CAPITOLO 1 FISIOLOGIA DEL CUORE EDELLA CIRCOLAZIONE · polmonare arteria polmonare auricola sx...

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CAPITOLO 1 FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE 1.1) ANATOMIA CARDIACA: L’ESSENZIALE Il cuore è un organo muscolare cavo accolto nel mediastino anteriore, di forma conoide tronca, parzialmente rico- perto dai polmoni; è collocato sul muscolo inspiratore diaframma. Normalmente il cuore si dispone sull’as- se longitudinale, con una direzione obli- qua da destra a sinistra, dall’alto in basso e dal dietro in avanti. Rispetto al suo asse si trova ruotato disponendo il ventricolo destro in posizione ventrale ed il ventricolo sinistro in posizione par- zialmente dorsale. Nel normotipo è disposto per 2/3 nell’emitorace sinistro e per 1/3 in quello destro: la sua lun- ghezza e larghezza è mediamente di 14 e 13 cm, il volume cor- risponde a 600-800 ml ed il peso è di circa 300-350 grammi; questi valori possono cambiare notevolmente in funzione delle caratteristiche antropometriche soggettive (normotipo), del sesso, dell’età, di processi di adattamento allo sforzo (cardio- megalia da sforzo), oppure per la presenza di determinate patologie in grado di alterare la normale architettura dell’orga- no. Anatomicamente e funzionalmente il cuore è diviso in due parti: il cuore destro ed il cuore sinistro sono infatti separati da una parete longitudinale chiamata setto che, a sua volta, è divi- sa da una seconda parete che le è sostanzialmente perpendi- colare: suddiviso così, il cuore presenta dunque 4 cavità di diverse dimensioni, gli atri ed i ventricoli separati dai setti inte- ratriale e interventricolare. Il cuore funziona come una doppia pompa in serie e ciascuna pompa è costituita da due camere, 7 DAVIDE GOROLA a. anonima arco aortico vena cava superiore atrio dx solco coronario ventricolo dx arteria carotide comune sx arteria succlavia sx ramo sx arteria polmonare arteria polmonare auricola sx solco coronario arteria coronaria sx ventricolo sx solco longitudinale anteriore FIG 1 cuore: faccia sterno-costale.

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CAPITOLO 1

FISIOLOGIA DEL CUORE

E DELLA CIRCOLAZIONE

1.1) ANATOMIA CARDIACA: L’ESSENZIALE

Il cuore è un organo muscolare cavo

accolto nel mediastino anteriore, di

forma conoide tronca, parzialmente rico-

perto dai polmoni; è col locato sul

muscolo inspiratore diaframma.

Normalmente il cuore si dispone sull’as-

se longitudinale, con una direzione obli-

qua da destra a sinistra, dall’alto in

basso e dal dietro in avanti. Rispetto al

suo asse si trova ruotato disponendo il

ventricolo destro in posizione ventrale

ed il ventricolo sinistro in posizione par-

zialmente dorsale. Nel normotipo è

disposto per 2/3 nell’emitorace sinistro

e per 1/3 in quello destro: la sua lun-

ghezza e larghezza è mediamente di 14 e 13 cm, il volume cor-

risponde a 600-800 ml ed il peso è di circa 300-350 grammi;

questi valori possono cambiare notevolmente in funzione delle

caratteristiche antropometriche soggettive (normotipo), del

sesso, dell’età, di processi di adattamento allo sforzo (cardio-

megalia da sforzo), oppure per la presenza di determinate

patologie in grado di alterare la normale architettura dell’orga-

no. Anatomicamente e funzionalmente il cuore è diviso in due

parti: il cuore destro ed il cuore sinistro sono infatti separati da

una parete longitudinale chiamata setto che, a sua volta, è divi-

sa da una seconda parete che le è sostanzialmente perpendi-

colare: suddiviso così, il cuore presenta dunque 4 cavità di

diverse dimensioni, gli atri ed i ventricoli separati dai setti inte-

ratriale e interventricolare. Il cuore funziona come una doppia

pompa in serie e ciascuna pompa è costituita da due camere,

7

DAVIDE GOROLA

a. anonima

arco aortico

vena cavasuperiore

atrio dx

solcocoronario

ventricolo dx

arteria carotidecomune sx

arteria succlavia sx

ramo sx arteriapolmonare

arteria polmonare

auricola sx

solco coronario

arteria coronaria sx

ventricolo sx

solcolongitudinaleanteriore

FIG 1cuore: faccia

sterno-costale.

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l’atrio ed il ventricolo; gli atri hanno

la funzione di raccolta del sangue,

ma eseguono anche una modesta

azione di pompaggio che facilita il

passaggio del sangue nei rispettivi

ventricoli: vengono quindi considera-

te come delle semplici pompe d’in-

nesco dei ventricoli. La funzione

delle camere atrial i si apprezza

soprattutto sottosforzo quando il

contributo atriale diventa più marca-

to; i ventricoli sono le vere pompe

muscolari che sostengono la circola-

zione. La parete del cuore è costitui-

ta da 3 strati che dall’interno all’ie-

sterno sono l’endocardio, il miocar-

dio e il pericardio viscerale; quest’ultimo costituisce una mem-

brana sierosa che si separa dal pericardio parietale tramite l’in-

terposizione di una piccola quantità di ultrafiltrato plasmatico

(20-50 ml). Il pericardio riduce gli attriti con le strutture vicine

impedendo la torsione dei grandi vasi e impedisce la dilatazio-

ne eccessiva delle pareti cardiache in caso di ipervolemia

(aumento dei liquidi circolanti) ed esercizio fisico strenuo e

favorisce il riempimento degli atri. Il miocardio è costituito da

cellule muscolari striate che

hanno caratteristiche assai

simil i a quelle del le cel lule

muscolari scheletriche; rispetto

a quest’ultime sono però più

sottili e sono a loro volta com-

poste da multipli fasci incrociati

di miofibrille disposte in serie

nel senso della lunghezza; le

membrane cellulari di alcune

cellule adiacenti formano parti-

colari margini chiusi chiamati

“dischi intercalari” che attra-

versano obliquamente il miocar-

dio. Una regione di questi

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

vene polmonari sxa. polmonare

aorta

atrio sx

vene polmonari dx

solcocoronario

vena cavainferiore

ventricolo dx

margine acutoventricolo sx

FIG 2Faccia cardiacadiaframmatica.

FIG 3Schema del sistema di conduzione.

fascio di His

ramo penetrante

branca delfascioprincipale sx

settointerventricolare

nodo senoatriale

nodo A-V

fascio dx

dischi, detta giunzione serrata, permette un contatto funzionale

tra una cellula e l’altra, a bassissima resistenza elettrica, grazie

al quale gli ioni possono passare con grande facilità, così che

l’impulso elettrico (che sostiene la contrazione muscolare) può

propagarsi di fibra in fibra, anche lateralmente: il miocardio si

presenta così come un “sincizio funzionale”. Come nel musco-

lo scheletrico, la contrazione è determinata, secondo il modello

dell’avanzamento-scorrimento (walk-along), dall’interazione

dell’actina con la miosina (formazione di ponti tra actina e mio-

sina). La contrazione cardiaca è correlata alla presenza di

Calcio ionico che, legandosi alla troponica C, permette la varia-

zione morfologica della troponina che a sua volta espone i siti

di legame actinici (vedi fisiologia muscolare). A questo livello è

importante sapere che la contrazione cardiaca è strettamente

legata alla concentrazione di calcio extracellulare.

1.2) LE CORONARIE

Le coronarie sono le prime arterie che nascono dall’aorta (seni

di Valsalva) e garantiscono la perfusione dell’epicardio. Esse

sono in numero di due, la coronaria sinistra e quella destra. La

coronaria di sinistra è costituita da un tronco comune che si

biforca in due rami: l’arteria interventricolare anteriore che

giunge sino l’apice cardiaco e l’arteria circonflessa che decorre

lungo il solco atrioventricolare posteriore.

La coronaria destra decorre lungo il solco atrioventricolare

anteriore per arrivare sino al crux cordis (nel quale si congiun-

gono gli atri ed il solco atrioventricolare posteriore); essa

decorre sino a tale solco e nel ramo interventricolare posterio-

re e che perfonde la parete postero-basale del setto interven-

tricolare.

L’occlusione trombotica del tronco comune (stenosi) costitui-

sce un evento di notevole gravità, che può compromettere la

vita del soggetto (Infarto miocardio acuto, morte improvvisa).

Durante il periodo diastolico, le coronarie sono perfuse e le

pareti del cuore vengono nutrite. Durante la sistole le corona-

rie sono invece “spremute” dal miocardio in contrazione.

Questo fenomeno emodinamico fisiologico riveste un’impor-

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DAVIDE GOROLA

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tanza fondamentale in quanto nelle tachiacardie la diminuzione

del tempo diastolico per conseguente incremento di quello

sistolico determina una diminuzione del flusso ematico corona-

rio.

Il flusso coronarico normale di un cuore a riposo assume valori

medi pari a 50-55 ml/100 g di miocardio ma può raggiungere i

300-350 ml/100g di miocardio durante gli sforzi intensi.

1.3) METABOLISMO DEL CUORE

Il cuore non contrae mai un debito di ossigeno di tipo lattacido

ed in grado, sottosforzo, di utilizzare l’acido lattico a scopi

energetici anche di provenienza muscolare. Durante lo sforzo

l’aumento delle richieste metaboliche del miocardio è sostenu-

to dalla vasodilatazione delle coronarie; l’aumento delle richie-

ste metaboliche è proporzionale al grado di lavoro richiesto dal

cuore, che durante lo sforzo aumenta la sua frazione d’eiezio-

ne anche dell’80% (vedi oltre). In condi-

zioni di anaerobiosi il contributo dell’aci-

do lattico per la produzione dell’energia

miocardia è notevole (50%). Il consumo

di ossigeno del miocardio (MVO2 rap-

presenta il 5-8% del metabolismo a ripo-

so, equivalente a circa 10 ml di ossigeno

per 100 g di ventricolo (è misurato trami-

te la valutazione del flusso coronarico e

dalla composizione in ossigeno del san-

gue arterioso e del sangue venoso

refluo del seno coronarico). Il miocardio

possiede anche uno spiccato metaboli-

smo aerobico, dimostrabile dal grande

numero di mitocondri presenti nel tessu-

to.

1.4) GRANDE E PICCOLA

CIRCOLAZIONE

L’atrio destro, disposto sul suo asse

maggiore perpendicolarmente, è di

forma ovale e raccoglie il sangue venoso

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

FIGURA 4

schema dellacircolazione:

1- atrio sx2- ventricolo sx

3- aorta4--intestino

5- arti inferiori9- fegato

12- polmoni17- dotti linfatici

superiormente dalla vena cava superiore (sangue refluo dagli

arti superiori), inferiormente dalla vena cava inferiore (sangue

refluo della parte inferiore del corpo) e posteriormente dal

seno coronario (sangue proveniente dalle pareti cardiache).Il

ventricolo destro ha una forma piramidale con una base a

semiluna e pompa il sangue nell’arteria polmonare del circolo

polmonare che rappresenta un sistema a bassa pressione

media (circa 15 mmHg); nel circolo polmonare (o piccola circo-

lazione) il sangue da venoso riacquista ossigeno cedendo ani-

dride carbonica e giunge all’atrio sinistro tramite quattro vene

(vene polmonari, prive di valvole, due per ciascun lato dell’atrio

sinistro che rappresenta la porzione più estesa della base car-

diaca). Le vene polmonari hanno anatomicamente un tragitto

orizzontale rispetto alle vene cave e così disposte formano la

cosiddetta “croce venosa” cardiaca. L’arteria polmonare è l’u-

nica “arteria” che trasporta sangue venoso, mentre le vene

polmonari sono le uniche vene che veicolano sangue ossigena-

to (questo significa comunque che le arterie sono i vasi che si

dipartono dal cuore e le vene sono i vasi che giungono al

cuore). Il ventricolo sinistro è cuneiforme ma può assumere,

negli atleti di endurance o in determinate condizioni para-fisio-

logiche o francamente patologiche, un aspetto più arrotondato

e globoso. La massa ventricolare sinistra, normalmente è com-

presa tra i 160 e i 230 grammi, mentre il volume telediastolico

ventricolare (ventricolo riempito durante la diastole) è compre-

so tra gli 80 e i 120/130 ml. Il ventricolo sinistro pompa san-

gue nell’aorta (inizio della grande circolazione o circolazione

sistemica).

IL SISTEMAARTERIOSO L’aorta appena nata dal cuore forma un arco (arco aortico) e

prosegue posteriormente al cuore (aorta discendente) e a livel-

lo lombare si divide nelle due arterie iliache. Verso la periferia

le arterie diminuiscono anatomicamente sempre più il loro cali-

bro (arteriole) sino alla formazione dei capillari che sono i com-

ponenti della circolazione nei quali avvengono gli scambi tra il

sangue e l’interstizio; i metaboliti vengono poi raccolti dalle

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DAVIDE GOROLA

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venule che raggiungendo il cuore diventano sempre più grandi

(vene di medio calibro) sino a formare le vene cave confluenti

nell’atrio destro. Le funzioni della circolazione sistemica sono:

di trasporto, metaboliche e riguardanti i fenomeni della termo-

regolazione. Attraverso il circolo, il sangue trasporta le sostan-

ze nutritive e l’ossigeno così che a livello cellulare possano

avvenire le reazioni biochimiche (metabolismo); la circolazione

sostiene i fenomeni di termoregolazione: l’organismo umano

sopravvive se mantiene costante e in equilibrio le proprie fun-

zioni (si parla infatti di omeostasi pressoria, glucidica etc) tra le

quali quelle riguardanti la temperatura interna (circa 37°C). La

termoregolazione è fondamentale quando il corpo deve perde-

re calore (ad esempio durante il lavoro muscolare) o quando

deve trattenerlo (ad esempio) in condizioni climatiche avverse;

i vasi sanguigni, in particolare le arteriole sono in grado di

modulare il loro calibro per il mantenimento dell’equilibrio ter-

mico (vasodilatazione o vasocostrizione).

La capacità delle arteriole di essere modulate (attraverso gli

stimoli del sistema nervoso) è di fondamentale importanza

anche per motivi strettamente funzionali, ovvero dipendenti da

specifiche esigenze metaboliche o emodinamiche che verran-

no esposte più avanti. Riassumendo quindi la grande circola-

zione (circolazione sistemica) parte dal ventricolo sinistro e ter-

mina nell’atrio destro; dal ventricolo destro invece nasce la pic-

cola circolazione dove il sangue riacquista ossigeno per poi

raggiungere il cuore a livello del-

l’atrio sinistro.

Il sistema venoso rappresenta

dunque un sistema ad alta

capacità (contiene infatti grandi

quantità di sangue) e a bassa

resistenza (pressione sangui-

gna); viceversa il sistema arte-

rioso costituisce un sistema ad

alta resistenza e a bassa capa-

cità. La circolazione è caratte-

rizzata dall’unidirezionalità del

flusso che è garantita dalla pre-

senza di valvole che ne impedi-

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

FIGURA 5

Pianovalvolare

scono il reflusso. Come vedremo la quota di sangue che ritor-

na al cuore (ritorno venoso) e quella che viene pompata (post-

carico) si influenzano vicendevolmente: questo dimostra che la

circolazione costituisce un “sistema chiuso” nel quale la

pompa cardiaca è l’elemento determinante ma non esclusivo.

Quindi è bene ricordare che le funzioni della circolazione sono:

• Trasporto

• Metabolismo

• Economia termica

1.4.2) LA CONTRAZIONE CARDIACA

Il battito cardiaco ha origine in condizioni fisiologiche da una

piccola porzione di un tessuto chiamato “miocardio specifico

di conduzione”, costituito da delle cellule dotate della capacità

di autoeccitarsi. L’impulso generato dalle cellule del miocardio

specifico permette la contrazione della muscolatura propria

degli atri e dei ventricoli (miocardio proprio o comune). Il mio-

cardio proprio ha caratteristiche assai simili a quelle del

muscolo scheletrico ma rispetto a quest’ultimo lo stato di atti-

vazione dura più a lungo ed è un tessuto costituito da cellule

disposte in maniera tale da diffondere efficacemente l’impulso

elettrico (sincizio elettrico).

Il potenziale d’azione è un evento sostenuto da correnti ioniche

che depolarizzano e ripolarizzano la cellula; il potenziale di ripo-

so è caratterizzato da una condizione in cui la parte interna

della membrana cellulare risulta essere negativa (all’interno

della cellula ci sono gli ioni K+, all’esterno gli ioni Na+ in gran-

de quantità). La depolarizzazione e lo stato di depolarizzazione

è caratterizzato da un inversione di queste proporzioni e dun-

que da un entrata massiva di cariche positive all’interno della

cellula (ioni Na+ e Ca++).

Il pacemaker fisiologico (normale) da cui si diparte l’impulso

elettrico è situato nella parete posteriore dell’atrio destro, vici-

no allo sbocco della vena cava superiore ed è chiamato nodo

senoatriale (SA). In queste cellule in realtà non si registra un

vero e proprio potenziale di riposo. Durante la diastole (perio-

do di rilasciamento cardiaco) le cellule del nodo SA sono in

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DAVIDE GOROLA

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una fase di depolarizzazione che procede lentamente, poi con

l’apertura dei canali per il calcio all’interno della cellula entrano

cariche positive che sostengono il potenziale d’azione; la fase

di ripolarizzazione è invece sostenuta da una progressiva ridu-

zione dell’entrata di sodio e calcio ioni e da una corrente (I) in

uscita di cariche positive (ioni K+) che rendono l’interno della

cellula ancora negativo.

Dunque l’autoritmicità, caratteristica peculiare delle cellule del

miocardio specifico dipende da questi tre fattori:

• Esaurimento della corrente iperpolarizzante (IK+)

• Comparsa di una corrente di depolarizzazione (I dep dovu-

ta al Na+)

• Sviluppo ed entrata della corrente sostenuta dal Calcio

(ICa++)

Quindi la stimolazione miocardia è detta “depolarizzazione” ed

è costituita da un’onda di cariche positive all’interno della cellu-

la; durante la fase di “ripolarizzazione” le cellule miocardiche

riacquistano la carica negativa all’interno di ogni cellula. Ma

bigogna tener bene presente che la ripolarizzazione è un feno-

meno esclusivamente elettrico, nel quale le cellule del miocar-

dio sono a riposo da un punto di vista fisico (le onde di depola-

rizzazione o di attivazione e le onde di ripolarizzazione sono

registrate dall’elettrocardiogramma ECG: ad esempio l’onda P

corrisponde alla depolarizzazione degli atri, il complesso QRS

corrisponde all’attivazione-contrazione ventricolare, l’onda T e

la ripolarizzazione ventricolare).

In pratica possiamo dire che l’autoritmicità è dovuta alla scarsa

“tenuta” della membrana delle fibre del nodo SA al sodio ioni-

co, tale da rendere il potenziale di riposo (che in pratica non

esiste) meno negativo rispetto a quello delle fibre muscolari

miocardiche (-55mV). Al nodo SA giungono le fibre del sistema

nervoso parasimpatico (vago) e del sistema simpatico (adre-

nergiche). Il sistema vagale produce il rallentamento della fre-

quenza cardiaca, viceversa le catecolamine l’aumentano (effet-

to cronotropo positivo). Se il nodo SA non esplica perfetta-

mente la sua funzione, insorgono dei focolai potenziale (pace-

maker ectopici) che si assumono la responsabilità di condurre

il ritmo cardiaco (possono essere dislocati in ogni parte del

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

cuore). L’impulso partito dal nodo SA giunge al nodo AV (atrio-

ventricolare) situato al di sopra del piano della valvola tricuspi-

de, nel quale la conduzione si rallenta. La contrazione degli atri

è in anticipo rispetto a quella ventricolare e permette a questi

di riempire le camere ventricolari. Dal nodo AV si origina il

fascio di His (o fascio AV) che percorre la parete del setto

interventricolare, giunge alle porzioni distali dando origine a

due ramificazioni la branca destra e la branca sinistra che a

loro volta si sfioccano nel sistema periferico di conduzione

(fibre del Purkinje) il quale permette la quasi contemporanea

trasmissione dell’impulso (onde di depolarizzazione) all’endo-

cardio dei due ventricoli.

Il potenziale d’azione (onde di depolarizzazione e ripolarizzazio-

ne) delle cellule del miocardio comune è caratterizzato da 5

fasi (alle quali corrispondono varie onde dell’ECG. La fase di

ascesa rapida di depolarizzazione (fase 0) è sostenuta dai

canali sodio-calcio rapidi; l’inizio della fase di ripolarizzazione è

rapida (fase 1) ma poi si mantiene costante (plateau, fase 2)

tipico delle cellule cardiache permesso dai canali calcio sodio

lenti e dalla diminuzione della permeabilità agli ioni K+ di 5

volte durante il potenziale d’azione. La fase 3 è caratterizzata

da una corrente in uscita del potassio K+ e quindi dal ripristino

della negatività intracellulare (ripolarizzazione rapida). Il ritorno

alla fase 4 è rappresentato dal ripristino dell’equilibrio ionico e

dello stato di riposo con bassi livelli e alti livelli intracellulari

rispettivamente di Na+ e K+.

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DAVIDE GOROLA

FIGURA 6

Elettrocardiogrammanormale con relative

onde ed intervalli.

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CENNI DELL’ELETTROCARDIOGRAMMA (ECG)L’ECG registra l’attività elettrica del cuore, quindi le onde di

depolarizzazione e ripolarizzazione. L’ECG viene registrato su

una striscia di carta quadrettata scorrevole (velocità 25 mm/s)

verso l’ago di registrazione. Le più piccole suddivisioni sono

lunghe un millimetro e larghe un millimetro. Per convenzione le

deflessioni positive sono verso l’alto e quelle negative verso il

basso (le onde di depolarizzazione, onda di carica positiva è diret-

ta verso l’alto sull’ECG). Sulla carta millimetrata ci sono 5 quadra-

ti piccoli tra le lineee marcate in neretto. La quantità di tempo rap-

presentato tra le due linee marcate è di 0,2 secondi (ogni piccola

suddivisione o millimetro corrisponde a 0,04 sec, una deflessione

corrisponde al voltaggio (1 cm= 1 mV).

ONDE ED INTERVALLILe onde principali registrate dall’ECG alle quali corrispondono

delle fasi del ciclo cardiaco (vedi fig. 6) sono le seguenti:

• Onda P (depolarizzazione atriale, 80 ms)

• Complesso QRS (depolarizzazione ventricolare, 60-100 ms)

• Onda T (ripolarizzazione ventricolare, avviene nello stesso

senso della depolarizzazione perché procede in direzione

inversa ovvero dall’epicardio all’endocardio; durata 180-

200 ms)

• Intervallo PQ (tempo impiegato dall’onda di depolarizzazio-

ne atriale a raggiungere il ventricolo ed è influenzato dalle

fibre del nodo AV che rallentano la progressione; durata

120-200 ms)

• Tratto ST (corrisponde alla fase 3 del ciclo cardiaco cioè

alla fase di eiezione ventricolare e coincide con la fase 2

del potenziale d’azione; dura mediamente 300 ms)

Queste onde ed intervalli possono variare in condizioni di alte-

razioni del ritmo dovute ad aumenti fisiologici dell’attività car-

diaca o ad anomalie patologiche (disturbi del ritmo, disturbi

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

della conduzione, anomalie strutturali del cuore). Ad esempio il

tessuto miocardio sottoposto ad infarto (necrotico) è maggior-

mente sensibile all’azione simpatica (eccitatoria) e possiede un

aumento della concentrazione intracellulare di calcio (fase 2 del

potenziale d’azione): tutto questo concorre ad incrementare la

possibilità di insorgenza di pericolose aritmie come la fibrillazio-

ne ventricolare che può condurre all’exitus. In questi casi si

usano dei farmaci antiaritmici come i calcioantagonisti. In altre

situazioni è necessario ridurre il ritmo cardiaco agendo sui

recettori Beta sui quali agiscono le catecolamine eccitatorie

simpatiche (utilizzo dei Beta-bloccanti).

1.5) IL CICLO CARDIACO: IL FUNZIONAMENTO DEL

CUORE

Il cuore funziona come due pompe intermittenti che sostengo-

no la grande e la piccola circolazione; il sincronismo delle due

pompe è fondamentale per il mantenimento del sistema stes-

so. La contrazione cardiaca è chiamata sistole mentre la fase

di rilasciamento è denominata diastole. Il ciclo cardiaco è il

periodo compreso tra l’inzio di una sistole (o di una diastole) e

l’inizio della successiva. La frequenza media di contrazione di

un individuo sano a riposo e non allenato equivale a circa 70

battiti/min e diminuisce progressiva-

mente con l’età; a questa frequenza

la sistola dura circa 270 ms e la dia-

stole 530 ms. Il ciclo cardiaco può

essere diviso in quattro fasi susse-

guenti che vengono qui descritte a

partire dalla diastole.

1) Riempimento ventricolare

Durante la diastole il cuore è rilascia-

to ed il sangue raggiunge i ventricoli

in quanto le valvole interposte tra gli

atri ed in ventricoli (valvole atrioven-

tricolari) sono aperte. Nel cuore sini-

stro si trova la valvola mitrale; a

destra tra l’atrio ed il ventricolo si

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DAVIDE GOROLA

FIGURA 7

Diastole(Schema)

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trova invece la valvola tricuspide. In questa fase il sangue pro-

viene dalle vene cave (ritorno venoso) e giunge all’atrio destro;

contemporaneamente l’atrio sinistro si riempie tramite il san-

gue giunto attraverso le 4 vene polmonari (sangue ossigenato

proveniente dal piccolo circolo). All’inizio il riempimento è rapi-

do a cui segue una fase più lenta (diastasi); nell’ultima fase

chiamata telediastole, avvengono le contrazioni atriali che

determinano un ulteriore incremento del volume e delle pres-

sioni ventricolari (prima della contrazione atriale il sangue

aveva già raggiunto i ventricoli per il 75%). La contrazione

atriale è rappresentata dall’onda P dell’elettrocardiogramma

(ECG); l’onda P dura in media 80 ms. L’intervallo compreso tra

l’inizio dell’onda P e l’inizio del complesso QRS ovvero l’inter-

vallo PQ, costituisce il tempo impiegato dall’onda di depolariz-

zazione atriale per raggiungere il territorio ventricolare (in

media il tratto PQ dura 160 ms; intervalli più lunghi di 200 ms

costituiscono fenomeni patologici chiamati “blocchi” atrio-ven-

tricolari). L’incremento del volume ventricolare, alla fine della

fase di riempimento determina la chiusura della valvole atrio-

ventricolari (tricuspide e mitrale). Questa chiusura determina il

1° tono cardiaco, dovuto soprattutto alla valvola mitrale che

lavora ad alte pressioni. La chiusura delle valvole costituisce l’i-

nizio della fase sistolica.

2) Contrazione isovolumetrica

In questa fase tutte le valvole sono

chiuse. La pressione all’interno del

ventricolo sale rapidamente per effetto

della contrazione isometrica. Quando il

valore della pressione ventricolare

supera quello vigente nell’aorta, le val-

vole semilunari si aprono e la pressio-

ne ventricolare continua a salire; duran-

te il periodo di contrazione isovolume-

trica la pressione ventricolare sale rapi-

damente e raggiunge gli 80 mmHg

quando la valvola aortica si apre.

La contrazione ventricolare è precedu-

ta nel tracciato dell’ECG dal comples-

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

FIGURA 8

Sistole(Schema)

so QRS che di norma non

dura più di 100ms.

3) Eiezione

Con l’apertura delle valvole

semilunari il sangue viene

espulso dal ventricolo che si

contrae, accorciandosi e

spremendosi. La pressione

ventricolare continua a salire

(perché continua la contra-

zione) mentre il volume dimi-

nuisce rapidamente. Nel

periodo di eiezione si distin-

guono una fase rapida (circa

90 ms) ed una fase lenta

(circa 130 ms). La pressione

ventricolare scende propor-

zionalmente con la caduta

della forza contrattile e la

diminuzione del raggio. A

questo punto si inverte il

gradiente di pressione ven-

tricolo-aorta, dato che le fibre elastiche dell’arteria hanno accu-

mulato energia potenziale e la valvola semilunare si chiude (2°

tono). Mediamente il volume totale espulso dal cuore è di 70 ml;

questo valore può subire oscillazioni in caso di patologie cardia-

che (diminuzione) o incrementi di valore come avviene nel “cuore

d’atleta”. Questo valore è altamente predittivo della funzionalità

cardiaca ed è valutato tramite l’ecocardiografia.

4) Rilasciamento isovolumetrico

Una volta chiusasi la valvola aortica, all’interno della camera ven-

tricolare la pressione diminuisce. La cessione del flusso corri-

sponde all’incisura apprezzabile sulla curva della pressione (vedi

fig. 11). Il volume di sangue rimasto nei ventricoli è chiamato

volume residuo (circa 50 ml) ma il suo valore dipende dai vari

parametri della performance cardiaca (forza di contrazione, fre-

quenza, resistenze al flusso). Il volume residuo è necessario

quando se ne presenta repentinamente il bisogno, come allo

19

DAVIDE GOROLA

RELAZIONE TRA FRAZIONE DI EIEZIONE VENTRICOLARE DESTRA (FEVD) E SOPRAVVIVENZA

Sopravvivenza(%)

= FEVD>35%

= FEVD<35%

FIG 9 e FIG 10Da: Treatment of

heart disease,TJ Willerson,

Govver Med Publ.1996.

RELAZIONE TRA FRAZIONE DI EIEZIONE VENTRICOLARE SINI-STRA E SOPRAVVIVENZA

Sopravvivenza(%)

20

start-up di uno sforzo fisico intenso. Il rilasciamento ventricolare

isometrico (a valvole chiuse) dura circa 120 ms e corrisponde

all’onda T dell’ECG. Quando le pressioni ventricolari post-rilascia-

mento si abbassano ulteriormente e diventano inferiori a quelle

vigenti negli atri, le valvole atrioventricolari si riaprono (inizio di un

nuovo riempimento ventricolare e di un nuovo ciclo cardiaco).

I valori di volume e pressione descritti nella fig. 11 sono quelle

del cuore sinistro. Le pressioni vigenti nel cuore di destra (picco-

lo circolo o circolazione polmonare) sono notevolmente inferiori,

infatti la pressione nell’arteria polmonare è di 25 mmHg in sistole

(valori medi) e di circa 8 mmHg in diastole. Dal grafico è possibi-

le rilevare che le pressioni atriali subiscono modeste variazioni e

sono segnate dalle onde denominate a, c, v. L’onda a è causata

dalla contrazione atriale (onda P dell’ECG), l’onda c è causata

dalla protusione della valvola mitrale durante la contrazione del

ventricolo , mentre l’onda v segna il lieve incremento della pres-

sione atriale durante la fase sistolica.

I TONI CARDIACII toni cardiaci corrispondono, come si è detto, alla chiusura

delle valvole atrioventricolari (1° tono) e semilunari (2° tono). La

sistole è dunque compresa tra il 1° ed il 2° tono, la diastole tra il

2° ed il primo. I toni cardiaci possono essere riprodotti dall’ono-

matopea anglosassone : “lubb” (1° tono), “dub” (2° tono).

1.6) PRINCIPI DI EMODINAMICA: LA GETTATA

CARDIACA ED IL RITORNO VENOSO

La gettata cardiaca (GC) equivale ad un flusso (volume/tempo) e cor-

risponde alla quantità di sangue espulsa dal cuore nell’unità di tempo.

GC = FCx GS

Dove:

• FC= frequenza cardiaca (circa 70 pulsazioni al minuto)

• GS indica la gettata sistolica (volume di sangue espulso

dal ventricolo ad ogni pulsazione, circa 70-80 ml a riposo)

Moltiplicando i fattori è facile calcolare che mediamente per un

individuo sano a riposo di 70 kg la GC equivale a 5000 ml di

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

21

DAVIDE GOROLA

FIGURA 11

Relazione tra ECG e ciclo cardiaco del ventriloco sinistro. (PA=pressione arteriosa ventricolare sinistro)

ac v

22

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

FIGURA 12Cambiamenti del flussocoronarico (ml/min) nelle coronarie durante la sistole e la diastole. Durantela contrazione isovolumetrica la perfusione miocardica è minima e comincia ad aumentare la fase dieiezione; durante la diastole i vasi coronarici sono per fusi.

sangue/min (circa 5 L/min a riposo).

ADEGUAMENTO DELLA GETTATA CARDIACADurante l’esercizio le esigenze metaboliche dei tessuti variano

in rapporto all’entità dello sforzo (i muscoli richiedono ossige-

no). Quando le esigenze metaboliche dei tessuti periferici si

elevano entrambi i fattori della GC vengono modificati per sod-

disfare le richieste. In un sistema chiuso come quello della cir-

colazione umana è evidente che una massa sanguigna diretta

verso un certo distretto (ad esempio quello muscolare) preve-

de un sequestro di sangue da un altro distretto (ad esempio

quello splancnico, viscerale).

1.6-1) REGOLAZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA

L’avvio della sistole cardiaca avviene normalmente in una zona

dell’atrio destro (chiamata nodo seno-atriale, SA) costituita da

cellule capaci di autoeccitarsi (pacemaker fisiologico). Il nodo

SA è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo che

attraverso gli ormoni e neurotrasmettitori è in grado di modifi-

care (aumentare o diminuire l’entità della FC).

Il sistema simpatico tramite la noradrenalina aumenta la FC.

Il sistema parasimpatico tramite l’acetilcolina riduce la FC.

TACHICARDIAUn incremento marcato della FC è chiamato tachicardia. Per

convenzione un individuo a riposo è tachicardico quando ha

una FC pari a 90 bpm. Sotto sforzi elevati valori di FC riducono

la gettata cardiaca in quanto si riduce il tempo diastolico (il rila-

sciamento e il riempimento dei ventricoli è insufficiente o

incompleto per garantire un’adeguata eiezione).Durante la

tachicardia il cuore aumenta la richiesta di ossigeno. Tale feno-

meno diventa assai importante proprio nel caso si tratti di un

cuore che presenta zone poco irrorate (ischemiche) e poco

perfuse (ad esempio nel caso di coronarie ateroslerotiche o di

un cuore eccessivamente ipertrofico con rapporto

capillari/fibre inadeguato)

23

DAVIDE GOROLA

24

BRADICARDIAE’ la riduzione della FC. Per convenzione un individuo a riposo

è bradicardico quando la FC è uguale o minore di 60 bpm. La

bradicardia può essere indotta dall’allenamento (sport di endu-

rance), è dovuta ad una ridotta increzione della stimolazione

simpatica ed un incremento parallelo del tono vagale (fenome-

no conosciuto come “ipertono vagale relativo”); la bradicardia

si può riscontrare anche in alcune patologie e disturbi del ritmo

cardiaco (blocchi seno striali o atrio-ventricolari di vario grado).

La bradicardia del soggetto allenato è riscontrabile sia a riposo

sia sottosforzo. In questo caso il cuore attua una strategia

“emodinamica”; infatti l’allungamento del tempo diastolico

favorisce l’allungamento delle fibre cardiache (il pre-carico)

necessario per una fase di eiezione valida ed adeguata (il con-

trario di quanto avviene durante la tachicardia).

Il trainer deve tenere presente che la frequenza cardiaca non è

che uno dei parametri che regolano la qualità e l’intensità dell’al-

lenamento; tale parametro va attentamente valutato perché

soggetto a continue modifiche in relazioni a vari fattori fisiologici

e parafisiologici o addirittura legati a patologie più o meno con-

clamate. L’utilizzo della frequenza cardiaca non può prescindere

dall’esatta conoscenze dei principi dell’emodinamica e dei fatto-

ri prima citati che ora vengono qui di seguito riportati.

FATTORI DETERMINANTI LA FREQUENZA CARDIACA

q Età

q BMI

q Stato emotivo

q Stato di salute

q Temperatura corporea

q Temperatura ambiente e umidità

q Overtraining Sindrome

q Tipo di esercizio svolto

q Postura

q Momento fisiologico (distanza dai pasti)

q Apneusi ed immersione

q Altitudine

q Aritmia sinusale

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

1.7) EFFETTI DELL’ALLENAMENTO:

AGGIUSTAMENTI ED ADATTAMENTI

L’allenamento produce degli effetti globali sull’organismo che

nel tempo sono di tipo istantaneo e sono definiti “aggiusta-

menti” e che sono reversibili con il recupero dell’omestasi

basale (ad esempio incremento rapido della FC in risposta ad

uno sforzo fisico) ed effetti che sono apprezzabili nel tempo

(ad esempio incremento della massa muscolare, oppure bradi-

cardia)

Tra gli aggiustamenti si ricordano1) Ridistrubuzione della gettata cardiaca: da distretti non

coinvolti nell’esercizio fisico alle masse muscolari direttamente

coinvolte (vedi tab.) E’ interessante notare come sottosforzo

alcuni distretti vengano sacrificati (come quello splancnico)

mentre alcuni organi come il cuore, il rene ed il cervello non

subiscano delle modifiche.

2) Aggiustamento della Frequenza Cardiaca (lo stiramento

del nodo del seno determina un maggior ritorno venoso che

provoca un incremento della FC del 15% circa)

3) Incremento della pressione arteriosa (soprattutto sistolica

25

DAVIDE GOROLA

FIGURA 13

Adattamenti indotti dall’allenamento aerobico della durate di sei mersi. Si notiil principio della reversibilità: gli effetti indotti dal training svaniscono dopo seimesi di inattività. L’incremento negi enzimi del ciclo di krebs (sistemaossidativo), della VO2max e della capillarizzazione giustificano l’incrementodella performance del sistema cardiovascolare e della qualità di vita.

26

per sforzi di resistenza)

4) Vasodilatazione e vasocostrizione in relazione alle richie-

ste di ossigeno tissutale e di economia termica

Adattamenti “centrali” (cardiaci)q Funzione cronotropa: possibile bradicardia a riposo e sot-

tosforzo (specie per sport di endurance)

q Incremento della forza contrattile (inotropismo) del cuore

q Incremento della massa/volume del miocardio e delle cavità

con vari gradi e tipologie morfologiche (“cuore d’atleta”)

Adattamenti di tipo periferico e metabolicoq Incremento del rapporto capillari/fibre muscolari (capilla-

rizzazione)

q Incremento calibro dei grossi vasi arteriosi

q Aumento % fibre rosse

q Incremento quantità mioglobina ed enzimi respiratori mito-

condriali

q Miglior utilizzo del glucosio ematico (tolleranza glucidica)

q Diminuzione quota colesterolo totale ed incremento della

frazione di HDL

q Aumento del calibro dei grossi vasi

1.8.) REGOLAZIONE DELLA GETTATA SISTOLICA

REGOLAZIONE INTRINSECA: PRINCIPIO DIFRANK- STARLINGLa legge del cuore di Starling (principio di Frank-Starling)

enuncia che, “entro certi limiti, il cuore espelle lo stesso

volume di sangue che riceve”. Questo è un principio fonda-

mentale dell’emodinamica e che definisce il “precarico”, il

caricamento della pompa cardiaca.

Quando il cuore riceve sangue e si riempie di un certo volu-

me, le fibre muscolari cardiache vengono allungate, “stirate”

in virtù delle proprietà elastiche intrinseche nel muscolo

(esattamente come quelle del muscolo scheletrico); in altre

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

parole la forza sviluppata dal ventricolo durante la sistole

dipende dalla lunghezza iniziale delle fibre muscolari cardia-

che. Esiste una lunghezza ottimale delle fibre alla quale la

forza contrattile risulta essere la massima (questo concetto

si evince dal diagramma forza-lunghezza del muscolo).

Esistono però a livello ultrastrutturale delle peculiari differen-

ze tra le fibre del miocardio rispetto a quelle muscolari sche-

letriche: a riposo le fibre del cuore si trovano ad una lun-

ghezza inferiore a quella ottimale (a quella lunghezza ideale

per esprimere una forza propulsiva idonea); ciò significa che

l’aumento del volume cardiaco durante la diastole (volume

telediastolico) serve per “prestirare” le fibre del miocardio

ed incrementare la forza di eiezione del cuore. La regolazio-

ne della forza contrattile del cuore è rapida ed è modulata

battito per battito. In alcune situazioni (incrementi repentini

della pressione arteriosa) le fibre cardiache non riescono ad

accorciarsi (il ventricolo non riuscirà a svuotarsi a dovere)

così che la gettata sistolica si riduce: ciò determina alla fine

della sistole l’incremento della quota di volume residuo di

sangue nella camera rispetto a quella che si trovava nelle

sistole precedenti.

Quando, a tale volume maggiorato, si aggiungere una quota

di sangue alla successiva diastole (durante la successiva

fase di riempimento ventricolare), pure il volume telediastoli-

co risulterà maggiore: in base alla legge di Starling, il cuore

alla successiva sistole sarà in grado di incrementare la get-

tata sistolica e di riportare la situazione nella norma.

Si può pensare ora ad un cronico aumento della pressione

arteriosa (ipertensione essenziale) dovuta ad esempio ad

una diminuzione dell’elasticità arteriosa (arteriosclerosi): il

cuore come ogni muscolo si adatterà ipertrofizzandosi ed

incrementando lo spessore delle pareti (ipertrofia concentri-

ca). L’allenamento di endurance produce in linea di massima

un’ipertrofia fisiologica (cuore d’atleta), mentre invece altre

condizioni (patologiche) determinano un’ipetrofia in cui il rap-

porto massa/volume risulta alterato (il cuore rimodellato

sarà deficitario, la situazione emodinamica compromessa).

27

DAVIDE GOROLA

28

REGOLAZIONE ESTRINSECAContrattilità (inotropismo)

Un aumento della forza di contrazione del cuore è dovuto alla

stimolazione simpatica; quando vi sono delle necessità fisiolo-

giche o parafisiologiche, impulsi corticali determinano l’innesco

del “drive” simpatico: le fibre afferenti simpatiche giungono e

stimolano le cellule del pacemaker (nodo seno-atriale) ed attra-

verso l’adrenalina e la noradrenalina aumentano la forza e la

velocità della sistole.

Riassumendo: la Gettata Cardiaca

1. si incrementa tramite aumenti della gettata sistolica e/o

della frequenza cardiaca

2. la gettata sistolica aumenta tramite:

q aumenti del volume telediastolico (pre-carico, legge di

Starling)

q aumento della contrattilità (inotropismo)

q dipende dal post carico e dalle richieste metaboliche dei

tessuti periferici

DISTRIBUZIONE DELLA GETTATA CARDIACA

Distretto Riposo Esercizio intenso

% ml/min % ml/min

RENALE 22 1.100 2 500

MUSCOLARE 20 1.000 85 21500

CUORE 4 200 3 750

CUTE 6 300 2,5 625

CEREBRALE 14 700 3 750

SPLANCNICO 27 1.350 2 500

Tab. 1 Valori della gettata cardiaca a riposo e dopo eserc-

zio strenuo (da Zeppil l i P. Cardiologia del lo Sport.Ed

Internaz,1992.modificata)

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

Nell’atleta la strategia del cuore è quella di incrementare la get-

tata cardiaca tramite un cospicuo incremento della gettata

sistolica; questo avviene grazie all’incremento del volume e

della massa cardiaca (cuore d’atleta) e all’incremento della

forza contrattile. Tale meccanismo che sfrutta di più la gettata

sistolica rispetto alla frequenza cardiaca risulta essere in termi-

ni energetici ed emodinamici più vantaggiosi; al contrario nel-

l’iindividuo non allenato l’aumento della gettata cardiaca dipen-

de quasi esclusivamente dall’incremento della frequenza car-

diaca (si ricordi che tachicardie estreme riducono il tempo dia-

stolico e dunque il riempimento cardiaco).

PRINCIPI FONDAMENTALI DI EMODINAMICANel considerare il cuore come una doppia pompa in serie risul-

ta evidente che:

• la pompa deve essere adeguatamente caricata (pre-carico)

• le valvole devono essere continenti o competenti

• le richieste non devono risultare eccessive e le resistenze

al flusso siano proporzionate (post-carico)

• la forza di contrazione del cuore deve essere adeguata

1.9) IL PRECARICO E IL RITORNO VENOSO

Si è già discusso di quanto sia importante il precarico per la

funzionalità cardiaca. Il precarico corrisponde al riempimento

diastolico dei ventricoli. Esso non deve essere inadeguato, sia

per valori eccedenti o deficitari e dipende dalle seguenti varia-

bili:

1. l’inspirazione (durante l’inspirazione la pressione intra-tora-

cica risulta essere negativa: ciò fa collassate i grandi vasi del

torace, vi è una forza aspirante)

2. dal contributo della contrazione (sistole) atriale. A riposo

gli atri funzionano come semplici pompe di innesco dei ventri-

coli ma sottosforzo il contributo è maggiore

3. dalla volemia (dalla quantità di fluidi circolanti)

4. dalla compliance delle pareti ventricolari (in alcuni casi par-

29

DAVIDE GOROLA

1.9) IL PRECARICO EIL RITORNO VENOSO

30

ticolari la distensibilità delle pareti ventricolari risulta essere

ridotta specie per fenomeni di rimodellamento indotti dall’infar-

to miocardio; in questi casi il riempimento può essere deficita-

rio e lo svuotamento non adeguato così da creare incremento

della pressione ventricolare, ristagno di sangue a monte e defi-

cit emodinamici)

1.10) IL POST CARICO E LA LEGGE DI LAPLACE

Fig.14 Rapporto tra GS (gettata sistolica) e volume ventricola-

re

1) dal diametro della camera ventricolare

2) dalle resistenze vascolari periferiche

La legge di Laplace spiega il primo fattore. Si può infatti affer-

mare che lo “stress di parete” S è dato dalla “pressione endo-

cavitaria (P) per il raggio della cavità ventricolare ®, diviso due

volte lo spessore di parete (h):

S = P x r / 2h

dunque il ventricolo sopporta un aumento del post carico sia

per incrementi di pressione sia per aumenti di volume.

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

C’è da notare ed è importantissimo che l’aumento dello spes-

sore di parete (h) riduce il postcarico. E’ questo un fenomeno

che si apprezza ad esempio nell’ipertensione arteriosa cronica

dove un cronico aumento dell’impedenza aortica (fattore 2) e

dunque della resistenza vascolare determina un’ipertrofia ven-

tricolare (aumento dello spessore di parete h). Quando il ven-

tricolo risulta dilatato (cardiomiopatia dilatativa, scompenso

cardiaco) ne consegue, per la legge di Laplace, un aumento

dello stress di parete che non fa che aggravare la situazione

emodinamica e strutturale

STATO CONTRATTILE DEL CUORE (INOTROPISMO)E’ il grado di contrattilità del miocardio intrinseco. Le catecola-

mine del sistema nervoso simpatico aumentano lo stato con-

trattile (effetto isotropo positivo) e può essere più o meno

compresso nel caso di ischemia massiva (infarto) o lievi e ripe-

tute (miocardio “stordito”).

1.11) LA VALUTAZIONE FUNZIONALE DEL

CUORE: ASPETTI MORFO-FUNZIONALI

Premessa

Saranno esposti più avanti i concetti fondamentali per la valuta-

zione dell’apparato cardiovascolare (test massimali e sotto-

massimali, relazione tra V02 e FC). Ora qui vengono trattati gli

aspetti morfunzionali del cuore inteso come organo-pompa. La

conoscenze degli aspetti morfofunzionali è fondamentale e la

loro valutazione è strettamente correlata all’efficienza ed alla

performance del cuore e del sistema cardiorespiratorio in toto.

La valutazione morfo-funzionale del cuore è ottenuta tramite

l’ecocardiografia eseguita dal medico cardiologo.

La legge di FickPrima di entrare nei dettagli è giusto ricordare che l’efficienza

cardiaca è dipendente da tutti i fattori: tra questi vi sono quelli

che riguardano il cuore in senso stretto (vasi, pareti, tessuto

31

DAVIDE GOROLA

32

specifico di conduzione, valvole) ed altri che riflettono lo

stato di salute dell’organismo in generale (stato dei grossi

vasi in entrata ed in uscita dal cuore e che riflettono la pre-

senza o meno di arterosclerosi, malattie polmonari o di altri

organi). E’altrettanto buono ricordare che l’efficienza della

funzionalità del sistema cardiovascolare è correlata al livello

del consumo di ossigeno (VO2) e che questo fornisce indi-

cazioni sullo stato metabolico del soggetto.,In base alla

legge di Fick si calcola:

VO2= GP x FC x delta(a – v) O2

Dove:

GP= gettata pulsatoria (quantità di sangue espulsa dal cuore

durante la sistole)

FC = frequenza cardiaca (battiti/min)

delta(a – v) O2= differenza artero-venosa in ossigeno

Dalla legge di Fick si evince che il consumo di ossigeno dipen-

de da parametri cardiaci come la gettata cardiaca (GPxFC) e

dunque dal volume di sangue espulso dai ventricoli; il VO2 è

inoltre influenzato da parametri che influenzano gli scambi di

ossigeno come la membrana alveolo-capillare che può essere

alterata in alcune condizioni patologiche del polmone.

FRAZIONE DI EIEZIONELa valutazione di questo parametro è di fondamentale impor-tanza. Viene utilizzato per verificare il grado di efficienza delventricolo e in definitiva del cuore in toto. Tramite l’ecocardio-grafia la frazione di eiezione (FE) si valuta applicando laseguente formula:

FE= (VTD – VTS) / VTD x 100

Dove:

VTD = volume telediastolico (volume di sangue contenuto

nella camera ventricolare in diastole, durante il rilasciamento)

VTS = volume telesistolico (volume di sangue nel ventricolo

quando in sistole, in contrazione)

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

E’ considerata normale una frazione d’eiezione maggiore del

55%. Valori compresi tra 44 e 55% indicano una lieve disfun-

zione sistolica, mentre valori compresi tra 35 e 45% e minori

del 35% indicano rispettivamente una moderata ed una severa

disfunzione sistolica.

NYHA - CLASSE FUNZIONALE

(INSUFFICIENZA CARDIACA)

Classe Caratteristiche

Soggetti liberi da disturbi

Soggetti con modesta riduzio

ne della capacità funzionale

Soggetti con importante riduzione

della capacità funzionale

Soggetti sintomatici anche a riposo

Tab. 2

La frazione di eiezione è un indice prognostico della malattia

cardiovascolare. Soggetti con bassa frazione d’eiezione oltre a

poter avere una cattiva qualità della vita sono considerati a

rischio per l’aggravarsi delle condizioni e l’insorgenza di com-

plicanze cardiovascolari.

I soggetti affetti da scompenso cardiaco (insufficienza cardia-

ca) sono divisi in 4 classi funzionali a secondo della performan-

ce cardiaca, della frazione di eiezione e soprattutto dei sintomi

che rivelano. L’attività fisica (sforzi aerobici e blandi, ginnastica

respiratoria, esclusione degli sforzi isometrici) migliora l’aspet-

tativa e la qualità di vita dei soggetti scompensato (classe I, II)

contribuendo a migliorare la classe funzionale, la tolleranza allo

sforzo e la compliance (adattamento ) alle terapie mediche.

33

DAVIDE GOROLA

I

II

III

IV

34

FRAZIONE DI ACCORCIAMENTO (FA)La frazione di accorciamento (FA) rappresenta la variazione

percentuale delle dimensioni dell’asse minore del ventricolo

sinistro in sistole rispetto alla sua dimensione in diastole.

FA = (DTD – DTS)/ DTD x 100

Questo indice rappresenta la più semplice prova di funzionalità

ventricolare tramite l’ecocardiografia. Valori normali per un indi-

viduo adulto sono compresi tra il 25 ed il 44%.

MASSA VENTRICOLARE SINISTRAServe a valutare l’ipertrofia del ventricolo (che può essere

fisiologica o patologica) e che rappresenta un altro fattore di

rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Alcune patolo-

gie del cuore (cardiomiopatie) determinano un rimodellamento

e dunque un’alterazione funzionale del miocardio (cardiomiopa-

tie e miocarditi). Anche l’infarto comporta un rimodellamento

del cuore con alterazione della massa cardiaca e di tutti i para-

metri ecocardiografici che possono condurre ad insufficienza

cardiaca.

Nella cardiomiopatia dilatativa vi è una dilatazione del ventrico-

lo sinistro che presenta pareti sottili con una riduzione della

funzione contrattile marcata (FE del 25%). Altre cardiomiopatie

definite “restrittive” sono caratterizzate da cuori con pareti

ispessite ma che hanno perso la compliance (cedevolezza): vi

è dunque ostacolo al riempimento delle camere ventricolari

durante la diastole che determina ipertensione arteriosa siste-

mica che si evidenzia con alterazione emodinamiche (deficit di

ritorno venoso) che riguardano il fegato che risulta congestio-

nato (epatomegalia), edemi e vene giugulari turgide.

Il calcolo della massa ventricolare sinistra è determinato dalla

risoluzione dell’equazione di Devereux:

Massa = 0,80 x 1,04 x [( DTD + PP + SIV) - DTD ] 0,6 g

dove:

DTD = diametro telediastolico

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

PP = spessore della parete posteriore

SIV è lo spessore del setto interventricolare che viene consi-

derato parte integrante del ventricolo sinistro

SPESSORE RELATIVO DI PARETE (SRP)(IPERTROFIA CONCENTRICA ED ECCENTRICA)Spessore Relativo di parete= 2 X PP/ DTD

L’ipertrofia concentrica è caratterizzata da un ispessimento

delle pareti senza dilatazione delle cavità ventricolari sinistre e

da uno spessore relativo di parete maggiore o uguale del 45%.

L’ipertrofia eccentrica, si presenta con un ventricolo aumentato

di massa e con dilatazioni delle cavità ma con spessore relati-

vo di parete normale (<45%).

Gli individui con ipertensione arteriosa associata ad ipertrofia

di tipo concentrico presentano una maggior incidenza di com-

plicanze cardiovascolari.

VALUTAZIONE GLOBALE DELVENTRICOLO SINISTROL’accorciamento, la forza ventricolare e quindi la funzione di

pompa del cuore dipendono da questi fattori:

• frequenza cardiaca

• precarico (stiramento delle fibre miocardiche, legge di

starling, grado di compliance delle pareti e dunque spes-

sore di parete e volume)

• contrattilità intrinseca del miocardio (inotropismo) che può

essere deficitaria se presenta zone necro-fibrotiche post-

infartuali o rimodellate per processi patologici (scompenso

cardiaco)

• ritmicità: la regolatità del ritmo cardiaco è essenziale per la

sua funzione di pompa (le aritmie ipercinetiche ad esempio

determinano deficit di pompa perché provocano contrazio-

ni cardiache troppo rapide ed infefficaci).

Da un punto di vista funzionale si deve sottolineare l’importan-

35

DAVIDE GOROLA

36

za del rapporto del VTD (volume telediastolico ventricolare),

ovvero il grado di stiramemento delle fibre cardiache e lo stato

contrattile del muscolo cardiaco (inotropismo). Tale rapporto è

ben evidenziato dal grafico (Branwald E, Heart Disease, IV

ed;1992).

L’incremento dell’inotropismo (curva 1) è dato dalla stimolazio-

ne simpatica del miocardio (catecolamine circolanti) che

aumentano la frequenza cardiaca senza mutazioni (talvolta

diminuzioni) di pressioni e volumi telediastolici (punti A e B).

Nell’insufficienza cardiaca (scompenso) vi è una marcata

depressione del rapporto “forza-velocità” del miocardio e del

rapporto “lunghezza-tensione attiva”: accade anche che in

molti casi la portata cardiaca ed il lavoro esterno del cuore

sono assolutamente normali (scompenso asintomatico, classe

I NYHA) grazie ad un elevato volume telediastolico ventricola-

re, aumento della lunghezza telediastolica delle fibre cardiache

(meccanismo di Frank-Starling). Nell’insufficienza cardiaca

aumenta il precarico ventricolare sinistro con straordinario

incremento della pressione e dei volumi telediastolici che

determinano a loro volta aumenti della pressione dei capillari

polmonari che aggrava la dispnea, la minor tolleranza allo sfor-

zo e nei casi gravi la comparsa di edema polmonare.

1.12) IL LAVORO DEL CUORE

Quando un individuo compie un esercizio i muscoli devono

essere perfusi (innalzamento del metabolismo, delle richieste

energetiche dei tessuti periferici) e si ha così la ridistribuzione

della gettata cardiaca e quindi modifiche relative della frequen-

za cardiaca, della gettata pulsatoria e della pressione arteriosa.

Quando il lavoro è di tipo aerobico, di resistenza il cuore espri-

me un lavoro di volume, spostando grandi quantità di sangue

(incrementi della gettata cardiaca che possono nell’atleta esse-

re anche notevoli).

Quando invece un individuo compie sforzi intensi atti a solleva-

re dei pesi il cuore tende a svolgere uno sforzo di tipo presso-

rio (innalzamento del post carico ovvero della tensione svilup-

pata dal ventricolo durante la sistole)

1.13) CUORE D’ATLETA

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

Le modificazioni morfo-funzionali sostenute dai processi di

adattamento del muscolo cardiaco e del sistema di conduzione

(miocardio specifico) caratterizzano il “cuore d’atleta”. Le

prime descrizioni cliniche risalgono ad oltre un secolo fa

(Bergman, Parroh), ma fu il dott Henschen nel 1899 ad affer-

mare che il cuore di un atleta di resistenza è anche un cuore

che presenta una miglior capacità funzionale. Plas disse che il

cuore allenato è un cuore normale “ma che può avere tre parti-

colarità: essere grosso, essere lento, essere stenico, ma que-

sto non vuol dire che ogni atleta ha un cuore grosso, lento e

stenico”. Gli studi dimostrano che i cambiamenti morfo-funzio-

nali sono in relazione al tipo di sport. In base al modello propo-

sto da Hutchins, Buckley e Moore (1978) il ventricolo sinistro,

a seconda del tipo di sforzo a cui è sottoposto, si può presen-

tare in tre forme principali:

• globosa: tipicca dell’atleta di endurance (ciclismo su stra-

da, sci di fondo)

• a cono: caratteristica dei “weight-lifters” e dei body-buil-

ders

• ovoidale: rappresenta la forma intermedia ed è general-

mente quella normale anatomica

Furono Mongaroth e Badeer ad evidenziare la differenza tra

ipertrofia concentrica ed eccentrica, la prima determinata da

un lavoro di volume (sport di resistenza) la seconda soste-

nuta da un lavoro di pressione (sollevamento pesi) ma le

ricerche hanno poi negato un unico modello di adattamento

in quanto numerosi sono i fattori che regolano i processi

adattivi (tra i quali spiccano i fattori genetici e la presenza di

alcune caratteristiche enzimatiche). Ad ogni modo le modifi-

cazioni più palesi riguardano i cuori di atleti di resistenza: in

questi individui l’ingrandimento del ventricolo sinistro è assai

marcato e pure le pareti risultano ispessite; invece gli atleti

praticanti sport di potenza le modificazioni ventricolari pos-

sono non risultare particolarmente evidenti, probabilmente a

causa della brevità del gesto e del tempo di lavoro presso-

rio. Nelle situazioni intermedie (sport aerobici/anaerobici

37

DAVIDE GOROLA

38

alternati così definiti come gli sport di squadra, calcio e

basket) gli atleti hanno cuori che rivelano una modesta iper-

trofia del ventricolo sinistro e altrettanto modesti aumenti

delle cavità.

Le ipertrofie del “cuore d’atleta” sono ipertrofie che sono

considerate fisiologiche e che vanno ben differenziate da

quelle patologiche (cardiomiopatie di tipo restrittivo ad

esempio); nelle ipertrofie fisiologiche vi è un bilanciato

aumento della componente muscolare e connettivale nel

cuore d’atleta (stimolo adrenergico delle catecolamine sim-

patiche). Nell’ipertrofia patologica che si riscontra nell’iper-

teso (ipertensione arteriosa sistemica), l’ipertofia è a carico

dell’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone

(vedi cap.2) che provoca la cresc i ta de i f ibrob last i

(Willerson, 1992).

Nel cuore d’atleta il rapporto massa/volume rimane appro-

priato, la capacità contrattile è incrementata (inotropismo)

ed è sostenuta da modificazioni biochimiche ed ultrastruttu-

rali che riflettono una miglior capacità ossidativa (utilizzo dei

substrati energetici), una miglior captazione del calcio (effi-

cienza del meccanismo di contrazione).

La miglior funzionalità cardiaca migliora anche il rendimento

della pompa cardica: il costo energetico della contrazione si

riduce anche del 30% in quanto si riduce l’indice tensione-

tempo (TTI) che riflette le caratteristiche del tempo sistolico

(sviluppo e sostentamento della pressione sistolica).

Tra i parametri ecocardiografici che evidenziano il cuore d’a-

tleta vi è il riscontro dell’incremento delle pareti ventricolari

che possono raggiungere valori compresi tra i 12 ed 16 mm

(10-11 nelle donne) rispetto agli 8-11 mm dei sedentari, il

miglioramento della funzionalità diastolica e della complian-

ce (cedevolezza). Nel 15% degli atleti di élite la cavità della

camera ventricolare può addirittura superare i 60 mm, valo-

re che risulta essere correlato a una cardiopatia di tipo dila-

tativa, mentre nel 2% dei casi si può riscontrare un’ipertro-

fia delle pareti che è patognomonica (significativa) di una

cardiomiopatia ipertrofica (Corrado D, 1998). In alcuni casi

dunque il cuore d’atleta è un cuore borderline e evidenzia

caratteristiche elettrocardiografiche (all’ECG) francamente

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

anomale ma che non vengono poi riscontrate alle ulteriori

indagini ecocardiografiche e specialistiche. In quest’ambito

(prevenzione e valutazione dell’idoneità sportiva) l’elettro-

cardiogramma è fondamentale e va sempre accostato ad

un’indagine ecocardiografica per scongiurare gli eventi di

morte improvvisa (sudden death) che possono verificarsi

anche e soprattutto durante la performance fisica e agoni-

stica. Il cuore di alcuni atleti può presentare dunque anche

delle anomalie che possono essere molto serie e che gli

specialisti devono attentamente valutare. Le anomalie più

frequenti dovute al rimodellamento cardiaco sono state

riscontrate negli atleti praticanti sport di endurance (canoa,

canottaggio, sci di fondo) e riguardano i disturbi del ritmo,

tuttavia soltanto il 5% degli atleti presenta una vera e pro-

pria patologia.

1.14) IL CUORE SENILE

Nell’anziano la compliance arteriosa e la distensibilità arterio-

sa diminuiscono per fenomeni arterosclerotici e per la fisiolo-

gica perdita della componente elastica-muscolare delle arte-

rie. Ne deriva che l’impedenza arteriosa aumenta e dunque

aumenta il postcarico. Il ventricolo sinistro può risultare iper-

trofico e generalmente non risulta compromessa la funzione

ventricolare sinistra (riduzione della frazione d’eiezione e della

gettata cardiaca).

La funzione diastolica del cuore senile risulta essere lievemen-

te deficitaria con una riduzione del riempimento diastolico

compensato da un maggior lavoro atriale. Il cuore senile risul-

ta meno sensibile alle stimolazioni simpatiche eccitatorie

(adrenergiche) e presenta una minor frequenza cardiaca sia a

riposo sia sottosforzo che accompagna il decremento della

portata e del VO2max. Il training aerobico negli over 70 pro-

duce incremento della performance (aumento del VO2max)

sovrapponibile a quello riscontrabile nei giovani ed è in grado

di contrastare il decadimento della funzione ventricolare sini-

stra. Le caratteristiche del cuore senile sono riportate nella

seguente tabella:

39

DAVIDE GOROLA

40

Tab. 3: Caratteristiche fisiologiche del cuore senile

1.15) PRESSIONE ARTERIOSA

E’ il risultato della contrazione cardiaca e della resistenza al

flusso determinata dai vasi in periferia”.

La Pressione Arteriosa Sistolica (PAS) nell’individuo sano è

normalmente inferiore ai 130 mmHg è dà l’idea della resistenza

offerta dall’aorta alla pompa ventricolare.

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

FIGURA 15 Pressione arteriosa (PA) in relazione del consumo di ossigeno (V02)(da: Cerretelli: Manuale di Fisiologia dello Sport e del lavoro muscolare. CESI 1985modificata)

CUORE SENILE

Caratteristiche fisiologiche Proprietàemodinamiche

sensibilità alle catecolamine

FC a riposo e sottosforzo

ipertrofia ventricolare

quota connettivale

postcarico

utilizzo meccanismo

di FrankStarling

contributo atriale

riempimento rapido

diastolico

PAS

incidenza aritmie

diametro e volume

telediastolico ventr sx

VO2max

Dopo training aerobico

››

››

››

La Pressione Arteriosa Diastolica (PAD) fornisce un’idea del-

l’entità delle resistenze periferiche. Normalmente è inferiore a

85 mmHg.

Valori Pressione Diastolica Pressione Sistolica

OTTIMALE < 80 mmHg < 120 mmHg

NORMALE < 85 mmHg < 130

BORDERLINE 85—89 mmHg 130—139 mmHg

Ipertensione 90—99 mmHg 140—159 mmHg

Lieve

Ipertensione 100—109 mmHg 160—179 mmHg

Moderata

Ipertensione 110—119 180—209

Grave

Tab. 4: Vaolri della Pressione Arteriosa

Nella tabella vengono riportati valori normali e valori idealidi

Pressione Arteriosa. Vengono poi riportati vari gradi di iperten-

sione; si noti anche l’esistenza della cosiddetta ipertensione

“borderline”.

Si distingue:

1) l’ipertensione essenziale o idiopatica, la cui causa è

essenzialmente sconosciuta ma è probabilmente dovuta

all’interazione di fattori genetici, ambientali, alle errate abi-

tudini alimentari a situazioni endocrine anch’esse “border-

line” (vedi ad esempio la resistenza all’insulina)

In questa forma di ipertensione che colpisce la maggior parte

degli individui (92-94% della popolazione), l’ipertensione agi-

sce come un “killer” silenzioso e comporta danni agli organi

irreversibili.

L’ipertensione colpisce:

q il cuore, causando ipertrofia concentrica, con deteriora-

mento della funzione contrattile sino all’insufficienza car-

diaca, causando angina pectoris (per l’aumento della

massa miocardia da ossigenare e insufficienze valvolari

(dovute anche a fenomeni dilatativi del miocardio).

41

DAVIDE GOROLA

::

:

:

::

:

:

42

q il sistema nervoso centrale, causando cefalea, capogiri,

ronzii auricolari, encefalopatie ed emorragie cerebrali.

q rene: insufficienza renale cronica con lesioni aterioscleroti-

che delle arterie afferenti ed efferenti

L’ipertensione secondaria è come dice la parola, dovuta a

patologie che influenzano i valori pressori; essenzialmente

sono patologie a carico del rene (organo fondamentale per il

controllo della pressione arteriosa “a lungo termine”) e patolo-

gie di tipo endocrino (ormonale) come l’iperaldosteronismo pri-

mitivo e la sindrome di Cusching.

Da queste considerazioni si evince che l’ipertensione è uno dei

principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari che

costituiscono la prima causa di malattia e morte delle società

occidentali. L’attività fisica sapientemente modulata e persona-

lizzata costituisce un importante mezzo sia di prevenzione pri-

maria sia di prevenzione secondaria delle malattie cardiovasco-

lari in genere. In caso di ipertensione si devono adottare que-

ste misure di ordine generale:

1) Controllo dello stress

2) Dieta (incremento di Calcio e Potassio, colesterolo, acidi

grassi e riduzione del sale*)

3) Esercizio fisico regolare

4) Riduzione del peso corporeo se necessario

5) Controllo degli altri fattori di rischio

L’esercizio fisico è considerato un presidio fondamentale; l’ef-

fetto antipertensivo risiede negli elementi riportati nella tabella

seguente e numerosi studi scientifici lo hanno dimostrato.

FATTORI RIDUCENTI LA PRESSIONE ARTERIOSA

INDOTTI DAL TRAINING AEROBICO

• Riduzione del BMI

• Compliance arteriosa

• Capillarizzazione (% fibre tipo I)

• Attività renina plasmatica

* la quantità massima di sale è 5 mg/die

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

››

››

La seguente equazione rende conto dell’esposizione sinora

fatta:

Q X R = P

Dove:

Q = gettata cardiaca

R = resistenze periferiche totali

P = differenza di pressione tra la pressione media registrata

nell’albero arterioso principale (aorta) e nel sistema venoso di

riferimento (vene cave)

Durante l’allenamento:

1) Normalmente la PAS (pressione arteriosa sistolica) varia

dai 120 mmHg a riposo sino a valori medi di 175-180 mmHg

(esercizi con arti inferiori) o anche sino a 200 mmHg con eser-

cizi coinvolgente gli arti superiori.

2) Nell’esercizio isotonico l’incremento massimo apprezzabile

è nell’ordine della PAD (pressione arteriosa diastolica) è di 20

mmHg ma sovente si registrano valori minori rispetto a quelli

basali; valori superiori ai valori di riferimento della PAD vanno

invece segnalati al medico.

E’ opportuno ricordare che l’esatta misurazione e valutazione

della PA è di pertinenza esclusiva del personale paramedico e

medico; tuttavia l’istruttore e il personal trainer devono cono-

scere i valori di riferimento e riferire ogni presunta modificazio-

ne dei parametri sia sottosforzo sia a riposo.

La pressione arteriosa viene regolata attraverso meccanismi

che agiscono a “breve termine” e a “lungo termine”.

REGOLAZIONE DELLA PA: MECCANISMI A BREVE E A

LUNGO TERMINE

I meccanismi sono divisibili secondo una classificazione che

tiene conto di un criterio temporale con cui manifestano la loro

azione fisiologica.

43

DAVIDE GOROLA

44

MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIO-

NE ARTERIOSA

A breve termine

(azione rapida) • Riflesso barocettivo a feedback negativo

• M. chemocettivo

• M. ischemico del SNC

A medio termine • Stress-rilasciamemento dei vasi

• Riequilibrio del volume emativo

A lungo termine • Sistema renina-angiotensina-aldosterone

(reni-liquidi corporei)

I meccanismi ad azione rapida garantiscono il controllo del-

l’omeostasi pressoria e svolgono la loro azione in pochi

secondi. Il riflesso barocettivo è costituito dallo stiramento

dei barocettori che sono strutture disposte lungo l’arco aor-

tico e a livello del seno carotideo. Le scariche afferenti (in

uscita) provenienti dai seni carotidei risalgono la via del

riflesso costituita dal nervo di Hering per poi passare al

nervo glossofaringeo per raggiungere quella parte del cer-

vello deputata al controllo centrale (nucleo del tratto solita-

rio del tronco encefalico). Una volta giunto il segnale di

aumento della pressione arteriosa che provocava lo stira-

mento dei recettori si dipartono segnali di secondo ordine

che provocano l’inibizione dell’attività simpatica centrale

con riduzione della vasocostrizione ed eccitazione del cen-

tro vagale. Il feed back negativo si spiega in questo modo:

l’aumento o la diminuzione della pressione arteriosa deter-

minano rispettiavmene l’inibizione o l’incremento dell’attività

neurovegetativa.

La diminuzione della pressione arteriosa è dovuta, in caso

di rapido aumento, grazie ad una rapida risposta dei recet-

tori che agiscono diminuendo sia la gettata cardiaca sia la

resistenza periferica.

Il meccanismo chemocettivo è basato sulla sensibilità dei

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

chemocettori (collocati a livello dei corpi aortici e carotidei),

costituiti da cellule sensibili alla diminuzione dell’ossigeno e

all’incremento dell’anidride carbonica (queste cellule sono

assai perfuse da piccole arterie): le fibre afferenti decorro-

no lungo i nervi vaghi e di Hering per poi raggiungere il cen-

tro vasomotore.

Quando la pressione si abbassa oltre un valore soglia, si

riducono i livelli di ossigeno mentre si incrementano quelli di

anidride carbonica: in questa situazione il riflesso chemo-

cettore determina la scarica simpatica.

Quando la pressione arteriosa scende ai livelli di shock (15-

25 mmHg) entra in azione il meccanismo della “risposta

ischemica del sistema nervoso centrale” caratterizzato da

una potente azione vasocostrittrice simpatica.

Il sistema renina-angiotensina-aldosterone è un meccani-

smo a lungo termine e si basa sulla capacità del rene di eli-

minare i liquidi in eccesso (diuresi da pressione) ed il cloru-

ro di sodio (natriuresi da pressione) e dunque ridurre la

volemia ed il postcarico. Il sistema renina-angiotensina è un

sistema vasocostrittore ed esercita la sua azione dopo

circa 20 minuti dalla sua attivazione.

E’ l’aumento della resistenza vascolare renale (arterie rena-

li) il fattore determinante l’instaurarsi dell’ipertensione arte-

riosa. Infatti in alcune patologie accade che il rene avverte

una caduta di pressione ed innesca il meccanismo suddetto

con rilascio di renina.

E’ una condizione che può verificarsi ad esempio nell’insuffi-

cienza cardiaca dove la diminuzione della gettata cardiaca

(postcarico) è avvertita a livello renale. Per quanto riguarda

l’azione endocrina sull’omeostasi pressoria del sistema

renina-angiotensina-aldosterone si rimanda al prossimo

capitolo ma qui conviene ricordare il ruolo dell’angiotensina

nell’innalzamento della pressione arteriosa:

1) vasocostrizione delle arteriole e delle vene con aumen-

to delle resistenze periferiche totali del ritorno venoso

2) ritenzione renale di cloruro di sodio e acqua (aumento

della volemia)

45

DAVIDE GOROLA

46

1.16) ARTERIE E SISTEMA VENOSO

Le arterie sono costituite da tre strati che dall’interno all’ester-

no sono:

1) la tonaca intima (endotelio e membrana vasale)

2) la tonaca media (struttura muscolare ed elastica)

3) l’avventizia (struttura fibrosa)

Le arterie vanno incontro a fenomeni degenerativi (arterosclerosi,

con riduzione della compliance) e a fenomeni infiammatori che ne

alterano la struttura e la funzione (aterosclerosi dovuta ad iperco-

lesterolemia e complicanze delle placche aterosclerotiche con

infiammazione dell’endotelio vasale). L’arterosclerosi riduce la

compliance arteriosa (cedevolezza) e contribuisce ad innalzare il

post-carico e dunque il lavoro cardiaco (ipertensione con ipertrofia

compensatoria e deficit emodinamici); l’aterosclerosi è un proces-

so che dura nel tempo (a partire dalla “stria lipidica” che si forma

nei vasi sin dal primo decennio di vita, sino alla rottura della placca

determinata da fenomeni di infiammazione) e che conduce alla for-

mazione di trombi che provocano stenosi dei vasi e che conduco-

no ad ischemia dei tessuti più o meno grave (infarti). L’attività agi-

sce nel controllo dell’arterosclerosi contrastando la degenerazione

vascolare (mantenimento della parete muscolare e della complian-

ce arteriosa) e nel controllo e nella prevenzione dunque dei feno-

meni aterosclerotici (controllo dei livelli di colesterolo nel sangue).

COMPLIANCE VENOSA E DISTENSIBILITA’

La compliance (capacitanza) dei vasi indica la quantità di sangue

totale che un determinato settore del letto vascolare può contene-

re in relazione ad un incremento della pressione pari ad 1 mmHg.

La compliance delle vene è di circa 24 volte quella delle arterie ed

è data dal rapporto tra l’aumento del volume e l’aumento della

pressione in un dato segmento vascolare (ricordiamo che nel

sistema venoso è contenuta la maggior parte del sangue circolan-

te di un individuo, essendo il sistema venoso ad alta capacità e a

bassa resistenza). La compliance non va confusa con la distensibi-

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

lità, comunque più elevata nelle vene rispetto le arterie. La disten-

sibilità si ottiene considerando l’aumento del volume diviso l’au-

mento di pressione moltiplicato per il volume originario del vaso.

1.17) LA PROGRAMMAZIONE DELL’ALLENAMENTO:

PRINCIPI DI VALUTAZIONE FUNZIONALE

Premessa: I principi dell’allenamento

Ogni programmazione di un training deve essere preceduta da

una precisa analisi del soggetto (anamnesi sportiva) che va

svolta in parallelo e integrata con un’idonea anamnesi medico-

sportiva; la raccolta delle caratteristiche psicofisiche del sog-

getto è fondamentale per la corretta stesura di qualsiasi trai-

ning e deve tener conto (essendo di paritetica importanza)

delle attitudini motivazionali dell’individuo.

Ricordiamo pertanto i principi dell’allenamento:

• continuità

• progressività

• alternanza

• personalizzazione

• reversibilità

IL MASSIMO CONSUMO DI OSSIGENO (VO2MAX)

E’ la massima quantità di energia che può essere disponibile

47

DAVIDE GOROLA

FIGURA 16 Valori del

VO2max infunzione del

carico di lavoro.Sono riportati ivalori medi per

categorie disoggetti (daFaggiano e

Gualeni,modificata)

48

nell’unità di tempo sulla base dei soli processi ossidativi.

La VO2 max è la misura di un flusso è ed espressa sia in termini

assoluti (L/min), sia in termini relativi (ml/min/kg).

La potenza aerobica dipende da vari fattori tra i quali spiccano:

q fattori polmonari (membrana alveolo-capillare, legge di Fick

della diffusione dei gas, fattore abbastanza trascurabile, ma

importante in caso di patologie dell’apparato respiratorio)

q fattori ematici (ematocrito, % emoglobina, conta eritrocitaria)

q fattori cardiocircolatori (gettata cardiaca, capillarizzazione,

ritorno venoso)

q fattori tissutali

Il massimo consumo di ossigeno di un individuo adulto sano e non alle-

nato è di circa 30 –35 ml/min/kg; tale valore diminuisce di circa il 9%

ogni decade di vita, come ogni funzione biologica. Il valore della

VO2max è linearmente correlato con la qualità della vita e addirittura l’a-

spettativa di vita, dato che esprime direttamente non solo il livello delle

capacità ossidative dell’organismo ma l’efficienza dell’intero sistema car-

diorespiratorio. Valori inferiori ai 14 ml/min/kg sono statisticamente

significativamente correlati ad un’aspettativa di vita ridotta ed ad eventi

cardiovascolari fatali; per contro valori superiori sono associati ad una

migliore prognosi.

Il massimo consumo di ossigeno:

• è linearmente correlato al volume cardiaco

• è superiore del 15% pedalando in posizione reclinata

rispetto a quella perfettamente seduta o comunque in

posizione eretta rispetto a quella seduta (per una mag-

gior gettata cardiaca, e flusso venoso - vedi il capitolo

legato all’emodinamica)

• gli esercizi combinati (arti superiori+arti inferiori non lo

aumentano in maniera significativa)

La VO2 max è possibile valutarla mediante:

1) test cardiovascolari (test da sforzo) di tipo massimale che

vengono eseguiti dal medico specialista in ambiente pro-

tetto

2) test sottomassimali (mediante protocolli che non compor-

tano il raggiungimento di intensità massimali o ritenuti tali

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

rispetto le caratteristiche dell’individuo)

3) Calcolo del V02max (valori assoluti o relativi) mediante

l’inserimento dei dati scaturiti da una performance di tipo

sottomassimale in una formula protocollata e scaturita da

studi prospettici (ad esempio il Rockport Walking Test)

4) Calcolo del VO2max teorico (utilizzo di formule)

Questi ultimi test sono quelli utilizzabili nel cardiofitness, nel-

l’autovalutazione ma non sono molto attendibili; tuttavia posso-

no dare un’indicazione di massima sulle capacità dell’individuo

e sono anche l’unico strumento che possiede l’insegnante nel-

l’ambito del fitness per poter trarre delle indicazioni di massi-

ma.

I test sottomassimali si basano sul rapporto esistente tra la

frequenza cardiaca e la VO2max, proprio perché la frequenza

cardiaca è uno dei due parametri che determina il valore di get-

49

DAVIDE GOROLA

FIGURA 17

LIvello di Fitness e indice di mortalità/anno. Il livello di Fitness è espresso in METs(METs = 3,5 ml/min/Kg). Si noti la differenza tra i due sessi. Le donne sono piùprotette dagli uomini dall’incidenza delle malattie cardiovascolari ma il rischiodiventa uguale nel periodo postmenopausa. IL decentramento della mortalità ènotevole per lievi aumenti di tolleranza allo sforzo (METs). Quando il livello diFitness è pari a 10Mets (circa 35 ml/min/Kg di VO2max) l’incidenza nei due sessiè sovrapponibile.

50

tata cardiaca (GC = FC x GS) e dunque di performance del

sistema cardiorespiratorio.

E’ possibile tramite le formule dell’American of Sport

Medicine calcolare il VO2 dell’esercizio, ovvero il costo

metabolico di un singolo esercizio e dunque, mediante

aggiustamenti dei parametri ottenuti “sul campo”, calcolare

più o meno il valore soglia.

I valori medi del VO2max sono, come abbiamo detto, equi-

valenti a circa 35-40 ml/min/kg; i valori nella donna sono

sensibilmente inferiori a parità di peso ed età mediamente

del 10-15%; atleti di alto livello (sport di resistenza come lo

sci nordico o di fondo possono avere valori di 75-80

ml/min/kg).

Valori bassi attorno ai 15-20 ml/min/kg sono indicativi di una

tolleranza allo sforzo ridottissima ed una qualità di vita bassa

(oltre ad un rischio per malattia cardiovascolare aumentato).

Valori medio alti sono frequenti in sport “aerobici-anaerobici

alternati” come il basket.

La relazione tra la % della Frequenza Cardiaca Massima rag-

giungibile dall’individuo e la % della VO2max è quella riporta-

ta dalla tabella seguente:

% FCmax % VO2max

50 28

60 40

70 58

80 70

90 83

100 100

Tab. 5: Relazione tra FC max e VO2max

Nel calcolo dell’intensità dell’allenamento si utilizza la frequen-

za cardiaca proprio perché essa è in rapporto con il consumo

di ossigeno.

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

1.18) L’INTENSITA’ DELL’ALLENAMENTO: CALCO-

LO DELLA FREQUENZA CARDIACA ALLENANTE

Per il

calcolo della Frequenza Cardiaca si usano due formule

• Formula di Astrand:

220 – età = FC max teorica (allenante = 60/85%)

• Formula di Karnoven

FC a riposo + (% di VO2max*) x (FC max – FC a riposo)

La prima formula è molto veloce e semplice da utilizzare ma è

alquanto imprecisa: si hanno variazioni di + o - 12 bpm. Ad

esempio la FC massima teorica di un soggetto di 30 anni è di

220 –30 = 190 bpm, con una variazione di + o - 12 bpm, quindi

la frequenza cardiaca massima del soggetto trentenne sarà

compresa tra i 178 ed i 202 (190+ o - 12).

La formula di Karnoven ha il pregio di considerare la relazione

esistente tra consumo di ossigeno (VO2) e la frequenza cardiaca;

in questa formula si considera la frequenza cardiaca a riposo e que-

51

DAVIDE GOROLA

TAB.6: Tabella riassuntiva dei vari aspetti della compliance

52

sto è un dato interessante che può essere influenzato anche dal-

l’effetto dell’allenamento sull’apparato cardiovascolare (ipertono

vagale relativo che determina la bradicardia).

Se, ad esempio, si desidera allenare un soggetto di 40 anni al 60%

del suo VO2max, avente un polso a riposo di 70 bpm, si calcola:

0,60 x (180 – 70) + 70 = 0,60 x 110 + 70 = 136 bpm.

Se invece lo si vuole allenare al 70% si calcolerà:

0,7 x (180 – 70) + 70 = 0,70 x 110 + 70 = 147 bpm.

Il miglioramento della qualità della vita e tutta la serie di benefi-

ci (e notevoli!) effetti sulla salute elencati prima si ottengono

allenando l’organismo tra il 50 e l’80% del VO2max. Questo

ampio range può essere utilizzato dal trainer in funzione del

momento (periodizzazione dei carichi), dell’obiettivo e, ovvia-

mente, dal grado di allenamento e dalle condizioni cardiovasco-

lari del soggetto. Al di sotto del 40-50% del VO2max non si

hanno miglioramenti e dunque effetti allenanti, mentre al di

sopra di tali valori l’intensità è tale da impegnare intensamente

il soggetto , oltre la soglia aerobica. Oltre tale soglia, la fre-

quenza cardiaca sale molto (tachicardia), il tempo diastolico si

riduce e la performance cardiaca si riduce mentre il lavoro car-

diaco si alza notevolmente (vedi principi di emodinamica); inol-

tre, da un punto di vista metabolico, vi è l’incremento della pro-

duzione di acido lattico (utilizzo del sistema anaerobico lattaci-

do). Da questo si evince che tali intensità sono utilizzate dagli

atleti e da soggetti idonei ad attività sportive di alto livello e

dunque esenti o ritenuti tali da patologie cardiovascolari.

1.19) LA SCALA DI BORG ED IL “TALK-TEST”

Questi due metodi empirici permettono di “calcolare” l’inten-

sità dello sforzo sulla base di dati ottenuti sul campo e dall’ana-

lisi diretta dell’individuo. La scala di Borg riportata sotto per-

mette di valutare, tramite un punteggio di riferimento, “l’inten-

sità percepita” dal soggetto stesso. Ad esempio se un sogget-

to durante l’allenamento indica 6 significa che percepisce l’in-

tensità come “leggerissima”, se dice 14 significa che la sente

“abbastanza pesante”. La scala di Borg deve essere ben visi-

bile a distanza e permette di valutare l’intensità del training

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

anche da trainers con poca esperienza o verificare la capacità

di percezione della fatica delle persone in relazione a parametri

obiettivi (frequenza cardiaca). La scala di Borg è utile nell’alle-

namento dei soggetti anziani e in riabilitazione cardiologica. Il

talk-test permette di verificare se un soggetto è all’interno

della zona allenante e cioè quella compresa tra il 50 ed il 75-

80% del VO2max: Un soggetto dovrebbe riuscire a parlare,

conversare abbastanza agevolmente mentre compie esercizio.

Se è in grado di sostenere un soliloquio vivace oppure, al con-

trario, non riesce a parlare se non con difficoltà vuol dire che

l’intensità è troppo bassa o alta e il trainer potrà correggere la

medesima sollecitando o rallentando il soggetto.

SCALA DI BORG

6 Leggerissimo

7

8

9 Molto leggero

10

11 Leggero

12

13 Abbastanza Pesante

14

15 Pesante

16

17 Molto pesante

18

19 Pesantissimo

20

Tab. 7

Scala di Percezione soggettiva dello sforzo

53

DAVIDE GOROLA

54

1.20) LA PERCEZIONE DELLA FATICA: LA MOTI-

VAZIONE E LA COMPLIANCE ALL’ALLENAMENTO

La scala di Borg assume un ruolo interessante nella conduzio-

ne dell’allenamento e nella pratica del Fitness in quanto spunto

di comunicazione ed interazione con il soggetto che si sta alle-

nando. In particolare la percezione soggettiva dello sforzo è un

parametro da valutare perché fluisce direttamente da fattori

interindividuali nonché dipendenti dall’ambiente. In altre parole,

in ogni momento, il trainer deve valutare in itinere il grado di

motivazione della persona e la compliance all’allenamento,

inteso questo non soltanto come un momento fisiologico ma

un evento ricco di contenuti umani e psicologici.

Per compliance si intende il livello di adattamento (adesione)

all’allenamento; i fattori che la influenzano sono in sintesi:

q Fattori ambientali

q Fattori interindividuali e fisiologici

q Qualità della comunicazione

q Livello di partecipazione del gruppo nel quale l’individuo è

inserito

q Contenuti del training

L’individuo in ogni sua azione umana e sociale si trova con il

suo essere e modo di essere inserito nell’ambiente che è fatto

di cose, persone e situazioni che continuamente influenzano la

sua percezione e provocano reazioni. L’ambiente (clima, luce,

suoni, colori, persone, situazione) continuamente interagisce a

vari livelli ed intensità con la sensibilità e il sistema percettivo

del soggetto che a sua volta risponde in base all’esperienza,

alla motivazione, l’aspettativa, il momento fisiologico (stato di

salute, grado di allenamento, esperienze precedenti). Il trainer

e i soggetti che interagiscono con il soggetto possono essere

a loro volta uno dei fattori che determinano la compliance: il

modo di interagire con l’individuo, la qualità della comunicazio-

ne ed il rapporto instaurato nel tempo sono altri parametri che

influiscono sulla prestazione. I contenuti del training (scelta dei

mezzi allenanti, volume, intesità, etc) sono soltanto parte inte-

grante della compliance e non l’elemento principale come può

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

essere concepita dal trainer che agisce esclusivamente secon-

do un modello fisiologico e tecnico.

Una buona compliance è quindi l’obiettivo di ogni trainer che,

partendo dall’esatta valutazione fisiologica dell’individuo, otti-

mizza il fitness. Il trainer deve certo considerare la motivazione

che ha indotto la persona a seguire un programma e a frequen-

tare la palestra. Le motivazioni sono varie e talvolta complesse

e spesso in una stessa persona se ne trovano diverse e perfi-

no contraddittorie. La motivazione può essere quella estetica,

sociale (stare con gli amici), igienico-salutistica, rieducativa. In

realtà lo stile di vita fisicamente attivo è uno stile che attual-

mente in varie persone è imposto dalla società più che da

motivazioni personali: in ultima istanza è difficile capire qual è

stato il primum movens, in alcuni casi può essere determinante

l’esito del fitness stesso, in altri ancora può essere estrema-

mente relativo (e si evita di psicologizzare un momento, quello

di andare in palestra, in fondo naturale per l’individuo moderno

e socialmente integrato.)

Tra i vari meccanismi motivazionali studiati e modelli comporta-

mentali che determinano la compliance quello di Bandura offre

lo spunto per un ulteriore conferma dell’importanza della per-

cezione soggettiva dello sforzo e i livelli di autoregolazione del-

l’esercizio; in particolare si introduce così il concetto di

“autoefficacia”: il mantenimento e la conduzione dei program-

mi di fitness e allenamento a prescindere dalla motivazione in

essere sono in relazione alla fiducia nelle proprie capacità e

nella sicurezza di poter raggiungere l’obiettivo (gratificazione in

base ad un risultato obiettivo raggiunto). In sostanza, la padro-

nanza personale è un elemento fondamentale della compliance

specie se si pensa che molti individui tendono ad evitare situa-

zioni che possono andare oltre le proprie capacità. Ricordiamo

ora per esteso il concetto di efficacia di Bandura ripreso da

Cei: “l’autoefficacia è definita come la fiducia che una persona

ripone nelle proprie capacità di affrontare un compito specifi-

co”. Ogni soggetto quindi sceglie di svolgere e mantenere

un’attività nella quale è sicuro di avere un buon margine di suc-

cesso.

Il trainer deve sapientemente modulare l’impegno e il gesto

tecnico dell’esercizio per migliorare la “competenza” del sog-

55

DAVIDE GOROLA

56

getto nel rispetto dell’esperienza acquisita e indirizzare l’indivi-

duo ad autogestire le proprie capacità. Secondo il modello del-

l’autoefficacia è indispensabile valutare la forza della convinzio-

ne personale di poter raggiungere una prestazione ottimale: in

questo contesto la scala di Borg ed ogni valutazione della

competenza e del rapporto del sé rispetto al compito fisico

che il trainer creerà sono strumenti indispensabili per un fit-

ness moderno ed efficace.

1.21) ASPETTI PSICOLOGICI DELLA PRESTAZIO-

NE FISICA

Varie teorie riguardanti i fattori determinanti la prestazione fisi-

ca e sportiva si sono succedute ed integrate nel corso del

secolo scorso; queste teorie oggi acquistano una nuova impor-

tanza nel cercare di capire quali sono i fattori che determinano

l’adesione e il mantenimento di programmi di attività fisica,

riconoscitui parte intengrante di uno stile di vita raccomandato

dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

In questo contesto è utile ricordare gli aspetti peculiari della

teoria della pulsione (“drive theory”) rivisto dal Spence nel

1966. Secondo questa teoria la prestazione (P) è dipendente

dalla pulsione (drive, D) per la forza dell’abitudine (H), dunque:

P = D x H

La pulsione è l’attivazione di processi fisiologici aspecifici che

guidano il soggetto al raggiungimento e al soddisfacimento dei

bisogni (sostenuti dalle motivazioni), mentre l’abitudine è for-

mata dall’insieme delle risposte corrette e scorrette (costituen-

ti l’esperienza stessa dell’allenamento). La pulsione all’eserci-

zio o attività fisica è dunque determinata dall’apprendimento di

una specifiche competenze e da un grado di attivazione che

può essere più o meno adeguato e comunque dipendente all’a-

bitudine che è sostenuta da una serie di risposte allo stimolo

allenante.

L’attivazione, che deve essere adeguata ovvero né troppo ele-

vata né troppo bassa, è costituita da una serie di stimoli (fisio-

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

logici) che influenzano il comportamento motorio. Ad esempio

la “somministrazione” di un adeguato sforzo fisico (in grado di

elevare adeguatamente la frequenza cardiaca e respiratoria)

determina una condizione di stress moderato ma efficace per

indurre una valida prestazione. Evidentemente esiste una zona

individuale (livello di attivazione) alla quale corrisponde una pre-

stazione ottimale. E’ quindi compito del traiiner saper interpre-

tare i parametri dell’allenamento sulla scorta di una precisa

conoscenza della fisiologia.

La complessità nasce dal fatto che esiste, come in ogni situa-

zione umana, un estremo polimorfismo psicologico in relazione

a stimoli ricevuti; ad esempio alcuni individui percepiscono (e

prediligono) bassi livelli di attivazione (induzione, inizio dell’e-

sercizio) come piacevoli stati di rilassamento, mentre alti livelli

di attivazione inducono stati di ansia. Quest’ultimo esposto

corrisponde allo “stato telico” che vuol dire obiettivo, caratte-

ristico delle persone nelle quali prevalgono comportamenti pia-

nificati e indirizzati ad uno scopo. Altri individui si pongono in

uno stato opposto, definito “paratelico”, nei quali alti livelli di

attivazione sono sentiti come un piacevole stato di eccitamen-

to, mentre i livelli bassi corrispondono alla noia.

Il livello di attivazione è considerato uno dei uno dei fattori

determinanti la compliance; i livelli di attivazione che, come si è

detto, in base agli individui possono essere scarsi o elevati

possono nelle varie condizioni determinare reazioni fisiche,

comportamentali e psicologiche.

Un’attivazione eccessiva determina:

q Sintomi fisici: dispnea, ipertono muscolare, alterazione

della termoregolazione (inadeguata sudorazione), discine-

sie

q Sintomi comportamentali: ansia, reazioni motorie e rispo-

ste agli stimoli inadeguate

q Riduzione della motivazione, pensieri negativi ed irrazionali

L’esempio tipico non riscontrabile nel fitness ma facilmente

paragonabile è la partenza dei 100 metri nel quale un ‘eccessi-

va attivazione determina uno scadimento psicomotorio e cadu-

ta della prestazione (in questo contesto è utile riflettere sulla

differenza tra stato di attivazione ed “ansia di prestazione’).

57

DAVIDE GOROLA

58

Le situazioni nel fitness sono sensibilmente diverse perché

diluite e frazionate nel tempo e la complessità è definita dal

fatto che lo stato di attivazione deve essere modulato anche in

funzione delle competenze acquisiste dal soggetto (che quasi

sempre non è mai un “atleta”) e dalle variabili fisiologiche.

Accade dunque che i trainer agiscano secondo un unico

modello di induzione e conduzione dell’allenamento e che per

questi “motivare” la persone all’esercizio equivalga all’utilizzo

esclusivo di eccessivi e smodati mezzi di attivazione nei quali i

“leader trainer” (così come si autodefiniscono) contribuiscono

soltanto al soddisfacimento di bisogni personali e paradossal-

mente interagiscono misconoscendo le variabili individuali e

senza empatia, ma con distacco (necessario per una conduzio-

ne fascinosa) o con un’inadeguata fusione (emotività) con il

gruppo o persona.

Ricordiamo qui di seguito i sintomi derivanti da un’attivazione

ridotta;

q Sintomi fisici: scarsa risposta allo stress (sistema cortica-

le, increzione adrenalina, asse ipotalamo-ipofisi-corticosur-

rene, vedi prossimo capitolo) e riduzione dell’energia psi-

cofisica

q Sintomi comportamentali: imprecisione gestuale, scarso

desiderio, distrazione, sonnolenza

q Sintomi psicologici: concentrazione ridotta, distacco dalla

situazione e dall’ambiente

1.22) CALCOLO DEL VO2MAX

Rockport Walking Test (test del miglio camminando)

E’ un test facile adatto a persone neofite e con bassa tolleran-

za allo sforzo.

VO2max (ml/min/kg) = 132.853 – (0,0769 x peso corporeo in

lb) – (0,3877 x età) + (6,315 x gender) – (3,2649 x tempo in

min) – (0,1565 x FC al termine del cammino)

• Gender = 0 per femmine, 1 per maschi

Cooper Test

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

E’ un test classico nella letteratura sportiva ed è per questo

che viene citato; consiste nel correre per 12 minuti e cercare

in questo tempo di ricoprire la massima distanza; è un test che

richiede un ottimo livello di attivazione e motivazione ed è adat-

to a soggetti allenati e senza rischio cardiovascolare (non può

essere considerato un test sottomassimale).

VO2max (ml/min/kg) = 0,02233 x (metri percorsi in 12 min di

corsa) – 11,3

Harvard Step Test

E’ un altro test classico che è del tutto simile al capostipite dei

test di valutazione funzionale (il test di Margaria). E’ estrema-

mente semplice. Il calcolo del VO2max è agevolato dall’utilizzo

di nomogrammi che mettono in relazione la FC dell’esercizio

registrata nei vari momenti del test per il calcolo diretto del

consumo di ossigeno.

• Salita e discesa di un gradino alto 50 cm per 30 volte/min

• Il ritmo è scandito da un metronomo impostato a 120

colpi/min

• Salita e discesa in 4 fasi (destro su-sx su -dx giù -sx giù…)

• Valutazione della fase di recupero, calcolo dell’indice:

• Si inseriscono nella formula le FC rilevate in 3 momenti

successivi al termine della prova

a) dal 1’ al 1’30”

b) dal 2’ al 2’30”

c) dal 3’ al 3’30”

Indice = T (durata del test in secondi) x 100/ 2 x (A+B+C)

Indice Valutazione

59

DAVIDE GOROLA

60

< 50 Scarso

50—60 Mediocre

65—85 Discreto

85—100 Buono

>100 Ottimo

Test di Ruffie

Valuta la funzionalità del sistema cardiocircolatorio. Si utilizza-

no un cronometro ed un cardiofrequenzimetro. Il soggetto

deve effettuare dei piegamenti sulle gambe per 1 minuto senza

pause.

Si inseriscono poi nella formula seguente le pulsazioni rilevate

durante tre momenti differenti:

- a riposo (R)

- a 30” dopo lo sforzo (T1)

- 1’ dopo lo sforzo (T2)

Indice = R + T1+T2 –200/10

Indice Valutazione

15 —20 mediocre

10 —15 Sufficiente

5 —10 Medio

0 —5 Buono

< 0 Ottimo

La soglia anaerobica

Rappresenta il passaggio tra la produzione di energia metaboli-

ca attraverso i sistemi ossidativi (aerobici) e la produzione di

tale energia tramite processi in assenza di ossigeno (glicolisi

anaerobica con produzione di acido lattico). A livello cellulare il

passaggio non è netto perché gli eventi biochimici si intercala-

no e sono complessi e dipendono da vari processi che investo-

no l’organismo in toto. Tuttavia, ad una certa intensità di eser-

cizio (velocità, wattaggi o “carichi esterni”) la quota di acido

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

::

::

::

:

lattico prodotta è tale da determinare l’esaurimento muscolare.

Il problema è dunque quello dell’accumulo di questa “scoria

metabolica” ed il ripristino in itinere dell’omeostasi alterate. La

soglia anaerobica corrisponde ad una percentuale del

VO2max: lo scopo dell’allenamento, in alcuni casi è alzare que-

sta soglia il che vuol dire avere la capacità di sostenere un alle-

namento ad una intensità più alta, anche senza incrementare il

VO2max. I metodi di determinazione della soglia anaerobica, la

quota di acido lattico alla quale essa corrisponde sono stati

uno degli argomenti più dibattutti, ma la determinazione nel fit-

ness è sostanzialmente ingiustificata perché, ove possibile

misurarla con precisione, la valutazione di questo parametro

non è determinante nella scelta dei carichi e dunque per la qua-

lità della programmazione: la soglia anerobica può essere utiliz-

zata nella programmazione di training per atleti agonisti.

1.23) LA TOLLERANZA ALLO SFORZO

La risposta all’esercizio è in relazione a parametri fisiologici

che rispecchiano la capacità di adattamento del soggetto

stesso (VO2max, capacità motorie e condizionali in generale,

etc).

La risposta all’esercizio prevede tre fasi

1) Preparazione

2) Fase iniziale

3) Fase di stabilizzazione (steady state)

4) Deriva

La fase 1 è caratterizzata da marcati aggiustamenti dell’appara-

to cardiovascolare e respiratorio (contrazione del debito di

ossigeno per la lentezza con cui l’apparato cardiorespiratorio e

i meccanismi aerobici intervengono); poi, se il carico dell’eser-

cizio non è massimale si assiste alla fase 2 in cui l’organismo

subisce piccoli aggiustamenti dei sistemi di regolazione (pat-

tern respiratorio, frequenza cardiaca, bilancia simpato-vagale,

termoregolazione etc). Se l’esercizio continua ed il carico pro-

gressivamente aumenta ci si avvicina alla soglia anaerobica,

61

DAVIDE GOROLA

62

nella quale una parte dell’energia necessaria per il lavoro

muscolare è fornita dal sistema anaerobico lattacido (aumento

della lattacidemia, acidosi metabolica compensata all’inizio dal

sistema respiratorio con la respirazione, vedi equazione di

Henderson-Hasselbach cap.4). Si assiste dunque all’aumento

della ventilazione respiratoria ed un incremento della ventilazio-

ne dell’anidride carbonica (VCO2) che rappresenta l’intervento

dei sistemi che tamponano l’acidità metabolica (abbassamento

del pH ematico). A questo punto l’analisi dei gas respiratori

(VO2/VCO2) dimostra l’inversione del quoziente respiratorio

(metodo V-slope) che identifica la “soglia anaerobica ventilato-

ria”, corrispondente all’inizio della fase 4 di deriva. In molti

soggetti non allenati o patologici (bassa frazione di eiezione,

scompenso cardiaco, etc) il raggiungimento della soglia anae-

robica ventilatoria non è possibile per l’esaurimento muscolare

e difficoltà di mantenere costante i parametri ergometrici (è il

caso dell’individuo che non riesce più a pedalare durante un

test sottomassimale con bassi wattaggi al cicloergometro). In

alcuni casi può essere utile ricorrere al calcolo del VO2max

teorico. Questo può essere un vantaggio specialmente nella

valutazione di soggetti neofiti con franca intolleranza allo sfor-

zo, oppure se si vuole dosare il carico di allenamento proce-

dendo empiricamente.

Formule per calcolare il consumo di ossigeno massi-

mo teorico.

FORMULE DI WASSERMAN

Maschi

Cicloergometro* (No) : P x (50.72 - 0.372 xetà) (l/min)

Cicloergometro* Sì (0.79 x A - 60.7) x(50.72 - 0.372 xetà)

(l/min)

Treadmill** No P x(56.36 - 0.413 xetà) (l/min)

Treadmill** Sì (0.79 x A - 60.7) x(56.36 - 0.413 xetà) (l/min)

Femmine

Cicloergometro* No (42.8 xP) _x22.78 - 0.17 xetà) (l/min)

Cicloergometro* Sì A x(14.81 - 0.11 xetà) (l/min)

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

Treadmill*** No P x(44.37 - 0.413 xetà) (l/min)

Treadmill*** Sì (0.79 x A - 68.2) x(44.37 - 0.413 xetà) (l/min)

FORMULE DI BRUCE

Maschi sedentari 57.8 - 0.445 xetà (ml/kg/min)

Femmine sedentarie 41.2 - 0.343 xetà (ml/kg/min)

FORMULE DI JONES

Maschi 4.2 - 0.032 xetà (l/min)

Femmine 2.6 - 0.014 xetà (l/min)

A = altezza in cm; P = peso in kg. * sovrappeso P > (0.79 _A -

60.7); ** sovrappeso P > (0.65 _A - 42.8); *** sovrappeso P >

(0.79 _A - 68.2).

TEST MASSIMALI E SOTTOMASSIMALI

I test massimali sono quelli che possono essere prescritti e

condotti solo dal medico dello sport o dal cardiologo per la

valutazione funzionale dell’apparato cardiovascolare (idoneità

sportiva, valutazione clinica, stratificazione prognostica dei

soggetti cardiopatici). I test sottomassimali possono essere

condotti da un insegnante esperto che rispetti tutte le egide

per poterne garantire la qualità della prova. Nei test sottomas-

simali di solito si usa un carico di lavoro pre-determinato e

costante nel tempo oppure una durata di tempo fissa in cui

svolgere una specifica gesto fisico.

TEST MASSIMALI

Il test da sforzo massimale può essere effettuato su treadmill

(tappeto) o su cicloergometro. Rispetto al tappeto rotante il

cicloergometro (metodica più diffusa in Europa e soprattutto in

Italia) consente di effettuare lo sforzo sia in posizione seduta

che in posizione supina, quest’ultima particolarmente utilizzata

63

DAVIDE GOROLA

64

quando si vogliano impiegare durante l’esercizio fisico tecniche

di medicina nucleare per valutare le variazioni dei volumi ventri-

colari durante esercizio) la posizione seduta su cyclette con-

sente, grazie ad una minore mobilità del tronco, una maggiore

stabilità del tracciato elettrocardiografico ed una misura più

accurata della pressione arteriosa tramite lo sfigmomanome-

tro. I test massimali eseguiti sul tappeto rotante comportano

sforzi superiori (del 15%) per un maggior numero di distretti

muscolari coinvolti mossi non in totale ergonomia dai soggetti

con basse capacità motorie e funzionali. In generale i test ese-

guiti al treadmill sono considerati più validi per la valutazione

funzionale.

TEST SOTTOMASSIMALI

Questi test si differenziano tra loro per la modalità di incremen-

to del carico di lavoro e dei parametri relativi (wattaggi, penden-

za, velocità) ed è per questo che esistono svariati protocolli.

Quando si utilizzano dei test in cui l’incremento del carico è

intermedio (tra uno step e l’altro) i valori di VO2max ottenuti

sono superiori. Un test è considerato buono dura almeno 10-12

minuti. Nei soggetti neofiti l’incremento dei wattaggi al cicloer-

gometro dovrebbe essere pari a 15 watt, al treadmill di 0,5

km/h e del 2% di pendenza. E’ bene anche effettuare un lieve

riscaldamento e della ginnastica respiratoria con stretching per

5 minuti (è evidente che il test deve essere somministrato e

condotto secondo i criteri di validità e di sicurezza e nella quasi

totale certezza di avere una buona compliance psicofisica).

1.24) METODICHE PER LO SVILUPPO DELLA

RESISTENZA

1) METODI CONTINUI

2) METODI INTERVALLATI

3) METODI DELLE RIPETIZIONI

Il metodo continuo è caratterizzato da sforzi a velocità costan-

te e di diversa durata ed intensità; si distinguono:

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

• Lungo lento (dai 30 min ad un ora con FC basse)

• Medio (dai 20 ai 40 min con FC medio alte)

• Corto-veloce (15 –20 min con FC alte)

• Fartlek (variazioni di ritmo su un percorso variegato)

Il metodo intervallato “friburghese” è caratterizzato da

momenti in cui l’intesità dell’esercizio è notevole (90% del

VO2max e dunque con FC alte) intercalati con pause di recu-

peri che vanno dai 45” ai 90”. Secondo studi degli anni ottanta

questa metodica è in grado di stimolare molto la pompa cardia-

ca sino ad indurre ad un incremento del volume delle camere

ventricolari e lo stimolo delle fibre veloci e, conseguentemen-

te, un incremento delle capacità prestative e metaboliche

generali. L”interval training” è certamente prescrivibile a sog-

getti allenati con un apparato cardiovascolare sano.

Il lungo-lento è l’allenamento principale sia nella fase di adatta-

mento, sia nella fase di mantenimento: è tramite il lungo lento

che gli stimoli allenanti sono tali da innescare quella lunga serie

di effetti benefici sull’apparato cardiovascolare sopra descritti

(incremento capillari, enzimi ossidativi, utilizzo acidi grassi,

incremento colesterolo buono, bradicardia e performance ven-

tricolare, etc..)

Il metodo delle ripetizioni è caratterizzato dalla presenza di

recuperi completi dopo lo sforzo programmato. Le distanze

sono brevi e percorse ad altissima intensità (ad esempio corsa

che perdura per 50-60 secondi. Secondo alcuni studi questo

metodo è in grado di sollecitare molte componenti che deter-

minano l’incremento della resistenza e che vanno dal recluta-

mento di vari meccanismi metabolici per la produzione dell’e-

nergia muscolare, alla piena sollecitazione del sistema cardio-

respiratorio in tutta la sua globalità.

65

DAVIDE GOROLA

66

1.25) CALCOLO DEL DISPENDIO ENERGETICO

Il calcolo si basa sul fatto che ogni litro di ossigeno produce

mediamente 5 calorie.

Dunque di ogni soggetto si deve conoscere:

• Il VO2max

• Il peso corporeo

• L’intensità dell’allenamento (% di VO2max)

Ad esempio un soggetto che pesa 65 Kg, si sta allenando ad

un’intensità pari al 50% del suo VO2max che risulta essere di

40 ml/min/kg

Consumo di ossigeno dell’esercizio: 0,50 x 40 = 20 ml/min/kg

( 20 ml/min/kg x 65 kg) :1000 = 1,3 L di Ossigeno

1,3 L x 5 = 6,5 Kcal consumate in un minuto

Se, ad esempio, il soggetto si allenasse a questa intensità per

30 minuti, consumerebbe circa 195 Kcal.

La conoscenza di questi dati è fondamentale per la program-

mazione e la valutazione del fitness di ogni persona.

COSA DEVE SAPERE IL TRAINER

1) L’efficienza e il livello di salute dell’apparato cardiovascola-

re e respiratorio sono interdipendenti. Uno scompenso o

un deficit del cuore si riflette su di un organo a distanza

(ad esempio sul fegato) per stasi venosa dovuta ad un

insufficienza del ritorno venoso da insufficienza della fun-

zionalità del cuore destro o sui polmoni con edema ed

insufficienza respiratoria

2) Nel “cuore d’atleta” l’ipertrofia delle pareti ventricolari è di

tipo fisiologico e il rapporto Massa/volume rimane ideale.

L’ipertensione arteriosa e l’infarto miocardio determinano

un “rimodellamento” ed un’ipertrofia patologica (eccesso

di tessuto fibroso), perdita della compliance

3) Per “ compliance” ventricolare si intende la capacità di di

distendersi della camera ventricolare e dunque di saper bene

riempirsi di sangue (precarico) e svuotarsi (postcarico)

4) Il post carico è influenzato dal grado delle resistenze che

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

incontra il ventricolo. Ad esempio un’aorta rigida (atero-

sclerosi) od una valvola aortica malata aumentano il lavo-

ro del cuore (di pressione).

5) La pressione arteriosa diastolica dipende dalle resistenze

periferiche e durante l’esercizio fisico tende ad abbassarsi

6) Le coronarie sono le arterie che nutrono il cuore; durante

la diastole (rilasciamento) possono nutrire il muscolo car-

diaco perché sono per fuse mentre durante la sistole sono

compresse dalle fibre miocardiche in accorciamento

7) La bradicardia nell’individuo allenato è la risultante di un

aumento del tono vagale (parasimpatico) e da una relativa

diminuzione del tono simpatico (catecolamine): il fenome-

no è definito “ipertono vagale relativo”

8) I fattori di rischio per la malattia cardiovascolare si distin-

guono in modificabili e non modificabili. Bisogna sempre

fare un’attenta anamnesi prima della stesura e dell’avvia-

mento al training ed interagire con il medico.

9) La gettata cardiaca è la misura di un f lusso

(volume/tempo): è data dal prodotto della FC x la gettata

sistolica. Nell’atleta la bradicardia relativa da sforzo è com-

pensata da una maggior gettata sistolica

10) La pressione arteriosa sistolica aumenta con l’intesità del-

l’esercizio e del VO2 (metabolismo)

11) La frazione d’eiezione è un fattore prognostico della malat-

tia cardiovascolare; è influenzata dall’allenamento e dallo

stato di salute e funzionalità ventricolare. E’ pertanto cor-

relata alla performance, alla qualità e all’aspettativa di vita

12) Il debito di ossigeno rappresenta la lentezza con cui il

metabolismo aerobico si adegua alle richieste energetiche

indotte dall’esercizio

13) Esiste una precisa relazione tra la FC e la VO2 (valori %)

14) I test di valutazione funzionale che possono essere ese-

guiti dal trainer sono di tipo sottomassimale. Quelli massi-

mali sono eseguiti dal medico in ambiente protetto e ido-

neo.

15) I valori ideali di pressione arteriosa sono 120/80 mmHg.

Nel diabetico sono raccomandati

16) La pressione arteriosa è regolata con meccanismi a breve

e a lungo termine; tra questi ultimi il sistema renina-angio-

67

DAVIDE GOROLA

68

tensina-aldosterone può essere alterato da numerose

malattie (endocrine o del rene) che conduco all’insorgenza

di ipertensione

17) L’esercizio aerobico moderato agisce come antipertensivo

e migliora la compliance alla terapia medica.

18) Il cuore utilizza l’acido l’attico come fonte di energia e

durante l’esercizio fisico non contrae mai un debito di ossi-

geno

19) I soffi cardiaci sono dei rumori che si avvertono durante il

ciclo cardiaco e possono essere l’espressione di una

patologia valvolare; sono di vario grado di intensità e sono

generalmente udibili con lo stetoscopio.

20) Il sistema circolatorio è un sistema chiuso nel quale scorre

il sangue che è un liquido incomprimibile che è sospinto da

due sistema di pompa messe in serie (circolo sistemico e

circolo polmonare). Da questo deriva che la quantità di

sangue che viene espulsa dal ventricolo destro deve

necessariamente essere uguale a quelle che giunge al

ventricolo destro nello stesso istante.

21) Il”cuore senile” è un cuore che presenta un grado di iper-

trofia ventricolare sinistra variabile e una performance

ridotta (deficit riempimento ventricolare in diastole).

L’allenamento contrasta la regressione della capacità fun-

zionale cardiovascolare, riduzione del postcarico, maggior

compliance arteriosa, maggior tolleranza allo sforzo (incre-

mento VO2max)

22) I test eseguiti sul treadmill forniscono valori del VO2max

superiori del 10-15% rispetto a quelli eseguiti sul cicloer-

gometro. L’esecuzione dei test sottomassimali deve

seguire i criteri di validità e sicurezza.

FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE