani afferravano e li inseguirono fino al [fiume] Chorol. Uccisero Taz, fratello di Bonjak, mentre fecero prigionieri Sugr e suo fratello, intanto che Šarukan sfuggiva a stento. Perdettero anche il loro carico, che i guerrieri russi catturarono il giorno dodici del mese di agosto e tornarono nella propria terra con grande vittoria. Svjatopolk giunse al monastero delle Grotte per il Mattutino della Dormizione della Santa Deipara e i fratelli lo salutarono con grande gioia dicendo: «I nostri nemici sono stati sconfitti grazie alle preghiere della Santa Deipara e del santo padre nostro Feodosij». Tale abitudine aveva Svjatopolk: quando andava in guerra o altrove, prima si inchinava sulla tomba di Feodosij e dopo essere stato benedetto dall’igumeno del momento, intraprendeva il suo cammino.In quell’anno morì la principessa, madre di Svjatopolk, il giorno quattro del mese di gennaio. Lo stesso mese dello stesso anno andarono Vladimir e Davyd e Oleg da Aepa e dall’altro Aepa e conclusero la pace. E prese Vladimir per Jurij la figlia di Aepa, nipote di Osen’, mentre Oleg la figlia di Aepa, nipote di Girgen’, il giorno dodici del mese di gennaio.In quell’anno, il cinque di febbraio, ci fu un tremito della terra la notte prima dell’alba.

LXXXVI. Feodosij iscritto nel Sinodik e avvenimenti diversiNell’anno 6616 [1108], il principe Svjatopolk pose le fondamenta della chiesa di San Michail dalla Cupola d’oro, il giorno undici del mese di luglio. E terminarono il refettorio del monastero Pečerskij al tempo dell’igumeno Feoktist, il quale aveva costruito per volere di Gleb e per sua donazione. In

1126

Page 127: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

quell’anno le acque del Dnepr, della Desna e del Pripjat’ erano in piena. Dio in quello stesso anno ispirò in cuore di Feoktist, igumeno del Pečerskij, il quale prese a dire a Svjatopolk di iscrivere Feodosij nel Sinodik [diversamente dal Synodicon greco, vi si elencavano, oltre ai santi, le persone importanti]; egli promise di farlo. E diede ordine al metropolita di iscriverlo nel Sinodik, per cui il metropolita diramò a tutti i vescovadi l’ordine di iscriverlo. In quell’anno si spense Katerina, figlia di Vsevolod, il ventiquattro del mese di luglio. In quell’anno terminarono la cupola della Santa Deipara a Kiev, fondata da Stefan, igumeno del Pečerskij.Nell’anno 6617 [1109], morì Evpraksija, figlia di Vsevolod, il nono giorno del mese di luglio e fu seppellita nel monastero Pečerskij presso il portone volto a mezzogiorno, e vi elevarono una cappella laddove giace il suo corpo in stato di religiosa. In quell’anno, il mese di dicembre, giorno due, Dmitrij Ivorovič conquistò l’accampamento dei Polovcy presso il Don e ne prese mille. Fu Vladimir ad averlo inviato.

LXXXVII. Sconfitta dei Polovcy (1110) e digressione sugli angeliNell’anno 6618 [1110], in primavera, Svjatopolk, Vladimir e Davyd marciano contro i Polovcy; e raggiunta Voin’ tornarono indietro.Nello stesso anno, vi fu un segno nel monastero delle Grotte, il giorno undici del mese di febbraio, apparve una colonna di fuoco alta da terra fino al cielo, mentre il lampo illuminò tutta la terra e in cielo tuonò all’ora prima della notte e tutte le genti udirono ciò. Questa colonna per prima stette sopra il refettorio di pietra, tanto che la croce non era più visibile e, dopo aver sostato alquanto, si spostò sulla chiesa e stette sopra la tomba di Feodosij, e poi si erse sulla cima, come se volgesse il volto a oriente e infine fu invisibile.

Qui si ferma il manoscritto Laurenziano, o Lavrent’evskij, dal nome del copista Lavrentij, datato 1377, il più antico pervenutoci, che termina con le righe seguenti:

Io, Sil’vestr, igumeno di di San Michail [monastero di Vydobič], scrissi questo libro, Cronaca, confidando di ricevere Grazia di Dio, al tempo del principe Vladimir, mentre era principe di Kiev, e io ero igumeno del San Michail, nell’anno 6624 [1116], indizione nona. Chi leggerà questo libro mi ricordi nelle sue preghiere.

In altri manoscritti il racconto continua:

Questa non era una colonna di fuoco, ma un angelo che appariva così. Poiché gli angeli si manifestano sotto la forma di una colonna di fuoco o di una fiamma, come detto da Davide: « Egli fa i suoi angeli pari ai venti, e i suoi ministri come fiamma di fuoco» [Eb 1,7, ripreso da Sal 105 (104),4]. Essi sono inviati per ordine di Dio là dove vuole il creatore di tutte le creature angeliche e umane. Perché l’angelo viene nei luoghi benedetti, nelle case di preghiera, e là mostra qualcosa della sua persona, sotto forma

1127

Page 128: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

di una colonna, di una fiamma o sotto qualche altra forma accessibile all’uomo. Perché l’uomo non può vedere la figura degli angeli, il grande Mosè non poté vedere la figura dell’angelo, perché c’era una colonna di nuvole che lo conduceva il giorno e una colonna di fuoco la notte. Ma questo non era una colonna che conduceva gli Ebrei, ma un angelo che marciava dinanzi a loro notte e giorno. Il segno annunciava ciò che doveva avere luogo, e ciò aveva luogo. E l’anno successivo, non fu un angelo che condusse gli Ebrei contro gli stranieri e i nemici? Com’è detto: «il mio angelo camminerà alla tua testa» [Es 23,23] e ancora «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi» [Sal 91 (90),11] come dice il profeta Davide.Ecco ciò che ha scritto il molto saggio Epifanio: «A ogni creatura, è stato dato un angelo, un angelo nelle nuvole e nelle nebbie, nella neve e nella grandine, nel gelo, nei rumori e nei tuoni, nell’inverno e nel calore, in autunno, in primavera, in estate ogni spirito ha la sua creatura sulla terra o negli abissi misteriosi. Nascosti sotto la terra e nelle ombre infernali, e negli abissi, essi erano precedentemente sulla superficie della terra, e sono loro che fanno ombra, la sera e la notte, e la luce e il giorno. Ogni creatura ha un angelo. Un angelo è stato dato a ogni regione per vegliare su essa, fu essa stessa occupata dai pagani. Se la collera di Dio si eleva contro un paese, egli ordina all’angelo di questo paese di mettersi in guerra contro un paese. E l’angelo del paese non si oppone all’ordine di Dio. Ciò ha avuto luogo da noi. Dio ha inviato contro noi, a causa dei nostri peccati, i nostri nemici pagani ed essi li hanno vinti per ordine di Dio. Se qualcuno pretende che non ci siano angeli dai pagani, ascolti come Alessandro di Macedonia avendo riunito il suo esercito e marciato contro Dario superò tutti i paesi dall’Oriente all’Occidente, batté gli Egiziani, batté Aram ed arrivò fino alle isole marittime. E risolse di impossessarsi di Gerusalemme, e di battere gli Ebrei perché avevano vissuto in pace con Dario, e marciò contro loro con tutto il suo esercito, e stabilì il suo campo e si riposò. La notte venne, era steso nel suo letto sotto la sua tenda. Avendo aperto gli occhi, vide un uomo in piedi sopra lui, una spada sguainata in mano e questa spada splendeva come un lampo, ed egli la brandiva sopra la testa del re. E il re ebbe gran timore e disse «Signore, non farmi morire» e l’angelo gli disse «Dio mi ha mandato per umiliare dinanzi a te dei grandi re e molti popoli. Io marcio quindi davanti a te e ti aiuto ma ora sappi che morirai, perché hai deciso di conquistare Gerusalemme, di fare torto ai preti e al popolo di Dio». Ed il re disse: “Io ti prego, Signore, perdona ora i peccati del tuo servo. Se ciò non ti conviene, ritornerò in me». E l’angelo gli disse «Non temere nulla, vai a Gerusalemme, e vedrai a Gerusalemme un uomo che mi somiglia; china il viso contro terra, inginocchiati davanti a quest’uomo e fa’ tutto quello che ti dirà e non violare i suoi comandamenti perché il giorno che li violerai tu morrai». Il re si alzò, andò a Gerusalemme ed essendovi entrato chiese ai sacerdoti se doveva marciare contro Dario. Gli mostrarono i libri del profeta Daniele, e gli dissero: «Tu sei l’ariete ed egli è l’agnello, lo distruggerai e prenderai il suo regno». Alessandro non fu condotto da un

1128

Page 129: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

angelo? Non ha superato tutti i pagani e tutti i greci ammiratori degli idoli? È così che questi pagani sono stati lanciati su di noi a causa dei nostri peccati. Che si sappia dunque che presso i cristiani, egli non ha soltanto un angelo, ma tanti angeli che egli dà agli uomini battezzati, soprattutto ai nostri pii principi. Essi non possono opporsi alla volontà divina, ma pregano Dio con fervore per i cristiani. È ciò che è arrivato, grazie alle preghiere della santa Madre di Dio e dei santi angeli. Dio ebbe pietà di noi, e inviò i suoi angeli in aiuto dei principi russi contro i pagani.

LXXXVIII. Spedizioni contro i Polovcy e nuova disquisizione sugli angeliNell’anno 6619 [1111] [La prima parte ripete quanto narrato nell’anno 6611 (1103) con qualche variante]. Dio ispirò Vladimir [Monomaco] di mettersi a parlare con suo fratello Svjatopolk, incitandolo a marciare in primavera contro i pagani. Svjatopolk trasmise alla sua družina il discorso di Vladimir ed essi gli dissero: «Non è ancor il tempo di allontanare i contadini dai campi». Svjatopolk mandò a dire a Vladimir: «Sarà bene riunirci per ascoltare la družina». Gli inviati di Svjatopolk andarono da Vladimir e gli riferirono le parole di Svjatopolk. Vladimir venne dunque, essi si incontrarono a Dolobsk e di sedettero nella medesima tenda, Sviatopolk con la sua družina e Vladimir con la sua družina. E quando il silenzio fu stabilito, Vladimir disse «Fratello, tu sei il maggiore, comincia a dire ciò che dobbiamo fare per la terra russa». Svjatopolk replicò: «Fratello, comincia tu». E Vladimir disse: «Se parlo la tua družina e la mia hanno da obiettare che rovino i contadini e i loro campi. Ma mi stupisce, fratello, che abbiate rammarico per i contadini e i loro cavalli e non pensiate che in primavera, quando i contadini cominceranno a lavorare con i loro cavalli, i Polovcy verranno, uccideranno il contadino a colpo di frecce, prenderanno il suo cavallo, prenderanno sua moglie e i suoi bambini e bruceranno la sua capanna. Perché dunque non pensate a questo?» E tutta la družina disse: «Ciò è vero». E Svjatopolk disse: «Fratello, sono pronto ad andare con te». E inoltrarono l’ordine a Davyd Svjatoslavič di andare con loro. Vladimir e Svjatopolk si alzarono, si abbracciarono e andarono insieme contro i Polovcy. Svjatopolk era con suo figlio, Jaroslav e Vladimir con i loro figli, Davyd con il suo figlio. Ed essi misero le loro speranze in Dio, nella sua santa madre e nei suoi santi angeli. Partirono la seconda domenica di quaresima e il venerdì arrivarono sulla Sula, il sabato la oltrepassarono e arrivarono sul Khorol dove lasciarono le loro slitte e continuarono la loro marcia la domenica dove si baciò la croce, quindi arrivarono sulla Psel. Giunti al fiume Golta, si fermarono, attesero l’esercito, quindi arrivarono alla Vorskla. Il mercoledì, baciarono la croce tra molte lacrime e a essa posero tutte le loro speranze. Quindi passarono molti fiumi e la sesta domenica di quaresima, e il martedì arrivarono al Don. Prepararono le loro armi, disposero le truppe in battaglia e avanzarono verso la città di Šarukan. Il principe Vladimir ordinò ai preti di andare davanti alle truppe cantando gli inni in onore della santa croce e il cantico della santa Madre di Dio. Essi

1129

Page 130: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

arrivarono sotto la città il lunedì e dei delegati uscirono immediatamente, salutarono i principi russi e portarono loro pesce e vino. Essi passarono la notte in questo paese. Il giorno dopo arrivarono davanti alla città di Sugrov e la incendiarono. Il venerdì mattino, il 24 marzo, i Russi e i Polovcy si riunirono, posizionarono i loro eserciti in battaglia e si prepararono al combattimento. I nostri principi, ponendo la loro speranza in Dio, dissero: «A costo di morire qui, combattiamo con vigore». Ed essi si abbracciarono, e alzando gli occhi al cielo invocarono l’Altissimo. E s’ingaggiò il combattimento, che divenne spietato. Dio guardò gli stranieri con collera ed essi caddero davanti ai cristiani. Così furono vinti gli stranieri, e ne cadde un gran numero per mano dei principi e dell’esercito russo, presso il fiume Degeja e Dio venne in soccorso dei principi russi. E si rese gloria a Dio in questo giorno e l’indomani sabato si celebrarono le feste di Lazzaro e dell’Annunciazione. Essi passarono così il sabato e la domenica a rendere gloria a Dio. Ma il lunedì della settimana della Passione, i pagani radunarono le loro truppe in gran numero e avanzarono come una grande foresta e in migliaia attaccarono l’esercito russo. Dio inviò un angelo in soccorso dei principi russi, i Polovcy e i Russi vennero alle mani e al primo scontro di scudi, un rumore echeggiò uguale al tuono, il combattimento fu accanito e i soldati caddero nei due fronti. E Vladimir avanzò con i suoi soldati e Davyd con i suoi, e i Polovcy al loro cospetto tornarono indietro e fuggirono, caddero dinanzi alle truppe di Davyd colpiti da un angelo invisibile, così come lo videro molte persone, con le teste mozzate senza sapere come fossero caduti a terra. I Polovcy furono infine sconfitti il lunedì santo, il 27 marzo. Un gran numero di nemici perì vicino al fiume Sal’nica e Dio liberò il suo popolo. Svjatopolk, Vladimir e Davyd lodarono Dio che aveva loro accordato una tale vittoria sui barbari ed essi presero molto bottino in grandi ricchezze, cavalli, buoi, pecore e fecero molti prigionieri. E chiesero ai prigionieri: «Com’è che essendo così forti e così numerosi voi non avete potuto resistere e siete subito fuggiti?». Risposero: «Come potevamo batterci con voi se altri, con armi brillanti e terribili, si ponevano dinanzi a voi e vi portavano aiuto?». Non sono angeli inviati da Dio in aiuto dei cristiani? Fu un angelo a ispirare a Vladimir di incitare i suoi fratelli contro i barbari. Si vide, come hanno detto, un segno nel monastero Pečerskij; era una colonna di fuoco che si alzava sopra il refettorio e in seguito si diresse verso Gorodec. Vladimir era allora a Radosyn e appena l’angelo l’aveva ispirato si mise a incitare gli altri, come pure abbiamo detto. Quindi è giusto lodare gli angeli, come ha detto san Giovanni Crisostomo, perché, cantando incessantemente dinanzi al Signore, lo rendono misericordioso e buono verso gli uomini. Io dico che gli angeli sono i nostri difensori e combattono i nostri nemici. Fra loro è l’arcangelo Michele che disputò al diavolo il corpo di Mosè e combatté il re di Persia per garantire la libertà del suo popolo. Gli angeli divisero le creature per ordine di Dio e diedero capi alle nazioni. E Dio incaricò un angelo di proteggere i Persiani, e affidò a Michele la guardia dei circoncisi, e stabilì i loro confini non con rabbia implacabile, ma con parole misericordiose. Questo angelo ridusse gli Ebrei alla schiavitù dei Persiani,

1130

Page 131: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

quest’angelo ancora li condusse alla libertà e alzò una preghiera ardente verso Dio che dice: «Dio onnipotente, quando darai la tua pietà a Gerusalemme e alle città israelite che hai respinto per settanta anni? Daniele vide il Suo volto brillante come il lampo, i suoi occhi erano come luci, le sue braccia e le sue gambe splendevano come il rame, la sua voce echeggiava come quella di un intero popolo. È ancora un angelo che fece tornare l’asino e deviò Balaam da un empio incantesimo. E ancora fu colui che tenne la spada nuda davanti a Giosué, figlio di Nun, e gli diede ordini sotto forma umana, per aiutarlo contro i suoi nemici. E colui che uccise in una notte centottantamila assiri e cambiò in morte il sonno di quei barbari. E colui che portò via in un attimo, attraverso l’aria, il profeta Abacuc fino al profeta Daniele e lo nutrì in mezzo ai leoni. Sono questi angeli che battono i demoni. Tale è anche l’angelo Raffaele che strappò le viscere di un pesce e guarì una giovane donna posseduta dal demonio e rese la vista a un anziano cieco. Non sono degni di onore, coloro che proteggono la nostra vita? Ma gli angeli non hanno ricevuto solamente l’ordine di difendere i popoli come abbiamo detto. Quando l’Altissimo divise la terra fra le nazioni e disperse il figlio di Adamo, determinò le frontiere dei popoli secondo il numero degli angeli [cfr. Dt 32,8, ma non si nominano gli angeli]. Ciascun fedele ricevette un angelo. Quando la giovane vergine Rode disse agli apostoli che Pietro era alla porta perché era fuggito dinanzi a Erode [Erode Agrippa I il Grande], essi dissero non credendo: «È l’angelo di Pietro». [At 12,15] È questo che attesta che il Signore stesso ha detto: «Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». [Mt 18,10]. Inoltre Dio ha dato a ogni chiesa un angelo custode così come egli ha rivelato a Giovanni, dicendo: «All’angelo della Chiesa di Smirne scrivi: Così parla il Primo e l’Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita: Conosco la tua tribolazione, la tua povertà – tuttavia sei ricco» [Ap 2,8-9] Perché si sa bene che gli angeli ci amano, che pregano per noi il Signore poiché sono i suoi servitori. Come ha detto l’Apostolo, sono inviati per assecondare coloro che vogliono essere salvati [cfr. Eb 1,14], sono anche i loro difensori, come ha detto Daniele che vide l’angelo Michele avanzare contro i Persiani per liberare il popolo di Dio [cfr. Dn 10] . Poiché era ridotto in schiavitù dai Persiani, come abbiamo detto, e quest’angelo lavorò per liberarli. E Michele vinse il suo avversario.Gli Ebrei avendo passato l’Eufrate ricevettero la loro patria e costruirono una città e un tempio. Il grande Epifanio ha detto così: «A ogni nazione è stato dato un angelo». E nella Scrittura è detto a Daniele: « C’è un angelo alla testa degli Elleni e Michele alla testa degli Ebrei» [cfr. Dn 12] e più oltre: «Ha distribuito i ranghi secondo il numero degli angeli». E Ippolito commentando Daniele [cfr. Dn 10] dice: «Il terzo anno del regno di Ciro, io, Daniele, ho pianto tre settimane, al termine del primo mese mi sono calmato, ho pregato Dio ventun giorni e gli ho chiesto di svelarci i misteri, e il Padre avendomi sentito ha lasciato sfuggire la sua parola, annunciando ciò che doveva arrivare, e ciò che doveva arrivare era di una grande bellezza perché i peccati dovevano essere perdonati. E avendo levato gli occhi,

1131

Page 132: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

osservai e vidi un uomo vestito di porpora. Si sarebbe detto al primo aspetto che era l’angelo Gabriele che volava, ma no, era l’apparizione del Signore stesso, apparizione che non era completamente quella di un uomo, ma di un essere che si manifesta sotto una forma quasi umana, come è detto, e quest’uomo era vestito di un colore variopinto e le sue reni erano cinte d’oro puro, e il suo corpo era come Tharsis e il suo viso come un lampo, e i suoi occhi come torce luminose, le sue braccia e le sue spalle simili a rame giallo, la sua voce come quella di una folla di uomini. E caddi a terra, e lui mi prese, mi parlò come un uomo, e mi disse: Non temere nulla, Daniele sai perché io sono a te? Io voglio combattere con il re di Persia. Ma ti dirò ciò che è scritto nel libro di verità: non c’è persona che mi sostiene in questo compito, se non c’è Michele il vostro principe. Ora l’hai lasciato qui. Dal giorno che egli si è messo a pregare il tuo Dio, ha inteso la tua preghiera e io sono inviato a combattere il principe di Persia. C’era un disegno stabilito di non lasciar partire gli Ebrei, ma appena la preghiera è stata terminata, io mi sono opposto a questa intenzione e ho lasciato qui Michele vostro principe». Chi è Michele, se non è un angelo dato agli uomini? Come è stato detto a Mosè: «Va’ pure [...] Ma io non verrò in mezzo a te, [...] perché tu sei un popolo di dura cervice» [Es 33,3; non c’è accenno di angeli nel testo]. Ma il mio angelo andrà con voi». E ora, con l’aiuto di Dio, grazie alle preghiere della sua santa madre e degli santi angeli, i principi russi sono ritornati da loro con una grande gloria, pressi il loro popolo. In tutti i paesi stranieri, presso i Greci, gli Ugri, i Ljachi, i Cechi e fino a Roma, il rumore della loro vittoria si estende per la gloria di Dio, ora e sempre, e tra i secoli dei secoli. Amen.In quell’anno morì la principessa, figlia di Vsevolod, il 7 ottobre, e la si seppellì nel monastero di Sant’Andrea. Verso quest’epoca, la parte della città di Kiev situata nella pianura fu ridotta in ceneri. Il fuoco esercitò ugualmente le sue furie a Černigov, a Smolensk e a Novgorod. Nello stesso mese, il ventitreesimo giorno di marzo, morì Ioann, vescovo di Černigov.

LXXXIX. Avvenimenti diversiL’anno 6620 [1112], Jaroslav Svjatopolkovič marciò contro gli Jatvighi e li vinse per la seconda volta. Poi inviò un’ambasciata a Novgorod e prese per donna il 12 maggio la figlia di Mstislav, nipote di Vladimir, che gli fu portata il 29 giugno. Lo stesso anno Eufemia, figlia di Vladimir, andò sposa al re di Ungria.Lo stesso anno, il ventunesimo [o: venticinque] giorno di maggio, morì Davyd Igor’evič e lo si seppellì il ventinove nella chiesa della Santa Madre di Dio delle Blacherne a Klov [quartiere di Kiev]; il terzo di novembre morì anche Janka, figlia di Vsevolod e sorella di Vladimir, e fu sepolta il tre novembre nella chiesa di Sant’Andrea [a Peremyšl’], che aveva costruito suo padre, dove ella si era fatta religiosa ancora giovane. Il dodici del mese di gennaio fu eletto vescovo di Černigov Teocisto, igumeno del monastero Pečerskij, che si installò il giorno diciannove. Il principe Davyd se ne rallegrò

1132

Page 133: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

e pure la principessa perché Teocisto era il suo padrino. I boiari e tutto il popolo ne furono felici, perché prima di lui c’era un vescovo malaticcio che non poteva dire l’ufficio e fu sofferente per venticinque anni. Ma i principi e il popolo desideravano assistere all’ufficio episcopale, e si rallegrarono lodando Dio. Quando ciò avvenne, i monaci, essendo senza igumeno, si raccolsero e scelsero per igumeno il prete Prochor, poi avvisarono della scelta il metropolita e il principe Svjatopolk, il quale ordinò con gioia al metropolita di insediare il nuovo igumeno: ciò avvenne il giovedì della prima settimana di quaresima, il nove di febbraio. Così i fratelli cominciarono la quaresima con un nuovo igumeno.

XC. Morte di Svjatopolk (1113) e anarchia a KievNell’anno 6621 [1113], il diciannovesimo giorno di marzo, non restò che una parte visibile del sole, come una falce di luna, e le fiamme intorno [eclissi di sole]. Hanno [i segni] luogo nel sole, nella luna o nelle stelle ma non su tutta la terra, soltanto in alcuni paesi: un paese li vede e un altro non li vede. Come quello che si verificò precedentemente al tempo di Antiochia: ci furono dei segni sopra Gerusalemme, successe che nell’aria si mostrassero dei cavalieri che brandivano le loro armi, ma esso non ebbe luogo a Gerusalemme, e non nelle altre regioni. Ma questo segno nel sole annunciava la morte di Svjatopolk: quando la festa di Pasqua arrivò e dopo che la si fu celebrata, il principe si ammalò e morì. Il pio principe Michail [nome assunto col battesimo], chiamato Svjatopolk, morì il 16 aprile a Vyšgorod e lo si portò in barca fino a Kiev. Lo si vestì dei suoi abiti, lo si mise su una slitta, e tutti i boiari e tutta la sua družina piansero su di lui, cantando i canti abituali. E lo si seppellì nella chiesa di San Michail ch’egli aveva fondato. La principessa distribuì grandi ricchezze tra i monasteri e i preti, tanto che tutti si stupirono, perché nulla può fare una tale carità. Il giorno dopo diciassette, i Kieviani tennero consiglio e inviarono a Vladimir: «Vieni, principe, sul trono di tuo padre e di tuo nonno». Sentendo ciò Vladimir pianse molto e non venne, affliggendosi a causa di suo fratello. Gli abitanti di Kiev razziarono la casa del generale Putjata, si gettarono sugli Ebrei e li saccheggiarono. I Kieviani invitarono nuovamente Vladimir dicendo: «Principe, vieni a Kiev, se non vieni, sappi che arriverà molto male. Non sarà soltanto la dimora di Putjata o degli ufficiali, e quelle degli Ebrei che si saccheggeranno, ma poi ci si getterà su tua cognata e sui boiari e sui monasteri, e tu, principe, dovrai rendere conto se si saccheggiano i monasteri». Vladimir, sentendo ciò, venne a Kiev il ventesimo dello stesso mese.

XCI. Principato di Vladimir Monomaco (1113)Vladimir Monomach, figlio di Vsevolod, si stabilì a Kiev la domenica. Il metropolita Niceforo [Nifont], i vescovi e tutti i Kieviani andarono davanti a lui con grandi onori. Egli si sedette sul trono di suo padre e dei suoi antenati e tutto il popolo fu allegro e i disordini diminuirono. I Polovcy che avevano sentito parlare della morte di Svjatopolk si raccolsero e vennero sul Vyr.

1133

Page 134: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Vladimir riunì i suoi figli e i suoi nipoti e insieme andarono sul Vyr, riunendosi a Oleg, e i Polovcy fuggirono. Lo stesso anno stabilì suo figlio Svjatoslav a Perejaslavl’ e Vjačeslav a Smolensk. Quell’anno morì l’igumeno del monastero di Lazar’, dotato di grande santità, il quattordici del mese di settembre. Aveva novantadue anni ed era vissuto sessant’anni da religioso. Quell’anno Vladimir fece sposare a suo figlio Roman la figlia di Volodar’, il giorno undici del mese di settembre. In quell’anno Mstislav fondò la chiesa di pietra di San Nicola vicino al palazzo del principe, nel mercato di Novgorod. In quell’anno stabilì suo figlio Jaropolk a Perejaslavl’, e quello stesso anno stabilì Daniel come vescovo a Jur’ev, e a Belogorod Nikita.

In altri manoscritti il racconto prosegue fino al 1117 e talvolta comprende le Istruzioni (o Insegnamento) che il Gran principe di Kiev, Vladimir Monomaco (1053-1125), indirizzò ai figli come proprio testamento spirituale.

Kij, Šček, Choriv e Lybed’, fondatori di Kiev (Cronaca Radziwill, XV secolo)

1134

Page 135: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

Indice

pag. 2 Prefazione 2 Avvertenze 3 I. Spartizione delle terre dopo il diluvio 4 II. La Torre di Babele e la dispersione dei popoli 5 III. Elencazione dei popoli slavi 5 IV. Descrizione della via dalla Rus’ a Roma 5 V. Tradizione sull’apostolo sant’Andrea e descrizione dei bagni russi 6 VI. Fondazione di Kiev 7 VII. Elencazione dei popoli abitanti la Rus’ 7 VIII. Invasione dei Bulgari, degli Ugri e degli Obri 7 IX. Altre migrazioni dei popoli 8 X. Spiegazione dei loro costumi 8 XI. Estratto di Georgios Hamartolos sui costumi dei differenti popoli 9 XII. Guerra tra Poljani e Chazari 10 XIII. Comparsa dei Rus’ e cronologia (852) 10 XIV. I Bulgari e i Varjaghi (853-858) 10 XV. Insediamento dei Varjaghi russi. Askol’d e Dir a Kiev (860-862) 11 XVI. Askol’d e Dir attaccano Car’grad (863-866) 12 XVII. Morte di Rjurik (879) 12 XVIII. Morte di Askol’d e Dir. Oleg si stabilisce a Kiev (882) 12 XIX. Guerre di Oleg contro i popoli vicini 13 XX. Cirillo e Metodio 14 XXI. Spedizione contro i Greci 16 XXII. Trattato con i Greci (912) 18 XXIII. Morte di Oleg (912) 19 XXIV. Digressione sui maghi 20 XXV. Principato di Igor’ e alcune guerre (913-940) 20 XXVI. Spedizione contro i Greci (941) e il fuoco greco 21 XXVII. Sottomissione dei Greci e nuovo trattato di pace (945) 25 XXVIII. Guerra contro i Drevliani e morte di Igor’ (945) 25 XXIX. Ol’ga, reggente di Svjatoslav, e gli ambasciatori drevljani 27 XXX. Guerra contro i Drevljani (946) 28 XXXI. Battesimo di Ol’ga (955) 30 XXXII. Principato di Svjatoslav e guerre (965-967) 30 XXXIII. I Peceneghi assediano Kiev (968) 31 XXXIV. Morte di Ol’ga (969) 32 XXXV. Guerre di Svjatoslav contro i Greci e trattato di pace (971) 34 XXXVI. Morte di Svjatoslav (972) 35 XXXVII. Principato di Jaropolk 36 XXXVIII. Ascesa e dissolutezza di Vladimir 39 XXXIX. Storia del varjago cristiano (983) 40 XL. Guerre di Vladimir e dispute religiose (984) 50 XLI. Ambasciate nelle comunità di fedeli (987) 51 XLII. Nozze di Vladimir ed esposizione della fede cristiana (988) 54 XLIII. Battesimo del popolo russo (988) 57 XLIV. Fondazione di Belgorod (991) e guerra contro i Peceneghi (993) 58 XLV. Liberalità di Vladimir

1135

Page 136: "La Cronaca di Nestore" o "Racconto dei tempi passati"

associazione culturale Larici – http://www.larici.it

60 XLVI. Assedio pecenego di Belgorod (997) 61 XLVII. Morte di Vladimir e omicidio di Boris e Gleb (1015) 66 XLVIII. Guerra tra Jaropolk eSvjatopolk (1015) 67 XLIX. Principato di Jaroslav a Kiev (1016) 67 L. Guerra contro Boleslav (1018) 68 LI. Sconfitta e fuga di Svjatopolk (1020) 69 LII. Lotta tra Mstislav e Rededja (1022) 70 LIII. Guerre civili 71 LIV. Morte di Mstislav (1036) 71 LV. Fondazioni di Jaroslav (1037) 72 LVI. Ritirata contro i Greci (1043) 73 LVII. Storia del monastero delle Grotte 76 LVIII. Morte di Jaroslav (1054) 76 LIX. Guerre contro i Torki e i Polovcy (1055) 77 LX. Digressione sui presagi 78 LXI. Morte di Rostislav (1066) 78 LXII. Guerre intestine 79 LXIII. Invasione dei Polovcy (1068) e pie riflessioni 81 LXIV. Guerre intestine 82 LXV. Storie di maghi (1071) 85 LXVI. Traslazione dei santi Boris e Gleb (1072) 86 LXVII. Liti fra i figli di Jaroslav (1073) 86 LXVIII. Morte di Feodosij (1074) e storia del monastero Pečerskij 93 LXIX. Ambasciatori germani da Svjatoslav (1075) 93 LXX. Guerra contro i Polovcy e morte di Izjaslav (1078) 96 LXXI. Guerre civili 96 LXXII. Avvenimenti diversi (1086-1090) 98 LXXIII. Ritrovamento delle reliquie di san Feodosij (1091)100 LXXIV. Miracoli a Polock (1092)101 LXXV. Morte di Vsevolod e devastazioni dei Polovcy (1093), riflessioni105 LXXVI. Devastazioni dei Polovcy107 LXXVII. I Polovcy presso Kiev (1096)109 LXXVIII. Digressione sui popoli impuri109 LXXIX. Guerre civili111 LXXX. Storia di Vasil’ko (1097)117 LXXXI. Guerre intestine119 LXXXII. Negoziati tra i principi (1098-1102)121 LXXXIII. Vittoria sui Polovcy (1103)122 LXXXIV. Avvenimenti diversi123 LXXXV. Vittoria sui Polovcy: trattati e matrimoni (1107)124 LXXXVI. Feodosij iscritto nel Sinodik e avvenimenti diversi124 LXXXVII. Sconfitta dei Polovcy (1110) e digressione sugli angeli126 LXXXVIII. Spedizioni contro i Polovcy e nuova disquisizione sugli angeli129 LXXXIX. Avvenimenti diversi130 XC. Morte di Svjatopolk (1113) e anarchia a Kiev131 XCI. Principato di Vladimir Monomaco (1113)

1136