La Casa Per Ognidove - Diana Wynne Jones

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La Casa Per Ognidove

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A mia nipote Ruthe alla lavanderia di Sharynsenza dimenticare Lilly B.

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Diana Wynne Jones

House of Many Ways

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Titolo originale: House of Many WaysTraduzione dall'inglese di Francesca Guerra (Comma 22)Copyright © 2008 by Diana Wynne JonesCopyright per l'edizione italiana © 2010 by Kappa EdizioniIllustrazione dì copertina di Daniele PomaCollana MANGAZINESeconda edizione: agosto 2010Kappa Edizioni - Via S. Felice 13, 40122 [email protected]: 978-88-7471-228-1

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CAPITOLO UNO

Nel quale Charmain viene arruolataper badare alla casa dì un mago

— Deve farlo Charmain — disse ziaSempronia. — Non possiamo lasciare solo ilprozio William in questa situazione.

— Il tuo prozio William? — chiese lasignora Baker. — Non è... — diede un colpodi tosse e abbassò il tono di voce perché,nella sua testa, non era per niente una bellacosa. — Non è un mago?

— Come no — rispose zia Sempronia.— Ma sai, ha un nodulo in pancia e solo glielfi lo possono aiutare. Per curarlo bisognache lo portino altrove e, capisci anche tu chequalcuno dovrà pur badare a casa sua. Gli

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incantesimi, sai com'è, se ne scappano senon c'è nessuno a sorvegliarli. E sonodavvero troppo occupata per farlo io. Pensasolo al lavoro per i miei randagi...

— Anch'io. Questo mese siamo immersifino al collo negli ordini di torte nuziali —disse di getto la signora Baker. — Giustostamattina Sam diceva...

— Allora tocca a Charmain — decretòzia Sempronia. — Di sicuro ormai è grandeabbastanza.

— Ehm... — disse la signora Baker.Entrambe rivolsero lo sguardo dall'altra

parte del salotto, dove era seduta la figliadella signora Baker, come al solitosprofondata nella lettura di un libro, con ilcorpo lungo e sottile chinato verso il raggiodi sole che penetrava tra i gerani di suamadre, i capelli fissati in una specie di nido

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per gli uccelli e gli occhiali sospesi sullapunta del naso. Teneva in mano uno deglienormi e succulenti pasticci del padre e losgranocchiava mentre leggeva. Le briciole lecadevano senza tregua sul libro, e quandorotolavano sulla pagina che stava leggendousava il pasticcio per spazzarle via.

— Ehm... hai sentito di cosa parlavamo,cara? — chiese la signora Baker con fareansioso.

— No — rispose Charmain con la boccapiena. — Cosa?

— Allora siamo d'accordo — disse ziaSempronia. — Pensaci tu a spiegarglielo,Berenice cara —. Si alzò e prese a lisciarsicon fare maestoso le pieghe del vestito inshantung di seta, per poi passare al parasoledi seta.

— Passo a prenderla domattina —

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aggiunse. — Adesso sarà meglio che vada adire al povero prozio William che alle suecose baderà Charmain. Uscì con portamentoaltero dalla stanza, lasciando la signoraBaker a desiderare che la zia di suo maritofosse meno ricca e prepotente e a chiedersicome avrebbe fatto a spiegarlo a Charmain,per non parlare di Sam. Mai suo maritoaveva permesso che Charmain facessequalcosa di men che rispettabile. Il chevaleva anche per la signora Baker, a partequando ci si metteva zia Sempronia.

Zia Sempronia, intanto, era risalita sulsuo elegante calessino tirato da un pony eaveva dato indicazione allo staffiere diportarla oltre l'altro capo della città, doveabitava il prozio William.

— Ho organizzato ogni cosa — annunciòlei, dopo aver attraversato le magiche vie

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che conducevano allo studio del prozioWilliam, seduto a scrivere con espressioneavvilita. — La mia pronipote, Charmain,verrà qui domani. Sarà qui prima che tuparta e si occuperà di te al tuo ritorno. Nelfrattempo, sorveglierà la casa.

— Davvero gentile da parte sua — disseil prozio. — Suppongo allora che sia moltopratica di magia.

— Non ne ho la minima idea — disse ziaSempronia. — Quel che so è che non ha maialzato gli occhi da un libro, non ha mai datouna mano in casa e i suoi genitori la trattanocome una cosa sacra. Le farà bene uncambiamento, fare qualcosa di normale.

— Oh, cara — disse il prozio William.— Grazie per avermi avvisato. In questocaso prenderò delle precauzioni.

— Fai bene — disse zia Sempronia. —

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E al tuo posto mi assicurerei che la casafosse piena di cose da mangiare. Mai vistauna ragazzina mangiare tanto e rimaneresecca come un manico di scopa. Non riescoa capire come fa. Allora, la porto quidomani prima che arrivino gli elfi —. Si giròe se ne andò.

— Grazie — disse con un filo di voce ilprozio William rivolto alla rigida efrusciante schiena di zia Sempronia. — Miacara, cara Sempronia — aggiunse, mentre laporta d'ingresso si chiudeva sbattendo. —Oh, be', suppongo che si dovrebbe esseregrati per i propri parenti.

Anche Charmain, per quanto possasembrare strano, era piuttosto riconoscente azia Sempronia. Certo non provava la minimagratitudine all'idea di essere costretta abadare un vecchio mago malato che non

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aveva mai visto prima. — Poteva anchechiedermelo — ripeteva piuttosto spessoalla madre.

— Cara, credo sapesse che ti sarestirifiutata — ipotizzò infine la signora Baker.

— Forse è vero — diceva Charmain. —Ma — aggiunse con un sorriso misterioso,— forse no.

— Cara, non mi aspetto che tu ti diverta— disse timidamente la signora Baker. —Non è certo un piacere. Solo, sarebbedavvero gentile...

— Non sono gentile, lo sai — disseCharmain e salì al piano di sopra direttanella sua camera bianca ornata di gale, dovesi sedette alla sua bella scrivania con losguardo rivolto ai tetti, alla torri e ai caminidi High Norland oltre la finestra e poi sufino alle montagne azzurre in lontananza. La

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verità era che questa era l'occasione cheaveva tanto atteso. Era stanca della suabuona scuola e molto stanca di abitare acasa, con sua madre che la trattava come unatigre della quale nessuno è certo siaaddomesticata, e il padre che le proibiva difare questo o quello perché non era bello,prudente o normale. Era l'occasione diandarsene da casa e fare qualcosa — l'unicacosa — che Charmain avesse sempre voluto.Valeva la pena di accontentarsi della casadel mago anche solo per questo. Si chiedevase avrebbe avuto il coraggio di scrivere lalettera.

Per molto tempo il coraggio le eravenuto meno. Si sedette a fissare le nuvoleche coprivano al loro passaggio le cime deimonti, bianche e porporine, prendendo laforma di grassi animali e draghi sottili che

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calavano rapaci. Rimase a fissarle finchénon si sfilacciarono, riducendosi ad appenaun velo contro il cielo azzurro. Poi disse:"Adesso o mai più." Dopo di che sospirò,cercò con la mano gli occhiali appesi alcollo, tirò fuori la penna buona e la carta dalettera più bella. Scrisse, nella miglior grafiadi cui era capace:

Sua Maestà,fin dalla più tenera età, quando venni a

sapere della Sua splendida collezione dilibri e manoscritti, ho desiderato lavorarenella Sua biblioteca. Pur sapendo che Lei,con l'aiuto di Sua figlia, Sua Altezza Realela principessa Hilda, è personalmenteimpegnato nel lungo e difficile compito dismistare e catalogare il contenuto della RealBiblioteca, oso sperare che il mio aiuto le

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possa riuscire gradito. Raggiunta ormai l'età,vorrei candidarmi a occupare il posto diassistente nella Real Biblioteca. Spero nontroverà la mia candidatura troppopresuntuosa. Distinti saluti.

Charmain Baker12 Corn StreetHigh Norland City

Charmain si poggiò allo schienale e

rilesse la lettera. Scrivere al vecchio re eraun'impudenza bella e buona, però la letterale sembrava piuttosto riuscita. La sola cosasu cui aveva dei dubbi era quel "Raggiuntaormai l'età". Sapeva che lasciava intendereche avesse ventun anni — o almeno diciotto—, ma sentiva che non era proprio unabugia. Dopotutto, non aveva detto quanti

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anni aveva. E non aveva nemmeno detto diavere grandi conoscenze o di esserealtamente qualificata, dal momento chesapeva di non esserlo. Non aveva neanchescritto di amare i libri più di qualunque altracosa al mondo, per quanto fosseassolutamente vero. Doveva solo averfiducia nel fatto che il suo amore per lalettura emergesse da sé.

Senz'altro il re accartoccerà la lettera ela butterà nel fuoco, pensò. Ma almeno, hotentato. Uscì a imbucarla, sentendosicoraggiosa e ardita.

Il mattino dopo, zia Sempronia arrivò sulsuo calessino e vi fece salire Charmain,insieme alla borsa ricavata da un tappeto chela signora Baker aveva riempito di vestitidella figlia e a una, ben più capiente,rigonfia di tortine, ciambelle, sformati e

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crostate. Questa seconda borsa era cosìvoluminosa, ed emanava un profumotalmente intenso di santoreggia, salsa,formaggio, frutta, marmellata e spezie, che lostaffiere alla guida del calessino si voltò adannusare meravigliato, e perfino le signorilinarici di zia Sempronia si allargarono. —Be', non patirai la fame, piccola — disse. —In marcia. Ma lo staffiere dovette attendereche la signora Baker avesse abbracciatoCharmain e le avesse detto: — So di potermifidare di te, cara, e che farai la brava, saraiordinata e assennata.

"Figurati," pensò Charmain. Non si fidaper niente di me.

Poi suo padre corse a darle un bacinosulla guancia. — Siamo sicuri che non cideluderai, Charmain — disse lui.

"Come no," pensò Charmain. Sei sicuro

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che ti deluderò, piuttosto.— E ci mancherai, amore — disse la

madre, quasi in lacrime. "Stavolta potevaanche essere vero!" pensò Charmain, con uncerto stupore. Anche se proprio non mispiego cosa ci trovino in me.

— In marcia! — ordinò in tono secco ziaSempronia e lo staffiere eseguì. Quandoormai il pony procedeva a passo tranquillo,disse: — Dunque, Charmain, so che i tuoi tihanno sempre dato il meglio e che non haimai dovuto fare nulla per te stessa in vitatua. Per una volta, te la senti di prenderticura di te?

— Oh, sì — disse Charmain in tuttasincerità.

— E della casa e del povero vecchio?— insistette zia Sempronia.

— Farò del mio meglio — rispose

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Charmain. Temeva che, se non l'avessedetto, zia Sempronia avrebbe fatto marciaindietro e l'avrebbe riportata dritta a casa.

— Hai ricevuto una buona istruzione,vero? — disse zia Sempronia.

— So anche suonare — ammiseCharmain, in tono piuttosto scontroso, eaggiunse di getto: — Ma non ero per nientebrava, perciò non ti aspettare che mi metta asuonare delle arie al prozio William.

— Non me l'aspetto — ribatté ziaSempronia, — dal momento che è un magoed è probabilmente in grado di crearsi la suamusica da sé. Cercavo solo di capire se haiun'adeguata conoscenza di base di magia. Cel'hai, no?

Charmain sentì rivoltare le budella edebbe l'impressione che il sangue le stessedefluendo dal viso. Non osò confessare di

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non sapere neppure l'abc della magia: i suoi— la signora Baker in particolare — nonvedevano di buon occhio la magia. Inoltreabitavano in una zona della città così perbene che nella sua scuola non si erano maiinsegnate le arti magiche. Se si volevaimparare una cosa tanto volgare si dovevaandare piuttosto da un insegnante privato, eCharmain sapeva che i suoi non avrebberomai pagato per lezioni del genere. — Ehm...— cominciò. Fortunatamente zia Semproniariprese senza badarle. — Abitare una casapiena di magia non è uno scherzo, sai.

— Oh, non ho mai pensato che fosse unoscherzo — disse Charmain in tono sincero.

— Bene — disse zia Sempronia, e siappoggiò allo schienale.

Il pony avanzava a passo di trotto.Attraversarono la piazza Reale, passando

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oltre il Palazzo Reale che incombeva aun'estremità, con il suo tetto doratorisplendente al sole, e proseguirono per lapiazza del Mercato, dove di rado a Charmainera concesso andare. Guardava assorta lebancarelle e la gente intenta a comprare echiacchierare, e si girò per continuare aosservarla mentre si dirigevano verso lacittà vecchia. Qui le case erano così alte ecolorate, così diverse le une dalle altre —ognuna sembrava avere un tetto piùspiovente e finestre collocate in modo piùbizzarro della precedente —, che Charmaincominciò a sperare che, dopotutto, viverenella casa del prozio William potesserivelarsi un'esperienza molto interessante. Ilpony tuttavia continuò a procedere attraversole zone più sporche e povere, poi passòdavanti a casupole vere e proprie, e poi tra

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campi aperti e siepi, dove un'imponenteparete di roccia incombeva sulla strada e silevavano solo rare casette nascoste dietro asiepi, mentre le montagne torreggiavanosempre più vicine. Charmain cominciò acredere che stessero lasciando High Norlandper un altro paese. Quale? Sfrangia?Montalbino? Se solo fosse stata più attentaalle lezioni di geografia...

Proprio mentre formulava quel pensiero,lo staffiere si fermò davanti a una casa colorgrigio-topo acquattata all'estremità di unlungo giardino. Charmain la osservòattraverso il cancelletto di ferro e si sentìdecisamente delusa: era la casa più banaleche avesse mai visto in vita sua. Avevafinestre ai due lati della porta d'ingressomarrone e un tetto color grigio-topo che lericopriva minaccioso. Non sembrava ci

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fosse traccia di un piano superiore.— Eccoci qui — disse in tono allegro

zia Sempronia. Scese, aprì rumorosamente ilcancelletto di ferro e si diresse lungo ilvialetto fino alla porta di ingresso. Charmainsi mosse furtiva e cupa sulla sua scia, mentrelo staffiere le seguiva con le due borse. Nelgiardino ai lati del vialetto sembravanocrescere esclusivamente cespugli di ortensie,azzurre, verdi-azzurre e color malva.

— Penso che non spetti a te occuparti delgiardino — disse zia Sempronia in tonoleggero. "Spero proprio di noi" pensòCharmain. — Sono quasi sicura che Williamabbia un giardiniere — aggiunse ziaSempronia.

— Lo spero — disse Charmain. In fattodi giardini le sue competenze si fermavanoal cortile sul retro della casa dei Baker, con

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il suo ampio gelso, il roseto e le cassette dafiori dove la madre coltivava i fagioli.Sapeva che sotto le piante c'è della terra eche la terra contiene i vermi. Rabbrividì.

Zia Sempronia sbatté con fare sbrigativoil battente alla porta d'ingresso marrone espinse la nipote in casa, chiamando a granvoce: — Ooh! Ti ho portato Charmain!

— Grazie davvero — disse il prozioWilliam.

La porta d'ingresso dava su un soggiornoantiquato, dove il prozio era seduto su unavecchia poltrona color grigio-topo. Avevaaccanto una grande valigia di pelle, come sefosse già pronto a partire. — Piacere diconoscerti, cara — disse a Charmain.

— Signore — rispose educatamenteCharmain.

Prima che l'uno o l'altra potessero

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riprendere, zia Sempronia disse: — Be', visaluto cari. Metti lì i suoi bagagli — ordinòal suo staffiere, che, obbediente, mollò leborse appena oltre la soglia e se ne andò.Zia Sempronia lo seguì in un fruscio dicostose sete, dicendo a gran voce: — Ci sivede! — mentre se ne andava.

La porta si richiuse sbattendo, lasciandoCharmain e il prozio William a fissarsi.

Era un ometto quasi calvo, se si escludequalche ciuffo di fini capelli argentei chestriavano la sua testa altrimenti glabra.Sedeva chinato in una posa rigida eaccartocciata, che rivelava a Charmainquanto stesse soffrendo. Lei si sorprese aprovarne pietà, ma al tempo stesso avrebbevoluto che lui non la fissasse con tantainsistenza, la faceva sentire colpevole. Pergiunta le palpebre inferiori ciondolavano

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dagli stanchi occhi azzurri, a mostrarnel'interno rosso come il sangue. Charmainodiava il sangue almeno quanto i vermi.

— Be' sei una signorina molto alta e dail'idea di sapere bene quello che fai — disseil prozio William. Parlava stancamente e contono dolce. — Per come la vedo io, i capellirossi sono di buon auspicio. Molto buono.Pensi di riuscire a cavartela qui mentre saròvia? Temo che il posto sia un po' sottosopra.

— Penso di sì — disse Charmain. Quellastanza antiquata le sembrava abbastanza inordine. — Mi dica qualcosa di quello chedovrò fare. "Anche se spero di non dovermifermare molto," pensò. "Quando il rerisponderà alla mia lettera..."

— Quanto a questo — disse il prozioWilliam, — le solite cose di manutenzionedella casa, ovviamente, ma magiche. Va da

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sé che si tratta per lo più di incantesimi.Dato che non sapevo bene a che grado diconoscenza delle arti magiche sei giunta, hopreso qualche precauzione... "Orrore!" pensòCharmain. "Crede che sappia qualcosa dimagia!". Cercò di fermare il prozio Williamper chiarire l'equivoco, ma in quel momentofurono interrotti. La porta d'ingresso si aprìrumorosamente e una processione di elfialtissimi entrò a passi misurati. Erano tuttivestiti di un bianco quasi ospedaliero e iloro splendidi volti erano del tutto privi diespressione.

Charmain li fissò, fortemente turbatadalla loro bellezza, altezza, equanimità e,soprattutto, dall'assoluto silenzio. Uno diloro la scostò con delicatezza e lei rimase lì,sentendosi goffa e sottosopra, mentre gli altricircondavano il prozio William chinando su

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di lui le teste di un biondo abbagliante.Charmain non avrebbe saputo dire concertezza cosa facessero, ma un attimo dopo ilprozio William vestiva una tunica bianca eloro lo sollevavano dalla sedia. Alla suatesta erano attaccate tre mele rosse, o quelleche sembravano mele. Charmain si accorseche era addormentato.

— Ehm... non state dimenticando la suavaligia? — chiese mentre lo portavano fuori.

— Non ce n'è bisogno — disse uno deglielfi, tenendo aperta la porta a quelli chetrasportavano il prozio William.

Dopo di che si avviarono tutti lungo ilvialetto del giardino. Charmain si lanciòsulla soglia e chiese: — Quanto starà via?—. All'improvviso sembrava urgente sapereper quanto sarebbe stata responsabile dellacasa.

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— Il tempo che ci vorrà — rispose unaltro elfo.

Poi, prima ancora di arrivare al cancellodel giardino, erano tutti svaniti.

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CAPITOLO DUE

Nel quale Charmain esplora la casa

Charmain rimase un po' a fissare ilvialetto deserto, poi richiuse la porta,sbattendola. — Che faccio adesso? —chiese alla stanza vecchio stile, rimastadisabitata.

— Ho paura che ti toccherà pulire lacucina, cara — disse, sbucando dal nulla, lavoce stanca del prozio William, con tonogentile. — Mi scuso per tutto il bucato che tilascio da fare. Per favore apri la valigia peraltre istruzioni.

Charmain scoccò uno sguardo allavaligia. Dunque il prozio William avevavoluto lasciarla, dopotutto. — Tra un minuto

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— disse rivolta alla valigia. — Non hoancora disfatto i miei, di bagagli — Prese lesue borse e marciò in direzione dell'unicaporta oltre a quella d'ingresso. Era in fondoalla stanza, e dopo qualche tentativo diaprirla con la mano nella quale reggeva laborsa dei viveri, poi con la stessa mano maentrambe le borse nell'altra, e infine con tuttee due le mani e le borse posate a terra,Charmain scoprì che portava in cucina.

Rimase un momento a osservare. Poitrascinò le due borse oltre la porta, sul puntodi richiudersi, e restò a fissare la cucinaancora un po'.

— Che confusione! — disse.Avrebbe potuto essere una cucina ampia

e agevole. Era dotata di una grande finestrarivolta alle montagne, attraverso la quale siriversava nella stanza la luce calda del sole.

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Ma ahimé non serviva che a illuminarel'enorme pila di piatti e tazze ammassati nellavello, sul suo ripiano e lì a fianco sulpavimento. I raggi del sole giungevano poi— insieme allo sguardo sgomento diCharmain — su due grosse sacche di tela dibiancheria da lavare, poggiate accanto allavello, su cui gettavano una luce dorata.Erano talmente piene di vestiti sporchi che ilprozio William le aveva usate come mensolaper una pila di casseruole, padelle e simili.

Da lì lo sguardo di Charmain si spinsefino al tavolo al centro della stanza. Eccodove, a quanto pareva, il prozio Williamteneva la sua scorta di trenta teiere, o giù dilì, e di altrettanti bricchi per il latte, nonchédi numerosi recipienti che erano stati usaticome salsiere. A suo modo era tutto piuttostoin ordine, pensò Charmain, solo molto

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affollato e sporco.— Immagino che tu sia stato malato —

brontolò parlando al nulla. Questa volta nonricevette risposta. Si avvicinò cautamente allavello ed ebbe l'impressione che mancassequalcosa: le ci volle un minuto per rendersiconto che non c'erano rubinetti. Forse la casaera così lontana dalla città che non avevanoportato fin lì i tubi dell'acqua. Quandoguardò dalla finestra, vide un cortiletto conal centro una pompa. "Quindi dovrei andarea pompare l'acqua e poi portarla dentro, epoi cos'altro?" si chiese. Ispezionò il caminovuoto e scuro. Dopotutto era estate, quindiera logico che il fuoco fosse spento, e chenon ci fosse nemmeno qualcosa peraccenderlo, per quanto poteva vedere. "Cosafaccio, scaldo l'acqua?" si chiese. "Mi sache dovrò usare una pentola sporca... A

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proposito, come faccio a lavarmi? Nonposso nemmeno farmi un bagno? Non ce l'hauna camera da letto o un bagno?".

Si precipitò verso la porticina dietro ilcamino e la spalancò. "Sembra che peraprire tutte le porte del prozio William civoglia la forza di dieci uomini," pensòirritata. Riusciva quasi a percepire la forzadella magia che le teneva sbarrate. Si trovòdi fronte una piccola dispensa. Sugli scaffalic'era solo un vasetto di burro, una pagnottache sembrava stantia e un'ampia borsa cheriportava la misteriosa dicitura CIBIS CANINI-cus, piena, a quanto sembrava, di sapone inscaglie. E impilate dietro la borsa c'eranoaltre due grandi sacche di biancheria sporca,piene come quelle in cucina.

— Ho voglia di urlare — disseCharmain. — Come ha potuto zia Sempronia

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farmi questo? La mamma come ha potutopermetterglielo?

In quel momento di scoramento, riuscìsolo a pensare di fare quel che facevasempre in situazioni critiche: sprofondare inun libro. Trascinò le sue borse fino al tavoloaffollato di cose e si mise a sedere su unadelle due sedie. A quel punto slacciò laborsa ricavata da un tappeto, inforcò gliocchiali e si mise a frugare tra i vestiti, allaricerca dei libri che aveva messo da parteperché la madre li sistemasse in valigia. Lemani non trovarono nulla di rigido, aeccezione del grosso sapone tra le sue coseda toeletta. Charmain lo scagliò dalla parteopposta della stanza, dentro al focolarevuoto, e riprese a scavare. — Non ci possocrederei — esclamò. — Doveva metterlidentro per primi, proprio in fondo. Ribaltò

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la borsa e la scrollò per far cadere tutto aterra. Ne fuoriuscirono pacchi di gonne,abiti, calze e camicette piegate a meraviglia,due maglie all'uncinetto, sottovesti di pizzo ebiancheria da bastare per un anno. In cima altutto caddero le sue pantofole nuove. Dopodi che la borsa si ritrovò vuota e floscia.Charmain tastò ugualmente l'interno da cimaa fondo prima di gettarla da parte, lasciarricadere gli occhiali all'estremità dellaccetto e chiedersi se fosse il caso dimettersi a piangere. La signora Baker avevadavvero scordato di mettere in valigia ilibri. — Be' — disse Charmain dopo unintervallo di tempo passato a sbattere lepalpebre e deglutire, — mi sa che è la primavolta che sto via da casa sul serio. Laprossima volta, i bagagli me li faccio dasola, e li riempio di libri. Per adesso mi

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toccherà arrangiarmi con quello che c'è. Inquesto spirito sollevò l'altra borsa sul tavoloaffollato e la spinse per farle posto,mandando così quattro bricchi per il latte euna teiera verso il pavimento. — Echisseneimporta! — disse Charmain nelvederli cadere. A motivo di un certosollievo, i bricchi del latte erano vuoti e silimitarono a rimbalzare e non si ruppenemmeno la teiera, che restò rovesciata aspargere tè sul pavimento. — Probabilmenteil lato buono della magia è questo — disseestraendo, di umore fosco, il primo pasticciodi carne. Infagottò le gonne tra le ginocchia,poggiò i gomiti sul tavolo e diede un enorme,consolatorio, stuzzicante morso al pasticcio.Una cosa fredda e tremolante le toccò lagamba destra nel punto in cui era scoperta.

Charmain raggelò, non osando neppure

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masticare. "Questa cucina dev'essere pienadi grossi lumaconi magici!", pensò. La cosafredda la toccò in un altro punto dellagamba. Il contatto fu accompagnato da unlamento appena accennato. Moltolentamente, Charmain scostò gonna etovaglia e abbassò lo sguardo. Sotto iltavolo sedeva un minuscolo cane biancoispido, che le rivolgeva uno sguardo pateticoscuotendosi tutto. Quando si accorse cheCharmain lo osservava, drizzò le disegualiorecchie bianche, che apparivano comesfrangiate, e prese ad agitare in modoconvulso a terra la sua codina spelacchiata.Poi tornò poco alla volta a emettere unflebile lamento.

—E tu chi sei? — chiese Charmain. —Nessuno mi ha parlato di un cane. Di nuovosi sentì risuonare nell'aria la voce del prozio

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William. — Questo cane si chiama Sperso,devi essere molto buona con lui. Era unrandagio e sembra aver paura di tutto.

Charmain non aveva mai saputo benecome porsi nei confronti dei cani. La madrediceva che sono sporchi e mordono, e non neavrebbe mai voluto uno in casa, cosìCharmain si era sempre sentita molto agitatain loro presenza. Ma questo cane era cosìpiccolo, così pulito e bianco... E sembravatemere Charmain molto più di quanto lei lotemesse. Non cessava di tremare tutto.

— Oh, smettila di tremare — disseCharmain. — Non voglio farti del male. MaSperso continuò, rivolgendole uno sguardoche ispirava pietà. Charmain sospirò, staccòun bel pezzo del pasticcio e lo allungò inbasso, verso il cane. — Tieni — disse. —Tieni, dopotutto te lo meriti anche solo

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perché non sei un lumacone.Il naso nero e rilucente di Sperso

fremette in direzione del pezzo di pasticcio.Rivolse lo sguardo in su, verso di lei, peraccertarsi che fosse davvero questo cheintendeva, e solo allora, delicatamente e congarbo, lo prese in bocca e lo mangiò. Poitornò a guardare Charmain per averneancora. La delicatezza di quel cane laaffascinava. Ne staccò un altro pezzo, poi unaltro ancora: alla fine si divisero il pasticcioa metà.

— Finito — disse Charmain, scuotendole briciole dalla gonna. — Dobbiamo fardurare queste provviste, dato che in casa nonsembra ci sia altro da mangiare. Adessomostrami cosa devo fare, Sperso.

Sperso trottò con prontezza in direzionedi quella che sembrava la porta sul retro e si

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mise a dimenare quel ciuffo che era la suacoda e a sussurrare un lamento appenaaccennato. Charmain schiuse la porta — chesi rivelò difficile da aprire quanto le altredue — e lo seguì in cortile, pensando cheintendesse portarla a pompare acqua per illavello. Ma Sperso passò oltre la pompatrotterellando e si diresse verso un melo, piùsimile però a un mango, che si trovava in unangolo, e una volta lì sollevò una dellecortissime zampette e fece pipì contro iltronco.

— Ho capito — disse Charmain. —Questo è quello che dovevi fare tu, non io.Non credo che tu faccia molto beneall'albero, Sperso.

Il cane le rivolse un'occhiata e prese atrotterellare avanti e indietro per il cortile,intento ad annusare quel che trovava e a

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levare la zampa contro i ciuffi d'erba.Charmain si rese conto che Sperso vi sisentiva al sicuro e si accorse che lo stessovaleva per lei: avvertiva un senso di caloree sicurezza, come se il prozio Williamavesse messo il giardino sotto una sorta diprotezione magica. In piedi accanto allapompa, fissò lo sguardo oltre le montagne,che si levavano ripide. Dalle vette soffiavauna brezza leggera che portava con sé unsentore di neve e di fiori nuovi e le fecetornare in mente gli elfi. Si chiese se era làche avevano portato il prozio William.

"E sarà meglio che lo riportino indietroin fretta," pensò. "Più di un giorno qui epotrei impazzire!".

In un angolo vicino alla casa c'era unpiccolo capanno. Charmain vi si avvicinòborbottando: — Suppongo che qui ci saranno

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badili, vasi da fiori e robe simili —. Ma unavolta aperta a fatica la dura porta, vi trovòun'ampia vasca di rame, un mangano e, sottola vasca, uno spazio per accendere il fuoco.Rimase a fissare queste cose come in unmuseo si resta a fissare un oggetto strano,finché non le venne in mente che a casa, nelsuo cortile, c'era un capanno simile. Ai suoiocchi era un luogo altrettanto misterioso, dalmomento che le era sempre stato proibito dientrarvi, ma sapeva che una volta lasettimana una lavandaia dalle mani rosse e ilvolto paonazzo arrivava e faceva un sacco divapore in quel capanno, da cui, per qualchemistero, uscivano vestiti puliti. "Ah, unalavanderia," pensò. Mi sa che dovrei metterequei sacchi di biancheria sporca nella vascae farli bollire. Ma come? Comincio apensare di aver vissuto nella bambagia fino

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a ora.— E che sia stato un bene — disse a

voce alta, pensando alle mani rosse e allafaccia color malva della lavandaia.

"Ma questo non mi aiuterà a lavare ipiatti," pensò, "o a fare un bagno. Dovreibollire anch'io in quella vasca? E dovedovrei dormire, per l'amor del cielo?".

Tornò in casa lasciando la porta apertaper Sperso, e una volta dentro superò apasso di marcia il lavello, i sacchi dibiancheria sporca, il tavolo ingombro e ilmucchio delle sue cose per terra e aprì laporta nella parete di fronte a lei. Oltre laporta, sempre il vecchio salotto.

— La situazione è disperata! — esclamò.— Dove sono le camere da letto? Dov'è ilbagno?

La voce stanca del prozio William tornò

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a risuonare nella stanza. — Per le camere daletto e il bagno, gira a sinistra appena apri laporta della cucina, cara. Ti prego discusarmi se troverai in disordine.

Charmain si volse a guardare la cucinaoltre la porta aperta. — Ah, sì? — disse. —Be', proviamo —. Tornò con cautela suipropri passi verso la cucina e chiuse la portadi fronte a sé, poi la spalancò di nuovo, conlo sforzo che cominciava a considerarescontato, e si girò di scatto sulla sinistra,superando la cornice prima ancora di avereil tempo di pensare che fosse impossibile.

Si ritrovò in un corridoio alla cuiestremità c'era una finestra aperta chelasciava entrare una brezza satura delprofumo delle montagne, fatto di neve e fiori.Mentre era intenta a girare il pomello epremere il ginocchio contro la porta più

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vicina, Charmain ebbe la visione fugace eabbagliante di un verde declivio e di azzurrelontananze. Questa porta si aprì senza troppedifficoltà, come se fosse usata piuttostospesso. Un passo in avanti e Charmain fucolta da un profumo tale da farle dimenticareall'istante quelli provenienti dalla finestra.Rimase lì, in punta di naso, deliziatadall'odore: era la fragranza gradevolmenteammuffita di vecchi libri, a centinaia, valutòguardandosi intorno. C'erano volumiallineati su scaffali lungo tutte e quattro lepareti, accatastati a terra e impilati sullascrivania; per lo più vecchi libri rilegati inpelle, anche se ve n'erano alcuni, tra quelli aterra, dotati di sovraccoperta coloratadall'aspetto più recente. Era lo studio delprozio William, ovviamente.

— Ooh! — esclamò Charmain.

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Ignorando la vista delle ortensie che sicoglieva dalla finestra, si lanciò verso i librisulla scrivania. Erano volumi grossi, spessi,profumati. Alcuni erano tenuti serrati daganci metallici, come se fosse pericolosoaprirli. Charmain aveva già preso in mano ilpiù vicino, quando si accorse del rigidofoglio di carta poggiato sulla scrivania,coperto da una scrittura tremolante.

— Charmain, cara — lesse, e si sedettesulla sedia imbottita davanti alla scrivaniaper leggere il resto.

Charmain, cara,

grazie per aver gentilmente accettato dibadare a questa casa durante la mia assenza.Gli elfi mi hanno detto che dovrei stare viaper circa due settimane. (Grazie al cielo!

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pensò Charmain.) O forse un mese, sedovessero subentrare complicazioni. (Ah.) Tiprego davvero di scusarmi per il disordine.Ormai è da un po' che sono afflitto da unamalattia, ma sono certo che sei una giovanedonna piena di risorse e non ci metteraimolto a sistemarti. In caso dovesseronascere difficoltà, ho lasciato delleindicazioni vocali per te ovunque misembrava necessario. Non devi fare altroche pronunciare ad alta voce le tue domandeper ricevere risposta. Troverai spiegazioneper le questioni più complesse nella valigia.Ti prego di trattare Sperso con gentilezza,non è stato con me abbastanza da sentirsi alsicuro, e di prendere liberamente qualunquelibro dello studio, tranne quelli sullascrivania, che sono per lo più troppo potentie avanzati per te. (Fuu. Sai quanto me ne

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importa! pensò Charmain.) Intanto ti auguroun felice soggiorno in casa e spero di potertiringraziare di persona tra non molto. Il tuoaffezionato proprozio acquisito,

William Norland

— Eh già, deve proprio essere acquisito— commentò Charmain ad alta voce. —Dev'essere il prozio di zia Sempronia e leiha sposato zio Ned, che sarebbe lo zio dipapà, se non che adesso è morto. Chepeccato, cominciavo a sperare di averereditato un po' dei suoi poteri magici. Poidisse educatamente alla stanza: — Graziemille, prozio William. Non ci fu risposta.Charmain pensò: "Be', mica era unadomanda". E si preparò a passare inrassegna i libri sulla scrivania. Il massiccio

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libro che aveva tra le mani era intitolato Illibro del vuoto e del nulla. Quando l'aprì,com'era da prevedere, le pagine eranobianche, ma sotto i polpastrelli riusciva apercepire che vi era celato come un fremitodi magia. Tornò a posarlo piuttosto in frettae ne prese uno dal titolo Guida di Wallall'astromanzia, che si rivelò un tantinodeludente, perché era per lo più composto dischemi di linee nere punteggiate e da unaquantità di quadratini rossi, che sidiramavano dalle linee a formare varischemi; ma da leggere quasi nulla.Nonostante ciò, Charmain rimase asfogliarlo per più di quanto avrebbe voluto:quei diagrammi dovevano avere qualcosa diipnotico. Ma alla fine, quasi di scatto, loripose, per dedicarsi a un volume dal titoloFondamenti di stregoneria avanzata, che

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non era per niente il suo genere. Erastampato in lunghi e fìtti periodi, che aocchio e croce cominciavano quasi semprecon "Arguendo dalle scoperte presentatenella mia precedente opera, ci troviamopronti ad affrontare un ampliamento delconcetto di fenomenologia paratipica..."."No," pensò Charmain. "Mi sa che non siamopronti".

Ripose anche quello e sollevò il pesantelibro quadrato appoggiato in un angolo dellascrivania. Il titolo era Dos Zauberbuch, evenne fuori che era in una lingua straniera.Probabilmente quella parlata in Ingaria,deliberò Charmain. Ma, cosa ancora piùinteressante, il libro era usato comefermacarte per una pila di lettere provenientida ogni parte del mondo. Si dedicò a lungo apassarle in rassegna con indiscrezione,

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sempre più colpita dal prozio William manoa mano che procedeva. Erano quasi tutte dimaghi che lo consultavano sulle più sottiliquestioni di magia — era chiaro che loconsideravano il più grande esperto — o percongratularsi con lui per la sua ultimascoperta in tema di magia. Le grafie eranouna peggio dell'altra. Charmain le consideròcon sguardo torvo e avvicinò la peggiorealla luce.

Caro mago Norland (diceva per quanto

era in grado di decifrare), il Suo libroIncantesimi fondamentali mi è stato digrande aiuto nel mio lavoro dimensionale (odemenziale?, si chiese Charmain), mavorrei attirare la Sua attenzione su una miapiccola scoperta relativa al capitolosull'Orecchio di Murdoch (Lo specchio di

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Merlino?, Le leggi di Murphy? Miarrendo!,pensò Charmain) Potremmo parlarne inoccasione di una mia prossima venuta a HighNorland?

F a s c i n o s a m e n t e fastidiosamente?fanaticamente? favorevolmente? Oddiocome scrive!, pensò Charmain) Suo,

Mago Howl Pendragon

— Oddio, scommetto che per scrivere

usa un attizzatoio! — disse Charmain ad altavoce nel prendere la lettera successiva.Questa era del Re in persona e, per quantoscritta con grafia tremolante e vecchio stile,era molto più facile da decifrare.

Caro Willie (lesse Charmain con

ammirazione e sorpresa crescenti),siamo

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ormai a buon punto sulla strada del nostroGrande Compito, a tutt'oggi ancora segreto.Contiamo su di te. La nostra devota speranzaè che gli elfi che ti abbiamo mandato tiaiutino a ristabilirti in salute e che a brevepotremo ancora contare sull'inestimabilebeneficio del tuo consiglio eincoraggiamento. Con i nostri miglioriauguri.

Tuo affezionatoRex Adolphus, sovrano di High

Norland

Perciò era stato il Re a mandare quegli

elfi! — Bene bene — mormorò Charmain,mettendosi a sfogliare le altre lettere delmucchio. Erano tutte scritte con grafiedifferenti ma curatissime, e sembravano dire

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la stessa cosa, anche se in forme diverse: "Tiprego, mago Norland, vorrei diventare il tuoapprendista. Accetti la mia richiesta?".Qualcuno si spingeva fino a offrire soldi alprozio William. Uno diceva di potergli dareun magico anello di diamanti e un'altra,evidentemente una ragazza, facevaun'affermazione piuttosto patetica: "Io nonsono granché carina, ma mia sorella sì e diceche ti sposerà se accetti di farmi dainsegnante". Charmain sussultò d'impazienzae si limitò a scorrere rapidamente il restodelle lettere. Le ricordavano tanto quella cheaveva scritto al Re. Pensò che erano quasialtrettanto inutili; ai suoi occhi era ovvio chequelle lettere erano del genere al quale unmago famoso avrebbe rispostoimmediatamente con un "No". Le ammucchiòdi nuovo sotto Dos Zauberbuch e si mise a

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osservare gli altri libri sulla scrivania. Infondo c'era un'intera fila di grossi volumi,tutti con sopra scritto Res Magica, ai qualiavrebbe rivolto la sua attenzione più tardi.Prese altri due libri a caso. Uno erai nti to l a to II sentiero della signoraPentstemmon: indicazioni per giungere allaVerità e le sembrò una sciocchezzamoraleggiante. Una volta che ebbe aperto ilfermaglio di metallo e sfogliato la primapagina, vide che l'altro aveva per titolo Illibro del palinsesto. Nello sfogliarlo,Charmain si rese conto che conteneva a ognipagina un incantesimo diverso, con un titoloa indicare a cosa serviva e, a seguire, unelenco di ingredienti e fasi numerate cheillustravano come procedere.

— Questo sì che mi piace! — esclamòCharmain, e si dispose a leggere. Molto

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dopo, mentre cercava di stabilire se fossepiù utile "Incantesimo per distinguere unamico da un nemico" o "Incantesimo perampliare le potenzialità della mente" omagari addirittura "Incantesimo per volare",Charmain divenne improvvisamenteconsapevole di avere il disperato bisogno dìun bagno. Le capitava spesso quando eraimmersa nella lettura. Scattò in piedi, leginocchia strette una all'altra, e allora si reseconto che il bagno lo doveva ancora cercare.

— Oh, come lo trovo il bagno da qui? —chiese a voce alta.

La voce gracile e gentile del prozioWilliam risuonò subito rassicurante nellastanza. — Gira a sinistra al passaggio, miacara, il bagno è la prima porta a destra.

— Grazie! — rispose ansimanteCharmain e si mise a correre.

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CAPITOLO TRE

Nel quale Charmainopera vari incantesimicontemporaneamente

Alla vista del bagno, Charmain si sentìrincuorata come al suono della voce dal tonogentile del prozio William: era in pietraverde consumata ed era dotato di unafinestrella, di fronte alla quale ondeggiavauna tendina, anch'essa verde. Presentava tuttigli accessori che Charmain aveva anche acasa, e casa sua era quanto di meglio, pensò.Era addirittura dotato di rubinetti e scaricodel gabinetto. A dire il vero, i rubinetti e lavasca erano strani, leggermente a forma dipatata, come se chi li aveva installati non

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fosse stato ben sicuro del loro scopo; maquando Charmain li aprì per provarli, fecerouscire acqua calda e fredda, proprio comedovevano, e su un'asta sotto lo specchiotrovò degli asciugamani caldi.

Magari potrei mettere uno di quei sacchidi biancheria nella vasca, meditò Charmain.Ma poi come li strizzo?

Lungo il corridoio del bagno si aprivauna fila di porte che continuava fino a unpunto imprecisato. Charmain si diresse allapiù vicina e la spinse, aprendola, convintache portasse in salotto. Invece, dietro laporta c'era una piccola camera da letto,sicuramente del prozio William, a giudicaredalla confusione. Le coperte bianchestrascicavano giù dal letto sfatto, quasi acoprire una serie di camicie da notte a righesparpagliate per terra. Dai cassetti

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balenavano camicie, insieme a calzini e aquelli che parevano mutandoni, mentrel'armadio aperto conteneva una specie diuniforme che mandava odore di muffa. Sottola finestra c'erano altri due sacchi zeppi dibiancheria da lavare. Charmain si lamentòad alta voce. — Immagino che sarà statomalato per un pezzo — disse, sforzandosi diessere comprensiva. — Ma Santa Padella,perché mai dovrei occuparmene io? Il lettoprese a cigolare.

Charmain si girò di scatto per guardare.Il cigolio proveniva da Sperso,comodamente raggomitolato nel mucchio dibiancheria, che si grattava alla ricerca di unapulce. Quando si accorse che la ragazza loguardava, prese a muovere la codina e astrisciare pancia a terra, abbassò le orecchiesfrangiate e sussurrò un mugolio implorante

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verso di lei.— Tu non dovresti essere qui, o sbaglio?

— gli chiese. — Va bene, vedo che ci staicomodo, del resto non mi sogno nemmeno didormirci, io. Uscì a passo di marcia dallacamera e aprì la porta accanto. Scoprì consollievo che c'era un'altra camera da letto,quasi identica a quella del prozio William, aparte per il fatto che era in ordine. Il lettoera pulito e fatto con cura, le antedell'armadio erano chiuse e scoprì che icassettoni erano vuoti. Annuì in segno diapprovazione e aprì la porta successivalungo il corridoio. C'era un'altra camera daletto pulita, e dopo quella un'altra, e un'altraancora, una identica all'altra.

Sarà meglio che butti le mie cose inquella che voglio usare, o non la ritroveròpiù.

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Tornò sui suoi passi, in corridoio, perscoprire che Sperso era sceso dal letto e orastava graffiando la porta del bagno conentrambe le zampe anteriori. — Non è lì chevuoi entrare — gli disse Charmain. — Checi vai a fare?

Ma la porta si aprì comunque, non si sacome, prima che Charmain vi arrivasse.Oltre vi era la cucina, Sperso entrò a trottovivace e Charmain emise un altro gemito. Laconfusione non era affatto sparita: c'erano lestoviglie sporche e i sacchi di biancheria dalavare, con l'aggiunta ora di una teiera chegiaceva in una pozza di tè, i vestiti diCharmain ammucchiati vicino al tavolo e unagrossa saponetta nel camino.

— Me ne ero scordata — disseCharmain.

Sperso mise le zampette anteriori sul

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piolo più basso della sedia e si levò in tuttala sua modesta lunghezza con fareimplorante.

— Hai ancora fame — diagnosticòCharmain. — Anch'io.

Si sedette sulla sedia, Sperso le siaccucciò accanto al piede sinistro e sispartirono un altro pasticcio. Poi si diviserouna crostata di frutta, due ciambelle, seibiscotti al cioccolato e un flan alla cremapasticcerà. Dopo di che, Sperso si trascinòcon passo pesante verso la porta interna, chesi aprì non appena l'ebbe grattata. Charmainraccolse la pila dei suoi vestiti e lo seguì,con l'intenzione di mettere le sue cose nellaprima camera da letto libera.

Ma a questo punto qualcosa andò untantino storto: Charmain aprì la porta con ungomito e girò a destra con disinvoltura per

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imboccare il corridoio delle camere da letto.Si ritrovò immersa nel buio più completo.Trovò quasi immediatamente un'altra porta ecolpì il pomello con il gomito, producendoun suono metallico.

— Acc! — disse, cercando a tentoni ilpomello e aprendo la porta, che si aprìmaestosa verso l'interno.

Charmain avanzò in un'ampia stanzailluminata da finestre ad arco su tutti i lati esi ritrovò ad avvertire odore di chiuso,trascuratezza e cuoio. Sembrava proveniredagli antichi sedili in pelle, sistemati intornoal tavolo intagliato che occupava gran partedella stanza. Di fronte a ogni sedile, sultavolo, c'era un tappetino di cuoio, e sultappetino un vecchio foglio vizzo di cartaassorbente, a eccezione dell'ampio sedileall'altra estremità, sul cui retro erano

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scolpite le insegne di High Norland. Alposto del tappetino di fronte a esso, sultavolo, c'era un bastone corto e tozzo. Iltutto, sedie, tavolo e tappetini era coperto dipolvere e agli angoli delle numerose finestrependevano ragnatele. Charmain sgranò gliocchi. — Ma questa è la sala da pranzo ocosa? — chiese. — Come ci arrivo allecamere da letto da qui? La voce del prozioWilliam risuonò piuttosto debole e lontana.— Ti trovi nella sala riunioni — disse. —Se è lì che sei, ti sei persa, cara, perciòascolta con attenzione: fai un giro su testessa in senso orario. Poi apri la porta conla sola mano sinistra, sempre girando insenso orario. Attraversala e lascia che ti sirichiuda alle spalle. Poi fai due grandi passilateralmente alla tua sinistra. In questo modotornerai vicino al bagno. "E speriamo che

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funzioni!" pensò Charmain, facendo del suomeglio per seguire le istruzioni.

Tutto andò per il meglio, a parte per ilmomento di buio dopo che la porta si furichiusa alle sue spalle con un colpo secco,quando Charmain si ritrovò a fissare uncorridoio di pietra che non aveva mai vistoprima. Lungo il corridoio un vecchio ricurvospingeva un carrello carico di una teierad'argento fumante, brocche e scaldavivandee quel che sembrava una pila di focaccine.Sbatté un po' le palpebre e decise che nonaveva molto senso, né per lei né per ilvecchio, dirgli qualcosa. Mosse invece i duepassi a sinistra e a quel punto, con suogrande sollievo, si ritrovò vicina al bagno,da dove poteva vedere Sperso intento arigirarsi senza posa sul letto del prozioWilliam per trovare una posizione comoda.

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— Pfiu! — disse Charmain, e scaricò ilcumulo di vestiti in cima alla cassapancanella camera da letto accanto.

Dopo di che percorse il corridoio peraprire la finestra in fondo, dove si trattennequalche minuto a guardare il declivio erbosoilluminato dal sole e a respirare l'aria frescae rigenerante che spirava da quelladirezione. Non doveva essere difficilescavalcarla per uscire, pensò. O entrare. Maciò che voleva in quel momento non era undeclivio erboso o dell'aria fresca. Il suopensiero andava in realtà aquell'elettrizzante libro degli incantesimi cheaveva lasciato aperto sulla scrivania delprozio William. Era la prima volta in vitasua che le si permetteva di avere liberamentea che fare con la magia, resistere eradifficile. Lo aprirò a caso e farò il primo

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incantesimo che trovo, pensò. Uno solo.Nello studio Il libro del palinsesto, non si sacome, era adesso aperto alla pagina"Incantesimo per trovarsi un bel principe".Charmain scosse la testa in segno di diniegoe chiuse il volume. — Che me ne faccio diun principe? — chiese. Tornò ad aprire illibro, con prudenza, in un altro punto. Questapagina titolava "Incantesimo per volare". —Oh, sì! — disse Charmain. — Questo sì cheva bene! —. Inforcò gli occhiali e si mise astudiare l'elenco degli ingredienti.

— Un foglio di carta, una penna d'oca

(facile, sulla scrivania c'è tutto), un uovo(in cucina?), due petali di fiore (uno rosa euno azzurro), sei gocce d'acqua (in bagno),un capello rosso, un pelo bianco e duebottoni di madreperla.

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— Nessun problema — disse Charmain,

si tolse gli occhiali e si mise all'opera perreperire gli ingredienti. Si precipitò incucina — ci arrivò aprendo la porta delbagno e girando a sinistra, e si esaltò fintroppo quando capì che ci era riuscita — echiese ad alta voce: — Dove sono le uova?

La gentile voce del prozio Williamrispose: — Le uova sono in un piatto delladispensa, cara. Penso dietro ai sacchi dellabiancheria. Mi scuso per averti lasciata in untale disordine.

Una volta nella dispensa, Charmain sichinò tra i sacchi della biancheria, dovetrovò effettivamente un vecchio piatto datorta con dentro una mezza dozzina di uova.Ne prese una con delicatezza e tornò nellostudio. Dal momento che gli occhiali

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penzolavano appesi al laccetto, non si reseconto che ora Il libro del palinsesto eraaperto alla pagina di "Incantesimo pertrovare un tesoro nascosto". Si diresse allafinestra, dove i petali di fiore erano a portatadi mano su un cespuglio di ortensie per metàrosa e per metà azzurro. Li posò accantoall'uovo e si precipitò in bagno, doveraccolse sei gocce d'acqua in un bicchiereper spazzolini. Sulla via del ritorno, passò difronte alla stanza in cui Sperso eraacciambellato come una meringa sullecoperte del prozio William.

— Scusa — gli disse Charmain, e fecescorrere le dita lungo il suo dorso irsuto. Sene andò con un bel po' di peli bianchi e nepose uno accanto ai petali, al quale aggiunseun capello rosso della sua chioma. Perquanto riguarda i bottoni di madreperla, si

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limitò a staccarne due dalla sua camicetta.— Bene — disse, e inforcò con cura gli

occhiali per leggere le istruzioni. Il libro delpalinsesto era adesso aperto alla pagina di"Incantesimo di protezione personale", maCharmain era troppo emozionata peraccorgersene. Guardò solo le istruzioni, cheerano suddivise in cinque fasi. La prima fasediceva: "Ponete tutti gli ingredienti, aeccezione di carta e penna d'oca, in unaciotola di dimensioni adeguate". Charmain,dopo essersi tolta gli occhiali per scrutare lastanza, non trovando alcuna ciotola, adeguatao meno, fu costretta a tornare in cucina. Insua assenza, pigramente e di soppiatto, Illibro del palinsesto girò un altro paio dipagine. Quando Charmain tornò con unaciotola un po' inzuccherata, dopo averrovesciato lo zucchero che conteneva in un

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piatto sporco, il libro era aperto a"Incantesimo per accrescere il poteremagico".

Charmain non se ne accorse. Posò laciotola sulla scrivania e vi mise l'uovo, i duepetali, il capello, il pelo e i suoi due bottonie vi fece gocciolare sopra l'acqua concautela. Poi inforcò gli occhiali e si chinòsul libro per scoprire il da farsi. A quelpunto sul Libro del palinsesto si potevaleggere l'"Incantesimo per rendersiinvisibili", ma Charmain si limitò a guardarele istruzioni e non se ne accorse.

La seconda fase le indicava di"Impastare tutti gli ingredienti, con l'aiutodella sola penna".

Non è facile impastare un uovo con unapenna, ma Charmain ci riuscì: usò l'estremitàappuntita per colpirlo fino a ridurre il guscio

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in pezzi, poi mescolò con tanta intensità che icapelli le ricaddero sul volto striandolo dirosso, e alla fine, quando nulla sembravaessersi amalgamato a dovere, utilizzò il latocon le piume per frullare il tutto. Quandofinalmente si tirò su affannata ed ebbescostato i capelli con le dita appiccicose, illibro aveva girato l'ennesima pagina. Eraadesso aperto a "Incantesimo per accendereun fuoco", ma Charmain era troppoimpegnata a non farsi finire l'uovo sulle lentiper accorgersene. Inforcò gli occhiali estudiò la terza fase, che diceva: "Recita trevolte Egemonia Gauda".

— Egemonia Gauda — intonòobbediente Charmain sopra la ciotola. Nonne era sicura, ma alla terza volta le sembròdi sentire un certo fermento tra i frammentidi guscio d'uovo e i bottoni di madreperla.

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"Mi sa che funziona!" pensò. Si spinse dinuovo gli occhiali sul naso e passò allaquarta fase. A questo punto quella che stavaleggendo era la quarta fase di "Incantesimoper piegare gli oggetti alla propria volontà"."Prendi la penna d'oca," c'era scritto, "e,impiegando il miscuglio preparato, scrivi sulfoglio la parola 'Ylf' circondata da una figurapentagonale. Bada nel farlo a non toccare lacarta".

Charmain prese la penna d'ocagocciolante e appiccicosa, costellata dipezzetti di guscio d'uovo e di un frammentodi petalo rosa, e fece del suo meglio. Nonera facile scrivere con quella mistura, esembrava non ci fosse modo di tenere fermoil foglio. Charmain puntava la penna e lograffiava e quello si muoveva e scivolavavia: la parola che avrebbe dovuto essere

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"Ylf" ne uscì collosa, a malapena leggibileoltre che irregolare, e sembrava più un"Hoof", perché mentre scriveva il capellorosso nella ciotola si era attaccato alla pennad'oca e aveva prodotto sulle lettere stranighirigori. Per quel che riguarda la figurapentagonale, mentre Charmain cercava ditracciarla il foglio scivolò da una parte, ealla fine tutto ciò che si poteva dire era cheaveva cinque lati: il risultato era una sinistraforma giallo uovo con un pelo di caneappiccicato in un angolo.

Charmain prese fiato, si impiastricciò icapelli scostandoli dal viso con una mano,che ora era molto appiccicosa, e lesse lafase finale, la quinta. Si trattava adesso dellafase cinque di "Incantesimo per avverare idesideri", ma era troppo confusa peraccorgersene. C'era scritto "Riponendo la

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penna nella ciotola, batti tre volte le mani edi' 'Tacs'".

— Tacs! — disse Charmain battendoforte le mani appiccicose.

A quanto pareva aveva funzionato: ilfoglio, la ciotola e la penna d'ocascomparvero, in silenzio e senza lasciaretraccia. Lo stesso accadde a gran parte dellegocce appiccicose sparse sulla scrivania delprozio William. Il libro del palinsesto sirichiuse da sé con un suono secco, Charmainfece un passo indietro, scrollandosi dallemani le briciole secche, piuttosto affaticata edelusa.

— Ma dovrei poter volare — si disse.— Mi chiedo quale sia il posto migliore perprovare.

La riposta era scontata. Charmain uscìdallo studio e percorse il corridoio fino in

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fondo, dove la finestra si apriva invitante sulverde declivio. Il davanzale era largo ebasso, perfetto da scavalcare. Nel giro dipochi secondi, Charmain si ritrovò all'apertosul prato nella luce della sera, a respirare lafredda aria pulita di montagna.

Era proprio in cima ai monti, con granparte di High Norland che si dispiegavaormai azzurro sotto di lei nella luce dellasera. Proprio di fronte, resi di un arancioneacceso dal sole basso e illusoriamentevicini, i picchi innevati che dividevano ilsuo paese da Strangia, Montalbino e altreterre straniere. Sotto di lei altri picchi, doveampie nubi grigio-scuro e cremisi siammassavano minacciose. Di lì a pocosarebbe venuto a piovere lassù, come spessocapitava a High Norland, ma per il momentol'aria era calda e serena. Alcune pecore

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pascolavano su di un altro prato, appenadietro le rocce, e a Charmain giungeva ilmuggito e lo scampanellio di una mandria dimucche piuttosto vicine. Quando volse losguardo in quella direzione, si stupì untantino nel vedere che le mucche erano in unprato in posizione più elevata, e che nonc'era segno della casa del prozio William odella finestra che aveva scavalcato.

Charmain non si fece prendere dall'ansia.Non era mai stata tanto in alto in montagna,ed era meravigliata da quanto fosse bello.L'erba sulla quale si trovava era più verde diqualunque prato avesse visto in città,emanava un profumo fresco che proveniva,se ne accorse a uno sguardo ravvicinato, dacentinaia e centinaia di minuscoli fiorelliniche crescevano bassi nel prato.

— Oh, prozio William, tu sì che sei

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fortunato! — disse ad alta voce. — Chebello avere tutto questo accanto al tuostudio!

Per un po' vagò beata, evitando le apiimpegnate sui petali e raccogliendo un mazzoche in teoria doveva contenere un fiore diogni tipo. Raccolse un piccolo tulipanoscarlatto, uno bianco, un fiore di un brillantecolor dorato, una tenue primula giallaminuscola, una campanu1a un fiore dalcalice azzurro, un'orchidea arancione e unoper tipo da una fitta esplosione di fiori daipetali rosa, bianchi e gialli. Ma quelli chepiù di tutti colpirono la sua fantasia furono lepiccole campanule azzurre, dell'azzurro piùintenso che avesse visto in vita sua.Charmain pensò che potessero esseregenziane, e ne colse più di una: erano cosìpiccole, perfette, azzurre. Continuava nel

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frattempo a vagare verso il declivio, dovesembrava esserci una specie di strapiombo.Pensò che sarebbe potuta saltare giù di lì pervedere se l'incantesimo la rendeva davverocapace di volare.

Arrivò allo strapiombo nel momento incui si rese conto di avere più fiori di quantipotesse tenerne in mano: sul ciglio rocciosoce n'erano altri sei tipi, che dovette lasciaredove si trovavano. Poi si scordò dei fiori esi limitò a guardare fisso di fronte a sé.

Il prato terminava in un precipizio altocirca metà della montagna. Lontano lontanoal di sotto di lei, accanto al sottile filo dellastrada, poteva vedere la casa del prozioWilliam, una scatoletta grigia in una macchiadi verde. Riusciva a distìnguere altre case,in lontananza, sparpagliate lungo la strada, ele luci accese come piccole scintille

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arancioni. Erano talmente lontane, là sotto,che Charmain deglutì e le tremarono un pocole ginocchia.

— Mi sa che per il momento lascioperdere gli esercizi di volo — disse. "Macome faccio a scendere?,'" le affiorò unpensiero represso. Adesso non ci pensiamo,rispose con fermezza un altro pensiero.Godiamoci la vista.

Da lassù riusciva a vedere quasi tuttaHigh Norland, dopotutto. Oltre la casa delprozio William la valle si stringeva in unasella verde scintillante di bianche cascate,dove il valico conduceva verso i confini diMontalbino. Dall'altra parte, superato ilrilievo della montagna sulla quale si trovavail declivio, il filo disegnato dalla strada siuniva a quello, più tortuoso, tracciato dalfiume, ed entrambi andavano a tuffarsi tra

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tetti, torri e torrette di High Norland City.Anche da lì proveniva un bagliore di luci,ma Charmain riusciva comunque adistinguere il soffuso risplendere del celebretetto d'oro del Palazzo Reale, sormontato dalguizzo della bandiera, e più in là le sembròdi riconoscere addirittura la casa dei suoigenitori. Non era poi così lontana, Charmainfu sorpresa nel rendersi conto che il prozioWilliam abitava appena fuori città. Al di làdella città, si apriva la vallata; laggiù, oltrel'ombra dei monti, era più chiaro e ilpaesaggio si fondeva, nella distanza delcrepuscolo, con il bagliore arancione delleluci. Charmain riusciva a vedere la lunga,imponente sagoma di Castel Joie, doveviveva il principe ereditario, e un altrocastello che non conosceva, alto e scuro, conil fumo che fuoriusciva da una delle torrette.

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Alle sue spalle, il paesaggio svaniva nel blu,in una distanza fatta di fattorie, villaggi eindustrie che costituivano il cuore del paese.A di là di tutto questo, Charmain riusciva avedere il mare, che si distingueva appena trale nebbie. "Non è poi un paese così grande ilnostro, eh?", pensò. Ma il pensiero fuinterrotto da un improvviso ronzareproveniente dal mazzo di fiori che teneva trale mani. Lo sollevò per vedere cosaprovocasse il rumore. Lassù sul prato, ilsole splendeva ancora abbastanza dapermettere a Charmain di ossevare che unadelle sue forse-genziane azzurre a forma dicampanula si muoveva e vibrava incorrispondenza del ronzio. Doveva avernecolta per sbaglio una con l'ape. Mise i fiori atesta in giù e li scosse: una cosa violaronzante cadde ai suoi piedi sull'erba. Non

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aveva esattamente la forma di un'ape, eanziché volar via, come fanno le api, sisedette sull'erba e continuò a ronzare. Piùronzava, più cresceva. Charmain si allontanòdi un passo, con fare nervoso, lungo il bordodello strapiombo. Era ormai più grande diSperso e continuava a crescere. "Non mipiace", pensò. "Che roba è?".

Prima che potesse fare un movimento, oanche solo pensare qualcosa, la creaturacrebbe in fretta fino a diventare il doppio diuna persona. Era di color viola scuro eaveva sembianze umane, ma non era unuomo. Sulla schiena aveva piccole ali violatrasparenti che muoveva in un confusovorticare, e il volto... Charmain dovettedistogliere lo sguardo. Aveva il volto di uninsetto, con protuberanze prensili eprotuberanze sensibili, antenne e occhi

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sporgenti all'interno dei quali vi eranoalmeno sedici occhi più piccoli.

— Oh, santo cielo! — sospirò Charmain.— Mi sa che è un lubbock.

— Sono il lubbock — annunciò lacreatura, la cui voce era un misto tra unringhio e un ronzio. — Sono il lubbock equesta terra mi appartiene. Charmain avevasentito parlare dei lubbock: qualcuno ascuola bisbigliava storie di lubbock, nessunapiacevole. Non c'era altro da fare, cosìdicevano, che essere molto gentili e speraredi cavarsela senza venire punti e poimangiati.

— Mi dispiace tanto — disse Charmain.— Non mi ero resa conto di aver sconfinatonel tuo prato.

— Ovunque ti giri, sconfini — ringhiò illubbock. — Tutta la terra che vedi, mi

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appartiene.— Cosa? Tutta High Norland? — chiese

Charmain. — Non dire assurdità.— Non dico mai assurdità — disse la

creatura. — Ogni cosa mi appartiene. Tu miappartieni.

In un frullare d'ali prese ad avvicinarsiavanzando su piedi irsuti dalla formaindistinta e dall'aspetto piuttosto bizzarro. —Verrò molto presto a reclamare ciò che miappartiene. Per prima cosa, reclamo te.Avanzò con passo frusciante versoCharmain. Tirò fuori le braccia, e unpungiglione appuntito sulla parte inferioredel volto. Charmain urlò e per scansarsicadde nel burrone, spargendo fiori mentreprecipitava.

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CAPITOLO QUATTRO

Nel quale compaiono Rollo,Peter e si verificano misteriose mutazioni

in Sperso

Charmain sentì che il lubbock dava in unronzante grido rabbioso, anche se il ventoche accompagnava la sua caduta lo reseconfuso. Vide l'enorme precipizio sfilarevelocissimo di fronte a sé. Continuava agridare furiosa: — Ylf, YLF! Oh per l'amoredel cielo! Ylf ! Ho appena fatto unincantesimo per volare, perché nonfunziona?

Funzionava. Charmain si rese conto chedoveva essere così quando le rocce di frontea lei smisero di scorrere a precipizio,

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rallentando fino a strisciare via, per poiscivolare e infine lumacheggiare. Per unistante restò sospesa nell'aria, sobbalzandoproprio al di sopra di alcuni giganteschispunzoni di roccia nella rupe in fondo alprecipizio. "Forse sono morta," pensò.

Poi disse: — Ridicolo! — e riuscì, conun gran scalciare e un goffo agitare lebraccia, a rigirarsi. Ed ecco lì la casa delprozio William, ancora lontana sotto di leinella luce del crepuscolo, a circa mezzochilometro da dove si trovava.

— Fluttuare è molto bello e tutto —disse, — ma come faccio a spostarmi? Aquel punto le tornò in mente che il lubbockera dotato di ali, e probabilmente in quelpreciso momento scendeva ronzando dallecime verso di lei: non ebbe allora piùbisogno di chiedersi come muoversi. Si

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ritrovò a scalciare con forza ed efficacia,scivolando verso la casa del prozio William.Sfrecciò sopra il tetto e attraverso ilgiardino, dove l'incantesimo sembròabbandonarla. Ebbe appena il tempo disbalzarsi di lato, così da ritrovarsi sopra alvialetto, prima di atterrare con un tonfo sullastricato irregolare, tutta tremante.

"Salva!" pensò. Non avrebbe saputospiegare perché, ma sentiva che entro iconfini della proprietà del prozio Williamnon correva alcun pericolo.

Dopo un po' disse: — Santo cielo! Chegiornata! Se penso che non volevo altro cheun bel libro e un po' di pace per leggerlo...!Che seccatura zia Sempronia!

I cespugli accanto a lei frusciarono.Ebbe un sussulto e fu sul punto di urlare dinuovo quando le ortensie si piegarono per

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lasciar saltare sul vialetto un omino azzurro.— Adesso sei tu che comandi qui? — chieseil piccoletto celeste con una vocetta rauca.

Anche alla luce del crepuscolo l'ominoappariva proprio azzurro, non viola, e nonaveva ali. Il suo volto era segnato da rughedovute all'espressione irosa ed era quasicompletamente occupato da un nasoimportante, ma non aveva una faccia dainsetto. Il panico abbandonò Charmain. —Cosa sei? — chiese.

— Un coboldo, ovviamente — dissel'omino. — High Norland è tutto territoriocoboldo. Io mi occupo del giardino qui.

— Di notte? — chiese Charmain.— Noi coboldi andiamo per lo più in

giro di notte — disse l'omino azzurro. — Tiho chiesto: sei tu che comandi?

— Be' — rispose Charmain, — più o

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meno.— L'avevo capito — disse il coboldo,

soddisfatto. — Ho visto gli Alti cheportavano via il mago. Allora, vuoi cheabbatta tutte le ortensie qui?

— Perché mai? — chiese Charmain.— Mi piace abbattere le cose — spiegò

il coboldo. — È la cosa più piacevole delgiardinaggio.

Charmain, che non aveva mai riflettutosul giardinaggio in vita sua, considerò lacosa. — No — disse. — No, il prozioWilliam non le avrebbe se non glipiacessero. Tornerà tra poco e potrebberestarci male a trovarle tutte abbattute.Perché non ti limiti a fare il solito lavoronotturno e vediamo cosa dice quando torna?

— Oh, dirà di no, sicuro — rispose ilcoboldo avvilito. — È un guastafeste, il

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mago intendo. Solito compenso, allora?— Qual è il tuo compenso in genere? —

chiese Charmain.II coboldo disse con prontezza: —

Prendo una pentola d'oro e una dozzina diuova fresche.

Fortunatamente la voce del prozioWilliam risuonò nell'aria. — Pago a Rollomezzo litro di latte a notte, mia cara,consegnato magicamente. Non c'è bisognoche te ne occupi tu. Il coboldo sputòdisgustato sul vialetto. — Cosa dicevo? Nonavevo detto che è un guastafeste? E saiquanto lavoro faccio se te ne stai seduta suquesto vialetto tutta la notte?

Charmain disse, compunta: — Mi stavosolo riposando, vado via subito. Si rimise inpiedi, sentendosi incredibilmente pesante,per non parlare della debolezza alle

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ginocchia, e risalì con fatica il vialetto finoalla porta d'ingresso. Sarà chiusa a chiave,pensò. Se non dovessi riuscire a entrare,farei una figura da sciocca tremenda.

La porta si aprì di schianto prima che laraggiungesse, lasciando uscire una scia diluce inaspettata e, insieme alla luce, lapiccola sagoma sgambettante di Sperso, cheguaiva, gongolava e si dimenava per la gioiadi rivederla. Lei era talmente contenta diessere a casa e di essere accolta in quelmodo che prese Sperso in braccio e lo portòdentro, e il cagnolino si dimenò, si agitò e siallungò a leccarle il mento. La lucesembrava accendersi per magia seguendo chiera all'interno della casa. — Bene — disseCharmain ad alta voce. — Così non devomettermi a cercare le candele —. Ma unavocina le ripeteva freneticamente: — Ho

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lasciato la finestra aperta! Il lubbock puòentrare!

Mise Sperso sul pavimento della cucinae si affrettò a girare a sinistra dopo la porta.Il suo percorso si illuminò mentre avanzavarapida per il corridoio e chiudeva la finestracon un colpo secco. Purtroppo la luce aveval'effetto di rendere così buio il declivio cheper quanto si sforzasse di scrutare attraversoil vetro, non fu in grado di dire se il lubbockfosse o meno là fuori. Si consolò al pensieroche dal prato non era riuscita a vedere lafinestra, ma si sentì comunque rabbrividire.Dopo di che sembrava che non riuscisse asmettere di tremare. Tremava mentre tornavain cucina, tremava mentre divideva unpasticcio di maiale con Sperso e tremavaancor di più quando vide che la pozza di tèsotto il tavolo si era ingrandita e aveva

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bagnato la pancia del cane, rendendolamarrone. Quando le si avvicinò, Spersobagnò anche Charmain di tè, al che lei sitolse la camicetta, che in ogni caso stavaaperta per via dei bottoni mancanti, e la usòper asciugare il pavimento, cosa che la fecetremare ancora di più. Andò a prendere ilpesante maglione di lana che la signoraBaker le aveva messo in borsa e se lo strinseaddosso, ma continuava a tremare. Laminaccia di pioggia si concretizzò: goccecominciarono a battere sui vetri dellafinestra e a picchiettare giù per il camino, eCharmain era sempre più scossa da tremiti.Immaginò che si trattasse dello shock, masentiva ancora freddo.

— Oh! — gridò. — Come faccio adaccendere il fuoco, prozio William?

— Credo di aver lasciato l'incantesimo

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al suo posto —, la voce dal tono gentilerisuonò nella stanza. — Basta che tiri nelcamino una cosa che possa bruciare e dici"Fuoco, accenditi", e dovresti avere il tuofuoco. Charmain si guardò intorno in cercadi qualcosa che potesse bruciare. C'era laborsa sul tavolo accanto a lei, ma contenevaancora un pasticcio di maiale e una torta dimele, e poi era una bella borsa, con fioriricamati dalla signora Baker. C'erano deifogli di carta nello studio del prozioWilliam, ovviamente, ma significava alzarsiper andarli a prendere. C'era la biancheriada lavare nei sacchi accanto al lavello, maCharmain era quasi certa che il prozio nonsarebbe stato contento di veder bruciati isuoi vestiti sporchi. D'altro canto, c'era lasua camicetta, sporca, impregnata di tè eoltretutto con due bottoni in meno, arrotolata

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in terra ai suoi piedi.— Tanto ormai è rovinata — disse.

Raccolse il fagotto marrone e fradicio e logettò nel camino. — Fuoco, accenditi! —esclamò.

Il focolare prese fragorosamente vita.Più o meno per un minuto risplendette ilfuoco più vivace che si potesse desiderare.Charmain sospirò di soddisfazione. Stavagiusto avvicinando la sedia alla fonte dicalore, quando le fiamme si trasformarono innubi di vapore sibilante. Poi arrivarono lebolle, che montarono tra i vapori, siaffollarono nel camino e cominciarono adiffondersi per la stanza. Bolle grandi, bollepiccole, bolle scintillanti dei coloridell'arcobaleno invasero la cucina uscendodal focolare. Riempivano l'aria, si posavanosugli oggetti, volavano in faccia a Charmain,

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dove scoppiavano con un lieve soffio, e nonsmettevano di uscire. Nel giro di qualcheistante, la cucina era diventata una caldatempesta di schiuma, tanto da lasciare laragazza senza fiato.

— Ho dimenticato la saponetta! — disse,ansimando per l'improvviso calore umido.

Sperso decise che le bolle erano suenemiche personali e si ritirò sotto la sedia diCharmain, guaendo come un matto eagitandosi per quelle che scoppiavano. Unchiasso da non credere.

— Silenzio! — ordinò Charmain. Rivolidi sudore le correvano lungo il volto e icapelli le si erano sciolti sulle spallegocciolando. Agitando la mano, allontanòuna nube di bolle e disse: — Mi sa che mispoglio. Bussarono alla porta sul retro.

— O magari no — disse.

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Tornarono a bussare. Charmain rimaseseduta sperando che non fosse il lubbock, maquando bussarono per la terza volta, si alzòcontrovoglia e si fece strada tra le bolle cheinfuriavano per vedere chi era. Potrebbeessere Rollo, ipotizzò, che vuole entrare perripararsi dalla pioggia.

— Chi è? — urlò davanti alla porta. —Cosa volete?

— Ho bisogno di entrare! — urlò dirimando la persona che era fuori. — Vienegiù a catinelle!

Chiunque fosse, la voce sembravagiovane e non era stridula come quella diRollo, né ronzante come quella del lubbock.Inoltre Charmain sentiva il rumore dellapioggia battente, nonostante il sibilare delvapore e lo scoppiettio sommesso einarrestabile delle bolle. Ma poteva essere

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un trucco.— Fammi entrare. — gridò la persona

che era fuori. — Ho appuntamento con ilmago!

— Non è vero! — urlò Charmain dirimando.

— Gli ho scritto una lettera! — gridòquello. — Mia madre mi ha organizzato ilviaggio. Non hai il diritto di lasciarmi fuori!

Il chiavistello si scosse. Prima cheCharmain potesse fare altro, oltre a tenerlochiuso con entrambe le mani, la porta sispalancò di colpo e un ragazzo bagnato finoal midollo entrò in preda all'agitazione. Nonpoteva essere più fradicio così. I capelli,che erano probabilmente ricci, pendevano inciuffi scuri e gocciolanti incorniciandogli ilviso. La giacca e i pantaloni, che avevanol'aria di essere di buona fattura, erano neri e

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lucidi per la pioggia, così come il grossozaino sulle sue spalle. Gli stivali facevanocic ciac a ogni suo passo. Appena entratocominciò a emettere vapore. Rimase in piedia fissare le bolle che si ammassavano evolteggiavano, Sperso che guaiva e guaivada sotto la sedia, Charmain che si stringevanel maglione e lo guardava da dietro icapelli rossi separati in cordelle, il mucchiodei piatti sporchi e il tavolo ingombro diteiere. Volse lo sguardo ai sacchi dibiancheria sporca e il tutto, va da sé, futroppo per lui. Spalancò la bocca e rimaseimmobile dov'era, tornando a fissare tuttequeste cose e mandando placidamentevapore dai vestiti.

Dopo un istante, Charmain avanzò versodi lui e si impadronì del suo mento, dovecresceva qualche pelo ispido, segno che era

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più grande di quel che sembrava. Lo spinsesu e la bocca si richiuse con un clop. — Tidispiacerebbe chiudere la porta? — glichiese.

Il ragazzo guardò dietro di sé e vide chela pioggia scrosciava in cucina.

— Oh — disse. — Ok —. Premettecontro la porta fino a che non si fu richiusa.— Che succede? — chiese. — Anche tu seiun'apprendista del mago?

— No — disse Charmain. — Mi occupodella casa mentre il mago è via, tutto qui.Era malato, sai, e gli elfi lo hanno portatovia per curarlo.

Il ragazzo sembrava davvero sgomento.— Non ti ha detto che dovevo arrivare?

— In realtà non ha avuto il tempo didirmi un bel niente — rispose Charmain.Tornò con il pensiero alla pila di lettere

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sotto Dos Zauberbuch. Una di quelle vanerichieste di fare da apprendista al magodoveva essere del ragazzo, ma i guaiti diSperso rendevano difficile pensare. — Zitto,Sperso. Come ti chiami?

— Peter Regis — disse. — Mia madre èla strega di Montalbino. È molto amica diWilliam di Norland e si è messa d'accordocon lui perché io venissi qui. Tranquillo,cagnolino. Il mago mi aspettava —. Si liberòdello zaino bagnato e lo gettò a terra. Spersosmise di abbaiare e osò uscire da sotto lasedia e annusare lo zaino, nel caso in cuifosse pericoloso. Peter prese la sedia e ciappese la giacca bagnata. La camicia cheportava sotto era quasi altrettanto bagnata.— E tu chi sei? — chiese, sbirciandoCharmain tra le bolle.

— Charmain Baker — gli rispose, e

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spiegò: — noi chiamiamo il mago prozioWilliam, ma in realtà e un parente di ziaSempronia. Abito a High Norland. Da dovearrivi? Perché sei passato dalla porta sulretro?

— Vengo da Montalbino — disse Peter.— E mi sono perso, se vuoi saperlo,cercando di prendere la scorciatoia alvalico. Ero già venuto qui una volta, quandomia madre doveva prendere accordi perfarmi fare da apprendista al mago Norland,ma a quanto pare non ricordavo bene lastrada. Da quant'è che sei qui?

— Solo da stamattina — risposeCharmain, piuttosto stupita nel rendersiconto che non era lì da nemmeno un giorno.Sembravano passate settimane.

— Oh —. Peter guardò le teiere tra lebolle fluttuanti, come per calcolare quante

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tazze di tè avesse bevuto Charmain. —Sembra che tu sia qui da settimane.

— Era già così quando sono arrivata —ribatté in tono freddo la ragazza.

— Cosa? Le bolle e tutto il resto? —chiese Peter. Charmain pensò: "Mi sa chequesto qui non mi piace".

— No — disse. — Le bolle sono stataio. Mi ero scordata di aver tirato lasaponetta nel camino.

— Ah — disse Peter. — Mi sembravaun incantesimo andato male. Ecco perché hopensato che anche tu fossi un'apprendista.Allora basterà aspettare che la saponetta sisia consumata. Hai qualcosa da mangiare?Sto morendo di fame.

Charmain volse riluttante lo sguardo allasua borsa sul tavolo e lo distolserapidamente. — No — disse. — A dire il

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vero no.— Allora cosa darai da mangiare al tuo

cane? — chiese Peter. Charmain guardòSperso, che era tornato sotto la sedia perabbaiare allo zaino di Peter. — Niente. Haappena mangiato mezzo pasticcio di maiale— disse. — E poi non è il mio cane. È unrandagio che ha trovato il prozio William. Sichiama Sperso.

Il cane stava ancora guaendo. Peterdisse: — Buono, Sperso —, e si fece largonella tempesta di bolle per allungarsi oltre lagiacca bagnata fin sotto la sedia dove si eraaccucciato. Riuscì in qualche modo atrascinarlo fuori e si alzò in piedi con inbraccio Sperso a testa in giù. Il cane emiseun guaito di protesta, agitò tutte e quattro lezampe e ripiegò la coda smozzicata tra lezampe posteriori. Peter la tirò fuori. — Lo

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hai ferito nella sua dignità — disseCharmain. — Rimettilo giù.

— Non è un lui — rispose Peter. — Èuna lei. E non ce l'ha una dignità, veroSperso?

Sperso era evidentemente in disaccordoe riuscì, liberandosi dall'abbraccio di Peter,ad andare sul tavolo. Cadde un'altra teiera ela borsa di Charmain si ribaltò: con suogrande sgomento rotolarono fuori il pasticciodi maiale e la torta di mele.

— Oh, bene! — disse Peter, e afferrò ilpasticcio di maiale un attimo prima cheSperso riuscisse a prenderlo. — Non haialtro da mangiare? — chiese, dando ungeneroso morso al pasticcio.

— No — rispose Charmain. — Era lacolazione —. Raccolse la teiera caduta. Il tèche ne era fuoriuscito in un attimo assunse la

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forma di bolle color marrone, che salironovorticando a formare una scia scura tra lealtre bolle. — Guarda un po' cos'hai fatto.

— Non è che una cosuccia del generecambi gran che in questa confusione — dissePeter. — Non metti mai in ordine? Questopasticcio è proprio buono. Cosa c'è inquest'altro?

Charmain guardò Sperso, che eraaccucciata con aria eloquente accanto allatorta di mele. — Mele — disse. — E sedecidi di mangiarla, sappi che ne devi dareun po' a Sperso.

— Cos'è, una legge? — chiese Peter,inghiottendo l'ultimo boccone di pasticcio dimaiale.

— Sì — rispose Charmain. — È unalegge che ha stabilito Sperso e lui, cioè lei, èmolto rigida su questo punto.

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— Allora Sperso è magica? — buttò lìPeter, mentre prendeva in mano la torta dimele. Sperso emise di colpo un suonolanguido e trotterellò tra le teiere.

— Non lo so — esordì Charmain. Poi levenne in mente che la cagnolina sembravacapace di andare ovunque in casa e che pocoprima la porta d'ingresso le si era spalancatadavanti. — Sì — disse. — Sono certa che hagrandi poteri.

Lentamente e controvoglia, Peter staccòun pezzo di torta. Sperso scodinzolòseguendo con gli occhi ogni sua mossa:sembrava sapesse esattamente cosa stavafacendo, non importava quante bolle cifossero in mezzo. — Capisco cosa intendi —disse Peter, e passò il boccone a Sperso. Ilcagnolino lo prese con delicatezza tra lefauci, saltò dal tavolo sulla sedia e poi a

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terra, e se ne andò zampettando permangiarselo dietro i sacchi di biancheria. —Ti va di bere qualcosa di caldo? — chiesePeter. Charmain desiderava una bevandacalda da quando era caduta dal precipizio.Rabbrividì e si strinse nel maglione. — Chebell'idea — rispose. — Prepara qualcosa seriesci a capire come si fa. Peter allontanò lebolle agitando la mano per guardare le teieresul tavolo. — Qualcuno avrà pur preparatotutto questo tè — disse.

— Dev'essere stato il prozio William —ribatté Charmain. — Io non sono stata.

— Ma vuol dire che si può fare — dissePeter. — Piantala di startene lì con quell'ariasmarrita e cerca una pentola o qualcosa disimile.

— Cercatela da solo — risposeCharmain.

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Peter la fulminò con un'occhiatasprezzante, poi attraversò la stanzascostando le bolle mano a mano fino adarrivare al lavello ricolmo. Una volta lì feceda sé la scoperta che Charmain aveva giàfatto prima di lui. — Non ci sono i rubinetti!— esclamò incredulo. — E queste pentolesono tutte sporche. Da dove la prendel'acqua?

— C'è una pompa in cortile — risposeCharmain con aria scontrosa. Peter guardòtra le bolle verso la finestra, dove la pioggiacontinuava a scorrere sui vetri. — Non c'èun bagno? — chiese. E prima che Charmainavesse il tempo di spiegargli come arrivarci,Peter si fece largo incespicando fino allaporta dall'altro lato della cucina e si infilò insalotto. Le bolle infuriavano intorno a luimentre tornava rabbioso in cucina. — È uno

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scherzo? — chiese incredulo. — Lui nonpuò avere solo queste due stanze!

Charmain sospirò, si strinse ancora dipiù il maglione addosso e andò a mostrarglicome fare: — Riapri la porta e gira asinistra — spiegò, ma le toccò afferrarePeter che stava girando a destra. — No, daquella parte si va in un posto molto strano.La sinistra è questa, non lo sai?

— No — disse Peter. — Non ho maisaputo distinguere destra e sinistra. Di solitotengo un laccio intorno al pollice.

Charmain volse gli occhi al cielo e lospinse a sinistra. Arrivarono nel corridoio,in cui, attraverso la finestra in fondo,risuonava la pioggia scrosciante. MentrePeter se ne stava lì a guardarsi intorno, ilposto fu inondato dalla luce.

— Adesso puoi girare a destra — disse

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Charmain, spingendolo in quella direzione.— Il bagno è questa porta qui. Quelle sonotutte camere da letto.

— Ah! — esclamò Peter ammirato. —Ha curvato lo spazio. Non vedo l'ora diimparare come si fa. Grazie — aggiunse, e siprecipitò in bagno. Charmain udì risuonarela sua voce mentre si dirigeva in punta dipiedi verso lo studio: — Fantastico!Rubinetti! Acqua!

La ragazza entrò in fretta nello studio delprozio William e chiuse la porta, e in quellostesso istante la buffa lampada storta sullascrivania si accese emettendo una lucesempre più intensa. Quando raggiunse lascrivania la stanza era ormai illuminataquasi a giorno. Charmain scostò DosZauberbuch e prese in mano il fascio dilettere lì sotto. Doveva controllare: se Peter

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diceva la verità una delle lettere di aspirantiapprendisti doveva essere sua. Nonricordava di averne vista una simile, prima,ma le aveva solo scorse. Se davvero nonc'era, voleva dire che aveva a che fare conun impostore, magari un altro lubbock.Doveva saperlo. Ah! Eccola, a metà delmucchio. Inforcò gli occhiali e si mise aleggere:

Stimato mago Norland,relativamente al mio futuro incarico di

apprendista, sarebbe di disturbo se arrivassida lei tra una settimana invece che inautunno, come concordato? Mia madre deverecarsi in Ingaria per un viaggio e preferiscesapermi sistemato prima della sua partenza.A meno di non avere da lei indicazioni insenso contrario, mi presenterò il 13 del

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presente mese. Nella speranza di non recarletroppo fastidio, distìnti saluti,

Peter Regis

"Allora, a quanto sembrava, era tutto

vero!" pensò Charmain, in parte sollevata ein parte infastidita. Quando aveva scorso lelettere in precedenza, doveva aver colto laparola "apprendista" in cima e la parola"fastidio" in fondo, che erano presentì intutte le lettere, e ne aveva dedotto che sitrattasse solo di un'altra richiesta implorante.E il prozio William doveva aver pensato lastessa cosa, o forse era già troppo malatoper rispondere. Qualunque fosse laspiegazione, pareva che fosse costretta astare con Peter. Che scocciatura! Se nonaltro non è cattivo, pensò. A quel punto fu

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interrotta dalle grida disperate di Peter inlontananza. Ricacciò sbrigativa le letteresotto Dos Zauberbuck, si tolse rapidamentegli occhiali e si lanciò in corridoio.

Il vapore usciva all'impazzata dal bagno,mescolandosi alle bolle che erano riuscitead arrivare fin lì, e celava quasicompletamente una grande cosa bianca cheavanzava minacciosa verso Charmain.

— Cos'hai com... — cominciò a dire.Non ebbe il tempo di aggiungere altro,

perché l'indefinita, enorme cosa tirò fuoriuna gigantesca lingua rosa e le leccò lafaccia. Emise anche una specie di chiassosobarrito. Charmain indietreggiò, era comeessere leccati da un asciugamano bagnato esentire il lamento di un elefante. Si piegòcontro la parete e volse lo sguardo a fissaregli enormi occhi imploranti della creatura.

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— Quegli occhi li conosco — disseCharmain. — Sperso, cosa ti ha fatto? Peteruscì dal bagno tutto affannato. — Non socosa sia andato storto — ansimò. — L'acquanon usciva calda abbastanza per farci il tè,allora ho pensato di scaldarla con unincantesimo di ampliamento.

— Be', annulla subito l'effetto — disseCharmain. — Sperso è grande quanto unelefante.

Peter scoccò uno sguardo distratto allavolta di Sperso. — È grande appena quantoun cavallo da tiro. Ma le tubature qui sonoincandescenti! — osservò. — Secondo tecosa devo fare?

— Oh, ma senti un po'! — esclamòCharmain. Spinse da parte con delicatezzal'enorme Sperso ed entrò in bagno. Perquanto riusciva a vedere tra le nubi di

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vapore, da tutti e quattro i rubinetti e nelgabinetto sgorgava acqua bollente, e letubature lungo le pareti erano di un rossoacceso. — Prozio William! — gridò. —Come faccio a raffreddare l'acqua in bagno?

La voce dal tono gentile del prozioWilliam risuonò tra i sibili e i gorgoglìi. —Troverai ulteriori indicazioni nella valigia,cara.

— Che me ne faccio? — chieseCharmain, sapendo che non c'era tempo diandare a rovistare tra le valigie. Di lì a pocoqualcosa sarebbe scoppiato. — Diventafredda!. — urlò tra i vapori. — Gela!Tubature, raffreddatevi subito! — urlò,agitando le braccia. — Vi ordino diraffreddarvi! Con sua meraviglia, funzionò.Il vapore si ridusse a meri sbuffi, per poisvanire del tutto. Lo scarico del gabinetto si

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fermò. Tre dei rubinetti gorgogliarono e ilflusso d'acqua si interruppe. Quasiimmediatamente sull'unico rubinetto ancoraaperto — il rubinetto dell'acqua fredda dellavandino — si formò uno strato di ghiaccioe alla sua estremità si creò un ghiacciolo. Unaltro ghiacciolo apparve sulla tubatura checorreva lungo la parete e scivolò sibilandonella vasca.

— Così va meglio — disse Charmain, esi girò per guardare Sperso, che la osservòdi rimando con espressione sconsolata. Erapiù grande che mai.

— Sperso — proferì Charmain —Rimpicciolisciti, subito. Te lo ordino.Sperso scosse mesta la punta della codamostruosa senza che le sue dimensionicambiassero.

— Se è dotata di poteri magici — disse

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Peter, — probabilmente è in grado di tornarecome prima, se vuole.

— Oh, zitto! — scattò contro di luiCharmain. — A ogni modo cosa ti credevi difare? Come si fa a bere l'acqua bollente?

Peter la guardò torvo da sotto le puntericciolute e gocciolanti dei capelli. —Volevo una tazza di tè — rispose. — Il tè sifa con l'acqua bollente. Charmain non avevamai preparato una tazza di tè in vita sua. Sistrinse nelle spalle. — Sul serio? — e volselo sguardo al soffitto. — Prozio William —disse, — come si fa qui a preparare unabevanda calda? La voce dal tono gentileparlò di nuovo. — In cucina, bussa sultavolo e di' "tè", cara. In salotto bussa in unangolo del carrello e di' "tè con i biscotti".In camera tua... Peter e Charmain nonaspettarono di sentire cosa fare in camera. Si

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slanciarono fuori e chiusero con un colpo laporta del bagno, la riaprirono — lei dovetteinfatti dare a Peter un'energica spinta asinistra — e si pigiarono nel passaggio perritrovarsi in cucina, girarono su loro stessi,chiusero la porta, la riaprirono e finalmentearrivarono in salotto, dove si guardaronointorno con impazienza in cerca del carrello.Peter lo individuò nell'angolo e ci arrivòprima di Charmain. — Tè con i biscotti! —gridò, percuotendo vigorosamente losgombro ripiano in vetro. — Tè con ibiscotti! Tè con i biscotti! Tè...

Prima che lei riuscisse a raggiungerlo e abloccare il braccio che agitavaconvulsamente, il carrello era pieno diteiere, bricchi di latte, zuccheriere, tazze,focaccine, piattini di panna, piattini dimarmellata, piatti di pane tostato con sopra

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il burro, pile di muffìn e una torta alcioccolato. Sotto il ripiano, si aprì uncassetto pieno di coltelli, cucchiai eforchette. Charmain e Peter, d'intesa,trascinarono il carrello accanto al vecchiodivano e si sedettero a bere e mangiare. Unmomento dopo, l'enorme testa di Spersospuntò da dietro la porta, intenta adannusare. Alla vista del carrello, fecequalche passo per entrare in salotto, dove sitrascinò malinconica e spropositata suldivano, posando il suo mento enorme epeloso sullo schienale, dietro a Charmain.Peter le rivolse un'occhiata distratta e lepassò alcuni muffìn, che lei mangiò in unboccone con grande compostezza.

Una buona mezz'ora più tardi, Peter siappoggiava allo schienale e si stirava. —Grandioso — disse. — Almeno non

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soffriremo la fame. Mago Norland —aggiunse, per provare, — come si fa per ilpranzo e la cena in questa casa? Non ci furisposta.

— Risponde solo a me — disseCharmain, con una punta di compiacimento.— E adesso non intendo fare domande. Hoavuto a che fare con un lubbock prima deltuo arrivo e sono stanchissima. Vado a letto.

— Lubbock? Che roba è? — chiesePeter. — Mi sa che è stato un lubbock auccidere mio padre.

Charmain non se la sentì di rispondere.Si alzò e andò alla porta.

— Aspetta — disse Peter. — Che nefacciamo della roba sul carrello?

— Non ne ho idea — rispose Charmain.Aprì la porta.

— Aspetta, aspetta, aspetta! — disse

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Peter, correndole dietro. — Mi fai vedere lamia camera prima?

"Mi sa che mi tocca," pensò Charmain.Non distingue la destra dalla sinistra.Controvoglia, spinse Peter tra le bolle checontinuavano a infuriare in cucina più fitteche mai, così che potesse prendere il suozaino, poi lo guidò a sinistra per farlopassare di nuovo attraverso la porta cheportava alle camere da letto. — Prendi laterza — gli disse. — Questa è la mia e laprima è del prozio William. Ma se ne vuoiun'altra ce n'è per chilometri. Buonanotte —aggiunse, e andò in bagno. Dentro era tuttoghiacciato.

— Oh, bene — disse Charmain.Era appena andata in camera e si era

infilata la camicia da notte maculata di tè,quando Peter uscì in corridoio urlando, —

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Ehi, il gabinetto è gelato! —. "Peccato!"pensò Charmain. Si infilò nel letto e siaddormentò quasi all'istante. Circa un'oradopo, sognava di avere un peloso mammuthseduto sopra.

— Scendi, Sperso — disse. — Seitroppo grande —. Dopo di che sognò che ilmammuth le si levava di dosso mugugnando,prima di scivolare in altri sogni, ancora piùmisteriosi.

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CAPITOLO CINQUE

Nel quale Charmain riceve la visitadelle familiari apprensive

Al risveglio, Charmain scoprì cheSperso aveva piazzato la grossa testa sulletto, sopra le sue gambe. Il resto del caneera ammucchiato a terra in un cumulo di peloche occupava quasi interamente la stanza.

— Allora non riesci a tornare piccola dasola — disse Charmain. — Dovrò farmivenire in mente qualcosa.

Per tutta risposta, Sperso diede in unaserie di possenti ansimi, dopo di che parveriprendere a dormire. Charmain liberò legambe, con qualche difficoltà, e costeggiò ilgrande corpo del cane per trovare dei

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vestiti puliti da mettersi. Quando venne ilmomento di sistemarsi i capelli, Charmain siaccorse che le forcine che usava di solitosembravano sparite, probabilmente duranteil tuffo nello strapiombo. Non le restava cheun nastro. Sua madre ripeteva sempre che leragazze per bene devono portare i capelliben legati e lei non li aveva mai tenutialtrimenti.

— Oh be' — disse al riflesso del lustrospecchietto, — la mamma non c'è, no? —.Acconciò i capelli in una grossa treccia chele ricadeva su una spalla e la fermò con ilnastro. In questo modo la sua immagineriflessa le sembrava più bella del solito, ilviso più pieno, meno smunto e accigliato.Annuì alla volta del riflesso e girò di nuovointorno a Sperso per andare in bagno.

Con suo sollievo, nel corso della notte il

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bagno era scongelato. Ovunque nella stanzarisuonavano i lievi gorgoglìi dell'acqua chesi diffondeva per le tubature, e finché nonprovò ad aprire i rubinetti sembrava tutto inordine. Da tutti e quattro usciva solo acquafreddissima, anche lasciandoli aperti alungo.

— Tanto non volevo fare il bagno —disse mentre tornava in corridoio. Di Peternessuna traccia. Charmain ricordava che lamadre le aveva detto che è sempre difficilesvegliare i ragazzi la mattina. Non se nepreoccupò, aprì la porta e girò a sinistraverso la cucina, penetrando in una densaschiuma. Cumuli di schiuma e bolle grandi esolitarie le veleggiavano accanto incorridoio.

— Accidenti — esclamò. Chinò la testa,la nascose tra le braccia ed entrò in cucina.

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Faceva caldo proprio come nel forno delpadre quando cucinava per una grossaordinazione. — Pfiu! — disse. — Mi sa checi vogliono dei giorni per consumare unasaponetta —. Dopo di che rimase in silenzio,dato che, quando l'aveva aperta, la bocca lesi era riempita di schiuma. Le bolle lestuzzicarono il naso fino a farla starnutire,provocando un piccolo vortice schiumoso.Andò a sbattere contro il tavolo e sentì ilrumore di un'altra teiera che cadeva, macontinuò ad avanzare comunque finché nonsbatté contro i sacchi di biancheria e sentì lepentole in cima sbatacchiare. A quel punto sirese conto di dove si trovava. Si tolse unamano dalla faccia per cercare a tentoni illavello, e poi procedette lungo il bordo finoa sentire sotto le dita la porta sul retro.Brancolò in cerca del chiavistello — per un

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istante pensò che fosse svanito nottetempo,ma poi si rese conto che era dall'altro latodella porta — e finalmente spalancò l'uscio.A quel punto rimase ferma di fronte a unmattino dal clima meravigliosamente mite,tirando profondi respiri saponosi e sbattendole palpebre di occhi che le dolevano e lebruciavano, pieni di sapone com'erano.

Le bolle le passarono accanto a cumuli.Mano a mano che la vista le si schiariva,potè ammirare come le grandi bolle rilucenticatturavano la luce del sole mentre silibravano contro i verdi declivi dei monti.La maggior parte sembrava esplodere allafine del cortile, come se vi fosse unabarriera invisibile, ma alcune continuavano adirigersi più avanti e più in alto, quasi nondovessero fermarsi mai. Charmain le seguìcon lo sguardo superare bruni strapiombi e

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verdi pendii, uno dei quali doveva essere ilprato su cui aveva incontrato il lubbock, manon avrebbe saputo dire quale. Lasciòvagare lo sguardo nel cielo azzurro pallidoal di sopra delle cime. Era davvero unabella mattina. Dalla cucina usciva ormai unflusso costante di bolle scintillanti. QuandoCharmain si volse a guardare, vide che lastanza non era più piena di una densaschiuma, ma c'erano comunque bolleovunque e nuove bolle continuavano adammassarsi fuori dal focolare. Charmainsospirò e tornò dentro, costeggiando il murofino al lavello, dove si piegò ad aprire lafinestra, cosa che fu di grande aiuto. Oraerano due i flussi di bolle che si riversavanofuori di casa, più veloci di prima, eformavano arcobaleni nel cortile. La cucinasi svuotò in fretta: in breve fu abbastanza

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sgombra da permettere a Charmam di vedereche adesso i sacchi di biancheria accanto allavello erano quattro, e non più due come lasera prima.

— Che scocciatura! — disse Charmain.— Prozio William, come faccio a prepararela colazione?

Sentire la voce del prozio William tra lebolle fu un piacere. — Basta dare un colposu un lato del focolare e dire "Colazione,prego", mia cara. Affamata, Charmain siprecipitò in quel punto. Batté un colpoimpaziente sullo strato di vernice insaponata."Colazione, prego". Poi si rese conto didoversi allontanare da un vassoio fluttuante,che rischiava di colpire i bicchieri apparsidavanti al suo petto. Al centro del vassoioc'era un piatto sfrigolante di uova e pancettae stipati intorno un bricco di caffè, una tazza,

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pane tostato, marmellata, burro, latte, unaciotola di prugne cotte e, in un tovaglioloinamidato, le posate.

— Oh, che bello\ — disse, e prima che iltutto si impregnasse di sapone, prese ilvassoio e lo portò in salotto. Si accorsestupita che non c'era traccia del banchetto abase di tè che lei e Peter avevano consumatola sera prima, e il carrello era pulito e inordine nel suo angolo. Nella stanza, però,l'aria era stantia e c'erano diverse bollefuggitive che correvano lungo gli spigoli.Charmain uscì dalla porta principale. Levenne in mente che, mentre raccoglieva ipetali rosa e azzurri per l'incantesimo delLibro del palinsesto, aveva notato un tavoloda giardino e una panchina fuori dallafinestra dello studio. Li andò a cercaredietro l'angolo della casa con il vassoio in

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mano.Li trovò nel punto in cui il sole del

mattino batteva più forte, e sopra il tavolo,oltre il cespuglio rosa e azzurro, vide lafinestra dello studio, anche se non c'eraposto per lo studio nella casa. La magia èinteressante, pensò mentre posava il vassoiosul tavolo. Nonostante i cespugli che lacircondavano gocciolassero ancora per lapioggia della notte, il tavolo e la panchinaerano asciutti. Charmain sedette e si gustò lacolazione più piacevole che avesse fatto invita sua, al tepore del sole, sentendosi pigra,immersa nel lusso e adulta. "Manca solo uncroissant al cioccolato, come quelli dipapà," pensò, appoggiandosi allo schienaleper sorbire il caffè. "Devo dirlo al prozioWilliam quando torna". Le venne da pensareche il prozio doveva aver fatto colazione

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spesso seduto lì. I fiori dell'ortensia accantoa lei erano i più belli del giardino, parevafossero li apposta perché ne potesse godere.Ogni cespuglio aveva fiori di vari colori:quelli davanti a lei erano bianchi, rosa tenuee malva, quello un po' discosto aveva fioriazzurri sulla sinistra, che sfumavano in unintenso verde acquamarina sulla destra.Charmain stava pensando che si sentivapiuttosto soddisfatta di non aver permesso alcoboldo di estirpare quei cespugli, quandoPeter ficcò la testa fuori dalla finestra dellostudio, rovinando il piacevole momento.

— Ehi, dove l'hai trovata quellacolazione? — le chiese.

Charmain glielo spiegò e lui rimisedentro la testa e sparì. Lei rimase lì,aspettandosi di veder arrivare Peter da unmomento all'altro e sperando che così non

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fosse. Ma non successe nulla. Dopo essersiscaldata al sole un altro po', decise che sisarebbe cercata un libro da leggere. Perprima cosa riportò il vassoio in cucina,complimentandosi con se stessa per la suaefficienza e il suo senso dell'ordine. Eraevidente che Peter era passato di lì, perchéaveva chiuso la porta sul retro e lasciatoaperta la sola finestra, di modo che la stanzaera di nuovo piena di bolle che fluttuavanodolcemente verso la finestra e scivolavanofuori veloci. Tra le bolle incombeva lagrande sagoma bianca di Sperso. All'arrivodi Charmain, tese l'enorme coda smozzicatae la agitò contro la mensola del camino. Unaminuscola ciotolina per cani, con dentro delcibo sufficiente per un cane molto piccolo,atterrò tra le bolle di fronte alle sue enormizampe anteriori. Sperso l'esaminò

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sconsolata, chinando la grande testa eleccando tutto in un solo boccone.

— Oh povera Sperso! — disseCharmain.

Sperso levò lo sguardo e la vide. Presead agitare l'enorme coda, tamburellandocontro il camino. A ogni colpo di codaappariva una ciotolina: nel giro di qualcheistante, Sperso era circondata da ciotoline dicibo per cani, disseminate per tutto ilpavimento.

— Non esagerare, Sperso — disseCharmain, avanzando tra le ciotole. Posò ilvassoio su uno dei due nuovi sacchi dibiancheria e disse al cane: — Se hai bisognodi me, sono nello studio a cercare un libro— e avanzò circospetta in quella direzione.Sperso era intenta a mangiare e non ci badò.Peter era nello studio. Il vassoio con i resti

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della colazione era a terra accanto allascrivania, mentre Peter sedeva intento asfogliare uno dei libroni rilegati in pelledalla fila lungo il bordo esterno dellascrivania. Oggi aveva un'aria molto più perbene con i capelli asciutti che disegnavanofulvi ricci composti e addosso il suocompleto di ricambio, in tweed verde dibuona qualità. Essendo stato nello zaino, eraspiegazzato e aveva un paio di chiazze tondebagnate in corrispondenza dei punti in cuierano scoppiate delle bolle, ma Charmainpensò che era quasi di suo gusto. Nelvederla entrare, chiuse di colpo il libro conun sospiro e lo rimise al suo posto. Laragazza notò che aveva un pezzo di cordaverde legata al pollice sinistro. Ecco comeha fatto ad arrivare qui, pensò.

— Non mi ci raccapezzo — le disse. —

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Deve essere qui da qualche parte, ma nonriesco a trovarlo.

— Cosa cerchi? — chiese Charmain.— Ieri sera hai detto qualcosa a

proposito di un lubbock — disse Peter, — eio mi sono reso conto di non sapere dipreciso cos'è. Sto cercando di scoprirlo. Otu sai già tutto su di loro?

— Direi di no, a parte che fanno davveropaura — ammise Charmain. — Anch'iovorrei saperne qualcosa. Come facciamo?

Peter puntò il dito circondato dalla cordaverde verso una fila di libri.

— Con quelli. A quanto ne so, si trattadell'enciclopedia del mago, ma devi sapereche genere di cosa vai cercando per potertrovare il volume che ti serve.

Charmain inforcò gli occhiali e si chinòa guardare i libri. Su tutti si leggeva in

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lettere dorate Res Magica, e sotto un numeroe un titolo. Volume 3, lesse, Giroloptica;Volume 5, Panacticon; e all'estremitàopposta, Volume 19, Fondamenti avanzati;Volume 27, Oniromanzia terrestre; Volume28, Oniromanzia cosmica. — Ho capitoqual è il problema — disse lei.

— Li sto sfogliando in ordine — spiegòPeter. — Ho appena guardato il 5. Sono tuttiincantesimi, non me ne faccio niente —. Tiròfuori il volume 6, contrassegnatosemplicemente dalla parola Maledizioni, elo aprì. — Tu prova con quello dopo —disse.

Charmain fece spallucce e prese ilvolume 7. Era intitolato Potentes, il che nonera di grande aiuto. Lo poggiò sul davanzale,dove c'erano luce e spazio, e lo aprì a pochepagine dall'inizio. Non appena cominciò a

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sfogliarlo seppe che era il libro giusto."Demone: creatura potente e a voltepericolosa," lesse, "spesso confusa con unaforza Elementare vedi," e qualche pagina piùavanti "Diavolo: creatura infernale...". Dopodi che trovò "Elfgift: contiene i poteri donatidagli Elfi vedi per la salvezza di un reame..."poi, diverse pagine dopo "Goblin: Diavolovedi specializzato ostile in particolare alledonne...". Dopo averlo letto, prese asfogliare le pagine lentamente, e una ventinadi pagine più avanti lo trovò: — Lubbock.Eccolo! — disse.

— Grande! —. Peter chiuse di colpoMaledizioni. — Questo è pieno didiagrammi. Cosa dice? —, Si avvicinò, sichinò accanto a Charmain sul davanzale elessero insieme la voce.

— LUBBOCK: creatura fortunatamente

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rara. Il lubbock è un essere color viola dallesembianze di insetto, le cui dimensionivariano da quelle di una cavalletta adimensioni superiori a quelle di un essereumano. È molto pericoloso, anche se algiorno d'oggi fortunatamente lo si puòincontrare solo in zone selvagge o disabitate.Il lubbock attacca qualunque essere umanoincontri, servendosi delle sue appendicisimili a pinze o della formidabileproboscide. Per dieci mesi all'anno si limitaa fare a pezzi l'essere umano per ricavarnecibo, ma in luglio e agosto entra nellastagione dell'accoppiamento e diventaparticolarmente pericoloso. In quei mesi,infatti, giace in attesa di viaggiatori umani e,in caso ne catturi uno, deposita le proprieuova nel suo corpo. La schiusa avviene dopododici mesi, quando il primo nato divora gli

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altri e si apre la strada per uscire dal corpoumano che lo ospita. Se il corpo è quello diun uomo, questi è destinato a morire. Se sitratta di una donna, partorirà in modonormale e la prole così generata sarà unlubbockin (vedi sotto). In seguito anche ladonna di solito muore.

"Dio mio! L'ho scampata bella," pensòCharmain, e lei e Peter rivolsero subito losguardo alla voce successiva.

— LUBBOCKIN: progenie di Lubbockvedi e femmina umana. Queste creaturehanno di solito sembianze umane, esclusi gliocchi, che sono sempre di colore viola.Alcuni hanno anche l'incarnato color viola ein rari casi possono presentare alla nascitaali residuali. Le levatrici uccidono ilubbockin non appena li individuano, ma inmolti casi i lubbockin sono stati scambiati

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per creature umane e cresciuti come tali. Ilubbockin sono, con rare eccezioni, malvagi;nel caso in cui si riproducano accoppiandosicon il genere umano, la loro natura malvagianon svanisce che dopo molte generazioni. Sidice che molti abitanti di regioni remotecome High Norland e Montalbino presentinoantenati di origini lubbockin.

Difficile descrivere l'effetto di questavoce su Charmain e Peter. Entrambiavrebbero voluto non averla letta. Lo studioassolato del prozio William all'improvvisodava loro la sensazione di essere troppoesposto ai pericoli, con strane ombreannidate negli angoli. In effetti, pensòCharmain, valeva per tutta la casa. Lei ePeter si ritrovarono a guardarsi intorno inpreda a un forte senso di disagio e poiritornare insistentemente con lo sguardo alla

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finestra in cerca di pericoli in giardino.Sobbalzarono a uno sbadiglio spropositatodi Sperso fuori in corridoio. A Charmainvenne l'impulso di scagliarsi fuori dallastanza per accertarsi che la finestra in fondoal corridoio fosse chiusa bene, ma primadovette guardare Peter con molta, moltaattenzione, per assicurarsi che in lui non cifossero tracce di viola. Dopotutto avevadetto di venire da Montalbino.

Peter era impallidito molto, il che avevamesso in evidenza diverse lentiggini sul suonaso, ma si trattava di lentìggini di unarancione molto chiaro, e anche i radi pelettiche gli crescevano sul mento eranosull'arancione. Aveva gli occhi di un castanoruggine, niente a che vedere con il verdegiallastro di quelli di Charmain, manemmeno viola. Non le fu difficile stabilirlo,

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perché Peter la fissava con pari attenzione.Si sentiva il volto freddo e immaginava diessere pallida quanto lui. Infine, parlaronoentrambi nello stesso momento.

Charmain chiese: — Vieni daMontalbino, i tuoi famigliari sono viola?Peter chiese: — Hai incontrato un lubbock,ha depositato delle uova dentro di te?Charmain rispose: — No.

Peter rispose: — Mia madre è detta lastrega di Montalbino, ma in realtà èoriginaria di High Norland. E non è viola.Raccontami del lubbock che hai incontrato.

Charmain spiegò di come avevascavalcato il cornicione della finestra ed eraarrivata sul pascolo di montagna, dove illubbock stava appostato all'interno di unfiore azzurro e... — Ma ti ha toccata? — lainterruppe Peter.

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— No, perché sono caduta giù per lostrapiombo prima che ci riuscisse — disseCharmain.

— Caduta da... allora com'è che non seimorta? — chiese Peter. Si allontanò da leiindietreggiando un poco, come se lacredesse una specie di zombi.

— Ho fatto un incantesimo — gli disselei, un po' boriosa, perché si sentiva moltofiera di aver compiuto una vera magia. — Unincantesimo di volo.

—Davvero? — chiese Peter, per metàsollevato e per metà sospettoso. — Cheincantesimo di volo? Dove?

— L'ho preso da uno di questi libri —rispose Charmain. — E quando sono caduta,ho cominciato a fluttuare e sono scesa sulvialetto del giardino senza problemi. Non c'èbisogno che mi guardi come se non ci

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credessi. Quando sono atterrata, in giardinoc'era un coboldo. Si chiama Rollo, chiedi alui se non ti fidi.

— Quando lo vedo glielo chiedo —disse Peter. — In che libro l'hai trovato?Fammelo vedere.

Charmain si buttò la treccia sulla spallacon fare altezzoso e si avvicinò allascrivania. Sembrava che Il libro delpalinsesto giocasse a nascondersi. Di sicuronon era dove lo aveva lasciato, forse l'avevaspostato Peter. Alla fine lo trovò, ficcato inmezzo ai tomi di Res Magica, che si fingevaun volume dell'enciclopedia. — Ecco —disse, sbattendolo sopra Maledizioni, — ecome osi mettere in dubbio la mia parola?Adesso mi cerco un libro da leggere.

Avanzò decisa verso uno degli scaffali eprese alcuni titoli promettenti. Avrebbe

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preferito libri di storie, ma sembrava chenon ce ne fossero, però alcuni titoli eranopiuttosto interessanti. Perché non IItaumaturgo come artista, per esempio, oMemorie di un esorcista? Teoria e praticadell'invocazione corale, d'altro canto,sembrava decisamente poco interessante, maCharmain si sentì piuttosto ispirata dal libroaccanto, La bacchetta a dodici rami.

Intanto Peter si era seduto alla scrivaniae sfogliava zelante Il libro del palinsesto.Charmain aveva appena scoperto che Iltaumaturgo come artista era pieno di frasibizzarre come "così il nostro lieto maghettoè in grado di far suonare alle nostre orecchieuna musica dolce, fatata," quando Peterdisse, in tono irritato: — Qui non ci sonoincantesimi per il volo. L'ho sfogliato tuttofino alla fine.

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— Magari l'ho consumato — buttò lìCharmain. Diede un'occhiata alle pagineinterne di La bacchetta a dodici rami e lesembrò promettente.

— Gli incantesimi non funzionano così— disse Peter. — Dove l'hai trovato, di' laverità.

— Lì, te l'ho detto — rispose lei. — E senon credi a quello che dico, perché continuia farmi delle domande? —. Si levò gliocchiali, chiuse il libro di colpo e portòun'intera pila di volumi che potevanointeressarle in corridoio, sbatté la portadello studio in faccia a Peter e tornò indietrofin sulla soglia della porta del bagno e poiavanti fino ad arrivare in salotto. Decise direstare lì, a dispetto dell'odore di chiuso.Dopo aver letto la voce in Res Magica nonle sembrava più sicuro stare all'aperto sotto

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il sole. Pensò al lubbock appostato tra leortensie e preferì sistemarsi stabilmente suldivano.

Era immersa in La bacchetta a dodicirami e cominciava appena a capire di cosatrattava, quando sentì un colpo secco allaporta d'ingresso. Pensò, come faceva disolito, "Che vada qualcun altro", e continuòa leggere. La porta si aprì con unsbatacchiare impaziente. La voce di ziaSempronia disse: — Ma certo che sta bene,Berenice. Ha il naso in un libro come alsolito.

Charmain si strappò dal volume e si sfilògli occhiali in tempo per vedere sua madreche seguiva zia Sempronia in casa. ZiaSempronia era vestita, come sempre, conricercatissimi abiti in shantung di seta. Lasignora Baker era, al massimo della

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compostezza, tutta in grigio, con bavero epolsini di un bianco splendente, e portava ilsuo cappello più elegante.

"Che fortuna che mi sono messa deivestiti puliti questa..." stava pensandoCharmain, quando si rese conto che il restodella casa non era in condizioni tali dapoterla mostrare a quelle due signore. Nonsolo la cucina era piena di piatti sporchi diavanzi del pasto di esseri umani e di ciotolesporche di avanzi di cibo per animali, bolle,biancheria da lavare e un enorme canebianco, ma seduto nello studio c'era Peter.Sua madre avrebbe probabilmente trovatosolo la cucina, il che non sarebbe stato già diper sé molto positivo, ma zia Sempronia era(quasi certamente) una strega, quindiavrebbe trovato lo studio e si sarebbeimbattuta in Peter. A quel punto sua madre

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avrebbe voluto sapere cosa ci faceva lì unragazzo sconosciuto. E una volta spiegata lasua presenza, avrebbe detto che in quel casoPeter avrebbe potuto badare alla casa delprozio William, mentre Charmain avrebbedovuto fare la cosa più appropriata e tornaresubito. Zia Sempronia sarebbe statad'accordo e Charmain sarebbe stata costrettaad andare con loro. E una volta a casa,sarebbe stata la fine di pace e libertà.Charmain balzò in piedi e fece un luminososorriso dì benvenuto, così ampio che pensòdi essersi distorta la faccia. — Oh, ciao! —disse. — Non ho sentito bussare. — Nonsenti mai — disse zia Sempronia.

La signora Baker scrutò Charmain consguardo carico d'ansia. — Stai bene, amore?Tutto bene, davvero? Perché non ti sei tiratasu i capelli per bene?

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— Mi piacciono così — disse Charmaintrascinandosi fino a trovarsi tra le duesignore e la porta della cucina. — Cosa dici,non mi stanno bene, zia Sempronia?

Zia Sempronia si appoggiò al parasole ela guardò per vagliarla. — Sì — disse. — Tistanno bene. Ti fanno più giovane e piena.Vuoi sembrare più giovane e piena?

— Sì — rispose Charmain con aria disfida.

La signora Baker sospirò. — Cara, midispiace sentirti usare quel tono sfrontato.Non sta bene, lo sai. Però sono moltocontenta di vederti così bene. Sono statasveglia a letto quasi tutta la notte adascoltare il rumore della pioggia, sperandoche l'acqua non entrasse da questo tetto.

— Non entra — disse Charmain.— Avevo paura che magari avessi

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lasciato una finestra aperta — aggiunse lamadre.

Charmain rabbrividì. — No, la finestral'ho chiusa bene — disse, e in quell'istanteebbe la certezza che Peter stesse aprendo lafinestra che dava sul campo del lubbock. —Non hai davvero motivo di preoccuparti,mamma — mentì.

— Be', a dire la verità un po'preoccupata lo ero — disse la signoraBaker.

— Sai, la tua prima volta fuori dal nido.Ne ho parlato con tuo padre, ha detto cheforse non sei capace di prepararti damangiare come si deve —. Sollevò larigonfia borsa ricamata che aveva con sé. —L'ha riempita con delle altre cose damangiare. Vado a mettertela in cucina, eh? —affermò, e spinse Charmain, diretta verso la

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porta."No! Aiuto!" pensò Charmain. Prese la

borsa ricamata con un gesto che speravarisultare estremamente garbato eappropriato, anziché afferrarla in modobrusco come avrebbe voluto fare, e disse: —Non ti devi preoccupare, mamma. Ci mettoun attimo a portarla in cucina e prendere iol'altra...

— Ma perché? Non è un disturbo per me,amore — protestò la madre, senza mollare lapresa sulla borsa.

— ...Perché prima ho una sorpresa per te— disse in fretta Charmain. — Vatti asedere, mamma, il divano è molto comodo—, E si mise schiena alla porta. —Accomodati, zia Sempronia.

— Ma ci metto un secondo — disse lasignora Baker. — A lasciarla sul tavolo

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della cucina, dove puoi trovarla...Charmain mosse la mano libera in segno

di diniego. L'altra mano era aggrappata allaborsa con tutte le sue forze. — ProzioWilliam! — gridò.

— Caffè! Per favore!Con suo grande sollievo, la voce gentile

del prozio William ribatté: — Battinell'angolo del carrello, cara, e di' "caffè".

La signora Baker rimase senza fiato perlo stupore e si guardò intorno per vedere dadove provenisse la voce. Zia Semproniaassunse un'aria interessata, poi incuriosita, esi avvicinò al carrello per assestargli uncolpetto secco con il parasole. — Caffè? —disse.

La stanza si riempì all'istante del caldoaroma di caffè. Sul carrello c'era un'altacuccuma fumante d'argento, con accanto

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delle tazzine dorate, un bricco dorato pienodi panna, una zuccheriera d'argento e unvassoio di tortine dolci. Per lo stupore lasignora Baker mollò la borsa ricamata eCharmain la infilò prontamente dietro allapoltrona più vicina.

— Magia davvero raffinata — disse ziaSempronia. — Berenice, vieni a sederti elascia che Charmain spinga il carrello vicinoal divano.

La signora Baker obbedì, ma sembravasbalordita, e con grande sollievo diCharmain la visita cominciò a prendere lesembianze di un'elegante, rispettabilecolazione a base di caffè. Zia Semproniaversò la bevanda, mentre Charmaindistribuiva le tortine. Era in piedi di fronteall'ingresso della cucina, con il vassoio tesoverso la zia, quando la porta si spalancò e si

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affacciò l'enorme muso di Sperso,chiaramente attirata dal profumo delletortine.

— Via, Sperso! — disse Charmain. —Sciò! Sul serio! Non puoi entrare, a menoche... a meno che... non ti comporti come sideve. Via! Sperso la fissò malinconica,diede in un enorme sospiro e indietreggiò.La signora Baker e zia Sempronia, chereggevano cautamente la loro tazzina di caffècolma fino all'orlo, riuscirono a girarsi pervedere con chi stesse parlando Charmainsolo quando ormai Sperso era sparita e laporta richiusa.

— Cos'è stato? — chiese la signoraBaker.

— Niente — rispose Charmain, comeper placarla. — Era solo il cane da guardiadel prozio William, sai, è talmente ingorda...

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— Hai un cane qui! — la interruppe lasignora Baker, in preda al più grandespavento. — Non sono sicura che mi stiabene, Charmain. I cani sono talmentesporchi. E potrebbe morderti! Spero che tulo tenga legato.

— No, no, no, è davvero pulitissima. Eobbediente — disse la ragazza, chiedendosise fosse vero. — Solo... solo che mangiatroppo. Il prozio William cerca di tenerla adieta, quindi, ovviamente, voleva mangiareuna delle tortine...

La porta della cucina si aprì di nuovo.Stavolta spuntò la faccia di Peter, la cuiespressione suggeriva che aveva una cosaurgente da dirle. Espressione che mutò inorrore alla vista dell'eleganza vistosa di ziaSempronia e della compostezza della signoraBaker.

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— Eccola un'altra volta — disseCharmain, con un tono che cominciava afarsi disperato. — Vattene, Sperso!

Peter colse il suggerimento e sparì primache zia Sempronia facesse in tempo a girarsie vederlo. La signora Baker sembrava piùspaventata che mai.

— Ti preoccupi troppo, Berenice —disse zia Sempronia. — Ammetto che i canipuzzano, sono sporchi e rumorosi, ma non c'èniente come un bravo cane da guardia per lasicurezza della casa. Dovresti esserecontenta che Charmain ne abbia uno.

— Immagino di sì — concordò lasignora Baker, ma il suo tono di vocesembrava del tutto scettico. — Ma... ma nondicevi che questa casa è sotto la protezionedi... delle arti... ehm... magiche del prozioWilliam?

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— Sì, è vero! — disse Charmain dislancio. — La casa è doppiamente sicura!

— Certo — disse zia Sempronia. —Sono convinta che qui non possa entrareniente che non sia prima stato invitato apassare la soglia.

A dimostrazione di quanto fosse errata laconvinzione di zia Sempronia, un coboldofece di colpo la sua apparizione accanto alcarrello. — Ma guarda un po'! — disse,piccolo, azzurro e aggressivo. La signoraBaker lanciò uno strillo e si strinse la tazzinadi caffè al petto. Zia Sempronia, con faremaestoso, ripiegò le sue sottane perallontanarle da lui. Il coboldo le fissòevidentemente perplesso, e poi si volse aguardare Charmain. Non era il coboldo delgiardino. Aveva un naso più grosso, iltessuto del suo abito azzurro era più fine e

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sembrava abituato a impartire ordini.— Sei un coboldo importante? — gli

chiese Charmain.— Be' — rispose il coboldo, come colto

alla sprovvista, — potremmo dire così. Daqueste parti sono il capo, mi chiamoTimminz. Sono il responsabile di questadelegazione, e siamo piuttosto irritati. Eadesso ci dicono che il mago non c'è o chenon vuole riceverci o... Charmain si accorseche stava facendo montare la rabbia in lui. Siaffrettò a dire, — È vero. Non c'è, è malato.Lo hanno portato via gli elfi per curarlo, e iobado alla casa mentre lui è via.

Il coboldo ruotò gli occhi sul nasoneazzurro e le rivolse uno sguardo torvo. —Dici la verità?

"Mi sembra di aver passato tutta lagiornata a sentirmi dare della bugiarda!"

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pensò Charmain con rabbia.— È l'esatta verità — disse zia

Sempronia. — William Norland al momentonon si trova qui. Vuole essere quindi cosìgentile da andarsene, mio buon coboldo? Staterrorizzando la povera signora Baker.

Il coboldo rivolse uno sguardo torvoprima a lei, poi alla signora Baker.

— In questo caso — disse a Charmain,— non vedo come questa contesa possaessere risolta, né ora né mai! —. Eall'improvviso, come era apparso,scomparve.

— Oh, santo cielo! — ansimò la signoraBaker, tenendosi una mano sul petto. — Cosìpiccolo, così azzurro! Come ha fatto aentrare? Non lasciare che ti si arrampichi super la gonna, Charmain!

— Era solo un coboldo — disse zia

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Sempronia. — Ricomponiti Berenice. Diregola i coboldi non hanno rapporti con gliumani, perciò non ho la minima idea di cosaci facesse qui. Ma suppongo che il prozioWilliam debba avere con queste creature unaccordo di qualche genere. La regola nonvale per i maghi.

— E io ho rovesciato il caffè... — silamentò la signora Baker, asciugandosi lagonna.

Charmain le prese la tazzina e la riempìdi nuovo di caffè, per calmarla. — Prendiun'altra tortina, mamma — disse, porgendoleil vassoio. — Il prozio William ha uncoboldo come giardiniere, e quando l'hoconosciuto anche quello era arrabbiato...

— Che ci faceva il giardiniere insalotto? — domandò la signora Baker. Comeaccadeva spesso, Charmain cominciò a

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disperare di riuscire a far capire alla madrecome stavano le cose. "Non è che siastupida, solo che non si permette mai diampliare le proprie vedute", pensò. — Nonera lo stesso coboldo — cominciò.

La porta della cucina si aprì e Spersotrotterellò in salotto. Era tornata alle suedimensioni normali, il che significava cheera anche più piccola del coboldo e moltocompiaciuta di essersi ristretta. Trotterellògioiosa in direzione di Charmain e sollevòeccitata il naso alla volta del vassoio didolci.

— Francamente, Sperso... — disseCharmain, — ...se penso a quanto haimangiato a colazione!

— Questo sarebbe il cane da guardia? —chiese la signora Baker con voce tremante.

— Se è lui — obiettò zia Sempronia, —

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potrebbe cavarsela meglio con un topo.Quanto hai detto che ha mangiato percolazione?

— Più o meno cinquanta ciotole piene —rispose Charmain senza pensare.

— Cinquanta!. — esclamò la madre.— Stavo esagerando — disse Charmain.Sperso, vedendo che tutte la

osservavano, assunse la posizioneimplorante, con le zampe sotto il mento. Sistava prodigando per apparire incantevole,ed era abbassando una delle orecchieslabbrate che ci riusciva, stabilì Charmain.

— Oh, che cagnolino dolce! — gridò lasignora Baker. — Ha famooona, eh? —. Ediede a Sperso ciò che restava della tortinache stava mangiando. Sperso la prese condelicatezza, la ingoiò in un boccone e ripresea elemosinarne. La signora Baker ne prese

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una dal vassoio e gliela diede tutta intera e aquesto punto Sperso cominciò a mendicarecon aria più patetica che mai.

— Sei disgustosa — disse Charmain alcane.

Anche zia Sempronia le allungò unatortina. — Devo ammettere — disse rivoltaa Charmain, — che con questo grossosegugio a vegliare su di te, non hai niente datemere, se non di patire la fame.

— Abbaia bene — disse Charmain. — Enon c'è bisogno di fare del sarcasmo, ziaSempronia. So che non è un cane da guardia—. Ma si rese conto, senza che le fosse maivenuto in mente prima, che Sperso stavavegliando su di lei. Aveva distoltol'attenzione della madre dai coboldi, dallacucina e dalle minacce per la figlia, e perfarlo si era rimpicciolita, tornando alle

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giuste dimensioni. Charmain si sentì cosìgrata nei suoi confronti che le diede a suavolta una tortina. Sperso la ringraziògraziosamente, annusandole la mano, e poirivolse di nuovo la sua attenzione carica diaspettative alla signora Baker.

— Oh, quant'è dolce. — sospirò suamadre, e premiò Sperso con la quinta tortina.

Scoppierà, pensò Charmain. E tuttavia,grazie a Sperso, il resto della visitatrascorse in modo molto tranquillo fino allafine, quando le signore si alzarono perandarsene. La signora Baker disse: — Oh,stavo per dimenticarmi! — e infilò una manoin tasca. — È arrivata questa lettera per te,cara —. Tese a Charmain una busta lunga erigida con un sigillo di cera rossa sul retro.Era indirizzata alla "Signora CharmainBaker", scritto in un'elegante grafia

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tremolante.Charmain fissò la lettera e sentì il battito

del cuore martellarle con intensità nel petto enelle orecchie, come un fabbro suun'incudine. Le si appannò la vista. Nelprendere la lettera le tremò la mano: il Re leaveva risposto, aveva risposto davvero.Sapeva che era del Re: l'indirizzo era scrittocon la stessa grafia tremante che aveva vistonella lettera nello studio del prozio William.— Oh, grazie — disse, cercando diassumere un tono di noncuranza.

— Aprila, cara — disse la madre. —Sembra molto importante. Cosa pensi chesia?

— Oh, niente di importante — risposeCharmain, — solo il mio certificato didiploma.

Quello fu un errore. La madre esclamò:

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— Cosa? Tuo padre si aspetta che tucontinui con la scuola e ti faccia una cultura,cara!

— Sì, lo so, ma lo danno a tutti uncertificato alla fine del ginnasio — siinventò Charmain. — Nel caso qualcunovolesse lasciare gli studi, sai. L'ha ricevutotutta la classe. Non preoccuparti.

A dispetto della spiegazione, cheCharmain considerava piuttosto brillante, lasignora Baker si preoccupò. Avrebbe disicuro fatto una gran scena, se Sperso non sifosse sollevata sulle zampe posteriori e nonavesse camminato verso di lei con lezampette davanti piegate sotto il mento, conaria graziosissima.

— Oh, che tesoro! — esclamò la signoraBaker. — Charmain, se, quando si saràrimesso, il tuo prozio ti lasciasse portare a

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casa questo cagnolino, non mi dispiacerebbedavvero.

Charmain riuscì a ficcarsi la lettera delRe nella cintura e a dare un bacio allamadre, poi a zia Sempronia e a congedarlesenza che nessuna tornasse ad accennare allacosa. Le salutò con la mano mentre siallontanavano felici lungo il vialetto tra leortensie, e poi richiuse la porta con unsospiro di sollievo.

— Grazie, Sperso! — disse. — Che caneintelligente! —. Si appoggiò alla portad'ingresso e prese ad aprire la lettera del Re.'Anche se so già che si tratta di un rifiuto", sidisse, tremando per l'emozione. "Se fossi alposto suo direi di no!".

Prima che riuscisse a finire di aprire lalettera, Peter spalancò l'altra porta. — Se nesono andate? — chiese. — Finalmente. Mi

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serve il tuo aiuto. Sono assediato da ungruppo di coboldi furiosi.

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CAPITOLO SEI

Nel quale si tratta del colore azzurro

Charmain emise un sospiro e si infilò intasca la lettera del Re, non se la sentiva dicondividerla con Peter, qualunque fosse ilcontenuto. — Perché? — chiese. — Perchésono furiosi?

— Vieni a vedere tu stessa — dissePeter. — A me sembrano ridicolaggini. Gliho detto che sei tu responsabile della casa eche dovevano aspettare che tu finissi diessere gentile con quelle due streghe.

— Streghe! — esclamò Charmain. —Una era mia madre!

— Be', mia madre è una strega — dissePeter. — È basta un'occhiata a

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quell'altezzosa vestita di seta per capire chel o è anche lei. Dai, vieni. Tenne la portaaperta per Charmain e lei passò, pensandoche probabilmente Peter aveva ragione aproposito di zia Sempronia. Nellarispettabile famiglia Baker nessuno avevamai parlato di stregoneria, ma Charmainpensava da anni che zia Sempronia fosse unastrega, anche se non se l'era mai dettoapertamente.

Appena messo piede in cucina,dimenticò zia Sempronia. I coboldi eranodappertutto. Omini azzurri con grossi nasi divarie fattezze erano ovunque sul pavimentovi fosse spazio lasciato libero da ciotole e tèversato. Erano sul tavolo, tra le teiere e nellavello, in equilibrio sui piatti sporchi.C'erano anche donnine azzurre, per lo piùappollaiate sui sacchi della biancheria. Le

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donne si distinguevano per i nasi più piccolie graziosi e per le gonne a balze piuttostoeleganti. "Mi piacerebbe avere una gonnacosì," pensò Charmain. "Però più grande,ovvio". C'erano talmente tanti coboldi che leci volle un po' per accorgersi che dalfocolare non provenivano quasi più bolle.All'ingresso di Charmain, i coboldi emiseroall'unisono un grido penetrante. — Sembrache abbiamo qui la tribù al completo —disse Peter. La ragazza pensò cheprobabilmente aveva ragione. — Molto bene— disse, un tono sopra allo strillo. —Eccomi qui, qual è il problema? In rispostaci fu un tale strillare che Charmain si tappòle orecchie.

— Può bastare! — gridò. — Comefaccio a capire cosa dite se urlate tuttiinsieme? —. Charmain riconobbe quello che

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aveva fatto la sua apparizione in salotto, inpiedi su una sedia insieme ad almeno altrisei coboldi. Aveva un naso che non sidimentica. — Parla tu. Puoi ripetermi cometi chiami?

Le rivolse un brusco inchino appenaaccennato. — Mi chiamo Timminz. Se hoben capito sei Charmant Baker e parli anome del mago, giusto?

— Più o meno — disse Charmain. Nonaveva molto senso discutere del nome, e poiessere chiamata Charmant, "affascinante",non le dispiaceva. — Come ti ho detto, ilmago è malato, se ne è andato per sottoporsia delle cure.

— Così hai detto — ribatté Timminz. —Sicura che non sia scappato? L'affermazioneprovocò tali strida e burle da tutta la cucina,che Charmain fu costretta a zittirli di nuovo

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per farsi sentire.— Tranquilla. Certo che non è scappato.

Ero qui quando è partito, stava davvero malee gli elfi hanno dovuto portarlo via. Se glielfi non l'avessero preso con loro, sarebbemorto.

Nel quasi silenzio che seguì questeparole, Timminz disse in tono burbero: —Non mettiamo in dubbio le tue parole,ovviamente. La disputa è tra noi e il mago,ma forse tu puoi sistemare le cose. E devodirti che la cosa non ci sta bene, èun'indecenza.

— Cosa? — chiese Charmain.Timminz strinse gli occhi e le lanciò uno

sguardo torvo. — Non devi ridere. Il magorideva quando andavo a lamentarmi da lui.

— Prometto di non ridere — disse lei.— Allora, di che si tratta?

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— Eravamo molto arrabbiati — disseTimminz. — Le nostre signore si sonorifiutate di lavargli i piatti e abbiamo portatovia i rubinetti, in modo che non potesselavarseli da sé, ma la sua unica reazione èstata sorridere e dire che non aveva la forzadi discutere...

— Be', era malato — ribattè Charmain.— Te l'ho già detto, mi pare. Allora, di chesi tratta?

— Il suo giardino — disse Timminz. —È stato Rollo a cominciare a lamentarsi, mapoi sono venuto a dare un'occhiata e nonaveva torto. Il mago aveva dei cespugli difiori azzurri, il colore che dovrebberoragionevolmente avere i fiori, ma con la suamagia ha fatto diventare metà di ognicespuglio rosa, e alcuni fiori addiritturaverdi o bianchi, il che è disgustoso, oltre che

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sbagliato.A quel punto Peter non riuscì più a

trattenersi. — Ma le ortensie sono di queicolori! — sbottò. — Ve l'ho spiegato!Chiedetelo a qualunque giardiniere, ve lodirà, se non mettete della polvere azzurrasotto la pianta, alcuni fiori nascono rosa.Rollo è un giardiniere, avrebbe dovutosaperlo. Charmain passò in rassegna lacucina affollata, ma non riuscì a individuareRollo tra lo stuolo di esseri azzurri. —Probabilmente te l'ha detto solo perché glipiace abbattere le cose — disse. —Scommetto che continuava a chiedere almago di abbattere i cespugli e il magorispondeva di no. A me l'ha chiesto ierisera...

A quelle parole, Rollo saltò fuori dadietro una delle ciotole per cani, quasi ai

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piedi di Charmain. Lo riconobbe soprattuttodalla voce stridula quando urlò: — Perquello l'ho chiesto a lei! È lei se ne staseduta lì sul vialetto, appena atterrata dalcielo, più sfacciata che mai, e mi dice che mivoglio solo divertire. È una guastafeste talee quale al mago, altro che! Charmain glirivolse un'occhiataccia. — Sei solo unabestiolina distruttrice — disse. — Vuoicreare dei problemi soltanto perché non puoifare come ti pare!

Rollo tese un braccio. — La sentite?Sentito cosa dice? Chi ha ragione, qui, lei oio?

Un clamore tremendo e penetrante silevò per tutta la cucina. Timminz urlò di faresilenzio e quando le grida si furono smorzatein un borbottìo, chiese a Charmain: —Allora adesso darai o no il permesso di

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potare questi cespugli obbrobriosi?— No, neanche per sogno — gli rispose

lei. — Sono i cespugli del prozio William, eio sono qui per badare a tutte le sue cosementre lui non c'è. È Rollo vuole solo crearedei problemi.

Timminz chiese, rivolgendole unosguardo torvo: — Non hai altro da dire?

— No — rispose.— In questo caso — disse il coboldo, —

te la caverai da sola. Nessun coboldo alzeràun dito per te, d'ora in poi.

Ed erano spariti. In un batter d'occhio lafolla azzurra era scomparsa da dove sitrovava, tra teiere, ciotole di cibo per cani ecocci sporchi, lasciandosi dietro una leggerascia di vento, che sparse le poche bollerimaste e rinvigorì il fuoco che ora brillavavivace nel focolare.

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— Hai fatto una stupidaggine — dissePeter.

— Perché? — chiese Charmain sdegnata.— Sei stato tu a dire che quei cespugli eranocome dovevano essere, poi hai visto cheRollo li aveva aizzati apposta. Non possopermettere che il prozio William al suoritorno si trovi il giardino raso al suolo, no?

— Sì, ma potevi avere più garbo —insistette lui. — Mi aspettavo che dicessiche avremmo praticato un incantesimoazzurrante per rendere celesti tutti i fiori oqualcosa del genere.

— Sì, ma Rollo avrebbe volutocomunque tagliare i cespugli — disseCharmain. — Ieri sera mi ha dato dellaguastafeste perché non gliel'ho lasciato fare.

— Avresti potuto fargli capire che tipo è— disse Peter, — invece di farli arrabbiare

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ancora di più.— Almeno non gli ho riso in faccia come

il prozio William — rispose seccamenteCharmain. — È stato lui a farli arrabbiare,non io.

— E guarda cosa ci ha guadagnato! —disse Peter. — Gli hanno portato via irubinetti e gli hanno lasciato tutti i piatti dalavare, perciò adesso tocca a noi lavarli enon abbiamo neanche acqua calda in bagno.Charmain si sedette impaziente e tornò adaprire la lettera del Re.

— Perché poi dovremmo farlo? —chiese. — In ogni caso non ho la più pallidaidea di come si lavino i piatti.

Peter era scandalizzato. — No? Com'èpossibile?

La ragazza, aperta la busta, ne tirò fuoriun grande foglio ripiegato di splendido

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cartoncino. — Mia madre mi ha cresciutacome una ragazza dabbene — disse lei. —Non mi ha mai fatta avvicinare al lavabo néai fornelli.

— Non posso crederci! — esclamò lui.— Cosa ci sarebbe di 'dabbene' nel nonsaper fare le cose? Ti sembra ben fattoaccendere un fuoco con una saponetta?

— Quello — disse Charmain in tonoarrogante, — è stato un incidente. Ti pregodi fare silenzio e lasciarmi leggere la mialettera —. Inforcò gli occhiali e aprì il fogliodi cartoncino.

— Cara signora Baker — lesse.— Io mi metto all'opera, voglio provare

— disse Peter. — Col cavolo che mi facciotiranneggiare da una massa di ometti azzurri.E non voglio pensare che non hai abbastanzaorgoglio per aiutarmi.

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— Taci — disse Charmain e siconcentrò sulla sua lettera.

Cara signora Baker,è molto gentile da parte sua offrirci i

suoi servigi. In condizioni normali l'aiuto dimia figlia, la principessa Hilda, è sufficientea far fronte alle Nostre necessità; ma avvieneche la Principessa debba ricevere a breve lavisita di persone importanti e sia costretta asottrarsi al lavoro in Biblioteca per tutta ladurata del loro soggiorno. Accettiamo diconseguenza, per un periodo limitato, la suagentile offerta. Se volesse essere così carada presentarsi al Palazzo Reale il prossimomercoledì mattina, alle 10 e 30 circa,saremo lieti di accoglierla nella nostraBiblioteca e istruirla sul lavoro. Suoobbligato e grato.

Rex Adolphus, Norlandi Alti

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Mentre leggeva la lettera il cuore lebalzò in petto, e solo quando ebbe raggiuntala fine si rese conto che era accadutoqualcosa di stupefacente, improbabile,incredibile: il Re aveva accettato la suaofferta di dargli una mano nella RealBiblioteca! Le vennero le lacrime agli occhi,senza sapere bene perché, e le toccò pulirele lenti. Il cuore le martellò in petto per lagioia. Poi per l'agitazione: non era mercoledìoggi? Aveva perso la sua occasione?

Aveva sentito, senza peraltro badarci,Peter sbattere pentole e scalciare di latociotole di cibo per cani mentre si dirigevaverso la porta interna. Adesso lo sentìtornare.

— Che giorno è oggi? — gli chiese.Fischiando, Peter posò sul fuoco la

grossa pentola che trasportava. — Te lo dico

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se mi dici dove tiene il sapone — disse.— Che scocciatura! — rispose

Charmain. — Sta nella dispensa in una borsacon su scritto qualcosa tipo Caninitis.Allora, che giorno è oggi?

— Stracci — disse Peter. — Primadimmi dove sono gli stracci. Lo sapevi cheadesso in dispensa ci sono due nuovi sacchidi biancheria da lavare?

— Non lo so dove sono gli stracci —rispose lei. — Che giorno è?

— Prima gli stracci — disse Peter. —Quando lo chiedo io, non risponde. — Nonsapeva che saresti arrivato — disseCharmain. — È già mercoledì?

— Non mi spiego come facesse a nonsaperlo — commentò Peter. — Ha ricevutola mia lettera. Chiedigli degli stracci.

Charmain sospirò. — Prozio William —

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disse, — lo sciocco qui vuole sapere dovesono gli stracci, per favore.

La voce dal tono gentile rispose: — Saicara che quasi li dimenticavo? Sono nelcassetto del tavolo.

— Oggi è martedì — disse Peter,afferrando la maniglia del cassetto eaprendolo quasi in pancia a Charmain.Mentre tirava fuori asciugamani e strofinaccidisse: — So che è martedì perché sonopartito di sabato e ci ho messo tre giorni dicammino per arrivare qui. Contenta?

— Grazie — rispose Charmain. —Molto gentile da parte tua. In questo casotemo di dover andare in città domani, potreistar via tutto il giorno.

— E non è dunque una fortuna che ci siaqui io a badare alla casa al posto tuo? —chiese Peter. — Dove te la fili?

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— Il Re — disse Charmain con faremolto grave, — mi ha chiesto di andare adaiutarlo. Leggi qui se non ci credi.

Peter prese la lettera e l'esaminò. —Capisco — disse. — Hai disposto di esserein due posti diversi contemporaneamente.Buon per te. Accidenti, allora puoi aiutarmia lavare questi piatti subito, finché l'acqua ècalda.

— Perché? Mica li ho sporcati io —disse Charmain. Si infilò la lettera in tasca esi alzò. — Vado in giardino.

— Non li ho sporcati neanch'io —ribattè lui. — Ed è stato tuo zio a fararrabbiare i coboldi.

La ragazza si limitò a passargli accantorapidamente mentre andava verso il salotto.

— Non sei per niente una ragazza perbene! — le urlò dietro Peter. — Sei solo

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pigra.Charmain non gli diede retta e proseguì

diretta alla porta d'ingresso. Sperso la seguì,agitandosi supplichevole intorno alle suecaviglie, ma lei era troppo irritata con Peterper badarle. — Sempre a criticare! —commentò. — Da quando è arrivato non hasmesso un momento. Come se fosse perfettopoi! — disse mentre spalancava la porta.Restò a bocca aperta: i coboldi si erano datida fare, e molto in fretta. Doveva ammettereche non avevano potato le ortensie, visto chelei gli aveva detto di non farlo, ma avevanotagliato tutti i fiori rosa e la maggior parte diquelli bianchi e color malva. Il vialettod'ingresso era cosparso di fiori di ortensiarosa e malva e ne poteva vedere altri a terratra i cespugli. Charmain gridò dallo sdegno esi lanciò a raccoglierli.

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— Sarei pigra, eh? — mormorò mentreraccoglieva le ortensie nella gonna. — Ohpovero prozio William! Che confusione. Glipiacevano di tutti i colori. Oh quellebestiacce azzurre!

Andò a rovesciare i fiori dalla gonna sultavolo da giardino, sotto la finestra dellostudio, e accanto al muro trovò un cesto. Selo portò tra i cespugli: con Sperso intenta acorrere, sbuffare e annusare attorno a leiCharmain raccolse le ortensie tagliuzzate eve le ripose dentro. Le venne da ridacchiarecon una certa crudeltà quando si rese contoche non sempre i coboldi erano sicuri diquali fiori fossero azzurri: avevano lasciatola maggior parte di quelli verdastri e alcunidi quelli color lavanda, e c'era un cespuglioche doveva averli messi in seria difficoltà,perché aveva fiori rosa al centro e celesti

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intorno. A giudicare dal numero di minuteimpronte intorno a esso, dovevano averdiscusso tutti insieme la questione. Alla fineavevano tagliato i fiori in metà delcespuglio, lasciando intatti quelli dell'altrametà.

— Lo vedete che non è poi così facile?— disse Charmain ad alta voce, nel caso cifosse qualche coboldo in ascolto. — Èquesto si chiama vandalismo, spero tanto cheve ne vergognate —. Portò al tavolo il suoultimo cesto pieno ripetendo: — Vandali.Pessimo comportamento, piccole bestiacce—, nella speranza che almeno Rollo fosse ingiro per poterla sentire. Alcune delleortensie più grandi avevano gambi piuttostolunghi: con quelle Charmain compose ungrosso mazzo rosa, color malva, verde ebianco, e sparse gli altri fiori sul tavolo a

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essiccare. Ricordava di avere letto daqualche parte che le ortensie essiccateconservano il loro colore, e possono quindiessere usate in inverno per le decorazioni.Al prozio William sarebbero piaciute,pensò.

— Vedi, stare seduti a leggere èun'attività utile! — annunciò rivolta allospazio intorno a sé, anche se adesso sapevache stava cercando di giustificarsi agli occhidel mondo esterno — se non di Peter —perché si era sentita troppo compiaciuta disé per aver ricevuto la lettera del Re.

— Oh, be' — disse. — Andiamo, Sperso.Sperso la seguì in casa, ma di fronte alla

porta della cucina arretrò tremante.Charmain capì il perché dopo essere entratae aver trovato Peter che alzava lo sguardo dauna pentola fumante. Aveva trovato, non si

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sa dove, un grembiule, e aveva ammucchiatole stoviglie per terra in pile ordinate.Rivolse a Charmain uno sguardo di virtuosasofferenza. — Molto gentile da parte tua —le disse. — Ti chiedo di aiutarmi a lavare ipiatti e tu raccogli fiori.

— Non esattamente — rispose lei. —Quei coboldi, bestiacce che non sono altro,hanno tagliato tutti i fiori rosa.

— Ah, sì? — chiese Peter. — Chepeccato! Quando tornerà a casa, tuo zio ciresterà proprio male, eh? Metti i fiori nelpiatto delle uova. Charmain guardò il piattopieno di uova sul tavolo, pressato contro ilgrosso sacchetto di sapone a scaglie, tra leteiere. — E le uova allora dove le mettiamo?Un attimo —. Andò in bagno e pose leortensie nel lavandino. La stanza era bagnatae gocciolava in modo inquietante, ma lei

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preferì non pensarci. Tornò in cucina edi sse : — Per fertilizzare i cespugli diortensie vado a svuotarci sopra le teiere.

— Bella idea — disse Peter. — Cimetterai delle ore. Secondo te quest'acqua ècalda?

— Appena fumante — rispose Charmain.— Mi sa che dovrebbe bollire, e non mi civogliono delle ore. Guarda —. Scelse duegrandi pentole, prese a versarci il contenutodelle teiere e disse: — La pigrizia ha deivantaggi, sai —. Si rese conto che, appenasvuotava una teiera e la rimetteva sul tavolo,quella spariva.

— Lascia stare — disse Peter in tonopreoccupato. — Vorrei bere qualcosa dicaldo.

Charmain ci pensò e mise l'ultima teierasulla sedia con cura. Anche quella

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scomparve.— Oh, bene — commentò Peter.Dato che era chiaro che lui stava

cercando di non essere ostile, Charmaindisse: — Dopo che avrò finito di svuotarequeste possiamo prendere il tè delle cinquein salotto. Quando è venuta mia madre haportato un'altra borsa di cose da mangiare.

La cosa fece molto piacere a Peter. —Allora una volta che avremo finito di lavarei piatti potremo fare un pasto decente —disse. — Di' quello che vuoi, ma primarassettiamo.

E tenne testa a Charmain a dispetto dellesue proteste. Appena lei fece ritorno dalgiardino, lui le tolse di mano il libro e leporse un pezzo di stoffa da legarsi in vita,poi la condusse in cucina, dove l'orribile emisterioso procedimento ebbe inizio. Peter

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le cacciò in mano un altro straccio, — Iolavo e tu asciughi — disse, levando dalfuoco la pentola fumante e versando partedel contenuto sul sapone a scaglie che avevasparso nel lavello. Sollevò un secchio diacqua fredda che aveva pompato in giardinoe vi versò anche metà di quello.

— Perché metti dell'acqua fredda? —chiese lei.

— Per non scottarmi — rispose Peter,immergendo nella mistura prima coltelli eforchette e poi una pila di piatti. — Ma nonsai niente di niente?

— No — disse Charmain. Pensò conirritazione che nessuno dei molti libri cheaveva letto accennava al lavaggio di piatti,figurarsi spiegare come si faceva. Rimase aguardare mentre Peter strisciava energicouno strofinaccio per ripulire dai resti di una

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cena di molto, ma molto tempo prima, ilpiatto decorato, che emerse dalla schiumapulito e splendente. Ora Charmain potevaapprezzarne il motivo e cominciava apensare che fosse avvenuta una magia.Osservò il ragazzo mentre lo tuffava in unaltro secchio per risciacquarlo e poi glielopassava.

— Che ci faccio? — chiese lei.— Asciugali, ovvio — le rispose. — Poi

impilali sulla tavola. Charmain ci provò: leci vollero anni per portare a termine l'intera,orribile, faccenda. Lo straccio per asciugaresembrava assorbire l'acqua a fatica e ilpiatto continuava a scivolarle di mano.Impiegava così tanto tempo ad asciugarerispetto a quanto ci metteva Peter a lavare,che in breve lui aveva accumulato unamontagna di piatti che scolavano accanto al

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lavello e cominciò a farsi prenderedall'impazienza. Naturalmente, a quel punto,il piatto con il motivo più grazioso scivolòdalle mani di Charmain e cadde a terra, e, adifferenza di quel che era successo con lestrane teiere, si ruppe.

— Oh — esclamò lei, fissando i pezzi.— Come si fa a riattaccarli?

Peter ruotò le pupille rivolgendole alsoffitto. — Non si può — disse. — Stai soloattenta a non farne cadere altri.

Raccolse i frammenti del piatto e li buttòin un altro secchio. — Adesso asciugo io. Tuprova a lavare o finisce che ci mettiamo tuttoil giorno. Fece defluire l'acqua, ormaimarrone, raccolse forchette, coltelli ecucchiai e li depose nel secchio per larisciacquatura. Con stupore di Charmain,adesso sembravano tutti puliti e splendenti.

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Mentre guardava Peter riempire di nuovo illavello con sapone e acqua calda, stabilì,spinta dal malumore, ma piuttosto convinta,che lui si fosse scelto il lavoro più facile.

Scoprì di essersi sbagliata: non erafacile per niente. Ci metteva secoli per ognicoccio e nel frattempo si bagnava tutta suldavanti. Peter, poi, continuava a restituirlepiatti e tazzine, salsiere e tazzone dicendoche erano ancora sporche. E non le lasciòlavare neanche una delle ciotole di cibo percani finché non ebbe finito con le stoviglieper gli esseri umani, cosa che a Charmainsembrò una cattiveria da parte sua.

Sperso le aveva leccate tutte così beneche ci avrebbe messo un attimo a lavarle.Poi, come se non bastasse, restò inorriditaalla vista delle proprie mani cheriemergevano dalla schiuma tutte rosse e

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coperte di strane grinze.— Sarò malata! — disse. — Ho una

tremenda malattia della pelle! Peter rise dilei e Charmain ne fu irritata e offesa.

Alla fine, però, l'orribile faccenda fuportata a termine. Charmain, bagnata suldavanti e con le mani grinzose, andò insalotto, tutta imbronciata, a leggere Labacchetta a dodici rami alla luce declinantedel sole che si avviava al tramonto,lasciando Peter a impilare le stoviglie pulitein dispensa. A quel punto sentiva chesarebbe impazzita se non si fosse seduta aleggere per un po'. In tutto il giorno avròletto sì e no una parola, rifletté.

Peter la interruppe decisamente troppopresto, entrando con un vaso trovato chissàdove e riempito di ortensie, che mollò sultavolo davanti a lei. — Dove sono le robe da

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mangiare che hai detto ha portato tua madre?— chiese.

— Cosa? — domandò lei, osservandolotra i fiori.

— Ho detto mangiare — ripetè Peter.Sperso lo assecondò piegandosi contro

le gambe di Charmain e cominciando amugolare.

— Oh — disse lei. — Sì. Mangiare. Tene do un po' se prometti di non sporcareneanche un piatto.

— Va bene — rispose Peter. — Ho unafame che potrei leccare cibo dal tappeto.

Quindi Charmain interruppe controvogliala lettura, trascinò fuori la borsa con i viverida sotto la poltrona e tutti e tre mangiaronoin quantità i magnifici pasticci del signorBaker, quindi presero due volte tè e biscottidal carrello. Mentre consumavano questo

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pasto copioso, Charmain parcheggiò il vasodi ortensie sul carrello perché non fosse inmezzo. Quando tornò a guardarlo, erasparito.

— Mi chiedo dove vadano a finire —commentò Peter.

— Puoi sempre sederti sul carrello escoprirlo di persona — suggerì lei. Ma, condisappunto di Charmain, Peter non se la sentìdi osare tanto. Mentre mangiava, la ragazzapensò a come convincerlo a fare ritorno aMontalbino. Non è che non le stesse propriosimpatico, no, solo che l'infastidiva doverdividere la casa con lui. E poi era sicura,come se gliel'avesse detto, che la prossimacosa che le avrebbe fatto fare sarebbe statasvuotare i sacchi di biancheria sporca perlavare anche quella. Il solo pensiero di altrecose da lavare la fece rabbrividire. Per lo

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meno, considerò, domani non sarò qui,quindi non potrà farmelo fare.

All'improvviso si sentiva orribilmenteagitata: avrebbe incontrato il Re. Scrivergliera stata una pazzia e adesso sarebbe andataa incontrarlo. Le passò l'appetito. Levò gliocchi dall'ultima focaccina alla panna e videche fuori si era fatto buio. All'interno lastanza si era magicamente illuminata come inuna bella giornata di sole, ma oltre lefinestre era nero.

— Vado a letto — disse Charmain. —Domani mi aspetta una lunga giornata.

— Se quel tuo Re ha un minimo di buonsenso — disse Peter, — appena ti vede ticaccerà fuori a calci. A quel punto potraitornare qui a fare il bucato.

Dal momento che erano esattamente ledue cose che temeva accadessero, non

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rispose. Si limitò a prendere in manoMemorie di un esorcista, per una letturaleggera, si diresse alla porta e girò a sinistradiretta verso le camere da letto.

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CAPITOLO SETTE

Nel quale tante persone arrivano aPalazzo Reale

Charmain trascorse una notte abbastanzaagitata, senza dubbio anche per colpa diMemorie di un esorcista, il cui autore erastato parecchio impegnato con fantasmi estranezze varie, descritti con taleconcretezza da renderla sicura che gli spettriesistono davvero e per lo più sono moltosgradevoli. Passò buona parte della notte atremare e a desiderare di sapere comeaccendere la luce.

Altra fonte di disturbo fu Sperso,convinta di avere diritto a dormire sul suocuscino.

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Ma causa principale dell'agitazione fu lapura e semplice ansia, e il fatto che non erain grado di stabilire che ore fossero.Continuava ad aprire gli occhi e pensare Ese non mi sveglio in tempo? Si destò allaluce grigia dell'alba, al cinguettare diuccellini in lontananza, quasi decisa adalzarsi, ma tornò inspiegabilmente adappisolarsi, e il successivo risveglioavvenne alla piena luce del giorno.

— Aiuto! — strillò. Lanciò per aria lecoperte, scagliando a terra per sbaglio ancheSperso, e incespicò per la stanza in cerca delvestito buono che aveva preparato perl'occasione. Mentre inciampava nella sua piùbella gonna verde, finalmente le venne inmente qual era la cosa più sensata da fare:— Prozio William — gridò, — come faccioa sapere l'ora? — Semplice: datti un

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colpetto sul polso sinistro — rispose la vocedal tono gentile, — e di' "ora", mia cara.

Charmain fu colpita dal fatto che la voceappariva più debole e flebile che inprecedenza. Si trovò a sperare che fossesemplicemente dovuto al fatto chel'incantesimo stava svanendo e che il prozioWilliam, ovunque si trovasse, non stessediventando più debole. — Ora! — disse, conun colpetto. Si aspettava di sentire una voceo veder apparire un orologio, a HighNorland la gente era specializzata nel fareorologi. A casa sua ce n'erano diciasette,compreso quello del bagno. Era rimasta unpo' sorpresa dal fatto che il prozio Williamnon sembrava avere neppure un orologio acu cu, ma ne capì la ragione quando seppesemplicemente l'ora! Erano le otto spaccate.— E a piedi ci metterò almeno un'ora ad

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arrivarci! — sussultò, ficcando energica lebraccia nella giacca di seta mentre correvain bagno.

Mentre si pettinava era più nervosa chemai. Il suo riflesso — con l'acqua che vigocciolava attraverso, chissà perché —aveva un aspetto terribilmente giovane conquella treccia color ruggine sulla spalla. Siaccorgerà che sono solo una ragazzina,considerò, ma non c'era tempo disoffermarsi su quel pensiero. Corse fuori dalbagno, attraversò la porta a sinistra e siprecipitò nel tepore della cucina pulita.

Accanto al lavello c'erano ora cinquesacchi di biancheria, ma Charmain nonaveva il tempo di occuparsene. Sperso lecorse incontro, mugolando lamentosa, perpoi tornare di corsa al focolare, dovebruciava ancora un fuoco vivace. Charmain

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stava per darvi un colpetto e chiedere lacolazione, quando vide qual era il problemadi Sperso: era troppo piccola per arrivare alfocolare con la coda. Allora vi batté la manoe, prima di chiedere la colazione per sé,disse: — Cibo per cani, per favore.

Seduta al tavolo sgombro intenta a finirein fretta la colazione, con Sperso ai suoipiedi che ripuliva rapidamente la ciotola,Charmain non potè fare a meno di ammettere,a malincuore, quanto fosse più bello avereuna cucina pulita e in ordine. Direi che Peterha una sua utilità, pensò, mentre si versavaun'ultima tazza di caffè. Ma poi ebbe l'istintodi picchiettarsi di nuovo sul polso, escoperto che mancavano ormai sei minutialle nove, saltò in piedi in preda al panico.

— Com'è che ci ho messo tanto? —chiese ad alta voce, e corse in camera a

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prendere la sua giacca elegante.Forse perché intenta a infilarsi la giacca

mentre correva, alla porta girò dalla partesbagliata e si ritrovò in un posto davverosingolare. Era una stanza lunga e stretta contubi che correvano lungo tutte le pareti e, alcentro, una grande cisterna gocciolanteassurdamente ricoperta di pelliccia blu.

— Che scocciatura! — disse Charmain eindietreggiò attraverso la soglia. Si ritrovòin cucina.

— Per lo meno da qui so la strada —disse, lanciandosi in salotto e poi di corsaverso la porta principale. Una volta fuori,per poco non inciampò in un vaso di latteche doveva essere destinato a Rollo. — Eneanche se lo merita! — disse, mentrechiudeva la porta con forza.

Si affrettò per il vialetto, tra le ortensie

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decapitate, e fuori, oltre il cancello, cherichiuse di botto dietro di sé. Poi cercò dirallentare il passo, dato che provare acorrere per tutti quei chilometri, quanti chefossero per il Palazzo Reale, era unasciocchezza. Procedette però a un passodavvero spedito, ma aveva appena superatola prima curva quando sentì il cancello chesi chiudeva di nuovo. Si girò e vide Spersoche le correva dietro, trottando con tutta lafretta che le permettevano le sue zampette.Sospirò e le andò incontro a grandi passi.Nel vederla arrivare, Sperso saltò deliziata,emettendo acuti guaiti di contentezza.

— No, Sperso — le disse. — Non puoivenire. Vai a casa —. Indicò severa la casadel prozio William. — Casa!

Le orecchie di Sperso si afflosciarono eil cane si mise a sedere implorante. — No!

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— disse in tono autoritario Charmain,tornando a puntare il dito. — Vai a casa!

Sperso si accasciò a terra assumendo laforma di un infelice mucchietto bianco, in cuisi muoveva solo la coda.

— Oh, sul serio! — le disse. Dalmomento che Sperso sembrava determinata anon spostarsi dal centro della strada, fucostretta a prenderla in braccio e correre conlei fino alla casa del prozio William.

— Non ti posso portare con me — lespiegò senza fiato quando arrivarono. —Devo incontrare il Re e la gente non si portai cani a un appuntamento con il Re —. Aprìil cancello e mollò Sperso sul vialetto delgiardino. — Ecco. Adesso restaci.

Chiuse il cancello davanti al muso caricodi rimprovero di Sperso e tornò ad avviarsia grandi passi lungo la strada. Mentre

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procedeva si picchiettò ansiosa il polso edisse: — Ora? —, ma era fuori dellaproprietà del prozio e l'incantesimo nonfunzionava. Sapeva solo che si stava facendotardi e si mise a correre.

Alle sue spalle il cancello sbatté dinuovo, Charmain si volse a guardare e videche Sperso si era rimessa a correrle dietro.Sbuffò, si girò, le corse incontro, la prese inbraccio e la mollò al di là del cancello. —Adesso fai la brava cagnolina e restaci! —ansimò, riavviandosi a passo spedito.

Il cancello sbatté alle sue spalle eSperso tornò a precipitarsi dietro di lei. —Adesso urlo! — esclamò Charmain. Si girò emollò per la terza volta Sperso oltre ilcancello. — Stai lì, sciocchina che sei!Questa volta si diresse verso la città dicorsa.

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E tuttavia, alle sue spalle il cancellotornò a sbattere e si udì un zampettio lievesulla strada.

Charmain si girò e corse incontro allacagnolina urlando: — Maledizione, Sperso!Arriverò in ritardo!. —. Questa volta laprese in braccio e, ansimante, la portò versola città. — Va bene, hai vinto tu. Mi toccaportarti perché altrimenti faccio tardi, manon ti voglio con me, Sperso! Hai capito?Sperso era felicissima, si dimenò fino araggiungere il mento di Charmain e aleccarlo.

— No, piantala — le disse lei. — Nonmi fa piacere, ti odio. Sei un fastidio, staiferma o ti mollo.

Sperso si sistemò tra le sue braccia conun sospiro di soddisfazione.

— Grrr! — disse Charmain, e affrettò il

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passo.Aveva deciso di guardare in alto mentre

aggirava l'enorme rilievo roccioso, nel casoil lubbock le si fosse buttato addosso daldeclivio sovrastante, ma a questo puntoaveva una tale fretta che se ne dimenticòcompletamente e tirò dritto trotterellando.Superata la curva, con sua grande sorpresa,si ritrovò alle porte della città: nonricordava che fosse così vicina. Case e torri,rosate e rilucenti nel sole del mattino, eranoa pochi passi da lei. "Mi sa che il pony dizia Sempronia se l'è presa comoda", pensòmentre avanzava a grandi passi tra le primecase. La strada si tuffava nella città, oltre ilfiume, fino a trasformarsi in una sporca viacittadina. Charmain ricordava chequell'estremità della città era piuttostosudicia e sgradevole, e avanzò spedita in

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preda all'agitazione. Ma anche se le personeche incrociò parevano per lo più piuttostopovere, nessuno sembrò far gran che caso alei, o se lo fecero fu perché notarono Spersoche sbirciava entusiasta tra le sue braccia.

— Cagnetta carino — osservò al suopassaggio una donna che portava al mercatotrecce di cipolle.

— Un mostriciattolo carino — disseCharmain, suscitando lo stupore dellasignora. Sperso prese a dimenarsi in formadi protesta. — Altro che — le disseCharmain, mentre prendevano vie più ampie,tra case più eleganti. — Sei una prepotente euna ricattatrice, e se arrivo in ritardo percolpa tua non ti perdono finché campo.

Quando giunsero sulla piazza delmercato, l'orologio del municipio suonò ledieci e Charmain passò di colpo dall'avere

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fretta a chiedersi come trasformare unacamminata di dieci minuti in una di mezz'ora.Da dove si trovava, il Palazzo Reale eragiusto dietro l'angolo, poteva almenorallentare il passo e riprendersi. A quell'orail sole aveva dissipato la bruma dellemontagne e un po' per questo e un po' per ilcorpo di Sperso, Charmain avevadecisamente caldo. Fece una deviazione perla spianata che correva in alto lungo il fiume,che proseguiva scuro il suo corso verso lagrande vallata al di là della città, e rallentòal ritmo di una passeggiata. Su questa viac'erano tre delle sue librerie preferite: sifece largo tra la gente a spasso e prese aguardare con curiosità le vetrine.

— Bel cagnetto — dissero vari passanti.— Uh! — disse lei a Sperso. — Che

vuoi che ne sappiano!

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Arrivò sulla piazza Reale nel momentoin cui il grande orologio cominciava abattere le dieci e mezzo, con sua grandesoddisfazione. Ma mentre attraversava lapiazza con in sottofondo il rintoccodell'orologio, il senso di soddisfazione laabbandonò e anche il caldo svanì. Le vennefreddo ed ebbe l'impressione di esserepiccola e insignificante. Si sentiva unastupida per essere venuta fin lì, una sciocca.Le avrebbero dato un'occhiata e l'avrebberorispedita al mittente. Il riverbero delle tegolesul tetto del Palazzo Reale la scoraggiòdefinitivamente. Era contenta di sentire cheSperso le leccava il mento con la piccolalingua calda. Mentre saliva la scalinatadiretta al pesante portone del palazzo eratalmente nervosa da avere la tentazione digirarsi e scappare. Ma si disse in tono fermo

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che era l'unica cosa che desiderasse farenella vita. 'Anche se non sono sicura divolerlo fare adesso," pensò. "E come sannotutti quelle tegole sono stagno che unincantesimo fa sembrare oro!" aggiunse.Quindi alzò il grande battente dorato e bussòcon coraggio al portone. A questo punto leginocchia minacciarono di abbandonarla e sichiese se avrebbe potuto scappare, marimase dov'era, tremando e stringendo forteSperso.

La porta fu aperta da un servitorevecchio, ma vecchio davvero. Probabilmenteil maggiordomo, pensò, mentre si chiedevadove l'avesse già visto. "Devo averloincrociato mentre andavo a scuola," pensò.

— Ehm... — disse. — Sono CharmainBaker, ho ricevuto una lettera del Re... —.Liberò una mano dalla presa di Sperso per

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tirare fuori la lettera dalla tasca, ma primache avesse il tempo di afferrarla il vecchiomaggiordomo spalancò la porta.

— La prego di accomodarsi, signorinaCharmant — disse con la voce tremante davecchio. — Sua Maestà l'attende.

Charmain si ritrovò a fare il suo ingressoal Palazzo Reale su gambe incerte almenoquanto quelle del vecchio maggiordomo. Eracosì curvo per gli anni che, mentre Charmainlo superava con passo instabile, il suo voltoarrivava all'altezza di Sperso.

Fermò la ragazza con un gesto dellamano tremante. — La prego di tenere benstretto il cagnolino, signorina. Non è il casoche gironzoli qua intorno.

Charmain si scoprì balbettare: — Speroche non sia un problema se la porto con me,vede, mi seguirebbe comunque e alla fine ho

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dovuto prenderla in braccio e portarla conme o...

— Va benissimo, signorina — disse ilmaggiordomo, spingendo sulla porta perchiuderla. — A Sua Signoria i canipiacciono molto. A dire il vero è stato morsopiù volte mentre cercava di farci amicizia...Be', il fatto è, signorina, che il nostro cuoco,Rajpuhti, ha un cane che non è esattamenteuna cara creatura. Sappiamo di cani che haucciso perché hanno tentato di penetrare nelsuo territorio.

— Oh, caspita — disse con un filo divoce Charmain.

— Precisamente — disse il vecchiomaggiordomo. — Se vuole seguirmi,signorina.

Sperso prese a dimenarsi tra le bracciadi Charmain, che la stringeva troppo forte

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mentre seguiva il maggiordomo lungo unampio corridoio in pietra. Nel palazzofaceva freddo ed era piuttosto buio, e leirimase stupita nel vedere che non c'eranodecori di alcun genere e ben pochi accennialla reale grandeur, se non si consideravanodue grandi dipinti scuri in cornici d'oroannerito. Ogni tanto il muro mostravariquadri sbiaditi, dove erano stati tolti deidipinti, ma ormai Charmain era così nervosache non se ne chiese il motivo. Si sentivasempre più infreddolita, minuta einsignificante e arrivò ad averel'impressione di essere delle stessedimensioni di Sperso.

Il maggiordomo si fermò per aprire, tramolti cigolii, un'imponente porta di rovere.

— Sua Maestà, la signorina CharmainBaker — annunciò. — E il suo cane —.

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Dopo di che si allontanò con passomalfermo.

Charmain riuscì ad avanzare con passoincerto nella stanza. "Il tremore dev'esserecontagioso!" pensò e non osò fare un inchinoper paura che le ginocchia laabbandonassero.

La stanza ospitava una ricca biblioteca:scaffali di libri in un marrone tenue siestendevano in entrambe le direzioni.L'odore di vecchi volumi, che in genereCharmain adorava, era quasi opprimente.Proprio davanti a lei c'era un grande tavolodi rovere, su cui erano impilati altri libri,vecchie carte gialle e, dal suo lato, carte piùnuove e più bianche. Da quel lato c'erano tregrandi sedie intagliate, sistemate attorno a unfuocherello a carbone in un cestino di ferro,posto su una specie di vassoio di ferro, che

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si trovava a sua volta su di un tappeto quasilogoro. Due delle sedie erano occupate, unada un uomo imponente dalla barba biancaben pettinata. Quando Charmain osòrivolgergli gentilmente lo sguardo, vide cheaveva grinzosi occhi azzurri di vecchio.Doveva essere il Re, pensò.

— Vieni, cara — le disse, — siediti.Metti giù il cagnolino, vicino al fuoco.Charmain fece come aveva detto il Re.Sperso sembrava aver capito che lì ci sidoveva comportare al meglio, con grandesollievo della ragazza, sedette con aria gravesul tappeto e scodinzolò educatamente,Charmain sedette sul bordo della sediaintagliata tutta tremante.

— Permettimi di presentarti mia figlia —disse il Re. — La principessa Hilda.

Anche la Principessa era vecchia: se non

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avesse saputo che era figlia del Re,Charmain li avrebbe presi per coetanei. Laprincipale differenza tra i due era che leiappariva due volte più regale di lui. Eraimponente come il padre, aveva capellicolor acciaio ben pettinati e un tailleur intweed così semplice e tradizionale cheCharmain fu certa si trattasse di abiti moltoaristocratici. Unico gioiello, un grossoanello nella mano vecchia e venosa.

— Che cagnetta dolce — disse con tonodi voce fermo e schietto. — Come sichiama?

— Sperso, Sua Altezza — esitòCharmain.

— Ce l'ha da molto? — chiese laPrincipessa.

Charmain era sicura che la Principessastesse facendo conversazione per metterla a

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sua agio, il che la rendeva più nervosa chemai.

— No... ehm... cioè — disse, — il fatto èche era un randagio. O... ehm... così ha dettoil prozio William. E non poteva averla consé da molto dato che non sapeva che... ehm...è... cioè, una femmina. William Norland, sa.Il mago.

Il Re e la Principessa esclamaronoall'unisono: — Oh! —, e il Re proseguì:

— Quindi lei è parente del magoNorland, cara?

— Il nostro caro amico — aggiunse laPrincipessa.

— Io... ehm... in realtà è il prozio di miazia Sempronia — confessò Charmain.

L'atmosfera si fece un po' piùamichevole. Il Re disse, con una certa ansia:— Immagino che non abbia ancora notizie

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della salute del mago? Charmain scosse latesta. — Purtroppo no, Sua Maestà, maquando gli elfi sono venuti a prenderlosembrava molto grave.

— Non c'è da stupirsi — dichiarò laprincipessa Hilda. — Povero William.Dunque, signorina Baker...

— Oh... oh... la prego, mi chiamiCharmain — balbettò.

— Molto bene — concordò laPrincipessa. — Ma adesso dobbiamoparlare di affari, bambina, perché tra pocodovrò andare a occuparmi della mia primaospite.

— Mia figlia può dedicarti all'incircaun'ora — disse il Re, — per spiegarti cosafacciamo qui in biblioteca e come puoiesserci davvero d'aiuto. Dalla tua grafiaabbiamo colto che sei molto giovane — cosa

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di cui ora abbiamo conferma — e diconseguenza, probabilmente priva diesperienza —. Rivolse a Charmain il piùincantevole dei sorrisi. — Ti siamo moltograti per esserti offerta di aiutarci, cara. Erala prima volta che qualcuno pensava chepotevamo avere bisogno di aiuto.

Charmain sentì il calore salirle al viso,era certa di essere arrossita in modoorribile. — Il piacere è mio, Sua... — riuscìa mormorare.

— Avvicina la sedia al tavolo — lainterruppe la principessa Hilda, — emettiamoci al lavoro.

Mentre la ragazza si alzava e trascinavala pesante sedia, il Re disse con tonocortese: — Speriamo che tu non abbiatroppo caldo con il braciere vicino. Anchese siamo in estate, gli anziani come noi

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hanno freddo. Charmain era ancora raggelataper l'agitazione. — No, per niente, Sire —rispose.

— E almeno Sperso è felice — disse ilRe, indicandola con un dito nocchioso.Sperso era rotolata sulla schiena con lequattro zampe in aria e si crogiolava alcalore che emanava il braciere. Sembravamolto più felice di Charmain.

— Al lavoro, padre — disse laPrincipessa in tono severo, cercò gliocchiali che penzolavano a un laccetto cheaveva al collo e li piantò sul nasoaristocratico. Il Re si posò il pince-nez sulnaso e Charmain inforcò a sua volta gliocchiali. Se non fosse stata tanto nervosa,avrebbe riso del fatto che li avessero dovutimettere tutti e tre.

— Dunque — esordì la Principessa, —

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nella biblioteca abbiamo libri, documenti erotoli di pergamena. Dedicando aquest'impresa una vita, io e mio padre siamoriusciti a catalogare grossomodo una metàdei libri — per titolo e autore —, adassegnare un numero a ciascuno e a fare unbreve riassunto del contenuto. Mio padreandrà avanti con il suo lavoro e sarai tu adassumerti la responsabilità del mioprincipale compito, ossia catalogaredocumenti e pergamene. Temo di essereappena all'inizio. Ecco il mio elenco —.Aprì una gran cartella piena di fogli copertida una grafia elegante e minuta e ne disposeuna fila davanti a Charmain. — Come vediho creato varie categorie: "Carteggi difamiglia", "Contabilità domestica", "Scrittistorici" e così via. Il tuo compito è dipassare in rassegna queste pile di documenti

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e stabilire esattamente qual è il contenuto diciascun foglio. Poi scrivi una descrizionesotto la giusta categoria e metti il foglio concura in una di queste scatole portadocumenti.Fin qui tutto chiaro?

Charmain, china a osservare gli elenchistupendamente scritti, temeva di apparirestupida da morire. — Cosa faccio — chiese,— se trovo un documento che non rientra innessuna delle categorie, signora?

— Ottima domanda — rispose laprincipessa Hilda. — Speriamo che ne troviin abbondanza che non rientrano nellecategorie. Quando ti capita, se il documentoè importante chiedi subito a mio padre. Senon lo è, lo metti nella scatola su cui c'èscritto "Miscellanea". Dunque, qui c'è il tuoprimo pacco di documenti, starò a guardarementre li passi in rassegna per vedere come

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procedi. Ecco il foglio per i tuoi elenchi.Pennino e inchiostro sono qui. Prego,comincia —. Spinse verso Charmain unpacco marrone di lettere sfilacciate e tornò asedersi per osservare.

"Mai sentito niente di tantoscoraggiante!" pensò Charmain. Sciolse ilnodo rosa con difficoltà e cercò di separareun po' le lettere.

— Sollevale sempre dai due angoliopposti — disse la principessa Hilda. —Non schiacciarle.

"O mio Dio!" pensò Charmain. Rivolseuno sguardo di sbieco al Re, che avevapreso un libro in pelle morbida dall'ariaconsunta e lo sfogliava con attenzione."Avrei voluto farlo io," pensò Charmain, esospirando aprì con cura la prima fragilelettera marrone.

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— Mio caro, stupendo, magnifico tesoro— lesse. — Mi manchi da morire...

— Uhm — disse rivolta alla Principessa,— c'è una scatola per le lettere d'amore?

— Certo — rispose la Principessa. —Questa. Registra la data e il nome di chi l'hascritta... a proposito, di chi si tratta?

Charmain guardò il fondo della pagina.— Uhm, dice Gran Delfino. Il Re e laPrincipessa dissero all'unisono: — Bene!—, e risero di cuore, soprattutto il Re.

— In questo caso le ha scritte mio padrea mia madre — disse la Principessa.

— Sono molti anni ormai che è morta, maquesto non importa, scrivilo nella tua lista.

Charmain osservò lo stato della lettera,logora e scura, e pensò che doveva esserestata scritta molti anni prima. La sorpreseche il Re non sembrava badare al fatto che

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lei la leggesse: né lui né la Principessaparevano minimamente turbati. Forse i realinon sono gente comune, pensò, mentreguardava la lettera successiva. Cominciavacon "Cara carissima ricci," oh, be'...Continuò con il compito assegnatole. Dopoun po', la Principessa si alzò e accostò lasedia al tavolo.

— Sembra che vada abbastanza bene —dichiarò. — Devo andare, la mia ospitearriverà a breve. Padre, continuo a pensareche avrei dovuto invitare anche il marito.

— Fuori questione, cara — disse il Re,senza alzare gli occhi dagli appunti che stavaprendendo. — Sconfinamento. Lui non è ilnostro mago reale.

— Oh, lo so — ribatté la Principessa. —Ma so anche che l'Ingaria ha due maghi realie il nostro povero William è malato e forse

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non ce la farà.— La vita è ingiusta, mia cara — disse il

Re, ancora intento a vergare parole con ilsuo pennino. — E a William non è andatameglio che a noi.

— Lo so anch'io, padre — disse laPrincipessa mentre usciva dalla biblioteca.La porta si richiuse con un pesante tonfo allesue spalle. Charmain si chinò sul mucchio dicarte successivo, cercava di dare l'idea dinon aver ascoltato. Sembrava si trattasse diuna questione privata. Questo fascio dovevaessere stato legato per tanto di quel tempoche ora i fogli erano appiccicati, secchi escuriti come il nido di vespe che Charmainaveva trovato una volta nell'attico Dovetteimpegnarsi molto per separare un fogliodall'altro.

— Ehm-ehm — disse il Re, e Charmain

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alzò lo sguardo per vedere che le sorrideva,con il pennino a mezz'aria e un occhio cheammiccava verso di lei da sopra gliocchiali. — Sei una giovinetta davverodiscreta, a quanto vedo — disse. — E daquello che ci siamo appena detti devi avercapito che noi — e il tuo prozio — siamoalla ricerca di alcune cose di grandeimportanza. Le categorie create da mia figliapossono darti qualche indicazione su cosacercare. Le tue parole chiave saranno"tesoreria", "entrate", "oro" ed "elfgift": setrovi un accenno a una qualunque di queste,mia cara, ti prego di dirmeloimmediatamente.

L'idea di cercare cose di grandeimportanza raggelarono e resero goffe le ditadi Charmain sulle fragili carte.

— Sì, sì, certamente Sua Maestà —

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disse.Per il suo sollievo, quel pacco di fogli

conteneva solo un elenco di beni e i relativiprezzi, tutti sorprendentemente bassi. —10chili di candele di cera a 2 centesimi alchilo, 20 centesimi — lesse. Be', sembravarisalire a due secoli prima. — 2 etti del piùfine zafferano, 30 centesimi. Nove alberellidi melo per le sale di rappresentanza, unquarto di centesimo —, e così via.

La pagina dopo era piena di cose come"Metri 40 di drappi di lino, 44 scellini".Charmain annotò con precisione, mise i foglinella scatola con l'etichetta "Contabilitàdomestica" e prese il foglio successivo.

— Oh! — disse. Sul foglio c'era scritto"Al mago Melicot, per l'incantesimo su 100metri quadrati di tegole che ha fattosembrare d'oro il tetto, 200 ghinee".

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— Di che si tratta, mia cara? — chiese ilRe, segnando con il dito il punto in cui eraaperto il suo libro.

Charmain gli lesse la ricevuta, luiridacchiò e scosse appena la testa. —Allora è certo che è stato fatto con la magia— disse. — Devo confessare di aver sempresperato che si scoprisse che era di oro vero,tu no?

— Sì, ma è come l'oro — disseCharmain in tono consolatorio.

— Ed è un ottimo incantesimo, perdurare duecento anni — disse il Reannuendo. — Anche costoso, all'epoca 200ghinee erano un sacco di soldi. Ah, bene, nonho mai sperato di risolvere i nostri problemifinanziari ricorrendo alle tegole, inoltresarebbe stato scioccante per i sudditi se cifossimo arrampicati per tirarle via dal tetto.

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Vai avanti, cara. Charmain continuò aguardare, ma tutto ciò che trovò fu qualcunoche chiedeva 2 ghinee per piantare ungiardino di rose e qualcun altro che venivapagato 10 ghinee per aver rimpinguato latesoreria — anzi no, non qualcun altro, ma ilmago Melicot, proprio quello che avevafatto il tetto!

— Immagino che Melicot fossespecializzato — disse il Re, dopo cheCharmain ebbe fino di leggere. — Mi pareche sia stato chiamato per falsificare metallipreziosi, all'epoca la tesoreria doveva dicerto essere vuota. Da anni sonoconsapevole di portare una corona falsa:dev'essere opera di Melicot. Non ti stavenendo un certo languorino, cara? Haifreddo, sei stanca di stare a sedere? Nonfacciamo un vero e proprio pranzo qui, mia

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figlia non è dell'idea, ma di solito chiedo almaggiordomo di portare uno spuntino versoquest'ora. Perché non ti alzi e ti sgranchiscile gambe mentre suono il campanello?Quando il Re si diresse zoppicando allacorda del campanello vicino alla porta,Charmain si alzò e mosse qualche passointorno, facendo rotolare ai suoi piediSperso, che le rivolse uno sguardointerrogativo. Era davvero gracile, pensòCharmain, e molto alto, come sequell'altezza fosse troppa per lui. Mentreaspettavano che qualcuno rispondesse allachiamata, Charmain colse l'opportunità perguardare i volumi sugli scaffali. Sembravache ce ne fossero su ogni argomento, allarinfusa: libri di viaggi accanto a libri dialgebra e poesie spalla a spalla con lageografia. Charmain ne aveva appena aperto

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uno intitolato Segreti dell'universo rivelato,quando si aprì la porta ed entrò un uomo conaddosso un alto cappello da cuoco cheportava un vassoio. Con stupore diCharmain, il Re saltò con agilità a tavola. —Cara, prendi in braccio il tuo cane! — dissea voce alta con tono d'urgenza. Era entrato unaltro cane, marrone e con l'aria da duro, conorecchie nodose e coda topesca, che stavastretto alle gambe del cuoco come se sisentisse in pericolo. Aveva fatto il suoingresso ringhiando: Charmain non avevadubbi che si trattasse del cane che uccideva ipropri simili e si tuffò a prendere Sperso.

Ma Sperso riuscì a scapparle di mano eavanzò trotterellando verso il cane delcuoco, il cui ringhio crebbe d'intensità, sulloscarno dorso marrone si drizzò il pelo.Aveva un aspetto talmente minaccioso che

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Charmain non osò avvicinarsi, e tuttaviaSperso non sembrava spaventata. Andò drittaverso il cane ringhiarne con il suo incederespensierato, sollevandosi sulle zampetteposteriori e sfiorando sfrontata con il suonaso quello dell'altro. Questo indietreggiò,sorpreso al punto da smettere di ringhiare.Dopo di che drizzò le orecchie piene dibozzi e, con gran cautela, annusò a sua voltaSperso, che emise un guaito di entusiasmo efece una capriola. Un istante dopo i canisaltellavano contenti per la biblioteca.

— Bene! — disse il Re. — Allora direiche è tutto a posto. Jamal, perché sei venutotu al posto di Sim?

Jamal, che Charmain notò aveva unocchio solo, si fece avanti e posò con fare discusa il vassoio sul tavolo.

— La Principessa ha condotto con sé

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Sim per ricevere l'ospite, Sire — spiegò, —e mi ha lasciato solo a portare i pasti. Il miocane mi ha seguito. Penso che non se la siamai goduta tanto come adesso — aggiunsecon lo sguardo rivolto ai due cani chesaltellavano.

Fece un inchino a Charmain. — Laprego, porti più spesso il suo cagnolinobianco, signorina Charmant.

Fece un fischio al cane, il quale finse dinon aver sentito. Andò alla porta e tornò afischiare. — Pappa — disse. — Oggi, pesce.Stavolta entrambi i cani corsero da lui, e consorpresa e sgomento di Charmain, Sperso sene uscì a passo di trotto dietro al cane delcuoco, dopo di che la porta si chiusesbattendo dietro di loro.

— Non c'è da preoccuparsi — disse ilRe. — Sembra che abbiano fatto amicizia, la

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riporterà Jamal, che è una persona moltoaffidabile. Se non fosse per il suo cane,sarebbe il cuoco perfetto. Vediamo cosa ciha portato, eh?

Jamal aveva lasciato una caraffa dilimonata e un piatto con una pila di cosemarroni croccanti sotto un tovagliolo bianco.Nel sollevare con impazienza il tovagliolo,il Re disse: — Ah! Prendine uno finché sonocaldi, cara.

Charmain seguì il consiglio e le bastò unmorso per convincersi che Jamal era ancorapiù bravo di suo padre, in cucina, e il signorBaker aveva la fama di essere il migliorcuoco della città. Quelle cose marroni eranocroccanti e soffici al tempo stesso, con unsapore un tantino piccante che Charmainassaggiava per la prima volta. Dopo civoleva proprio della limonata. Lei e il Re

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vuotarono il piatto e bevvero tutta lalimonata, poi tornarono al lavoro.

Erano ormai in rapporti di vera e propriaamicizia e Charmain non aveva più remore achiedere al sovrano quel che desideravasapere.

— Cosa se ne facevano di 2 stai di petalidi rosa, Sire? — gli chiese, e il Re rispose:— All'epoca usavano cospargerne ilpavimento della sala da pranzo. Per come lavedo io, un'abitudine fonte di disordine.Senti cosa dice questo filosofo a propositodei cammelli, cara —. E lesse una paginache li fece ridere entrambi: era chiaro che ilfilosofo non andava d'accordo con icammelli.

Un bel po' di tempo dopo, si aprì la portadella biblioteca e Sperso entròtrotterellando, con l'aria molto soddisfatta.

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Era seguita da Jamal.— Un messaggio da parte della nostra

Principessa, Sire — disse. — La signora si èsistemata e Sim sta portando il tè nel salonedi fronte.

— Ah — disse il Re. — Focaccine?— Anche muffin — disse Jamal, e se ne

andò.Il Re richiuse il libro in modo energico e

si alzò in piedi. — Sarà meglio che vada asalutare la nostra ospite — disse.

— Allora io vado avanti con le ricevute— disse Charmain. — Metto da parte quellesu cui ho dei dubbi.

— No, no — disse il Re. — Vieni anchetu, cara, e porta il cagnolino. Aiuta arompere il ghiaccio, sai. La signora èun'amica di mia figlia, io non la conosco dipersona.

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Di colpo Charmain tornò a sentirsi moltonervosa. La principessa Hilda l'aveva messain soggezione e le sembrava troppo regaleper sentirsi a proprio agio con lei: una suaamica non poteva che essere come lei. Eraperò difficile rifiutare quando il Re le tenevaaperta la porta con aria di attesa. Spersotrotterellava già dietro di lui e Charmain sivide costretta ad alzarsi e seguirli.

Il salone di fronte era una grande stanzapiena di divani scoloriti, dai bracciolipiuttosto consumati e le frange logore. Sullepareti c'erano altri riquadri sbiaditi nei puntiin cui in passato dovevano essere statiappesi dei quadri. Sopra il grandioso caminoin marmo, dove, per il sollievo di Charmain,bruciava un fuoco vivace, c'era il riquadropiù grande. Il salotto, come la biblioteca, erafresco e a Charmain era venuto freddo per

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via dell'agitazione.La principessa Hilda sedeva impettita su

un divano accanto al camino, dove Simaveva appena portato un carrelloapparecchiato per il tè. Appena Charmain lovide spingere il carrello le venne in mentedove l'aveva già visto: quando si era persaoltre la sala riunioni aveva scorso unvecchio che spingeva un carrello lungo unostrano corridoio. "Che cosa assurda!" pensò.Sim stava posando tremante un vassoio difocaccine imburrate sul focolare e a quellavista il naso di Sperso tremò e scattò inquella direzione. Charmain arrivò appena intempo per bloccarla, e mentre se ne stava inpiedi con Sperso che si dimenava dallasalda stretta delle sue braccia la Principessadisse: — Ah, il Re, mio padre —. I presentisi alzarono in piedi.

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— Padre — disse la Principessa, — mipermetti di presentarti la mia cara amica, lasignora Sophie Pendragon?

Il Re avanzò zoppicante con la manotesa, e la grande stanza parve farsi un po' piùpiccola. Fino a quel momento Charmain nonsi era resa conto di quanto fosse imponente."È quasi alto come gli elfi," pensò.

— Signora Pendragon — disse. — Lietodi conoscerla, gli amici di nostra figlia sonoamici nostri.

Charmain fu sorpresa dalla signoraPendragon. Era piuttosto giovane, molto piùgiovane della Principessa, ed era vestita allamoda, di un color azzurro turchese che neesaltava i capelli ramati e gli occhi verde-azzurro. "È deliziosa!" pensò con una puntad'invidia.

La signora Pendragon rispose in tono un

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po' asciutto al Re dicendo: — Sono qui perfare tutto il possibile, Sire, non posso dire dipiù.

— Giusto, giusto — ribatté il Re. — Laprego si risieda, sedetevi tutti. E prendiamoun tè.

Tutti tornarono a sedersi ed ebbe inizioun garbato mormorio di conversazione,mentre Sim barcollava qua e là distribuendotazze di tè. Charmain si sentivacompletamente fuori luogo. Sicura chequello non fosse il suo posto, sedettenell'angolo più remoto del divano e cercò diindovinare chi fossero le altre personepresenti.

Nel frattempo, Sperso sedeva tranquillasul divano accanto a lei con aria schiva eseguiva con lo sguardo, senza perderlo divista, il signore che serviva le focaccine, un

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uomo così pacato e anonimo che Charmain sidimenticò che faccia aveva non appena ebbedistolto gli occhi, e dovette tornare a vederloper ricordarsene. Ipotizzò che l'altro signore,che pareva tenere la bocca chiusa anchementre parlava, fosse il cancelliere del Re.Sembrava avesse un sacco di segreti da direalla signora Pendragon, che non smetteva diannuire e sbattere un po' le palpebre, comese ciò che le diceva il cancelliere lastupisse. L'altra signora, una donna anziana,doveva essere la dama di compagnia dellaPrincipessa, molto ferrata in conversazionisul tempo.

— E non mi stupirebbe che anchestanotte non piovesse — stava dicendo,mentre il signore anonimo si fece accanto aCharmain per offrirle una focaccina. Il nasodi Sperso prese a girare e seguire bramoso il

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vassoio.— Oh, grazie — disse Charmain,

contenta che non l'avesse dimenticata.— Ne prenda due — suggerì il signore

anonimo. — O sicuramente le finirà SuaMaestà —. In quel momento il Re era intentoa mangiare due muffin schiacciati unosull'altro e a guardare il vassoio con lastessa brama di Sperso.

Charmain ringraziò di nuovo il signore ene prese un'altra: erano le focaccine piùburrose che le fossero mai capitate tra lemani. Il mobile naso di Sperso picchiettòcon delicatezza la mano di Charmain. — Vabene, va bene — mormorò lei, mentrecercava di staccarne un pezzo senza farcadere del burro sul divano. Il burro le colòlungo le dita, rischiando di gocciolarle sullamanica. Stava cercando di eliminarlo usando

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il fazzoletto, quando la dama di compagnia,che aveva ormai terminato di disquisire deltempo in ogni sua possibile sfumatura, sirivolse alla signora Pendragon.

— La principessa Hilda mi dice che leiha un bambino incantevole — disse.

— Sì, Morgan — rispose la signoraPendragon. Anche lei sembrava avereproblemi con il burro, si stava tamponandole dita con il fazzoletto e appariva agitata.

— Quanti anni ha adesso Morgan,Sophie? — chiese la principessa Hilda. —Quando l'ho visto io era un bebé.

— Oh, quasi due — rispose la signoraPendragon, riuscendo a cogliere una grossagoccia di burro dorato prima che le cadessesulla gonna. — L'ho lasciato con...

La porta del salotto si aprì per farentrare un bambinetto grassottello che

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procedeva con andatura incerta, vestito diuno sporco completo azzurro, con le lacrimeche gli colavano sulle guance.

— Maammamamamam! — si lamentavamentre camminava per la stanza procedendoa zig zag.

Alla vista della signora Pendragon il suoviso si illuminò di un sorriso abbagliante.Tese le braccia e corse da lei per affondarleil viso nella gonna. — Mamma! — urlò.

Lo seguiva fluttuando una figura azzurradall'aria turbata, a forma di lunga lacrimacon un viso sul davanti. Sembrava fatta difiamme. Portò con sé una ventata di caloresuscitò un sussulto da parte di tutti ipresenti. Dietro di lui, veniva una camerieraancor più agitata.

Seguiva la cameriera un ragazzino, forseil bambino più angelico che Charmain

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avesse visto in vita sua. Una massa diriccioli biondi incorniciava un innocenteviso bianco e rosa. Aveva occhi grandi,azzurri e timidi. Il piccolo mento,deliziosamente modellato, posava su di unagala di pizzo bianco e portava poi, sulgrazioso corpicino, un completo azzurropastello di velluto con grandi bottonid'argento. Quando entrò, quel bocciolo rosache era la sua bocca si tese in un timidosorriso e mostrò così un'intrigante fossettasulla piccola, delicata guancia. Charmainnon riusciva a spiegarsi perché la signoraPendragon lo fissasse in preda all'orrore.Era senza dubbio un bambino incantevole. Equelle lunghe ciglia ricurve!

— ...Con mio marito e il suo demone delfuoco — terminò la signora Pendragon. Ilsuo volto si era tinto di un colore rosso

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acceso, e fissava il ragazzino da sopra latesta del bimbetto.

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CAPITOLO OTTO

Nel quale Peter ha problemicon l'impianto idraulico

— Oh, signora, Sire! — disse lacameriera ansante. — Non ho potutoimpedire che entrassero. Il piccolo eratalmente sconvolto!

La stanza era in preda al caos: sialzarono tutti in piedi e qualcuno lasciòcadere una tazza di tè. Sim si tuffò persalvare la tazza e il Re gli si parò davantiper raccogliere il vassoio delle focaccine.La signora Pendragon si drizzò con Morgantra le braccia, continuando a rivolgere alragazzino uno sguardo ostile mentre lacreatura a forma di lacrima azzurra le

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oscillava davanti.— Non è colpa mia, Sophie! — ripeteva

con un crepitio nella voce agitata. — Giuro,non è colpa mia! Non siamo riusciti a farsmettere Morgan di piangere perché volevate.

La principessa Hilda si alzò calma. —Sarà meglio che tu vada — disse allacameriera. — Non c'è motivo di agitarsi.Sophie, cara, non avevo idea che tu nonavessi una tata.

— No, non ce l'ho, e speravo di avere unpo' di pace — disse la signora Pendragon,— credevo — aggiunse, guardandol'angelico ragazzino, — che un mago e undemone del fuoco riuscissero a gestire unbambinetto.

— Uomini! — disse la Principessa. —Non mi faccio illusioni sulla capacità degli

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uomini di gestire le cose. Ovviamente, orache sono qui, Morgan e il ragazzino sarannonostri ospiti.

— Che genere di sistemazione si addicea un demone del fuoco? — chiese al signoreanonimo.

Appariva completamente privo diespressione.

— Non disdegnerei un bel fuoco di ceppi— crepitò il demone del fuoco.

— Vedo che ne avete uno in questastanza, non mi occorre altro. Sono Calcifer,a ogni modo, signora.

Sia la Principessa che il signore anonimoapparivano sollevati. Hilda disse: — Sì,certo, credo che ci siamo visti di sfuggita inIngaria due anni fa.

— E chi è l'altro giovane amico? —chiese gioviale il Re.

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— Fophie è mia tia — rispose ilragazzino con pronuncia blesa e dolce,volgendo il viso angelico e i grandi occhiazzurri verso il Re.

La signora Pendragon sembrava furiosa.— Piacere di conoscerti — disse il Re.

— E come ti chiami, ometto?— Twinkle — sussurrò il ragazzino,

chinando timidamente la bionda testaricciuta.

— Prendi una focaccina, Twinkle —disse calorosamente il Re tendendogli ilvassoio.

— Gvatie — rispose Twinkle in tonosincero, mentre si serviva.

A quel punto, Morgan tese una manograssoccia e risoluta e sbraitò: — A me, ame, a me! — finché il Re non ne ebbe datauna anche a lui. La signora Pendragon mise

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Morgan a mangiare seduto sul divano. Sim siguardò intorno ed ebbe la buona idea diallungargli dal carrello un tovagliolo, che siimpregnò di burro quasi all'istante. Morganrivolse un radioso sorriso a Sim, allaPrincipessa, alla dama di compagnia e alcancelliere.

— Caùta — disse. — Pappa caùta.Mentre avveniva tutto ciò, Charmain si

rese conto che la signora Pendragon avevabloccato il piccolo Twinkle dietro il divanosul quale era seduta e non potè fare a menodi sentirle sussurrare: — Cosa credi di fare,Howl? —. Sembrava furiosa al punto cheSperso saltò in grembo a Charmain e si misea tremare.

— Hanno scovdato di invitavmi —ribatté Twinkle con la sua vocina dolce.

— È pvopvio fiocco, come fai a

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visolveve quefto guaio da fola, Fophie, haibifogno di me.

— No, per niente! — rispose seccaSophie. — E poi, devi per forza parlarecosì?

— Fi — disse Twinkle.— No! — ribatté Sophie. — Non è

divertente Howl, e poi hai trascinato quiMorgan...

— Te l'ho detto — la interruppe lui, —da quando fei andata fìa Movgan non hafmesso un momento ti piangeve. Chiedi aCalcifev se non mi cvedi!

— Calcifer non è meglio di te! — disseSophie accalorandosi. — Non credo chenessuno di voi due si sia dato molto da fareper farlo smettere, o sbaglio? Cercavate unascusa per questa... questa mascherata aidanni della povera principessa Hilda!

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— Ha bifogno di te, Fophie! — disseTwinkle in tono sincero. Charmain era moltointeressata alla conversazione. Purtroppo inquel momento Morgan si guardò intorno incerca della madre e individuò Sperso chetremava in grembo a Charmain. Diede in unasonora esclamazione: — Canietto! —,scivolò giù dal divano calpestando iltovagliolo e corse da Sperso tendendo versodi lei le mani imburrate. Sperso saltò dietroil divano in preda al panico e, una volta lì,rimase a guaire in una versione stridula diuna tosse secca e insistente. A Charmaintoccò prenderla in braccio e allontanarsidalla portata di Morgan. Così, della stranaconversazione che stava avvenendo dietro ildivano, sentì solo la signora Pendragonspedire a letto senza cena Twinkle (o sichiamava Howl?), che la sfidò con un

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"Pvovaci fe hai il covaggio". Quando Spersosi fu calmata, Twinkle chiese in tono afflitto:— Non mi tvovi cavino neanche un po'?

A quel punto si sentì un rumore sordo,come se la signora Pendragon avessedimenticato le buone maniere al punto dapestare il piede.

— Sì — la sentì esclamare Charmain. —Disgustosamente carino!

— Be' — disse la principessa Hilda,accanto al fuoco, mentre Charmaincontinuava ad allontanarsi da Morgan, — ibambini vivacizzano sempre in questeoccasioni. Sim, dai un muffìn a Morgan,presto.

Morgan cambiò bruscamente rotta ecorse verso Sim e i muffìn. Charmain si sentìsfrigolare i capelli, si guardò intorno e videil demone nel fuoco che si librava alle sue

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spalle e la guardava con occhi di un aranciofiammeggiante.

— Chi sei? — chiese il demone.Il cuore di Charmain ebbe un piccolo

sobbalzo, mentre Sperso sembravaassolutamente tranquilla. "Se non avessiappena conosciuto un lubbock," pensòCharmain, "questo Calcifer mi farebbe unacerta paura".

— Io... ehm... sono solo un aiutotemporaneo alla biblioteca — disse.

— Allora più tardi avremo bisogno diparlare con te — crepitò Calcifer.

— Emani magia, lo sapevi? Tu e il tuocane.

— Non è il mio cane, appartiene a unmago — disse Charmain.

— Quel mago Norland che pare abbiacombinato questo pasticcio? — chiese

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Calcifer.— Non credo proprio che il prozio

William abbia fatto pasticci — risposeCharmain. — Lui è un tesoro!

— Sembra che abbia cercato in tutti iposti sbagliati — disse Calcifer. — Percombinare un pasticcio non bisogna perforza essere cattivi. Guarda Morgan —. Eguizzò via. Spariva per poi riapparire daun'altra parte, pensò Charmain, in un modoche le ricordava una libellula che vaghi su diuno stagno.

Il Re si avvicinò a Charmain e intanto sipuliva le mani con aria gioviale in untovagliolo candido. — Meglio che cirimettiamo al lavoro, cara. Dobbiamorisistemare tutto prima di sera.

— Sì, certo, Sire — disse Charmain e loseguì oltre la porta.

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Prima che si allontanassero, l'angelicoTwinkle riuscì a sfuggire all'arrabbiatasignora Pendragon e a tirare per la manica ladama di compagnia. — Pev favove — chiesecon fare incantevole, — non avebbe ungioco?

La signora sembrava perplessa. — Nonne ho di giocattoli, non li uso, caro — disse.

Morgan colse la parola che avevapronunciato. "Docattolo! — urlò, agitando lebraccia, con un muffin burroso stretto in unpugno. — Docattolo, docattolo, docattolo!

Una scatola con pupazzo a molla caddeai suoi piedi facendo scattare il coperchio, eil pupazzo saltò fuori cigolando. Una grandecasa di bambola atterrò con fragore accantoal pupazzo, seguita da una pioggia di vecchiorsacchiotti. Un istante dopo un cavallucciodi legno malandato si piazzò accanto al

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vassoio del tè. Morgan strillò di gioia.— Direi che è meglio lasciare che sia

mia figlia a occuparsi dei suoi ospiti —disse il Re, e fece strada a Charmain eSperso fuori del salotto. Chiuse la porta, tragiocattoli che continuavano ad apparire aprofusione e il piccolo Twinkle chemanteneva un grande contegno, mentre tuttiintorno correvano in preda al caos.

— I maghi sono spesso ospiti vivaci —sottolineò il Re dirigendosi verso labiblioteca, — anche se non immaginavo checominciassero in così giovane età. Un tantinoimpegnativi per le madri, direi.

Mezz'ora dopo, Charmain era diretta acasa del prozio William e Sperso procedevadietro di lei a piccoli passi con un'ariasdegnosa almeno quanto quella del piccoloTwinkle.

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— Uff! — le disse Charmain. — Sai unacosa, Sperso? Non ho mai vissutointensamente come negli ultimi tre giorni!

E tuttavia si sentiva un po' mesta. Eraragionevole che il Re le desse i conti e lelettere d'amore, ma avrebbe voluto fare aturno con i libri. Le sarebbe piaciuto damatti passare almeno parte della giornata asfogliare un vecchio e ammuffito volumerilegato in pelle. Era quello che avevasperato, ma non importava. Appena fossearrivata a casa del prozio William avrebbepotuto sprofondare nella Bacchetta a dodicirami o magari, meglio ancora, in Memoriedi un esorcista, che sembrava il genere dilibro che ci si gode alla luce del sole. Omagari poteva provare con un librocompletamente diverso.

Aveva talmente tanta voglia di

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immergersi in una buona lettura che amalapena si accorgeva che stavacamminando, fino a quando dovette prenderein braccio Sperso che aveva cominciato adarrancare ansimando. Con Sperso in braccio,dovette aprire il cancello del prozio Williamcon un calcio e si trovò di fronte a Rollo, ametà del vialetto, con la faccetta azzurrasegnata da un'espressione arcigna.

— E adesso cosa c'è? — gli chieseCharmain, e valutò seriamente se fosse ilcaso di prenderlo e buttarlo tra le ortensie.Era abbastanza piccolo da fare un bel volo,anche se lo poteva lanciare con una manosola, visto che aveva Sperso nell'altra.

— Quei fiori che hai sparso sul tavolodel giardino — cominciò Rollo. — Nonpenserai che li riattacchi o qualcosa delgenere, vero?

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— No, certo che no — risposeCharmain. — Stanno seccando al sole, poi limetterò in casa.

— Uh! — disse Rollo. — Nuovedecorazioni, eh? Cosa pensi che dirà ilmago?

— Non sono affari tuoi — risposeCharmain con fare arrogante e avanzòdecisa, di modo che Rollo fu costretto asaltare di lato per farle strada. Mentre aprivala porta d'ingresso, le urlò dietro qualcosa,ma lei non gli badò. Sapeva che era qualcosadi sgarbato. Sbatté sonoramente la porta aisuoi strilli.

All'interno l'odore di muffa del salotto siera fatto più penetrante: sembrava una pozzad'acqua stagnante. Charmain mise giù il canee annusò con fare sospettoso; Sperso laimitò. Da sotto l'uscio della cucina fluivano

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lunghe strisce marroni di uno strano liquido.Sperso avanzò piano, con grande cautela, eCharmain, al pari suo, sporse un alluce etoccò la goccia marrone più vicina, che fececic ciac come un acquitrino.

— Oh, e adesso cos'ha combinato Peter?— esclamò. Spalancò la porta. Sulpavimento della cucina c'erano cinquecentimetri d'acqua: Charmain poteva vedereche i sacchi di bucato accanto al lavello lastavano assorbendo e si facevano più scuri.

— Acc! — urlò, chiuse la portasbattendola, la riaprì e girò a sinistra.

In quel punto il corridoio era allagato, laluce del sole che penetrava dalla finestra infondo brillava tremula sull'acqua,suggerendo che una forte corrente provenivadal bagno. Furiosa, Charmain vi si diressetra gli spruzzi. "Volevo solo sedermi a

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leggere un libro!" pensò, "torno a casa etrovo un'alluvione!".

Quando arrivò al bagno, con Spersotriste che le sguazzava dietro, la porta siaprì, Peter ne uscì come un razzo e lepiombò davanti mentre si asciugava la frontecon aria estremamente tesa. Era scalzo eaveva i pantaloni arrotolati alle ginocchia.

— Oddio, sei tornata — disse, prima cheCharmain potesse aprire bocca.

— In una delle tubature, qui, c'è un buco.Ho provato a fermarlo con sei incantesimi,ma tutto quello che sono riuscito a fare èstato spostarlo da un punto all'altro. Stavoper andare a chiudere l'acqua da quellacisterna lanosa — o almeno a provarci —ma magari tu puoi fare qualcosa.

— Cisterna lanosa? — chiese Charmain.— Oh, stai parlando di quella cosa tutta

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coperta di pelliccia azzurra. Cosa ti fapensare che servirà? È allagato dappertutto!

— È l'unica cosa che non ho provato —grugnì Peter. — Probabilmente l'acqua vieneda lì, la si sente gocciolare. Pensavo dicercare un rubinetto...

— Oh, sei inutile! — grugnì Charmain dirimando. — Fammi vedere. Spinse Peter daparte e scattò in bagno, alzando una massad'acqua al suo passaggio.

Il buco c'era davvero. Uno dei tubi tra illavandino e la vasca mostrava una fessuralongitudinale da cui l'acqua fuoriusciva aspruzzi in un'allegra fontana. Qua e là lungoil tubo c'erano bolle grigie dall'aspettomagico che dovevano essere i sei inutiliincantesimi di Peter. "Ed era tutta colpasua!" grugnì tra sé e sé. "Era stato lui a fardiventare bollenti le tubature. Oh,

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accidenti!". Si avvicinò rapida al buco e cimise sopra le mani con furia.

— Smettila! — ordinò. L'acqua lespruzzò tra le mani e in faccia. — Smettilasubito! Non sortì altro effetto che farspostare di circa 15 centimetri la fessura chele spruzzò d'acqua la treccia e la spalladestra. Cercò di coprirla con le mani. —Smettila! Smettila! La fessura tornò aspostarsi lateralmente.

— Allora vuoi la guerra, eh? — le disseCharmain, e la coprì di nuovo. La fessura sispostò e lei la seguì con le mani: non le civolle molto per farla muovere nell'angolosopra la vasca, da dove poteva spruzzaresenza far danni acqua che poi correva giùper lo scarico. La fermò in quel puntoappoggiandosi alla tubatura con una mano,mentre rifletteva sul da farsi.

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— Mi chiedo perché Peter non ci abbiapensato — considerò in una sorta dibrontolio, — anziché correre da una parteall'altra lanciando incantesimi inutili. —Prozio William — urlò, — come chiudo laperdita della tubatura del bagno?

Nessuna risposta. Era chiaro che ilprozio William non aveva pensato che aCharmain potesse servire saperlo.

— Non credo sia molto ferrato inquestioni idrauliche — disse Peter dallasoglia. — E non c'è niente di utile neanchenella valigia. Ho tirato fuori tutto per vedere.

— Oh, sul serio? — chiese in tonoirritato Charmain.

— Sì, lì dentro ci sono delle cosedavvero interessanti — disse Peter. — Tifaccio vedere se...

— Buono, lasciami pensare! — scattò

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lei.Peter sembrò rendersi conto che

Charmain non era esattamente di ottimoumore. Rimase ad aspettare in silenziomentre lei se ne stava in piedi nella vasca,chinata sul tubo a pensare. "Per tappare lafessura senza che si sposti di nuovo bisognafare due cose: prima la blocchi in un punto epoi la copri, ma come? Presto, o mi siinzuppano tutti i piedi".

— Peter — disse, — vammi a prenderedei canovacci per asciugare i piatti. Almenotre.

— Perché? — chiese Peter. — Nonpenserai...

— Subito! — ribatté Charmain.Con suo sollievo, Peter se ne andò

sguazzando di malumore, borbottandoqualcosa a proposito di streghe prepotenti

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dal brutto carattere. Charmain fece finta dinon aver sentito. Nel frattempo non osavalasciare andare la fessura, dalla qualecontinuava a schizzare acqua che la bagnavaogni istante di più. Oh, maledetto Peter!Mise l'altra mano sull'estremità opposta delbuco e cominciò a premere e a spingere lemani una verso l'altra con tutta la sua forza— Chiuditi! — ordinò alla tubatura. —Smetti di perdere e chiuditi! —, un violentospruzzo d'acqua la colpì sul viso. Sentivache l'apertura cercava di sfuggirle, ma lei sirifiutò di lasciarla andare. Premette ancora eancora. "Posso usare la magia!" pensòrivolta alla tubatura.

— Un incantesimo l'ho fatto, posso fartichiudere! Chiuditi dunque!

E funzionò. Quando Peter tornòfacendosi strada nell'acqua con solo due

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canovacci, perché non era riuscito a trovarnealtri, Charmain era ormai bagnata fino almidollo, ma il tubo era tornato integro. Laragazza prese i canovacci e li legò intorno altubo nel punto in cui si era aperta la fessura,poi raccolse in fretta a lato della vasca laspazzola per la schiena — l'unica cosa aportata di mano che poteva vagamentericordare l'attrezzatura di un mago — e lausò per colpire i canovacci.

— Fermi lì, non azzardatevi a muovervi!— ordinò loro mentre batteva nel punto incui c'era la fessura.

— Resta chiusa — le disse, — o saràpeggio per te! —. Dopo di che volse laspazzola alle bolle grigie degli incantesimidi Peter e colpì anche quelli.

— Via! — disse loro. — Via! Nonservite a niente! —, e quelli svanirono

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obbedienti.Charmain arrossì, sentendosi molto

potente, e assestò un colpo al rubinettodell'acqua calda all'altezza delle sueginocchia. — Da qui deve uscire acquacalda — disse, — e basta con le assurdità! Etu — aggiunse, mentre si sporgeva verso ilrubinetto dell'acqua calda del lavandino. —Calda anche da qui, ma non troppo, o sarà lavostra rovina. Voi invece continuate a faruscire acqua fresca — diede istruzioni airubinetti dell'acqua fredda, assestando loroun colpo.

Alla fine, uscì dalla vasca con un granspruzzo e batté nell'acqua per terra. — E tusparisci! Vattene, asciugati, scorri via. Vai,o altrimenti... Peter si fece strada fino allavandino, aprì il rubinetto dell'acqua caldae tenne la mano sotto il getto. — È calda! —

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esclamò. — Ci sei riuscita davvero! Chesollievo! Grazie!

— Uh! — disse Charmain, bagnata,raffreddata e scontrosa. — Vado a infilarmidei vestiti asciutti e a leggere un libro.

Peter chiese, in tono mesto: — Alloranon mi aiuti ad asciugare? Charmain noncapiva perché avrebbe dovuto, ma losguardo le si posò sulla povera Sperso, checercava di raggiungerla con l'acqua che lelambiva la pancia. A quanto pareva laspazzola per la schiena non aveva funzionatosul pavimento.

— Va bene — sospirò. — Ma oggi holavorato tutto il giorno, lo sai anche tu.

— Anch'io — disse Peter con tonoturbato. — Ho passato la giornata a correrecercando di fermare la perdita. Asciughiamoalmeno in cucina. Dal momento che in cucina

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il fuoco crepitava ancora nel focolare, làdentro sembrava di stare in una sauna.Charmain sguazzò nell'acqua tiepida e aprìla finestra. A parte il pavimento e i sacchi dibiancheria che si moltiplicavanomisteriosamente, ormai fradici, era tuttoasciutto, compresa la valigia, aperta sultavolo.

Alle spalle di Charmain, Peterpronunciava delle strane parole e Spersomugolava.

Quando si girò, la ragazza vide Peter abraccia tese, con fiammelle che gliguizzavano dalle dita alle spalle. —Asciugati, o pavimento! — intonò. Lefiamme presero a balenargli tra i capelli egiù per la fronte madida. Mutò espressione,da compiaciuta ad allarmata. — Oh cavoli!— disse, e in quel momento le fiamme gli si

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propagarono in ogni parte del corpo e presea bruciare furiosamente. Ormai, sembravaterrorizzato. — Fa caldo! Aiuto!

Charmain corse da lui, lo prese per unbraccio infuocato e lo spinse a terra,nell'acqua. Non servì a nulla: la ragazzarimase a osservare lo spettacolostraordinario delle fiamme che svanivanosott'acqua e di bolle che gorgogliavano tuttoattorno a Peter, dove l'acqua cominciò abollire. Lo ritirò su di fretta in una doccia diacqua calda e vapore.

— Annullalo! — urlò, staccando le manidalla manica rovente. — Che incantesimohai usato?

— Non lo so come ho fatto — si lamentòPeter.

— Che incantesimo? — sbraitòCharmain.

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— Era un incantesimo per fermare leinondazioni nel Libro del palinsesto —balbettò Peter, — e non ho idea di come siannulli.

— Oh, che stupido che sei! — urlòCharmain, lo afferrò per una spallafiammeggiante e lo scosse. — Annullati,incantesimo! — urlò. — Acc! Incantesimo, tiordino di annullarti all'istante!

L'incantesimo le obbedì. Charmainrimase in piedi ad agitare la mano scottata ea guardare le fiamme che svanivano in unosfrigolio, una nuvola di vapore e un odore dibagnato e di bruciacchiato. Peter apparivaora scuro e tutto arruffato. Aveva viso emani molto arrossati e i capelli notevolmentepiù corti. — Grazie! — disse, lasciandosicadere con sollievo. Lei lo tirò su. — Bleah!Puzzi di capelli bruciati! Come fai a essere

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tanto stupido! Quali altri incantesimi haifatto?

— Nessuno — disse Peter, tentando ditrovare frammenti bruciati tra i capelli.Charmain era quasi certa che stessementendo, ma se era così, non avrebbeconfessato in ogni caso. — E non è stato uncomportamento così stupido — polemizzò.— Guarda per terra.

Guardando in basso Charmain si accorseche l'acqua era quasi del tutto sparita. Aterra di nuovo c'erano soltanto piastrelle,bagnate, brillanti e fumanti, ma il pavimentonon era più inondato d'acqua.

— Allora sei stato molto fortunato —disse lei.

— In genere lo sono — rispose Peter. —Lo dice sempre anche mia madre, ogni voltache faccio un incantesimo che non va per il

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verso giusto. Mi sa che mi devo cambiare.— Anch'io — disse Charmain.Passarono dalla porta, dove Peter cercò

di girare a destra e Charmain lo spinse asinistra, così finirono per andare dritto e siritrovarono in salotto. Le gocce sul tappetostavano evaporando in fretta, ma nella stanzac'era ancora un odore tremendo. Charmainsbuffò, fece girare Peter su se stesso e tornòa spingerlo attraverso la porta e versosinistra. Il corridoio in cui si trovarono erabagnato, ma non più inondato d'acqua.

— Vedi? — disse Peter mentre siavviava in camera. — Ha funzionato.

— Uh! — ribatté lei e andò nella suastanza.

"Mi chiedo cos'altro avrà combinato,non mi fido per niente di lui". I suoi vestitipiù belli erano bagnati e in disordine:

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Charmain si spogliò con aria afflitta e stesegli abiti per la stanza ad asciugare. E nonc'era modo di rimediare alla grossabruciatura sul davanti della sua giacca piùbella. Quando il giorno dopo sarebbe andataa Palazzo le sarebbe toccato indossare abitida tutti i giorni. "E mi fido a lasciarlo qui dasolo?" si chiese. "Scommetto che si mette asperimentare incantesimi tutto il tempo, iofarei lo stesso".

Fu scossa da un leggero brivido nelrendersi conto di non essere migliore di lui,in realtà. Anche lei non si era mostratacapace di resistere agli incantesimi delLibro del palinsesto.

Quando fece ritorno in cucina, di nuovoasciutta a eccezione dei capelli e conindosso i suoi vestiti vecchi e le pantofole,si sentiva molto più bendisposta nei

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confronti di Peter.— Scopri come si ordina la cena —

disse Peter, mentre Charmain metteva le suescarpe bagnate ad asciugare nel focolare. —Muoio di fame. Sembrava molto più a suoagio con indosso il vecchio completo blu cheaveva al suo arrivo.

— Nella borsa che ha portato ieri lamamma c'è da mangiare — disse Charmain,intenta a sistemare le scarpe nel postomigliore.

— No — ribatté Peter. — Ho mangiatotutto a pranzo.

Ogni idea di benevolenza svanì. —Maiale ingordo — disse, mentre dava uncolpo al camino e chiedeva da mangiare perSperso, la quale, a dispetto di tutte lefocaccine ricevute a Palazzo, si mostròfelice di veder apparire cibo per cani fresco.

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— Sei proprio un maiale ingordo — disseCharmain, con lo sguardo rivolto a Spersoche trangugiava rumorosamente il cibo. —Dove te la sei messa tutta quella roba?Prozio William, come facciamo per avere lacena?

Ora la voce dal tono gentile era moltoflebile. — Bussa all'interno dell'anta delladispensa e di' "cena", cara.

Peter arrivò per primo alla dispensa. —Cena! — tuonò, colpendo l'anta con forza.

Un tonfo risuonò sul tavolo ed entrambisi girarono a guardare. Là, accanto allavaligia aperta, c'era una braciolina d'agnello,due cipolle e una rapa. Charmain e Peterfissarono la cena.

— Tutto crudo! — esclamò luisbalordito.

— E in ogni caso non basta — disse

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Charmain. — Sai cucinare?— No — disse Peter. — A casa è

mamma che cucina.— Oh! — disse Charmain. — Andiamo

bene!

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CAPITOLO NOVE

Dove la casa del prozio Williammostra di portare in ognidove

A quel punto Peter e Charmain sidiressero entrambi di propria iniziativaverso il camino. Sperso sì levò di torno intutta fretta appena assestarono, uno dopol'altro, un colpo al caminetto e urlarono —Colazione! —. Ma l'incantesimo sembravafunzionare bene solo la mattina.

— Mi sarebbero andate bene anche learinghe affumicate — disse Charmain,mentre scrutava mesta i due vassoi, checontenevano panini, marmellata e succod'arancia, ma niente di più.

— So fare le uova sode — disse Peter.

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— Sperso la mangia la braciola d'agnello?— Mangia praticamente tutto — rispose

Charmain. — È ingorda come noi, anche senon credo mangerebbe la rapa. Io, almeno,non la mangerei. La cena non fusoddisfacente, le uova di Peter erano, be',molto sode. Allo scopo di distrarreCharmain dal pensiero di quello che stavamangiando, Peter le chiese come era andataal Palazzo Reale e Charmain, allo scopo didistrarre entrambi dal pensiero che le uovasode non stanno bene con il miele, glieloraccontò. Peter sembrava molto interessatoal fatto che il Re fosse alla ricerca di oro, eancor più interessato dal racconto dell'arrivodi Morgan e Twinkle.

— È un demone del fuoco? — chiese. —Due bambini dotati di poteri magici e undemone del fuoco! Scommetto che la

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Principessa ha avuto il suo da fare, quanto sifermeranno?

— Non lo so. Nessuno ne ha parlato —rispose Charmain.

— Allora scommetto due colazioni e uncaffè di metà mattina che la Principessa licaccia fuori prima del fine settimana —disse Peter. — Hai finito? Allora vorrei cheguardassi cosa contiene la valigia del tuoprozio.

— Ma io voglio leggere un libro! —protestò Charmain.

— No che non leggi — disse Peter. —Puoi farlo quando ti pare, mentre la valigia èpiena di cose che devi conoscere, ti facciovedere. Spinse da parte i vassoi dellacolazione e mise la valigia davanti a lei.Charmain sospirò e inforcò gli occhiali.

La valigia era piena di fogli fino all'orlo.

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In cima, c'era un appunto nella splendidagrafia tremolante del prozio William. "PerCharmain", c'era scritto. "Importante per lacasa". Sotto c'era un grande foglio con sopratracciato un groviglio di linee, su cui, aintervalli regolari, erano disegnati quadratiaccompagnati da una dicitura. Ogni lineaterminava in una freccia a bordo pagina, consotto scritto "Inesplorato".

— Questo qui è il promemoria — ledisse Peter, mentre lei prendeva in mano ilfoglio. — La mappa vera e propria è nellavaligia, tutta piegata, guarda anche tu.

Prese il foglio di carta sottostante e lotirò fuori: era attaccato a quello successivo,e questo a quello dopo ancora, piegati avantie indietro per farli entrare in valigia. La tiròsul tavolo in un'enorme fisarmonica.Charmain la fissò risentita: su ogni pagina vi

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era il disegno accurato di stanze e corridoi eaccanto a ciascuna illustrazione vi eranoappunti scritti con cura. Gli appunti dicevanocose come "Qui gira due volte a sinistra" e"Qui due passi a destra e uno a sinistra".All'interno delle stanze c'erano delleindicazioni scritte, alcune semplici, come"Cucina", altre articolate come "La miariserva di scorte magiche, costantementerifornita da un incantesimo di immissione delquale vado piuttosto fiero. Non dimenticareche tutti gli ingredienti sulla parete di destrasono molto pericolosi e vanno maneggiaticon estrema cura". In alcuni dei fogli eranodisegnati corridoi che si intersecavano eriportavano la dicitura "Porta alla Sezionenord inesplorata," "Porta dai coboldi,""Porta alla cisterna principale" o "Porta alsalone delle feste: dubito di riuscire a

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trovargli un uso".— Non avevo torto a lasciare chiusa la

valigia — disse Charmain. — In vita mianon ho mai visto una mappa così caotica!Non è possibile che sia tutto in questa casa!

— Altro che, è enorme — disse Peter.— E se la osservi ti accorgerai che il modoin cui è ripiegata dà già un'indicazione dicome raggiungere le varie parti. Guarda,nella prima pagina c'è il salotto, ma se passialla pagina dopo non hai lo studio o lecamere, perché sono ripiegate all'indietro,vedi? Invece hai la cucina, che è piegatanello stesso senso...

A Charmain cominciò a girare la testa edistolse l'attenzione dalle spiegazionientusiaste di Peter, osservando invece lelinee che si avvolgevano sul foglio cheteneva in mano. Sembrava quasi semplice.

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Almeno poteva leggere "Cucina" proprio alcentro, poi "Camere", "Piscina" e "Studio".Piscina? No, sul serio? Sicuro? Uninteressante arabesco portava a destra, al disotto di questi quadrati, in un garbuglio incui c'era l'indicazione "Sala riunioni". Daquesta partiva una freccia su cui era scritto"Porta al Palazzo Reale".

— Oh! — esclamò lei. — Da qui siarriva direttamente alla residenza del Re!

— ...Su un pascolo di montagna indicatocome "Scuderie", ma ancora non capiscocome arrivarci dal suo laboratorio — stavaspiegando Peter, mentre apriva altri foglipiegati a fisarmonica. — Ed ecco qui gli'Alimentari". C'è scritto 'Azionatodall'incantesimo della quiete". Mi domandocome si cancelli, ma quello che interessa ame sono posti come questo, dove c'è scritto

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"Magazzino". Saranno solo cianfrusaglie?Bisognerà che indaghi un giorno o l'altro.Secondo te l'ha creato lui questo spaziocurvo? O l'ha trovato già così quando si ètrasferito?

— L'ha trovato — disse Charmain. —Da queste frecce con scritto "Inesplorato" sicapisce che non sa ancora cosa c'è là fuori.

— Forse hai ragione — disse Peter, conaria assennata. — Usa solo le parti centrali,no? Se esploriamo altre parti della casa glifaremo un favore.

— Fallo pure se ne hai voglia — disseCharmain. — Io vado a leggere il mio libro—. Ripiegò il foglio segnato dalle lineespiraleggianti e lo mise in tasca: le avrebberisparmiato la camminata il mattino dopo.

Al mattino i vestiti buoni di Charmainerano ancora umidi e le toccò lasciarli

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sciattamente appesi in giro per la stanza eripiegare sui vestiti buoni di riserva, mentresi chiedeva se quel giorno sarebbe riuscita alasciare Sperso con Peter. Forse no, mettiche Peter provando un altro incantesimol'avesse ribaltata o qualcosa del genere.Sperso ovviamente seguì Charmain in cucinatrotterellando zelante. Lei diede un colpettoal camino per avere il cibo per cani e poi,timorosa, per far comparire la sua colazione:lei e Peter potevano aver mandato all'arial'incantesimo chiedendola la sera prima. Mano, quel giorno ottenne un vassoio colmo,con una selezione di tè e caffè, pane tostato,un piatto contenente un alto mucchio diqualcosa fatto di pesce e riso e a seguire unapesca. Mi sa che l'incantesimo si sta facendoperdonare, pensò. La roba di pesce non lepiaceva un granchè, così ne diede la maggior

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parte a Sperso che la gradì, non aveva maiproblemi con il cibo, e quando Charmainspiegò il suo foglio pronta a dirigersi alPalazzo Reale, le trotterellò dietro emanandoun certo odorino di pesce.

La vista delle volute sul foglio disorientòla ragazza, che scoprì di essere ancora piùconfusa dalla mappa nella valigia. Piegare ilfoglio a fisarmonica per cercare diriprodurre il contenuto della valigia non le fudi alcun aiuto: dopo varie svolte a destra esinistra si ritrovò a camminare in un postoampio e ben illuminato da grandi finestre chedavano sul fiume. Da lì si godeva di unabella vista della città al di là del fiume, eCharmain scorgeva, con somma frustrazione,il tetto dorato del Palazzo Reale brillare allaluce del sole.

— Ma io sto cercando di arrivare là, non

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qui! — disse guardandosi intorno. Sotto lefinestre c'erano lunghi tavoli di legno, su cuierano ammassati strani arnesi, e altri eranoaccatastati al centro della stanza. Le altrepareti erano piene di scaffali con vasi ebarattoli dalle forme strane. Charmainsentiva odore di legno lavorato di recente,cui si sovrapponeva lo stesso odore ditemporale e spezie che aveva notato nellostudio del prozio William. L'odore che restadopo che si è compiuta una magia, pensò.Dev'essere il laboratorio. A giudicare dacome Sperso trotterellava gioiosa per lastanza, doveva conoscere bene il posto.

— Andiamo, Sperso — disse Charmain,fermandosi a guardare un foglio di carta incima agli strani arnesi al centro della stanza.C'era scritto "Si prega di non toccare". —Torniamo in cucina e ricominciamo. Non ci

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riuscì: una svolta a sinistra dalla porta dellaboratorio li condusse in un posto molto,molto caldo a cielo aperto, dove le acqueazzurre di una piccola piscina siincrespavano tra le rocce bianche tutteintorno. Il posto era delimitato da graticci dipietra bianchi, su cui crescevano delle rose,e accanto alle rose c'erano delle sdraiobianche, con su morbidi teli ripiegati."Pronti per quando esci dall'acqua," pensòCharmain. Ma la povera Sperso eraterrorizzata dal posto, si rannicchiò accantoalla porta, mugolante e tremante.

Charmain la prese in braccio. — Hannoprovato ad affogarti, Sperso? Eri un cuccioloche nessuno voleva? Va tutto bene, neanch'iomi avvicino all'acqua. Non so nuotare.

Dopo che ebbe girato a sinistra oltre laporta, si rese conto che nuotare era solo una

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delle molte cose che non era proprio capacedi fare.

Aveva ragione Peter a criticarla per lasua inettitudine.

— Non è che sia pigra — spiegò aSperso, quando arrivarono in quelle chesembravano essere le scuderie, — o stupida.Non mi sono mai presa la briga di pensareche ci fosse un modo diverso di fare le coserispetto a come le fa mamma, capisci?

Nelle scuderie c'era un puzzo piuttostointenso. Charmain si sentì sollevata nelvedere che i cavalli che dormivano lì eranoal pascolo dentro un recinto. I cavalli eranoun'altra cosa di cui non sapeva nulla, maalmeno Sperso lì non sembrava spaventata.

Charmain sospirò, mise giù Sperso,inforcò gli occhiali e tornò a guardare lamappa piena di ghirigori che riusciva solo a

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confonderla. Le "Scuderie" erano lì, in unpunto imprecisato sulle montagne. Pertornare in cucina doveva girare due volte adestra: lo fece, con Sperso che le zampettavadietro, e si ritrovò quasi al buio, accanto aquella che sembrava l'entrata di una cavernapiena di coboldi azzurri che correvano qua elà. Si girarono tutti e rivolsero a Charmainuno sguardo torvo, e lei rapida tornò a girarea destra. A quel punto si ritrovò in undeposito di tazze, piatti e teiere. Spersomugolò e la ragazza rimase a fissarecentinaia e centinaia di teiere di ogni forma ecolore possibile in fila sugli scaffali, e fupresa dal panico. Si stava facendo tardi epeggio ancora, quando si rimise gli occhialiper consultare la mappa, scoprì di trovarsi inun punto a ridosso dell'estremità sinistra deighirigori, dove la freccia che indicava il

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confine riportava la scritta Da queste partivive un gruppo di lubbockin. È necessarioessere prudenti.

— Oh — esclamò. — Non c'è mai fine alpeggio! Andiamo, Sperso —. Aprì la portadalla quale erano appena entrate e giròancora una volta a destra.

Stavolta si ritrovarono nel buio piùassoluto. Charmain sentiva Sperso chefiutava inquieta attaccata alle sue caviglie,prese ad annusare anche lei ed esclamò: —Ah! —. Quel posto emanava un odore dipietra bagnata che ricordava di aver sentitoil giorno in cui era arrivata lì.

— Prozio William — chiese, — comefaccio a tornare in cucina da qui? Con suogrande sollievo, la voce rispose, per quantoora apparisse debole e lontanissima. — Se titrovi lì, ti sei persa, perciò stammi

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attentamente a sentire. Fai un giro in sensoorario...

Charmain non ebbe bisogno di continuaread ascoltare: anziché compiere un girocompleto, fece attenzione a girare solo di180 gradi e poi scrutò di fronte a sé. Videdavanti a lei un corridoio di pietrailluminato da una luce fioca, che intersecavaquello in cui si trovava: si diresse sollevatain quella direzione, con Sperso che letrottava dietro, e girò nel corridoio. Sapevadi trovarsi ora a Palazzo Reale, era lo stessocorridoio in cui aveva visto Sim spingere uncarrello il giorno del suo arrivo a casa delprozio William. Non solo l'odore era lostesso — con sentore di cibo e in sottofondodi pietra bagnata —, ma i muri eranoproprio come quelli del Palazzo Reale, con iriquadri sbiaditi e oblunghi dove erano stati

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tolti dei dipinti. L'unico problema è che nonsapeva in che punto del palazzo si trovasse eSperso non era di alcun aiuto, dato che silimitava a starle attaccata alle caviglie e atremare. Charmain la prese in braccio ecominciò a percorrere il corridoio, nellasperanza di incontrare qualcuno di suaconoscenza. Girò l'angolo due volte, macontinuava a non capire dove si trovasse, e aquel punto andò quasi a sbattere contro ilsignore anonimo che aveva servito lefocaccine il giorno prima. Lui fece un saltoindietro, molto stupito.

— Povero me — disse, scrutando laragazza nell'oscurità. — Non avevo idea chefosse già arrivata, signorina... ehm...Charmant, vero? Si è persa? Posso aiutarla?

— Sì, grazie — disse lei, conintraprendenza. — Sono andata al... al...

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ehm... sa, il posto per le signore, e dopodevo aver preso la direzione sbagliata. Misa dire come faccio a tornare in biblioteca?

— Posso fare di meglio — disse ilsignore anonimo. — Le faccio strada. Misegua.

Girò su se stesso e ritornò sui suoi passi,lungo un altro corridoio illuminato con lucefioca, fino a un ampio atrio freddo, dove unarampa di scale conduceva al pianosuperiore. Sperso prese a scodinzolarepiano, come se quella parte del palazzo lefosse familiare. Ma la coda si fermò quandoarrivarono davanti alle scale. Dalla cimadella rampa arrivò tonante la voce diMorgan.

— Non voglio! Non voglio! NON voglio!La voce stridula di Twinkle si unì

all'altra. — Non me li metto! Vojio quelli a

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vighe!Sentirono risuonare anche la voce di

Sophie Pendragon. — Buoni, tutti e due! Ofaccio una cosa tremenda, vi avverto! Hoesaurito la pazienza! Il signore anonimocontrasse il viso in una smorfia e disse aCharmain:

— I bambini piccoli portano tantavivacità a una casa, vero?

Charmain alzò lo sguardo verso di lui,con l'intenzione di annuire e sorridere, maqualcosa la fece invece rabbrividire. Nonavrebbe saputo dire perché, riuscì solo adaccennare un segno d'assenso, per poiseguire il signore attraverso un arco dovesvanirono in distanza la voce tonante diMorgan e gli strilli di Twinkle.

Girato un altro angolo, il signoreanonimo aprì una porta nella quale Charmain

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riconobbe l'ingresso alla biblioteca. — Aquanto pare è arrivata la signorina Charmant,Sire — disse, con un inchino.

— Oh, bene — disse il Re, alzando losguardo da una pila di libretti rilegati inpelle. — Entra e siediti, cara. Ieri sera hotrovato un bel mucchio di documenti per te.Non avevo idea che ce ne fossero così tanti.Charmain ebbe la sensazione di non esseremai andata via, Sperso si sistemò, girandosia pancia in su rivolta al calore che venivadal braciere. La ragazza prese posto davantia un mucchio di documenti di variedimensioni ammassati sul tavolo, trovò cartae penna e cominciò. L'atmosfera era moltopiacevole.

Dopo un po', il Re disse: — C'era un mioantenato, l'autore di questi diari, che sisentiva un poeta. Che ne pensi di questo?

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Alla sua amata, chiaramente. "Amor mio, la grazia di una capra hai nel

danzare, E dolce come un muggir dai pascoliè il tuo cantare".

— Lo definiresti romantico, cara?Charmain si mise a ridere. — È

tremenda. Spero che lei l'abbia lasciato.Ehm... Sua Maestà, chi è l'anoni... ehm... ilsignore che mi ha accompagnato?

— Parli del mio assistente? — chiese ilRe. — Sai, è con noi da anni... e ancora nonmi riesce di ricordare come si chiama,poveretto. Mia cara, devi chiederlo allaPrincipessa, lei ha memoria per queste cose.

Oh, be', si disse Charmain, allora devoproprio pensare a lui come al signoreanonimo.

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La giornata fu tranquilla, un piacevolecambiamento per lei dopo l'inizio frenetico.Archiviò e catalogò conti di due secoliprima, conti del secolo precedente, e contiche risalivano ad appena quarant'anniaddietro. Stranamente, i conti più vecchipresentavano somme molto più alte di quellipiù recenti. Sembrava che il Palazzo Realestesse riducendo sempre più le spese. Lagiovane archiviò anche lettere cherisalivano a quattro secoli prima e rapportipiù recenti da ambasciatori di Strangia,Ingaria e addirittura Rajpuht. Alcuniambasciatori inviavano poesie e lei lesse alRe le più brutte. Alla base del mucchio, siimbatté in alcune ricevute, documenti cheriportavano frasi come "A saldo del ritrattodi una signora, valutato opera di un grandemaestro, 200 ghinee". Erano tutte risalenti

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agli ultimi sessant'anni e si facevano semprepiù frequenti man mano che procedeva.Charmain aveva l'impressione che la casareale avesse venduto i suoi quadri durantegran parte del regno del sovrano e preferìnon chiedergli niente. Arrivò il pranzo:ancora delizie speziate di Jamal. Quandoentrò Sim, Sperso saltò su scodinzolando,poi si fermò come irritata e trotterellò fuoridalla biblioteca. Charmain non avrebbesaputo dire se Sperso volesse il pranzo o ilcane del cuoco. Probabilmente il pranzo.Mentre Sim posava sul tavolo il piatto, il Rechiese con aria gioviale — Come vanno lecose là fuori, Sim?

— Un tantino rumorose, Sire — ribattéSim. — Ci hanno appena consegnato il sestocavallo a dondolo. Padron Morgan sembravadesideroso di ricevere una scimmia viva,

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ma, sono lieto di riferire, la signoraPendragon non gli ha concesso dipossederne. Ne è derivato un certotrambusto. Per di più, padron Twinklesembra convinto che qualcuno gli neghi diproposito un paio di pantaloni a righe. Si èespresso con grande estensione vocale sultema per tutta la mattina, Sire. E il demonedel fuoco ha adottato il camino del salottocome posatoio prediletto. Prende il tè connoi nel salone di fronte oggi, Sire?

— Non credo — disse il Re. — Non cheabbia qualcosa contro il demone del fuoco,ma con tutti quei cavalli a dondolo la stanzaè un po' affollata. Se vorrai allungarciqualche focaccina qui in biblioteca, te nesaremo grati.

— Certamente, Sire — disse Sim,arretrando tremante per uscire.

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Una volta che la porta fu richiusa, il Redisse a Charmain: — In realtà non è per icavalli a dondolo, e non mi importa delrumore. Ma mi fa pensare a quanto misarebbe piaciuto diventare nonno. Chepeccato...

— Ehm... — disse Charmain, — in cittàsi dice che la principessa Hilda ha soffertoper amore. Per questo non si è mai sposata?

Il Re sembrava sorpreso. — Non che iosappia — disse. — Quando era più giovaneprincipi e duchi hanno fatto la fila per anniper averla in moglie, ma lei non è tipo dasposarsi. Non le è mai piaciuta l'idea, cosìmi dice.

Preferisce la vita che fa qui, ad aiutarmi.Però è un peccato, così l'erede sarà ilprincipe Ludovic, quello sciocco del figliodi mio cugino. Lo conoscerai presto, se solo

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riusciamo a spostare un cavalluccio o due...o magari mia figlia potrà usare il Gransalone. Ma il vero peccato è che nel palazzonon ci sono più giovani ormai, e ne sento lamancanza. Il Re non aveva l'aria troppoinfelice, la sua sembrava più unaconstatazione che uno sfogo, ma Charmainall'improvviso fu colpita dal fatto che ilPalazzo Reale era in realtà un luogo triste.Enorme, vuoto e triste. — Capisco, SuaMaestà — disse.

Il Re sorrise e addentò un manicaretto diJamal. — Ne sono sicuro — rispose. — Seiuna signorina molto intelligente, un giornosarai motivo d'orgoglio per il tuo prozio.

Lei sbatté un po' le palpebre all'idea, maprima che si facesse prendere dall'imbarazzoper le lodi ricevute, si rese conto che il Rese n'era andato. "Sarò anche intelligente,"

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pensò con una punta di tristezza, "ma nonsono per niente gentile o comprensiva. Mi sache sono addirittura crudele, guarda cometratto Peter".

Passò il resto del pomeriggio arimuginarci sopra, con il risultato che,quando la giornata di lavoro volse al terminee Sim riapparve con Sperso che glitrotterellava dietro, Charmain si alzò edisse: — Grazie per essere così buono conme, Sua Maestà.

Il Re sembrò sorpreso e le disse di nonpensarci nemmeno. Ma io ci penso, riflettéCharmain. La sua gentilezza deve servirmida insegnamento. Mentre seguiva Sim nelsuo lento vacillare, e Sperso, che le parevamolto grassa e intorpidita, decise di esseregentile con Peter una volta arrivata a casa.

Sim era quasi giunto alla porta

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principale, quando Twinkle si precipitòfuori da non si sa dove e li superò intento alanciare un grande cerchio. Lo seguivacorrendo Morgan, che urlava a braccia tese:— Op, op, op! Fecero vacillare Sim e, alpassaggio a scheggia di Twinkle, Charmaincercò di appiattirsi contro la parete. Per unmomento ebbe l'impressione che Twinkle lelanciasse uno sguardo strano, penetrante,mentre saltellava via, ma a un guaito diSperso dovette affrettarsi in suo soccorso enon ci pensò più. Sperso era stata ribaltata apancia in su, cosa che l'aveva molto turbata.Charmain la raccolse e finì quasi persbattere contro la signora Pendragon, incerca di Morgan. — Da che parte? — sbuffòSophie.

Charmain indicò la direzione, Sophietirò su la gonna e cominciò a correre,

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mormorando tra sé qualcosa a proposito disorci verdi. La principessa Hilda fece la suacomparsa e si fermò per rimettere Sim inpiedi. — Le porgo le mie sentite scuse,signorina Charmant — disse mentre laragazza si avvicinava. — Quel bambino èproprio un'anguilla... be', tutti e due a dire ilvero. Dovrò prendere dei provvedimenti oassorbiranno tutta l'attenzione della poveraSophie, che non si potrà più dedicare ainostri problemi. Tutto bene Sim? —Certamente, signora — disse Sim, fece uninchino alla volta di Charmain e laaccompagnò all'uscita, passata la quale lei siritrovò nella luce intensa del pomeriggio,come se niente fosse successo. "Se mai misposerò," pensò Charmain, mentreattraversava a grandi passi la piazza Realecon Sperso in braccio, "non voglio avere

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figli. Nel giro di una settimana mi farebberodiventare crudele e spietata. Magari faròcome la principessa Hilda e non mi sposerò.Così potrei avere la possibilità di diventareuna persona gentile. A ogni modo mieserciterò con Peter, con lui sì che è uncompito difficile".

Quando arrivò a casa del prozio Williamera fermamente decisa a essere gentile, e nontrovare traccia di Rollo mentre avanzava apasso di marcia tra file di ortensie azzurre fud'aiuto. Mostrarsi gentile nei confronti diRollo era certamente superiore alle sueforze. "Non è umanamente possibile," riflettétra sé mentre posava Sperso sul tappeto delsalotto. La vista della stanza la colpì per lapulizia e l'ordine insoliti che vi regnavano.Ogni cosa era al suo posto: dalla valigiarimessa con cura dietro una delle poltrone

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fino al vaso di ortensie di vari colori sultavolino da caffè. Alla vista del vasoCharmain aggrottò le sopracciglia: eraproprio quello che era scomparso quandol'avevano posato sul carrello. Forse Peteraveva ordinato il caffè di metà mattina e inquell'occasione era ricomparso, pensòdistrattamente, perché all'improvviso levenne in mente che aveva lasciato i vestitibagnati in giro per la stanza e le lenzuolabuttate sul pavimento. Che scocciatura! Devomettere in ordine.

Sulla soglia della camera da lettodovette ricredersi, il suo letto era statorifatto, i vestiti, ormai asciutti, eranoripiegati con cura in cima alla cassettiera.Come aveva osato? Charmain irruppe incucina con sentimenti tutt'altro che gentili.Peter era seduto a tavola, con un'espressione

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così irreprensibile da dare a Charmain lacertezza che nascondesse qualcosa. Alle suespalle, sul fuoco, ribolliva una gran pentolanera che mandava un insolito odore, delicatoe appetitoso.

— Chi ti ha detto di mettere in ordinecamera mia? — domandò Charmain. Petersembrava ferito dalle sue parole, maCharmain continuava a pensare chenascondesse una quantità di entusiasmantipensieri segreti.

— Credevo che ti avrebbe fatto piacere— rispose.

— Be', no! — disse lei, sorpresa diessere sul punto di piangere. — Avevoappena cominciato a capire che se butto perterra qualcosa ci resta, a meno che non la tirisu io, e che se metto in disordine devoessere io a riordinare perché non si mette a

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posto da sé, e tu riordini al posto mio! Seipeggio di mia madre!

— Dovrò pur far qualcosa, sono qui dasolo tutto il giorno — protestò lui.

— O secondo te dovrei restarmeneseduto?

— Puoi fare quello che ti pare — strillòCharmain. — Ballare, camminare a testa ingiù, fare le facce a Rollo, ma non guastarmiil processo di apprendimento!

— Impara pure quanto vuoi — replicòPeter. — Ne hai di strada da fare. È l'ultimavolta che metto mano in camera tua. Tiinteressa sapere cosa ho imparato oggi? Osei completamente presa da te stessa?Charmain deglutì. — Stasera avevo tuttal'intenzione di essere gentile con te, ma tu mirendi la cosa molto difficile.

— Mia madre dice che le difficoltà

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aiutano a imparare — disse il ragazzo.— Dovresti essere contenta. Ti dirò una

delle cose che ho imparato oggi: comepreparare una cena sostanziosa —. Indicòcon il pollice, intorno a cui era avvolto unpezzo di corda verde, la pentola sul fuoco.Intorno all'altro pollice c'era un pezzo dicorda rossa e a un terzo dito era avvolta unacorda azzurra.

"Ha provato a prendere tre direzionidiverse in una volta sola," pensò Charmain.Facendo un enorme sforzo per sembrareamichevole, disse:

— Allora, come hai fatto?— Busso e ribusso alla porta della

dispensa — disse Peter, — finché nonatterrano sulla tavola viveri a sufficienza.Poi li metto a bollire. Charmain guardò lapentola. — Che genere di viveri?

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— Fegato e pancetta — disse Peter. —Cavolo, rape e un grosso pezzo di coniglio,cipolle, altre due costate e porro. Non è statodifficile, a dire il vero.

"Acc!" pensò Charmain. Per non direqualcosa di davvero scortese, si girò e andòin salotto.

Mentre si allontanava, Peter gridò: —Non vuoi sapere come ho fatto a farriapparire il vaso di fiori?

— Ti sei seduto sul carrello — disse leiin tono freddo, e se ne andò a leggere Labacchetta a dodici rami.

Ma non servì, continuava ad alzare gliocchi dal libro e a vedere il vaso di ortensie,a posare lo sguardo sul carrello e a chiedersise davvero Peter vi si era seduto ed erasvanito insieme al tè con i biscotti, per poidomandarsi come avesse fatto a tornare. A

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ogni sguardo era sempre più consapevoleche della sua decisione di mostrarsi gentilecon Peter non era rimasta nemmeno l'ombra.Rimase lì per quasi un'ora e poi tornò incucina. — Scusa — disse. — Come seiriuscito a far riapparire i fiori? Peter stavapungolando la roba nella pentola con uncucchiaio. — Mi sa che non è ancora pronto— disse. — Il cucchiaio rimbalza.

— Oh, dai — disse Charmain. — Sonostata educata.

— Te lo dico a cena — rispose Peter.Mantenne la parola, facendo rodere

Charmain. Non aprì bocca per quasi un'ora,finché il contenuto della pentola non furipartito tra due scodelle. La divisione delcibo non fu un'operazione semplice, dalmomento che Peter non si era dato pena dipelare o tagliare gli ingredienti prima di

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metterli in pentola. Dovettero fare a pezzi ilcavolo con due cucchiai e Peter non si eraneanche ricordato che lo stufato va salato. Iltutto — la pancetta bianca e molliccia, ilpezzo di coniglio, la rapa intera e la cipollafloscia — galleggiava in un sugo diluito eacquoso. Detto gentilmente, la cena erapressoché disgustosa. Charmain, che eraimpegnata a fare del suo meglio per esseregentile, non lo disse. L'unica cosa positiva fuche a Sperso piaceva, il che significa chelappò il sugo acquoso e poi mangiò i pezzidi carne, avendo cura di lasciare il cavolo.Charmain si comportò più o meno come lei ecercò di non rabbrividire: ascoltare ciò chePeter aveva da dire rappresentava unapiacevole distrazione.

— Sei consapevole — cominciò, in tonoun po' pomposo secondo lei, che aveva

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l'impressione che si fosse preparato tutta lastoria per raccontarla esattamente comel'aveva pensata. — Sei consapevole del fattoche quando le cose scompaiono dal vassoiofiniscono nel passato?

— Be', direi che il passato è unadiscarica niente male — disse Charmain.

— Ma bisogna assicurarsi che siadavvero passato e che le cose non siripresentino tutte ammuffite.

— Ti interessa o no? — chiese Peter.Sii gentile, si disse Charmain. Masticò

un altro pezzo di cavolo disgustoso e annuì.— E che alcune parti di questa casa si

trovano nel passato? — continuò Peter. —Sai, non mi sono seduto sul carrello, mi sonolimitato a esplorare la casa con un elencodelle svolte che dovevo fare e in realtà lascoperta l'ho fatta per caso. Una volta o due

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devo aver girato nella direzione sbagliata."Non mi stupisce," pensò Charmain.— A ogni modo — disse Peter, — sono

arrivato in un posto dove c'erano centinaia dicoboldi femmine che lavavano teiere epredisponevano i pasti sui vassoi per lacolazione, il tè e il resto. Quando le ho vistemi sono un po' innervosito, per come li aveviirritati con quella storia delle ortensie, maho cercato di essere gradevole, di salutarlecon un cenno della testa, sorridere e cosìvia. E mi ha molto stupito che anche loro misorridessero e mi dessero il buongiorno intono estremamente amichevole, allora sonoandato avanti continuando a salutarle, finchénon sono arrivato in una stanza che nonavevo mai visto. Appena ho aperto la porta,la prima cosa che ho notato è stato il vaso difiori a un'estremità di un tavolo lunghissimo,

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e subito dopo ho visto il mago Norland,seduto al tavolo...

— Misericordia! — esclamò Charmain.— Sono rimasto sorpreso anch'io —

ammise Peter. — A dirti la verità me nesono rimasto là a fissarlo. Sembravaabbastanza in salute — sai, forte, con uncolorito roseo e i capelli più folti di quantoricordavo — ed era intento a lavorare allamappa che era nella valigia. L'aveva tuttaaperta sul tavolo e ne aveva disegnato soloun quarto. Mi sa che è stato allora che hocominciato a intuire qualcosa. A ogni modo,ha alzato lo sguardo e ha chiesto, con unacerta compostezza, "Puoi chiudere la porta,per cortesia? C'è una certa corrente". Poi,prima che potessi rispondere, è tornato asollevare gli occhi e ha detto, "E tu chisaresti?" Gli ho risposto "Peter Regis".

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Al che ha aggrottato le ciglia. "Regis...Regis? C'è un collegamento con la strega diMontalbino?" Io gli ho risposto "È miamadre". E lui ha detto, "Non sapevo cheavesse dei figli".

"Sono il suo unico figlio," ho ribattuto."Mio padre è rimasto ucciso sotto unavalanga in Trasmontania, poco dopo la mianascita". Ha aggrottato di nuovo le ciglia eha detto, "Ma quella valanga è stata il mesescorso, giovanotto. Dicono che sia stataopera di un lubbock e senza dubbio haucciso molte persone. O stiamo parlandodella valanga di quarant'anni fa?" Miguardava con espressione severa, come senon mi credesse. Mi sono chiesto come fareperché mi prendesse sul serio. Ho detto,"Glielo giuro, è vero. Una parte di casa suadeve essere nel passato, ed è qui che

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finiscono tazze e teiere quando scompaiono.E lo dimostra il fatto che abbiamo messoquesto vaso sul carrello l'altro giorno ed èarrivato qui da lei". Lui l'ha guardato senzadire una parola. Io ho aggiunto, "Sono venutoa stare da lei perché lei e mia madre vi sietemessi d'accordo che io le faccia daapprendista". Mi ha chiesto, "Davvero? Inquesto caso dovevo essere seriamente indebito con lei, non sembri dotato diparticolari talenti". "So usare la magia," horisposto, "ma mia madre riesce sempre aottenere quello che vuole". E lui, "Vero. Hauna personalità particolarmente forte. Cosa tiho detto appena ti ho visto?" "Nulla," è statala mia risposta, "Non c'era. Badava alla casauna ragazza, Charmain Baker. O almeno,avrebbe dovuto farlo, ma se n'è andata alavorare per il Re e ha conosciuto un

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demone del fuoco..." A quel punto mi hainterrotto, sembrava sconvolto. "Un demonedel fuoco? Giovanotto, sono creature moltopericolose. Mi stai dicendo che la stregadelle Terre Desolate sarà a High Norland frapoco?" "No, no," ho detto. "Uno dei maghireali d'Ingaria ha preso il posto della stregadelle Terre Desolate quasi tre anni fa.Charmain dice che ha qualcosa a che farecon il Re. Mi sa che dal suo punto di vistaCharmain deve essere appena nata,comunque ha detto che lei era malato e glielfi l'hanno portato via per curarlo. La ziaSempronia ha predisposto le cose in modoche Charmain sorvegliasse la casa mentre leiera via". Mi sa che questa cosa lo hasconvolto. Si è appoggiato allo schienale eha sbattuto un po' le palpebre. "Ho unapronipote che si chiama Sempronia," ha

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detto, scandendo le parole come se mentre lepronunciava stesse pensando. "Potrebbeessere. Sempronia si è sposata in unafamiglia molto per bene, credo..."

"Oh, altroché," ho risposto. "Dovrebbevedere la madre di Charmain, è talmenteperbene che non le permette di fare niente".

"Grazie tante, Peter!" pensò Charmain.Adesso pensa che sono un inutile ingombro!

— Ma non era molto interessato —continuò Peter. — Voleva sapere perché siera ammalato e io non gliel'ho saputo dire.Tu lo sai? — chiese a Charmain, che scossela testa in segno di diniego.

Peter scrollò le spalle e disse: — A quelpunto ha sospirato e ha detto che immaginavanon importasse dato che non parevaevitabile. Poi ha aggiunto, in tono un po'mesto e confuso, "Ma non conosco elfi!" Gli

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ho risposto, "Charmain ha detto che li hamandati il Re". "Oh" ha esclamato, esembrava molto più felice. "Oh, ma certo! Lafamiglia reale ha mezzo sangue elfico, inmolti hanno sposato elfi e gli elfimantengono in vita il legame, credo". Poi miha guardato e ha detto, "La storia comincia aquadrare".

Gli ho detto, "Be', dovrebbe, dato che ètutto vero. Ma c'è una cosa che non capisco,cos'ha fatto per fare arrabbiare tanto icoboldi?" "Niente, ti assicuro," ha risposto."I coboldi sono miei amici ormai da anni.Fanno molte cose per me. Non farei maiarrabbiare un coboldo, come non fareiarrabbiare il mio amico Re".

Sembrava tanto infastidito dalla cosa cheho pensato fosse meglio cambiareargomento. Ho detto, "Allora posso

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chiederle di questa casa? L'ha costruita lei ol'ha trovata?"

"Oh, l'ho trovata," ha risposto. "Omeglio, l'ho comprata quando ero ancora unmago piuttosto giovane che lottava per farsistrada. Ho capito in seguito che era unlabirinto di molte vie. È stata senza dubbiouna scoperta molto gradita. Sembra che untempo sia appartenuta al mago Melicot, lapersona che ha reso dorato il tetto delPalazzo Reale. Ho sempre sperato che, daqualche parte in questa casa, sia nascosto ilvero oro che all'epoca costituiva il tesororeale. Il Re lo cerca da anni".

— Puoi immaginare come mi si sonodrizzate le orecchie — disse Peter.

— Ma non ho fatto in tempo a chiederealtro, perché ha guardato il vaso sul tavolo eha detto, "Allora questi fiori vengono

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davvero dal futuro? Sapresti dirmi che tipodi fiori sono?"

Ero piuttosto sorpreso che non losapesse, gli ho detto che erano ortensie delsuo giardino. "I coboldi hanno tagliato leortensie colorate," ho aggiunto. Le haguardate e ha mormorato che eranosplendide, soprattutto per la grande varietàdi colore. "Devo piantarne," ha commentato."Hanno una varietà di colori maggiore dellerose".

"può farne crescere anche di azzurre," hodetto. "Mia madre per le nostre usa unincantesimo con polvere di rame". E mentremormorava qualcosa sulle ortensie, gli hochiesto se potevo prenderle per dimostrartiche l'avevo conosciuto.

"Certo, certo," ha detto. "Qui sono tra ipiedi. E di' alla tua signorina che conosce il

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demone del fuoco che spero di aver finito lamia mappa della casa per quando saràcresciuta e ne avrà bisogno".

— Allora — disse Peter, — ho preso ifiori e sono venuto via. Non ti sembra unacosa straordinaria?

— Altroché — disse Charmain. — Nonavrebbe piantato le ortensie se i coboldi nonle avessero tagliate, io non le avessi raccoltee tu non ti fossi perso... mi gira la testa alpensiero —. Spinse via la sua scodella dicavolo e rapa. Sarò gentile con lui. Ce lafaccio, ce la faccio!

— Peter, cosa ne dici se passo da miopadre domani mentre torno a casa e glichiedo un libro di ricette? Ne avrà centinaia,è il miglior cuoco in città.

Peter sembrava molto sollevato. —Buona idea — disse. — Mia madre non mi

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ha mai detto molto di come si cucina. Fasempre tutto lei. Non voglio arrabbiarmi peril modo in cui mi ha descritto al prozioWilliam, si impegnò solennementeCharmain. Sarò gentile, ma se lo fa un'altravolta...

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CAPITOLO DIECI

Nel quale Twinkle scappa per i tetti

Quella notte, Charmain fu colpita da unpensiero: se in casa del prozio William sipoteva viaggiare nel tempo, avrebbe potutoarrivare a Palazzo Reale dieci anni prima,quando il Re non la stava affatto aspettando.O dieci anni dopo, e trovare che sul trono viera ormai il principe Ludovic. Bastò questopensiero a farle decidere di andare a PalazzoReale a piedi, come fanno tutti.

Così, il mattino dopo, la ragazza si avviòper strada, e Sperso le zampettò dietro finoal rilievo roccioso su cui si trovava il pratodel lubbock. A quel punto Sperso era ormaisenza fiato e appariva in uno stato così

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penoso che lei la prese in braccio. Come alsolito, pensò. Mi sento una maturalavoratrice, aggiunse tra sé e sé mentre sidirigeva in città con Sperso che cercavafelice di leccarle il mento.

La notte prima aveva piovuto, ma adessoera uno di quei mattini dal cielo azzurrochiaro con enormi nuvoloni bianchi. Lemontagne erano di un delicato verde-azzurro,e in città il sole riluceva sui ciottoli bagnatie risplendeva sullo specchio del fiume.Charmain era davvero di buon umore, nonvedeva l'ora di cominciare una giornata incui avrebbe classificato documenti echiacchierato con il Re. Mentre attraversavala piazza Reale, il bagliore del sole cheriverberava sul tetto dorato del palazzo eratalmente intenso da costringerla adabbassare lo sguardo sulla pavimentazione.

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Sperso sbatté le palpebre, piegò in fretta ilmuso e poi sobbalzò per uno strillo acutoche proveniva dal palazzo. — Guavdami!Guavdami!

Charmain guardò, scoprendo di avere gliocchi colmi di lacrime per il bagliore, etornò a osservare riparandosi con la manoche non reggeva Sperso. Il piccolo Twinkleera seduto a cavalcioni sul tetto dorato, più omeno a 30 metri da terra, e la salutavaallegro agitando la mano tanto da arrivarequasi a sbilanciarsi. A quella vista,dimenticò i pensieri poco gentili che avevaavuto a proposito dei bambini il giornoprima, mollò a terra Sperso e corse allaporta del palazzo, dove prese a sbattere ilbatacchio e a suonare il campanello comeuna furia.

— Il ragazzino! — ansimò rivolta a Sim,

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quando ebbe lentamente aperto la portascricchiolante. — Twinkle è seduto sul tetto!Bisogna che qualcuno lo faccia scendere dilì!

— Davvero? — chiese Sim, e scesebarcollando le scale. Charmain dovetteaspettare che arrivasse zoppicando in unaposizione da cui poteva vedere il tetto,allungandosi tremante. — Proprio come dicelei, signorina — annuì. — Demonietto!Finirà per cadere! Quel tetto è scivolosocome il ghiaccio.

Ormai Charmain saltellava perl'impazienza. — Mandi qualcuno ariprenderlo! Presto!

— Non so chi mandare — disselentamente Sim. — A Palazzo non c'ènessuno bravo ad arrampicarsi. Forse potreimandare Jamal, ma con un occhio solo il suo

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equilibrio non è gran che.Sperso saltellava di qua e di là e guaiva

per entrare, ma Charmain la ignorò. —Allora lasci andare me — disse lei. — Bastache mi dica come arrivarci. Subito, primache scivoli giù.

— Buona pensata — annuì Sim. —Prenda le scale in fondo al corridoio,signorina, e continui a salire. L'ultima rampaè di legno e lì troverà una porticina...

Charmain non indugiò un secondo di più:lasciò Sperso a cavarsela da sé e percorse inun lampo l'umido corridoio di pietra, finoall'atrio da cui partivano le scale. A quelpunto cominciò una corsa disperata su per igradini di pietra, con gli occhiali che lerimbalzavano sul petto e i passi cherimbombavano. Salì due lunghe rampe con inmente solo orribili immagini di un corpicino

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che precipitava sul selciato e... ecco... sispiaccicava, proprio dove aveva lasciatoSperso. Ansimando forte, salì in fretta unaterza rampa, più stretta delle altre. Sembravasenza fine. Infine giunse a delle scale dilegno e, ormai quasi senza fiato, le salìrumorosamente. Anche queste sembravanonon avere termine, ma riuscì a raggiungereuna porticina di legno. Pregando di essere intempo, Charmain spalancò la porta albagliore dorato del sole.

— Cvedevo che non avvivavi più —disse Twinkle, che si trovava al centro deltetto. Portava un completo di velluto azzurrochiaro e i suoi capelli biondo doratobrillavano come il tetto. Sembravaassolutamente tranquillo, e faceva pensarepiù a un angelo che si è perduto che a unragazzino nei guai sopra un tetto.

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— Hai molta paura? — ansimò in predaall'ansia Charmain. — Tieni duro e nonmuoverti, striscio fino lì a prenderti.

— Fì gvazie — disse Twinkle educato."Non si rende conto del pericolo!" pensò

Charmain. Devo riuscire a non perdere lacalma. Con estrema prudenza, si sporse dallaporticina di legno e prese ad arrampicarsifinché, con alcune manovre, si trovò sedutacavalcioni del tetto come Twinkle. Si stavaproprio scomodi: Charmain non avrebbesaputo dire cos'era peggio: il fatto che letegole erano calde, bagnate, aguzze escivolose o che il tetto sembrava tagliarla indue. Quando ebbe scoccato un'occhiata allapiazza Reale, laggiù, lontano lontano,dovette ricordare a se stessa, con moltaserietà, che solo tre giorni prima aveva fattoun incantesimo che l'aveva salvata dal

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lubbock e le aveva dimostrato di potervolare. Doveva riuscire ad afferrareTwinkle per la vita e a librarsi giù con lui. Aquel punto si rese conto che, mentre lei gli siavvicinava, Twinkle indietreggiava perallontanarsi. — Smettila! — disse Charmain.— Non ti rendi conto di quanto èpericoloso?

— Cevto — ribatté Twinkle. —L'altezza mi fa una pauva da matti, ma èl'unico pofto dove poffo pavlavti fenzaqualcuno che ovingli. Vieni giufto al centvocofi non devo uvlave. E sbvigati, lapvincipeffa Hilda ha pvefo una bambinaiapev me e Movgan. La povevetta dovebbeavvivave da un momento all'altvo.

Era un discorso così adulto, cheCharmain sbatté le palpebre e lo fissò,Twinkle le rivolse un sorriso abbagliante,

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tutto occhioni azzurri e incantevoli labbrarosate. — Sei un bambino prodigio o cosa?— gli chiese.

— Be', adeffò fì — disse Twinkle. —Quando avevo davvevo fei anni, divei cheevo piuttofto nella media. Con un buontalento pev la magia, ovviamente.Avvicinati, ce la fai?

— Ci sto provando — Charmain riuscìad avanzare lateralmente lungo il tetto, fino atrovarsi a un paio di spanne da Twinkle. —Allora, di cosa dovremmo parlare? —sbottò.

— Del mago Novland come pvima cofa— disse Twinkle. — Mi hanno detto che loconofi.

— Non esattamente — disse Charmain.— È mio prozio acquisito, bado alla casaper lui mentre è malato —. Non le sembrava

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il caso di dire di Peter.— E com'è la fua cafa? — chiese

Twinkle e aggiunse in tono ciarliero. — Iofto in un caftello evvante, la cafa di Novlandfi fpofta?

— No — disse Charmain. — Ma alcentro c'è una porta che conduce in uncentinaio di stanze, pare che l'abbia costruitail mago Melicot.

— Ah, Melicot — disse Twinkle convoce acuta. Sembrava molto contento. —Pvobabilmente dovò venive a vedevla, cheCalcifev dica puve quello che gli pavé. Vabene?

— Penso di sì — rispose Charmain. —Perché?

— Pevché — spiegò Twinkle, — io,Fophie e Calcifev fiamo ftati ingaggiati pevfcopvive che fine ha fatto l'ovo del tesovo

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veale. O almeno penfiamo che fia quefto chevogliono, ma non fono ftati molto chiavi. Lametà del tempo paviano di un elfgift, un donoelfico che hanno pevso, ma neffuno fa cofafia. E la pvincipeffa ha chiefto a Fophie difcopvive che fine fanno i folcii delle taffe. Epoi fembva ci fia un'altva queftione ancova.Hanno fatto un gvan pavlave di quadvi ealtve cofe e non hanno un foldo da sbattevenell'altvo, te ne savai accovta. Charmainannuì. — L'ho notato, non potrebberoaumentare le tasse?

— O vendeve pavte della biblioteca —suggerì Twinkle e scrollò le spalle. Il gestolo fece piegare in una posizione cosìprecaria che Charmain chiuse gli occhi. —levi seva hanno quafi cacciato Calcifevquando ha suggevito di vendeve qualchelibvo. E a pvopofito delle taffe il ve ha detto

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che la gente di High Novland è beneftante efoddifatta e i foldi in più non favebbevo chefcompavive, pevciò non fevvivebbe a niente.Quel che vovvei che tu faceffi...

Si sentì un grido in lontananza. Charmainaprì gli occhi e guardò di lato: nella piazzasi era radunata parecchia gente, che siriparava gli occhi con la mano e indicava iltetto. — Sbrighiamoci — disse lei. — Da unmomento all'altro chiameranno i pompieri.

— Ce li hanno? — chiese Twinkle. —Qui fi che fiete civilizzati —. Fece un altrodei suoi sorrisi sfavillanti. — Quel che cioccovve che tu faccia...

— Tutto bene voi due là fuori? — chieseuna voce non distante da Charmain. Era cosìvicina e improvvisa che la fece sobbalzare ele fece perdere l'equilibrio.

— Attenta, Fophie! — disse Twinkle con

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fare pressante. — C'è mancato poco lafaceffi cadeve.

— Questo dimostra quanto è sventato iltuo piano, anche per te — disse Sophie.

A giudicare dal suono della voce,doveva sporgersi dalla porticina di legno,ma Charmain non si azzardò a girarsi perverificare.

— Hai ufato la magia che ti ho dato? —chiese Twinkle, sporgendosi di lato peraggirare Charmain.

—Sì — disse Sophie. — A Palazzo c'èuna gran confusione, Calcifer sta cercando dicalmare quella sciocca di una bambinaia chesi comporta da isterica e qualcuno, da fuori,ha già chiamato i pompieri. Con tutto quelcaos sono riuscita a infilarmi in bibliotecagrazie al tuo incantesimo. Contento?

— Pevfetto —. Twinkle fece un altro

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sorriso angelico. — Fenti quanto è attuto ilmio piano —. Si chinò verso Charmain. —Non ho fatto altvo che efeguive unincantefimo che ha illuminato di una luce chepuoi vedeve folo tu tutti i libvi e i documentiche hanno anche folo la minima attinenza coni problemi del ve. Quando ne tvovi unoilluminato, voglio che pvendi appunti fu cof'è e di cofa tvatta. Di nafcofto, ovvio. Qui c'èdi fìcuvo qualcofa che non va e nonvogliamo che qualcuno fappia cofa ftaifacendo, nel cafo che foffe la pevsona checvea il pvoblema. Lo favai pev noi?

— Direi di sì — disse Charmain. Nonsembrava difficile, anche se non le piaceval'idea di tenere nascosto qualcosa al Re. —Quando vuoi che ti dia gli appunti?

— Stasera, per favore, prima che arriviquell'erede al trono — disse Sophie alle

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spalle di Charmain. — Non c'è bisogno chesia coinvolto. Hai tutta la nostra gratitudine,si tratta di una cosa veramente importante. Èper questo che ci troviamo qui. E adesso,santo cielo, venite dentro tutti e due, primache portino le scale.

— Fa bene — disse con voce squillante.— Andiamo, bada, potvei avvivave in duepezzi.

— Ben ti starebbe — disse Sophie.Le tegole presero a frantumarsi e

inclinarsi sotto i piedi di Charmain e cimancò poco che si mettesse a urlare, ma sitenne stretta con entrambe le mani,ricordando a se stessa che era in grado divolare, no? E riuscì a muoversi a ritroso sultetto a piccoli scatti verso il punto da cui eravenuta, con Twinkle, davanti a lei, che sispostava nello stesso modo. Fu questione di

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un attimo e Charmain si sentì afferrare per leascelle da Sophie, che la trascinò un po' afatica verso di sé e di nuovo all'interno delpalazzo. Sophie tornò poi a sporgersi,afferrò Twinkle e lo posò accanto aCharmain.

Twinkle rivolse a Charmain uno sguardoaccorato. — Fi tovna all'infanzia — dissecon un sospiro. — Non mi tvadivai, fevo?

— Oh piantala di dire assurdità — disseSophie. — Charmain è a posto. Poi, rivolta alei: — In realtà lui si chiama Howl e si stavergognosamente divertendo a tornarebambino. Avanti, ometto —. Lo sollevò perun braccio e lo trascinò giù per le scale,scatenando un bel po' di urla e calci.Charmain li seguì scuotendo la testa.

Sembrava che tutti gli abitanti delpalazzo al gran completo — compreso un

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gran numero di persone che Charmain nonaveva mai visto prima — si fossero radunatisul pianerottolo a metà delle scale, conCalcifer che si faceva strada ondeggiando inmezzo a loro. C'era persino il Re, che tenevadistrattamente in braccio Sperso. Laprincipessa Hilda spinse da parte unaragazzona che si stringeva addosso Morgansinghiozzando, e strinse la mano a Charmain.

— Cara signorina Charmain, davverograzie mille. Eravamo nel panico piùassoluto. Sim, vai a dire ai pompieri che nonc'è bisogno delle scale e di sicuro nemmenodegli idranti.

Charmain riusciva a malapena a sentirla.Alla vista della ragazza, Sperso era saltatasubito giù dalle braccia del Re, guaendo conisterico sollievo perché Charmain era sana esalva. Da un punto imprecisato là dietro, il

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cane di Jamal rispose con lugubri ululati. Lagrassa bambinaia prese a fare: — Sniff...buuu! —, Morgan urlava: — Uff! Uff! — egli altri borbottavano. Da lontano si sentivaTwinkle strillare: — Non fono cattivo! Hoavuto una gvan pauva!

Charmain placò parte del rumoreprendendo in braccio Sperso, e laprincipessa Hilda mise a taceredefinitivamente il chiasso battendo le mani edicendo: — Al lavoro, tutti. Nancy, porta viaMorgan prima che ci assordi e chiarisciglibene che lui non salirà sul tetto. Sophie,cara, riesci a far star zitto Twinkle?

Se ne andarono tutti. Twinkle stavadicendo: — Non fono cattivo... —, ma siinterruppe, come se l'avessero messo atacere con una mano davanti alla bocca.Charmain si ritrovò senza indugio a

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continuare a scendere le scale accanto al Rediretta in biblioteca, con Sperso che cercavaestasiata di leccarle il mento.

— Che ricordi — osservò il Re. — Daragazzo sono salito sul tetto diverse volte emai, neanche una volta, ho mancato discatenare un inutile panico. Una volta, perpoco i pompieri non mi tiravano giù persbaglio con l'idrante. I ragazzi sono sempreragazzi, cara. Sei pronta a rimetterti allavoro o preferisci sederti un po' eriprenderti?

— No, sto bene — gli assicuròCharmain.

Quel giorno, quando si sistemò al suoposto in biblioteca, si sentì proprio a casa,circondata dall'odore di libri vecchi, conSperso che si rosolava la pancia al bracieree il Re di fronte a lei che prendeva in esame

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un mucchio di vecchi diari malridotti.L'atmosfera era così pacifica che Charmainscordò completamente l'incantesimo diTwinkle. Si immerse in una pila di vecchie,umide lettere, che doveva separare l'unadall'altra. Erano tutte di un principe delpassato che si occupava di incrociare lerazze equine e voleva che la madreconvincesse il Re a dargli più soldi. Ilprincipe stava giusto descrivendo con tonoappassionato la bellezza del puledro appenanato dalla sua miglior giumenta, quandoCharmain alzò lo sguardo per vedere ildemone del fuoco guizzare placidamente quae là per la biblioteca.

Anche il Re alzò gli occhi dal suo libro.— Buongiorno Calcifer — disse in tonocortese. — Ti occorre qualcosa?

— Stavo solo esplorando — rispose

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Calcifer con la sua vocina crepitante.— Adesso capisco perché non vuoi

vendere i libri.— Già — disse il Re. — Dimmi, i

demoni del fuoco leggono molto?— In generale no — ribatté Calcifer. —

Sophie legge per me abbastanza spesso. Mipiacciono le storie con il mistero, dove deviindovinare l'assassino. Ce ne sono qui?

— Probabilmente no — disse il Re. —Ma anche a mia figlia piacciono i romanzigialli. Magari dovresti chiedere a lei.

— Grazie, lo farò — disse Calcifer esparì.

Il Re scosse la testa e tornò ai suoi diari.E come se Calcifer avesse dato impulsoall'incantesimo di Twinkle, Charmain notòimmediatamente che il diario che il Re stavasfogliando emanava un debole bagliore

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verde, e così la carta in cima alla sua pila,un rotolo di pergamena piuttosto schiacciatoavvolto in un annerito nastro dorato.Charmain fece un gran respiro e chiese: —C'è qualcosa di interessante in quel diario,Sire?

—Be' — disse il Re, — in realtà èpiuttosto sgradevole. È il diario della damadi compagnia della mia bisnonna, ed è pienodi pettegolezzi.

Proprio adesso stava raccontando che èsconvolta perché la sorella del Re è mortadando alla luce un bambino, che pare siastato ucciso dalla levatrice. Diceva che eralivido e le faceva paura. La povera animastolta fu processata per omicidio.

Charmain tornò con il pensiero a quandolei e Peter avevano cercato "lubbock"nell'enciclopedia del prozio William. Lei

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disse: — Avrà pensato che il bambino fosseun lubbockin.

— Sì, proprio una persona superstiziosae ignorante — ribattè il Re. — Al giornod'oggi nessuno crede più ai lubbockin —. Sirimise a leggere. Charmain si chiese se fosseil caso di dirgli che forse quella levatrice ditanti anni prima aveva avuto ragione, ilubbock esistono, quindi perché nondovrebbero esistere i lubbockin? Ma erasicura che il Re non le avrebbe creduto,quindi si limitò a scrivere un appunto. Presepoi in mano la pergamena schiacciata, maprima di aprirla pensò di guardare la fila discatole dove aveva messo i documenti giàletti, nel caso ve ne fosse qualcuno cheemanava bagliore. Ve ne era solo unoilluminato, e piuttosto debolmente. Una voltache l'ebbe tirato fuori, Charmain scoprì che

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era il conto presentato dal mago Melicot peraver dato un aspetto aureo al tetto. Era moltosorpresa, ma prese comunque un appunto,prima di sciogliere il nastro dorato anneritoe svolgere la pergamena. Era un alberogenealogico dei sovrani di High Norland,pieno di scarabocchi e dall'aria disordinata,come se si trattasse di una semplice bozzaper una bella copia. La ragazza non riuscivaa interpretarlo: era pieno di cancellature,frecce che indicavano aggiunte di testo ecerchi sbilenchi con dentro degli appunti.

— Sire — disse, — me lo può spiegare?— Vediamo —. Il Re prese il rotolo di

pergamena e lo aprì sul tavolo. — Ah —disse. — La bella copia di questo è appesanella sala del trono. Sono anni che non gli doun'occhiata, ma sono certo che è molto piùcomprensibile di questo: ci sono nomi di

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regnanti, chi hanno sposato e così via. Suquesto sembra che ci siano degli appunti, aquanto pare scritti da varie persone. Vedi.Ecco il mio antenato, Adolphus I. L'appuntosotto è molto antico, dice... mhm... "Innalzòmura cittadine per mezzo dell'elfgift". Algiorno d'oggi non ne resta gran che, no? Mapare che la via sul lungofiume fosse parte diquelle antiche mura...

— Mi scusi, Sire — lo interruppeCharmain, — Ma cos'è l'elfgift?

— Non ne ho la minima idea, mia cara— disse il Re. — Mi piacerebbe saperlo.Qualunque cosa fosse si diceva che portasseal regno prosperità e sicurezza, ma sembraormai scomparso da molto tempo. Mhm.Questo sì che è affascinante —. Il Re fecescorrere il suo ditone da una nota all'altra.— Qui, sotto la moglie del mio antenato, c'è

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scritto, "Era una cosiddetta donna-elfo". Hosempre sentito dire che la regina Matildafosse di stirpe elfica solo per metà, ma quisuo figlio, Hans Nicholas, è indicato come"elfo di nascita", e forse è per questo chenon è mai diventato re. La gente ha pocafiducia negli elfi, e a mio parere è un grossoerrore. Al suo posto fu incoronato il figlio diHans Nicholas, un uomo molto noioso dinome Adolphus II, che non ha mai fattoniente di importante. È l'unico re dellapergamena a non avere a fiancoun'annotazione: questo la dice lunga. Mentresuo figlio, eccolo qui, Hans Peter Adolphus,ha una nota che recita "Ristabilì la sicurtànel regno con l'aiuto dell'elfgift", chissà cosavuole dire. Com'è interessante, mia cara. Mifaresti il piacere di copiarmi in bella inmodo leggibile tutti questi nomi con le loro

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note? Puoi tralasciare i cugini e cose delgenere se non hanno note. Ti dispiace?

— Per niente, Sire — disse Charmain. Sistava chiedendo come ricopiare tutto dinascosto per Sophie e Twinkle: ecco larisposta.

Passò la giornata a fare due copie dellapergamena: una bozza pasticciata, scrittafacendo continuamente domande al Re aproposito di questa o quella nota, e un'altra,nella sua grafia migliore, per il Re inpersona. Si appassionò anche lei allapergamena. Perché il nipote di Hans Peter IIIsi era dato al "brigantaggio sulle colline"?Cosa rendeva la regina Gertrude una "stregada temere"? E perché la figlia, la principessaIsolla, veniva etichettata come "amantedell'uomo nero"? Il Re non sapevarispondere a queste domande, ma disse che

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poteva immaginare perché il principeNicholas era giudicato uno "svuotabotti".Charmain aveva letto il punto in cui sidiceva che il padre del principe, Peter HansIV, era detto "oscur tiranno oltrechéstregone"?

— Non tutti i miei antenati erano bravepersone —, disse il Re. — Scommetto chequesto si comportava da gran prepotente conil povero Nicholas. Pare possa succederequando il sangue elfico si inacidisce, ma iocredo che dipenda solo dalle persone.

A pomeriggio inoltrato, quando eraormai quasi arrivata al bordo inferiore dellapergamena, dove sembrava che i governantisi chiamassero quasi tutti Adolphus,Adolphus Nicholas o Ludovic Adolphus,l'attenzione di Charmain fu attratta da unaprincipessa Moina, che "sposò un gran

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Signore di Strangia, ma morì nel dare allaluce un disgustoso lubbockin". Charmain eracerta che la donna di cui si parlava neldiario della dama di compagnia fosseMoina: a quanto pareva qualcuno avevacreduto alla storia della levatrice. Decise dinon farne parola con il Re. Tre righe sottoarrivò al Re, "sempre perso tra i suoi libri",e alla principessa Hilda che "rifiutò di andarin sposa a un re, tre signori e un mago".Erano schiacciati da una parte per far postoai discendenti dello zio del re, NicholasPeter, che a quanto pareva aveva avuto moltifigli: i suoi nipoti riempivano tutta l'ultimariga. Come accidenti facevano a ricordare iloro nomi, si chiese Charmain. Metà dellefemmine si chiamava Matilda e l'altra metàIsolla, mentre i maschi erano quasi tutti Hanso Hans Adolphus. L'unico modo per

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distinguerli era ricorrere alle noticine: di unHans era scritto "assai villano, annegato", diun altro "ucciso per errore" e di un terzo"perito oltreconfine". Le femmine eranoancora peggio: c'era una Matilda "superba etediosa", una "da temere come la reginaGertrude" e un'altra "di natura malvagia". LeIsolla erano finite tutte o "avvelenate" omorte per "malaugurati eventi". In unafamiglia che a Charmain cominciava asembrare davvero spaventosa l'erede del re,Ludovic Nicholas, spiccava per l'assenza diannotazioni, proprio come l'inutile Adolphusdel passato. Trascrisse tutto, nomi, appunti etutto il resto. Per la fine del pomeriggio,aveva il dito destro intorpidito e azzurrod'inchiostro.

— Grazie, cara — disse il Re aCharmain quando gli passò la bella copia.

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Prese a leggere con una foga tale che laragazza riuscì senza difficoltà a raccoglierela sua copia e gli altri appunti e a infilarselinelle tasche senza che la vedesse. Mentre sialzava, il Re sollevò lo sguardo e le disse:

— Spero che mi perdonerai, mia cara.Non avrò bisogno del tuo aiuto nei prossimidue giorni, la Principessa insiste che escadalla biblioteca e mi comporti da padrone dicasa con il giovane principe Ludovic questofine settimana. Con gli ospiti maschi non è alsuo meglio, sai. Ma spero che ci rivedremolunedì.

— Sì, certo — disse Charmain. Prese inbraccio Sperso, che era tornata zampettandodalla cucina, e si diresse verso la portad'ingresso, chiedendosi cosa fare con la suacopia della pergamena. Non era sicura difidarsi di Twinkle: doveva credere a uno che

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sembrava un bambino, ma ovviamente non loera? E poi c'era quel che, secondo Peter,aveva detto il prozio William sui demoni delfuoco. "Ci si poteva fidare di un essere cosìpericoloso?" pensò sconsolata mentrecamminava. Si ritrovò faccia a faccia conSophie. — Com'è andata? Hai trovatoqualcosa? — le chiese con un sorriso.

Era un sorriso così amichevole, cheCharmain decise che in ogni caso si potevafidare di Sophie. O quantomeno cosìsperava.

— Ho qualcosa — disse, tirandosi fuorii fogli di tasca.

Sophie li afferrò con ancora piùimpazienza e gratitudine del Re quandoaveva preso la bella copia. —Meraviglioso! — disse. — Questidovrebbero darci almeno un indizio, al

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momento non abbiamo niente a cuiappigliarci. Howl, cioè, Twinkle, dice chesembra che gli incantesimi di divinazionequi non funzionano, ed è bizzarro, perché noncredo che né il Re né la Principessapratichino la magia, no? Non abbastanza dabloccare un incantesimo di divinazione,voglio dire.

— No — disse Charmain. — Ma moltidei loro antenati la praticavano. E con il Renon bisogna fermarsi all'apparenza.

— Hai ragione — disse Sophie. — Puoirestare a dare un'occhiata a questi appuntiinsieme a noi?

— Lunedì — le disse Charmain. —Adesso devo passare a trovare mio padreprima che il forno chiuda.

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CAPITOLO UNDICI

Nel quale Charmainsi inginocchia su una torta

Al suo arrivo, Charmain trovò il negoziochiuso, ma attraverso i vetri annebbiati videche c'era qualcuno all'interno intento amettere in ordine. Bussò leggermente allaporta e, non ottenendo risposta, appoggiò lafaccia contro il vetro e urlò: — Fatemientrare! Dopo un po', la persona all'internosi avvicinò con passo strascicato alla porta el'aprì quanto bastava per infilarci la faccia inmezzo. Si rivelò un apprendista, all'incircadell'età di Peter, che Charmain non avevamai visto. — Siamo chiusi — disse. Posò losguardo su Sperso, tra le braccia di

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Charmain. La porta aperta lasciò uscire unascia dal profumo di ciambelle appenasfornate e Sperso ci cacciò il naso in mezzoe prese ad annusare estasiata. — E i cani nonpossono entrare — disse l'apprendista.

— Devo vedere mio padre — disseCharmain.

— Non puoi vedere nessuno — dissel'apprendista. — C'è ancora un gran da fareal forno.

— Mio padre è il signor Baker — glidisse Charmain, — sono sicura che vorràvedermi, fammi entrare.

— Come faccio a sapere che è vero? —chiese lui con fare sospettoso. — Ne va delmio impiego...

Charmain sapeva di trovarsi in quelgenere di situazioni in cui doveva cercare diessere educata e gentile, ma le scappò la

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pazienza, proprio come le era successo con icoboldi. — Oh, sciocco che non sei altro! —lo interruppe. — Se mio padre sapesse chenon mi fai entrare, ti licenzierebbeall'istante! Vallo a chiamare se non ci credi!

— Che arroganza! — esclamòl'apprendista, ma fece marcia indietrodicendo: — Entra, allora, ma il cane restafuori, chiaro?

— No — ribatté Charmain. —Potrebbero portarla via, è un cane magico digrandissimo valore e per tua regola sappiche persino il Re me la lascia portare aPalazzo. Se va bene a lui, cosa puoi avere daridire tu? L'apprendista appariva sprezzante.— Vallo a raccontare ai lubbock dellecolline — disse.

La situazione sarebbe potuta precipitare,se Belle, una delle commesse, non fosse

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arrivata dal laboratorio proprio in quelmomento. Si stava annodando il foulard alcollo e diceva: — Vado, Timmy. Ricordatidi lavare tutte le... —, quando videCharmain. — Oh, ciao Charmain! Sei vedutaa trovare papà?

— Ciao, Belle. Sì, sono qui per papà —disse. — Ma non vuole lasciarmi portaredentro Sperso.

Belle guardò Sperso e il viso le sidistese in un sorriso. — Che creaturinadolce! Ma lo sai anche tu cosa ne pensa tuopadre dei cani qua dentro. Meglio lasciarla aTimmy in negozio. Te ne occuperai tu, vero,Timmy? L'apprendista fece un rumore didisapprovazione e lanciò a Charmainun'occhiata di fuoco.

— Però ti avverto, Charmain — continuòBelle con il suo solito tono ciarliero, —

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sono parecchio impegnati là dietro, hanno unordine per una torta speciale. Non ti fermimolto, vero? Metti giù la cagnolina, qui noncorre pericoli. E, Timmy, quei ripianistavolta li voglio puliti come si deve, odomani mi senti. Ciao ciao, notte notte!

Belle se ne uscì di fretta dal negozio eappena fu passata Charmain entrò. Per unistante pensò di andare dritta in laboratoriocon Sperso, ma rifletté che il cane aveva deipessimi precedenti in fatto di cibo, così laposò accanto alla cassa, rivolse a Timmy unfreddo cenno d'intesa — "Mi odierà finchécampa," pensò — e procedette da sola conaria altezzosa accanto a vetrinette vuote efreddi ripiani in marmo, a gruppi di tavoli esedie bianchi, dove i cittadini di HighNorland avevano l'abitudine di sedersi aconsumare caffè e sostanziose torte. Sperso

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mugolò disperata quando vide Charmainspingere la porta del laboratorio, ma leitenne duro e se la richiuse alle spalle.

Il retro era animato come un alveare,c'era un caldo tropicale ed era pieno diprofumi che avrebbero fatto impazzireSperso. Si sentiva la fragranza di ciambelleappena sfornate e ciambelle che stavanoancora cuocendo, gli aromi dolci difocaccine, crostate di frutta e cialde, il tuttocoperto dall'odore invitante di pasticci equiche, a sua volta celato dall'intensa scia dipanna e glassa proveniente dalla grande tortamultistrato che diverse persone erano intentea decorare sul tavolo accanto alla porta."Acqua di rose!" pensò Charmain,sentendone il profumo. Limone, fragole,mandorle dall'Ingaria meridionale, ciliegie epesche! Il signor Baker passava da un

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lavorante all'altro e intanto dava istruzioni,incoraggiava e controllava. Al suo ingressoCharmain sentì che diceva: — Jake, daccidentro con quell'impasto —. E un istantedopo: — La mano più leggera con queldolce, Nancy. Non pestare, o diventerà durocome un sasso —. Un momento dopo era aiforni dalla parte opposta della stanza espiegava a un ragazzo quale usare. Eovunque fosse, riceveva all'istante attenzionee obbedienza.

Suo padre era il sovrano del suo forno,Charmain lo sapeva, più re di quanto lofosse al Palazzo Reale il vero sovrano,pensò. Aveva il cappello bianco posato sulcapo come una corona. Gli calzava apennello. Aveva il viso sottile e i capellirossi come lei, ma con molte più lentiggini.Lo ritrovò vicino ai fornelli, dove stava

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assaggiando un ripieno di carne e diceva allaragazza che lo stava preparando che eratroppo speziato.

— Però il sapore è buono — protestòlei.

— Sarà anche buono — disse il signorBaker, — ma tra buono e perfetto c'è unmare di differenza, Lorna. Vai a dare unamano con la torta o ci metteranno tutta lanotte, mentre io provo a salvare questoripieno.

Levò la pentola da fuoco, mentre Lornasi allontanava in tutta fretta, con l'aria moltosollevata. Lui si girò con la pentola in manoe vide Charmain. — Ciao tesoro! Tiaspettavo! —. Fu preso da un leggerosospetto. — Ti ha mandata qui la mamma?

— No — disse Charmain. — Sonovenuta per conto mio. Bado alla casa del

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prozio William, ti ricordi?— Oh, è vero — rispose il padre. —

Cosa posso fare per te?— Ehm... — disse Charmain. Era

difficile spiegarlo adesso che aveva avutomodo di ricordarsi che genere di esperto erasuo padre.

— Un momento solo — disse, e si giròper cercare qualcosa tra le file di contenitoridi erbe e spezie nello scaffale accanto aifornelli. Scelse un vasetto, tolse il coperchioe sparse nella pentola appena uno spruzzo diuna cosa. Mescolò, assaggiò e annuì. —Adesso va bene — disse, posando la pentolaper farla raffreddare, poi rivolse a Charmainuno sguardo interrogativo.

— Non so cucinare, papà — sbottò, — ea casa del prozio William il cibo per cenaarriva crudo. Non è che hai delle istruzioni

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scritte, eh? Per principianti o roba delgenere?

Il signor Baker prese a lisciarsi il mentolentigginoso con la mano, pulitissima,riflettendo.

— Ho sempre detto a tua madre cheavevi bisogno di imparare un po' di questecose — disse. — Anche se siamo personerispettabili. Vediamo. La maggior parte dellemie cose sono troppo avanzate per te. Artepasticcera, salse da gourmet e cose delgenere. Al giorno d'oggi cerco apprendistiche quando arrivano qui conoscano già lebasi, ma credo di avere ancora qualcosasulle nozioni di base, qualche appunto cherisale ai miei inizi. Andiamo a vedere, ti va?

Le fece strada in mezzo alla folla dicuochi indaffarati fino alla parte oppostadella stanza, dove c'erano alcuni scaffali

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traballanti con impilati alla rinfusa quadernidi appunti, pezzi di carta macchiati dimarmellata e grossi raccoglitori con sopraimpronte di farina.

— Aspetta un attimo — disse il signorBaker fermandosi al tavolo degli avanziaccanto agli scaffali. — Sarà meglio che tidia qualcosa da mangiare per tirare avantiintanto che te li leggi, no?

Charmain conosceva bene quel tavolo.Sperso l'avrebbe adorato: c'era tutto quelche veniva non proprio perfetto: crostatesbriciolate, focaccine di forma irregolare epasticci rotti, insieme a tutto quello che nonera stato venduto quel giorno. I suoi aiutantipotevano portare a casa quello chevolevano. Il signor Baker prese una delleborse di iuta che usavano gli impiegati ecominciò rapidamente a riempirla. Sul fondo

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finì un'intera torta di panna, seguita da unostrato di pasticci e da focaccine e ciambelle,e infine un bel flan di formaggio. Posò laborsa ricolma sul tavolo mentre esploravagli scaffali.

— Ecco qui — disse, tirando fuori unquaderno marrone dalla copertina morbida,scuro per il vecchio grasso. — Mi sembravadi avercelo ancora! Risale ai tempi dei mieiinizi come ragazzo di bottega al ristorantedella piazza del Mercato. A quei tempi nesapevo quanto te adesso, perciò dovrebbeproprio fare al caso tuo. Vuoi gli incantesimiabbinati alle ricette?

— Incantesimi! — esclamò Charmain.— Ma, papà!

Charmain non gli aveva mai visto un'ariatanto colpevole, le lentiggini per un istanteerano annegate nel rossore. — Lo so, lo so,

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Charmain, tua madre avrebbe da ridire,insiste nel dire che la magia è una cosavolgare e bassa, ma la uso da sempre e nonriesco a farne a meno... di sicuro non quandocucino. Ricorriamo alla magia di continuo,qui al forno.

Fai la brava, non farne parola con lamamma, eh? —. Tirò fuori un quadernettogiallo e lo sfogliò pensoso. — Questi quisono tutti incantesimi semplici semplici chefunzionano. Lo vuoi?

— Sì, grazie! — disse Charmain. — Eovviamente non dirò niente alla mamma, loso bene quanto te com'è fatta.

— Che bravo tesoro! — disse il signorBaker. Fece scivolare rapido i due quaderninella borsa accanto al flan di formaggio e lapassò a Charmain. Sogghignarono comecospiratori. — Gustati la cena — disse il

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signor Baker. — Buona fortuna.— Anche a te — disse Charmain. — E

grazie, papà! — Si allungò per baciarlosulla guancia florida e piena di lentiggini,appena sotto il cappello da cuoco, e poi sifece strada per uscire dal forno.

— Beata te! — le urlò dietro Lornamentre apriva la porta. — Avevo messo gliocchi anch'io sulla torta alla panna che ti hadato.

— Ce n'erano due — le gridò Charmaingirandosi mentre entrava in negozio.

Una volta lì trovò, con grande sorpresa,Timmy seduto sul bancone in marmo e vetrocon in braccio Sperso. Il ragazzo le spiegò,sulla difensiva: — C'è rimasta molto maleche l'hai lasciata qui. Ha cominciato aululare come una matta.

"Dopo tutto forse non saremo nemici

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giurati," pensò Charmain, mentre Sperso siliberava dall'abbraccio di Timmy con unguaito di piacere e le piroettava intorno allecaviglie facendo un tale chiasso chel'apprendista non riuscì a sentire i suoiringraziamenti. Uscendo dal negozio,Charmain non mancò di rivolgergli un gransorriso e un cenno di saluto, con Sperso chefaceva capriole e guaiva ai suoi piedi. Ilforno era dalla parte opposta della cittàrispetto al fiume e alla via che locosteggiava. Charmain avrebbe potutotagliare in quella direzione, ma era piùsemplice prendere High Street, soprattuttocon Sperso costretta a camminare perché leidoveva portare una borsa strapiena. HighStreet era una delle vie più importanti dellacittà, anche se così non sembrava. Erastretta, tortuosa e priva di marciapiedi, ma

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sui due lati si affacciavano i migliori negozidel circondario. Charmain la percorselentamente, immersa nei suoi pensieri sifermava a guardare le vetrine per dare aSperso il tempo di recuperare, schivando chifaceva acquisti all'ultimo minuto e chicorreva a casa per cena. Era divisa tra lasoddisfazione, Peter non aveva più scusantiper preparare quei pasti tremendi, e lasorpresa: papà.faceva uso dì magia! El'aveva sempre usata. Fino a quel momento,Charmain si era sentita segretamente in colpaper aver fatto esperimenti con Il libro delpalinsesto, ma ora era sollevata. Mi sa cheho ereditato la magia da papà! Oh,fantastico! Adesso so di poter compieredegli incantesimi. Ma allora perché papà fasempre quel che vuole mamma? Insistequanto lei sul fatto che io devo essere una

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ragazza per bene. Cavolo, i genitori! IIpensiero, però, la rallegrò. A quel puntorisuonò alle sue spalle un gran rumore dizoccoli, unito a un brontolio e a urlapoderose: — Largo! Largo!

Charmain si voltò a guardare e vide chela strada era piena di cavalieri in uniformeche andavano così di fretta da esserle giàquasi addosso. I passanti si appiattirono aimuri ai lati della strada e Charmain si giròindietro per prendere Sperso. Saltò su unasoglia lì accanto, si accucciò sulla borsa delcibo e riuscì a non lasciar andare i manicianche con Sperso in braccio. Si sistemò ilcane e la borsa tra le braccia e si fece aridosso del muro, con le gambe dei cavalli ei piedi degli uomini nelle staffe che lepassavano a un palmo dal naso. Eranoseguiti da un'intera scuderia di cavalli al

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galoppo, neri e lucidi, in tirelle di pelle, idorsi sfiorati da schiocchi di fruste. Seguivarombando una vettura tutta colorata,scintillante di vetro, oro e stemmi decorati,con due uomini in cappello piumato cheoscillavano sul retro, e venivano infine altricavalieri in uniforme che galoppavano in unfrastuono assordante. Un attimo dopo eranospariti, lungo la strada e oltre la primacurva. Sperso mugolava, Charmain siafflosciò contro il muro.

— Cos'era? — chiese alla personaappiattita alla parete accanto a lei.

— Era il principe ereditario Ludovic —disse la donna. — Mi sa che va a trovare ilRe.

Era una signora bionda dall'aria untantino altera e a Charmain ricordavavagamente Sophie Pendragon. Teneva stretto

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un bambino piccolo che poteva assomigliarea Morgan, ma non era affatto chiassoso,sembrava bianco di paura, un po' comedoveva essere Charmain.

— Dovrebbe sapere che non si va cosìveloci in una stradina come questa! —esclamò Charmain arrabbiata. — Qualcunopoteva farsi male! Guardò nella borsa e videche il flan si era rotto in due pezzi eafflosciato, il che la fece arrabbiare ancoradi più. — Perché non è andato per illungofiume, che è più largo? — disse. —Non gli importa di niente?

— Non molto — ribatté la donna.— Allora tremo al pensiero di come si

comporterà quando sarà re! — disseCharmain. — Sarà terribile!

La donna le rivolse uno strano sguardo diintesa. — Fingo di non aver sentito — disse.

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— Perché? — chiese Charmain.— Ludovic non ama le critiche — ribatté

la donna. — E a incoraggiare la suasuscettibilità ci sono dei lubbockin.Lubbockin, hai capito bene, ragazzina!Speriamo che abbia sentito solo io quelloche hai detto — disse. Sollevò più in alto ilbambino che teneva in braccio e se ne andò.Charmain ricominciò ad attraversare la cittàcon passo pesante, Sperso sotto un braccio ela borsa nell'altro, e intanto pensava a quelloche aveva appena udito. Si ritrovò a sperareardentemente che re Adolphus X, il suosovrano, avesse ancora molto da vivere. "Opotrei dover scatenare una rivoluzione,"pensò. "Santo cielo, come sembra lunga lastrada per arrivare a casa del prozioWilliam oggi!".

Alla fine, comunque, ci arrivò e

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sollevata posò Sperso sul vialetto. In casa,Peter era in cucina, seduto su uno dei diecisacchi di biancheria, che fissava torvo unagran fetta di carne rossa sul tavolo. Accantoc'erano tre cipolle e due carote.

— Non so come cucinarle — disse.— Non ce n'è bisogno — disse

Charmain, appoggiando la borsa sul tavolo.— Sono appena passata a trovare mio padre,ed ecco qua — aggiunse pescando i duequaderni dalla borsa, — le ricette e gliincantesimi abbinati —. I quaderni erano unpo' sporchi di flan, Charmain li pulì nellagonna e li passò a Peter.

Lui assunse un'aria incredibilmenteraggiante e saltò giù dal sacco di biancheria.— Questo sì che è utile! — esclamò. — Emeglio ancora, una borsa di cose damangiare.

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Charmain tirò fuori dalla borsa il flanafflosciato, i pasticci in pezzi e le focaccinespiaccicate. La torta alla panna sul fondopresentava un'impronta a forma di ginocchioe il ripieno era in parte colato sui pasticci, alche Charmain si infervorò di nuovo contro ilprincipe Ludovic. Mentre cercava diricomporre i pasticci, raccontò l'accaduto aPeter.

— Sì mia madre lo dice sempre che sicomporta come un vero e proprio tiranno —disse Peter con tono un tantino assente,intento com'era a sfogliare i quaderni. —Dice che è per questo che lei se n'è andata.Sai per caso se gli incantesimi vanno fattimentre si cucina, prima o dopo?

— Papà non me l'ha detto. Dovraiarrangiarti — disse Charmain, e se ne andònello studio del prozio William alla ricerca

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di un libro in grado di calmarla.La bacchetta a dodici rami era

interessante, ma la faceva sentire come se latesta le si sbriciolasse in centinaia dipezzettini. Ogni ramo della bacchetta sidivideva in dodici rametti, e ognuno diquesti in altri dodici. "Manca poco che mitrasformi anch'io in un albero," pensòCharmain mentre passava in rassegna i librisullo scaffale. Ne prese uno intitolato Ilviaggio di un mago: sperava fosse un librodi avventure, e in un certo senso lo era, mapresto si rese conto che si trattava delminuzioso resoconto di come un magoapprende le proprie arti. Le fece tornare inmente che papà si era rivelato un adeptodelle arti magiche. E so di averle ereditateanch'io, pensò. Ho imparato a volare e hoaggiustato le tubature del bagno in un istante,

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ma devo ancora capire come farlo con calmae senza intoppi, invece di dover urlare ecolpire le cose. Era ancora lì seduta ariflettere sulla cosa quando Peter le urlò cheera pronto da mangiare.

— Ho usato gli incantesimi — disse lui,molto fiero di sé. Aveva scaldato i pasticci efatto un passato di cipolle e carote moltogustoso. — E, — aggiunse, — dopo unagiornata passata a esplorare ero abbastanzastanco.

— Hai cercato l'oro? — chieseCharmain.

— Cos'altro dovevo fare? — rispose lui.— Sappiamo che è qui da qualche parte. Mainvece dell'oro ho trovato il posto dovevivono i coboldi. È come un'enorme cavernaed erano tutti lì a fare delle cose: soprattuttoorologi a cucù, ma ce n'erano anche che

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costruivano teiere e, vicino all'entrata,qualcuno che faceva una cosa simile a undivano. Non ci ho parlato, non sapevo se sitrovavano nel passato o nel presente, gli hosolo sorriso e sono rimasto a osservarli. Nonvolevo farli arrabbiare un'altra volta. Tucos'hai fatto oggi?

— Oh, santo cielo, che giornata! —esclamò Charmain. — È cominciata conTwinkle sul tetto, che paura mi sono presa!—, e gli raccontò il resto. Peter aggrottò lesopracciglia. — Questi Twinkle e Sophie...— disse, — sei sicura che non abbiano inmente qualcosa di malvagio? Sai che il magoNorland ha detto che i demoni del fuocosono creature pericolose.

— Me lo sono chiesta anch'io — ammiseCharmain. — Ma mi sembrano a posto, pareche la principessa Hilda li abbia convocati

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per aiutarla. Vorrei sapere come trovarequel che sta cercando il Re. Si èentusiasmato così tanto quando ho recuperatol'albero genealogico. Lo sapevi che ilprincipe Ludovic aveva otto cugini disecondo grado che si chiamavano quasi tuttiHans o Isolla e solo pochi tra loro non hannofatto una brutta fine?

— Perché era tutta gente pocoraccomandabile — disse Peter. — Secondomia madre Hans il crudele fu avvelenato daIsolla l'assassina, che a sua volta fu uccisada Hans lo svuotabotti quando era ubriaco.Poi, quell'Hans è caduto dalle scale e si èrotto l'osso del collo, mentre sua sorellaIsolla è stata impiccata in Sfrangia per avercercato di uccidere il signore che avevasposato. A che numero sono arrivato?

— Cinque — rispose Charmain,

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piuttosto affascinata. — Ne mancano tre.— Sono le due Matilda e l'altro Hans —

disse Peter. — Hans Nicholas, che non socome è morto, ma è successo all'estero, nonso dove. Una delle Matilda è rimasta uccisanell'incendio della sua villa, e si dice chel'altra sia una strega così pericolosa che ilprincipe Ludovic l'ha rinchiusa nella soffittadi Castel Joie. Nessuno osa andarle vicino,neanche il principe. Le basta uno sguardoper uccidere. Ho fatto bene a dare a Spersoil pezzo di carne?

— Penso di sì — disse Charmain. — Senon si strozza. Come fai a sapere tutte questecose? Io li ho sentiti nominare oggi per laprima volta.

— È perché vengo da Montalbino —disse Peter. — A scuola da me tutti sannoogni particolare della storia dei nove cugini

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cattivi di High Norland, ma immagino che inquesto paese né il Re né il Principe voglianoche si sappia in giro quanto sono abbietti iloro parenti. Si dice che il principe Ludovicnon sia migliore degli altri.

— E dire che è un paese così bello! —protestò Charmain. La faceva star male ilpensiero che High Norland avesse dato inatali a nove persone tanto orribili, esembrava pesare molto anche al Re.

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CAPITOLO DODICI

Il quale tratta di bucatoe uova di lubbock

Il giorno dopo, Charmain si svegliòpresto per colpa di Sperso, che le avevaficcato il nasino freddo nell'orecchio,ovviamente convinta che dovessero andare aPalazzo come al solito.

— No, non devo andarci! — disse intono brusco. — Oggi il Re deve occuparsidel principe Ludovic, vattene Sperso, orischi che mi trasformi in un'Isolla e tiavveleni! O in una Matilda, e ti facciaqualche rito di magia nera. Vattene via!

Sperso zampettò via triste, ma ormaiCharmain era sveglia. Ci mise un bel po' ad

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alzarsi, e placò l'irritazione dicendosi cheavrebbe trascorso una bella, pigra mattinataa leggere Il viaggio di un mago. Anche Peterera in piedi, ma aveva altre idee. — Oggifacciamo un po' di bucato — disse. — Hainotato che ci sono dieci sacchi di roba dalavare qui e dieci in camera del magoNorland? E mi sa che ce ne sono altri diecinella dispensa.

Charmain rivolse ai sacchi uno sguardotorvo, non poteva negare che occupasserogran parte della cucina. — Non ci riguarda— disse. — Devono occuparsene i coboldi.

— No — disse Peter. — Mia madre diceche la biancheria si moltiplica, se non lalavi.

— Noi abbiamo una lavandaia — disseCharmain. — Io non lo so come si fa alavare.

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— Ti faccio vedere — disse Peter. —Devi smetterla di nasconderti dietrol'ignoranza.

Mentre si chiedeva rabbiosa come Peterriuscisse a metterla sempre al lavoro,Charmain si ritrovò in cortile a pomparefaticosamente l'acqua, per riempire secchiche Peter portava nella lavanderia esvuotava nel grande bollitore di rame. Dopoaverne svuotati una decina, tornò da lei e ledisse: — Adesso dobbiamo accendere unfuoco sotto il bollitore, ma non trovo ilcombustibile. Secondo te dove lo tiene?Charmain, esausta, si scostò dal viso icapelli sudati con la mano. — Devefunzionare come i fuochi in cucina — disse.— Vado a vedere —. Si avviò verso ilcapanno pensando: "E se non funziona,possiamo smettere di provare. Bene".

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— Basta anche una cosa che bruci —propose a Peter.

Lui si guardò intorno con sguardo privodi espressione: all'interno del capanno c'erasolo una fila di mastelli di legno e unascatola di sapone in scaglie. Charmain diedeuno sguardo al fondo del bollitore, anneritodai precedenti fuochi. Rivolse lo sguardo aimastelli, troppo grandi, poi al sapone inscaglie, ma decise di non rischiare un'altratempesta di bolle. Uscì e strappò un ramettoda un albero malato, lo infilò nel focolareannerito, diede un colpo al bollitore e disse:— Fuoco! — e le toccò arretrare in frettaperché le fiamme si accesero in un lampo.

— Ecco — disse a Peter.— Bene — ribatté lui. — Torniamo alla

pompa. Adesso dobbiamo riempire ilbollitore.

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— Perché? — chiese Charmain.— Perché ci sono trenta sacchi di roba

da lavare, no? — disse Peter. — Dobbiamoriempire di acqua calda alcuni di queimastelli per lavare le cose di seta e le cosedi lana, poi ci serve l'acqua per ilrisciacquo. Un bel po' di altri secchi.

— Non ci posso crederei — mormoròCharmain rivolta a Sperso, che zampettavaqua e là e guardava. Sospirò e tornò allapompa.

Intanto, Peter aveva preso una sediadella cucina e l'aveva portata nel capanno.Poi, con indignazione di Charmain, disposein fila i mastelli e si mise a versarvi dentrointeri secchi dell'acqua fredda che lei avevapompato con tanta fatica.

— Credevo che fosse per il bollitore! —protestò lei.

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Peter salì sulla sedia e cominciò alanciare le scaglie di sapone nel bollitore apiene mani. Adesso fumava e ribollivarumorosamente.

— Smetti di discutere e continua apompare — disse. — Adesso è quasiabbastanza calda per i bianchi. Dovrebberobastarne altri quattro, poi potremocominciare a buttare dentro le camicie e ilresto.

Scese dalla sedia e rientrò in casa. Alritorno trascinava due sacchi che lasciòappoggiati alle pareti del casotto mentre siavviava a prenderne altri. Charmain pompò,sbuffò e lanciò occhiate torve, infine salìsulla sedia per versare i quattro secchi pieninella nube saponosa di vapore che saliva dalbollitore. Poi, lieta di poter fare altro, slegòil primo sacco. Dentro c'erano calzini e una

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tunica rossa da mago, due paia di pantaloni,camicie e, sul fondo, biancheria, e il tuttoemanava odore di muffa a causadell'alluvione che Peter aveva provocato inbagno. Stranamente, quando slegò il secondosacco, Charmain trovò all'interno le stesse,identiche cose.

— Dovevo immaginare che il bucato diun mago dovesse essere particolare — disse.Prese una bracciata di vestiti, salì sullasedia e li scaricò nel bollitore.

— No, no, no! Ferma! — urlò Peter nelmomento esatto in cui Charmain svuotava ilsecondo sacco. Arrivò di corsa attraverso ilprato, con a rimorchio altri otto sacchi legatiinsieme.

— Ma se l'hai detto tu di fare così! —protestò Charmain.

— Non prima di separare le cose,

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sciocca che non sei altro! — disse Peter.— Solo i bianchi vanno bolliti!— Non lo sapevo — rispose Charmain

imbronciata.Passò il resto della mattinata sul prato a

suddividere in mucchi le cose da lavare,mentre Peter metteva a bollire le camicie efaceva scorrere acqua insaponata neimastelli per mettere a bagno giacche, calzinie venti paia di pantaloni da mago.

Dopo un po' disse: — Mi sa che lecamicie hanno bollito abbastanza —, etrascinò un mastello di acqua fredda per ilrisciacquo. — Spegni il fuoco, mentre facciouscire l'acqua calda.

Charmain non aveva la minima idea dicome spegnere un fuoco magico. Fece unaprova dando un colpo al bollitore e si bruciòla mano. Allora disse: — Ahi! Fuoco,

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spegniti! — con una specie di urlo, e ilfuoco, obbediente, tremolò e sparì. Lei simise le dita in bocca per succhiarle e guardòPeter che apriva lo scarico in fondo albollitore e faceva defluire una schiuma rosafumante e ribollente. Charmain osservava trai fumi l'acqua che scendeva.

— Non sapevo che il sapone fosse rosa— disse lei.

— Non lo era — disse Peter. — Ohperbacco! Guarda cos'hai fatto! Saltò sullasedia e prese a tirare fuori camicie fumanticon l'apposito bastone biforcuto. Quandocominciarono a gettarle nell'acqua fredda,scoprirono che erano diventate tutte rossociliegia. Dopo le camicie Peter tirò fuoriquindici calzini rattrappiti che sarebberostati piccoli persino per Morgan, e un paiodi pantaloni da mago taglia bambino. Alla

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fine, ripescò una minuscola tunica rossa e latenne sospesa fuori con fare accusatorio,gocciolante e fumante, perché Charmainvedesse.

— È tutta colpa tua — disse. — Maimettere della lana rossa insieme alle camiciebianche. Stinge, ed è diventata troppopiccola anche per un coboldo. Che razza disconsiderata!

— Come facevo a saperlo? — domandòCharmain agitata. — Ho vissuto sotto unacampana di vetro! La mamma non mi ha mailasciato nemmeno avvicinare allalavanderia.

— Perché non è una cosa per bene. Lo so— disse Peter disgustato. — Immagino chepensi che dovrei dispiacermi per te! Non ècosì, e non ho intenzione di lasciartiavvicinare al mangano. Dio solo sa cosa

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potresti combinare! Mentre sto al manganovoglio provare un incantesimo sbiancante.Tu vai a prendere il filo e le mollette dabucato dalla credenza e stendi tutto. Possofidarmi che non ti appenderai da sola oqualcosa del genere?

— Non sono stupida — disse Charmaincon alterigia.

Circa un'ora più tardi, quando, stanchi ebagnati per il vapore, se ne stavano entrambiin cucina a mangiare tranquillamente gliavanzi del giorno prima, Charmain non potèfare a meno di pensare che i suoi sforzi conil filo del bucato erano andati a miglior finedi quelli di Peter con il mangano el'incantesimo sbiancante. La corda disegnavaun percorso a zigzag avanti e indietro per ilgiardino, ma almeno stava su. Le camicieappese al filo con le mollette, però, non

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erano bianche: alcune erano striate di rosso,altre presentavano dappertutto strani motivirosa e altre ancora erano di un azzurropastello. La maggior parte delle tunicheavevano righe bianche qua e là, mentrecalzini e pantaloni erano tutti di un biancocrema. Charmain pensò che era moltogentile da parte sua non far notare a Peterl'elfo che saltellava, muovendosi rapido nelpercorso a zigzag disegnato dai panni stesi, eli osservava serio e stupito.

— C'è un elfo là fuori! — esclamò Petera bocca piena.

Charmain mandò giù il resto delpasticcio e poi aprì la porta sul retro pervedere cosa voleva l'elfo.

L'elfo chinò la sua svettante testa biondaper passare dallo stipite e avanzò a passilenti e solenni fino al centro della cucina.

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Una volta lì, pose sul tavolo la teca di vetroche aveva con sé. All'interno c'erano treoggetti bianchi e tondeggianti delledimensioni di palline da tennis. Peter eCharmain li osservarono, e poi spostaronol'attenzione sull'elfo, che se ne stava lì senzaproferir parola.

— Cosa sono? — chiese Peter dopo unpo'.

L'elfo fece un accenno di inchino. —Sono — disse, — tre uova di lubbock cheabbiamo asportato dal corpo del magoNorland. È stata un'operazione moltodifficile, ma è riuscita alla perfezione.

— Uova di lubbock! — esclamaronoquasi all'unisono Peter e Charmain. Lei sentìche il colore le svaniva dal viso e rimpianseseriamente di aver mangiato quel pasticcio.Le lentiggini di Peter si trovarono a spiccare

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marroni sul suo volto bianco. Sperso, cheelemosinava il pranzo sotto il tavolo, prese aguaire frenetica.

— Perché... perché le hai portate qui? —riuscì a dire Charmain. L'elfo rispose concalma: — Perché abbiamo scoperto che ci èimpossibile distruggerle: tutti i nostri sforzi,magici e fisici, si sono rivelati inutili. Siamogiunti alla conclusione che solo un demonedel fuoco può riuscirci. Il mago Norland ciha informati che in questo momento lasignorina Charmain dovrebbe essere incontatto con un demone del fuoco.

— Il mago Norland è vivo? Ci haiparlato? — chiese precipitosamente Peter.

— Sì — disse l'elfo. — Si sta rimettendoe nel giro di tre o quattro giorni al massimodovrebbe essere in grado di far ritorno acasa.

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— Oh, come sono contenta! — disseCharmain. — Allora erano le uova dilubbock a farlo stare male?

— Proprio così — asserì l'elfo. —Sembra che qualche mese fa, mentrepasseggiava su un prato in montagna, il magoNorland si sia imbattuto in un lubbock. Vistoche è un mago, le uova hanno assorbito lasua magia ed è diventato quasi impossibiledistruggerle. Non toccate le uova e nontentate di aprire la teca che le contiene, viavverto, sono estremamente pericolose. Viconsiglio di assicurarvi i servigi di undemone del fuoco il prima possibile.

Peter e Charmain erano ancora intenti afissare le uova nella teca e a mandar giùsaliva, quando l'elfo rivolse loro un altropiccolo inchino e uscì con incederemaestoso dalla porta che dava in salotto.

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Peter si ricompose e gli corse dietro,urlando che voleva saperne di più, ma feceappena in tempo a veder sbattere la portad'ingresso. Quando si affrettò a uscire ingiardino, seguito da Charmain con Spersoalle calcagna, ormai non c'era più tracciadell'elfo. La ragazza vide di sfuggita Rolloche li scrutava malevolo da dietro uncespuglio di ortensie, l'elfo invece erasparito.

Prese Sperso in braccio per depositarlaai piedi di Peter. — Tieni Sperso qui con te,io vado subito a chiamare Calcifer — disse,e si mise a correre lungo il vialetto.

— Sbrigati — le urlò Peter. — Sbrigati,mi raccomando!

Ma Charmain non aveva certo bisognoche glielo dicesse Peter. Corse, seguita dagliululati striduli e disperati di Sperso, corse e

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continuò a correre finché non ebbe aggiratoil grande rilievo roccioso e fu in vista dellacittà. Da lì in poi dovette procedere a passospedito, con una mano a tenersi la fitta chesentiva al fianco, ma continuò più veloce chepotè. Non appena ebbe recuperato fiato, ilpensiero di quelle bianche uova rotonde sultavolo di cucina bastò a farla procedere piùin fretta. E se le uova si fossero rotte primache avesse trovato Calcifer? E se Peteravesse fatto qualcosa di stupido, comeprovare su di loro un qualche incantesimo? Ese... cercò di distogliere il pensiero da tuttele orribili possibilità, ansimando tra sé e sé"Che stupida sono! Potevo chiedere aquell'elfo cos'è l'elfgift! Mi sono propriodimenticata, dovevo ricordarmi. Chestupida!". Ma non riusciva a seguire il filodei suoi pensieri. Le giravano per la testa

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immagini di Peter che mormoravaincantesimi sulla teca. Era proprio da luiprovarci.

Mentre faceva il suo ingresso in città simise a piovere. Charmain ne era contenta,avrebbe distratto Peter dalle uova dilubbock: gli sarebbe toccato correre ingiardino e raccogliere il bucato prima chetornasse a inzupparsi. Sempre che nonavesse già fatto qualcosa di stupido! Arrivòa Palazzo Reale bagnata dalla testa ai piedi equasi senza fiato, e una volta lì prese apicchiare col batacchio e a suonare ilcampanello ancor più agitata di quandoaveva trovato Twinkle sul tetto. Sim aprìdopo quello che le parve un secolo.

— Oh, Sim — ansimò. — Devo vedereCalcifer, subito! Sai dirmi dov'è?

— Certamente, signorina — ribatté Sim,

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per nulla stranito dai capelli bagnati e daivestiti gocciolanti di Charmain. — Almomento, sir Calcifer si trova nel Gransalone, mi permetta di farle strada.

Chiuse la porta e si avviò zoppicante peril lungo corridoio umido con dietroCharmain che grondava, poi oltre la scala dipietra, fino a un grandioso portale sul retrodel palazzo, dove Charmain non era maistata.

— Qui, signorina — disse, spalancandola porta, tanto grande quanto male in arnese.

Charmain entrò in una stanza rumorosa,affollata di persone ben vestite chesembravano urlare una contro l'altraaggirandosi qua e là e mangiando torte inpiatti eleganti. Per prima cosa riconobbe latorta, che si ergeva imponente su unospeciale tavolo al centro della stanza.

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Sebbene ormai ne fosse rimasta solo metà,era senza dubbio quella a cui stavanolavorando la sera prima i cuochi del padre.Le sembrò di vedere un vecchio amico tratutti quegli estranei ben vestiti. Lì accantoc'era un uomo in velluto blu notte e broccatoscuro, che si voltò a guardarla conespressione altezzosa per poi scambiaresguardi disgustati con la signora che glistava vicino. La signora indossava un abito— "quasi da ballo, certo non adatto per iltè!" pensò Charmain — di seta e satin tantosontuoso che accanto a lei zia Semproniasarebbe parsa trasandata. Zia Sempronia nonc'era, ma c'erano il sindaco e la sua signora,con tutte le personalità della città.

— Sim — chiese l'uomo vestito in abitoblu notte, — chi sarebbe questa ragazzinaborghese tutta bagnata?

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— Vostra Altezza la signora Charmant— rispose Sim, — la nuova assistente di SuaMaestà —. Si rivolse a Charmain: — Mipermetta di presentarla a Vostra Altezza, ilprincipe ereditario Ludovic, mia signora.Indietreggiò e si richiuse la porta alle spalle.

La ragazza desiderò che il pavimento siaprisse sotto i suoi piedi gocciolanti e lafacesse cadere nelle cantine. Avevadimenticato completamente che il principeLudovic era in visita a Palazzo. Laprincipessa Hilda aveva ovviamente invitatoil fior fiore della città per conoscere ilprincipe. E lei, l'ordinaria Charmain Baker,si era autoinvitata al tè.

— Piacere di conoscerla, Vostra Altezza— si sforzò di dire, ma uscì come unsussurro spaventato.

Probabilmente il principe Ludovic non la

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sentì nemmeno: si mise a ridere e disse: —Signora Charmant è un soprannome che ti hadato il Re, ragazzina? —, indicò con laforchetta da dolce la signora in abito quasida sera. — Io la mia assistente la chiamosignora Ricconi. Sai, mi costa una fortuna.

Charmain aprì bocca per spiegare che inrealtà il suo nome era un altro, ma la signorain abito quasi da sera intervenne: — Chediritto hai di chiamarmi così? — dissearrabbiata. — Razza di dispettoso, che sei!Il principe Ludovic rise e si girò a parlare alsignore anonimo che si avvicinava in unanonimo completo di seta grigia. Charmainsi sarebbe defilata in cerca di Calcifer, senon che appena il principe si fu girato, laluce dal grande candeliere in alto lo colse diprofilo: vide che l'occhio gli brillava di unviola intenso.

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Charmain rimase impietrita, raggelatadall'orrore: il principe Ludovic era unlubbockin. Per un momento non riuscì amuoversi, consapevole di lasciar trasparirel'orrore che provava, consapevole che lagente l'avrebbe vista inorridire e si sarebbechiesta perché. Il signore anonimo la stavagià fissando, con uno sguardo interessatonegli occhi di un tenue color malva.Accidenti! Anche lui era un lubbockin: eccoperché l'aveva spaventata quando l'avevaincontrato vicino alle cucine.Fortunatamente, proprio in quel momento, ilsindaco si mosse da dietro il tavolo perinchinarsi profondamente al Re, permettendocosì a Charmain di cogliere la vista di uncavallo a dondolo, anzi, no, di parecchicavalli a dondolo, il che la distrassedall'orrore che provava. I cavallucci erano

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allineati, chissà perché, lungo le pareti delsalone. Twinkle sedeva su quello più vicinoal grande camino in marmo e la fissavaserio. Charmain era certa che si fosseaccorto che era sconvolta e avrebbe volutosapere il motivo.

Prese ad avvicinarsi circospetta alcamino, il che le permise di cogliere lapresenza di Morgan, seduto accanto alparafuoco di marmo, intento a giocare con lecostruzioni. In piedi accanto a lui c'eraSophie che, a dispetto del vestito blu pavonee dei modi appropriati all'occasione, per unistante apparve agli occhi di Charmain comeun'imponente leonessa che faceva la guardia,ringhiando, al suo cucciolo.

— Oh, ciao Charmain — le disse quasiall'orecchio la principessa Hilda.

— Dato che sei qui, vuoi un po' di torta?

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Charmain scoccò uno sguardo pieno dirimpianto alla torta e inspirò il deliziosoprofumo. — No, grazie, signora — disse. —Sono venuta solo a portare un messaggio a...ehm... la signora Pendragon, sa —. Madov'era Calcifer?

— Be', eccola, proprio là — disse laprincipessa Hilda, indicandola. — Devodire che per il momento i bambini sicomportano benissimo, se durasse! Siallontanò frusciando per offrire a un altroinvitato ben vestito la torta. A dispetto ditutto il frusciare, il vestito che portava laPrincipessa non reggeva il paragone conquelli degli altri invitati: in alcuni punti erasbiadito, quasi bianco, e a Charmainricordava il bucato dopo l'incantesimosbiancante di Peter. "Oh, fa che Peter nonprovi incantesimi su quelle uova di

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lubbock!" pregò mentre si avvicinava aSophie.

— Ciao — le disse Sophie con unsorriso piuttosto tirato. Alle sue spalle,Twinkle dondolava sul cavallo a dondolocon un cric-criic-criiic abbastanza irritante.

Accanto a lui c'era la grassa bambinaiache diceva: — Padron Twinkle, la prego discendere, sta facendo tanto di quel rumore,padron Twinkle. Non voglio dirglielo duevolte! —, ripetendolo più volte, ed era forsequesta la cosa più irritante.

Sophie si inginocchiò e passò a Morganun mattoncino giallo e il bambino glielo teseindietro. — Mattone buu — le disse.Charmain si inginocchiò a sua volta. — No,non è blu — disse. — Riprova. Sophiedisse, mormorando a labbra strette: — Sonocontenta di vederti. Non mi importa nulla di

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questo principe, e a te? Né tantomeno diquella sgualdrina in ghingheri che si portadietro.

— Iola? — tirò a indovinare Morgan,tendendo di nuovo il mattoncino.

— La capisco — sussurrò Charmain aSophie. — No, non è viola, è giallo. Ilprincipe invece è viola, o quanto meno i suoiocchi sono viola: è un lubbockin.

— Un cosa? — chiese Sophie,perplessa.

— Gallo? — chiese Morgan, rivolgendoal mattoncino uno sguardo incredulo. Criic-crriic faceva intanto il cavalluccio.

— Sì, giallo — rispose Charmain. —Non posso spiegarle adesso, mi dica dov'èCalcifer, gli farò sapere tutto e lui potràriferirle. Ho bisogno di lui con urgenza.

— Eccomi — disse Calcifer. — Perché

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hai bisogno di me?Charmain si guardò intorno. Calcifer era

appollaiato tra i ceppi in fiamme del caminoe mescolava le sue fiamme azzurre a quellearancioni dei ceppi ardenti, in una talearmonia che Charmain non ne avrebbeprobabilmente notato la presenza se nonavesse parlato.

— Oh, grazie al cielo! — disse lei. —Puoi venire con me a casa del mago Norlandimmediatamente? Abbiamo un'emergenzache solo un demone del fuoco come te puòrisolvere. Ti prego!

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CAPITOLO TREDICI

Nel quale Calcifer è molto attivo

Gli occhi color arancio di Calcifer sivolsero a guardare Sophie. — Hai ancorabisogno che monti la guardia qui? — lechiese. — O voi due riuscite a cavarvela dasoli?

Sophie, preoccupata, osservò la follaben vestita che chiacchierava intorno a lei.— Non credo proprio che qualcuno tenteràqualcosa in questo preciso momento —disse. — Ma sbrigati a tornare, ho untremendo presagio. Non mi fido neanche unpo' di quel tizio con gli occhi color malva,né di quel principe malvagio.

— Va bene, più che veloce — crepitò

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Calcifer. — In piedi, giovane Charmain, stoper sedermi sulla tua mano.

Charmain si alzò, convinta di ustionarsi— o perlomeno bruciacchiarsi — da unmomento all'altro. Morgan protestò per lasua partenza sventolando un mattoncino bluverso di lei e levando un urlo tuonante alsuono di: — Vedde, vedde, vedde!

— Sssh! — dissero Sophie e Twinkleall'unisono, e la grassa bambinaia aggiunse:— Padron Morgan, non urliamo, almeno nonin presenza del Re.

— È blu — disse Charmain, in attesa chetutti quelli che la fissavano volgesseroaltrove lo sguardo. Cominciava a rendersiconto che nessuno dei raffinati ospiti sapevache nel focolare vi era Calcifer, e il demonepreferiva che ne restassero all'oscuro.

Appena tutti ebbero perso interesse alla

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cosa e furono tornati alle loro chiacchiere,Calcifer balzò fuori dalle fiamme e atterròappena al di sopra delle dita nervose diCharmain, assumendo l'aspetto di unpiattino da torta. Non le fece affatto male,anzi Charmain ne percepiva a malapena lapresenza.

— Bravo — disse.— Fai finta di tenermi — ribatté lui, —

ed esci dalla stanza.Charmain piegò le dita intorno al falso

piatto e si avviò verso la porta. Con suosollievo, il principe Ludovic se n'era andato,ma il Re le stava venendo incontro, le feceun cenno di saluto e le sorrise.

— Ti sei servita, vedo — disse. —Buona, vero? Vorrei proprio sapere comemai abbiamo tutti questi cavalli a dondolo,non è che tu lo sai per caso? Charmain

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scosse la testa in segno di diniego e il Re siallontanò con il sorriso sulle labbra. —Perché ci sono tutti questi cavalli a dondolo?— chiese Charmain.

— Protezione — disse il piattino ditorta. — Apri la porta e andiamocene.Charmain tolse una mano da sotto il fintopiattino, aprì la porta e scivolò nell'umidocorridoio rimbombante.

— Ma chi viene protetto, e da cosa? —chiese, mentre chiudeva la porta il più pianopossibile.

— Morgan — disse il piattino. —Stamattina Sophie ha ricevuto un messaggioanonimo, che diceva: "Interrompi le tueindagini e vattene da High Norland o il tuobambino sarà punito". Ma non possiamoandarcene perché Sophie ha promesso allaPrincipessa di restare finché non avremo

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scoperto che fine fanno i soldi. Domanifaremo finta di... Calcifer fu interrotto da unabbaiare acuto. Sperso girò l'angolosaltellando e si slanciò felice contro lecaviglie di Charmain. Calcifer diede in unbalzo e prese a fluttuare libero, nella formadi lacrima azzurra di fuoco, librandosi soprala spalla di Charmain, che prese in braccioSperso. — Come hai...? — prese a dire,cercando di tenere il viso lontano dallaportata della sua lingua, e a quel punto sirese conto che il cane non era minimamentebagnato. — Oh, Calcifer, dev'essere passataper la scorciatoia interna! Mi sai indicare lasala riunioni? Da lì so come andare a casa.

— Semplice —. Calcifer sfrecciò viacome una cometa azzurra, così in fretta cheCharmain faticò a stargli dietro. Vorticòintorno a vari angoli e lungo un corridoio

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fino a un punto in cui si avvertivano odori dicucina. In un attimo, Charmain si trovò adare le spalle alla porta della sala riunioni,con Sperso in braccio e Calcifer che lefluttuava al di sopra della spalla, cercandodi ricordare esattamente come si procedevadi lì in avanti.

Calcifer disse: — Così — e laprecedette zigzagando. Charmain lo seguìcome poteva e si ritrovò nel corridoio su cuisi affacciavano le camere da letto. La lucedel sole brillava alla finestra al di là dellostudio del prozio William. Peter venne loroincontro di corsa, pallido e allarmato.

— Oh, brava cagnolma! — disse. — Homandato Sperso a cercarti, vieni subito avedere!

Si voltò e tornò indietro di corsaall'estremità del corridoio, indicando, con

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mano tremante, ciò che si vedeva dallafinestra. Sul prato di montagna la pioggia sistava allontanando in forma di grandi nubigrigie, che continuavano di certo a riversareacqua sulla città. Un arcobaleno si inarcavatra le montagne: aveva colori accesi difronte alle nubi e si faceva poi pallido eindistinto verso il prato. L'erba bagnatasplendeva e brillava così tanto alla luce delsole, che per un istante Charmain fuabbagliata e non riuscì a vedere cosa stavaindicando Peter.

— È quello il lubbock — chiese Peter,con voce rauca. — Vero?

Il lubbock era là, svettante, enorme eviola nel bel mezzo del prato. Eraleggermente chinato per prestare orecchioalle parole di un coboldo che saltellava su egiù, indicava l'arcobaleno ed era

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evidentemente intento a gridargli qualcosa.— Sì, è proprio lui — disse Charmain,

con un brivido. — E quello è Rollo. Mentrepronunciava quelle parole, il lubbock rise eruotò i suoi occhi sfaccettati da insetto versol'arcobaleno, poi indietreggiò con prudenzafinché non ebbe posato i piedi da insettoaccanto alle sue nebulose strisce colorate.Una volta lì si chinò ed estrasse a faticadalla terra un pentolone. Rollo prese a farecapriole.

— Dev'essere la pentola d'oro alla finedell'arcobaleno! — disse Peter. Videro illubbock passare la pentola a Rollo, che laprese tra le braccia. Era visibilmentepesante. Rollo smise di far capriole e presea barcollare con il viso rivolto al cielo, sulquale si disegnava la gioia dell'ingordo. Sigirò e se ne andò con passo incerto, senza

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accorgersi che il lubbock allungava la lungaproboscide viola alle sue spalle. Non parveaccorgersi che la proboscide gli penetravanella schiena, si limitò ad affondare tral'erba, ancora stretto al vaso e ridente.Anche il lubbock, in piedi nel bel mezzo delprato, rideva e agitava le braccia da insetto.

— Ha appena depositato le uova dentroRollo — sussurrò Charmain, — e lui non sen'è neanche accorto!

Si sentì male, c'era mancato così pocoche la stessa cosa capitasse a lei. Peter eraverdastro e Sperso tremava.

— Sapete — disse lei, — secondo me illubbock ha promesso a Rollo una pentolad'oro per mettere zizzania tra i coboldi e ilprozio William.

— Non c'è dubbio — disse Peter. —Prima che arrivassi tu, sentivo Rollo urlare

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che doveva essere pagato.'Avrà aperto la finestra per ascoltare,"

pensò Charmain. "Che sciocco".— Devo dichiarargli guerra — disse

Calcifer. Si era fatto più piccolo e pallido.Aggiunse in un sibilo leggermente tremante:— Devo combattere quel lubbock, o nonsono degno della vita che Sophie mi ha dato.Un istante —. Tacque e restò sospeso inaria, lungo e rigido, con gli occhi arancionichiusi.

— Sei un demone del fuoco? — chiesePeter. — È la prima volta che...

— Buono — disse Calcifer. — Mi stoconcentrando. Dovrebbe andare bene. Da unpunto imprecisato giunse un leggero rombo,poi, dall'alto, dietro la finestra, giunse ciòche Charmain prese dapprima per unnuvolone. Proiettava sul prato un'ombra

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grande, scura e turrita, che in brevissimotempo sovrastò il lubbock gioioso.All'arrivo della nube il lubbock si guardòintorno e si bloccò per un istante, poi prese acorrere. Ma a quel punto l'ombra turrita eraormai seguita dal castello che la proiettava,un edificio alto fatto di enormi blocchi dipietra scura, con torri ai quattro angoli.Potevano vedere le grosse pietre con cui eracostruito tremolare e sbattere l'una control'altra mentre si muoveva. Seguiva il lubbocka una velocità superiore a quella dellacreatura.

Il lubbock deviò, e il castello dietro. Poiil lubbock aprì le alucce increspate perandare più veloce ma, al termine di unacorsa indemoniata, sbatté contro le roccesvettanti in fondo al prato. Una voltaraggiunte le rocce, fece un giro su se stesso e

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cominciò a sfrecciare dalla parte opposta,verso la finestra. Doveva sperare che ilcastello si frantumasse contro le rocce, maquello cambiò rotta senza la minimadifficoltà e lo seguì più veloce di prima.Dalle torrette scoppiettavano grandi sbuffi difumo nero, fluttuanti nel cielo control'arcobaleno che andava svanendo. Durantela corsa, il lubbock ruotò uno dei suoi occhisfaccettati, poi chinò la testa, con le antenneche urtavano qua e là e con un gran sbatteredi ali, e si precipitò disegnando una grancurva che lo condusse sull'orlo dellostrapiombo. A dispetto del gran sbatteredelle ali, che le rendeva una confusamacchia viola, sembrava incapace di volare.

Charmain capì perché non aveva cercatodi seguirla giù per lo strapiombo: nonsarebbe riuscito a tornare indietro volando.

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Anziché saltare giù in cerca di una via difuga, il lubbock si limitò a continuare la suacorsa e a cercare di attirare il castello dietrodi sé perché precipitasse.

Il castello lo seguì a tutta velocità lungol'orlo dello strapiombo, tra vapori, sbuffi difumo e lo sbattere dei blocchi di pietra e, adispetto del fatto che sembrava per metàsospeso nel burrone, il suo equilibriopareva perfetto. Il lubbock lanciò un gridodisperato, cambiò di nuovo direzione e corseverso il centro del prato. Una volta lì, tentòla sua ultima carta e si rimpicciolì, fino adassumere le dimensioni di un minuscoloinsetto viola che si andò a tuffare tra l'erba ei fiori. In un istante, il castello era sul posto.Fremette fino a fermarsi sopra il punto in cuiera scomparso il lubbock e rimase a fluttuarelì sopra. Dalla sua base piatta presero a

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uscire delle fiamme, prima gialle, poi dicolor arancione, poi di un rosso rabbioso einfine di un bianco ardente, troppo luminosoper sostenerne la vista. Le fiamme e un fumodenso lambivano i lati del castello, a unirsiai fumi neri che fuoriuscivano dalle torri. Ilprato si riempì di una nebbia nera e calda.Per un tempo che parvero ore, anche sefurono probabilmente solo minuti, il castellofu un'ombra oscura che fluttuava nell'aria sudi una luminosità fumosa, come il sole tra lenuvole. Persino al riparo di una finestramagica giungeva fino a loro quel cocenteruggire.

— Bene — disse Calcifer. — Direi cheè fatta.

Si rivolse a Charmain, che notò che oraaveva occhi di uno strano color argentoscintillante. — Mi apri la finestra per

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piacere? Devo andare là ad accertarmene.Appena Charmain ebbe girato la

maniglia e aperto la finestra, il castello sisollevò e si spostò di lato. I fumi e gli sbuffisi raccolsero in un'unica, grande folata scura,che rotolò per lo strapiombo e nella vallata,dove svanì in nulla. Quando Calcifer fluttuòsul prato, il castello si levava defilato, conappena un filo di fumo che fuoriusciva daogni torre, vicino a un grosso riquadro diterra nera. Per il prato si diffondeva unapuzza tremenda.

— Ugh! — disse Charmain. — Cos'è?— Spero che sia lubbock arrosto —

ribatté Peter.Osservarono Calcifer volare sopra il

riquadro di terra bruciata. Una volta làdivenne una striscia in moto convulso e sispostò da una parte all'altra di quel luogo

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scuro finché non ne ebbe esplorato fino alpiù piccolo pezzetto.

Ritornò fluttuando con gli occhi cheerano adesso del consueto color arancione.— Fatto — disse allegro. — Sparito.

"E anche un bel po' di fiori," pensòCharmain, ma non sembrava educato farlonotare. L'importante era che il lubbock fossescomparso per sempre.

— L'anno prossimo i fiori ricresceranno— le disse Calcifer. — Perché sei venuta acercarmi? Per quel lubbock?

— No, per le uova di lubbock — disseroall'unisono Peter e Charmain. Gli spiegaronodell'elfo e di quel che aveva detto.

— Fatemi vedere — disse Calcifer.Andarono in cucina, tutti eccetto la

mugolante Sperso, che si rifiutò di seguirli.Una volta lì, Charmain colse dalla finestra

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una bella vista del cortile illuminato dalsole, con il bucato rosa, bianco e rossoancora gocciolante steso ad asciugare. Erachiaro che Peter non si era preoccupato diraccoglierlo e Charmain si chiese cosaavesse fatto nel frattempo. La teca era ancorasul tavolo, con le uova dentro, ma non si sacome era sprofondata nel legno ed eravisibile solo per metà.

— Com'è successo? — chiese Charmain.— È stata la magia nelle uova? Petersembrava un po' in imbarazzo. — Nonproprio — disse. — È stato quando l'horivestito con il mio incantesimo di sicurezza.Stavo andando a cercare un altroincantesimo nello studio quando ho vistoRollo che parlava con il lubbock.

"Ovvio!" pensò Charmain. Questosciocco crede sempre di saperne più degli

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altri!— Sarebbero bastati gli incantesimi

dell'elfo — disse Calcifer, fluttuando sullateca conficcata.

— Ma ha detto che sono pericolose! —protestò Peter.

— Le hai rese ancor più pericolose —disse Calcifer. — Non vi avvicinate.Nessuno tocchi la teca. Sapete se c'è unabella roccia solida dove posso andare adistruggere queste uova?

Peter cercava di non avere l'aria di chi èstato ripreso. Charmain si ricordò dellacaduta dallo strapiombo e di come avevaschivato per un pelo una grossa roccia primadi cominciare a volare. Fece del suo meglioper spiegare a Calcifer dove si trovava ildirupo.

— Sotto lo strapiombo. Ho capito —

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disse Calcifer. — Mi aprite la porta sulretro, per favore? E poi fatevi da parte.

Peter scattò ad aprire. Charmain vedevache si vergognava di ciò che aveva fatto allateca, ma questo non gli avrebbe impedito difare nuove sciocchezze un'altra volta."Quanto vorrei che imparasse la lezione!".

Calcifer si librò per un momento sopra lateca e poi turbinò fuori dalla porta. Sullasoglia sembrò bloccarsi, sussultare e tremarepoi, con un possente sforzo, si raddoppiò,assumendo la forma di un grosso girinoazzurro, per poi ripartire e scagliarsi tra ilbucato variopinto. Con un rumore stridente eun suono come di qualcuno che scagli qua elà assi di legno, la teca si liberò e schizzò ainseguire Calcifer, fluttuando in cortiledietro la piccola sagoma a forma di lacrimacon le uova e tutto. Peter e Charmain

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andarono sulla porta a guardare la teca chescivolava brillando attraverso le verdicolline verso il prato del lubbock, finché nonla persero di vista.

— Oh! — disse Charmain. — Hoscordato di dirgli che il principe Ludovic èun lubbockin!

— Davvero? — chiese Peter mentrechiudeva la porta. — Ecco perché miamadre se n'è andata da questo paese.

A Charmain la madre di Peter non eramai interessata gran che. Si girò impaziente evide che il ripiano del tavolo era tornatopiatto. Che sollievo: si era chiesta cosa faredi un tavolo con un'infossatura quadrata alcentro. — Che incantesimo di sicurezza haiusato? — chiese.

— Ti faccio vedere — rispose Peter. —Voglio dare un'altra occhiata a quel castello,

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comunque. Pensi sia il caso di aprire lafinestra e avvicinarci?

— No — rispose Charmain.— Ma il lubbock è morto stecchito —

disse Peter. — Non c'è pericolo. Charmainaveva la netta sensazione che Peter fosse incerca di guai. — Come fai a sapere che c'eraun lubbock solo? — chiese.

— È scritto sull'enciclopedia — ribattéPeter. —I lubbock sono esseri solitari.Discutendo animatamente, si azzuffarono finsulla porta e girarono a sinistra per ilcorridoio. Lì Peter svoltò ardito verso lafinestra. Charmain gli andò dietro tenendoloper la giacca. Li seguiva Sperso uggiolanted'angoscia, che trovò il modo di accucciarsiai piedi di Peter, facendolo cadere in avanticon entrambe le mani verso la finestra.Charmain rivolse uno sguardo agitato al

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prato che splendeva pacifico alla luce rosatadel tramonto, dove il castello era ancoraappostato vicino al riquadro di terrabruciata. Era una delle costruzioni piùbizzarre che avesse visto in vita sua.

Ci fu un lampo di luce tanto intenso cheli accecò per un istante. Qualche secondodopo si sentì il rumore di un'esplosioneintensa quanto la luce. Il pavimento sotto iloro piedi fu attraversato da una scossa chefece tremare i vetri della finestra. Tuttovibrava. Tra le lacrime provocate dalbagliore e le macchie della temporaneacecità, Charmain credette di vedere ilcastello vibrare. Con le orecchie tappate eassordate, le sembrò di udire le roccefrantumarsi, sbattere l'una contro l'altra eprecipitare.

"Brava, Sperso!" pensò. "Se Peter fosse

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uscito, a quest'ora potrebbe essere morto".— Secondo te cos'è stato? — le chiese

quando l'udito si fu quasi del tutto ripreso.— Calcifer che distruggeva le uova di

lubbock, ovviamente — disse Charmain. —Le rocce dove è andato sono proprio al disotto del prato. Entrambi sbatterono lepalpebre più volte, nel tentativo di eliminareogni traccia di bagliore azzurro, grigio egiallo che fluttuava davanti ai loro occhi.Guardarono tutti e due con attenzione: eradifficile da credere, ma quasi la metà delprato era scomparsa. Adesso mancava unpezzo ad arco del verde pendio, come unenorme morso: al di sotto doveva esserciuna grande frana.

— Mm — disse Peter. — Non è che si èdistrutto anche lui, cosa dici?

— Spero di no! — rispose Charmain.

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Aspettarono, restando a guardare.Tornarono a sentire i rumori quasinormalmente, a parte un leggero sibilo. Apoco a poco, le macchie svanirono dallavista e dopo un po' notarono che il castelloscivolava via malinconico lungo il declivioin direzione delle rocce all'estremitàopposta. Restarono a osservare finché non fuoltre le rocce, fuori dalla loro visuale lungola dorsale dei monti. Non c'era traccia diCalcifer.

— Probabilmente è tornato in cucina —suggerì Peter.

Andarono in cucina, aprirono la porta sulretro e guardarono tra i sacchi di biancheriasporca, ma non c'era traccia di un essere aforma di lacrima azzurra che fluttuavanell'aria. Andarono in salotto e aprirono laporta d'ingresso, ma l'unico segno di azzurro

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all'esterno era quello delle ortensie.— I demoni del fuoco muoiono? —

chiese Peter.— Non ne ho idea — rispose Charmain.

Come sempre nei momenti di difficoltà,sapeva benissimo cosa le sarebbe piaciutofare. — Vado a leggere un libro — disse. Sisedette sul divano più vicino, inforcò gliocchiali e prese da terra Il viaggio di unmago. Peter le rivolse un'occhiata furibondae se ne andò.

Non servì, Charmain non riusciva aconcentrarsi, continuava a pensare a Sophiee a Morgan. Le era chiaro che, per quantostrano potesse apparire, Calcifer era partedella famiglia di Sophie. "Dev'essereancora peggio che perdere te," disse aSperso, che era venuta ad accucciarsi ai suoipiedi. Si chiese se doveva andare a Palazzo

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a raccontare a Sophie l'accaduto. Ormai,però, era buio, e Sophie era probabilmenteseduta a una cena di rappresentanza, difronte al principe lubbockin, con le candelee tutto il resto. Charmain non se la sentiva diinterrompere un altro incontro ufficiale aPalazzo, e sapendo che Sophie eratremendamente in ansia per le minacce aMorgan non voleva darle ulterioripreoccupazioni. Del resto Calcifer potevasempre saltar fuori il mattino dopo, in fondoera fatto di fuoco. L'esplosione, però, erastata tanto potente da mandare in frantumiogni cosa. Charmain immaginò frammenti difiamma azzurra scagliati qua e là nella frana.Peter venne in salotto. — So io cosadobbiamo fare — disse.

— Sì? — ribatté Charmain ansiosa.— Dobbiamo andare a dire ai coboldi di

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Rollo — disse Peter. Charmain sgranò gliocchi, si tolse gli occhiali e lo guardò fisso.— Cosa c'entrano i coboldi con Calcifer?

— Niente — disse Peter, confuso. — Masiamo in grado di dimostrare che il lubbockha pagato Rollo perché mettesse zizzania.

Charmain si chiese se saltar su e dargli Ilviaggio di un mago in testa. Pensava aicoboldi, lui!

— Non c'è tempo da perdere... —cominciò a dire Peter per convincerla.

— Domattina — disse Charmainfermamente, con un tono che non ammettevarepliche. — Domattina, dopo che saremoandati alle rocce per sapere che ne è stato diCalcifer.

— Ma... — disse Peter.— Perché — disse Charmain, pensando

in fretta a una scusa, — Rollo sarà andato a

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nascondere la sua pentola d'oro da qualcheparte, e dovrà essere presente quandoesprimerai le tue accuse.

Con sua sorpresa, Peter ci pensò su e sitrovò d'accordo con lei. — E dobbiamomettere in ordine la camera del magoNorland — disse, — nel caso in cui domanilo riportino.

— Pensaci tu — ribatté Charmain."Prima che ti tiri il libro," si disse tra sé, "emagari anche il vaso di fiori!".

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CAPITOLO QUATTORDICI

Che è di nuovo pieno di coboldi

Il mattino dopo, al risveglio, Charmainstava ancora pensando a Calcifer. Quandouscì dal bagno, vide Peter intento a cambiarele lenzuola del letto del prozio William e aficcare quelle sporche in un sacco per ilbucato. Charmain sospirò, altro lavoro.

— In ogni caso — disse a Sperso mentreposava a terra la sua ciotola di cibo percani, — così se ne sta tranquillo e occupatomentre cerco Calcifer. Allora, ci vieni conme su quelle rocce?

Sperso, era come sempre fin troppocontenta di seguire Charmain ovunqueandasse e dopo colazione prese a trottarle

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dietro entusiasta in salotto e fino alla portad'ingresso. Ma non arrivarono mai allerocce. Appena Charmain ebbe posato lamano sulla maniglia, Sperso, alle sue spalle,partì alla carica e spalancò la porta. Sullasoglia, nell'atto di tendere la mano perprendere il suo vaso di latte quotidiano,c'era Rollo. Con un sommesso ringhiare,Sperso gli balzò addosso, con le fauci fecepresa sul suo collo e lo atterrò.

— Peter! — gridò Charmain, con i piedinella pozzanghera formata dal latte versato.— Vieni, presto! Ci serve una borsa! —,mise un piede su Rollo per tenerlo fermo. —Borsa! Borsa! — gridava.

Appena Sperso l'ebbe mollato perabbaiare, Rollo prese a scalciare edimenarsi sotto la suola e contribuì albaccano strillando: — Aiuto! All'assassino!

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Un'aggressione!— con una strana vocestridente. Peter, bisogna ammetterlo, arrivòdi corsa. Dopo un'occhiata a quello chestava succedendo sulla soglia, afferrò unadelle borse ricamate per i viveri dellasignora Baker e riuscì a infilarci le gambe diRollo, in preda a un'agitazione convulsa,prima che Charmain potesse prendere fiatoper spiegargli. In un istante, Peter avevainsaccato Rollo dalla testa ai piedi e loteneva nella borsa rigonfia, esagitato egocciolante latte, e intanto cercava diinfilarsi una mano in tasca.

— Ben fatto! — disse. — Mi prendi unpo' di corda dalla tasca, per piacere? Nonvogliamo che scappi —, E una volta cheCharmain ebbe tirato maldestramente fuoridalla tasca una corda viola, aggiunse: — Haifatto colazione? Bene. Lega la borsa ben

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stretta, e mentre mi preparo prendila e tienilastretta. Poi possiamo andare direttamente là.

— Utoo, sasssino! — articolò il sacco,mentre Peter lo passava a Charmain.

— Taci — gli disse Charmain tenendostretta la borsa con entrambe le mani appenasopra la corda.

Mentre lei osservava Peter che tiravafuori dalle tasche del cappotto dellefunicelle colorate, la borsa ruotava da unlato e dall'altro. Peter si legò una cordarossa al pollice sinistro e una verde a quellodestro, poi avvolse tre dita della manodestra con delle corde viola, gialla e rosa etre dita della sinistra con delle corde nera,bianca e azzurra. Sperso se ne stava sullasoglia, le orecchie sfrangiate ben dritte,intenta a osservare con interesse il processo.

— Andiamo a cercare dove finisce

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l'arcobaleno o qualcosa del genere? —chiese Charmain.

— No, è il mio modo di tenere a mentecome si arriva dai coboldi — spiegò Peter.— Bene. Chiudi la porta e andiamo.

— 'Ndate 'nferno! — urlò la borsa.— Anche tu! — disse Peter, facendo

strada a Sperso e a Charmain, che seguivacon la borsa agitata da convulsioni.

Alla porta girarono a destra. Charmainera troppo preoccupata per far notare checredeva stessero andando verso la salariunioni. Stava pensando alla facilità con cuii coboldi apparivano e scomparivano e acome Rollo stesso era sprofondato in mezzoal prato. Le sembrava fosse solo questionedi tempo perché Rollo sbucasse fuori dalfondo della borsa. Con le dita gocciolanti dilatte, cercò di trattenerlo con un incantesimo.

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Il guaio era che non aveva idea di come fare:l'unica cosa che le veniva in mente era usarequello con cui aveva risolto la faccenda deltubo rotto di Peter. "Resta dentro! RestaDENTRO!" pensò rivolta a Rollo,massaggiando il fondo della borsa. A ognimovimento, dalla borsa proveniva un urlosmorzato, che la faceva sentire strasicura cheRollo stesse scappando. Così, si limitò aseguire Peter nelle sue svolte senza far casoalle direzioni da prendere per arrivare daicoboldi. Capì dove si trovava solo quandoci fu arrivata.

Stavano in piedi davanti all'ingresso diuna grande caverna ben illuminata, piena dipiccole creature azzurre che sfrecciavano diqua e di là. Era difficile capire cosa stesserofacendo, perché la visuale era in parteoscurata da un oggetto molto strano

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all'entrata. Assomigliava a una di quelleslitte trainate dai cavalli usate dalla gente diHigh Norland quando c'era troppa neve, main questo caso non era previsto un attaccoper il cavallo. Sul retro c'era un'enormemaniglia ricurva ed era tutto riccioli e lineeflessuose. C'erano dozzine di coboldi che vilavoravano, arrampicandosi sopra in varipunti. C'era chi rifiniva l'interno con ovatte epelli di pecora, chi martellava e intagliava echi dipingeva all'esterno sinuosi fiori azzurrisu uno sfondo dorato. Una volta finita,qualunque cosa fosse, sarebbe stata davverosplendida.

— Stavolta posso sperare che saraigentile? O almeno che avrai un po' di tatto?— chiese Peter a Charmain.

— Ci posso provare — risposeCharmain. — Dipende.

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— Allora, lascia parlare me — le dissePeter. Diede un colpetto sulla schiena delcoboldo più vicino. — Scusi, mi sa diredove posso trovare Timminz, per cortesia?

— Nella caverna, a metà strada — dissecon voce stridula il coboldo, indicando unpunto con il pennello che teneva in mano. —Sta lavorando all'orologio a cucù. Perché locerchi?

— Dobbiamo dirgli una cosa moltoimportante — disse Peter.

Con queste parole attirò l'attenzionedella maggior parte dei coboldi chelavoravano all'oggetto. Alcuni si girarono aguardare nervosamente Sperso, che assunseall'istante un'aria allegra, dignitosa eadorabile. Gli altri osservavano Charmain ela borsa ricamata che si contorceva.

— Chi avete lì dentro? — chiese uno di

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loro a Charmain.— Rollo — rispose lei.La maggior parte dei coboldi fece un

cenno del capo e non parve per nientesorpresa. Quando Peter chiese: — Possiamoandare a parlare con Timminz? — tornaronoad annuire e gli dissero: — Andate.Charmain ebbe la sensazione che Rollo nonfosse molto amato, e lui sembrava esserneconsapevole, perché, mentre Peter aggiravalo strano oggetto con dietro Charmain cheteneva la borsa di lato per non sporcarla divernice, smise di dimenarsi e di emetteresuoni.

— Cosa state facendo? — chieseCharmain ai coboldi più vicini, mentrepassava.

— Una commissione degli elfi —rispose uno di loro, e un altro aggiunse: —

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Costerà un bel po' —. Un terzo disse: — Glielfi pagano bene. Charmain entrò nellacaverna con la sensazione di saperne quantoprima. La caverna era enorme, piena dipiccoli coboldi che correvano intorno agliadulti impegnati nelle loro faccende. Allavista di Sperso, la maggior parte dei piccolisi mise a urlare e scappò via, mentre igenitori si limitarono per lo più a spostarsidietro l'oggetto a cui stavano lavorando econtinuarono a dipingere, lucidare ointagliare. Peter fece strada in mezzo acavalli a dondolo, case di bambola,seggioloni, orologi a pendolo, panche dilegno, bambole a molla anch'esse in legno,finché non arrivarono all'orologio a cucù.Non ci si poteva sbagliare, era enorme. Lacassa di legno gigante si allungava fino alsoffitto illuminato magicamente, l'enorme

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quadrante era appoggiato di lato e occupavagran parte del muro accanto alla cassa,mentre il cucù, che un gran numero dicoboldi era intento a coprire di piume, erapiù grande di Charmain e Peter messiinsieme. Lei si chiese chi potesse volere unorologio a cucù di quelle dimensioni.

Timminz si andava arrampicandosull'enorme orologio armato di unaminuscola chiave. — Eccolo — disse Peter,che l'aveva riconosciuto dal naso. Siavvicinò al gigantesco oggetto e si schiarì lavoce. — Scusi. Ehm.

Ci scusi.Timminz compì un giro su se stesso

tenendosi a una massiccia spirale di metalloe rivolse loro uno sguardo torvo. — Oh,siete voi —. Lanciò uno sguardo alla borsa.— Cosa fate, rapite la gente, adesso?

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Rollo doveva aver udito la voce diTimminz e si sentì tra amici.

— Uttttoooo! Uuutemiiiiii! — mugghiò laborsa.

— È Rollo — disse Timminz in tono diaccusa.

— Esatto — disse Peter. — L'abbiamoportato qui perché confessasse davanti a leicosa ha fatto. Il lubbock delle montagne l'hapagato per seminare zizzania tra voi e ilmago Norland.

— Uuuurateeemiiioriiiiiiii! — urlò laborsa.

Ma il colorito azzurro di Timminz avevaassunto una sfumatura argentata per lospavento. — Il lubbock? — chiese.

— Proprio così — rispose Peter. — Ieriabbiamo visto Rollo che gli chiedeva la suaricompensa, e il lubbock gli ha dato la

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pentola d'oro che sta alla finedell'arcobaleno.

— Dodeverooo! — negò la borsa a granvoce. — Utoooooo!

— L'abbiamo visto tutti e due — ribattéPeter.

— Fallo uscire — disse Timminz. —Che parli.

Peter fece un segno d'assenso aCharmain, che tolse la mano dal fondo dellaborsa e interruppe quello che sperava fosseun incantesimo. Rollo cadde subito a terra,dove rimase a sputacchiare avanzi di lanaricamata e intrisa di latte e vecchie briciole,fissando Peter. "Ho fatto davvero una magia!L'ho tenuto nella borsa!" pensò consoddisfazione Charmain.

— Vedi come sono?! — esclamò Rolloarrabbiato. — Ti chiudono in una borsa, ti

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riempiono la bocca di lanugine ammuffita,così non puoi ribattere alle bugie cheraccontano!

— Adesso puoi ribattere — disseTimminz. — Hai ricevuto una pentola d'orodal lubbock per metterci contro al mago?

— Come avrei potuto? — chiese Rollocon tono candido. — Un coboldo nonparlerebbe mai con un lubbock. Lo sannotutti!

Intorno si era riunita una certa folla dicoboldi — a distanza di sicurezza da Sperso— e Rollo agitava le braccia verso di lorocon aria teatrale.

— Lo giuro! — disse. — Sono vittima diun cumulo di menzogne!

— Voi, andate a perquisire la sua grotta— ordinò Timminz.

Alcuni coboldi scattarono subito, Rollo

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balzò in piedi. — Vengo con voi! — urlò. —Vi proverò che non c'è niente!

Rollo aveva fatto appena tre passi,quando Sperso lo prese da dietro la giacca,lo fece finire di nuovo a terra e rimase lì, identi affondati nella giacca di Rollo,dimenando la coda di qua e di là e con unorecchio drizzato in direzione di Charmain,come per dire "Ho fatto bene?".

— Hai fatto benissimo — le disseCharmain. — Bravo cane. Rollo urlò: —Richiamatela! Mi sta facendo male allaschiena!

— No. Resti lì finché non avranno finitodi ispezionare la tua grotta — disseCharmain. Rollo incrociò le braccia e sisedette imbronciato con l'aria di aver subitoun affronto. Charmain si rivolse a Timminz.— Posso chiedere per chi fate un orologio

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così grande? Intanto che aspettiamo —spiegò, e vide Peter scuotere la testa.

Timminz diede un'occhiata ai giganteschipezzi dell'orologio. — Il principe ereditarioLudovic — disse, con una sorta di tetrafierezza. Ne voleva uno enorme per CastelJoie —. La cupezza ebbe la megliosull'orgoglio. — Non ci ha ancora dato uncentesimo. Non paga mai. Se pensate aquant'è ricco...

Fu interrotto dall'arrivo precipitoso deicoboldi, di ritorno dalla perquisizione. —Eccola! — urlavano. — È questa? Era sottoil suo letto! Il primo coboldo teneva lapentola con tutte e due le mani. Sembravauna comune pentola di terracotta, di quelleche si usano per gli stufati, tranne per il fattoche emetteva una sorta di tenue bagliore deicolori dell'arcobaleno.

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— È proprio lei — disse Peter.— Cosa ne avrà fatto dell'oro secondo

voi? — chiese il coboldo.— Che vuol dire cosa ne ho fatto

dell'oro? — chiese Rollo. — Quella pentolaera zeppa fino all'orlo... —, si fermò,rendendosi conto di essersi tradito.

— Non più, guarda se non ci credi —ribatté l'altro coboldo. Mollò la pentola trale braccia tese di Rollo. — L'abbiamoappena trovata così. Rollo si chinò perguardarci dentro e lanciò un grido diangoscia. Vi affondò la mano, solo pertirarne fuori una manciata di foglie gialle esecche, poi un'altra e un'altra ancora, fino aquando si ritrovò a terra, con tutte e due lemani nella pentola vuota, circondato dafoglie secche.

— Sparito! — gridò. — Si è trasformato

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in un mucchio di foglie secche! Quel lubbockmi ha preso in giro!

— Allora ammetti che il lubbock ti hapagato per seminare zizzania? — chieseTimminz.

Rollo guardò Timminz di sbieco conun'espressione arcigna. — Non ammettoniente, se non di essere stato derubato. Petertossì. — Ehm, temo che il lubbock gli abbiafatto ben di peggio. Appena si è girato dischiena, ha depositato delle uova dentro dilui . I coboldi lì intorno restarono a boccaaperta, fissarono tutti Rollo con i volti nasutidiventati azzurro pallido per l'orrore, naso etutto. Poi si girarono verso Peter.

— È vero, l'abbiamo visto tutti e due —disse lui.

Quando si girarono verso di lei, ancheCharmain annuì. — Confermo.

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— È una bugia! — gridò Rollo. — Mistate prendendo in giro!

— No, per niente! — disse Charmain. —Il lubbock ha allungato la proboscide perdepositare le uova e ti ha colpito allaschiena un attimo prima che sprofondassinella terra. Non hai appena detto che ti famale la schiena?

Rollo sgranò gli occhi alla volta diCharmain, le credeva. Aprì la bocca poicominciò a urlare, mentre Sperso siallontanava in tutta fretta. Rollo scagliò viala pentola e prese a battere i tacchisollevando una tempesta di foglie secche.Urlò finché la faccia non gli divenne di unblu intenso.

— Sono spacciato! — prese asinghiozzare. — Ho i giorni contati! Ci sonocose che si stanno generando dentro di me!

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Aiuto! O vi prego, qualcuno mi aiuti!Nessuno lo aiutò: tutti i coboldi

indietreggiarono, tenendo lo sguardo fisso sudi lui in preda all'orrore. Peter sembravadisgustato. Una cobolda disse: — Chevergogna dare una simile mostra di sé! —, ilche a Charmain sembrò talmente ingiusto cheprovò per Rollo una pietà sincera.

— Gli elfi possono aiutarlo — disse aTimminz.

— Cos'hai detto? —, Timminz schioccòle dita. Improvvisamente calò il silenzio,Rollo continuò a battere i tacchi e ad apriree chiudere la bocca, ma nessuno lo sentivapiù. — Cos'hai detto? — chiese Timminz aCharmain.

— Gli elfi — disse lei, — sanno cometirar fuori le uova di lubbock da una persona.

— Sì, lo sanno fare — aggiunse Peter.

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— Il mago Norland aveva delle uova dilubbock dentro di lui, per questo l'hannoportato via per curarlo. Ieri è venuto un elfocon le uova che gli avevano estratto.

— Gli elfi costano — osservò, con ariaestremamente concentrata, un coboldo che sitrovava accanto al ginocchio destro diCharmain.

— Credo che sia stato il Re a pagare —disse Charmain.

— Silenzio! — ordinò Timminz con ilvolto così aggrottato che il sopracciglio glitoccava quasi il naso. Sospirò: — Direi chepotremmo non far pagare la slitta agli elfi, seloro in cambio cureranno Rollo.Maledizione! E siamo a due ordini che nonci verranno pagati! Qualcuno metta Rollo aletto, a parlare con gli elfi ci penso io. E viavverto tutti, nessuno escluso: non

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avvicinatevi a quel prato.— Oh, è tutto sistemato — disse Peter

allegro. — Il lubbock è morto, l'ha ucciso ildemone del fuoco.

— Cosa? — strillarono tutti i coboldi.— Morto? —, ci fu un gran vociare. —Davvero? Parli del demone del fuoco che èospite del Re? Davvero l'ha ucciso?

— Sì, davvero — urlò Peter per farsisentire in mezzo a quel chiasso. — Haucciso il lubbock, poi ha distrutto le uovache aveva portato l'elfo.

— E crediamo che sia rimasto uccisoanche lui — aggiunse Charmain. Era quasisicura che nessun coboldo l'avesse sentita.Erano troppo impegnati a ballare, rallegrarsie tirare i cappellini azzurri in aria.

Quando il rumore si fu un po' smorzato equattro coboldi robusti ebbero portato via

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Rollo, che continuava a scalciare e a gridaresenza emettere suono, Timminz disse rivoltoa Peter in tono serio: — Quel lubbock citerrorizzava da anni, visto che è parente delprincipe ereditario e tutto il resto. Secondote cosa possiamo dare al demone del fuocoin segno di gratitudine?

— Rimettete a posto i rubinetti dellacucina del mago Norland — rispose Petercon prontezza.

— Non c'è neanche bisogno di dirlo —rispose Timminz, — È stato Rollo a farlitogliere. Voglio dire, cosa possono faredegli umili coboldi per un demone del fuoco,che lui non possa già fare per sé?

— Lo so io — intervenne Charmain.Mentre continuava, tutti rimasero inrispettoso silenzio. — Calcifer e la sua...ehm... famiglia stavano cercando di scoprire

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dove vanno a finire tutti i soldi del Re.Potete aiutarli? Tutt'intorno alle ginocchia diCharmain si sentì rumoreggiare, si udironoesclamazioni come "Facile!", "Non c'èproblema!" e numerose risatine, come seCharmain avesse fatto una domanda stupida.Timminz era talmente sollevato dadistendere le sopracciglia in tutta la lorolunghezza, facendo così apparire il naso, el'intera faccia, il doppio più lunghi. — Non èdifficile — disse, — e non ci costa niente.

Puntò lo sguardo all'estremità oppostadella caverna, dov'erano appesi almenosessanta orologi a cucù, con i pendoli cheoscillavano ciascuno al proprio ritmo. — Sevenite con me adesso, direi che siamo giustoin tempo per assistere al passaggio dei soldi.Siete sicuri che farà piacere al demone delfuoco?

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— Non c'è dubbio — disse Charmain.— Allora, seguitemi, prego — disse

Timminz e li guidò verso il retro dellacaverna.

Ovunque fossero diretti, la passeggiata sirivelò piuttosto lunga. Charmain si sentivadisorientata quanto nel percorso verso lacaverna dei coboldi. Per tutto il temporimasero in penombra e la strada sembravatutta svolte, curve a gomito e tornanti adangolo. Di tanto in tanto Timminz diceva:"Tre passettini, poi a destra" o "Contate ottopassi umani e girate a sinistra, poi subito adestra e di nuovo a sinistra," e tutto questodurò così a lungo da stancare Sperso, cheprese a mugolare per essere presa inbraccio. Charmain la portò in braccio perpiù di metà percorso.

— Dovete sapere che i coboldi di qui

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fanno parte di un altro clan — disse Timminzquando finalmente sembrava di scorgere laluce del giorno davanti a loro. — Mi piacepensare che il mio clan avrebbe gestito lasituazione meglio di loro.

Poi, prima che Charmain potessechiedergli cosa intendeva, si infilò in unturbine di strette svolte a destra e curve asinistra, con in più un paio di zigzag, e siritrovarono alla fine di un passaggiosotterraneo nella fredda, verde luce delgiorno. Dei gradini di marmo resi verdidalla muffa conducevano tra i cespugli. Untempo le siepi dovevano crescere accantoalla scalinata, ma erano cresciute fino ariempire completamente lo spazio adisposizione.

Sperso prese a ringhiare. Sentendola lasi sarebbe detta un cane molto più grosso.

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— Zitta! — sussurrò Timminz. — Di quiin poi non fiatate.

Sperso smise all'istante di ringhiare, maCharmain avvertiva il suo corpicino fremereper un ringhiare soffocato. Charmain sirivolse a Peter per assicurarsi che avesse ilbuon senso di restare in silenzio. Peter nonc'era, erano solo lei, Sperso e Timminz.Charmain andò su tutte le furie: sapevaperfettamente cos'era successo. Lungo quelpercorso confuso Timminz doveva averdetto: "Girate a sinistra" e Peter avevavoltato a destra, o il contrario. Charmain nonaveva idea di dove esattamente era accaduto,ma sapeva che le cose erano andate così.

Non importa, pensò, con tutte quellefunicelle annodate alle dita può trovare lastrada per l'Ingaria e ritorno, probabilmentearriverà a casa del prozio William molto

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prima di me. Così non pensò più a Peter e siconcentrò per riuscire a salire in punta dipiedi i scivolosi gradini coperti di muffa epoi per scrutare tra le siepi senza muovereuna foglia. La luce del sole ardeva alle lorospalle, illuminando il prato di un verdebrillante e meravigliosamente tenuto,attraversato da un viottolo di un biancoaccecante a una certa distanza. Passandoaccanto ad alberi cui era stata data la formadi pomelli, punti, coni e dischi, come in unalezione di geometria, il viottolo conduceva aun palazzo da fiaba, di quelli con moltetorrette a punta svettanti e con il tettoazzurro. Charmain riconobbe Castel Joie, laresidenza del principe ereditario Ludovic.Capì, vergognandosene, che era questol'edificio che immaginava ogni volta che inun libro si accennava a un palazzo.

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Non devo avere molta immaginazione,pensò. Ma in fondo, no. Quando papà facevai biscotti in scatola da vendere il primomaggio, sul coperchio c'era semprel'immagine di Castel Joie, e dopotutto era ilvanto di High Norland. Non c'era da stupirsiche la strada che conduceva fin lì fosse tantolunga, dovevano essere arrivati a metà dellavallata di Norland! E continua a sembrarmiil palazzo ideale! Si sentì un rumore di passilungo il bianco viottolo illuminato e apparveil principe Ludovic in persona, magnifico inseta bianca e azzurro cielo, che passeggiavain direzione del palazzo. Appena prima diarrivare all'altezza della siepe dove sitrovava Charmain si fermò e si girò indietro.

— Allora, venite? — disse in tonoarrabbiato. — Datevi una mossa!

— Ci stiamo provando, altezza! —

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rispose una voce stridula e affannata.Apparve una fila di coboldi che avanzavanocon aria sfiancata, chini sotto il peso di unsacco di pelle pieno di protuberanze. Eranopiù tendenti al verde che all'azzurro esembravano estremamente afflitti. La lorosofferenza doveva essere in parte provocatadal sole, visto che i coboldi preferisconovivere al buio, ma Charmain pensò che, agiudicare dal loro colore, non fossero moltoin salute. Gli tremavano le gambe, un paiotossivano forte, l'ultimo della fila era cosìmalmesso che inciampò e cadde, mollando ilsacco, da cui caddero, lungo il viottolobianco e lucente, alcune monete d'oro.

A questo punto apparve il signoreanonimo. Si avvicinò al coboldo che era aterra e prese a dargli dei calci, senzaparticolare violenza e senza avere un'aria

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particolarmente crudele, sembrava checercasse di rimettere in moto una macchina.A ogni calcio il coboldo si dibattevacercando disperatamente di raccogliere lemonete d'oro cadute, finché non le ebberimesse tutte nel sacco e riuscì ad alzarsi inpiedi. Il signore anonimo smise di calciare eandò ad affiancarsi al principe.

— Non è un carico particolarmentepesante — gli disse. — Probabilmente saràl'ultimo. Al Re non restano altri soldi, ameno che non venda i suoi libri —. Ilprincipe si mise a ridere. — Piuttostomorirebbe, il che per me va bene,ovviamente. In questo caso dobbiamopensare a un altro modo per procurarci deldenaro. Castel Joie è maledettamentecostoso da mantenere.

Si voltò a guardare i coboldi che

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procedevano barcollanti nel loro faticosocammino. — Muovetevi, avanti, devo esseredi ritorno a Palazzo Reale per il tè!

Il signore anonimo annuì e rallentò pertornare al passo dei coboldi, pronto aricominciare a tirar calci. Il principe loaspettò e disse: — Comunque, anche sefosse l'ultima focaccina che vedo in vita mia,non mi dispiacerebbe!

I coboldi videro arrivare il signoreanonimo e fecero il possibile per accelerare.Charmain ebbe comunque l'impressione checi volesse un secolo perché la processionescomparisse alla sua vista e il rumore deipassi si smorzasse. Tenne una Spersofremente stretta in un abbraccio, per evitareche saltasse a inseguire i coboldi, e abbassòlo sguardo tra il fogliame in cerca diTimminz.

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— Come mai non ne avete mai parlato anessuno? Perché non l'avete detto almeno almago Norland?

— Non ce l'ha mai chiesto nessuno —rispose Timminz, con l'aria di essere statoinsultato.

"No, ovvio che non ve l'ha mai chiestonessuno!" pensò Charmain. "Ecco perchéRollo è stato pagato per far arrabbiare icoboldi con il prozio William! Se non sifosse ammalato avrebbe finito per faredomande". Pensò che il lubbock fosse mortoper lo stesso motivo: se era un parente delprincipe, come sosteneva Timminz, alloraera probabile che avesse l'intenzione diuccidere Ludovic e governare il paese al suoposto. Le aveva anche detto una cosa delgenere. Ora restava da affrontare il principeereditario, pensò. Devo assolutamente

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parlarne al Re.— Sembra un po' troppo duro con quei

coboldi — disse Charmain.— Sì — assentì Timminz. — Ma non

hanno ancora chiesto aiuto."E ovviamente non ti viene in mente di

aiutarli se non te lo chiedono, eh?" pensòCharmain. "Accidenti! Non ne posso più!".

— Mi dici come tornare a casa? —chiese.

Timminz esitò. — Secondo te il demonedel fuoco sarà contento di sapere che i soldivanno a finire a Castel Joie? — chiese lui.

— Sì — rispose Charmain. — Operlomeno lo sarà la sua famiglia.

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CAPITOLO QUINDICI

Nel quale viene rapito il piccolo Twinkle

Timminz guidò svogliatamente Charmainsulla lunga, confusa via fino alla caverna deicoboldi, e una volta lì disse in tono allegro:— Da qui conosci la strada —, e sparìall'interno, lasciando la ragazza da sola conSperso.

Charmain non la conosceva la strada dalì. Rimase ferma qualche minuto accanto allacosa che Timminz aveva chiamato slitta achiedersi cosa fare, mentre osservava icoboldi intenti a dipingere, intagliare erivestire l'oggetto in questione senzarivolgerle nemmeno un'occhiata. Dopo un po'ebbe l'idea di posare a terra Sperso.

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— Mi indichi la strada per tornare allacasa del prozio William? — le chiese. —Da brava.

Sperso partì al trotto con determinazione,ma ben presto Charmain prese seriamente adubitare che stesse facendo la brava. Spersoprocedeva a passo spedito e Charmain laseguì per quelle che le parvero ore.Girarono a sinistra, poi a destra e ancora adestra. Era così concentrata su quel cheaveva scoperto che in più occasioni non videda che parte era andata Sperso, e dovetteaspettare nella penombra, urlando "Sperso!Sperso.!" finché non tornava a prenderla.Molto probabilmente Charmain raddoppiòcosì l'effettiva distanza e Sperso cominciò asentire la fatica e ad ansimare con la linguasempre più penzoloni. La ragazza però non siazzardava a prenderla in braccio, per il

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timore di non riuscire ad arrivare a casa. Leparlò, per farle coraggio e darsene lei stessa.

— Sperso, devo dire a Sophie cos'èsuccesso, a questo punto sarà in pensiero perCalcifer, e devo anche dire al Re dei soldi.Ma se vado a palazzo appena arrivo a casa,ci troverò l'orribile principe Ludovic che fafinta di gustarsi le focaccine. Perché poi nongli piacciono? Sono buone, le focaccine.Sarà perché è un lubbockin. Non mi azzardoa parlare al Re con lui presente, mi sa chetoccherà aspettare domani. Secondo tequando pensa di partire il principe? Stasera?Il Re mi ha detto di andare dopo due giorni,quindi per allora sarà partito. Se è ancora lìquando arrivo, posso sempre parlare primacon Sophie... oh cavolo! Adesso che miricordo, Calcifer aveva detto che avrebberofatto finta di partire, quindi non troveremo

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Sophie a palazzo. Oh, Sperso, vorrei saperecosa fare! Più ne parlava, meno lo sapeva.Finì per essere troppo stanca per aprirbocca, e si limitò ad arrancare dietro lapallida ombra dell'affaticata, ansimanteSperso, che le zampettava davanti. Spersoriuscì infine ad arrivare a una porta, l'aprìcon una spinta e si ritrovarono nel salotto delprozio William, dove diede un gemito ecadde su un fianco, scossa da mille brevirespiri affannosi. Charmain guardò fuoridalla finestra le ortensie rosa e viola nellaluce del tramonto. "Siamo state fuori tutto ilgiorno," pensò, non c'è da stupirsi cheSperso sia stanca e che mi facciano male ipiedi! Almeno Peter dovrebbe ormai esserea casa e spero che abbia preparato la cena.— Peter! — chiamò.

Non sentendo risposta, Charmain prese

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Sperso in braccio e andò in cucina. Spersole leccò debolmente la mano in segno digratitudine per non averla costretta amuovere un altro passo. Dalla finestra dellacucina, si vedeva la luce del tramonto caderesul rosa e bianco del bucato, ancora steso incortile e dolcemente battuto dal vento, chetracciava un disegno a zigzag. Di Peter nonc'era traccia.

— Peter? — lo chiamò Charmain.Nessuna risposta. Charmain diede in un

sospiro. Era chiaro che si era proprio perso,molto più seriamente di lei, e non c'era mododi sapere quando sarebbe ricomparso.

— Troppe stringhe colorate! —mormorò rivolta a Sperso, mentre assestavaun colpo al camino per ottenere del cibo percani. — Stupido! Era troppo stanca permettersi a cucinare. Dopo che Sperso ebbe

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ripulito due ciotole e bevuto l'acqua che leaveva preso dal bagno, Charmain barcollò insalotto e prese un tè con dei pasticcini. Cipensò un po' su e fece il bis, poi prese ilcaffè di metà mattina, e stava cominciando achiedersi se andare in cucina a farecolazione, quando si accorse di esseretroppo stanca e prese in mano un libro.

Quando Sperso la svegliòarrampicandosi sul divano accanto a lei erapassato molto tempo.

— Oh che scocciatura! — disseCharmain. Andò a letto senza nemmeno fareil tentativo di lavarsi e si addormentò con gliocchiali sul naso.

Il mattino dopo, al risveglio, si accorseche Peter era tornato. Sentì rumori proveniredal bagno, un ticchettio di passi e il rumoredi porte che si aprivano e chiudevano.

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"Sembra parecchio attivo," pensò Charmain,"magari lo fossi anch'io". Sapeva che quelgiorno doveva andare a Palazzo Reale, cosìsi alzò brontolando. Ripescò gli ultimivestiti puliti che le restavano e si lavò epettinò con grande cura, tanto che arrivòSperso a recuperarla.

— Sì, la colazione, va bene, lo so —disse Charmain. — Il guaio è — ammise,mentre prendeva in braccio Sperso, — cheho paura di quel signore anonimo, mi sa cheè anche peggio del principe.

Aprì la porta con un piede, si girò,svoltò a sinistra per entrare in cucina e sifermò con gli occhi sgranati.

Al tavolo di cucina era seduta una stranasignora che faceva colazione tutta tranquilla.Apparteneva a quella categoria di donne chedanno immediatamente un'idea di totale

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efficienza. L'efficienza le permeava loscarno viso abbronzato e la competenza lesegnava le mani sottili e forti. Mani cheerano impegnate a tagliare con grandeenergia una pila di frittelle con lo sciroppo ead affettare il mucchio di pancetta croccantelì accanto.

Charmain fissò le frittelle e gli abiti instile gitano della donna, che era tutta balzesfumate dalle tinte vivaci e portava unfoulard colorato attorno ai capelli di unbiondo pallido. La donna si girò e ricambiòlo sguardo.

— Chi sei? — dissero all'unisono, ladonna con la bocca piena.

— Sono Charmain Baker — disse laragazza. — Sono qui per badare alla casadel prozio William mentre è dagli elfi a farsicurare.

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La donna inghiottì il boccone. — Bene— disse. — Sono contenta di sapere che hachiesto a qualcuno di badare alla casa. Nonmi piaceva il pensiero del cane tutto solocon Peter. Comunque le ho dato da mangiare.Peter non è tipo da badare ai cani, dormeancora?

— Ehm... — disse Charmain. — Non loso, ieri notte non è tornato.

La donna sospirò. — Appena mi girosparisce, fa sempre così — disse. — Sapevoche sarebbe arrivato qui tutto intero —.Puntò verso la finestra una forchetta confrittella e pancetta. — Quel bucato porta lafirma di Peter. Charmain si sentì avvampare.— È anche colpa mia — ammise. — Hofatto bollire una tunica. Perché credeva fossestato Peter?

— Perché — disse la donna, — non è

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mai riuscito a fare un incantesimo come sideve in vita sua. Se non lo so io, che sonosua madre... All'idea che stava parlando conla strega di Montalbino Charmain fu insiemeturbata e colpita: ovvio che la madre diPeter fosse super-efficiente. Ma cosa cifaceva lì?

— Credevo fosse andata in Ingaria — ledisse.

— Infatti — rispose la strega. — Eroarrivata fino in Sfrangia, quando la reginaBeatrice mi ha detto che il mago Howl era aHigh Norland. Così sono tornata passandodalle montagne e sono capitata dagli elfi emi hanno detto che il mago Norland era daloro. A quel punto mi sono moltopreoccupata all'idea che Peter fosse quisolo. Vedi, l'avevo mandato qui perché fosseal sicuro. Sono venuta subito.

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— Peter è al sicuro — disse Charmain.— O almeno era al sicuro fino a ieri, quandosi è perso.

— Adesso che sono qui, non correpericoli — ribatté la strega. — Avverto lasua presenza non lontano —. Sospirò. —Credo che dovrei andare a cercarlo, sai, nondistingue la destra dalla sinistra.

— Lo so — disse Charmain. — Usadelle stringhe colorate, e in realtà non è uncattivo sistema.

Mentre parlava con una persona superefficiente come la strega di Montalbino, sirese conto che in confronto Peter era un casotanto disperato quanto era Charmain ai suoiocchi. "Genitori!" pensò. Mise a terraSperso e chiese educatamente: — Scusi ladomanda, ma dove ha trovato l'incantesimodella colazione per avere quelle frittelle?

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— Basta fare l'ordine giusto — ribatté lastrega. — Ne vuoi? Charmain annuì. Lastrega fece schioccare le dita efficienti indirezione del camino. — Colazione —ordinò, — con frittelle, pancetta, succod'arancia e caffè —. Apparve all'istante unvassoio con al centro una più chesoddisfacente pila di frittelle gocciolanti disciroppo.

— Visto? — disse la strega.— Grazie — replicò Charmain,

afferrando il vassoio con gratitudine.Sentendo il profumo di frittelle Sperso presead agitare il naso e a correre disegnandopiccoli cerchi e mugolando. Evidentementenon considerava il cibo che le aveva dato lastrega di Montalbino come una vera epropria colazione. Charmain posò il vassoiosul tavolo e le diede il pezzo di pancetta più

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croccante.— Quel cane è magico — osservò la

strega mentre tornava a dedicarsi allapropria colazione.

— È dolcissima — ammise Charmain,mentre si sedeva e cominciava a gustarsi lefrittelle.

— No, non in quel senso — disse lastrega in tono impaziente. — Non sono tipoda complimenti, intendevo proprio che è uncane magico — Mangiò un'altra frittella eaggiunse, con la bocca piena: —1 canimagici sono piuttosto rari e hanno un poteremolto forte. Questo ti sta facendo un grandeonore adottandoti come suo essere umano.Scommetto che ha anche cambiato sesso peressere una femmina come te. Spero che tul'apprezzi come merita.

— Sì — rispose Charmain. "E quasi

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quasi preferirei fare colazione con laprincipessa Hilda," pensò. "Perchédev'essere così dura?". Continuò a mangiaree le venne in mente che il prozio Williamsembrava convinto che Sperso fossemaschio. All'inizio sembrava che Spersofosse un cagnolino, poi Peter l'aveva presain braccio e aveva detto che era femmina.

— Sono sicura che ha ragione —aggiunse educatamente Charmain. — PerchéPeter non dovrebbe essere al sicuro qui dasolo? Ha la mia età, e io non corro pericoli.

— Forse — disse in tono asciutto lastrega, — perché la tua magia funzionameglio della sua —. Finì le frittelle e passòal pane tostato. — Ogni volta che prova afare un incantesimo, Peter fa dei pasticci —asserì imburrando il pane. — Non dirmi,perché non ci crederei — disse dando un

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sonoro, generoso morso, — che quando faiuna magia non riesci in qualche modo arealizzare esattamente il tuo scopo.

Charmain pensò all'incantesimo del volo,a quello per sigillare la tubatura e a Rollonella borsa. — Sì — disse con la boccapiena di frittella. — Mi sa che...

— Peter — la interruppe la strega, — èl'esatto contrario. Ha una tecnica quasiperfetta, ma l'incantesimo fa sempre cilecca.Una delle ragioni per cui l'ho mandato dalmago Norland è che speravo potessemigliorare le capacità magiche di Peter. Sai,il mago Norland possiede Il libro delpalinsesto.

Charmain si sentì di nuovo avvampare ilviso. — Ehm... — disse passando a Spersomezza frittella, — che potere ha questoLibro del palinsesto?

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— Se continui a darle così tanto damangiare tra un po' sarà troppo grassa percamminare — disse la strega. — Il libro delpalinsesto dà la libertà di usare ogni magiadella terra, dell'aria, del fuoco e dell'acqua.Il fuoco viene concesso solo a chi è degno difiducia, e va da sé che la persona debbaprima di tutto avere delle capacità magiche—. Il suo volto severo era velato di ansia.— Io penso che Peter le possieda. "Fuoco,"pensò Charmain, "ho spento il fuoco addossoa Peter, quindi sono degna di fiducia?".

— Peter deve avere la capacità di usarela magia — disse alla strega. — Non si puòpasticciare un incantesimo, se non si è ingrado di fare uso di magia. Cos'altro l'haspinta a mandare qui Peter?

—I nemici — rispose la strega, intenta abere il caffè con espressione seria. — Ho

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dei nemici. Sai, hanno ucciso il padre diPeter.

— Intende i lubbock? — chieseCharmain. Poi rimise tutto sul vassoio ebevve un ultimo sorso di caffè, mentre sipreparava ad alzarsi per andare.

— Per quanto ne so c'è un solo lubbock— disse la strega, — A quanto pare haucciso tutti i rivali. Ed è stato proprio illubbock a provocare la valanga. L'ho visto.

— Allora può smettere di preoccuparsi— disse Charmain, alzandosi in piedi. — Illubbock è morto, Calcifer l'ha annientatol'altro ieri.

La strega era sbalordita. — Racconta! —la esortò eccitata. Anche se era impazientedi andare a Palazzo Reale, Charmain sidovette sedere, versarsi un altro caffè eraccontare alla strega tutta la storia, non solo

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del lubbock e delle uova di lubbock, maanche quello che aveva fatto a Rollo. Equando si ritrovò a raccontarle di comeCalcifer sembrava scomparso, pensò che lastrega stava facendo un uso scorretto dellesue arti magiche.

— Allora perché te ne stai seduta qui?— le chiese la strega. — Corri a palazzo eracconta subito a Sophie tutta la storia!Ormai la poveretta dev'essere fuori di testaper la preoccupazione! Sbrigati, ragazzina!

"E nemmeno un Grazie per avermeloraccontato," pensò Charmain acida."Preferirei avere qui mia madre che quelladi Peter, e di sicuro preferirei far colazionecon la principessa Hilda!". Si alzò e disse uneducato "Arrivederci", poi, con Sperso chesi affrettava per starle dietro, attraversò dicorsa il salotto e il giardino e si ritrovò in

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strada. "Per fortuna non le ho parlato delpassaggio dalla sala riunioni," pensò mentrecorreva con passo pesante e con gli occhialiche le ballonzolavano sul petto, altrimenti miavrebbe fatto andare per di là e non avreipotuto cercare Calcifer.

Giunse al luogo in cui Calcifer avevafatto esplodere le uova di lubbock, subitoprima della curva. Da quel punto si erastaccato un enorme frammento di roccia, cheaveva scagliato un cumulo di macigni finoalla strada. C'erano persone, probabilmentepastori, intenti ad arrampicarsi sul cumulo incerca delle pecore che vi erano rimastesepolte. Si grattavano la testa e parevanochiedersi cos'aveva causato il crollo.Charmain esitò. Se Calcifer fosse stato lì, aquel punto l'avrebbero trovato. Rallentò ilpasso e osservò attentamente il mucchio di

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frammenti di roccia: non sembrava esservialcuna traccia di azzurro, né alcun segno difiamma.

Decise che più tardi avrebbe cercatomeglio e si rimise a correre, accorgendosi amalapena che il cielo era di un azzurrolimpido e che le montagne erano appannateda un velo di grigia foschia. Sarebbe statouno dei rari giorni davvero caldi a HighNorland, e il solo modo in cui questocondizionava Charmain era che Spersopresto ebbe l'aria seriamente accaldata:correva oscillando da una parte all'altra eansimava con la lingua rosa penzoloni chearrivava quasi a spazzare la strada.

— Oh, accidenti! Mi sa che è colpa dellafrittella — disse Charmain. La prese inbraccio e si rimise a correre. — Vorrei chela strega non avesse detto quelle cose su di

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te — confessò mentre correva. — Mi fastare in ansia che tu mi sia così affezionata.

Al suo arrivo in città, Charmain eraaccaldata quanto Sperso, e desiderò quasiavere una lingua come la sua da farpenzolare. Dovette rallentare l'andatura a unpasso spedito, e anche se aveva preso la viapiù breve le parve di metterci una vita adarrivare alla piazza Reale. Finalmente svoltòun angolo e si ritrovò sulla piazza. Una follache se ne stava lì con gli occhi sgranati leimpediva di procedere: sembrava che metàdella popolazione di High Norland si fosseradunata a fissare il nuovo edificio che silevava a pochi passi dal Palazzo Reale. Eraalto quasi quanto il palazzo, lungo e scuro,color carbone, con torrette a ogni angolo.Era il castello che Charmain aveva guardatoallontanarsi fluttuando tristemente al di là

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delle montagne. Lo fissò con lo stessostupore degli altri presenti nella piazza.

— Com'è arrivato qui? — si chiedeva lagente, mentre Charmain cercava di farsilargo per avvicinarsi. — Come ci è entrato?

Guardando le quattro strade che davanosulla piazza, le venne da chiedersi la stessacosa: nessuna era larga più della metà delcastello. Eppure era lì, solido e svettante,come se si fosse costruito da sé nell'arco diuna notte. Con curiosità crescente, Charmainsi fece strada a gomitate. Quando si trovò aridosso dei suoi muri, una fiammata azzurrauscì da una delle torri e si allungò verso dilei. Charmain si buttò di lato e Sperso presea dimenarsi. Si sentì urlare, e i presentiindietreggiarono in tutta fretta, lasciandola lìda sola a fronteggiare una lacrima azzurra difuoco che le volteggiava all'altezza degli

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occhi. Sperso agitò la coda contro il bracciodi Charmain in segno di saluto.

— Se state andando a palazzo —,Calcifer crepitò verso di loro, — ditegli chesi sbrighino, non ce la faccio a tenere qui ilcastello tutta la mattina. Charmain era cosìcontenta che non riusciva quasi a parlare. —Credevo fossi morto! — riuscì a dire. —Cos'è successo?

Calcifer si muoveva su e giù nell'aria esembrava un po' imbarazzato.

— Devo essermi messo fuori gioco comeuno stupido — confessò. — Non so come,sono finito sotto un mucchio di sassi e mi ciè voluto tutto ieri per liberarmi. Una voltafuori sono dovuto andare a cercare ilcastello, che era finito a chilometri didistanza. Sono appena arrivato, a dire ilvero. Dillo a Sophie, doveva far finta di

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partire oggi. E falle sapere che sono a cortodi ceppi, così arriverà di corsa.

— Va bene — promise Charmain. — Seisicuro di star bene?

— Ho solo fame — rispose Calcifer. —Ceppi, ricorda.

— Ceppi — annuì Charmain e salì igradini che conducevano alla porta delpalazzo, subito convinta che la vita era moltomeglio, più lieve e felice, di come le eraparsa poco prima.

Sim le aprì il portone con una prontezzasorprendente, rivolse uno sguardo al castelloe alla folla che lo guardava e scosse la testa.

— Ah, signorina Charmant — disse. —Questa sì che sta diventando una mattinacomplicata. Non sono sicuro che Sua Maestàsia ancora pronto a lavorare in biblioteca.Ma entri, la prego.

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— Grazie — disse Charmain e posòSperso. — Posso aspettare, a ogni modoprima devo parlare con Sophie.

— Sophie... ehm... sarebbe la signoraPendragon — disse Sim mentre richiudeva afatica il portone, — sembra una dellecomplicazioni della mattina. La Principessaè estremamente contrariata... ma venga daquesta parte e vedrà lei stessa cosa intendo.

Avanzò strascicando i piedi lungo ilcorridoio e facendo cenno a Charmain diseguirlo. Prima ancora di raggiungerel'angolo, il punto da cui partiva la scalinatain pietra, Charmain sentì la voce del cuocoJamal che diceva: — E come si fa a capirecosa cucinare quando gli ospiti sono sempresul punto di andarsene, poi non se ne vannopiù e alla fine se ne vanno davvero,domando io! —, seguito dal ringhiare basso

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del suo cane e da un coro di voci.Sophie era nello spazio sotto alle scale,

con Morgan in braccio e Twinkle, insiemeansioso e angelico, aggrappato alla gonna, edi fianco a lei c'era la grassa bambinaia cheappariva inutile come sempre. In piediaccanto alle scale c'era la principessa Hilda,che non le era mai parsa così regale edelegante. Anche il Re era lì, rosso in viso eovviamente in gran pompa. A Charmainbastò un'occhiata ai loro volti per avere lacertezza che in quel momento non era il casodi riferire dei ceppi. Il principe Ludovic sisporgeva al termine della ringhiera conun'espressione di divertita superiorità; gliera accanto la sua assistente, con l'ariasdegnosa in un abito quasi da gran gala, econ sgomento di Charmain c'era anche ilsignore anonimo, accanto al principe in

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atteggiamento rispettoso. "Chi direbbe maiche ha appena finito di rubare i soldi al Re,quel mostro!" pensò Charmain.

— Per quel che mi riguarda vi sieteapprofittati vergognosamente dell'ospitalitàdi mia figlia! — stava dicendo il Re. — Nonavevate il diritto di fare promesse che nonvolete mantenere. Se foste nostri sudditi, viproibiremmo di andarvene.

Sophie, cercando di tenere un tonodignitoso, disse: — Ho tutta l'intenzione dimantenere la promessa, Sire, ma non puòaspettarsi che rimanga quando mio figlio èstato minacciato. Se mi permette di portarloin un luogo sicuro, poi sarò libera di faretutto ciò che vuole la principessa Hilda.

Charmain si rendeva conto del problemadi Sophie: in presenza del principe Ludovice del signore anonimo non osava dire che

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non partiva sul serio. E doveva cercare dimettere Morgan al sicuro. Il Re rispose, contono arrabbiato: — Giovin signora, nonfaccia altre promesse vane!

Sperso, ai piedi di Charmain, prese aringhiare, mentre alle spalle del Re ilprincipe Ludovic rideva e schioccava ledita. Quel che avvenne in seguito colse tuttidi sorpresa: i vestiti della bambinaia e dellagiovane signora che accompagnava ilprincipe si strapparono. La bambinaia sitrasformò in un essere viola e pieno diprotuberanze, con muscoli rilucenti e zampenude. L'abito da sera dell'assistente delprincipe scivolò via, a rivelare un tozzocorpo color malva in un body nero, con sullaschiena appositi buchi per un paio di alucceviola all'apparenza inutili. I due lubbockinavanzarono verso Sophie con le grandi mani

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viola tese. Sophie strillò qualcosa diincomprensibile e allontanòimmediatamente Morgan dalla presa dellemani artigliate. Anche Morgan urlò,sorpreso e impaurito. Ogni altro rumore fucoperto dall'acuto abbaiare di Sperso e dalringhio sordo del cane di Jamal, che partìalla carica verso la signora. Prima che ilcane riuscisse ad avvicinarsi ai lubbockin,però, la donna si era tuffata su Twinkle conun frullio di alucce e l'aveva afferrato.Twinkle urlò e agitò le gambe rivestite divelluto azzurro, mentre la bambinaialubbockin si mise davanti a Sophie perimpedirle di salvare Twinkle.

— Capisce — disse il principe Ludovic,— toccherà che ve ne andiate se non vuoleche facciano del male al suo bambino.

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CAPITOLO SEDICI

Che è pieno di fughe e scoperte

— Questo — disse la principessa Hilda,è oltrag...

Si era appena spinta a pronunciarequeste parole quando Twinkle riuscì inqualche modo a scappare. Si liberò dallastretta delle braccia viola del lubbockin ecominciò a salire di corsa le scalestrillando: Aiuto! Aiuto! Non lasciate che mitocchino!

I due lubbockin spinsero la Principessada parte e si diedero all'inseguimento diTwinkle; la principessa Hilda barcollòcontro la ringhiera e vi restò aggrappata,rossa in viso e di colpo ben lontana dal suo

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aspetto signorile. Charmain si ritrovò acorrere su per le scale dietro i lubbockin,urlando: — Lasciatelo stare! Come vipermettete! —. In seguito capì che ascatenare la sua reazione doveva essere statoil fatto di aver visto la principessa Hildacome una persona ordinaria.

Sophie indugiò un istante ai piedi dellascalinata, prima di cacciare Morgan inbraccio al Re. — Badi che non corra rischi!— gli disse senza fiato, poi raccolse lagonna e si lanciò dietro a Charmain urlando:— Smettetela subito! Mi avete sentito?!

Jamal arrancò alle loro spalle, da fidatoservitore, strillando: — Fermi... al ladro!Fermi... al ladro! —, con gran ansimare.Dietro di lui saliva a fatica il suo cane,fidato quanto il padrone, emettendo grugnitiintensi e striduli, mentre Sperso correva

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avanti e indietro ai piedi della scalinata inuna tempesta di latrati degni di un soprano.

Il principe Ludovic, attaccato alcorrimano di fronte alla principessa Hilda,rideva di tutti loro.

I due lubbockin presero Twinkle quasi incima alla rampa, in un confuso agitare diinutili alucce e rilucenti muscoli colormalva. Twinkle si dimenò e sferrò un calciopossente, e per un istante le sue gambecoperte di velluto azzurro sembrarono lunghee forti come quelle di un adulto. Una arrivòsullo stomaco del lubbockin bambinaia el'altra atterrò sulle scale, per fargli trovarel'equilibrio mentre con il pugno destrocolpiva il naso del secondo lubbockin, conuno schiocco degno di un uomo fatto.Twinkle riprese poi a correre su per le scalecon agilità lasciando a terra i due lubbockin,

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uno sull'altro. Mentre saliva la secondarampa, Charmain lo vide girarsi a guardarein basso, alle proprie spalle, per assicurarsiche lei, Sophie e Jamal lo stessero seguendo.Gli tenevano dietro, perché i lubbockin sierano risollevati con una prontezzaincredibile e si erano lanciati al suoinseguimento. Charmain e Sophie salivano dibuon passo, mentre Jamal e il caneannaspavano alle loro spalle.

A metà della rampa successiva, ilubbockin ricatturarono Twinkle. Per laseconda volta risuonarono vigorosi cazzottie Twinkle riuscì a liberarsi, prendendo acorrere su per la terza rampa di scale. Eraarrivato quasi fino in cima, quando ilubbockin lo raggiunsero e gli si buttaronoaddosso. Finirono tutti e tre aggrovigliati inun ammasso di gambe e braccia, e in un

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frullare di alette viola.Charmain e Sophie erano ormai estenuate

e non avevano quasi più fiato. La ragazzavide distintamente il viso angelico diTwinkle emergere dal groviglio di corpi erivolgere loro uno sguardo penetrante. Unavolta arrivata al pianerottolo e dopo averaffrontato la nuova rampa, con Sophiesempre dietro che si teneva una mano sulfianco a causa di una fitta, all'improvviso ilgroviglio di corpi esplose. I corpi violarotolarono da una parte, e Twinkle, di nuovolibero, prese a correre su per l'ultima rampadi scale in legno. Quando i lubbockinriuscirono a risollevarsi, Charmain e Sophieli avevano ormai quasi raggiunti. Jamal e ilcane erano a notevole distanza.

I cinque in testa salivano rumorosamentele scale di legno. Ora Twinkle procedeva

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lento: Charmain era quasi sicura che lofacesse a bella posta, ma i lubbockin silanciarono in urla di trionfo e acceleraronoil passo.

— Oh no! Un'altra volta? — gemetteSophie nel vedere Twinkle che spalancavala porta in cima e usciva sul tetto. Ilubbockin gli si lanciarono dietro. QuandoCharmain e Sophie furono arrivate a fatica incima e guardarono fuori dalla porta apertariprendendo fiato, videro i lubbockin sedutia cavalcioni al centro del tetto dorato, contutta l'aria di desiderare intensamente diessere altrove. Di Twinkle nessuna traccia.

— Cosa starà combinando adesso? —chiese Sophie.

Quasi nel preciso istante in cuipronunciava queste parole, Twinkle apparvesulla soglia con espressione eccitata,

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ridendo di quel suo riso angelico, i ricciolid'oro spinti dal vento a disegnare un'aureola.

— Venite a vedeve cof'ho tvovato! —disse allegro. — Feguitemi e bafta. Sophieindicò il tetto tenendosi il fianco. — E queidue? — ansimò. — Ci limitiamo a sperareche cadano o facciamo qualcosa?

Twinkle sfoderò un sorriso incantevole.— Afpetta e vedvai! —. Drizzò la testadorata e si mise in ascolto, più in basso siudiva sempre più vicino il ringhiare e ilgrattare di unghie sulle scale del cane delcuoco. La bestia aveva superato il suopadrone, e ora avanzava su per le scale inlegno, ringhiando e agitandosi, tuttoaffannato. Twinkle annuì e tornò a dirigersiverso il tetto, fece un movimento appenaabbozzato e mormorò una parola. Subito ilubbockin appollaiati là fuori si contrassero,

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facendosi più piccoli, con uno sgradevolerumore simile a un cic-ciac, fino a diventaredue cosucce violacee che si muovevanogoffamente e si agitavano lungo la sommitàdel tetto dorato.

— Cosa...? — esclamò Charmain.Il sorriso di Twinkle si fece, se

possibile, ancor più angelico. — Calamavi— rispose beato. — Il cane del cuoco lipvenevà pev calamavi.

— Eh? Ah, calamari, ho capito — disseSophie.

Mentre parlava arrivò il cane del cuoco,con le gambe che pompavano come stantuffie la bava alla bocca ringhiarne. Schizzò sultetto come un lampo marrone. A metà deltetto le mascelle presero a fare sgnac-croc esgnac-crac, e i calamari erano scomparsi.Solo allora il cane sembrò accorgersi di

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dove si trovava. Si bloccò con due zampe daun lato del tetto e due dall'altro e prese amugolare da far pena.

— Oh, poverino! — esclamò Charmain.— Ci penfevà il cuoco — ribatté

Twinkle. — Voi feguitemi, fu. Dovetegivave a fmiftva fu quefta povta pvima ditoccave il tetto con il piede —. Avanzòverso sinistra e scomparve.

"Ah, mi sa che ho capito!" pensòCharmain. Era come con le porte di casa delprozio William, a parte l'altezzaimpressionante. Lasciò che Sophie andasseper prima, così da poterla prendere per lagonna in caso si fosse sbagliata, ma dovevaessere più abituata alla magia di Charmain:fece un passo a sinistra senza la minimadifficoltà e svanì. Prima di azzardarsi aseguirla, Charmain avvertì un istante di

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incertezza, chiuse gli occhi e fece il passo.Nel farlo le si sgranarono gli occhi, comefossero dotati di volontà propria, e colse unavista fuggevole del tetto dorato chesfrecciava accanto a lei lucente. Prima che levenisse in mente di urlare "Ylf !" perinvocare l'incantesimo del volo si ritrovò inun caldo spazio triangolare con delle travisotto il tetto. Sophie imprecò: nella lucefioca aveva sbattuto con l'alluce contro unodei numerosi mattoni impilati in quel posto.

— Cattiva-cattivona — disse Twinkle.— Oh, chiudi il becco! — ribatté

Sophie, in piedi su una gamba sola conl'alluce in mano. — Perché non cresci?

— Non ancova. Te l'ho detto — risposeTwinkle. — Dobbiamo ancova fconfiggeveil pvincipe Ludovic. Ah, guavda! Ecco cos'èfucceffo quand'evo qui anch'io.

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Sul mucchio di mattoni più grande sidiffondeva una luce dorata. I mattoni laassorbivano e, sotto lo strato di polvere,rifulgevano anch'essi di un color oro.Charmain si rese conto che non si trattavaaffatto di mattoni, ma di lingotti di oromassiccio. A rendere la cosa più evidente,apparve una bandiera dorata, che sventolavadavanti ai mattoni. Vi si leggeva, in lettere difoggia antica:

LODE AL MAGO MELICOT CHE HA

NAFCOFTO L'OVO DEL VE. — Eh! — Sophie sbuffò e lasciò andare

l'alluce, — Doveva avere la pronuncia blesacome te, sareste stati proprio anime gemelle!Tutti e due testoni. Non riusciva a resisterealla tentazione di vedere il suo nome a

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grandi lettere, eh?— Io non ho bifogno di vedeve il mio

nome a gvandi letteve — disse Twinkle conaria signorile.

— Figurati! — ribatté Sophie.— Dove siamo? — si affrettò a chiedere

Charmain, perché Sophie sembrava sul puntodi prendere un lingotto e darlo in testa aTwinkle. — È questo il tesoro reale ?

— No, è quel che fi tvova fotte il tettodovato — le rispose Twinkle. — Fuvbo, eh?Dato che tatti fapevano che il tetto non è diovo vevo, a neffuno è venuto in mente dicevcavlo qui —. Prese un lingotto, lo sbattésul pavimento per scrollare la polvere e lomollò in mano a Charmain. Era così pesanteche per poco lei non lo lasciò cadere. — Haiin mano una pvofa — disse lui.

— Penfo che al ve fava molto piaceve

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vedevla.Sophie, che sembrava essersi un po'

ripresa, disse: — Mi fa impazzire quel tuomodo di parlare! Mi sa che lo detesto ancoradi più di quei ricci dorati!

— Ma penfa a quanto fono utili —ribatté Twinkle. — Quel cattivo di Ludovicha cevcato di vapive me e fi è dimenticato diMovgan. Rivolse i suoi sentimentaliocchioni azzurri a Charmain. — Ho avutoun'infanzia tviste, neffuno mi voleva bene.Penfo di aveve divitto di vipvovave con unafpetto più gvaziofo, non fei d'accovdo?

— Non starlo a sentire — intervenneSophie. — È tutta una posa. Howl, comefacciamo a uscire da qui? Ho lasciatoMorgan al Re e con loro c'è anche Ludovic.Se non ci sbrighiamo a tornare, a Ludovicpotrebbe sempre venire in mente di mettere

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le mani su Morgan.— E Calcifer mi ha chiesto di fare in

fretta — si intromise Charmain. — Ilcastello sta aspettando nella piazza Reale. Inrealtà è questo che ero venuta a dirvi...

Prima che potesse terminare la frase,Twinkle aveva fatto ruotare lo spaziopolveroso intorno a loro, così che in unistante si ritrovarono accanto alla porta chedava sul tetto, dove videro Jamal stesopancia a terra sulla sua sommità che, tuttotremante, teneva la zampa sinistra del cane.Il cane ringhiava orribilmente: detestavasentirsi la zampa bloccata e detestava iltetto, ma aveva troppa paura di cadere permuoversi. Sophie disse: — Howl, ha unocchio solo e non ha per niente equilibrio.

— Lo fo — ribatté Twinkle. — Lo fo!Lo fo!

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Fece un cenno della mano e Jamalindietreggiò strisciando in direzione dellaporta, trascinando il cane. — Potevo morire!— esclamò Jamal in preda all'affanno, nonappena fu atterrato insieme al cane ai piedidi Twinkle. — Come abbiamo fatto asalvarci?

— Lo fa il Cielo! — rispose Twinkle. —Ci fcufi, abbiamo bifogno di fedeve il ve pevun lingotto d'ovo.

Si avviò giù per i gradini, con a ruotaSophie e Charmain, che camminava conpasso incerto per il peso del lingotto.Scesero le scale di corsa, una rampa dopol'altra, finché non si trovarono a girarel'angolo dell'ultima rampa. Arrivaronoproprio nel momento in cui il principeLudovic spingeva da parte la principessaHilda, si faceva strada urtando Sim e

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strattonava Morgan per sottrarloall'abbraccio del Re.

— Cattivone! — urlò Morgan, e afferratauna ciocca dei bei ricci del principe li tirò.La chioma venne via, rivelando una testaliscia, calva e viola.

— Te l'avevo detto! — urlò Sophie, e siprecipitò per le scale seguendo da vicinoTwinkle come se avesse messo le ali.

Il principe guardò loro, poi Sperso chetentava di mordergli una caviglia, e cercò ditogliere la parrucca di mano a Morgan. Ilbambino la stava usando per schiaffeggiareLudovic e gridava: — Cattivone! Il signoreanonimo urlò: — Da questa parte, altezza!—, e i due lubbockin corsero alla porta piùvicina.

— In biblioteca no! — strillaronoall'unisono il Re e la Principessa.

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Lo dissero in tono così convinto eimperativo, che il signore anonimo si fermòdavvero e spinse il principe in un'altradirezione. Questo diede a Twinkle giusto iltempo di raggiungere il principe Ludovic eattaccarsi alla sua manica di seta. Morganreagì con un urlo di contentezza e sbatté laparrucca in faccia a Twinkle, arrivandoquasi ad accecarlo. Twinkle finì per esseretrascinato suo malgrado alla porta piùvicina, con il signore anonimo che si portavain testa a gran velocità, Sperso alle lorocalcagna in una tempesta sonora di latrati eSophie in coda che urlava: — Mettilo giù oti ammazzo! —. Dietro di lei si eranolanciati all'inseguimento anche il Re e laPrincipessa.

— Ma dico, qui si esagera un po'! —urlò il Re, mentre la Principessa si limitò a

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ordinare: — Fermi!Il principe e il signore anonimo

provarono a lanciarsi con Morgan attraversola porta e a sbatterla in faccia a Sophie e alRe, ma, proprio nel momento in cui sichiudeva, Sperso riuscì a rispalancarla etutti gli altri lanciati all'inseguimentopassarono.

Charmain veniva per ultima, insieme aSim, con le braccia ormai doloranti. — Melo tieni? — chiese a Sim. — È una prova.Passò il lingotto a Sim, che disse: —Certamente, signorina —, ma le mani e lebraccia gli precipitarono a terra sotto il suopeso. Charmain lo lasciò a destreggiarsi conil carico e filò in quello che si rivelò essereil salone con i cavalli a dondolo allineatilungo le pareti. Al centro c'era il principeLudovic, che aveva un aspetto davvero

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bizzarro con la testa calva e violacea.Reggeva Morgan tenendogli un braccioattorno al collo, mentre Sperso gli saltava eballava intorno ai piedi nel tentativo diafferrarlo. La parrucca giaceva a terra comeun animale senza vita.

— Fai quello che ti dico — diceva ilprincipe, — o la farò pagare a tuo figlio.Charmain colse il fluttuare di un lampo diluce azzurro nel camino, guardò meglio evide che si trattava di Calcifer: doveva averdisceso la canna fumaria in cerca di ceppi.Si sistemò tra la legna con un sospiro disoddisfazione, e quando si accorse cheCharmain lo guardava le strizzò un occhioarancione.

— Ho detto pagare! — disse Ludoviccon tono teatrale.

Sophie guardò Morgan, che si dimenava

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tra le braccia del principe, e poi Twinkle,che se ne stava lì, fissando le proprie ditacome se le vedesse per la prima volta.Lanciò un'occhiata a Calcifer dall'altro latodella stanza, e sembrò trattenere una risata.Mentre diceva: — Vostra altezza, la avvertoche sta commettendo un grosso errore —, lavoce le tremò.

— Altroché — disse il Re, ansante erosso in viso per la corsa. — Qui a HighNorland di regola non processiamo chi simacchia del delitto di lesa maestà, ma saràun piacere processare te.

— Come pensa di fare? — chiese ilprincipe in tono perentorio. — Non sono unodei suoi sudditi, sono un lubbockin.

— In questo caso non puoi essere ilsuccessore di mio padre — dichiarò laprincipessa Hilda, che a differenza del Re

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aveva assunto di nuovo un atteggiamentocompassato e molto regale.

— Ah no? — disse il principe. — Miopadre, il lubbock, sostiene di sì. Intendegovernare il paese attraverso di me. Si èsbarazzato del mago perché niente sifrapponesse. Dovete incoronarmi subito re, oquesto bambino la pagherà, è mio ostaggio.A parte questo, che altro ho fatto di male?

— Hai preso tutti i soldi! — dichiaròCharmain a gran voce. — Vi ho visto, voidue lubbockin, che facevate trasportare aicoboldi tutti i soldi delle tasse a Castel Joie!E lascia quel bambino prima che finiscastrangolato! —. Morgan aveva ormai lafaccia di un rosso acceso e si dimenavafrenetico.

"Mi sa che i lubbockin non provano deiveri sentimenti," pensò Charmain. "E non

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vedo cosa ci trovi tanto da ridere Sophie!".— Bontà divina! — esclamò il Re. —

Ecco dove andava a finire, Hilda! A ognimodo un enigma è sciolto. Grazie, mia cara.

Il principe Ludovic disse disgustato: —Cos'avete da rallegrarvi tanto? Non avetesentito cos'ho detto? —. Si rivolse alsignore anonimo: — Se va avanti così cioffrirà delle focaccine! Avanti, fa' il tuoincantesimo, tirami fuori di qui.

Il signore anonimo annuì e pose le maniaperte di un color viola pallido davanti a lui,ma proprio in quel momento arrivò Sim conil suo passo strascicato e il lingotto in mano.Si trascinò lesto accanto al signore e glielolasciò cadere sull'alluce. Dopo di che fu unveloce susseguirsi di eventi.

Mentre il signore, adesso viola per ildolore, saltava di qua e di là urlando,

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Morgan sembrava aver tirato l'ultimo respiroe le sue braccia si agitarono di uno stranomoto convulso. Il principe Ludovic si ritrovòa trascinare un uomo alto, fatto e finito, conaddosso un elegante completo di satinazzurro. Lo lasciò andare e quello si alzòcon prontezza e colpì il principe dritto infaccia.

— Come hai osato! — urlò il principe.— Non sono abituato a prenderle!

— Peggio per te — disse il mago Howle lo colpì di nuovo. Stavolta, il principeinciampò nella parrucca e finì per terra conun tonfo.

— I lubbockin capiscono solo questalingua — osservò il mago, girandosiindietro, verso il Re. — Ne hai avutoabbastanza, Ludy, vecchio mio? In quelmomento, Morgan, che sembrava avere

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addosso il vecchio completo di vellutoazzurro di Twinkle, tutto stropicciato etroppo grande per lui, corse verso il magourlando a piena voce: "Papà-papà-PAPÀ!""Oh, adesso ho capito!" pensò Charmain, "Sisono scambiati di posto. Che magia! Mipiacerebbe sapere come si fa".

Mentre osservava il mago che tenevaMorgan lontano dal principe, si chieseperché Howl avesse voluto rendersi ancorapiù grazioso. Era a quello che si definirebbeun uomo molto attraente, a parte i capelli unpo' artificiosi, che ricadevano sulle spallecoperte di satin azzurro disegnandosplendidi, quanto improbabili, riccioli di unbiondo chiarissimo. Nello stesso istante, Simfece un passo indietro — con il signoreanonimo che saltellava qua e là — e sembròsul punto di fare una dichiarazione. Ma, tra il

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clamore sollevato da Morgan e l'abbaiare diSperso, nessuno riuscì a sentire altro a parte"Sua Maestà" e "Altezza Reale". Mentre Simparlava, il mago Howl rivolse uno sguardoal focolare dall'altro lato della stanza e feceun cenno del capo. Tra Calcifer e il magoqualcosa prese forma, non esattamente unlampo di luce né un lampo di luce invisibile.Charmain era ancora intenta a cercare unadefinizione, quando il principe Ludovic siaccartocciò verso terra e sparì, seguito dalsignore anonimo. Al loro posto, due conigli.Il mago Howl guardò prima loro e poiCalcifer. — Perché dei conigli? — chiese,mentre prendeva a cullare Morgan tra le suebraccia. Il bambino smise di colpo di urlaree ci fu un istante di silenzio.

— Tutto quel saltare — disse Calcifer.— Mi ha fatto pensare ai conigli. Il signore

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anonimo non aveva smesso di balzare qua elà, anche se adesso lo faceva in forma digrosso coniglio bianco dagli occhi viola esporgenti. Il principe Ludovic, che era di unosmorto color fulvo e aveva occhi ancora piùgrandi, sembrava immobile per lo stupore,muoveva le orecchie a scatti e fiutava connaso fremente.

Fu allora che Sperso attaccò.Nel frattempo, erano entrati nella stanza

gli ospiti che Sim aveva cercato diannunciare. Sperso uccise il coniglio fulvoquasi sotto i pattini della slitta dipinta deicoboldi, che la strega di Montalbino stavaspingendo nella sala. Sulla slitta, vennecondotto nella sala su una pila di cusciniazzurri il prozio William, piuttosto pallido emagro, ma evidentemente in via di ripresa.Lui, la strega e Timminz, in piedi sui cuscini,

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si sporsero da un fianco della slitta intagliatae tinta di azzurro, per vedere Sperso che, conun ringhio, prendeva per il collo il conigliofulvo e lo buttava da un lato, poi, con unaltro ringhio sommesso, lo scagliava alleproprie spalle. Lo videro atterrare con unpum, morto, sul tappeto.

— Santo cielo! — dissero il magoNorland, il Re, Sophie e Charmain. — Avreidetto che Sperso fosse troppo piccola perfare una cosa del genere! La principessaHilda aspettò che il coniglio fosse atterratoper dirigersi verso la slitta. Ignoròcompletamente il trambusto e il gran correrefrenetico di Sperso, che inseguiva con furiail coniglio bianco in giro per la stanza.

— Mia cara principessa Matilda —disse porgendo entrambe le mani alla madredi Peter. — Da quanto tempo non la

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vedevamo qui, spero che abbia intenzione direstare con noi a lungo.

— Dipende — rispose la strega in tonoasciutto.

— Una cugina di secondo grado di miafiglia — spiegò il Re a Charmain e a Sophie.— In genere preferisce farsi chiamare lastrega di non so che posto. Si irrita semprequando la chiamano principessa Matilda.Invece ovviamente mia figlia lo consideraimportante, Hilda non sopporta lo snobismoal contrario.

A questo punto, il mago Howl si eramesso Morgan a sedere sulle spalle, perchépotesse vedere anche lui Sperso, che avevaintrappolato il coniglio dietro al quintocavallo a dondolo. Si sentirono altri ringhisommessi e di lì a poco il cadavere delconiglio bianco volò tra i cavallucci morto

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stecchito.— Urrà! — tuonò Morgan, picchiando i

pugnetti sulla testa bionda del padre.Howl fece scendere quasi subito Morgan

e lo passò a Sophie. — Non gli hai ancoraparlato dell'oro, eh? — le chiese.

— No, non ancora. La prova è caduta suun piede — disse Sophie, mentre afferravasaldamente Morgan.

— Diglielo — ribatté Howl. — Qui c'èancora qualcosa di strano.

Si chinò e prese Sperso, che si dirigevatrotterellando verso Charmain. Sperso presea contorcersi, mugolare, tirare e farequalunque altra cosa necessaria a chiarireche era da Charmain che voleva andare.

— Tra poco, tra poco — disse Howl,mentre la rigirava perplesso. Alla fine laportò alla slitta, dove il Re stava stringendo

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gioviale la mano al mago Norland, e Sophiemostrava loro il lingotto d'oro. La strega,Timminz e la principessa Hilda erano tuttistretti attorno a Sophie con gli occhi sgranatie chiedevano dove l'aveva trovato.

Charmain, in piedi al centro della stanza,si sentiva un po' messa da parte. So di nonessere proprio ragionevole, pensò. Già, sonola solita, ma rivoglio Sperso, voglio portarlacon me quando mi rimanderanno da miamadre. Le sembrava chiaro che adessosarebbe stata la madre di Peter a badare alprozio, e di lei cosa ne sarebbe stato? Sisenfi un tremendo fracasso.

I muri tremarono, quindi Calcifer schizzòfuori dal focolare e prese a fluttuare sullatesta di Charmain. A questo punto, come alrallentatore, nel muro del focolare si aprì ungrande buco. Prima si sfogliò la carta da

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parati, poi cadde l'intonaco sottostante e lepietre scure dietro l'intonaco si sgretolaronofino a scomparire, finché non restò altro cheun'apertura. E infine, tutt'altro che alrallentatore, Peter fu scagliato di spalleattraverso il buco e atterrò steso davanti aCharmain.

— Buco! — tuonò Morgan, indicandolocon il dito.

— Direi che hai ragione — assentìCalcifer.

Peter non sembrava minimamentecontrariato, alzò lo sguardo su Calcifer edisse: — Allora non sei morto. Lo sapevoche lei stava facendo un gran chiasso perniente. Non si comporta mai in modosensato.

— Oh, grazie Peter! — ribatté Charmain.— E tu, quando ti saresti comportato in

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modo sensato, tu? Dov'eri finito?— Sì, giusto — disse la strega di

Montalbino. — Anche a me piacerebbesaperlo.

Spinse la slitta proprio accanto a Peter,così anche il prozio William e Timminzpoterono fissare il ragazzo come tutti glialtri, con l'eccezione della principessaHilda, che osservava afflitta il buco nelmuro. Peter non sembrava minimamentepreoccupato. Si tirò su a sedere. — Ciaomarni — disse allegro. — Com'è che non seiin Ingaria?

— Perché il mago Howl è qui — risposela madre. — E tu?

— Sono stato nel laboratorio del magoNorland — disse Peter. — Ci sono andatosubito dopo che ho seminato Charmain —.Mosse la mano con l'arcobaleno di lacci

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legati alle dita, per mostrare come ci eraarrivato, poi rivolse al mago Norland unosguardo un po' teso. — Sono stato moltoattento nel laboratorio, signore, davvero.

— Sei sicuro? — chiese il magoNorland, con lo sguardo rivolto al buco nelmuro, che sembrava si stesse lentamentericomponendo. Le pietre scure si andavanopian piano riavvicinando, dopo di chel'intonaco prendeva a riformarsi. — Ecos'hai fatto per tutto un giorno e una notte,se te lo posso chiedere?

— Degli incantesimi di divinazione —spiegò Peter. — Ci vuole un secolo, è statauna fortuna che ci fossero tutti quegliincantesimi per il cibo laggiù, altrimenti aquest'ora sarei davvero affamato, signore.Tra parentesi ho usato la sua brandina, speronon le dispiaccia.

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Dalla faccia che fece il prozio Williamfu chiaro che gli dispiaceva. Peter aggiunsein fretta: — Ma gli incantesimi hannofunzionato, signore. Il tesoro reale dovrebbeessere qui, dove ci troviamo adesso, perchého chiesto all'incantesimo di portarmiovunque fosse.

— Infatti è così — disse la madre. — Ilmago Howl l'ha già trovato.

— Oh — disse Peter. Sembrava davveroabbattuto, ma poi si illuminò. — Allora unmio incantesimo ha funzionato!

Guardarono tutti il buco che si andavalentamente rimarginando, ora era la carta daparati ad avanzare a poco a pocosull'intonaco, ma era evidente che il muronon sarebbe mai tornato come prima. Avevaun aspetto molliccio e grinzoso.

— Sono certa che per te, giovanotto, sia

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una grande consolazione — disse laprincipessa Hilda in tono acido. Peter laguardò stupito, chiedendosi evidentementechi fosse.

La madre sospirò. — Peter, ti presentoSua Altezza la principessa Hilda di HighNorland. Vorrai forse essere tanto cortese daalzarti e inchinarti davanti a lei e al Re, suopadre. Dopotutto, sono nostri parenti stretti.

— Ah sì? — chiese Peter, poi saltò su esi inchinò con molta compostezza.

— Mio figlio, Peter — disse la strega,— che ora molto probabilmente è l'erede altrono, Sire.

— Piacere di conoscerti, ragazzo mio —disse il Re. — La faccenda è diventata moltoconfusa, qualcuno potrebbe spiegarmi?

— Ci penso io, Sire — ribatté la strega.— Immagino che a tutti farà piacere

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sedersi — suggerì la Principessa. — Sim,vuoi essere tanto gentile da portar via questidue... ehm... conigli morti, per favore?

— Certamente, madame — rispose Sim.Si trascinò rapido per la stanza e

raccolse i due cadaveri. Era chiaro che eracurioso di sentire quanto aveva da dire lastrega, e Charmain stabilì che doveva essersilimitato a gettare i conigli fuori dalla porta.Quando tornò di gran fretta erano tutti sedutisul divano grande ma scolorito, conl'eccezione del prozio William, che giacevasui suoi cuscini e appariva esile ed esausto,e Timminz, che sedeva anch'egli sul cuscinoe arrivava all'orecchio del prozio. Calcifertornò a posarsi nel focolare e Sophie presesulle ginocchia Morgan, che si mise il dito inbocca e si addormentò. Alla fine, il magoHowl restituì Sperso a Charmain con un

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sorriso di scuse così abbagliante daconfonderla.

Mi piace molto di più come adulto,pensò. Non c'è da meravigliarsi che Sophiefosse tanto irritata da Twinkle! IntantoSperso guaiva e saltava, e mise le zampesugli occhiali appesi al collo di Charmainper poterle leccare il mento. Charmain lestrofinò le orecchie e le lisciò la testaarruffata mentre ascoltava cosa aveva dadire la madre di Peter.

— Come forse saprete — disse la strega,— ho sposato mio cugino Hans Nicholas,che all'epoca era il terzo erede al trono diHigh Norland. Io ero la quinta, ma in quantodonna non contavo davvero, e inoltre l'unicacosa al mondo che mi interessava eradiventare una strega professionista. NeancheHans era interessato a diventare re, la sua

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passione era scalare montagne, scoprirecaverne e nuovi passi tra i ghiacciai. Non cidispiaceva lasciare a nostro cugino Ludovicil ruolo di erede al trono. Non era simpaticoné a me né a mio marito, Hans diceva cheLudovic era la persona più egoista einsensibile che conoscesse, ma eravamoentrambi convinti che se ce ne fossimoandati e avessimo mostrato che il trono nonci interessava, non ci avrebbe infastidito.

Fu così che ci trasferimmo a Montalbino,dove presi servizio come strega e Hansdiventò una guida di montagna. Fummo moltofelici fino a poco tempo dopo la nascita diPeter, quando divenne tragicamenteevidente che i nostri cugini stavano morendocome mosche. E non è che morissero e basta,venivano accusati di atti malvagi e diconseguenza morivano. Quando mia cugina

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Isolla Matilda, la ragazza più gentile edelicata al mondo, venne uccisa mentretentava di assassinare qualcuno, a quanto sidiceva, Hans ebbe la certezza che era operadi Ludovic. "Sta eliminandosistematicamente tutti gli altri eredi altrono," disse. "E al tempo stesso infangandoil nostro nome".

Ero terrorizzata all'idea che potessecapitare qualcosa a Hans e a Peter, all'epocamio marito veniva subito dopo Ludovicnell'ordine di successione, e Peter era ilterzo. Allora ho tirato fuori il mio manico discopa, mi sono caricata Peter in una tracollae sono andata in volo fino in Ingaria perchiedere consiglio alla signora Pentstemmon,che mi ha insegnato l'arte della stregoneria.Credo — disse la strega, rivolgendosi aHowl, — che sia stata anche la tua maestra,

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mago Howl. Howl le donò uno dei suoiabbaglianti sorrisi. — È stato molto tempodopo, sono stato il suo ultimo discepolo.

— Allora sai che era la migliore —disse la strega di Montalbino. — Vero? — eHowl annuì.

— Si poteva credere a occhi chiusi aqualunque cosa dicesse — continuò lastrega. — Aveva sempre ragione —. Suquesto punto annuì anche Sophie, con l'ariaun tantino mesta. — Ma quando l'hoconsultata — disse la strega, — non eracerta che ci fosse altro da fare a parteprendere Peter e andarmene molto lontano.Inhico, mi suggerì. Io le chiesi: "E Hans?" elei sostenne che avevo motivo dipreoccuparmi. "Dammi mezza giornata,"disse, "per trovare una soluzione," e sichiuse nel suo laboratorio. Dopo meno di

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mezza giornata, ne uscì quasi in preda alpanico, non l'avevo mai vista tantosconvolta. "Mia cara," disse, "tuo cuginoLudovic è una vile creatura detta lubbockin,progenie di un lubbock che vaga per lecolline tra High Norland e Montalbino, e stafacendo esattamente ciò che Hans sospetta,senza dubbio con l'aiuto del lubbock. Devitornare subito a Montalbino! Preghiamo chearrivi in tempo e non dire a nessuno chi èquesto tuo piccino — né a lui né ad altri, o illubbock proverà a uccidere anche lui!".

— Oh, per questo non me ne avevi maiparlato prima? — chiese Peter. — Avrestidovuto, so badare a me stesso.

— È esattamente quello che pensavaanche il povero Hans — disse sua madre, —Avrei dovuto farlo venire in Ingaria con noi.Peter, non mi interrompere, mi stavi facendo

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dimenticare l'ultima cosa che mi ha detto lasignora Pentstemmon, ossia, "Una soluzionec'è, mia cara. Nella tua terra natale esiste, oesisteva, una cosa dal nome di elfgift cheappartiene alla famiglia reale e ha il poteredi mantenere al sicuro il Re e con lui tutto ilpaese. Vai a chiedere al Re di High Norlanddi prestare l'elfgift a Peter, con quello noncorrerà pericoli". Così la ringraziai, mirimisi Peter in spalla e volai a tutta velocitàa Montalbino. Volevo chiedere a Hans diaccompagnarmi a High Norland a cercarel'elfgift, ma una volta a casa mi dissero cheera sui Gretterhorns con la squadra disalvataggio. A quel punto ebbi la piùorribile delle premonizioni, volai dritta suimonti, sempre con Peter nella tracolla.Ormai piangeva per la fame, ma io non miazzardavo a fermarmi. Arrivai giusto in

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tempo per vedere il lubbock che provocavala valanga che avrebbe ucciso Hans.

A questo punto la strega tacque, come secontinuare il racconto le costasse uno sforzoeccessivo. Rimasero tutti in rispettosa attesa,mentre deglutiva e si picchiettava gli occhicon un fazzoletto variopinto. Poi si scrollònelle spalle e, sempre efficiente, disse: —Ovviamente misi subito le più fortiprotezioni possibili intorno a Peter. Nonl'hanno mai abbandonato. L'ho cresciuto nelmassimo della segretezza e quando seppi cheLudovic raccontava in giro che ero impazzitae segregata a Castel Joie, la cosa non mitoccò. Voleva dire che nessuno sapevadell'esistenza di Peter, capite? Il giornodopo la valanga, lasciai Peter a una vicina evenni a High Norland.

— Si ricorda del mio arrivo, vero? —

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chiese al Re.— Sì, me lo ricordo — rispose lui. —

Ma non accennasti né a Peter né a Hans, e ionon avevo idea che la situazione fosse cosìtragica e urgente. Inoltre, va da sé, nonpossedevo l'elfgift e non sapevo nemmenocome fosse fatto. Grazie a te cominciai acercarlo, insieme al mago Norland quipresente. Sono tredici anni ormai che locerchiamo, e non abbiamo fatto grandi passiavanti, eh, William?

— Siamo esattamente al punto dipartenza — concordò il prozio Williamdalla slitta. Rise. — Eppure la gentecontinua a credere che io sia un espertodell'elfgift. C'è addirittura chi sostiene che iosia l'elfgift e sia di guardia al Re.Ovviamente io cerco di vegliare sul Re, manon certo come farebbe l'elfgift.

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— È uno dei motivi per cui ti ho mandatoPeter — disse la strega. — A volte neipettegolezzi c'è del vero, ed ero certa che inogni caso saresti riuscito a tenere Peter alsicuro. Io stessa ho dedicato anni allaricerca dell'elfgift, convinta che potesseaiutarmi a liberarmi di Ludovic. Beatrice diSfrangia mi disse che nessuno al mondo eraall'altezza del mago Howl in fatto didivinazione, così sono andata in Ingaria achiedergli di trovarlo per me.

Il mago Howl buttò indietro la testabionda e si mise a ridere. — E deviammettere che l'ho trovato! — disse. — Chil'avrebbe mai detto. Eccolo lì, seduto ingrembo alla signorina Charmain!

— Cosa? Sperso?! — esclamòCharmain. Sperso scodinzolò con un certocontegno.

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Howl annuì. — Proprio così, la tuapiccola cagnolina magica —. Si rivolse alRe. — Non si accenna a un cane in qualcunodi quei suoi documenti?

— Spesso — disse il Re. — Ma nonavevo idea... Alla morte del suo cane, il miobisnonno gli riservò i funerali di stato, ma iomi sono solo chiesto che motivo c'era didarsi tanto disturbo!

La principessa Hilda diede un leggerocolpo di tosse. — Ormai la maggior partedei nostri dipinti a olio sono stati venduti,ovviamente — disse, — ma ricordo chemolti degli antichi re erano ritratti con uncane al fianco. In genere, sembravano unpo'... ehm... più nobili di Sperso, però.

— Immagino che ce ne siano di ogniforma e dimensione — intervenne il prozioWilliam. — Penso che l'elfgift debba essere

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un'eredità di alcuni cani e che i re abbianotrascurato di seguirne l'accoppiamento intempi più recenti. Dunque, per esempio,quando Sperso avrà i cuccioli, un po' piùavanti, quest'anno...

— Cosa? — chiese Charmain. —Cuccioli!

Sperso scodinzolò e si diede ancora piùcontegno. Charmain le sollevò il musoprendendola per il mento, e la fissò negliocchi con intento accusatorio. — Il cane delcuoco? — domandò. Sperso sbatté lepalpebre ritrosa. — Oh, Sperso! — le dissecon voce lamentosa. — Dio solo sa cosaverrà fuori!

— Non ci resta che aspettare e sperare— disse il prozio William. — Uno di queicuccioli erediterà l'elfgift, ma c'è un'altracosa importante, mia cara. Sperso ti ha

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adottata, il che ti rende la guardianadell'elfgift di High Norland. In aggiunta alfatto che, a quanto mi dice la strega diMontalbino, anche II libro del palinsesto tiha adottata... non è così?

— Io... ehm... uhm. Mi ha concesso difare alcuni dei suoi incantesimi — ammiseCharmain.

— Allora, è deciso — riprese il prozioWilliam, tornando ad accoccolarsi felice suisuoi cuscini. — D'ora in avanti verrai a starecon me in qualità di mia apprendista. Deviimparare come aiutare Sperso a difendere ilpaese.

— Sì... oh., ma... — balbettò Charmain,— La mamma non mi lascerà. A papàprobabilmente non dispiacerà — aggiunse,— ma mia madre...

— Risolverò io la cosa con lei — disse

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il prozio William. — Se sarà necessario, leaizzerò contro tua zia Sempronia.

— Ancora meglio — disse il Re. —Promulgherò un decreto reale in proposito.Tua madre ne resterà impressionata. Sai,abbiamo bisogno di te, mia cara.

— Sì, ma io voglio aiutarla con i libri!.— esclamò Charmain a gran voce. Laprincipessa Hilda diede in un altro dei suoidelicati colpi di tosse. — Io sarò piuttostooccupata — disse, — nel restauro e nelcambio di arredi del palazzo —. Il lingottod'oro giaceva ai suoi piedi sul tappeto, lotoccò con la sua scarpa dall'aria comoda. —Siamo di nuovo solvibili — disse felice.

— Proporrei che tu stessi due volte asettimana con mio padre in biblioteca, se ilmago Norland può fare a meno di te.

— Oh, grazie!. — rispose Charmain.

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— E — aggiunse la Principessa, — perquanto riguarda Peter...

— Non ti devi preoccupare per Peter —la interruppe la strega. — Io resterò con lui eCharmain a occuparmi della casa, almenofinché il mago Norland non sarà di nuovo inpiedi. Chissà, potrei anche trasferirmi lì persempre.

Charmain, Peter e il prozio William siscambiarono sguardi terrorizzati. "Capiscoche sia diventata tanto efficiente, da sola conPeter da proteggere," pensò Charmain. "Mase resta a vivere in quella casa, io torno damia madre!".

— Assurdo, Matilda — disse laprincipessa Hilda. — Ora che è chiaro che èil nostro principe ereditario, abbiamo ildovere di occuparci noi di Peter. Starà qui, eandrà dal mago Norland di tanto in tanto per

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seguire le lezioni di magia. Tu devi tornare aMontalbino, Matilda, laggiù hanno bisognodi te.

— E alla casa penseremo noi coboldi,come abbiamo sempre fatto — disse convoce acuta Timminz.

"Oh, bene," pensò Charmain. Mi sa cheio non sono ancora pronta a gestire una casa,e di sicuro neanche Peter!

— Dio ti benedica, Timminz. E Diobenedica te, Hilda — mormorò il prozio. —Il solo pensiero di tanta efficienza in casamia...

— Me la caverò, mamma — disse Peter.— Non devi più proteggermi.

— Se sei sicuro — ribatté la strega. —Secondo me...

— Dunque — disse la principessa Hilda,che quanto a efficienza era perlomeno pari

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alla strega, — non ci resta che accomiatarcidai nostri gentili, preziosi, anche se untantino eccentrici ospiti e salutarne lapartenza nel loro castello. Avanti.

— Oops! — disse Calcifer e schizzò super la canna fumaria.

Sophie si alzò in piedi, togliendo il ditodi bocca a Morgan, che si svegliò, si guardòintorno, vide che il padre era lì e diedeun'altra occhiata in giro. Il suo viso sicontrasse in una smorfia. — Dinkle — disse.— Dov'è Dinkle? — e si mise a piangere.

— Guarda un po' cos'hai fatto! — disseSophie a Howl.

— Posso sempre ritrasformarmi inTwinkle — suggerì il mago.

— Non ti azzardare. — ribatté Sophie esi mise a seguire Sim a passo di marcialungo il corridoio fiocamente illuminato.

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Cinque minuti dopo erano tutti riuniti suigradini d'ingresso del palazzo a guardareHowl e Sophie trascinare Morgan, che sidibatteva in lacrime, oltre la soglia delcastello.

Una volta che la porta si fu chiusa sullesue grida, "Dinkle, Dinkle, Dinkle!",Charmain si chinò verso Sperso, tra le suebraccia, e mormorò: — Hai protetto questopaese, vero? E io non me ne sono neancheaccorta!

Adesso metà dei cittadini di HighNorland era riunita sulla piazza Reale eosservava il castello. Tutti lo guardaronoincreduli levarsi appena per scivolare lungola strada che conduceva a sud. Era poco piùdi un vicolo, in realtà. "Non ci passerà mai!"diceva la gente. Ma chissà come il castellosi assottigliò quanto bastava per percorrerlo

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e sparire alla loro vista. Mentre siallontanava, i cittadini si lanciarono inun'ovazione.

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Trama

Charmain Baker vive serenamente,trascorrendo le sue giornate tra i libri.Quando un bel giorno deve raggiungere ilprozio William che giace a letto ammalato,sembra l'occasione per vivere una bellaavventura. Ma la cose si complicano quandoscopre che William è un potente mago e chela sua casa si sposta nello spazio e neltempo.

Charmain non è certo preparata ad averea che fare con una casa magica! Aprendo unaporta si può passare dalla sala alla cucina,ma anche trovarsi proiettati in una terralontana. Fin dal suo arrivo, Charmain Bakerfarà una serie di incontri sorprendenti, ma lasua vita prenderà una piega davvero

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inaspettata solo quando incontrerà deipersonaggi che ben conosciamo: Sophie, ildemone Calcifer e, sotto mentite spoglie, ilterribile mago Howl!

Questo romanzo è il seguito de II

castello errante di Howl, da cui il maestrodel cinema d'animazione e premio Oscar®Hayao Miyazaki ha tratto il film omonimo.

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autrice

Diana Wynne Jones vive a Bristol con ilmarito. Inizia a scrivere da bambina, perrimediare alla carenza di libri di cui il padrefaceva soffrire lei e le sue sorelle. Ipersonaggi dei suoi romanzi sono proiezionidei protagonisti della sua infanzia, e inognuno dei suoi libri, anche nei piùfantastici, sono presenti episodi della suavita. È autrice di più di trenta romanzi, chehanno riscosso grande successo in tutto ilmondo. Presso Kappa Edizioni sono apparsiIl castello errante di Howl e Il castello inaria, che ci introducono alla saga del magoHowl. Tra gli altri ricordiamo Vitastregata, I maghi di Caprona, Strega diclasse e La congiura di Merlino tutti

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pubblicati da Salani. L'indirizzo internet delsuo sito personale èwww.dianawynnejones.com