la baita de lugagnan n3

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la baita de Lugagnan Il Tricolore nel cuore Anno 1 - Numero 3 Notiziario Bimensile Maggio/ Giugno 2012 Sezione di Verona ® Il prossimo numero sarà disponibile, presso la Baita di Lugagnano a partire dal 15 luglio 2012, o sul nostro sito www.analugagnanovr.it. Vi invitiamo a ritirarlo e diffonderlo, grazie. Gruppo Alpini Lugagnano - Associazione Museo Storico Baita Monte Baldo T re colori: Verde, Bianco, Rosso rappresentano la semplicità di una bandiera che garrisce al vento, un simbo- lo che attualmente ci unisce solo durante le feste comandate o nello sport. Oggi ci poniamo una domanda “si può morire per un pezzo di stoffa colorato?” Più di una volta, nella nostra giovane storia italiana, sono accaduti fatti la cui risposta è stata“si”. Esattamente come il grido alla fine del nostro inno “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l’Ita- lia chiamò! SIQuesta sera, un caldo 27 aprile, alla pre- senza di un rappresentante della sezione Ana di Verona, vari capizona e molte per- sone, è venuto a trovarci in Baita Mario Eichta, Alpino e scrittore, ma soprattutto grande conoscitore della storia trenti- na. La sua vita è molto affascinante, ce la racconta con tono deciso, quasi fosse una realtà comune a tutti i presenti, con un coinvolgimento che prende l’attenzione completamente. Figlio di trentini che han- no vissuto tutto il periodo della prima guerra mondiale, lui stesso è il frutto di un miracolo italiano, nato da papà Luigi, quando questi era in età avanzata in quan- to reduce da un campo di prigionia, e dalla sua seconda giovane moglie. Dopo questa breve introduzione ci ha dato qualche al- tra informazione riguardo il tempo in cui i nostri fratelli italiani del Trentino vivevano sotto il dominio Austriaco, finendo con la lettura di episodi singolari di persone che in tutti i modi possibili volevano difende- re e affermare la propria identità italiana. Uomini e donne, accusati ingiustamente di essere traditori del Kaiser, venivano mandati alla guerra sul fronte russo oppu- re imprigionati nei campi di internamento. Ha sottolineato, in maniera molto forte, questo aspetto importante che alberga- va nei cuori di questi soldati nel freddo dell’est, costretti a combattere per una pa- tria che non amavano e i cui famigliari ve- nivano umiliati sui treni merci o nei campi profughi; tenere nascosto un tricolore nel libro delle preghiere o dare un nome ita- liano al figlio poteva equivalere alla mor- te per impiccagione. Mai una volta però dalla sua bocca è uscita una parola d’odio, anzi a più riprese ha evidenziato che lui racconta i fatti come sono accaduti e che non intende per nessuna ragione creare ulteriori tensioni tra i popoli. Infatti sia in questa serata, che nei suoi scritti si rivela l’intento di sensibilizzare i giovani d’oggi alla pace e al ricordo tanto da organiz- zare, come suo personale convincimen- to, perfino mediazioni tra i governi. Tutto questo solo per ricordare il sacrificio e la grande forza di volontà che hanno avuto questi nostri fratelli italiani e austriaci in tempi davvero difficili della nostra comune storia. Ringraziamo di cuore Mario Eichta per la sua disponibilità e per la nuova linfa che ci ha trasmesso per credere ancora di più nella nostra bandiera come simbolo di unità nazionale e di pace nel mondo. Concludo con il significato fondamentale della sua azione e che troviamo su www. eichta.it “La proposta di Eichta sarebbe pro- prio quella che le varie Associazioni contri- buissero con i propri mezzi tecnici e con il proprio volontariato e magari anche con la collaborazione dei Comuni, delle Province e delle Regioni che hanno la maggior parte dei loro conterranei sepolti in determinati cimite- ri militari, a mantenere nel migliore dei modi quei luoghi sacri che sono certamente lontani, ma che con il doveroso impegno di tutti pro- posto da Eichta, sarebbero più vicini sia nei cuori che nelle menti delle persone di buona volontà.Tutto ciò potrà arricchire moralmente tutti coloro che si appresteranno a sacrificare qualche fine settimana o qualche giornata di ferie, spronati da quei giovani ancor lì sepol- ti, a sviluppare per il futuro i sentimenti con convinzione e tenacia che con il loro sacrificio ancor oggi indicano, dando così testimonianza ed esempio alle giovani generazioni.” D.P.

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Notiziario del gruppo alpini di Lugagnano (Vr)

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la baitade LugagnanIl Tricolore nel cuore

Anno 1 - Numero 3 Notiziario Bimensile Maggio/ Giugno 2012

Sezione di Verona

®

Il prossimo numero sarà disponibile, presso la Baita di Lugagnano a partire dal 15 luglio 2012,o sul nostro sito www.analugagnanovr.it. Vi invitiamo a ritirarlo e diffonderlo, grazie.

Gruppo Alpini Lugagnano - Associazione Museo Storico Baita Monte Baldo

Tre colori: Verde, Bianco, Rosso rappresentano la semplicità di una

bandiera che garrisce al vento, un simbo-lo che attualmente ci unisce solo durante le feste comandate o nello sport. Oggi ci poniamo una domanda “si può morire per un pezzo di stoffa colorato?” Più di una volta, nella nostra giovane storia italiana, sono accaduti fatti la cui risposta è stata“si”. Esattamente come il grido alla fine del nostro inno “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l’Ita-lia chiamò! SI” Questa sera, un caldo 27 aprile, alla pre-senza di un rappresentante della sezione Ana di Verona, vari capizona e molte per-sone, è venuto a trovarci in Baita Mario Eichta, Alpino e scrittore, ma soprattutto grande conoscitore della storia trenti-na. La sua vita è molto affascinante, ce la racconta con tono deciso, quasi fosse una realtà comune a tutti i presenti, con un coinvolgimento che prende l’attenzione completamente. Figlio di trentini che han-no vissuto tutto il periodo della prima guerra mondiale, lui stesso è il frutto di un miracolo italiano, nato da papà Luigi, quando questi era in età avanzata in quan-to reduce da un campo di prigionia, e dalla sua seconda giovane moglie. Dopo questa breve introduzione ci ha dato qualche al-tra informazione riguardo il tempo in cui i nostri fratelli italiani del Trentino vivevano sotto il dominio Austriaco, finendo con la lettura di episodi singolari di persone che in tutti i modi possibili volevano difende-re e affermare la propria identità italiana.

Uomini e donne, accusati ingiustamente di essere traditori del Kaiser, venivano mandati alla guerra sul fronte russo oppu-re imprigionati nei campi di internamento. Ha sottolineato, in maniera molto forte, questo aspetto importante che alberga-va nei cuori di questi soldati nel freddo dell’est, costretti a combattere per una pa-tria che non amavano e i cui famigliari ve-nivano umiliati sui treni merci o nei campi profughi; tenere nascosto un tricolore nel libro delle preghiere o dare un nome ita-liano al figlio poteva equivalere alla mor-te per impiccagione. Mai una volta però dalla sua bocca è uscita una parola d’odio, anzi a più riprese ha evidenziato che lui racconta i fatti come sono accaduti e che non intende per nessuna ragione creare

ulteriori tensioni tra i popoli. Infatti sia in questa serata, che nei suoi scritti si rivela l’intento di sensibilizzare i giovani d’oggi alla pace e al ricordo tanto da organiz-zare, come suo personale convincimen-to, perfino mediazioni tra i governi. Tutto questo solo per ricordare il sacrificio e la grande forza di volontà che hanno avuto questi nostri fratelli italiani e austriaci in tempi davvero difficili della nostra comune storia. Ringraziamo di cuore Mario Eichta per la sua disponibilità e per la nuova linfa che ci ha trasmesso per credere ancora di più nella nostra bandiera come simbolo di unità nazionale e di pace nel mondo.Concludo con il significato fondamentale della sua azione e che troviamo su www.eichta.it “La proposta di Eichta sarebbe pro-prio quella che le varie Associazioni contri-buissero con i propri mezzi tecnici e con il proprio volontariato e magari anche con la collaborazione dei Comuni, delle Province e delle Regioni che hanno la maggior parte dei loro conterranei sepolti in determinati cimite-ri militari, a mantenere nel migliore dei modi quei luoghi sacri che sono certamente lontani, ma che con il doveroso impegno di tutti pro-posto da Eichta, sarebbero più vicini sia nei cuori che nelle menti delle persone di buona volontà. Tutto ciò potrà arricchire moralmente tutti coloro che si appresteranno a sacrificare qualche fine settimana o qualche giornata di ferie, spronati da quei giovani ancor lì sepol-ti, a sviluppare per il futuro i sentimenti con convinzione e tenacia che con il loro sacrificio ancor oggi indicano, dando così testimonianza ed esempio alle giovani generazioni.” D.P.

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“Il Museo racconta” è il titolo di questa pagina... e il museo ne ha da raccontare! Ogni oggetto ha una sua storia, un suo fine, un suo legame con la persona o le persone che l’adoperarono, perfino la semplice serie di vicissitudini che lo portarono fino a noi nei locali del museo potrebbe essere interessante. Stavolta vi parlerò di un oggetto che si trova nella sezione dedicata alle radio militari: è un apparecchio che tutti coloro che hanno servito la patria in divisa nell’ultimo mezzo secolo conoscono o almeno hanno visto qualche volta durante il servizio militare. Forse qualche alpino ex-Trasmettitore che legge queste note l’avrà anche usato, magari ten-tando faticosamente di stabilire qualche collegamento via radio tra la località del campo estivo o invernale con il proprio quartier generale. Come avrete capito sto parlando di un apparecchio famosissimo e molto diffuso nell’ambito collezionistico militare: si tratta dell’apparato

radio di provenien-za americana BC-1000, conosciuto anche come SCR-300 (Signal Corps Radio) oppure AN/VRC-3 quando de-stinato al montag-gio su mezzi coraz-zati. Si tratta di un ricetrasmett i tore portatile spalleg-giabile ad uso per lo più di plotone,

del peso di circa 15 Kg. Adesso 15 Kg sembrano tanti, abituati come siamo a parlare con il mondo con un centinaio di grammi di cellulare, ma qualche decennio fa il concetto di peso e facilità di comunicazione erano molto ma molto diversi! Teniamo presente che fino a pochi decenni fa non era affatto semplice stabilire una comunicazione radio e che le apparecchiature usate, re-lativamente al periodo storico, erano sempre abbastanza sofisticate dal punto di vista tecnico. Il BC-1000 è un apparecchio che funziona a modulazione di frequenza (come il sistema dei normali ricevitori radio FM di casa) ma su un campo di frequenze più basso, da 40 a 48 MHz, come quella dei vecchi telefoni cordless di qualche anno fa. La scala di sintonia è continua, divisa in 41 canali di comunicazione (uno solo alla volta, naturalmente!) che si possono scegliere regolando una manopola, proprio come si fa la sintonia di una radio. La potenza di trasmissione è molto bassa, circa mezzo Watt, che si traduce in una portata effettiva massima di qualche chilometro; la portata teorica era data per 3 miglia, ma essa varia moltissimo in funzione delle condizioni operative e geografiche e dell’antenna usata. Le antenne erano due, una corta di soli 86 cm ed una lunga poco più di 3 metri, divisa in otto sezioni aggiuntabili una all’altra. Questo apparecchio, essendo naturalmente a valvole data l’età, veniva alimentato con delle speciali pile (sempre subito scariche!) che fornivano sia la bassa tensione per l’accensione delle valvole (1,5 volt) sia l’alta tensione per il loro funzionamento (circa 150 volt). Per l’impiego veicolare era fornito anche un alimentatore a 12 o 24 volt che per mezzo di particolari

accorgimenti elettromeccanici forniva le tensioni neces-sarie a partire da una batteria per auto. L’alimentatore era sistemato in un contenitore delle stesse dimensioni del ricetrasmettitore e assorbiva 4 ampere dalla batteria dell’auto (si pensi che ciò equivale a circa 50 Watt consumati per rendere appena mezzo Watt in antenna!). Le valvole impiegate sono in totale 18, piccoline in vetro a sette piedini, di cui 5 nella parte trasmittente e 13 in quella ricevente. Sul pannello superiore si trovano i vari comandi: sintonia, volume, limitatore di fruscio, prese per cuffia e microfono, eccetera, ma non è questa la sede per soffermarci sul funzionamento e sugli altri dettagli molto più tecnici dell’apparecchio. La progettazione del BC-1000 risale intorno al 1940 per la collaborazione tra il Signal Corps americano e la società Galvin (oggi Motorola) per fornire all’esercito USA un “walkie-talkie” leggero e portatile. Solo in periodo bellico ne furono costruiti circa 50.000 esemplari. Il BC-1000 è arrivato in Italia durante lo sbarco degli americani nella no-stra penisola ed è rimasto in servizio, assieme ad altri numerosi apparati radio di analoga provenienza fino agli anni ‘70 del secolo scorso. Chi ha guardato con attenzione il film “Salvate il soldato Ryan” lo avrà visto nelle prime sequenze dell’invasione sulla spiaggia di Nor-mandia, quando il suo operatore rimane ucciso durante il tragico sbarco. Tantissimi esemplari (fra cui quello che osserviamo nel nostro museo) hanno riempito per diversi decenni i magazzini (e le caserme) dei reparti Trasmissioni di tutte le armi del Patto atlantico e del nostro esercito, di stanza dal sole della Puglia alle nevi della Vetta D’Italia. A.Guglielmini/G.Laorno

Breve intervista a Roberto, Artigliere da montagna, volontario nella protezione civile e curatore coor-dinatore del museo storico “Baita montebaldo”.

Buongiorno Roberto, grazie per la tua disponibi-lità. Sappiamo che sei nel volontariato, da quanto tempo lo pratichi ?Da circa quarant’anni, dopo la leva obbligatoria nel corpo degli Alpini (detta “Naia” in gergo militare) ho iniziato a dare una mano all’Ac. Lugagnano, con il gruppo Alpini, poi in seguito sono passato al S.o.s. Sona, alla Protezione Civile e ora anche la nuova av-ventura con il Museo.Qual’è il tuo ruolo all’interno dell’ass. Museo Storico?Faccio da tramite con gli altri soci, il referente per le vi-site accompagnate e nello specifico curo l’archiviazio-ne dei reperti che quotidianamente arrivano in sede.Ci spieghi meglio in cosa consiste?Ogni volta che riceviamo del materiale, di diverso genere e che può riferirsi a: periodi bellici, leva obbli-gatoria, vecchi attrezzi, libri, giornali d’epoca, monete, foto storiche, cartoline normali o in franchigia, il mio compito è di numerare ogni reperto, sistemarlo in ma-gazzino o archivio e poi compilare un foglio a sistema con numero progressivo, dislocazione, descrizione, anno evidente o presunto, valore simbolico e nome donatore. In una seconda fase con l’aiuto di altri soci,

che ringrazio sempre, passo alla pulizia e qualche volta anche a piccoli restauri.Qualcos’altro?Certo! Lancio un piccolo appello: se ci sono persone che possono dare una mano sono le benvenute, il lavoro non manca! Sia nella pulizia dei reperti, nella sistemazione nel magazzino o museo e soprattutto nell’archiviazione e catalogazione, che fra poco an-dremo a cominciare. Il museo non è solo degli Alpini, ma di tutta la comunità di Lugagnano, le nostre porte sono sempre aperte per chi, armato di volontà, ha vo-glia di darci una mano donando il suo tempo e le sue capacità.Per finire, hai qualcosa di importante da aggiun-gere su questo aspetto della collaborazione con la Cittadinanza? Se avete nelle case, cantine, garage, granai, delle cose che sicuramente prima o poi finiranno in discarica, contattateci senza problemi, sicuramente qualcosa di utile salta fuori. Qualcuno nelle visite al museo mi dice di avere delle cose adatte all’esposizione, ma che però sono affettive perché appartenute a parenti o amici. A loro rispondo che è vero e non voglio ne-anche far pressione, ma a pensarci bene resta il fatto che avere una medaglia di qualsiasi metallo al valor militare del padre, del nonno, attestati,benemerenze e quant’altro di un loro congiunto,che magari tengono in un cassetto o nella scatola dei ricordi,rimarrebbe

nascosta e perderebbe il suo valore in senso storico(vi ricordo che al museo nulla ha valore in denaro, ma ogni reperto lo ha in storia e memoria). Non non tro-vi che il posto adatto è proprio il museo? Credo pure che coloro che hanno conseguito tali benemerenze e che ora sono Andati Avanti, sarebbero orgogliosi di far sapere alla cittadinanza cosa hanno ricevuto, per un atto eroico, per aver partecipato a una guerra, per essere stato d’ esempio sul lavoro o altro. Inoltre, at-traverso il centro di documentazione e le pubblicazio-ni, c’è anche la possibilità che questi fatti straordinari possano essere scritti e archiviati per le generazioni future. Anche questo fa parte del nostro motto” PER NON DIMENTICARE”. Daniela Peretti

Grazie Roberto, a presto per una visita al museo! Certamente, vi aspettiamo!

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Tre soci Alpini del Gruppo Z.A.I. - Verona (Pie-ro Ambrosini, Fabio Fogagnolo, Enrico Melia-

do’), noti collezionisti di stampe e cartoline, hanno aperto i loro archivi mettendo a disposizione i pezzi più importanti e rappresentativi delle pro-prie collezioni, che sono raccolti in quest’opera. Il volume è composto di circa 1.000 immagini che raccontano la Grande Guerra nei suoi aspetti più significativi. Vi sono rappresentati gli eventi cruciali del conflitto, come l’attentato di Sarajevo e, spesso con notevole espressività, le drammatiche scene di battaglie in trincea, di bombardamenti aerei e di combattimenti navali, sullo sfondo dei luoghi che furono teatro della guerra. Ma queste pagine rac-contano in modo realistico anche la guerra vissuta quotidianamente dai soldati e dai civili: il distacco dalle famiglie, la sofferenza dei feriti assistiti dalla Croce Rossa, la vita dei soldati al fronte. Non man-cano le cartoline satiriche e di propaganda. Le car-toline sono per la maggior parte firmate da pittori di fama europea, così come da artisti dilettanti, e sono state emesse da diverse case editrici, da enti pubblici e dalle Croci Rosse nazionali. Venivano utilizzate dai militari e dai civili e i proventi raccol-ti andavano prevalentemente a favore di orfani e vedove di guer-ra. I testi che accompagnano le illustrazio-ni offrono una sintesi chiara, di tono divulgativo, dei fatti essen-ziali. L’opera è composta di 400 pagine, tutte a colori, con il for-mato 23,5x32 cm. al prezzo di Euro 38,00.

Oggi sono venuti a trovarci al museo i bambini della scuola materna, tutti di un’ età compresa tra i 3 e i 5 anni. E’ stato davvero unico vedere la Baita piena di

tutti quei piccolini che gridavano, saltavano e giravano incuriositi tra i tavoli! Dopo aver offerto loro un bicchiere di aranciata, li abbiamo divisi in due gruppetti. Men-tre i primi si avventuravano nel mondo Alpino, gli altri sono rimasti a giocare con l’Obice che teniamo nel giardino, nell’attesa del proprio turno. Abbiamo insegnato loro che l’Alpino non era solo un soldato, ma una persona comune, un contadino, un fabbro, un calzolaio e faceva tante altre cose ben rappresentate dagli oggetti esposti nelle vetrine o sulle mensole. Sono rimasti subito attirati dalle radiotra-smittenti e affascinati si stringevano intorno tirandoci i vestiti. E’ stato davvero entusiasmante raccontar loro cose vere con lo stesso spirito delle favole! Siamo passati poi a mandare messaggi con l’alfabeto morse e abbiamo fatto finta di esse-re una nave che aveva bisogno di aiuto, lanciando degli “SOS”. Parlando della leva militare e delle due guerre , abbiamo voluto dare loro un messaggio fondamentale, come ci ricordano sempre i nostri Reduci: “COMUNICATE TRA DI VOI, BASTA GUERRE”. Ho fatto notare che nonostante gli elmetti avessero forme diverse, sot-to c’erano teste uguali e che quindi potevamo essere tutti fratelli! “Allora, perché la guerra?” Chiesi e loro non seppero rispondere. “Perché dobbiamo imparare a parlare prima di usare le mani, dobbiamo ascoltare la voce del cuore e ragionare

con la mente”, “se un tuo amico è arrabbiato, va da lui, chiedigli come sta! Se oggi vedi che qualcuno è triste, fagli un sorriso... questo volevano i nostri veci che hanno fatto questa brutta guerra, e che non ce ne fossero più”. La parte finale è stata dedicata ai Reduci di Russia, di cui abbiamo ben due cappelli, uno con lo spilla dell’ARMIR. L’ho fatta notare e osservare, dicendo “se vedete un uomo anziano con il cappello d’Alpino e quella spilla fatta così, andate a salutarlo e ditegli “Grazie che sei tornato” Hanno tutti sorriso, ma poi si sono fatti molto attenti quando ho raccontato del freddo della Russia, della fame, della ritirata a piedi per giorni e giorni.... Allora per rallegrarli ho spiegato la differenza tra BOCIA e VECIO negli Alpini. L’hanno memorizzata così bene che quando siamo poi saliti sul prato e ci siamo seduti tutti in cerchio per ricevere gli attestati di “Grazie per la tua visita”, hanno chiamato uno degli Alpini presenti nella nostra Baita e gli hanno gridato: “CIAAAOOO VEEEECCCIOOOO” 60 piccole voci all’ombra della bandiera tri-colore, che emozione! Questi sono gli Alpini! Daniela Peretti

Qualche tempo fa stavo sfogliando la mia collezione di cartoline in franchigia

militare. Nel riordinarle, scegliendo quelle idonee per la mia raccolta sulla storia dei battaglioni alpini, ho notato che una di que-ste aveva come destinazione, un paese della zona del Val d’Arda, provincia di Piacenza e precisamente “Lugagnano Val D’arda”,dove l’omonimia ha voluto che il gruppo alpini lo-cale si gemellasse con il nostro. Incuriosito ho voluto provare ad indagare di più. La cartolina “incriminata” scritta dall’alpino mittente, ha messo a dura prova prima il sottoscritto e poi quanti si sono cimentati nel voler capi-re quale fosse il giusto cognome del militare, (visto che era scritto in maniera abbastanza confusa) e solo dopo aver contattato il capo-gruppo Luigi Faimali, è emerso che il cognome corretto dell’Alpino era CAMANI GIUSEPPE appartenente al 3° REGGIMENTO ALPINI – BATTAGLIONE EXILLES. Il reparto, alla data della cartolina, era dislocato sul fronte “OCCIDENTALE” Montenegro, e la missiva era indirizzata alla Signora POZZI MARINA, madre del militare in questione, residente a Chiavenna di Lugagnano Val D’arda. A questo punto, coinvolsi il nostro capogruppo Fausto, per avere indicazioni su come procedere per fare in modo che la mia scoperta arrivasse a buon fine e ricercare se in quel di Luga-gnano Val D’arda esistessero ancora parenti dell’Alpino scrittore della missiva da contat-

tare e informarli della scoperta. Iniziò così una serie di contatti telefonici fra gli Alpini di Lugagnano Val d’arda e quelli di Lugagnano di Sona, e dopo qualche tempo, ho avuto modo di sapere che localmente esiste ancora un nipote della signora POZZI di nome PIE-RO. Con grande soddisfazione si è organiz-zato l’incontro in coincidenza con la festa del gruppo. La giornata si è svolta con la Santa Messa il mattino e poi al ristorante, prima del pranzo, alla presenza del presidente sezionale di Piacenza sig. Bruno Plucani, venne conse-gnata la cartolina , che passò così dalle mie mani a quelle del nipote PIERO della signora POZZI MARINA. Fu un momento carico di commozione. Da un lato, sono dispiaciuto di aver perso un cimelio della mia collezione, ma dall’altro sono felice di aver fatto sì che la volontà del mittente fosse rispettata anche a distanza d’ anni. Infatti la cartolina è arrivata a destinazione. Luigi Sala

I bambini della scuola materna in visita al museo

Cartolina della seconda guerra arrivata a destinazione

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CARTOLINA POSTALE ITALIANA IN FRANCHIGIA CORRISPONDENZA DEL REGIO ESERCITOIndirizzo del mittente da riprodurre nelle risposteCognome e...................... Nome..............................Grado.............................. Reggimento e ArmaCompagnia......................Batt. Val d'ArrosciaReparti speciali............... (spedita il 9-11-1915 da posta militare zona Carnia)

Agli inizi del Primo Conflitto Mondiale 1915/1918, compa-iono le prime cartoline stam-

pate con le diciture (nel lato del questionario)di vari Reparti,

e per quanto ci riguarda, Alpini e Artiglieri Alpini. Quindi al militare

venivano consegnate cartoline con già stampato l’indirizzo del reparto

di appar- tenenza, e per supposizione questo doveva aiutare il militare a compilare il suo messaggio con la

sicurezza che il ricevente non poteva incorrere in errori nel dare la risposta, sempre tanto attesa. Naturalmente la rispo-sta arrivava sempre al destinatario ovunque fosse posiziona-to sui vari fronti, perché solo gli alti Comandi conoscevano le dislocazioni, che per segretezza non erano divulgati. Sfo-gliando e ricercando sui vari cataloghi di Posta Militare scritti nel tempo, frequentando i vari mercatini di oggetti militari, rovistando nei mucchi di cartoline, è possibile trovare un’ac-cettabile quantità di questi ormai rari documenti che fanno parte della nostra storia soprattutto per la conservazione della Memoria, come continuiamo a ripetere noi Alpini.

La Storia dei battaglioni alpini..attraverso le cartoline militari

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ca: M

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pa: F

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La cartolina in franchigia militare sotto il “Cappello Alpino”

Ecco qui di seguito, cartoline in franchigia militare con questionario prestampato:

CARTOLINA POSTALE ITALIANA IN FRANCHIGIA Battaglione Alpini Verona (Fregio Alpini con n.6°Regg. Alpini) Indirizzo del mittenteda riprodurre nelle risposteCOMPAGNIASpedita il 2-10-1915 posta militare ….....Armata.....................

CARTOLINA POSTALEIndirizzo del mittente da riprodurre nelle risposteCognome eNome..................Grado...................spedita il 7-7-19153° Regg. Alpini Battaglione Susa 35a Compagnia

CARTOLINA POSTALE ITALIANA IN FRANCHIGIA Corrispondenza del BATTAGLIONE “VAL CHISONE” 3° ALPINI 230a COMPAGNIA Spedita il 8-10-1915

CARTOLINA POSTALE IN FRANCHIGIA2° Art.Mont. GRUPPO BELLUNOSpedita il 3-2-1915

CARTOLINA POSTALE ITALIANA IN FRANCHIGIA6° REGGIMENTO ALPINI - 108a COMPAGNIACognome................Nome.................Grado..............Batt.M.Berico spedita il 7-11-1918ZONA DI GUERRA

Cartoline e descrizioni a cura di Luigi Sala