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LO STILE MUSULMANONEI MANUALI DARTE DELL’OTTOCENTO IN ITALIA. FONTI E MODELLI DI RIFLESSIONE. VALENTINA COLONNA La scelta di affrontare questo argomento si delinea in parallelo alle ricerche per la tesi di dottorato in Cultura e Territorio, che, ancora in corso d’opera, prende in esame le esperienze del collezionismo d’arte islamica a Roma. Attraverso l’individuazione di fonti, oggetti e documenti, è stato possibile mettere insieme una serie di elementi utili per ricostruire le fila di quello che finora si è rivelato un percorso a dir poco tortuoso. Nel mio intervento, apparso nel precedente fascicolo di Horti Hesperidum 1 , si analizzava il rapporto stretto tra collezionismo e manualistica, ricavandone argomenti utili per la ricostruzione delle vicende di svariati manufatti d’arte islamica. Ne è derivata la necessità di un’analisi più attenta del materiale letterario e bibliografico stampato in Italia nella seconda metà dell’Ottocento che ci pone di fronte al tema, già comunque noto, della varia fortuna dell’orientalismo nella manualistica 1 V. COLONNA, L’oggetto islamico tra conoscenza e collezione in «Horti Hesperidum», II, 2012, 1, pp. 403-425.

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"Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica", II, 2012, 2, pp. 137-177

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LO “STILE MUSULMANO” NEI MANUALI D’ARTE DELL’OTTOCENTO IN ITALIA.

FONTI E MODELLI DI RIFLESSIONE.

VALENTINA COLONNA La scelta di affrontare questo argomento si delinea in parallelo alle ricerche per la tesi di dottorato in Cultura e Territorio, che, ancora in corso d’opera, prende in esame le esperienze del collezionismo d’arte islamica a Roma. Attraverso l’individuazione di fonti, oggetti e documenti, è stato possibile mettere insieme una serie di elementi utili per ricostruire le fila di quello che finora si è rivelato un percorso a dir poco tortuoso. Nel mio intervento, apparso nel precedente fascicolo di Horti Hesperidum1, si analizzava il rapporto stretto tra collezionismo e manualistica, ricavandone argomenti utili per la ricostruzione delle vicende di svariati manufatti d’arte islamica. Ne è derivata la necessità di un’analisi più attenta del materiale letterario e bibliografico stampato in Italia nella seconda metà dell’Ottocento che ci pone di fronte al tema, già comunque noto, della varia fortuna dell’orientalismo nella manualistica 1 V. COLONNA, L’oggetto islamico tra conoscenza e collezione in «Horti Hesperidum», II, 2012, 1, pp. 403-425.

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italiana e europea. In queste pagine sono, dunque, presi in considerazione i manuali italiani che includevano sezioni dedicate all’arte e all’ornamento islamici, cercando di capire a quale scopo essi fossero utilizzati e a quale pubblico si rivolgessero. Nello specifico, si prendono in esame i testi dell’architetto Alfredo Melani, uno dei quali è ora liberamente accessibile nella biblioteca digitale di Horti Hesperidum2. L’Ottocento è il secolo in cui si comincia a diffondere un serio interesse verso le manifestazioni artistiche islamiche. Dopo le campagne napoleoniche in Egitto e le prime scoperte archeologiche in Asia, l’attenzione degli esploratori, finora focalizzata soprattutto sui monumenti in situ, si allarga ai manufatti e all’arte decorativa. I primi nuclei collezionistici comprendenti oggetti d’arte e di artigianato islamici provenivano dai territori coloniali, soprattutto di Francia e Gran Bretagna; in Europa le occasioni migliori per averne una conoscenza diretta erano le Esposizioni Universali, nelle quali veniva dedicato ampio spazio ad allestimenti esotici. L’Oriente delle Esposizioni era comunque un Oriente costruito, stereotipato e spettacolarizzato: nulla che ne prermettesse una visione reale. Era un mondo islamico popolare e “scenico”, per lo più informato al ricordo di fantastici califfi, oppure delle Mille e una Notte3. Solo per riferirci ad alcuni eventi in tal senso memorabili, ricordiamo: il bazar turco all’Esposizione Universale di Vienna del 1873; il bazar orientale con la sezione tunisina e la sezione turca all’Esposizione Universale di Filadelfia del 1876; il bazar tunisino a Parigi del 1867 e del 18894. Anche nelle esposizioni in Italia, sebbene l’orizzonte fosse più limitato, ritroviamo alcuni episodi di orientalismo:

2 Trattasi del vol. I Antichità e Medioevo, del manuale Decorazione e Industrie artistiche, Milano 1888. 3 BEAUTHEAC, BOUCHART 1985; ALCOUFFE 1988; PICONE, PETRUSA 1988; BACULO, GALLO, MANGONE 1988; AIMONE, OLMO 1991. 4 GAUTIER 1862; GUADALUPI 1989; O. SELVAFOLTA, Le esposizioni e l’oriente bazar, in GIUSTI, GODOLI 1999 pp. 183-194; Il bazar turco, in Esposizione Universale di Vienna del 1873 Illustrata, Milano 1873, p. 123; L’Esposizione Universale di Filadelfia del 1876 illustrata, Milano 1877; L’Esposizione di Parigi del 1889 Illustrata, Milano 1890.

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nelle Esposizioni Riunite di Milano del 1881, si ammirano il caffè turco del Formenti e i chioschi moreschi della ditta Candiani, dove il marmo italiano viene impiegato per la realizzazione di parti dell’Alhambra (figg. 1, 2, 3); il padiglione delle missioni dell’Impero ottomano si visita all’Esposizione Nazionale di Torino, 1898 (fig. 4); ancora a Milano, nel 1894 e nel 1906 si trova la ricostruzione della cosiddetta «via del Cairo» (fig. 5). Infine è anche da ricordare, nel 1889, l’Esposizione Vaticana a Roma, dove vengono esposti i tesori dell’artigianato d’Oriente, che sono i doni inviati al Papa, tra cui un trono-baldacchino cinese, un cofanetto eucaristico decorato al Cairo, le armature da Samurai e le suppellettili sacre provenienti dalla Turchia, decorate con versetti del Corano. Da tutto ciò si evince come l’Oriente non sia concepito come una realtà storico-geografica, ma come uno stile, il moresco, che coniuga l’Africa alla Siria, o l’Andalusia alla Turchia. L’importanza di queste Esposizioni, al di là delle esuberanti ricostruzioni “orientaleggianti”, quasi teatrali e da operetta, si può ancora oggi valutare grazie ai cataloghi e alle guide delle manifestazioni stesse, che riportano le impressioni dei contemporanei e ci informano sugli oggetti e come venivano mostrati, grazie anche alle numerose illustrazioni5. Contemporaneamente al periodo delle Esposizioni Universali sono istituiti i Musei Industriali e Artistico-Industriali, in cui venivano raccolte le prime collezioni pubbliche di materiale islamico. Il primo è il South Kensington di Londra (1852), dal quale prendono spunto tutti i successivi musei, aprendo la strada al dibattito sull’arte e l’industria in Europa6. Sarà proprio

5 La casa editrice Sonzogno di Milano diffuse una serie di volumi, dal titolo L’Esposizione Illustrata, seguito poi dal nome della città interessata. Si citano di seguito solo alcuni testi di riferimento, tra i più importanti: L’Esposizione Italiana del 1881 in Milano Illustrata, Milano 1881; Il bazar orientale in Le Esposizioni Riunite di Milano del 1894, Milano 1895, p. 174; L’Esposizione Nazionale di Torino, ed. Roux e Frassati, Torino 1898; Esposizione Vaticana Illustrata, Periodico ufficiale per la Commissione promotrice, Gustavo Bianchi e C. editori, Roma 1888. 6 Il dibattito sui Musei d’Arte Industriale nasce dall’esperienza londinese del South Kensington del 1852 e vedrà poi coinvolte le maggiori città europee: Vienna 1864,

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grazie all’attività di questi musei che l’editoria europea del XIX secolo dedicherà ampio spazio ad una serie di volumi che costituiscono una sorta di “repertorio” ornamentale delle arti antiche, che saranno consultati come campionario di modelli, da artigiani specializzati, capaci di riprodurre manufatti o motivi ornamentali su mobili e oggetti d’arredo. La circolazione della manualistica d’arte orientale, in Italia, si inserisce pienamente nel dibattito sulla nascita delle scuole di arti decorative e dei musei artistico-industriali. Inoltre, le dinamiche della storia del collezionismo d’arte islamica in Italia, e in particolare a Roma, su cui si concentra la nostra ricerca, hanno portato ad individuare proprio nelle raccolte del Museo Artistico Industriale (istituito a Roma nel 1874) un nucleo tra i più importanti di materiali islamici (oggi confluito in buona parte nel Museo di Palazzo Venezia e nella Galleria Barberini)7. Tralasciando qui le notizie relative a questa realtà museale, si ricorda solo come unitamente a tale istituzione nascano le cosiddette scuole d’arte ornamentale applicata all’industria; anzi, come accade in Italia, è proprio da queste scuole tecniche che derivano le iniziative di istituzione dei Musei d’Arte Industriale8. Tutte le attività di studio delle Scuole sono finalizzate alla ricerca di elementi ornamentali e alla produzione di manufatti, Parigi 1864, Mosca 1873, Berlino 1873. Sull’argomento vedi: VAUCHON 1888; LABOULAYE 1877; KLINGENDER 1947; SOMERS COOK 1980; CESARINI 1996. 7 Si tratta in particolare di alcuni tessuti, metalli (bacini, bruciaprofumi e coppette), pannelli ceramici Iznik, piatti turchi dalla donazione Dusmet, azulejos spagnoli e scarpe turche da hammam. Per la catalogazione degli oggetti islamici del MAI di Roma vedi: V. COLONNA Collezionismo e curiosità per l’Oriente. Alcuni metalli islamici poco noti nelle collezioni di Roma, in «Annali del Dipartimento di Storia», Università di Tor Vergata, 2, Roma 2006, pp. 455-481; V. COLONNA, Schede della sezione islamica, in PALMA VENETUCCI 2010, pp. 190-195; V. COLONNA, La formazione delle raccolte islamiche a Roma in «Il Giornale di Storia», Rivista telematica registrata, ISSN 2036-4938, n 7, 2011; ZACCAGNINI 2011. 8 Roma 1874, Torino 1862, Napoli 1876, Firenze 1864. La vastità dell’argomento richiederebbe una trattazione più approfondita, per la quale si rimanda ai numerosi testi e riviste specifiche; G. MONGERI, Il nuovo Museo Artistico municipale, in «Archivio Storico Lombardo», IV, 1878, pp. 517-535; FILANGERI 1881; G.B. GIOVENALE, Il Museo Artistico industriale, in «la Rassegna Italiana», 1884, IV, pp. 7-11; GOLZIO 1942; A. BUZZONI, Musei Industriali e artistico-industriale: realtà nazionale e realtà locale, in BORSELLINO 1990, Atti del Convegno, pp. 45-50.

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utilizzando le tecniche decorative del passato9. Si ritiene dunque necessaria un’istruzione mirata sull’ornamento e sulle tecniche artistiche, basata anche sull’osservazione diretta dei modelli10. I Musei Industriali formeranno delle collezioni proprie, avvalendosi anche di prestiti provvisori da parte di collezionisti privati, ma anche di scambi con i Musei Industriali europei e acquisti sul mercato antiquario11. Ovviamente la ricerca e la richiesta dei manufatti per i Musei Industriali è mirata: si tenta di acquisire esemplari d’ogni epoca e provenienza; oltre agli oggetti d’arte classica, greca e romana, anche quelli d’arte orientale, cinesi, arabi o giapponesi richiedono finalmente un’attenzione particolare. In tal modo si va ben oltre alla “moda” delle cineserie, delle turcherie e del japonisme. La modalità di fruizione e documentazione di tanti oggetti d’arte orientale inizia a esigere un approccio scientifico nuovo, finora ignoto in Italia, imponendosi la necessità di pubblicazioni specialistiche in funzione della didattica, di manuali italiani e stranieri, dedicati all’esame degli stili decorativi12.

9 Sulla storia della Scuola di Arti Ornamentali di Roma vedi: C. BOITO, Le scuole di Architettura, di belle Arti e di Arti Industriali, in «Nuova Antologia», CXI, 1890, pp. 43-55; E. RETROSI, I Musei e le Scuole artistico-industriali, in «Arte e Storia», VIII, n. 50, 1884, pp. 393-394; COLLARILE, PERFETTI 2003. 10 Uno dei primi corsi alla scuola d’arti ornamentali di Roma fu l’applicazione dell’ageminatura ai metalli, tecnica tipicamente orientale, nello specifico persiana e poi adottata totalmente dalla civiltà islamica, in cui eccelse. Vedi G. RAIMONDI, Il Museo Artistico Industriale di Roma e le sue scuole, in «Faenza. Bollettino del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza», LXXVI, 1-2, 1990, pp. 18-40; G.RAIMONDI, Le arti applicate a Roma. Il Museo Artistico Industriale e la formazione degli artieri, in CAMPITELLI, FONTI, QUESADA 1992, pp. 171-175. 11 In occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1867, venne stipulata una convenzione per lo scambio tra i musei europei di oggetti e copie dei prodotti d’arte industriale antica e contemporanea. La notizia dell’accordo venne riferita dal ministro dell’agricoltura Majorana Calatabiano al sindaco di Roma Emanuele Ruspoli, proprio in relazione alla proposta per la creazione del Museo Italiano d’Arte Industriale, pubblicata integralmente in «Roma Artistica», V, n.17, 1879. 12 M. DONATI, La biblioteca del M.A.I. di Roma, in BORGHINI 2005, pp. 237-240; M. PASQUALI, G. LATINI, Il fondo librario del MAI nella biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte della Sovraintendenza Comunale. Un’eredità da ricomporre, in BORGHINI 2005, pp. 241-247.

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La storia del MAI di Roma richiama l’attenzione su due personalità in particolare, Baldassare Odescalchi e Raffaele Erculei. In questa sede tralasciamo le notizie relative alla loro attività specifica, per prendere invece in esame, soprattutto, le loro proposte volte a migliorare l’insegnamento delle arti ornamentali all’interno delle scuole. Odescalchi, promotore, insieme ad Augusto Castellani, della nascita del MAI, partecipò attivamente al dibattito sulle arti decorative e industriali, intervenendo a numerose conferenze presso il Circolo Artistico Internazionale (fig. 6)13, prendendo posizione sopra i temi suggeriti dalle riviste specialistiche dell’epoca, in particolare su un testo importante come quello intitolato Dell’insegnamento dell’ornato. Considerazioni e proposte, pubblicato nel 1883. Nel 1870 fu ambasciatore alla legazione di Vienna, dove studiò e pubblicò un articolo sul Museo Industriale della città14. Successivamente, nel 1880, insieme ad Erculei, allora segretario del MAI, ricevette l’incarico di visionare le collezioni dei Musei Industriali in Inghilterra, Francia e Belgio, per proporre miglioramenti e idee ai musei industriali in Italia15. Nella relazione si pubblicavano interamente gli elenchi degli oggetti presenti nelle raccolte del South Kensington, del Musée des Arts Décoratifs e del Museo Reale d’Arti Decorative di Bruxelles. Si sottolineava più volte la presenza di manufatti d’arte araba e di manuali specialistici nelle biblioteche di ognuno dei tre musei. In particolare si metteva in discussione la carenza dell’istituzione romana in confronto all’organizzazione dei coevi musei industriali europei, evidenziando l’insufficienza del materiale didattico e dei modelli d’arte egizia, araba e assira. Si poneva l’attenzione anche sull’organizzazione delle scuole, sulla necessità di allestirvi una

13 ODESCALCHI 1872. 14 B. ODECALCHI, Il Museo d’Arte Industriale di Vienna, in «Nuova Antologia», V, 1872, pp. 580-594. 15 La relazione venne pubblicata sia in un volume, sia come estratto, n. 24, degli Annali dell’Industria e del Commercio con lo stesso titolo, ODESCALCHI-ERCULEI 1880.

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sala di studio per visionare gli oggetti originali e sulle conferenze tematiche che si svolgevano annualmente. Alcuni interventi, seppure minimi, a causa della carenza finanziaria, furono in tale direzione attuati nel Museo romano, ma non riuscirono comunque ad assicurargli un respiro europeo. L’idea delle rassegne annuali fu messa in pratica da Erculei, che tra il 1885 e il 1889 ne organizzò ben quattro, intitolate Esposizioni Retrospettive e Contemporanee di Industrie Artistiche (fig. 7), ognuna dedicata ad una specifica tecnica di lavorazione, e illustrata da un catalogo che ripercorreva la storia dello stile e della produzione italiana, corredato da una bibliografia scientifica di riferimento16. Nel 1885 ci si concentra sulle opere d’intaglio e sulle tarsie in legno; nel 1886 sugli oggetti artistici di metallo; nel 1887 sui tessuti e merletti; nel 1889 sull’arte ceramica e vetraria. Si inaugura dunque una stagione ricca di iniziative e pubblicazioni, esposizioni annuali e conferenze17. Fonte principale per la fruizione dello stile decorativo orientale rimangono comunque le numerose pubblicazioni francesi e inglesi, di disegni e rilievi architettonici di monumenti, così come gli studi sull’ornamento e i manuali di sole tavole illustrative, che vengono spesso citati in tutti i primi testi d’arte decorativa pubblicati in Italia. Da segnalare: A. De Laborde, Voyage pittoresque et historique de l’Espagne (1806-1812); G. De Prangey, Monuments arabes d’Égypte, de Syrie, d’Asie Mineure (1842-

16 Gli oggetti esposti venivano prestati temporaneamente da collezionisti privati, romani e stranieri. Si eleggeva anche un comitato scientifico, di cui spesso faceva parte anche uno dei collezionisti o antiquari più importanti dell’evento. Questi cataloghi si sono rivelati molto utili per individuare il materiale islamico che veniva esposto, riuscendo in questo modo a risalire ai personaggi, antiquari, nobili e aristocratici dell’ambiente romano, direttamente coinvolti nel collezionismo d’arte islamica. Vedi i cataloghi corrispondenti alle mostre, tutti a cura di Erculei. 17 Nel 1870 nel Congresso Artistico tenutosi a Parma si era formulata la richiesta di far arrivare in Italia suppellettili “de’ popoli e de’ secoli diversi” questo congresso, fu il primo di una lunga serie tenutosi dopo l’Unità d’Italia, nei quali la problematica più dibattuta riguardava la tipologia e il luogo per lo svolgimento delle Esposizioni Nazionali di Belle Arti. Altro argomento era l’importanza delle arti industriali e l’educazione degli artigiani. Vedi: Atti ufficiali del primo Congresso Artistico Italiano, Parma 1871, pp. 31, 95-99.

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45); P. Coste, Architecture arabe ou Monuments du Kaire (1837-1839) e Monument Moderne de Perse (1867); O. Jones, Grammar of Ornament (1845); J. Daviller, Histoire des faïences hispano-mauresques à reflets métalliques (1861) e Les arts décoratifs en Espagne au Moyen Âge et à la Renaissance (1879); A. Jaquemart, Les Merveilles de la Céramique ou l’art de façonner et décorer les vases en terre cuite (1866); J. Bourgoin, Les Arts arabes (1868-1873); A. Racinet, L’Ornement Polychrome (1869); L. Parvillée, Architecture et decoration turque (1874); J. Labarte, Histoire des arts industriels au Moyen Age et à l’epoque de la Renaissance (1875) E. Prisse d’Avennes, L’Art Arabe d’apres les monuments du Caire, (1877); T. Deck, La Faïence (1887); Infine, le tavole curate da E. V. Collinot e A. De Beaumont, Ornements Arabes. Recueil de dessins pour l’art e l’industrie (1859). Si trattava di prodotti editoriali non solo di carattere colto, ma anche divulgativo, utilizzabili in diversi contesti, nella decorazione d’interni come nell’arredamento, fino nel settore dell’arte applicata (figg. 8-9). Proprio sull’esempio di questi testi/manuali, anche nel nostro paese, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si compongono opere dello stesso tipo. Esaminiamo allora nello specifico la produzione editoriale italiana, ove si impone l’esigenza di una divulgazione ampia degli stili orientali islamico, moresco, turco e persiano. La complessa discussione sull’arte applicata all’industria, tra intellettuali e storici dell’arte, impegnerà un notevole numero di riviste specializzate, che spesso proponevano anche articoli specifici su materiali e collezioni di musei, documentati da tavole illustrative: l’Arte Italiana Decorativa e Industriale (diretta dal 1892 da Camillo Boito); Roma artistica: giornale settimanale di belle arti e ari applicate all’industria; l’Illustrazione Italiana; l’Italia Artistica Illustrata; Arte e Storia. Importante anche la serie di Conferenze artistiche al Circolo Artistico Internazionale (dal 1872)18. Da ricordare, inoltre, una serie di annate dell’album fotografico Alinari (1876-1887) dedicate agli stili ornamentali orientali19. Tra i numerosi

18 Vedi: ODESCALCHI 1871. Diverse annate di «Roma artistica», n. 14, 1878; n. 10, 20, 23-28 e 39-40, 1879; n. 6, 1880; «Arte Italiana Decorativa e Industriale», I, 1890; II, 1892-93; IV, n.12, 1897; a.VII, n.1, 1898; a. XVII, n. 3, 1900; n. 3, 1908; «Italia Artistica Illustrata», IV, 1886-87; «Arte e Storia», I, 1882; II-III, 1884; n. VIII, 1889. 19 CESARINI 1996.

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interventi su rivista, possiamo ricordare quello dello stesso Boito dedicato all’imitazione dell’ornamento floreale dei tappeti persiani in Italia, arricchito da tavole illustrative comprendenti esemplari del Museo di Vienna e del Cairo (fig. 10)20. L’editoria italiana dell’Ottocento non offrì grande spazio ai testi storico-artistici di ambito musulmano; non fu così, invece, per gli studi di carattere epigrafico, che destavano maggiore attenzione21. Ciò è dimostrato anche dal fatto che uno dei primi trattati di storia dell’arte islamica, ad opera dell’abate Michelangelo Lanci, Il Trattato delle simboliche rappresentanze arabiche e della varia generazione de’ musulmani caratteri sopra differenti materie operati, in tre volumi, di cui l’ultimo di sole tavole illustrative, non venne stampato in Italia, ma uscì a Parigi, per Dondey-Dupré, nel 1845-1846. Ma vengono intanto stampati in Italia due importanti studi epigrafici dello stesso autore22. Prima di lui, un altro italiano propose quello che viene considerato uno dei primi studi in Europa sul problema dell’iconoclastia islamica, la Letteratura Turchesca (ed. Storti, Venezia, 1787, 3 volumi) di Gianbattista Toderini, che dedicava alcune pagine alla «Critica disquisizione se le figure d’uomini e d’animali siene proibite dall’Alcorano». Non possiamo poi dimenticare due opere italiane che si configurano più come diari di viaggio, ma che riportano specifiche descrizioni dei monumenti e dei luoghi visitati: Ricordi di Architettura Orientale (1871) di Giuseppe Castellazzi, e Costantinopoli effigiata e descritta (1840) di Antonio Baratta. Sono per lo più raccolte di rilievi di architettura, che

20 C. BOITO, Tappeti orientali e loro imitazioni italiane, in «Arte Italiana Decorativa e Industriale», VII, 1898, tav. 13-15 e 19; 1908, fig. da 32 a 48. 21 Una delle figure più rappresentative degli studi di epigrafia araba in Italia è Michele Amari, fondatore nel 1872 della Società Italiana di Studi Orientali, interessato agli studi sulla presenza araba in Sicilia fu autore di Le epigrafi arabiche di Sicilia, trascritte, tradotte e illustrate, 3 parti, 1875. Sull’argomento vedi: R. GIUNTA, Epigrafia arabo-islamica, in La Presenza arabo-islamica nell’editoria italiana, «Quaderni di Libri e Riviste d’Italia», 44, Roma 2000, pp. 167-172. 22 L’abate Michelangelo Lanci per primo si cimentò nello studio e nella raccolta delle epigrafi sparse nei musei e nelle collezioni private d’Italia e d’Europa, vedi LANCI 1819; Idem, 1820; Idem, 1840.

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non escludono però delle parti più descrittive di elementi decorativi23. È in questo contesto che ritroviamo i testi italiani dedicati all’arte decorativa che propongono una prima rivoluzione nell’insegnamento accademico italiano, ancora dominato da una cultura classicista, affrontando una corretta documentazione storiografica delle arti orientali. I testi di Camillo Boito, Ornamenti di tutti gli stili classificati in ordine storico (Milano 1881) e I principi del disegno e gli stili dell’ornamento (Milano 1882) sono dedicati alle scuole di disegno e agli istituti tecnici e offrono una serie di tavole di repertorio decorativo (figg. 11-12-13) senza una particolare contestualizzazione storica, in cui Boito include l’arabo e il moresco come motivi di «intrecciamento a compasso»24. Nel suo testo del 1881 un passaggio rimane curioso: «L’eclettismo, bisogna rendersene conto, può riescire di due specie, o un accozzamento o un decotto. È un accozzamento quando, a mo’ d’esempio, in un palazzo signorile si fa il gabinetto moresco o l’oratorio gotico, la sala da ballo rococò e la sala da pranzo svizzera; è un decotto quando si mettono a bollire insieme più stili, e di uno rimane dentro nella broda una sagoma, e dell’altro una fregiatura, di questo una foglia, di quello un cartoccio, come chi parlasse con i verbi in italiano, le congiunzioni in tedesco e gli aggettivi in turco»25. A questo stesso ambito appartengono i testi di Alfredo Melani. Per la sua biografia rimando ai numerosi riferimenti in nota, mentre mi propongo adesso di analizzare nel dettaglio alcune

23 In particolare nel testo di Castellazzi, oltre alle descrizioni dei luoghi si ritrova la descrizione di botteghe e mobili d’arredo, come nella tavola 32, dove descrive dettagliatamente un piccolo mobile e ne ripropone il disegno. Grazie ai numerosi viaggi di Castellazzi oggi possiamo avvalerci del Fondo Archivistico Castellazzi, un corpus fotografico di circa centocinquanta immagini di datazione e provenienza diversa, presso l’Accademia di Arti e disegno di Firenze. Vedi: F. FARNETI, L’Oriente nell’attività e nell’insegnamento di Giuseppe Castellazzi, in GIUSTI, GODOLI 1999, pp. 41-48; su Baratta: A. GAMBUTI, La “veridica immagine” di Costantinopoli e del Levante attraverso le opere di Antonio Baratta, in GIUSTI, GODOLI 1999, pp. 31-40. 24 BOITO 1882, terza edizione 1887, pp. 73-74. 25 BOITO 1881; sul tema dell’eclettismo nell’architettura vedi PATETTA 1975.

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sue opere26. Pubblicati dalla Vallardi e dalla Hoepli di Milano, i suoi manualetti tascabili rispondono ad una chiara scelta didattica; Melani era convinto della necessità di dovere scrivere testi di studio in italiano per le scuole d’arte industriale, o per le Accademie d’arte (come dimostra il fatto che gran parte dei suoi manuali, insieme a quelli di Boito, furono utilizzati all’Accademia di Brera a Milano e in molti Istituti d’Arte). Egli si ispirò principalmente ai manuali francesi e inglesi, elencati poco sopra, da lui citati spesso, ma non ebbe esperienze dirette in loco27. I capitoli sullo stile musulmano sono presenti in più di un manuale. Ritengo necessaria una lista completa delle sue opere: L’Ornamento Policromo nelle Arti e nelle Industrie Artistiche, 1886; Decorazione e Industrie Artistiche. I, Antichità e Medioevo. II, Evo Moderno, 1888-1889; Manuale dell’ornatista. Raccolta di iniziali miniate e incise, 1896; Manuale d’Arte Decorativa Antica e Moderna, 1907 (popolarissimo, a giudicare dalle sue sei edizioni); Dell’Ornamento nell’Architettura (prima edizione Vallardi) 1901; L’Arte di distinguere gli stili, 3 vol., 1918-1921. Il primo volume dell’opera Decorazione e Industrie Artistiche del 1888 è stato per nostra cura integralmente trascritto e inserito nella biblioteca digitale di Horti Hesperidum (fig. 14). È il primo della serie di manuali che affrontano l’argomento dello stile musulmano. Nel suo precedente lavoro, L’Ornamento Policromo (1886) Melani si era limitato a presentare numerose tavole, divise in capitoli (arte egiziana, greca, romanza, araba – tavv. 23-25 –, moresca – tav. 26 – e del Rinascimento) dove però le note descrittive erano minime. Infatti quest’opera si rifaceva all’impostazione de L’Ornement polychrome (1869) del francese

26 Per le notizie sulla vita e la produzione di Alfredo Melani vedi: DE GUBERNATIS 1889, p. 294; ROSCI, Torino come spartiacque, in BOSSAGLIA, GODOLI, ROSCI 1994, pp. 60, 69; CHELUCCI, in Farestoria, 1997, XVI, 30, pp. 5-23; MAESTRELLi 2001; CHELUCCI, in DecArt, 2004, n. 2, pp. 3-11; FRANCO 2009, pp. 236-238. Importante anche il sito internet dedicato a Melani dal comune di Pistoia: www.melani.comune.pistoia.it 27 C. BARUCCI, L’orientalismo nelle fonti bibliografiche e nella manualistica italiana dell’Ottocento, in GIUSTI, GODOLI 1999, pp. 23-30.

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Racinet, uno dei primi volumi di tavole ornamentali sull’arte decorativa. Qui invece l’argomento viene affrontato in maniera specifica, inserendo l’arte “araba” nella sezione dedicata al Medioevo, subito dopo quella bizantina. In una decina di pagine Melani tenta di descrivere le caratteristiche dello stile che viene ancora chiamato arabo, e non musulmano. Parla di un’arte che «deriva da quella bisantina, di cui potrebbesi dire perfino una trasformazione»28, ma anche di come la stessa arte abbia poi svelato una vitalità tutta propria. Sottolinea la differenza tra arte araba e arte moresca, riconoscendo nella prima, araba, la produzione dell’Egitto, dalla solenne compostezza (come nelle moschee del Cairo), e nella moresca la produzione della Spagna, più varia e ricca, lussureggiante e originale (elogiando la spettacolarità dell’Alhambra, fig. 15). Fa notare subito, nel parlare di decorazioni, l’argomento dell’assenza di figure umane, citando le prescrizioni del Corano, ma senza scendere nei particolari, limitandosi a parlare di esagerazione, e lasciando alla competenza dell’insigne studioso francese Lavoix, la spiegazione di come siano presenti nell’arte araba figure umane e animali, soprattutto per le tematiche di caccia e di festa29. Continua parlando ancora di Mori e Arabi, precisando: «entrambi dal punto di vista decorativo si sono mossi da un medesimo punto e hanno seguito la stessa via per un pezzo, ma poi i Mori hanno lasciato addietro gli Arabi eclissandoli completamente... La decorazione ornamentale di questo stile moresco, nel guardarla confonde: è una decorazione volubile, abbondante, in cui l’occhio si smarrisce, ricercando una simetria che a ogni istante crede di afferrare e gli sfugge sempre, in un grazioso e perpetuo moto….perciò ben rilevava l’Owen Jones a tal proposito, che nell’ornato moresco il pensiero del

28 MELANI 1888, p. 135. 29 La questione dell’aniconismo islamico non era ancora ampiamente affrontata negli studi italiani, a differenza dei numerosi interventi su riviste e periodici, da parte di studiosi europei, francesi, inglesi e tedeschi. Il Melani cita in particolare H. LAVOIX, Les Arts Musulmans, in «Gazzette des beaux-arts», Paris 1875, pp. 97- 114.

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compositore è espresso in varie lingue diverse…»30. Continua poi con esempi di decorazione persiana, affermando come essa derivi da quella indiana, fusa in seguito con l’araba, e fa notare come nell’ornamento persiano domini il fiore (tulipano e giacinto) inserendo l’immagine di un tappeto del Museo di Monaco; e si meraviglia di come venga inserita la decorazione architettonica negli edifici persiani, non attraverso rilievi o sculture, ma per via di pannelli ceramici policromi31. Conclude le sue riflessioni parlando della “tappezzeria”, delle armi e dei bronzi, ma in modo sintetico, lamentandosi del fatto di non potere sviluppare di più l’argomento, visto che «gli Arabi, questi maghi, colle loro fantasticherie, mi hanno occupato spazio maggiore di quello che credevo: e non dico rubato!»32, e rimanda agli esempi illustrati33 (figg. 16-17). Nei manuali successivi, la documentazione sulla produzione araba sarà più dettagliata. Melani aprirà il Manuale d’arte decorativa Antica e Moderna dichiarando così, nei Preliminari: «comincio il mio libro dall’Oriente, che non può trascurare chi studia l’arte decorativa»34, e nel capitolo specifico apre dicendo: «Il titolo dell’arte cosiddetta arabica va cambiato in arte musulmana o islamica. Gli arabi, tribù nomadi, non avevano arte, io dissi, e se le vicende della loro esistenza li portò a possederla, fusione di vari elementi, essa non appartenne spiritualmente al popolo arabico; attesta un eminente storico di questo popolo, Ibn-

30 MELANI 1888, pp. 138-139. Ovviamente i rilievi dell’Alhambra di Jones si rivelano un ottimo terreno per rendersi conto della ricchezza dei dettagli dell’arte moresca, tanto amata e ricercata dai maggiori viaggiatori e letterati dell’epoca e il Melani probabilmente conosceva bene il tanto citato testo di Jones, Grammar of Ornament 1856. 31 L’inserto ceramico è dato da elementi geometrici ottenuti dal taglio di lastre già rivestite di invetriatura monocroma e cotte. Pannelli realizzati in serie e con moduli decorativi che si ripetono all’infinito, in Persia in particolare con mattonelle esagonali e cruciformi. CURATOLA-SCARCIA 1990, pp. 79-99. 32 MELANI 1888, p. 142. 33Cita in nota De Prangey, Jones, Prisse D’Avennes, Collinot e De Beaumont e Castellazzi. Vedi i riferimenti delle opere già elencati nel testo. 34 MELANI 1907, p. 9.

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Khaldûn»35. Approfondisce la produzione della ceramica arabo-sicula e la tecnica della lavorazione a lustro (citando Jaquemart e Daviller)36 e parla della ceramica persiana facendo il paragone con la porcellana cinese, riportando esempi e segnalando manuali specifici anche sull’arte cinese37. Nel 1918 viene pubblicata l’opera su L’arte di distinguere gli stili, in tre volumi, ognuno dedicato a materiali diversi: I, Architettura e scultura applicata; II, Legni e metalli (1919); III, Vetri, ceramiche, tessuti e varie (1921). In ognuno di essi Melani dedica dei capitoli all’arte islamica, relativamente alla produzione di determinati manufatti. Illustra alcune «opere tipiche», attraverso le quali spiegare le tecniche decorative e l’ornamento. Nel terzo volume, dedica circa trenta pagine allo «stile musulmano»; qui la lista degli oggetti islamici presenti nelle collezioni italiane ed europee è molto lunga, riguardando musei come la Galleria Estense di Modena o il Poldi Pezzoli di Milano, fino al Musée de Cluny di Parigi38. L’intento didattico è raggiunto. Nonostante sia evidente la difficoltà di trascrizione dei termini in arabo traslitterato, la conoscenza e la successione storica delle varie dinastie islamiche è chiara e ben distinta, anche geograficamente, così come appare chiara anche la localizzazione dei monumenti citati. Melani elogia l’estetica musulmana, affermando come essa non sia seconda a quella di nessun altro popolo, e pone l’accento su come i musulmani giungano ad esprimere, nei loro vari idiomi, una stessa cultura e una stessa arte, arabica, moreca, persiana e turco-ottomana (quest’ultima, la turco-ottomana, definita come sorta di eclettismo artistico, e come ramo stilistico imbastardito)39. Melani ribadisce come il vero stile musulmano sia solo quello dell’Egitto, che chiama il ramo arabico, e come tutto il resto sia artificio. Propone un elenco di nomi di dinastie,

35 MELANI 1907, p. 179. 36 JAQUEMART 1866; DAVILLER 1861. 37 YL-TCHOU 1910; E. MEW, The Bennet collection of Chinese Porcelain, in «The Magazine of Fine Arts», 1906. 38 MELANI 1921. 39 MELANi 1921, p. 262.

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e si sofferma in particolare sui Fatimidi (909-1169) che definisce signoria «estetica», in quanto essi furono iniziatori dello stile arabico, da cui non si può prescindere se si vogliono conoscere bene le forme musulmane40. Si concentra quindi sull’elemento a stalattite, sul poligonismo geometrico e soprattutto affronta, in dettaglio, l’elemento calligrafico, che non aveva approfondito nei testi precedenti (figg. 18-22). Parla della calligrafia che «prorompe come un canto di gioia»41. Tenta di spiegare, anche se con imprecisione, l’esistenza dei diversi stili calligrafici, parlando del naski42. Commenta: «quando lo stile musulmano non si conosceva, la calligrafia si confuse con l’arabesco e si riprodusse decorativamente persino sulle immagini dei santi. Argomento scabroso»43. Le sue pagine proseguono con una serie di rimandi ai cataloghi e ai manuali stranieri, per giungere, in conclusione, al paragrafo sulle cosiddette «opere tipiche», dove Melani propone gli esempi migliori di manufatti islamici. La scientificità dei testi finora commentati risulta notevole, anche se in Italia dovremo comunque aspettare il primo quarto del Novecento per vedere date alle stampe le prime ricerche modernamente affidabili che dimostrino un grado di conoscenza maggiore dell’argomento44. Per fare un esempio concreto della trasposizione dei repertori ornamentali islamici nella decorazione degli oggetti, possiamo ricordare la produzione Castellani. Ad essa appartengono alcune mattonelle in cui si ritrovano esattamente i motivi di un

40 MELANI 1921, p. 252. Alla pagina 264 cita anche il testo italiano di Vincenzo Fago, Arte Araba, Roma 1909. 41 MELANI 1921, p. 257. 42 Parla di cufico, naski e calligrafia carmatica. Non specifica le differenze e rimanda ad un’immagine dicendo «… i disegni illuminino e i riferimenti in nota chiariscano». MELANI 1921, p. 258. 43 Probabilmente fa riferimento alle iscrizioni pseudo-cufiche o pseudo-scritte, che compaiono in alcuni affreschi e dipinti del ‘300 italiano (Giotto e Gentile da Fabbriano) sul bordo delle vesti e sulle aureole dei santi. Vedi G. CURATOLA, Con più color, sommesse e sovrapposte non fer mai drappi Tartari né Turchi, in E. CARBONELLI-R.CASANELLI-T. VOLEUAUS, 2003, pp.169-179. 44 M.V. FONTANA, Arti e Archeologia, in La Presenza arabo-islamica nell’editoria italiana, «Quaderni di Libri e Riviste d’Italia», 44, Roma 2000, pp. 145-155.

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pannello Iznik pubblicato su una tavola di Prisse d’Avennes (figg. 23-24), oppure un piatto con pesci a rilievo sul fondo, esatto richiamo alla tavola con bacino di bronzo mamelucco (sempre di Prisse d’Avennes, figg. 25-26). Ugualmente, la produzione di piatti di Pio Fabri risulta davvero notevole nella precisa imitazione degli ornati islamici45 (figg. 27-28). In chiusura ritengo utile richiamare l’attenzione su una mostra conclusa lo scorso anno al Musée des Beaux-Arts di Lione: Le génie de l’Orient. L’Europe moderne et les arts de l’Islam46, che ha affrontato il tema dell’arte islamica in Occidente attraverso due concetti, quello di orientalismo e quello di islamofilia; laddove per islamofilia si intendeva l’interiorizzazione e la passione per l’ornato islamico, mentre per orientalismo il sogno e l’evasione espressi nelle ambientazioni esotiche dei dipinti. Due esempi? Per l’orientalismo la tela Le Bain maure di Gérôme (1870), frutto di finzione e astrazione; per l’islamofilia una cromolitografia di Jules Bourgoin (1873), dove si apprezzava il puro decoro musulmano, decontestualizzato e dematerializzato (figg. 29-30). Due modi diversi di rappresentare lo stesso Oriente.

45 G. MANNA, Suggestioni del mondo islamico nella ceramica romana di fine Ottocento, in CRISTINI, MANNA, BURANELLI 2008, pp. 46-52. 46 GAILLARD-WALTER 2010; LABRUSSE 2011.

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ERCULEI 1887 = R. Erculei, Esposizioni retrospettive e contemporanee di industrie artistiche. Esposizione del 1887: tessuti e merletti, catalogo della mostra ( Roma, Museo Artistico Industriale, 1887), Roma 1887.

ERCULEI 1889 = R. Erculei, Esposizioni retrospettive e contemporanee di industrie artistiche. Esposizione del 1889: arte ceramica e vetraria, catalogo della mostra ( Roma, Museo Artistico Industriale, 1889), Roma 1889.

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FUSCO, SCARPATI 1997 = M.A. FUSCO, M.A. SCARPATI, Uno sguardo ad Oriente. Il mondo islamico nella grafica italiana dall’età neoclassica al primo Novecento, (Roma marzo-aprile 1997), Roma 1997.

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LAVOIX 1875 = H. LAVOIX, Les Arts Musulmans, in «Gazzette des beaux-arts», Paris 1875, pp. 97- 114.

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ODESCALCHI 1872 = B. ODECALCHI, Il Museo d’Arte Industriale di Vienna, in «Nuova Antologia», V, 1872, pp. 580-594.

ODESCALCHI, ERCULEI 1880 = B. ODESCALCHI, R. ERCULEI, Il movimento artistico industriale in Inghilterra, nella Francia e nel Belgio e istituzioni tese a promuoverlo, Roma 1880.

PALMA-VENETUCCI 2011 = B. PALMA-VENETUCCI (a cura di), Il Fascino dell’Oriente. Nelle collezioni e nei Musei d’Italia, catalogo della mostra (Frascati, Scuderie Aldobrandini, 12 dicembre 2010-27 febbraio 2011), Roma, Artemide 2011.

PARMA 1871 = Atti ufficiali del primo Congresso Artistico Italiano, Parma 1871.

PARVILÉE= L. PARVILLÉE, Architecture et decoration turque, Parigi 1874. PATETTA 1975 = L. PATETTA, L’architettura dell’eclettismo: fonti, teorie,

modelli, 1750-1900, MILANO 1975. PICONE PETRUSA 1988 = M. PICONE PETRUSA, Le grandi esposizioni in

Italia. 1850-1911, Napoli 1888. PRISSE D’AVENNES 1877 = E. PRISSE D’AVENNES, L’Art Arabe

d’apres les monuments du Caire, Parigi1877. RACINET 1869 = A. RACINET, L’Ornement Polychrome, PARIGI 1869.

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V. COLONNA

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RAIMONDI 1990 = G. RAIMONDI, Il Museo Artistico Industriale di Roma e le sue scuole, in «Faenza. Bollettino del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza», LXXVI, 1-2, 1990, pp. 18-40.

RETROSI 1884 = E. RETROSI, I Musei e le Scuole artistico-industriali, in «Arte e Storia», VIII, n. 50, 1884, pp. 393-394;

SERRA 1934 = L. SERRA, Il Museo Artistico Industriale, Roma 1934. SOMERS COOK 1980 = A. SOMERS COOK, Victoria and Albert Museum.

The making of the collection, Winword 1980. YL-TCHOU, HACKIN 1910 = V.T. YL-TCHOU, J. HACKIN, La peinture

chinoise au musée Guimet, Parigi 1910. VACHON 1888 = M. VACHON, Rapports sur les musées et les ècoles d’art

industriel et sur la situation des industries artistiques en Belgique et Holland, Paris 1888.

ZACCAGNINI 2011 = M. ZACCAGNINI, Arti Decorative. Galleria Nazionale d’Arte Antica Palazzo Barberini, «L’Erma» di Bretschneider, Roma 2011.

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Didascalie 1. “Bazar orientale” alle Esposizioni riunite di Milano del 1894. Da

Le Esposizioni Riunite di Milano del 1894, Milano 1895. 2. “Salotto in stile arabo” presentato da Giuseppe Parvis

all’Esposizione Italiana del 1881 a Milano. Da L’Esposizione Italiana del 1881 in Milano, Milano 1881.

3. Il chiosco della ditta di marmi Candiani e Compagni, disegnato dall’architetto Maciachini. Da Milano e l’Esposizione Nazionale del 1881, Milano, fratelli Treves 1881.

4. Il Padiglione della ditta Talmone. Da L’Esposizione Nazionale di Torino 1898, Torino, ed. Roux e Frassati, 1898.

5. Scorcio della ricostruzione di un quartiere del Cairo. Da l’Esposizione Illustrata di Milano del 1906, Milano, Sonzogno, 1905-1906.

6. Festa del cenacolo artistico di Roma, caffè arabo. Da La Tribuna Illustrata, n.10 marzo 1892

7. Esposizione d’arte ceramica e vetraria, Roma 1889, incisione di Dante Paolucci per l’Illustrazione Italiana, n. 16, 1889. Da Cristini-Manna-Buranelli 2008.

8. Mauresque n. 1, da Jones 1856, pl. XXXIX. 9. Art persan. Faïence, da Racinet 1869-1870, pl. 22. 10. Mattonella persiana. Acquarello del Museo Artistico Industriale di

Roma. Da C. Boito, Arte Italiana Decorativa e Industriale, 1908, tav. 32

11. Frontespizio. Da C. Boito, Ornamenti di tutti gli stili, Milano 1881. 12. Ornamenti moreschi dell’Alhambra, da Boito 1881, tav. 31 13. Ornamento moresco dell’Alhambra, da Boito 1881, tav. 34 14. Frontespizio. Da A. Melani, Decorazioni e Industrie Artistiche, Milano

1888. 15. Ornamento di un soffitto dell’Alhambra, da Melani 1888, fig. 44.

Da Melani 1888. 16. Bacino di metallo, XIII sec., fig. 46, da Melani 1888. 17. Tappeto persiano, Museo Nazionale di Monaco, fig. 45, da Melani

1888. 18. Intreccio geometrico o “poligonismo arabico”. Da Melani 1921,

fig. 86 19. Arabeschi in rosoni, da Melani 1921, fig. 87. 20. Calligrafia musulmana naskhi, da Melani 1921, fig. 92. 21. Vaso del Maghreb, da Melani 1921, fig. 94. 22. Stoffa persiana, da Melani 1921, fig. 104.

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23. Pannello di mattonelle con motivo Iznik dal testo di Prisse D’Avennes 1877, tav. CXXIII

24. Guglielmo Castellani, piastrella dipinta a motivi floreali stile Iznik, 1887, terraglia, cm. 38x49. Collezione privata. Cristini 2007, p. 128.

25. Prisse D’Avennes 1877, Sédrieh du Soultan Mohammed-Ben-Qalâoun, XIV siècle, tav. CLXVII

26. Guglielmo Castellani, Piatto con pesci a rilievo, 1884, terraglia, diam. Cm. 44,7. Collezione privata. Da Cristini-Manna-Buranelli 2008.

27. Oggetti in rame riprodotti sul testo di Prisse d’Avennes 1877, tav. CLXV

28. Pio Fabri, piatto, collezione Ricci-Saraceni. Da Cristini-Manna-Buranelli 2008.

29. Le Bain maure, 1870, J.L. Gérôme, Boston, Museum of Fine Arts, inv. 24.217, da Labrusse 2011.

30. Plafonds, détails divers, da J. Bourgoin 1868-1873, pl. 67, da Labrusse 2011.

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