LA CONTENZIONE FISICA IN PSICHIATRIA. ANALISI DEI DATI...

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1 Stefania Borghetti, Graziella Civenti, Rosanna Guaiana, Antonio Lora, Franco Milani LA CONTENZIONE FISICA IN PSICHIATRIA. ANALISI DEI DATI RILEVATI NEI SPDC LOMBARDI 1. L’approccio al problema della Direzione Generale Welfare Il Piano Regionale Salute Mentale (DGR 17 maggio 2004 n. 17513) individua i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) quale “nodo vitale per i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) in quanto chiamati a intervenire in una fase delicata e decisiva del percorso di cura degli utent i” rispetto a cui devono svolgere contemporaneamente funzioni contenitive e di accoglimento. Dal punto di vista della pratica clinica il Piano pone particolare attenzione al problema della contenzione fisica degli utenti ricoverati e, oltre a richiamare l’obbligo di garantire un’adeguata assistenza all’utente nel corso del periodo di contenzione, prescrive la necessità che ogni SPDC disponga di: un protocollo scritto sulle procedure per attuare la contenzione in cui vengano esplicitate informazioni relative a chi dispone la contenzione, a quali motivazioni la determinano e a chi la effettua; un registro per la rilevazione nominativa dei pazienti contenuti e della durata della contenzione stessa. Al fine di monitorare l’attuazione di quanto disposto e, più in generale, l’operatività dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, nel 2011 la Direzione Generale Sanità (oggi Direzione Generale Welfare) ha istituito uno specifico Gruppo di Approfondimento Tecnico (GAT). Il gruppo, composto da clinici, esperti in materia e stakeholders (esponenti del terzo e del quarto settore), aveva come obiettivo quello di produrre entro il giugno dello stesso anno un documento di aggiornamento sul tema del ruolo del SPDC e del trattamento dell’acuzie e dell’emergenza urgenza psichiatrica alla luce: delle raccomandazioni della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome emanate nel 2010 relativamente alla prevenzione delle contenzioni fisiche e all’applicazione degli accertamenti e dei trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale; dello sviluppo delle pratiche cliniche e dell’evoluzione delle evidenze scientifiche; dei cambiamenti intervenuti nei modelli organizzativi (quali la differenziazione dei percorsi di cura e la riorganizzazione della residenzialità psichiatrica di cui alla DGR 4221/2007). Il gruppo di lavoro si è articolato in tre sottogruppi, impegnati rispettivamente ad approfondire le seguenti tematiche: la contenzione; le emergenze e urgenze psichiatriche e i fenomeni di aggressività in SPDC; i modelli organizzativi nella gestione delle urgenze in psichiatria. Il documento prodotto alla conclusione dei lavori del GAT e trasmesso alle Direzioni Generali e Sanitarie delle Aziende Ospedaliere e delle ASL nonché alle Direzioni dei DSM regionali, si componeva di una prima parte in cui era riportato dettagliatamente l’esito del lavoro dei sottogruppi e di una seconda sezione costituita dalle raccomandazioni e indicazioni operative relative alle questioni trattate. L’intento era quello di favorire lo sviluppo e il consolidamento di azioni atte a: ridurre/applicare correttamente le misure di contenzione; prevenire/trattare gli agiti auto-eteroaggressivi;

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Stefania Borghetti, Graziella Civenti, Rosanna Guaiana, Antonio Lora, Franco Milani LA CONTENZIONE FISICA IN PSICHIATRIA. ANALISI DEI DATI RILEVATI NEI SPDC LOMBARDI 1. L’approccio al problema della Direzione Generale Welfare Il Piano Regionale Salute Mentale (DGR 17 maggio 2004 n. 17513) individua i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) quale “nodo vitale per i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) in quanto chiamati a intervenire in una fase delicata e decisiva del percorso di cura degli utenti” rispetto a cui devono svolgere contemporaneamente funzioni contenitive e di accoglimento. Dal punto di vista della pratica clinica il Piano pone particolare attenzione al problema della contenzione fisica degli utenti ricoverati e, oltre a richiamare l’obbligo di garantire un’adeguata assistenza all’utente nel corso del periodo di contenzione, prescrive la necessità che ogni SPDC disponga di:

un protocollo scritto sulle procedure per attuare la contenzione in cui vengano esplicitate informazioni relative a chi dispone la contenzione, a quali motivazioni la determinano e a chi la effettua;

un registro per la rilevazione nominativa dei pazienti contenuti e della durata della contenzione stessa.

Al fine di monitorare l’attuazione di quanto disposto e, più in generale, l’operatività dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, nel 2011 la Direzione Generale Sanità (oggi Direzione Generale Welfare) ha istituito uno specifico Gruppo di Approfondimento Tecnico (GAT). Il gruppo, composto da clinici, esperti in materia e stakeholders (esponenti del terzo e del quarto settore), aveva come obiettivo quello di produrre entro il giugno dello stesso anno un documento di aggiornamento sul tema del ruolo del SPDC e del trattamento dell’acuzie e dell’emergenza urgenza psichiatrica alla luce:

delle raccomandazioni della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome emanate nel 2010 relativamente alla prevenzione delle contenzioni fisiche e all’applicazione degli accertamenti e dei trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale;

dello sviluppo delle pratiche cliniche e dell’evoluzione delle evidenze scientifiche;

dei cambiamenti intervenuti nei modelli organizzativi (quali la differenziazione dei percorsi di cura e la riorganizzazione della residenzialità psichiatrica di cui alla DGR 4221/2007).

Il gruppo di lavoro si è articolato in tre sottogruppi, impegnati rispettivamente ad approfondire le seguenti tematiche:

la contenzione;

le emergenze e urgenze psichiatriche e i fenomeni di aggressività in SPDC;

i modelli organizzativi nella gestione delle urgenze in psichiatria. Il documento prodotto alla conclusione dei lavori del GAT e trasmesso alle Direzioni Generali e Sanitarie delle Aziende Ospedaliere e delle ASL nonché alle Direzioni dei DSM regionali, si componeva di una prima parte in cui era riportato dettagliatamente l’esito del lavoro dei sottogruppi e di una seconda sezione costituita dalle raccomandazioni e indicazioni operative relative alle questioni trattate. L’intento era quello di favorire lo sviluppo e il consolidamento di azioni atte a:

ridurre/applicare correttamente le misure di contenzione;

prevenire/trattare gli agiti auto-eteroaggressivi;

2

tutelare/incrementare la sicurezza delle persone ricoverate e operanti in SPDC;

orientare la revisione/aggiornamento dei protocolli.

Al fine di promuovere tali processi la Direzione Generale (DG) Sanità ha posto nel 2011 come obiettivo dei Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere la revisione/aggiornamento, sulla base delle indicazioni contenute nel documento, del protocollo scritto relativo alle procedure per attuare la contenzione fisica degli utenti. Analogamente ha assegnato alle Direzioni Generali delle ASL l’obiettivo di verificare l’avvenuto aggiornamento di tale protocollo e la presenza in ogni SPDC del registro per la rilevazione nominativa dei pazienti contenuti e della durata della contenzione. 2. Il monitoraggio delle contenzioni Contemporaneamente la DG ha strutturato un’attività sistematica di monitoraggio delle contenzioni fisiche praticate nei SPDC. Lo strumento utilizzato nel corso della prima rilevazione effettuata nel 2011 relativamente agli anni 2009 e 20101 è stato mantenuto negli anni successivi in modo da disporre di una base dati omogenea che consentisse il confronto longitudinale, perlomeno relativamente a un set minimo di informazioni, lungo tutto l’arco temporale. A partire dal 2012 esso è stato tuttavia arricchito di nuovi item e nuove informazioni con l’obiettivo di approfondire le aree che progressivamente si erano evidenziate come cruciali per la comprensione del fenomeno. In particolare tra le informazioni aggiuntive richieste è stato inserito il codice Psiche (ovvero il codice che nel sistema informativo psichiatrico regionale identifica in maniera univoca gli utenti dei DSM lombardi), rendendo così possibile incrociare il dato relativo alla contenzione con le diverse variabili (socio-demografiche e cliniche) rilevate dal sistema informativo per ciascun paziente in contatto con i servizi. Attualmente la scheda di rilevazione si compone di 4 sezioni rispettivamente finalizzate a indagare: 1. le caratteristiche strutturali e organizzative dei SPDC: numero di posti letto, bacino di utenza,

dimensioni del reparto, percentuale di saturazione, presenza o meno di guardia attiva, ore di formazione su temi specifici relativi a TSO, urgenza, prevenzione e gestione dei comportamenti aggressivi o violenti, contenzione;

2. la dotazione di personale rilevata attraverso il numero di ore annuali erogate dalle diverse figure professionali (medici, psicologi, assistenti sociali, infermieri, educatori e terapisti della riabilitazione) nei diversi servizi – ambulatoriali, ospedalieri, residenziali e semiresidenziali – del DSM;

3. l’attività del reparto e le contenzioni praticate: numero di pazienti ricoverati nell’anno, numero di ricoveri, numero di giornate di degenza, numero di pazienti contenuti, numero di episodi di contenzione, durata degli episodi di contenzione (< 6 ore, 6-12 ore, 13-24 ore), percentuale di episodi di contenzione in ore serali/notturne (dalle ore 20 alle ore 8) sul totale degli episodi di contenzione, presenza di un registro delle contenzioni e di un protocollo aggiornato sulla contenzione);

4. le caratteristiche dei pazienti contenuti: codice Psiche, sesso, età, anno del primo contatto con il servizio, diagnosi principale ICD 10.

3. Analisi dei dati

3.1 Analisi temporale Allo stato attuale Regione Lombardia dispone di una serie storica di dati relativi alle contenzioni fisiche praticate nei 47 SPDC regionali relativamente al periodo 2009-2015.

1 I risultati della rilevazione sono stati trasmessi alle Direzioni delle Aziende Ospedaliere e delle ASL e alle Direzioni dei DSM e pubblicati sul sito di Regione Lombardia

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Si tratta di un campione di particolare interesse considerata la relativa mancanza, sottolineata da più autori (Martin et al., 2007; Steinert et al., 2010; Dumais et al., 2011), di dati su questa pratica. Il tasso nel periodo preso in esame risulta pari a 11,60%. Nella tabella n.1 sono riportati i valori assoluti del numero di pazienti sottoposti a contenzione mentre nel grafico n.1 è rappresentato l’andamento dei tassi che mostra, fino al 2013, un decremento dell’uso di questa pratica. Nel 2014 si assiste a un incremento pari al 30% rispetto ai valori registrati nell’anno precedente mentre nel 2015 si osserva una nuova flessione del fenomeno pari al 27% rispetto ai valori registrati nel 2014. Tabella n.1 Pazienti contenuti nel periodo 2009-2015

ANNO N. PAZIENTI RICOVERATI

IN SPDC

N.PAZIENTI CONTENUTI

% PAZIENTI CONTENUTI

2009 16.014 2.054 12,83

2010 15.605 1.895 12,14

2011 15.872 1.876 11,82

2012 16.187 1.774 10,96

2013 15.287 1.632 10,68

2014 15.296 1.919 12,55

2015 15.230 1.549 10,15

Totale periodo

109.491 12.699 11,60

Grafico n.1 Tasso di pazienti contenuti (N. di pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati) nel periodo 2009-2015

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Tasso pazienti contenuti

4

Si tratta di un dato difficilmente comparabile con i valori relativi ad altri paesi a causa della variabilità estrema riscontrata nelle diverse review prese in esame (Janssen, 2008; Steinert, 2009) nelle quali si passa da valori attestati tra 0% e 1% rispettivamente in Islanda e Olanda fino a tassi vicini al 20% in USA e Australia. Assumendo come riferimento la review di Beghi et al. (2013) che conduce una revisione esaustiva della letteratura internazionale e che individua come range di riferimento quello compreso tra 3,8% e 20%, il dato lombardo risulta collocarsi nel valore mediano di tale intervallo. A livello italiano, un raffronto possibile è quello con i dati rilevati nell’area romana dove nel 2009 è stato registrato un tasso di 11,1 pazienti contenuti ogni 100 dimessi. Valori più bassi appaiono quelli riscontrati da Biancosino et al. (2009) che in una survey su 1.324 pazienti ricoverati nel 2004 in Italia in un reparto per acuti, pubblico o privato, hanno rilevato essere stato oggetto di almeno un episodio di contenzione fisica durante la degenza il 6.3% del campione. Nella tabella n.2 è riportata la distribuzione per gli anni di osservazione dei valori minimi e massimi riscontrati. Tali dati non tengono conto del valore registrato nel SPDC di Mantova che, nel periodo considerato, non ha mai effettuato contenzioni. Tabella n .2 Tassi di contenzione valore minimo e massimo – Anni 2009-2015

ANNO Minimo Massimo

2009 0,6 29,1

2010 0,6 26,5

2011 1,5 24,8

2012 1,5 24,8

2013 1,4 17,9

2014 1,2 34,0

2015 1,8 25,2

Osservando la distribuzione dei valori, si nota che l’ampiezza degli intervalli registrati (differenza tra valore massimo e minimo), con esclusione del dato relativo al 2013, si mantiene al disopra del 20%, il che rappresenta un indicatore della grande variabilità di utilizzo di tale pratica da parte dei SPDC regionali. Tale variabilità, verosimilmente non imputabile a differenze di carattere epidemiologico nelle popolazioni considerate, potrebbe essere riconducibile a fattori quali le caratteristiche strutturali e organizzative dei servizi (per esempio, la mancanza di personale o di formazione adeguata del personale) o lo stile di lavoro. 3.2 Caratteristiche dei pazienti contenuti L’analisi delle caratteristiche dei pazienti sottoposti a contenzione di seguito proposta si riferisce al periodo 2012-2015. Pe quanto riguarda la variabile sesso dei pazienti contenuti, nel periodo considerato, la distribuzione si mantiene costante: il 64% è costituito da maschi e il 36% da donne. Nella tabella n.3 è rappresentata la distribuzione percentuale, nel quadriennio, per sesso ed età.

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Tabella n.3 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti per sesso e classe di età nel periodo 2012-2015

2012 2013 2014 2015

Classe età F M Totale F M Totale F M Totale F M Totale

<=17 1,1 1,8 1,5 1,0 2,0 1,7 0,9 2,2 1,7 1,8 1,9 1,9

18-30 19,3 27,8 24,7 15,3 27,5 23,1 19,6 29,7 26,1 19,0 30,3 26,2

31-40 21,7 24,9 23,7 22,1 22,3 22,2 19,1 22,2 21,1 19,6 20,1 19,9

41-50 21,7 21,4 21,5 26,6 24,8 25,4 28,9 20,5 23,4 23,7 23,4 23,5

51-60 15,2 11,5 12,8 16,9 11,7 13,5 16,3 12,7 14,0 19,4 12,7 15,1

61-70 12,5 6,8 8,9 9,4 6,3 7,4 8,8 7,4 7,9 9,2 6,3 7,3

>=71 8,5 5,8 6,8 8,6 5,6 6,7 6,3 5,3 5,7 7,2 5,4 6,0

Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

I dati mostrano come la fascia di età che mostra il maggior numero di pazienti contenuti sia quella inferiore a 30 anni per i maschi e quella compresa tra 41 e 50 anni per le donne. Tale dato, pur con qualche variazione, tende a mantenersi costante nel tempo sia per i maschi che per le femmine. Se si mettono a confronto le caratteristiche dei pazienti contenuti (sesso ed età) con quelle dei pazienti ricoverati in SPDC nel triennio 2013-2015 si può osservare come i maschi abbiano un rischio di quasi 2 volte maggiore di essere contenuti rispetto alle donne. Tale rischio si mantiene indipendentemente dalla classe d’età di appartenenza. Tabella n.4 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati per sesso e classe di età nel periodo 2013-2015

2013 2014 2015

Classe età M F M F M F

<=17 19,1 7,1 60,0 47,3 14,1 11,5

18-30 18,1 8,9 17,5 11,9 18,6 9,3

31-40 12,0 8,5 14,4 14,8 12,3 8,9

41-50 11,4 7,1 7,8 5,8 11,0 6,9

51-60 9,1 6,3 7,0 4,1 9,1 7,0

61-70 8,6 5,9 0,0 0,0 9,3 6,0

>=71 13,0 6,6 87,0 21,0 12,2 6,2

2013 2014 2015

6

Per quanto riguarda la distribuzione dei pazienti contenuti per diagnosi alla dimissione, si evidenzia come i valori percentualmente più elevati siano quelli relativi alla diagnosi di schizofrenia. Seguono le sindromi affettive e i disturbi della personalità e del comportamento.

Tabella n.5 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati per diagnosi alla dimissione nel periodo 2012-2015

DIAGNOSI 2012 2013 2014 2015

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

11,9 16,7 16,6 16,2

Ritardo mentale 2,0 3,1 3,9 2,7

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti 28,6 36,0 39,0 37,6

Sindromi affettive 16,9 22,9 20,3 19,2

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

0,4 1,0 0,9 1,2

Sindromi e disturbi comportamentali associati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e a fattori somatici

0,4 0,9 0,7 0,3

Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico 0,3 0,4 0,1 0,2

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 5,9 5,1 5,3 6,3

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

6,4 10,4 9,4 10,7

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 2,5 3,2 3,3 5,4

Manca dato 24,7 0,3 0,5 0,3

TOTALE 100 100 100 100

Questo dato, tuttavia, non significa automaticamente che i pazienti con diagnosi di schizofrenia abbiano maggiori probabilità di essere contenuti rispetto a pazienti con altre diagnosi. Dal momento che per il periodo 2013-2015 erano disponibili anche i dati di ricovero provenienti dal flusso SDO, è stato possibile calcolare le proporzioni dei pazienti contenuti sui pazienti ricoverati con la stessa diagnosi.

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Tabella n. 6 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti su pazienti ricoverati nel periodo 2013-2015

DIAGNOSI 2013 2014 2015

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto 11,1 13,4 9,8

Ritardo mentale 29,7 46,0 22,0

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti 10,2 14,8 10,3

Sindromi affettive 8,2 9,4 6,7

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza 20,5 22,7 18,0

Sindromi e disturbi comportamentali associati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e a fattori somatici 12,1 7,9 2,7

Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico 31,8 3,8 16,7

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 15,1 20,3 18,6

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive 20,0 27,1 18,3

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 11,3 15,6 15,1

Da tale analisi emerge come in realtà un soggetto che viene dimesso con una diagnosi di ritardo mentale abbia una probabilità maggiore di essere contenuto rispetto a un paziente schizofrenico. Lo stesso vale per i pazienti ricoverati per abuso di sostanze e quelli per i quali è stata diagnosticata sindrome e disturbi comportamentali con esordio nell’infanzia o nella adolescenza.

3.3 Caratteristiche degli episodi di contenzione Nel periodo 2012-2015 sono stati rilevati 18.696 episodi di contenzione per un totale di 6.861 pazienti contenuti. Dal confronto tra il numero di episodi di contenzione per 100 giornate di degenza e il numero medio di episodi che hanno interessato il singolo paziente ricoverato si evidenzia come nel corso del periodo si assista a una diminuzione degli episodi rispetto alle giornate di ricovero e a una stabilizzazione del numero di episodi che interessano il singolo paziente. Tabella n. 7 Rapporto tra episodi di contenzione, numero di pazienti contenuti e numero medio di episodi per paziente nel periodo 2012-2015

Anno N. pazienti contenuti

N. totale episodi

di contenzione

N. totale giornate di degenza

N. episodi su 100

giornate di degenza

N. medio di episodi per

paziente

2012 1.771 5.256 269.471 2,0 3,0

2013 1.631 4.426 159.191 2,8 2,7

2014 1.919 4.741 279.472 1,7 2,5

2015 1.540 4.273 287.470 1,5 2,8

TOTALE 6.861 18.696 995.604 1,9 2,7

8

Grafico n.2 Confronto tra l’andamento del numero di episodi ogni 100 giornate di degenza e il numero medio di episodi per paziente nel periodo 2012-2015

Nella tabella n.8 è riportato l’andamento nel periodo 2012-2015 del numero di episodi di contenzione raggruppati per classe di frequenza. Come si può rilevare, il numero di pazienti sottoposti, nel periodo di degenza, a un numero di episodi di contenzione superiore o uguale a 4 diminuisce considerevolmente nell’arco temporale considerato. Tabella n.8 Numero e distribuzione percentuale dei pazienti contenuti per numero medio di contenzioni per paziente nel periodo 2012-2015

2012 2013 2014 2015

Numero medio di

contenzioni per paziente

N. pazienti contenuti

% pazienti per classe di

episodi di contenzione

N. pazienti

contenuti

% pazienti per classe di

episodi di contenzione

N. pazienti

contenuti

% pazienti per classe di

episodi di contenzione

N. Pazienti

contenuti

% pazienti per classe di

episodi di contenzione

1-1,9 716 40,4 961 58,9 939 48,9 433 28,0

2-2,9 536 30,2 307 18,8 548 28,6 776 50,2

3-3,9 199 11,2 215 13,2 334 17,4 292 18,9

>=4 323 18,2 149 9,1 98 5,1 48 2,9

TOTALE 1774 100 1632 100 1919 100 1549 100

N. di contenzioni medie per paziente

3,0 2,5 2,4 2,5

0

1

2

3

4

5

6

2012 2013 2014 2015

N. Episodi su 100 giornate di degenza N. medio di Episodi per paziente

9

Grafico n.3 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti per numero medio di contenzioni per paziente nel periodo 2012-2015

La durata dell’episodio di contenzione, come si può osservare dai dati riportati nella tabella n. 9 e nel relativo grafico, non subisce, nel periodo considerato, variazioni significative. L’unico valore per il quale si assiste a un aumento nella distribuzione percentuale è quello relativo agli episodi di contenzione la cui durata supera le 24 ore che passano dal 9% registrato nel 2012 al 11% del 2015. Sempre dalla tabella n. 9, si può rilevare la netta prevalenza, nel quadriennio, delle contenzioni di durata inferiore a 6 ore (corrispondenti al 36% degli episodi), seguite dalle contenzioni che durano da 6 a 12 ore (che si collocano attorno al 27% del totale). Tabella n. 9 Durata dell’episodio di contenzione nel periodo 2012-2015

DURATA DELL'EPISODIO DI

CONTENZIONE

Anno di cui <6 h.

di cui 6-12 h.

di cui 13-24 h.

di cui >24 h.

N. totale episodi di contenzione

nell'anno

2012 37,4 28,4 25,0 9,1 5.256

2013 34,1 26,8 28,9 10,3 4.426

2014 36,8 27,0 25,9 11,0 4.741

2015 36,5 27,9 23,8 11,3 4.273

40,4

58,9

48,9

28,030,2

18,8

28,6

50,2

11,213,2

17,4 18,918,2

9,1

5,12,9

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

2012 2013 2014 2015

Distribuzione % dei pazienti per classe di numero contenzioni

1-1,9 2-2,9 3-3,9 >=4

10

Grafico n.4 Distribuzione percentuale delle contenzioni per classi di durata nel periodo 2012-2015

Nel quadriennio preso in esame si assiste, inoltre, a un leggero decremento nel ricorso alla contenzione nelle ore notturne: si passa, infatti, dal 48% di episodi registrati nel 2012 al 44% del 2015. L’andamento irregolare dei dati (nel 2013 e nel 2014 i valori erano infatti stati più elevati, rispettivamente 52,9% e 53,1%) tuttavia impedisce, allo stato attuale, di trarre conclusioni definitive sul fenomeno. Grafico n.5 Distribuzione percentuale degli episodi di contenzione nelle ore notturne nel periodo 2012-2015

37,4

34,136,8 36,5

28,426,8 27,0 27,9

25,0

28,9

25,923,8

9,110,3 11,0 11,3

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

2012 2013 2014 2015

Distribuzione % del numero di contenzioni per durata

di cui<6 h.

di cui6-12 h.

di cui13-24 h.

di cui>24 h.

48,1

52,9 53,1

44,2

0

10

20

30

40

50

60

2012 2013 2014 2015

% di episodi di contenzioni nelle ore notturne

11

3.4 Fattori che possono influenzare la scelta di attuare le contenzioni Al fine di comprendere se esistono fattori che influenzano la scelta di utilizzare pratiche di contenzione nei reparti, sono state analizzate le seguenti variabili:

la presenza di guardia attiva nelle ore serali e notturne;

l’investimento in formazione;

il minutaggio dell’assistenza infermieristica (solo per il 2015). Per quanto riguarda il primo punto, gli episodi di contenzione notturna riguardano, mediamente, il 47% del totale, mentre la presenza di guardia attiva interessa, nel periodo considerato, il 29% dei SPDC. Partendo dall’ipotesi che la presenza di guardia attiva possa limitare gli episodi di contenzione notturna, i dati sono stati sottoposti a un test del ‘Chi quadro’ per verificare la probabilità dell’esistenza di un’associazione tra le due variabili. Il test del ‘Chi quadro’, applicato alle due variabili, è risultato non significativo (valore test 4,5 con 49 gl) e pertanto la presenza di guardia attiva sembrerebbe non avere un ruolo rispetto alla scelta di contenere nelle ore notturne. Il secondo fattore preso in considerazione (l’investimento in ore di formazione degli operatori su questo tema) è pensato come fattore ‘protettivo’ rispetto al ricorso all’uso di pratiche contenitive. Ciò significa che si ipotizza una diminuzione del ricorso alle contenzioni laddove è presente un consistente investimento in ore formative sul tema. Per verificare l’esistenza di una relazione tra le due variabili (ore di formazione ed episodi di contenzione) è stato calcolato il coefficiente di correlazione e per stabilire la significatività di “R” ottenuto è stato calcolato il valore di “T” che è risultato non significativo (1255 con 47 gl) indicando che verosimilmente il fattore ‘formazione’ è ininfluente sulla scelta, da parte degli operatori sanitari, di ricorrere a tali pratiche. Ciò non toglie che la formazione resti, comunque un elemento molto importante i cui effetti potranno essere visti, nel lungo periodo, nella capacità dei servizi di modificare i propri comportamenti e la propria organizzazione. Il terzo fattore preso in considerazione (dato disponibile solo per il 2015) è stato il minutaggio medio di assistenza del personale infermieristico per paziente ricoverato. Anche in questo caso sono stati messi a confronto il minutaggio medio con le percentuali di pazienti contenuti per verificare l’esistenza di una relazione tra le due variabili. L’ipotesi di partenza è che la presenza di un minutaggio alto sia un fattore protettivo rispetto all’utilizzo di misure di contenzione. Il coefficiente “R”, risultato dalla messa a confronto delle due variabili, sottoposto al test T (0.14 con 46 gl) è risultato non significativo. Pertanto, anche in questo caso, è possibile affermare che molto probabilmente un numero elevato di minuti di assistenza infermieristica non può essere considerato un fattore influente sulla scelta di ricorrere o meno a pratiche contenitive e che quindi altri fattori (culturali e non solo organizzativi) intervengono nella decisione degli operatori di contenere i pazienti ricoverati. 3.5. TSO e contenzioni L’analisi del rapporto tra contenzione e TSO è stata possibile:

per quanto riguarda i ricoveri utilizzando i dati provenienti dal flusso SDO

per quanto riguarda le contenzioni utilizzando i dati raccolti dal flusso specifico e quelli provenienti dal sistema informativo Psiche.

I dati ricavati da Psiche hanno permesso, tramite il codice attribuito dal programma a ciascun utente e riportato anche nelle schede di rilevazione delle contenzioni, di risalire ai pazienti che sono stati sottoposti a TSO.

12

Nella tabella n.10 è riportato l’andamento dei ricoveri in regime di TSO e delle contenzioni relativamente al periodo 2013-2015. In tale periodo risulta che il 54,5% dei pazienti ricoverati in TSO è stato sottoposto a pratiche contenitive. La percentuale varia nel triennio e mostra un andamento non lineare, con valori molto in crescita nel 2014 (quando risulta essere stato contenuto il 65% dei pazienti in TSO) rispetto al 2013 e una nuova flessione nel 2015. Tabella n.10 Andamento dei ricoveri in TSO e contenzioni nel periodo 2013-20152

ANNO N.

ricoveri in TSO

N. pazienti ricoverati in

TSO

N. pazienti contenuti

% pazienti contenuti

2013 980 900 409 45,4

2014 1.003 912 597 65,5

2015 806 727 377 51,9

Totale periodo 2.789 2.539 1.383 54,5

Nella tabella n. 11 è confrontata la distribuzione per diagnosi dei ricoveri in TSO e quella relativa ai pazienti contenuti.

2In questa tabella nel numero dei pazienti ricoverati in TSO sono stati conteggiati anche i pazienti con “altre diagnosi” (diagnosi non psichiatriche) e i pazienti contenuti che risultano senza diagnosi

13

Tabella n.11 Distribuzione per diagnosi dei pazienti ricoverati per TSO e contenuti3

2013 2014 2015

DIAGNOSI

Distribuzione % pazienti

ricoverati in TSO

Distribuzione % pazienti contenuti in

TSO

Distribuzione % pazienti ricoverati in

TSO

Distribuzione % pazienti contenuti in

TSO

Distribuzione % pazienti ricoverati in

TSO

Distribuzione % pazienti contenuti in

TSO

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

11,1 16,1 11,1 16,8 11,6 20,3

Ritardo mentale 1,0 2,2 1,1 1,5 0,6 0,8

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

55,0 40,3 58,3 46,7 57,5 41,5

Sindromi affettive 20,5 21,5 19,7 20,9 19,3 20,6

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

0,7 1,2 0,7 0,9 0,3 0,5

Sindromi e disturbi comportamentali associati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e a fattori somatici

0,2 0,2 0,1 0,2 0,1 0,0

Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico

0,2 0,2 0,2 0,0 0,4 0,0

Sindromi e disturbi psichici di natura organica

3,0 3,9 2,6 3,6 2,1 1,9

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

7,0 11,7 4,5 7,0 7,2 12,5

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi

1,2 2,4 1,7 2,6 1,0 1,9

Totale 100 100 100 100 100 100

Come si può osservare, nel triennio i TSO avvengono prevalentemente per pazienti che rientrano in quattro gruppi diagnostici (disturbi della personalità, schizofrenia, sindromi affettive e abuso di sostanze) che pertanto si definiscono come quelli con più alta probabilità di essere contenuti se ricoverati in TSO.

3Al fine di permettere una lettura più corretta del dato, nella tabella n. 10 è stata fatta la scelta di non includere nel calcolo della distribuzione percentuale i 16 pazienti ricoverati per TSO con “altre diagnosi non psichiatriche” e 7 pazienti di cui non era disponibile la diagnosi.

14

4. Influenza delle variabili sociodemografiche e cliniche

Nel 2015 sono stati sottoposti a una misura di contenzione1.549 pazienti, valore pari allo 10.1% dei pazienti trattati nei SPDC regionali nell’anno (15.212). Le due sottopopolazioni (pazienti contenuti e pazienti ricoverati) sono state confrontate rispetto a una serie di variabili socio-demografiche e cliniche (quali il sesso, l’età, la nazionalità e la diagnosi) con l’obiettivo di verificare la presenza di eventuali differenze. 4.1 Tassi di contenzione per sesso e classi di età

Nella tabella n.12 è riportata la distribuzione per sesso e classe di età dei pazienti contenuti sulla popolazione dei ricoverati. Per quanto riguarda la distribuzione per sesso si rilevano in effetti differenze tra i due universi. I dati mostrano come un paziente maschio ricoverato abbia sempre una probabilità maggiore, rispetto a una femmina, di essere contenuto. Tale probabilità raddoppia per la classe di età 18-30 anni e per la classe di età maggiore di 71 anni. Tabella n.12 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati per sesso e classe di età

Classe età F M Totale

<=17 11,5 14,1 13,0

18-30 9,3 18,6 14,7

31-40 8,9 12,3 10,9

41-50 6,9 11,0 9,1

51-60 7,0 9,1 8,0

61-70 6,0 9,3 7,4

>=71 6,2 12,2 8,6

Totale 7,5 12,5 10,1

Per quanto riguarda l’età media le femmine hanno un’età media superiore rispetto ai maschi sia nella popolazione dei ricoverati (47.34 contro 43.84) che nella popolazione dei pazienti contenuti (45.38 contro 41.03). 4.2 Diagnosi dei pazienti contenuti secondo ICD-10. Confronto tra pazienti ricoverati e

pazienti contenuti. La distribuzione percentuale per diagnosi dei pazienti contenuti su quelli ricoverati mostra, nella tabella n. 13, come i pazienti con diagnosi di ritardo mentale, abbiano, indipendentemente dal sesso, una probabilità più alta di essere contenuti rispetto ai pazienti con altre diagnosi (22,6%). Tassi di contenzione relativamente alti anche per le diagnosi di sindromi e disturbi psichici di natura organica e sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive (entrambe pari al 18,4%), sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza (18%).

15

Tali dati, analizzati per la variabile sesso, mostrano come i maschi abbiano, rispetto alle femmine, un rischio maggiore di una volta e mezzo relativamente alle diagnosi di disturbi di natura organica e uso di sostanze e di quasi 3 volte maggiore per diagnosi relative a sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico e sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza.

Tabella n.13 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati per diagnosi e sesso

Diagnosi F M Totale

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

8,1 11,4 9,6

Ritardo mentale 21,2 23,3 22,6

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti 7,7 12,0 10,2

Sindromi affettive 5,2 8,8 6,8

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

7,7 21,6 18,0

Sindromi e disturbi comportamentali associati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e a fattori somatici

2,9 0,0 2,7

Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico 0,0 21,4 16,7

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 15,3 21,1 18,4

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

12,6 20,5 18,4

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 13,3 16,9 15,1

4.3 Tasso di contenzione per diagnosi e fasce di età dei pazienti contenuti Nella tabella n.14 i tassi di contenzione sono messi in relazione con le variabili diagnosi e classe di età. I dati riportati mostrano come nella fascia di età inferiore o uguale a 17 anni la diagnosi che interessa in modo maggiore i pazienti contenuti sia quella relativa al ritardo mentale. Tale diagnosi si presenta con un tasso del 80% anche nei pazienti collocati nella fascia di età 61-70 anni. Nella classe di età 18-30 anni si concentrano invece le diagnosi di sindromi e disturbi psichici di natura organica, sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico.

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Tabella n.14 Distribuzione percentuale dei pazienti contenuti sul totale dei pazienti ricoverati per età e diagnosi

Diagnosi <=17 18-30 31-40 41-50 51-60 61-70 >=71

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

13,6 11,9 11,5 8,1 6,5 6,8 2,6

Ritardo mentale 62,5 28,0 16,7 18,0 4,2 80,0 0,0

Schizofrenia, sindrome schizotipica e sindromi deliranti

10,5 13,6 10,8 8,7 10,2 7,7 6,6

Sindromi affettive 3,1 12,6 9,9 6,4 4,5 5,4 5,5

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

22,7 20,7 20,0 15,4 0,0 0,0 20,0

Sindromi e disturbi comportamentali associati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e a fattori somatici

0,0 2,7 3,4 0,0 0,0 0,0 0,0

Sindromi e disturbi da alterato sviluppo psicologico

0,0 42,9 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

Sindromi e disturbi psichici di natura organica

33,3 50,0 18,2 28,9 18,8 12,7 16,2

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

0,0 29,4 12,1 19,1 15,5 19,4 20,0

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi

18,8 22,8 11,5 14,9 14,3 13,2 8,3

% Totale pazienti contenuti/ Totale pazienti ricoverati

13,2 14,9 11,1 9,2 8,1 7,6 8,7

17

4.4 Ricoveri e contenzioni di pazienti minorenni Nel 2015 sono stati ricoverati in SPDC 215 soggetti con età inferiore o uguale a 17 anni. Va ricordato che i dati riportati in questa sezione si riferiscono esclusivamente ai minori ricoverati in SPDC per accordi organizzativi intra-aziendali e non includono i pazienti minori contenuti nei reparti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, rispetto ai quali verrà condotta una specifica rilevazione. Dei minori ricoverati in SPDC sono stati sottoposti a misure di contenzione 29 pazienti, pari al 14% dei ricoverati in quella fascia di età e al 1,87% di tutto il campione. La maggior parte dei minori contenuti si colloca nelle classi di età più elevate (8 soggetti hanno 16 anni e 14 ne hanno17) ma risultano essere stati sottoposti a contenzione anche 6 soggetti di 15 anni e 1 di 14 anni. La diagnosi di ritardo mentale è più correlata alla contenzione nei pazienti con 17 anni. La diagnosi di disturbo di personalità è più frequentemente associata alla contenzione nei pazienti di 15 e 16 anni, mentre l’unico caso di contenzione in un paziente di 14 anni è correlato a una diagnosi neuropsichiatrica in senso stretto (sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell’infanzia e nell’adolescenza). Nella tabella n.15 si riporta la distribuzione per sesso ed età dei tassi di contenzione. Tabella n.15 Distribuzione percentuale dei pazienti minorenni contenuti per sesso ed età

ETA' M F Totale

13 0,0 0,0 0,0

14 14,3 0,0 10,0

15 13,3 40,0 24,0

16 10,9 9,7 10,4

17 19,3 7,1 14,1

Totale 14,8 11,5 13,5

I dati mostrano che i maschi, indipendentemente dall’età, hanno una probabilità maggiore di essere contenuti, fatta eccezione per la fascia d’età dei quindici anni in cui viene rilevato un tasso di contenzione più alto per le femmine. Per quanto riguarda la distribuzione per diagnosi dei tassi di contenzione, i dati presentati nella tabella n. 16 mostrano come le femmine abbiano una probabilità maggiore di essere contenute se presentano una diagnosi di disturbo della personalità e del comportamento o un disturbo psichico di natura organica. Per i maschi, invece, la probabilità più alta di essere contenuti è legata a una diagnosi di ritardo mentale. Se si osservano i tassi di contenzione, indipendentemente dal sesso, i valori più alti risultano quelli relativi alle diagnosi di ritardo mentale e di disturbi psichici di natura organica.

18

Tabella n.16 Distribuzione percentuale dei pazienti minorenni contenuti per sesso e diagnosi

Diagnosi alla dimissione M F Totale

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto 6,1 24,2 15,2

Ritardo mentale 83,3 0,0 62,5

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti 12,9 0,0 10,5

Sindromi affettive 5,9 0,0 3,1

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza 27,8 0,0 22,7

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 0,0 100,0 33,3

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 25,0 12,5 18,8

Totale 14,8 11,5 13,5

Nelle tabelle n. 17 e n. 18 sono stati messi a confronto i tassi di contenzione calcolati sulla popolazione adulta e quelli relativi ai minori con l’obiettivo di verificare se il sesso e la diagnosi possano essere indicatori della esistenza di un rischio diversificato tra le due popolazioni. Dal confronto dei tassi di contenzione calcolati, nelle due popolazioni, per le variabili sesso e diagnosi si è potuto rilevare che per quanto riguarda il sesso i maschi minori presentano un rischio due volte maggiore di essere contenuti rispetto ai maschi adulti. Se si prendono in considerazione le due popolazioni, indipendentemente dalla variabile sesso, i minori presentano comunque un rischio maggiore di essere contenuti rispetto agli adulti. Questo dato può essere spiegato tenendo presente la particolare problematicità dei pazienti minori ricoverati in SPDC: verosimilmente, infatti, i minori accedono a questa struttura, per molti aspetti inadeguata a rispondere ai loro bisogni, solo quando la gravità e l’esplosività dei sintomi e dei comportamenti rendono impossibile un ricovero nei reparti di pediatria. Tabella n.17 – Rischio relativo tra minorenni e adulti per sesso

Maschi Femmine Su totale

Tasso di contenzione minori 14,8 11,5 13,5

Tasso di contenzione adulti 7,4 12,4 10,1

Rischio 2,0 0,9 1,3

Per quanto riguarda invece il rischio calcolato sulle diagnosi, si registra un rischio maggiore degli adulti di essere contenuti rispetto ai minori soltanto nelle sindromi affettive. Per tutte le altre diagnosi i minori risultano, invece, a maggior rischio di contenzione rispetto agli adulti. Tale rischio diventa tre volte maggiore se la diagnosi è quella di ritardo mentale.

19

Tabella n.18 Rischio relativo tra minorenni e adulti per diagnosi

Diagnosi Tasso di

contenzione minori

Tasso di

contenzione adulti

Rischio

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

15,2

9,5 1,6

Ritardo mentale 62,5 20,2 3,1

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

10,5

10,2 1,0

Sindromi affettive 3,1 6,8 0,5

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

22,7

16,7 1,4

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 33,3 18,3 1,8

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 18,8 15,0 1,2

% Tot. Pazienti Contenuti/ Tot Pazienti ricoverati 13,5 10,1 1,3

4.5 Ricoveri e contenzioni di pazienti stranieri I pazienti stranieri ricoverati nel 2015 sono stati 2.127, pari al 16% dei pazienti ricoverati nell’anno. Gli stranieri contenuti nell’anno 2015 sono stati 156, con un tasso di contenzione del 7,3%. Tabella n.19 Distribuzione percentuale dei pazienti stranieri contenuti per sesso e classe di età

CLASSE Maschi Femmine Su Totale

<=17 12,1 7,1 10,6

18-30 13,2 6,7 10,5

31-40 10,3 3,6 6,7

41-50 6,3 3,7 4,8

51-60 3,4 4,1 3,8

61-70 16,7 2,9 7,7

>=71 0,0 0,0 0,0

Su totale 10,2 4,5 7,3

Osservando la distribuzione nella sottopopolazione straniera dei tassi di contenzione rispetto alle variabili sesso e classe di età, si rileva come la probabilità di essere contenuti sia più di 2 volte maggiore nei maschi rispetto alle femmine che solo nella classe 51-60 anni presentano un tasso più alto rispetto ai maschi. Se si considerano i valori indipendentemente dalla variabile sesso e si analizza solo la distribuzione dei tassi per classe di età, si può osservare come gli stranieri con età inferiore o uguale a 30 anni abbiano una probabilità maggiore di essere contenuti rispetto agli stranieri ricoverati con classe d’età superiore a 30 anni. Per quanto riguarda invece l’età media dei due gruppi (stranieri ricoverati e stranieri contenuti) questi ultimi presentano un’età media inferiore (32 anni contro i 36 anni degli stranieri ricoverati). I 156 pazienti stranieri contenuti rappresentano il 10% del totale dei pazienti contenuti nell’anno.

20

Se si confrontano le due sottopopolazioni di pazienti stranieri e pazienti italiani in relazione alla variabile sesso, si evidenzia come i maschi stranieri abbiano una probabilità più bassa rispetto a quelli italiani di essere sottoposti a contenzione. Tabella n.20 Rischio relativo tra stranieri e italiani per sesso

Maschi Femmine Su totale

Tasso di contenzione stranieri 10,2 4,5 7,3

Tasso di contenzione nativi 12,8 8,0 10,5

Rischio 0,8 0,6 0,7

Il confronto per la variabile sesso tra i tassi di contenzione degli stranieri e quelli dei nativi mette in evidenza come l’essere stranieri non comporti un rischio maggiore di essere contenuti durante il ricovero rispetto a quello a cui sono esposti i nativi. Rispetto al rischio distribuito per classe di età resta confermato che i nativi hanno un maggiore rischio di essere contenuti rispetto agli stranieri, fatta eccezione per la classe di età 61-70 anni dove il rischio di essere contenuti durante la degenza è simile nelle due sottopopolazioni. Tabella n. 21 Rischio relativo tra stranieri e italiani per classe di età

Classe di età

Tasso di contenzione

stranieri

Tasso di contenzione

nativi Rischio

<=17 10,6 13,7 0,8

18-30 10,5 16,4 0,6

31-40 6,7 12,0 0,6

41-50 4,8 9,6 0,5

51-60 3,8 8,3 0,5

61-70 7,7 7,4 1,0

Per quanto riguarda, infine, il rapporto tra diagnosi e contenzione, la diagnosi per la quale si osserva un tasso di contenzione più elevato è quella relativa alle sindromi fobiche legate a stress e somatoformi (17,3%) e le classi di età più rappresentate sono quelle inferiori a 30 anni (<=17e 18-30 anni). In ordine decrescente la seconda diagnosi a maggiore impatto sul fenomeno delle contenzioni è quella relativa ai disturbi psichici dovuti all’uso di sostanze. Anche in questo caso la classe di età in cui si riscontra il tasso più alto è quella dei 18-30 anni.

21

Tabella n.22 Distribuzione percentuale dei pazienti stranieri contenuti per diagnosi e classe di età

Diagnosi <=17 18-30 31-40 41-50 51-60 61-70 Su

totale

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

7,1 9,9 7,0 4,5 5,9 0,0 7,7

Ritardo mentale 0,0 11,1 0,0 0,0 0,0 0,0 6,3

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

0,0 8,5 7,8 5,7 3,2 10,5 7,1

Sindromi affettive 33,3 6,4 5,2 1,8 1,4 0,0 4,0

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

16,7 14,3 0,0 0,0 0,0 0,0 9,1

Sindromi e disturbi psichici di natura organica 0,0 50,0 0,0 0,0 0,0 0,0 11,8

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

0,0 26,7 5,7 5,1 6,7 100,0 12,8

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi 33,3 26,7 6,9 13,6 20,0 0,0 17,3

Su totale 11,1 10,7 6,6 4,8 3,9 8,0 7,5

Mettendo a confronto i tassi di contenzione relativi alla popolazione straniera con quelli rilevati nei nativi in relazione alla variabile diagnosi, si conferma, come evidenziato dalla tabella n. 23, il rischio maggiore dei nativi di essere contenuti indipendentemente dalla diagnosi, tranne che per la diagnosi di sindromi fobiche legate a stress e somatoformi dove gli stranieri presentano un rischio maggiore di essere contenuti. Tabella n.23 Rischio relativo tra stranieri e italiani per diagnosi

Diagnosi Tasso di

contenzione stranieri

Tasso di contenzione

nativi Rischio

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

7,7 10,0 0,8

Ritardo mentale 6,3 24,1 0,3

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

7,1 10,8 0,7

Sindromi affettive 4,0 7,1 0,6

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

9,1 20,5 0,4

Sindromi e disturbi psichici di natura organica

11,8 18,6 0,6

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

12,8 19,6 0,7

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi

17,3 14,6 1,2

22

Uno dei pochi studi condotti sui pazienti stranieri ricoverati nei SPDC lombardi (Spinogatti F. et al., 2015) aveva rilevato, con riferimento ai dati del 2010, un maggior rischio per i pazienti di nazionalità non italiana di essere ricoverati in SPDC e di avere, una volta ricoverati, una degenza più breve rispetto ai nativi. Non erano invece stati presi specificamente in considerazione i tassi di contenzione. 4.6 Le contenzioni: nuovi utenti e pazienti già in carico ai DSM Un’altra variabile che potrebbe essere predittiva del rischio di essere contenuti è quella relativa alla pregressa presa in carico da parte dei servizi territoriali. Per realizzare tale analisi, sono stati messi a confronto gli archivi relativi ai dati di ricovero del 2015 e quelli provenienti dal sistema informativo Psiche dove è disponibile il dato relativo al primo contatto di ogni utente con le strutture del Dipartimento di Salute Mentale. Non avendo a disposizione un codice identificativo univoco per entrambi gli archivi, e ritenendo comunque possibile tale incrocio utilizzando le variabili sesso, data di nascita e comune di nascita, si è proceduto al confronto dei due data base. L’80% dei 15.212 pazienti ricoverati in SPDC è stato rintracciato negli archivi di Psiche, il che ha permesso di ricavare l’informazione relativa alla pregressa presa incarico. I pazienti rintracciati sono risultati per il 75% essere già in carico ai servizi territoriali e per il 25% nuovi casi. Nella tabella n. 24 sono riportati i tassi di contenzione in funzione della pregressa presa in carico. Il confronto tra i due tassi mette in evidenza come i nuovi pazienti abbiano un rischio maggiore di essere contenuti rispetto a quelli già conosciuti e inseriti in un percorso di cura. Tabella n. 24 Rischio relativo di contenzione a seconda della presenza o meno di pregressa presa in carico

Pregressa presa in carico

Tasso di contenzione

Paziente noto 8,3

Paziente nuovo 10,8

RR pazienti nuovi

1,3

Ciò potrebbe far pensare che l’essere in carico ai servizi rappresenti un fattore protettivo rispetto alla possibiilità di essere contenuto durante una degenza in SPDC. Nella tabella n.25 si riporta il confronto tra i tassi di contenzione nei ricoverati di nazionalità non italiana e quelli dei nativi assumendo come variabile di riferimento la pregressa conoscenza dei pazienti dai parte dei servizi territoriali e il rischio relativo. I valori riportati mostrano come gli stranieri, se senza precedenti contatti, abbiano un rischio maggiore di essere contenuti rispetto ai ricoverati di nazionalità italiana, mentre in presenza di una pregressa presa in carico da parte dei servizi territoriali la probabilità di essere contenuti degli stranieri è identica a quella rilevata nel sottogruppo dei nativi. Ciò potrebbe essere una ulteriore conferma del valore protettivo del percorso di cura già in atto, suggerendo che la maggiore conoscenza del paziente da parte dei servizi riduce il rischio di contenzione.

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Tabella n. 25 Rischio relativo di contenzione a seconda della presenza o meno di pregressa presa in carico e della nazionalità

Nazionalità – Tasso di contenzione

Pregressa presa in carico

Italiana Straniera RR

Paziente noto 8,3 8,8 1,1

Paziente nuovo 9,0 16,8 1,9

RR pazienti nuovi

1,1 1,9

Analizzando la distribuzione del rischio, rispetto alla pregressa presa in carico, in funzione della diagnosi di dimissione (come riportato nella tabella n. 26) si evidenzia come il rischio maggiore per i nuovi utenti sia correlato alle diagnosi di sindrome schizotipica e sindromi deliranti, sindromi e disturbi psichici dovuti all’uso di sostanze psicoattive, sindromi e disturbi psichici di natura organica Tabella n. 26 Rischio relativo di contenzione nei pazienti stranieri in relazione alla presenza o meno di pregressa presa in carico e della diagnosi

TASSO DI CONTENZIONE

Diagnosi Paziente noto Paziente nuovo RR

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

8,3 10,2 1,2

Ritardo mentale 19,3 25,0 1,3

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

8,0 12,8 1,6

Sindromi affettive 6,5 5,9 0,9

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

14,6 6,3 0,4

Sindromi e disturbi psichici di natura organica

12,3 19,7 1,6

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

14,7 23,1 1,6

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi

17,1 14,9 0,9

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Tabella n. 27 Rischio relativo di contenzione a seconda della presenza o meno di pregressa presa in carico e della diagnosi tra gli stranieri

DIAGNOSI RR STRANIERI CONOSCIUTI

RR STRANIERI NUOVI

Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto

1,4 1,4

Ritardo mentale 1,3 0,0

Schizofrenia sindrome schizotipica e sindromi deliranti

0,9 1,7

Sindromi affettive 0,9 1,8

Sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza

2,0 0,0

Sindromi e disturbi psichici di natura organica

0,7 1,5

Sindromi e disturbi psichici dovuti all'uso di sostanze psicoattive

1,3 2,0

Sindromi fobiche legate a stress e somatoformi

1,3 4,4

Il rischio maggiore per gli stranieri al loro primo contatto con i servizi è legato a diagnosi di sindromi fobiche legate a stress e somatoformi e di sindromi e disturbi psichici dovuti all’uso di sostanze. Per quanto riguarda invece i disturbi della personalità, i pazienti stranieri già noti ai servizi e quelli senza precedenti contatti sono esposti a un identico rischio di contenzione.

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CONCLUSIONI Prima di procedere alle conclusioni e al confronto dei dati sopra esposti con dati analoghi ritrovati in studi sulla contenzione, va innanzitutto ricordato che la letteratura scientifica internazionale e nazionale sul tema della contenzione fisica in psichiatria – declinata nelle sue variabili quali-quantitative – evidenzia alcuni problemi metodologici di ordine generale più volte citati negli articoli stessi al di là dei risultati specifici delle singole ricerche condotte sul tema. Innanzitutto, come già richiamato, più autori sono concordi nel sottolineare che esiste complessivamente una mancanza di raccolta dati su questa pratica (Martin-Steinert, 2006; Dumais-Larue, 2010; Steinert-Lepping, 2009). Inoltre, altri autori sottolineano i problemi metodologici della ricerca in questo campo e la scarsa comparabilità tra studi a causa delle differenti variabili analizzate in differenti popolazioni psichiatriche (per esempio solo pazienti in TSO oppure campioni con diagnosi differenti, ecc.), delle differenti definizioni e declinazioni dei metodi coercitivi e, infine, dei diversi strumenti utilizzati sia rispetto alle analisi statistiche sia rispetto alla raccolta dei dati e alle dimensioni dei campioni osservati (Bak, 2011). Per esempio, Martin (2006) sottolinea la mancanza di dati europei comparabili e correla tale mancanza alla diversità di indicatori chiave considerati, al tipo di misure coercitive prese in esame e al ‘mix’ delle caratteristiche dei pazienti considerati. Un altro elemento più volte riportato dagli autori è quello relativo alla estrema variabilità dei dati disponibili sia rispetto alle incidenze e prevalenze delle pratiche coercitive in Europa (Janssen, 2008; Steinert, 2009) sia rispetto alle caratteristiche cliniche e socio-demografiche ad esse correlate (Dumais, 2010). Ancora, molti autori sono concordi nell’affermare che se la ricerca quali-quantitativa è scarsa, nondimeno essa è incrementabile tramite la standardizzazione delle metodologie utilizzate (Steinert- Lepping, 2009; Martin, 2009; Janssen, 2008). Non solo, ma sottolineano come la ricerca debba essere incoraggiata al fine di superare i pregiudizi, migliorare la pratica clinica (Steinert-Lepping,2009), verificare l’efficacia clinica di metodi alternativi alla contenzione (Beghi-Peroni, 2013), limitare l’uso di metodi coercitivi (Di Lorenzo, 2011) e identificare fattori di rischio correlati all’utilizzo di pratiche coercitive (Dumais, 2010). Rispetto alla ricerca nella letteratura italiana, si può affermare che essa è assai scarsa e che esistono pochi lavori sulle diverse tematiche relative alla contenzione fisica. Passando all’analisi dei dati regionali, si può innanzitutto richiamare il fatto che i tassi medi di contenzione nel periodo preso in esame (2009-2015) e nel 2015 corrispondono rispettivamente al 11.6 % e al 10.1%. Come già evidenziato nel paragrafo 3.1., tali valori si collocano in posizione mediana rispetto ai dati che, pur nella loro estrema variabilità, è possibile rintracciare nella letteratura scientifica, sia nazionale che internazionale. Al proposito si rimanda alla review italiana di Di Lorenzo et al. (2011) che riporta i seguenti tassi di contenzione a livello europeo: Inghilterra 5%; Finlandia 10%; Danimarca 15%; USA dall’8.5% al 18, 5%; Israele 14.2%, Australia dall’8.5% al 18.5%, Olanda fino al 25% (Janssen et al. 2008), Italia 19%, Islanda 0% e che mette in luce l’estrema variabilità (dallo 0% al 25%) dei valori rilevati nei diversi paesi. Ad analoghe conclusioni era pervenuta anche la già citata review del 2013 di Beghi et al. che, sulla base di una revisione esaustiva della letteratura internazionale, aveva rilevato la presenza di un range piuttosto ampio nell’utilizzo della contenzione fisica in psichiatria (dal 3,8% al 20%), coerentemente con quanto emerso da altre due review sul tema: quella di Mion et al. del 1996 (dal 6% al 17%) e quella del Joanna Briggs Institute Best Practices del 2002 (dal 3,4% al 21%). Uno studio condotto nel reparto di psichiatria di un ospedale greco (Bilanakis et al., 2010) aveva evidenziato come durante il periodo di osservazione di sei mesi, l’11% dei pazienti fosse stato

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sottoposto a misure coercitive, di cui circa il 10% costituite da stanze di isolamento e il 2% da contenzione fisica. La durata media di ogni episodio contenitivo era risultata essere di 64.9 ore. Infine, per confrontare i valori citati con quanto rilevato in contesti extra europei, possono essere richiamati uno studio giapponese sull’uso della contenzione fisica in un reparto di psichiatria (Odawara T. et al., 2005), che riporta una percentuale pari al 18% su un campione di 1.091 pazienti osservati in un arco di tempo di 4 anni, e uno studio simile condotto in Brasile (Braga P. et al., 2016) da cui era emerso come la contenzione fisica avesse riguardato il 13.4% dei casi. Rispetto alle caratteristiche degli episodi di contenzione, i dati rilevati nei SPDC lombardi evidenziano, nell’arco di tempo considerato, un numero medio di contenzioni per paziente pari a 2,7. Questo dato segnala come il fatto di essere contenuti una volta non protegga dal rischio di subire successive contenzioni. Steinert e Bergbauer (2007) sottolineano, anzi, al riguardo come la presenza di eventi traumatici pregressi (e tra questi includono anche l’evento ‘contenzione’) aumenti il rischio di essere sottoposti a pratiche contenitive. E’ importante tuttavia sottolineare anche come nel periodo in esame si assista a una notevole diminuzione del numero di pazienti che hanno subito 4 o più episodi di contenzione (dal 18% del 2012 al 2,9% del 2015). Per quanto riguarda la durata della contenzione si può notare come una quota considerevole delle contenzioni praticate (circa il 36%) abbia una durata inferiore a 6 ore, mentre le contenzioni che superano le 24 ore corrispondono a circa il 10% del totale. Fattori che non sembrerebbero influenzare il ricorso a questa pratica e che richiederebbero ulteriori approfondimenti sono, come si è visto, l’orario notturno, la presenza di guardia attiva nei reparti, la formazione dello staff e l’entità del minutaggio assistenziale infermieristico per singolo paziente. Altra osservazione significativa riguarda la relazione tra TSO e contenzione. Nel triennio 2013-2015, il 54% dei pazienti ricoverati in TSO è stato sottoposto a contenzione. Tra questi, oltre il 40% ha presentato una diagnosi di schizofrenia, sindrome schizotipica o altre sindromi. Rispetto alle considerazioni sopra riportate si trovano pareri discordanti in letteratura. Uno degli studi più citati nella letteratura esaminata è quello di Steinert et al. del 2006 che indaga le diagnosi e le caratteristiche dei reparti in relazione alla frequenza dell’utilizzo di misure coercitive. I risultati portano gli autori ad affermare che i pazienti soggetti a misure coercitive (il 9.5% di tutti pazienti ricoverati) presentano nel 28% dei casi disturbi psichiatrici di tipo organico e che ciascuno di questi pazienti ha presentato una media di 5.4 episodi di restraint per una durata media di circa 10 ore. Gli autori evidenziano inoltre che l’utilizzo di linee guida sulla coercizione è associato a un più basso utilizzo della stessa. Rispetto alla non influenza della formazione rispetto ai tassi di contenzione che sembrerebbe emergere dai dati lombardi, lo studio di Di Lorenzo et al. (2011) pare andare in direzione opposta, evidenziando come la formazione dello staff e la riflessione sulla contenzione in reparto risultino correlati a un minor tasso di contenzione. Per quanto riguarda la distribuzione, nel periodo di osservazione, dei tassi minimi e massimi di contenzione, si può osservare una notevole dispersione tra il valore minimo e il valore massimo rilevati. Con esclusione del valore ‘zero’ riportato da un SPDC, il minimo tasso di contenzione in assoluto è risultato dello 0.6%, mentre il tasso massimo in assoluto è stato pari al 29,1%. Anche osservando i singoli anni, il divario tra valore minimo e valore massimo è sempre stato superiore al 20%. Questa grande dispersione permette di ipotizzare che dati così diversi all’interno dei

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SPDC lombardi non siano dovuti al caso né, ragionevolmente, a caratteristiche epidemiologiche dei pazienti diverse nei diversi territori, rimandando piuttosto a diversi orientamenti decisionali e/o organizzativi o stili di lavoro dei servizi che fanno la differenza su ‘quanto’ e presumibilmente ‘quando’ si contiene. Sempre in ordine al confronto dei tassi tra gli anni, si può osservare come, ad eccezione del 2012 in cui si registra una flessione verso il basso (10.8%), ci sia una sostanziale stabilità intorno a un valore pari al 12%, a indicare che probabilmente non ci sono stati negli anni presi in considerazione grandi cambiamenti nello stile di lavoro e nella organizzazione dei servizi. Prima, tuttavia, di procedere all’analisi delle variabili qualitative connesse alla contenzione emerse dai dati regionali e al loro confronto con i valori riportati in altri studi analoghi, è utile richiamare le criticità che la letteratura scientifica presenta al riguardo. Innanzitutto è, infatti, necessario sottolineare che gli studi che analizzano i dati qualitativi correlati alla contenzione risentono degli stessi problemi metodologici già menzionati rispetto alla dimensione quantitativa del fenomeno. I campioni di pazienti esaminati all’interno dei vari lavori differiscono per dimensione e spesso sono selezionati in base a caratteristiche specifiche (per esempio pazienti ricoverati in regime di obbligatorietà o con diagnosi di psicosi o immigrati). I metodi utilizzati per descriverli, inoltre, sono diversi (utilizzo di differenti scale sintomatologiche), così come diversi sono gli strumenti statistici impiegati per analizzarli. Non a caso molti studi sottolineano nelle conclusioni la necessità di standardizzare la ricerca sull’utilizzo di mezzi coercitivi attraverso l’uso di strumenti condivisi. L’eterogeneità della ricerca qualitativa sopra richiamata non permette di descrivere in modo sistematico i risultati emersi, anche se alcuni dati qualitativi (per esempio la diagnosi di psicosi come maggiormente correlata all’uso della contenzione) si ripetono con maggior frequenza di altri. Uno degli studi più citati in letteratura è quello – già richiamato – di Steinert et al. del 2006 che indaga le diagnosi e le caratteristiche dei reparti in relazione alla frequenza dell’utilizzo di misure coercitive. I risultati portano gli autori ad affermare che i pazienti soggetti a misure coercitive (il 9,5% di tutti pazienti ricoverati) presentano nel 28% dei casi disturbi psichiatrici di tipo organico. Per Knutzen et al. (2012) il sesso femminile è risultato predittivo di contenzioni più brevi; un’età di 49 anni e nuovamente il sesso femminile sono risultati essere più fortemente correlati alla contenzione farmacologica rispetto a quella fisica. I fattori diagnosi, età e sesso non sono invece risultati correlati al rischio di contenzione tout court. Uno studio ricco di informazioni qualitative è quello di Keski et al. (2008). Fra tutte le variabili studiate (età, sesso, diagnosi principale, fase dell’ospedalizzazione) solo la diagnosi principale (schizofrenia e abuso di sostanze) e la fase dell’ospedalizzazione (primi 4 giorni di ricovero, ovvero fase acuta) sono risultate essere predittive della contenzione. Uno studio canadese del 2011 (Dumais et al., 2011) ha identificato con chiarezza – quali fattori predittivi di isolamento con o senza restrizione meccanica – una età più bassa, una diagnosi di schizofrenia o altre psicosi, disturbo bipolare, disturbo di personalità e un ricovero prolungato in reparto. Nello stesso lavoro gli autori prendono in esame la letteratura evidenziando che in alcuni studi i fattori predittivi di contenzione risultano essere la giovane età, la diagnosi di schizofrenia o altre psicosi, la presenza di fattori di rischio per comportamenti violenti, l’abuso di sostanze. Sottolineano inoltre come il sesso rimanga invece un fattore di rischio controverso. Lo studio brasiliano del 2015 di Pinto Braga et al. correla alla contenzione fisica fattori quali il sesso maschile, la giovane età, la presenza di psicosi organiche e di agitazione e aggressività. Lo studio giapponese di Odawara et al. (2005) trova correlazione tra l’uso di metodi coercitivi ed età più elevata, sesso maschile, ricovero involontario, frequenti ospedalizzazioni, complicanze fisiche, storia di tentati suicidi, disturbi mentali organici, disturbi della condotta da abuso di sostanze, schizofrenia, disturbo delirante e disturbo di personalità schizotipico.

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Venendo alla letteratura italiana, lo studio di Di Lorenzo et al. (2011) identifica quale caratteristica clinica maggiormente correlata alla contenzione l’alterazione dello stato di coscienza. Un altro studio italiano già citato (Beghi et al., 2013) conduce una dettagliata review proprio sui fattori di rischio correlati alla contenzione fisica in cui gli autori concludono che in nessuno degli studi le variabili demografiche sembrano essere validi predittori di restraint. Ciononostante rilevano come i pazienti contenuti sembrino essere più frequentemente di sesso maschile, giovani adulti e non autoctoni. In termini di diagnosi, i pazienti con diagnosi di schizofrenia vengono contenuti più frequentemente rispetto a quelli con disturbi di ansia o dell’umore o disturbi da abuso di sostanze. Rispetto alla etnicità, un articolo italiano del 2012 (Tarsitani et al.) conclude che i pazienti immigrati hanno maggiore possibilità di essere contenuti fisicamente rispetto a quelli di origine italiana (11% vs 3%) e che incorrono in ricoveri più lunghi. Alcune di queste affermazioni sembrano confermare le caratteristiche qualitative correlate alla contenzione emerse in regione Lombardia, altre invece – per esempio quella connessa alla etnicità – paiono essere di segno opposto. Un dato che appare complessivamente in accordo con la letteratura riguarda la netta prevalenza, tra i pazienti contenuti nel periodo 2012-2015 nei SPDC lombardi, del sesso maschile. I dati regionali, infatti, indicano come il 64% dei pazienti contenuti sia di sesso maschile e il 36% di sesso femminile, suggerendo quindi come il sesso maschile abbia un rischio doppio rispetto all’evento contenzione, indipendentemente dalla classe di età. Rispetto alle variabili cliniche, nel quadriennio considerato le diagnosi maggiormente correlate alla contenzione sono risultate essere il ritardo mentale, l’abuso di sostanze e i disturbi comportamentali con esordio nella infanzia e adolescenza. Questo dato si discosta da quelli più frequentemente riportati in letteratura che indicano, invece, la schizofrenia come diagnosi maggiormente correlata alla contenzione. Focalizzando l’analisi dei dati sull’anno 2015, si evidenzia come un paziente maschio presenti il doppio di probabilità di essere contenuto rispetto a una femmina e come tale probabilità raddoppi ulteriormente per le fasce di età comprese tra 18 e 30 anni e per quelle superiori a 70 anni, confermando la correlazione tra sesso maschile e contenzione riportata in letteratura. Rispetto alle variabili cliniche, nel 2015 si nota come la diagnosi di ritardo mentale – indipendentemente dal sesso – sia correlata a una più alta probabilità di contenzione rispetto ad altre diagnosi. Rispetto alla correlazione tra sesso e diagnosi, nel 2015 i maschi risultano avere un rischio maggiorato di 1,5 volte nei casi di disturbi di natura organica e da uso di sostanze e di 3 volte superiore quando la diagnosi posta è quella di disturbo di personalità. L’analisi dei dati del 2015 ha permesso anche di dedicare un’attenzione specifica al campione dei pazienti minorenni contenuti, analisi che non viene confrontata con i dati in letteratura a causa della scarsa indagine, a oggi, del fenomeno contenzione in soggetti di età inferiore a 18 anni. Il campione regionale evidenzia innanzitutto come i pazienti minorenni contenuti nel 2015 siano pari al 14% di tutti i loro coetanei ricoverati nello stesso anno, percentuale dunque maggiore rispetto al totale dei pazienti contenuti nello stesso anno (circa il 10%). Questo dato può essere spiegato in base alla osservazione che quando i minorenni arrivano in Pronto Soccorso, vi giungono per le gravi difficoltà incontrate dai carer (siano essi operatori di comunità o genitori) nella gestione e nel controllo dei comportamenti, condizione che verosimilmente si traduce in un maggiore rischio di contenzione dei minori – rispetto agli adulti – una volta giunti in SPDC. Per quanto riguarda le diagnosi, nel campione dei pazienti minori si nota una netta prevalenza di ritardo mentale (66.5%) e di disturbi di natura organica (33%). Rispetto al genere, i maschi con ritardo mentale e disturbi comportamentali rappresentano la totalità dei pazienti minorenni contenuti per tali diagnosi. La dimensione limitata del campione (29 pazienti) induce tuttavia prudenza nella lettura e nell’interpretazione di tali dati.

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Un elemento degno di attenzione riguarda in ogni caso l’osservazione che i maschi minorenni presentano un rischio di essere contenuti doppio rispetto ai maschi maggiorenni e che in caso di diagnosi di ritardo mentale, i pazienti minorenni presentano 3 volte la possibilità di essere contenuti rispetto agli adulti con la stessa diagnosi. Tale aumento di rischio potrebbe essere correlato al fatto che gli stakeholders di adulti con ritardo mentale hanno avuto più tempo per sviluppare strategie di contenimento rispetto alle stesse figure che si trovano a gestire pazienti più giovani e, conseguentemente, meno conosciuti. Un altro dato interessante – che emerge dal confronto tra la sottopopolazione di pazienti contenuti stranieri e quella dei contenuti nativi e che, come già anticipato, appare di segno opposto rispetto a quanto riportato da Tarsitani et al. (2012) – è che l’essere straniero di per sé non espone a un maggiore rischio di contenzione. Se, invece, si confrontano le due sottopopolazioni sulla variabile classe di età il dato mette in evidenza che l’unica condizione in cui il rischio di essere contenuti è uguale per entrambe le sottopopolazioni è dovuta all’appartenenza a una classe di età superiore ai 61 anni. Passando al confronto tra i tassi di contenzione calcolati sulla diagnosi alla dimissione, emerge che l’unico rischio maggiore per gli stranieri di essere contenuti rispetto ai nativi è dovuto a una diagnosi di sindrome fobica legata a stress e somatoforme (Rischio=1,2). Tale dato potrebbe essere spiegato collegandolo a sindromi fobiche derivanti da percorsi migratori traumatici così come a una peculiare espressività fisica dei sintomi psichici propria di alcune popolazioni extra-europee. Ipotizzando, infine, che la pregressa presa in carico possa essere un fattore protettivo nei confronti della minore probabilità di essere contenuti se ricoverati, si è proceduto al calcolo del rischio relativo suddividendo la popolazione dei ricoverati in pazienti nuovi e pazienti già in carico ai servizi territoriali. Da tale analisi è emerso che i nuovi pazienti hanno un rischio maggiore di essere contenuti rispetto a quelli già in carico ai servizi (Rischio=1,3). Il dato viene confermato indipendentemente dalla diagnosi di dimissione anche se per le diagnosi di schizofrenia, sindromi e disturbi psichici di natura organica e sindromi dovuti all’utilizzo di sostanze psicoattive tale rischio aumenta notevolmente (Rischio=1,6). Riproponendo l’analisi relativa alla pregressa presa in carico sulle due sottopopolazioni dei ricoverati nativi e stranieri emerge che mentre per i pazienti nativi e stranieri già in carico ai servizi il rischio di essere contenuti è pressoché identico (Rischio=1,1), per i pazienti nuovi e quindi non in carico ai servizi, l’essere nuovo e straniero è un probabile fattore di rischio a essere contenuto durante il periodo di degenza. Ciò a conferma che l’essere nuovo è comunque un fattore di rischio al quale è necessario porre attenzione. L’analisi sulle contenzioni nei SPDC lombardi qui proposta mette in evidenza la complessità dei dati raccolti e la ricchezza di informazioni e riflessioni – sebbene ancora parziali – derivanti dal monitoraggio iniziato da Regione Lombardia nel 2009. A fronte della onerosità e perfettibilità della analisi dei dati ottenuti – la cui modalità di raccolta è in divenire – si reputa che lo sforzo dei servizi nel fornire le informazioni richieste e della Regione nell’elaborarle, possa servire a mantenere alta l’attenzione sul fenomeno con l’obiettivo di ridurre al minimo il ricorso alla contenzione e di migliorare l’operato dei servizi e la qualità della cura nel rispetto dei diritti di utenti e operatori.

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