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APREmagazine Rivista d’informazione sulla ricerca e l’innovazione europea Verso un Consiglio Europeo dell’Innovazione (EIC) Una panoramica sulla partecipazione italiana a Horizon 2020 – la fotografia a metà percorso

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APREmagazineRivista d’informazione sulla ricerca e l’innovazione europea

Verso un Consiglio Europeo dell’Innovazione (EIC)

Una panoramica sulla partecipazione italiana a Horizon

2020 – la fotografia a metà percorso

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Sommario

Responsabile di RedazioneMara Gualandi

Hanno contribuito a questo numero:Daniele FinocchiaroAntonio CarboneMattia CeracchiRenato FàClaudio ColaiacomoAngelo RiccaboniMara GualandiGiovanni TumbioloMartina De SoleGiulio BusuliniSerena BorgnaMatteo SabiniVelentina TegasEnrico PisinoSveva AvvedutoAngelo D’AgostinoAlessia DinoMariella FloresEmanuela Dané Roberto BassiLaura FulciMonique Longo

A cura di APRE - Agenzia per la Promozione della Ricerca EuropeaVia Cavour, 71 00184 RomaTel. 0648939993Email: [email protected]

Web: www.apre.it

Art Director - Graphic DesignerEmanuela Dané

n.5 OTTOBRE 2017Scenari

4 Il Ruolo DEll’InDusTRIa In FP9

7 VERso un ConsIGlIo EuRoPEoDEll’InnoVazIonE

9 DoPo BRExIT: Il FuTuRo DEl REGnounITo nEl PRoGRaMMa quaDRo

11la CooPERazIonE InTERREGIonalETRansFRonTalIERa PER DIFFonDEREl’InnoVazIonE

Una voce dall’eUropa

13 la CoMunICazIonE sCIEnTIFICanEll’ERa DEll’oPEn sCIEnCE

15PRIMa: la RICERCa E l’InnoVazIonE PER losVIluPPo sosTEnIBIlE DEl sETToRE aGRoalIMEnTaREnEl MEDITERRanEo

17 Il MoDEllo DI sVIluPPo E DI DIaloGo DElDIsTRETTo DElla PEsCa E CREsCITa Blu

19la RETE DEGlI aDDETTI sCIEnTIFI CI ITalIanI:CREaRE oCCasIonI DI CooPERazIonE EPaRTEnaRIaTI InTERnazIonalI GloBalI

FocUS SU Horizon 2020

22una PanoRaMICa sulla PaRTECIPazIonEITalIana a HoRIzon 2020 – laFoToGRaFIa a METà PERCoRso

25 auToMaTED anD ConnECTED VEHIClEs

28 FaCCIaMo Il PunTo sull’EquIlIBRIo DIGEnERE nElla RICERCa sCIEnTIFICa

30 noTTE EuRoPEa DEI RICERCaToRI 2017

il bello della Scienza

33 alla sCoPERTa DElla PRoTEIna lHCsR1: l’InTERRuTToRE DEllE PIanTE

dalla rete apre

35 lE InIzIaTIVE sTRaTEGICHE DEl PolITECnICo DI ToRIno PER la PaRTECIPazIonE alla RICERCa EuRoPEa

37 soCI aPRE: CosTanTEMEnTE aGGIoRnaTI, anCHE sul FuTuRo

Copertina: Narcissus Garden, Yayoi Kusama

ERRATA CORRIGE (APRE Magazine n.4 GIUGNO 2017)In the article titled “Innovation is like love: you can’t buy it, you can’t force it” the authors have been modified as follows:- Octavi Quintana - Trias, Principal Adviser, Directorate-General for Research & Innovation (RTD), ECand - José Antão, NCP Research Infrastructures (including eInfrastructures) - Portugal

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Scenari

i siamo lasciati all’inizio dell’estate prefigurando un rientro pieno di attività e appuntamenti importanti, e così sarà. In cima alla nostra agenda per i prossimi tre mesi si saranno l’organizzazione e lo svolgimento

delle giornate nazionali di lancio dei bandi H2020 per il biennio 2018-2020. Come descritto nell’articolo all’interno di questo numero, aprirà la serie di incontri la giornata SME, programmata per il 19 ottobre, seguita poi dalla giornata Salute (SC1) il 15 dicembre. La serie di incontri si chiuderà nel 2018 con le giornate Sicurezza (SC7) ed Euratom, che hanno dei calendari posticipati rispetto alle altre parti del programma Horizon 2020.

Sullo scenario europeo, volgendo uno sguardo al post Horizon 2020, si registra un rallentamento del passo di marcia preventivato dalla Commissione verso la definizione del nono Programma quadro (FP9). La presentazione della prima proposta del prossimo Programma, infatti, slitterà con tutta probabilità alla seconda metà del 2018. Tra le cause principali del rallentamento vi sono le incertezze che pesano sul processo di definizione del prossimo Multiannual Financial Framework (MFF), complicato da un lato dalla vicenda BREXIT, e dall’altro dalla generale complessità dello scenario politico europeo. In termini di dibattito, non si tratta solo di una questione di valori economici; vi sono infatti opinioni divergenti sulla durata del periodo di programmazione, che potrebbe essere ridotto da sette a cinque anni. Fino a che questi nodi strutturali non saranno sciolti, non sarà possibile scendere nei dettagli del futuro programma di ricerca ed innovazione. Sarà comunque possibile continuare a discutere gli aspetti più generali del nuovo programma, quali regole di partecipazione, struttura concettuale, strumenti, etc.

Relativamente alle attività APRE verso l’FP9, questo numero del magazine, offre vari spunti che ho qui piacere di ricordare. L’articolo di Confindustria si inserisce nella serie di pubblicazioni che abbiamo sin qui ospitato,

e che continueremo ad ospitare, per dar voce ai vari sistemi/comunità nazionali che saranno attori del futuro programma, e che nell’insieme aiuteranno a comporre uno scenario di visioni e posizioni, da sintetizzarsi in seguito in una posizione quanto più inclusiva possibile dei vari interessi nazionali.

Con ottobre si lancia anche un nuovo servizio, riservato ai soci APRE, con lo scopo di costruire una piattaforma di condivisione di tutte le informazioni relative all’FP9 ed al processo che sta portando e porterà alla sua definizione. La piattaforma, lanciata in beta test il primo di ottobre, non vuole infatti essere solo uno spazio di informazione e aggiornamento, ma vuole diventare uno spazio di supporto a una fase di riflessione e discussione tra i soci riguardo le prime proposte che la Commissione presenterà sui vari aspetti di FP9.

Sempre riguardo la definizione del prossimo programma quadro, APRE sta organizzando per il 12 dicembre un evento a carattere nazionale per avviare un confronto comune su idee, visioni, attese che le vari componenti del sistema nazionale esprimono verso FP9.

L’obiettivo ultimo è creare spazi di convergenza e procedere verso la definizione di una visione quanto più condivisa a livello nazionale del prossimo programma, massimizzando la rappresentazione degli interessi, anche diversi, che i vari attori nazionali esprimono. APRE, come soggetto aggregatore di sistemi tra loro anche molto eterogenei, è quello spazio comune nel quale tentare tale integrazione di visioni.

All’interno di questo numero trovate alcune prime informazioni circa l’evento di dicembre i cui contenuti saranno oggetto di un numero speciale di APRE Magazine che sarà pubblicato a gennaio 2018.

Editoriale

Marco Falzetti, Direttore aPRE

C

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In questi ultimi mesi, parallelamente al

processo di valutazione di metà percorso

di Horizon 2020 che precede l’ultima

tornata di bandi (2018-2020), procede

con intensità il dibattito sul prossimo

programma quadro europeo per la ricerca

e l’innovazione, FP9. le raccomandazioni

prodotte dall’High level Group guidato

da Pascal lamy rappresentano un primo

significativo passo in termini di visione

strategica per il futuro, a partire dal

concetto fondamentale secondo cui solo un

maggiore investimento pubblico e privato in

R&l può favorire un effettivo impatto sulla

società, consentendo all’Europa di restare al

passo con la competizione globale.

nel guardare al futuro è importante

riconoscere a Horizon 2020 il merito di aver

rappresentato una importante evoluzione

rispetto ai precedenti programmi quadro

della ricerca europea, introducendo

approcci e strumenti innovativi. Risulta però

altrettanto chiaro che non è ancora vinta

la sfida posta alla base dell’impostazione

di Horizon 2020: rendere l’Europa più

competitiva rafforzando la capacità di

tradurre i risultati della ricerca in prodotti e

servizi innovativi che rispondano ai bisogni

dei cittadini.

Il prossimo programma quadro di R&l dovrà

essere in continuità con le novità positive

introdotte da Horizon 2020, possibilmente

migliorandone strumenti e meccanismi.

la ricerca e l’innovazione collaborative a

livello europeo sono determinanti per far si

che le transizioni tecnologiche attualmente

in essere si trasformino in un successo

per l’industria e per la società europea. Il

Rapporto lamy, sottolinea correttamente

come il valore aggiunto europeo sta

proprio nella promozione di un ecosistema

dell’innovazione basato sulla collaborazione

transnazionale e multidisciplinare tra tutti

gli attori che operano nelle catene del valore

Il ruolo dell’industria in FP9

Daniele Finocchiaro, Presidente Gruppo Tecnico Ricerca e sviluppo Confindustria

RubricaScenari

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Scenari

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industriale. In questo sistema, afferma

il Rapporto, l’industria ricopre un ruolo

nodale e le imprese di tutte le dimensioni,

di tutti i settori e livelli di maturità

tecnologica ne costituiscono componenti

chiave. È fondamentale che tale centralità

venga riconosciuta e mantenuta anche in

futuro e che la collaborazione industriale

transnazionale in ambito R&l prosegua in

FP9 anche attraverso il rafforzamento di

strumenti quali Partenariati Contrattuali

Pubblico Privati (cPPP) o Iniziative

Tecnologiche Congiunte (JTI), dove l’industria

ha dato prova di essere particolarmente

attiva.

In questo contesto occorre tenere presente

che imprese di diverse dimensioni si

posizionano in modo differente all’interno

degli ecosistemi di innovazione, assumendo

ruoli e attuando strategie ad hoc che meglio

si adattano alle proprie caratteristiche

strutturali. se, da un lato, le grandi imprese

sono in grado di svolgere un ruolo di traino

nei confronti degli altri attori dell’ecosistema,

coordinando ampie reti di R&s collaborativa

e orientando le traiettorie di sviluppo

tecnologico, le PMI europee non possiedono

in molti casi risorse e strumenti adeguati

per trasformare le invenzioni in innovazioni

e prodotti con potenziale dì mercato.

Partecipare a consorzi di R&s facilita per

le piccole imprese la ricerca dì partner e

lo scambio di conoscenza tecnologica e le

aiuta ad entrare sul mercato di riferimento.

nel caso poi di partecipazione ai progetti

collaborativi transnazionali co-finanziati

dalla Commissione europea, tali benefici

vengono amplificati dalla proiezione

internazionale delle prospettive di mercato.

lo strumento PMI, introdotto da Horizon

2020, ha rappresentato una importante

novità per incoraggiare la partecipazione

delle PMI ai programmi europei e valorizzare

il loro potenziale innovativo, rendendo i

meccanismi di finanziamento più semplici

o rispondenti alle loro necessità. In questi

primi anni di operatività dello strumento,

Confindustria ha lavorato intensamente

a supporto del Delegato nazionale e in

sinergia con l’Enterprise Europe network,

per diffondere questa opportunità tra le

imprese e aumentare la partecipazione e

il rate di successo. anche su questo fronte

ci aspettano importanti sfide per il futuro,

per via delle novità che interesseranno

direttamente lo strumento PMI, ma che

riguardano più in generale l’impostazione

concettuale alla base del nuovo European

Innovation Council (EIC).

l’esigenza di sostenere la nascita e la rapida

crescita di imprese altamente innovative

e di creare condizioni di contesto che

permettano di favorire gli investimenti

nell’innovazione dirompente e creatrice

di nuovi mercati è senz’altro condivisibile,

tenuto conto dell’impatto potenziale che

queste imprese hanno sull’economia e

sull’occupazione. Tuttavia, poiché favorire

la crescita significa rafforzare la posizione

competitiva di tutte le PMI, start up e non,

è essenziale mantenere un concetto ampio

e inclusivo di innovazione, sia dirompente

che incrementale, basata su R&l ma anche

su nuovi modelli di business. l’obiettivo

è, infatti, innalzare il livello di innovazione

complessivo, condizione indispensabile per

sostenere l’economia, l’export, il benessere.

E’ quindi importante assicurare a tutte

queste imprese uno spazio adeguato nel

nuovo EIC e nel rinnovato design dello

strumento PMI.

l’approccio sostenuto dal Commissario

Carlos Moedas, alla base del modello EIC,

che invita a focalizzare l’attenzione non tanto

sull’idea di innovazione1, quanto sulla figura

1 ‘Don ì focus on innovation. focus on innovalors Carlos Moedas. Commissario europeo per la ricerca, la scienza e Innovazione - staKeholdar Conference ‘Research & Innovatori - sftaping Pur Future’. 3 luglio 2017. Bruxelles

Il prossimo programma quadro di R&l dovrà essere in continuità con le novità positive introdotte da Horizon 2020, possibilmente migliorandone strumenti e meccanismi...

... è fondamentale assicurare un coordinamento strategico nazionale, al fine di rafforzare la posizione che l’Italia andrà a rappresentare in sede europea...

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Scenari

dell’innovatore , è condivisibile laddove vi sia una

accurata valutazione degli strumenti più adatti a

sostenere diverse forme di innovazione, posto che il

supporto all’innovazione riferito ai singoli innovatori

non dovrebbe essere inteso a discapito del sostegno a

processi di generazione dell’innovazione più ampi e agli

ecosistemi nei quali l’innovazione viene generata.

la riflessione sugli strumenti di supporto all’innovazione

prodotta da attori diversi ci porta poi a considerare i

possibili effetti di decisioni che modifichino il sistema

di finanziamento destinato alle imprese, soprattutto

quelle grandi, e l’introduzione di forme alternative di

supporto ai progetti di innovazione, passando dai grants

a un modello basato su prestiti e finanziamenti. Tale

impostazione sembra emergere anche dal Rapporto

lamy, dove si parla di fare di FP9 un vero e proprio

programma di investimenti attraverso l’introduzione di

forme di blending tra strumenti.

Gli strumenti finanziari come garanzie, prestiti ed equity

possono svolgere un ruolo importante per consentire

all’uE di “fare di più con meno”, sfruttando il bilancio

dell’uE per generare effetti leva e aspettative di ritorno

elevate laddove il rischio dell’investimento è più alto.

E’ bene, tuttavia, tenere presente che alcune tipologie

di investimento non sono sostenibili attraverso gli

strumenti finanziari.

Per questo l’Europa deve continuare a sostenere gli

investimenti in tutta la loro filiera, preferibilmente

attraverso pochi strumenti che siano davvero efficaci e

specifici per le singole fasi di sviluppo dei progetti.

se così non fosse, si correrebbe il rischio di fare un

significativo passo indietro rispetto alle novità introdotte

da Horizon 2020 in termini di supporto all’innovazione

vicina al mercato e di rafforzamento della leadership

industriale europea. Il ruolo delle istituzioni europee

è infatti determinante nella definizione di strategie e

politiche che possano favorire la creazione di ecosistemi

virtuosi di innovazione, assicurando un efficace

posizionamento dei diversi attori all’interno degli stessi,

in una logica inclusiva.

l’obiettivo vero o comune deve essere, assicurare

crescenti risorse alla R&l a livello europeo come

nazionale. In questo contesto è da sostenere la

raccomandazione dell’High level Group guidato da

Pascal lamy per una maggiore sinergia e allineamento

dei fondi europei e nazionali in una logica di

coinvestimento per raggiungere le sfide che l’uE si pone

in materia di Ricerca e Innovazione.

Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale

assicurare un coordinamento strategico nazionale,

al fine di rafforzare la posizione che l’Italia andrà a

rappresentare in sede europea in fase di negoziazione

delle priorità della futura programmazione.

apre organizza il 12 dicembre a Roma un evento dedicato al futuro Programma quadro (FP9)

verso il 9° programma Quadro di ricerca e innovazione:l’Italia e la sfida europea

obiettivi dell’evento:• Affermare la necessità di un 9° Programma Quadro ambizioso, equilibrato, inclusivo ed efficace, con una dotazione

finanziaria all’altezza delle sfide di oggi e di domani.

• Dare voce all’impegno e alle aspettative dei protagonisti della Ricerca e dell'Innovazione italiane in vista del prossimo

Programma quadro;

• Favorire lo scambio di vedute e la convergenza tra le posizioni Italiane ed europee in questa fase che precede la

formulazione della proposta da parte della Commissione europea.

a breve sul sito aPRE (www.apre.it) l’agenda dei lavori

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sono trascorsi più di due anni da quando, il 22 giugno 2015 il commissario Moedas sottolineava che “l'Europa non è ancora dotata di un sistema

di eccellenza mondiale per selezionare le migliori innovazioni, a differenza di quanto il Consiglio Europeo della Ricerca riesce a sostenere per la ricerca di base”, per poi aggiungere “vorrei prendere in considerazione i vari regimi a sostegno dell'innovazione e delle PMI nell'ambito di Horizon 2020, confrontarli con le migliori pratiche attive a livello internazionale e creare un nuovo consiglio Europeo per l'Innovazione”1. queste frasi seguivano di poche settimane la pubblicazione del rapporto “Open innovation, Open science, Open to the world – A vision for Europe”2 e l’invito di Bruxelles a investire sulla “creatività” con un approccio aperto.

Pochi giorni fa, invece, il Presidente francese emanuel Macron ha auspicato “la creazione entro due anni di una nuova agenzia europea dedicata a sostenere lo sviluppo di innovazioni disruptive, in particolare nei campi delle tecnologie digitali, dell’intelligenza artificiale e delle

1 European Innovation Council (EIC): rationale and current state of play – Giugno 20152 open innovation, open science, open to the world – a vision for Europe – Giugno 2015

biotecnologie, che consentano all’Europa di guadagnare una posizione di leadership globale”.3 Parole che sono suonate come un vero e proprio endorsment politico alla proposta del Commissario alla Ricerca e che non a caso hanno suscitato l’immediata approvazione dei vertici di Bruxelles.

nel mezzo, è il caso di ricordare alcune tappe succedutesi nel percorso che darà vita a uno European Innovation Council - EIC:

la Comunicazione "Europe's next leaders: the Start-up and Scale-up Initiative"4 (novembre 2016) con la quale la Commissione ha decretato un maggiore utilizzo dell’approccio bottom up negli ultimi anni di H2020, un accesso facilitato per le start up a supporti finanziari e tecnici, un’attenzione su innovazioni breakthrough e market-creating, in modo tale che le migliori aziende europee crescano in misura rapida ed esponenziale sui mercati globali;

la creazione di un High level group di innovatori5 (gennaio 2017), che discuta con la Commissione sui cambiamenti

3 Macron seeks far-reaching Eu overhaul – settembre 20174 Europe's next leaders: the start-up and scale-up Initiative – novembre 20165 EIC High level Group – Gennaio 2017

antonio Carbone, aPRE nCP PMI

Verso un Consiglio Europeo dell’Innovazione (EIC)

“Infinity Mirrored Room - Filled with the brilliance of life”, Installazione dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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Scenari

da apportare nell’ultimo triennio di Horizon 2020 e sulle potenziali riforme di sistema che caratterizzeranno la prossima Programmazione;

l’imminente pubblicazione del programma di lavoro 2018-2020 dedicato alla fase preparatoria dello EIC, in cui la Commissione ha deciso di raggruppare alcuni strumenti di finanziamento esistenti secondo il filo logico del market creating innovation.

Ma in cosa consisterà questo Consiglio Europeo dell’Innovazione e quali obiettivi cercherà di perseguire?

In termini generali, sappiamo che il proposito dell’attuale Commissione è quello di rafforzare le politiche all’innovazione per selezionare i “migliori innovatori” e promuovere una cultura innovativa e imprenditoriale più ampia su scala continentale. Il concetto cruciale sembra essere quello di scaling-up.

In breve: focalizzare le risorse su aziende fortemente innovative, che abbiano già iniziato a sviluppare il proprio prodotto o servizio e a definire il proprio business model (scalabile e ripetibile), che siano state già validate sul mercato e presentino alcune caratteristiche di successo che le permettano di ambire a una crescita internazionale in termini di mercato, business, organizzazione, fatturato.

Crescere veloci e crescere tanto, questo il mantra. se poi al finanziamento comunitario si associa un round di investimento privato (e viceversa), tanto meglio.

In merito alle mission che caratterizzeranno l’operato EIC, ci sembra il caso di citare il responsabile del Direttorato Open Innovation & open science della Commissione, Jean david Malo, che in una recente intervista ha dichiarato “oggigiorno, gran parte delle innovazioni più promettenti che sono in corso di realizzazione risiede ai margini dei settori industriali tradizionali, si trova negli incroci tra discipline, tecnologie e comparti economici.

Basti pensare alle opportunità trasversali in ambiti come robotica, blockchain, machine learning, medicina personalizzata, gestione dell’energia. Io penso che siamo solo all’inizio della digitalizzazione della società e che continueremo a vedere dei progressi che oggi non possiamo nemmeno immaginare.

questa è l’idea che ci guida verso la progettazione dell’European Innovation Council”.6

nella sua fase pilota EIC proverà a rendere complementari

6 Innovatori d’Europa unitevi – luglio 2017

strumenti e iniziative già esistenti e a massimizzarne l’impatto. a questa logica risponde il Work programme 2018-2020 che avrà una dotazione finanziaria di circa 2,7 miliardi di euro. Il WP raggruppa in una unica cornice iniziative quali FET open, sME Instrument, Fast Track to Innovation e Inducement Prizes, e si propone il fine di selezionare proposizioni innovative radicali, capaci di aprire nuovi mercati. Il target saranno appunto persone o aziende che hanno idee rischiose e radicalmente differenti rispetto a prodotti e servizi già presenti sul mercato e che richiedono ingenti investimenti per la loro commercializzazione. altri elementi comuni del Pilot WP 2018-2020 saranno l’approccio puramente bottom up, che libererà i proponenti da restrizioni tematiche, e l’utilizzo esteso di open call, con più scadenze utili nel corso dell’anno per la presentazione della proposta.

Molte questioni restano tuttavia sul tavolo, in particolare in vista della prossima Programmazione. In primis, è fondamentale riuscire a coinvolgere i ricercatori e gli imprenditori più talentuosi e successivamente riuscire a supportarli nello sviluppo delle loro idee. a tal riguardo quali misure di promozione saranno attivate e quali per favorire il leverage di capitali privati? Inoltre non è ancora chiaro quali sinergie e coordinamenti saranno assicurati con soggetti quali lo European Research Council e le KIC dello European Institute of Technology o con i Fondi strutturali. Il focus sulla breakthrough innovation porterà un drenaggio delle risorse a scapito delle innovazioni di tipo più tradizionale e incrementale (già a partire dal triennio 2018-2020)? quali settori tecnologici e applicativi potranno essere favoriti e quali svantaggiati da questa impostazione? quali indicatori saranno considerati per misurare il successo dell’EIC? Infine, ci sarà un vero e proprio Consiglio sul modello dello ERC, come auspicato dall’attuale Commissario, e tutto sarà deciso prima della primavera 2019, scadenza dei mandati della Commissione e del Parlamento europeo attuali?

la discussione è aperta e le carte sul tavolo sono tante.

apre da far suo ha deciso di dedicare ai propri soci un Gruppo di lavoro con l’obiettivo di fornire continui aggiornamenti sui principali sviluppi in materia EIC e offrire uno spazio di confronto. Più in generale è questo il momento in cui il nostro sistema Paese deve avviare una riflessione compiuta sul ruolo dell’EIC nel medio e lungo periodo ed esprimere il suo punto di vista, in tutte le sue sfaccettature, nelle sedi opportune.

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Scenari

Mattia Ceracchi, Liaison Office APRE - Bruxelles

a meno di grossi colpi di scena, il 30 Marzo del 2019 il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Unione europea.

Se è assai probabile che Brexit avrà un impatto finanziario negativo sul bilancio europeo (il Regno unito è contributore netto dell’uE: versa più di quanto riceve), molte altre cose, oggetto dei negoziati per l’uscita del Regno unito dall’uE e delle decisioni che Bruxelles prenderà per la prossima programmazione pluriennale (2021-2027), restano ancora da definire.

In materia di ricerca e innovazione, tenendo per ora fuori le questioni di bilancio (quale dotazione finanziaria per il prossimo programma quadro FP9?), i nodi principali da sciogliere sono due:

• lo status che il Regno unito otterrà a Brexit avvenuta

nell’ambito del Programma quadro (a partire

dall’ultima fase di Horizon 2020);

• la sorte dei progetti in corso e delle proposte di

successo coordinati o partecipati da enti britannici.

sul secondo punto un chiarimento importante era arrivato lo scorso luglio dal Regno unito. Intervenuto all’evento di lancio dello Instruct ERIC, Jo Johnson, Ministro per l’università, la scienza, la Ricerca e l’Innovazione del governo britannico aveva ribadito l’impegno del Regno Unito ad assicurare la propria copertura finanziaria a tutti gli enti britannici partecipanti a Horizon 2020 – saranno essi coinvolti in progetti in corso o in proposte ammesse a finanziamento –

a patto che la proposta sia stata presentata prima dell’uscita del Regno Unito dall’UE, ovvero entro il 29 marzo 2019.

Il timore della comunità scientifica britannica è però che tale copertura finanziaria possa essere considerata insufficiente o messa in discussione dall’Unione. È anche alla luce di queste preoccupazioni che va interpretata la comunicazione della Commissione europea apparsa il 6 ottobre sul Participant Portal , il sito internet di riferimento per Horizon 2020. In caso di mancato accordo su Brexit, è l’avvertimento di Bruxelles, gli enti britannici che non saranno in grado di proseguire la propria partecipazione ai progetti senza i finanziamenti europei, dovranno abbandonare i progetti in corso.

A luglio, Johnson aveva riaffermato l’importanza di una stretta collaborazione del suo paese con i partner europei e internazionali sulle grandi iniziative scientifiche e tecnologiche, sottolineando che la ricerca scientifica moderna comporta una condivisione delle competenze per affrontare le sfide sociali più difficili e impegnative.

nel dettaglio, Il governo britannico aveva promesso di garantire i finanziamenti nel caso in cui la domanda di partecipazione sia stata presentata prima della data di Brexit e approvata solo successivamente, includendo così sia le proposte che saranno risultate vincitrici ma che, al momento dell’uscita del Regno unito dall’uE, non avranno ancora firmato il Grant Agreement, sia le proposte presentate prima di Brexit e che verranno ammesse a

Dopo Brexit: il futuro del Regno Unito nel Programma quadro

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Scenari

finanziamento solo dopo.

Faranno parte dell’impegno del governo britannico anche le domande che prevedono una presentazione attraverso una doppia fase (two stage procedure), nel caso in cui la proposta per la prima fase della domanda sia stata sottoscritta prima di Brexit.

londra aveva inoltre dichiarato il suo impegno a coprire finanziariamente gli enti britannici partecipanti a schemi di finanziamento che, nell’ambito di Horizon 2020, hanno regole di partecipazione e di gestione parzialmente differenti, come ad esempio le Iniziative Tecnologiche Congiunte (JTIs), le Iniziative di Programmazione Congiunta (JPIs) e gli ERanET.

Per ciò che riguarda dunque i progetti in corso e le proposte di successo, il Regno unito – anche nel caso estremo in cui i negoziati con l’uE si risolvano in un mancato accordo – s’impegna a coprire finanziariamente i propri partecipanti destinatari di fondi europei.

E dopo? quale status avrà il Regno unito nel Programma quadro, a partire dagli ultimi venti mesi di Horizon 2020?

Ciò, chiaramente, dipenderà dai negoziati, ed è facile immaginare che la questione verrà affrontata (e risolta) da qualunque accordo tra londra e Bruxelles, fosse questo anche di portata minima o transitoria.

Il governo britannico ha cercato di far chiarezza innanzitutto sulle proprie intenzioni.

Il 6 settembre scorso il Dipartimento per l’uscita dall’unione Europea ha pubblicato il documento di posizionamento Collaboration on science and innovation: a future partnership paper, con il quale il Regno unito delinea il proprio orientamento post-Brexit in materia di ricerca e innovazione; un accordo ambizioso e di prospettiva lunga con l’unione Europea.

Il Regno unito si dice quindi pronto a lasciare l’uE con l’obiettivo di proseguire una relazione stretta con Bruxelles in R&I e continuare la cooperazione con i partner europei sulle principali iniziative scientifiche e tecnologiche.

sul fronte opposto, indicazioni di tipo simile sono contenute nel Rapporto lamy, la relazione dell’High Level Group sul futuro delle

politiche e dei programmi europei di R&I che – sebbene non rispecchi la posizione ufficiale della Commissione – può essere d’aiuto a comprenderne gli orientamenti.

nel rapporto lamy, pubblicato lo scorso luglio, si legge infatti che – qualunque sia l’accordo su Brexit – un coinvolgimento completo del Regno Unito nel nuovo Programma quadro rappresenterebbe una vittoria sia per il Regno Unito che per l’Unione Europea.

la raccomandazione per il dopo-Brexit è di instaurare un modello di cooperazione solido (ad esempio basato su investimenti congiunti), in modo che il Regno Unito continui a far parte dello Spazio Europeo della Ricerca.

l’ipotesi a oggi più probabile è che il Regno unito riesca a negoziare e ottenere lo status di paese associato al Programma quadro, sul modello di paesi come norvegia, svizzera e Israele (stati che, va ricordato, hanno relazioni internazionali molto diverse con l’unione Europea). la norvegia è ad esempio membro dello spazio Economico Europeo, mentre svizzera e Israele non lo sono).

Con le regole attuali, le organizzazioni dei paesi associati partecipano a Horizon 2020 con modalità identiche a quelle degli enti dei paesi membri.

Va tuttavia precisato che l’accordo di “associazione” al Programma quadro, il quale prevede che il paese terzo versi un contributo finanziario di partecipazione, esterno al bilancio europeo, può definire un modello di cooperazione leggermente variabile da paese a paese.

anche per questo motivo, ogni decisione definitiva è rinviata ai negoziati su Brexit.

ancora a inizio settembre, il Commissario europeo per la ricerca e l’innovazione Carlos Moedas ha avvertito, ribadendo nuovamente la posizione ufficiale della Commissione sul tema, che l’Unione non prenderà in considerazione un accordo di cooperazione scientifica post-Brexit con il Regno Unito fino a che le principali questioni, (entità del «conto» che Londra dovrà pagare al momento dell’uscita, i diritti dei cittadini europei, il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord) non saranno discusse e definite.

Il Regno Unito si dice quindi preparato a lasciare l’UE con l’obiettivo di proseguire una relazione stretta con Bruxelles in R&I e continuare la cooperazione con i partner europei sulle principali iniziative scientifiche e tecnologiche.

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Scenari

La cooperazione interregionale transfrontaliera per diffondere l’innovazione

Renato Fà, aPRE Innovation Expert

Una Comunicazione della Commissione europea punta a rafforzare l’innovazione nelle regioni europee

Con la Comunicazione Rafforzare l'innovazione nelle regioni europee e promuovere una crescita resiliente, inclusiva e sostenibile pubblicata nel

mese di luglio 2017 la Commissione europea riprende il tema delle sfide che l'UE sta affrontando, quali: la globalizzazione, l'automazione, la de-carbonizzazione, le tecnologie emergenti e digitali e l'impatto che queste esercitano sull'occupazione, sui settori industriali, sui modelli aziendali, sull'economia e sulla società nel suo insieme. secondo la Comunicazione l'uE è chiamata a svolgere un ruolo determinante nel sostenere tutte le regioni e tutti gli stati membri per attivare il loro potenziale di innovazione, competitività, occupazione e crescita sostenibili.

In questa prospettiva la Commissione rilancia il tema della Smart Specialization Strategy (s3) introdotto con la programmazione dei fondi strutturali e d'investimento europei per il periodo 2014-2020. nella fase di programmazione dei nuovi interventi, le autorità nazionali e regionali hanno redatto documenti di strategia di specializzazione intelligente per la ricerca e l'innovazione. l’obiettivo di questo esercizio era di individuare i vantaggi competitivi specifici sulla base dei quali definire le priorità

regionali per gli investimenti in ricerca e innovazione. ora, la Comunicazione e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che l'accompagna, puntano ad un ulteriore passo in avanti nell’implementazione delle strategie di specializzazione intelligente, con l’obiettivo di alimentare la competitività europea e la cooperazione. la Commissione individua Il vantaggio concorrenziale dell'Europa nella sua capacità di promuovere nuovi modelli di crescita a livello regionale indirizzando gli investimenti verso settori innovativi con un significativo potenziale di crescita e un elevato valore aggiunto. Per sostenere questo obiettivo vengono individuate quattro sfide principali a cui è necessario far fronte: • continuare a riformare i sistemi di ricerca e innovazione

all'interno delle regioni;

• aumentare la cooperazione tra le regioni nell'ambito degli investimenti nell'innovazione;

• promuovere la ricerca e l'innovazione nelle regioni meno sviluppate e in quelle interessate da una transizione industriale;

• avvalersi delle sinergie e delle complementarità fra le

politiche e gli strumenti dell'uE.

Sulla prima sfida la Commissione intende intensificare gli

“With All My Love for the Tulips, I Pray Forever”, Installazione dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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Scenari

sforzi per mettere a disposizione delle autorità nazionali e regionali, misure per agevolare l'elaborazione, l'attuazione e la valutazione di riforme strategiche in materia di ricerca e innovazione tramite strumenti già individuati quali:

• piattaforma di specializzazione intelligente gestita dal Centro comune di ricerca (JRC),

• le azioni di sostegno delle politiche previste nell’ambito di "Horizon 2020" (H2020 policy support facility) che aiuta gli Stati membri ad affrontare gli ostacoli incontrati nell'ambito dei loro sistemi di ricerca e innovazione, compresi quelli relativi all'efficace attuazione delle strategie di specializzazione intelligente.

• Il servizio di assistenza per le riforme strutturali, previsto dal regolamento (uE) 2017/825 che opera su richiesta degli stati membri, per contribuire a elaborare e attuare riforme che possano migliorare il contesto imprenditoriale e il mercato del lavoro.

la cooperazione interregionale in ambito transfrontaliero rimane una delle attività prioritarie per la Commissione per sviluppare nuove catene di valore e agevolare la diffusione dell’innovazione in ambito regionale e locale. In questo ambito la Commissione segnala come best practice l’iniziativa Vanguard a cui partecipano 30 regioni europee tra cui la lombardia e la Regione Emilia Romagna.

nel complesso le piattaforme tematiche di specializzazione intelligente promosse dalla Commissione riuniscono 100 regioni che lavorano insieme in 17 partenariati interregionali per discutere tematiche comuni e promuovere l'innovazione e i collegamenti alle catene di valore e di incrementare gli investimenti congiunti.

La Comunicazione CE affronta infine il tema della sinergia e complementarietà tra i vari fondi, con l’obiettivo di facilitare ulteriormente le sinergie e le combinazioni tra i vari programmi e strumenti uE per l’innovazione, la crescita e la competitività. su questo tema così importante per un efficiente utilizzo delle risorse a sostegno dell’innovazione e della crescita, qualche passo in avanti si è fatto a livello di programmazione ma nell’implementazione concreta dei progetti i risultati sono ancora modesti. In questo ambito la Commissione intende continuare a lavorare in stretto rapporto con le autorità nazionali e regionali per far fronte alle complessità emerse nell'utilizzo combinato di vari strumenti al fine di massimizzare gli investimenti in progetti a favore di ricerca e innovazione, competitività e produttività. Per sostenere gli obiettivi individuati dalla Comunicazione e sostenere la collaborazione

interregionale, la Commissione ha lanciato un bando per manifestazioni d’interesse pubblicato il 29 settembre.

Il primo invito è indirizzato al sostegno mirato alle regioni che affrontano la transizione industriale. Queste regioni possono fare domanda per ricevere assistenza da parte di esperti provenienti dai servizi della Commissione, che le aiuteranno a definire strategie di trasformazione economica regionale. ove necessario e sulla base delle risorse disponibili la Commissione assumerà esperti esterni che supporteranno il lavoro delle regioni; ad esempio: specialisti in strumenti finanziari, consulenti imprenditoriali o ricercatori che lavorano su processi di fabbricazione avanzati. La Commissione stanzia fino a 200 000 EUR per ogni regione per coprire i costi di queste consulenze esterne. le risorse provengono dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FEsR).

Un  sostegno complementare sarà possibile  da parte dell'Osservatorio europeo per i cluster e le trasformazioni industriali  per aiutare le regioni a costruire strategie di cluster e creare legami più stretti tra imprese, centri di ricerca e il mondo accademico. la call prevede la possibilità di un grant fino a 300.000 euro a sostegno di una rapida attuazione delle strategie di trasformazione economica regionale. l'invito è rivolto in particolare alle regioni in "transizione" e alle regioni "più sviluppate”. Verranno selezionate cinque regioni.

il secondo invito è rivolto a partenariati interregionali per lo sviluppo di catene del valore europee competitive. l'obiettivo di questa iniziativa pilota è di sviluppare progetti interregionali finanziabili in settori prioritari come i big data, la bioeconomia, l'efficienza delle risorse, la mobilità interconnessa, la sanità e l'invecchiamento attivo o la cibersicurezza. I partenariati transnazionali di autorità regionali di almeno quattro diversi paesi dell'uE, che coinvolgono università, centri di ricerca, cluster e imprese, possono candidarsi per ottenere il sostegno della Commissione nello sviluppo dei loro progetti e nell'accedere ai nuovi mercati. I partenariati selezionati (da cinque a dieci) beneficeranno del sostegno mirato di gruppi speciali costituiti all'interno della Commissione, che coinvolgeranno esperti provenienti da vari dipartimenti tematici ed esperti esterni. Il FEsR sosterrà lo sviluppo di tali partenariati con un contributo di 1 milione di EuR in totale.

la documentazione per la partecipazione al bando è consultabile all’indirizzo: link

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La comunicazione scientifica nell’era dell’Open Science

nel 1638 Galileo consegnò i risultati della sua rivoluzionaria ricerca e li affidò segretamente a una famiglia olandese, gli Elzeviri, che tra mille

difficoltà riuscirono a pubblicarli in Olanda. Uno dei passi cardine del sapere mondiale è avvenuto in un clima di forte chiusura alla scienza sia nel suo aspetto di ricerca e soprattutto in quello di divulgazione.

le nuove tecnologie stanno radicalmente trasformando il modo in cui si fa ricerca, offrendo strumenti per condividere i risultati e divulgarli a un pubblico sempre più ampio nel minor tempo possibile e in modalità più aperta.

Grazie a questa apertura, oggi fare ricerca significa collaborare senza limiti di disciplina o nazione e comunicare ben oltre i risultati finali di un esperimento con modalità nuove, figlie della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo.

Questa tendenza è oggi definita “Open Science” e significa rendere la scienza più collaborativa, aperta, trasparente ed efficace attraverso l’uso delle nuove tecnologie. I pilastri sono l’open access, l’open data, la condivisione, la misurazione della ricerca e l’integrità. la scienza diventa il volano per sostenere la crescita economica e affrontare le sfide sociali, favorendo così l’interesse dei governi. Non a caso la Commissione europea ha avviato un programma specifico di Open Science nell’ambito di Horizon 2020

con l’obiettivo di migliorare la fruizione delle scoperte scientifiche e quindi l’innovazione e l’avanzamento della conoscenza.

Tali dinamiche stanno cambiando anche l’editoria scientifica pur mantenendo l’autorevolezza del processo di Peer Review che è considerato da editori e ricercatori, garanzia di qualità, affidabilità e integrità. Gli editori hanno un ruolo cardine in questa trasformazione; lavorano al fianco della comunità scientifica, sviluppano e investono in tecnologia che stimola questi miglioramenti.

Gli articoli scientifici oggi sono molto più ricchi e molto più adatti a consumi e comunicazioni virtuose. se l’articolo cartaceo è morto e sepolto, anche il semplice Pdf è sulla via del tramonto, sostituito da testi ricchi di informazioni digitali, che includono “data set”, realtà virtuale, grafici interattivi, microscopi virtuali, video, formule matematiche esportabili e persino collegamenti a repository esterni.

negli ultimi anni stanno emergendo sempre più riviste focalizzate a divulgare, oltre i risultati della ricerca, anche i dati che hanno contribuito a raggiungerli, renderli citabili e disponibili. un lavoro radicalmente innovativo che apre la porta alla riproducibilità e a nuovi esperimenti.

Esistono anche altre forme di innovazione. ad esempio la rivista open access “new negatives in plant science”,

Claudio Colaiacomo, dirigente di Elsevier dal 2005, Responsabile delle relazioni accademiche per l’Europa del sud

RubricaUna voce dell’Europa

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Una voce dall’Europa

accende i riflettori su dati errati e controversi, pubblicando gli errori di ricerca come forma di apprendimento e per stimolare risultati positivi.

Riviste, come “Cortex”, mettono a disposizione il peer review prima della pubblicazione, per validare metodi sperimentali e di analisi prima di condurre esperimenti evitando perdite di tempo e sprechi di fondi di ricerca.

anche il dibattito negli ultimi anni attorno a open science si è soffermato sull’Open Access e sui relativi requisiti per un accesso più ampio.

Horizon 2020 è parte integrante di questo processo con precise linee guida e obiettivi in merito. l’open access è una parte importante dell’open science ma assume rilievo specialmente se inquadrato all’interno di un processo più ampio di divulgazione e condivisione a più livelli.

su questo fronte assistiamo a un deciso aumento delle pubblicazioni open access fruibili attraverso svariate soluzioni sia per gli autori sia per i lettori. Gli editori hanno lanciato riviste Gold e Green open access ed hanno trovato soluzioni per supportare esigenze di condivisione di chi finanzia la ricerca. Un esempio è l’iniziativa CHORUS che permette la condivisione di ricerche pubblicate e finanziate con fondi pubblici.

similmente alcuni editori hanno avviato collaborazioni con piattaforme indipendenti, autorevoli e sicure per la conservazione in perpetuo dei testi da loro pubblicati come ad esempio CloCKss e Portico.

Molti editori stanno già sviluppando soluzioni per rendere

semplice e trasparente la condivisione dei contenuti in abbonamento, in modo che sia compatibile con i diritti di accesso e di utilizzo. ad esempio Elsevier usa sharelink per aprire l’accesso gratuito all’articolo per 50 giorni e può essere condiviso tramite email o social media. Ci sono inoltre una serie di iniziative destinate a colmare il divario tra scienza e società. ad esempio, gli autori possono integrare i loro lavori con diapositive e audio incorporati nell’articolo e condividerli sui social come YouTube. In questo modo, anche il pubblico dei non addetti ai lavori, può farsi un’idea dell’impatto di quella ricerca sulla società. Il medesimo obiettivo è quello della rivista atlas che, in modalità open access traduce in termini accessibili a tutti, i risultati di ricerche scientifiche pubblicate altrove.

un numero limitato di editori sta investendo nella creazione di metriche, spesso gratuite e sempre più innovative, che permettono di misurare numerosi parametri quantitativi e qualitativi della ricerca scientifica. Alcune di queste sono parte di strumenti di vero e proprio management scientifico, utili ad aiutare scelte di finanziamento e di indirizzo disciplinare.

In conclusione, il movimento open science all’interno di iniziative come H2020 stimola un notevole virtuosismo all’interno della comunità degli editori scientifici. Assistiamo al proliferare di nuove e creative soluzioni online che supportano i ricercatori in tutte le fasi del ciclo di ricerca. la ricerca pubblicata rimane al centro delle comunicazioni scientifiche ma diventa ancora più preziosa perché collegata e arricchita da altri oggetti digitali, condivisa e misurata al massimo delle sue possibilità.

Settima relazione sulla coesione pubblicata dalla Commissione europea

La relazione, che non condiziona la proposta definitiva della Commissione, apre la discussione sulla politica di coesione dopo il 2020.

Il suggerimento è di puntare a una politica di respiro europeo finalizzata a tre obiettivi principali: gestire la globalizzazione, non lasciare nessuno indietro e sostenere le riforme strutturali.

all'inizio del 2018 sarà lanciata una consultazione pubblica sulla futura politica di coesione. nel maggio 2018 sarà presentata la proposta della Commissione per il quadro finanziario pluriennale (QFP), cui seguiranno le proposte per la politica di coesione dopo il 2020.

Per ulteriori informazioni: link

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Una voce dall’Europa

PRIMA: la ricerca e l’innovazione per lo sviluppo sostenibile del settore agro-alimentare nel Mediterraneo

nel 2015 i rappresentanti di 193 paesi hanno sottoscritto l’agenda 2030: un grande programma d’azione che detta i 17 obiettivi

di sviluppo sostenibile, conosciuti come sustainable Development Goals SdGs, da raggiungere entro il 2030 (www.un.org/sustainabledevelopment/).

Alcune tra le più grandi sfide al livello globale sono legate al cibo e alla possibilità di nutrire gli oltre 9 miliardi di persone che abiteranno il pianeta nel 2050. ovviamente lo scenario che rende estremamente complesse le soluzioni a questa sfida è fortemente caratterizzato dai cambiamenti climatici e dai limiti naturali del pianeta, nonché dalla presenza di grandi paradossi, quali, ad esempio, l’elevatissimo numero di persone che non hanno accesso al cibo o sono malnutrite, a fronte di una quota altissima di persone che soffrono le conseguenze dell’eccesso di cibo e un’alta percentuale di spreco della produzione alimentare globale.

Tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile il numero 2 mira a sconfiggere la fame nel mondo e cerca di incidere sui sistemi agricoli, sulla nutrizione e sull’accesso al cibo, mentre l’obiettivo numero 12 pone il focus

sull’implementazione di programmi di produzione e consumo sostenibile e sul dimezzamento dello spreco di cibo globale a livello distributivo e dei consumatori.

Ecco perché Il settore alimentare e quello agricolo sono centrali per l’eliminazione della fame e della povertà e allo stesso tempo possono offrire soluzioni chiave per lo sviluppo economico sociale ed ambientale sia al livello globale che al livello locale.

Di fronte a tale scenario siamo chiamati ad agire e favorire un cambio di paradigma. Dobbiamo impegnarci affinché gli Obiettivi globali vengano declinati in azioni efficaci da intraprendere ad ogni livello, adottando un modello di sviluppo sostenibile. Conseguire tali obiettivi costituisce uno sforzo difficilissimo ma indispensabile, affinché il benessere sociale, ambientale ed economico sia assicurato alla generazione attuale e alle generazioni future.

In tale senso è fondamentale l’impegno di tutti i Paesi, del nord come del sud, dell’Est come dell’ovest. nessuna comunità, ormai, è in grado di sfuggire a criticità sempre più condivise, anche se spesso sono le popolazioni più marginali a soffrirne maggiormente le conseguenze. Ed occorre, altresì, il contributo di

angelo Riccaboni, Chair PRIMa Foundation, Chair sDsn Mediterranean

“Vegetables”, acrilico su tela dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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tutte le componenti della società, istituzioni pubbliche e private, singoli cittadini, organizzazioni no profit, imprese, centri di ricerca, istituzioni finanziarie, anche mediante innovativi meccanismi di cooperazione.

In linea con ciò è il programma priMa, Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean area (www.prima4med.org). un programma di ricerca congiunto che mira a costituire un partenariato strutturato e di lungo termine al fine di promuovere la ricerca e l’innovazione su acqua, cibo e sistemi agro-alimentari nel bacino del Mediterraneo.

PRIMa, in particolare, ha l’obiettivo di sviluppare soluzioni innovative, e promuovere la loro adozione, per il miglioramento dell'efficienza e della sostenibilità delle produzioni alimentari e della fornitura di risorse idriche, con l’obiettivo ultimo di sostenere un benessere ed uno sviluppo socio-economico inclusivo nel Mediterraneo all’interno di un contesto di cooperazione rafforzata euro-mediterranea.

Esso si colloca nel quadro normativo delineato dall’art. 185 del Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea e ha rappresentato una delle priorità del semestre italiano di Presidenza del Consiglio Europeo. Dopo il lancio dell’iniziativa durante la Conferenza Euro-Med di Barcellona del 2012, le procedure per l’avvio di un’iniziativa ex art. 185 TFuE hanno trovato esito positivo con il parere favorevole espresso in merito il 22 luglio 2016 dal competente Regulatory scrutiny Board della Commissione Europea e con la decisione assunta dalla Commissione il 18 ottobre 2016 di partecipare al Programma ai sensi dell’art. 185 TFuE.

Tale iniziativa si caratterizza per una dimensione strategica, basata sui principi di co-decisione e co-finanziamento e su un avanzato grado di integrazione fra tutti i Paesi partecipanti. l’originalità del Programma PRIMa, rispetto agli altri quattro Programmi ex art. 185 TFuE, risiede nel partenariato, che coinvolge, per la prima volta, Paesi membri dell'unione Europea (Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, lussemburgo, Malta, Portogallo, slovenia, spagna) e paesi non uE del Mediterraneo (algeria, Egitto, Giordania, Israele, libano, Marocco, Tunisia, Turchia). Tali Paesi ad oggi hanno espresso un impegno monetario pari a circa 274 milioni di euro, cui andrà aggiunto un impegno finanziario dell’UE di 220 milioni di euro.

l’iniziativa rappresenta una grande opportunità per tutti i cittadini dell’area mediterranea, non solo perché sostiene attività congiunte di ricerca e innovazione sui temi dei sistemi alimentari e idrici, ma anche per la valenza in termini di diplomazia scientifica e di strumento per fronteggiare le questioni legate alle migrazioni. l’adozione di soluzioni innovative nei settori del cibo e dell’acqua è, infatti, un fattore essenziale per garantire il benessere delle comunità, la competitività delle imprese e lo sviluppo economico locale, e così promuovere società Mediterranee più sostenibili e inclusive.

Da un punto di vista scientifico, l’iniziativa PRIMA è articolata attorno a 3 aree tematiche:

Gestione sostenibile delle risorse idriche nelle zone Mediterranee aride e semi-aride, focalizzato sullo stimolo all’adozione di soluzioni per il risparmio idrico tarate sulle specificità dei contesti locali (in particolare in agricoltura), sul miglioramento della sostenibilità dei suoli e delle risorse idriche nelle zone aride e semi-aride, nonché sull’elaborazione e l’adozione di nuove politiche e protocolli per la governance dei sistemi di gestione idrica;

Sistemi agricoli compatibili con i vincoli ambientali Mediterranei, incentrato sullo sviluppo di sistemi agricoli smart e sostenibili al fine di preservare le risorse naturali ed aumentare l’efficienza delle produzioni, nonché sulla progettazione e la promozione di approcci innovativi volti a ridurre l’impatto di pesticidi e patogeni in agricoltura (incluse le conseguenze sulla salute umana);

catena del valore alimentare Mediterraneo per lo sviluppo locale e regionale, focalizzato sull’innovazione dei prodotti Mediterranei basati sulla tradizione della dieta Mediterranea ed il miglioramento dei collegamenti fra nutrizione e salute, sull’individuazione di soluzioni volte ad aumentare l’efficienza delle catene alimentari ed idriche tarate sulle specificità dei contesti locali, nonché sulla progettazione e l’implementazione di modelli di business agroalimentari innovativi ed orientati alla qualità come fonte potenziale di occupazione e crescita economica.

attorno a tali aree sono articolati la strategic Research and Innovation agenda (sRIa), il Work Plan 2018 e i futuri bandi di finanziamento dei prossimi sette anni.

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Una voce dall’Europa

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Intervista a ...Giovanni tumbiolo, Presidente del Distretto Pesca e Crescita Blu

Giovanni tumbiolo

chiediamo al Presidente del distretto pesca e crescita blu Giovanni tumbiolo come,

attraverso un principio fondamentale per il miglioramento della produttività e la valorizzazione delle risorse come l’Economia Circolare, si possa far crescere un settore importante come quello ittico?

l’Economia Circolare racchiude in se le buone prassi mediante le quali mettere in atto una sorta di rivoluzione silenziosa nell’ambito del modello di

Crescita Blu, ovvero: rigenerazione delle risorse naturali, cura dei nostri mari, sostenibilità e innovazione nei processi produttivi, responsabilità individuale e collettiva dalla produzione al mercato e la creazione di nuove figure professionali. questi rappresentano gli “asset” della strategia 2017/2020 con cui il Distretto della Pesca e Crescita Blu punta a ridurre il rigetto in mare e l’impiego degli scarti in altri processi di produzione, diminuire la distruzione dei natanti costruiti con grandi sacrifici di armatori e pescatori e non senza oneri per la comunità e la riutilizzazione di

Il modello di sviluppo e di dialogo del distretto della pesca e crescita blu

Mara Gualandi, Redazione aPREDiversificazione nella produzione di beni e servizi attraverso l’impiego di fonti rinnovabili e delle risorse esistenti. Questo il nuovo modello di sviluppo rappresentato dall’Economia Circolare, sostenuto dal Distretto Pesca e Crescita Blu, ente costituito nel 2003 previsto dalla Regione Siciliana con la legge n.17 del 28 dicembre 2004 e che di fatto rappresenta l’intero settore della pesca siciliana.

Dal 2006, anno della sottoscrizione del suo Patto di Sviluppo che ha dato vita alla sua costituzione ufficiale, il Distretto della Pesca, attraverso il Cosvap (Consorzio Valorizzazione del Pescato), opera in collaborazione con enti pubblici e di ricerca come Iamc-Cnr, Camera di Commercio di Trapani, Parco Scientifico e Tecnologico dell Sicilia, Università di Palermo, Icram, Istituto Zooprofilattico della Sicilia, contando anche sulla vicinanza geografica e operativa della marineria più importante d’Italia, quella di Mazara del Vallo, e inglobando ben 130 imprese del settore ittico. Il tutto, con l’obiettivo di innalzare la competitività della pesca siciliana migliorando la qualità dei prodotti e dei servizi, elaborando strategie diversificate di marketing e favorendo la possibilità di attingere ad un percorso di formazione aziendale e manageriale rivolto a migliorare la produttività degli attori principali del comparto pesca e favorire la ricerca scientifica.

L’economia circolare è un principio che si rivela fondamentale per tutte quelle attività che spingono per apportare sviluppo sul piano economico, innovativo e sociale in particolare per quanto riguarda l’alimentazione. Alla luce dei mutati scenari economico-politici e sociali, la Sicilia si trova oggi a svolgere un ruolo di primo piano nello spazio di cooperazione del Mediterraneo, dell’Africa e Medioriente. L’Expo Blue Sea Land rappresenta un importante laboratorio di diplomazia economica, sociale, scientifica, culturale ed enogastronomica.

“The sea”, acrilico su tela dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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Una voce dall’Europa

questo patrimonio sia con finalità sociali attraverso la formazione professionale utile a trasmettere le esperienze ed il know-how alle nuove generazioni, ma anche come luoghi di fruizione turistica e culturale. una delle tecniche che segue queste buone prassi è quella dell’acquacoltura.

Quali sono le attività che il Distretto della Pesca ha portato avanti in questi anni seguendo questi principi?

Grazie al supporto dell’osservatorio della Pesca Mediterraneo, del Centro di Competenza Distrettuale e di concerto con la Regione sicilia, abbiamo portato avanti in questi anni attività di studio in materia di innovazione, internazionalizzazione, mercato e ambiente marino volte a favorire la crescita collettiva delle imprese e delle aziende consorziate a supporto del sistema delle imprese della filiera ittica.

Inoltre, ci siamo concentrati sui processi di formazione attraverso i laboratori del progetto “nuove Rotte Blue Economy”, con la realizzazione di ben 10 laboratori tecnici attraverso cui è possibile sperimentare prodotti e processi innovativi volti a promuovere ricerche di settore e utili ad elaborare strategie decisive per la crescita del comparto ittico fra cui: la tracciabilità del pescato, l’identificazione di nuovi prodotti e il rilascio della certificazione Dop.

Dott. Tumbiolo fra le diverse attività del Distretto vi è anche Blue Sea Land, l’Expo dei Cluster del Mediterraneo dell’Africa e del Medioriente, che a fine settembre a Mazara del Vallo ha realizzato la sua vi edizione.

Blue sea land promuove lo sviluppo della Green e della Blue Economy nell’ottica dell’Economia Circolare estesa a tutte le filiere produttive. Prende vita nelle vie della Casbah di Mazara del Vallo, luogo storico che da centinaia di anni è simbolo dell’incontro tra popoli e culture, di scambi di prodotti e merci provenienti da tutto il Mediterraneo e dove da sei edizioni, gli espositori fanno degustare alle migliaia di visitatori le eccellenze tipiche e dove i buyers provenienti da oltre 50 Paesi si rendono protagonisti di incontri B2B e C2C. Pertanto l’Expo Blue sea land rappresenta un importante laboratorio di diplomazia economica, sociale, scientifica, culturale ed enogastronomica. Blue sea land è un importante tappa di un percorso, intrapreso dal Distretto della Pesca siciliano fin dalla sottoscrizione del suo primo Patto, finalizzato alla cooperazione tra i Popoli attraverso la salvaguardia, valorizzazione e razionalizzazione delle risorse del Pianeta.

Cooperazione scientifica e industriale con Israele: nel 2018 opportunità per università, centri di ricerca e imprese nuovo accordo quadro bilaterale di cooperazione

industriale, scientifica e tecnologica del MAECI con

lo stato di Israele.

questi accordi si sono rivelati un ottimo strumento

per lo sviluppo dei rapporti tra i due Paesi negli

ambiti della ricerca e dello sviluppo industriale,

permettendo negli ultimi 15 anni, il cofinanziamento

di 115 progetti di ricerca e sviluppo industriale, 58

programmi di ricerca di base bilaterali sviluppati da

università e Centri di Ricerca e la costituzione di 9

laboratori congiunti. negli ultimi esercizi sono state

finanziate attività per oltre 2 milioni di euro annui.

Requisiti di partecipazione ai due bandi 2018:

Il Partner Italiano dovrà essere una università,

pubblica o privata, un Centro/Istituto di ricerca,

pubblico o privato, di diritto italiano. Per gli

ulteriori requisiti si rimanda al testo del Bando.

È possibile presentare progetti congiunti di ricerca

italo-israeliani nelle aree di ricerca contemplate

dal Bando entro il 2 novembre 2017 (ore 17.00,

ora italiana). Per maggiori informazioni link

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Una voce dall’Europa

Martina De sole, aPRE nCP nanotechnologies, advanced Materials, Biotechnology, advanced Manufacturing and Processing

Il 9 gennaio scorso APRE ha firmato un Protocollo

d’intesa con il Ministero degli Esteri e della Cooperazione

Internazionale nel quale si è anche ribadito e rafforzato

il rapporto e la collaborazione fra aPRE e la rete degli

Addetti scientifici italiani.

Gli addetti scientifici rivestono un ruolo importante

per la diplomazia scientifica e per il potenziamento

della cooperazione scientifica e tecnologica bilaterale

e multilaterale. oltre a promuovere le eccellenze

del sistema della ricerca italiano presso il Paese e le

organizzazioni Internazionali per le quali è accreditato,

l’addetto funge anche da punto di riferimento sia

per il dialogo inter-istituzionale che per la comunità

scientifica italiana attiva in loco. Si stanno lanciando

reti di Ricercatori italiani nei Paesi terzi per capitalizzare

le risorse attive in altri Paesi anche in vista di possibili

collaborazioni future.

In un momento in cui la Commissione europea ha

chiesto di raddoppiare la partecipazione di Paesi

Terzi in H2020, la collaborazione fra aPRE e i singoli

addetti scientifici potrà aiutare a creare occasioni di

cooperazione e partenariati internazionali globali.

Gli addetti sono presenti in 25 Paesi, la lista completa è

disponibile al link http://www.bit.ly/2mstilE

In ogni numero di APRE Magazine daremo spazio all’approfondimento su un Paese attraverso le esperienze di un Addetto scientifico. Di seguito l’approfondimento sugli Stati Uniti con l’Addetto Scientifico Giulio Busolini.

La rete degli Addetti Scientifi ci italiani:creare occasioni di cooperazione epartenariati internazionali globali

“Narcissus Garden”, Installazione dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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Una voce dall’Europa

la collaborazione scientifica tra Italia e Stati uniti d’america viene favorita da un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica siglato a Roma

il 1 aprile 1988. Il testo emendato e ampliato il 4 ottobre 1993 con una sezione a tutela della proprietà intellettuale, prevede riunioni biennali di coordinamento, l’ultima delle quali si è svolta a Roma il 14 gennaio 2016. In occasione della dodicesima riunione della Commissione mista Italia-stati uniti tenutasi alla Farnesina, le parti hanno riconosciuto 7 tematiche di interesse prioritario per il Biennio 2016-17. Tra esse ricordiamo:

• Materiali avanzati e nanotecnologie;

• Tecnologie agricole per le colture, gli alberi da frutto e le vigne e le scienze alimentari;

• scienze della Terra, inclusi il monitoraggio di disastri naturali, l'ambiente, le osservazioni spaziali e l'oceanografia;

• ICT, compresa la robotica;

• scienze della vita, inclusi studi sul cervello e malattie rare;

• Fisica e astrofisica;

• Tecnologie applicate ai beni culturali e naturali.

Per ogni tematica sono stati creati gruppi di lavoro bilaterali che hanno predisposto un primo piano di lavoro suddiviso per:

• priorità di intervento,

• argomenti di ricerca specifici,

• piano di attività congiunto (come descritto nell’ annex IV della Dichiarazione Commissione Mista). link

questo primo esercizio ha coinvolto circa 100 istituzioni a livello bilaterale (tra agenzie Federali/Ministeri/ Centri di ricerca nazionali, università, Consorzi e PPP Ricerca-industria) e raccolto la manifestazione a collaborare su uno spettro di circa 50 aree di ricerca di interesse comune.

nel corso del 2017 è stato poi concordemente deciso

di posticipare la Riunione della Commissione Mista dal dicembre 2017 al dicembre 2018, allungando così i cicli degli incontri da biennali a triennali.

Nel corso della fine dell’anno i gruppi di lavoro svolgeranno un rendiconto delle attività svolte e un aggiornamento su quelle pianificate fino alla fine del 2018 indicando relative raccomandazioni in vista del prossimo appuntamento istituzionale. nel primo semestre 2018 sono previste invece le prime consultazioni svolte dal MaECI e Dipartimento di stato con le proprie controparti nazionali per la raccolta di indicazioni relative alle nuove aree priorità scientifiche e tecnologiche che verranno proposte e poi concordate a livello governativo per il ciclo 2019-2021.

sul fronte transatlantico anche la Commissione europea (CE) è provvista di un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica firmata nel 1997 a Washington D.C. A esso, lo scorso ottobre 2016, è stato allegato un ‘implementing arrangment (IA)’ al fine di favorire nuove modalità di collaborazione di ricerca scientifica tra Europa e Stati Uniti attraverso H2020.

La novità, vista con grande favore dalla comunità scientifica, ha tolto l’obbligo al partner statunitense, non destinatario di finanziamenti H2020, di siglare il Grant e Consortium Agreement europeo nel caso la proposta fosse stata approvata. si lascia quindi alle parti coinvolte nel progetto la libertà di accordarsi direttamente, tutelando i propri diritti di proprietà intellettuale, accesso ai dati e relativa disseminazione. Da questa intesa sia gli stati uniti che l’Europa si aspettano un incremento di progetti congiunti e una maggiore apertura di Principal investigators (PI) americani a costruire collaborazioni di media lunga durata con ricercatori europei. sono allo studio anche possibili allineamenti per la realizzazione di bandi comuni Eu-us (in alcuni casi già presenti, sebbene sporadici) utilizzando il framework di ricerca europea e un selezionato gruppo di programmi federali finanziati da Agenzie statunitensi.

La opportunità offerta dall’ IA di eliminare i colli di bottiglia

La rete degli addetti scientifici italiani: più solidi i partenariati di ricerca congiunti USA-Ue

Dott. Giulio Busulini, Addetto Scientifico presso Ambasciata Italiana negli stati uniti d’america (usa)

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Focus su Horizon 2020

burocratici per la partecipazione di ricercatori americani su progetti finanziati da H2020, permette al potenziale PI europeo (ed italiano in particolare) di elaborare progetti di ricerca potenzialmente più competitivi beneficiando non solo dell’apporto scientifico del partner U.S., ma anche del suo finanziamento che può essere indicato nella stesura della proposta come ‘maching fund’.a seguito di questa misura progetti europei già attivi, realizzati per favorire e sostenere il dialogo scientifico, tecnologico e innovazione tra Europa e stati uniti - come le Coordination and Support Action (CSA) sostenute da Horizon 2020 - hanno potuto riscontrare un incremento di interesse per la realizzazione di partenariati di ricerca congiunti usa - Eu. Tra le Csa verso gli states ricordiamo ad esempio Bilat USA 4.0 http://www.euussciencetechnology.eu) e Picasso ICT EU_US collaboration (http://www.picasso-project.eu) in cui la stessa aPRE è partner.

In questo contesto di maggiore apertura verso l’Europa, l’Ufficio di Cooperazione Scientifica Tecnologica di questa Ambasciata (con un organico di 4 addetti scientifici, di cui uno a san Francisco) oltre a sostenere le attività pianificate dai gruppi di lavoro bilaterali Italia USA (di cui sopra), ha lanciato nel gennaio 2017 una iniziativa con la Conferenza dei Rettori (CRuI) per la promozione del sistema universitario italiano negli stati uniti. Realizzata

in collaborazione con 5 associazioni Federali di università americane in questi mesi è stato elaborato un piano di lavoro a sostegno di un dialogo strategico sui principali portafogli di ricerca (anche in linea con le tematiche dell’accordo bilaterale s&T).

Il documento strutturato in 3 aree di intervento (Ricerca, Formazione, Trasferimento tecnologico e Innovazione) proporrà uno schema di interventi, tra cui il favorire incontri tecnici su aree di ricerca di interesse comune stimolando possibili alleanze tra università, la definizione e creazione di focus Group su aree scientifiche multidisciplinari o emergenti e potenziali attività di matchmaking tra università anche in vista del prossimo ciclo di bandi disponibili sotto H2020.

Il ruolo dei Cluster nazionali e regionali (3s) come partenariato ricerca-industria è visto come un interessante pivot per facilitare la collaborazione tra le parti a sostegno della attrattività e competitiva’ dei territori in cui le stesse università operano.

apre ha svolto una preziosa attività preliminare di sostegno per aiutare gli aass a strutturare possibili interventi di assistenza tecnica congiunti a beneficio della comunità della ricerca italiana desiderosa di collaborare con gli stati uniti attraverso fondi e progetti Europei.

APRE e Segretariato Generale della Difesa insieme per la ricercal’8 settembre scorso presso l’aeroporto “F. Baracca” di Roma, Il direttore di aPRE, Marco Falzetti, ed il segretario Generale della Difesa, Gen. s.a. Carlo Magrassi, hanno firmato un accordo quadro al fine di consolidare la cooperazione nell’ambito della ricerca. un accordo volto a favorire la collaborazione con sEGREDIFEsa, ed in particolare con il V Reparto di SEGREDIFESA, per la realizzazione di attività afferenti alla partecipazione ai Programmi quadro dell’uE.

Il V Reparto “Innovazione tecnologica”, nucleo in cui si concentrano le attività in materia di sistemi informatici e telematici ed in cui convergono tutte le attività destinate ad incrementare il patrimonio di conoscenze della difesa nei settori dell’alta tecnologia e della ricerca, rappresenta una controparte perfetta nell’ottica di intensificare la collaborazione attraverso la messa in atto di azioni

congiunte e coordinate per rafforzare e migliorare la partecipazione degli Enti del Ministero della Difesa ai Programmi quadro dell’uE nei settori di comune interesse e competenza, con il supporto dell’agenzia per la Promozione della Ricerca Europea.”

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Focus su Horizon 2020 RubricaFocus su Horizon 2020

Una panoramica sulla partecipazione italiana a Horizon 2020 – la fotografia a metà percorso

la discussione sul prossimo Programma quadro è ormai iniziata, a livello sia europeo sia nazionale. Ma un confronto maturo all’interno del sistema italiano

della ricerca non può prescindere da un’analisi quantitativa su Horizon 2020 e sui numeri registrati a metà della sua attuazione. Per questo motivo – e anche a fronte di una continua richiesta di informazioni in tal senso da parte dei suoi soci – aPRE ha deciso di mettere in campo un’analisi strutturata (e il più possibile completa) dei dati emersi fino ad oggi dall’ottavo Programma quadro.

Una panoramica sulla partecipazione italiana a Horizon 2020 – una fotografia a metà percorso è il frutto di tale intenzione. Pubblicato lo scorso luglio, il volume analizza – in circa 500 pagine ricche di tabelle e grafici – la partecipazione del nostro Paese a Horizon 2020, sia a livello generale (la c.d. configurazione orizzontale) sia a livello tematico, ovvero prendendo in considerazione le performance del nostro Paese nei maggiori “pezzi” che compongono

il variegato e vasto puzzle del programma europeo dedicato al finanziamento della ricerca e dell’innovazione. un lavoro lungo, nel quale prezioso è stato l’impegno dei national Contact Point, il supporto del Ministero per l’Istruzione, l’università e la Ricerca e, non ultimo, il coinvolgimento diretto dei rappresentanti nazionali nelle diverse configurazioni, i quali hanno raccolto l’invito di aPRE a contribuire fornendo una chiave di interpretazione politica e qualitativa dei dati presentati nelle varie sezioni, andando così oltre la mera rappresentazione numerica.

un lavoro, dunque, frutto della collaborazione tra i responsabili politici a livello nazionale del sistema ricerca e coloro che rappresentano il collegamento con gli stakeholder italiani del sistema ricerca. stakeholder quali i soci aPRE e tutti quegli enti quali università, centri di ricerca, organizzazioni non-profit, grandi e piccole imprese che sono impegnati nel nostro Paese in ricerca e innovazione e che sono i destinatari ultimi della presente

serena Borgna, Responsabile Gruppo gestione e analisi dati, aPRE

Matteo sabini,Gruppo gestione e analisi dati, aPRE

APRE ha avviato un lavoro di studio e di analisi dei dati sulla partecipazione italiana a Horizon 2020, culminato

nella pubblicazione dello scorso luglio: il lavoro è consultabile online a questo link Visto l’interesse che tale studio ha

suscitato e la discussione attualmente in corso su FP9, nei prossimi numeri di APREmagazine troverete degli articoli di

approfondimento su alcuni temi di Horizon 2020, che, partendo dalla pubblicazione di luglio, verranno affrontati con

l’aiuto di dati man mano aggiornati.

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Focus su Horizon 2020

pubblicazione come strumento in vista della discussione in corso sul futuro di FP9.

Il volume curato da aPRE si basa su dati della partecipazione italiana aggiornati prevalentemente allo scorso febbraio 2017. La fotografia che ne emerge è di un’Italia quarta in classifica – dietro a Germania, Regno Unito, Spagna e davanti alla Francia – per numero di partecipazioni finanziate e quinta per contributo finanziario ottenuto, seguita a breve distanza dall’Olanda; Italia che, in definitiva, ottiene l’8% del budget globalmente assegnato da Horizon 2020 nei bandi considerati dall’analisi. Entrando nel dettaglio, l’Italia registra un tasso di successo inferiore a quello degli altri Stati: infatti, delle oltre 42.000 partecipazioni, solo l’11,9% viene finanziato, dato che fa ottenere al nostro Paese il secondo peggior risultato tra i migliori 8 stati europei (Germania, Regno unito, Francia, spagna, olanda, Belgio e svezia, oltre all’Italia ovviamente). se consideriamo il tasso di successo finanziario, la situazione peggiora e solo il 10,1% del budget richiesto dai partecipanti italiani, infatti, viene poi effettivamente concesso.

l’analisi fa emergere dunque un problema di qualità della partecipazione italiana. non si intende mettere in discussione l’eccellenza scientifica di quanto proposto, bensì evidenziare quelle carenze presenti nella concezione e nella gestione di un’idea progettuale, aspetto sottolineato dai dati riguardanti i coordinamenti presentati dall’Italia

(dove il tasso di successo scende sotto l’8%). La capacità di comprendere fino in fondo le richieste dei topic dei Work Programme, di immaginare la gestione e la suddivisione del lavoro, di creare dei consorzi realmente internazionali collaborando in misura maggiore con partner stranieri, di soddisfare una serie di richieste ritenute importanti dalla Commissione (la gestione dei dati, la disseminazione e la comunicazione, la previsione del business model, ecc) sono elementi essenziali che trasformano una buona – o un’ottima – idea in un progetto vincente.

Tali conclusioni sono confermate anche dall’analisi effettuata a livello di tematica: è infatti frequente imbattersi in tante partecipazioni o proposte a coordinamento italiane che finiscono in lista di riserva o che non vengono finanziate per mancanza di budget, pur avendo ottenuto un punteggio al di sopra della soglia minima richiesta. Guardando velocemente alla ripartizione dell’1,7 miliardi di euro ottenuti dall’Italia nelle varie tematiche, emerge che il pilastro in cui il nostro Paese va peggio, in termini di budget ottenuto su quanto allocato da Horizon 2020, è il primo. sebbene nell’ambito dell’Excellent Science l’Italia ottenga in termini assoluti quasi 450 milioni di euro (circa 15 milioni in meno di quanto invece conquistato nel secondo pilastro), in termini relativi tale dato corrisponde

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Focus su Horizon 2020

al 5,8% di quanto assegnato da Horizon 2020 in questo ambito. Il risultato migliore viene registrato nel tema delle Infrastrutture di Ricerca (INFRA, 9,7% del budget), mentre il peggiore nell’European Research Center, dove ad essere presa in considerazione è la nazionalità degli host institution

Il secondo pilastro è quello in cui l’Italia va meglio, ottenendo il 9,8% del budget assegnato da Horizon 2020; ad esclusione della tematica ICT, quella in cui viene registrato il più alto finanziamento in termini assoluti (quasi 250 milioni di euro, poco più della metà del budget italiano ottenuto nell’ambito dell’Industrial Leadership), negli altri settori l’Italia porta a casa quote di finanziamento sempre superiori al 10% di quanto complessivamente allocato: 13,9% nel tema Spazio e11% nel tema NMBP.

Infine, nel pilastro delle Sfide Sociale, dove i milioni ottenuti sono quasi 825, l’Italia porta a casa quote di budget di Horizon che si aggirano intorno al 10% nelle varie tematiche, ad esclusione di sC1 (salute), dove la quota è del 6,8%. Il risultato migliore, in termini sia assoluti sia relativi, appartiene al settore dei Trasporti, dove l’Italia ottiene circa 204 milioni, pari al 10,6% di quanto assegnato da Horizon 2020. ottimi risultati si hanno anche nelle tematiche Food (SC2, 10,4%), Sicurezza (SC7, 10,3%) e Inclusive Society (SC6, 10%).

Il rapporto sulla partecipazione italiana ad H2020analizza inoltre la performance delle regioni italiane nel programma. È questo un livello di analisi molto interessante poiché, pur presentando il limite della localizzazione degli enti in base alla loro sede legale1, permette al lettore di

1 Ciò comporta una distorsione abbastanza rilevante, poiché le partecipazioni vinte dalle sedi distaccate dei grandi enti di ricerca (si pensi, ad esempio al CnR, presente in molte aree del territorio nazionale) vengono ricondotte sempre alla sede centrale, ovvero alla

valutare il grado d’innovazione e ricerca nei vari settori in ogni regione italiana, tenendo in considerazione anche le scelte fatte dai governi in merito alla definizione delle aree della strategia di specializzazione Intelligente. sommariamente i dati evidenziano che il Centro Italia (lazio – per la maggiore – Marche, umbria e Toscana) e il nord ovest (lombardia, Piemonte, liguria e Valle d’aosta) ottengono quasi la stessa quota di finanziamento, intorno al 37%: tenendo a mente la distorsione evidenziata poco sopra, secondo cui quindi una parte di questa percentuale dovrebbe essere collocata non nel Centro Italia ma nelle altre 4 aree geografiche – emerge il grande impegno (e la capacità) delle regioni del nord ovest nell’innovazione e nella ricerca scientifica. Il budget rimanente è ottenuto per il 17,4% dal Nord Est, per il 6,1% dal Sud e solo per l’1,9% dalle Isole.

E per quanto riguarda invece la capacità di innovarsi delle imprese? l’analisi regionale è stata condotta tenendo conto anche della provenienza geografica delle PMI vincitrici dello sME-Instrument. In questo caso non esiste una distorsione simile alla precedente e i risultati sono molto interessanti. anche qui a farla da padrone è il nord Ovest, beneficiario del 46,7% del budget totale ottenuto dall’Italia, ma si registra un risultato più alto del sud dell’Italia che, con il 12,8% segue a breve distanza il Nord Est (13,6%), che sarebbe superato se si aggregasse anche la quota di budget dell’1,5% assegnata a Sicilia e Sardegna. Il Centro, invece, ottiene esattamente il 16%, mentre per il 9,5% del budget assegnato non è stato possibile risalire alla sede geografica delle imprese.

regione lazio: proprio il dato di questa regione, dunque, deve essere letto tenendo bene a mente questa distorsione dovuta ad un limite del database utilizzato.

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Focus su Horizon 2020

In questo mondo di Internet Of Things, Internet Of Everythings e Big Data ha preso sempre più piede nel settore dei trasporti l’idea di una mobilità basata

sugli Automated and Connected Vehicles (o anche automated and Connected Mobility).

Il concetto di automated and Connected Vehicles contiene tre “rivoluzioni tecnologiche” al suo interno, le quali afferiscono a tre epoche diverse: il passato, il presente e il futuro prossimo.

la prima è legata all’automazione risalente all’epoca della rivoluzione industriale. la seconda, sicuramente più recente ed ancora in corso, ha invece le sue basi nel mondo delle telecomunicazioni e di internet: è la connessione tra i veicoli che presuppone una tecnologia ICT molto spinta, come ad esempio la tecnologia del 5G. la terza rivoluzione tecnologica, più specifica del settore e che forse deve ancora esplodere pienamente, è legata al concetto che l’intero sistema dei trasporti e della mobilità sia connesso; non solo le auto e gli altri veicoli, ma anche - per esempio - le infrastrutture di trasporti e i cittadini che dei trasporti usufruiscono.

La Commissione europea ha avviato numerose attività volte a supportare il pieno sviluppo di un sistema di trasporto automatizzato e connesso. la

centralità dello sviluppo di un sistema di trasporti di questo tipo è testimoniato dal Libro Bianco sul Futuro dell’Europa1 pubblicato lo scorso 1°marzo dalla CE.

In ciascuno dei cinque scenari illustrati, la connessione tra automobili è data come imprescindibile per la mobilità dei cittadini europei.

Nello specifico, le Direzioni Generali della CE interessate all’argomento, hanno avviato svariate iniziative complementari tra loro.

l’iniziativa Gear 20302 per esempio, è un High level Group per l’industria dell’automobile istituito dalla Direzione Generale Internal Market, Industry, Enterpreneurship and sMEs (GRoW) nell’ottobre del 2015. Il Gruppo è stato chiamato ad analizzare e discutere su tre aree principali quali:

Adattamento della catena del valore alle nuove sfide globali, automated and connected vehicles, Commercio, armonizzazione internazionale e competitività globale.

1 Commissione europea COM(2017)2025 del 1° marzo 2017 https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/libro_bianco_sul_futuro_dell_europa_it.pdf 2 http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/newsroom/cf/itemdetail.cfm?item_id=8640

Velentina Tegas, aPRE nCP smart, Green and Integrated Transport

Automated and connected vehiclesUna sfida che accomuna il sistema dei trasporti nel suo insieme

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Focus su Horizon 2020

la Direzione Generale Mobility & Transport (MoVE) ha invece costituito una Piattaforma per il Cooperative-itS3 (Intelligent Transport system) nel corso del 2014 che si è posta come obiettivo principale quello di assistere la Commissione europea nello sviluppo di una roadmap per l’utilizzo su larga scala del C-ITs in Europa. le attività della piattaforma sono state preparatorie alla comunicazione A European strategy on Cooperative Intelligent Transport Systems, a milestone towards cooperative, connected and automated mobility4 pubblicata il 30 novembre 2016.

Considerata la trasversalità dell’obiettivo, i lavori della Piattaforma interessano anche altre DG, come per esempio Direzione Generale Communication networks

3 https://ec.europa.eu/transport/themes/its/c-its_en 4 Commissione europea CoM(2016) 766 del 30 novembre 2016 https://ec.europa.eu/transport/sites/transport/files/com20160766_en.pdf

Content and Technology (CnECT), DG GRoW e DG Direzione Generale Research and Innovation (RTD).

DG RTD, già a partire dal 7° Programma Quadro ha iniziato a finanziare i primi progetti propedeutici a quel filone di ricerca che poi nel programma Horizon2020 ha chiamato Automated Road Transport, bando incluso nella Sfida Sociale 4 “Smart, Green & Integrated Transport”.

In Italia, uno dei principali attori a supportare lo sviluppo di sistema di trasporto automatizzato e connesso è il Cluster Tecnologico nazionale “Trasporti Italia 2020”.

Ne parliamo con il Presidente, Ing. Enrico Pisino responsabile Ricerca e innovazione di Fiat Chrysler Automobiles Group (FCA).

Intervista a...ing. enrico pisino responsabile Ricerca e innovazione di Fiat Chrysler automobiles Group (FCa)

D. Il Cluster Trasporti Italia 2020 è stato creato nel 2012 dal MiUr, insieme ad altri 11 cluster tecnologici, come rete aperta e inclusiva formata dai principali soggetti pubblici e privati che operano sul territorio nazionale nella ricerca industriale, nella formazione e nel trasferimento tecnologico. come cambierà il ruolo del cluster Trasporti Italia 2020 alla luce della proposta di legge che dovrebbe riconoscere un ruolo operativo ai 12 cluster nazionali?

R. la triplice missione con cui sono stati costituiti i Cluster è quella di essere lo strumento di interfaccia tra gli attori della ricerca industriale e le amministrazioni centrali, in primis il MIuR, di essere aggregazione nazionale delle community settoriale, di essere organismi di rappresentanza verso le omologhe realtà negli altri paesi. I Cluster hanno iniziato fin dalla costituzione, avvenuta circa 3 anni fa, il percorso per conseguire gli scopi della

propria missione; tuttavia, il fondarsi fin ora sul volontariato e sulla proattività di alcune aziende e di donne e uomini di buona volontà e il confrontarsi con posizioni alterne delle amministrazioni, non ha permesso di conseguire una piena organicità di azione. Per questo il riconoscimento è necessario per imprimere al sistema una nuova velocità. si deve per contro rammentare che gli attori partecipanti al Cluster hanno espresso una inedita volontà di lavoro comune e capacità di superare gli ostacoli apparenti di incontro tra i settori della mobilità, realizzando quello che è l’ingrediente principale che potremmo chiamare “intermodalità delle idee”, cioè la capacità di aprirsi al confronto e la disponibilità a crescere insieme, in altre parole un vero e proprio ecosistema dell’innovazione per il sistema Trasporti.

sul fronte delle amministrazioni, si auspica che il riconoscimento permetta anche un importante cambiamento, perché i Cluster saranno efficaci se potranno operare

ing. enrico pisino

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Focus su Horizon 2020

come elemento di supporto affinché le politiche dei diversi dicasteri e delle regioni siano coese e armoniche, superando i limiti attuali legati all’attivazione di un tavolo tecnico in ciascuna struttura.

D. Tra i temi di interesse trasversali finora identificati all’interno del cluster vi sono i veicoli connessi; in che termini questa innovazione rivoluzionerà il sistema di trasporto nel suo insieme?

R. Dalle analisi condotte a livello Europeo che delineano il futuro della mobilità, effettuate in ambito EUCAR e ERTRaC, è emerso che il veicolo connesso è uno dei “mainstream” del futuro dell’automobile. questo perché la maturità tecnologica e la rapidissima evoluzione della tecnologia stessa permette di realizzare nuovi scenari applicativi. Il cambiamento della domanda di mobilità dei cittadini, soprattutto in ambito urbano, esige che i veicoli del futuro siano collegati e inseriti nel mondo digitale. nel 2016 il Cluster Trasporti ha disegnato le traiettorie di ricerca relative al veicolo connesso, successivamente, a inizio anno, il Cluster Trasporti ha lanciato una sfida ambiziosa: individuare i temi trasversali su cui fare massa critica dal punto di vista di ricerca e innovazione, mettendo insieme i diversi mezzi di trasporto per via terra, acqua e ferrovia.

La sfida è stata raccolta e ha creato un effetto quasi virale, in quanto i numerosi esperti che sono intervenuti (dal mondo tecnologico sia accademico che industriale) si sono resi conto che le traiettorie comuni di ricerca hanno il potenziale di rivoluzionare il mondo dei trasporti accelerando in modo significativo il cambiamento del

sistema di mobilità e integrando completamente il sistema dei trasporti nel mondo digitale.D. Sappiamo che, per la realizzazione di un sistema di trasporti basato sui veicoli connessi, oltre ad ulteriore sviluppo tecnologico è necessario anche un passo in avanti di alcuni aspetti non-tecnologici. Per esempio, dal punto di vista della regolamentazione quali sono i passi da compiere?E quali invece quelli legati agli aspetti di “acceptance” da parte del cittadino?

R. Dal punto di vista della regolamentazione quanto necessita con urgenza non è tanto legato al mondo della connettività, che sta muovendo passi da gigante e adeguando o rinnovando gli standard necessari, quanto al mondo dei veicoli autonomi, che comunque potranno beneficiare della connettività: necessita una regolamentazione che permetta la sperimentazione dei veicoli dotati di manovre automatiche. Dal punto di vista degli aspetti di “acceptance” da parte del cittadino un aspetto importante da sottolineare è stato individuato dal gruppo di lavoro di EuCaR sui temi “veicolo e fattori umani”: è necessaria una sperimentazione su vasta scala che permetta di valutare gli aspetti di riscontro degli utilizzatori non solo sul “breve termine” ma anche e soprattutto sul “lungo termine”. Volendo fare un paragone, legato al mondo della connettività, nel mondo della telefonia mobile alla fine degli anni ’80 non era granché rilevante sapere quale era il riscontro immediato del limitato numero di utilizzatori della telefonia cellulare, quanto essere in grado di “vedere oltre” e prevedere che la telefonia cellulare avrebbe pervaso il mondo e avrebbe costruito la base della rivoluzione digitale.

Si discute su riduzione al budget di Horizon 2020a maggio la Commissione europea, ha proposto per il 2018 un budget complessivo di 160,6 miliardi di euro. a luglio il Consiglio ha risposto chiedendo una riduzione di 1,7 miliardi di euro, per lo più sul fronte della ricerca.

I tagli proposti, che hanno incontrato l’opposizione dei membri del Parlamento europeo, e critiche da parte del Commissario Carlos Moedas, comprendono 46 milioni di euro dai programmi di navigazione satellitare Galileo e Egnos, 33 milioni di euro dal progetto di fusione nucleare ITER e 20 milioni di

euro dal programma di osservazione della Terra Copernicus.

la discussione sul budget di Horizon 2020 si inserisce nel dibattito più generale sul budget post-2020. Entro la metà del 2018, la Commissione pubblicherà una proposta di budget che dovrà tenere conto dell'uscita dall'unione europea del Regno Unito che, contribuendo al 16% del budget complessivo, pari a 10-11 miliardi di euro annuali, risulta il secondo contributore netto dopo la Germania. link

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Focus su Horizon 2020

Era ancora lo scorso secolo, per esattezza il 1999, quando la Commissione europea costituì l’Helsinki Group con lo scopo di identificare strumenti e

metodi per colmare il divario di genere nella scienza. quasi venti anni dopo, nel 2017 il Gruppo è stato trasformato in standing Working Group on Gender in Research and Innovation of the European Research area and Innovation Committee (ERaC) e, nonostante le istituzioni europee abbiano svolto una egregia opera di divulgazione e stimolo nei confronti dei Paesi membri e molte situazioni siano cambiate, la questione è ancora del tutto aperta. Iscrizioni alle facoltà scientifiche, numero di laureati e dottori di ricerca, ricercatori e docenti fanno ancora costantemente registrare, pur in un quadro che va lentamente migliorando, il cosiddetto effetto della leaky pipeline, una lenta ma costante perdita cioè della componente femminile via via che si sale nel livello di carriera e responsabilità. Come mai ciò succede? non c’è una singola causa né si può trovare una risposta semplice e univoca. Il contesto di certo contribuisce fortemente nel determinare questa situazione: le cause economiche, sociali e culturali condizionano fortemente l’occupazione, ed in particolare quella femminile. anche nel settore della ricerca e tuttavia crescono la consapevolezza che le donne costituiscono una risorsa preziosa per la

comunità scientifica in Europa (e non solo), che i gruppi di ricerca compositi per background e genere producono ricerca di migliore qualità, che le pratiche di gender mainstreaming, oltre ai migliori risultati, rafforzano anche posizionamento e reputazione delle istituzioni che le mettono in atto.

la Commissione europea, oltre alle precipue attività di orientamento e coordinamento, ha finanziato in Horizon 2020 in particolare nel tema sWaFs molti progetti di ricerca. Uno tra degli ultimi progetti finanziati fa specifico riferimento nell’evidenziare cosa Enti di ricerca e università possono concretamente fare al livello istituzionale per colmare il gap di genere.

Ci si riferisce a GEnERa, Gender Equality network in the European Research area, un Progetto Horizon 2020 che coinvolge 12 Paesi, 18 Istituzioni di ricerca e 13 enti osservatori1. GEnERa si pone l’obiettivo di contribuire a migliorare la parità di genere nel settore della fisica, disciplina caratterizzata, da sempre, da una bassa presenza di donne ricercatrici, con la finalità di estendere poi i risultati ad altre discipline. Il progetto sostiene gli enti di ricerca e le università partner nell’attuazione

1 http://genera-project.com/

sveva avvedutoDirigente di ricerca CnR, già Direttore dell’IRPss

“Seeking the Beautiful Eyes”, dipinto dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

Facciamo il punto sull’equilibrio di genere nella ricerca scientifica

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29

Focus su Horizon 2020

dei cambiamenti culturali e istituzionali attraverso lo sviluppo di Gender Equality Plan (GEP), strumenti da porre in atto per identificare e rimuovere le pratiche che possono produrre pregiudizi e squilibri di genere, proporre strategie innovative per superare distorsioni legate al genere, monitorare i progressi attraverso lo sviluppo di indicatori di genere.

Per raggiungere tali obiettivi GEnERa propone una serie di azioni e obiettivi che comprendono:

• Valutare lo stato delle questioni di genere nelle organizzazioni partner attraverso l’analisi statistica di dati amministrativi.

• Identificare esigenze e azioni specifiche per migliorare la parità di genere nelle istituzioni partner.

• Fornire linee guida per la realizzazione di GEPs

• sostenere le organizzazioni coinvolte nell’attuazione di GEPs personalizzati.

• Creare una rete europea di enti e istituzioni di ricerca e universitarie per promuovere la parità di genere nel campo della fisica.

• Configurare un sistema di monitoraggio a lungo termine dell’impatto delle misure prese.

Vengono proposte inoltre alcune azioni di coordinamento e di sostegno a livello europeo, tra le quali una serie di Gender in Physics Day, ovvero giornate nazionali create ad hoc per discutere delle tematiche legate al genere e divulgare i risultati raggiunti. Il CnR ha ospitato il primo Gender Day italiano2 organizzato in collaborazione con l’Istituto nazionale di Fisica nucleare e sostenuto le organizzazioni partner europee nel programmare le

2 Per tutte le informazioni si veda https://www.cnr.it/it/evento/15033

giornate per il supporto alla parità di genere nelle loro sedi.

Il CnR-Irpps è responsabile del Gruppo che, tra le altre cose, ha messo a punto il concept per i Gender Day e un framework per la raccolta dei dati amministrativi rilevanti per le analisi di genere nelle organizzazioni di ricerca.

Il progetto è giunto al suo secondo anno di attività e ha prodotto un numero di risultati che saranno valorizzati dal CnR e dalle altre istituzioni europee coinvolte per mettere in atto le politiche di genere e le pratiche che ne derivano, una serie cioè di strumenti sviluppati e potenzialmente implementabili. Nello specifico lo strumento principale, la redazione di un Gender Equality Plan, in cui far confluire la visione strategica sul tema della ricerca e del genere per risolvere le problematiche più urgenti e mettere in atto tutte le azioni di contrasto e supporto. Nei documenti politici confluiscono anche i dati sul personale e le azioni concrete messe in atto cui si aggiunge un meccanismo di monitoraggio dei dati e degli impegni assunti nel tempo.

GEnERa ha prodotto una revisione a livello europeo dei Gender Plan già attivati nelle istituzioni partner, ha sviluppato un Toolbox per assistere le organizzazioni che vogliono dotarsi di un GEP e creato un sistema di monitoraggio dei dati sul personale da condividere. un team dedicato di “Implementation Managers” del progetto, con competenze multidisciplinari, ha il compito disegnare e implementare un GEP specifico per la propria organizzazione.

I primi risultati di GEnERa fanno ben sperare per una

ulteriore spinta verso l’equità di genere nella ricerca.

AAA: cercasi quote rosa nella ricercaDati europei sull’equità di genere tra gli studenti universitari e tra i ricercatori mostrano che, nonostante l’accresciuta partecipazione delle donne, continua ad esistere una segregazione orizzontale nelle scelte formative che si ripercuote, conseguentemente, nei settori professionali. secondo i dati della Commissione europea (She figures 2015) le donne nei settori Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica (stem) erano solo il 31% delle studentesse e il 35% delle laureate.

le ricercatrici e le accademiche costituiscono poco

più del 33% del personale degli enti di ricerca europei, percentuale che diminuisce nei livelli più alti della carriera: a capo delle organizzazioni di ricerca in Europa troviamo solo in due casi su dieci un dirigente donna.

anche l’oCsE (science, Technology and Industry scoreboard 2015) ha registrato lo squilibrio di genere nella ricerca mostrando come, sono massimo 3 su 10 le donne che conseguono un dottorato nelle sTEM.

Gender Equality Index dell’EIGE

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Focus su Horizon 2020

Notte europea dei ricercatori 2017

la notte europea dei ricercatori è un’iniziativa a

livello europeo finanziata dalla Commissione

europea nell’ambito delle Marie Sklodowska-Curie

Actions di Horizon 2020.

Come evento pubblico dedicato alla divulgazione

scientifica, mira ad avvicinare i ricercatori al grande

pubblico e invogliare i giovani ad intraprendere la

carriera scientifica.

• alcune cifre della notte europea dei ricercatori:

• 58 eventi

• 30 Paesi

• 250 città

• 1.000.000 partecipanti

al bando de “la notte europea dei ricercatori” possono

candidarsi organizzazioni scientifiche pubbliche o

private, imprese, enti pubblici, scuole, musei della

scienza, organizzazioni genitori-insegnanti, centri

europei per la mobilità dei ricercatori, fondazioni e

media.

I progetti vengono selezionati sulla base di bandi

competitivi e valutati da esperti indipendenti.

Il prossimo bando (MSCA-NIGHT-2018: European Researchers' Night) verrà pubblicato probabilmente nel mese di novembre 2017 con scadenza febbraio 2018.

Maggiori informazioni saranno contenute nel Work

Un ricco calendario di appuntamenti per conoscere le ricercatrici e i ricercatori!

angelo D’agostino, aPRE nCP MsCa

alessia Dino, Coordinatore ClosER, università di Torino

Mariella Flores - agorà scienza, Direzione Ricerca e Terza Missione dell’università di Torino

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Focus su Horizon 2020

Programme MsCa 2018-20 che verrà adottato

ad ottobre 2018: http://ec.europa.eu/research/

participants/portal/desktop/en/home.html

In Italia, nel 2017 l’iniziativa ha coinvolto 6 progetti per

un totale di 52 città. (http://www.nottedeiricercatori.it/

index.html).

Il Piemonte è tra le poche regioni che vanta la

partecipazione a tutte e dieci le edizioni e anche

quest’anno ha superato la selezione europea insieme

alla Valle d’aosta con il progetto biennale CLoSER - Cementing Links between Science&society toward Engagement and Responsibility.

cloSer – Cementing Links between Science&society toward Engagement and Responsibility

L'acronimo CLoSER scelto per questa iniziativa riflette

il filo conduttore del progetto, che intende stabilire un'alleanza tra i ricercatori e diversi attori sociali basata sui valori promossi dalla Responsible Research and Innovation (RRI) - la più potente

“questione” trasversale in Horizon 2020.

Ricerca e Innovazione Responsabile significa fare

scienza e innovazione con la società e per la società,

coinvolgendo la società dall'inizio del processo di

ricerca e innovazione con l'obiettivo di allineare i

risultati della ricerca ai valori condivisi nel contesto

sociale di riferimento.

la RRI diventa così un nuovo paradigma per collegare

scienza e società, offrendo una splendida opportunità

per coltivare un interesse comune tra questi attori,

coinvolgendoli in un dialogo sull'impatto della scienza sulla società contemporanea per progettare insieme un futuro sostenibile, eticamente accettabile e socialmente desiderabile.

abbracciando in toto questi valori, con lo scopo di

fornire a ricercatori, cittadini, studenti, decisori e

imprese l’opportunità di incontrarsi e dialogare, il

progetto ClosER ha voluto puntare sul tema della

vicinanza l’asse portante della notte Europea dei

Ricercatori 2017.

la notte in piemonte e valle d’aosta quest’anno

ha coinvolto le città di alessandria, asti, Biella,

Cuneo, Torino, Verbania e aosta, sotto la guida dei 4

atenei piemontesi - università degli studi di Torino

(coordinatore), Politecnico di Torino, università del

Piemonte orientale e università degli studi di scienze

Gastronomiche.

oltre agli atenei piemontesi moltissimi anche i centri

di ricerca eccellenti, tra cui: InFn – Istituto nazionale di

Fisica Nucleare, INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica,

InRIM – istituto nazionale di Ricerca Metrologica, CnR

IPsP – Istituto per la Protezione sostenibile delle Piante

e IRCREs - Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica

Sostenibile, Istituto Zooprofilattico  Sperimentale del

Piemonte, liguria e Valle d'aosta, IIGM - Italian Institute

for Genomic Medicine e nICo neuroscience Institute

Cavalieri ottolenghi.

Il cuore pulsante della notte resta comunque sempre

il grande laboratorio a cielo aperto dove il pubblico

può scoprire le ultime frontiere della ricerca attraverso giochi, esperimenti e test di prototipi articolati in

quattro percorsi tematici accomunati dal tema trasversale dell’innovazione tecnologica.

Scienza e tecnologia: un viaggio dalla fisica astro

particellare allo smartphone in sella alla bici più veloce

del mondo.

Salute e medicina: il grande protagonista è il cervello

umano, osservato e studiato da diversi punti di vista

riesce ancora ad essere un mistero.

Ambiente e sostenibilità: mettersi alla prova

misurando la propria impronta ecologica e poi

imparare i trucchi per ridurla.

Società e cultura: un tuffo nell’Antica Grecia,

diventando archeologi per una notte, per riemergere

nell’India di Bollywood.

I numeri di questo evento sono alti: più di 3mila i

ricercatori/ricercatrici coinvolti molti dei quali MsCa

fellows!

la notte in Piemonte e Valle d’aosta su: link

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Focus su Horizon 2020

Per l’elenco di tutti gli eventi, per informazioni e iscrizioni:

Prossimi eventi fino a novembre:

www.apre.it/infodayapre2017/

Food Security, Sustainable Agriculture and Forestry, Marine, Maritime and Inland Water Research and the Bioeconomy

Research Infrastructures

Nanotechnologies, Advanced Materials, Biotechnology and Advanced Manufacturing and Processing

Space (SPACE week 2017 in Rome / Italy)

FET

ICT

Secure, Clean and Efficient Energy

Climate action, environment, resource efficiency and row materials

Roma, 31 ottobre 2017CREA, Via Bertero 22, Roma

Roma, 13 novembre 2017ENEA, Lungotevere G.A. Thaon di Revel 76

Roma, 15 novembre 2017 Università degli Studi di Roma Tre, Aula Magna del Rettorato, Via Ostiense 159

Roma, 21/22 novembre 2017Agenzia Spaziale Italiana

Roma, 20 novembre 2017

Roma, 24 novembre 2017Regione Lazio, Piazza Oderico da Pordenone 15, Palazzina C/ II piano, Sala Tirreno

Roma, 27 novembre 2017ENEL - Viale Regina Margherita, 125

Roma, 29 novembre 2017INGV - Via di Vigna Murata, 605

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Alla scoperta della proteina LHCSR1: l’interruttore delle piante

P rof. roberto bassi, lei è tra i firmatari, insieme ad Alberta pinnola e luca dall’osto

del dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona e Toru Kondo, Weit Jia Chen e Gabriela Schau-Cohen del dipartimento di Chimica del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston dello studio, pubblicato su Nature Chemistry, che ha scoperto una particolare proteina (la LHCSR1) delle piante verdi che regola l’utilizzazione della luce solare. ci può spiegare come agisce la proteina LHCSR1 e perché è importante questa scoperta?

R. la proteina lHCsR1 funziona come

la valvola di sfiato di una locomotiva

a vapore: se la pressione nella caldaia

diventa troppo alta con il rischio di far

scoppiare il tutto, la valvola si apre e fa

uscire il vapore in eccesso abbassando

la pressione. nel caso delle piante e

delle alghe, il meccanismo è molto più

sofisticato ma funziona similmente. Le

piante ricevono l’energia per crescere

dal sole sotto forma di fotoni questi

sono trasformati in corrente elettrica

(flusso elettronico) nei centri di reazione

fotosintetici. Poiché l’energia solare non

è costante nel tempo (bassa al mattino e

sera, alta a mezzogiorno) e la sua intensità

è variabilissima, è necessaria una

regolazione che dissipi in calore l’energia

della luce assorbita in eccesso. la proteina

lHCsR1 è la valvola che apre e chiude il

processo di trasformazione dell’energia

Emanuela Dané, aPRE Comunicazione

Intervista a...prof. roberto bassi, Professore di Fisiologia delle Piante presso l’università di Verona

prof. roberto bassi

RubricaIl bello della scienza

“Centre of flower”, scultura dell’artsita giapponese Yayoi Kusama

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34

Il Bello della Scienza

luminosa in calore attivandosi

quando c’è troppa luce. quanto più

la fotosintesi viaggia veloce spinta

dalla luce, tanto più produciamo cibo

e bio-combustibili. se l’energia solare

viene dissipata in calore, invece,

produciamo meno di entrambi.

ora, per una pianta è molto più

importante sopravvivere alle

condizioni ambientali avverse

e fare semi per riprodursi che

produrre molto, le piante in pratica

preferiscono far lavorare la loro

locomotiva a bassa pressione per

non correre il rischio di incidenti

meccanici nel loro apparato

fotosintetico. la nostra scoperta

è importante perché agendo sulla

proteina lHCsR e rendendola meno

attiva possiamo far lavorare le piante

coltivate a “pressione” maggiore e

quindi farle produrre di più. le cure

dell’agricoltura e/o la crescita nei

fotobioreattori industriali riducono

di molto i rischi di stress e le piante

crescono benissimo anche con la

pressione più alta. Grazie a questa

scoperta ora sappiamo qual è il

bersaglio che bisogna modificare

per migliorare la produttività delle

piante.

D. Andando a modificare questo equilibrio, c’è il rischio di sacrificare le caratteristiche delle piante? penso ad esempio alle caratteristiche nutrizionali. Infondo la natura si poggia su equilibri molto sottili.

R. Certamente crescendo di più

le piante avranno bisogno di più

sali minerali come ogni organismo

che cresce più in fretta. Ma questo

non sembra essere un problema,

al contrario al momento le colture

vengono fertilizzate in eccesso e non

riescono ad utilizzare tutti i nutrienti

che vengono loro offerti. Per quanto

riguarda gli equilibri ambientali,

invece, l’aumento della produttività

fotosintetica ha delle conseguenze

molto positive in quanto sottrae

più Co2 dall’atmosfera a parità di

superfice coltivata. Ho calcolato che

un aumento del 30% dell’efficienza

fotosintetica delle colture agricole

neutralizzerebbe le immissioni dai

combustibili fossili. se applichiamo

questi principi alle alghe verdi per

produrre vbiocombustibili a prezzo

concorrenziale, useremmo meno

petrolio, gas e carbone riportando i

livelli di anidride carbonica ai livelli

pre-industriali.

D. Un’ultima curiosità: come è nata la collaborazione con il Mit di boston?

R. la Dr.ssa schlau-Cohen è una

brillante ricercatrice che ha ricevuto

il dottorato a Berkeley lavorando

in un gruppo di ricerca famoso,

quello del prof. Graham Fleming.

Essendo io stato a Berkeley come

visiting professor, ho collaborato

con lei e quando si è spostata a

Boston e allestito questa nuova

strumentazione per osservare il

comportamento delle molecole

individualmente, le ho proposto di

analizzare la nuova proteina che

avevano appena isolato a Verona. E’

stata un’ottima collaborazione che

intendiamo continuare. Il seguito di

questa ricerca è già in corso.

Roberto Bassi è Professore di

Fisiologia delle Piante presso

l'università di Verona, Italia.

Precedentemente è stato

professore di Biochimica

e Biologia Molecolare a

Marsiglia (Fr) docente a

Padova, Copenaghen, Parigi

e Ginevra. la sua ricerca

riguarda le reazione della

fotosintesi, la struttura e

la funzione delle proteine

che assorbono la luce. Ha

inoltre sviluppato una ricerca

applicata per migliorare la

produttività delle piante e

delle alghe per la produzione

di alimenti e combustibili.

È membro dell'accademia

dei lincei e dell'accademia

Europea. Ha pubblicato 270

articoli di ricerca e ha un

fattore H di 80.

Yayoi Kusama PuMPKIns, Installation

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35

Dalla Rete APRE

laura Fulci, Politecnico di Torino

P er far fronte alla sempre crescente

competizione nell’aggiudicazione di fondi da

bandi competitivi e alla forte riduzione dei

finanziamenti, negli ultimi anni la politica di ricerca

della maggior parte delle università italiane ha previsto

un’apertura all’internazionalizzazione e ad una visione

più integrata e multidisciplinare della capacità di fare

ricerca. Per rispondere a questa necessità in modo

efficace e strutturato, il Politecnico di Torino ha posto

come priorità del proprio Piano strategico “orizzonte

2020” la centralità della ricerca e la condivisione della

conoscenza. In questa prospettiva, l’ateneo ha scelto

tre assi di sviluppo: la promozione della qualità della

ricerca e delle potenzialità dei singoli ricercatori,

il rafforzamento di una comunità scientifica

internazionale e l’accrescimento dell’impatto della

ricerca sulla società. Per ognuno di essi sono state

definite iniziative ed azioni strategiche promosse e

coordinate dalle strutture interne del Politecnico.

seguendo l’asse della promozione della qualità della

ricerca e delle potenzialità dei singoli ricercatori il

Politecnico ha fortemente investito nel progetto

"H2020@polito", un complesso organico di

azioni e strumenti di supporto a docenti e

ricercatori dell'ateneo con l'obiettivo di aumentare

ulteriormente nel nuovo Programma quadro il livello di performance già buono nel precedente Pq.

Per partecipare con successo a Horizon 2020,

programma ancora più competitivo dei precedenti, non

sono sufficienti singole azioni, ma sono necessari una

strategia politica di medio e lungo periodo e un piano

di interventi con obiettivi chiari e investimenti mirati.

Le finalità specifiche del progetto sono molteplici:

aumentare la partecipazione dei docenti ai bandi di

H2020 e migliorare i tassi di successo attraverso

azioni di informazione/formazione; incrementare

la multidisciplinarietà delle proposte progettuali

favorendo l’integrazione tra gruppi di ricerca interni

ed esterni all’ateneo; aumentare l’intersettorialità e

la capacità di fare sistema attraverso il networking a

livello nazionale ed internazionale con attori pubblici

e del settore industriale; migliorare la visibilità

Laura Fulci Dirigente dell’Area Ricerca dell’Ateneo, ci spiega le azioni intraprese e coordinate dalla sua Area, relative

ai primi due assi di sviluppo previsti dal Piano Strategico che hanno contributo ad un miglioramento delle performance del

Politecnico, sia in termini di attrazione di finanziamenti che di visibilità e riconoscimento a livello internazionale.

Le iniziative strategiche del Politecnico di Torino per la partecipazione alla ricerca europea

Minimo comune denominatore? Soci APRE

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36

Dalla Rete APRE

verso le istituzioni europee e a livello internazionale,

investendo nella comunicazione e nella lobby. ad oggi

sono 126 i progetti finanziati per un totale di € 47 mln ed un tasso di successo del 16%.

Considerato il crescente prestigio dei finanziamenti

erogati dallo European Research Council, l’ateneo ha

lanciato in concomitanza con l’avvio di Horizon 2020

il progetto “ERC@polito”. l’investimento è teso a

rafforzare la partecipazione dei ricercatori ai bandi ERC,

supportandoli individualmente nella predisposizione

della proposta ed offrendo agevolazioni ai vincitori, e

ha contribuito a triplicare il numero delle proposte

presentate e dei progetti finanziati, pur essendo solo

a metà di H2020.

un ruolo importante per accrescere la capacità

progettuale dei ricercatori in vista della competizione

internazionale è stata poi l’istituzione di bandi interni,

finanziati anche grazie al contributo di fondazioni

bancarie del territorio. Come “palestra” ai bandi per

progetti collaborativi di Horizon 2020, è stato lanciato

il bando “Metti in rete la tua idea di ricerca”, co-finanziato dalla Fondazione Compagnia di san

Paolo. L’iniziativa è finalizzata a favorire sinergie

tra università, aziende ed enti del sistema socio-

economico nazionali ed internazionali attraverso il

finanziamento di progetti collaborativi coordinati

da ricercatori dell’ateneo nella fase di avvio e

consolidamento della carriera. sono in fase di avvio i

primi 14 progetti finanziati. È stato invece concepito

sul modello dell’ERC il bando interno “La ricerca dei Talenti”, finanziato dalla Fondazione CRT e indirizzato

a singoli ricercatori del Politecnico con non più di 12

anni di esperienza di ricerca dal conseguimento del

dottorato, in analogia con il limite massimo stabilito

per i Consolidator Grant dell’ERC. si concluderanno a

dicembre i 9 progetti di ricerca altamente innovativi

di durata biennale che hanno già ottenuto ottimi

risultati.

Passando all’asse del rafforzamento della comunità

scientifica internazionale, l’ateneo ha investito

in iniziative volte ad ampliare e rafforzare le

collaborazioni di ricerca con università ed enti

prestigiosi nazionali ed internazionali e ad attrarre

studiosi di elevata qualificazione. Per incrementare

e consolidare le collaborazioni con enti stranieri di

eccellenza è stato lanciato nel 2016 il bando interno

“Progetti congiunti di ricerca con università prestigiose”, attraverso cui sono stati finanziati

18 progetti presentati da docenti del Politecnico

congiuntamente ad una Partner University collocata

nelle prime 50 posizioni dei ranking internazionali. I progetti, oltre a rafforzare le collaborazioni di ricerca

tra gli Istituti, contribuiscono anche allo sviluppo

della carriera dei giovani dottorandi che devono

essere coinvolti nell’attività di ricerca e svolgere

obbligatoriamente un periodo di mobilità presso

l’università partner.

Tutte queste iniziative sono presentate nella sezione

del sito istituzionale “Opportunità per i ricercatori” (www.researchers.polito.it), che contiene anche

informazioni relative alle principali opportunità di

finanziamento della ricerca, infoday interni, eventi

formativi su transferable skills, nonché le storie

di successo dei progetti coordinati dal Politecnico

di Torino. Il sito è uno dei risultati dell’adesione

del Politecnico alla iniziativa della Commissione

Europea “Human Resources Strategy for Researchers” (HRS4R) per l’attuazione dei principi

della Carta Europea dei Ricercatori. a tale scopo, le

strutture interne dell’ateneo hanno collaborato alla

realizzazione coordinata di azioni volte a migliorare il

contesto in cui i ricercatori operano quotidianamente.

Il riconoscimento del percorso intrapreso per

garantire a ricercatori provenienti da ogni parte del

mondo un ambiente di ricerca positivo e coinvolgente

è l’award 'HR Excellence in Research’ ottenuto nel

2013 dalla Commissione Europea e riconfermato nel

2015.

“Le nostre sono iniziative mirate a supportare la

ricerca di qualità, con particolare attenzione alla

multidisciplinarietà e alle collaborazioni intersettoriali, al

rafforzamento della comunità scientifica internazionale,

alla partecipazione dei nostri migliori ricercatori a

progetti di ricerca fondamentale prestigiosi quali l'ERC e

alla valorizzazione dei risultati della ricerca” commenta

il Vice Rettore per la Ricerca del Politecnico di Torino

stefano Corgnati.

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37

Dalla Rete APRE

Monique longo, Responsabile soci aPRE e sportelli regionali

È indubbio che l’informazione sia un elemento

strategico in tutti i settori. nell’area dei

Programmi quadro europei di ricerca e

innovazione, essere sempre aggiornati su quali sono le

ultime politiche di riferimento o i futuri orientamenti

della Commissione europea può essere importante a

vari livelli: organizzazione della struttura, scrittura delle

proposte, contatti da curare.

Consapevole di questa necessità e con uno sguardo

sempre rivolto al futuro, aPRE ha organizzato due attività

per i propri soci su due “oggetti” che avranno grande

rilevanza nel futuro prossimo: il 9° Programma quadro

europeo di Ricerca e Innovazione (9Pq), successore

dell’attuale Horizon 2020; il Consiglio Europeo

dell’Innovazione (EIC), che prende le mosse e ispirazione

dal più anziano Consiglio Europeo della Ricerca (ERC).

aPRE ha infatti deciso di dedicare ai propri soci una

nuova iniziativa in vista del lancio di FP9: “aPRE.FP9”, che

avrà l’ambizione di rappresentare uno spazio riservato

in cui i soci aPRE possano dibattere e confrontarsi in

merito al processo che porterà all’adozione del prossimo

Programma quadro. allo stesso tempo esso costituirà

lo strumento affinché i Soci siano continuamente

aggiornati sul tema FP9 e su tutto ciò che viene prodotto

dalle istituzione europee, dagli stati Membri e dai

principali stakeholder.

aPRE ha avviato inoltre un Gruppo di lavoro (Gdl)

riguardante il nuovo Consiglio Europeo dell’Innovazione

(EIC), un lavoro dunque condiviso con i soci che avranno

la possibilità di essere costantemente aggiornati

sull’evoluzione del dibattito in tema “EIC” anche

attraverso l’accesso a informazioni strategiche fornite

grazie al nostro Ufficio di Bruxelles.

Il Gruppo di lavoro si pone diversi obiettivi. a breve

termine l’obiettivo è duplice: (a) condividere ed esaminare

con i soci aderenti al Gdl i nuovi strumenti pilota che

saranno lanciati all’interno dei Programmi di lavoro

2018-2020 di H2020 (pubblicazione prevista in ottobre);

(b) la redazione di un documento di posizionamento

sul ruolo dell’EIC nel prossimo Programma di lavoro, da

presentare in occasione della consultazione pubblica

sul 9° Programma Quadro che la Commissione europea

lancerà presumibilmente tra luglio e settembre

prossimi. A medio termine (fine 2017 – inizio 2018) il GdL

intende elaborare un documento unitario da utilizzare

nell’ambito del dibattito politico sul 9Pq ( la proposta

della Commissione è prevista per i primi mesi del 2018).

aggiornare i soci è un impegno costante per aPRE, e

proiettarli nel futuro una sfida su cui lavorare insieme.

Soci APRE: costantemente aggiornati, anche sul futuro

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La Rete dei Soci aPRe

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