Kostantin Mel’nikov Prototipo abitativo Gennaro Lopez

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Kostantin Mel’nikov _Prototipo abitativo Gennaro Lopez “La nostra casa, come in un assolo, risuona orgogliosamente nel fracasso e nel baccano delle sproporzionate moli della Capitale e, come per sovrana armonia, si accorda con risoluta tensione ad ascoltare il polso della modernità” Konstantin Mel’nikov Presentata ai Soviet della città di Mosca come un prototipo di abitazione sperimentale, la casa dell’architetto russo Konstantin Mel’nikov fu costruita nel quartiere dell’Arbat tra il 1927 e il 1929 in quel clima di incondizionata disponibilità alla ricerca architettonica che caratterizzò gli anni della Nuova Politica Economica in Unione Sovietica (1921-‘28). Ribattezzata dai moscoviti ‘casa-cilindrica’, la dom mel’nikova fu realizzata in mattoni e legno ed è schematizzabile in due cerchi uguali concatenati l’un l’altro per un terzo del loro diametro (10metri). La parola chiave del progetto è «duetto», ma questa dualità non va intesa come «un sistema di contrapposizioni che necessariamente devono confluire in una sintesi, bensì come un dispositivo in cui gli opposti mantengono sempre una tensione, un’ansia di unità alla quale l’architetto russo tende, sapendola ‘ancora irraggiungibile’. Le case collettive transitorie. In Russia e sin dal febbraio 1917, le istanze e gli ideali per la costruzione di una nuova società fondata su valori di equità e libertà non furono una moda o una follia, “ma l’espressione sincera e spontanea di un ottimismo portato alla disperazione”. A Mosca, dal 1918 al 1924, mezzo milione di persone in cerca di condizioni abitative meno indigenti emigrarono dalla periferia nelle case del centro urbano espropriate all’aristocrazia e alla borghesia e diedero forma a “comuni d’abitazione proletarie”. Nel 1921 se ne contavano ben 865 (tanto da essere classificate come alloggi “normali”) e nonostante le vecchie case d’affitto mal si adattassero al nuovo stile di vita collettivo, le comuni godettero il favore della classe operaia.

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Kostantin Mel’nikov _Prototipo abitativo Gennaro Lopez “La nostra casa, come in un assolo, risuona orgogliosamente nel fracasso e nel baccano delle sproporzionate moli della Capitale e, come per sovrana armonia, si accorda con risoluta tensione ad ascoltare il polso della modernità” Konstantin Mel’nikov

Presentata ai Soviet della città di Mosca come un prototipo di abitazione sperimentale, la casa dell’architetto russo Konstantin Mel’nikov fu costruita nel quartiere dell’Arbat tra il 1927 e il 1929 in quel clima di incondizionata disponibilità alla ricerca architettonica che caratterizzò gli anni della Nuova Politica Economica in Unione Sovietica (1921-‘28). Ribattezzata dai moscoviti ‘casa-cilindrica’, la dom mel’nikova fu realizzata in mattoni e legno ed è schematizzabile in due cerchi uguali concatenati l’un l’altro per un terzo del loro diametro (10metri). La parola chiave del progetto è «duetto», ma questa dualità non va intesa come «un sistema di contrapposizioni che necessariamente devono confluire in una sintesi, bensì come un dispositivo in cui gli opposti mantengono sempre una tensione, un’ansia di unità alla quale l’architetto russo tende, sapendola ‘ancora irraggiungibile’. Le case collettive transitorie. In Russia e sin dal febbraio 1917, le istanze e gli ideali per la costruzione di una nuova società fondata su valori di equità e libertà non furono una moda o una follia, “ma l’espressione sincera e spontanea di un ottimismo portato alla disperazione”. A Mosca, dal 1918 al 1924, mezzo milione di persone in cerca di condizioni abitative meno indigenti emigrarono dalla periferia nelle case del centro urbano espropriate all’aristocrazia e alla borghesia e diedero forma a “comuni d’abitazione proletarie”. Nel 1921 se ne contavano ben 865 (tanto da essere classificate come alloggi “normali”) e nonostante le vecchie case d’affitto mal si adattassero al nuovo stile di vita collettivo, le comuni godettero il favore della classe operaia.

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Il fronte più radicale dei Soviet rilevò il fenomeno come il primo passo per la totale e veloce collettivizzazione della società russa e il definitivo superamento dell’impalcatura familiare ultimo retaggio della società borghese; al contrario i dirigenti più moderati ritennero il proletariato non ancora pronto, e delinearono, attraverso la costruzione delle cosiddette “case collettive transitorie”, una graduale collettivizzazione della società russa in nome dei valori e dell’unità familiare. Le “case collettive transitorie” divennero oggetto di ricerche tipologiche e animati dibattiti e fu in questo clima culturale che al progetto di Mel’nikov fu riconosciuto il suo carattere “dimostrativo” (pokozatel’noe): spazialità innovativa, minima dispersione distributiva, riduzione dei costi di costruzione, validità dei principi aggregativi in previsione di una sua serializzazione (blokirovat’). Mel’nikov escogitò un involucro murario irrigidente (su fondazioni continue) traforato da una fitta tessitura alveolare esagonale, dal grande potenziale compositivo, le cui maglie erano agevolmente tamponabili secondo le esigenze distributive di ogni singola utenza. Anche la risoluzione dei solai fu risolta magistralmente con una griglia strutturale di assi lignee con comportamento statico a piastra e ripartizione uniforme dei carichi verticali e delle spinte orizzontali. I codici della composizione. Esponente indipendente dell’ala ‘formalista’ del Fronte Radicale dell’Avanguardia Architettonica Sovietica, Kostantin Mel’nikov tradusse il linguaggio della tradizione architettonica russa in una nuova sintassi compositiva con la stessa forza dirompente con cui Igor Stravinskij stravolse in chiave anti-melodica la composizione classica attraverso il ritmo, la citazione e il concetto di polarità sonora. Per il maestro russo l’architettura è irreperibile nei “deserti della grafica” o in “pose ad effetto” e nella sua autobiografia egli consegna i quattro codici della composizione architettonica che riassumono il suo pensiero sull’arte del costruire: Infinita elasticità della diagonale, Assoluta leggerezza del triangolo, Imponderabile gravità delle mensole, Simmetria fuori dalla simmetria. INFINITA ELASTICITÀ DELLA DIAGONALE Parafrasando Kandinskij è possibile affermare che Mosca sia stato il diapason dell’attività progettuale di Mel’nikov. Mosca è un paesaggio urbano denso di polarità percepibili attraverso dinamiche diagonali, di trasversalità che lasciano pensare ad una metrica non cartesiana, ad una spazialità più barocca che classica. Nell’immaginario mel’nikoviano scorrono come una linfa vitale e concorrono nell’elaborazione di quella misteriosa alchimia che è l’ideazione, i ricordi autobiografici dell’infanzia, le suggestioni fiabesche della tradizione popolare e pittorica dei lubki, le forze mitiche e primigenie della natura: il dissestamento, il disequilibrio, il dover nascere. ASSOLUTA LEGGEREZZA DEL TRIANGOLO Senza la geometria e il proporzionamento delle parti con il tutto, le figure sono accidenti. La Piramide egizia (triangolo), il Partenone (rettangolo), il Pantheon (cerchio), il Colosseo (ellisse), la cattedrale di San Basilio (ottagono), sono vere e proprie emanazioni dell’architettura che prendono forma costantemente nei disegni e nella riflessione di Kostantin Mel’nikov. In continuità con la migliore tradizione architettonica russa -basti pensare alla reiterazione delle cupole nello schema a quinconce dell’edificio chiesastico ortodosso- la composizione mel’nikoviana punta alla ripetizione di una stessa matrice formale con un procedimento di modulazione e concatenazione per traslazione (e/o rotazione). La connessione fra le parti può essere ottenuta per semplice accostamento, slittamento o può essere più articolata come nel caso del reciproco inserimento (incastro) o dei salti di scala (modulazione graduata). IMPONDERABILE GRAVITÀ DELLE MENSOLE Lontano da suggestioni letterarie ed utopistiche, e pur carico di tutta l’idealità, di tutta l’energia che ogni progetto di architettura in sé custodisce, Mel’nikov procede nella sperimentazione tipologica e tecnica fondata sulla qualificazione del mestiere, sulla concretezza dei fini e dei mezzi. Uno dei più grandi ingegneri strutturisti russi, Vladimir Grigor’evic Šuchov, progettista della famosa torre/antenna iperboloide Shabolovskajai, più volte sottolineò le capacità tecniche di Mel’nikov e l’eccezionalità della sua figura

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professionale nel panorama moscovita dominato più da “artisti” che da ‘costruttori’. Ogni progetto deve stare “al limite del possibile” soleva affermare Mel’nikov e “valersi, per esprimere tutta la complessità del nuovo mondo, soltanto dei modelli dei monumenti classici è limitato e meschino e semplicemente non degno del nostro secolo. E necessario trovare le proprie possibilità plastiche in architettura”. SIMMETRIA FUORI DALLA SIMMETRIA Simmetria fuori dalla simmetria non vuol dire a-simmetria bensì che le regole della composizione sono date da un nuovo codice di relazione tra le parti. Ad esempio, nel progetto della sua casa sperimentale, la differente risoluzione dei prospetti e degli ambienti non è data da una variazione sul tema o da un’idea di sviluppo o di virtuosismo formale, bensì dalla esplicitazione di più leggi compositive che insorgono dalla simultanea interrogazione della pianta, dei prospetti, e delle relazioni che questa e quelli instaurano con l’esterno e tra di loro. Gli ambienti sono pensati come polarità atomizzate, da ognuna delle quali emerge, secondo differenti partiture logiche, il carattere dei luoghi, la singolarità delle relazioni ((interno /esterno, luce/ombra/colore, pieno/vuoto, classico/moderno). Principi spesso inconciliabili coabitano in una dinamica ricerca di equilibrio, conferendo alla composizione l’idea di un doppio canone (salone), o di un apparente ‘ordine sparso’ (prospetto sul retro).