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LaVer itàAnno I - Numero 12 www.laverita.info - Euro 1O Quid est veritas? O

QUOTIDIANO INDIPENDENTE n FONDATO E DIRETTO DA MAURIZIO BELPIETRO Domenica 2 ottobre 2016

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di MAURIZIO BELPIETRO

n D ag o s p ia è un sito di in-formazione e gossip chetra una indiscrezione euna fotografia di starlettescapezzolate spesso anti-cipa notizie di cose politi-che ed economiche che

nessun altro è in grado o ha il coraggio dianticipare. Non sto qui a fare l’elenco degliscoop di Roberto D’Agostino, il suo fonda-tore, ma se molti colleghi hanno fissa sulcomputer la homepage di Dagospia è per-ché spesso da lì colgono news che le agen-zie di stampa non danno.Ciò detto, venerdì pomeriggio leggendoD ag o sono saltato sulla sedia e non per lanotizia che il nostro Giacomo Amadori èstato assolto in una causa per diffamazio-ne che gli aveva intentato Adriano Celen-tano, ma per una Dagonota dal seguentetitolo: «Renzispia. Dopo due anni di Palaz-zo Chigi, il bulletto si è infilato con arro-ganza nei gangli del potere, dalle FiammeGialle ai servizi, dalla polizia ai carabinie-ri, ha chiesto e ottenuto notizie riservate:e ora si allarga…».Già il titolo dice molto, ma ancor di più di-ce ciò che sta sotto. Riporto direttamentedal sito: «Tra i poteri nazionali s’è diffusauna certa apprensione, per non dire pau-ra, nei confronti di Matteo Renzi. Sono or-mai due anni e mezzo che il Ducetto da Ri-gnano s’è insediato a Palazzo Chigi. Haavuto, cioè, tutto il tempo per inserirsi neigangli del potere pubblico. Soprattutto inquello degli apparati di sicurezza. Conquesta formula asettica vengono chiamati(da quelli che parlano bene) i servizi segre-ti. Ogni giorno, il premier cazzone ricevedai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza,dalla Polizia, dai Servizi veri e propri dos-sier, rapporti, relazioni – insomma, spiate– sugli uomini più in vista del Paese».Depurato dagli sfottò, l’articolo sostienesenza condizionali che il premier avrebbedossier riservati confezionati da apparatidello Stato su chiunque ricopra una posi-zione chiave nel Paese. Non solo. La Dago-nota aggiunge che «per fare il figo» Renzifarebbe battute e rivelerebbe qualche se-greto alle stesse persone oggetto dei dos-sier, con un risultato evidente: «Terroriz-zarli, con l’idea di tenerli in pugno». Dipiù: «Però, come al Cav, Polizia, Carabi-nieri, Guardia di Finanza e Servizi segretinon rivelano al premier toscano i segretiche intercettano su (...)

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IL SOSPETTO

RENZI CI STA SPIANDO?Il sito «Dagospia» denuncia: «Il premier si fa dare da servizi segreti e forzedell’ordine dossier su personaggi in vista». Incredibile: nessuno smentisce

n «Inshallah» pronunciato da unPapa è qualcosa di più di una parola.È una provocazione, è una gaffe. Ameno che non si creda in nulla, è lostridere di un’unghia su un vetro.Bergoglio ama stupire, così quandoil primate della Chiesa caldea LouisRaphael I Sako gli ha chiesto se fossevicina una sua visita in Iraq, il pon-tefice ha risposto: «Inshallah», se

Allah vuole. Il problema non è lessi-cale e neppure politico, ma di op-portunità. Non siamo certo noi a vo-ler giudicare il Papa, ma in quel mo-mento un brivido è corso lungo laschiena di migliaia di cristiani chevivono faticosamente da semiclan-destini nell’islam senza sorriso ri-schiando la vita solo per l’atto di far-si il segno della croce in una chiesa.

È vero che secondo il GiornalistaCollettivo le visite di Francesco sonoun successo a prescindere ma que-sta in Georgia si sta rivelando più si-mile a una trasferta dell’Inter in Eu-ropa league che a una marcia trion-fale. Il momento no è proseguito ierinello stadio di Tiblisi davanti a (...)

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C O N S E RVATO R ILa destra ha ancorauna missione:si chiama sovranità

di FRANCESCO BORGONOVO

n Ieri, dal-la primapagina delC o r rie re ,E r n e s toGalli dellaLoggia ha

sparato una cannonatacontro la destra. Una par-te politica che, secondo ilprofessore, ha perso ogniidentità e che, in definiti-va, serve a ben poco. (...)

segue a pagina 3

ADDIO «BAIL IN»

Tornano gli aiuti di Statoper salvare le banchedi CARLO PELANDA

n Quando finirà l’incer -tezza sulle banche dell’Eu -rozona e, in particolare,dell’Italia? Avrebbe dovu-to terminare già nell’au -tunno del 2008, come inAmerica, per sostenere

una ripresa rapida dopo la crisi, ma duraancora soffocando la ripresa stessa. La si-tuazione è surreale: non c’è in realtà unavera crisi bancaria in Europa e tanto menoin Italia, ma la lentezza (...)

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di STEFANO LORENZETTO

n Certe date non si di-menticano. Era il 14 giu-gno 2006. Il giorno primala terzogenita MarinaSylvia lo aveva reso non-no per la quarta volta. FuCarlo Rossella, direttore

del Tg 5, a metterci in contatto: «Bernar-do Caprotti, il fondatore dell’E s s e lu n ga ,vorrebbe conoscerti. Ha un dossier dapubblicare, ma secondo me non funzio-na. Gli ho spiegato che l’unico capace dimetterci le mani sei tu».Ed eccomi a Limito di Pioltello (Milano),

nella sede dell’Esselunga. Non fu diffici-le riconoscere il fondatore, anzi il Dot-tore, come tutti lo chiamavano conasciutta deferenza, e non certo solo per-ché all’epoca aveva già 80 anni. Dal ta-schino del gessato blu pendeva un bad-ge che recava impressi nome e cogno-me. La prese larga. Mi mise fra le maniun volume di uno strano formato ret-tangolare, copertina cartonata di un belblu marino. Per titolo aveva il marchiorosso di Esselunga. C’era anche un sot-totitolo da far cascare le braccia: Agli al-bori del commercio moderno. (...)

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SFREGIO AI CRISTIANI CHE VIVONO IN PAESI ISLAMICI

Che tristezza il Papa che dice «inshallah»

di MARIO GIORDANO

n Avanti diquesto pas-so, il sinda-co VirginiaRaggi finiràper risulta-re simpati-

ca. So che l’impresa è unp o’ impossibile: come farapparire Mattarella unallegro compagnone, Za-grebelsky un uomo adat-to ai talk tv, (...)

segue a pagina 5

TO R M E N TO N EGli alleati della Raggi:i professionistidell’a nt i g r i l l i s m o

BERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

La vera storia del droghiere che rivoluzionò la spesa«Quando mangerà il mio pane eccellente, pensi a me»

SENTENZA DELLA CASSAZIONE

di GIACOMO AMADORI

n Si possono pubblicarenotizie sulla vita privata dipersonaggi pubblici anchese loro non sono d’ac c o rd o:basta che i fatti riportatisiano veri. Con queste mo-tivazioni la Cassazione miha assolto nella causa perdiffamazione che mi hannointentato Adriano Celenta-no e la moglie Claudia Moriper un lungo e documenta-to servizio sulla loro fami-glia, pubblicato sul setti-manale Pa n o ra ma , dove al-lora scrivevo. Oggi ripro-poniamo quelle notizie chei Celentano volevano na-scondere all’opinione pub-bl ica .

segue alle pagine 1 0 -1 1

I segretidi Celentanoche adessosi possonora c c o nt a r e

IL BESTIARIO

di GIAMPAOLO PANSA

n Potrà sem-brare strano,ma pur aven-do scritto cen-tinaia di arti-coli e un librosu Silvio Ber-

lusconi, ho incontrato il Ca-valiere una volta sola. Accad-de la bellezza di trentanoveanni fa, nel pomeriggio di lu-nedì 21 novembre (...)

segue a pagina 4

Oggi vi parlodel mio Berlusconi

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LaVer ità6 DOMENICA2 OTTOBRE 2016

ZBERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

Segue dalla prima pagina

di STEFANO LORENZETTO

n (...) Sul retro, il simbolo deipacifisti, ma con lo slogan mo-dificato: «Fate la spesa non laguerra». Dentro, la storia deisupermercati in Italia. Cioè lasua storia: era stato Caprottinel 1957 ad aprire nel nostroPaese, insieme con NelsonRockefeller, il primo super-market, in viale Regina Gio-vanna, a Milano.«Mi spieghi perché di questolibro abbiamo gli scantinatipieni, nessuno lo vuole», andòdritto al punto. Perché non èun libro, gli risposi, tutt’al piùuna brochure propagandisti-ca, un catalogo aziendale, ed èun vero peccato, viste lestraordinarie foto d’epocache racchiude. Un lampo disoddisfazione gli attraversògli occhi. Guardò prima a de-stra e poi a sinistra, verso ilsuo amministratore delegato,Carlo Salza, e verso la sua se-gretaria storica, GermanaChiodi. «Già, già». Avrei pre-sto imparato che quell’av ve r -bio, ripetuto due volte, equi-valeva a un assenso, significa-va che lo avevi convinto, e conlui non era un esercizio deipiù facili, poteva riuscirti unavolta su dieci, giacché avevau n’idea tutta sua, ben precisa,su ogni argomento: i figli, il go-verno, i politici, i sindacati, iconcorrenti, i consumatori, ilpâté di fegato d’oca, i maca-rons (un cruccio, non riuscìmai a farli uscire del saporeche aveva codificato nelle suepapille gustative, nonostantedisponesse della più grandecucina del continente, 28.000metri quadrati).«Dunque, che possiamo faredi questa roba?», rilanciò. La-sci la montagna di copie inmagazzino e faccia ristampa-re il libro in brossura da uneditore vero, non da Esselun-ga. E fu così che qualche tem-po dopo Marsilio pubblicò Laspesa degli italiani, la prege-vole indagine sul campo cheEmanuela Scarpellini avevacondotto per sei anni sulletrasformazioni della distri-buzione commerciale nel do-p og ue r ra .Capii subito, però, che si eratrattato di un diversivo per ta-stare il terreno. Non era perun consiglio su come smaltirele copie del saggio storico-economico rimaste accata-state nei sotterranei che Ca-protti mi aveva convocato. In-fatti trasse da una cartella unplico di fogli dattiloscritti,corredato da planimetrie, ro-giti, fotocopie di delibere co-munali, lettere, immagini.«Mi farebbe piacere se lei cidesse un’occhiata. Non hofretta». Non credevo ai miei

Chi era davveroil droghiereche cambiò la spesadegli italianiLe gomme dei camion bucate. Le calunnie. I supermercatibloccati. Ma il signor Esselunga resta un esempio di moralità

occhi: con prosa nervosa, inbilico fra Ottocento e Duemi-la, i verbi coniugati alla ma-niera di Ippolito Nievo e CarloEmilio Gadda («ebbimo», «fe-cimo», «diedimo»), leggevo unj’accuse implacabile contro ilsistema Coop, supportato dadocumenti inoppugnabili.Nel dossier compariva di tut-to. Gli scioperi a orologeriaproclamati dalla Cgil nell’im-minenza di Pasqua o di Natalesolo nei supermercati Esse-lunga. I picchetti, le occupa-zioni, i sabotaggi organizzaticontro l’unica azienda dellagrande distribuzione che ave-va concesso il lavoro a turni eaccordato la riduzione dell’o-rario settimanale da 40 ore a37 e mezzo a parità di retribu-

zione. Gli scontri fisici con ifacinorosi capeggiati da uncerto Bulgari, un facchino ad-detto ai formaggi che urlavacome un ossesso: «Libertà èaderire alla maggioranza». Imicidiali chiodi tricuspidi,saldati in modo tale che alme-no una delle punte rimanessesempre rivolta verso l’a l to,gettati per strada davanti almagazzino di Firenze persquarciare le gomme degli au-totreni gialli con la «S» rossadipinta sulla fiancata, chemandarono a schiantarsi con-tro il guardrail un camionista.L’aggressione al direttore del-l’Argingrosso, sempre in To-scana, Gianfranco Vannini,circondato da un gruppo disette sindacalisti scalmanati,spintonato, insultato, stra-mazzato a terra e colto da ic-tu s .E poi c’era il disegno intelli-gente (come altro definirlo?)del ministero dei Beni cultu-rali, all’epoca affidato alladiessina Giovanna Melandri,grazie al quale era stata impe-dita l’apertura di un’E s s e lu n -ga a Bologna a causa del ritro-vamento di ruderi etruschidurante i lavori di scavo dellefondamenta. Un investimen-to da 20 milioni di euro andatoin fumo. Salvo scoprire, seimesi dopo, che i preziosi re-perti erano stati trasferiti al-trove e lì sarebbe sorto, guar-da caso, un supermercatoCoop. Caprotti era andato dipersona a cercare e a fotogra-fare i reperti. Li aveva trovatiabbandonati in periferia, vici-no al cimitero della Certosa,coperti da teli di plastica neraed erbacce.Pranzammo nella mensaaziendale. Jamón iberico(«pata negra, senta che pro-sciutto»), pizza margherita,pennette pomodoro e basili-co, branzino al vapore. Lì ac-cadde un fattaccio. Non aven-

do Caprotti mai rilasciato in-terviste e non essendosi maifatto fotografare, cercai di ca-pire da che cosa fosse dettatatanta ritrosia. E gli riferii diuna leggenda circolante nelleredazioni, secondo la qualeegli non voleva finire sui gior-nali perché - mormoravano isuoi detrattori - durante la se-conda guerra mondiale avevaaiutato i nazifascisti a dare lacaccia ai partigiani e dunquetemeva di essere riconosciutodai parenti delle vittime. Av-vampò di sdegno, si alzò discatto, afferrò la sedia e la sca-gliò contro il muro, urlandoper tre volte, declinata al plu-rale, l’imprecazione attribui-ta al generale Cambronne. Voigiornalisti siete quella cosacolor marrone, questo inten-deva dirmi.Poi si ricompose. «Mio cuginoAndré fu assassinato dai fa-scisti d’Oltralpe il giorno dellaliberazione di Parigi. Ho vivi-do il ricordo della dichiarazio-ne di guerra pronunciata nelgiugno 1940 da Benito Musso-lini, da questo maestro discuola elementare che non sa-

peva quello che faceva, che sa-rebbe morto senza aver maivisto niente, neppure Londrao Parigi. Tornai a casa pian-gendo». Non c’era bisogno diaggiungere altro.Dell’incidente fu testimone ilgenero Francesco Moncada diPaternò, marito di MarinaSylvia, nobile palermitanoche ha fatto fortuna impor-tando mozzarelle nel RegnoUnito. Era stato lui, grandeamico di Rossella, ad accom-pagnarmi dal suocero. Il gior-no dopo mi telefonò: «Ho te-muto che ti prendesse a pu-gni. Invece, quando te ne seiandato, ha esclamato: «Però,che fegato! Chissà da quantianni circola questa calunnia enessuno ha mai avuto il corag-gio di parlarmene. Solo lui. Gliaffiderò il mio libro».Come se non fosse accadutonulla, dopo il caffè Caprotti miportò nella Sala della Notifica,segnalata da una targa ovaled’ottone all’ingresso, «cosìdetta perché è qui che notificoi licenziamenti». Scherzava,ma io, ancora frastornato daldisastro che avevo combinatoa tavola, non riuscii a coglierel’ironia, anzi mi sembròu n’eccentricità congeniale alpersonaggio, da tutti descrit-to come ruvido. Mesi dopoavrei scoperto che quellastanza si chiama così perché,da fine intenditore, l’aveva ab-bellita con vedute venezianedi Bernardo Bellotto e Miche-le Marieschi, scuola del Cana-letto, tutte opere d’arte notifi-cate, appunto, dal ministerodei Beni culturali.Ripresi a sfogliare gli incarta-menti. «Capisce bene che quinon si tratta più soltanto diuna distorsione del mercato,bensì del territorio, a operadella Legacoop», interruppela mia lettura il fondatore del-l’Esselunga. «Ma io non sonoche un droghiere. Lei, che ègiornalista e scrittore, se lasentirebbe di denunciarequesto scandalo in un libro?

“Al primo incontrogli svelai la leggendache circolavanei giornali: si dicevache rifiutasse le fotoperché aveva aiutatoi nazifascisti e temevache i parentidelle vittimelo riconoscesseroScagliò la sediacontro il muro, urlòMa lo consideròun gesto di coraggioE mi affidò il suo libro

“Di «Falce e carrello»pensava di doverregalare 600.000copie, stampate a suespese. Invecene vendette 220.000E il ricavato di quellecomprate nei suoisupermarket lo diedein beneficenzaSulla copertina volleche ci fosse il carrellodelle Coop:«I miei sono moltopiù belli e costosi»

O S CA R Bernardo Caprotti vestito da fornaio nel cortometraggio Ilmago di Esselunga che affidò al regista Giuseppe Tornatore

TERRIER Il nonno materno Georges Maire tiene in braccio il nipotinoBernardo e il suo cane preferito. La foto fu scattata nel 1926

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LaVer ità 7DOMENICA2 OTTOBRE 2016

ZBERNARDO CAPROTTI (1925-2016)

Le metto a disposizione le mien ote » .Rifiutai. Ma fui lusingato perla fiducia. Proveniva da undroghiere che mi parlava dellasy n o p si s come tecnica irri-nunciabile per un saggio delgenere, «se vogliamo che an-che il tassista capisca, non sipuò presentare questa robacome se fosse Guerra e pace,che ho letto solo due volte,purtroppo non in russo, per-ché il russo non lo so»; da ungran borghese con i suoi 80anni di francese, 70 d’i n g l e s e,otto di latino e cinque di greco,abituato a gustarsi il Mac b eth ,Twain, Wodehouse, Molière,Stendhal e Maupassant nellelingue originali.A distanza di 15 mesi, Caprottimi ricordò la frase esatta concui quel 14 giugno lo spronai ascriversi il libro da solo. È lastessa che, con mia grandesorpresa, trovai nei ringrazia-menti a pagina 7: «Il mio gra-zie va a Stefano Lorenzetto,senza il quale mai avrei fatto -si fa per dire - lo scrittore. Egliha fermamente voluto che ioscrivessi la mia storia in pri-ma persona: “Dall’alto dellasua età, del suo silenzio, e deisuoi soldi”, diceva. Spero dinon averlo troppo deluso».Fu così che nacque Falce e car-rell o, pure questo edito daMarsilio. Il titolo che gli pro-posi lo conquistò all’i s ta nte.Pensai di mettere in coperti-na un carrello riempito dibanconote anziché di prodot-ti della spesa. Ne fu entusia-sta. «Ma dovrà essere uno del-le Coop», intimò, «perché imiei carrelli sono di acciaioinossidabile, infinitamentepiù belli e costosi, costruiti inFrancia non in Italia». E spedìun professionista fino a Bolo-gna affinché riprendesse conla Canon il carrello vuoto dellaconcorrenza che avremmousato per il fotomontaggio.Solo su un punto sbagliò, ecredo che sia stata l’unica vol-

ta in tutta la sua vita di com-merciante. Voleva far stampa-re 600.000 volumi a sue speseper regalarli, convinto chenessuno li avrebbe acquistati.Invece diventò uno strepitososuccesso editoriale: 220.000copie vendute. Riuscì a piaz-zarne 80.000 nei suoi super-mercati e il ricavato lo devol-vette all’Associazione per ilbambino nefropatico.Non doveva neppure uscire,Falce e carrello. Il proprieta-rio dell’Esselunga ci lavoròper un anno intero. Il tempoche la nipote Sofia spegnessea Londra, il 13 giugno 2007, lasua prima candelina sulla tor-ta, con una cara amica dei ge-nitori, Madonna, che le canta-va Happy birthday. Ricevettiuna lettera: «Mi creda, mi so-no cimentato. Ero pronto atutte le correzioni lessicali egrammaticali possibili. Ed an-che a qualcuna di merito. Iofirmo, firmavo. Ma io non so-no e non voglio fare il giornali-sta. Basta. Torniamo coi piediper terra. Anche se il signorRovagnati, quello del pro-sciutto Gran Biscotto, l’a l tro

giorno mi ha detto: “Sa, Ca-protti, dobbiamo destreggiar-ci, Parmacotto, Ferrarini, io egli altri, con quel che rimanedel mercato”. Cosa? ho repli-cato io, e perché? “Perché tut-to il resto è in mano alleC o o p”. Come? E non fate nien-te! E lei, Lorenzetto, che è gio-vane? Ma forse un foglio su cuiscrivere, nel tempo, ancora lotroverà. Sennò le rimarràsempre il Canton Ticino. Bel-linzona è una bellissima città.Io ho chiuso. La prego calda-mente di rimandarmi il mate-riale, scritti e fotografie. È ro-ba mia, non deve rimanere ingiro un rigo. Vedrò io se sbat-tere tutto nella pattumiera otenere qualcosa in un casset-to, a futura memoria». Gli ri-sposi che un libro, quando èscritto, è scritto, non può in al-cun modo essere ricacciatodentro l’anima, né rinchiusoin un cassetto, va lasciato libe-ro di andare. Mi ascoltò.Mi mancherà, Bernardo Ca-protti. L’ho visto girare neisuoi supermercati, aprire ibaccelli e masticare i pisellicrudi per assaggiare se eranodella varietà giusta. L’ho vistoammirare con orgoglio il re-parto pescheria del suo su-perstore di Pioltello e sospira-re: «Ci rimetto il 20 per cento avendere il pesce, ma è un ser-vizio, e ai miei clienti lo devodare». L’ho visto aspettare 40anni prima che le ammini-strazioni di sinistra succedu-tesi alla guida del Comune diFirenze gli concedessero diaprire il punto vendita delGalluzzo. L’ho visto fucilarecon eterea eleganza esperti edesperte di pubbliche relazioniarruolati solo un mese prima,nonostante alcuni provenis-sero dalla corte di GianniAgnelli.Caprotti s’era dato una regolae l’aveva imposta a tutti i suoicollaboratori: «Non mettete

“L’ho visto masticarei piselli crudiper accertarsi chefossero della qualitàgiusta. Con i repartipescheria ci perdevail 20 per cento, «maè un servizio e ai mieiclienti lo devo dare»Era regale e beffardo:i manager incapacifurono portati viain Mercedes, ai piùbravi fece trovaretre Bentley in dono

IL PRIMO D’ITALIA Il supermercato di viale Regina Giovanna, aperto a Milano il 27 novembre 1957

mai sugli scaffali qualcosa chenon comprereste per le vostrefamiglie». In altre parole, hasancito che la moralità prece-de la qualità e non può darsi ilcaso di un’impresa di succes-so in cui la prima non sia co-niugata con la seconda, e vice-versa. Caprotti ha incarnatotale assioma fino all’ultimog io r n o.È stato anche un grande bene-fattore, di una generosità re-gale e beffarda. Quando nel2004 decise di licenziare il«ciarpame manageriale» ches’era annidato in Esselunga,fece trovare dabbasso unaMercedes blu, con autista, perciascun licenziato. Invece adaspettare i tre dirigenti piùbravi c’erano, parcheggiate

nel piazzale, altrettante Ben-tley fiammanti con le chiaviinserite nel cruscotto.Giovanna Riccardi, docenteordinaria di microbiologia al-l’Università di Pavia, lo inter-pellò per una donazione a fa-vore delle proprie ricerchecontro la Tbc. «Fu molto gen-tile», mi ha raccontato. «Mispiegò che Esselunga facevagià un mare di beneficenza eche lui impiegava il 20 percento del suo tempo a esami-nare tutte le richieste. Un no,in pratica. Ma pochi secondidopo mi ricontattò: “Q u a ntole serve?”. Quello che mi man-ca per arrivare all’obiettivo fi-nale di 30.000 euro per finan-ziare il nostro progetto, gli horisposto. “Quindi 17.000 eu-ro? ”. Che uomo, era andato avedersi il nostro sito! No, mene bastano 12.000, dottor Ca-protti, replicai. “Mi dia l’I-ba n”, concluse».Mai più si vedrà, in questoPaese, un imprenditore cheriesce ad assumere 22.000 di-pendenti e a fatturare quasi 7miliardi e mezzo di euro conappena 150 negozi. Avrebbecompiuto 91 anni il 7 ottobre ea me pare un segno del desti-no che proprio quel giorno eproprio nella mia città sia inprogramma un Job day del-l’Esselunga, che darà lavoro a400 fra cassieri, commessi,magazzinieri e panificatorioggi disoccupati.Ecco, per il pane aveva un’at -tenzione tutta speciale, vole-va che i suoi supermercati losfornassero caldo dall’ap e r -tura fino alla chiusura, forseperché lo riteneva il cardinedell’umanità. Lo testimonial’unica scena in cui Caprotticompare nel cortometraggioIl mago di Esselunga, un poeti-co racconto che volle affidarea Giuseppe Tornatore, il regi-sta vincitore dell’Oscar conNuovo cinema Paradiso. Vi sivede il droghiere vestito dafornaio, che chiama a sé unbimbo e gli dice: «Salvino, l’i-niziale del tuo nome è nei no-stri cuori». Una luce caravag-gesca gli illumina il volto men-tre, commosso, porge al pic-colo una baguette a forma di«S». Mi sono ricordato alloradi un messaggio che mi scris-se: «Quando, fra pochi mesi,lei troverà un pane eccellentein Fincato», chiamava i super-market con i nomi delle vie,«pensi a me».Ha preteso funerali privati.Non ha voluto necrologi. Misarei sorpreso del contrario.Un uomo conserva il suo stileanche da morto. Spezzo il suopane e penso a lei, dottor Ca-protti. Sarà questo il mio ne-crologio quotidiano per il re-sto dei giorni, sempre più ra-di, che ci separano.

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“Mai più si vedràun imprenditore cheriesce a fatturare7,5 miliardi di eurocon 150 negoziAveva una passionetutta particolareper il pane. «Quandofra pochi mesilo troverà eccellentein Fincato, pensia me», mi scrisseE nel cortometraggiodi Tornatore vollevestirsi da fornaio

C I N O F I LO Un giovane Caprotti con due dei numerosi cani (danesi,spinoni, setter) che animavano la casa di famiglia ad Albiate

I N AU G U R A Z I O N E Anno 1957, apre il primo supermarket d’Italia:Caprotti (a destra) e il senatore Mario Crespi osservano la cassa