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3 Sabato, 24 ottobre 2015 A TTUALITÀ «è nel solco del Vademecum dei Vescovi italiani che ho chiesto agli Uffici diocesani Caritas e Migranti di aiutarci ad elaborare alcune linee guida per stimolare l’opera di accoglienza» I l fenomeno delle migrazioni sta assumendo sempre più una por- tata epocale, e potrà essere adeguatamente affrontato solo con il concorso di tutti gli uomini di buona volontà. Come discepoli di Cristo non possiamo essere sordi e rimanere inerti di fronte al grido di dolore che si leva da tanti nostri fratelli (uomini, donne, bambini) in cerca di una speranza e di una prospettiva di vita. Co- me Vescovo di questa Chiesa di Como, in sintonia con gli altri miei confratelli Vescovi della Conferenza episcopale italiana, sento per- ciò il dovere di esortare e spronare tutta la comunità diocesana a dare con larghezza e generosità il suo contributo di solidarietà e accoglienza. Il Santo Padre, fin dal suo primo viaggio apostolico all’Isola di Lampedusa, e poi in maniera esplicita nel corso dell’Angelus del 6 settembre scorso, ci ha invitato a spalan- care le porte dell’accoglienza per saper of- frire a chi arriva “una speranza concreta” . Soprattutto alla vigilia di questo grande Giubileo della Misericordia, che chiama ciascun credente e le comunità cristiane ad essere non solo beneficiari ma anche artefici della divina misericordia divina. L’appello del Papa non trova impreparata la nostra Chiesa. Infatti, la diocesi di Como, tramite la Caritas e la rete della parrocchie, ha già aperto le sue porte a quasi duecen- to richiedenti asilo, e si vede già da mol- to tempo impegnata ad affiancare in vario modo le realtà civili impegnate nell’opera di accoglienza. Per accompagnare le diocesi e le parroc- chie in questo cammino di umanità e spe- ranza, i Vescovi italiani hanno pensato a una sorta di Vademecum, che possa aiu- tare a individuare forme e modalità per ampliare la rete ecclesiale dell’accoglien- za a favore delle persone richiedenti asilo e rifugiate che giungono nel nostro Paese, nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le Istituzioni. è nel sol- co di questo documento della Chiesa ita- liana che ho chiesto agli Uffici diocesani Caritas e Migrantes di aiutarci ad elaborare alcune linee-guida più articolate e adattate alla nostra situazione, al fine di stimolare l’opera di accoglienza delle nostre realtà ecclesiali dentro un quadro normativo sa- pido di prudenza e lungimiranza. Il mio invito è che le parrocchie, i vicaria- ti, le associazioni ecclesiali o di ispirazio- ne cristiana, le comunità religiose e più in generale ogni fedele laico battezzato, sen- tano come rivolto a sé stessi l’appello del Papa, “rinnovando – come affermano i Ve- scovi italiani – la disponibilità a curare le ferite di chi è in fuga con la solidarietà e l’attenzione, riscoprendo la forza liberan- te delle opere di misericordia corporale e spirituale” . Ringrazio di cuore la Caritas Diocesana e l’Ufficio Migranti della Diocesi per il la- voro svolto che ora consegno alle nostre comunità. + Diego, vescovo L’introduzione al testo del vescovo Diego Coletti Le linee-guida della Diocesi ACCOGLIENZA Il Documento L’approfondimento in sette punti chiave L e Linee-guida diocesane per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati sono disponibili sul sito della Diocesi di Como www.diocesidicomo.it. Possono anche essere richieste, in formato pdf, al Settimanale scrivendo a [email protected]. Nelle pagine seguenti ospitiamo un focus di approfondimento su sette punti, toccati dalle Linee-guida, che ci sembrano di particolare interesse per il dibattito in corso sulla questione dell’accoglienza. L’intento è di fare il più possibile chiarezza, andando oltre i facili luoghi comuni, per dare voce alla realtà delle cose. L’attenzione si sofferma sui punti più controversi del dibattito, come la distinzione fra profugo e migrante lavorativo, l’impiego di denaro pubblico, lo “spettacolo” non certo edificante di una ospitalità lunga e continuativa a forte rischio di ozio e passivizzazione. Emerge l’intento del documento di affrontare la questione migranti con equilibrio e completezza, senza passare sotto silenzio gli aspetti più complessi. Richiamando ciascuno alla propria responsabilità, in particolare il soggetto pubblico (c’è il rischio di una sovra-esposizione della Chiesa nell’impegno di accoglienza), in un’ottica non divisiva di collaborazione. A illuminare il tutto l’Enciclica Deus Caritas Est di Papa Benedetto XVI. Guida alla lettura L’azione intelligente e generosa di accoglienza dei richiedenti asilo si colloca nella più generale sollecitudine della carità cristiana verso i più bisognosi, che vede da tempo le comunità ecclesiali impegnate su molteplici fronti (disoccupati, famiglie in difficoltà, anziani soli, minori abbandonati, diversamente abili, vittime della tratta, senza dimora…). Il nuovo fronte dell’emergenza umanitaria si aggiunge alle azioni caritative già in atto, senza ovviamente in alcun modo attenuarle o diminuirle. (pag. 8, n. 5) È un invito a riscoprire l’accoglienza come stile della vita della parrocchia e della comunità cristiana nel suo insieme quello contenuto nel documento presentato dalla Diocesi di Como. Un orizzonte all’interno del quale l’assistenza ai richiedenti asilo rappresenta una componente importante, ma non certo l’unica, di fronte ai bisogni crescenti delle popolazione, in particolare dei più deboli e svantaggiati (non solo dal punto di vista economico). Ed è proprio qui che le parrocchie sono chiamate a fare la differenze e a mostrare la propria specificità rispetto a cooperative e realtà nate per far fronte all’ultima emergenza. Da qui la scelta, espressa nel testo, di accogliere i richiedenti asilo anche al di fuori del regime di convenzione economica con l’ente pubblico (ovvero rinunciando al contributo giornaliero): “è fatta salva, e anche per molti versi opportuna e consigliabile, la possibilità di accogliere i richiedenti asilo anche al di fuori del regime di convenzione economica con l’ente pubblico, come espressione della normale azione caritativa della Chiesa verso le persone bisognose (pag. 13, n. 1.5)”. Un tipo di esperienza che alcune parrocchie già portano avanti da tempo. “L’accoglienza in parrocchia a Rebbio – racconta don Giusto Della Valle, referente diocesano per la pastorale dei Migranti – è iniziata nel 2010 prima dell’emergenza Libia e dell’attuale nuovo flusso. è andata costruendosi in questi anni con la partecipazione della comunità. Attualmente ospitiamo circa 25 persone, ma solo quattro sono in convenzione. I soldi che riceviamo dallo Stato vengono messi in comune con quanto riceviamo dai contributi volontari dei parrocchiani (ci sono 80 famiglie che mettono a disposizione dieci euro al mese) e con quanto guadagniamo da alcune feste ed eventi di raccolta fondi. Questo, unito al lavoro dei volontari, ad esempio per l’insegnamento dell’italiano, ci permette di ridurre i costi ed accogliere più persone. In fondo credo che la cosa migliore sia per le parrocchie di avviare fin da subito accoglienze miste tra persone in convezione e non, così da costruire a livello di comunità, una rete di accoglienza” . Le parrocchie possono così diventare un punto di riferimento per quelle persone che si trovano in difficoltà a seguito della conclusione dell’iter di riconoscimento dello status di rifugiato. Anche in caso di accoglimento della richiesta, infatti, concluso l’iter, i profughi si trovano senza assistenza ed è importante garantire una continuità nel progetto di inserimento. L’opera di accoglienza non si esaurisce entro il limite temporale previsto dalla convenzione con la Prefettura, ossia il lasso di tempo necessario alla definizione dello status del migrante, ma guarda anche oltre. Nel quadro più generale della pastorale caritativa della comunità, forme di assistenza e accompagnamento si prevederanno anche per la fase successiva all’eventuale ottenimento del permesso di soggiorno, connessa alla ricerca di una casa e di un lavoro” (pag. 13, n. 1.7). L’accoglienza diventi uno stile pastorale Non solo profughi/1

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3Sabato, 24 ottobre 2015Attualità

«è nel solco del Vademecum dei Vescovi italiani che ho chiesto agli Uffici diocesani Caritas e Migranti di aiutarci ad elaborare alcune linee guida per stimolare l’opera di accoglienza»

Il fenomeno delle migrazioni sta assumendo sempre più una por-tata epocale, e potrà essere adeguatamente affrontato solo con il concorso di tutti gli uomini di buona volontà. Come discepoli di Cristo non possiamo essere sordi e rimanere inerti di fronte

al grido di dolore che si leva da tanti nostri fratelli (uomini, donne, bambini) in cerca di una speranza e di una prospettiva di vita. Co-me Vescovo di questa Chiesa di Como, in sintonia con gli altri miei confratelli Vescovi della Conferenza episcopale italiana, sento per-ciò il dovere di esortare e spronare tutta la comunità diocesana a dare con larghezza e generosità il suo contributo di solidarietà e accoglienza.

Il Santo Padre, fin dal suo primo viaggio apostolico all’Isola di Lampedusa, e poi in maniera esplicita nel corso dell’Angelus del 6 settembre scorso, ci ha invitato a spalan-care le porte dell’accoglienza per saper of-frire a chi arriva “una speranza concreta”. Soprattutto alla vigilia di questo grande Giubileo della Misericordia, che chiama ciascun credente e le comunità cristiane ad essere non solo beneficiari ma anche artefici della divina misericordia divina.

L’appello del Papa non trova impreparata la nostra Chiesa. Infatti, la diocesi di Como, tramite la Caritas e la rete della parrocchie, ha già aperto le sue porte a quasi duecen-to richiedenti asilo, e si vede già da mol-

to tempo impegnata ad affiancare in vario modo le realtà civili impegnate nell’opera di accoglienza.

Per accompagnare le diocesi e le parroc-chie in questo cammino di umanità e spe-ranza, i Vescovi italiani hanno pensato a una sorta di Vademecum, che possa aiu-tare a individuare forme e modalità per ampliare la rete ecclesiale dell’accoglien-za a favore delle persone richiedenti asilo e rifugiate che giungono nel nostro Paese, nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le Istituzioni. è nel sol-co di questo documento della Chiesa ita-liana che ho chiesto agli Uffici diocesani Caritas e Migrantes di aiutarci ad elaborare alcune linee-guida più articolate e adattate alla nostra situazione, al fine di stimolare l’opera di accoglienza delle nostre realtà

ecclesiali dentro un quadro normativo sa-pido di prudenza e lungimiranza.

Il mio invito è che le parrocchie, i vicaria-ti, le associazioni ecclesiali o di ispirazio-ne cristiana, le comunità religiose e più in generale ogni fedele laico battezzato, sen-tano come rivolto a sé stessi l’appello del Papa, “rinnovando – come affermano i Ve-scovi italiani – la disponibilità a curare le ferite di chi è in fuga con la solidarietà e l’attenzione, riscoprendo la forza liberan-te delle opere di misericordia corporale e spirituale”.

Ringrazio di cuore la Caritas Diocesana e l’Ufficio Migranti della Diocesi per il la-voro svolto che ora consegno alle nostre comunità.

+ Diego, vescovo

L’introduzione al testo del vescovo Diego Coletti

Le linee-guida della Diocesi

accoglIenza■ Il DocumentoL’approfondimento in sette punti chiave

Le Linee-guida diocesane per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati sono

disponibili sul sito della Diocesi di Como www.diocesidicomo.it. Possono anche essere richieste, in formato pdf, al Settimanale scrivendo a [email protected].

Nelle pagine seguenti ospitiamo un focus di approfondimento su sette punti, toccati dalle Linee-guida, che ci sembrano di particolare interesse per il dibattito in corso sulla questione dell’accoglienza. L’intento è di fare il più possibile chiarezza, andando oltre i facili luoghi comuni, per dare voce alla realtà delle cose.

L’attenzione si sofferma sui punti più controversi del dibattito, come la distinzione fra profugo e migrante lavorativo, l’impiego di denaro pubblico, lo “spettacolo” non certo edificante di una ospitalità lunga e continuativa a forte rischio di ozio e passivizzazione. Emerge l’intento del documento di affrontare la questione migranti con equilibrio e completezza, senza passare sotto silenzio gli aspetti più complessi. Richiamando ciascuno alla propria responsabilità, in particolare il soggetto pubblico (c’è il rischio di una sovra-esposizione della Chiesa nell’impegno di accoglienza), in un’ottica non divisiva di collaborazione. A illuminare il tutto l’Enciclica Deus Caritas Est di Papa Benedetto XVI.

guida alla lettura

L’azione intelligente e generosa di accoglienza dei richiedenti asilo si colloca nella più generale sollecitudine della carità cristiana verso i più bisognosi, che vede da tempo le comunità ecclesiali impegnate su molteplici fronti (disoccupati, famiglie in difficoltà, anziani soli, minori abbandonati, diversamente abili, vittime della tratta, senza dimora…). Il nuovo fronte dell’emergenza umanitaria si aggiunge alle azioni caritative già in atto, senza ovviamente in alcun modo attenuarle o diminuirle. (pag. 8, n. 5)

è un invito a riscoprire l’accoglienza come stile della vita della parrocchia e della comunità cristiana nel suo insieme quello contenuto nel documento

presentato dalla Diocesi di Como. Un orizzonte all’interno del quale l’assistenza ai richiedenti asilo rappresenta una componente importante, ma non certo l’unica, di fronte ai bisogni crescenti delle popolazione, in particolare dei più deboli e svantaggiati (non solo dal punto di vista economico). Ed è proprio qui che le parrocchie sono chiamate a fare la differenze e a mostrare la propria specificità rispetto a cooperative e realtà nate per far fronte all’ultima emergenza. Da qui la scelta, espressa nel testo, di accogliere i richiedenti asilo anche al di fuori del regime di convenzione economica con l’ente pubblico (ovvero rinunciando al contributo giornaliero):

“è fatta salva, e anche per molti versi opportuna e consigliabile, la possibilità di accogliere i richiedenti asilo anche al di fuori del regime di convenzione economica con l’ente pubblico, come espressione della normale azione caritativa della Chiesa verso le persone bisognose (pag. 13, n. 1.5)”.

Un tipo di esperienza che alcune parrocchie già portano avanti da tempo. “L’accoglienza in parrocchia a Rebbio – racconta don Giusto Della Valle, referente diocesano per la pastorale dei Migranti – è iniziata nel 2010 prima dell’emergenza Libia e dell’attuale nuovo flusso. è andata costruendosi in questi anni con la partecipazione della comunità. Attualmente ospitiamo circa 25 persone, ma solo quattro sono in convenzione. I soldi che riceviamo dallo Stato vengono messi in comune con quanto riceviamo dai contributi volontari dei parrocchiani (ci sono 80 famiglie che mettono a disposizione dieci euro al mese) e con quanto guadagniamo da alcune feste ed eventi di raccolta fondi. Questo, unito al lavoro dei volontari, ad esempio per l’insegnamento dell’italiano, ci permette di ridurre i costi ed accogliere più persone. In fondo credo che la cosa migliore sia per le parrocchie di avviare fin da subito accoglienze miste tra persone in convezione e

non, così da costruire a livello di comunità, una rete di accoglienza”. Le parrocchie possono così diventare un punto di riferimento per quelle persone che si trovano in difficoltà a seguito della conclusione dell’iter di riconoscimento dello status di rifugiato. Anche in caso di accoglimento della richiesta, infatti, concluso l’iter, i profughi si trovano senza assistenza ed è importante garantire una continuità nel progetto di inserimento.

“L’opera di accoglienza non si esaurisce entro il limite temporale previsto dalla convenzione con la Prefettura, ossia il lasso di tempo necessario alla definizione dello status del migrante, ma guarda anche oltre. Nel quadro più generale della pastorale caritativa della comunità, forme di assistenza e accompagnamento si prevederanno anche per la fase successiva all’eventuale ottenimento del permesso di soggiorno, connessa alla ricerca di una casa e di un lavoro” (pag. 13, n. 1.7).

L’accoglienza diventi uno stile pastorale

Non solo profughi/1

4 Sabato, 24 ottobre 2015 Migranti

Oltre i luoghi comuni. /2

è auspicabile l’organizzazione di momenti di incontro (serate, tavole rotonde, proiezioni cinematografiche…) nei quali sia data ai richiedenti asilo la possibilità di narrare la loro esperienza, al fine di favorire una reale e corretta presa di coscienza del problema da parte di tutti i cittadini.Momenti formativi specifici possono essere organizzati valorizzando gli strumenti conoscitivi informati e competenti che sono a disposizione, come i diversi Rapporti sull’immigrazione e sulla protezione internazionale. (pag. 10, n. 4.2)

«Sono tutti clandestini…», «Violenteranno le nostre figlie», «Ci rubano il lavoro…» «35 euro al giorno… Li

dessero agli italiani che di lavoro non ne hanno…». Questi alcuni dei principali luoghi comuni (ai quali abbiamo cercato di dare risposta nel box in queste pagine) che l’impatto con una delle più importanti ondate migratorie degli ultimi anni ha generato nella popolazione locale. Solo qualche settimana fa una comunità dell’intelvese è insorta di fronte all’ipotesi di dover “ospitare” dodici (12!) richiedenti asilo sul proprio territorio. Pregiudizio? Chiusura? O forse solo, più semplicemente, scarsa conoscenza di un fenomeno di cui ci siamo limitati a raccogliere i frammenti

captati da qualche titolo “strillato” o da un’occhiata al telegiornale della sera. Basti sapere che molti italiani credono che in Italia un terzo della popolazione sia composta da immigrati (in realtà sono l’ 8,2%) e che il 20% dei residenti sia musulmano, mentre gli islamici sono il 4%... La paura del “diverso” è un sentimento innato e naturale che può essere superata soltanto liberando il cuore da chiusure preconcette e predisponendosi all’ascolto e

all’incontro. Una “sana” e consapevole accoglienza non può prescindere da un’approfondita conoscenza del fenomeno. Su questo fronte si gioca la responsabilità del territorio ospitante. Le paure diffuse della nostra gente spesso originano dalla scarsa o frammentaria conoscenza dei migranti, delle loro storie personali e familiari, delle peripezie spesso avventurose che li hanno portati a varcare deserto e mare, finendo in ostaggio a faccendieri senza scrupoli. Conoscere le loro storie è il primo modo che abbiamo per abbattere gli ostacoli della paura e della diffidenza. Da qui la necessità di valutare l’organizzazione, d’intesa con l’ente ospitante, di momenti di incontro, di condivisione, in cui raccogliere le eventuali istanze della popolazione, ma anche in cui ascoltare storie di vita vissuta, guardare negli occhi i nostri interlocutori, per poi scoprirli, forse, non così diversi… Incontri di conoscenza ma anche di formazione, per chi vorrà essere chiamato a spendersi direttamente sul fronte della mediazione e dell’accoglienza. Da qui l’ulteriore suggerimento del vademecum della Diocesi: “Momenti formativi specifici possono essere organizzati valorizzando gli strumenti conoscitivi informati e competenti che sono a disposizione, come i diversi Rapporti sull’immigrazione e sulla protezione internazionale”.

Un fenomeno da conoscere

Una “sana” e consapevoleaccoglienza non può prescindere da unaapprofondita conoscenzadi cultura, lingua, tradizionie costumi sociali

❚❚ Ecco come funzione la procedura per la richiesta di Protezione internazionale / 5

Se la gravità dell’emergenza umanitaria interpella da vi-cino e con urgenza la generosità delle comunità cristiane, nondimeno si rende però necessaria la responsabilizza-zione delle istituzioni civili sul territorio, a cominciare dai Comuni, primi interlocutori col Prefetto. In particolare oc-corre richiamare il dovere grave delle istituzioni pubbliche di procedere a definire, in tempi ragionevolmente celeri, lo status giuridico di ciascun richiedente asilo (rifugiato, titolare di protezione sussidiaria o umanitaria, non avente diritto di asilo), conformemente agli indirizzi generali della politica di immigrazione. A richiederlo sono le elementari esigenze della giustizia e dell’ordine pubblico. (pag. 7, n. 4)

Come funziona la procedura per la richiesta di Protezione internazionale? Entro una settimana dal suo arrivo nel territorio della nostra diocesi (in questo caso si fa riferi-

mento alle prefetture di Como, Sondrio, Lecco e Varese) il mi-grante viene ascoltato dagli operatori della realtà che lo hanno in carico per la compilazione del cosidettetto “modello C3” da consegnare alla Questura competente. Al momento della ricezione la questura rilascia al richiedente asilo un permesso

di soggiorno della durata di sei mesi (rinnovabile fino al ter-mine dell’iter); il permesso da la possibilità – dopo un periodo di due mesi – di svolgere attività lavorativa. Una volta fissato l’appuntamento con la Commissione territoriale (per cui sono necessari mesi), nel nostro caso quella di Milano, il richiedente asilo viene ascoltato e, nel giro di un mese, riceve l’esito. Tre sono i permessi di soggiorno che possono essere concessi: per motivi umanitari (della durata di due anni è concesso in caso di una temporanea situazione di bisogno: ad esempio nel caso di una malattia del migrante o nel caso delle donne incinte o con bambino appena nato), per protezione sussidiaria (della durata di cinque anni è legato ad una situazione di temporanea crisi nel Paese di origine: ad esempio una guerra o una cala-mità naturale. Al termine dei cinque anni la pratica viene rie-saminata), per asilo politico (nel caso il soggetto sia vittima di persecuzioni o rischiasse la vita nel Paese d’origine: in questo caso viene rinnovato automaticamente al termine dei cinque anni). In caso di diniego del permesso il richiedente asilo può fare ricorso alla Corte d’appello che – nella maggioranza dei casi – impiega circa un anno ad arrivare a sentenza. Per questi dodici mesi il richiedente può rimanere nelle strutture che lo

hanno in carico e gode di un permesso di soggiorno tempora-neo. Al termine della procedura se vi è la conferma del diniego al migrante viene dato il foglio di via che lo obbliga a lasciare il Paese entro 15 giorni. In caso di accoglimento della domanda al profugo vengono concessi ancora sei mesi di assistenza e accompagnamento non più nelle strutture che lo hanno avu-to in carico, ma all’interno della rete SPRAR (Servizio centrale di assistenza per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Molti rifugiati rinunciano a questa possibilità perché i centri SPRAR sono spesso lontani da dove hanno trascorso il precedente periodo (la maggior parte sono al sud Italia) e dove i migranti hanno tessuto relazioni e potrebbero avere opportunità lavorative. NB. Nel mese di settembre è entrato in vigore il decreto legge n. 142 dell’agosto 2015 che introduce la possibilità per la Com-missione territoriale di omettere l’audizione del richiedente qualora questi provenga da Paesi individuati dalla Commis-sione nazionale e ritenga di avere sufficienti motivi per rico-noscergli lo status di Protezione sussidiaria senza passare dal colloquio. Di contro si sono già registrati casi di dinieghi e fo-gli di via consegnati a richiedenti asilo prima che fosse svolta l’audizione. (m.l.)

Lo status dei richiedenti asilo

L’accoglienza dei richie-denti asilo è una forma nobile e necessaria di ri-spetto e di realizzazione dei diritti fondamentali della persona umana. Un’accorta azione edu-cativa farà sì che i richie-denti asilo ospitati, men-tre vedono riconosciuti e tutelati aspetti irri-nunciabili della propria dignità personale, siano parimenti accompagnati ad assumersi fino in fon-do i correlativi obblighi e doveri (pag. 8, n. 7).Si favoriscano quelle di-namiche di integrazione sociale dei richiedenti asilo che passano attra-verso la conoscenza del-la nostra cultura, della lingua, delle tradizioni e dei costumi sociali…Una particolare attenzione

e vigilanza sia riserva-ta alla concezione della donna, del matrimonio e dell’educazione dei figli, propria delle culture di provenienza dei richie-denti asilo (pag. 5, n. 4.1 e 4.3)

È questione di giusti-zia il riconoscimento ad ogni migrante dei

suoi diritti fondamentali – alla vita, alla dignità per-sonale, alla libertà di mo-vimento, al cibo, alla casa, al lavoro, alla cura della salute…–. Ma la stessa giustizia esige parimen-ti dai migranti l’adem-pimento dei loro dove-ri. Chi arriva – con il suo bagaglio culturale, etico, religioso – deve conosce-re e rispettare la cultura e i valori dell’Occidente,

fioriti sull’antico tronco cristiano nell’incontro con la sensibilità moder-na liberale: valore della persona, libertà religiosa e di opinione, pluralismo sociale e tolleranza civica, democrazia e laicità dello Stato, pari opportunità e dignità della donna, ri-spetto delle leggi vigenti. Niente facili franchigie per immigrati senza per-messo di soggiorno (clan-destini), micro-criminali-tà di sussistenza, fonda-mentalismo religioso, modelli familistici ed edu-cativi non rispettosi della dignità della persona, occupazione abusiva di suolo pubblico, degrado urbano o di simboli della nostra cultura, ambulanti abusivi.

Diritti e doveri/3Cura della dimensione religiosa /4Parrocchie e associazioni collaboranti con l’ente ospitante si faranno carico in modo specifico di curare l’aspetto religioso dei richiedenti asilo. In particolare: favorire la partecipazione dei fedeli cattolici alla Messa domenicale parrocchiale, eventualmente arricchita da una lettura del Vangelo e un breve commento in lingua…; sostenere la fede dei richiedenti asilo di confessione cattolica, tenendo conto delle esperienze spesso traumatiche (situazioni locali di persecuzione e martirio) dalle quali alcuni di loro provengono; tenere in debito conto la presenza di cristiani appartenenti a confessioni non cattoliche; tutelare la libertà religiosa e di culto dei non cristiani e favorire momenti di dialogo inter-religioso. Sono però proibite forme di celebrazione inter-religiosa presso chiese e luoghi di culto parrocchiali, che potrebbero ingenerare situazioni di disagio e confusione (pag. 9-10, n. 3.2).

L a fede cristiana cattolica non può essere fattore discriminante per l’accoglienza. I diritti fondamentali della persona chiedono di essere tutelati a prescindere dal proprio credo religioso. Le linee-guida esortano però a una particolare attenzione

e considerazione per i richiedenti asilo di fede cattolica. Si tratta di compenetrare l’universalismo della carità con le esigenze della fraternità cristiana, la gratuità dell’amore con quello che la teologia medievale chiamava “ordo charitatis”, cioè l’ordine naturale delle preferenze.La presenza dei migranti rappresenta una preziosa occasione di dialogo ecumenico (con i cristiani non cattolici) e inter-religioso (con i non cristiani), senza sincretismi e nel rispetto della coscienza di tutti. Una severa vigilanza dovrà essere esercitata, in particolare dall’autorità pubblica, nei confronti di possibili infiltrazioni di fondamentalismo religioso.

5Sabato, 24 ottobre 2015Migranti

Una permanenza dignitosa. /7Senz’altro da evitare è il puro e semplice “parcheggio” dei richiedenti asilo negli spazi parrocchiali, per cui è necessario predisporre un minimo di progettualità attorno alla loro presenza…Parrocchie e associazioni ecclesiali possono collaborare con l’ente ospitante, le istituzioni pubbliche e le diverse espressioni della società civile, per avviare forme di lavoro socialmente utile dei richiedenti asilo. Il tempo dell’accoglienza non si trasformi per i richiedenti asilo in tempo di ozio e passività, offensivo della loro dignità e anche della sensibilità degli altri cittadini occupati o alla ricerca di un posto di lavoro. (pagina 11, n 4.6 - 5.1)

L’arrivo e l’accoglienza di centinaia di migranti anche sul territorio della nostra diocesi ha sollevato il

problema del loro impegno quotidiano. Va bene accoglierli, ma come metterli nelle condizioni di trascorrere una permanenza dignitosa e, al tempo stesso, utile per la comunità? A tale scopo molte sono le amministrazioni locali che si sono attivate nella stipula di protocolli d’intesa con gli enti ospitanti (cooperative, Caritas) al fine di delineare percorsi di integrazione e di impiego nello svolgimento di lavori socialmente utili. La stesura di questi protocolli ha previsto, in primis, il coinvolgimento delle principali realtà presenti nei territori ospitanti (Comune, gruppo sportivo, parrocchie, associazioni…) al fine di valutare le possibilità d’impiego dei richiedenti asilo e predisporre un’adeguata organizzazione logistica dei servizi da svolgere. Servizi non estemporanei ma continuativi, delineati all’interno di percorsi educativi

che mantengano fermi i principi dell’accoglienza e dell’integrazione degli ospiti e non puntino certo al loro sfruttamento! Per alcuni Comuni, com’è stato il caso della realtà di Cavallasca, il protocollo è stato sottoscritto, oltre che dalle realtà proponenti e accoglienti (Comune, Coordinamento comasco profughi e immigrati, Cooperativa Intesa Sociale, Alpini, Gruppo Sportivo, parrocchia) anche dagli stessi migranti, ai quali è stato chiesto di aderire ad uno specifico “patto di volontariato” prestando “libero, volontario e gratuito servizio di volontariato, impegnandosi a rendere una o più prestazioni personali, individualmente o in gruppi, in coerenza con le finalità di carattere sociale, civile e culturale dell’organizzazione e del progetto di riferimento”. Agli stessi migranti è stato inoltre chiesto l’impegno di esprimere “parola nella valutazione del percorso individuale/collettivo e contribuire alla valutazione dei risultati del progetto”, al fine di renderli partecipi, e non solo passivi fruitori del progetto stesso. Restando sullo specifico caso di Cavallasca nel protocollo sono stati definiti anche gli impegni degli enti gestori (“delineare le attività più idonee alle caratteristiche del migrante per garantire la necessaria formazione affinché il migrante possa attendere alle attività previste, garantire la presenza di un educatore, ed eventualmente di un mediatore linguistico…”), del Comune e delle associazioni locali. Unitamente alla stesura del protocollo si è provveduto alla stipula di un’apposita assicurazione antinfortunistica. Il ruolo di coordinamento delle opere è stato affidato, nel caso di Cavallasca, all’Ufficio Tecnico comunale.

Lavoro, occasione di crescita

è fondamentale che i territori si attivino nella stipula di protocolli che offrano ai migranti la possibilità di svolgerelavori socialmente utili

L’invasioneFALSO Le coste italiane sono invase dagli immigrati “clandestini”, non possiamo ospitarli tutti. I richiedenti asilo presentano domande false e i “migranti economici”, che scappano dalla povertà e non dalla guerra, imbrogliano il sistema di asilo. VERO Nel 2014 sono sbarcate, secondo il Viminale, 170.081 persone contro le 56.192 dei due anni precedenti. Eppure non c’è stata nessuna invasione di richiedenti asilo, anzi. Lo conferma la Fondazione Migrantes della Cei. Al primo gennaio 2015, infatti, le persone rimaste nelle strutture di prima e seconda accoglienza erano poco meno di 66.000. Due rifugiati su tre hanno dunque usato l’Italia come ponte verso l’Europa usufruendo pochi giorni dei centri dopo essere stati salvati dalle navi italiane di Mare Nostrum. Quanto alle domande, secondo le statistiche la maggioranza di richieste per lo status di rifugiato viene accettata. La mancanza di canali di ingresso da zone lontane, come il Corno d’Africa, impedisce invece di presentare domanda a tanti che ne avrebbero diritto.

Sono troppiFALSO L’Italia e l’Europa, che stanno attraversando una lunga crisi, non hanno bisogno di immigrati che rubano lavoro soprattutto ai giovani e ai lavoratori italiani meno qualificati.

VERO Diverse ricerche demografiche hanno ipotizzato uno scenario Ue senza affluenza di stranieri tra il 2010 e il 2030. Risultato, una perdita di 33 milioni di persone in età lavorativa (-11%) fra i 28 Stati membri, una riduzione del 25% dei giovani tra i 20-30 anni e un incremento del 29% per le persone comprese fra i 60-70. Pesanti le ricadute anche sul sistema di welfare.

I soldi ai rifugiati FALSO I rifugiati ricevono ogni giorno 35 euro (anche 90 secondo alcuni) dallo Stato, insieme con vitto, alloggio, biancheria, abbigliamento e servizi vari.VERO La somma di 34 euro (circa) per profugo viene data solo alle strutture di accoglienza per coprire le spese di vitto e alloggio e non assegnata direttamente agli immigrati. Chi viene ospitato nei centri ha diritto normalmente a una scheda telefonica per chiamare la famiglia e a una diaria di 2,5 euro. Gli scandali di “mafia capitale” dimostrano come la gestione di questi centri possa diventare un business per le organizzazioni criminali italiane di cui i migranti sono in realtà le vittime. Quanto ai fondi – 80% in carico allo Stato e il 20% ai Comuni – spesso sono di origine europea, quindi pagati dai contribuenti continentali.

Terrorismo e paureFALSO Sui barconi, assieme ai richiedenti asilo, arrivano anche i terroristi. E con la presenza degli immigrati sono aumentati i crimini mentre le carceri scoppiano per i troppi pregiudicati stranieri.VERO Guardiamo alla breve storia del terrore jihadista in Europa. Gli attentatori di Madrid del 2004 e di Londra nel 2007 e quelli di Parigi e Copenhagen del 2015 non erano rifugiati. Neppure immigrati. Erano sì figli di immigrati, ma cittadini del Paese che hanno colpito e dove erano cresciuti senza evidentemente integrarsi. Non vi sono prove che sui barconi rischino la vita anche terroristi. Quanto al crimine, i dati del 31 gennaio 2015 rivelano che gli stranieri nelle carceri italiane sono 17.403, nemmeno un terzo del totale della popolazione carceraria. E sono in diminuzione. Quali reati hanno commesso? Furti e spaccio (25%), seguiti dai reati contro la persona (19%). Senza contare che se si attuassero gli accordi bilaterali con alcuni Stati africani, parecchi potrebbero scontare la pena nelle patrie galere.

Tratto da “Avvenire”

Luoghi comuniFondi. La gestione economica dell’accoglienza/6

La convenzione stipulata obbliga la parrocchia o l’associazione ecclesiale, dietro corresponsione della cifra di € 35 circa al giorno per ciascun migrante accolto: a garantire l’assistenza medica e psicologica convenzionata con il sistema sanitario nazionale; a garantire l’assistenza giuridica per l’espletamento delle pratiche in ordine all’identificazione e alla richiesta di asilo…; a garantire l’insegnamento della lingua italiana e qualche azione di mediazione culturale…; a corrispondere a ciascun migrante la diaria pari a 2,50 € circa.Si rispetti la destinazione dei fondi pubblici, erogati specificamente per l’accoglienza e quindi non utilizzabili per altri e diversi scopi. Si tenga rigorosa rendicontazione del denaro erogato dall’ente pubblico, per allontanare anche il solo sospetto di arricchimento illecito o di procurato danno erariale nella gestione dei fondi. (pag. 12, n 1.2-1.4)

L a gestione economica ed in particolare il tema dei circa 35 euro giornalieri a richiedente asilo previsti

dalla convenzione tra Prefettura ed ente ospitante, è da sempre uno dei punti caldi quando si parla di accoglienza. Proviamo a fare un po’ di chiarezza partendo da una premessa: dopo una prima fase di “emergenza” in cui la prefettura ha proceduto con la stipulazione diretta di convenzioni con le realtà di accoglienza, nel mese di febbraio 2015, è stato

emesso un bando di gara pubblico per l’accoglienza dei migranti. A Como hanno partecipato 11 soggetti (tutte cooperative) che hanno dato disponibilità per 357 posti; tra questi anche Simploké, la cooperativa promossa dalla Caritas diocesana, ma non la Caritas stessa che, in quanto organismo pastorale, per scelta non partecipa a questo tipo di bandi. Un’analoga gara in provincia di Sondrio è andata deserta. A seguito del continuo arrivo di richiedenti asilo i posti sono stati però presto saturati (solo per la provincia di Como siamo già a 1300 arrivi) e questo ha fatto sì che, accanto alle disponibilità coperte dal bando, continuasse l’assegnazione in deroga dei richiedenti asilo sia alle stesse cooperative partecipanti alla gara (ma oltre i numeri previsti), così come ad altri soggetti (tra queste anche molte parrocchie o alberghi). Attualmente - ci spiega Massimiliano Cossa, direttore della Cooperativa Simploké - sono dunque tre le fattispecie con cui le parrocchie possono procedere all’accoglienza: rivolgendosi alla cooperativa Simploké; mediante convenzione diretta tra Prefettura e parrocchia, attraverso la Caritas diocesana; accogliendo ma rinunciando ai contributi. Concentriamoci sulle prime due. In caso

di coinvolgimento della cooperativa Simploké viene siglato una accordo tra cooperativa e parrocchia per il comodato d’uso delle strutture di accoglienza. Sarà la cooperativa a ricevere i finanziamenti e ad assicurare l’assistenza dei richiedenti asilo e la fornitura di tutti i servizi richiesti dalla convenzione. Non vi è passaggio di denaro alla parrocchia. Se, invece, la parrocchia sceglie di procedere con la gestione diretta tramite la Caritas sarà direttamente lei a gestire i fondi. Dei circa 34 euro giornalieri la Caritas potrà trattenerne una parte (massimo 5 euro) a fronte della fornitura di alcuni servizi affidati alla Simploké: 2 euro per la scuola di italiano, 2 per la consulenza tecnico-legale, 1 per il coordinamento e le spese di segreteria. Nel caso una parrocchia provvedesse autonomamente ad alcuni di questi servizi verranno scalati dalla quota trattenuta dalla Caritas diocesana. Inoltre dei circa 34 euro ricevuti, 2,5 euro devono essere dati al singolo migrante come pocket money giornaliero. Nel corso del 2016 la Prefettura potrebbe pubblicare un nuovo bando per l’assegnazione dei posti non coperti dal precedente e questo potrebbe portare alla chiusura delle convenzioni stipulate in deroga.

M.L.

Bisogno di trasparenza