L Ci siamo interrogati con la teologa Marinella Perroni, in ......Marinella Per - roni. Gentile...

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È ancora del tutto aperta la questione su “quale” presenza delle donne nel- la Chiesa cattolica. Il canone 208 del Codice di Diritto canonico sancisce il principio di uguaglianza di genere nell’ordinamento ecclesiale: “fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all’edifica- zione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i cómpiti di ciascuno”. In tal modo si riconosce il principio della parità fra uomini e donne nella Chiesa cattolica. Nonostante ciò non mancano le eccezioni, e tra queste le più “importanti preclu- sioni ricondotte specificamente alla condizione femminile”, come le definisce il canonista Salva- tore Berlingò, sono relative ai ministeri di letto- rato e accolitato che possono essere “assunti sta- bilmente” solo da “laici di sesso maschile” (cano- ne 230), alla valida ordinazione sacra che può es- sere ricevuta esclusivamente dal “battezzato di sesso maschile” (canone 1025), al cardinalato, per la cui elevazione alla dignità il Romano Pon- tefice deve far ricadere la scelta su uomini (cano- ne 351). È evidente che il mancato conferimento del- l’Ordine sacro alla donna estromette dalle posi- zioni di governo quella specifica dimensione che Giovanni Paolo II definì “genio femminile” e per la quale auspicava “più spazio nell'insieme della vita sociale, nonché di quella ecclesiale”, riba- dendo, però, al contempo, con formula perento- ria, che “la Chiesa non ha in alcun modo la facol- tà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdo- tale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”. Ma i dubbi degli studiosi sulla formula in merito al carattere definitivo della “sentenza” di Papa Wo- jtyla, permangono tutt’oggi. E la possibilità dell’ordinazione sacerdotale al- le donne nella Chiesa cattolica, per alcuni, è tut- t’altro che chiusa. Ma a parte il conferimento del- l’Ordine sacro alle donne, è la stessa presenza in generale delle donne nella Chiesa a dover essere ridefinita nel trovare nuovi spazi e nuove possi- bilità di azione. Di questo ne abbiamo parlato con la teologa Marinella Per- roni. Gentile Professo- ressa Ma- rinella Perroni, grazie per aver accet- tato l’invi- to a rispon- dere alle no- stre domande su un tema tanto delicato quale può essere quello della presenza delle donne nella Chiesa cattolica. Lei è stata fondatrice del Coordinamento Teo- loghe Italiane… «Sì certo. Ho fondato il Coordinamento Teolo- ghe Italiane, di cui sono stata presidente per i primi nove anni. Adesso presidente è Cristiana Simonelli». Le teologhe si sentono portatrici di una sen- sibilità maggiore rispetto allo sviluppo teolo- gico dei loro colleghi uomini? «Rifiuto ogni discorso sulla sensibilità femmi- nile. Personalmente io rifiuto queste categorie. Penso e spero che la sensibilità verso la teologia sia un dono antropologico di maschi e di femmi- ne. Credo che le teologhe, oggi possono essere importanti perché rappresentano un nuovo sog- getto che fa teologia, che quindi riprende tutta la tradizione, sia del pensiero, sia della storia della Chiesa, recuperando quella fetta femminile della realtà che è stata per secoli emarginata e sotter- rata. Ricordo la recensione di un esegeta al libro di una teologa. L’autore della recensione, più o meno, così scriveva: “al di là se uno può dire cose più o meno giuste, ci troviamo dinnanzi ad un nuovo modo di leggere la storia”. Questo è l’ap- porto che le teologhe possono dare. Ripeto; un modo nuovo di leggere la storia». Gesù nei Vangeli rompe gli schemi tradizio- nali della società ebraica, anche per quel che riguarda la considerazione e la fiducia che ri- pone nelle donne. È Maria, una donna, che por- ta con sé (anzi, per meglio dire, in sé) la Libera- zione per il mondo ed è ancora alle donne che viene affidato l’annuncio della Resurrezio- ne... Che rapporto aveva Gesù, in generale, con le donne? «Dagli studi femministi è stato piuttosto mes- so in risalto con una certa insistenza che non è del tutto corretto dire che l’ebraismo era antifem- minile e che poi… arriva Gesù, come se fosse un Giudeo non - Giudeo. Gesù era partecipe di un giudaismo di tipo marginale, di un giudaismo di tipo galilaico, non quello ufficiale della ca- sta sacerdotale, in cui il rapporto con le donne era certa- mente già diver- so, proprio socio- logicamente. Quindi bisogna attenuare il fat- to che gli Ebrei erano cattivi e poi per fortuna è arrivato Gesù, fondatore dei cristiani. Ge- sù, più sem- plice- men- te, era partecipe di un giudaismo di tipo naziona- le. Certamente nel movimento intorno a Gesù le donne hanno avuto una presenza importante. Sono state discepole e facevano parte del seguito di Gesù anche le discepole. Ne è riprova la loro partecipazione ai fatti di Pasqua in particolare con l’annuncio della Risurrezione. Dal discepo- lato storico di Gesù, le donne sono diventate te- stimoni del Cristo Risorto. E poi hanno fatto par- te della prima comunità dei credenti in cui è ap- parso Gesù e sono state indirizzate all’annuncio della Resurrezione di Gesù. Nel Vangelo di Gio- vanni la prima apparizione del Risorto è a Maria di Magdala, poi è alla comunità riunita riunita di discepoli e di discepole. Quindi questa era la si- tuazione originaria. Di fatto abbiamo però nei Vangeli dei segnali che all’interno della seconda e poi della terza generazione le cose cominciano a cambiare. Da una parte una istituzionalizzazio- ne più simile al giudaismo ufficiale e al pagane- simo ufficiale, dall’altra un allontanamento del- le donne dall’esercizio pubblico delle religione» Papa Francesco ha specificato che la “Chie- sa è femminile” ed è più volte ritornato sull’ar- gomento, interrogandosi sulla possibilità di una diversa presenza delle donne nella comu- nità ecclesiale. In questo senso la sensibilità di Papa Francesco sembra avvicinarsi molto a quella di Papa Albino Luciani, che parlava del- la maternità di Dio, di un Dio, quindi, che è an- che Madre. In che termini possiamo sintetiz- zare il magistero di Bergoglio sulle donne? «A chiamare tutto magistero bisogna fare una certa attenzione. Anche se è vero che Papa Fran- cesco ama un magistero di strada, un magistero a braccio, alcuni pronunciamenti estemporanei non possono essere ritenuti magistero. Bergo- glio rappresenta una Chiesa latino- americana, meglio argentina, di un certo periodo, fortemen- te improntata alla testimonianza che avevano ri- cevuto da quelli che avevano partecipato al Con- cilio, però al contempo è un uomo di tradizione, che certamente non è entrato in contatto, quan- do studiava teologia, con una spinta di rinnova- mento interno alla teologia stessa, una teologia delle donne. Egli ha una esperienza positiva del- la presenza delle donne nella chiesa e certamente vuole svilupparla, però non mostra di avere me- tabolizzato, introiettato, discusso seriamente quello che è stato tutto il movimento dei diritti delle donne e soprattutto delle donne come sog- getti di operazioni teologiche. Tanto è vero che Francesco postula la necessità di una teologia delle donne, non dice però, almeno non aperta- mente, che abbiamo bisogno delle donne nella teologia». La decisione di Papa Francesco di dare la possibilità “formalmente” alle donne di inter- venire nell’azione liturgica della “lavanda dei piedi” nella celebrazione eucaristica “in Coe- na Domini” è puramente un gesto simbolico e una risposta ad esigenza di praticità, oppure, invece, è indicativa di qualche passo che timi- damente si sta muovendo nella direzione di una maggiore valorizzazione per le donne nel- la Chiesa? «È semplicemente il recupero di una pastora- le che già c’era e che in tante parrocchie già si faceva sin dagli anni Settanta. La grande no- vità sarebbe non che si possono lavare i piedi anche alle donne, ma che anche le donne possono lavare i piedi… Una vera meta- morfosi del ministero della nostra comu- nità». IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA di LUIGI MARIANO GUZZO L’intervista Ci siamo interrogati con la teologa Marinella Perroni, in merito a quale ruolo hanno le donne nella Chiesa di papa Francesco Una raffigurazione della Maddalena; un momento della visita pastorale del Papa in Svezia, a Lund continua a pagina 42

Transcript of L Ci siamo interrogati con la teologa Marinella Perroni, in ......Marinella Per - roni. Gentile...

  • Èancora del tutto aperta la questionesu “quale” presenza delle donne nel-la Chiesa cattolica. Il canone 208 delCodice di Diritto canonico sancisce ilprincipio di uguaglianza di genere

    nell’ordinamento ecclesiale: “fra tutti i fedeli, inforza della loro rigenerazione in Cristo, sussisteuna vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, eper tale uguaglianza tutti cooperano all’edifica -zione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e icómpiti di ciascuno”. In tal modo si riconosce ilprincipio della parità fra uomini e donne nellaChiesa cattolica. Nonostante ciò non mancano leeccezioni, e tra queste le più “importanti preclu-sioni ricondotte specificamente alla condizionefemminile”, come le definisce il canonista Salva-tore Berlingò, sono relative ai ministeri di letto-rato e accolitato che possono essere “assunti sta-bilmente” solo da “laici di sesso maschile” (cano -ne 230), alla valida ordinazione sacra che può es-sere ricevuta esclusivamente dal “battezzato disesso maschile” (canone 1025), al cardinalato,per la cui elevazione alla dignità il Romano Pon-tefice deve far ricadere la scelta su uomini (cano-ne 351).

    È evidente che il mancato conferimento del-l’Ordine sacro alla donna estromette dalle posi-zioni di governo quella specifica dimensione cheGiovanni Paolo II definì “genio femminile” e perla quale auspicava “più spazio nell'insieme dellavita sociale, nonché di quella ecclesiale”, riba-dendo, però, al contempo, con formula perento-ria, che “la Chiesa non ha in alcun modo la facol-tà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdo-tale e che questa sentenza deve essere tenuta inmodo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”. Mai dubbi degli studiosi sulla formula in merito alcarattere definitivo della “sentenza” di Papa Wo-jtyla, permangono tutt’oggi.

    E la possibilità dell’ordinazione sacerdotale al-le donne nella Chiesa cattolica, per alcuni, è tut-t’altro che chiusa. Ma a parte il conferimento del-l’Ordine sacro alle donne, è la stessa presenza ingenerale delle donne nella Chiesa a dover essereridefinita nel trovare nuovi spazi e nuove possi-bilità di azione. Di questone abbiamo parlatocon la teologaMarinella Per-roni.

    GentileProfesso -ressa Ma-rinellaPerroni,grazie peraver accet-tato l’invi -to a rispon-dere alle no-stre domandesu un tema

    tanto delicato quale può essere quello dellapresenza delle donne nella Chiesa cattolica.Lei è stata fondatrice del Coordinamento Teo-loghe Italiane…

    «Sì certo. Ho fondato il Coordinamento Teolo-ghe Italiane, di cui sono stata presidente per iprimi nove anni. Adesso presidente è CristianaSimonelli».

    Le teologhe si sentono portatrici di una sen-sibilità maggiore rispetto allo sviluppo teolo-gico dei loro colleghi uomini?

    «Rifiuto ogni discorso sulla sensibilità femmi-nile. Personalmente io rifiuto queste categorie.Penso e spero che la sensibilità verso la teologiasia un dono antropologico di maschi e di femmi-ne. Credo che le teologhe, oggi possono essereimportanti perché rappresentano un nuovo sog-getto che fa teologia, che quindi riprende tutta latradizione, sia del pensiero, sia della storia dellaChiesa, recuperando quella fetta femminile dellarealtà che è stata per secoli emarginata e sotter-rata. Ricordo la recensione di un esegeta al librodi una teologa. L’autore della recensione, più omeno, così scriveva: “al di là se uno può dire cosepiù o meno giuste, ci troviamo dinnanzi ad unnuovo modo di leggere la storia”. Questo è l’ap -porto che le teologhe possono dare. Ripeto; unmodo nuovo di leggere la storia».

    Gesù nei Vangeli rompe gli schemi tradizio-nali della società ebraica, anche per quel cheriguarda la considerazione e la fiducia che ri-pone nelle donne. È Maria, una donna, che por-ta con sé (anzi, per meglio dire, in sé) la Libera-zione per il mondo ed è ancora alle donne cheviene affidato l’annuncio della Resurrezio-ne... Che rapporto aveva Gesù, in generale, conle donne?

    «Dagli studi femministi è stato piuttosto mes-so in risalto con una certa insistenza che non èdel tutto corretto dire che l’ebraismo era antifem-minile e che poi… arriva Gesù, come se fosse unGiudeo non - Giudeo.

    Gesù era partecipe di un giudaismo di tipomarginale, di un giudaismo di tipo galilaico,non

    quello ufficiale della ca-sta sacerdotale, in cui

    il rapporto con ledonne era certa-mente già diver-so, proprio socio-logicamente.Quindi bisognaattenuare il fat-to che gli Ebreierano cattivi e

    poi per fortuna èarrivato Gesù,

    fondatore deicristiani. Ge-

    sù, più sem-plice -

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    te, era partecipe di un giudaismo di tipo naziona-le.

    Certamente nel movimento intorno a Gesù ledonne hanno avuto una presenza importante.Sono state discepole e facevano parte del seguitodi Gesù anche le discepole. Ne è riprova la loropartecipazione ai fatti di Pasqua in particolarecon l’annuncio della Risurrezione. Dal discepo-lato storico di Gesù, le donne sono diventate te-stimoni del Cristo Risorto. E poi hanno fatto par-te della prima comunità dei credenti in cui è ap-parso Gesù e sono state indirizzate all’annunciodella Resurrezione di Gesù. Nel Vangelo di Gio-vanni la prima apparizione del Risorto è a Mariadi Magdala, poi è alla comunità riunita riunita didiscepoli e di discepole. Quindi questa era la si-tuazione originaria. Di fatto abbiamo però neiVangeli dei segnali che all’interno della secondae poi della terza generazione le cose cominciano acambiare. Da una parte una istituzionalizzazio-ne più simile al giudaismo ufficiale e al pagane-simo ufficiale, dall’altra un allontanamento del-le donne dall’esercizio pubblico delle religione»

    Papa Francesco ha specificato che la “Chie -sa è femminile”ed è più volte ritornato sull’ar -gomento, interrogandosi sulla possibilità diuna diversa presenza delle donne nella comu-nità ecclesiale. In questo senso la sensibilitàdi Papa Francesco sembra avvicinarsi molto aquella di Papa Albino Luciani, che parlava del-la maternità di Dio, di un Dio, quindi, che è an-che Madre. In che termini possiamo sintetiz-zare il magistero di Bergoglio sulle donne?

    «A chiamare tutto magistero bisogna fare unacerta attenzione. Anche se è vero che Papa Fran-cesco ama un magistero di strada, un magisteroa braccio, alcuni pronunciamenti estemporaneinon possono essere ritenuti magistero. Bergo-glio rappresenta una Chiesa latino- americana,meglio argentina, di un certo periodo, fortemen-te improntata alla testimonianza che avevano ri-cevuto da quelli che avevano partecipato al Con-cilio, però al contempo è un uomo di tradizione,che certamente non è entrato in contatto, quan-do studiava teologia, con una spinta di rinnova-mento interno alla teologia stessa, una teologiadelle donne. Egli ha una esperienza positiva del-la presenza delle donne nella chiesa e certamentevuole svilupparla, però non mostra di avere me-tabolizzato, introiettato, discusso seriamentequello che è stato tutto il movimento dei dirittidelle donne e soprattutto delle donne come sog-getti di operazioni teologiche. Tanto è vero cheFrancesco postula la necessità di una teologiadelle donne, non dice però, almeno non aperta-mente, che abbiamo bisogno delle donne nellateologia».

    La decisione di Papa Francesco di dare lapossibilità “formalmente” alle donne di inter-venire nell’azione liturgica della “lavanda deipiedi” nella celebrazione eucaristica “in Coe-na Domini” è puramente un gesto simbolico euna risposta ad esigenza di praticità, oppure,invece, è indicativa di qualche passo che timi-damente si sta muovendo nella direzione diuna maggiore valorizzazione per le donne nel-la Chiesa?

    «È semplicemente il recupero di una pastora-le che già c’era e che in tante parrocchie già si

    faceva sin dagli anni Settanta. La grande no-vità sarebbe non che si possono lavare i piedianche alle donne, ma che anche le donnepossono lavare i piedi… Una vera meta-morfosi del ministero della nostra comu-nità».

    IL PRINCIPIODI UGUAGLIANZA

    di LUIGI MARIANO GUZZO

    L’intervistaCi siamo interrogati con la teologa Marinella Perroni, in meritoa quale ruolo hanno le donne nella Chiesa di papa Francesco

    Una raffigurazione dellaMaddalena; unmomento della visitapastorale del Papa inSvezia, a Lund

    continua a pagina 42

  • Domenica 29 ottobre [email protected] 43Domenica 29 ottobre [email protected]

    IL MINISTERO DELLE DONNE«Rifiuto ogni discorso sulla sensibilità femminilePenso e spero che la sensibilità verso la teologia

    sia un dono antropologico di maschi e di femmine»

    Per quali ragioni l’impegno delle don-ne nelle comunità ecclesiali è confinatoai ruoli di catechesi, di assistenza, di pu-lizia delle chiese? Si ripropone, in tal mo-do, il modello patriarcale che vede il ma-schile quale prototipo dell’umano nellachiesa, quando invece l’umano è la com-plementarietà del femminile e del ma-schile.

    «Perché nella Chiesa cattolica c’è assolutacoincidenza tra gerarchico e sacrale. Quin-di solo chi ha il potere sacrale ha il poteregerarchico. L’esclusione delle donne dal po-tere del sacro, significa anche l’esclusionedal potere gerarchico ed il confinamento inaltri tipi di servizi».

    Nella Chiesa è stata riconosciuta alledonne la possibilità di accedere al mini-stero straordinario dell’eucaristia. Ma lestesse non possono essere istituite sta-bilmente lettrici o accolite, e neanchepossono essere ordinate “diaconesse”.Sembrano quasi delle contraddizioni.Quali possibilità immediate per valoriz-zare ancor di più nella comunità ecclesia-le il contributo delle donne?

    «Ricordo la discussione ad un recente Si-nodo, non l’ultimo, che era tutta concentra-ta sull’accettazione, o meno, di un ministe-ro istituito per le donne: il lettorato. Che ledonne leggono in chiesa, leggono anchedurante le funzioni liturgiche nella Basili-ca di San Pietro, lo sappiamo anche dalla te-levisione. Le donne leggono in tutto il mon-do, ma fare il passo di istituirle “lettrici” sa -rebbe stato un trauma davvero drammati-co, perché significava assegnare i primi li-velli della scala ministeriale. E, poi non si samai, se entri nei primi dopo entri nei secon-di, nel diaconato, ed il passo successivo èquello di entrare nel presbiterato e poi an-che nell’episcopato, il che ad oggi è impen-sabile nella Chiesa cattolica. Tutta quelladiscussione era veramente interessante,perché ciò che è reale, cioè che molte donneesercitano il ministero di “lettrici” nellechiese, non può trovare riconoscimentoformale perché tocca la struttura, il sistemagerarchico. E si ha paura che il lettoratopossa aprire la strada al diaconato e al sa-cerdozio. Di fatto ci sono molte “parroche”in Italia che mandano avanti, con responsa-bilità totale, anche giuridica, una comunitàecclesiale. Reggono una parrocchia, tran-ne per la celebrazione della Messa».

    Su queste donne che gestiscono comu-nità ecclesiali ci sono dati ufficiali? Suinternet si trova qualcosa che può essered’interesse per approfondire il tema?

    «Non lo so. È chiaro che non si fa propa-ganda. Solitamente non lo si dice che in Ita-lia, soprattutto tra la Lombardia ed il Pie-monte, ci sono più di duecento “parroche”,eppure io ne conosco molte. Fa impressio-ne, in effetti, parlare di una cosa simile, per-ché, in questo caso, il servizio pastorale del-le donne è ad un livello superiore di pulireper terra, c’è la gestione di una comunità,che non è uno scherzo. E’ la dimostrazionepratica che le comunità possono esseremandate avanti dalle donne. Così succedenei paesi di missione, salvo che l’eucarestiagliela portano consacrata e se le devono fardurare, congelata, anche un anno. Lì unomisura qual è il problema, che è l’ordinazio -ne, l’accesso alla gestione del sacro».

    Se riflettiamo nel ruolo delle donne nel-la gestione pure della comunità ecclesia-le, non possiamo tacere sull’esperienzastorica delle badesse

    «Le Badesse avevano un altro tipo di pote-re sulla comunità monastica femminile diloro competenza. A parte il fatto che è sem-pre un fatto piramidale. Ma la giurisdizio-ne della badessa non era inferiore a quelladell’abate, e in alcuni casi poteva anche es-sere superiore a quella di un vescovo».

    D’altronde in casi di straordinariaemergenza il battesimo amministrato dauna donna è valido, pure da un punto divista canonistico-sacramentale…

    «Certo. Il battesimo in caso di emergenzalo può dare qualsiasi laico. Sul battesimovengono caricate tutte quelle tradizioni,anche di angosce, per le quali se un bambi-

    no non veniva battezzato era condannato achissà quali orrori. Adesso tutto questo unpochino, per fortuna, ormai si è sedato».

    Lei crede che il primo passo per le don-ne di accedere al sacerdozio ministerialesia proprio il recupero del ministero deldiaconato femminile, delle “diaconesse”,sui cui Papa Francesco è intervenuto, an-che nominando una commissione ad hocper analizzare il fenomeno?

    «Non c’è dubbio che vada recuperatomaggiormente nella pratica il ministerodel diaconato come ministero sacramenta-le, non transeunte e preparatorio al presbi-terato, ma a parte. E’ sicuramente, oggi, undiscorso importante ancheperché è vero che muoionocongregazioni femminile,ma è pure vero che, nel frat-tempo, nascono, soprattut-to tra le suore americane,tante esperienze nuove, dia-conali nel senso pieno deltermine, di servizio allachiesa, di servizio al mondo;esperienze che andrebbero riconosciute. Eperché, d’altro canto, non dovrebbero esse-re riconosciute? La chiesa dovrebbe averenecessità del diaconato. Gesù ha chiesto so-lo la diaconia, come ministero, che poi neltempo si è strutturato pure in quelli che noioggi consideriamo come gradi successividell’ordine sacro, il presbiterato e l’episco -pato. Ma la diaconia rimane la condizione diqualsiasi ministero della chiesa, anchefemminile».

    L’esclusione delle donne dal sacerdozioministeriale è giustificata, per la tradi-zione ecclesiastica, dal fatto che Gesù

    non chiamò donne tra i suoi apostoli. Suquesta base, che poi è una scelta interpre-tativa del dato scritturistico, il Dirittocanonico esclude la possibilità per le don-ne di accedere al sacerdozio ministeriale.Ci sono, invece, secondo Lei ragioni teolo-giche per le quali le donne potrebbero es-sere ordinate sacerdoti, come ormai av-viene nel mondo protestante e anglica-no?

    «Prima di tutto dobbiamo cambiare il lin-guaggio: non è l’ordinazione sacerdotaledelle donne, ma il ripensamento del mini-stero ordinato nella chiesa, il vero proble-ma. Se togliamo questa “cosa” del sacerdo-

    te, e tutta la struttura del sa-cro, forse riusciamo a chia-rirci sui laici, maschi e fem-mine. Dobbiamo interro-garci, veramente in modoserio, all’interno della Chie-sa, della necessità di unastruttura ministeriale sta-bile, ordinata, fissa, ricono-sciuta, formalmente ope-

    rante. È arrivato il tempo di cominciare aduscire da quel linguaggio del sacro, che hasempre vietato alle donne di accedere al sa-cro perché erano impure. È questo il primopassaggio. Il secondo passaggio, è inveceriprendere in mano il documento della Pon-tificia Commissione Biblica del 1976. Direche Gesù ha scelto soltanto maschi tra i“suoi”, significa togliere pezzi interi diVangelo, per esempio Giovanni 20. Pensia-mo anche all’apparizione del Risorto allaMaddalena: la responsabilità dell’annunciodella resurrezione non è già una missioneapostolica affidata ad una donna? O, forse,

    lo dico provocatoriamente, Maria Maddale-na era un maschio? Eppure nella Chiesa èstato più importante privilegiare una sim-bolizzazione della Maddalena come di unapenitente, peccatrice, prostituta, che si pen-te per tutta la vita. Non possiamo fare fintadi niente quando la prima testimonianzadel Risorto mandata ai discepoli è affidataad una donna. Così come la prima profes-sione di fede per eccellenza nel Vangelo diGiovanni la pronuncia Marta, non Pietro.Quel documento della Commissione Biblicadel 1976 escludeva la presenza di qualsiasivincolo neotestamentario negativo che nonpermettesse di ragionare sui ministeri del-le donne. Non c’è alcun vincolo, anche per-ché il discorso sui “dodici”ha una forte cari-ca simbolica: dodici erano i Patriarchi delletribù di Israele, e nelle tribù ci stavano ma-schi e femmine. E’ chiaro che il ceppo è ma-schile, è vero che ci sono dodici nomi di ma-schi, ma la forza di quel discorso è simboli-co. Quello di Gesù è il nuovo popolo, è il nuo-vo Israele. Ma non è vero che lo Spirito San-to è sceso solo sui dodici maschi. Non avreb-be senso. In Corinzi 15 Paolo dice che lo Spi-rito è apparso a cinquecento persone, unavera e propria caserma. Bisogna finire di ri-petere sempre che gli Apostoli erano ma-schi. Nel cristianesimo paolino le donne so-no apostole esattamente come i maschi».

    Quanto ha influito il magistero di PapaGiovanni Paolo II nella comprensione cheoggi abbiamo delle donne nella Chiesa?

    «Da un punto di vista del merito ha fattoin realtà molti danni. Ha portato avanti unavisione assolutamente tradizionale serven-dosi di una retorica e di un’enfasi moltoconvincente. Dal punto di vista del metodo

    la riflessione, invece, è stata importantissi-ma perché ha sdoganato un discorso sulledonne e ha legittimato, tutto sommato, chefinalmente nella chiesa ci si interessassedella realtà delle donne. Certo, non si puòdire che nella riflessione ecclesiale sia en-trata la questione femminile, perché forsesarebbe edulcorare troppo la realtà. Ma,metodologicamente, qualche passo avantisi è fatto. Nonostante, però, sul piano deicontenuti c’è ancora una antropologia filo-sofica e teologica, che non recepisce mini-mamente le istanze della riflessione sulledonne nell’ultimo secolo».

    Lei certamente conoscerà la vicenda diLudmila Javorova, ordinata sacerdotecattolico nel 1970, per il movimento clan-destino della Cecoslovacchia dal vescovoFelix Maria Davidek. Ludmila al terminedella “clandestinità” accetterà il richia-mo di Roma a non esercitare il ministerosacerdotale. Una storia che è raccontatanel libro- intervista di Miriam ThereseWinter “Dal profondo” (Appunti di viag-gio, 2004).

    «Sì, è una storia che conosco molto bene.L’ho trovata una vicenda interessante estraordinaria con questa decisione di lei,che rinuncia all’esercizio del ministero sa-cerdotale, accettato per obbedienza, quan-do è finito il tempo di emergenza. Era un’or -dinazione con una finalità molto particola-re perché era stata l’iniziativa di un vesco-vo. Io ricordo una discussione di qualchetempo addietro, in cui ci si domandava: sitratta di una ordinazione valida? Lecita? E’lecito e valido il sacramento dell’Ordine sa-cro conferito ad una donna? Il filo da salva-re, insomma, era sul piano del Diritto cano-

    nico, quando invece ritengo che il problemadi fondo non fosse quello, ma semplicemen-te il fatto di una donna che prima ha accet-tato di esercitare un ministero in situazionedi emergenza e poi di rinunciare non appe-na l’emergenza è terminata. Ludmila, inquesto senso, accettò di fare la cattolica finoin fondo».

    La condizione femminile nell’ordina -mento canonico è anche in qualche modoconnessa con la disposizione del celibatoobbligatorio per i sacerdoti della Chiesacattolica di rito latino?

    «A questa domanda non saprei risponde-re. Alcuni mi dicevano che si sarebbe arri-vato all’accettazione del ministero ordinato

    per le donne solo dopo aver eliminato la di-sposizione del celibato obbligatorio. Non mipiaceva questa considerazione, perché i di-scorsi non devono essere vincolanti l’unoall’altro: si sta parlando di problemi e diquestioni molto diversi tra di loro. Però ca-pisco che bisogna sfatare questa ossessioneche c’è nella Chiesa cattolica sul sesso. Nonbisogna essere vincolati. Leggevo tempoaddietro un articolo che teneva a precisarecome, secondo alcuni recenti studi, i pretianche nella chiesa delle origini vivevanocon le rispettive donne come fossero fratellie sorelle, senza quindi avere rapporti car-nali. Ed invece se c’è una cosa che Paolo con-danna è che si possa vivere nel talamo come

    fratelli e sorelle. Certo lo si può fare, nel pie-no rispetto della libertà di ciascuno, ma far-ne una regola è una follia. Articoli del gene-re danno la misura di quanto il vero interes-se non sia l’identità che deve avere, pure apartire dalle indicazioni che Paolo offre nel-le sue lettere pastorali, un presbitero o unvescovo. Il problema non è gestuale, non è laquestione dell’economia, della famiglia edella comunità, ma l’esercizio della sessua-lità, il controllo della sessualità».

    In effetti, questo meccanismo lo si puòcomprendere nel funzionamento dellastessa istituzione ecclesiastica. il con-trollo della sessualità significa control-lare l’uomo…

    «Il controllo della sessualità fa parte diqualsiasi sistema religioso. Si è intersecatonella tradizione cristiana con l’ascesi. Allo-ra era diventata anche un intreccio tra esi-genze ascetiche e controllo. Il controllo del-la sessualità c‘è anche nell’ebraismo, manon in senso ascetico, in senso di assetto so-ciale, di famiglia come nucleo portante, co-me controllo sociale. La benedizione cheviene da Dio sono i figli, ed il controllo ses-suale fa parte delle garanzie di una struttu-ra patriarcale che si regge sulla famiglia.Poi c’è un controllo di purità in alcuni gior-ni, ma è molto relativo».

    Quanto le nostre comunità ecclesialipossono imparare dalle esperienze dellechiese dell’America Latina e dell’Africa?

    «La trovo una domanda molto difficile.Oggi ci siamo resi conto che la situazione ècomplicata e problematica. Non abbiamoavuto la capacità di favorire la nascita diuna teologia indigene, anche perché sonomovimenti, sono flussi che richiedono seco-li, e tutte le teologie post-coloniali ancorasono in erba. Ciò comporterà una reale libe-razione di quella teologia del colonialismo.Una continuità dovrebbe essere molto piùdialettica, ma ancora non lo è».

    Luigi Mariano Guzzo© RIPRODUZIONE RISERVATA

    L’intervistaCi sono timidi ma sostanziali segnali di apertura versoun maggiore coinvolgimento delle donne nella liturgia

    «Le comunitàecclesiali

    sono pronte»

    segue da pagina 41

    Alcune donneprete; sotto lateologaMarinella Perroni

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    IL MINISTERO DELLE DONNE«Rifiuto ogni discorso sulla sensibilità femminilePenso e spero che la sensibilità verso la teologia

    sia un dono antropologico di maschi e di femmine»

    Per quali ragioni l’impegno delle don-ne nelle comunità ecclesiali è confinatoai ruoli di catechesi, di assistenza, di pu-lizia delle chiese? Si ripropone, in tal mo-do, il modello patriarcale che vede il ma-schile quale prototipo dell’umano nellachiesa, quando invece l’umano è la com-plementarietà del femminile e del ma-schile.

    «Perché nella Chiesa cattolica c’è assolutacoincidenza tra gerarchico e sacrale. Quin-di solo chi ha il potere sacrale ha il poteregerarchico. L’esclusione delle donne dal po-tere del sacro, significa anche l’esclusionedal potere gerarchico ed il confinamento inaltri tipi di servizi».

    Nella Chiesa è stata riconosciuta alledonne la possibilità di accedere al mini-stero straordinario dell’eucaristia. Ma lestesse non possono essere istituite sta-bilmente lettrici o accolite, e neanchepossono essere ordinate “diaconesse”.Sembrano quasi delle contraddizioni.Quali possibilità immediate per valoriz-zare ancor di più nella comunità ecclesia-le il contributo delle donne?

    «Ricordo la discussione ad un recente Si-nodo, non l’ultimo, che era tutta concentra-ta sull’accettazione, o meno, di un ministe-ro istituito per le donne: il lettorato. Che ledonne leggono in chiesa, leggono anchedurante le funzioni liturgiche nella Basili-ca di San Pietro, lo sappiamo anche dalla te-levisione. Le donne leggono in tutto il mon-do, ma fare il passo di istituirle “lettrici” sa -rebbe stato un trauma davvero drammati-co, perché significava assegnare i primi li-velli della scala ministeriale. E, poi non si samai, se entri nei primi dopo entri nei secon-di, nel diaconato, ed il passo successivo èquello di entrare nel presbiterato e poi an-che nell’episcopato, il che ad oggi è impen-sabile nella Chiesa cattolica. Tutta quelladiscussione era veramente interessante,perché ciò che è reale, cioè che molte donneesercitano il ministero di “lettrici” nellechiese, non può trovare riconoscimentoformale perché tocca la struttura, il sistemagerarchico. E si ha paura che il lettoratopossa aprire la strada al diaconato e al sa-cerdozio. Di fatto ci sono molte “parroche”in Italia che mandano avanti, con responsa-bilità totale, anche giuridica, una comunitàecclesiale. Reggono una parrocchia, tran-ne per la celebrazione della Messa».

    Su queste donne che gestiscono comu-nità ecclesiali ci sono dati ufficiali? Suinternet si trova qualcosa che può essered’interesse per approfondire il tema?

    «Non lo so. È chiaro che non si fa propa-ganda. Solitamente non lo si dice che in Ita-lia, soprattutto tra la Lombardia ed il Pie-monte, ci sono più di duecento “parroche”,eppure io ne conosco molte. Fa impressio-ne, in effetti, parlare di una cosa simile, per-ché, in questo caso, il servizio pastorale del-le donne è ad un livello superiore di pulireper terra, c’è la gestione di una comunità,che non è uno scherzo. E’ la dimostrazionepratica che le comunità possono esseremandate avanti dalle donne. Così succedenei paesi di missione, salvo che l’eucarestiagliela portano consacrata e se le devono fardurare, congelata, anche un anno. Lì unomisura qual è il problema, che è l’ordinazio -ne, l’accesso alla gestione del sacro».

    Se riflettiamo nel ruolo delle donne nel-la gestione pure della comunità ecclesia-le, non possiamo tacere sull’esperienzastorica delle badesse

    «Le Badesse avevano un altro tipo di pote-re sulla comunità monastica femminile diloro competenza. A parte il fatto che è sem-pre un fatto piramidale. Ma la giurisdizio-ne della badessa non era inferiore a quelladell’abate, e in alcuni casi poteva anche es-sere superiore a quella di un vescovo».

    D’altronde in casi di straordinariaemergenza il battesimo amministrato dauna donna è valido, pure da un punto divista canonistico-sacramentale…

    «Certo. Il battesimo in caso di emergenzalo può dare qualsiasi laico. Sul battesimovengono caricate tutte quelle tradizioni,anche di angosce, per le quali se un bambi-

    no non veniva battezzato era condannato achissà quali orrori. Adesso tutto questo unpochino, per fortuna, ormai si è sedato».

    Lei crede che il primo passo per le don-ne di accedere al sacerdozio ministerialesia proprio il recupero del ministero deldiaconato femminile, delle “diaconesse”,sui cui Papa Francesco è intervenuto, an-che nominando una commissione ad hocper analizzare il fenomeno?

    «Non c’è dubbio che vada recuperatomaggiormente nella pratica il ministerodel diaconato come ministero sacramenta-le, non transeunte e preparatorio al presbi-terato, ma a parte. E’ sicuramente, oggi, undiscorso importante ancheperché è vero che muoionocongregazioni femminile,ma è pure vero che, nel frat-tempo, nascono, soprattut-to tra le suore americane,tante esperienze nuove, dia-conali nel senso pieno deltermine, di servizio allachiesa, di servizio al mondo;esperienze che andrebbero riconosciute. Eperché, d’altro canto, non dovrebbero esse-re riconosciute? La chiesa dovrebbe averenecessità del diaconato. Gesù ha chiesto so-lo la diaconia, come ministero, che poi neltempo si è strutturato pure in quelli che noioggi consideriamo come gradi successividell’ordine sacro, il presbiterato e l’episco -pato. Ma la diaconia rimane la condizione diqualsiasi ministero della chiesa, anchefemminile».

    L’esclusione delle donne dal sacerdozioministeriale è giustificata, per la tradi-zione ecclesiastica, dal fatto che Gesù

    non chiamò donne tra i suoi apostoli. Suquesta base, che poi è una scelta interpre-tativa del dato scritturistico, il Dirittocanonico esclude la possibilità per le don-ne di accedere al sacerdozio ministeriale.Ci sono, invece, secondo Lei ragioni teolo-giche per le quali le donne potrebbero es-sere ordinate sacerdoti, come ormai av-viene nel mondo protestante e anglica-no?

    «Prima di tutto dobbiamo cambiare il lin-guaggio: non è l’ordinazione sacerdotaledelle donne, ma il ripensamento del mini-stero ordinato nella chiesa, il vero proble-ma. Se togliamo questa “cosa” del sacerdo-

    te, e tutta la struttura del sa-cro, forse riusciamo a chia-rirci sui laici, maschi e fem-mine. Dobbiamo interro-garci, veramente in modoserio, all’interno della Chie-sa, della necessità di unastruttura ministeriale sta-bile, ordinata, fissa, ricono-sciuta, formalmente ope-

    rante. È arrivato il tempo di cominciare aduscire da quel linguaggio del sacro, che hasempre vietato alle donne di accedere al sa-cro perché erano impure. È questo il primopassaggio. Il secondo passaggio, è inveceriprendere in mano il documento della Pon-tificia Commissione Biblica del 1976. Direche Gesù ha scelto soltanto maschi tra i“suoi”, significa togliere pezzi interi diVangelo, per esempio Giovanni 20. Pensia-mo anche all’apparizione del Risorto allaMaddalena: la responsabilità dell’annunciodella resurrezione non è già una missioneapostolica affidata ad una donna? O, forse,

    lo dico provocatoriamente, Maria Maddale-na era un maschio? Eppure nella Chiesa èstato più importante privilegiare una sim-bolizzazione della Maddalena come di unapenitente, peccatrice, prostituta, che si pen-te per tutta la vita. Non possiamo fare fintadi niente quando la prima testimonianzadel Risorto mandata ai discepoli è affidataad una donna. Così come la prima profes-sione di fede per eccellenza nel Vangelo diGiovanni la pronuncia Marta, non Pietro.Quel documento della Commissione Biblicadel 1976 escludeva la presenza di qualsiasivincolo neotestamentario negativo che nonpermettesse di ragionare sui ministeri del-le donne. Non c’è alcun vincolo, anche per-ché il discorso sui “dodici”ha una forte cari-ca simbolica: dodici erano i Patriarchi delletribù di Israele, e nelle tribù ci stavano ma-schi e femmine. E’ chiaro che il ceppo è ma-schile, è vero che ci sono dodici nomi di ma-schi, ma la forza di quel discorso è simboli-co. Quello di Gesù è il nuovo popolo, è il nuo-vo Israele. Ma non è vero che lo Spirito San-to è sceso solo sui dodici maschi. Non avreb-be senso. In Corinzi 15 Paolo dice che lo Spi-rito è apparso a cinquecento persone, unavera e propria caserma. Bisogna finire di ri-petere sempre che gli Apostoli erano ma-schi. Nel cristianesimo paolino le donne so-no apostole esattamente come i maschi».

    Quanto ha influito il magistero di PapaGiovanni Paolo II nella comprensione cheoggi abbiamo delle donne nella Chiesa?

    «Da un punto di vista del merito ha fattoin realtà molti danni. Ha portato avanti unavisione assolutamente tradizionale serven-dosi di una retorica e di un’enfasi moltoconvincente. Dal punto di vista del metodo

    la riflessione, invece, è stata importantissi-ma perché ha sdoganato un discorso sulledonne e ha legittimato, tutto sommato, chefinalmente nella chiesa ci si interessassedella realtà delle donne. Certo, non si puòdire che nella riflessione ecclesiale sia en-trata la questione femminile, perché forsesarebbe edulcorare troppo la realtà. Ma,metodologicamente, qualche passo avantisi è fatto. Nonostante, però, sul piano deicontenuti c’è ancora una antropologia filo-sofica e teologica, che non recepisce mini-mamente le istanze della riflessione sulledonne nell’ultimo secolo».

    Lei certamente conoscerà la vicenda diLudmila Javorova, ordinata sacerdotecattolico nel 1970, per il movimento clan-destino della Cecoslovacchia dal vescovoFelix Maria Davidek. Ludmila al terminedella “clandestinità” accetterà il richia-mo di Roma a non esercitare il ministerosacerdotale. Una storia che è raccontatanel libro- intervista di Miriam ThereseWinter “Dal profondo” (Appunti di viag-gio, 2004).

    «Sì, è una storia che conosco molto bene.L’ho trovata una vicenda interessante estraordinaria con questa decisione di lei,che rinuncia all’esercizio del ministero sa-cerdotale, accettato per obbedienza, quan-do è finito il tempo di emergenza. Era un’or -dinazione con una finalità molto particola-re perché era stata l’iniziativa di un vesco-vo. Io ricordo una discussione di qualchetempo addietro, in cui ci si domandava: sitratta di una ordinazione valida? Lecita? E’lecito e valido il sacramento dell’Ordine sa-cro conferito ad una donna? Il filo da salva-re, insomma, era sul piano del Diritto cano-

    nico, quando invece ritengo che il problemadi fondo non fosse quello, ma semplicemen-te il fatto di una donna che prima ha accet-tato di esercitare un ministero in situazionedi emergenza e poi di rinunciare non appe-na l’emergenza è terminata. Ludmila, inquesto senso, accettò di fare la cattolica finoin fondo».

    La condizione femminile nell’ordina -mento canonico è anche in qualche modoconnessa con la disposizione del celibatoobbligatorio per i sacerdoti della Chiesacattolica di rito latino?

    «A questa domanda non saprei risponde-re. Alcuni mi dicevano che si sarebbe arri-vato all’accettazione del ministero ordinato

    per le donne solo dopo aver eliminato la di-sposizione del celibato obbligatorio. Non mipiaceva questa considerazione, perché i di-scorsi non devono essere vincolanti l’unoall’altro: si sta parlando di problemi e diquestioni molto diversi tra di loro. Però ca-pisco che bisogna sfatare questa ossessioneche c’è nella Chiesa cattolica sul sesso. Nonbisogna essere vincolati. Leggevo tempoaddietro un articolo che teneva a precisarecome, secondo alcuni recenti studi, i pretianche nella chiesa delle origini vivevanocon le rispettive donne come fossero fratellie sorelle, senza quindi avere rapporti car-nali. Ed invece se c’è una cosa che Paolo con-danna è che si possa vivere nel talamo come

    fratelli e sorelle. Certo lo si può fare, nel pie-no rispetto della libertà di ciascuno, ma far-ne una regola è una follia. Articoli del gene-re danno la misura di quanto il vero interes-se non sia l’identità che deve avere, pure apartire dalle indicazioni che Paolo offre nel-le sue lettere pastorali, un presbitero o unvescovo. Il problema non è gestuale, non è laquestione dell’economia, della famiglia edella comunità, ma l’esercizio della sessua-lità, il controllo della sessualità».

    In effetti, questo meccanismo lo si puòcomprendere nel funzionamento dellastessa istituzione ecclesiastica. il con-trollo della sessualità significa control-lare l’uomo…

    «Il controllo della sessualità fa parte diqualsiasi sistema religioso. Si è intersecatonella tradizione cristiana con l’ascesi. Allo-ra era diventata anche un intreccio tra esi-genze ascetiche e controllo. Il controllo del-la sessualità c‘è anche nell’ebraismo, manon in senso ascetico, in senso di assetto so-ciale, di famiglia come nucleo portante, co-me controllo sociale. La benedizione cheviene da Dio sono i figli, ed il controllo ses-suale fa parte delle garanzie di una struttu-ra patriarcale che si regge sulla famiglia.Poi c’è un controllo di purità in alcuni gior-ni, ma è molto relativo».

    Quanto le nostre comunità ecclesialipossono imparare dalle esperienze dellechiese dell’America Latina e dell’Africa?

    «La trovo una domanda molto difficile.Oggi ci siamo resi conto che la situazione ècomplicata e problematica. Non abbiamoavuto la capacità di favorire la nascita diuna teologia indigene, anche perché sonomovimenti, sono flussi che richiedono seco-li, e tutte le teologie post-coloniali ancorasono in erba. Ciò comporterà una reale libe-razione di quella teologia del colonialismo.Una continuità dovrebbe essere molto piùdialettica, ma ancora non lo è».

    Luigi Mariano Guzzo© RIPRODUZIONE RISERVATA

    L’intervistaCi sono timidi ma sostanziali segnali di apertura versoun maggiore coinvolgimento delle donne nella liturgia

    «Le comunitàecclesiali

    sono pronte»

    segue da pagina 41

    Alcune donneprete; sotto lateologaMarinella Perroni

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