L. Embree Analisi Riflessiva - Università degli studi di Bergamo · ESERCIZIO: Compilare lo schema...

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L. Embree Analisi Riflessiva Una prima introduzione all’investigazione fenomenologica Epistemologia e metodologia della ricerca pedagogica a.a. 2011/2012 Dott.ssa Mabel Giraldo [email protected]

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L. Embree

Analisi RiflessivaUna prima introduzione all’investigazione fenomenologica

Epistemologia e metodologia della ricerca pedagogicaa.a. 2011/2012

Dott.ssa Mabel [email protected]

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Perché questo libro?

Tesi centrale del testo:

CIÓ CHE CARATTERIZZA LA FENOMENOLOGIA É

L’ANALISI RIFLESSIVA

(intesa come metodometodo applicabile a qualsiasi ramodell’esperienza, diretta o indiretta che sia, che possa essere

utilizzato anche dalle altre discipline oltre che dallafilosofia)

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Scopi del libro

1. No introduzione alla fenomenologia come corpo di risultati e teorie, tale da essere studiato e memorizzato, ma piuttosto come approccio per diventare competenti.approccio per diventare competenti.

…Implica: a. adottare un atteggiamento riflessivo e teoretico sull’esperienzab. impegnarsi nell’analisi critica di essa

2. Sviluppo della criticitcriticitàà

= capacità umana di mettersi di fronte alle cose, prenderne distanza per analizzarle nelle loro dimensioni costitutive

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Strumenti del libro

1. Eserciziservono per mostrare come l’approccio fenomenologico sia legato all’esperienza e come il suo apparato concettuale ci possa aiutare ad analizzare importanti fenomeni in maniera critica e riflessiva

2. Classificazioneserve per mettere ordine a ciò che si analizza riflessivamente

a. conferisce una certa “universalità” all’oggetto classificato

b. punto di partenza per un’ulteriore investigazione di quanto classificato

c. mostrano l’importanza dell’analisi riflessiva attraverso la pratica (da qui il senso degli esercizi)

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Cap. I: OSSERVARE 1

OsservareOsservare è l’attività primaria dell’approccio fenomenologico(anche se bisogna fare attenzione che non tutte le attivitàdell’osservare sono implicate o interessano alla fenomenologia)

Scopo:

aumentare la nostra capacità nell’osservare non solo

attraverso la riflessione sul come o sul perché essa venga

fatta, ma soprattutto attraverso la pratica

� Es: “Mangiare insieme” (pp. 32-35)

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Cap. I: OSSERVARE 2

L’esempio mostra come esistano diversi tipi dideterminazioni” e come non tutte abbiano la stessa importanza.

� Le DETERMINAZIONI sono di due tipi:1. ProprietProprietàà (ES: tavolo rotondo, di legno, ecc.)

2. RelazioniRelazioni (ES: tavolo al centro della stanza, sotto la mensola, ecc.)

� A loro volta, proprietà e relazioni possono essere1. CulturaliCulturali (di valore intrinseco/estrinseco)

2. NaturalisticheNaturalistiche (fisiche/psichiche)

ESERCIZIO: Compilare lo schema in base all’esempio del “mangiare insiememangiare insieme””

(vedi slide successiva)

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Cap. I: OSSERVARE 3

neg

pos

VAL. ESTRINSECO

neg

pos

VAL. INTRINSECO

CULTURALI

PSICHICHE

FISICHE

NATURALISTICHE

RELAZIONI

PROPRIETÁ

DETERMINAZIONI

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Cap. I: OSSERVARE 4

Conclusioni

1. NON DARE PIÚ PER OVVIE COSE FINORA DATE PER SCONTATE(anche con eventi molto familiari, come un pasto, l’osservazione può mostrare determinazioni a cui prima non si era mai prestato attenzione)

2. OSSERVARE É MOLTO PIÚ DI GUARDARE(analizzare significa cercare proprietà, relazioni, caratteristiche, ecc.)

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Cap. I: OSSERVARE 5

Risultati

1. Riconoscimento di alcune determinazioni mai notate prima

2. In base a tali riconoscimenti, produrre un resocontoresoconto

3. Lo scopo generale dell’osservazione è teoretico

4. Nell’osservare, l’esperienza diventa mezzo per altro

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Cap. II: RENDER CONTO 1

Il prodotto dell’osservazione può essere

� una DESCRIZIONE

� un RESOCONTO RESOCONTO → ha lo scopo di registrare qualcosa e di comunicarlo, verbalmente o attraverso segni, in modo che sia compreso

Ciò che osserviamo può, quindi, sempre essere espresso in un

qualche modo, però

DESCRIVERE ≠ SPIEGARE(ES: ““SuonoSuono”” pp. 53-58)

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Cap. II: RENDER CONTO 2

I RESOCONTIRESOCONTI (affermazioni vere/false riguardo le cose) sono

prodotti dell’osservazione e possono essere:

1.1. DescrittiviDescrittivi

�� Fattuali Fattuali (descrizione di fatti)

�� Eidetici Eidetici (descrizione di idee)

2.2. EsplicativiEsplicativi

�� Eziologici Eziologici (spiegazioni delle cause)

�� TeleologiciTeleologici (spiegazione degli scopi)

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Cap. II: RENDER CONTO 3

Conclusioni

1. Non tutti i resoconti sono spiegazioni

2. Una spiegazione può includere anche una descrizione

3. La fenomenologia è sì principalmente descrittiva, ma può anche includere spiegazioni di diverso tipo

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Cap. III: RIFLETTERE 1

Ci sono diversi tipi di cose che possono essere osservate

riflessivamente e diversi modi di riflettere(NB: per Embree riflettere = osservare riflessivamente)

Diversi oggetti del riflettere

1. Le cose che possiamo toccare, ascoltare, vedere, ecc.

2. Io e gli altri

3. Stati d’animo e valori

… Ad ognuno corrispondono diversi tipi di riflessione.diversi tipi di riflessione.

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Cap. III: RIFLETTERE 2

1. RIFLESSIONE SUI PROCESSI INTENTIVI E SULLE COSE INTESE NEI PROCESSI INTENTIVI(Es: carro che si avvicina da lontano pp. 68-70)

� La nostra riflessione parte da una situazione nella quale noi riflettiamo sia sulle cose intese che sulle componenti dei processi intentivi

(Es: rifletto sul suono che ho sentito, ma anche sul sentire stesso)

� Embree parla di (entrambe osservabili riflessivamente)

a. TRASCENDENZE ESTERNE – le cose colte con i sensi e non solo

b. TRASCENDENZE INTERNE – l’io e i diversi ego

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Cap. III: RIFLETTERE 3

2. AUTORIFLESSIONE o RIFLESSIONE SUGLI ALTRI

(Es: bambina/bambola pp. 74-75)

� I flussi intentivi si possono concentrare su me stesso

� I flussi intentivi si possono concentrare su processi intentivialtrui

3. RIFLESSIONE SU STATI D’ANIMO e VALORI

Intentività non tanto sensoriale, quanto emozionale e valutativa.

Bisogna distinguere tra:

�� ilil valore che una cosa ha per lvalore che una cosa ha per l’’intentivitintentivitàà diretta verso di essadiretta verso di essa

�� ciò che ha valore intrinsecociò che ha valore intrinseco

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Cap. III: RIFLETTERE 4

Conclusioni

1. Gli “io” e la sedia sono trascendenti nel processo intentivo in modo diverso

2. Anche se l’io e il tu sono individuali si può riflettere sulla vita di gruppo

3. Quanto detto vale per l’osservazione di uomini e animali

4. L’osservazione riflessiva riguarda principalmente le menti

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 1

� Esperienza e Posizionalità(cit. pp. 85-87)

�� PosizionalitPosizionalitàà = un oggetto in quanto parte di un’esperienza è postoa. è qualcosa di diverso dall’esperienza

b. gli oggetti posti sono, in un qualche modo, diversi da come sono nell’esperienza

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 2

VALUTAREVALUTARE

Per Embree, la valutazione ha in qualche modo a che fare con le emozioniemozioni, soprattutto se ci riferiamo al sentimento.

Però: 1. esistono diversi tipi di emozioni

2. l’emozione è comunque un processo intentivo

3. l’emozione può essere distinta in

� Sentimenti (vanno e vengono, emergono da un sottofondo)

� Stati d’animo (iniziano all’improvviso ma durano a lungo)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 3

Tuttavia, proprio perché le emozioni godono di fama negativa, per Embree invece di parlare di emozioni bisognerebbe parlare di valutazionevalutazione

1. sentimenti e stati d’animo sono tipi di valutazione

2. la valutazione può essere positiva/negativa/neutra

3. la valutazione, dal momento che classifica oggetti reali che hanno un passato, presente, futuro, può essere anch’essa riferita a un passato, presente, futuro

� Inoltre, sentimenti e stati d’animo possono essere abitualiabituali(vedi p. 92)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 4

CREDERECREDERE

� Spesso si tende a confondere il credere con il valutare, ma, pur essendo entrambi due tipi di posizionalità, sono differenti

� Il credere ha a che fare con il sentimentosentimento

� anche il “non credere” è comunque, seppur diversa, una forma di credenza

� A livello di senso comune, vige un’accezione negativa del credere

(eredità del pensiero classico, il quale contrapponeva doxa – credenza a episteme – conoscenza)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 5

� Per superare l’accezione negativa del credere, Embree propone di parlare di cognizionecognizione

La cognizione, intesa come un credere giustificato, serve per riabilitare il concetto stesso di “credere”ricordandoci che il credere è qualcosa che può essere giustificato

Secondo tale prospettiva� Il conoscere è una specie di credere in senso ampio

� Non abbiamo più la contrapposizione tra doxa/episteme, ma abbiamo

- episteme (conoscenza)

- cognizione (credenza giustificata)

- doxa (falsa credenza)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 6

� Dunque, se il credere è come la valutazione rispetto alle modalità (positivo/negativo/neutro) è differente poiché le parole certezza, incertezza, congettura sembrano designare variazioni specifiche della credenza e degli oggetti creduti

(vedi pp. 93-95)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 7

VOLEREVOLERE

Volizione, volontVolizione, volontàà o azioneo azione

� Le cose volitive non sono uguali alle cose valutative e cognitive, perché

1. temporalità dell’oggetto voluto, desiderato(dunque deve essere reale)

2. gli oggetti del volere devono essere nel futuro

� Risistemazione terminologica:

le cose in fenomenologia, soprattutto dal punto di vista dei termini non sono mai semplici

(cit. pp. 96-97, figura 4.5)

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Cap. IV: VOLERE VALUTARE CREDERE 8

� Correlati dei componenti dei processi posizionali

1. caratteristiche posizionalicaratteristiche posizionali

(in generale)

2. caratteristiche culturalicaratteristiche culturali

a. quando l’intentività riguarda esperienze abituali e tradizionali

b. ogni oggetto ha queste caratteristiche culturali che possono poi cambiare in base al soggetto, all’età, al momento, ecc.

(un cambiamento delle caratteristiche culturali viene chiamato oggettivazione)

c. possono essere intrinseche o estrinseche

� Se per valutare parlavamo di uso, per la credenza si parla di funzionefunzione

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 1

� Solitamente facciamo esperienza delle cose, degli io, degli altri, ecc.; questo fare esperienza può essere direttodiretto o indirettoindiretto

tali due momenti possono essere descritti separatamente

(anche se l’esperienza indiretta presuppone quella diretta ed è stata maggiormente oggetto di analisi da parte della fenomenologia e dei suoi principali esponenti)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 2

ESPERIENZA DIRETTAESPERIENZA DIRETTA

� Ci sono diversi tipi di esperienza diretta classificabili secondo gli oggetti a cui fanno riferimento:

1. OGGETTI IDEALIOGGETTI IDEALI (Es: significato delle parole, idee, ecc.)

� Non sono nel tempo

� No esperienza “diretta”

2. OGGETTI REALIOGGETTI REALI� Sono temporali

� Sono oggetto di esperienza diretta

� Sono spaziali (nel senso che sono legati ad altri oggetti fisici)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 3

� Dal momento che l’esperienza diretta ha principalmente a che fare con gli oggetti reali, l’intentività che le è propria èsimile a una visione naturalistica

tuttavia no ricaduta nel fisicalismofisicalismo

(= credere che esistano solo gli oggetti fisici, quegli oggetti osservabili dai sensi nelle loro relazioni temporali, spaziali e causali)

� Gli oggetti reali possono essere anche:� Culturali

� Naturalistici (fisici e psichici)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 4

� In particolare, il fisicalismo non ammette come reali gli oggetti psichici (perché mente e psiche non hanno una collocazione né temporale né spaziale)

per Embree:

1. gli oggetti psichici sono reali e osservabili direttamente, ma in modo non sensoriale

2. sono collegati casualmente e temporalmente alle cose fisiche

- direttamente al corpo (osservabili mediante l’autosservazione)

- indirettamente alle cose che ci circondano (osservabili indirettamente attraverso l’osservazione sugli altri)

(Es: campana p. 109)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 5

� Inoltre, gli oggetti reali (fisici/psichici) poiché sono temporali, si trovano nel passato/presente/futuro

(Es: pranzo pp. 110-111)

questo esempio serve a Embree per mostrare come anche il ricordarericordare e l’aspettare aspettare siano comunque esperienze dirette che non hanno bisogno necessariamente di una rappresentazione

(nel senso che io ricordo un oggetto, ma non lo ricordo in base a come prima me lo ero immaginato nella mia mente)

ES: mentre faccio colazione penso a come sarà la cena della sera, ma poi a causa di una serie di circostanze mi capita di saltare la cena o non mangio quello che la mattina mi ero immaginata di mangiare

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 6

� Dunque i processi intentivi non sono solamente collocati nello spazio e possono essere intentivi anche di oggetti “distanti” dai nostri corpi nel tempo e nello spazio

(come a dire che la mente può andare molto oltre la realtà)

� Proprio perché il processo intentivo ha a che fare con gli oggetti reali, ma i suoi prodotti possono in un qualche modo eccedere la realtà, possiamo affermare che esiste:�� IntentivitIntentivitàà fittiziafittizia (pone sullo stesso piano ciò che è prodotto

dall’immaginazione e ciò che è prodotto dalla percezione dei sensi)

�� IntentivitIntentivitàà seria seria (ha a che fare solo con oggetti fisici, è quella propria dell’esperienza diretta)

→ NB: Esp. Diretta = esperienza nella quale non ha luogo nessuna rappresentazione

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 7

ESPERIENZA INDIRETTAESPERIENZA INDIRETTA

È quel tipo di esperienza in cui intervengono le rappresentazionirappresentazioni

(tanto che possiamo affermare che questo è un tipo di esperienza esperienza

rappresentazionalerappresentazionale)

vs Rappresentazionalismo

(= credere che in fondo tutte le esperienze che facciamo siano indirette o rappresentazionali)

� Tre tipi di esperienza indiretta, ognuno dei quali può poi avere una sottospecie

(pittorica, indicazionale, linguistica)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 8

1.1. ESPERIENZA PITTORICAESPERIENZA PITTORICA

presuppone due livelli:

a. infrastrato, ovvero esperienza diretta dell’oggetto che diventa un “incisione”, ossia figura, fotografia

b. fare esperienza della somiglianza tra la rappresentazione e l’oggetto rappresentato, il representatum

(ES: quadro)

2.2. ESPERIENZA INDICAZIONALEESPERIENZA INDICAZIONALE

� = ESPERIENZA PITTORICA

(ha un infrastrato che consiste nell’esperienza diretta di qualcosa che diventa indicazione e ha un superstrato che implica l’esperienza dell’oggetto indicato, l’indicatum)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 9

� ≠ ESPERIENZA PITTORICA

ci possono essere indicazioni di oggetti che non abbiamo mai incontrato

(pertanto non è necessaria una somiglianza tra l’immagine e l’oggetto immaginato)

ES: pp. 115-116

3.3. ESPERIENZA LINGUISTICAESPERIENZA LINGUISTICA

� qui la rappresentazione è l’espressione verbale (frasi, parole, testi, ecc.) e l’oggetto rappresentato è il significandum, l’ogg. significato

� L’infrastrato è più complesso:

-- inferiore: esperienza seria o fittizia di suoni, segni, ecc.inferiore: esperienza seria o fittizia di suoni, segni, ecc.

-- superiore: dal grafema, fonema, ecc. può sorgere attraverso superiore: dal grafema, fonema, ecc. può sorgere attraverso

ll’’apprendimento un processo di pensieroapprendimento un processo di pensiero

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 10

� Ciò che si realizza nell’esperienza linguistica è, dunque, il processo concettualeprocesso concettuale

(= intentività nella quale viene inteso un concetto o una significazione)

- infrastrato inf: veicoloveicolo della significazione

- infrastrato sup: comprensionecomprensione della significazione

(a tale livello la significazione è ciò che generalmente chiamiamo significato)

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Cap. V: FAR ESPERIENZA 11

Precisazione terminologica

SIGNIFICANDUM

(oggetto significato)

ESPRESSIONE VERBALE

Esp.

linguistica

INDICATUMINDICAZIONEEsp.

indicazionale

REPRESENTATUMINCISIONEEsp.

pittorica

Oggetto rappresentatoRappresentazione

NB: incidereincidere, indicareindicare e significaresignificare sono specie di rappresentare, ovvero di esperienza indiretta

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Cap. VI: ANALIZZARE 1

� Il fenomenologo realizza i diversi tipi di analisi sui dati che riguardano i suoi resoconti descrittivi

(analisi che sono solamente il frutto di opinioni o considerazioni soggettive, ma che sono il risultato di un continuo sforzo per produrre conoscenza)

� Capitoli precedenti: ANALISI CLASSIFICATORIA

(= trovare uguaglianze o differenze nei dati osservati, fare distinzioni, produrre classificazioni Sulla base delle distinzioni)

� Ora ci si occuperà di altri tipi di analisi

(intenzionaleintenzionale, motivazionalemotivazionale, eideticaeidetica)

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Cap. VI: ANALIZZARE 2

ANALISI INTENZIONALEANALISI INTENZIONALEAnalisi di come i processi intentivi siano intentivi l’uno dell’altro all’interno

di flussi. Una sorta di intentività immanente

(ES: pp. 126-137)

I vari esempi mostrano:

a. Retroattività e protensione

b. I processi intentivi non sono tra loro separati, ma necessariamente interrelati

c. L’oggetto non può mai darsi in una volta sola e in tutti i suoi modi possibili, ma solo nel modo che è correlato con ciò che è al momento attualizzato

d. Un oggetto si può dare non solo analizzando l’oggetto stesso, ma anche attraverso la riflessione sui processi intentivi attualizzati e non

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Cap. VI: ANALIZZARE 3

ANALISI MOTIVAZIONALEANALISI MOTIVAZIONALEProduce spiegazionispiegazioni, ovvero resoconti nei quali si afferma perché succede

qualcosa

� Nella spiegazione il fattore è chiamato motivo quando è un processo intentivo usato per spiegare altri processi intentivi

� Quindi, l’analisi motivazionale dato che riguarda il “perché” può essere:

a. eziologicaeziologica (cause) → riconoscere cosa causa lo sviluppo di un’abilità

b. teleologicateleologica (fini) → riguarda processi intentivi nei nostri passati che pongono fini o mezzi futuri, realizzabili o meno

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Cap. VI: ANALIZZARE 4

ANALISI EIDETICAANALISI EIDETICAPresuppone la differenza tra fatto particolare e eidos (= essenza

universale)

L’affermazione universale o eidetica è che tutti i processi intentivi del

valutare che non solo sono o sono stati ma che anche potrebbero esserlo,

ovunque, in ogni tempo e per chiunque, sono positivi, neutri, negativi

� Noi “eideiamo” molto, ciò però non significa che lo facciamo correttamente o che tutte le nostre affermazioni eidetiche sianovere

“Eideare” = diventare consapevoli di un eidos o di un gruppo di eide

(viene fatto in modo approssimativo quando non facciamo direttamente esperienza degli eide)

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Cap. VI: ANALIZZARE 5

� Ci sono due tecniche che aiutano l’eideazione

1. astensione eideticaastensione eidetica

(astenerci dal credere solo nella cosa attuale)

2. variazione fittiziavariazione fittizia

(fingerci altre possibili cose simili alla cosa davanti ai miei occhi)

� ES: “cos’è una sedia?” pp. 141-146

L’esempio è utile perché mette in luce alcune interessanti caratteristiche dell’analisi eidetica

1. non riguarda questa o quella particolare sedia, ma qualsiasi sedia e non dipende da nessuna sedia che esiste veramente

2. “sedietezza” non è il significato di una parola, ma piuttosto è una sorta di oggetto ideale, eidetico appunto.

“Eideare” = rendere più chiaro e distinto qualcosa che prima era inteso

ma solo vagamente

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Cap. VII: ESAMINARE 1

Ora si vuole mostrare cosa, anche a livello generale, sia la ragioneragione e la giustificazionegiustificazione

(Embree preferisce il termine “giustificazione” a quello di “ragione”perché quest’ultima oggi è diventata sinonimo di logica/conoscenza, intendendola proprio come “dare ragione”)

La domanda essenziale, al di là delle questioni terminologiche, è:

Può la giustificazione di atteggiamenti essere fatta

fenomenologicamente, ovvero attraverso l’analisi riflessiva?

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Cap. VII: ESAMINARE 2

� l’atteggiamento atteggiamento è ciò che può essere giustificato o meno. Una persona quando riflette trova che il flusso dei processi intentiviinclude un numero enorme di atteggiamenti

(alcuni riguardano il futuro/passato/presente, alcuni sono cognitivi, altri valutativi, alcuni seri altri fittizi, ecc.)

gli atteggiamenti in generale sono modelli ripetibili di esperienze del processo intentivo, e questi atteggiamenti nel loro insieme formano di fatto il nostro mondo culturale

� mondo culturale perché individui e gruppi hanno valori e usi di diverso tipo riguardo individui e gruppi di ogni sorta

� All’interno di questo mondo culturale, noi abbiamo quelle che vengono chiamate identitidentitàà

(identità intese come dimensioni dell’umano)

ES: la “lateralità” pp. 150-151

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Cap. VII: ESAMINARE 3

� I nostri atteggiamenti sono spesso fondati così profondamente che non ci chiediamo da dove vengano.

Segno di maturità intellettuale è, quindi, la capacità di conoscerli, “smascherarli” attraverso tre tappe:

- problematizzare un atteggiamento

- osservare e analizzare riflessivamente il nostro atteggiamento allo scopo di accertarne la fonte

- vedere se il nostro atteggiamento è giustificato o meno

NB: ci posso essere atteggiamenti per i quali non si trova nessunagiustificazione

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Cap. VII: ESAMINARE 4

� Senza scendere nel dettaglio dell’analisi di ogni tipo di atteggiamento, ci sono quattro domande che, a livello generale, posso guidarci nell’esaminare alcuni atteggiamenti

1. Che tipi di esperienza e di oggetti riguardano questo atteggiamento?

2. In questo atteggiamento, cosa si crede o in cosa si crede e come?3. Cosa è valutato positivamente o negativamente, ecc.?4. Come si è disposti a volere o ad agire in questo atteggiamento?ES: cane smunto e sporco p. 155-156

� Gli atteggiamenti sono tradizionali per le comunità e abituali per il singolo(vengono impararti profondamente, e quindi culturali, ma possonoanche essere cambiati se l’esame mostra che mancano di giustificazione)NB: abitudine ≠ routine

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Cap. VII: ESAMINARE 5

� I nostri molteplici atteggiamenti sono di solito inattuali

(ovvero sono attualizzati solo quando facciamo seriamente esperienza di cose pertinenti e di solito è attualizzato un atteggiamento alla volta)

� Quando un oggetto è esperito nel modo ottimale, l’esperienza èchiamata fornire evidenza; quando la componente evidenziale fonda e motiva un credere, allora si può parlare di giustificazione

� Altri tre esempi di atteggiamenti e identità, intesi sempre in termini culturali

(generegenere, etnicitetnicitàà, ambienteambiente)