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La Verità Anno I - Numero 12 www.laverita.info - Euro 1 O Quid est veritas? O QUOTIDIANO INDIPENDENTE FONDATO E DIRETTO DA MAURIZIO BELPIETRO Domenica 2 ottobre 2016 y(7HI1B4*LMNKKR( +]!#!"!"!? di MAURIZIO BELPIETRO Dagospia è un sito di in- formazione e gossip che tra una indiscrezione e una fotografia di starlette scapezzolate spesso anti- cipa notizie di cose politi- che ed economiche che nessun altro è in grado o ha il coraggio di anticipare. Non sto qui a fare l’elenco degli scoop di Roberto D’Agostino, il suo fonda- tore, ma se molti colleghi hanno fissa sul computer la homepage di Dagospia è per- ché spesso da lì colgono news che le agen- zie di stampa non danno. Ciò detto, venerdì pomeriggio leggendo Dago sono saltato sulla sedia e non per la notizia che il nostro Giacomo Amadori è stato assolto in una causa per diffamazio- ne che gli aveva intentato Adriano Celen- tano, ma per una Dagonota dal seguente titolo: «Renzispia. Dopo due anni di Palaz- zo Chigi, il bulletto si è infilato con arro- ganza nei gangli del potere, dalle Fiamme Gialle ai servizi, dalla polizia ai carabinie- ri, ha chiesto e ottenuto notizie riservate: e ora si allarga…». Già il titolo dice molto, ma ancor di più di- ce ciò che sta sotto. Riporto direttamente dal sito: «Tra i poteri nazionali s’è diffusa una certa apprensione, per non dire pau- ra, nei confronti di Matteo Renzi. Sono or- mai due anni e mezzo che il Ducetto da Ri- gnano s’è insediato a Palazzo Chigi. Ha avuto, cioè, tutto il tempo per inserirsi nei gangli del potere pubblico. Soprattutto in quello degli apparati di sicurezza. Con questa formula asettica vengono chiamati (da quelli che parlano bene) i servizi segre- ti. Ogni giorno, il premier cazzone riceve dai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia, dai Servizi veri e propri dos- sier, rapporti, relazioni – insomma, spiate – sugli uomini più in vista del Paese». Depurato dagli sfottò, l’articolo sostiene senza condizionali che il premier avrebbe dossier riservati confezionati da apparati dello Stato su chiunque ricopra una posi- zione chiave nel Paese. Non solo. La Dago- nota aggiunge che «per fare il figo» Renzi farebbe battute e rivelerebbe qualche se- greto alle stesse persone oggetto dei dos- sier, con un risultato evidente: «Terroriz- zarli, con l’idea di tenerli in pugno». Di più: «Però, come al Cav, Polizia, Carabi- nieri, Guardia di Finanza e Servizi segreti non rivelano al premier toscano i segreti che intercettano su (...) segue a pagina 3 IL SOSPETTO RENZI CI STA SPIANDO? Il sito «Dagospia» denuncia: «Il premier si fa dare da servizi segreti e forze dell’ordine dossier su personaggi in vista». Incredibile: nessuno smentisce «Inshallah» pronunciato da un Papa è qualcosa di più di una parola. È una provocazione, è una gaffe. A meno che non si creda in nulla, è lo stridere di un’unghia su un vetro. Bergoglio ama stupire, così quando il primate della Chiesa caldea Louis Raphael I Sako gli ha chiesto se fosse vicina una sua visita in Iraq, il pon- tefice ha risposto: «Inshallah», se Allah vuole. Il problema non è lessi- cale e neppure politico, ma di op- portunità. Non siamo certo noi a vo- ler giudicare il Papa, ma in quel mo- mento un brivido è corso lungo la schiena di migliaia di cristiani che vivono faticosamente da semiclan- destini nell’islam senza sorriso ri- schiando la vita solo per l’atto di far- si il segno della croce in una chiesa. È vero che secondo il Giornalista Collettivo le visite di Francesco sono un successo a prescindere ma que- sta in Georgia si sta rivelando più si- mile a una trasferta dell’Inter in Eu- ropa league che a una marcia trion- fale. Il momento no è proseguito ieri nello stadio di Tiblisi davanti a (...) segue a pagina 15 CONSERVATORI La destra ha ancora una missione: si chiama sovranità di FRANCESCO BORGONOVO Ieri, dal- la prima pagina del Corriere, Ernesto Galli della Loggia ha sparato una cannonata contro la destra. Una par- te politica che, secondo il professore, ha perso ogni identità e che, in definiti- va, serve a ben poco. (...) segue a pagina 3 ADDIO «BAIL IN» Tornano gli aiuti di Stato per salvare le banche di CARLO PELANDA Quando finirà l’incer- tezza sulle banche dell’Eu- rozona e, in particolare, dell’Italia? Avrebbe dovu- to terminare già nell’au- tunno del 2008, come in America, per sostenere una ripresa rapida dopo la crisi, ma dura ancora soffocando la ripresa stessa. La si- tuazione è surreale: non c’è in realtà una vera crisi bancaria in Europa e tanto meno in Italia, ma la lentezza (...) segue a pagina 19 di STEFANO LORENZETTO Certe date non si di- menticano. Era il 14 giu- gno 2006. Il giorno prima la terzogenita Marina Sylvia lo aveva reso non- no per la quarta volta. Fu Carlo Rossella, direttore del Tg5, a metterci in contatto: «Bernar- do Caprotti, il fondatore dell’Esselunga, vorrebbe conoscerti. Ha un dossier da pubblicare, ma secondo me non funzio- na. Gli ho spiegato che l’unico capace di metterci le mani sei tu». Ed eccomi a Limito di Pioltello (Milano), nella sede dell’Esselunga. Non fu diffici- le riconoscere il fondatore, anzi il Dot- tore, come tutti lo chiamavano con asciutta deferenza, e non certo solo per- ché all’epoca aveva già 80 anni. Dal ta- schino del gessato blu pendeva un bad- ge che recava impressi nome e cogno- me. La prese larga. Mi mise fra le mani un volume di uno strano formato ret- tangolare, copertina cartonata di un bel blu marino. Per titolo aveva il marchio rosso di Esselunga. C’era anche un sot- totitolo da far cascare le braccia: Agli al- bori del commercio moderno. (...) segue a pagina 6 SFREGIO AI CRISTIANI CHE VIVONO IN PAESI ISLAMICI Che tristezza il Papa che dice «inshallah» di MARIO GIORDANO Avanti di questo pas- so, il sinda- co Virginia Raggi finirà per risulta- re simpati- ca. So che l’impresa è un po’ impossibile: come far apparire Mattarella un allegro compagnone, Za- grebelsky un uomo adat- to ai talk tv, (...) segue a pagina 5 TORMENTONE Gli alleati della Raggi: i professionisti dell’antigrillismo BERNARDO CAPROTTI (1925-2016) La vera storia del droghiere che rivoluzionò la spesa «Quando mangerà il mio pane eccellente, pensi a me» SENTENZA DELLA CASSAZIONE di GIACOMO AMADORI Si possono pubblicare notizie sulla vita privata di personaggi pubblici anche se loro non sono d’accordo: basta che i fatti riportati siano veri. Con queste mo- tivazioni la Cassazione mi ha assolto nella causa per diffamazione che mi hanno intentato Adriano Celenta- no e la moglie Claudia Mori per un lungo e documenta- to servizio sulla loro fami- glia, pubblicato sul setti- manale Panorama , dove al- lora scrivevo. Oggi ripro- poniamo quelle notizie che i Celentano volevano na- scondere all’opinione pub- blica. segue alle pagine 10-11 I segreti di Celentano che adesso si possono raccontare IL BESTIARIO di GIAMPAOLO PANSA Potrà sem- brare strano, ma pur aven- do scritto cen- tinaia di arti- coli e un libro su Silvio Ber- lusconi, ho incontrato il Ca- valiere una volta sola. Accad- de la bellezza di trentanove anni fa, nel pomeriggio di lu- nedì 21 novembre (...) segue a pagina 4 Oggi vi parlo del mio Berlusconi

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LaVer itàAnno I - Numero 12 www.laverita.info - Euro 1O Quid est veritas? O

QUOTIDIANO INDIPENDENTE n FONDATO E DIRETTO DA MAURIZIO BELPIETRO Domenica 2 ottobre 2016

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!"!"!?

di MAURIZIO BELPIETRO

n D ag o s p ia è un sito di in-formazione e gossip chetra una indiscrezione euna fotografia di starlettescapezzolate spesso anti-cipa notizie di cose politi-che ed economiche che

nessun altro è in grado o ha il coraggio dianticipare. Non sto qui a fare l’elenco degliscoop di Roberto D’Agostino, il suo fonda-tore, ma se molti colleghi hanno fissa sulcomputer la homepage di Dagospia è per-ché spesso da lì colgono news che le agen-zie di stampa non danno.Ciò detto, venerdì pomeriggio leggendoD ag o sono saltato sulla sedia e non per lanotizia che il nostro Giacomo Amadori èstato assolto in una causa per diffamazio-ne che gli aveva intentato Adriano Celen-tano, ma per una Dagonota dal seguentetitolo: «Renzispia. Dopo due anni di Palaz-zo Chigi, il bulletto si è infilato con arro-ganza nei gangli del potere, dalle FiammeGialle ai servizi, dalla polizia ai carabinie-ri, ha chiesto e ottenuto notizie riservate:e ora si allarga…».Già il titolo dice molto, ma ancor di più di-ce ciò che sta sotto. Riporto direttamentedal sito: «Tra i poteri nazionali s’è diffusauna certa apprensione, per non dire pau-ra, nei confronti di Matteo Renzi. Sono or-mai due anni e mezzo che il Ducetto da Ri-gnano s’è insediato a Palazzo Chigi. Haavuto, cioè, tutto il tempo per inserirsi neigangli del potere pubblico. Soprattutto inquello degli apparati di sicurezza. Conquesta formula asettica vengono chiamati(da quelli che parlano bene) i servizi segre-ti. Ogni giorno, il premier cazzone ricevedai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza,dalla Polizia, dai Servizi veri e propri dos-sier, rapporti, relazioni – insomma, spiate– sugli uomini più in vista del Paese».Depurato dagli sfottò, l’articolo sostienesenza condizionali che il premier avrebbedossier riservati confezionati da apparatidello Stato su chiunque ricopra una posi-zione chiave nel Paese. Non solo. La Dago-nota aggiunge che «per fare il figo» Renzifarebbe battute e rivelerebbe qualche se-greto alle stesse persone oggetto dei dos-sier, con un risultato evidente: «Terroriz-zarli, con l’idea di tenerli in pugno». Dipiù: «Però, come al Cav, Polizia, Carabi-nieri, Guardia di Finanza e Servizi segretinon rivelano al premier toscano i segretiche intercettano su (...)

segue a pagina 3

IL SOSPETTO

RENZI CI STA SPIANDO?Il sito «Dagospia» denuncia: «Il premier si fa dare da servizi segreti e forzedell’ordine dossier su personaggi in vista». Incredibile: nessuno smentisce

n «Inshallah» pronunciato da unPapa è qualcosa di più di una parola.È una provocazione, è una gaffe. Ameno che non si creda in nulla, è lostridere di un’unghia su un vetro.Bergoglio ama stupire, così quandoil primate della Chiesa caldea LouisRaphael I Sako gli ha chiesto se fossevicina una sua visita in Iraq, il pon-tefice ha risposto: «Inshallah», se

Allah vuole. Il problema non è lessi-cale e neppure politico, ma di op-portunità. Non siamo certo noi a vo-ler giudicare il Papa, ma in quel mo-mento un brivido è corso lungo laschiena di migliaia di cristiani chevivono faticosamente da semiclan-destini nell’islam senza sorriso ri-schiando la vita solo per l’atto di far-si il segno della croce in una chiesa.

È vero che secondo il GiornalistaCollettivo le visite di Francesco sonoun successo a prescindere ma que-sta in Georgia si sta rivelando più si-mile a una trasferta dell’Inter in Eu-ropa league che a una marcia trion-fale. Il momento no è proseguito ierinello stadio di Tiblisi davanti a (...)

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C O N S E RVATO R ILa destra ha ancorauna missione:si chiama sovranità

di FRANCESCO BORGONOVO

n Ieri, dal-la primapagina delC o r rie re ,E r n e s toGalli dellaLoggia ha

sparato una cannonatacontro la destra. Una par-te politica che, secondo ilprofessore, ha perso ogniidentità e che, in definiti-va, serve a ben poco. (...)

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ADDIO «BAIL IN»

Tornano gli aiuti di Statoper salvare le banchedi CARLO PELANDA

n Quando finirà l’incer -tezza sulle banche dell’Eu -rozona e, in particolare,dell’Italia? Avrebbe dovu-to terminare già nell’au -tunno del 2008, come inAmerica, per sostenere

una ripresa rapida dopo la crisi, ma duraancora soffocando la ripresa stessa. La si-tuazione è surreale: non c’è in realtà unavera crisi bancaria in Europa e tanto menoin Italia, ma la lentezza (...)

segue a pagina 19

di STEFANO LORENZETTO

n Certe date non si di-menticano. Era il 14 giu-gno 2006. Il giorno primala terzogenita MarinaSylvia lo aveva reso non-no per la quarta volta. FuCarlo Rossella, direttore

del Tg 5, a metterci in contatto: «Bernar-do Caprotti, il fondatore dell’E s s e lu n ga ,vorrebbe conoscerti. Ha un dossier dapubblicare, ma secondo me non funzio-na. Gli ho spiegato che l’unico capace dimetterci le mani sei tu».Ed eccomi a Limito di Pioltello (Milano),

nella sede dell’Esselunga. Non fu diffici-le riconoscere il fondatore, anzi il Dot-tore, come tutti lo chiamavano conasciutta deferenza, e non certo solo per-ché all’epoca aveva già 80 anni. Dal ta-schino del gessato blu pendeva un bad-ge che recava impressi nome e cogno-me. La prese larga. Mi mise fra le maniun volume di uno strano formato ret-tangolare, copertina cartonata di un belblu marino. Per titolo aveva il marchiorosso di Esselunga. C’era anche un sot-totitolo da far cascare le braccia: Agli al-bori del commercio moderno. (...)

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SFREGIO AI CRISTIANI CHE VIVONO IN PAESI ISLAMICI

Che tristezza il Papa che dice «inshallah»

di MARIO GIORDANO

n Avanti diquesto pas-so, il sinda-co VirginiaRaggi finiràper risulta-re simpati-

ca. So che l’impresa è unp o’ impossibile: come farapparire Mattarella unallegro compagnone, Za-grebelsky un uomo adat-to ai talk tv, (...)

segue a pagina 5

TO R M E N TO N EGli alleati della Raggi:i professionistidell’a nt i g r i l l i s m o

BERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

La vera storia del droghiere che rivoluzionò la spesa«Quando mangerà il mio pane eccellente, pensi a me»

SENTENZA DELLA CASSAZIONE

di GIACOMO AMADORI

n Si possono pubblicarenotizie sulla vita privata dipersonaggi pubblici anchese loro non sono d’ac c o rd o:basta che i fatti riportatisiano veri. Con queste mo-tivazioni la Cassazione miha assolto nella causa perdiffamazione che mi hannointentato Adriano Celenta-no e la moglie Claudia Moriper un lungo e documenta-to servizio sulla loro fami-glia, pubblicato sul setti-manale Pa n o ra ma , dove al-lora scrivevo. Oggi ripro-poniamo quelle notizie chei Celentano volevano na-scondere all’opinione pub-bl ica .

segue alle pagine 1 0 -1 1

I segretidi Celentanoche adessosi possonora c c o nt a r e

IL BESTIARIO

di GIAMPAOLO PANSA

n Potrà sem-brare strano,ma pur aven-do scritto cen-tinaia di arti-coli e un librosu Silvio Ber-

lusconi, ho incontrato il Ca-valiere una volta sola. Accad-de la bellezza di trentanoveanni fa, nel pomeriggio di lu-nedì 21 novembre (...)

segue a pagina 4

Oggi vi parlodel mio Berlusconi

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LaVer ità6 DOMENICA2 OTTOBRE 2016

ZBERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

Segue dalla prima pagina

di STEFANO LORENZETTO

n (...) Sul retro, il simbolo deipacifisti, ma con lo slogan mo-dificato: «Fate la spesa non laguerra». Dentro, la storia deisupermercati in Italia. Cioè lasua storia: era stato Caprottinel 1957 ad aprire nel nostroPaese, insieme con NelsonRockefeller, il primo super-market, in viale Regina Gio-vanna, a Milano.«Mi spieghi perché di questolibro abbiamo gli scantinatipieni, nessuno lo vuole», andòdritto al punto. Perché non èun libro, gli risposi, tutt’al piùuna brochure propagandisti-ca, un catalogo aziendale, ed èun vero peccato, viste lestraordinarie foto d’epocache racchiude. Un lampo disoddisfazione gli attraversògli occhi. Guardò prima a de-stra e poi a sinistra, verso ilsuo amministratore delegato,Carlo Salza, e verso la sua se-gretaria storica, GermanaChiodi. «Già, già». Avrei pre-sto imparato che quell’av ve r -bio, ripetuto due volte, equi-valeva a un assenso, significa-va che lo avevi convinto, e conlui non era un esercizio deipiù facili, poteva riuscirti unavolta su dieci, giacché avevau n’idea tutta sua, ben precisa,su ogni argomento: i figli, il go-verno, i politici, i sindacati, iconcorrenti, i consumatori, ilpâté di fegato d’oca, i maca-rons (un cruccio, non riuscìmai a farli uscire del saporeche aveva codificato nelle suepapille gustative, nonostantedisponesse della più grandecucina del continente, 28.000metri quadrati).«Dunque, che possiamo faredi questa roba?», rilanciò. La-sci la montagna di copie inmagazzino e faccia ristampa-re il libro in brossura da uneditore vero, non da Esselun-ga. E fu così che qualche tem-po dopo Marsilio pubblicò Laspesa degli italiani, la prege-vole indagine sul campo cheEmanuela Scarpellini avevacondotto per sei anni sulletrasformazioni della distri-buzione commerciale nel do-p og ue r ra .Capii subito, però, che si eratrattato di un diversivo per ta-stare il terreno. Non era perun consiglio su come smaltirele copie del saggio storico-economico rimaste accata-state nei sotterranei che Ca-protti mi aveva convocato. In-fatti trasse da una cartella unplico di fogli dattiloscritti,corredato da planimetrie, ro-giti, fotocopie di delibere co-munali, lettere, immagini.«Mi farebbe piacere se lei cidesse un’occhiata. Non hofretta». Non credevo ai miei

Chi era davveroil droghiereche cambiò la spesadegli italianiLe gomme dei camion bucate. Le calunnie. I supermercatibloccati. Ma il signor Esselunga resta un esempio di moralità

occhi: con prosa nervosa, inbilico fra Ottocento e Duemi-la, i verbi coniugati alla ma-niera di Ippolito Nievo e CarloEmilio Gadda («ebbimo», «fe-cimo», «diedimo»), leggevo unj’accuse implacabile contro ilsistema Coop, supportato dadocumenti inoppugnabili.Nel dossier compariva di tut-to. Gli scioperi a orologeriaproclamati dalla Cgil nell’im-minenza di Pasqua o di Natalesolo nei supermercati Esse-lunga. I picchetti, le occupa-zioni, i sabotaggi organizzaticontro l’unica azienda dellagrande distribuzione che ave-va concesso il lavoro a turni eaccordato la riduzione dell’o-rario settimanale da 40 ore a37 e mezzo a parità di retribu-

zione. Gli scontri fisici con ifacinorosi capeggiati da uncerto Bulgari, un facchino ad-detto ai formaggi che urlavacome un ossesso: «Libertà èaderire alla maggioranza». Imicidiali chiodi tricuspidi,saldati in modo tale che alme-no una delle punte rimanessesempre rivolta verso l’a l to,gettati per strada davanti almagazzino di Firenze persquarciare le gomme degli au-totreni gialli con la «S» rossadipinta sulla fiancata, chemandarono a schiantarsi con-tro il guardrail un camionista.L’aggressione al direttore del-l’Argingrosso, sempre in To-scana, Gianfranco Vannini,circondato da un gruppo disette sindacalisti scalmanati,spintonato, insultato, stra-mazzato a terra e colto da ic-tu s .E poi c’era il disegno intelli-gente (come altro definirlo?)del ministero dei Beni cultu-rali, all’epoca affidato alladiessina Giovanna Melandri,grazie al quale era stata impe-dita l’apertura di un’E s s e lu n -ga a Bologna a causa del ritro-vamento di ruderi etruschidurante i lavori di scavo dellefondamenta. Un investimen-to da 20 milioni di euro andatoin fumo. Salvo scoprire, seimesi dopo, che i preziosi re-perti erano stati trasferiti al-trove e lì sarebbe sorto, guar-da caso, un supermercatoCoop. Caprotti era andato dipersona a cercare e a fotogra-fare i reperti. Li aveva trovatiabbandonati in periferia, vici-no al cimitero della Certosa,coperti da teli di plastica neraed erbacce.Pranzammo nella mensaaziendale. Jamón iberico(«pata negra, senta che pro-sciutto»), pizza margherita,pennette pomodoro e basili-co, branzino al vapore. Lì ac-cadde un fattaccio. Non aven-

do Caprotti mai rilasciato in-terviste e non essendosi maifatto fotografare, cercai di ca-pire da che cosa fosse dettatatanta ritrosia. E gli riferii diuna leggenda circolante nelleredazioni, secondo la qualeegli non voleva finire sui gior-nali perché - mormoravano isuoi detrattori - durante la se-conda guerra mondiale avevaaiutato i nazifascisti a dare lacaccia ai partigiani e dunquetemeva di essere riconosciutodai parenti delle vittime. Av-vampò di sdegno, si alzò discatto, afferrò la sedia e la sca-gliò contro il muro, urlandoper tre volte, declinata al plu-rale, l’imprecazione attribui-ta al generale Cambronne. Voigiornalisti siete quella cosacolor marrone, questo inten-deva dirmi.Poi si ricompose. «Mio cuginoAndré fu assassinato dai fa-scisti d’Oltralpe il giorno dellaliberazione di Parigi. Ho vivi-do il ricordo della dichiarazio-ne di guerra pronunciata nelgiugno 1940 da Benito Musso-lini, da questo maestro discuola elementare che non sa-

peva quello che faceva, che sa-rebbe morto senza aver maivisto niente, neppure Londrao Parigi. Tornai a casa pian-gendo». Non c’era bisogno diaggiungere altro.Dell’incidente fu testimone ilgenero Francesco Moncada diPaternò, marito di MarinaSylvia, nobile palermitanoche ha fatto fortuna impor-tando mozzarelle nel RegnoUnito. Era stato lui, grandeamico di Rossella, ad accom-pagnarmi dal suocero. Il gior-no dopo mi telefonò: «Ho te-muto che ti prendesse a pu-gni. Invece, quando te ne seiandato, ha esclamato: «Però,che fegato! Chissà da quantianni circola questa calunnia enessuno ha mai avuto il corag-gio di parlarmene. Solo lui. Gliaffiderò il mio libro».Come se non fosse accadutonulla, dopo il caffè Caprotti miportò nella Sala della Notifica,segnalata da una targa ovaled’ottone all’ingresso, «cosìdetta perché è qui che notificoi licenziamenti». Scherzava,ma io, ancora frastornato daldisastro che avevo combinatoa tavola, non riuscii a coglierel’ironia, anzi mi sembròu n’eccentricità congeniale alpersonaggio, da tutti descrit-to come ruvido. Mesi dopoavrei scoperto che quellastanza si chiama così perché,da fine intenditore, l’aveva ab-bellita con vedute venezianedi Bernardo Bellotto e Miche-le Marieschi, scuola del Cana-letto, tutte opere d’arte notifi-cate, appunto, dal ministerodei Beni culturali.Ripresi a sfogliare gli incarta-menti. «Capisce bene che quinon si tratta più soltanto diuna distorsione del mercato,bensì del territorio, a operadella Legacoop», interruppela mia lettura il fondatore del-l’Esselunga. «Ma io non sonoche un droghiere. Lei, che ègiornalista e scrittore, se lasentirebbe di denunciarequesto scandalo in un libro?

“Al primo incontrogli svelai la leggendache circolavanei giornali: si dicevache rifiutasse le fotoperché aveva aiutatoi nazifascisti e temevache i parentidelle vittimelo riconoscesseroScagliò la sediacontro il muro, urlòMa lo consideròun gesto di coraggioE mi affidò il suo libro

“Di «Falce e carrello»pensava di doverregalare 600.000copie, stampate a suespese. Invecene vendette 220.000E il ricavato di quellecomprate nei suoisupermarket lo diedein beneficenzaSulla copertina volleche ci fosse il carrellodelle Coop:«I miei sono moltopiù belli e costosi»

O S CA R Bernardo Caprotti vestito da fornaio nel cortometraggio Ilmago di Esselunga che affidò al regista Giuseppe Tornatore

TERRIER Il nonno materno Georges Maire tiene in braccio il nipotinoBernardo e il suo cane preferito. La foto fu scattata nel 1926

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LaVer ità 7DOMENICA2 OTTOBRE 2016

ZBERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

Le metto a disposizione le mien ote » .Rifiutai. Ma fui lusingato perla fiducia. Proveniva da undroghiere che mi parlava dellasy n o p si s come tecnica irri-nunciabile per un saggio delgenere, «se vogliamo che an-che il tassista capisca, non sipuò presentare questa robacome se fosse Guerra e pace,che ho letto solo due volte,purtroppo non in russo, per-ché il russo non lo so»; da ungran borghese con i suoi 80anni di francese, 70 d’i n g l e s e,otto di latino e cinque di greco,abituato a gustarsi il Mac b eth ,Twain, Wodehouse, Molière,Stendhal e Maupassant nellelingue originali.A distanza di 15 mesi, Caprottimi ricordò la frase esatta concui quel 14 giugno lo spronai ascriversi il libro da solo. È lastessa che, con mia grandesorpresa, trovai nei ringrazia-menti a pagina 7: «Il mio gra-zie va a Stefano Lorenzetto,senza il quale mai avrei fatto -si fa per dire - lo scrittore. Egliha fermamente voluto che ioscrivessi la mia storia in pri-ma persona: “Dall’alto dellasua età, del suo silenzio, e deisuoi soldi”, diceva. Spero dinon averlo troppo deluso».Fu così che nacque Falce e car-rell o, pure questo edito daMarsilio. Il titolo che gli pro-posi lo conquistò all’i s ta nte.Pensai di mettere in coperti-na un carrello riempito dibanconote anziché di prodot-ti della spesa. Ne fu entusia-sta. «Ma dovrà essere uno del-le Coop», intimò, «perché imiei carrelli sono di acciaioinossidabile, infinitamentepiù belli e costosi, costruiti inFrancia non in Italia». E spedìun professionista fino a Bolo-gna affinché riprendesse conla Canon il carrello vuoto dellaconcorrenza che avremmousato per il fotomontaggio.Solo su un punto sbagliò, ecredo che sia stata l’unica vol-

ta in tutta la sua vita di com-merciante. Voleva far stampa-re 600.000 volumi a sue speseper regalarli, convinto chenessuno li avrebbe acquistati.Invece diventò uno strepitososuccesso editoriale: 220.000copie vendute. Riuscì a piaz-zarne 80.000 nei suoi super-mercati e il ricavato lo devol-vette all’Associazione per ilbambino nefropatico.Non doveva neppure uscire,Falce e carrello. Il proprieta-rio dell’Esselunga ci lavoròper un anno intero. Il tempoche la nipote Sofia spegnessea Londra, il 13 giugno 2007, lasua prima candelina sulla tor-ta, con una cara amica dei ge-nitori, Madonna, che le canta-va Happy birthday. Ricevettiuna lettera: «Mi creda, mi so-no cimentato. Ero pronto atutte le correzioni lessicali egrammaticali possibili. Ed an-che a qualcuna di merito. Iofirmo, firmavo. Ma io non so-no e non voglio fare il giornali-sta. Basta. Torniamo coi piediper terra. Anche se il signorRovagnati, quello del pro-sciutto Gran Biscotto, l’a l tro

giorno mi ha detto: “Sa, Ca-protti, dobbiamo destreggiar-ci, Parmacotto, Ferrarini, io egli altri, con quel che rimanedel mercato”. Cosa? ho repli-cato io, e perché? “Perché tut-to il resto è in mano alleC o o p”. Come? E non fate nien-te! E lei, Lorenzetto, che è gio-vane? Ma forse un foglio su cuiscrivere, nel tempo, ancora lotroverà. Sennò le rimarràsempre il Canton Ticino. Bel-linzona è una bellissima città.Io ho chiuso. La prego calda-mente di rimandarmi il mate-riale, scritti e fotografie. È ro-ba mia, non deve rimanere ingiro un rigo. Vedrò io se sbat-tere tutto nella pattumiera otenere qualcosa in un casset-to, a futura memoria». Gli ri-sposi che un libro, quando èscritto, è scritto, non può in al-cun modo essere ricacciatodentro l’anima, né rinchiusoin un cassetto, va lasciato libe-ro di andare. Mi ascoltò.Mi mancherà, Bernardo Ca-protti. L’ho visto girare neisuoi supermercati, aprire ibaccelli e masticare i pisellicrudi per assaggiare se eranodella varietà giusta. L’ho vistoammirare con orgoglio il re-parto pescheria del suo su-perstore di Pioltello e sospira-re: «Ci rimetto il 20 per cento avendere il pesce, ma è un ser-vizio, e ai miei clienti lo devodare». L’ho visto aspettare 40anni prima che le ammini-strazioni di sinistra succedu-tesi alla guida del Comune diFirenze gli concedessero diaprire il punto vendita delGalluzzo. L’ho visto fucilarecon eterea eleganza esperti edesperte di pubbliche relazioniarruolati solo un mese prima,nonostante alcuni provenis-sero dalla corte di GianniAgnelli.Caprotti s’era dato una regolae l’aveva imposta a tutti i suoicollaboratori: «Non mettete

“L’ho visto masticarei piselli crudiper accertarsi chefossero della qualitàgiusta. Con i repartipescheria ci perdevail 20 per cento, «maè un servizio e ai mieiclienti lo devo dare»Era regale e beffardo:i manager incapacifurono portati viain Mercedes, ai piùbravi fece trovaretre Bentley in dono

IL PRIMO D’ITALIA Il supermercato di viale Regina Giovanna, aperto a Milano il 27 novembre 1957

mai sugli scaffali qualcosa chenon comprereste per le vostrefamiglie». In altre parole, hasancito che la moralità prece-de la qualità e non può darsi ilcaso di un’impresa di succes-so in cui la prima non sia co-niugata con la seconda, e vice-versa. Caprotti ha incarnatotale assioma fino all’ultimog io r n o.È stato anche un grande bene-fattore, di una generosità re-gale e beffarda. Quando nel2004 decise di licenziare il«ciarpame manageriale» ches’era annidato in Esselunga,fece trovare dabbasso unaMercedes blu, con autista, perciascun licenziato. Invece adaspettare i tre dirigenti piùbravi c’erano, parcheggiate

nel piazzale, altrettante Ben-tley fiammanti con le chiaviinserite nel cruscotto.Giovanna Riccardi, docenteordinaria di microbiologia al-l’Università di Pavia, lo inter-pellò per una donazione a fa-vore delle proprie ricerchecontro la Tbc. «Fu molto gen-tile», mi ha raccontato. «Mispiegò che Esselunga facevagià un mare di beneficenza eche lui impiegava il 20 percento del suo tempo a esami-nare tutte le richieste. Un no,in pratica. Ma pochi secondidopo mi ricontattò: “Q u a ntole serve?”. Quello che mi man-ca per arrivare all’obiettivo fi-nale di 30.000 euro per finan-ziare il nostro progetto, gli horisposto. “Quindi 17.000 eu-ro? ”. Che uomo, era andato avedersi il nostro sito! No, mene bastano 12.000, dottor Ca-protti, replicai. “Mi dia l’I-ba n”, concluse».Mai più si vedrà, in questoPaese, un imprenditore cheriesce ad assumere 22.000 di-pendenti e a fatturare quasi 7miliardi e mezzo di euro conappena 150 negozi. Avrebbecompiuto 91 anni il 7 ottobre ea me pare un segno del desti-no che proprio quel giorno eproprio nella mia città sia inprogramma un Job day del-l’Esselunga, che darà lavoro a400 fra cassieri, commessi,magazzinieri e panificatorioggi disoccupati.Ecco, per il pane aveva un’at -tenzione tutta speciale, vole-va che i suoi supermercati losfornassero caldo dall’ap e r -tura fino alla chiusura, forseperché lo riteneva il cardinedell’umanità. Lo testimonial’unica scena in cui Caprotticompare nel cortometraggioIl mago di Esselunga, un poeti-co racconto che volle affidarea Giuseppe Tornatore, il regi-sta vincitore dell’Oscar conNuovo cinema Paradiso. Vi sivede il droghiere vestito dafornaio, che chiama a sé unbimbo e gli dice: «Salvino, l’i-niziale del tuo nome è nei no-stri cuori». Una luce caravag-gesca gli illumina il volto men-tre, commosso, porge al pic-colo una baguette a forma di«S». Mi sono ricordato alloradi un messaggio che mi scris-se: «Quando, fra pochi mesi,lei troverà un pane eccellentein Fincato», chiamava i super-market con i nomi delle vie,«pensi a me».Ha preteso funerali privati.Non ha voluto necrologi. Misarei sorpreso del contrario.Un uomo conserva il suo stileanche da morto. Spezzo il suopane e penso a lei, dottor Ca-protti. Sarà questo il mio ne-crologio quotidiano per il re-sto dei giorni, sempre più ra-di, che ci separano.

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“Mai più si vedràun imprenditore cheriesce a fatturare7,5 miliardi di eurocon 150 negoziAveva una passionetutta particolareper il pane. «Quandofra pochi mesilo troverà eccellentein Fincato, pensia me», mi scrisseE nel cortometraggiodi Tornatore vollevestirsi da fornaio

C I N O F I LO Un giovane Caprotti con due dei numerosi cani (danesi,spinoni, setter) che animavano la casa di famiglia ad Albiate

I N AU G U R A Z I O N E Anno 1957, apre il primo supermarket d’Italia:Caprotti (a destra) e il senatore Mario Crespi osservano la cassa