La Cartografia
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PERIODICO DI INFORMAZIONE CARTOGRAFICA
la cartografia
analisi paesaggistiche
la rivoluzione della cartografia
Mappe antiche
SETT
EMB
RE
2009
NUMERO
22
TipografiaCopertinaHandel GothicHelveticahelvetica NeueSabon
Pagine interneGeorgiaDowncome regularHelveticaHelvetica NeueSabon
CartaTutte le pagine da 1 a 48sono stampate su patinata opaca da 115 grammi
la Cartograf ia_22/09
La cartografia 22/2009Periodico di informazione cartograficaRivista di LAC srlwww.globalmap.it/magazine
Direttore responsabile Monica [email protected]
EditoreAndrea Bonomo Editore
Redazione LACVia del Romito 11/13r50134 Firenzetel. 055 483 557, fax 055 483 [email protected]
Comitato scientificoAntonio Arrighi, Istituto Geografico Militare
Giorgio Bezoari, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e società
Lucilia Gregori, Università di Perugia, Dipartimento di Scienze della Terra
Giovanmaria Lechi, Politecnico di Milano, Facoltà di Ingegneria
Attilio Selvini, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e società
Comitato di referaggioEvangelos Livieratos, Aristotle University of Thessaloniki (Grecia), School of Engineering, Faculty of Rural and Surveying Engineering Carlo Monti, Politecnico di Milano, Facoltà di Ingegneria
Progetto grafico e impaginazioneLeonardo Mura Designleonardomura.com
Fotolito LAC, Firenze
StampaLa Tipografica, Firenze
Rivista trimestrale.Registrazione Tribunale di Firenze n. 3606 del 28.07.87.Stampata nel mese di settembre 2009.
Copyright 2009 by LAC.Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta, rielaborata o diffusa senza autorizzazione scritta dell’editore.
Hanno collaborato:
Antonio ArrighiIstituto Geografico Militare
Agata Lo TauroMinistero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, IPSIA
Attilio SelviniPolitecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società
Le foto dell’articolo Come le mappe antiche sono di L. Maggini, come pure la foto di copertina e delle pagg. 3, 5. Le immagini dell’articolo La cartografia tra evoluzione e rivoluzione sono dell’Archivio del Politecnico di Milano.
Abbonamento annuale (4 numeri l’anno) 14,00 euro da versare aLAC Srl, via del Romito 11-13r, 50134 Firenze con causale: abbonamento La Cartografia
sul c/c postale n. 20879508
oppure
sul c/c bancario IBAN IT 30 N 01030 02822 000000020694
ABBoNAMENTI
3
EDIToRIALE
IMPLEMENTAzIoNI GIS-BASED PER ANALISI PAESAGGISTICHEIl presente lavoro prevede metodologie di elaborazione di cartografia tematica e del paesaggio da strutturare in differenti fasi d’indagine: ricognizione aerea, analisi allo stereoscopio di fotografie aeree verticali, interpretazione GIS-based, indagini di superficie in aree campione integrate a metodologie di georeferenziazione per Cultural Heritage. Agata Lo Tauro
CoME LE MAPPE ANTICHEUna piccola azienda a conduzione familiare, nei pressi di Firenze, riproduce pregiate carte antiche, realizzate con le stesse tecniche e gli stessi materiali che si usavano nel Seicento e interamente acquarellate a mano. Monica Naef
FoNDAMENTI GEoMETRICI DELLA CARToGRAFIALa seconda parte, esposta nelle pagine che seguono, è dedicata ai sistemi di coordinate ovvero all’insieme di regole che stabiliscono come assegnare valori di posizione ad un determinato luogo della Terra. Vengono trattate le coordinate spaziali (geografiche e geocentriche) e le coordinate piane (cartesiane e polari), nonché le linee rappresentative di coordinate rettangolari costanti e di selezionati meridiani e paralleli, ovvero i reticolati cartesiano e geografico. Antonio Arrighi
LA CARToGRAFIA FRA EVoLUzIoNE E RIVoLUzIoNELe profonde trasformazioni che la produzione cartografica ha subito negli ultimi trent’anni hanno stravolto (o meglio, rivoluzionato) una tecnica produttiva durata oltre tre secoli. Nel presente articolo si delinea per sommi capi qual’era la cartografia ancora negli anni Sessanta del ventesimo secolo, e quale sia invece oggi. Attilio Selvini
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4 la Cartograf ia_22/09
Un
piccolo tesoro
EditorialE
stato qualche mese fa, in
occasione di un convegno,
che abbiamo conosciuto
una piccola e straordinaria
realtà artigianale. un’azienda a
conduzione familiare che produce,
o meglio, riproduce cartografia
antica, principalmente del seicento
e del settecento. la cosa che ci
ha colpito di più è stata la tecnica
di realizzazione che rende ogni
mappa un capolavoro, un pezzo
unico prodotto interamente a mano
impiegando gli stessi materiali che
si usavano all’epoca, come la carta
in puro cotone. ci siamo recati
a visitare l’azienda e siamo stati
accolti da padre, madre e figlio con
calore e grande disponibilità, l’intero
pomeriggio è trascorso tra racconti
e spiegazioni e senza accorgerci del
tempo che passava ci siamo ritrovati
a sera. Quando si dice lavorare con
passione!
ebbene, la passione ci ha contagiato
e in questo numero vogliamo
raccontare ai nostri lettori la storia
di questa azienda e mostrare la
bellezza delle mappe che produce.
una sequenza fotografica illustra il
processo di realizzazione delle carte,
fase per fase: questo perché ognuno
possa rendersi conto ed apprezzare la
qualità del lavoro di questi bravissimi
artigiani, la cui mano esperta è
l’ingrediente essenziale e insostituibile
nei passaggi più delicati.
ammirate le carte, a qualcuno verrà
certamente voglia di averne una da
godersi nella propria casa, in ufficio,
o magari di fare un regalo speciale
ad un appassionato di cartografia,
o semplicemente ad un amante delle
cose belle (inutile dire che anche noi
abbiamo fatto acquisti!). e quindi, in
fondo all’articolo, troverete un box
con i riferimenti per poterle ordinare.
avrete tutti capito che il tema
di copertina ci ha particolarmente
coinvolto, ma non per questo abbiamo
trascurato il resto.
in apertura del numero, presentiamo
un articolo di carattere scientifico sulla
strutturazione e gestione di informa-
zioni cartografiche su implementazioni
gis-based per le analisi paesaggistiche
e del patrimonio culturale.
nello spazio tecnico-culturale della
rivista, continua, con la seconda parte,
la serie di articoli sui fondamenti
geometrici della cartografia, che avrà
seguito in altre ‘puntate’ successive.
e in chiusura, dopo esserci
soffermati tanto sulle carte antiche e
sulla loro tecnica di realizzazione, ci
concentriamo sui mutamenti radicali
che sono avvenuti nella produzione
cartografica a partire... da dove
l’avevamo lasciata, cioè dal seicento,
e in particolar modo negli ultimi
trent’anni che hanno visto una vera e
propria rivoluzione.
Èdi Andrea Bonomo
5
Introduzione
tra i metodi disponibili per la
ricerca territoriale, la ricognizione
aerea risulta essere un prezioso
strumento per la scoperta, il
monitoraggio e la conservazione
di siti unesco e dei paesaggi
d’interesse comunitario (sic e zps) e
in particolare in quei contesti ove non
è proponibile l’intervento stratigrafico,
l’adozione di vincoli urbanistici
implementati ad hoc o addirittura
l’esproprio. essa consente infatti di
raccogliere dati su scala regionale
e contestualmente operare analisi
puntuali tramite la ripetizione dei voli
e la possibilità di variare (sebbene
entro certi limiti) il grado di dettaglio.
le ricerche condotte hanno fatto
generalmente uso quasi esclusivamente
di riprese aerofotogrammetriche
acquisite con finalità non sempre
legate alla tutela e valorizzazione dei
beni culturali. tra la letteratura in
materia di fotografia obliqua in italia
si citano i contributi significativi di
alvisi (Alvisi1989, pp48-57) e di e di
piccarreta e cerando ( PiccArretA,
cerAndo 2000, pp. 101-28). in paesi
quali francia, germania e gran
Bretagna la ricognizione aerea è una
metodologia ampiamente diffusa da
oltre cinquant’anni ed è organizzata,
in gran Bretagna, in sistematici
programmi nazionali e regionali di
ricerca diretti dagli enti predisposti
alla tutela del patrimonio storico,
architettonico ed archeologico
(Beewely e rAczkowski 2002, pp.
173 –180). uno dei riferimenti più
esaustivi su analisi di fotografie
oblique su tracce soilmark e cropmark
rimane Wilson (wilson 2000).
un altro riferimento è lavoro
svolto presso l’università degli studi
di siena a grosseto, dipartimento
di archeologia, area archeologia
Medievale-lap&t1 in seno al
progetto ‘European Landscapes:
past, present and future’, promosso
dall’università di siena, l’english
heritage, l’università di lecce,
l’università di foggia, l’archaeological
state Museum Mecklenburg
vorpommern, il landesdenkmalamt
Baden Wüttemberg e l’università di
ghent, Baranya country Museum
pécs. il progetto è stato realizzato
grazie al contributo della unione
6 la Cartograf ia_22/09
IL PRESENTE LAVoRo PREVEDE METoDoLoGIE DI ELABoRAzIoNE DI
CARToGRAFIA TEMATICA E DEL PAESAGGIo DA STRUTTURARE IN DIFFERENTI
FASI D’INDAGINE: RICoGNIzIoNE AEREA, ANALISI ALLo STEREoSCoPIo DI
FoToGRAFIE AEREE VERTICALI, INTERPRETAzIoNE GIS-BASED, INDAGINI
DI SUPERFICIE IN AREE CAMPIoNE INTEGRATE A METoDoLoGIE DI
GEoREFERENzIAzIoNE PER CULTURAL HERITAGE.
di Agata Lo Tauro
implementazioni gis-Based per analisi paesaggistiche
p
7
europea (progetto cultura 2000) e
della fondazione Monte dei paschi di
siena (pro-archeologia dei paesaggi
Medievali). al progetto hanno
partecipato docenti del lap&t
dell’università di grosseto a siena,
della english heritage, e dell’aerial
archaeology research group e
docenti di varie università italiane
tra cui lecce, foggia e napoli e tutor
provenienti da varie nazioni europee
tra cui gran Bretagna, austria,
germania e slovenia2.
il principio che regola il metodo di
indagine della air photography si basa
sull’osservazione delle condizioni di
visibilità di varie tipologie di tracce
tra cui: cropmarks positivi o negativi
(tracce da vegetazione), weedmarks
(tracce determinate da piccole
variazioni di umidità o di valori
nutritivi) , grassmarks o parchmarks
(soggette alle caratteristiche
podologiche del terreno), soilmarks
o dampmaks(tracce di colore su
suolo) ed earthworks (tracce di
murature emergenti)3. individuato il
momento più favorevole si vola e si
esegue una ricognizione sistematica
del contesto territoriale, o mirato,
in quanto rivolto alla migliore
conoscenza di specifiche località.
la ricognizione aerea consente
inoltre di pianificare le campagne di
surveying di superficie per campioni,
permettendo di raccogliere dati su
ampie scale territoriali e di effettuare
analisi puntuali tramite ripetizioni
di voli programmati ad hoc capaci
di enfatizzare le ombre prodotte
dalle tracce generate da micro-
variazioni della morfologia del
terreno o sfruttando le condizioni
di luce radente e di chiaro/scuro.
nonostante l’assenza in alcuni casi di
condizioni ideali (logistica e visibilità,
condizioni meteorologiche avverse) è
stato comunque possibile riconoscere
nuovi siti attraverso gli strumenti
classici della fotointerpretazione e
quindi, variazioni nella crescita della
vegetazione, nel contenuto di umidità
dei suoli, delle caratteristiche fisiche
dei terreni o ancora micro-variazioni
altimetriche. la visibilità delle tracce
sul territorio dipendeva in genere da
vari fattori: micro-differenze locali
delle caratteristiche paesaggistiche,
dalla pedologia, dall’uso
implementazioni gis-Based per analisi paesaggistiche
p
8 la Cartograf ia_22/09
del suolo e dai fenomeni
postdeposizionali. le stesse
caratteristiche determinavano la
visibilità delle tracce sulle riprese
verticali, nonostante queste in genere
non venissero eseguite per fini non
strettamente archeologici, ma spesso
per produzione di cartografie per
usi vari. È bene chiarire che le prese
verticali per la produzione di carte
topografiche mediante tecniche di
restituzione aerofotogrammetrica
comportano l’impiego di appositi
velivoli con equipaggiamento
fotografico e strumentazioni
analogiche o digitali molto più costose
(almeno il doppio rispetto il noleggio
di un aeroplano per prese oblique),
non sempre rispondenti alla dovuta
tempestività ed all’evoluzione delle
condizioni di visibilità delle tracce
sul territorio. così come le fotografie
oblique, esse però offrono una visione
sinottica del paesaggio indagato
nell’istante dello scatto e pertanto è
necessario documentare il sito con
più riprese nel corso degli anni per
ottenere una più esaustiva ed efficiente
analisi diacronica e sincronica delle
trasformazioni territoriali. a questi
dati si aggiungono le analisi change
detection con landsat, con dati open
source, con esa’s global land cover
map, con tecnologie ad infrarosso con
l’ausilio di nuovi prototipi per rilievi
aerei (es. microdrome Mda-200)
per l’implementazione di appropriati
supporti tecnologici per la gestione
degli scenari di rischio, per la tutela e
la messa in sicurezza dei beni culturali
ed ambientali. nel quadro del project
Monitor (www.monitorproject.
com) del galileo Joint, gli innovativi
programmi didattici e di ricerca
possono coinvolgere anche esperimenti
su Global Navigation Satellite
System (gnss) real time positioning
e telecomunicazioni avanzate
utilizzando varie tecnologie come
personal digital assistants (pdas),
tv - pcs, smartphone e tecnologie
gps/pl/ins (Global Positioning
System/ Pseudolite/Inertial Navigation
System).
di recente l’istituto idrografico sta
sperimentando per la prima volta con
la codevintec l’integrazione tra Multi-
beam, lidar e gps/ins per il rilievo di
beni culturali e naturali, con partico-
lare attenzione alle coste, sopra e sotto
il pelo dell’acqua. a queste ricerche si
associano le analisi di uso del suolo
sviluppate attraverso termografie.
Il case-study
la ricognizione aerea ha coperto
un territorio vasto individuando
contesti territoriali vari sia per
caratteristiche diacroniche che
sincroniche caratterizzati da una vasta
gamma tipologica e morfologica:
insediamenti, archeologia industriale,
recinti di fossati, strutture tombali,
parcellizzazioni agrarie, sedi castrensi,
complessi religiosi e varie strutture
archeologiche sommerse.
il rapporto di collaborazione con
la protezione civile4 ha consentito
di analizzare cartografie tematiche
(carte di pericolosità e per le carte
di rischio) e la cartografia elaborata
per l’esercitazione euro sot 2005
e di fotografie aeree e da telecamera
termica5 con rapidità in funzione delle
condizioni climatiche, delle procedure
burocratiche e delle variazioni di
visibilità delle strutture emerse e
sommerse. il progetto prevede inoltre
l’implementazione di differenti
Porto in provincia di Catania.
Individuazione di anomalie termiche per analisi
tematiche del paesaggio e del patrimonio
naturale.
9
metodologie didattiche per corsi ifts:
lezioni teoriche frontali, lezioni di volo
e di aerofotointerpretazione, attività
di laboratorio per la gestione della
documentazione cartacea e digitale
ed implementazioni di geodatabase,
tecnologie gps, remote sensing e gis,
oltre ai seminari alle attività di survey
in situ ed alle attività pratiche di volo
o da imbarcazioni turistiche.
le riprese aerofotografiche utilizzate
nel progetto didattico si riferiscono
a dati rilevati da elicottero per la
maggior parte tramite termocamere
e camere digitali della canon (es.
la 20 d) con speciale filtri skylight,
impostando un tempo di esposizione
di 1/500 di secondo per compensare
ogni possibile movimento durante
lo scatto6. il corso prevede inoltre
l’elaborazione di dati utilizzando una
riserva di batteria e di un dispositivo
gps per la registrazione completa
della rotta di volo (con un intervallo
di 20-30 secondi) utilizzando
principalmente la funzione track
del ricevitore. il gps ha la funzione
di consentire di individuare nella
cartografia vettoriale e raster le rotte
effettivamente coperte durante le ore
di volo, o durante la registrazione
delle rotte da imbarcazioni, e
rappresentano un prezioso strumento
di indagine delle stratificazioni delle
rotte effettuate per la pianificazione
di ricognizioni di aree future. i gps
utilizzati (es. gps Map 196 garmin)
hanno una capacità di memoria di
circa 2000 punti capaci di coprire
più di dieci ore di volo, e circa 500
waypoint relativi alle emergenze note.
inoltre tale dispositivo consente di
individuare la posizione del punto di
scatto della fotografia delle emergenze
paesaggistiche assegnando al punto
un identificatore, in genere un numero
progressivo, al fine di collegare il
waypoint (punti di localizzazione del
sito) al datum della scheda di volo.
tale applicazioni si estendono anche
nel caso di georeferenziazione di rotte
su imbarcazioni.
in realtà, per ottenere una
ubicazione più precisa dell’evidenza
fotografata generalmente si
effettuavano altri passaggi sopra il sito
prima di abbandonare l’area.
tali dati vengono registrati in fase di
volo durante la compilazione di schede
dettagliate e prestampate inserendo
anche la descrizione dei luoghi, delle
tracce ed i parametri climatici.
per le rotte su mare si utilizzano
tecnologie saaB r3 pilot portable
ais transponder system integrate
(ais gps posityoning system saaB)
ed apparecchiature elettroniche di
bordo geonav 11 flash7 corredate
da nuova cartografia elettronica
multidimensionale nautica.
i dati rilevati necessitavano
inoltre di successivi sistemi di
georeferenziazione più accurati,
soprattutto nel caso in cui era difficile
individuare i punti di
10 la Cartograf ia_22/09
controllo sia nelle cartografie vettoriali
o raster che nella aerofotografia e
fotografie oblique, al fine di una più
accurata gestione del record della
scheda di catalogazione e della ricerca
di adeguate accuratezze metriche.
in seguito al posizionamento
di punti di controllo a terra ben
distribuiti e georeferenziati tramite
gps topografico8 si è pertanto
proceduto, in una fase successiva, alla
progettazione di analisi territoriali
utilizzando scatti di fotografie aeree
a bassa quota (fino a un minimo di
circa 200 m) con termocamere, camere
digitali o analogica equipaggiata
con obiettivi di lunghezza focale tra
100 e 135 mm. ciò consentiva di
avere control points più accurati da
utilizzare nella fase di elaborazione
gis-based.
in generale, le prese fotografiche
richiedevano differenti scatti: le vedute
panoramiche per l’inquadramento
dei punti di controllo ed i dettagli
archeologici, utilizzando con
accuratezza e precisione gli obiettivi
grandangolari delle macchine
fotografiche digitali. i dati raccolti
dai dispositivi gps, scaricati nei
pc e nei server cartografici, hanno
richiesto conversioni di griglie di
differenti sistemi di riferimento. in
seguito a queste elaborazioni, facendo
riferimento alla ctr (scala 1:10.000,
contenente le seguenti coperture:
assi stradali, edifici, strade)9 per la
misurazione dei punti di controllo
a terra, il dato poteva anche essere
misurato con una precisione che
variava da 1 a 2 m.
il progetto di ricognizione aerea
è stato strutturato didatticamente
attraverso differenti fasi di indagine.
una prima fase comprendeva l’analisi
preliminare dell’area sottoposta ad
indagine al fine di pianificare tempi
e luoghi della ricognizione. a questa
fase si è affiancata quella della
consolidazione o raccolta sistematica
dei dati utili (mappe, documenti
storici, fotografie d’archivio, etc.) e
delle ricognizioni tematiche nell’analisi
particolareggiata di luoghi o aree.
tali foto sono risultate essere
particolarmente importanti per
l’acquisizione di informazioni e
per l’individuazione di nuovi siti
in relazione all’analisi dei diversi
casi-studio: il parco dell’etna, delle
Madonie, le isole eolie e le province
di catania e Messina. le ricognizioni
condotte hanno anche consentito
di effettuare a bassa quota alcune
indagini delle aree boschive e collinari,
anche se condotte nei periodi in cui il
manto vegetale è più denso.
nonostante queste condizioni,
è stato possibile riconoscere e
documentare siti definiti patrimonio
dell’umanità dall’unesco o di
interesse comunitario, tra cui
sedi appartenenti all’archeologia
industriale (provincia di catania),
complessi religiosi, architettura
rurale, per il monitoraggio del
territorio rurale e urbano (presenze
di brownfields10). altre indagini
hanno consentito di individuare in
acque meno profonde in prossimità
delle isole e lungo i litorali evidenze
appartenenti all’archeologia
industriale e marina (cave, prodotti
dell’attività vulcanica, scali maritmi,
etc.). alcune fotografie digitali
aeree venivano analizzate ai fini
di costituire visioni stereoscopiche
elaborate in laboratorio con il
software photoshop. la visione
stereoscopica aiutava ad enfatizzare
la visione delle tracce consentendo di
accentuare le variazioni cromatiche
delle colture al di sopra dei fossati
di recinzioni come ombreggiature
e chiaroscuro. alcuni esempi di
coppie di fotografie oblique elaborate
stereoscopicamente si riferivano alle
cave documentando le caratteristiche
geomorfologiche (ossidiana, pomice,
zolfo, etc) dei litorali delle isole eolie.
le visioni stereoscopiche risultavano
essere utili strumenti per indagini di
discontinuità naturali e di anomalie
individuando relazioni topografiche
difficilmente percepibili ad occhio
nudo. le coppie di fotografie
oblique vengono in genere scattate
Fotogramma dal battello per l’implementazione
del database per rotte sul mare.
11
ad un intervallo di circa un secondo
dall’aereoplano durante il volo
circolare sul sito indagato. durante
il lavoro condotto in laboratorio
sono anche state effettuate delle
analisi allo stereoscopio delle
fotografie aeree verticali per
processi di fotointerpretazione di
evidenze topografiche appartenenti
all’archeologia industriale e di
earthworks seguite da trasformazioni
con disegno manuale, e successive
riproduzioni in laboratorio
informatico mediante l’ausilio
di softwares cad e gis. Queste
indagini, insieme all’analisi delle
mappe cartacee e vettoriali, fotografie
d’archivio e documentazioni scritte
hanno consentito di integrare i
dati per le fasi di elaborazione del
projetcgis.
Interpretazione ed elaborazioni GIS-based
le fotografie aeree necessitavano, in
una seconda fase, di software di post-
processing per l’interpretazione dell’im-
magine che si concretizza con il disegno
(in genere caratterizzato da punti, linee e
poligoni e da primitive topologiche) de-
dicato alle tracce e agli elementi ritenuti
di interesse paesaggistico e culturale. È
bene ricordare che l’immagine rettificata
e georeferenziata è comunque condivi-
sibile con qualsiasi sistema informativo
territoriale, regionale e provinciale.
i dati acquisiti sono stati elaborati
tramite il software airphoto 3.2511 per
la georeferenziazione delle fotografie
oblique consentendo di ottenere gradi di
accuratezza variabili tra i 30 e 10 cm.
in questa fase di post-processing, il
software per la trasformazione delle
immagini oblique utilizzava quali dati
input file relativi alle fotografie aeree
(sources) ottenute durante le campagne
di volo e le relative basi cartografiche
(targets) sia in formato vettoriale che
raster. ovviamente le basi cartografiche
sono state georiferite al sistema na-
zionale di riferimento, consentendo di
ottenere la localizzazione automatica in
ambiente gis.
si è lavorato attraverso immagini
affiancate (con lo schermo diviso in
due finestre) relative ai targets ed alle
sources ottenendo indici di mismatches
variabili dallo 0,5 al 2%, cercando
sempre di mantenere l’errore quadratico
medio inferiore a 3 m.
con tale software sono stati creati an-
che i dtM attraverso l’individuazione
delle isoipse e dei punti di controllo il
cui numero variava dal 5 al 7. la ridon-
danza di punti di controllo consentiva
maggiori gradi di accuratezza, anche se
le operazioni di rettifica potevano essere
eseguite anche con soli quattro punti di
controllo.
Coste in provincia di Messina.
12 la Cartograf ia_22/09
inoltre era possibile trasformare la
fotografia da proiezione centrale in
proiezione ortogonale, ove le informa-
zioni archeologiche venivano integrate
a dati derivati da fonti storiche e da un
repertorio di fotografie aeree acquisite
in stagioni diverse o in epoche diverse.
tali documentazioni risultano infatti
preziosi record nei processi di interpre-
tazione gis based (realizzate mediante
il software gis della esri) soprattutto
quando queste rappresentavano l’uni-
ca memoria per il rilevamento dei siti
unesco o durante le trasformazioni
del paesaggio urbano o agricolo. si
tratta infatti di strumenti informatici
utili per l’analisi dettagliata di insedia-
menti prima che vengano effettuati gli
interventi stratigrafici. la fase della re-
stituzione grafica su piattaforma gis ha
consentito di inserire nella cartografia
vettoriale i layers relativi alle evidenze
archeologiche estrapolati dall’analisi
delle fotografie oblique, convertendo
a priori i file raster in formato vector.
si tratta di un work-in-progress per il
projectgis relativo alla realizzazione
della cartografia tematica nel territorio
del parco dell’etna e delle isole eolie
ancora in fase di implementazione.
Il geodatabase multimediale
la difficoltà di gestire l’elaborazione
di immagini ha richiesto la ricerca di
un sistema di archiviazione informa-
tizzato, capace di gestire anche i dati
provenienti da scansioni digitali di tutto
il materiale fotografico (comprese le
stampe cartacee) attualmente disponi-
bili. il database multimediale12 è capace
di catalogare le informazioni in base a
specifici tematismi che bene si integrano
alla piattaforma del projectgis, legando
dati cartografici alle tabelle di attributi.
allo stato attuale, le chiavi di ricerca
dell’archivio sono costituite dai seguenti
input: data del rilevamento, tipo di
pellicola o sensore, regione, provincia,
comprensorio, comune, località, tipo di
evidenza, interpretazione, affidabilità
dell’interpretazione, verifica sul terreno,
definizione, cronologia. durante la fase
di interpretazione gis-based per la crea-
zione delle tabelle relazionali si sono
anche adottati gli standard dell’iccd13.
la gestione dell’archivio fotografico
attraverso uno strumento di questo
tipo consente genericamente di ridurre
in modo drastico i tempi di accesso ai
dati, ma soprattutto di eseguire query
complesse coinvolgendo nell’interro-
gazione più chiavi di ricerca. nella
pratica ciò significa che oltre alla rapida
identificazione e visualizzazione, ad
esempio, di tutte le immagini relative a
un sito o a un comprensorio territoria-
le, possiamo richiedere al database di
eseguire la ricerca di evidenze specifiche
quali potrebbero essere i cropmarks
documentati in differenti fasi diacro-
niche, da interpretare e verificare, ove
possibile, mediante successive campa-
gne di ricognizione, o di evidenziare i
brownfields. il catalogo così concepito,
certamente suscettibile di miglioramenti
e ampliamenti, costituisce fin d’ora
uno strumento efficace per la gestione
di informazioni. il sistema rappresenta
inoltre la base dati di riferimento dalla
quale esportare le informazioni per la
condivisione in internet del catalogo.
il geodatabase è inoltre caratterizzato
da elementi fisicamente definibili e geo-
referenziati su base cartografica consen-
tendo di effettuare analisi spaziali e di
fornire preziose informazioni per gli or-
gani di tutela e valorizzazione dei beni
culturali o della protezione civile.
l’archivio multimediale e gli standard
catalografici per la gestione delle infor-
mazioni vengono applicati non senza
varianti in funzione di tutti i dati analiz-
zati (remote sensing, fotografie verticali,
fotografie aeree storiche14, indagini
geofisiche, etc.).
Conclusioni
dal bilancio dell’attività di ricerca
condotta emerge chiara l’elevata quanti-
tà e qualità di evidenze censite nel parco
dell’etna e nelle isole eolie.
Questi studi si inquadrano in una
fase particolare della storia degli studi
territoriali, successiva alle stagioni
del grande sviluppo metodologico
e dell’ipercritica degli anni ottanta,
contemporanea alla comparsa di tutte
quelle nuove applicazioni tecnologiche
che hanno interessato indistintamente
l’ampio settore disciplinare delle scienze
del territorio ed alla liberalizzazione
delle riprese aeree in italia, non più sog-
gette al vincolo della legge per le riprese
aerofotografiche emessa nel 1939. nel
corso degli ultimi anni, infatti, lo svi-
luppo tecnologico e i mutamenti legisla-
tivi hanno profondamente modificato
gli strumenti e le metodologie, offrendo
nuove prospettive alla ricerca, capace
di disporre oggi di un ampio ventaglio
di risorse: dalla capacità di effettuare
indagini diagnostiche non distruttive,
applicabili su ampia scala, alle analisi
remote sensing, alla fotografia aerea,
alle indagini geognostiche sino alla
georeferenziazione mediante strumen-
tazioni gps e virtual reference station
o utilizzando sensori per ricevere i dati
gnss. l’obiettivo è quello di arricchire
sempre più la quantità, ma soprattutto
la qualità, del record catalografico con
l’ausilio di geodatabase mobili, imple-
mentando nuove strategie di ricerca,
flessibili ed integrate ad un’ampia
gamma di metodologie di indagine e di
innovative tecnologie geomatiche per lo
studio dei paesaggi pregressi.
Alvisi G. (1989), La fotografia aerea
nell’indagine archeologica, NIS, Roma.
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Segni della Storia. Piazza Armerina (EN),
9-13 aprile 2003, pp. 340-344. I Quaderni
di Palazzo Montalbo N. 4, Dario Flaccovio
Editore
wilsoN, d.R. (2000), Air Photo
Interpretation for Archaeologists, Tempus:
Stroud
Bibliografia
1 Il Laboratorio di Archeologia dei
Paesaggi e Telerilevamento (LAP&T www.
lap&t.it) è finalizzato alla progressiva
introduzione di sistemi di osservazione
remota del territorio e al miglioramento
delle tecniche di ricognizione di superficie,
tramite l’applicazione di nuovi strumenti
per la documentazione e il rilievo del dato
archeologico e ambientale.
2 L’obiettivo della scuola è stato
avviare la costituzione di un projectGIS
per l’implementazione della cartografia
archeologica in materia di censimento del
patrimonio culturale toscano (naturale ed
antropico). Tra i contesti documentati vi è
una certa prevalenza di siti monumentali
con particolare riferimento a centri castrensi
e a contesti urbani del paesaggio toscano.
3 Per maggiori approfondimenti si
rimanda al capitolo I di Un volo nel passato,
aerofotografia e cartografia archeologica.
4 Si ringrazia il Direttore Elvezio
Galanti, Dipartimento di Protezione Civile,
Ufficio Servizio Sismico Nazionale www.
protezionecivile.it
5 Galleria fotografica (http://www.
protezionecivile.it/) ed analisi di datum da
telecamera termica di sorveglianza posta a
quota 700m s.l.m (Dipartimento di Scienze
della Terra - Università degli Studi di Firenze).
Si ringrazia la FLIR System ed in particolare
Roberto Rinaldi (www.flirthermography.com).
6 Si ringrazia la prof. Adele Verga
dell’IPSIA di Giarre (http://www.ipsia. giarre.
ct.it) per le riprese aerofotografiche.
7 http://www.geonav.it/index.html. Si
ringrazia il Capitano Davide Taranto (www.
minicrociere.com).
8 Si ringrazia Leonardo Alestra di Trimble
Regione Sicilia (Corso GPS della Provincia
Regionale di Catania) e CGT s.r.l. (www.
cgtsrl.it).
9 www.parcoetna.it
10 L 107-118 (H.R. 2869 11/1/02) USA EPA
norma le zone a rischio (abusivismo, disca-
riche, stress della vegetazione, etc.).
11 http://www.uni-koeln.de
12 Si ringrazia la prof. Tina Cusimano (do-
cente di Informatica).
13 Standard Catalografici dell’Istituto
Centrale per il Catalogo e la Documenta-
zione http://80.205.162.235/Catalogazione/
standard-catalografici/index
14 Piccarreta, Cerando (2000).
Note
se in italia le ricognizioni aerofoto-
grafiche hanno avuto solo di recente
uno sviluppo, le ricerche sulle prese fo-
togrammetriche hanno raggiunto livelli
altissimi, palesatisi nell’interpretazione
contestuale alla restituzione cartografica
degli elementi del paesaggio culturale e
naturale. È infatti solo tramite la restitu-
zione delle anomalie su base cartografica
che il dato territoriale può essere misu-
rato e confrontato con altri piani infor-
mativi di natura archeologica o di altra
provenienza e infine può essere tutelato
e regolarmente monitorato. tali ricerche
però non devono rinunciare alla rico-
gnizione di superficie, che rimane una
procedura indispensabile per il ricono-
scimento di siti sconosciuti o poco noti.
13
14 la Cartograf ia_22/09
coMe le Mappe antiche
15
e abbiamo scoperte in
occasione di un convegno,
dove erano esposte, ma
neanche tanto in vista, in una
ambiente attiguo all’ingresso. facile
passare davanti a quella stanza senza
accorgersi di niente, salvo entrare
ed essere catturati da un mondo dal
fascino senza tempo.
centinaia di carte – il catalogo è
piuttosto ricco – che riproducono
esemplari antichi, principalmente
del seicento e del settecento,
epoca in cui, a seguito delle grandi
esplorazioni del globo terrestre, la
produzione cartografica subì un
notevole impulso. ogni carta era
allora la rappresentazione di un
UNA PICCoLA AzIENDA
A CoNDUzIoNE
FAMILIARE, NEI PRESSI
DI FIRENzE, RIPRoDUCE
PREGIATE CARTE
ANTICHE, REALIzzATE
CoN LE STESSE
TECNICHE E GLI STESSI
MATERIALI CHE SI
USAVANo NEL SEICENTo
E INTERAMENTE
ACqUARELLATE A MANo.
coMe le Mappe antiche di Monica Naef
L
L’Africa del Blaeu, 1669.
16 la Cartograf ia_22/09
Particolari che raffigurano scene di vita di luoghi
lontani, frequenti nelle antiche mappe.
17
mondo che ancora non si conosceva
completamente e che si cercava di
delineare in base alle notizie più
recenti riportate dagli esploratori e dai
loro diari. erano oggetti
carichi d’emozione quelle carte,
l’emozione della scoperta appunto,
della meta raggiunta dopo un viaggio
senza certezze, del pericolo superato,
dell’incontro con luoghi, civiltà,
animali e ambienti che nemmeno
si immaginavano, e rendevano
in qualche modo pubblico il
privilegio di una conoscenza che era
appannaggio di pochi. lasciavano
spazio alla fantasia con eloquenti
campiture bianche, là dove il sapere si
fermava, come all’interno dell’africa
rappresentata dal Blaeu nel 1669, o
si abbellivano di particolari artistici,
assai frequenti nella produzione
francese dell’epoca, ma diffusi anche
altrove, per diventare eleganti oggetti
d’arredo e richiamare la suggestione di
mondi esotici e lontani.
Non sono copie
“non sono copie”, ci tiene a
precisare il titolare e fondatore
dell’azienda franco iacobelli, che nel
1995 ha deciso di trasformare la sua
passione per le carte antiche in attività
commerciale. non si tratta di vecchie
mappe fotografate e ristampate, come
si potrebbe pensare. la mappa viene
ricreata a partire dalla lastra in zinco,
che viene montata su uno zoccolo di
legno e stampata a mano al torchio,
un pezzo alla volta. per le carte più
grandi, quelle murali che misurano
oltre un metro per due, occorrono
otto lastre della dimensione massima.
i costi di realizzazione sono alti e
le tirature molto limitate, circa una
ventina di pezzi alla volta.
ex cartografo dell’istituto geografi-
co Militare, iacobelli vanta una lunga
carriera a servizio della cartografia,
prima come rilevatore sul terreno, poi
assegnato alla biblioteca dell’istituto.
18 la Cartograf ia_22/09
e qui la sua passione per le carte
antiche si nutre ogni giorno dell’incon-
tro con i capolavori dei secoli passati,
ancora in gran parte non visibili al
pubblico se non in occasione di mostre
particolari. iacobelli compie ricerche
su come lavoravano i suoi ‘colleghi’
del seicento e così nasce l’idea di ri-
produrre le stesse carte con le stesse
tecniche e gli stessi materiali dell’epoca
e riproporle al mercato.
come nel seicento, le mappe che
produce iacobelli sono stampate su
carta in puro cotone, così come in
cotone è la tela sulla quale vengono
montate. salvo le più piccole, le carte
sono infatti normalmente composte
da più pannelli che vengono montati
a stacchi sulla tela. Questo sistema
consente di piegarle senza che si usu-
rino lungo la piega e di trasportarle
facilmente; garantisce insomma una
lunga vita al prodotto finale e una
maneggevolezza che soddisfa le mo-
derne esigenze di piccoli spazi e grande
mobilità.
La carta e la tela utilizzate sono in
puro cotone, come nel Seicento.
Montate a stacchi, le carte si piegano e si
confezionano facilmente.
19
20 la Cartograf ia_22/09
21
Prodotte interamente a mano
il catalogo dell’azienda si arricchisce
in continuazione di nuove scoperte.
gli ‘originali’ (file o copie) da cui si
parte provengono infatti da varie fon-
ti: alcune dagli archivi i.g.M. – come
i quattro continenti del Blaeu, famoso
cartografo olandese del seicento – ,
altre sono state trovate sul mercato
da iacobelli, altre ancora provengono
da privati che ne chiedono la ripro-
duzione. nel caso delle copie, queste
vengono scannerizzate e riportate alle
dimensioni originali, quando sono
note. si realizza quindi la lastra che
rappresenta il costo principale di tutta
la produzione, tenendo conto che la
maggior parte delle mappe, siano carte
o vedute di città, è composta da varie
lastre e quindi vari pannelli.
la stampa al torchio conferisce una
particolare bellezza al prodotto in cui
l’effetto dell’incisione è percepibile sia
al tatto che alla vista.
una volta stampati i pannelli, si pas-
sa all’invecchiamento degli stessi e del-
la tela su cui verranno montati. la tela
si distende e si bagna con acqua e un
colorante, lo stesso si fa con i pannelli.
Questo procedimento, oltre a conferire
subito l’effetto antico, evita che con
il passare del tempo la carta assuma
disomogeneità e macchie antiestetiche
dovute al naturale invecchiamento dei
materiali e all’esposizione alla luce.
Per riprodurre una mappa antica si inizia
col rifare la lastra.
La stampa avviene al torchio,
un pezzo alla volta.
22 la Cartograf ia_22/09
la fase successiva prevede che su
un lato della tela si stenda una colla
vinilica a pennello; a questo punto si
possono montare i pannelli sulla tela.
il montaggio avviene tutto a
bagnato, quindi, una volta terminato,
occorre appendere la carta ad
asciugare.
l’asciugatura richiederà da uno a
più giorni secondo la temperatura e
l’umidità.
carta e stoffa ritirano entrambe
asciugando, ma in modi diversi.
sta all’esperienza e alla maestria
dell’artigiano saper tenere conto di
questo delicato passaggio.
Invecchiamento
23
è
è
è
Montaggio
Stesura Colla
Asciugatura
24 la Cartograf ia_22/09
ed ecco la carta pronta per essere
acquarellata, o lasciata in bianco
e nero. naturalmente il colore
conferisce al tutto maggiore incisività
e aiuta ad esempio a caratterizzare
gli ambienti nelle vedute di città. la
scelta dei colori, laddove gli originali
ne siano privi, come spesso è il caso, è
lasciata al gusto di chi esegue il lavoro.
essendo dipinte a mano le carte sono
tutte diverse e ciascuna è un pezzo
unico.
l’azienda, che si chiama Formis,
si avvale talvolta di alcune pittrici
esterne per quest’ultima fase della
lavorazione. tutto il resto viene
eseguito nel laboratorio di famiglia
da franco, dalla signora Manola e
dal loro figlio alessandro che ha fatto
propria la passione del padre.
Una volta asciutte, le carte
vengono acquarellate a mano.
Ognuna è un pezzo unico.
Centinaia di mappe antiche
gli iacobelli sono molto disponibili
e cercano di accontentare il cliente
anche quando di qualche esemplare
sono richieste poche copie, magari
di un nuovo soggetto che lo stesso
cliente porta in ditta da riprodurre.
in questo caso i costi delle lastre non
si potrebbero ammortizzare e si pro-
cede a una stampa digitale anziché
al torchio. il risultato, seppure inte-
ressante da un punto di vista estetico
e decisamente più economico, perde
tuttavia quel tocco di tridimensiona-
lità della carta incisa che le conferisce
una particolare qualità e un fascino
inimitabile e ‘antico’.
sempre con l’ausilio della stampa
digitale si procede nel caso in cui le
mappe di partenza siano affreschi
o dipinti, come nel planisfero di
fra’ Mauro (1460 circa) che misura
3 metri per 3, conservato in una
biblioteca di venezia. attualmente è
in catalogo ridotto nelle dimensioni
più gestibili di 169x169 cm.
l’archivio cartografico di formis è
veramente vasto: circa cinquecento
mappe tra planisferi di vari tipi,
anche celesti, continenti, stati, carte
regionali, piante di città italiane
(qualcuna anche estera) e vedute
delle principali città italiane (solo a
titolo esemplificativo citiamo Milano,
napoli, roma, firenze, trento,
torino, varie città umbre e molte
altre equamente diffuse su tutta la
penisola) e di alcune altre capitali.
alcune città sono presenti con vedute
Alcune mappe raggiungono grandi
dimensioni, di oltre 1x2 metri, come
il planisfero del De Wit del 1670.
25
26 la Cartograf ia_22/09
diverse. la maggior parte sono carte
del seicento e del settecento, ma
ci sono anche mappe più antiche
e ottocentesche. non tutte le carte
sono attualmente in catalogo, poiché
alcune sono state acquisite ma non
sono ancora state fatte le lastre. la
scelta e la varietà sono comunque
destinate a crescere, e se si considera
che questo patrimonio è stato
raccolto in meno di quindici anni si
intuisce che questa piccola azienda
a conduzione familiare (piccola sì,
ma nota nel nordeuropa e anche in
sudafrica!) è e sarà depositaria di un
‘giacimento’ culturale e storico, oltre
che artistico, di tutto rispetto, poiché
le carte di tutti i tempi rappresentano
una sintesi della visione del mondo e
delle conoscenze tecniche dell’epoca
in cui furono realizzate.
Veduta della città di Firenze, Spada, 1600.
Sotto, il bellissimo planisfero celeste del Brunacci,
1700.
Via del Romito 11/13r - 50134 Firenze, Italy
Tel. 055 483 557, Fax 055 483 690
[email protected], www.globalmap.it
Le riproduzioni di Mappe Antiche sono distribuite da:
27
la Cartograf ia_10 2828 la Cartograf ia_22/09
le carte, sia analogiche che digitali,
e i dati spaziali, sia in formato
vettoriale che raster, sono in relazione
con una posizione geografica.
generalmente, tale posizione viene
espressa adottando un sistema di
coordinate, ovvero un insieme di
regole che stabiliscono come
individuare dove un certo dato è
collocato nello spazio.
per georeferenziare i dati relativi
alla superficie della terra si impiegano
sistemi di coordinate tridimensionali.
per esempio, qualunque luogo
terrestre può essere localizzato per
mezzo di coordinate geografiche
spaziali (φ, λ, h) oppure tramite le
corrispondenti geocentriche (x, y, z).
LA SECoNDA PARTE, ESPoSTA NELLE PAGINE CHE SEGUoNo, è DEDICATA AI
SISTEMI DI CooRDINATE oVVERo ALL’INSIEME DI REGoLE CHE STABILISCoNo
CoME ASSEGNARE VALoRI DI PoSIzIoNE AD UN DETERMINATo LUoGo DELLA
TERRA. VENGoNo TRATTATE LE CooRDINATE SPAzIALI (GEoGRAFICHE E
GEoCENTRICHE) E LE CooRDINATE PIANE (CARTESIANE E PoLARI), NoNCHé
LE LINEE RAPPRESENTATIVE DI CooRDINATE RETTANGoLARI CoSTANTI E DI
SELEzIoNATI MERIDIANI E PARALLELI, oVVERo I RETICoLATI CARTESIANo E
GEoGRAFICo.
fondamenti geoMetrici della cartografia 2A partedi Antonio Arrighi
Premessa
Fig. 1 – Coordinate geografiche spaziali (φ, λ, h).
Fig. 2 – Coordinate cartesiane spaziali o
geocentriche (x, y, z).
Un mezzo della Protezione Civile.
Fig. 1
Meridiano diGreenwich
POLO NORDCIO
Equatore
P
Yp
Xp
Zp
Z
X
Y
Fig. 2
29
30 la Cartograf ia_22/09
i sistemi di coordinate piane sono invece utilizzati per individuare la
localizzazione dei dati sul piano della carta. per esempio, qualsiasi punto sul
piano cartografico può essere localizzato per mezzo di coordinate bidimensionali
cartesiane o rettangolari (x, y) oppure polari (a, d).
Sistemi di coordinate spaziali
Coordinate geografiche
il sistema di coordinate globali
maggiormente impiegato è
quello costituito dalle linee della
longitudine e latitudine geografica.
le linee di uguale latitudine sono
chiamate paralleli e, sulla superficie
dell’ellissoide, sono rappresentati da
circonferenze. per contro, le linee di
uguale longitudine sono denominate
meridiani e, sulla superficie
dell’ellissoide, formano delle ellissi
(ellissi meridiane).
la latitudine φ di un punto p è
l’angolo tra la normale ellissoidica per
p’ e il piano equatoriale.
la longitudine λ è invece l’angolo
tra l’ellisse meridiana che passa per
greenwich e l’ellisse meridiana che
contiene il punto in questione; è
misurata nel piano equatoriale dal
meridiano di greenwich (λ=0°) sia
verso est fino a λ= +180°, sia verso
ovest fino a λ= -180°.
la latitudine e la longitudine
rappresentano quindi le coordinate
geografiche φ, λ di un punto p
rispetto alla superficie di riferimento
Fig. 3 - Coordinate rettangolari piane (x, y).
Fig. 4 - Coordinate polari 2D (a, d).
P (280, 225)Xp
Yp
100
100
200
200
300
300
X [u. l.]
Y[u. l.]
OrigineOrigine distanze
Orig
ine
ango
li
P (45°, 345)
d = 345 u. l.a = 45°
Fig. 3 Fig. 4
Fig. 5 – Il sistema di coordinate geografiche.
Fig. 6 – Il sistema di coordinate geografiche
spaziali.
selezionata e sono espresse sempre in
unità angolari.
le coordinate geografiche spaziali
(φ, λ, h) si ottengono introducendo
nel sistema appena enunciato l’altezza
ellissoidica h.
Quest’ultimo parametro
rappresenta la distanza del punto
considerato rispetto all’ellissoide;
viene misurata in unità lineari lungo
la normale ellissoidica fra il punto
preso in considerazione e la superficie
ellissoidica. tale concetto può essere
applicato anche alla superficie di
riferimento sferica.
EQUATORE
LATITUDINE-NORD
LATITUDINE-SUDLONGITUDINE
OVEST
LONGITUDINE
EST
55°
90°
90°
45°
55°
45° W
20°
40°
0°
0°
N
S
Greenwich
Polo
Equatore
SUPERFICIE DI RIFERIMENTO: ELLISSOIDE
h
P |
P
λφ
31
Fig. 6
Fig. 5
32 la Cartograf ia_22/09
Coordinate geocentriche
un metodo alternativo, e spesso più
conveniente, di definire la posizione
di un punto è quello di impiegare
le coordinate cartesiane spaziali.
il sistema ha origine nel centro di
massa della terra con gli assi x e
y nel piano equatoriale. l’asse x
passa per il meridiano di greenwich,
mentre l’asse z coincide con l’asse di
rotazione della terra. i tre assi sono
mutuamente ortogonali e formano
una terna destrorsa.
occorre osservare che l’asse
di rotazione della terra cambia
posizione nel tempo (in seguito
al cosiddetto ‘moto del polo’). in
conseguenza di ciò, la posizione
media del polo nell’anno
1903 (definita sulla base delle
osservazioni tra il 1900 e il 1905)
è stata impiegata per definire il
‘conventional international origin’
(cio), ovvero l’asse di riferimento
z che risulta pertanto stabilito per
convenzione.
Greenwich
CIO
Equatore
P
Yp Xp
Zp
Z
X
Y
Fig. 7 – Il sistema di coordinate geocentriche
spaziali.
Fig. 7
33
Sistemi di coordinate piane
una carta ha solo due dimensioni:
la larghezza (da sinistra a destra)
e l’altezza (dal basso verso l’alto).
trasformare il corpo tridimensionale
della terra in una carta bidimensionale
è argomento che riguarda le proiezioni
cartografiche. in questo contesto,
come in altre svariate applicazioni
cartografiche, le coordinate
bidimensionali sono necessarie per
descrivere la localizzazione di qualsiasi
punto in modo chiaro e univoco.
Coordinate cartesiane
una possibilità di individuare la
posizione di un punto su un piano
è rappresentata dalle coordinate
rettangolari piane. si tratta di un
sistema costituito da due linee
che si intersecano ad angolo retto
denominate asse x e asse y. di norma
il primo è l’asse orizzontale, mentre
il secondo costituisce quello verticale
(talvolta questi due assi di riferimento
sono denominati rispettivamente e
(est) e n (nord)). la loro intersezione
costituisce l’origine del sistema. il
piano cartografico che riporta le
coordinate cartesiane è segnato da
corrispondenti linee uniformemente
distanziate.
Quindi, con tale sistema, l’attribu-
zione di due coordinate numeriche xp,
yp permette di specificare in maniera
precisa ed obbiettiva qualunque posi-
zione p sulla carta.
normalmente, all’origine sono
assegnate le coordinate xp=0 e yp=0.
tuttavia, alle coordinate dell’origine
sono talvolta aggiunti dei grandi
valori positivi. Questo artificio viene
applicato per evitare valori negativi
per x e y nell’eventualità detta origine
cada all’interno dell’area di interesse.
in tale caso ai valori xp=0 e yp=0
è attribuita la denominata di falsa
origine. da ricordare che le coordinate
rettangolari sono chiamate anche
cartesiane, dal nome del matematico
e filosofo francese del diciassettesimo
secolo rené descartes detto anche, in
forma latinizzata, renatus cartesius.
Coordinate polari
un’altra possibilità di definire la
posizione di un punto sul piano è
offerta dalle coordinate polari. esse
sono costituite dalla distanza ‘d’
dall’origine al punto considerato
e dall’angolo ‘a’ tra una direzione
stabilita (o zero) e la direzione verso
cui si trova il punto di interesse.
l’angolo orario ‘a’ è detto ‘di
orientamento’. viene espresso in
unità angolari, mentre la distanza ‘d’
è definita in unità di lunghezza. gli
angoli di orientamento sono sempre
definiti rispetto a una direzione fissa o
di riferimento. in linea di principio la
linea di riferimento può essere scelta in
modo arbitrario. tuttavia, in pratica,
vengono impiegate, per lo più, tre
direzioni: il nord geografico (ng), il
nord reticolato (nr), il nord magnetico
(nm). i corrispondenti orientamenti
sono detti: geografico, rete, magnetico.
le relazioni che li legano risultano
evidenti dalla figura 8.
P
Nm Ng Nr Ng = nord geograficoNr = nord reticolatoNm = nord magnetico
δ γ
(AP)
[AP]
γ = convergenza meridianoδ = declinazione magnetica Fig. 8 – Relazioni tra orientamento
geografico, rete e magnetico. Fonte:
Gortani-Pericoli, 2000.Fig. 8
34 la Cartograf ia_22/09
le coordinate polari sono impiegate
spesso in topografia: infatti, in special
modo nei rilevamenti di dettaglio,
dove si usano tecniche di misura elet-
tronica delle distanze, rappresentano
una prassi praticamente universale.
Reticolato cartesiano e geografico
il reticolato cartesiano (nella termi-
nologia anglosassone ‘grid’) è rappre-
sentato da linee aventi coordinate ret-
tangolari costanti (x, y). Questo tipo
di reticolato è utilizzato nella carto-
grafia a grande e media scala per con-
sentire calcoli accurati e localizzazioni
di precisione. non è invece applicato
nella cartografia a piccola scala (≤
1:1.000.000) dove le distorsioni geo-
metriche conseguenti alla trasposizio-
ne della superficie curva della terra sul
piano cartografico sono tanto grandi
da rendere assai difficili sia i calcoli sia
le localizzazioni di precisione.
il reticolato geografico (nella ter-
minologia anglosassone ‘graticule’)
rappresenta la proiezione ad intervalli
costanti delle coordinate geografiche,
Fig. 9 – Esempio di ① reticolato cartesiano
(grid) e ② reticolato geografico (graticule).
Fonte: ICA, 1984.
Fig. 9
o in altre parole la posizione in proie-
zione di meridiani e paralleli seleziona-
ti. la forma del reticolato geografico
dipende largamente dalle caratteristi-
che della proiezione applicata e dalla
scala della rappresentazione.
il taglio che delimita l’area cartogra-
fica può essere definito sia dalla forma
del reticolato geografico sia da quella
del reticolato cartesiano. il taglio car-
tesiano ha il vantaggio di permettere la
formazione di serie cartografiche costi-
tuite da carte aventi l’area cartografica
sempre uguale; per contro, il taglio geo-
ografico comporta un contorno curvo
e quindi dimensioni cartografiche non
regolari, ma al tempo stesso mostra
immediatamente l’estensione dell’area
cartografica nel sistema geografico.
Fig. 11 – A = taglio cartesiano; B = taglio
geografico.
GoRTANi i., PeRicoli A. (2000),
La Topografia, vol. 2, Del Bianco
Editore
ICA, 1984, Basic Cartography, vol. I
ITC, Internal notes on Geometric
Cartography, vari anni
RoBiNsoN A.H. & altri (1995),
Elements of Cartography, Wiley
Bibliografia
35
Fig. 10 – La carta del mondo in
proiezione di Mercatore Traversa e il
relativo reticolato geografico.
Fig. 10
Fig. 11
36 la Cartograf ia_22/09
LE PRoFoNDE TRASFoRMAzIoNI CHE LA PRoDUzIoNE CARToGRAFICA
HA SUBITo NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI HANNo STRAVoLTo (o MEGLIo,
RIVoLUzIoNATo) UNA TECNICA PRoDUTTIVA DURATA oLTRE TRE SECoLI.
NEL PRESENTE ARTICoLo SI DELINEA PER SoMMI CAPI qUAL’ERA LA
CARToGRAFIA ANCoRA NEGLI ANNI SESSANTA DEL VENTESIMo SECoLo,
E qUALE SIA INVECE oGGI.
la
cartografia fra evoluzione e rivoluzione 2A
partedi Attilio Selvini
alla sua nascita, che si
può datare a partire dal
seicento, la cartografia
scientifica si è sviluppata con una lenta
evoluzione, di pari passo con progressi
della geodesia e della topografia. fra
la cartografia censuaria di carlo vi,
meglio conosciuta come cartografia
‘teresiana’ (dal nome della figlia del
grande imperatore, a sua volta poi
seduta sul trono degli asburgo) e la
cartografia catastale del nuovo regno
d’italia non c’è molta differenza for-
male e sostanziale, sia per le modalità
operative impiegate sul terreno che per
la realizzazione della parte grafica.
la carta d’italia al 25.000, rilevata
dopo l’unità dall’istituto geografico
Militare fiorentino è ancora in parte
figlia delle tecniche settecentesche di
rilevamento, in parte della celerimen-
sura introdotta dal porro per il rileva-
mento del ducato di genova dal 1830
in poi; le pratiche riproduttive sono
ancora quelle vecchie e tradizionali
ben conosciute (keAts 1973).
una forte evoluzione in tema di
rilevamento, ma non mi sembra
fosse una rivoluzione, avviene negli
anni trenta del secolo ventesimo,
con l’avvento delle carte prodotte
tramite la misura sulle immagini e
non sul terreno, in altri termini con
l’impiego sempre maggiore della
fotogrammetria, ormai aerea, al
posto della topografia: tale tecnica,
del resto ottocentesca, sino ad allora
era stata vista solo come ausilio del
rilevamento topografico nel caso
di terreni difficili. Quasi nulla però
cambia dal punto di vista della tecnica
di rappresentazione; ormai consolidate
le proiezioni di vario tipo, e prevalenti
quelle conformi, la pratica del disegno
cartografico, pur se la misura viene
fatta non sull’oggetto bensì sulle sue
immagini, non è molto diversa da
quella ottocentesca.
D
37
38 la Cartograf ia_22/09
si diffondono le carte a grande
scala, il cui supporto è il foglio di carta
da disegno, coi tratti a china, con la
possibilità di riproduzione eliografica
o cianografica. dalla ‘restituzione’
a matita, abili disegnatori cartografi
traevano l’originale su di un supporto
poco deformabile (per es. ‘astralon’),
utilizzando gli stessi strumenti di un
secolo prima: solo i vari ‘rapidograph’
sostituiranno i normali tiralinee, a
partire dal secondo dopoguerra.
peraltro già teorizzate e talvolta
sperimentate sin dai primi del
novecento, verso gli anni sessanta
di quel secolo si hanno le prime
rappresentazioni ortofotografiche; non
più il disegno vettoriale, bensì la stessa
immagine fotografica ‘raddrizzata’,
ovvero trasformata omograficamente
da prospettiva centrale a proiezione
ortogonale. la cosa desta scalpore;
vi sono come sempre i favorevoli ed i
contrari: la nuova tecnica offre infatti
in ogni caso vantaggi e svantaggi. in
una delle molte discussioni di quei
tempi, un noto studioso ebbe a dire
che se fosse nata per prima la carta
ortofotografica e poi fosse venuta alla
luce quella al tratto, probabilmente le
discussioni sarebbero state altrettanto
severe: molti avrebbero ritenuto la
carta al tratto come una specie di
brogliaccio della rappresentazione
ortofotografica, insomma una specie
di caricatura del terreno (cunietti
1974). varie e complesse sono le
vicende delle ortofotocarte, anche
esse come le carte al tratto fortemente
cambiate nel corso di circa mezzo
secolo: si veda per esempio in selvini
2009.
La carta non è più solo ‘di carta’
tutto muta, quasi all’improvviso,
verso la fine del millennio. a parte il
fatto, già di per sé eclatante, che dalla
seconda metà del novecento in poi le
carte, sia a piccola che a media e an-
cor più a grande scala non erano più
‘topografiche’ bensì aerofotogram-
metriche. il rilevamento da terra era
ormai limitato a piccole estensioni,
per esempio a lottizzazioni o a trac-
ciamenti, o ancora a zone urbane da
conservare o da rinnovare, con rap-
presentazione a grande e grandissima
scala. l’avvento della fotogrammetria
analitica, cui succederà abbastanza in
fretta quella detta ‘digitale’, cambia il
modo di cartografare e di riprodurre,
ma soprattutto cambia l’essenza stes-
sa della cartografia che dal supporto
cartaceo passa al supporto informati-
co: è la rivoluzione, se tale sostantivo,
come si legge nei vocabolari, indica
“… un mutamento improvviso e
profondo che comporta la rottura di
un modello precedente e il sorgere
di un nuovo modello”. la rappre-
sentazione cartografica infatti non è
più da allora (o non è più soltanto)
‘di carta’, ma è soprattutto diventata
‘numerica’, annullando lo stesso con-
cetto di scala di rappresentazione; la
scala qui è sempre di uno ad uno (pur
essendo naturalmente l’incertezza nel-
la definizione planoaltimetrica di un
punto, funzione della scala media dei
fotogrammi utilizzati).
al tempo della fotogrammetria
analogica, la rappresentazione
cartografica, ancora ‘di carta’,
nasceva al momento stesso della
restituzione stereoscopica, per
il tramite di pantografi, poi di
sistemi ortogonali ad ingranaggi,
infine, ultimo ritrovato, per via di
servomotori sincroni elettrici. si erano
poi sostitute le matite per le ‘minute’
di restituzione, se del caso, con
fresette ruotanti di vario diametro,
utilizzando al posto dei fogli di carta
da disegno dei fogli di materiale
plastico da incidere (es. ‘topascribe’),
ottenendo così del ‘negativi’ del
disegno da cui avere facilmente tante
copie positive quante necessarie: ciò
eliminava la necessità di ricopiare in
‘bella’ le minute originali. giunta sul
mercato la fotogrammetria analitica,
per parecchi anni la tecnica rimase la
stessa: restituzione e congiuntamente
disegno ‘on-line’, ovvero in diretta
come nel caso consueto della
fotogrammetria analogica. Ma poi le
cose cambiano in fretta: il computer
diventa sempre più potente (e sempre
di minor dimensioni e costi!); mutuati
dal disegno meccanico e dalla
progettazione industriale, compaiono
i tavoli da disegno da utilizzare
sia on-line che off-line (ovvero ‘in
differita’), comandati anch’essi dal
computer; nascono i primi programmi
di ‘computer aided design’, in sigla
cad. ed è, lo ripetiamo ancora,
la rivoluzione. anche perché la
fotogrammetria analitica, negli anni
novanta, diventa essa pure ‘digitale’,
rinunciando allo stereocomparatore
e quindi alla misura sulle immagini
fotografiche tradizionali. la cosa
non è di poco conto: ingrandendo
fortemente una fotografia analogica,
ovvero ottenuta con pellicola ad
alogenuri d’argento, si vede la
‘grana’, ovvero la distribuzione
casuale dei granuli di alogenuri sotto
forma di punti di varia dimensione
(fig.1).
Ma la nuova fotografia ‘digitale’,
ottenuta con sensori del tipo ccd
(charged coupled device), se
ingrandita mostra una serie ordinata
di ‘pixel’, ovvero una matrice: si
tratta di una forma ‘raster’.
la posizione di un punto è qui già
di per sé definita dai numeri di riga e
colonna della matrice, con risoluzione
dell’ordine di pochi micron; lo
strumento di misura, come si è detto
lo sterecomparatore, diventa inutile.
e cambia quindi anche il modo di
‘restituire’, sia per via stereoscopica
che per via ortofotoproiettiva.
come vedremo, è oggi possibile
avere restituzioni fotogrammetriche
(a scopo cartografico od altro) sia in
forma vettoriale che in forma raster:
anticipando le cose che verranno più
avanti dette, si vedano le figure 2, 3 e
4 a tale proposito.
Fig. 1: Sopra, fotografia analogica di una
copertura; a destra l’ingrandimento mostra i
granuli dell’emulsione sparsi casualmente.
Fig. 2: La restituzione planimetrica vettoriale del
castello Visconti in Somma Lombardo.
Fig. 3: Ingrandimento della parte in basso a
destra di fig. 2. La parte vettoriale rimane tale
anche se ingrandita.
39
40 la Cartograf ia_22/09
Dalla geometria pratica al calcolo numerico
vediamo di ricordare con un
minimo di ordine la successione che
ha portato dalla cartografia analogica
alla cartografia digitale.
vi è un certo parallelo fra i
progressi della topografia e quelli
della fotogrammetria; la prima era
ancor detta nell’ottocento ‘geometria
pratica’; largo uso avevano sia
il rilevamento con la tavoletta
‘pretoriana’ che quello con squadri ed
allineamenti. Quasi nullo l’impiego
del calcolo. Ma già dal 1830 circa
ignazio porro (Monti, selvini 2003)
aveva sostituito ai mezzi grafici
di rilevamento quelli numerici: la
celerimensura si diffuse abbastanza
lentamente, coesistendo per tutto quel
secolo con la tradizione settecentesca.
data l’assenza di mezzi di calcolo al di
fuori di carta e matita, con il ricorso
alle tavole dei logaritmi, nacquero le
‘tavole celerimetriche’ ed i calcolatori
analogici (grafici o meccanici): il
calcolo numerico faceva ancora paura.
paura che dilagò con l’avvento della
aerofotogrammetria: come risolvere
le equazioni di collinearità, peraltro
ben note dalla geometria analitica
nello spazio, se non rinviando tutto
al futuro, ciò che si verificherà dopo
Fig. 4: Ingrandimento in forma raster
della stessa immagine di fig. 3:
si vedono chiaramente i pixel.
41
la seconda guerra mondiale? ed ecco
la nascita, per l’appunto, a partire
dagli anni venti del novecento,
dei restitutori ‘analogici’, nei quali,
quasi in parallelo con la tavoletta
pretoriana, la proiezione ortogonale
del modello ottico del terreno evitava
il calcolo, allora impossibile almeno in
termini di tempo ragionevole.
e poi l’evoluzione, cui già si
è accennato. anni cinquanta,
l’elaboratore elettronico è ancora
grosso, goffo, pesante e costoso,
ma fa in millisecondi calcoli sino
ad allora impossibili. uki helava in
canada, il nostro grande umberto
nistri a roma, concertano l’avvento
del nuovo tipo di restitutore.
tutto diverso dalla solita ‘routine’:
basta con aggeggi ottico meccanici
complessi, costosi, lenti, limitati
nell’impiego: il calcolo numerico non
ha più limiti, nasce la fotogrammetria
analitica. Ma, come detto più sopra,
la ‘carta’ è pur sempre di carta, anche
se ora è possibile archiviare ‘file’
di coordinate utilizzandole poi per
elaborazioni successive, dal calcolo
delle aree a quello dei volumi e
addirittura alla progettazione stradale
‘on-line’.
e poi i progressi dell’elettronica
sono assai rapidi. l’informatica,
che tendenzialmente si potrebbe far
risalire all’ottocento dal punto di
vista concettuale, dopo un secolo
‘in sonno’ prende forma insieme ai
progressi del computer e diventa cosa
irrinunciabile nella società della fine
del secondo millennio. le ricadute
interessano dapprima la progettazione
industriale: le macchine a controllo
numerico sostituiscono torni, trapani,
fresatrici e rettificatrici a controllo
manuale. si è già ricordato che i
primi tavoli da disegno controllati dal
computer sono ad uso progettuale: la
cartografia ne sarà interessata soltanto
qualche (modesto) tempo dopo.
Ma ormai tutto procede in fretta;
nel dicembre 1982 nasce insieme ad
autocad 1.0 il draWing format
(che oggi tutti conoscono come
dWg), file binario per l’esecuzione
di disegni d’ogni tipo, e nasce
anche un altro ‘formato’, il dxf
(drawing exchange format) adatto
all’esportazione verso altri sistemi
informatici. nel 1986 è la volta di
Jpeg ovvero del Joint photografic
expert group, un comitato che si
occupa della memorizzazione di
fotografie e di trasformazione di
immagini raster nel formato .jpg. il
sistema diventa standard nel 1992, e
nel 1994 viene approvato come iso
109181.
nel 1990 nasce Bitmap (.bmp),
introdotto da Windows 3.0, formato
per la rappresentazione di immagini
raster. sempre di tale anno è la nascita
dei famosi shape files, introdotti da
esri (environmental system research
institute, fondato a sua volta nel
lontano 1969). su questi torneremo,
vista la loro enorme diffusione per
la formazione di banche di dati
(database).
nel 1992 aldus (poi assorbita da
adoBe) introduce il .tiff (tagged
image file format), per immagini
raster con diversi spazi di colore,
facilitando lo scambio di immagini
fra scanner e stampanti. nel 1999
la apache software foundation
immette sul mercato il file .cxf , usato
attualmente dal catasto italiano e
convertibile in formato .dxf.
vale la pena, a questo punto,
ricordare che negli anni ottanta
del secolo passato erano nati i
cosiddetti ‘gis’, in origine geografic
information system, da noi forse più
noti come sit (sistemi informativi
territoriali). dice uno dei padri dei
gis, il Burrough, fondatore della
Association of Geografic Informations
nel 1986, che “…il GIS è composto
da una serie di strumenti software
per acquisire, memorizzare, estrarre,
trasformare e visualizzare dati spaziali
dal mondo reale” (Burrough 1986).
almeno un cenno alla confusione
creatasi da allora in questo campo:
si parla indifferentemente di gis o
di sit, ma sarebbe necessaria una
ulteriore ripartizione, peraltro poi da
altri proposta.
secondo Karl Kraus infatti (krAus
1995), già nel 1995 si sarebbero
dovuti ripartire i ‘sistemi informativi
spaziali’ (sis, meglio che sit) in
land information system (lis),
topografic information system (tis),
geographic information system (gis).
nel lis il catasto urbano e fondiario,
insieme al catasto delle reti di
alimentazione; nel tis tutte le forme
naturali o antropiche del terreno,
ovvero la ‘topografia’ globalmente
intesa; infine, la terza parte avrebbe
dovuto riguardare ancora la
topografia generalizzata insieme alle
informazioni tematiche necessarie
(ambiente, idrografia, viabilità…)
(selvini 1996).
42 la Cartograf ia_22/09
Il disegno al computer
Ma torniamo al disegno
cartografico. l’impatto con
l’informatica è veramente
rivoluzionario: vediamone il perché.
i sistemi di disegno computerizzato
operano secondo la modalità
vettoriale, che a prima vista sembra
simile all’usuale disegno manuale:
ma in realtà le cose vanno ben
diversamente. nel disegno tradizionale
a mano infatti, i concetti di linee ed
elementi geometrici o meno (curve,
segmenti, poligoni, cerchi…) si
perdono nell’istante in cui si stampa
il foglio da disegno. cancellare
una curva significa cancellare
tutta la sequenza di punti che la
compongono: nel disegno manuale il
concetto di ‘linea’ non esiste, se non
come sequenza di punti interpretati
dall’osservatore. con l’elaboratore
invece si struttura per linee e per
forme; la scelta di un punto di una
forma coincide con la scelta dell’intera
forma. È perciò possibile cambiare
le caratteristiche di una linea quali il
suo spessore, il colore, la lunghezza…
semplicemente modificando gli
attributi dell’entità geometrica scelta.
l’elaboratore memorizza la forma
geometrica e non la sequenza di punti
che la compongono; ciò permette di
accelerare e semplificare enormemente
il lavoro, dato che il disegno diventa
un aggregato di forme e di simboli
associati ai loro attributi, come colore,
spessore, dimensioni, posizione, codice
corrispondente e così via.
non è superfluo chiarire a
questo punto che i disegni acquisiti
per scansione (così come avviene
per i tradizionali fogli catastali
‘digitalizzati’) non hanno le
caratteristiche sopra indicate per i
disegni vettoriali. le immagini infatti
sono in questo caso del tipo raster,
ovvero un aggregato di pixel per
ognuno dei quali vale un attributo
di tipo e di tono di grigio (o dei tre
colori fondamentali). non è possibile
quindi aggiornare o comunque
modificare un disegno o una
cartografia acquisiti con questa tecnica
operativa; se del caso occorrerà
vettorializzare la carta o in genere il
disegno tramite operatore manuale
o a inseguimento semiautomatico,
associando ad ogni forma geometrica
gli attributi di competenza. la
conversione al numerico di cartografia
analogica quindi, se la si vuole
aggiornare e comunque modificare
successivamente, costa tempo e denaro
in misura considerevole. in fig. 5
una semplice dimostrazione della
differenza tra immagini vettoriali e
raster di un cerchio.
Fig. 5: A sinistra immagine raster di un cerchio
(con pixel di proposito fortemente ingrandito);
a destra l’immagine vettoriale.
Fig. 6: Il Comune di Ternate
(VA) nel database topografico,
in origine in scala 1:2000.
43
il disegno vettoriale computerizzato
ha una elevata strutturazione; tutte
le forme geometriche e i simboli così
come le scritte sono ripartite in catego-
rie con specifici attributi, che formano
all’interno del disegno delle classi par-
ticolari. per una carta a media scala si
può per esempio identificare un edificio
per il tramite di un rettangolo; al suo
interno si possono poi avere diverse ca-
tegorie come edifico storico, edificio ad
uso pubblico, sportivo, abitativo, com-
merciale ed associare quindi altri at-
tributi, quali tratteggio, colore, codice
identificativo. il disegno è organizzato
su livelli differenti (layer) che contengo-
no le diverse componenti. per esempio,
su di un livello sta la planimetria degli
edifici, su di un altro la rete stradale, su
altro ancora la rete idrica superficiale, e
poi i confini, il verde pubblico e priva-
to e via di seguito. ogni livello può ad
ogni istante venire ‘congelato’ e nasco-
sto alla vista sullo schermo o sul plotter
per la stampa. il disegno cartografico
diventa quindi una tavolozza dinamica
su cui le varie componenti possono
essere nascoste, modificate, cancellate,
colorate, evidenziate, ingrandite. tutti i
principali programmi di disegno auto-
matizzato usano il formato grafico .dxf
che fornisce in ascii la descrizione
completa vettoriale della carta; il lato
negativo è costituito dalla occupazione
di memoria, per cui il formato .dxf è
utile per colloquiare fra sistemi diversi,
ma non è comodo per la cartografia
numerica, pur essendo sempre richiesto
nei capitolati. ricordiamo poi che .dxf
va in crisi se al disegno vettoriale si ag-
giungono delle informazioni in formato
raster.
ed ora parliamo brevemente di shape-
file. come già detto, sviluppato da
esri per accrescere l’interoperabilità
fra esri ed altri sistemi gis, shapefile
è un formato vettoriale specifico per i
sistemi informativi territoriali. ‘shape-
file’ indica di norma un insieme di file
con estensioni .shp, .dbf, .shx aventi
in comune il prefisso dei nomi (per
esempio ‘fiumi’); un file di questo tipo
descrive specialmente punti, polilinee,
poligoni per rappresentare ad esempio
corsi d’acqua, stagni, laghi…
uno shapefile è considerato un unico
insieme, ma di fatto è l’insieme di più
file, dei quali tre sono obbligatori, e
a cui se ne possono aggiungere altri
nove. gli obbligatori sono quelli le cui
estensioni sono state già sopra indicate:
.shp che conserva le geometrie,
.shx che conserva l’indice delle geo-
metrie,
.dbf che costituisce il database degli
attributi.
ormai praticamente la totalità dei
capitolati d’appalto per cartografia
numerica, regionale o comunale,
indica come obbligatorio tale
formato, insieme al minimale formato
.dxf per la gestione del disegno. in
figura 6 una sintesi del database
topografico di un piccolo comune
in provincia di varese, ternate: a
sinistra l’indicazione minima dei layer
relativi; il tutto in origine è leggibile
con arcreader 9.2.
44 la Cartograf ia_22/09
La cartografia tecnica
È il momento di fare qualche con-
siderazione sull’uso specifico della
cartografia tecnica, ovvero quella re-
gionale, provinciale, comunale, in ge-
nere nelle scale (nominali) di 1:10.000,
1:5000, 1:2000, 1:1000.
all’epoca della cartografia solo
cartacea, ovvero sino a tutti gli anni
sessanta del secolo scorso, e a parte
il caso della cartografia catastale che
come è noto è solo planimetrica, la
cartografia tecnica era usata soprattut-
to per la redazione dei piani regolatori
generali (prg) o particolareggiati
(prp), e per la progettazione. vi
furono usi impropri della cartogra-
fia, sia per l’una che per la seconda
delle necessità sopra richiamate; per
esempio si fecero ‘collage’ assurdi fra
cartografia igM al 25.000 ingrandita
addirittura al 2000, e le carte catastali,
sulle quali era obbligatorio riportare il
prg. Ma il peggio fu raggiunto per la
progettazione di parti dell’autostrada
del sole, per cui si fece ricorso alle ‘ta-
volette’ igM, con risultati, al riporto
del progetto sul terreno, sconcertanti.
nel convegno della società italiana di
fotogrammetria e topografia, sifet,
tenutosi a palermo nell’ormai lonta-
no 1970, il relatore diceva fra l’altro
quanto segue, a proposito del danno
arrecato alla spesa pubblica per tali
insensate procedure: “…tale perdita
sale invece a circa 87 miliardi di Lire
(di allora! n.d.a.) nel caso si consideri
tutta la rete autostradale italiana,
costruita od in corso di costruzione…
se infine consideriamo anche i 1886
km di prossimo inizio o già approvati
dal CIPE, otteniamo un valore di
circa 108 miliardi…”(ornAti 1970).
e più tardi, in occasione di una ma-
nifestazione per la carta tecnica della
regione lombardia, ricordando il ‘ca-
tasto delle reti’ allora già presente per
esempio in svizzera, diceva il relatore:
“…È necessario conoscere tutto della
nostra città, dov’è la rete di fogna-
tura, come è fatta e a che profondità
si trova, dove sono i cavi, le condotte
idriche ecc. e questo è un problema di
cartografia…” (inghilleri 1969).
oggi per fortuna tutto è cambia-
to, anche se poi non tanto. infatti,
le carte tecniche sono ancora usate
per i successori del prg, ovvero per
i ‘pgt’ (piani di governo del territo-
rio) e per la progettazione di opere
civili e stradali o idrauliche anche
di vasta estensione (BezoAri, selvini
2000). Ma spesso il loro uso è ancora
improprio. chi scrive ha già ricorda-
to altrove come della cartografia si
siano impossessati, in concomitanza
con l’avvento dell’informatica, fisici
e matematici, informatici e statistici,
tecnici di varia fattura e provenienza,
lasciando a margine ingegneri e geo-
metri. col risultato che assai spesso
negli odierni ‘database’ si privilegiano
le parti qualitative a scapito di quelle
quantitative. purtroppo hanno seguito
tale orientamento molti tecnici comu-
nali, perlopiù provenienti dalle facoltà
di architettura, quindi con ben scarse
(quando non nulle!) nozioni topografi-
che, cartografiche e fotogrammetriche.
interessa di più che i marciapiedi siano
ben disegnati, anche a scapito della
loro giacitura; che il verde stia ben
formato nel suo ‘layer’ piuttosto che
corrisponda alla sua reale locazione;
che un fabbricato sia ben identificato
come ‘scuola’ o come ‘caserma cc’
piuttosto che la sua geometria corri-
sponda, nei limiti dell’incertezza della
scala nominale, alle vere dimensioni: e
via di questo passo. purtroppo tale si-
tuazione è consolidata anche per opera
di parecchi capitolati d’appalto, in al-
cuni dei quali per esempio le tolleranze
metriche sono state, improvvisamente
e nel giro di pochi anni, aumentate
assurdamente nonostante i progressi
della tecnica produttiva che avrebbero
voluto esattamente il contrario (Bezo-
Ari, Monti, selvini 2009).
e a proposito della progettazione di
grandi opere, con progetti di massima
studiati sulle carte tecniche (per il
progetto esecutivo è necessaria adatta
cartografia, appositamente redatta
ed in genere riferita ‘localmente’
e non ‘georeferenziata’ nei sistemi
usuali (gauss-Boaga igM40, utM
Wgs84…) (BezoAri, selvini 1993)
bisogna avere le idee chiare. vale
allora la pena di ricordare quanto
assai spesso ignorato da molti
tecnici di enti locali: detto in poche
parole, salvo che per uso in ambito
urbano limitato (qualche chilometro
di estensione) va sottolineato che i
dati planimetrici estratti dalla carta
(distanze, direzioni) non sono riferiti
al piano medio locale bensì alla sfera
locale e per di più sono deformati
dal tipo di proiezione usato per
redigere la carta. per esempio, nei due
tipi di cartografia sopra indicati, le
deformazioni in lunghezza vanno da
+ 4 a – 4 metri su dieci chilometri. per
chiarire, si veda la figura 7.
Fig. 7: Dal terreno alla carta e viceversa.
dalla superficie fisica ove si opera il
rilevamento (in figura topografico, ma
lo stesso vale per la misura sull’imma-
gine) si proietta su di un piano medio
locale, per passare successivamente
alla sfera locale (il che vale per le carte
tecniche, con estensioni di alcune deci-
ne di chilometri: per le carte, specie a
piccola scala, di maggiore estensione,
si passa all’ellissoide di riferimento).
dalla sfera locale si passa poi alla pro-
iezione cartografica voluta, tenendo
conto del modulo di deformazione
lineare e, per le direzioni, della ridu-
zione alle corde nonché
45
46 la Cartograf ia_22/09
della convergenza dei meridiani. per
estrarre dati metrici dalla carta, occorre
quindi fare il percorso inverso: dalla
carta alla sfera locale, poi al piano me-
dio della zona (limitata) interessata.
la cosa, utilizzando i moderni me-
todi di calcolo con adatti programmi,
non è difficile ma va comunque os-
servata. si pensi per esempio che la
distanza di sei chilometri fra due punti
sulla carta di gauss, al limite del fuso
di competenza, è già maggiore per 2,4
metri per via della deformazione carto-
grafica (al centro del fuso, ne sarebbe
minore per altrettanto). se la zona
interessata fosse a 800 metri di quota
media, per riportarla al piano locale
medio andrebbe moltiplicata per il
rapporto fra il raggio medio della sfera
locale aumentato del valore medio del-
la quota, ed il netto del raggio conside-
rato: per esempio, nella zona prealpina
di como, per 1,00013, divenendo così,
pur se depurata del valore della defor-
mazione cartografica, di 6000,75 me-
tri. valore che per esempio nella posa
di tubazioni per un oleodotto oppure di
rotaie ferroviarie non sarebbe trascura-
bile rispetto al valore bruto di 6002,40
metri estratto sic et simpliciter dalla
carta numerica. per avere un quadro
completo delle differenze fra distanze
sul terreno e distanze sulle superfici di
riferimento, si veda in Monti 2008.
BezoARi G., selviNi A. (2000), La carto-
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Bibliografia
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la cartografia
Greenwich
Polo
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SUPERFICIE DI RIFERIMENTO: ELLISSOIDE
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