Kant - Il Conflitto Delle Facoltà

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IMMANUEL KANT IL CONFLITIO DELLE FACOLTÀ a cura di Domenico Venturelli Nonostante sia eposta al rischio d'essere compresa in forma frammentaria, l'opera, della quale si presenta ora la nuova traduzione, tratta in modo unitario le gran- di tematiche etico-religiose della filosofia kantiana. La prima parte, dedicata al conflitto della Facoltà fi- losofica con quella teologica, affronta, col problema del- l'interpretazione dei testi, il tema centrale, quanto mai irto di difficoltà, della relazione tra la dottrina filosofica e quella biblica della fede. La seconda parte, nella risposta al quesito etico-poli- tico <<Se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio••, presenta un'efficacissima sintesi della kantia- na filosofia della storia e del diritto. Nella terza e ultima parte il filosofo, recando alla die- tetica il curioso contributo della sua esperienza persona- le, suggerisce che la medicina è arte e scienza pratica an- che nel senso eminente del termine. Nella sua Introduzione il curatore mostra come in quest'opera, attraversata da ineludibili interrogativi eti- co-religiosi, l'idea di Università sia basata sul primato della filosofia pratica: solo in quanto è un istituto di li- bertà e di verità l'Università kantiana può essere una ge- nuina istituzione scientifica. DOMENICO VENTURELLI (1947) è professore ordinario di Filo- sofia morale all'Università di Genova. Tra le sue opere ricor- diamo: L'antropologia filosofica di Manc (1976); Scepsi e nichili- smo ( 1984); Etica e fede filosofica. Studi sulla filosofia di Kant (1989). Per la nostra editrice ha curato il fascicolo speciale Fi- losofia-Religione-Poesia. In ricordo di Alberto Caracciolo, «H uma- nitas» 2 (1992). IMMANUEL KANT ILCONFLI O DELLE FACOLTÀ a cura di Domenico Venturelli MORCELLIANA

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Philosophy

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  • IMMANUEL KANT

    IL CONFLITIO DELLE FACOLT a cura di Domenico Venturelli

    Nonostante sia eposta al rischio d'essere compresa in forma frammentaria, l'opera, della quale si presenta ora la nuova traduzione, tratta in modo unitario le gran-di tematiche etico-religiose della filosofia kantiana.

    La prima parte, dedicata al conflitto della Facolt fi-losofica con quella teologica, affronta, col problema del-l'interpretazione dei testi, il tema centrale, quanto mai irto di difficolt, della relazione tra la dottrina filosofica e quella biblica della fede.

    La seconda parte, nella risposta al quesito etico-poli-tico

  • Titolo originale dell'opera: I. Kant, Der Streit der Fakultiiten (1798)

    traduzione di Domenico Venturelli

    1994 Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa, 71-25121 Brescia

    Prima edizione: marzo 1994

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    Tipolitografia La Nuova Cartografica S.p.A.- Brescia 1994

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    Presentazione

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    IL CONFLITTO DELLE FACOLT DI I. KANT E L'IDEA DI UNIVERSIT

    L - Esortando i propri discepoli a edificare la citt alla luce della giustizia e del bene, cos come egli ave-va tentato di fare v ayot, prospettandone il model-lo (7t

  • novati sforzi, anzich accantonarlo come inutile col miserrimo e pernicioso pretesto dell'inattuabilit. Una costituzione caratterizzata dalla massima libert umana in base a leggi che consentono che la libert di ciascuno possa coesistere con quella altrui (non dalla massima felicit, poich questa sar un'owia conse-guenza), quanto meno un'idea necessaria, e biso-gna porla a base non solo del primo abbozzo di una costituzione politica, ma anche di tutte le leggi; e per fare questo si inizialmente costretti a prescindere dagli impedimenti presenti, che pu darsi non deri-vino inevitabilmente dalla natura umana, ma piutto-sto dall'inosservanza delle idee genuine in fatto di le-gislazione2.

    Superiore alla comunit politica, che afferma l'idea del diritto in base a leggi costrittive e non pu quindi rinunziare all'uso legittimo della forza, resta l'idea della comunit etico-religiosa, che abbraccia tutti gli uomini nella sollecitudine per la loro destinazione fi-nale e i cui membri, se ottemperano liberamente al comando della legge morale, sono uniti dal vincolo della 'virt' e delle 'opere buone'. Ma anche in que-sto caso s'impone la differenza tra la realt e l'idea in essa incoativamente presente:

  • maggiore o minore, ineliminabile e costitutiva, segna-la sempre l'eccedenza del paradigma rispetto alla co-pia, la sua ulteriorit e la sua trascendenza. Se, nell'at-to di darsi, l'idea non si sottraesse anche alla presa, non potrebbe mai costituirsi a nonna che giudica l'o-pera, compresa la realizzazione pi felice.

    Ma si vorr cos derivare l'Universit- o la Chiesa, o l'aula di giustizia - da un'idea? non si ignora in que-sto modo la storia e non la prospettiva stessa insen-sata? Vorremmo per capire meglio di che cosa si tratta. Non infatti per un mero artificio retorico che Kant, nelle prime pagine del Conflitto delle facolt, prospetta l'istituzione dell'Universit come se fosse il parto di un proto-inventore o l'opera di chi sa quale mitico artefice:

  • in alcuna relazione essenziale con l'idea della comuni-t dello studio, bench con la vita dell'Universit si confondano spesso, per corromperla alla radice. Ma a questo vizio, al quale si associano le manifestazioni di uno spirito adulatorio e servile, la facolt filosofica naturalmente esposta come tutte: ne la testimo-nianza pi antica ed eloquente il fatto che il 'filosofo' abbia avvertito l'esigenza di screditare, sotto il nome altrimenti glorioso di 'sofista', la propria negazione e la propria parodia.

    2. - Il modulo narrativo prescelto da Kant, la .fictio del proto-inventore, risponde dunque al concreto bi-sogno d'interporre tra s e le angustie del 'proprio tempo' l'intervallo dell'ironia e della narrazione miti-ca, lo spazio aperto dalla filosofia: quanto pi ampio il solco da questa scavato, tanto pi il discorso ac-

    . . ' qmsta una contemporanezta vera e profonda, la con-temporaneit assiologica che nasce, nel caso presente, dalla rivendicazione palese del diritto all'uso pubblico della ragione e dall'aperta difesa del principio della li-bert religiosa. Per essere un trattato politico, o anche solo un trattato giuridico e pubblicistico (de iure prin-cipis), capace di fornire un criterio per valutare i con-flitti di competenza tra le facolt, il saggio kantiano deve concernere l'Universit stessa, il .fine al quale un'istituzione del genere non pu non rispondere (al-meno in linea ideale). Anche la celebre 'Prefazione' al Conflitto, nel momento di riferire ampiamente delle limitazioni e delle strettezze dell"epoca', verte in so-stanza sul punto essenziale, mai indifferente al filoso-fo, della libert religiosa: essendo unita all'origine del-la vita etica nell'individuo questa, infatti, la sola

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    fonte da cui promana ogni altra forma di libert, compresa la libert della scienza6

    Nelle pagine del Conflitto Kant mostra inoltre di essere consapevole della peculiare duplicit dei com-piti che, prima ancora della riforma humboldtiana, caratterizza la vita delle Universit: in questo istituto scientifico la libera ricerca del vero deve convivere con l'attivit dell'insegnamento, che attraverso l'istru-zione dei teologi, dei magistrati e dei medici, soddisfa soprattutto compiti di pubblica utilit. Certo, tutto ancora in bilico tra l'antico ed il nuovo: l'organizza-zione medievale dell'Universit, con le scienze sacrifi-cate in un abito stretto e compresse in quelle sole fa-colt- le 'superiori' (teologia, giurisprudenza e medi-cina) e !"inferiore' (l'antica facolt delle arti liberali) - un limite storico che pesa inevitabilmente anche sul saggio kantiano. Ma evidente, sotto il trasparentissi-mo velo dell'ironia, che il vecchio filosofo giudica l'articolazione medievale dell'Universit lontanissima dalla sua figura idealmente storica, tra l'altro perch l'antica e tradizionale divisione delle facolt in due classi (delle facolt 'superiori' e di un'unica facolt 'inferiore') non sembra solo riflettere, ma capovolge-re il rapporto su cui dovr reggersi l'Universit. Se, infatti, le facolt 'superiori' derivano in larga parte il loro carattere 'pratico' da uno stretto rapporto con immediate esigenze politiche, la facolt filosofica de-ve invece, per propria natura, essere legata al princi-pio della libert e all'incondizionatezza dell'etica. Ma appunto questo carattere a conferirle silenziosamente il primato, perch l'Universit, per essere tale, dovr riconoscersi in primo luogo come un istituto di libert.

    La vera funzione politica della filosofia, che a ogni

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  • propizia occasione pu suscitare un moto di progres-siva rij01ma, capace d'estendersi dall'Universit alle Chiese, allo Stato e alla societ civile in genere, deriva quindi per Kant dalla sua origine e dalla sua natura etico-religiosa, e il Conflitto delle facolt pu consape-volmente inserirsi nella linea 'illuministica' del progres-so e persino tingersi di una sottile, altrimenti incom-prensibile venatura 'chiliastica', proprio perch Kant, obbedendo alla nativa ispirazione platonica del suo pensiero, rivendica cautamente il ruolo di ideale gui-da politica, di guida etico-religiosa dell'umanit al filo-sofo:
  • ve ne sono) che lasciano presagire un disegno della natura, o un piano della Provvidenza che compie un fine migliore dei propositi umani; ma anche decisa-mente orientato a riconoscere nell'Universit il luogo d'elezione in cui pu e deve dispiegarsi il compito es-senziale deii'Aufklarer. Infatti gli uomini, se non sono portati dalla ragione e dalla buona volont a sviluppa-re il germe della moralit insito in loro, vi saranno poi spinti dalla loro triste esperienza e costretti dana-tura: fata volentem ducun~ nolentem trahunt. Se guar-diamo in ampia prospettiva, proprio il conflitto delle facolt pu essere l'esempio di un antagonismo che finisce per favorire una progressiva e per pi versi ne-cessaria evoluzione, uno svolgimento il cui fine lonta-no quella pi alta unit e conciliazione di natura e cultura che era gi nei voti della critica sociale di Rousseau, della sua idea di educazione e delle sue teorie pedagogichell.

    Il vero, costitutivo, insormontabile conflitto delle facolt non nasce da un pervertimento o da un rove-sciamento dei fini: si tratta per Kant, non solo per la sua Iiceit giuridica, di un conflitto legittimo (gesetz-miissiger Streit), che sorge unicamente perch altra la fonte dalla quale i rappresentanti delle facolt attin-gono le loro dottrine, perch diversa l'origine cui si richiamano e diversa l'autorit sulla quale fondano il loro discorso: _la Scrittura di fronte alla ragione; il diritto positivo dinanzi al diritto naturale; la tradizio-ne storica davanti al giudizio critico: Sapere aude! Ab-bi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto! questo il motto dell'illuminismo>>12. Seguendo un'au-torevole indicazione di Gadamer, potrebbe sorgere la tentazione di confinare il pensiero di Kant entro i li-

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    miti della dottrina illuministica del pregiudizio: non opera forse in lui una radicale istanza critica, che con-voca l'autorit e la tradizione davanti al tribunale della ragione e della filosofia? La necessit e la legittimit del conflitto sorgono proprio da questa esigenza, e sono cos profondamente avvertite da fare seriamente du-bitare che lo Streit possa mai terminare. Nell'inevita-bile antagonismo (concordia discors, discordia concors) rimane tuttavia aperta la possibilit di una conclusio-ne di pace (Friedens-Abschluss): il filosofo prospetta la necessit di questa composizione (Beilegung) a ogni occasione, come l'ideale regolativo del discorso e, in-sieme, come la mta indefinitamente lontana o il fa-cus imaginarius dei nostri sforzi comuni. vero che tale mta non sar mai perfettamente raggiunta, ma appunto perch essa criterio e metro del valore. questo, se il termine piace, il 'compromesso' dell'eti-ca kantiana, la quale, senza mai ledere l'autorit deci-siva della ragione pratica pura, riconosce che il moto del progresso pu essere favorito solo a fatica, nella determinatezza di una situazione storica dalla quale non c' passaggio istantaneo (se non per chi muore) al giorno novissimo. Troeltsch, segnalando la tenden-za degli scritti politico-religiosi di Kant al 'compro-messo', intendeva proprio l'opposto di un presunto cedimento o di una possibile fiacchezza senile del fi-losofo: indicava il difficile, sempre rinnovato tentati-vo di instaurare una pi grande armonia tra la realt storica e l'idea gi in essa incoativarnente presente, per superare nella fede e nell'azione uno iato che, in linea di principio, resta incolmabile sempre13. Per questa capacit riconosciamo in Kant un maestro di moralit autentica e severa, non certo di astratto mo-

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  • ralismo e nemmeno soltanto della Gesinnungsethik. Ma, per evitare ogni possibile fraintendimento, inve-ce di 'compromesso' si dovrebbe dire, con Weber, re-sponsabilit: solo la Verantwortungsethik infatti piena-mente conforme al carattere concreto della vita etica, chiamata a misurarsi col possibile in una situazione che non tutta e solo 'razionale'. Perci non sorpren-de se, di fronte a critiche facili a farsi, ma ingenerose, filosofi e studiosi fuori del comune (Karljaspers, Pie-ro Martinetti, Hannah Arendt, Alberto Caracciolo) hanno sempre inteso sottolineare il senso di responsabi-lit che contraddistingue il sentire etico di Kant, rife-rendosi in genere, per darne esemplificazione concre-ta, all'atteggiamento solo apparentemente contraddit-torio assunto dal vecchio filosofo di fronte alla rivolu-zione francesei4.

    Il modo kantiano di pensare, l'illuminismo unito alla prudenza politica, non hanno l'intento banale di screditare l'autorit, la tradizione e il pregiudizio, non si risolvono, a me pare, in un'opera di cos dubbia utili-t. Al contrario, convinzione di Kant che la ragione operi embrionalmente, tra molte scorie e molti impe-dimenti, anche all'origine di ogni diversa fonte dottri-nale, e che il portarla alla luce del giorno sia il compi-to prop~o del filosofoi5. In forme pi o meno pure e in gradi diversi di consapevolezza, filosofiche sono in-fatti tutte le facolt, anzi tutte le scienze e le discipli-ne, se nella loro particolarit mantengono un'apertu-ra universale; se nella loro specificit conservano un carattere etico; se, nella dedizione a un compito limi-tato e parziale, si propongono anche lo scopo finale della ragione umana (il sommo bene).

    facile allora capire perch il conflitto tra la dot-

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    trina filosofica e quella biblica della fede sia al primo posto per dignit e altezza. Ma anche evidente che, con le condizioni della disputa, sono gi sempre pre-supposte e operose quelle per comporla: perch la ve-rit di una rivelazione affidata alla scrittura - non im-porta se l'autore sia Omero o Platone, Paolo o Isaia-si dischiude solo all'atto ermeneutico, e la verit di una rivelazione che reca il segno inconfondibile della stori-cit si illumina solo nell'attimo presente. Le facolt 'su-periori', in forma esemplare la facolt teologica, non traendo soltanto dalla ragione i loro statuti, basano la dottrina sullo scritto o sul libro. Al contrario il filosofo non fonda mai l'insegnamento sull'autorit esclusiva del testo: seguendo l'antico monito di Platone16 egli non si affida, n prima n in ultima istanza, alla sola scriptura, sia essa divina o umana. Non perch scritti, ma perch interpretati in liberiate, in novitate spiritus i testi manifestano il loro significato e, se si tratta di comprendere la religione della Bibbia, non pu esser-ci per Kant una chiave interpretati va migliore di quel-la offerta dall'etica. La rivelazione della verit nel suo significato originario, etico-soterico, . infatti attiva e operosa ovunque una coscienza morale presti ascolto all'imperativo che vincola incondizionatamente l'esi-stenza al bene: H W..~~Eta EAEU~EprocrEt 1Jii17. Se ri-scopre la sua vocazione socratica, maieutica, il suo originario compito ermeneutico, la facolt 'inferiore', fondata solo sul concetto della libert, pu dunque anche avere il suo millenarismo: essa infatti il centro vitale, l'anima dell'Universit e della sua autonomia; rivendica a s ogni conoscenza e ogni dottrina non per valutame la rispondenza a un fine determinato, ma per trattenerla nell'alveo della verit etico-soterica 18

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  • Verit e libert sono dunque le basi dell'edificio, le fondamenta su cui l'Universit, per essere tale, deve saldamente poggiare. Perci o essa edificata, anche e soprattutto come istituzione puhblica legata a scopi non solo strettamente scientifici, su questi essenziali princpi (di cui l'uno non pu mancare senza che si corrompa anche l'altro), o essa diventa il simulacro e la parodia di se stessa. Certamente non saranno im-memori della lezione autentica del criticismo (quan-d'anche si allontanino da Kant sotto altri profili) i fondatori dell'Universit moderna come verr con-figurandosi nei progetti di riforma di Schelling e di Fichte, ma ancor pi di Schleiermacher, di Steffens e di Humboldt; progetti la cui forza attraente e pla-smatrice per l'intera Universit europea, richiamata tante volte, si spiega unicamente per il riferimento comune al principio, davvero ispiratore, della libert religiosa 19 E viene ancora specialmente da Kant e da Schleiermacher quanto osserva il filosofo della reli-gione che, anche oggi, presti la sua opera non alla moda di un giorno, ma alla vigile ermeneutica della contemporaneit: Il luogo in cui si decide del religioso -egli scrive - il presente della coscienza del singolo. per e nella luce di questo presente - luce mediata certa-mente da una tradizione - che il patrimonio della tra-dizione s'illumina, si discrimina nella sua autenticit, attualizza parte_delle sue potenzialit e, col rinnovar-si, consacra la sua identit e perennit2o.

    4. - In ogni vero pensatore l'idea dell'Universit si lega, per una ineludibile necessit, al concetto che egli si fa della ragione, del linguaggio, della filosofia, che per cos dire la conditio sine qua non dell'Univer-

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    sit, la quale si ridurrebbe senza essa a un nome vuo-to o (come lamenta Jaspers negli scritti dedicati alla Idee der Universitiit) a un aggregato di discipline e di metodi accostati per gli scopi pi diversi, a uno spac-cio di conoscenze che, sma11 ita la consapevolezza del-la loro connessione, devono la loro unificazione a de-cisioni di natura politica, economica o amministrativa.

    L'idea kantiana dell'Universit non sarebbe dun-que comprensibile fuori del primato della filosofia pratica, ovvero della filosofia come etica. questo il punto decisivo, prospettato chiaramente gi nelle pa-gine dell"Architettonica della ragion pura'; questo il nodo essenziale al quale riporta la ricorrente distin-zione tra concetto 'scolastico' e concetto 'cosmico' della filosofia. Se, in base al primo concetto, la filoso-fia manifesta il suo carattere conoscitivo e sistematico, in base al secondo essa rivela soprattutto il suo carat-tere teleologico e pratico. Ancora nella breve 'Prefazio-ne' all'Esame della filosofia della religione kantiana ( 1800) di Jachmann, Kant torna a dire: La filosofia, nel senso proprio del termine, come dottrina di sag-gezza (Weisheitslehre), ha un valore incondizionato; essa infatti dottrina dello scopo finale della ragione umana. Questo scopo pu essere uno solo e, rispetto ad esso, tutti gli altri fini stanno in second'ordine e debbono venir subordinati. Il filosofo pratico, nel sen-

    . so verace e pieno del termine (un ideale), colui che realizza in pieno in se stesso questa esigenza>>21

    Ora, il concetto pratico della filosofia non solo il tacito presupposto del disegno abbozzato nello Streit, ma l'unico filo conduttore che lega internamente tra loro le tre parti di cui Il conflitto della facolt si compone, in modo da tenerle unite, non solo giu-

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  • stapposte, e da volerle anzi disposte in quell'ordine preciso; la sola idea che, circolando implicitamente in ogni pagina dell'opera, permette di vederne, oltre l'irrimediato carattere di raccolta di saggi scritti
  • nei confronti delle creature viventi e dei propri fratel-li. Come, dopo che ebbe ucciso, accadde a Caino d'u-dire una voce che lo fece tremare:

  • credere che essa risponda al problema del male; esito tanto pi sincero, quanto pi attraversato dall'in-quietante sospetto che la fiducia nel pensiero dialetti-co sia di nuovo incrinata da quanto d'irreparabile la presenza del male palesa.

    ~- ~ Il ~roble~a dell'organizzazione degli studi su-penon, e m particolare dell'Universit, si pu oggi ri-condurre a un interrogativo che difficile eludere, a una domanda che tutti abbiamo udito founulare mol-te volte: esiste ancora una relazione tra le scienze e la filo-sofia? e in cas? affem~ativo, quali le figure di questo

    rap~o~o? Ch1, sotto l urgenza di tale problema, rac-cogb_e m un unico sguardo il disegno della critica kant1ana della ragione, non incontra particolari diffi-colt a concludere che la nostra situazione odierna

    . ' segnata dal_ dominio tecnico-scientifico per un verso, e da una radzcale problematicit, che investe il senso e il valore dell'esistenza, per l'altro, come prefigurata, prefounata negli esiti del criticismo.

    ~ para~one d_ello scetticismo gnoseologico di Hu-me Il pensiero d1 Kant sembra sorretto da un'incrol-labile fiducia nel carattere conoscitivo delle scienze

    ' ma_ a questa convinzione non s'accompagna alcuna il-luswne: esclusa dal noumeno, limitata al fenomeno la

    . ' . ' scienza non e la VIa della salvezza n la via della felici-t. ~nzi, Kant pienamente consapevole della natura radicalmente finita di ogni umano sapere. Perci, nel-la sua prospettiva, la relazione che unisce le scienze alla filosofia pu essere fondamentalmente indagata sotto due profili distinti e connessi, a seconda che delle scienze si consideri il rapporto con la filosofia trascendentale o quello con l'etica (naturalmente anche

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    quest'ultima ha carattere trascendentale). Ora, sotto il primo profilo, la Critica della ragione pura stata an-che interpretata come una teoria o, meglio, come una fondazione della conoscenza finita. Tutte le scienze (per es. la matematica e la fisica, che sono per Kant il modello del sapere rigoroso) svolgono i loro compiti e approfondiscono i loro ambiti in modo autonomo, siano o no consapevoli della relazione che le unisce alla filosofia; ma la possibilit della scienza poggia su quei primi elementi, su quegli a priori che solo la filo-sofia trascendentale illumina e, soprattutto, presup-pone l'attivit originariamente sintetica dell'Io penso. Non appena s'interpretasse il soggetto, con Nietzsche, come. un'escogitazione arbitraria o come un'ulteriore finzione, qualcosa di provvisorio e d'ingannevole s'e-stenderebbe dunque anche su tutta la scienza.

    Queste riflessioni non hanno comunque impedito che nel nostro secolo si rinnovasse e si ampliasse il tentativo di Kant. noto il giudizio di Gadamer, se-condo il quale nessuno pi dijaspers ha ripetuto, nel suo filosofare, le linee strutturali e le modalit tipiche del pensiero kantiano27 Ma anche il disegno incom-piuto di Essere e tempo (1927) per molti versi affine all'impresa prospettata da Kant: dopo aver conferito il carattere dell'antologia fondamentale ali' analitica del-l 'esistenza (non all'analitica di una logica trascendenta-le), rivolgendosi sull'orma di Dilthey alle scienze stori-che e psicologiche, oltre che a quelle matemati~he e fisiche, Heidegger viene scoprendo l'origine esisten-ziale e il necessario presupposto antologico delle scien-ze positive. Sebbene tutte le scienze ontiche, persino quelle aprioriche come l'aritmetica e la geometria, ve-dano l'essere solo in sogno (lvcxp) e non nella veglia

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  • (u1tap), esse dischiudono tuttavia vere e proprie re-gioni antologiche. Per questo, lo sappiano o no, si rapportano alla filosofia. L'analogia e l'affinit con le prospettive di Platone e di Kant dichiarata ed evi-dentissima, e non si ferma nemmeno al tentativo di fondazione trascendentale (ovvero antologica) delle scienze positive, poich lo stesso problema che al centro della meditazione di Heidegger, la Seinsfrage, la questione dell'essere e della differenza antologica, svolta in tutta la sua articolata complessit e la sua interna ricchezza, non pu non legarsi al tema del-l':yat}6v. >: l'interrogare in cui si raccoglie la pietas del pen-siero di fronte all'essente nella sua totalit.
  • za di un orientamento etico del sapere e di una com-prensione religiosa del. mondo. Perci, nell'ambito della scienza, quell'interrogativo non pu che rimane-re privo di risposta, sia che si difenda strenuamente il carattere conoscitivo delle scienze come sola fmma di sa-pere verificabile, vincolante, oggettivo (Kant, Jaspers), sia che delle scienze si segnali la natura economica, uti-litaria, pragmatica pi che conoscitiva (Bergson e, di-versamente, Croce).

    L'esempio forse pi chiaro proviene ancora dal-l'arte e dalla scienza medica: l'innocente crudelt con la quale, esaurita la sfera di ogni possibile prestazione terapeutica, il medico costretto ad abbandonare il paziente a un male inesorabile, alla consunzione e al-la morte, tentando almeno di lenire il dolore, non solo l'ammissione dei confini della scienza, che doma-ni saranno ampliati, ma di un suo limite che pare co-stitutivo e insuperabile (la morbilit, la mortalit). Ve-ro che alle tecniche avanzate della medicina si aprono frontiere nuove e inespiorate, opportunit che per la prima volta conferiscono all'uomo il pote-re di programmare la natura, scoperta come un dato modificabile, come una virtualit e un progetto aper-to. Lo studio della cellula, del suo nucleo, dei suoi elementi chimici (acidi nucleici, enzimi, proteine) consente oggi al genetista d'entrare nella fabbrica se-greta della na_tura naturans, sino a determinare pre-ventivamente le modificazioni strutturali della natura naturata. Per questo aspetto l'affinit tra la facolt medica e la facolt filosofica anche pi grande e pi profonda di quanto Kant stesso poteva intuire, quan-do gi la prospettava nel segno della libert. Ma ap-punto in questi nuovi e sotto certi profili inquietanti

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    sviluppi si pu e si deve ravvisare l'esplicita confeuna che la medicina, con l'ausilio di tutte le sue strumen-tazioni d'avanguardia e con il corredo di tutte le sue discipline speciali (biologiche, chimiche, farmaceuti-che, ingegneristiche, chirurgiche), non una scienza priva di presupposti ed una tecnica terapeutica neu-trale, ma (come Hufeland e Kant suggerivano riguar-do alla dietetica) una scienza pratica nel senso emi-nente del termine: una scienza e una tecnica che coinvolgono la libert e la responsabilit del singolo in modo sinora inaudito. Il dischiudersi delle nuove vir-tualit espresse dalla bio-tecnologia e il concomitan-te, recente affermarsi della bio-etica conispondono a una necessit inscritta sin dall'origine nel carattere esistenziale, etico e storico della scienza medica, il cui fine non pu essere soltanto la vita, ma !'e-sistenza di questo singolo, concretissimo Dasein. Lo stesso pre-supposto su cui si basa, secondo il codice ippocratico, l'esercizio della professione medica, esprimendo una convinzione extra-scientifica, di ordine morale e reli-gioso, dev'essere per forza di cose problematico: del-la stessa problematicit radicale della vita etica, che ci espone al rischio dell'errore nel momento stesso che reclama la nostra libert e la nostra responsabilit. Nell'etica deve muovere ancora il primo passo, chi vuo-le assicurazioni scientifiche, metafisiche o teologiche.

    E alla fine sorgeranno sempre domande analoghe a quelle con cui Kant, nella terza parte del Conflitto delle facolt, dopo aver recato alla dietetica il curioso contributo della sua esperienza personale, s'interro-ga, con gusto ironico ed amaro, sull'utilit e il senso di quest'arte:

  • questa non precisamente la pi piacevole delle si-tuazioni. Ma io stesso ne ho colpa. Infatti, perch non intendo far posto alla giovent che vuole salire e, per vivere, mi diminuisco l'abituale piacere della vita? perch trascino a forza di rinunzie, per una durata fuori del comune, una debole vita e scompiglio col mio esempio i registri mortuari, dove le misure si ta-gliano sui pi deboli per natura e sulla durata proba-bile della loro vita? perch sottopongo tutto ci che in passato si diceva destino (al quale ci si sottomette-va con devota umilt) alla fermezza del proposito, che tuttavia difficilmente sar adottato per universale regola dietetica in base alla quale la ragione esercita direttamente una virt salutare, e che non sostituir mai le fmmule terapeutiche della farmacia?,,3o.

    Sono, questi, interrogativi inevitabili, con i quali Kant non intende porre in dubbio l'utilit della diete-tica, n della terapeutica o della chirurgia, ma soltan-to ricordare che i compiti dell'arte e della scienza me-dica s'inserivano in un'interpretazione pi vasta della destinazione ultima dell'uomo, in un orizzonte di sen-so o di non-senso che dal filosofo e dallo scienziato consapevole non mai ignorato. In modo diverso da Kant allude a questo orizzonte anche G. Leopardi, ca-pace (poich il desiderio insopprimibile di un'impos-sibile felicit lo spinge a scoprire la chimericit delle nuove fedi scientifiche) di penetrare la povert e l'in-genuit delle moderne illusioni, di guardare con oc-chio beffardo le magnifiche mete proposte all'umano progresso e di riderne.

  • spinta ad ampliare e a estendere la Bildung e la corre-lativa tendenza a fiaccarla e svilirla, collegava questo carattere generale della nostra epoca alle angustie del-lo specialismo per un verso e alla superficialit del giornalismo per l'altro. 32.

    La miopia dello specialismo pregiudizialmente av-verso alla formazione completa dell'uomo, e la cattiva filosofia dei giornali e dei media, oggetto d'ironia in Goethe e in Leopardi prima che in Nietzsche, posso-no per rendere ragione solo di quello che, sotto la maschera e il chiasso del successo mondano, in un'et che si crede progredita, diventa guasto, superficiale e vuoto. Pi in profondit, nella situazione odierna, la rinunzia non al vero tessuto connettivo delle scienze, ma - come notava Piovani - a un pr~sunto sapere supe-riore, unifican~e, totalizzante, connessa, pi che ai vizi dello specialismo inconcludente, alla necessit ineludibile della specializzazione: la pluralit, persino l'asistematicit ddle scienze, sembrano oggi alludere a un insuperabile pluriprospettivismo, a una molteplicit di accessi parziali alla realt e di relative, talora diver-genti finalit.

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    Gli stessi tentativi, ripetutisi tra Otto e Novecento, di ordinare il regno del sapere in base alla distinzione delle scienze (empiriche e razionali, della 'natura' e dello 'spirito', nomotetiche e idiografiche), si rivela-no, per qualche aspetto, sempre profondamente apo-retici. Anche sotto questo profilo inevitabile che l'i-dea dell'Universit si prospetti problematica, oggi pi di quanto sia mai apparso in passato. Gi all'inizio de-gli anni Venti, pensando a Nietzsche e riconoscendo-ne ampiamente le ragioni, M. Weber ammoniva che la specializzazione onnai diventata, per l'uomo di scienza, un'esigenza collegata al processo della cre-scente razionalizzazione della vita sociale ed economi-ca, un destino cui sarebbe puerile pensare di potersi impunemente sottrarre. Anzi, la reale vocazione per le scienze, aggiungeva, presuppone proprio la capaci-t di penetrarsi intimamente dell'idea di un compito unico, particolare, limitato, senza che ci significhi af-fidarsi solo al calcolo e al freddo intelletto, poich la passione, il lavoro, l'ispirazione e il dono sono neces-sari alla fantasia scientifica non meno che alla fanta-sia estetica, politica ed economica.

    In questa situazione il bisogno di molteplici istituti scientifici specializzati tanto chiaro, quanto dub-bia la sorte futura dell'Universit: se e come essa pos-sa vivere ancora. I moderni istituti di ricerca, simili a imprese capitalistiche di produzione, richiedono inol-tre mezzi finanziari enormi anche solo per essere. at-trezzati e governati, cos che sono sempre pi strette le relazioni e pi forti gli interessi che uniscono il ca-pitale pubblico e quello privato alla scienza. Ma per quanto siano numerosi i rischi di una scienza assog-gettata alla grande industria o ai governi, il fine degli

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  • istituti di ricerca, e delle Universit in particolare, non si pu scambiare con quello dell'impresa econo-mica. La scienza dev'essere posta a servizio del profitto o, viceversa, il profitto a servizio della scienza? Dove l'i-dea dell'Universit viva, simile interrogativo trova facile e immediata risposta.

    A paragone della societ dei bisogni la comunit degli studi un microcosmo che, senza essere sottrat-to alle leggi economiche, gode di ampia autonomia, di propri statuti e di particolari diritti che derivano dalla libert della scienza e che si giustificano, per il ri-cercatore consapevole dei propri doveri, solo in un caso: se il suo lavoro, libero perch dedito esclusiva-mente al proprio oggetto e alla sua intrinseca legge, di-venta via di una radicale veridicit e di un'illimitata apertura; se la sua scienza, riconoscendosi parziale, non l'espone al rischio di unire all'attivit specializza-ta un'umanit depauperata (ci che pu accadere an-che sotto l'apparenza della 'superiorit' degli uomini di scienza). Ora, gi questo solo problema suggerisce che l'idea dell'Universit (sebbene l'istituto storico sia soggetto a trasformazioni radicali) non si rassegna a perire se non con l'idea stessa di umanit33 La specia-lizzazione alla quale sono votate tutte le scienze (gi Kant accenna nel Conflitto delle facolt al problema della divisione del lavoro scientifico e, anzi, lo pone in relazione all'atto istitutivo dell'Universit) non solo pu dunque comportare una formazione umana dello studente, ma l'esige, e non sgomenta minimamente chi si muove nella prospettiva di una ricerca che si sa a tal punto segnata dalla personalit e dall'individuali-t del ricercante da definirsi esistentiva ed esistenziale, prima ancora che storica. Costituita da una pluralit

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    di centri di ricerca autonomi e specializzati, l'Univer-sit pu dunque ancora essere tale, saldamente pog-giata sulle basi della libert e della verit. Anzi, essa pu vivere solo nella forma di un monadologismo ri-formato e corretto, non solo perch l'autonomia delle singole scienze richiede l'apertura reciproca delle monadi, la comunicazione interdisciplinare e la circo-lazione pi vasta delle conoscenze; ma perch un identico carattere etico accomuna le diverse prospetti-ve e orienta i molti saperi, relativi e parziali, verso un fine pi alto, dal quale possono trarre un'intima giu-stificazione, un senso e un valore pienamente umani. Di questo fine, che veramente 1tKEtva Tij ocrla, al di l della scienza e dell'essere, la filosofia, come Pla-tone ha insegnato, pu parlare solo in modo indiret-to e mai in forma esaustiva; soprattutto nell'et se-gnata dall'esperienza storica dell'assenza di Dio pu alludervi quasi solo per cenni.

    Platone (per la sua idea del bene al di l della scienza e dell'essere), Leibniz (non per l'idea di una mathesis universalis, ma per il suo monadologismo) e Kant (per la sua fede razionale coerentemente unita al rifiuto della scienza totale) potrebbero essere anco-ra i geni tutelari di ogni riforma dell'Universit.

    La crisi dell'Universit, nel suo nucleo pi intimo, uno dei pi gravi riflessi del nichilismo contempora-neo, perch noi, gli odierni prigionieri della platonica caverna, abbiamo convertito il Bene in nulla. La storia del nostro secolo, vanaglorioso di progressi scientifici e di conquiste tecnologiche, ha mostrato con assoluta evidenza - con le sue guerre totali, le sue sanguinose rivoluzioni, i suoi razionali ste1 mini, i genocidi su va-sta scala, la fame e la miseria pianificata - che pu es-

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  • serci scienza e non verit. Ma al di fuori della verit nel suo significato pieno, etico-soterico, la scienza non soltanto la negazione radicale dell'Universit; anche un sapere di uomini fattisi inferiori ai bruti. Solo il co-noscere nella verit, soltanto la scienza con la filosofia costituiscono l'Universit.

    Per il tempo del perdurante nichilismo vale certa-mente la conclusione di Weber:

  • s~ di interamente diritto, Ak., VIli, p. 23, ( tr. i t. in Scritti politici e dzfilosofia della storia e del diritto, Torino 1965, p. 130). In Kant, pensatore del male radicale, il platonismo non infirma minima-mente la profonda conoscenza dell'uomo e del mondo, il disin-cantato realismo. Sulla ~cc,les~ologia k~ntia~a c~r. G. Mor~tto, L 'ecclesiologia filosofi-ca nel/ eta dz Goethe, m Ispzrazzone e lzberta. Saggi su Schleie1macher Morano ed., Napoli, pp. 147-179. '

    4. Il conflitto delle facolt, Ak., VII, p. 17. ? ~hi v_o!esse rientarsi nel problema storico delle origini

    dell. Uruvers.zta medtevale potrebbe prendere utilmente avvio dai tesu raccolu nel volumetto Le origini dell'Universit a cura di C ~r!'aldi, Il ~ulino, Bologna 1974; cfr. anche]. V erger, Le univer: szta del Medzoevo, Bologna 1990. Sulla storia dell'Universit in Germania: F. Paulsen, c.esch~c?.te des gelehrten Untenicht.s auf den deut.schen Schulen und Unzversztiiten vom Ausgang des Mittelalters bis zur Gegenwart, Leipzig 1919-1921.

    . 6. Le vi~end.e.legate alla contrastata pubblicazione della Reli-gzone.entn! ~zm.zt~ della sola r~gi~ne (1793), i tormentati rapporti con l autonta aVIle ed ecclestasttca, sino all'ammonimento rivol-to da F~der~co ~u.gliel.~o 1.1 a Kan~ a motivo del suo insegnamen-to e det suot. scntu rehgwsz, sono ti fatto forse pi notevole e pi not? della VIta del filosofo. Nella 'Prefazione' al Conflitto delle fa-colta (l ~98) Kant pubblica sia il rescritto reale del l 0 ott. 1794 sia la sua nsposta al sovrano. In essa l'autore non rinnega un solo punt? d.e~la su~ fi~o~o~a ~ la difen.de anzi apertamente con gran-de dtgmta. I gtudtzt dt Ftchte e dt Schelling tante volte ripetuti sulla tend.enza di Kant all'autocensura o al compromesso, su u~ e~cesso .d deferenza verso l'autorit, su un fondo d'insincerit e dt dopptezza,. s.ono a m.io. ~vviso poco generosi. Nulla poi fa pen-sare che denVI da pavzdtta la promessa di Kant d'astenersi dal tocc~re l'argom~nto reli~oso nelle t.ezioni e negli scritti: l'impe-gno ms'?m~a dt t~cere. Gwva forse ncordare quanto scriveva Pie-ro Martmetu, per ti quale la condotta del filosofo era pienamente conforme ai princpi che egli aveva sempre sostenuto e il motivo vero. ~ella sua pro~essa era il rispetto socratico per la legge, an-che ~qua, della !tO.t. 'Rinnegare le convinzioni proprie, scrive Kant m. un appunto, cosa bassa: tacerle in circostanze come te presenu, dovere di suddito. Perch, se bisogna sempre dire il vero quan~o si pari~, ci non vuoi dire che sia sempre un dovere

    ~arlare e d!re pubbhcamente tutta la verit', Questa tale enuncia-ztone conuene un ammaestramento profondo [ ... ]. Il filosofo

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    debitore della verit, quando pensa e parla, a se stesso in prima linea; la decisione un atto della sua vita interiore del quale egli solo giudice. La condotta di Kant, dati i motivi. che.l'ispirano, pi nobile di qualunque gesto teatrale. (P. Mar~netu, Ka1fl, a cu-ra di M. Dal Pra, Milano 1983, p. 17. Il volume npropone d corso delle lezioni kantiane tenute da Martinetti all'Universit di Mila-no, alla met degli anni Venti). La riflessione. kantiana richiamata da Martinetti era stata probabilmente suggenta al filosofo da una lettera di J.E. Biester, del 17 dic. 1794 (Ak., Xl, n. 646), il quale giudicava la difesa di Kant ede~ miin!llich, wiirdig, grilndlich, a~giungendo tuttavia che la promessa dz tacere non era, a suo avvz-

    so, necessana. Sugli editti di Wollner e il conflitto di Kant con la cen~ura: W. _Dil-they, Der Streit Kanl.s mit der Censur ilber das 1!-echt jr~zer Relzgwns-forschung, in Archiv fiir Geschichte der Philosoph.e, ~, 1890, poi in Gesammelte Schriften, IV, pp. 285-309. M.M .. ohvetu, lntro: duzione', a La religione entro i limiti della sola ragzone, Roma-Ban 1980; D. Losurdo, Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli 1983.

    7. n conflitto della facolt, Ak., VII, p. 35. Il richiamo evangelico rinvia implicitamente a M t 19, 30; 20, 16.

    8. Per la pace perpetua (1795), Ak., VIli, P 369 (tr. it. in Scritti politici, cit., p. 316). Per la tesi platonica cfr. in particolare la Lette-ra settima, 326 a-b.

    9. Risposta alla domanda: che cos' l'illuminismo? (1784), Ak., VIII, pp. 35 e 41 (tr. it. in Scritti politici, cit., pp. 141 e 148).

    10. La fine di tutte le cose (1794), Ak., VIli, pp. 3~~-339. Del.bre-ve saggio, che dovette procurare a Kant la defiruuva avverszone di Wollner, esistono diverse traduzioni: di C. Angelino e M. Ban-dini (in Il pensiero. n tempo, Genova 19?9), di~ Ri~o.nda, Scritti di filosofia della religione, Milano 1989), di F. Deszden (m Kant, Que-stioni di confine, Genova 1990).

    11. Kant tra gli interpreti pi acuti del pensiero politico e pedagogico di Rousseau ed tra i primi a intuirne il dis~gno ra-zionale. In quest'ottica importante specialmente lo scntto .co!l-getture sull'origine della storia (1786), Ak., VIli, pp. 107-124 (tr. zt .. m Scritti politici, cit., pp. 195-211). Nella seconda p~rte ~el Conflztt? delle facolt l'opposizione tra rivoluzione ed evo/uzzone sz l~ga esph-citamente anche alla necessit di una riforma dell'educazzone, che deve muovere da un governo illuminato, per consentire infine, tramite l'affermazione del diritto, la riconciliazione della natura e della libert.

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  • 12. Risposta alla domanda: che cos' l'illuminismo? (1784), Ak., VIII, p. 35 (tr. it. in Scritti politici, ci t., p. 141).

    13. Cfr. E. Troeltsch, Das Historische in Kants Religionsphiloso-phie, in Kant-Studien, 1904, in particolare pp. 57-95.

    14. Per l'etica weberiana della responsabilit inevitabile ri-chiamare le due splendide conferenze tenute nel 1918 all'Univer-sit di Monaco, Wissenschafl als Beruf e Politik als Beruf (tr. it. Il lavoro intellettuale come professione, con nota introduttiva di D. Cantimori, Torino 1973). Al rapporto tra etica kantiana ed etica weberiana della responsabilit ha accennato pi volte K. Jaspers: cfr. per. es. Kant, nei Grandi filosofi, Milano 1973, pp. 579-580. Con preciso riferimento all'atteggiamento tenuto da Kant nei confronti della rivoluzione francese, Alberto Caracciolo ha sotto-lineato a sua volta il carattere di Verantwortungsethik implicito nel-la prospettiva kantiana: Pensiero contemporaneo e nichilismo, Napoli 1976, p. 32, n. 14. Sull'atteggiamento solo in apparenza contraddit-torio di Kant, diviso tra un'ammirazione quasi senza limiti per la Rivoluzione francese e, d'altro lato, l'opposizione, a sua volta quasi senza limiti, a ogni impresa rivoluzionaria, cfr. anche quanto scrive Hannah Arendt, La vita della mente, Bologna 1987, pp. 549-567. Infine, sulla filosofia politica di Kant mi pare parti-colarmente degno di nota e ricordo qui volentieri lo scritto re-cente di Giuliano Marini, Kants Idee einer Weltrepublik, Eros and Eris .. , Kluwer Academic Publishers, 1992, pp. 133-146.

    15. Partendo dal problema della storicit del comprendere e dalla scoperta heideggeriana della struttura della pre-compren-sione e del suo fondamentale ruolo ontologico, H.G. Gadamer ha mostrato i limiti intrinseci alla dottrina illuministica del pre-giudizio (prima e oltre che giudizio mal fondato, o addirittura in-fondato, il pre-giudizio infatti condizione imprescindibile del comprendere) e ha conseguentemente rimarcato l'esigenza di una riabilitazione di pre-giudizio, autorit e tradizione (cfr. in particolare Wahrheit und Methode, tr. it. Verit e metodo, Milano 1983, pp. 312 ss.). Ma sarebbe cosa del tutto contraria alla genui-na esperienza ermeneutica, qual magistralmente descritta da Gadamer stesso, rinchiudere un autore nella maglia preconfezio-nata di un qualsiasi 'ismo': illuminismo, romanticismo, idealismo ecc. Si tratta pur sempre di astrazioni e di schemi generali che, nella concretezza del lavoro ermeneutico, risultano a volte utili, a volte approssimativi, a volte del tutto inadeguati alla comprensio-ne effettiva.

    16. Fedro, 274 b ss.

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    17. Gv 8, 32. . . 18. Gi nell'Idea di una storia universale dal punto d~ vzsto cosmo-

    olitico (1784) Kant scrive: Si noti che la filosofia puo anche_ ave-p 1 "llenans mo ma esso cos fatto che la sua 1dea, re 1 suo mz , d 1 sebbene molto da lontano, pu aiutare anch essa ~ a~cmar a mta; dunque un millenarismo tutt'altro che; ch1m~nco; Ak.: VIII, 27 (in Scritti politici, ci t., p. 134). T~le ~mllenar~s_mo non SI "f .P e solo al problema della migliore cosutnnone potztzca, _ma an-~h:~:~ecialmente nella Religione entro i limiti d~lla_sola ragzone, al-

    l'idea della comunit etico-religiosa e del Regn~ di Dt? sulla tei' a .. 19. Le pagine pi significative di Scheliing, .F1c~te, ~~hleler

    macher, Steffens e Humboldt sul problema d

  • 24. Per il giudizio kantiano sulla Dottrina della scienza, cfr. le lettere a Fichte (dic. 1797 ?) e aJ.H. Tieftrunk (5 apr. 1798), signi-ficativa anche per i cenni che riguardano la genesi del Conflitto; ma, soprattutto, la famosa Erklii.rung del 7 ag. 1799, Ak.., XII, pp. 370-371. Per la replica fichtiana, oltre alle lettere a Schelling (sett. 1799), cfr. quella non meno importante a K.L. Reinhold (28 sett. 1799), dove Fichte, poich Kant nei princpi della dottrina della scienza non si riconosce, se ne esce in un giudizio risentito: so-lo un'intelligenza per tre quarti (Fichte, Gesamtausgabe, m, 4, pp. 75-76, p. 93). Una scelta ampia e felice del ricco epistolario kantiano ora ac-cessibile in lingua italiana, Epistolario filosofico 1761-1800, a cura di Oscar Meo, Genova 1990.

    25. Cfr. la recente, bella traduzione dei principali scritti filo-sofico-religiosi di Fichte, La dottrina della religione, a cura di G. Moretto, Napoli 1989. Nella 'Introduzione' il curatore del volu-me illumina il carattere etico-religioso del pensiero fichtiano mo-strandone l'essenziale legame con il Vangelo di Giovanni e il culmine nel motivo dell'escatologia realizzata nel tempo.

    26. B. Croce, Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, Bari 1967, p. 37. Del Croce si rileggano e si meditino le pagine sull'u-niversitarismo e sull'accademismo, raccolte in parte in Cultura e vita morale, Bari 19553. Non si risolve in quei vizi anche ci che Kant chiamava, impropriamente, conflitto illegittimo delle facolt?

    27. Cfr., tra altri luoghi, Maestri e compagni nel cammino del pensiero, Brescia 1980, p. 166.

    28. In Heidegger espliciti e frequenti richiami alla teoria pla-tonica della conoscenza, ai libri VI e VII della Repubblica, s'incon-trano, prima che nella Dottrina platonica della verit (1940), sia nei Problemi fondamentali della fenomenologia (semestre estivo 1927), tr. it. di A. Fabris, Genova 1988, pp. 4849,271-274, sia nei Princi-pi metajLSici della logica (semestre estivo 1928), tr. it. di G. Moret-to, Genova 1990, pp. 218-219 (ho tolto di qui la citazione che compare nel testo)_

    29. A. Caracciolo, Rileggendo 'Die Selbstbehauptung der deut-schen Universitii.t' (1984); ora in Studi heideggeriani, Genova 1989, p. 267.

    30. fl conflitto delle facolt, Ak., VII, p. 114. 31. Zib., 352. Alle Lezioni di Hufeland, 'volgarizzate e stampa-

    te in Italia da Luigi Careno' (Pavia 1798), s'ispira apertamente il leopardiano Dialogo di un jLSico e di un metafLSico, 1824.

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    32. F. Nietzsche, Werke, ed. Schlechta, m, p. 194; nell'ed. delle opere diretta da G. Colli e M. Montinari, vol. m, t. II, p. 113.

    33. Dopo avere constatato con clinica lucidit le ragioni della morte dell'Universit moderna, logoratasi nell'adempimento di

    ) una missione educativa protrattasi ultra vires, ultra annos, anche l P. Piovani, oscillando tra dubbio e speranza, s'interrogava su una possibile trasfigurazione dell'Universit. In questo senso ripropo-neva, alla fine del suo splendido saggio, le parole di T. Mann: L'eternamente umano soggetto a trasformarsi. Deve essere e sar; non pu perire, ma solo trapassare in nuove foune di vita, come tutto ci che appartiene alla sua stessa natura. Il suo diveni-re impossibile in una determinata epoca non che un'apparenza; esso ha in se medesimo le forze grazie alle quali, dopo ogni pro-fanazione, torna a santificarsi. Cfr. P. Piovani, Morte (e trasfigura-zione?) dell'Universit, Napoli 1969, p. 106.

    34. La scienza come projssione, cit., pp. 4243. 35. La religione entro i limiti della sola ragione, Ak., VI, p. 101.

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    AWERTENZA

    Il conflitto delle facolt fu pubblicato dall'editore F. Nicolovius a Konigsberg nell'autunno del 1798, sei anni prima della morte del suo autore, quando Kant aveva l'et di 74 anni. Frutto di una vecchiaia ancora operosa, il volume si divide in tre principali Abschnitte che, in base ai titoli che Ii contraddistinguono, riguar-dano rispettivamente il conflitto della facolt di filoso-fia con quelle di teologia, giurisprudenza e medicina.

    Il legame reciproco delle parti, secondo l'idea kan-tiana di Universit, non riesce per al lettore imme-diatamente evidente, tanto che l'opera rischia d'appa-rirgli soltanto come il risultato di un accostamento estrinseco di saggi originariamente destinati a essere pubblicati in forma autonoma: come accadde per la parte terza del Conflitto, 'Del potere dell'animo di do-minare col solo proposito le proprie sensazioni mor-bose', nata come risposta al libro di Hufeland, L 'arte di prolungare l vita umana, Jena 1797. (Sulla genesi del saggio utili ragguagli fornisce l'epistolario kantia-no; cfr. in particolare le due lettere indirizzate a Hu-feland tra il 15 marzo e il 19 aprile 1797, Ak. XII, n. 740, 746. Il saggio, confluito poi nel Conflitto, fu pub-blicato da Hufeland nel 1ournal der praktischen Arz-neikunde und Wundarzneikunst nei primi mesi del 1798).

    Le vicende legate al contrasto con la censura, i cui documenti pi significativi sono raccolti da Kant nel-

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  • la 'prefazione' al Conflitto, impedirono invece per qualche tempo che vedessero la luce i saggi destinati a diventare le parti prima e seconda dell'opera, dei quali l'uno, come si desume dall'importante lettera_a Staudlin del 4 dic. 1794, Ak.. XI, n. 644, era probabil-mente ultimato a quella data (Vorlander ne colloca la stesura tra il 13 dic. 93 e il 12 ott. 94, Anm. VI-IX, p. 339); mentre l'altro, scritto nel 1797 e destinato in un primo tempo ai

  • la italiana di A. Poggi (1953) e a quella pi recente di A. Poma (1989), questa mia non solo stilisticamente diversa, ma in non pochi casi diversamente intende. Soprattutto per questa ragione mi risolvo, vincendo ogni dubbio, a sottoporla al giudizio dei competenti, augurandomi che possa essere di qualche utilit agli studiosi.

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    Immanuel Kant

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    PREFAZIONE

    Le pagine seguenti - delle quali consente ora la pubblicazione un governo illuminato, che libera lo spirito umano dalle sue catene e, proprio per la liber-t di pensiero che ne deriva, idoneo a suscitare un'obbedienza tanto pi spontanea- possano giustifi-care anche la libert che l'autore si prende, di premet-tervi una breve cronaca dei fatti che, in questo generale mutamento delle cose, personalmente lo riguardano.

    Su sollecitazione di un uomo di chiesa elevato poi a ministro per il culto2, uomo cui non si ha onesta-mente motivo d'attribuire se non buoni propositi, fondati sulla sua intima convinzione, re Federico Gu-glielmo II, un sovrano valoroso, leale, con vivo senso d'umanit e - a parte certe caratteristiche di tempera-mento - uomo superiore, che mi conobbe anche per-sonalmente e di tempo in tempo mi fece pervenire le espressioni della sua benevolenza, aveva emanato nel 1788 un editto per la religione, e subito dopo uno di censura, che limitava fortemente l'attivit letteraria in particolare, e insieme inaspriva l'editto precedente. Non lo si pu negare: certe avvisaglie, che precedette-ro l'esplosione che poi ne segu, dovettero suggerire al governo l'idea della necessit di una riforma in quell'ambito; riforma che era da farsi per via silenzio-sa, attraverso la formazione accademica dei futuri in-segnanti delle scuole pubbliche: questi infatti, i giova-ni ecclesiastici, avevano impresso alle loro prediche

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  • accenti tanto discutibili, che chi capisce non si lascia certo convertire da tali maestri.

    Ora, mentre l'editto di religione esercitava una forte influenza sia sugli autori del nostro paese che su quelli stranieri, venne pubblicato anche il mio saggio intitolato e poich io, per evitare l'accusa di seguire vie traver-se, appongo il mio nome sul frontespizio di tutti i miei scritti, nel 1794 mi vidi arrivare il seguente regio rescritto, ed strano che pubblicamente, poich io ne ho rivelato l'esistenza solo al mio amico pi fida-to\ non se ne sia saputo nulla prima d'ora.

    Federico Guglielmo, per grazia di Dio re di Prussia ecc. ecc.

    Innanzitutto il saluto di nostra Grazia. Caro suddito, de-gno e dottissimo! Noi abbiamo gi da qualche tempo costatato con grande dispiacere che abusate della Vostra filosofia per travisare e svalutare taluru principi e dogmi fondamentali della Sacra Scrittura e della religione cristiana; che avete seguito que-sto intento in specie nel libro ; in secon-do luogo di non rendermi colpevole per l'awenire di casi simili. - Riguardo a entrambi i punti non mi rifiuto, con la dichiarazione seguente, di porre ai piedi di Vostra Mae-st la prova della mia devotissima obbedienza:

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  • Per quanto concerne il primo punto, cio l'accusa che si le-va contro di me, la na coscienziosa giustificazione questa: gi i manuali di Baumgarten4 sui quali n sono basato, e che soli hanno verosimilmente qualche relazione col no insegnamento, basterebbero a provare che io, come maestro della giovent, cio, a quanto capisco, nelle lezioni accade-nche, non ho mai mescolato, n potevo farlo, la critica della Sacra Scrittura e della religione cristiana. In essi in-fatti non s'incontra un solo titolo che riguardi la Bibbia e il Cristianesimo, e nemmeno vi si potrebbe incontrare, trat-tandosi di pura filosofia. Meno che mai, poi, n si potr rimproverare l'errore di travalicare i confini di una data scienza, o di confonderli, invadendo il campo di un'altra, perch proprio io ho sempre censurato e messo in guardia contro questo difetto. Che non abbia trasgredito le supreme intenzioni del So-vrano, a me ben note, nemmeno come maestro del popolo, negli scritti, non in specie nel libro La religione entro i Ii-nti della sola ragione, che non abbia insomma recato pregiudizio alla religione di stato, risulta gi chiaro dal fatto che quel libro non adatto a questo scopo, essendo piut-tosto per il pubblico un libro chiuso, inintelligibile, che prospetta solo una discussione tra i dotti delle facolt, un dibattito di cui il popolo non si cura. Ma le facolt sono Ii-bere di giudicarne pubblicamente secondo la loro migliore scienza e coscienza, e solo i maestri incaricati dell'insegna-mento popolare (nelle scuole e dal pulpito) sono vincolati a quel risultato delle discussioni scientifiche che ottiene la sanzione del Sovrano ai fini dell'insegnamento pubblico. E invero per la ragione che la Casa regnante non ha inventa-to da s la propria_ fede religiosa, ma ha potuto acquisirla solo per la medesima via dell'esame e delle rettifiche ope-rate dalle facolt competenti (di teologia e di filosofia); di conseguenza autorizzata non solo a concedere, ma addi-rittura ad esigere che le facolt, trante i loro scritti, fac-ciano conoscere al governo tutto ci che, a loro giudizio, . giova alla religione di stato.

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    Poich il libro in questione non contiene una valutazione della religione cristiana, non ho certo potuto rendern col-pevole di una sua svalutazione: infatti il libro include pro-priamente solo la valutazione della religione naturale. Pu avere dato adito a questo fraintendimento unicamente la citazione di alcuni passi biblici, portati a conferma di certe dottrine puramente razionali della religione. Ma gi il Mi-chaelis5, che nella sua morale filosofica usava il medesimo metodo, spiegava riguardo a questo punto che egli non vo-leva introdurre degli elementi biblici nella filosofia, n ca-vare dalla Bibbia degli elementi di filosofia, ma solo illun-nare e confermare le sue proposizioni razionali mediante l'accordo, vero o presunto, col giudizio d'altri (che erano magari poeti e oratori). - Ma se su quest'argomento la ra-gione parla come se bastasse a se stessa, e la rivelazione fosse superflua (un'ipotesi che, se intesa in modo oggetti-vo, dovrebbe essere considerata davvero una svalutazione del Cristianesimo), ci non altro che l'espressione del-l'apprezzamento che essa ha di se stessa; non per la sua ca-pacit teoretica, ma per quanto prescrive di fare: in quan-to solo dalla ragione scaturiscono !'universalit, l'unit, la necessit delle dottrine di fede che costituiscono sempre la parte essenziale di una religione, quella pratico-morale (che consiste in ci che dobbiamo fare). Invece ci che ab-biamo motivo di credere in base ad argomenti storici, cio la rivelazione come dottrina di fede in s contingente, considerata (poich qui non si tratta del dovere) extra-es-senziale, ma non per questo inutile e superflua; serve infat-ti a colmare le carenze teoretiche della pura fede razionale, carenze che questa non nega, nei problen che concerno-no per esempio l'origine del male, il passaggio da questo al bene, la certezza dell'uomo di trovarsi in quest'ultimo stato e cos via; e contribuisce pi o meno, a seconda delle circostanze dei tempi e della diversit delle persone, a sod-disfare un bisogno razionale riguardo a questi problen. Ho poi mostrato di nutrire grande stima per la dottrina bi-blica della fede inerente al Cristianesimo tra l'altro anche

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  • dichiarando, nel medesimo libro, di apprezzare la Bibbia come la guida migliore che abbiamo per l'istruzione reli-giosa, una guida che e sar ancora per un tempo incalco-labile capace di fondare e conservare una religione di stato che renda davvero ngliori; e perci ho biasimato e indica-to come scandalosa immodestia il fatto che nelle scuole, o dal pulpito, o in scritti destinati al popolo (perch nelle fa-colt dev'essere consentito) si sollevino obiezioni e si susci-tino dubbi nei riguardi delle dottrine teoretiche della Scrit-tura che contengono nsteri. Ma questo non ancora il maggior segno di stima per la religione cristiana. Il suo n-gliore e pi duraturo elogio consiste infatti nell'accordo che il libro mostra, tra essa e la pi pura fede morale della ragione: perch proprio per quell'accordo, e non per virt di conoscenza storica, il Cristianesimo, tante volte degene-rato, stato sempre di nuovo ripristinato, e potr esserlo ancora, quando di nuovo si presenteranno eventi sinli, che certo non mancheranno anche in futuro. Infine, come ho sempre e soprattutto raccomandato ad al-tri credenti la pi scrupolosa sincerit, affinch non asseri-scano e non impongano ad altri come articolo di fede pi di quanto loro stessi non credano, cos anch'io n sono sempre rappresentato, nel comporre i miei scritti, questo giudice interno come fosse al mio fianco, per tenermi lon-tano non solo da ogni pi rovinoso errore, ma persino da ogni espressione che, per mancanza di cautela, potesse scandalizzare. Perci posso presentare in tutta franchez-za la giustificazione che si esige a motivo del mio inse-gnamento, scritta con la probit pi completa; tanto pi ora, nel mio settantunesimo anno, quando s'affaccia facil-mente il pensiero di dovere forse, tra breve, render conto di tutto questo al Giudice del mondo, che scruta il cuore dell'uomo. Per quanto riguarda il secondo punto - di non rendern per l'avvenire colpevole di travisare e screditare la religione cristiana (come n si imputa) -, credo cosa pi sicura, per prevenire anche il pi lontano sospetto in proposito, di-chiarare qui solennemente, come il pi fedele tra i sudditi di

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    Vostra Maest, che in avvenire m'asterr del tutto, nelle le-zioni e negli scritti, da ogni insegnamento pubblico con-cernente la religione, sia essa naturale o rivelata. Con la pi profonda devozione, per tutta la vita ecc.

    La storia ulteriore della continua attivit a favore d'una fede che s'allontanava sempre pi dalla ragione cosa nota.

    L'esame dei candidati al sacerdozio venne affidato a una commissione di fede il cui giudizio si basava su uno schema examinationis di foggia pietistica; commis-sione che spinse in gran numero i candidati in teolo-gia coscienziosi ad abbandonare la professione di pasto-re, portando come conseguenza la sovrappopolazione della facolt giuridica; una sorta d'emigrazione che, casualmente, pu avere avuto anche la sua utilit1. -Basti un piccolo esempio a dare l'idea dello spirito che animava la commissione: dopo aver preteso una contrizione necessariamente anteriore al perdono, s'esigeva ancora una profonda afflizione (maeror ani-mi) dovuta al pentimento, e il problema era se l'uomo potesse darsela da s. Quod negandum ac pemegandum, era la risposta; il peccatore tutto contrito costretto a implorare il pentimento specialmente dal cielo. Ora, d'assoluta evidenza che chi costretto a implorare il pentimento (per la sua trasgressione) non si pente real-mente dell'atto compiuto; sembra una cosa tanto con-traddittoria quanto la richiesta riferita alla preghiera, che debba essere fatta con fede, per essere esaudita. Infatti, se l'arante ha la fede non ha perci bisogno di

    * Scelsi con accortezza anche questa espressione, per non ri-nunziare per sempre, in questo processo di religione, alla mia liber-t di giudizio, ma solo finch fosse in vita Sua Maest.

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  • pregare; se non l'ha, non pu pregare in modo da es-sere esaudito.

    A questo scandalo si ormai posto rimedio. Infatti non solo per il bene civile di tutta la comunit, per il quale fine la religione un'importantissima esigenza politica, ma soprattutto per il vantaggio delle scienze, cui provvede un Consiglio superiore dell'Istruzione istituito a questo scopo - fortunatamente accaduto di recente che la scelta di un governo saggio sia stata indirizzata su uno statista illuminato6, il quale non per unilaterale preferenza accordata a una particola-re disciplina (la teologia), ma per riguardo all'allarga-to interesse di tutto il corpo insegnante, ha vocazio-ne,'talento e volont d'incoraggiarne l'avanzamento e di garantire cos, contro ogni nuova intromissione de-gli oscurantisti, il progresso della cultura nel campo

    delle scienze.

    Sotto il titolo generale

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    INTRODUZIONE

    Fu felice l'idea di chi per primo concep e propose di attuare pubblicamente il progetto d'organizzare l'intero complesso del sapere (propriamente le memi che vi si dedicano) mediante la divisione dei lavori, press'a poco sul modello di una fabbrica dove fossero impiegati, in base al numero delle discipline scientifi-che, un numero eguale di insegnanti pubblici, di pro-fessori, nel ruolo di depositari delle scienze, che, riuni-ti, costituissero una specie di comunit del sapere chiamata Universit (o anche scuola superiore) dota-ta di una propria autonomia (perch solo dei dotti sono capaci di giudicare altri dotti). Questa, per mez-zo delle sue facolt* (piccole societ, distinte in base alla diversit dei principali rami del sapere, in cui si dividono i dotti dell'Universit) doveva quindi essere autorizzata sia ad ammettere gli studenti che aspira-no ad accedervi dalle scuole inferiori, sia, dopo un esame preliminare, a conferire motu proprio ai liberi insegnanti chiamati dottori (che non sono membri del-

    * Ogni facolt retta dal proprio Decano. Questo titolo, mu-tuato dall'astrologia, indicava originariamente una delle tre divi-nit astrali che presiedono a un segno dello zodiaco (di 30 gradi), governando ogni divinit IO gradi. Esso stato dapprima trasferi-to dalle stelle agli accampamenti militari (ab astris ad castra; Sal-masius, De annis climacteriis, p. 56I)7 e infine addirittura alle Universit, senza per badare proprio al numero IO (dei profes-sori). Non si vorranno biasimare i dotti, che per primi hanno in-ventato quasi tutti i titoli onorifici con cui ora si adornano gli uomini di Stato, per non aver trascurato se stessi.

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  • l'Universit) una dignit riconosciuta da tutti (ad ac-cordare loro un grado), insomma a crearne la figura.

    Oltre ai dotti membri della corporazione, possono es-sercene anche di indipendenti, che non fanno parte dell'Universit, ma, elaborando solo una parte del grande complesso del sapere, o costituiscono certe li-bere associazioni (chiamate Accademie, o anche Societ delle scienze) che sono quasi altrettanti laboratori, o vi-vono per cos dire nello stato di natura del sapere, e si occupano da dilettanti del suo ampliamento e della sua diffusione, ciascuno per conto proprio, senza ub-bidire a noune e regole pubbliche.

    Si devono inoltre distinguere dai veri e propri dot-ti i letterati (persone istruite); come strumenti del go-verno, che ricoprono un ufficio pubblico per uno scopo politico (e non per il bene delle scienze), essi devono certo avere compiuto i loro studi all'Universi-t, ma pu darsi che abbiano dimenticato molto (quanto riguarda la teoria) - indispensabile per che abbiano ritenuto almeno quanto occorre per adempiere una funzione civile che, per i principi che ne sono a base, pu dipendere solo dai dotti, cio al-meno la conoscenza empirica degli statuti del loro uf-ficio (quanto insomma concerne la prassi); li possia-mo quindi chiamare funzionari o tecnici del sapere. Affinch non travalichino il potere giudiziario, che compete alle facolt, essi devono essere rigorosamen-te disciplinati dal governo: essendone infatti gli stru-menti (ecclesiastici, magistrati e medici) esercitano sul pubblico un'influenza legale e costituiscono una classe speciale di letterati, ai quali non si permette di. usare pubblicamente il sapere a propria discrezione, ma solo sotto la censura delle facolt; inoltre essi si ri-

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    volgono direttamente al popolo, che fatto di gente incolta (in un rapporto analogo a quello tra i chierici e i laici) e nel loro campo detengono, se non il potere legislativo, almeno in parte quello esecutivo.

    Divisione delle facolt in generale

    Secondo la consuetudine vigente_sono_ripartite in due-classi, quella delle tre facolt superiori e quella del-l'unica fac()lt_jnfeTiore._ facile capire che per_ questa divisione e denominazione delle facolt non si chie-

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    sto consiglio alla class(! dei dotti, ma al governo. Tra le superiori sono infatti annoverate solo le. facolt le cui dottrine, per come devono essere confounate, o per l'opportunit di insegnarle pubblicamente, impli-cano un iritereSS(.! del governo; al confifio la facolt che deve curare soltanto l'interesse. della-scienza

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    chiamata inferiore, poich essa pu sostenere-le tesi che preferisce. Ma al governo interessa_soprattutto quello ch gli procura la pi forte eduratura influen-za sul popolo e gli oggetti _delle facolt superiorLri-spondono a questo requisito.]erci

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    col governo un contratto. - Un governo che s'intro-mettesse nelle dottrine e quindi anche nell'amplia-mento e nel perfezionamento delle scienze, che riser-vasse di conseguenza al sovrano la parte del dotto, per questa pedanteria finirebbe col perdere il rispet-to che gli dovuto, ed al di sotto della sua dignit accomunarsi al popolo (alla sua classe dotta), che non intende scherzi e pettina tutti a un modo coloro che

    -~ nelle scienze s'immischiano.

    Per la comunit scientifica una necessit impre-scindibile che, nell'Universit, vi sia anche una facolt_~ la quale, non dipendendo per i suoi insegnamenti dall'ordine del governo, abbia la libert non d'im-

    * Bisogna riconoscere che il principio del Parlamento inglese, di considerare il discorso della Corona opera del ministro reale, escogitato in modo molto sottile e conveniente (infatti farsi rim-proverare l'errore, l'ignoranza o la falsit, offenderebbe la dignit di un monarca, e tuttavia la Camera deve pur avere il diritto di va-lutare il contenuto del discorso, d'esaminarlo e d'impugnarlo). Analogamente anche la scelta di certe dottrine, che il governo sanziona solo per l'insegnamento pubblico, deve restare soggetta all'esame dei dotti, perch non bisogna considerarla opera del monarca, ma di un fumionario preposto a questo compito, del quale tutti potranno dire, nel caso, che forse non ha ben compre-so la volont del sovrano, o anche che l'ha travisata.

    ** Un ministro francese convoc alcuni tra i commercianti pi stimati, per chiedere loro suggerimenti sul modo con cui po-ter sollevare le sorti del commercio: come se intendesse scegliere l'avviso migliore. Dpo che uno ebbe suggerito questo e l'altro quel rimedio, un vecchio commerciante, che sino ad allora era ri-masto in silemio, prese a dire: costruite buone strade, battete buona moneta, accordate uno spiccio diritto di cambio e cosl via; quanto al resto, .)asciateci faref.,B. Questa sarebbe pi o meno la risposta che dovrebbe dare la facolt di filosofia, se il governo le chiedesse quali dottrine deve imporre ai dotti: solo di non impe-dire il progresso delle idee e delle scieme.

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    partire ordini, ma di valutarli tutti, una facolt che si . occupa dell'interesse della scienza,. cio d eli 'interesse della verit e dov~ la_ragione deve averejl diritto di parlare pubblicamente: perch senza questa facolt la verit non verrebbe alla luce (a danno del governo stesso), dal momento che la ragione libera per sua natura e non accetta ordini di tenere per vero qualco-sa (non un crede, ma solo un libero credo) .. - Ma il mo-tivo per cui la facolt di filosofia, pur avendo questo grande privilegio della libert, viene tuttavia chiamata inferiore, deve trovarsi nella natura dell'uomo: il fat-to che chi pu comandare, sebbene sia a sua volta l'umile servitoredi un altro, presume d'essere pi si-gnore di chi davvero libero, ma non ha nessuno cui comandare.

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    SUL RAPPORTO DELLE FACOLT

    Prima sezione. Concetto e divisione delle facolt superiori

    Tutte le istituzioni artificiali che sono basate su un'idea razionale (come quella di un governo), idea che deve avere una verifica pratica in un oggetto d'e-sperienza (quale tutto l'attuale campo del sapere), sono state presumibilmente sperimentate non mediante una raccolta soltanto fortuita e un raggruppamento arbi-trario di fatti occasionali, ma secondo qualche princi-pio insito, anche se solo in modo oscuro, nella ragio-ne, e secondo un piano, fondato su questo principio, che rende necessario un certo modo di divisione.

    Si pu perci supporre che l'organizzazione di un'Universit in classi e in facolt non sia del tutto di-pesa dal caso, ma che il governo, senza per questo at-tribuire proprio a lui una scienza e una sapienza au-rorale, gi solo per la sua propria esigenza (di agire con certe dottrine sul popolo) sia potuto anivare a priori a un principio di divisione, che altrimenti sem-bra essere d'origine empirica, il quale si accorda feli-cemente con quello ora adottato; quantunque io non intenda prender partito per il governo, come se non potesse sbagliare.

    Secondo la ragione (cio obiettivamente) i moven-

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    .ti che il governo pu usare per conseguire il suo sco-po (d'influenzare il popolo), si dovrebbero disporre

    1 nell'ordine seguente: per prima cosa il bene eterno di ( ognuno; poi il bene civile, come membro della socie-' t; infine il bene del corpo (la longevit e la salute). Con

    gli insegnamenti pubblici che concernono il primo be-ne il governo pu esercitare la pi grande influenza persino sui pensieri pi segreti e sulle pi riposte in-tenzioni dei sudditi, per scoprire gli uni e dirigere le altre; con le dottrine relative al secondo, esso pu tene-re sotto il freno di pubbliche leggi il loro comporta-mento esteriore; con quelle che si riferiscono al terzo, pu assicurarsi l'esistenza di un popolo forte e nume-roso, del quale servirsi, all'occorrenza, per i propri di-segni. - Secondo la ragione s'instaurerebbe dunque tra le facolt superiori il consueto ordine gerarchico: per prima la facolt di teologia, poi quella di legge e in-fine la facolt di medicina. Secondo l'istinto naturale sarebbe invece il medico la persona pi importante per l'uomo, perch prolunga il termine della sua vita; subito dopo verrebbe il giurisperito, che gli promette di conservare l'eventuale propriet; e solo per ultimo, per quanto si tratti della beatitudine, sarebbe cercato il sacerdote (quasi soltanto se si in punto di morte): perch anche lui, per quanto esalti la felicit del mon-do a venire, non vedendone per nessuna traccia da-vanti a s, desidera ardentemente d'essere trattenuto

    dal medico, ancora per un piccolo lasso di tempo, in questa valle di lacrime.

    Tutte e tre le facolt superiori fondano sullo scritto le dottrine affidate loro dal governo, e non pu esse-re diversamente quando la guida di un popolo affi-

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    data al sapere, perch senza lo scritto non vi, s_arebbe - - ------o . ~------~-- -~ o

    una norma stabile ed accessibile a tutti, su cm potersi regolare: evidente che un tale scritto (o libro) deve contenere degli statuti, cio delle dottrine che pro-vengono dall'arbitrio di un capo (e non derivano per se stesse dalla ragione), perch, se cos non fosse, es-so non potrebbe esigere obbedienza per il solo fatto d'essere sanzionato dal governo. Non sfugge a questa regola il codic~, anche in relazione a quelle dottrine da insegnarsi pubblicamente che potrebbero essere derivate insieme dalla ragione, per la quale esso non ha tuttavia la minima considerazione, basandosi sul comando di un legislatore esterno. - Completamente diversi dal codice, in quanto canone, sono quei libri che le facolt redigono come compendio (presurnibil-mente) completo del suo spirito, per renderne pi chiara la comprensione e pi agevole l'uso da parte della comunit (dei dotti e dei non dotti), come per es. i libri simbolici. Essi possono tutt'al pi pretendere d'essere considerati come organo per facilitare l'ap-proccio al codice, e non hanno alcuna autorit; nem-meno nel caso che i dotti pi qualificati d'una certa disciplina abbiano convenuto di fare valere, per la lo-ro facolt, un libro di questa specie al posto della norma - cosa per la quale non sono autorizzati, men-tre possono adottarlo temporaneamente come meto-do didattico, il quale per muta a seconda dei tempi, e in genere pu concernere solo il lato formale del discorso, senza toccare affatto il contenuto materiale della legislazione.

    Perci il teologo biblico (come membro della fa-colt superiore) trae le sue_ dottrine. non_ dalla ragio-ne, ma dalla Bibbia; il professore di diritto le trae non

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  • dal diritto naturale, ma da quello civile; e il dottore in medicina. attingei! metodo terapeutico destinato al pub-blico non dalla fisica del corpo umano, ma dall'ordina-mento sanitario. ~ Non appena una di queste- facolt osa inserire elementi mutuati dalla ragione, essa lede l'autorit del governo, che per suo tramite esercita il comando, e invade il campo della facolt di filosofia, che senza riguardo le strappa tutte le lucenti-penne che il governo le ha prestato.e_sLcomporta con essa da pari a pari. Perci le facolt superiori devono pen-sare soprattutto ad evitare un matrimonio male assor-tito con l'inferiore, a tenerla anzi garbatamente a ri-spettosa distanza, affinch la reputazione dei loro statuti non sia offesa dai liberi e sottili ragionamenti di quest'ultima.

    a) Peculiarit della facolt teologica

    Il teologo biblico mostra che vi un Dio dal fatto che Egli ha parlato nella Bibbia, nella quale rivela an-che la propria natura (sino al punto in cui la ragione non pu seguire la Scrittura, per esempio dove tratta del mistero insondabile della trinit). Ma che Dio stesso abbia parlato tramite la Bibbia, il teologo bibli-co, in questa veste, non lo pu e non lo deve provare, perch si tratta di una materia storica; e ci di com-petenza della fac.olt filosofica. Egli baserquindi questo convincimento, come oggetto di fede, su un certo sentimento (invero inspiegabile e indimostrabile) della divinit della Bibbia, e ci anche per i dotti; ma quando espone pubblicamente la Scrittura al popolo converr che non sollevi affatto il problema della sua

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    origine divina (in senso letterale): perch il popolo non ha la bench minima cognizione di. argomenti che costituiscono materia di conoscenza storica, e sa-rebbe per essi coinvoltosoloin ogni sorta di dubbi e di temerarie sofisticherie; in questo caso. invee di gran lunga pi sicuro contare sulla fiducia che esso ri-pone nei propri maestri. -Non pu essere competen-za del teologo biblico nemmeno l'attribuire ai passi della Scrittura un significato che non coincide esatta-mente con la lettera, per es. uri senso 'lllorale, e poich non c' un interprete umano della Bibbia autorizzato da Dio, egli non pu contare che sulla soprannatura-le apertura dell'intelletto, operata da uno Spirito che guida a ogni verit, piuttosto che permettere alla ra- gione d'intromettersi in questi problemi e di far vale-re la propria interpretazione (che priva di ogni au-torit superiore). - Infine, per quanto riguarda la possibilit che la nostra volont adempia i comanda-menti divini, il teologo biblico deve.contare non gi sulla natura, cio sulla capacit morale propria del-l'uomo (la virt), ma su!~a grazi_a (una azione sopran-naturale e tuttavia iilsieme morale), cui l'uomo non pu partecipare altrimenti che per: mezzo d'una fede che trasforma profondamente il cuore; ma questa stessa fede pu a sua volta attnderla solo dalla gra-zia. - Se il teologo biblico, riguardo a una qualunque di queste tesi, mette di mezzo la ragione, allora, an-che se questa tende con la massima sincerit e la mas-sima seriet al medesimo fine, egli salt (come il fra-tello di Romolo) oltre il fosso della fede ecclesiastica, che sola rende beati, e si perde nell'aperto, libero campo della filosofia e del giudizio personale, dove, sfuggito al governo della chiesa, esposto a tutti i pe-

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  • ' ricoli dell'anarchia. - E tuttavia necessario osservare che io parlo qui del teologo biblico puro (purns, pu-tus), che non ancora contagiato dal calunniato spiri-to di libert proprio della ragione e della filosofia. Poich, appena permettiamo che si mescolino e si confondano tra loro due cose di specie diversa, non siamo pi in grado di farci un concetto determinato della peculiarit di ciascuna di esse.

    b) Peculiarit della facolt giuridica

    Il giurisperito (se si comporta da funzionario gover-nativo, com' suo dovere) cerca le leggi che tutelano il mio e il tuo non nella propria raiione, ma nel codi-ce ufficialmente promulgato e_sai!.zioi_lato_ dall'autori-t del sovrano. Non si pu ragionevolmente preten-dere che egli dimostri la verit e la legittimit delle leggi, n che le difenda dalle obiezioni che la ragione muove nei loro confronti. Sono infatti innanzitutto i decreti a fare che qualcosa sia giusto, e quindi il pro-blema ulteriore, di ricercare se anche i decreti stessi siano giusti, sar senz'altro eluso dai_giuristi come una pretesa assurda. Sarebbe ridicolo volersi sottrar-re all'obbedienza dovuta a una volont esterna e pi alta perch essa, a quel che si dice, non s'accorda con la ragione. Infatti l'autorevolezza del governo consi-ste proprio in qesto, che esso non permette ai sud-diti di giudicare della ragione e del torto secondo le proprie idee, ma in base alla norma stabilita dal pote-re legislativo.

    Su un punto la facolt di legge tuttavia pi fortu-nata di quella teologica, nella prassi: la prima ha cio

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    un interprete visibile delle leggi, o in un giudice o, in caso di ricorso in appello,. in un giur e (in ultima istanza) nel legislatore stesso, mentre non ha eviden-temente la stessa opportunit la facolt di teologia ri-guardo all'esegesi dei brani di un libro sacro. Per questo privilegio per altro verso compensato da uno svantaggio non minore: dal fatto che la legisla-zione secolare resta per forza di cose soggetta al mu-tamento, a seconda che l'esperienza procuri maggiori o migliori prospettive, mentre il libro sacro non com-porta alcun cambiamento (diminuzione o accrescimen-to), e afferma d'essere concluso una volta per sem-pre. E non s'incontra nel teologo biblico nemmeno la lagnanza dei giuristi, che sia pressoch vano sperare in una norma esattamente definita dell'amministra-zione della giustizia (ius certum). Infatti il teologo non rinunzia ad avanzare la pretesa che la sua dogmatica contenga una norma di questo genere, chiara e deter-minata per tutti i casi. Se inoltre i professionisti del diritto (avvocati o magistrati), che hanno mal consi-gliato il loro cliente mandandolo in rovina, non in-tendono affatto esserne responsabili ( ob consilium ne-ma tenetur), i professionisti della teologia (predicatori e padri spirituali) non ci pensano due volte a prende-re la responsabilit su di s, e garantiscono, almeno a sentirli parlare, che ogni azione sar giudicata anche nell'altro mondo come essi hanno stabilito in questo; ma verosimilmente, se fossero invitati a dichiarare formalmente che sono pronti a dare la loro anima a garanzia della verit di tutto ci che vogliono si creda sull'autorit della Bibbia, aJlegherebbero una scusa. Quantunque dipenda dalla natura dei principi che guidano questi maestri del popolo di non consentire

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    alcun dubbio sulla giustezza delle loro affermazio-ni, essi possono evidentemente agire in questo mo-do tanto pi sicuramente perch, in questa vita, non ne devono temere una confutazione dovuta al-l' esperienza.

    c) Peculiarit della facolt medica

    Il medico il detentore di un'arte, e tuttavia, poi-ch la sua arte non pu che essere mutuata diretta-mente dalla natura e derivare perci da una scienza della natura, come dotto egli subordinato a qualche facolt nella quale deve aver fatto i suoi studi e al cui giudizio resta sottoposto. - Ma poich il governo necessariamente molto interessato al modo in cui il medico cura la salute del popolo, esso autorizzato, tramite un'assemblea elettiva di professionisti di que-sta facolt (medici generici), a sorvegliare sull'opera-to pubblico dei medici, mediante degli ordinamenti sanitari e un Consiglio superiore della sanit. Per la par-ticolare natura della facolt di medicina, per il fatto che essa deve desumere le regole della sua condotta

    non dall'ordine di un capo, come le due precedenti facolt superiori, ma dalla natura stessa delle cose -per cui le sue dottrine dovrebbero originariamente appartenere anche alla facolt di filosofia intesa nel senso pi largo-, gli ordinamenti sanitari consistono per non tanto in quello che i medici devono fare, ma in quello da cui si devono astenere. Vale a dire: in primo luogo che vi siano medici per il pubblico, in se-condo luogo che non vi siano medicastri (nessuno ius impune occidendi, secondo il principio: fiat experimen-

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    tum in corpore vili). Ora, poich in base al primo prin-cipio il governo provvede alla pubblica comodit e in base al secondo alla pubblica sicurezza (nelle questioni della sanit), costituendo questi due compiti un servi-zio di polizia, ogni ordinamento sanitario riguarder propriamente solo la polizia sanitaria.

    Questa facolt dunque molto pi libera delle pri-me due facolt superiori, ed strettamente affine a , quella filosofica; anzi, quanto alle dottrine con cui i ' medici vengono formati libera del tutto, perch per ( essa non possono esserci libri sanzionati per autorit l del sovrano, ma solo libri attinti dalla natura, e nem- : meno vere e proprie leggi (se per esse s'intende lavo-lont immutabile del legislatore), ma solo ordinamenti (editti), la cui conoscenza non costituisce un sapere: per esso ci vuole un insieme sistematico di dottrine del quale la facolt certo detentrice, ma che (non essendo contenuto in un codice) il governo non ha competenza di sanzionare e deve invece affidare alla facolt, mentre esso pensa esclusivamente a favorire, con prontuari farmaceutici ed istituti ospedalieri, l'at-tivit dei medici generici nell'esercizio pubblico della loro professione. - Questi professionisti (i medici) re-stano comunque soggetti al giudizio della loro facolt nei casi che, concernendo l'ordinamento di polizia sa-nitaria, interessano il governo.

    Seconda sezione. Concetto e divisione della facolt inferiore

    Si pu chiamare facolt inferiore quella classe del-l'Universit che si occupa, o in quanto si occupa sol-tanto di dottrine che non sono accolte come norma

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  • per ordine di un capo. Ora, pu certo accadere di se-guire una dottrina pratica per obbedienza; ma rite-nerla vera per ingiunzione (de par le Roi) cosa del_ tutto impossibile, non solo sotto profilo obiettivo (es-sendo un giudizio che ripugna al dover-essere), ma an-che soggettivo (un giudizio tale, un uomo non pu pronunciarlo). Infatti, chi dice di voler errare, non in realt in errore, e non prende effettivamente per vero il giudizio falso, ma finge solo una persuasione che in lui non si pu trovare. - Se dunque il discorso verte sulla verit di certe dottrine che devono essere pubblicamente insegnate, il maestro non pu richia-marsi a un ordine del sovrano, n lo studente preten-dere d'averle credute per ingiunzione, salvo il caso che si stia parlando dell'azione. Ma allora, che un or-dine del genere stato davvero emanato, e che egli obbligato o almeno autorizzato ad obbedirvi, egli de-ve pure riconoscerlo con un giudizio libero, altrimenti il suo assenso un vuoto pretesto e una menzogna. -Ora, la capacit di giudicare con autonomia, cio li-beramente (in modo totalmente conforme ai principi

    , del pensiero), si chiama ragione. Di conseguenza la ! facolt filosofica, poich sta a lei rispondere della ve-: rit delle dottrine che deve adottare, o anche soltanto 1 pe1mettere, quanto a questo si dovr pensare come . libera, e soggetta solo alla legislazione della ragione,

    non a quella del governo. Ma in un'Universit dev'essere -istituito anche un

    dipartimento di questo tipo; occorre cio che vi sia una facolt di filosofia. Rispetto alle tre facolt supe-riori essa ha ruolo di controllo, e appunto per questo diventa loro utile, perch tutto dipende dalla verit (la prima ed essenziale condizione del sapere); men-

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    tre l'utilit, che le facolt superiori promettono a van-taggio del governo, solo un motivo di second'ordi-ne. Si pu eventualmente concedere alla facolt teo-logica l'ambiziosa pretesa di considerare sua ancella quella di filosofia (ma in questo caso rimane ancor sempre aperto il problema di sapere se quest'ultima precede col lume la sua gentile signora o la segue, reg-gendo lo strascico), purch non si finisca col cacciare di casa l'ancella o col tapparle la bocca. Poich pro-prio questa modestia, d'essere soltanto libera, ma an-che di lasciare liberi, di accertare solamente la verit per il vantaggio di ogni scienza e di porla a completa disposizione delle facolt superiori, proprio questo deve raccomandarla al governo come facolt inso-spettabile, e anzi indispensabile.

    La facolt di filosofia comprende due dipartimen-ti, uno