La città è proprio cambiata, mi sono detto, Qua c’era Mo- roni ......Umberto Lucarelli,...

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Vicolo Calusca è un cammino interiore e un andare per le vie del Ticinese sulle tracce dei luoghi dell’estrema sinistra milanese dei cosiddetti anni set- tanta, un incedere che a tratti diventa corsa a perdifiato lungo il versante di una memoria che non chiede più conto a se stessa, che non interroga più, che non chiede più assoluzioni, pene, divisioni o condivisioni, una memoria che è flusso, semplice amore del tempo. I volti, le vite, le scelte delle persone che in quegli anni, in quelle strade, in quella città – Milano –, si sono rac- colte attorno alla libreria Calusca di Primo Moroni e hanno sognato una rivo- luzione. Umberto Lucarelli, scrittore, regista e operatore sociale. Ha pubblicato: Non vendere i tuoi sogni, mai (Tranchida 1987; Bietti 2009), Ser Akel va alla guerra (Tranchida 1991; Bietti 2009), Il quaderno di Manuel (Tranchida 1994), Fossimo fatti d’aria (BFS 1995), Nulla (BFS 1999), Pavimento a mattonella (BFS 2001), Sangiorgio il drago (Ibis 2008), Rivotrill (Bietti 2011). È tra i fon- datori del premio letterario Sofia, rivolto agli studenti delle scuole superiori. Ha realizzato film brevi e documentari nell’ambito del progetto Educare alla diversità fra cui ricordiamo Il valore di esistere; Cerco lavoro; Convenzione Onu: Da ciascuno il suo.

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  • Vicolo Calusca è un cammino interiore e un andare per le vie del Ticinesesulle tracce dei luoghi dell’estrema sinistra milanese dei cosiddetti anni set-tanta, un incedere che a tratti diventa corsa a perdifiato lungo il versante diuna memoria che non chiede più conto a se stessa, che non interroga più,che non chiede più assoluzioni, pene, divisioni o condivisioni, una memoriache è flusso, semplice amore del tempo. I volti, le vite, le scelte delle personeche in quegli anni, in quelle strade, in quella città – Milano –, si sono rac-colte attorno alla libreria Calusca di Primo Moroni e hanno sognato una rivo-luzione.

    Umberto Lucarelli, scrittore, regista e operatore sociale. Ha pubblicato:Non vendere i tuoi sogni, mai (Tranchida 1987; Bietti 2009), Ser Akel va allaguerra (Tranchida 1991; Bietti 2009), Il quaderno di Manuel (Tranchida 1994),Fossimo fatti d’aria (BFS 1995), Nulla (BFS 1999), Pavimento a mattonella(BFS 2001), Sangiorgio il drago (Ibis 2008), Rivotrill (Bietti 2011). È tra i fon-datori del premio letterario Sofia, rivolto agli studenti delle scuole superiori.Ha realizzato film brevi e documentari nell’ambito del progetto Educare alladiversità fra cui ricordiamo Il valore di esistere; Cerco lavoro; Convenzione Onu:Da ciascuno il suo.

  • La città è proprio cambiata, mi sono detto, Qua c’era Mo- roni, lì c’era Bel-lini, mi sono detto. Un mucchio di ricordi nella mia testa non trovano piùalcun riscontro nella realtà, mi sono detto. Il territorio è un altro territorio, edove prima c’era una cosa ora ve n’è un’altra, mi sono detto ancora. Ma io melo ricordo Moroni e mi ricordo Bellini mentre diceva agli altri Io sto qui tran-quillo, vedete?, Come lui, guardate, e indicava me con la mano aperta – ma ioero tutt’ altro che disteso mentre Bellini evidentemente mi trovava calmo – ediceva in mezzo a quel cemento, agli altri che erano rinchiusi lì, Io sto qui intutta serenità, mi siedo, e passerà il tempo e poi usciremo a testa alta. Con isuoi baffoni biondi e la faccia da condottiero gallico, un po’ folle. Me lo ri-cordo con le mutande lunghe, di lana, pareva un cowboy o il generale Custer.Mi ricordo Moroni nella sua libreria in cui si dava appuntamento tutto il no-stro cosiddetto mondo. Mi ricordo di tante cose, visi, avvenimenti, ma sonosolo ricordi perché la città è un’altra, è la stessa ma anche un’altra, non è piùquella e io non sono più quello anche se sono sempre io che cammino qui inqueste strade che non sono più queste strade, le strade sono anche gli abitantiche le percorrono e chissà quante persone hanno calpestato questi marcia-piedi, e Moroni se ne stava seduto nella sua libreria con la faccia da orientalee lo chiamavano tutti il cinese, a quei tempi di cinesi a Milano non ce n’eranomolti e anche ristoranti molto pochi non come adesso che ce ne sono a de-cine e bar e locali e negozi e Moroni con la faccia da cinese, gli occhi a man-dorla e lo sguardo furbo se ne stava seduto sulla sua sedia e ascoltava tutticon pazienza e poi improvvisamente, dopo anni, ha messo davanti a se uncartello, sul bancone della libreria, ha scritto che non avrebbe potuto dareascolto più a nessuno. Per anni vi ho ascoltato ora basta, voglio stare un po’ in si-lenzio, allora tutti passavano piano davanti alla sua poltrona girevole da bar-biere acquistata nel negozio dell’usato e silenziosamente l’oltrepassavanodirigendosi sulle decine, centinaia migliaia di libri, di opuscoli, fanzine, bol-lettini, giornali, titoli su tutte le storie dei movimenti rivoluzionari di ogniparte del mondo: Primo Maggio, Katù Flash, Re Nudo, e Paria, Puzz, Il Buco, eCollegamenti, Rosso, Controinformazione, Quaderni Piacentini, Rassegna Comu-nista, A/traverso, e Vogliamo Tutto, Addavenì, Revolucion e ancora Apache, Sestosenso, La pera è matura e Wow, Viola, Crach... Per anni lo avevano assillato conil suo consenso e con la sua approvazione e benedizione quindi non ce l’hafatta più e ha chiesto si facesse silenzio ma nella sua testa di silenzio non cen’era, c’era invece molto rumore, l’ho invitato a casa mia e sono stato io adascoltarlo, a sentire tutte le sue storie, e a registrarle come si faceva untempo, con i nastri delle audiocassette e il registratore. Aveva necessità diparlare della sua di vita e di raccontare i racconti che aveva metabolizzato e

  • tutta la sua storia alla fine era diventata un vissuto collettivo di parecchie ge-nerazioni, una narrazione preziosa che andava riempiendo nastri su nastri eMoroni parlava, beveva, fumava e io ascoltavo, a volte domandavo, più chealtro ascoltavo il suo soliloquio, il suo parlare infinito. Noi spariamo colpugno, diceva Scalzone, col suo accento romano, in porta Ticinese, in portaGenova, sul ponticello si era messo lì ad arringare il corteo per dirci che era-vamo in disaccordo con quelli che sparavano a vanvera, noi sparavamo colpugno, cioè con la lotta di classe, di piazza, me lo ricordo, ero giovane, lui mipareva già un grande adulto, mi era simpatico, magro, secco, me lo rivedo,sul ponticello e intanto chissà perché mi veniva in mente mio zio. Mio ziocriticava che leggessi Dante, mio zio criticava che leggessi Rosso. Per Dantegli sembrava che perdessi tempo, per Rosso invece che mi cercassi guai. SuDante non ebbe ragione, su Rosso in parte sì. Adesso sul ponticello di Scal-zone ci passa di sera la cosiddetta Milano da bere, un mucchio di persone atracannare la birra e gli aperitivi, la pizza e le chiacchiere fino a notte tarda,

    Jacques Villeglé

  • fino a notte tarda, da ragazzo, facevo riunioni, per cambiare il mondo e la so-cietà. Moroni parlava e io l’ascoltavo, intanto anche lui beveva mentre par-lava, e un po’ di schiuma di birra rimaneva sui suoi baffi lunghi fini efilacciosi, il suo viso era di un colore un po’ giallognolo e qualche pelo lungoqua e là disseminava una barbetta pelosa che non si poteva chiamare barba,forse un specie di pizzetto sfilacciato. Aveva iniziato a lavorare nelle trattorieche suo padre apriva e che poi puntualmente fallivano e che poi riapriva enelle trattorie aveva conosciuto gli operai del Pci e si era iscritto anche lui alPci fino a quando dopo la morte di Ardizzone nel 1962, schiacciato dalle ca-mionette del Battaglione Padova durante una manifestazione a favore di Cubaaveva visto il vero volto del partito e insieme ad altre centinaia di compagninon rinnovò più la tessera, Moroni era andato a testimoniare al processo, adire che aveva visto la camionetta passare su Ardizzone ma l’avvocato del suostesso partito disse che Moroni evidentemente non era in grado di ricordareperché nel trambusto aveva preso delle randellate e la magistratura archiviòil caso sostenendo che Ardizzone fu schiacciato dalla folla in fuga.Nelle trattorie di suo padre aveva servito parecchi giornalisti e intellettuali

    e scrittori come Calvino e Vittorini, e ascoltava i loro discorsi politici e lette-rari, andava poi a comprare i loro libri che leggeva come un matto prima didormire, ma poi con i suoi non funzionava, in particolare con la madre chemal sopportava le donne del casino e che a volte non voleva neanche servirementre il giovane Moroni le sognava ed erano litigi e botte che prendeva dasua madre, aveva quindi in seguito lavorato nei ristoranti come commis, poiera passato a demi-chef e chef de rang, aveva i guanti bianchi e si occupavadelle signore di gran classe, e le vedeva belle, ben curate, molto di più eviden-temente delle povere donne del quartiere, aveva fatto il ballerino, il venditoredi enciclopedie, il detective, il libraio rivoluzionario, la sua vita era stata in-tensa come le sue relazioni. I nastri andavano e si impregnavano della suavoce e delle sue immagini e casa mia a un tratto era piena di gente, quellepersone si sedevano, si alzavano, solidarizzavano, tiravano pugni, scappa-vano con la cassa, si suicidavano, tradivano, erano lì intorno a me, a noi, alnastro che girava emettendo un borbottio sottile, una bobina si avvolgeva dauna parte e dall’altra si consumava fino a quando il rumore di un tac ha ter-minato la registrazione e Moroni continuava a parlare incurante del fatto cheio dovessi sostituire la cassettina di plastica, era tutto preso dai suoi perso-naggi, dalle sue gesta, dalla sua storia che andava intrecciandosi con tanti av-venimenti, eventi pubblici sociali personali intimi. Lui proseguiva e non sifermava più. […]