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JOBS ACT, atto I e II: tempo determinato, apprendistato, tutele crescenti, incentivi (legge di Stabilità) Bolzano, 19 gennaio 2015 Emmanuele Massagli @EMassagli [email protected]

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JOBS ACT, atto I e II:

tempo determinato, apprendistato, tutele

crescenti, incentivi (legge di Stabilità)

Bolzano, 19 gennaio 2015

Emmanuele Massagli

@EMassagli [email protected]

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La continua evoluzione del CTD

Il testo di riferimento è il d. lgs. 6 settembre 2001, n. 368, sul quale si contano 17 interventi in 13 anni! (senza contare gli «interventi amministrativi» e la giurisprudenza…) → sicuramente non è una disciplina «a tempo indeterminato» → problema di certezza, coerenza, corretta informazione, sicurezza Anche il primo capitolo del Jobs Act (il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, n. 78) è prevalentemente dedicato al contratto a tempo determinato. A seguire sono stati già pubblicati anche una circolare (n. 18 di luglio 2014) e un interpello (n. 30 di dicembre 2014). Ci sarà un nuovo intervento nei decreti attuativi della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183?

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La continua evoluzione del CTD

Dopo l’approvazione del c.d. Decreto Poletti non vi è più «l’esigenza di natura tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva per la legittima indicazione di un termine di durata del contratto di lavoro»

→ Tipo di intervento tecnicamente diverso da quello operato con l’art. 1, c. 9 della legge 92 del 2012, che creò il nuovo articolo 1-del d.lgs. 368 del 2001, senza modificarne le parti precedenti. In questo caso si interviene direttamente sull’articolo 1 (abrogando il recente 1-bis). → Non viene però abrogato o modificato il comma 01 dello stesso articolo 1 del d.lgs. 368 del 2001 («Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro»), per quanto sia statisticamente osservato da anni un fenomeno assolutamente contrario (il 70% dei nuovi contratti di lavoro è a tempo determinato).

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La continua evoluzione del CTD

→ (non si dimentichi che il d.lgs 368 del 2001 è testo di attuazione della direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999, che pone dei paletti anche in merito alla «forma comune del rapporto di lavoro»). → Proprio la rigidità dell’articolo 18 rende doverosa la precisazione del comma 01 e, soprattutto, giustifica la richiesta di causale per la stipulazione di contratti a tempo determinato. Il superamento della causale per i contratti a tempo determinato senza il contestuale superamento dell’articolo 18 per i contratti a tempo indeterminato è un illogico giuridico (in parte ora sanato dal contratto a tutele crescenti). → Comunque proprio sul CTD si sono concentrate, negli anni, molte richieste delle associazioni datoriali per una semplificazione e per il superamento del consistente contenzioso.

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La continua evoluzione del CTD Le novità introdotte dal decreto Poletti:

Acausalità Contratto di durata massima 36 mesi, con massimo 5 proroghe

e illimitati rinnovi Clausola legale di contingentamento: limite del 20% del numero

dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1°gennaio dell’anno di assunzione (termine modificabile dalla contrattazione)

La clausola non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra istituti pubblici e privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di ricerca scientifica o tecnologica;

Sanzione amministrativa: in caso di superamento della clausola legale di contingentamento la sanzione è pecuniaria (nessuna trasformazione del contratto; 50 % retribuzione se più di un lavoratore e 20% se solo uno).

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L’apprendistato

Gli interventi contenuti nel decreto Poletti (certamente secondari nell’economia del decreto): piano formativo individuale sintetico da allegare al contratto; obbligo di assunzione del 20% degli apprendisti per le imprese con

più di 50 dipendenti; Chiarimento circa la responsabilità pubblica della formazione di

base e trasversale (obbligo di comunicazione del calendario dettagliato entro 45 dalla comunicazione di instaurazione del rapporto);

riferimento salariale per una maggiore diffusione dell’apprendistato di primo livello: ore di lavoro + 35% delle ore di formazione.

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La legge 10 dicembre 2014 n. 183 I cinque «capitoli»:

1) Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali: • Nessuna integrazione salariale in caso di cessazione aziendale, ma anche

ampliamento del numero di imprese e lavoratori oggetto di trattamento in caso di crisi transitorie

• ASpI pagata dalle imprese anche in proporzione all’utilizzo (una sorta di sistema “bonus malus”);

• Fine della “cassa in deroga”; • Ricorso alla CIG solo se esaurite tutte le possibilità alternative (in

particolare i contratti di solidarietà, la cui normativa sarà aggiornata) • Rimodulazione e ampliamento dell’ASpI, il cui importo sarà

proporzionale alla carriera retributiva; • ASpI anche per i co.co.pro.; • Limiti massimi di contribuzione figurativa; • Sussidio universale per gli indigenti, indipendentemente dal versamento

contributivo (un mini “sussidio universale”); • Coinvolgimento attivo del soggetto interessato da politica passiva.

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La legge 10 dicembre 2014 n. 183

2) Delega al Governo in materia di servizi per il lavoro e politiche attive:

• Razionalizzazione degli incentivi per l’assunzione; • Razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e

l’autoimprenditorialità; • Creazione della Agenzia Nazionale per l’Occupazione con

coinvolgimento delle Regioni ed ereditando le agenzia ministeriali esistenti (competenze dell’Agenzia: regia dei servizi per l’impiego regionali + politiche attive + ASpI);

• Razionalizzazione delle norme per l’inserimento mirato; • Connessione esplicita e normativa tra politiche attive e passive,

anche mediante accordi per la ricollocazione; • Valorizzazione delle sinergie pubblico-privato; • Necessaria e reale attivazione del soggetto in cerca di occupazione; • Revisione, per il massimo impiego, del sistema informativo e del

fascicolo elettronico del cittadino.

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La legge 10 dicembre 2014 n. 183

3) Delega al Governo in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti per la gestione del rapporto di lavoro:

• Dimezzamento di atti e norme che regolano la gestione del rapporto di lavoro;

• Abrogazione delle norme di maggiore contrasto interpretativo; • Unificazione delle comunicazioni alle PA; • Razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva; • Revisione delle sanzioni; • Revisione delle procedure per le dimissioni della lavoratrice

(maggiore certezza e meno burocrazia); • Attivazione della via telematica per ogni adempimento

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La legge 10 dicembre 2014 n. 183

4) Delega al Governo in materia di riordino delle forme contrattuali: • Analisi di tutte le forme contrattuali esistenti; • Solo per le nuove assunzioni, contratto a tempo indeterminato a tutele

crescenti in relazione all’anzianità di servizio come forma comune di assunzione, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato (questa è la parte nota impropriamente come “superamento dell’articolo 18”);

• Graduale abrogazione delle collaborazioni a progetto; • Revisione della disciplina delle mansioni; • Revisione della disciplina sul controllo a distanza; • Sperimentazione del compenso orario minimo; • Estensione del lavoro accessorio; • Redazione di un Testo Unico semplificato delle norme sul lavoro.

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La legge 10 dicembre 2014 n. 183

5) Delega al Governo in materia di maternità e conciliazione:

• Estensione della maternità a tutte le categorie di donne lavoratrici, anche parasubordinate (anche allorquando il datore di lavoro non abbia versato i contributi);

• Tax credit per incentivare il lavoro femminile; • Incentivazione degli accordi collettivi per la flessibilità dell’orario; • Giorni di riposo aggiuntivi per i genitori; • Possibilità di cedere le ferie a colleghi aventi in cura minori non

autosufficienti; • Integrazione da parte di aziende ed enti bilaterali dei servizi di

welfare pubblico.

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Il contratto a tutele crescenti (il quarto capitolo)

L’argomento più discusso del Jobs Act, al quale è stato dedicato uno dei primi due decreti delegati della legge 10 dicembre 2014 n. 183.

Il «contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti» è diverso dalle proposte di «contratto unico» (Ichino o Boeri/Garibaldi) e di «contratto di inserimento» (Nerozzi e Damiano).

Non viene modificato l’articolo 18, bensì gradualmente svuotato (durata del periodo transitorio: circa 45 anni…), poiché per i nuovi assunti il riferimento non sarà più nello Statuto dei lavoratori.

L’obiettivo del tentativo riformatore è fare sì che davvero il contratto a tempo indeterminato sia la forma comune di rapporto di lavoro.

Del contratto a tempo indeterminato si modifica solo la parte connessa al licenziamento.

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Il contratto a tutele crescenti

CAMPO DI APPLICAZIONE • Operai, impiegati e quadri assunti a tempo indeterminato nel

settore privato; • I nuovi contratti, eccetto che per le aziende che con i nuovi

contratti superano la soglia dei 15 dipendenti: in quel caso si applica a tutti.

(dubbi di costituzionalità) LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO, NULLO, ORALE Se il giudice pronuncia la nullità del licenziamento, il datore di lavoro deve reintegrare il lavoratore e risarcirlo con un’indennità pari all’ultima retribuzione per i mesi di non lavoro, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative. (nessun cambiamento rilevante di disciplina)

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Il contratto a tutele crescenti

LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO E PER GIUSTA CAUSA Nel caso il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del licenziamento, al lavoratore è dovuta (solo) una indennità non contribuita pari a 2 mensilità per ogni anno di lavoro, da un minimo 4 a un massimo di 24. Sono nel caso il giudice del lavoro verificasse l’insussistenza del fatto materiale contestato (senza poter valutare l’eventuale sproporzione del licenziamento, qualora il fatto sia realmente accaduto), il lavoratore può essere reintegrato e ricevere la retribuzione mancante (mai oltre i 12 mesi, coi contributi). (il nodo della sproporzione e dell’atteggiamento in giudizio – i dubbi della giurisprudenza – lo scarso rendimento – l’opting out mancato)

VIZI FORMALI E PROCEDURALI Non si può essere reintegrati «grazie» a vizi di forma o procedura: si riceverà una indennità pari a una mensilità ogni anno di servizio tra 2 a 12 mensilità (senza contributi)

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Il contratto a tutele crescenti

CONCILIAZIONE (la parte migliore del Jobs Act?) L’offerta conciliativa può rientrare tra le 2 e 18 mensilità, ma esentasse e senza contributi.

APPALTI L’anzianità di servizio (informazione ora essenziale per trattare i licenziamenti) si conteggia a partire dall’inizio dell’appalto (ma quale contratto in caso di cambio di appalto?)

PICCOLE IMPRESE e ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA Sotto i 15 dipendenti tutte le cifre citate sono da dimezzare (massimo sei mensilità, quindi). Sono interessate da queste novità anche le organizzazioni di tendenza.

LICENZIAMENTO COLLETTIVO (l’interesse delle grandi imprese) Se non c’è la forma scritta è trattato come un discriminatorio. Se sono state violate le procedure e i criteri di scelta, ai lavoratori esclusi saranno da pagarsi le «tutele crescenti»

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La legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di Stabilità 2015)

L’esonero dei contributi

→ (commi 118-124) per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato (no apprendistato) effettuate entro l’anno, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua per una durata massima di 36 mesi • Intervento di carattere generale e misura non selettiva, non una

vera e propria norma-incentivo (compatibilità col diritto europeo?) • Coerenza con il Jobs Act: nel primo decreto attuativo l’incentivo

normativo per la promozione della «occupazione stabile»; nella legge di Stabilità l’incentivo economico (no occupazione aggiuntiva)

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La legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di Stabilità 2015)

Limiti:

• Nessun esonero per le assunzioni riguardanti lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;

• L’esonero di cui al presente comma non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa.

• L’esonero non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della legge.

• L’incentivo è riconosciuto nel limite di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l’anno 2018 (norma «a rubinetto», ordine cronologico)

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La legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di Stabilità 2015)

(al comma 20 della stessa legge di Stabilità si prevede anche la deducibilità ai fini Irap delle somme relative al costo complessivo per il personale dipendente anche in questo caso a fronte della assunzione del lavoratore con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato)

• Sono ricompresi tutti i datori di lavoro privati e tutte le forme di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

• Sono inalterate le trattenute a carico del lavoratore; • Il datore di lavoro deve (dovrebbe) controllare che il lavoratore

non abbia già goduto dell’esonero (sebbene ne goda l’impresa, non lui direttamente) e non «esca» da un contratto a tempo indeterminato (autocertificazione?);

• Non vi sono vincoli in merito al mantenimento del posto di lavoro (possibile abuso, anche in connessione alle tutele crescenti?).

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La legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di Stabilità 2015)

• Tanto nel settore metalmeccanico, quanto nel commercio, considerando la combinazione di agevolazioni e comprendendo anche lo sconto Irap, il nuovo contratto a tempo indeterminato risulta la forma di assunzione di gran lunga più conveniente;

• Il contratto a TIND «esonerato» è «appetibile» anche considerando i costi del licenziamento come da decreto attuativo del Jobs Act;

• Essendo il vantaggio contributivo limitato al tetto annuo di 8.060 euro, l’ottimizzazione dei vantaggi si ottiene fino ad una retribuzione annua lorda di circa 24 mila euro → ne consegue che l’esonero contributivo introdotto agevola sensibilmente soltanto le assunzioni dei livelli contrattuali e professionali più bassi;

• L’apprendistato mantiene un buon livello di competizione grazie a contribuzione INAL e laddove sia prevedibile una durata di almeno tre anni; più si riduce tale periodo più è appetibile il nuovo contratto a tempo indeterminato.