La città e l'altra città

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Racconti ed esperienze in-disciplinate nella pianificazione anti-fragile

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La città e l’altra città

Collana diretta da Pasquale Persico e Maria Cristina Treu

“ per creare questo cambiamento è necessario per un po’ di anni edificare le piazze nuove molto in alto sulle montagne...”

U. Marano, La piazza contemporanea

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Palazzo Bonaretti Editore srlNovellara (RE)Ottobre 2013

Stampa e legaturaDIGITALPRINTSERVICEvia Torricelli, 9200090 Segrate (MI)

“Pezzi di ricambio: quasi un sistema. Le integrazioni possono divenire sistema. L’integrazione può essere strutturale. L’integrazione può essere decorativa.L’integrazione deve essere distinguibile. Può darsi un riferimento alla tradizione.Può non darsi un riferimento alla tradizione. L’integrazione non è opera d’artista. Le lacune costituiscono sistema nel sistema.”

M. Martini, dal lemma Pezzi di ricambio

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A cura di:

Matteo Fioravanti e Margherita Bagiacchiqart progetti - acces_SOS

Iole Giarletta e Pasquale PersicoLAMAV

Ma, ancor prima, manomissione va intesa nell’accezione più strettamente etimologica, “lasciare andare dalla mano”, ossia “mettere in libertà”.

MeP, dal lemma Manomissione

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Indice

Parte IIntroduzione 09

Parte IIProgetti 37

Parte IIILemmario 117

Appendice Biografie degli autori 141Biografie dei curatori 155

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Introduzione

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Introduzione

L’altra città e la metamorfosi urbana 11Manifesto 17Per un nuovo lemmario storico della pianificazione anti-fragile 19Dal Sillabo al possibile Lemmario dei laboratori di nuova urbanità 23Per una nuova alleanza tra città e campagna 25Città di passaggio 29La città che viene: danze di luccioleilluminano l’oscurità 33

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Aspettando il III Millennio(Premio Bari 1989)

Ugo Marano

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L’altra città e la metamorfosi urbana

Pasquale Persico

Una de finizione ampia di altra città, con riferimento al tema del transitorio nello spazio urbanizzato, implica una rivisitazione del concetto di città come infrastruttura complessa dell’abitare e del produrre. Questa infrastruttura complessa, che chiamiamo ancora città, ha perso nel tempo i caratteri identitari che la definivano come un insiemi di “luoghi” o ambiti capaci di mantenere nel tempo una riconoscibilità specifi-ca, spesso coerente con i caratteri ambientali della regione ecologica di appartenenza. Nei territori a forte ur-banizzazione la qualità del paesaggio è sconnessa: nella nuova desiderata e indesiderata città si produrrà in maniera crescente il nuovo PIL del mondo, con diversi gradi di disuguaglianza territo-riale e sociale. È possibile allora lavora-re e immaginare una nuova transizione di queste aree verso un’altra città che aiuti lo spazio frammentato a ricon-nettersi, a rammendarsi fino ad essere riconosciuto come città più sobria, con valori diversi, più attenta all’ambiente ed ai beni relazionali? L’arte del ram-mendo è l’arte dell’intervento nell’Al-tra Città che vuole ricucire lo strappo tra l’urbano ed il rurale, il centro e le periferie, il ricco ed il povero, l’incluso

e l’escluso. La rimozione delle barrie-re visibili ed invisibili dell’esclusione è il programma utopico di riferimento (l’Utopia annunciata da Marc Augé della città di tutti). Si tratta allora di aprire nuovi spazi ( fisici e mentali) dove il processo è più importante del progetto e dove, temporaneamente il non costruito ha più importanza del co-struito. La sottrazione riprende il suo carattere addizionante per immaginare nuovi beni comuni e relazionali, capaci di aggiungere alla comunità nuove virtù civiche, nuove urbanità di senso, in cui appartenenza ed identità non abbiano i caratteri dell’isola o dell’enclave ma definiscano la voglia nuova di ibridarsi basandosi sui concetti di inclusione e di fertilità. L’architetto si fa ombra per illuminare le relazioni degli individui scoprendo le loro relazioni immateriali, scoprendo la loro voglia di altra città, e li aiuta a riconoscere le trasformazioni fisiche necessarie a far vivere bisogni ed emozioni, allontanando le ipotesi di comunità forzate che fi niscono per avviarsi verso percorsi impropri. Un inventario delle esperienze realizzate nell’altra città, nei territori frammentati delle aree metropolitane ed in quelle a forte discontinuità urbana è oggi neces-

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sario per immaginare una tassonomia evolutiva della città di transito e valuta-re la carica innovativa della speranza di una metamorfosi virtuosa, dove i temi della condivisione, dell’integrazione e della responsabilità, nelle forme e nei contenuti, possano trovare ascolto nel-la nuova piani ficazione strutturante e cognitiva. Il passaggio dall’inventario delle esperienze al catalogo delle me-tamorfosi non è facile. Occorre impe-gnarsi per trovare dispositivi (istituzio-nali, politici, economici e sociali) che colgano le nuove opportunità che ogni metamorfosi contiene, per eliminare i timori (quelli che sentiamo da tempo ed ogni giorno) di non avere la capacità di uscire dalle di fficoltà. Deve nascere un approccio resiliente basato sulla base sociale di riferimento, che si prende carico della trasformazio-ne possibile. Si tratta di ipotizzare che le difficoltà dei territori e delle città pos-sano essere superate se dalla Città per Progetti si riesce a passare al concetto di Città rigenerativa che presuppone l’identi ficazione di una nuova base so-ciale quale presupposto di una nuova tessitura territoriale in grado di produr-re valore economico e valore sociale. In sostanza, beni economici e beni comu-

ni a-specifi ci e speci fici devono nascere o manifestarsi. In passato, quando la soggettività era in campo, le comunità hanno dimostrato di saper conservare la resilienza del territorio in termini di reversibilità o riuso, hanno moltiplica-to le soluzioni tipologiche, tecniche e formali, spesso finalizzate al risparmio energetico ed economico, mostrando una sapienza nell’uso dei manufatti sia in fase di localizzazione che di costru-zione e per fino pre figurando un’idea lungimirante di manutenzione. Oggi, la manutenzione del futuro è diventata il concetto assente nella progettazione, quasi che i condizionamenti ambientali ed il progetto della Natura, e dei diversi gradi di naturalità, non avessero sog-gettività o incisività nel tempo e nello spazio dell’abitare. La capacità ecolo-gica dei siti è ignorata e così il signi-ficato di rete ecologica esistente come se questa non fosse correlata all’area vasta di riferimento: nascono così costi non previsti come emergenze sopravve-nute. L’appartenenza ad una comunità è fondata su un insieme di esclusio-ni ed inclusioni, dalla capacità di non costruire pareti tra luoghi della città ma membrane tra luoghi dialoganti. È la comunità con la sua leadership che

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decide le regole di appartenenza, cer-cando di adottare regole per regolare il conflitto. Non esiste un terreno neutro in astratto (spazio pubblico) ma esiste un terreno di confronto e di conflitto dal quale nasce il senso dell’appartenenza. L’epoca in cui alcune nazioni europee si percepivano come centro direzionale del mondo è finita. Le città (le Altre Città) si devono impe-gnare a concepire progetti aperti, gran-dangolari, in una prospettiva di missio-ne de finita da una visione strategica, per rinnovare efficacia ed efficienza, anche dei sistemi istituzionali. Ad ognuno toccherà aprire un labo-ratorio, prima mentale, di spessore. Deve nascere nella città in transizione una strutturazione degli spazi in cam-biamento: ogni progetto o processo attivato dovrà avere una dimensione culturale nuova con impatto fisico per-cepibile e quali ficato, in termini quali-tativi e quantitativi, fi no a confermare l’aumentata leadership dell’istituzione comunitaria di riferimento. Essere per-vasivi, radicali e rigenerativi deve poter signi ficare nuova capacità di diventare rabdomanti di un territorio che deve trovare sorgenti e risorgenze dimentica-te o inattese, ma signifi ca anche credere

alla metamorfosi urbana dell’eredità materiale e immateriale che è la città, infrastruttura complessa da riposiziona-re nell’area vasta. In defi nitiva l’Abitare la transizione di cui si parla ha il com-pito di una costruzione sociale di sen-so su argomenti chiave a cui abbiamo già fatto cenno ma che devono trovare una chiave di condivisione esplicita. Si tratta di rivisitare il tema degli standard in una prospettiva affatto standardizza-ta, e forse anche “indisciplinata”, per aggregare nuovi bisogni e prospettive. Riscrivere la storia della città e del ter-ritorio deve diventare narrazione nuo-va, nella quale la diversità delle storie delle “altre città” nella città diventa op-portunità per valorizzare architetture e forme insediative: una nuova semantica degli spazi comuni aperti, per dare allo spazio urbano un nuovo ruolo contem-poraneo. Una città dai confini culturali e funzionali, riposizionati da una piani-ficazione debole e creativa, ha probabi-lità più alta di farsi riconoscere come città contemporanea che si avvantaggia della creatività policentrica di imprese, famiglie ed istituzioni. Si tratta allora di contrapporre all’attuale tendenza del modo di costruire infrastrutture, che in effetti favorisce la nascita di enclave ur-

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Il tavolo del Re soloUgo Marano

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bane separate dal contesto, la possibili-tà di costruire nuovi arcipelaghi inter-connessi, evitando di mitizzare il centro o i centri come unica struttura di gravi-tà. La convergenza tra Città e Altra Cit-tà potrà esserci solo temporaneamente come primo tempo di programmazione, ma i con fini mobili della città metropo-litana alimentano, con l’allargamento dei mercati, la nascita di nuove altre cit-tà, vicine o lontane, come nuovo campo di ricerca sulla Città Possibile.

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[s]mobile urbano in Piazza Santa Croce, Firenzeacces_SOS

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Esiste un COMMON GROUND (terreno comune)

anche in Italia che appassiona e coinvolge attorno al tema dello spazio pubblico. Esiste un BACKGROUND (retroterra politico e culturale) in grado di sviluppare esperienze legate al progetto anti-fragile.

Esiste un COMMONPLACE (luogo comune) secondo il quale la pianificazione in Italia avviene solo attraverso le regole imposte dall’urbanistica ed i suoi standard.

Esiste un PLAYGROUND (spazio gioco) anche in Italia, in cui più persone svolgono con impegno un lavoro attivo sullo spazio pubblico. Esiste un movimento più o menoUNDERGROUND (clandestino)

che tenta di dare delle risposte differenti a questi temi.

L’intento è quello di mettere in FOREGROUND (primo piano)

attraverso la pianificazione anti-fragile, una revisione operativa del concetto di spazio pubblico dando ad esso un nuovo valore specifico.

Manifesto

Matteo Fioravanti

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La pluralità di voci, competenze ed inte ressi che ci radunano attorno al tema complesso dello spazio pubblico rende necessaria la definizione di una “Tassonomia operativa dello spazio condiviso”, una nuova disciplina della classificazione esecutiva dello spazio condiviso.Una raccolta conoscitiva che, a par-tire dalle esperienze di ricerca già at-tive non si qualifichi solo come atto compilativo, mera raccolta di dati, ma come momento di confronto tra i soggetti coinvolti per la definizio-ne di un quadro de gli interessi entro una cornice programma tica condivisa. Una cornice capace di raccogliere, circoscrivere per contenere e non dis-sipare contenuti, forme ed esperienze mosse da valori affini in cui il proget-to dell’architetto perde la sua esaltata imposizione per presentarsi come in-vito ad accogliere le diverse soluzioni dettate dai luoghi e da una comunità aperta e disponibile ad interpretare una realtà in metamorfosi. Da qui l’idea di elaborare un contenitore in grado di includere una raccolta di esperienze, le più variegate e in-disciplinate, sulla pianificazione anti-fragile.

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Per un nuovo lemmario storico della pianificazione anti-fragile

Pasquale Persico

David Chipperfield nel ribadire che l’Italia rimane la patria spirituale dell’architettura, ricorda con sottile ironia come sia ancora possibile ritro-vare valori collettivi e scenari multipli della vita quotidiana spesso ispirati dall’enorme patrimonio di architettura e di urbanistica esistente. Forse, però, questo patrimonio presente nel DNA dell’architettura ha smarrito capacità e stenta a ritrovare le direzioni necessarie a contrastare l’asimmetria crescente tra professione e società contemporanea. Riaprire i temi del “Common Ground” con una Biennale di Architettura inco-raggia a reagire alle attuali tendenze professionali e culturali fino a propor-si come coltivatori di un nuovo campo di esperienze che non emergono facil-mente nella comunicazione corrente del fare architettura ma nemmeno nel dibattito sulle idee relative alla rige-nerazione urbana. Contribuire ai pro-grammi europei in formazione sui temi della rigenerazione urbana 2014-2020 può essere anche uno degli obiettivi della presente rassegna, ma l’obiettivo vero è far risaltare le nuove capacità e competenze emerse in tutto il mondo, ma con uno sguardo più approfondito ai casi italiani, dalle pratiche di condi-

visione ed inclusione delle aspettative sociali delle comunità in cammino fino al tentativo di caratterizzare diversa-mente la professione di architetto e/o urbanista della città di tutti. Il progetto dell’architetto perde la sua forma di an-nuncio definitivo per presentarsi come invito ad iniziare un processo da pog-giare su una comunità aperta e disponi-bile ad interpretare la metamorfosi ur-bana. Si tratta perciò di specificare nel tempo un processo che entra sul territo-rio balbuziente e con le tecniche delle lingue mutole ritrova parole e segni per un coro che partendo dalle singole po-sizioni di differenze (professioni) riesce a definire la partitura di un possibile ri-tornello del “Terreno Comune” che di-venta spazio di condivisione e progetta-zione di future partiture. Progettare un catalogo anti-fragile delle esperienze, come processo aperto di narrazione dei laboratori su questi temi diventa la capacità di progettare un nuovo sillabo o catalogo simbolico di metodologie sperimentali e sperimentate per propor-re un lemmario che faccia emergere i temi della Città e quelli dell’Altra Città fino a proporre dialettiche operative di ricongiungimento, di inseguimento o di superamento della dualità concettuale.

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Padiglione Germania (a cura di Muck Petzet)13. Biennale di Architettura di Venezia 2012

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Dal Sillabo al possibile Lemmario dei laboratori di nuova urbanità

Pasquale Persico

Opportunità Vita quotidiana Gratuità: il dono non presuppone scambio Resilienza dei “comuni” - “Commons resilience” Incontro ed incontri De-identità Memoria come casa Casa come un Rum Architettura come tecnologia culturale Concerto per una sola persona Disuguaglianza energetica Frammento non pianificato come valore Architettura d’affetti Rendering mon amour Arena d’apprendimento Identificare il superfluo Interessi divergenti Facecity Paese doppio come “common” Autorganizzazione degli spazi e distanza dell’architetto Equilibri dinamici nell’area vasta Linguaggi compenetranti Confine vicino e confine lontanoArte ed architettura, il passo indietro concettuale Essenza Site specific e siti a-specifici Il giardino delle vergini (piante pioniere) Arti visive e commons Manutenzione identità storica Commons delle virtù civiche Intrecci urbani Angoscia urbana e/o desiderio di spazio neutro Catalogo degli oggetti come biblioteca degli indizi (meraviglie) DettagliLievito

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Porta le tue idee in vacanza Summer Workshop 2013, Torre Orsaia (SA)

Aste e Nodi

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Per una nuova alleanza tra città e campagna 1

Maria Cristina Treu

L’esplosione della città con l’urba-nizzazione del mondo, la spettacola-rizzazione della grande dimensione dell’architettura, la museificazione e la commercializzazione dei centri storici assieme all’aumento della sensibilità ambientale, alla rivincita della campa-gna con la tutela delle aree agricole e del paesaggio e alla domanda di spazi di uso pubblico sono i temi che interse-cano i territori antropizzati delle regioni metropolitane. È lo scenario in cui non c’è più un’idea unica di città, quella tra-mandaci dalla cultura europea con l’ar-chetipo della città compatta dell’800. Oggi, quella che per pigrizia ci ostinia-mo a chiamare città è una estensione di territorio urbanizzato dai confini incerti dove coesistono centri ad alta densi-tà insediativa accanto a una edilizia a bassa densità, luoghi contaminati e a rischio accanto a luoghi incontaminati e di alta qualità ambientale, quartieri esclusivi accanto a zone di marginalità e di progressivo abbandono: una diste-sa di territorio urbanizzato tarmato da manufatti abbandonati e degradati, ma anche costellato da presenze di beni na-turali e di patrimoni di alto valore cul-turale. Inoltre, a livello sociale, emerge la divaricazione tra una comunità che

vive ai piani alti della città e le comu-nità che vivono a diretto contatto con le contraddizioni urbane e dove, tuttavia, si possono ancora leggere le tracce di una cultura materiale, non omologata dal vento della globalizzazione. L’urbanistica, nella interpretazione che ne diede Idelfonso De Cerdà quando coniò il termine, si è dotata di uno sta-tuto disciplinare e di criteri che si af-fidano ai linguaggi della descrizione, della statistica e della topografia per orientare una crescita insediativa a cui far corrispondere la crescita economica e demografica e l’attenzione ai criteri insediativi dell’igiene urbana. Aspetti, oggi, sottovalutati da una urbanità che si veste delle immagini forti dell’ar-chitettura firmata e degli scenari di una programmazione strategica che non af-fronta le asimmetrie e le contraddizioni di un processo di urbanizzazione più interessato alla ricerca di investimenti con attese di rendite urbane e finanzia-rie crescenti che alla riqualificazione e alla sviluppo economico e sociale delle città, da sempre, luoghi di innovazione e di costruzione di comunità.2

Queste considerazioni impongono un ritorno alla rivalutazione dei fattori che hanno influito nell’insediamento dei

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primi centri abitati e nella formazione delle città nella storia, come per esem-pio la disponibilità di suolo coltivabile e la presenza dei corsi d’acqua, fattori indispensabili per la vita degli abitanti e per la loro difesa. Questi e altri fattori impongono, oggi, la ricerca di tutelare e di valorizzare la biodiversità dagli ambienti “naturali” in continuità con la riqualificazione degli spazi liberi inter-clusi nei territori dell’espansione me-tropolitana. Qui, come molte costruzio-ni ci parlano di interventi stratificatisi nella storia, gli spazi liberi ci permetto-no in molti casi la scoperta delle tracce di corsi d’acqua cementificati e dimen-ticati, di luoghi abbandonati perché a rischio e della multifunzionalità del suolo che resiste alla invadenza delle urbanizzazioni. Il paesaggio, con le tan-te declinazioni che può assumere la sua bellezza, dipende da ciò che colpisce la nostra percezione diretta e più ancora da ciò che nel tempo ha influito sulla sua costruzione e che siamo capaci di apprezzare. Parliamo, come ricorda Lu-cio Gambi, di come sono stati coltivati i diversi tipi di suolo e di sottosuolo, degli usi dei corsi d’acqua superficiali, delle aree umide e della salvaguardia degli acquiferi sotterranei, delle difese

rispetto ai venti dominanti, all’esposi-zione al sole e alla pioggia: in sintesi, delle tante azioni che hanno caratteriz-zato e dato forma di paesaggio, nelle diverse epoche, alla presenza antropica e a quella della vegetazione e di ogni altro essere vivente. Alcuni riferimenti li possiamo leggere nelle tracce di una urbanizzazione che per i primi insedia-menti ha scelto la presenza di terre ele-vate e la vicinanza di corsi d’acqua; nel-la sequenza dei cambiamenti che hanno accompagnato l’attività agricola con diversi tipi di coltivazione e di tipologia delle cascine; nella presenza dell’albe-ro e del giardino con le coltivazioni e gli allevamenti di uso quotidiano e sta-gionale; nelle modalità di coltivazione della vite di pianura e lungo i pendii più esposti e nella coltivazione delle aree a bosco; nei paesaggi attuali dell’agri-coltura industrializzata dove prevale la monocoltura e la contrazione della pre-senza umana. Altri riferimenti sono le testimonianze che ci ha lasciato l’archi-tettura con gli interventi dei manufatti di regimazione delle acque per regolare l’irrigazione della terra coltivabile e con la costruzione delle ville extraurba-ne, esempi significativi dell’attenzione che un tempo veniva data ai tracciati

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e alle opere d’arte lungo i canali e alla scelta del luogo dove localizzare ogni edifico, il cui ingresso principale do-veva privilegiare l’esposizione a sud e garantire un accesso diretto alle diver-se attività previste negli spazi contigui. Esemplare, nella ricerca e nel rispetto dei caratteri del sito, è l’ultima villa di Palladio3, che quasi scompare nel pen-dio collinare del fronte a sud del giardi-no all’italiana e l’incavo del retrostante fronte a nord, dove la presenza dell’ac-qua rinvia a quella che generalmente è la parte del giardino destinata a bosco e che, in questo caso, coincide con quello dei castani già presenti sul luogo e dove l’unico intervento è la strada che porta alla villa e la chiesetta che segna l’ac-cesso al bosco.Con la caduta delle mura, le città si sono aperte alla complessità metropoli-tana, la ricerca dell’equilibrio si è fatta più difficile per effetto di una domanda dai grandi numeri e delle risposte stan-dardizzate dei grandi quartieri popolari progettati e realizzati tenendo conto da un lato del contenimento dei costi del terreno e del rispetto delle regole igie-nico sanitarie ineludibili e dall’altro di una resa in termini di rendita fondiaria comunque da estrarre ai livelli massimi

possibili. Da allora, la crescita delle cit-tà si è progressivamente accentuata ed è diventata un tema di interesse mondiale che pone nuovi interpretazioni e nuovi interrogativi sul loro futuro e sul loro ruolo attrattivo che appare inarrestabile come la divaricazione delle condizioni sociali, delle contraddizioni e dei con-flitti. Sono relativamente recenti alcune pubblicazioni che sottolineano l’attrat-tività delle città che hanno adottato un profondo rinnovamento nella loro immagine fisica e nella rigenerazione delle attività e della popolazione resi-dente4; al pari di altre pubblicazioni che tracciano gli scenari di una accelerazio-ne dell’urbanizzazione del mondo che ci porterà a vivere in un numero molto contenuto di grandi megalopoli mon-diali.5

Nei confronti di queste dinamiche, da tempo, il laboratorio di pianificazione ambientale6, ha adottato un approccio di progettazione urbanistica che inten-de approfondire proposte di intervento senza aggiungere costruzioni con il du-plice obiettivo, quello di riqualificare i manufatti esistenti e quello di riquali-ficare gli spazi liberi e di connessione tra le aree extraurbane e urbane. L’at-tributo urbano si riferisce all’obbligo di

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perimetrare l’abitato urbano rispetto a quello extraurbano, obbligo soggetto, tuttavia, a interpretazioni diverse per effetto di più legislazioni di settore e delle diverse legislazioni urbanistiche regionali. L’occasione che ha avviato il laboratorio fu la partecipazione per l’impostazione scientifica a più di un progetto di piano condotto in conven-zioni tra Politecnico di Milano e diver-se Amministrazioni locali. I temi tratta-ti hanno privilegiato approfondimenti e proposte per i progetti di piano di Area Vasta, per le aree agricole periurbane della metropoli milanese e per il terri-torio delle città della pianura fertile for-mata dal Po e dai suoi affluenti. Le riflessioni su queste esperienze con-fermano che ogni grande area antropiz-zata, quella che chiamiamo città, deve riscoprire le relazioni che la collega-no con il territorio dell’altra città che chiamiamo campagna: due parti antro-pizzate che costituiscono un unicum e che richiede progetti personalizzati ma interconnessi dal riconoscimento di al-cune priorità. Il riconoscimento, innan-zitutto, del valore dei beni universali tra cui quello del suolo, il cui consumo, come il bene acqua, non può essere compensato dall’applicazione di tecno-

logie; questo è un riconoscimento che sancisce la centralità di una pianifica-zione/programmazione territoriale che deve evidenziare le relazioni tra ogni singolo intervento e il contributo che ciascuno può dare all’obiettivo di un equilibrio più generale nella gestione delle risorse. L’accompagnamento de-gli osservatori sul consumo di suolo e dell’acqua con un osservatorio sugli in-terventi di recupero e di restauro di im-mobili e di territori per contestualizzare le opportunità e le difficoltà di scelte di progetto che richiedono la concorrenza di più livelli decisionali e di più com-petenze disciplinari. L’acquisizione e la diffusione di approcci disciplinari rin-novati nel linguaggio e negli stessi in-dicatori di interpretazione del benessere di ogni comunità e della sua capacità di auto riproduzione - nel significato che Aristotele assegnava all’entelechia - oggi deve confrontarsi con scenari di relazioni almeno europei. Il sostegno di ogni processo di riqualificazione e di innovazione che inevitabilmente si pone obiettivi di lungo periodo, si fonda sulla diffusione della conoscenza della storia dei luoghi, oltre che delle nuove singole tecniche e richiede agli esperti di ogni campo di non fermarsi alla ste-

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sura di report altamente specializzati e agli artisti di occuparsi anche dei temi che non sono di moda. La ricerca di come le città possano ritornare a fare comunità attraverso il coinvolgimento dei cittadini e soprattutto attraverso la promozione delle iniziative di una mag-giore attenzione e una cura costante de-gli spazi di uso comune e il sostegno di forme d’uso temporaneo delle proprietà private e pubbliche, troppo spesso sot-toutilizzate o abbandonate. L’ obiettivo è di passare, come giusta-mente sostiene Pasquale Persico, da un inventario delle esperienze a un ca-talogo delle trasformazioni mettendo in rete le esperienze di resistenza atti-va qui raccontate e quelle ancora non raccontate e radicando i tanti, piccoli e grandi, progetti di valorizzazione degli spazi di uso comune e di recupero del costruito attraverso più forme di rico-noscimento e di sostegno istituzionale.

Note1) Un titolo che rinvia a una dualismo antico, non alternativo a quanto si vuol segnalare con quello di “La città e l’altra città” di Paquale Persico che sottolinea quanto siano oggi antropizzate anche le aree agricole, le colline e tutta la fascia pedemon-tana e quanto sia necessario affrontare ogni tema e ogni intervento con una visione ampia anche da parte di più competenze. 2) Pasquale Persico, Morire di rendita, Il punte-ruolo rosso: nell’odissea dello sviluppo la rendi-ta fondiaria è un naufragio, in “Regione Emilia-Romagna Informazioni sulla riqualificazione Urbana e Territoriale”, INFORUM, n.40/41 Apri-le-Settembre 2012. A questo proposito di grande interesse sarebbe riprendere la tesi anticipata da James O’Connor con il testo Individualismo e crisi dell’accumulazione, pubblicato in Italia da Laterza nel 1984.3) La villa citata è localizzata lungo il pendio delle colline nei pressi del comune di Marosti-ca, nel vicentino, in continuità con la prima villa progettata sempre dal Palladio su un piano che si affaccia sul sottostante corso del fiume Brenta. Il paesaggio, fino a qualche tempo fa perfettamente conservato, è oggi compromesso dalla costruzio-ne di una sorta di cascinale adibito a una chiasso-sa trattoria con ampio parcheggio a cui si accede da un tratto del percorso che collegava le due ville, che ovviamente ha dovuto essere ampliato.4) Dopo gli studi sulle megalopoli americane di Jean Gottmann avviati negli anni ‘60 sull’area di Boston eWashington e introdotti in Italia da Lucio Gambi negli anni ‘70, gli studi sulle città tendono confermare il ruolo trainante dei centri urbani, sottolineando tuttavia, anche quello degli interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana e degli stessi territori regionali. Tra que-sti studi si segnalano quelli avviati, nel 1991, da

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Saxia Sassen, con La città globale, New York, Londra, Tokyo, Princeton University; le ricerche di Richard Floridia sulle città creative (sulle tre T, talento,tecnologia e tolleranza) e, in Italia, nel 2003 da L. Fusco Girard e Nicholas Youcon, Cit-tà attrattori di speranza. Dalle buone pratiche alle buone politiche, Franco Angeli editore.5) Altri testi tracciano gli scenari attivati dal pro-cesso di urbanizzazione con le migrazioni dalle zone interne dei continenti verso i territori costie-ri, come il testo del 2008 di J. Veròn, L’urbaniz-zazione del mondo, il Mulino e l’ipotesi di 400 grandi città che conterranno la popolazione del mondo del testo del 2013 di Edward Glaeser, Il trionfo della città, Bompiani.6) Il laboratorio di pianificazione ambientale vie-ne attivato nei primi anni ‘90 in occasione degli studi finalizzati all’impostazione scientifica di più Piani di Area Vasta e poi con gli sviluppi delle ricerche sulle aree agricole, sul paesaggio e sulla recupero del costruito. Questi studi influiranno sulla attività didattica condotta presso il Politec-nico nelle sedi di Milano e di Mantova nei Cor-si di studio di Architettura e, più di recente, nel Corso di Studio di Architettura e Ingegneria Edile Gestione del Costruito. Tra i testi che riportano queste esperienze si segnalano di Maria Cristina Treu, Il futuro del dismesso e il futuro delle cit-tà, per il “Rapporto Riutilizziamo l’Italia”, 2013, curato da Andrea Filpa e da Stefano Lenzi per il WWF; L’approccio ambientale alla pianifica-zione, in Ambiente e ecologia a cura di Filippo Schilleci, Franco Angeli editore/Urbanistica, Mi-lano 2011, e precedentemente gli Studi finalizzati al P.T.d’A. di Mantova in “Territorio n.14”, 1993; Il piano della sostenibilità, in “Territorio n.3”, 1996; Standard Urbanistici e Ambientali, in “Ter-ritorio n.8”, 1998; Politiche e gestione del Suolo, Progetto Ritas, in “Territorio n.25 2003”.

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Città di passaggio

Iole Giarletta

La città è sempre stata al centro dei più svariati settori di ricerca sulle for-me di organizzazione umana di cui ne è l’espressione complessa sin dalle sue forme originarie. Da qualsiasi angola-zione la si guardi, è tuttavia indubbio che la città rappresenta oggi una ine-dita complessità che ha a che fare con il fenomeno globale di urbanizzazione del mondo. Molti osservatori e studiosi, dai più diversi punti di vista, ne hanno analizzato e descritto le attuali proble-matiche, avanzato teorie e approcci, comunque decretando direttamente o indirettamente, la crisi attuale della cit-tà come condizione senza precedenti e l’inadeguatezza di sistemi dottrinali, criteri di analisi, norme e strumenti an-che i più avanzati. In realtà il panora-ma degli studi sulla crisi urbana copre il tempo lunghissimo di oltre tre secoli di storia fino all’attuale post-modernità, epoca di transizione interminabile che ancora oggi innalza “la fine della città” a rituale che celebra la morte dell’arte, come dell’architettura, della letteratu-ra, della filosofia, in altri termini della annunciata “morte di Dio” di Nietzsche e la sua profezia dell’avvento “dell’ol-treuomo”. Possiamo ancora credere che esiste la città? In tanti non hanno mai

smesso di credere che, finché esisteran-no forme dell’essere nel mondo cioè di quell’abitare di Christian Norberg-Schultz che “esperisce le potenzialità di un mondo”, continuerà ad affermarsi la città come “ambiente di possibilità” che si rinnovano, luogo in cui si riflette la nostra umana ricerca dei molti signi-ficati del mondo, anche di quel mondo di oggi che sembra spingere verso un unico e solo modo di essere. Cambia-no i significati, si stravolgono le forme, muta persino il secolare senso della cose, ma la natura cognitiva della città resta, insieme alla sua capacità di in-novare, di determinare nuove variazio-ni dalle differenze e dal suo generare esperienze. La città, luogo di intense vicinanze, è lo spazio con le sue regole invisibili che rappresentano al tempo stesso stimolo e collante della società civile, che dobbiamo sollecitare perché la città sia sempre più luogo di apertura e differenziazione, di fronte alla con-dizione attuale di un ordine provviso-rio e in costante movimento. Nessuna certezza dunque, salvo quella che è in atto una modificazione profonda che in-teressa le città e i territori tanto quanto coinvolge gli individui che li abitano. Ci sono indubbiamente alcuni approcci

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condivisibili, come l’affermazione del localismo ad esempio, che traccia co-ordinate definite e delimita un proprio campo d’azione nella dimensione del locale microequilibrio insediativo post-urbano. Altri approcci, anche più con-vincenti, che si affidano alla sperimen-tazione di buone pratiche incentrate su prospettive di “nuova urbanità”, che arricchiscono le opportunità e le propo-ste in grado di intercettare la rinnovata preferenza accordata alla vita urbana.La città oggi sta perdendo la capacità di fare la società civile, in “un momento in cui le difficoltà sono maggiori delle no-stre differenze (guerra asimmetrica, ca-tastrofi ambientali, gravi disuguaglian-ze) e stanno cominciando a rendere il nostro attuale modo di vivere non più sostenibile” (S. Sassen). Una capacità da reinventare con nuove esperienze di vita “urbana”, laddove le divisioni e gli squilibri sociali e ambientali non rispar-miano più nessun territorio del mondo. “Ritornare viandante”, suggerisce Pa-squale Persico a se stesso, come eco-nomista, e agli studiosi che come lui, nei rispettivi ambiti disciplinari, si oc-cupano di territorio e di città: mettersi in discussione, ritornare viandante per non ricadere nei luoghi comuni, nei

ritornelli abusati, nelle ricette che as-segnano ai luoghi i ruoli scimmiottati da altri luoghi. Il viaggio come ricer-ca di contenuti nuovi e di nuovi modi per scambiare esperienze”. Nella realtà attuale lo standard dell’informazione e la velocità delle comunicazioni, im-pongono un ordine globale alla nostra vita associata ad una quantità di dati in-commensurabile, che somiglia sempre più ad una forma di processo mentale. Gregory Bateson (in Mente e natura - 1979) racconta la storia di un uomo che domandò al suo computer: “Calcoli che penserai mai come un essere umano?”. La risposta fornita dalla macchina fu: QUESTO MI RICORDA UNA STO-RIA. Per Bateson una storia è “un pic-colo nodo o complesso di quella specie di connessione che chiamiamo rile-vanza. (…) pensare in termini di storie deve essere comune a tutta la mente o a tutte le menti, siano esse le nostre o quelle delle foreste di sequoie e degli anemoni di mare”. La “città di passag-gio” è, dunque, il luogo di transizione in cui forme e relazioni della città aper-ta e creativa che verrà, si reinventano apprendendo dall’esperienza e gene-rando nuove storie. Cinque, dieci, cen-to città di questa natura rappresentano il

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viaggio di ricerca e sperimentazione di un economista accompagnato da un ar-tista, due figure che si contaminano e si influenzano nel tentativo di raccogliere una quantità di mondo intorno alla cit-tà da rifondare: città dell’uomo con le sue reti di relazioni e città dell’utopia con i suoi miti e le sue forme di ispira-zione che possono migliorare la realtà. Emergono nella mente nuovamente le immagini di Bateson: il pattern della conchiglia, o della spirale, che allude alla conoscenza, piuttosto che quello dell’aragosta o del granchio che allu-dono alla casa. Metafore che indicano lo spostamento dal corporeo a “cose come i gorghi e le galassie e i vortici di vento”. È l’invito di Pasquale Persico e Ugo Marano a “moltiplicare la curio-sità dell’infinito senza paura dell’incer-tezza”. L’esperienza contemporanea, avendo perso della città i “luoghi”, il “campo visivo” e qualsiasi riferimento al corpo, può solo riferirsi al progetto della mente. Per questo l’architettura delle città richiama una funzione più sommessa che si fa cornice, o finestra affacciata sul mondo. La città della de-crescita, delle addizioni non lineari, o di nessuna addizione, è solo “luogo del saper fare come arte del tempo lungo”.

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Porta le tue idee in vacanza Summer Workshop 2012, Torre Orsaia (SA)

Aste e Nodi

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La città che viene: danze di lucciole illuminano l’oscurità

Lidia Decandia

In un suo bel libro G. Didi-Huberman (Didi-Huberman, 2010) nel confrontar-si con il pensiero di Benjamin, Agam-ben e Pasolini, ci invita ad andare oltre lo sguardo depressivo e apocalittico che spesso caratterizza gli intellettuali del nostro tempo, e ci spinge a guar-dare con occhi attenti al momento di declino che stiamo vivendo. Se è vero infatti che in quest’epoca le luci abba-glianti “dell’immensa accumulazione di spettacolo” (Debord, 1997) a cui ci ha abituato l’economia capitalista, non riescono a farci percepire, al di fuori del cono dei riflettori che illuminano i regni della gloria, niente se non il buio delle tenebre; è vero anche, che la barbarie non procede mai senza intoppi e che mettere avanti la rovina del tutto oscura i barlumi che resistono malgrado tutto (Didi-Huberman, 2010). Come l’autore sostiene, invitandoci a scorgerli con at-tenzione, lontano dalle luci abbaglianti dello spettacolo, da quei riflettori che talvolta ci impediscono di vedere, nelle pieghe, nelle radure d’ombra, esistono infatti fragili barlumi intermittenti, di-scordanti, fuggevoli come le lucciole che, non solo resistono, ma, senza pro-mettere alcuna resurrezione, danzano nel buio producendo risorse e pensieri

vitali e inattesi e costruiscono comunità di desiderio che indicano piste di un fu-turo possibile. Il messaggio che Didi-Huberman ci lancia mi sembra molto pertinente per parlare dell’altra città a cui questo libro ci invita a guardare. Mentre infatti i ri-flettori del regno continuano con il loro sguardo zenitale a illuminare dall’alto la città guardandone sgomenti la perdita della sua antica forma, in basso nei ter-ritori dove minore è la visibilità, memo-rie, forze ed energie che non si vedono, danzano incessantemente per produrre il cambiamento. Lontano dall’ordine dei piani, dalle atmosfere armoniose delle città antiche, cominciano sempre di più a emergere, in forme, microbi-che, singolari, plurali, segnali di una creatività dispersa, brulicante e diffusa, ambienti vitali di straordinaria forza e comunicazione, forze ed emozioni, sto-rie spesse e intriganti. In forme lontane da quelle proposte della cultura ufficiale, piccole comuni-tà danzanti rimettono in discussione le classiche dicotomie fra città e campa-gna, i confini tra dentro e fuori, le rela-zioni tra reale e virtuale per sperimenta-re laboratori di una nuova urbanità che viene.

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Lo fanno utilizzando metodi e strumen-ti diversificati: intrecciano scale e tempi differenti; rammendano con fili d’oro i tagli e le ferite inferte alle città; esplo-rano le placente di memoria che i terri-tori portano con se; liberano presenze nascoste che avevamo dimenticato; ria-prono sorgenti che avevamo seppellito; estraggono dai frammenti del passato coralli, perle preziose e rare, che po-trebbero aiutarci a nutrire, dissetare, ripensare il nostro presente; mettono in connessione le scatole dei ricordi con quelle dei sogni; gettano fermenti; costruiscono dispositivi; piantano orti; sperimentano nuovi rapporti con la na-tura; inventano nuovi modi di pensare e di vivere la socialità, di condividere spazi e di costruire beni relazionali. Nel far questo utilizzano linguaggi e parole nuove più vicine alla tenerezza del gio-co, della metafora, dell’arte e della po-esia che al rigore della scienza, spiaz-zando e trasgredendo i codici consunti delle discipline.Queste micro comunità che danzano non assomigliano a delle macchine da guerra, ma semmai a delle creaturine desideranti e fragili, audaci, ostinate e potenti. Potrebbero farci pensare ai ragni che intessono, costruiscono e ri-

costruiscono le loro tele, ma anche alle piante selvatiche che con la loro fragile forza spaccano i cementi dei pensieri unici e omologanti. Sì proprio quelle più minute e fragili, che sanno, nono-stante tutto, incunearsi come e dove possono, moltiplicarsi e riprodursi, con i loro allegri colori, non per vince-re una guerra, ma per portare avanti la vita. Ma potremmo assimilarle anche a quei “popoli lucciole” – appunto – che cercano come possono la loro libertà di movimento, fuggendo i riflettori del “regno”, facendo di tutto per affermare i loro desideri, emettere i loro lampi di luce e indirizzarli ad altri” (Didi-Hu-berman, 2010, p. 93).È a queste lucciole che il libro invita a porre attenzione. Le lucciole, sembrano infatti suggerirci attraverso questo cata-logo di esperienze che non sono affatto scomparse come lo stesso Pasolini ci aveva fatto credere. Forse sono poche, ma sono qui e attendono di essere guar-date nuovamente. In un momento in cui le tenebre sembrano ancora più fitte e, certo, le ragioni per essere pessimisti non mancano, dobbiamo allora aprire gli occhi nella notte e continuare a spo-starci per poterle riconoscere, scovare, e prestargli attenzione. Ma anche costru-

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ire bacini di raccolta per proteggerle, dargli spazio, metterle in connessione, farle confrontare, organizzarle per non farle perire. Questi corpi luminosi di passaggio nella notte, portatori di ener-gia e di risorse di desiderio, capaci di illuminarci con la loro luce intermitten-te, potrebbero infatti non solo aiutarci a non perdere la strada in questa oscurità, ma soprattutto farci comprendere che l’altra città, quella che stavamo deside-rando, non deve essere inventata, ma è già qui. Attende solo di essere scoperta per poter finalmente venire alla luce .

BibliografiaDebord G. (1997), La società dello spettacolo. Commentari sulla società dello spettacolo, Bal-dini & Castoldi, Milano.Didi-Huberman G. (2010), Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze, Bollati Boringhieri, Torino.

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Progetti

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Casaperta 41 Storie Mobili 43Casale Il Sughero 45GuilmiArtProject 47Corpi Urbani/Urban Bodies 49La strada che parla 51MIRAorti 53Città della cultura/Cultura della città 55Frontiere Aperte 57Occupare il margine 59Spazi opportunità 61Muri 63Restauro della ex chiesa di Sant’Antonio 65firenzesoundmap 67Nomicosecittà 69Città che si fa arte/Arte che si fa città 71Up: this must be the place 73Palazzo Fruscione 75La mensa di tutti 77Le cave e la collina di Castelluccio 79Riqualificzione della costa ebolitana 81La città del parco 83La piazza contemporanea 85Città dei numeri sette 87Roscigno & Roscigno 89Piccolo arcipelago di sperimentazione del quotidiano 91

Progetti

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Progetti

Formabogo 93Trame colorate 95Il fiume come nuovo spazio pubblico 97Comfort food 99Garibaldi 2/Blocco 3 101Growing by numbers 103Free university 105Re-Bel Italy 107Territori fragili e paesaggi marginali 109Nuovi spazi pubblici: work in progress 111Rivoluzione Feronia 113Reazione a catena 115Ricostruzione al buio di braccio di croce 117Sassi Turchini 119[s]mobile urbano 121Albergo Poggio Diffuso 123“Scusi per Via Leuca?” 125Il Giardino dei Ciliegi - Con e senza nostalgia 127

Quadro d’unione 129

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Quartopiano senzascensore.Spazio comune per serate non comuni.

BreviterIl giovedì sera la casa di Alberto e Sa-schia diventa uno spazio aperto a tutti coloro che lo desiderano. Non è im-portante segnalare la propria presenza o assenza. Casaperta è sempre lì, un invito che è una certezza.Presentarsi e suonare il campanello è più che sufficiente. Se si hanno amici, si possono portare. I proprietari di casa non sono cannibali.

Offerta- una cucina con qualcosa da mangia-re (soglia minima: una pasta all’olio e delle patatine)- una cantina di vini (soglia minima: il prosecco del Contadino di Coneglia-no®)- la compagnia dei padroni di casa e degli avventori (soglia minima di con-versazione: il resoconto della giornata).

RichiestaCapacità di conversare con chiunque si trovi e voglia di mettere qualcosa di proprio in comune (è severamente vietato l’uso del verbo “condividere”).

QuandoDal 14 di febbraio tutti i giovedì, dal-le 20.30 in poi. A Casaperta si lascia-no all’ingresso ombrelli, pregiudizi e l’uso improprio del “piuttosto che”.Milano. In mezzo a locali tutti uguali, non-luoghi eccessivamente salati per far consumare un cocktail in più, in mezzo a ristoranti bio solo nel nome, la nostra risposta è Casaperta.

Obiettivo dichiaratoOgni giovedì spostare i propri confini sempre un po’ più avanti. Superarsi. Superare la fatica, la noia, la paura di essere se stessi, di contribuire a una discussione. Mettersi in gioco senza voler vincere a tutti i costi. A Casaper-ta dividiamo la nostra casa, la nostra intimità, il nostro prosecco, la nostra vita, la nostra giornata e i nostri sogni con chi ha voglia di fare altrettanto. Conoscenti e sconosciuti.

Casaperta

SALBE, Milano

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Raccogliamo storie individuali e col-lettive per metterle a disposizione di tutti. Le storie di ognuno sono forza propulsiva da condividere con gli altri: a beneficiarne non è solo il singolo che racconta, è anche chi lo ascolta. Le sto-rie non si sedimentano soltanto come memoria da conservare, ma come strati di energia da utilizzare in prospettiva, per progetti di vita futuri.

Storie mobili, aperto indistinta-mente a tutti su base volontaria, nasce dall’urgenza di raccontarsi e ascoltar-si, dal desiderio del faccia a faccia e dell’incontro come necessità e dovere di ritrovarsi comunità. In questo senso, il nostro progetto può essere inteso come spazio comune, collettivo e pub-blico, in cui condividere storie, individ-uali e collettive.

La comunità è condivisione della vita, dei beni, delle speranze, delle angosce che formano la storia degli uomini. Nessuno è un’isola. In un mondo in-terdipendente, ciascuno è una variabile determinante nel futuro di tutti.

Storie Mobili

Simona Baldanzi, Federico Bondi, Leonardo Sacchetti, Firenze

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Casale Il Sughero

Amedeo Trezza, Vibonati (SA)

Casale Il Sughero è un laboratorio del quarto paesaggio. Nasce come riposi-zionamento esistenziale ed economico di un nucleo familiare dalla città alla campagna attraverso la riconversio-ne di un terreno agricolo impoverito e dismesso da quarant’anni ora ri-qualificato in nuovo giardino sia di spontaneo alimentare che di agricol-tura naturale in auto-sostentamento nonché attraverso la riqualificazione bio-architettonica di un vecchio rude-re reso oggi nuova dimora familiare e luogo di ospitalità rurale, poroso come il sughero, endemismo del territorio (quercus suber), atto ad accogliere un profilo di viaggiatore lento e consape-vole che valorizzi il territorio anziché consumarlo secondo una declinazione turistica che si critica decisamente.Attraverso il progetto Ateneo Nomade Triangolare inizia a svolgere, attra-verso seminari, incontri e attività di ricerca e laboratoriali, un lavoro di va-lorizzazione della cultura rurale e della memoria locale stimolando l’incontro di nuovi saperi. Casale Il Sughero è inoltre co-fondato-re e nodo-stazione effettivamente ope-rante del progetto di mobilità dolce in

Cilento definito Ciucciopolitana, viag-gio lento a piedi a fianco dell’asino all’interno del Cilento Interiore (nella doppia accezione di Cilento interno e dell’anima), attraverso borghi, vecchie strade di collegamento, fontane, siti archeologia rurale e siti di grande inte-resse naturalistico e artistico. L’asino, emblema della secolare subalternità ru-rale rispetto all’ urbano è invece rein-terpretato come simbolo del riscatto so-ciale e culturale e inteso non solo come vettore fisico di biodiversità ma anche come vettore concettuale di ibridazio-ne culturale e, per questo, testimone e ‘professore’ del quarto paesaggio.

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GuilmiArtProject (GAP)

Federico Bacci e Lucia Giardino, Guilmi (CH)

GuilmiArtProject (GAP) è un proget-to di residenza artistica nel comune di Guilmi (CH), i cui promotori invi-tano artisti nella propria casa nel cen-tro cittadino per dialogare, attraverso un’opera o un processo, col paese e/o con la comunità. Contestualmente alla residenza, GAP promuove “effetti col-laterali” (feste, laboratori, didattica popolare, passeggiate e pasti colletti-vi), volti alla realizzazione di un pro-gramma di condivisione di esperienza con la comunità di Guilmi.Guilmi è un comune nell’entroterra di Vasto, tra l’Abruzzo e il Molise, progressivamente spopolato dall’emi-grazione (300 residenti attuali, rispet-to ai quasi 3000 degli anni Sessanta). Lo spopolamento ha creato un forte spirito comunitario, conseguenza del senso d’abbandono e d’isolamento; quest’ultimo è acuito dalla sua posi-zione geografica, su un’altura che do-mina il fondovalle del Sinello. Dagli anni Novanta la progressiva chiusura delle fabbriche del vastese ha portato i guilmesi a riconsiderare l’investimen-to altrove o su se stessi. GAP ha mosso i suoi primi passi in questo contesto, nutrendosi delle incertezze e facendo breccia sulla curiosità degli abitanti.

Il paese si sta dimostrando un campio-ne in scala dove si attua un processo autorigenerativo, in cui ad ogni azione di GAP e dei suoi “effetti collaterali” segue una reazione; dove si sperimen-tano le potenzialità di un’arte con-temporanea responsabile e condivisa; dove l’arte diventa linguaggio per analizzare il contesto sociale, storico, antropologico e paesaggistico.L’artista è il vettore di ricerca che, nell’accettare l’invito di GAP, ne con-divide gli intenti basati sulla pratica. GAP non ha progettualità tranne quel-la del fare a favore di una scoperta pro-gressiva condivisa col paese.

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Dal 2003, l’associazione progetta e realizza l’iniziativa “Corpi Urbani/Ur-ban Bodies”, Festival Internazionale di Danza in Paesaggi Urbani, che rap-presenta un viaggio alla scoperta degli spazi urbani attraverso l’esperienza artistica della danza. L’arte può e deve rappresentare un valore aggiunto nei processi di trasformazione urbana in corso. Il progetto CU/UB prevede di affidare ad alcuni artisti, scelti attin-gendo tra le proposte nazionali e in-ternazionali più interessanti relative alle “interpretazioni coreografiche” degli spazi urbani, la realizzazione di alcune performance nei luoghi delle trasformazioni. Ogni anno vengono così definite le location su cui gli arti-sti sono chiamati a lavorare, che sono caratterizzate da particolarità storico-architettoniche o hanno acquisito un valore altro per interventi di recupe-ro o di riqualificazione. Le due com-ponenti, quella artistica e quella più politica, trovano nel movimento cul-turale della “città che cambia” e nel cambiamento fisico uno stimolo in più per progettare e dare alla città il loro prezioso contributo in termini di inno-vazione e sperimentazione. Al tempo stesso il rapporto costante tra arte e

trasformazioni urbanistiche favorisce la diffusione negli stessi artisti di una coscienza storica del cambiamento. La danza può allora diventare un canale innovativo per riqualificare le città e il suo linguaggio universale si arricchi-sce di elementi specifici che guardano alla relazione tra le realtà locali e i cittadini, gli operatori del settore e le professionalità artistiche. “L’anima del danzatore si confronta con il corpo vivente della città e ne alimenta il nucleo-mente allo stesso tempo. Il danzatore che respira in un ambiente urbano ne aumenta la vitalità e crea sensazioni ed emozioni uniche. La magia del suo respiro e la morbi-dezza dei suoi movimenti sopravvive-ranno nella memoria di chi guarda”.

Corpi urbani/Urban bodiesFestival internazionale di danza in paesaggi urbani

Artu, Genova

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Il progetto ‘La strada che parla’, è un’esperienza di ricerca-azione svol-ta nel territorio di Calangianus dal laboratorio Matrica. Nel capovolgere l’idea che per immaginare un progetto di sviluppo sia necessario avere grandi finanziamenti e convincendosi che tal-volta siano proprio le piccole mosse a poter mettere in moto processi di cam-biamento, l’esperienza è stata finaliz-zata alla costruzione di un laboratorio di sviluppo locale, che ha preso spunto dalla riqualificazione del vecchio trac-ciato ferroviario dismesso Tempio-Monti localizzato ai piedi del massic-cio del Monte Limbara. Sono stati re-alizzati, infatti, una serie di dispositivi di coinvolgimento e di produzione di conoscenza relazionale per innescare pratiche pubbliche di riappropriazio-ne e cura del territorio e nuove azio-ni di sviluppo alternativo. Dopo aver studiato il territorio in aula e con un lavoro d’interviste agli abitanti del pa-ese, sono stati selezionati i temi chiave da approfondire durante una passeg-giata. L’antico tracciato ferroviario è stato così un pretesto per costruire uno spazio di discussione pubblica che ci ha permesso di ragionare sul futuro del territorio. Contemporaneamente è

stato organizzato un Workshop di fo-tografia ‘Visioni di paesaggio’, che ha assunto la funzione di pungolo per la riflessione e la stimolazione dell’im-maginario a partire dall’esistente. Dopo due anni di lavoro sul campo e ricerca è stata organizzata una mostra immaginata seguendo la struttura nar-rativa che ha messo in sequenza le va-rie parti del progetto e l’inaugurazione è stata concepita come momento di ri-flessione pubblica per la socializzazio-ne delle conoscenze tra popolazione locale, amministratori ed esperti. È da questo desiderio di futuro che siamo ripartiti, e coinvolgendo il Dottorato di Tecnica Urbanistica della Facoltà d’Ingegneria della Sapienza di Roma, è stato organizzato un Workshop itine-rante nel territorio Calangianese. Nel giugno 2012, immergendoci nella na-tura silente, abbiamo costruito piazze virtuali e luoghi d’incontro e di scam-bio sul territorio. Da queste giornate è nata l’idea di lanciare nella Facoltà di Architettura un ‘Concorso d’idee’ per il recupero e la reinterpretazione del percorso ferroviario ripensandolo come possibile nuova centralità all’in-terno di un progetto di area vasta: la città-territorio dell’Alta Gallura.

La strada che parla

MATRICA Laboratorio di fermentazione urbana[Prof. Lidia Decandia, Arch. Anna Uttaro, Urb. Leonardo Lutzoni]Dip. di Architettura, Design, Urbanistica, Università di Sassari

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MIRAorti

Isabella De Vecchi e Stefano Olivari, Torino

Miraorti è una ricerca iniziata nell’ot-tobre 2010. Obiettivo della ricerca è stato interrogarsi sulle future trasfor-mazioni che riguardano l’area di Mira-fiori sud lungo il torrente Sangone at-traverso un percorso di progettazione partecipata del territorio. La ricerca/azione è nata per supportare le ammi-nistrazioni nella redazione dei progetti esecutivi, ma come spesso accade nei percorsi di ricerca, il lavoro sul cam-po ha contribuito anche a ridefinire gli obiettivi stessi della riqualificazione. Essersi presi il tempo di osservare, parlare con le persone, cercare di ca-pire quale significato attribuissero ai luoghi, attraversare il sito in lungo e in largo vivendo per due anni nel quar-tiere, ha complicato di molto la nostra visione delle cose. Abbiamo fatto un passo indietro e siamo ripartiti comin-ciando a coltivare in punti diversi del quartiere. Coltivare, insegnare nelle scuole, ripulire un angolo del quar-tiere, incontrare le persone, discutere. Cercare cioè di vivere come soggetti sociali la materia della nostra ricerca.Il risultato è uno scenario di trasfor-mazione chiamato Parco Agricolo del Sangone, un grande contenitore dentro al quale stanno molteplici usi, pratiche

agricole diverse, tanti soggetti e molte situazioni geografiche distinte. A par-tire da queste caratteristiche abbiamo ipotizzato soluzioni differenti per ogni singola area, tutte legate da un tema comune: la produzione agricola a di-verse scale: individuale, collettiva e aziendale; con il fine di creare delle sinergie tra città e campagna, in modo che, la vicinanza con la città, non com-prometta più il futuro di queste terre, ma che anzi possa costituire un nuovo volano.

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Il progetto di seguito presentato si sviluppa attraverso due velocità: una lenta, che guarda al 2020 con alline-amenti alle politiche culturali comuni-tarie e una rapida, che mira a costruire le basi della prima, attraverso progetti culturali di aggregazione pubblica con cadenza trimestrale. Il progetto “ma-dre” si chiama CITTÀ DELLA CUL-TURA/CULTURA DELLA CITTÀ FERRARA 2020, è nato nel gennaio del 2012 e ha come obiettivo quello di diffondere e promuovere innovativi strumenti, modelli e modi d’uso della città facendo leva su aspetti “fragili” emergenti: attività atipiche di gio-vani imprenditori, nuova economia della cultura, della creatività e della conoscenza, nuovo uso “a bassa riso-luzione” di edifici pubblici dormienti e programmazione urbana instabi-le. Lo scopo è quello di individuare, programmare e stimolare visioni di futuro per la città-territorio di Ferra-ra 2020. Il progetto, nato insieme allo studio Canape di Ferrara e Eco-Polis International Master di UNIFE, è ini-ziato in Piazzetta Sant’Anna -giugno 2012- presentando tredici imprese cre-ative ferraresi, poi ha riaperto -ottobre 2012 e marzo 2013- la parte dimessa

del Mercato Coperto di Ferrara grazie a due progetti culturali che parlavano di patrimoni dismessi, città UNESCO tra prodotto a lunga conservazione e fresco, cultura come motore di nuova economia e vitalità urbana. Il prossimo obiettivo del progetto sarà la riapertura parziale e temporanea di Teatro Verdi e Piazza Verdi -ottobre 2013-. Per la loro rilevanza urbana, civica, storica e artistica Teatro Verdi sarà riaperto alla città, diventando, anche se per soli tre giorni, un luogo vitale dove dialoga-re di territorio, città, turismo, imprese atipiche e nuova ruralità. Il palcosceni-co temporaneo incrocerà performance di arte contemporanea a dialoghi con esperti e sperimentatori che presente-ranno, modelli empirici di approccio economico e pianificatorio della città e dei territori “addormentati e preserva-ti” come, ad esempio, quello ferrarese. http://culturadicitta.blogspot.it

Città della cultura/Cultura della cità

Centro Studi Dante Bighi, Ferrara

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Il progetto di ricerca “Frontiere Aper-te” vuole indagare il tema del disagio insediativo e le modalità con cui le aree soggette al fenomeno dello spo-polamento possano strutturare proces-si di riattivazione economica, trovan-do soluzioni partecipate al problema dell’abbandono dei centri storici. Esi-stono realtà nel nostro paese in cui il problema è diventato risorsa, luoghi in cui si è saputo colmare il vuoto con i progetti e la passione di chi crede che non sia ancora tutto perso. Punto pri-mo, il tema dell’accoglienza, legato all’emergenza umanitaria dei profughi nel mediterraneo, qui si fonde con li-nee guida economiche e progetti archi-tettonici che puntano alla rivitalizza-zione di un caso studio attraverso una matrice multiculturale. Il caso studio è Badolato e si trova sulla stessa fascia Jonica Calabrese sulla quale giacciono, come morte, decine di carrette del mare, la stessa costa Jonica che è tra le aree a maggior rischio di disagio insediativo e la stessa costa Jonica che ha saputo in-segnare a leggere le parole tolleranza e integrazione. Persone che vanno, perso-ne che arrivano. Una diaspora forzata, che lascia l’amaro in bocca ma le voci di tanti popoli nelle orecchie.

Punto secondo, saldamente legato al primo, il tema del recupero e dalla pro-mozione in chiave turistica dei centri storici. Connettere, valorizzare, risco-prire e restaurare sono le parole chiave di un progetto di rinnovo sostenibile e solidale che trae il proprio valore ag-giunto dalla multiculturalita’ delle pro-poste.La ricerca è stata organizzata in tre parti fondamentali. La prima dedicata al tema dello spopolamento, la secon-da all’immigrazione nell'area medi-terranea e la terza legata alla fase di progetto. Tale ultima fase, partendo dall’analisi di progetti esistenti e già verificati, propone una possibile solu-zione al tema dell’abbandono dei cen-tri storici calabresi attraverso strategie di accoglienza e ricettività. Come è ben intuibile, accogliere, assume qui un significato bivalente e se da un lato le case abbandonate si aprono ai rifu-giati politici di tutto il mondo, dall’al-tro diventano espressione di una nuova forma di turismo dove il senso del luo-go diventa il senso di questo viaggio.

Frontiere Aperte

Carlo Gallelli e Fabio De Ciechi, Badolato (CZ)

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“Occupare il margine” è un progetto sviluppato da un gruppo di attivisti veneziani, le cui modalità di interven-to sono basate su ricerca collettiva ed azione diretta sul territorio.Il processo ha avuto inizio con un pic-colo shock iniziale, dovuto all’occupa-zione di suolo pubblico nel quartiere di Santa Marta a Venezia, un orto col-lettivo e qualche piccolo conflitto. Si è trasformato poi in una grande festa. Ha assunto molteplici valenze e significati dando vita ad una pluralità di micro-progetti ed azioni trasformanti, inne-scando situazioni tese a rinnovare la vita, il discorso e la produzione urba-na. Seppur progettato, è evoluto in ma-niera autopoietica, fluida, rizomatica; e ha portato celermente alla costruzio-ne di una quotidianità rinnovata e alla risignificazione di alcune tradizioni e momenti ludici, sociali, politici collet-tivi. Ma ha anche prodotto un nuovo rapporto tra corpo (individuale e col-lettivo) e spazio, e la legittimazione e lo sdoganamento di alcune pratiche di riappropiazione dal basso. Gli eventi ludico-formativi - culmina-ti nella ri-costruzione collettiva della festa storica di quartiere dopo circa un decennio di dimenticanza - hanno

contribuito a connettere soggettività prima non comunicanti e ad esplicita-re e socializzare competenze nascoste; hanno funzionato come condensatori sociali, rivelato bisogni e desideri le-gati all’abitare fornendo costantemen-te nuovi materiali per il progetto e la ricerca. Primi risultati tangibili sono oltre alla continuità e all’ampliamento dell’orto, la co-progettazione dell’Ar-chivio A/B 2086-2087, (finestra sul quartiere e piattaforma viva, in am-biente fisico e virtuale) ed una serie di percorsi e microprogetti, nonché di resistenze e protagonismi individuali e collettivi rispetto alle speculazioni sul quartiere.

www.marziani.worpress.com

Occupare il margine

Giovanni Fiamminghi, Chiara Gaspardo, Venezia

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Il progetto nasce a seguito di un’ana-lisi critica delle esigenze/speranze espresse dalla popolazione locale ri-levate attraverso la distribuzione di un questionario anonimo a cui hanno par-tecipato quasi 2.000 persone.L’obiettivo generale è quello di pro-muovere uno sviluppo urbano soste-nibile all’interno del territorio provin-ciale di Trieste, partendo dalle istanze espresse dalla comunità locale coeren-temente con gli indirizzi di pianifica-zione e di governo del territorio. La vision del progetto sta nella volon-tà di creare i presupposti necessari a diminuire il flusso in uscita dalla città della popolazione giovane, costretta a trasferirsi altrove per affermarsi perso-nalmente e professionalmente.La mission del progetto si declina nel facilitare l’inserimento lavorativo e la nascita di nuove attività imprendito-riali (imprese sociali, innovative, low-profit) all’interno di spazi sottoutiliz-zati, abbandonati o in rovina, pubblici o privati, attivando processi di rigene-razione urbana capaci di recuperarli sia sotto il profilo edilizio che funzio-nale, in un’ottica di triplice sostenibi-lità (ambientale, economica e sociale). L’intero progetto è composto da tre

fasi parzialmente sovrapponibili e ci-clicamente reiterabili, accompagnate da un adeguato piano di comunicazione: Catalogo degli Spazi Opportunità: un’applicazione web multipiattaforma costantemente aggiornata ed imple-mentata, accessibile gratuitamente, con il compito di sistematizzare, attraverso una serie di parametri funzionali al loro recupero, tutti gli edifici sottoutilizzati, abbandonati o in rovina presenti all’in-terno della Provincia di Trieste.Il Forum delle Opportunità: una serie di tavoli di lavoro ai quali avranno ac-cesso i promotori di processi di rige-nerazione urbana che ad un progetto di ristrutturazione e rifunzionalizzazione dello spazio accompagneranno un pia-no economico di gestione dello stesso sostenibile nel tempo. I forum si con-figurano come una sorta di strumento attivatore (quando non semplice ali-mentatore) di processi di rigenerazio-ne urbanaIl Cantiere delle Opportunità: una se-rie di progetti pilota sperimentali che avranno il compito di dimostrare con-cretamente, attraverso la riattivazione di spazi sottoutilizzati, abbandonati o in rovina, le potenzialità e le criticità dei processi di rigenerazione urbana.

Spazi Opportunità Un progetto di rigenerazione urbana per Trieste

MANIFETSO2020, Salone Gemma|20x30|Felwerksalon, Studio Iknoki, Trieste

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Ad oggi la poesia non possiede, nella volgare società contemporanea, il ruo-lo che dovrebbe, per ragioni culturali e storiche, spettarle. E non perché essa non sia ancora portatrice della capaci-tà di comunicare e suscitare emozioni, sentimenti e fantasie, quanto perché, sebbene si continui a scriverla, non si continua a leggerla, preferendo un basso e vuoto intrattenimento a più nobili e faticosi esercizi d’animo e di pensiero.Il MEP non intende ridefinire il con-cetto o circoscrivere la poesia ad un determinato “ismo”. Non vuole vinco-larsi a un’omogeneità stilistica o tema-tica, poiché nasce come un movimento di emancipazione della poesia intesa nelle sue diverse forme.Il MEP si propone di restituire alla poesia il ruolo egemone che le com-pete sulle altre arti e al contempo di non lasciarla a esclusivo appannaggio di una ristretta élite, ma di riportarla alle persone, per le strade e nelle piaz-ze. Gli atti coi quali intendiamo fare ciò sono molteplici, e non disdegnamo la prepotenza di alcuni di essi, poiché contrariamente a una lenta e pacifica opera di sensibilizzazione, azioni di forte impatto sono in grado di sorti-

re immediatamente il proprio effetto. Cerchiamo, laddove possibile, di far perno su quella proprietà intrinseca della parola scritta per la quale risul-ta impossibile per chiunque getti su di essa lo sguardo non leggerla, in quanto la parola si fa leggere e decodificare nel momento stesso in cui viene vista.

Muri

Movimento per l’Emancipazione della Poesia, Firenze

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Santa Fiora sorge arroccata su uno sperone roccioso sulle pendici del Monte Amiata, in un territorio ricco di sorgenti d’acqua e presenze storico-architettoniche. Lungo i margini esterni del centro, si è sviluppata una sequenza di monu-menti minori, zone coltivate, terrazza-menti e opere idrauliche. Parti intere di questo territorio sono state dimen-ticate e nascoste dalla vegetazione, lasciando però intatti i monumenti, la rete dei canali, il tessuto dei campi e i segni dell’uomo. L’abbandono si è rivelato una risorsa. Il progetto ha avuto l’obiettivo di superare la fase di abbandono e di ridefinire questo equi-librio di rapporti attraverso un insieme di luoghi a margine del centro storico che danno vita a un sistema di spazi non semplicemente pubblici o privati. Sono spazi comuni, spazi di condivi-sione, di un rinnovato rapporto con il territorio e la sua storia: due aree per spettacoli tra le strutture di una chiesa crollata e di un ex convento, un pic-colo ostello in un vecchio mulino in disuso, un sistema di orti realizzati in uno storico lotto agricolo oggi di pro-prietà pubblica, una rete di giardini, un sistema di canalizzazioni storiche

e di specchi d’acqua. I frammenti e i monumenti dimenticati, resi nuova-mente fruibili e rilegati da un percorso pedonale, tornano ad essere parte di un complesso organico, che si esten-de dall’interno del centro storico fino alle sorgenti del fiume Fiora. Il com-plesso della ex chiesa di S. Antonio e degli adiacenti Orti del Convento delle Clarisse, che costituisce l’estre-ma propaggine del centro abitato ver-so la valle del Fiora, è uno dei luoghi più importanti ed evocativi dove si è concentrato non solo l’intervento del restauro architettonico, ma anche di rifunzionalizzazione delle preesisten-ze monumentali realizzato affiancando nuove architetture.Gli interventi hanno permesso di re-staurare le apparecchiature murarie, restituire al pubblico i giardini, ria-prire i sistemi voltati alla base delle imponenti murature, realizzare nuove aree pavimentate, un bar, spazi attrez-zati per il gioco dei bambini e due pic-cole arene per spettacoli e musica. Ol-tre al recupero, l’idea è stata quella di reintegrare tutti gli spazi riscoperti che si andavano realizzando conservando i volumi delle architetture storiche ac-costandoli ai nuovi interventi.

Restauro della ex chiesa Sant’Antonio del convento delle Clarisse nel Parco fluviale dell’alto corso del fiume Fiora

2TR, Roma

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1 <www.firenzesoundmap.org> L’ideazione e la curatela scientifica del sito sono di Antonella Radicchi. Web developer: Ermanno La Commare. Dal 2011 la mappa riceve il sostegno istituzionale di Tempo Re-ale. Dal 2013 è presente all’interno del dataset Beni culturali immaterali (creato ad hoc) del sito OpenData del Comune di Firenze. < http://opendata.comune.fi.it/elenco_dataset_indice/beni_culturali_immateriali.html >

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“firenzesoundmap”1 è una mappa so-nora tenera interattiva e open source dei suoni della città e costituisce la piattaforma di base per la creazio-ne della mappa sonora collettiva di Firenze, da realizzarsi attraverso la-sensibilizzazione e il coinvolgimento della popolazione con l’obiettivo di valorizzare, tutelare e diffondere il paesaggio sonoro urbano fiorentino. “firenzesoundmap” veicola contempo-raneamente informazioni sull'aspetto visuale, spaziale, acustico e temporale di un determinato luogo, con lo scopo di rappresentarne il paesaggio sonoro utilizzando un'interfaccia interattiva. Infatti, a differenza dei tradizionali metodi di rappresentazione cartogra-fica che si basano su una restituzione statica e bidimensionale della realtà, la soundmap è uno strumento capace di descrivere, attraverso il suono, l'in-scindibilità dello spazio e del tempo e gli aspetti sociali ed emozionali legati all’esperienza del quotidiano. “firenzesoundmap” mira inoltre a dif-fondere la pratica di un ascolto profon-do della città, verso una migliore com-prensione del reale: il suono, infatti, è rivelatore di abitudini sociali, di speci-ficità culturali, della qualità della vita,

degli usi reali che caratterizzano gli spazi urbani (soprattutto di quelli che sfuggono allo sguardo), delle emozio-ni e degli stati d’animo che apparten-gono agli esseri umani che popolano la città, in sintesi di tutti quegli aspetti legati all’identità di un luogo che non sono riconducibili a forme, tipologie, quantità, ma che sono altrettanto im-portanti.“firenzesoundmap” trovando la sua cornice di riferimento all’interno del-la cosiddetta geografia emozionale, “di quella geografia che include gli esseri umani che la abitano e le forme del loro passaggio attraverso gli spa-zi della vita” (Bruno, 2002), si pone l’obiettivo di rivendicare l’intimità e la soggettività come spazi dell’inter-pretazione. “firenzesoundmap” infine rappresenta uno strumento di natura specificatamente qualitativa e pertanto dovrebbe essere integrata ai tradizio-nali strumenti di natura quantitativa (cfr. ‘mappatura acustica’) adottati dalla pianificazione acustica tradizio-nale per l’analisi e la rappresentazione dell’ambiente sonoro urbano.

firenzesoundmap

Tempo Reale [Antonella Radicchi], Firenze

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Quando nel 2010 si iniziò a parlare del grande progetto di riqualificazio-ne del centro antico di Napoli fummo colti subito da un profondo disagio: politica, professionisti e comitati lo-cali si dimenavano in un dibattito tra filantropia e campanilismi, senza via d'uscita; decidere quali e quanti monu-menti riqualificare non riflette la vera ricchezza di un territorio in cui storia e monumenti si incrociano con esperien-ze di socialità e di vita quotidiana dal-la sua stessa fondazione. Sentimmo la necessità di cambiare punto di vista, di sperimentare nuovi strumenti di ana-lisi che ci portassero lontani dai con-fini disciplinari e dai limiti normativi, in un percorso di ricerca trasversale alle bibliografie e indipendente dalle posizioni precostituite, costruendo un caleidoscopio di sguardi, chiedendo aiuto all'arte nelle sue più diverse ac-cezioni. Nasce così Nomicosecittà – passeggia-re, guardare, raccontare - un insieme di passeggiate prodotte dall'interazione tra passeggiatori ed artisti visivi, musi-cisti, scrittori, street-artist e fotografi, che si fanno racconto collettivo e che diventano spunto per altri racconti e per altri percorsi in una guida inusuale

alla città. Camminare per de-costruire le immagini dominanti, guardare con altri occhi per comprendere le diver-sità, raccontare per essere parte attiva nella costruzione della città. Un'esperienza di ricerca e di indagine che diventa racconto e promozione del territorio, sperimentando linguag-gi diversi da quelli usuali che spesso tendono a ridurre la complessità per restituirne immagini stereotipate. Ri-appropriarsi del potere di raccontarsi in prima persona e senza mediazioni è la finalità dell'iniziativa che ci permet-te di passeggiare da tre anni a Napoli e a Milano e che cerca di essere imitata.

NomicosecittàPasseggiare, guardare, raccontare

Aste e Nodi, Napoli e altre città

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Un “Quartiere dell’Arte” nel centro storico della città di Napoli.“Progetto-processo” di riqualifica urbana basato su una strategia inte-grata di valorizzazione (riqualifica ambientale-restauro architettonico-programmazione territoriale), sulla reinterpretazione del binomio identità creativa-vocazione territoriale e teso a ricucire complesso sistema di beni culturali ed aree verdi, che si pone come cerniera orografica tra monte e valle della città e si caratterizza per l’impianto morfologico ascendente e la tipologia insediativa chiusa (tipica delle strutture conventuali a chiostro). I limiti ambientali di accesso agli spa-zi, dettano il ritmo di percorrenza, di-latando il tempo di sosta e determinan-do una relazione percettiva orientata alla dimensione meditativo-religiosa, propria del luogo, riproposta in chiave contemporanea di vocazione contem-plativa all’arte. La sfida è ridisegnare su questo tracciato storico “nuovi per-corsi di natura creativa”, proponendo un modello sostenibile e reversibile, in cui i contenitori culturali, elementi percettivi e compositivi del paesag-gio, diventano elementi strategici di sviluppo urbano, “portali del futuro”

aperti ad intercettare nuove vocazioni dialogando dinamicamente con la stra-tificazione ambientale, architettonica e sociale pregressa. I nuovi contenitori culturali si configurano come “luoghi-teatro di socialità, piattaforme di cul-tura diffusa, spazi di sperimentazione di esperienze creative condivise” e di-ventano i nodi della trama di relazioni fisiche e metafisiche attorno alle quali ricostruire un paradigma di nuovi va-lori collettivi da tradurre, attraverso il linguaggio dell’arte, in forme e segni di una rinnovata identità del territorio.

Città che si fa arte/Arte che si fa città

LAMAV [Saveria Petillo, Raffaella Martino, Graziano Nigro, Rosanna Biscardi, Giuliano Ferraro, Roberto Sisto], Comune di Napoli, Soprintendenza di Napoli

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La città è la rete di luoghi a supporto della comunità che la vive e la attra-versa; contemporanea, canonica o tra-dizionale essa vive se esistono i suoi spazi pubblici.UP: This must be the place è la con-sapevolezza della necessità di un ca-povolgimento della gerarchia di azioni nel processo rigenerativo, promuoven-do un salto di scala che stabilisca come priorità e strategia di sviluppo l’insie-me di attività e progetti che riguarda-no gli spazi aperti, residuali e pubblici della città contemporanea; una speri-mentazione di rigenerazione urbana che propone un modello alternativo di aggregazione, teso ad annullare l’eccessiva frammentazione che nasce dalla mancanza di interventi unitari a scala comunale o di area vasta a favore di episodi diffusi sull’intero territorio.UP: This must be the place osserva e parte dalla città di Salerno, scena-rio virtuoso e stimolante per temi di sviluppo e spazio pubblico nella città contemporanea, proponendo una si-mulazione di aggregazione delle aree di trasformazione con l’obiettivo di produrre una differenziazione nell’of-ferta degli spazi collettivi, auspicando lo sviluppo di una rete sovraordinata

di beni di merito per una città a misura d’uomo, implementando la qualità di vita e l’appetibilità di zone residuali e/o periferiche.Contributo del lavoro ai temi dello spazio pubblico è la costruzione di una matrice analisi che legge lo spa-zio pubblico, suddiviso per ambito, nelle tre declinazioni luogo, pratica e pensiero e, attraverso una serie di valori quali/quantitavi, consente una programmazione strategica di lungo periodo che permetta il controllo nelle fasi attuative della trasformazione ur-bana e delle relative ricadute sui com-mon grounds, nonché nuove forme di gestione e sviluppo dei beni comuni.

Up: this must be the placeSalerno e la rete dei luoghi aperti, residuali, pubblici

LAMAV [Antonella De Angelis e Maria Veronica Izzo], Comune di Salerno

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L’intervento di rifunzionalizzazione, interessa un edificio di età normanna sottoposto a tutela, Palazzo Fruscione, ubicato nel centro storico di Salerno in Largo S. Pietro a Corte antistante il Complesso di S. Pietro a Corte. L’ambito d’intervento, nella parte alta del centro storico, costituisce, per la rilevante presenza di elementi storico-architettonici, il fulcro dell’identità cittadina, ma non offre un’adeguata presenza di strutture turistico/ricettive, al contrario della parte bassa. In questo contesto, dall’esigenza della Soprintendenza BAP e del Comune di Salerno di valutare possibili alternati-ve di gestione economico-finanziaria dell’edificio già oggetto di restauro e con destinazione d’uso biblioteca co-munale, nasce il progetto della “Libre-ria Salernitana-Art Cafè Salernitano”.La caratteristica prevalente di que-sta soluzione è quella di interpretare i vincoli dettati dall’edificio storico e di massimizzarne le potenzialità, a favore di una possibile gestione pri-vata. Le funzioni profit non snaturano la coerenza complessiva, ma possono rappresentare le qualità più origina-li attraverso l’integrazione di attività ed eventi culturali ed espositivi; inol-

tre lasciano intravedere un equilibrio economico-finanziario sostenibile per l’investitore nel medio periodo e inte-ressante nel lungo periodo.Il livello delle attività collocate nel complesso corrisponde ad un target composito di fruitori di ambito locale ma certamente sovracomunale. L’in-tenzione è quella di far convivere atti-vità culturali (libreria, mostre, semina-ri, etc.) con attività differenti e ludiche come il bar multimediale, connesse di-rettamente al Complesso di San Pietro a Corte che necessita di spazi espositi-vi, ricettivi e di servizio.

Palazzo FruscioneMonumentalità per il sociale

LAMAV [Giuseppina Sarno], Comune e Soprintendenza di Salerno

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Nel 2003 Villa Mensa è acquisita dal Comune di Copparo (FE) e dalla Provincia di Ferrara con l’intento di agganciare il legame fra Ferrara, cit-tà dotta e internazionale e le urbanità minori desiderose di farsi riconoscere come altri spazi urbani, assicurando la conservazione di una pregevole testi-monianza architettonica sulle sponde del Po di Volano. Il fiume stesso corre come una potenziale strada veloce tra città e urbanità rurale, è una presenza intrinseca della pianura ferrarese, uno spazio comune da vivere. I proprietari innescano un processo di rivitalizzazione organizzando, paral-lelamente al cantiere di recupero, ani-mazioni in musica e arte. Il Comune traccia linee di interesse e curiosità Copparo/Villa Mensa/Ferrara aprendo le porte alla popolazione locale e ai tu-risti. Gli studenti delle scuole elemen-tari scoprono uno spazio sociale di cre-scita nella vigna della Mensa e sentono proprio il vino della vendemmia 2005.Per rivivere, la Mensa ha bisogno di un sistema produttivo nuovo che, al senso di appartenenza come spazio sociale locale, associ la sensazione di common ground da vivere anche per chi è fore-stiero, come spazio del tempo libero o

del benessere o della cultura globale. Si procede ad un’analisi territoriale e di mercato tesa ad intercettare interes-si e investimenti. Con il LAMAV, si porta Villa Mensa in giro per l’Italia: a Roma, a Salerno e ad Amalfi dove si gemella con l’esperimento pubblico/privato del Convento dei Cappuccini. Si scambiano informazioni ed espe-rienze.Nel 2013 la Patrimonio Copparo s.r.l., società inhouse del Comune di Cop-paro riceve una menzione speciale per il restauro di Villa Mensa nell’ambi-to del premio internazionale “Domus Restauro e Conservazione”, istituito dall’università di Ferrara, come “caso di restauro aperto su nuovi e significa-tivi fronti della tutela, con attenzione ai valori partecipativi, sociali e comu-nitari... esempio di un intervento mi-nimale, teso a dare una risposta a uno spazio storico di proprietà pubblica, attualmente in attesa di rifunzionaliz-zazione”.

La Mensa … di tutti!

LAMAV [Sabrina Quaglia e Antonietta Coraggio]Comune di Copparo, Provincia di Ferrara

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Il progetto interessa il vasto sistema cave Battipaglia-Eboli per il quale si prevedono interventi di ripristino am-bientale, sottese anche al soddisfaci-mento di standard urbani, esigenza questa fortemente avvertita dalla col-lettività battipagliese.Gli interventi considerano il sistema di relazione territoriale esistente tra le cave e la collina del Castelluccio im-mediatamente a ridosso del centro ur-bano e ad esso facilmente collegato da un’efficiente rete stradale. Caratteriz-zata dalla presenza di un Castello me-dioevale, l’area è connessa da una fitta rete di sentieri collinari, in parte anche carrabili, alle colline di estrazione del-le cave, queste ultime caratterizzate oltre che dai segni della devastazione causata dall’estrazione, anche da una ricca vegetazione mediterranea e da paesaggi particolarmente interessanti dal punto di vista geomorfologico.Il progetto punta alla valorizzazione di questa continuità spaziale, paesistica e vegetazionale attraverso la creazione di un unico sistema parco, che inter-preta i temi della rete ecologia e pae-sistica collegandoli a servizi avanzati per la fruizione e gestione.

Le cave e la collina del Castelluccio

LAMAV [Maria Rosaria Di Filippo], Comune di Battipaglia (SA)

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Un piano per la riqualificazione della fascia costiera del comune di Eboli, compresa tra la battigia e la provincia-le litoranea (SP.175), per una estensio-ne complessiva di circa 250 ha. Il pro-getto si pone l’obiettivo di rivitalizzare questa parte del territorio di Eboli per l’intero arco dell’anno. Le differen-ti caratteristiche morfologiche hanno portato alla divisione del litorale in tre settori e precisamente: insedia-menti turistico-ricettivi permanenti, recupero e valorizzazione ambientale masseria “casina rossa”, insediamenti turistico-ricettivi stagionali.I settori a loro volta sono suddivisi in ambiti (parti comprese tra spartifuo-co), lotti (aree da concedere) e fasce (spazi distinti per destinazioni d’uso).La valorizzazione, la salvaguardia del patrimonio naturale esistente, la pos-sibilità di incrementare un turismo in chiave sostenibile diversificando l’of-ferta e fornendo servizi più qualificati rappresentano le finalità del progetto. Gli obiettivi generali di piano sono ri-assumibili come segue:- definire le modalità attraverso cui soddisfare la domanda turistica, senza compromettere, sia le qualità naturali che rappresentano un’importante ri-

sorsa in termini di attrattività dei turi-sti, sia gli interessi economici e sociali della popolazione residente e degli operatori del settore;- consentire l’accessibilità e la fruibi-lità a tutti dei beni del demanio marit-timo e del mare territoriale allargando la fruizione anche ai soggetti svantag-giati;- semplificare l’azione amministrativa in modo da restituire le certezze nel-la gestione del territorio costiero e nei processi e nelle procedure per il rila-scio delle concessioni delle aree dema-niali marittime.

Riqualificazione della costa ebolitana

LAMAV [Carmela Angela Marziale e Dina Boccone], Comune di Eboli (SA)

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Città del parco

LAMAV [Iole Giarletta], Parco del Cilento e del Vallo di Diano (SA)

Le politiche europee e regionali di coesione e sostegno della crescita e dell’occupazione hanno avviato azio-ni significative per evitare il progres-sivo isolamento delle aree rurali del Cilento attraverso specifici interventi volti allo sviluppo delle attività agri-cole, dell'eco-turismo, al recupero dei centri storici per l'accoglienza, alla valorizzazione di emergenze culturali, allo sviluppo di prodotti, servizi, infra-strutture.I piccoli comuni dell'area tuttavia do-vranno continuare a dialogare anche sulla regolamentazione e trovare for-me di collaborazione per lo sviluppo dei servizi capaci di produrre quell’ef-fetto-città, Città del Parco, necessario a superare la marginalità e l'isolamen-to che oggi appare come un rischio reale per i territori e le popolazioni locali dedite alle attività rurali.Il persistente fenomeno di abbandono dei centri storici, ad esempio, è un sin-tomo rilevante che, nonostante le nu-merose esperienze positive, conferma l’approccio frammentato, la mancanza di fattori connettivi, di spinte locali all’attività e al rinnovamento, di visio-ni d’area vasta e di sistema.La logica è che nella rete dei piccoli

comuni, ci sia qualcosa di nuovo e di interessante da scoprire, come labo-ratorio o progetto intermedio. Ma la ricerca e le iniziative per i centri sto-rici minori, del Cilento e non solo, malgrado da tempo se ne riconosca l’importanza dal punto di vista sia cul-turale che economico, non è ancora sufficientemente sviluppata, basando-si su esperienze isolate ed a carattere congiunturale.C'è ancora molto da lavorare su que-sto tema. Servono sempre laboratori nuovi per verificare una diversa scala di riferimento delle iniziative dei sin-goli comuni per dare al territorio una dimensione "urbana" con un nuovo ruolo contemporaneo che identifichi l'Altra Città, complementare e alterna-tiva alla Città che conosciamo.

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SEGNA GLI EVENTI ELABORA MOVIMENTI DI STUDIO

E DI RICERCA DELLA FRATELLANZA ... PERFEZIONA NUOVI PARADIGMI D’INCONTRO

RITUALITÀ PIÙ COMPLESSE NUOVE MITOLOGIE

per creare questo cambiamento è necessario per un po’ di anni

edificare le piazze nuove molto in alto

sulle montagne …

La piazza contemporanea

Ugo Marano

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Il centro storico di Caggiano si confi-gura come il tipico villaggio cintato, circoscritto da mura del X secolo e si-tuato su un’altura rocciosa e impervia a circa 800 mslm.Le valutazioni effettuate per il centro storico di Caggiano, hanno conferma-to l’opportunità di realizzare iniziative in grado di promuovere e coordinare forme innovative di utilizzo e gestio-ne del patrimonio edilizio, a partire da quello pubblico, verificando preli-minarmente le condizioni per la soste-nibilità tecnico-amministrativa, terri-toriale-ambientale e socio-economica dei processi.Obiettivo del laboratorio è quello di sviluppare una efficace strategia im-mobiliare attraverso il coordinamento e l’elaborazione di soluzioni di gestio-ne delle principali problematiche che investono il centro storico (abbandono e degrado, rischio sismico, difficoltà di accesso, mancanza di attività e servizi, ecc.), a partire dal recupero e dalla va-lorizzazione degli spazi urbani e degli edifici di proprietà pubblica. Il centro storico di Caggiano è oggi laboratorio atelier per la nuova creati-vità. Le case donate dai privati all’am-ministrazione (una di queste è della fa-

miglia Bonito Oliva) vengono offerte gratuitamente ad artisti ed architetti come studi a tempo per sperimenta-re in loco forme di nuova creatività dell’abitare.

Città dei numeri setteLaboratorio atelier per la nuova creatività

LAMAV [Carla Ferrigno, Carla Casaburi, Salvatore Valisena, Domenico Manisera]Comune di Caggiano (SA)

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La necessità di trasferimento della po-polazione per frana agli inizi del ‘900, ha segnato un’interruzione dei proces-si generatori e relazionali del borgo ru-rale di Roscigno Vecchia, connotando la crisi strutturale del suo ordinamento funzionale e formale, associata a fasi progressive di labilità che hanno inte-ressato non solo la fisicità del contesto, ma anche il sistema economico e delle consuetudini sociali. Il trasferimen-to nel nuovo insediamento, segnala quest’ultimo come nuovo nucleo di generazione di istanze trasformative, fondato sulla discontinuità e sulla evi-dente differenziazione dal suo nucleo originario.Nell’ambito del quadro attuale di co-noscenza e controllo delle dinamiche in corso, gli interventi urgenti realiz-zati, e necessari alla salvaguardia del borgo storico significativamente com-promesso, si inseriscono in un conte-sto di Laboratorio di recupero e con-servazione del sito e di monitoraggio dei meccanismi di degrado e di crollo delle strutture edilizie, connessi alle problematiche a rischio di frana che interessano l’area. Il laboratorio con le sue attività hanno rivitalizzato il borgo rendendolo spazio attivo e nuo-

va piazza di Roscigno che si ricuce al suo borgo originario. Si evidenziano così le ragioni morfologiche, ambien-tali, funzionali e d’uso culturale dello spazio che, dalle preesistenze e dalle loro criticità, possono reagire con le tematizzazioni assunte per il progetto, orientate a reidentificare luoghi e valo-ri esistenti e a istituirne dei nuovi.Roscigno Vecchia si misura con il rapporto interno-esterno del borgo, costituito da materiale urbano pro-fondamente latente e strutturalmente integrato allo spazio naturale rurale ed alle aree di suolo agricolo che lo cir-condano. In esso prevale la rarefazio-ne del costruito impressa dal crollo di manufatti che conferiscono significati diversi ai rapporti vuoto-pieno, ed ai caratteri strutturali del luogo e dei le-gamenti descritti dai percorsi e dalle confluenze. Cosicché gli interni delle case svuotate diventano urbani e gli spazi urbani esterni, nella loro orga-nicità, sono percepiti come parti di un complesso interno avvolgente.

Roscigno & RoscignoAvamposto della ricerca sulla ruralità contemporanea

LAMAV [Monica Guarino e Sandro Cirino], Comune di Roscigno (SA)

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Riqualificazione e Gestione di proprie-tà pubbliche e private in linea con gli obiettivi di sviluppo locale, per rende-re economicamente utilizzabile il pa-trimonio edilizio di tre borghi storici nelle frazioni di Angellara, Massa e Pattano nel comune di Vallo della Lu-cania. L’intento è stato l’elaborazione di una strategia che, per ridare senso al tessuto storico, rivitalizzarlo e trasfor-marlo in propulsore di sviluppo, si basi sul re – indirizzare la “trasformazione” con una giusta integrazione tra attività residenziale, commerciale, culturale e sociale al fine di ricostruire i rapporti e le strutture di relazione tipiche di que-sti centri.Attraverso opere mirate sarà possibile ottenere il miglioramento dei servi-zi localizzati nei centri ribaltandone completamente la vivibilità, attual-mente di scarsa qualità, e pervenendo ad un riuso funzionale e tipologico, innescando una tendenza al riuso abi-tativo, commerciale e come luogo di relazione, interrompendone i fenome-ni di abbandono in atto. Il lavoro svolto ha evidenziato alcune criticità nello stabilire un equilibrio tra la capacità di innovare, di costruire nuo-vi significati, e la capacità di subordinare

questi cambiamenti alla conservazione di una specifica identità, fatta di continu-ità tra racconto storico e il contingente. Questo equilibrio deve essere il frutto di un’effettiva e costante disponibilità alla sperimentazione, all’esplorazione delle svariate trame di relazioni compatibili con quello che può essere chiamato il “margine di trasformazione possibile”, cioè la capacità a cambiare senza per questo compromettere la continuità nel-la discontinuità di cui non può non nu-trirsi qualsiasi nozione di identità.

Piccolo arcipelago di sperimentazione del quotidianoLaboratorio di nuova ospitalità nei borghi-frazione

LAMAV [Maria Giordano], Comune di Vallo della Lucania (SA)

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È un progetto intorno all’idea di bor-go, alla sua forma e alla sua capacità di offrirsi come luogo di formazione. Attivare forme contemporanee di rige-nerazione urbana, caratterizzate dalla convivialità per il coinvolgimento in esperienze didattiche, ludiche, cultura-li; rilanciare il borgo quale Polo for-mativo locale in rete con il mondo.

ObiettiviRecupero della storia locale, la tran-sumanza come doppia occasione per attivare relazioni territoriali e filiere di microeconomia contemporanea: - precorsi escursionistici; riqualifica-zione del sottoprodotto lana; forma-zione nel campo botanico per la valo-rizzazione del patrimonio floreale;- avanguardia nell’uso delle tecnologie per il risparmio energetico, per la pro-duzione di energia da fonti rinnovabili e per la mobilità sostenibile;- un patto collettivo sulla sostenibilità per fare cordata nelle scelte pubbliche e private per interventi di grande inve-stimento e/o microprogetti;- azioni di consultazione cittadina e progettazione partecipata tra i diversi attori per condividere il progetto e ac-quisire idee, disponibilità e proposte.

Azioni- TRANSUMANZE la rete delle rela-zioni territoriali;- PAESE ALBERGO pubblico e priva-to si uniscono;- BIOCLIMATICA E ARCHITETTU-RA NATURALE l’etica nel ristruttura-re;- CONTRATTO DI MANUTENZIO-NE IN ITINERE un patto per l’edilizia;- LABORATORI CREATIVI l’offerta per la destagionalizzazione;- INCUBATORI DI IDEE il recupero funzionale degli edifici pubblici;- CASA PER L’OSPITALITÀ INTER-NAZIONALE la rete delle relazioni esterne;- MOBILITÀ SOSTENIBILE muover-si dal.. e arrivare al borgo;- ENERGIE RINNOVABILI percorsi di autonomia energetica;- COMPOST COLLETTIVO verso una strategia rifiuti zero;- CASTRUM NOVUM una festa al passato che guardi avanti;- TRAME COLORATE microfiliera d’area vasta.

Formaborgo Laboratorio di formazione e accoglienza giovanile

LAMAV, [Amalia Bevilacqua], Comune di Castelnuovo Cilento (SA)

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Una ricerca sulla nuova pianificazione, nell’ambito della redazione del piano urbanistico comunale, di Castelnuovo Cilento. Tutela attiva e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio; sedili-zio e infrastrutturale basato sulla tra-sformazione più che sull’espansione, con minimo consumo di suolo e riqua-lificazione dell’esistente;della qualità dell’abitare, restituendo centralità allo spazio pubblico e favorendo la rigene-razione dei tessuti insediativi, sia sto-rici che di recente realizzazione. Ma soprattutto visione d’area vasta e di sistema, con creazione di un Ufficio di Piano condiviso con altri comuni del comprensorio, a partire da Omignano. In questo contesto, inserisce l’iniziati-va “Trame colorate”.Nata da un’esperienza di ricerca ap-plicata condotta dal 2008 al 2011 con il Parco dal CNR-Ibimet e dal Dipar-timento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Salerno, Trame co-lorate si riferisce a tecniche sperimen-tali per la produzione di nuove tessitu-re con telai tradizionali e l’utilizzo di piante tintorie. Rilanciata dal comune di Castelnuovo Cilento, tale esperien-za rinvia anche a metodi per ramma-gliare le parti del territorio comunale,

il Borgo storico, le località di Salicu-neta, Velina e Pantana-Valloscalo, e queste con nuove reti territoriali vaste sociali e relazionali.L’esperienza di Castelnuovo Cilento promuove e interpreta l’Altra Città che vuole ricucire gli strappi e riscrivere la sua storia a partire dalla sua vocazio-ne produttiva, farsi riconoscere come spazio urbano contemporaneo che si avvantaggia di nuovi percorsi mani-fatturieri, creativi e sostenibili, per costruire nuovi intrecci e una rinnova-ta competitività dell’intera area vasta cilentana.

Trame colorateRicucire il territorio

LAMAV [Amalia Bevilacqua e Pasquale Cioffi], Castelnuovo Cilento (SA)

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Il Laboratorio ha inteso innescare un processo virtuoso di governance, nell’ambito dei comuni del bacino idrografico del fiume Bussento, in-quadrando le politiche settoriali pro-priamente svolte dalla competente Autorità di Bacino, in una più ampia visione integrata del territorio e della pianificazione paesaggistica provin-ciale e urbanistica comunale. Con ciò definendo un quadro univoco di rife-rimento, sulla base del quale condivi-dere strategie ed obiettivi ed eliminare quelle asimmetrie regolamentative che frenano la gestione dei processi locali per lo sviluppo dei territori.Il fiume inteso come indicatore ma-croscopico dello stato di qualità del territorio in cui nasce, scorre e si tra-sforma, funge da elemento ordinatore nel quadro degli assetti insediativi e nell’attuazione dei programmi di tra-sformazione e di sviluppo.La tutela e la riqualificazione del baci-no fluviale, il recupero della sua natu-ralità e la difesa delle biodiversità che ospita, si è intesa come opportunità per costruire una infrastruttura verde, una rete di reti che produce servizi ecologici di importanza fondamentale. Trattandosi di un territorio interno al

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nel configurare il progetto del-la rete ecologica dell’ambito del fiu-me Bussento, il laboratorio ha tenuto conto della strategia per la formazione della rete ecologica pan-europea, la cui realizzazione implica un apporto alle varie scale, nazionale, L’acqua “come fattore di relazione ed esito delle relazioni tra ambiente, si-stemi territoriali e paesistici e le comu-nità insediate”, funziona da collante nell’integrazione delle diverse politi-che di sviluppo e come macroindicato-re di qualità nella gestione ambientale del territorio. In particolare, il potenziamento della rete ecologica, intesa come “sistema infrastrutturale ambientale” locale è stato l’obiettivo strategico del Labo-ratorio, in uno scenario di riferimento per opportune forme di co-pianifica-zione dell’area protetta, più dinamica, negoziale, strategica, che consenta agli enti di essere un soggetto unitario at-tivo della coesione del sistema locale intorno ad un bene comune, spazio collettivo, un progetto condiviso di valorizzazione e sviluppo.

Il fiume come nuovo spazio pubblico Laboratorio del Bussento

LAMAV, CUGRI Centro inter-Universitario Grandi Rischi Idrogeologici[Francesco Santorelli, Marianna Bove, Francesco Matino]

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Il progetto si inseriva all’interno dell’edizione n°83 di Pitti Immagine Uomo con l’ideazione, la progettazio-ne e realizzazione di cinque stazioni temporanee per la distribuzione di pro-dotti enogastronomici appartenenti alla tradizione italiana e la creazione di un layout per ognuno di essi legato alla concezione del cibo come “comforta-ble”. Una serie di percorsi guidavano il pubblico alla scoperta dei chioschi at-traverso una mappa che, distribuita agli ingressi della fiera, rendeva più chiara la geografia nello spazio esteso della fortezza. Una segnaletica coordinata li accompagnava alla scoperta dei punti di ristoro. Il concept del progetto è nato da una corrente di pensiero che fa leva sulla convivialità, ed in particolar modo sulle dinamiche attivate grazie alla fa-miliarità che il cibo è in grado di svi-luppare. Alimenti che rallentano i ritmi frenetici della quotidianità, regalando conforto ai visitatori di Pitti Uomo. Sono stati pensati piccoli chioschi temporanei in cui prodotti o semplici riparazioni facessero leva sul ricordo positivo. Questa pratica oggi viene più comunemente denominata cucina affet-tiva, cibo della nostalgia, cibo dell’af-fetto. Piccoli rituali che portano alla ri-

scoperta di piatti attraverso il recupero della memoria collettiva, sviluppando familiarità, sicurezza, continuità. Si è partiti dalla consapevolezza che il cibo ha la capacità di essere catalizzatore di emozioni e che queste emozioni vengo-no scaturite spesso da un sapore che ci è familiare e che lega a noi un ricordo. Pane con il pomodoro strusciato, la me-renda che preparavano le nonne, una pasta al pomodoro semplice ma cuci-nata con calma e mangiata senza fretta, per rallentare i ritmi quotidiani di una fiera, quella di Pitti Immagine, in cui il dictat è ormai diventato quello del “mordi e fuggi”.

Comfort foodTemporary food station

Archivio Personale, Fortezza da Basso, Firenze

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Abitare significa avere una dimora di-gnitosa, per sé, per crescere la propria famiglia; al contempo significa sentirsi cittadini, appartenere alla collettività. La casa è fatta di alloggi, ma anche di spazi adatti alla socializzazione e allo svolgimento delle attività nel tempo libero. Il Garibaldi 2, un ex residence situato nella periferia di Calderara di Reno, è una imponente struttura di ce-mento armato, composta di un numero elevato di piccole unità abitative su 6 livelli in 6 blocchi contigui. Nel tempo diventa famoso per il crescente stato di degrado, prima sociale e poi struttu-rale: un ghetto. È oggetto di un Piano di Riqualificazione Urbana, affianca-to da un Piano di Accompagnamento Sociale. Architetti di Strada partecipa alla riqualificazione del Blocco 3 af-fiancandosi al lavoro dei progettisti sin dalle fasi preliminari, creando anche alcuni presupposti strategici di gestio-ne futura. Si sta lavorando al progetto degli spazi e, insieme, all’interpreta-zione delle condizioni sociali esistenti e attese in stretta collaborazione con il PAS, perseguendo integrazione e legalità grazie a nuovi legami dentro la comunità insediata e verso la città. L’assetto esterno dell’edificio, le sue

interrelazioni spaziali e visive, la con-nessione con gli spazi e i servizi adia-centi, l’innesto di zone e ambienti di uso comune che affiancano gli alloggi, capaci di accogliere funzioni e servizi di accompagnamento alla residenza, sono tutti elementi cruciali del proget-to, sottoposto a continua verifica con i futuri residenti attraverso momenti di incontro e conoscenza del processo progettuale. Si tratta in sintesi di ri-baltare il modo in cui l’edificio è oggi percepito, con idee e azioni che sono fatte di spazi e persone che li animano, creando la più ampia gamma di oppor-tunità senza gravare sul budget econo-mico di riferimento.

Garibaldi 2/Blocco 3 Il valore ampio della sostenibilità

Architetti di strada, Bologna

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“Drawing By Numbers è il nome di un gioco: unire con un tratto di matita dei punti numerati per scoprire un’im-magine misteriosa. Trasformando dra-wing in growing, crescere, il gruppo di Architettura Attuale ha ideato un pro-getto a carattere ludico-immaginifico in cui protagoniste sono le torri di Mi-lano, quelle storiche, quelle completate e quelle in fase di costruzione. Su cia-scuna, dal Pirellone alla torre di César Pelli nella zona Garibaldi-Repubblica, passando per la Torre Galfa e per il nuovo Palazzo Lombardia, hanno col-locato le cifre da 0 a 9, alte nove metri e composte in totale da 1650 punti luce Capix, un prodotto basato sulla tecno-logia Led RGB. I grandi numeri che si illuminano di rosso al calar del sole, sono diventati familiari nello skyline metropolitano, trasformando le sago-me delle torri in presenze enigmatiche.Milano è in una fase cruciale, sotto una spinta di accelerazione che ne cambie-rà il volto. (…) Le scelte, gli esiti e le modalità di realizzazione sono que-stioni di stretta attualità. Ma i proget-tisti di Architettura Attuale hanno vo-luto soffermarsi sul significato comu-nicativo e simbolico che il crescere (e il rinascere) delle torri milanesi ha per

gli abitanti, secondo il principio per cui la realtà fornisce dati all’immagi-nazione e diviene materia di un proget-to che intreccia design, comunicazione e performance. La città che cambia è resa evidente dai numeri che nella not-te sembrano volteggiare nel buio e che instaurano un dialogo senza parole con chi li osserva.‘Citando Ruedi Baur, crediamo nell’incidente visivo che accade quan-do meno te lo aspetti,’ racconta Paolo Cesaretti, ‘La città è luogo di sorprese. Quante persone hanno visto i numeri? Quante ne hanno parlato? Il silenzio del progetto si contrappone all’inqui-namento da informazione in favore del significato della città, del suo cambia-mento e della sua crescita. Ci doman-diamo che reazione hanno i milanesi di fronte ai numeri. Ci interessa l’ele-mento empatico del progetto’. Una pagina Facebook e un blog tengono aperto il dialogo con i cittadini”Da: Antonella Galli, Growing By Numbers, Interni 610, Aprile 2011.http://www.facebook.com/zeronine.growingbynumbers?fref=tshttps://vimeo.com/58177065

Growing by numbers

Architettura attuale [Paolo Cesaretti e Antonella Dedini], Milano

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A Milano IRA-C ha istituito e diretto la prima FREE UNIVERSITY. Un ci-clo biennale di incontri, esterni ai cir-cuiti accademici, di natura libertaria e multidisciplinare. Nasce dalla necessi-tà di condividere e affrontare dal basso - in maniera aperta ed immediatamente trasmissibile - questioni culturali, dif-ficilmente traducibili con strumenti e tecniche classiche.La free university ha sede nelle piaz-ze, intese non in senso morfologico, ma come luogo propulsivo di azione e conoscenza, che per questo assur-ge al ruolo di accademia. Le piazze della free university sono tutti quei luoghi simbolo di una deformazione nell’esercizio della proprietà. Quei luoghi in cui si manifesta il conflitto tra le forme di controllo antidemocra-tico e la quotidiana e informale ricerca di un livello sempre più alto di libertà e emancipazione. Gli incontri della free university sono momenti di informazione, scambio e ricerca, ma anche esperienze di pro-gettazione partecipata di dispositivi ci-vili indipendenti e sostenibili a sfondo sociale economico e culturale. La free university è promotrice di forme di emancipazione positive, attraverso un

percorso trifasico di conoscenza, auto-organizzazione e operazione, umano, orizzontale e libertario.I relatori della free university saranno scelti partendo da fattori di necessità e merito; nelle “piazze”, durante e dopo gli incontri, verranno raccolte le pro-poste che saranno fatte dai partecipanti o dalle comunità locali ospitanti.Alla fine del ciclo di incontri, è previ-sta la realizzazione di un “volume” a contributo, partecipazione, redazione e distribuzione pubblica e illimitata.Racconterà l’esperienza degli incon-tri, i risultati delle operazioni svolte durante il semestre, le visioni a con-fronto affiorate dall’intero progetto partecipato.

Free university

IRA-C, Milano

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Cos’è Re-Bel ItalyRe-Bel Italy (rifacciamo bella l’Italia e ribelliamoci all’abbandono in Italia) è un manifesto nazionale per il riuso di spazi in abbandono e sottoutilizzati.Re-Bel Italy è una rete nazionale aperta di scambio di saperi e progettualità tra associazioni socio-culturali, esperti e cittadinanza attiva in diverse città d’Ita-lia, che hanno attivato o si propongo-no di avviare progetti che utilizzano il patrimonio edilizio esistente e gli spazi aperti vuoti, in abbandono o sottoutiliz-zati di proprietà pubblica o privata per riattivarli con progetti legati al mondo della cultura ed associazionismo, allo start-up lavorativo per arte, artigianato e piccola impresa, all’accoglienza abi-tativa per popolazioni temporanee e tu-rismo low-cost, con contratti in como-dato d’uso gratuito o a canone sociale.

Finalità economiche, sociali ed urba-nisticheLe finalità che la rete intende persegui-re sono: la rigenerazione urbana in ter-mini di riqualificazione e riattivazione degli immobili e degli spazi aperti in disuso o sottoutilizzo; la sottrazione del patrimonio edilizio dal deperimento; il contenimento del consumo di suolo; la

sussidiarietà con il terzo settore; dare risposta alla domanda diffusa di luoghi di incontro e socialità, di spazi di lavoro ed abitativi; il sostegno agli spazi au-togestiti e ai servizi autopromossi dalle comunità locali. I progetti di riuso sono da considerarsi sussidiari e non sostitu-tivi agli spazi e ai servizi permanenti ad uso della collettività.

EticaI progetti di riuso proposti dalle singole realtà della rete nazionale non perse-guono finalità di mercato immobiliare o speculazione economica ma, si basano su un patto di scambio tra bene comune e capitale sociale; non si propongono come soluzione contro l’occupazione o per la vigilanza delle proprietà, ma come risorsa e laboratorio sperimenta-le per la valorizzazione della città. Si sostengono iniziative di tipo abitativo, lavorativo, ludico e socioculturale ad opera di singoli e gruppi, anche non formalizzati, per lo sviluppo di progetti che abbiano un ritorno sociale, cultura-le, lavorativo per la collettività; non si appoggiano iniziative di stampo politi-co o religioso.

Re-Bel Italy

Tempo Riuso, Milano

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Il tema della trasformazione dei terri-tori periurbani richiama una pluralità di questioni che più volte, in questi ultimi anni, hanno sollecitato l’atten-zione e il dibattito disciplinare. La questione era spesso riconducibile alla necessità di capire cosa rappresenta-no questi territori, definiti da alcuni autori come fragili, sostanzialmente estranei ai processi di riconfigurazione e di trasformazione che investivano i centri urbani. Questa lontananza dai luoghi centrali veniva letta attraverso una duplice interpretazione definendo, di volta in volta, territori marginali o sottosviluppati. Marginali, secondo il paradigma della modernizzazione, ovvero territori in-capaci di liberare, sotto il peso di una fitta rete di relazioni sociali la creativi-tà individualistica ed imprenditoriale; sottosviluppati, invece, in virtù della loro dipendenza, ovvero subalternità, ad accogliere le funzioni necessarie allo sviluppo delle aree più forti anche in virtù di una possibile divisione spa-ziale dei luoghi del lavoro.Entrambe le definizioni utilizzate per identificare questi territori subordina-no il potenziale riscatto all’esigenza di sciogliere i legami sociali e le tradizio-

ni, sia nelle pratiche sociali che nelle modalità di organizzare le produzioni e i consumi. L’utilizzo dell’aggettivo fragile, per la descrizione di questi ter-ritori, vuole essere il tentativo di su-perare logiche descrittive che faticano a leggere fenomeni complessi e rifug-gono dall’individuazione aprioristica di modelli di sviluppo da imporre. Il termine fragile contiene in sé una am-bivalenza; riferisce di situazioni e di elementi di difficoltà che esistono in questi territori, ma rimanda altresì an-che ai rilevanti elementi di valore che li caratterizzano.Accanto a questi elementi di criticità ci sono le virtù della fragilità: patrimo-ni naturali rilevanti, possibilità di dare vita a processi economici integrati nell’ambiente chiudendo correttamen-te i cicli ecologici, utilizzo di risorse più equilibrato alla ricerca di produ-zioni di qualità estranee alla logica di mercati globali. Luoghi marginali in cui è possibile ri-progettare un paesaggio.

Territori fragili e paesaggi marginali

LPA [Carlo Peraboni], Politecnico di Milano

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Come stanno cambiando gli spazi pub-blici oggi? Quali spazi fungono da luo-go di incontro, di scambio, di svago, di rappresentazione? Uno spazio pub-blico è di “successo” se è molto fre-quentato, se è frequentato da tutti, se è spazio dell’incontro, dello scontro, della compresenza, del dibattito? Qual è il ruolo del progettista? Queste sono alcune delle domande intorno alle qua-li si sta articolando il percorso di tesi. Dall’analisi critica della letteratura e dalle realizzazioni prese in considera-zione si possono formulare alcune pri-me osservazioni, da intendersi come schematizzazione di alcune tendenze frequentemente riscontrate e non come generalizzazione totalizzante.Sugli spazi pubblici “della città”: ec-cesso progettuale che livella la varietà e la diversità; spazi soggetti alle dina-miche del marketing urbano e della valorizzazione economica; spazi pri-vatizzati e tematizzati; attuazione di progetti e politiche mirati al controllo e alla sicurezza urbana.Sugli spazi pubblici “dell’altra città”: spazi del quotidiano; luoghi dell’ete-rogeneità; spazi della costruzione di nuove identità e forme di comunità; maggiore tolleranza verso il rischio

del disordine, permettendo così l’im-provvisazione, fondamentale caratteri-stica degli spazi della libertà. “Spazi in cui è possibile riscoprire la dimensio-ne pubblica della vita urbana e legge-re la biografia del pubblico non come autobiografia del progettista” [Cicalò, 2009]. Sulla diversità: diversità di uso, di pub-blico, di possibilità, di forma, di per-cezione, di progetto, di gestione, ecc; la diversità è una grande risorsa per lo spazio pubblico. Attualmente “l’altra città” sembra un terreno più fertile per saggiare la diversità. L’altra città è un possibile e auspicabile campo di speri-mentazione, che come tale deve avve-nire con una dimensione temporanea ampia e non necessariamente a costo elevato. Si hanno esempi di questo in tutta Europa, a partire da esperienze più strutturate fino a episodi di auto-costruzione.

Nuovi spazi pubblici: work in progress

LPA [Daniela Corsini], Tesi di dottorato, Università di Firenze

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Pietralata è un quartiere dalle mille sfaccettature, un’altra città rispetto a Roma. L’architetto Ilaria Vasdeki pa-ragona Pietralata “ad un arcipelago, ogni isola è differente per forma, carat-tere e umanità”, e tutto intorno grandi spazi vuoti. L’unità di ricerca Living Urban Scape/LUS, il Laboratorio Arti Civiche/LAC e il Master Arti Archi-tettura Città/MAAC dell’Università di Roma3, con il supporto del V Munici-pio e della Direzione Servizio Giardini di Roma, hanno organizzato in questo quartiere, nella primavera 2013, il pri-mo workshop internazionale PICS (Pu-blic Identity & Common Space) di tat-tiche di progetto urbano condiviso, con l’obiettivo di trasformare e riattivare alcuni luoghi.Nella prima settimana di workshop le analisi effettuate sull’intero quartiere hanno condotto a Parco Feronia, tas-sello verde difeso da progetti edilizi e automobili in sosta grazie anche all’As-sociazione Culturale Feronia. Nella se-conda settimana si è proceduto con la progettazione e l’autocostruzione di sei piccoli interventi all’interno del parco, con un budget di 7500 euro per i mate-riali. Progettisti - e operai - 45 studenti di architettura e neoarchitetti, coordina-

ti da sei tutor internazionali (Grávalo-sdimonte arquitectos, Wagon landsca-ping, Francisco Guynot de Boismenu e German Valenzuela) con il prezioso aiuto sul campo dei professori del LUS, del LAC e del MAAC, dell’Associazio-ne Feronia e non ultimo degli abitanti, che hanno messo a disposizione le loro competenze o sono rimasti semplice-mente a osservare, intervenendo ogni qualvolta sorgesse un problema.Nonostante le poche risorse e i tempi stretti, le idee di progetto erano tante e ambiziose: attrezzare un parco non si-gnifica solo disporre un paio di panchi-ne, ma permettere l’utilizzo del luogo, favorire la socializzazione e portare un pizzico di magia. La nuova baracchina, le piattaforme, l’area pic-nic e il “Bo-sco a dondolo” costituiscono un sup-porto per le attività che già si svolgeva-no all’interno del parco, come il gioco del tressette, suggeriscono nuovi usi e sono adattabili ad altre funzioni che i futuri fruitori potranno immaginare.

Rivoluzione Feronia, Quartiere di Pietralata, Roma

LPA [Daniela Corsini], partecipazione al workshop PICS, Roma, 2013

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Reazione a Catena è un laboratorio sui quartieri di Fiera Catena e Valletta Val-secchi, nella prima periferia di Mantova, per uno sviluppo urbano partecipato, secondo strategie alternative di recupe-ro del patrimonio inutilizzato, costituito in questo caso da capannoni industriali, proprietà militari, condomini Aler, nego-zi e appartamenti sfitti.L’approccio è quello sperimentale di im-maginare la rigenerazione urbana dal bas-so, coinvolgendo direttamente gli abitanti e i soggetti che vivono il territorio.Inanzitutto per rianimare un dibattito nei quartieri e supportare la rete tra le realtà attive, le associazioni, i comitati. aiutare il dialogo intergenerazionale e intercul-turale e creare dei momenti e dei luoghi di espressione per il quartiere. Durante i mesi di tesi il gruppo ha svolto interviste sulla coesione sociale, intessu-to relazioni, svolto molteplici incontri e mostrato la propria presenza nel quartie-re in una vetrina d’angolo, solitamente vuota, utilizzata come ufficio in cui la-vorare e accogliere i tanti curiosi che sono entrati a raccontare le proprie storie o a dialogare.Gli obiettivi strategici sono stati: ripo-polare, recuperare e coinvolgere. Sulla base di questi principi si sono elaborate

le azioni progettuali, integrando le stra-tegie urbanistiche con l’attività di pro-mozione culturale e sociale, che insieme e simultaneamente, possano rigenerare il quartiere e innescare processi virtuosi a catena.Il progetto ha proposto la rifunziona-lizzazione di tre aree dismesse, prima-riamente la valorizzazione di un sito demaniale militare in alienazione, come distretto culturale e progetto integrato di sviluppo urbano.In secondo luogo è stata immaginata la rigenerazione urbana del quartiere dor-mitorio tramite delle concessioni d’uso temporaneo dell’alta percentuale di lo-cali sfitti, commerciali e abitativi, a fa-vore dell’apertura di nuove attività, di nuove imprese e di sedi di associazioni del terzo settore.Infine la riqualificazione delle sponde verdi del lago con un programma di in-terventi per realizzare la continuità dei percorsi ciclopedonali, oggi interrotti da alcune barriere, e di azioni di auto-costruzione che coinvolgano studenti e abitanti per la riqualificazione dello spa-zio pubblico e per riportare l’ interesse nella cittadinanza nei confronti di luoghi suggestivi ma abbandonati e pericolosi.

Reazione a CatenaRigenerazione urbana partecipata

LPA [Antonia Araldi e Luca Stancari], Tesi di laurea, Politecnico di Milano

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L’oggetto dell’intervento è la croce sul Monserrato: estensione dello spazio pubblico a forte valore identitario. Formalmente un traliccio in ferro a forma di croce su base in cemento, innalzata sulla cima del monte presumibilmente negli anni 30 dalla devota comunità di pescatori di Porto Longone e da allora eletta a monumento pubblico del paese sottostante. In seguito ad un violento temporale, alla croce cade un braccio e in tale stato rimane per più di un anno. Negligenza o impossibilità dell’Amministrazione comunale?Indagando scopriamo che il Comune ha provato a riparare il danno anche cercando sponsor, ma senza successo.Il problema non è tanto il costo dell’opera, quanto la realizzazione rispettando tutti i molteplici parametri normativi odierni: progettazione strutturale, piano di sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione delle opere, demolizione e smaltimento, trasporto, messa in opera, tutte operazioni necessarie per un intervento secondo la legge, e gran parte del lavoro da svolgere tramite elicottero. L’Italia non è la Svizzera, l’Elba non è il Canton Ticino, le abitudini costruttive

sono altre ed i costi improponibili.In gran segreto si forma un gruppo di persone decise a trovare una soluzione. La comunità decide di riparare il danno auto-organizzandosi e divisi i compiti secondo le varie competenze un gruppetto di persone parte per un sopralluogo. L’ingegnere afferma che la base è ancora solida, il fabbro fa il rilievo del pezzo crollato, si pensa come poterla issare ed intanto vengono ingaggiati nerboruti cittadini per il trasporto. Viene riprodotto, trasportato a spalla ed applicato un nuovo braccio in alluminio perché più leggero e inossidabile, poi dipinto con un tono di color marrone ruggine per riprendere il colore della preesistenza. Un abuso edilizio pubblico restituisce un bene alla comunità. Adesso non rimane che attendere che i cittadini alzino gli occhi al cielo e si accorgano che tramite, un operazione illegittima, il monumento è restaurato.

Ricostruzione al buio di braccio di croce

qart progetti [Matteo Fioravanti], Porto Azzurro, Isola d’Elba (LI)

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Una delle tante associazioni di volon-tariato che operano in Regione Tosca-na nel terzo settore porta in vacanza gruppi di giovani e disabili all’Isola d’Elba. Per diversi anni sono ospiti delle scuole di vario grado sparse per gli 8 comuni dell’isola fino a quando amministrazioni e dirigenti scolastici cessano di permetterlo a causa delle normative sempre più restringenti.Dal 2005 AVGE (Associazione Volon-tari Gruppo Elba) e Comune di Porto Azzurro decidono di lavorare assieme per realizzare una struttura ricettiva ad accessibilità allargata, funzionale alla realizzazione di attività di em-powerment e interazione dei soggetti vulnerabili della popolazione (disabili, giovani, anziani, immigrati, tossicodi-pendenti ecc).Il comune mette il terreno, il privato sviluppa il progetto e funge da cerniera tra l’isola ed il continente per attivare le sinergie necessarie a far arrivare la parte dei fondi mancanti e far collabo-rare istituzioni sempre troppo lontane tra loro e dopo circa 5 anni di attivi-tà progettuale e realizzativa apre nel 2012 l’Ostello Sassi Turchini.SASSI TURCHINI è pensata per le diverse forme di vita che si possono

svolgere al suo interno. Una struttura ricettiva diversamente accessibile, un polo di interazione turistica, un luogo di aggregazione che trasforma le diffe-renze in risorse.Un progetto fuori standard realizzato grazie alla collaborazione pubblico-privato, frutto di una pianificazione anti-fragile ma decisa a rispondere con soluzioni concrete attraverso l’offerta di un servizio che risulta, di fatto, di difficile accesso per via istituzionale.

Sassi Turchini

qart progetti con AVGE e Comune di Porto Azzurro, Isola d’Elba (LI)

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[s]mobile urbano è un cubo di cemento 30x30x30 cm su ruote, una lamina di ferro piegata di 5 mm, vari accessori.

[s]mobile urbano è: [ ] un cubo, solido platonico, poliedro parallelepipedo rettangolo regolare [ ] conglomerato cementizio armato [ ] addizione di funzioni [ ] sottrazione di forme [ ] elemento decontestualizzato[ ] grigio dunque anonimo[ ] puro ma accessibile[ ] indeformabile tuttavia flessibile[ ] un mobile troppo pesante da portarsi a casa[ ] un immobile spostabile con carrello a proprio piacimento[ ] comodo ma non troppo[ ] scomodo ma non troppo[ ] un elemento di aggregazione[ ] un intralcio voluto[ ] una base.

Il resto lo farà la vita.

[s]mobile urbano nasce da un progetto selezionato da Esterni per il Public De-sign Festival nel 2011 e si muove per testare lo spazio pubblico a Milano (Pi-azzale Cadorna, 2011), Roma (Roma 3, 2011), a Bologna (Urban Center, 2011), a Firenze (Piazza S. Croce, Piazza S.ma Annunziata, 2011-12) e nel cen-tro storico de L’Aquila (Piazza Regina Margherita, 2011).

[s]mobile urbano

acces_SOS, varie città

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Arroccato su una pendice nella costa occidentale dell’Isola d’Elba, Poggio (frazione del Comune di Marciana) mostra un patrimonio architettonico inserito in un contesto naturale rile-vante. Terra natale di Oreste del Buo-no, fece innamorare Greta Garbo e fu meta turistica di Winston Churchill. A Poggio un’amministrazione comu-nale attenta assieme ad una rete di associazionismo composta da popola-zione residente attiva e pronta a contri-buire allo sviluppo del proprio paese, hanno deciso di approfondire nuovi sistemi per la rigenerazione del borgo.I Comuni in Regione Toscana stanno affrontando il tema della tutela del pa-esaggio con piani urbanistici che vieta-no la costruzione di nuove cubature, la così detta crescita a volume zero. Gli interventi progettuali che ne seguono sono quindi volti alla ristrutturazione del costruito evitando il consumo di suolo vergine, senza però negare una valorizzazione dell’esistente attraver-so gesti progettuali capaci di caratte-rizzare il borgo di una nuova identità.Il progetto dell’albergo diffuso deli-nea ottimamente le nuove esigenze del progetto di architettura quale ipotesi di ricezione turistica sostenibile fondata

sulla inte(g)razione tra popolazione re-sidente e ospiti. “Albergo Poggio Diffuso” vuole espri-mere, tramite l’inversione dell’ordine logico delle parole che lo compongo-no, il tema fondante del progetto. A Poggio l’ambizione è quella di non replicare le caratteristiche canoniche dell’albergo diffuso, ma la realizza-zione di una struttura ricettiva (AL-BERGO) che partendo dal recupero e dalla valorizzazione dei beni materiali ed immateriali del contesto (POGGIO) arrivi alla promozione di un sistema integrato comprendente spazi pubblici e privati, popolazione residente e visi-tatori (DIFFUSO).

Albergo Poggio Diffuso

qart progetti con Isola Etica e Comune di Marciana, Isola d’Elba (LI)

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“Scusi, per Via Leuca?”Laboratorio per il Piano di Rigenerazione Urbana del Quartiere Leuca a Lecce

LUA, Lecce

Il progetto di collegamento tra il parco detto “Tafuro” e le cave esistenti tra via Dei Ferrari e Via San Cesario, a Lecce, è l’esito progettuale del proces-so di progettazione che parte dal Labo-ratorio del Piano di Rigenerazione Ur-bana del Quartiere Leuca denominato “Scusi per via Leuca?” - 11/17 ottobre 2009 (secondo la L.R. pugliese n. 21/2008 “Norme per la rigenerazione urbana” che persegue il miglioramen-to delle condizioni urbanistiche, abi-tative, socio-economiche, ambientali e culturali puntando decisamente sul coinvolgimento delle comunità nei processi decisionali). Il Laboratorio è stato strutturato secondo una strategia-che ha puntato sull’azione delle asso-ciazioni culturali e ha stimolato i par-tecipanti a formare gruppi di lavoro. Ogni gruppo o associazione ha avuto la funzione di facilitatore più o meno consapevole, esploratore del quartie-re e dunque vettore di socialità e in-terazione con gli abitanti. Una tecnica assimilabile all’out reach. L’approccio “creativo” utilizzato, è diventato stru-mento di avvicinamento e di ascolto, senza mediazioni, mediante interviste, video, documentari, installazioni tem-poranee, incursioni teatrali, bicicletta-

te, posizionamento di un “modulo” inuno spazio pubblico (diventato base operativa del Laboratorio e punto di ri-ferimento per chiunque volesse riceve-re informazioni e desiderasse prendere parte alle attività), l’uso di un autobus in disuso (posizionato quotidianamen-te in luoghi pubblici dell’area interes-sata), la chiusura al traffico di un tratto di strada pubblica per lo svolgimento di un evento finale. L’uso di tali mo-dalità, che ha quindi implicato anche l’occupazione temporanea di spazi e luoghi pubblici e dell’abitare, ha con-sentito sia di agevolare l’incontro con gli abitanti, nei luoghi di loro maggio-re frequentazione, sia di amplificare l’attenzione proprio su quegli stessi luoghi, intorno ai quali ruota il proget-to di rigenerazione e, infine, di solleci-tare gli stessi abitanti a ri-immaginare, attraverso il dialogo aperto e modalità di approccio diversificate e creative, quegli spazi, mettendo le esperienze e l’immaginario in comune.

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concept: P. Persico and P. Napolitanodirection: Pasquale Napolitanoassistant director: Antonio Conteperformer: Lili Kbartoksoundtrack: Hypoikòn, many thanks to: Nello Mor-mile and Agnese Mari, special thanks to: Dionisia De Sanctis for the scientific supportShooting: Bracigliano (Sa) 40°49’28”20 N 14°42’22”68 E - (con nostalgia), Perdifumo (Sa) 40°16’9”12 N 15°0’56”88 E - (senza nostalgia)produced for “Città ed Altra Città” the 2nd edition of “Biennale dello spazio pubblico”, Rome, 2013freely adapted from: Anton Čechov - Il giardino dei ciliegi (rus. Вишнёвый сад, Višnëvyj sad) - 1904running time: 3’15”aspect ratio: 1980 x 1020 on 5 screens

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Il Giardino dei ciliegi Con e senza nostalgia

Pasquale Napolitano e Pasquale Persico, Bracigliano - Perdifumo (SA)

La video istallazione si pone come ri-lettura in chiave elettronica dell'opera immortale di Anton Čechov, il topos della memoria familiare, di quella sor-ta di nostalgica impotenza che accom-pagna la presa di coscienza dello svi-luppo della tecnica e della tecnologia, e delle relative conseguenze.Il ciliegio come metafora di ciò che è destinato ad essere sacrificato sull'al-tare dello sviluppo. Partendo da questa impostazione iconografica, abbiamo provato ad approcciare uno slitta-mento semantico, in cui anche il tema dello sviluppo possa venire affronta-to con ma anche, e contemporanea-mente, senza nostalgia. Riconfigurato all'interno dell'estetica multimediale, il ciliegio diviene un indicatore urba-nistico non stereotipato, rilevatore di nostalgia. Nella composizione mul-timediale, sono giustapposti, e poi fi-nalmente sovrapposti: dai ciliegi sel-vatici "senza nostalgia" della "Città del Parco" ai ciliegi coltivati di Castel S. Giorgio, una delle aree industriali più operose del salernitano, stretta tra paradigmi del passato ed un presente incapace di essere decifrato secondo nuovi schemi.

"Il tempo dell’espansione infinita deve essere messo alle spalle; per crescere dobbiamo nuovamente re-imparare a distinguere i segni del potenziale disponibile, senza sprechi, senza ec-cessi, con consapevolezza e senza nostalgia. Dobbiamo riscoprire la bel-lezza e la lirica del giardino dei cilie-gi di Čechov con gli occhi della spe-ranza della metamorfosi generativa. Al cuore della ricerca del nuovo mo-dello di sviluppo morale e sociale, c’è sempre il tema della produzione di valore (anche economico). Ma in que-sta possibile nuova globalizzazione si affermeranno quei territori capaci di produrre differenti valori: valori eco-nomici e spirituali, capaci di tenere in-sieme, apertura e chiusura, concordia e conflitto, efficienza e senso dell’ef-ficacia, individualità e convivialità, immanenza e trascendenza." Pasquale Persico - Paesaggi sublimi contempo-ranei, 2012.

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Lombardia Casaperta, MIRe-bel Italy, MIGrowing by numbers, MI Reazione a catena, MN

VenetoOccupare il margine, VE

Friuli-Venezia GiuliaSpazi opportunità, TS

Piemonte Miraorti, TO

LiguriaCorpi urbani, GE

Emilia-RomagnaGaribaldi2/blocco3, BOCittà della cultura / cultura della città, FE

ToscanaFlorencesoundmap, FIStorie mobili, FIMuri MeP, FIComfort food, FISassi Turchini, LIAlbergo Poggio Diffuso, LIRicostruzione al buio di braccio di croce, LIRestauro ex chiesa di Sant’Antonio, GR

LazioRivoluzione feronia, RM

AbruzzoGuilmiArtProject, CH

SardegnaLa strada che parla, OT

CampaniaNomicosecittà, NACasale Il Sughero, SACittà del Parco, SACittà dei numeri sette, SARoscigno & Roscigno, SAUp: this must be the place, SAPalazzo Fruscione, SAPiccolo arcipelago di sperimentazione del quotidiano, SA Formaborgo, SATrame colorate, SAIl fiume come nuovo spazio pubblico, SALa mensa di tutti, SALe cave e la collina di Castelluccio, SARiqualificzione della costa ebolitana, SALa piazza contemporanea, SA

CalabriaFrontiere aperte, CZ

PugliaLUA, LE

Quadro d’unione

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( g o l f o p e r s i c o )

Quadro d’unione

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Lemmario

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Concerto per una sola persona 135Spazio privato pubblico 135A-progettualità 136Incontro ed incontri 136Matrica 137Spazio antropologico 137Frontiere Aperte 138Progett)Azione 138Cartografia emozionale 139Frammento non pianificato come valore 139Gratuità: il dono non presuppone scambio? 140Città open source 141Città che si fa Storia 142Città che si fa arte 142Arte che si fa Città 142Arte “anima che rianima” 142Città che si fa arte /Arte che si fa città 142Sillabo per Caggiano (SA) 142Sillabo per Salerno 143Monumentalità per il sociale 144Fiume infrastruttura viva 144Sillabo per le cave e la collina di Castelluccio (SA) 145Sillabo per la riqualificazione della costa ebolitana 145Pezzi di ricambio 146Sillabo per Castelnuovo Cilento (SA) 147Lemmario per il Laboratorio del Bussento 147Luoghi con-tratti 148Stessi spazi, nuovi luoghi 148Urbanità liquida 149

Lemmario

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Lemmario

Speranza nel riuso 150Politica pubblica del riuso 151Opportunità 151Non-intentional design 152Comporre l’eterogeneo 152Insegna luminosa 153Learning from the mass 154Manomissione 155mobile urbano 155

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Lemmario

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Concerto per una sola personaQuesto lemma ne intreccia altri due, ‘resilienza dei comuni’ e ‘incontro e in-contri’: la metafora del sughero dice di un luogo per l’incontro, degli incontri, da cui si può partire per ridare identità e vita ai luoghi comuni rurali dimenti-cati (perché diventati incomuni) ovve-ro vie, terre, boschi, fontane, e offrire loro possibilità di resilienza attraverso continue risemantizzazioni, opportu-nità di senso. Questo doppio livello di incontro, del nomade viaggiatore con il temporaneo/stanziale contadino con-temporaneo e di entrambi ogni volta in maniera nuova col territorio, ripercorre la partitura sempre uguale e diversa di un sinfonia di scambi e scoperte, inven-zioni e riscoperte dell’abitare: è l’inat-teso ed eterno concerto in cui le identi-tà si destrutturano e si danno in forme nuove. L’essenziale è realizzare questo concerto anche per una sola persona per volta, lentamente, immaginando una ospitalità sfumata, attenta e discreta, a cui suggerire la valenza simbolica dei luoghi, del luogo di partenza o di arrivo (e di ripartenza), il Casale, come soglia concettuale tra la costa e i monti, tra il mare e le acque interne, come luogo di nuova urbanità: hic domus, rus et urbs.

Amedeo Trezza

Spazio privato pubblicoIn una città dove, uscito dal lavoro, o vai fuori o resti dentro, Casaperta sce-glie un’altra angolazione. Sceglie di essere una casa che non è fatta solo da mura. Sceglie le torte fatte a mano, un viaggio nell’umanità metropolitana, il bello del quotidiano che prende forma nei racconti di sconosciuti che si cono-sceranno, che diventeranno amici op-pure che non si sopporteranno, ma che si saranno messi in gioco.La casa diventa come il vino: un’espe-rienza da condividere, gustare, spie-gare, conoscere. Casaperta buonasera! Chi suona al citofono è così che si sente rispondere il giovedì sera. Sorprender-si. Quattro piani senza ascensore. Chi ascende i 99 scalini, arriva in cima col fiatone, incuriosito, forse anche un po’ preoccupato. Che incontri si faranno? Ci sarà qualcuno che conosco? Lo spazio privato si scopre pubblico, gra-tuito; si aprono le porte, la bocca, le orecchie. Finalmente si partecipa a una rete sociale reale, dove la casa diventa una piazza dove passare tutta la serata o semplicemente fare un saluto. Dove non si sceglie la foto del profilo, perché ci si guarda dritti negli occhi.

Salbe

Lemmario

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A-progettualitàGAP è un progetto senza progettualità alcuna.GAP nasce dal fare di ogni giorno una volta l’anno.GAP è fatto di tentativi riusciti perché fortemente perseguiti assecondandoli.GAP nasce da un’esigenza di socialità condivisa tra tipi sociali differenti in un contesto atipico.GAP non nasce per soddisfare esigenze ma per risolverle generandone altre.GAP è una distrazione che permette di concentrarsi su cose veramente importanti.GAP è stare insieme.GAP ospita ma è anche ospitato.GAP non da spiegazioni.GAP è gratuito in tutte le sue forme si finanzia attraverso la convivenza attiva, ma per questo non è scontato.GAP realizza prevalentemente opere biodegradabili.GAP si serve dell’arte contemporanea come esperienza condivisa da un’intera comunità, il processo artistico è svelato a tutti e diventa un commento alla realtà, uno strumento di analisi che applicata a un territorio ristretto e ad una comunità ridotta svela processi che possono es-sere applicati a comunità e territori di estensione e complessità maggiore.GAP è la prova che è possibile.

GAP

Incontro ed incontriIl festival promuove un modo di vive-re la città più partecipato e più vivo e sostiene la pari opportunità nell’arte e nella fruizione dell’arte, offrendo a tutti la possibilità di accedere alla conoscen-za e all’esperienza artistica e di poter fruire di molte e diverse occasioni di crescita culturale. L’artista creatore nel-lo spazio urbano, potendo sperimentare per una durata di tempo variabile, in un determinato luogo e in una determina-ta circostanza, attiva necessariamente un impatto e un dinamismo particola-re a livello territoriale. Si tratta di un processo in divenire, estemporaneo, di interazione tra gli artisti, il luogo e i suoi abitanti. I cittadini diventano pub-blico ma anche partecipanti, potendo così “incontrare e lasciarsi incontrare”. L’artista contemporaneo è influenzato e influenza la realtà che lo circonda, non è indifferente all’ambiente, ma lo inda-ga e ne respira, attraverso il corpo e il movimento, gli strati più sottili, intimi, nascosti. Una sinergia che il danzatore vive a livello personale, che permea il suo personale vissuto e quello delle persone con cui entra in relazione. L’in-contro avviene dunque su una base rea-le e concreta per poi evolvere verso una sfera più poetica e individuale.

Artu

Lemmario

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MatricaLa matrica è in dialetto gallurese “la mamma”, la matrice da cui si sviluppa e prende forma il “miciuratu”: così noi chiamiamo lo yogurt. Si tratta di un po’ di yogurt che viene prelevato ogni vol-ta dal latte appena quagliato per essere messo da parte e conservato per pre-parare, una volta finito quello vecchio, il nuovo miciuratu per il giorno dopo. Si tratta in poche parole di un piccolo nucleo di fermenti che, nel mettere in moto un processo di trasformazione, permette al latte si solidificarsi e diven-tare yogurt. Niente meglio di questa pa-rola poteva esprimere il senso del pro-getto culturale a cui questo laboratorio intende rifarsi. L’idea è, infatti, quella di costruire un laboratorio che non pro-duce oggetti, ma che si configura piut-tosto come una sorta di lievito – matrica appunto – capace di innescare processi di produzione creativa. Una produzio-ne che non nasce dal niente ma che si sviluppa a partire da una memoria ge-neratrice che alimenta e nutre radici che affondano nel profondo, facendo germinare crescere e sviluppare cose che prima non c’erano, che aiuta a far prender forma ai barlumi che stavano nell’ombra senza riuscire a venire alla luce.

Matrica

Spazio antropologicoSpazio antropologico è un concetto mu-tuato da Elisabeth Pasquier, sociologa che ha accompagnato la regolamenta-zione di un gruppo di orti spontanei a Nantes. Ci siamo serviti di questo con-cetto per quanto riguarda la riconver-sione degli orti spontanei di Mirafiori. Per spazio antropologico si intende il risultato di una pratica di osservazione partecipante svolta con lentezza, capa-ce di ridefinire un ritratto dei luoghi che consideri tutte le sue matrici, in primo luogo quella sociologica trattandosi di un paesaggio densamente abitato come quello degli orti. Per giungere ad una diversa visione abbiamo abbandonato per un anno le planimetrie, autocad, i regolamenti e i progetti preliminari degli uffici tecnici. Coltivando abbia-mo indagato il tessuto congiuntivo tra lo spazio pubblico e lo spazio privato, tra la città e la campagna, tra il punto di vista delle istituzioni e la parola de-gli ortolani. Questo ci ha consentito di mettere a punto per gli orti un modello inedito di trasformazione che prevede il coinvolgimento attivo degli ortolani, implicati in prima persona nella riqua-lificazione.

MIRAorti

Lemmario

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Frontiere AperteIl progetto nasce dalla volonta di spe-rimentare la capacita di un paese ab-bandonato di reinventare se stesso. Da un lato il tema dello spopolamento dei centri storici calabresi e dall’altro la crescente emergenza umanitaria dei pro-fughi nel Mediterraneo si fondono per creare un nuovi modelli di accoglienza e strategie di sviluppo. Il vuoto lasciato dall’immigrazione, quale risultato di un triste distacco per centinaia di Calabresi diventa l’input per nuovi esempi di ar-chitettura sociale. Il 27.12.1997 quando sbarcarono uomini e donne in fuga dal Kurdistan turco, Badolato, contava sol-tanto 250 abitanti sparsi per un migliaio di case, la maggior parte abbandonate e in rovina. Da allora un punto sperduto nella Calabria è diventato sinonimo di accoglienza tra i rifugiati politici di tut-ta Europa. Stretto tra le montagne e la costa jonica, Badolato è un crocevia di storie, di gente che arriva, ma è costretta a ripartire. Si è cercato o in questo per-corso di coniugare integrazione sociale e lavorativa provando a non perdere mai di vista due parole chiave: specificità e contaminazione. L’obiettivo è stato quello di creare una prospettiva di rilan-cio economico legato all’accoglienza.

Frontiere Aperte

Progett)AzioneProgettare e agire la città contempora-nea significa oggi operare in un’ottica multiscalare e transdisciplinare, con-siderando allo stesso tempo locale e globale, particolare e universale, ma anche reinterpretare il proprio ruolo di progettisti focalizzandosi non più su grandi progetti e formalismi estetici, ma sulla costruzione e sulla comunica-zione di immaginari condivisi partendo dalla potenza dei materiali forniti dal reale e dall’abitare, riappropiandosene e traducendoli poi in interventi puntuali e diffusi. Significa ricomporre e con-nettere tra loro rizomaticamente queste situazioni per dare vita a nuovi sistemi micropolitici e di piano, ma anche terri-toriali e immateriali. Implica il lavorare sui flussi riteriterritorializzando le loro esternalità/plusvalori. Attivando pro-cessi di resistenza ai sistemi dominanti, di ri-significazione spaziale e linguisti-ca attraverso tentativi di soggettivazio-ne collettiva e la messa in rete di diver-se competenze e approcci, si interroga-no e producono modelli futuribili nel momento storico di una crisi sistemica, della sua constatazione di massa dovuta in parte alla sua effettività, in parte alla sua retoricizzazione.

G. Fiamminghi, C. Gaspardo

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Cartografia emozionaleLa cartografia emozionale può essere a buon diritto considerata uno strumento essenziale per esplorare l’umanità nelle sue sfaccettature e per dimostrare che il pensiero cartografico non sempre coin-cide con il linguaggio del potere e della sua tendenza ad omologare; essa inoltre ci permette di misurare e rappresentare quella componente affettiva che è in-scindibile dall’esperienza del quotidia-no, e offrendo un valido contributo nel processo di superamento “[…] dell’idea di mappa cognitiva, [può spingere] la te-oria contemporanea [ad] […] “attivare” l’impulso a disegnare mappe al fine di sostenere pratiche di mappatura inter-soggettiva e domare così le angosce e le resistenze che hanno circondato la car-tografia.” (Bruno 2002, p. 242). Adotta-re la cartografia tenera come strumento metodologico, quindi, permetterebbe di rivendicare questa intimità come spazio di interpretazione e di collocare l’urbanistica (dei sensi) e i Soundscape Studies sulla mappa dell’atlante delle emozioni. A questo fine, lo strumento operativo della soundmap sembra pos-sedere le caratteristiche necessarie per un’integrazione dei campi disciplinari suddetti e per una loro interpretazione in chiave emozionale.

A. Radicchi, Tempo Reale

Frammento non pianificato come valoreSia Villa Bighi, residenza operativa del centro studi Dante Bighi, sia i progetti culturali che nascono da questo istituto, sono caratterizzati da una progettazione “leggera” che fa capo a questo lemma. Villa Bighi è una parte (frammento) del grande patrimonio immobiliare e arti-stico del Comune di Copparo rimasta esclusa dalla pianificazione dell’Ammi-nistrazione per quasi 15 anni. In questo senso infatti, la nascita del centro studi Dante Bighi, ha ridato valore artistico e culturale sia al luogo in se sia al luogo in relazione al proprio territorio. Allo stesso tempo, anche i progetti culturali in corso (di cui sopra) utilizzano la me-desima tattica operativa. Infatti, il Mer-cato Coperto di Ferrara (ottobre 2012, marzo 2013) e l’addormentato Teatro Verdi di Ferrara (ottobre 2013) sono obiettivi di pratiche urbane di progetta-zione “a bassa risoluzione”, pensante e non pesante. Mercato Coperto e Teatro Verdi sono di fatto parti (frammenti) del patrimonio pubblico del Comune di Ferrara, ad oggi prive di indicazioni progettuali future. Entrambi gli edifici sono stati distratti dalla pianificazione urbana e risultano essere oggi: il primo parzialmente dismesso e il secondo un grande cantiere in centro. Seguendo il progetto CITTÀ DELLA CULTURA /

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CULTURA DELLA CITTÀ FERRA-RA 2020 entrambi gli spazi dovranno trovare una nuova collocazione nel-la vita urbana di Ferrara, come nuovi contenitori pubblici, rinnovati luoghi urbani, frammenti, non più del passato ma del presente, in grado di trasmette-re contemporanei valori e d’indirizzare futuri percorsi per la/le comunità del prossimo 2020.

Centro studi Dante Bigh

Gratuità: il dono non presuppone scambio?La gratuità rischia di diventare l’ultimo feticcio della contemporaneità, basti guardare all’ultima isteria collettiva che si è generata quando gli sviluppato-ri dell’applicazione “WhatsApp” hanno chiesto ai loro utenti di pagare 89 cent per il rinnovo annuale del servizio. Proliferano applicazioni legate alla fruizione della città che dietro una di-chiarata libertà di utilizzo raccolgono e vendono dati degli utenti per generare profitto. Nonostante ciò molti preferi-scono accettare di cedere gratuitamente i propri dati pur di non acquistare un servizio più rispettoso della privacy. Il limite tra rapporto gratuito e rap-porto disinteressato si sfoca rendendo spesso difficile capire in quale del-le due condizioni ci si trovi ad agire. Per altri versi anche nelle nostre prati-che il limite è difficile da individuare; la gratuità è un requisito indispensabile per sperimentare strumenti di analisi ur-bana e di sviluppo territoriale votato alla partecipazione ma è pur vero che tale gratuità non è disinteressata in quanto le immagini di città che gli abitanti ci aiutano a costruire arricchiscono il no-stro bagaglio di analisi e implementano i nostri strumenti per agire sul territorio. Il dono in questo caso presuppone uno

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scambio anche se il prodotto di questo scambio non ha proprietà intellettuale né mercato; il prodotto finale, l’imma-gine sfocata della città vista dai suoi abitanti, dagli artisti, dagli uomini e le donne che insieme decidono di attra-versarla con solo scopo di goderne, è il vero dono che in maniera collettiva costruiamo e per cui non ci attendiamo nulla in cambio.

Aste e Nodi

Città open sourceOpen source implica guardare alla cit-tà come testo aperto, software il cui codice sorgente può essere modificato continuamente attraverso la partecipa-zione, la collaborazione, l’elaborazione cooperativa e la protopizzazione, che diventano catalizzatori di innovazione sociale. La città open source è continua-mente costruita e ricostruita attraverso la sperimentazione assidua di processi di decodifica e di cooperazione inter-pretativa, in cui si riempiono i vuoti di un ambiente abbandonato o “prescrit-to”, con appropriazioni momentanee che catalizzano la creatività dispersa at-traverso tattiche e immaginari sovversi-vi, distorcenti, eversivi, capovolgimenti silenziosi. Tali pratiche, con l’ausilio di network sociali, configurino “altri” modelli di costruzione “pubblica” dello spazio. Ci dicono come, spesso attra-verso processi di appropriazione “spon-tanei” e usi alternativi dello spazio, esistono una varietà di forme di condi-visione urbana e una progettualità dif-fusa fondata sulla capacità di esplorare il potenziale trasformativo dei luoghi e di immaginare lo spazio relazionale an-che solo attraverso iniziative leggere e a bassa frequenza.

Ilaria Vitellio

Lemmario

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Lemmario

Città che si fa StoriaCittà trama di relazioni fisiche e metafi-siche, Intrecci di nuove identità ed anti-che vocazioni.

Città che si fa arteBrani di città narrano la resilienza del paesaggio.

Arte che si fa CittàDal Sogno (Arte come visione, Guar-dare l’invisibile, percorrere l’ inaccessi-bile) al segno (Arte come linguaggio), al progetto.

Arte “anima che rianima”Vocazione contemplativa dei luoghi, an-tichi tracciati e nuovi percorsi della na-tura creativa, poetica del passeggiare ur-bano, recuperare la meditazione, il pen-siero, le pause mute: ascoltare il silenzio componendo nuove note di emozioni.

Città che si fa arte /Arte che si fa città Progetto-Processo di riconoscimento di valori collettivi, codificati attraverso l’ar-te in forme di linguaggio e rappresentati come segni tangibili e forme della città. Città come narrazione/Arte come lin-guaggio, Spazio della città come Teatro di socialità, Arte site specific come atto compositivo di nuova identità territoriale, Emergenze architettoniche ed ambientali: nuovi portali del futuro, Poli di link all’ arte, Laboratori permanenti di animazione territoriale, Piattaforme di cultura diffusa.

S. Petillo, R. Martino

Sillabo per Caggiano (SA)Architettura decostruenteAspecificaObliquaSlittanteRadicaleCase studioOpificilaboratori luminosiUtopie domesticheTipologie extravagantiEcco il borgo decostruito divenireCittà dell’architettura liberaDi ricerca sperimentaleOgni casa diversa dall’altraTutte insieme una città da studiareDa visitareDa vivere.

U. Marano

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Lemmario

Sillabo per SalernoAccoglienzaGrado di inclusione sociale fisica e fun-zionale.

AppetibilitàDinamica di attrazione economica e so-ciale nel contesto urbano di riferimento.

Bene comuneRisorsa condivisa gestita e fruita dalla comunità di riferimento.

Bene di meritoRisorsa di alto valore morale o sociale da salvaguardare giuridicamente per garantirlo a tutti gli esseri umani, il cui consumo va incoraggiato per i benefici che apporta all’intera comunità.

FermentazioneProcesso evolutivo dell’affermazione identitaria.

Impronta urbanaEntità del segno nello spazio analizzato.

PermeabilitàCapacità del luogo ad essere attraversato.

RiconoscibilitàAttitudine dello spazio urbano ad essere identificato.

Spazio neutroPorzione di territorio non progettato.

Spazio urbanoRete continua di tutto il territorio non edificato all’interno delle città.

Spazio residualeVuoto tra l’edificato, tra le infrastrutture, distribuito in tutti i quartieri.

Verde pubblicoPorzione del territorio comunale che lo strumento urbanistico sottrae all’edifica-zione destinata all’uso collettivo.

Vuoto urbanoArea resa disponibile per obsolescenza o cambio di destinazione d’uso.

A. De Angelis, M. V. Izzo

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Monumentalità per il socialeIn stretta connessione con il Comples-so di San Pietro a Corte, rappresenta un’eccellenza storica di Salerno. Con-servando la sua identità sociale, con il progetto, l’edificio diventa fulcro di nuovi saperi, un unicum architettonico sospeso tra presente e passato, dove si fondono identità e innovazione. Esem-pio di sinergia funzionale, spazio nel quale la storia, e le sue stratificazioni, si coniuga con la contemporaneità del presente attraverso una visione integra-ta con le funzioni tecnologiche e multi-mediali. Far rivivere Palazzo Fruscione attraverso un riutilizzo attivo, come luogo di socializzazione per persone e gruppi interessati alla cultura, alla let-tura, alle diverse forme di espressione artistica, alla valorizzazione, …capace di coniugare proposte culturali ed infor-mative con soluzioni più spiccatamente commerciali. L’edificio rappresenta un modello di monumentalità per il sociale capace di accogliere funzioni di aggre-gazione in un contesto urbano che rac-chiude forte identità storica e contem-poranea in evoluzione.

G. Sarno

Fiume infrastruttura viva In movimento tra città e altra città. Paesaggio.PassaggioPercorso.Rinascita.Momento di riflessione per un’utilità sociale.Reti da pesca per ammagliare versioni di vita urbana rurale.Legno, metallo, un cantiere per le nti-che mura da sommare a strade per bar-che, per roulotte, per biciclette, per cor-rere, alla ricerca di volti locali e nuovi fruiatori, per condividerecon la curio-sità di un vino da scoprireun antico e futuro spazio di tutti!S. Quaglia

Lemmario

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Sillabo per Le Cave e la collina del Castelluccio (SA)InterventoArea Collina Castello medievaleTrasformazioni Espansioni edilizie SnaturareInteresse storico e monumentaleAssalto urbanistico speculativo Componente naturalisticaSistema cave Ripristino ambientale Recupero ambientale Standard urbani Collettività Sistema di relazione territoriale Centro urbano Rete stradaleFitta rete di sentieri collinari Colline di estrazione delle caveDevastazione estrazioneRicca vegetazione mediterraneaPaesaggi geomorfologiaContinuità spaziale e vegetazionale va-lorizzata Creazione di un unico sistema parco, Componente storico-culturale Componente naturalistica-tempo libero.

M. R. Di Filippo

Sillabo per la riqualificazione della costa ebolitana (SA)Spazio adeguato - Spazio non adeguatoSpazio vissuto - Spazio taciutoSpazio diurno - Spazio notturnoSpazio forte - Spazio deboleL’esperienza della progettazione della costa ebolitana è racchiusa in queste sen-sazioni di SpazioDiurno adeguato vissuto forte,SpazioNotturno inadeguato taciuto debole.L’uso è continuo ma diviso tra moralità e immoralità.Progettare il territorio per “Resistere, riadattare, ripristinare ,affron-tare, superare, reagire, rinnovare”Per raggiungere“Welfare”, “benessere” contrario dell’“anxiety”, “angoscia” di uno spazio senza identità.Attuato lavorando sulla rivitalizzazione della fascia. In prossimità della strada con il riappropriarsi del mare dello sfoltimen-to della Pineta Spazio Oggi Cupo sporco dimenticato Domani Luminoso pulito vitale Tutti protagonisti

Lemmario

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In modi diversi Ma tutti attivi.Sarà piacevole Condividere dividere coniugare La nuova urbanitàAttesa voluta cercataEvoluzione naturale dei Luoghi Smarriti e ritovatiConfiniDisconosciuti ora riconosciuti Inaccessibili ora accessibiliTerritoriPrima di nessunoOra di tuttiPer andare - assimilare - annusareIn una parolaRi….Vissuti.

C. A. Marziale, D. Boccone

Pezzi di ricambio“[estratto su Roscigno Vecchia, ndr] le identità tendono al riconoscimento, non è possibile un recinto, nessun centro è dato, i lotti possono subire fraziona-menti, i lotti non possono essere accor-pati, le campiture possono mutare dise-gno, un lotto è: casa, albero, via, altro. Pezzi di ricambio: quasi un sistema. Le integrazioni possono divenire si-stema. L’integrazione può essere strutturale. L’integrazione può essere decorativa.L’integrazione deve essere distinguibile. Può darsi un riferimento alla tradizione.Può non darsi un riferimento alla tradi-zione. L’integrazione non è opera d’artista. Le lacune costituiscono sistema nel sistema.” M. Martini

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Sillabo per Castelnuovo Cilento (SA)Stili di vita

Paese albergoResistenza rurale

Compost collettivoAscolto del territorioMobilità sostenibileMonumenti di pietra Etica nel ristrutturareEcologia della mente Assemblee territoriali

Transumanza di ricucituraLa lana: la trama che connette

Polo locale in rete con il mondoArchitettura e scultura ambientale

Contratto di manutenzione in itinereArchitetture fantastiche e universi irregolariTingere con le piante dell’area mediterranea

Casa per l’ospitalità internazionalePercorsi di autonomia energeticaOrto botanico delle piante tintorieMicroeconomie contemporaneeVerso una strategia rifiuti zero Agricoltura multifunzionale

Laboratori creativiTrame colorate

A. Bevilacqua, P. Cioffi

Lemmario per il laboratorio del Bussento (SA)Acqua e Territorio Obiettivo di qualità ambientale al 2015 in classe ‘buono’Elementi di qualità biologica, corridoi ecologici e RET (rete ecologica territo-riale)Elementi di qualità idromorfoligica, pa-esaggio, assetto idrogeologico e difesa dalle acqueElementi di qualità chimico-fisica, dife-sa delle acque dall’inquinamento e tute-la quali-quantitativa della risorsa idricaDMV (deflusso minimo vitale), bilan-cio idrico, consumi idrici e gestione della risorsaPianificazione urbanistica comunale: contenimento uso del suolo, riduzione del livello di impermeabilizzazione, rispetto della fascia fluviale e assetto urbanistico del territorio, definizione sensibilità paesistiche, depurazione de-centrata, gestione conservativaSviluppo sostenibile, contratto di fiu-me, programma di misure, governance, rete di relazioni.Fiume = spazio pubblico e socialità.

F. Santorelli

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Luoghi con-trattiIl lemma si riferisce a due temi distinti ma spesso sovrapposti nella città con-temporanea. Da un lato si evidenzia la necessità di cogliere la dimensione sin-golare dello spazio pubblico spesso lega-ta ad interventi temporanei che esprima-no il valore del prototipo o dell’esempio.Ambienti costruiti lavorando sui tratti dell’arte ma che rappresentano anche modelli prefiguranti l’organizzazione dello spazio urbano futuro. Si tratta di luoghi apparentemente unici e non ripro-ducibili, come l’evento che li tratteggia e li conforma. Dall’altro ci si riferisce al tema della contrazione delle oppor-tunità di trasformazione legata alla cri-si del welfare che vede la committenza con meno risorse disponibili e maggiori vincoli di risultato. Tale situazione deve essere di stimolo per progetti di costru-zione degli spazi pubblici su dimensio-ni sperimentali e innovative. Nelle città che si contraggono, la concezione che abbiamo avuto sino ad oggi dello spazio pubblico viene messa in discussione e necessita di un ripensamento. I luoghi con-tratti divengono elementi singolari della nostra epoca, spazi di la-voro contemporaneo per la progettazio-ne e costruzione di ambienti singolari.

C. Peraboni

Stessi spazi, nuovi luoghiIl lemma si sostanzia nella contrappo-sizione tra spazio, ovvero il contenitore fisico di tutto ciò che accade nella città e sua essenziale definizione formale, e luogo, inteso come spazio emotiva-mente vissuto. La città contemporanea ha fin troppi spazi pubblici: le quanti-tà risultano ampiamente soddisfatte in tutte le realtà, dalle metropoli ai piccoli comuni. Emergono però due questioni non risolte: molti strumenti urbanistici contengono previsioni a cui le ammi-nistrazioni faticano a dare attuazione; molti degli spazi segnati come servizio si configurano come spazi teoricamente disponibili ma sono invasi dal traffico, utilizzati come parcheggi o non sono accessibili. La sfida consiste nel tra-sformare lo spazio in luogo, attraverso la dimensione operativa del reshaping e/o del management. I più significati-vi interventi che hanno recentemente interessato gli spazi pubblici e più in generale gli spazi di uso comune, sono risultati quelli che hanno riguardato la costruzione di reti, composte da nodi e polarità urbane tra loro collegati, poste all’interno di tessuti già strutturati. Il sistema urbano, attraverso questa ri-strutturazione assume una nuova iden-tità e si creano nuovi spazi per l’azione sociale.

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Riferimenti bibliograficiBottini F. (a cura di), 2010, Spazio pubblico, de-clino difesa riconquista, Ediesse, Roma. Carmona M., Wunderlich F.M., 2012, Capital Spaces: The Multiple Complex Public Spaces of a Global City, Routledge, London.Cicalò E., 2009, Spazi pubblici. Progettare la dimensione pubblica della città contemporanea, Franco Angeli, Milano.Gehl J., Gemzoe L., 2000, New City Spaces, The Danish Architectural Press, Copenhagen.Porta S., 2002, Dancing streets. Scena pubblica urbana e vita sociale, Edizioni Unicopli, Milano.

D. Corsini

Urbanità liquidaLe città richiedono una pluralità di for-me di cambiamento non più schiacciate tra la conservazione delle antichità e l’espansione di nuove costruzioni, né tra il titolo di proprietà privata e quello statuale. L’urbanità liquida rinvia a for-me di uso temporaneo e ibrido, sugge-rite dalla molteplicità di manufatti non utilizzati, di spazi interclusi e di prossi-mità del costruito, lungo un fiume, un canale, ai bordi di un lago e di un’area di tutela ambientale. Sono cambiamen-ti che richiedono un ritorno alla terra e all’acqua, ai luoghi di fondazione delle città di un tempo, al riconoscimento di risorse indispensabili per la vita, il cui valore è universale. Sono forme d’uso che richiedono di riequilibrare l’urba-nizzazione crescente; sono, soprattutto, tipologie d’uso che possono confutare l’omologazione crescente, sia quella dell’economia globale sotto l’emble-ma degli oligopoli finanziari che quello giuridico - formale della legalizzazione di ogni forma d’uso collettiva, permet-tendo di liberare la soggettività sociale e praticando ordinamenti giuridici di fatto, sino a suggerire nuovi modelli di urbanità e nuove pratiche di gestione dei beni comuni. M. C. Treu

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Speranza nel riusoIn Italia esiste un immenso patrimo-nio edilizio ‘inutilizzato’, nel quale si contano oltre 700mila capannoni indu-striali, 5 milioni di seconde case o non abitate, linee ferroviarie obsolete, senza contare l’inestimabile gamma di aree ed edifici del demanio militare.L’abbandono genera vuoti bui, barrie-re allo sviluppo coerente del tessuto urbano, discontinuità nella vigilanza e diffonde un senso d’impotenza e deso-lazione nella popolazione; oltre ai dan-ni immateriali vi è inoltre la perdita di materiali, di contenitori già esistenti e lo stupido disuso di suoli già cementifi-cati, a discapito di nuove lottizzazioni.Riabitare un vuoto significa dare un nuovo senso a ciò che già esiste, eser-citare un gesto di umiltà nei confronti del territorio, consapevolmente ammet-tendo che l’architetto non vuole neces-sariamente lasciare il proprio personale segno autografo, ma preferisce colla-borare per la riconnessione, capire che prediligere il recupero all’utilizzo di nuovi materiali e nuovi suoli è un gesto sostenibile e un guadagno materiale e immateriale per il futuro.Un po’ come fecero nel Rinascimento i maestri, che utilizzavano i materiali dei resti romani (sia per la costruzione del pensiero filosofico sia per la costruzio-

ne materiale delle chiese), oggi siamo chiamati alla sfida del confronto con gli errori e con i grandi mostri abban-donati, a prendercene la responsabilità e rivoltare il problema in possibilità, facendo di queste cattedrali nel deserto i nuovi simboli della creatività e della capacità del paese di reinventarsi, par-tendo da ciò che ha. MoltissimoSimbolicamente ridare vita a un vuoto urbano può dare la speranza ai soggetti coinvolti e alla cittadinanza, che il ma-teriale grezzo, marcio e abbandonato che ci circonda, può essere trasformato in qualcosa di positivo, tramite al mira-colo della creatività

A. Araldi, L. Stancari

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Politica pubblica del riusoLe realtà della rete nazionale Re-Bel Italy intendono: permettere la speri-mentazione di progetti pilota di riuso temporaneo e non; individuare nuovi modelli gestionali per gli spazi riatti-vati, che siano supportati da efficaci politiche urbane per la rigenerazione del tessuto abitativo, lavorativo, socia-le e culturale; chiedere alle pubbliche amministrazioni che le pratiche di riu-so entrino a far parte dell’agenda delle politiche pubbliche di diversi Comuni italiani, anche con risorse economiche dedicate a tali iniziative. La rete Re-Bel Italy sostiene la necessità di avvia-re una riforma urbanistica e normativa che garantisca modalità più “leggere” di accesso agli spazi abbandonati o sot-toutlizzati, che offra strumenti finaliz-zati al risparmio delle risorse territoria-li, energetiche, naturali ed economiche per i cittadini, anche tramite incentivi fiscali e di valorizzazione patrimoniale per i proprietari pubblici e privati che dimostrino di voler sottrarre i propri spazi dallo stato d’abbandono.

Tempo Riuso

OpportunitàIl bisogno di una casa e di un abitare può essere un’emergenza. Nell’emergenza o disagio sociale si nascondono molte opportunità. Saper-le cogliere richiede un altro sguardo, l’abilità di osservare, ascoltare, impa-rare e combattere preconcetti diffusi e troppo faticosi - della società, delle istituzioni, degli operatori sociali, del-le ong o dei lavoratori del terzo settore. Si richiede la precisa e costante volon-tà di fare parlare chi non ha voce, di mettere in gioco ogni elemento ed ogni spazio. Il progetto architettonico può essere uno strumento per trasformare un’emergenza o situazione di disagio, per ribaltarne la lettura e la reazione, per costruire legami sociali, un conte-sto favorevole alla legalità e aumentare l’integrazione di persone diverse. Tutto ciò non è automatico, anche quando ci si mette al lavoro con intenzionalità in questa direzione. È una sfida ogni volta, che si rinnova ad ogni passaggio, che richiede ostinazione nel cercare di rac-cogliere tutte le condizione favorevoli di ogni situazione. Nel mentre - ed infine - si resta sorpresi di quello che si trova.

Architetti di strada

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Non-Intentional DesignArchivio Personale è interessato ad in seguire e promuovere l’osservazione di tutte quelle soluzioni messe insieme e definite da una corrente di pensiero che si chiama NID (Non Intentional De sign). Il NID individua l’insieme di tut-te le azioni svolte dalla gente comune durante le fasi, spesso ripetitive ed in-controllabili da altri, delle loro attività quotidiane. Prendendo spunto dalle te orie di Michel De Certeau(1), l’inven-zione della vita quotidiana offre degli spunti interessanti per chi si appresta, ogni giorno a progettare oggetti e solu-zioni funzionali che migliorino la qua-lità della vita. Il NON-INTENTIONALDESIGN diventa il lemma di riferi-mento per Archivio Personale perché tali azioni perlopiù compiute dalla gente comune non con l’intenzione di fare design, se ben osservate hanno in sé la potenzialità di essere trasformate da architetti e designer, in progetti veri e propri di miglioramento della vita di tutti i giorni.

Note(1) M.D.C. gesuita e storico francese, autore de “L’Invenzione della Vita Quotidiana”.

Archivio personale

Comporre l’EterogeneoRealizzare una sintesi tra diversi temi e scale: dal restauro dei singoli manu-fatti al sistema ambientale, dalla grana minuta dei materiali utilizzati fino alla ridefinizione dei percorsi pedonali e dei tracciati che legano il centro urbano al territorio circostante, dalla bonifica di aree lasciate a discarica al reinserimen-to di essenze autoctone di vaste zone boschive. Il progetto è l’occasione per sviluppare una riflessione metodolo-gica sul concetto di spazio aperto, un concetto ambiguo in grado di tenere insieme livelli e ambiti diversi dal pae-saggio, allo spazio pubblico, al singolo edificio. Il progetto dello spazio aperto implica un pensiero all’interno del qua-le non ha senso l’autonomia dell’og-getto architettonico, e da cui deriva la consapevolezza di non poter agire uni-camente sullo spazio fisico quanto su un sistema eterogeneo fatto di relazio-ni tra spazio, tempo, persone e attività. Non un disegno preciso, ma una moda-lità di approccio in grado di lavorare su un sistema a più dimensioni: dal dato ambientale a quello economico, dalla stratigrafia archeologica agli abitanti. Spazi senza volumi attraverso il tempo.

2TR

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Insegna LuminosaInsegna [in-sé-gna] s.f._1 (spec. pl.) vessillo di un gruppo di persone unite da un’idea o da un programma || piantare le i., porre l’accampamento_2 fig. Pro-gramma, norma di comportamento || fig. servire da i., costituire il punto di riferi-mento ideale di un movimento politico, culturale ecc.Luminoso [lu-mi-nó-so] agg._1 Che emette luce_3 Che è illuminato, pieno di luce_4 fig. Evidente, chiaro, manifesto, ingegnoso, limpido, eccellente, splendi-do, esemplare.È possibile manipolare l’immagine ur-bana? Con questo progetto scopriamo che la città sebbene appaia territorio colonizzabile dalla libertà espressiva e in continua libera mutazione è in realtà una griglia rigida. La codifica dei segni è strettissima: un’insegna luminosa deve significare qualcosa, rendere palese la natura di uno spazio commerciale, ave-re un contenuto pubblicitario o al più di servizio, ma non essere macroscopica e misteriosa o senza significato apparente. Questo offende colui che non capisce e che non si fa suggestionare dall’ignoto. Alla fine sei sempre il delinquente che imbratta i muri con la bomboletta spray.Ma la città è anche luogo di sorprese. Quante persone hanno visto i numeri? Quante ne hanno parlato? Quante si sono

stupite? E può un progetto, questo pro-getto, creare connessione? Può divenire tratto d’unione della diversità e varietà culturale che è parte del tessuto sociale della città? La comunità, lo scambio, il network, il passaparola?

Architettura attuale

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Learning from the massIl tema di quest’anno parte dalla con-siderazione del Mediterraneo come tra-sposizione geografica del concetto di Mass/Piazza. Il Mediterraneo è un ter-ritorio complesso e poliedrico. Fonda il suo originario carattere geomorfologi-co, politico, storico e culturale su di un sistema frattale di interazione paritaria per un’evoluzione libertaria, comune e complementare di tutte le parti. Per il suo sviluppo, tuttavia, è imposto un modello di cultura economica e politica elaborato altrove. Un modello coatto ed esclusivo, causa stessa delle spaccatu-re geopolitiche interne all’area e della conseguente e perenne crisi dei paesi che, dal nord Africa all’Europa, all’area mediorientale, compongono questo arco. Mass/Piazza è soprattutto speri-mentazione di una nuova modalità di organizzazione della vita sociale attra-verso il libero accesso e l’autogestione. Mette al centro la questione del comune come critica alla proprietà privata e alle deformazioni della proprietà pubblica, cioè alle forme del controllo e ai mo-delli di regolazione della vita sociale costruiti intorno alla dimensione stata-le. Mass/Piazza ha la capacita di essere un sistema immediatamente propulsi-vo e produttivo che mette in relazione positivamente realtà molto differenti

tra loro e che, di contro, immerse nella geografia culturale e politica conven-zionale si trovano in conflitto. Questa nuova interpretazione del concetto di comune/pubblico è facilmente rintrac-ciabile nell’immagine sociale dello spa-zio urbano, fisico e digitale, nei paesi dell’arco mediterraneo; negli usi dello spazio “pubblico” nonché nell’idea di spazio pubblico in sé, che la società civile pratica in quest’area geografi-ca (non è un caso che i conflitti hanno come terreno di battaglia proprio quei luoghi che presentano caratteristiche di deformazione del concetto di pubblico, dalle piazze, alla rete, al mare).

IRA-C

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ManomissioneIl Movimento per l’Emancipazione della Poesia agisce all’interno di un contesto urbano manomettendone l’equilibrio estetico preesistente, il quale viene al-terato, ma come conseguenza della ne-cessaria attuazione pratica dei principî del MEP. L’attacchinaggio di poesie sui muri delle città, infatti, è il principale (ma non esclusivo) strumento di espres-sione del Movimento: inevitabilmente, in una città spettacolarizzata (Minca, 2005), una poesia su un muro attrae lo sguardo altrimenti distratto del passante, arricchendo l’assetto urbano di ulteriori significati e percezioni. Pur facendo leva sulle stesse potenzialità comunicative di base di pubblicità e propaganda, una po-esia ha (evidentemente, ormai lice dire) un impatto diverso sull’improvvisato lettore, instaurando con esso un rapporto relazionale e dialogante e non conside-randolo alla stregua di un mero consu-matore. Ma, ancor prima, manomissione va intesa nell’accezione più strettamen-te etimologica, “lasciare andare dalla mano”, ossia “mettere in libertà”. Si associa bene, questo termine, alle condi-zioni attuali della Poesia e non è un caso se il Movimento affianca a questa stessa parola - “Poesia” - quella di “Emancipa-zione”.

MeP

mobile urbanoIntendendo l’accessibilità come pre-disposizione dell’ambiente antropiz-zato ad essere fruito, abitato, vissuto da tutte le popolazioni, [s]mobile urbano non nasce come complemento di arre-do ma come operazione di sottrazione di forme e condensazione di funzioni capace di dare un impulso essenziale alla rigenerazione dello spazio pubbli-co. Lavorare per sottrazione: sottrarre non significa rinunciare. Rimuovere non è solo sinonimo di eliminare. E se lo spazio urbano si rigenerasse to-gliendo? Togliere il superfluo riduce all’essenziale. [s]mobile urbano è un concentrato funzionale di assistenze ur-bane base per il minimo vivere comune.

acces_SOS

Lemmario

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Appendice

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Biografie degli autori

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SALBESalbe, ovvero Alberto e Saschia. Lui ingegnere, lei sceneggiatrice. Lui ta-citurno, lei al confine con la logorrea. Poco diplomatici. Fragola e pistacchio. Proprietari di un blog, di qualche botti-glia di vino di livello e di una macchina senza la quale sarebbero fregati. Co-noscenti dal 1996, fidanzati dal 2004, sposati dal 2010. Insieme hanno impa-rato ad amare il vino, il Sud America, il Friuli, gli amici dell’altro e i km per raggiungerli. Un sogno: aprire l’enote-ca di cui già assaporano il nome.salbeatutti.blogspot.com

Amedeo Trezza Amedeo Trezza si laurea in Filosofia e si addottora in Teoria delle Lingue e del Linguaggio all’Orientale di Napo-li dove collabora per diversi anni alla cattedra di Semiotica insegnando Semi-otica del Testo e Semiotica del Testo Architettonico e Paesaggistico alla Fa-coltà di Architettura della Federico II. Parallelamente avvia in Cilento il pro-getto ‘Casale Il Sughero’ al quale da due anni si dedica a tempo pieno essendosi trasferito a Vibonati nel 2011. Svolge inoltre ricerca etno-antropologica sulla cultura meridionale e del Mediterraneo occupandosi al contempo di turismo re-sponsabile e sostenibile.

Storie MobiliSimona Baldanzi. Nata a Firenze nel 1977. Scrittrice. Federico Bondi. Nato a Firenze nel 1975. Regista. Leonar-do Sacchetti. Nato a Firenze nel 1973. Giornalista.

Federico Bacci (Livorno, 1973) deve la sua formazio-ne artistica a percorsi alternativi, quali la militanza all’interno di centri sociali, da dove provengono molti protagonisti della scena contemporanea fiorentina nati negli anni Novanta. Ha lavorato nel cinema come regista, documentari-sta e sceneggiatore. Nel 2009 insieme a Lucia Giardino inaugura GuilmiArt-Project, un programma di residenza in Abruzzo, del quale è co-curatore.

Lucia Giardino (Vasto, CH, 1968) dalla fine degli anni Novanta lavora nel campo dell’educa-zione in istituzioni internazionali, por-tando avanti insegnamenti incentrati sui linguaggi dell’arte contemporanea. Dal 2011 è Chair della School of Fine Arts di Florence University of the Arts, nella stessa scuola dirige il programma di residenza F_AIR – Florence Artist in Residence. È cofondatore e curato-re, insieme a Federico Bacci di Guilmi ArtProject.

Biografie degli autori

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ARTU Arti per la Rinascita e la Trasformazio-ne Urbana è un’associazione culturale fondata da alcuni giovani professionisti per dare alla città di Genova un perso-nale e innovativo contributo nel campo dell’arte urbana. Alle trasformazioni architettoniche e urbanistiche delle città, pensiamo sia necessario affian-care occasioni di rivitalizzazione degli ambienti urbani, anche al fine di dif-fondere una coscienza critica del cam-biamento e, al tempo stesso, creare una consapevolezza di impiego, formazione e sviluppo delle professionalità artisti-che presenti sul territorio.

MatricaMatrica è un Laboratorio del Diparti-mento di Architettura, Design e Urbani-stica della Facoltà di Architettura di Al-ghero, inaugurato nel 2008 con il Con-vegno internazionale “Fare territorio: linguaggi sensibili e pratiche collettive nella produzione dello spazio urbano”. Tra le esperienze: Comune di Santu Lussurgiu – Progetto Chirros – Officine della memoria, degli immaginari e di progetto; Comune di Calangianus – “La strada che parla”.

MIRAorti Il progetto è nato dall’incontro nel 2009 tra Isabella De Vecchi, agronoma, im-pegnata dal 2000 nella riqualificazione del quartiere Mirafiori e Stefano Oliva-ri, paesaggista, laureatosi all’Ecole du Paysage di Versailles con una tesi sulla zona di Mirafiori sud lungo il torrente Sangone. In questi tre anni grazie a Mi-raorti hanno potuto misurarsi entrambi nel dialogo con le istituzioni, la didatti-ca nelle scuole, la progettazione parte-cipata, l’orticoltura, la comunicazione e l’animazione territoriale.

Centro studi Dante Bighi Il centro studi Dante Bighi nasce nel 2008, per mano di un gruppo di archi-tetti, già riuniti in UXA, con eterogenee professionalità, incaricati di dare una risposta strategica al Comune di Cop-paro [FE] in merito alla richiesta di ri-qualificazione culturale del patrimonio immobiliare pubblico, non attivo, di Villa Bighi. Dal 2008 il centro studi si occupa di produzione culturale, proget-tazione artistica, programmazione cul-turale strategica, formazione e sviluppo del territorio e riuso di spazi aggregati-vi pubblici.

Biografie degli autori

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Biografie degli autori

Frontiere Aperte Frontiere Aperte è il risultato di una tesi di laurea che parla di architettura sociale, e lo fa partendo dalla Calabria. Appena avviato il percorso di ricerca non sapevamo il punto di arrivo e non esisteva nessuna tesi da dimostrare ma nonostante ciò eravamo, e tutt’ora lo siamo, certi che se esistono ancora pro-getti in grado di modificare il rapporto tra persone e territorio è giusto che pro-vino a farlo in luoghi per troppo tempo dimenticati. Noi siamo Carlo e Fabio, neolaureati in Architettura presso il Po-litecnico di Milano.

Giovanni Fiamminghi (29/09/1984) Laureato a pieni voti in Architettura (Clasarch Città Iuav di Venezia). Mi occupo di spazio urbano e abitare, pratiche d’uso e costruzione, individuali o collettive, con approccio transidiciplinare e multiscalare. Inda-gando i nessi tra ricerca e azione diretta, studio e sperimento processi di attiva-zione sociale ed autorganizzazione, co-progettazione e trasformazione spaziale attraverso interventi di risignificazione di habitat e linguaggi.

Chiara Gaspardo (06/06/1985) Laureata a pieni voti in Progettazione e Produzione delle Arti Visive vive e lavora a Venezia; opera in quei luoghi in cui l’incontro di creati-vità autoprodotte e di condivisione dei saperi sono possibili. Si occupa della creazione di spazi realmente collettivi e di nuovi immaginari del vivere urbano.A Venezia collabora attivamente con il gruppo informale Marziani.

LUAIl Laboratorio Urbano Aperto è nato a San Cassiano (Lecce) nel 2003. Nell’ottobre 2005 si è costituito in as-sociazione culturale con sede a San Cassiano, conservando la precisa vo-lontà di mantenere e salvaguardare il carattere auto-organizzato e spontaneo che ha accompagnato la sua nascita. Intorno al nucleo che formalmente è costituito dai fondatori dell’associazio-ne, opera via via un gruppo eterogeneo di persone, costituito da diverse figure professionali, tutti accomunati da una missione, che ciascuno modula e arric-chisce in funzione del proprio retroter-ra culturale, disponibilità, sensibilità e competenze.

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MANIFETSO2020Manifetso2020 è un progetto ideato agli inizi del 2011 da un gruppo di giovani studenti, ricercatori e professionisti con formazioni e percorsi lavorativi etero-genei che per lavoro, studio, passione o semplicemente per residenza gravi-tano attorno alla città di Trieste. MA-NIFETSO2020 si è posto l’obiettivo di costruire a Trieste un team pluridisci-plinare capace di proporre una serie di progetti realmente concretizzabili che partendo dalle esigenze espresse dal contesto locale siano intelligenti (sia dal punto di vista tattico che strategi-co) nel confrontarsi con alcune delle dinamiche contemporanee che contrad-distinguono diverse città a livello mon-diale come ad esempio la crisi occupa-zionale ed economica, la decrescita, la contrazione (shrinking cities) nonché l’impellente necessità di una ri-defini-zione di un’identità locale funzionale ad un riposizionamento competitivo a livello europeo del capoluogo giuliano.

Tempo Reale Tempo reale è stato fondato da Luciano Berio nel 1987 con lo scopo di realiz-zare attività sulla musica di ricerca e di promuovere un’idea moderna e aperta della cultura musicale in collaborazio-ne con centri e istituzioni in Italia e all’estero. Il Centro è oggi un luogo pri-vilegiato per la ricerca, lo sviluppo e lasperimentazione di nuove tecnologie applicate alla musica e si pone come importante punto di riferimento per compositori, esecutori e artisti di tutto il mondo. Le sue attività hanno luogo sul territorio della Regione Toscana ma toccano anche i principali contesti euro-pei della musica contemporanea. Fran-cesco Giomi: compositore e regista del suono, ha coordinato l’equipe di Tempo Reale per i lavori di Luciano Berio e di altri compositori, registi e coreografi in importanti teatri e festival di tutto il mondo. Insegna musica elettronica al Conservatorio di Musica di Bologna. Antonella Radicchi: Architetto e dotto-re di ricerca in Urbanistica, Antonella è anche ideatrice e curatrice della mappa sonora di Firenze. Ha svolto le sue ri-cerche dottorali presso la SA+P di MIT (Cambridge, USA) e presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Nel 2010 ha ottenuto il titolo di Dottore di ricerca in Progettazione Urbanistica e Territoria-

Biografie degli autori

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le, con la dissertazione “Sull’immagine sonora della città”, insignita del Premio INU 2010 per la migliore tesi di dotto-rato in Urbanistica e del Premio Ricer-ca Città di Firenze 2011 – Sezione Pub-blicazioni. Ha insegnato e tenuto talk sia in Italia che all’estero, e ha all’attivo numerose pubblicazioni internazionali. Dal 2011 collabora con Tempo Reale, Centro di Ricerca di Firenze, in attività e progetti di ricerca sul paesaggio so-noro. Le sue ricerche si collocano nel campo dell’urbanistica sensoriale e del-le atmosfere, con particolare attenzione al progetto di paesaggio sonoro nella città contemporanea.

Aste e NodiÈ un’associazione nata nel 2009 da un gruppo di studenti, laureati e ricerca-tori di diverse discipline e di diverse provenienze geografiche con lo scopo di dare vita ad un soggetto che si fac-esse promotore di un approccio nuovo al territorio a partire dalla pluralità di sguardi che lo compongono; un approc-cio capace di coglierne la complessità, attento sia alla dimensione fisica che a quella immateriale fatta delle relazioni sociali che lo compongono e lo attra-versano. La definizione “Agenzia infor-male di sviluppo locale” sta ad indicare l’atipicità di questa esperienza che rac-chiude in sè diverse professionalità con lo scopo di promuovere dei processi i sviluppo “altri” rispetto a quelli tra-dizionalmente proposti a livello istituz-ionale. L’informalità che ci caratterizza sta nella natura delle pratiche che utiliz-ziamo attraverso le quali cerchiamo di innescare processi di sviluppo locale a partire dal territorio e dalle sue potenzi-alità, lontani dalle logiche limitate alla promozione del territorio in un’ottica di captazione di finanziamenti pubblici.

Biografie degli autori

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qart progettiRaggruppamento modificato e modi-ficabile nel tempo, di professionalità miste ed in divenire tendenti all’ap-plicazione delle differenze tra le so-luzioni possibili: ricerca espressiva, pratica professionale, attività didattica, esperienza diretta, prosa e poesia: dia come dichiarazione d’intenti abitativi, laboratori come botteghe, concorsi di progettazione e mappe dell’accessibi-lità, strategie di comunicazione, pasti, allestimenti urbani e non. qart progetti oggi sono Donatella Caruso, Matteo Fioravanti, Margherita Bagiacchi.

Ilaria VitellioPlanner con specializzazione, master e dottorato-PhD in urbanistica e piani-ficazione, si occupa da diversi anni di strumenti di governo del territorio e di politiche urbane e territoriali (rigenera-zione creativa e recupero e riqualifica-zione ambientale, urbana e territoriale). Ha svolto per diversi anni docenza a contratto presso la Facoltà di Archi-tettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e seminari presso altre università Italiane, collaborando a diverse ricerche nazionali e internazio-nali. Pubblicista di libri e saggi, recen-zionista e referee delle maggiori riviste italiane di Pianificazione e sviluppo ter-ritoriale. Componente di organi scien-tifici è attualmente membro del gruppo di coordinamento della Biennale dello Spazio Pubblico e a bassa frequenza.

Saveria PetilloAvellino 1977. Architetto exhibit-designer si occupa di interior, retail e progettazione allestimenti (mostra Edward Hopper presso il Museo Fon-dazione Roma,2009). Presiede l’ As-sociazione PROp.o.CITY dedicata all’implementazione di progetti di ri-qualificazione urbana.

Biografie degli autori

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Lucia De SantisSalerno 1975. Architetto- urbanista, esperta di politiche urbane e programmi complessi.. Si laurea con lode in Archi-tettura presso la Facoltà di Architettura dell’Università Federico II di Napoli. Consegue il diploma di Management di Area Vasta e Finanza di città. Dal 2007 collabora con l’ANCE - Associazione Nazionale Costruttori Edili di Salerno, occupandosi di attività di monitorag-gio ed offrendo servizi di consulenza e supporto alle imprese ed alle pubbliche amministrazioni in materia di edilizia, pianificazione territoriale ed urbanisti-ca e di efficientamento energetico.

Francesco SantorelliSarno (SA )1976. Si laurea in Ingegne-ria Civile con indirizzo Idraulico nel 2003 all’Università degli studi di Sa-lerno. Dopo un periodo di esperienze presso imprese nel settore della manu-tenzione di infrastrutture ferroviarie, ha operato nel campo della pianificazione territoriale e la valutazione paesaggi-stica e ambientale di piani e progetti. Libero professionista dal 2010 eser-cita con competenze nei settori della progettazione territoriale di area vasta, dell’ingegneria idraulica e della riquali-ficazione sismica/strutturale ed energe-tica/ambientale.

Amalia BevilacquaMaratea (PZ) 1971. Architetto dal 2001, laureata alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dove si avvicina e frequenta i primi movimenti legati all’architettura naturale, e della decrescita felice (F. La Cecla, M. Pallante). Ha collaborato con il Dipartimento di pianificazione terri-toriale e urbanistica dell’Università’ de-gli Studi di Roma “La Sapienza” nella redazione del PUC di Frascati (RM). Ha lavorato a progetti con fondi FSE Ob. 3 Mis. C4, come esperto esterno per il modulo “da vincolo a possibilità: l’ambiente fluviale” del PON “Le(g)ali al sud: un progetto per la legalità in ogni scuola” ob. c.. Ha prestato la con-sulenza per gli impianti di fitodepura-zione per una ONG nei territori occu-pati della Palestina e la collaborazione al Progetto Cortili del Comitato Urban 2 per lo studio di architettura Avventura Urbana di Torino.

Biografie degli autori

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Biografie degli autori

Raffaella MartinoPisa 1972. Architetto, libero profes-sionista, si occupa di progettazione in diversi ambiti architettonici quali nu-ove costruzioni, ristrutturazioni, arre-damento e architettura degli interni. Partecipa inoltre a progettazioni gis.

Sabrina QuagliaEboli (SA) 1975. Si laurea con lode nel 2002 in ingegneria edile presso l’Università di Napoli “Federico II” indagando il tema del comportamento sismico dell’edificato storico in mura-tura nei concetti di duttilità/rigidezza. Estende la pratica progettuale del recu-pero/conservazione edilizia allo studio urbanistico degli insediamenti urbani e storici - Comune di Napoli, Diparti-mento di urbanistica e Casa della città. 2005 – LaMAV, Copparo (FE), Salerno, Caggiano, Eboli, altri enti]. Partecipa alla redazione di analisi e promozione territoriali - Provincia di Napoli,Parco nord - Comune di Maiori, Convento di San Domenico. Attualmente alla libera professione affianca l’attività di forma-zione e tutoring nel LaMAV Laborato-rio di Management di Area Vasta.

Dina BocconeSalerno 1980. Architetto dal 2008, lau-rea conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II con tesi in Pianificazione Urbana, settore in cui ad oggi continua ad operare. Ha colla-borato con il Comune di Eboli, settore Urbanistica, partecipando alla redazio-ne del Puc e di piani attuativi pubblici e privati.

Carmela Angela MarzialeFrancavilla in Sinni (PZ) 1961. Archi-tetto dal 1992, laurea conseguita pres-so l’Università degli studi di Napoli Federico II con tesi in Progettazione e Riqualficazione Urbana di “Largo S. Petrillo” – Salerno. Si occupa di pro-gettazione architettonica e urbana ed è appassionata di arte contemporanea e design.

Maria Rosaria Di FilippoSalerno 1965. Architetto, ha operato in collaborazione con altri affermati pro-fessionisti, nel campo del recupero dei beni architettonici e su opere di rilievo regionale. Ha approfondito ricerche nel settore dell’implementazione di proget-ti multimediali, con Università e Cnr. Ha approfondito settori come la colla-borazione con i Comuni per progetti di finanziamento nazionale ed europeo.

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Biografie degli autori

Maria GiordanoSalerno 1966. Laurea in Architettura, conseguita presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli nel 1997 con tesi in Progettazione Architettonica dal titolo “Ingresso alla valle dei mulini in amalfi - Un itinerario turistico tra le vecchie cartiere”. Ha collaborato a nu-merosi progetti a scala territoriale e ur-bana per enti pubblici e aziende private. Negli ultimi anni ha lavorato sulle te-matiche della Programmazione Comu-nitaria partecipando alla realizzazione e monitoraggio d’interventi integrati.

Giuseppina SarnoNapoli 1983. Laureata in Architettura alla “Federico II” di Napoli nel 2007. Partecipa a diversi concorsi di architet-tura lavorando per vari studi di proget-tazione di Salerno e Napoli. Consegue il Master in Architettura per l’Archeo-logia presso “La Sapienza” di Roma. Attualmente si occupa di Management d’Area Vasta collaborando con la BAP di Sa e Av e con l’ufficio LL.PP. del Co-mune di Castel San Giorgio (SA).

Antonella De AngelisNocera Inferiore (SA) 1974. Si laurea con lode in architettura alla Federico II di Napoli e dopo una breve esperienza presso il Comune di Venezia ritorna a Salerno dove continua la sua formazio-ne con master post laurea/stage, comin-cia a esercitare la libera professione. Contemporaneamente collabora con la Soprintendenza BAP di Salerno nel settore del restauro e con il Comune di Nocera Inferiore occupandosi di urba-nistica.

Maria Veronica IzzoCastel San Giorgio (SA) 1979. Si lau-rea con lode in Architettura nell’ateneo napoletano Federico II dopo aver fre-quentato il VI Seminario di Progetta-zione Urbana in facoltà italiane ed este-re. Approfondisce i temi della proget-tazione partecipata e sostenibile presso l’Università di Roma Tre e consegue il diploma di Management di Area Vasta e Finanza di città. È dottoranda in Inge-gneria Civile per l’Ambiente e il Terri-torio e componente del Gruppo di Tec-nica e Pianificazione Urbanistica presso l’Università di Salerno.

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Biografie degli autori

L.P.A. Il Laboratorio di Pianificazione Am-bientale è una struttura di ricerca e di supporto alle attività didattiche del Po-litecnico di Milano - Polo di Mantova. Il laboratorio si occupa dello sviluppo di progetti urbanistici con particolare riferimento alle problematiche della valutazione dell’idoneità e della soste-nibilità delle scelte di piano. L’attività si articola nelle direzioni della ricerca, dell’applicazione dei metodi e delle procedure elaborate e del confronto con altre sedi di ricerca in ambito locale, na-zionale ed internazionale. Il gruppo di ricerca che affronta il tema degli spazi pubblici è composto da Maria Cristina Treu, Carlo Peraboni, Daniela Corsini.

Maria Cristina TreuProfessore ordinario di Progettazione Urbanistica, è responsabile/direttore di LPA e svolge attività didattica e di ri-cerca presso il Politecnico di Milano. Si occupa di pianificazione a scala comu-nale e sovracomunale, di valutazione dei grandi progetti di intervento territo-riale, di sistemi di bilancio economico-sociale ed ambientale e di metodi di analisi e rappresentazione cartografica dei fenomeni territoriali.

Carlo PeraboniArchitetto, ricercatore presso il Dipar-timento Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Si occupa dei temi dell’integrazione tra le strategie di conservazione e tutela ambientale e la pianificazione urbana e territoriale.

Daniela CorsiniArchitetto, dottoranda in Progettazione della Città, del Territorio e del Paesag-gio all’Università di Firenze con una tesi sulla pianificazione dello spazio aperto urbano. Partecipa all’attività di-dattica presso la Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano.

Reazioni a catenaAntonia Araldi e Luca Stancari hanno svolto un progetto di tesi per la Laurea Magistrale, ottenuta con successo il 24 04.2013, presso la sede mantovana del Politecnico di Milano, su un progetto di rigenerazione urbana par-tecipata in due quartieri Mantovani, seguiti dalla Professoressa Maria Cristina Treu.Da allora hanno costituito un gruppo, dall’omonimo nome Reazione a Catena, che prosegue il progetto avviato in sede univer-sitaria, finora con piccole azioni urbane di “rianimazione” del quartiere e perseverando nella contrattazione e promozione verso il processo di sviluppo integrato auspicato.

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Biografie degli autori

Tempo RiusoSiamo attivisti, ricercatori, artisti, as-sociazioni culturali, cittadini e pro-muoviamo una rete fisica e multime-diale per lo scambio dei saperi e delle conoscenze sulla base di esperienze e sperimentazioni di progetti di riuso in diversi contesti in Italia e all’estero.

Architettura AttualePaolo Cesaretti e Antonella Dedini, in-dagano differenti criteri di interpretazi-one dello spazio combinando architet-tura, design e comunicazione. Il con-testo, le relazioni, l’essenziale sono gli elementi ispiratori di questa pratica pro-gettuale. Sono autori dell’installazione Growing By Numbers, temporaneo landmark della città di Milano. Il pro-getto è stato selezionato per l’ADI De-sign Index 2011 e concorre per il pros-simo Compasso d’Oro. Hanno inoltre partecipato alla XIII Biennale di Vene-zia con l’installazione luminosa The Ir-rational City.

Architetti di stradaL’associazione Architetti di Strada, composta da architetti, urbanisti, es-perti di diritti umani e comunicazione, nasce a Bologna nel 2010 proponendosi di migliorare la risposta ai disagi sociali ed abitativi con progetti sostenibili in termini economici, ecologici e sociali. Lavora per la centralità del progetto tecnico di architettura nelle modalità con cui viene affrontato il disagio, ba-sandosi sull’ascolto del bisogno e la creazione di reti di collaborazione.

IRA-CLaboratorio di interazione ricerca e ar-chitettura in contesto di crisi, nasce nel settembre 2009 nell’intento di creare una struttura pubblica e permanente di sostegno alla ricerca in ambito di strat-egie di sviluppo urbano e sociale. IRA-C ha realizzato progetti a carattere locale e internazionale partecipando alla Biennale di Architettura di Venezia 2013, alla XXII Biennale del Design di Istanbul e a São Paolo Calling.

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Biografie degli autori

Archivio personaleArchivio Personale è uno studio di de-sign fondato a Firenze nel 2010. Lo studio focalizza la sua attenzione su progetti di set-design, produzione di eventi, style consultancy e trend fore-casting. Alessandra Foschi, Francesca Pazzagli e Giulia Iaquinta, fondatrici di Archivio Personale, si sono laureate in architettura all’Università degli studi di Firenze. “La filosofia di Archivio Personale si basa su un approccio con-cettuale ispirato ad un design non in-tenzionale e da ciò che risulta a volte una soluzione inaspettata. Parte da una esperienza iconografica e visionaria che genera risultati unici ogni volta, perché diverse sono le committenze, gli spazi, le persone che ne fruiranno. L’attenzione per i dettagli e l’emozione che questi possono generare nelle per-sone, sono punti di partenza fondamen-tali nei loro progetti.

2tr architettura - territorio e ricercaLo studio 2tr è stato fondato nel 2000 da Luca Montuori (1965) e Riccardo Petrachi (1967).Spazio aperto o spazio esterno; pae-saggio, territorio o ambiente; giardino, spazio pubblico o arredo urbano; re-movibile o temporaneo. La difficile questione di definire il tema intorno a cui si struttura il lavoro di uno studio di architettura si scontra sempre con la necessità, dovuta a termini sempre più generici e spesso abusati, di dover dichiarare la propria posizione risp-etto all’oggetto delle proprie ricerche. Dal momento che le occasioni di pro-getto sono sempre meno il frutto di una scelta, conviene concentrarsi più sull’approccio al tema e sulla strategia del progetto stesso che sull’oggetto del-la riflessione architettonica.

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Movimento per l’Emancipazione del-la PoesiaIl MEP nasce nel marzo del 2010 con l’intento di restituire alla Poesia gli spazî che le appartengono. Da allora, rifiutando qualsiasi limitazione (terri-toriale, contenutistica, operativa) non vista come invalicabile, si adopera per perseguire il proprio scopo. Le poesie del Movimento sono ad oggi visibili sui muri di Firenze, di Milano, di Torino, di Roma, di Pisa, di Lecce, di Bolzano, di Venezia, di Genova, di Napoli e di altri comuni minori. Sono state realizzate decine di esposizioni, di volantinaggi, di collaborazioni. Il MEP agisce, e con-tinuerà a farlo, nell’anonimato.

Biografie degli autori

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Biografie dei curatori

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Biografie dei curatori

LaMAV Laboratorio di Management d’Area Vasta, è un laboratoario di altaforma-zione promosso dall’ANCE di Salerno con l’Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche e Dipartimento di Ingegne-ria Civile - Corso di Urbanistica. I pro-getti illustrati sono una parte dei lavori prodotti dalle attività del Laboratorio che dal 2005 sperimenta il metodo del lavoro in gruppi multidisciplinari coin-volgendo diverse professionalità che operano sui temi del territorio. Profes-sionisti allievi e/o consulenti - ingegne-ri, architetti, urbanisti, agronomi, eco-logi, geologi, ingegneri idraulici, eco-nomisti, giuristi - che partecipano alle attività del laboratorio, hanno fornito il loro apporto essenziale allo sviluppo dei progetti nei diversi settori di com-petenza. Gli Enti partner sono coinvolti in tutte le attività del LaMAV nell'am-bito del quale partecipano attivamen-te sperimentando una collaborazione basata sul reciproco supporto e sullo scambio di esperienze di apprendimen-to e di conoscenza.Pasquale Persico, responsabile scien-tifico; Iole Giarletta, direttore respon-sabile del coordinamento; Sabrina Quaglia e Lucia De Santis, assistenza tecnica e tutoring.

acces_SOS acces_sos è un gruppo di lavoro che mette in rete studi professionali inter-nazionali di progettazione urbana. Og-getto di ricerca ed intervento è lo spazio pubblico ed il suo grado di accessibilità e fruizione da parte della collettività. Sviluppa strategie urbane di recupero ed integrazione di aree a forte degrado sociale. Mette a sistema azioni e rispo-ste secondo un metodo di lavoro spe-rimentale, pluridisciplinare e di scesa in campo diretta con la cittadinanza.Affianca alla progettazione un lavoro di ricerca continuo ibridando le discipline di architettura e urbanismo con l’arte contemporanea, il graphic e industrial design, la sociologia urbana, la politi-ca dello sviluppo del territorio. La rete dei professionisti implicati permette di rispondere alle molteplici esigenze del-le amministrazioni pubbliche e private dalla redazione di progetti europei, a progetti di formazione, laboratori citta-dini, interim use planning, Strategic Ur-ban Design. Formano acces_sos: qart progetti di Firenze, Ta Sca studio di Bo-logna, Territori24 e La Petita Dimensió di Barcellona. Responsabili scientifici e coordinamento generale: Matteo Fiora-vanti di qart progetti, Cristina Tartari di Ta Sca studio, Filena M. Di Tommaso de la Petita Dimensiò.

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