J‟ACCUSE - CHIMICA, MATERIALI E...

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1 J‟ACCUSE La denuncia sociale Fabio Usubelli 5°D LST a.s. 2013.2014

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J‟ACCUSE

La denuncia sociale

Fabio Usubelli

5°D LST a.s. 2013.2014

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INDICE

PREFAZIONE............................................................................................................................................pagina 3

STORIA: AFFARE DREYFUS...............................................................................................................pagina 4

FILOSOFIA: POSITIVISMO E NEOPOSITIVISMO......................................................................pagina 6

LETTERATURA: NATURALISMO E VERISMO............................................................................pagina 8

INGLESE: CHARLES DICKENS.......................................................................................................pagina 10

SCIENZE: L‟EFFETTO SERRA..........................................................................................................pagina 12

CHIMICA: MORTI E SILENZI ALL‟UNIVERSITÀ.....................................................................pagina 14

BIBLIOGRAFIA......................................................................................................................................pagina 15

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PREFAZIONE

Ho deciso di scegliere come argomento per la mia tesina la denuncia sociale per diversi motivi.

Nel corso dell‟anno la scuola, nell‟ambito della sicurezza, ha organizzato un incontro con gli autori del

libro Morti e silenzi all’università (2010)1, Francesco Viviano e Alessandra Ziniti.

L‟istituto forniva ad ogni classe una copia del libro da leggere e successivamente passare.

Durante le vacanze natalizie ho deciso di comprare il libro per averne una mia copia personale.

Ho iniziato a leggerlo appena tornato a casa e avidamente l‟ho fatto mio.

Mi sono interessato subito all‟iniziativa della scuola vista la mia volontà di iscrivermi nel prossimo

futuro alla facoltà di Scienze del Farmaco presso l‟Università degli Studi di Milano.

Leggere quella denuncia mi ha fatto pensare a me e alla mia sicurezza.

Rimasto colpito dal clima di omertà regnante nell‟Università di Catania, che non si curava di garantire la

salute dei dipendenti e dei giovani studenti, ho parlato con alcuni dei miei professori.

Mi è stato detto che l‟ambiente universitario è diverso da quello che oggi frequento.

Non essendo seguiti così come nella scuola secondaria di secondo grado, sta ad ogni persona metterci

del proprio e rispettare le regole che sempre ci sono state impartite.

Nel corso dell‟anno mi sono stati offerti diversi spunti in molte discipline per approfondire l‟argomento

da me scelto. In particolare in alcune discipline ho deciso di soffermarmi non direttamente sulla

denuncia sociale, bensì sulla capacità di alcuni di dissociarsi da una visione ideologica della realtà che

non permetterebbe di approcciarsi in modo corretto e critico alle varie problematiche.

Ho scelto la denuncia sociale perché sono convinto che la maturità che mi accingo a conseguire

dipenda anche dalla capacità di ognuno di saper distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Fabio Usubelli

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STORIA: L‟AFFARE DREYFUS

Prima pagina de L’Aurore del 13 gennaio 1898.

J’Accuse...! è il titolo di quella che forse è la più celebre opera di Émile Zola.

Inizia proprio così la lettera aperta rivolta al presidente della Repubblica francese Félix Faure,

pubblicata dal giornale socialista L’Aurore il 13 gennaio 1898.

Lo scopo della lettera era quello di denunciare le illegalità e le irregolarità commesse nel corso del

processo contro Alfred Dreyfus, sospettato di tradimento ma in realtà vittima di un forte antisemitismo

nazionalista.

Nel 1894 il capitano Alfred Dreyfus, unico ufficiale ebreo dell‟esercito francese, venne accusato di

spionaggio a favore della Germania durante la guerra del 1870, condannato da un tribunale militare,

sulla base di un dossier rimasto segreto, e infine deportato a vita sull‟isola di Caienna.

Il caso giudiziario si riaprì nel 1897 quando il colonnello Piquart informò il vicepresidente del senato

Scheurer-Kestner di poter provare l‟innocenza di Alfred Dreyfus: colpevole di tradimento sarebbe stato

Walsin-Esterhazy, membro di una famiglia di antica nobiltà ormai in decadenza.

Alla denuncia di Scheurer-Kestner si unirono presto quelle di autorevoli politici ed intellettuali.

Émile Zola nei suoi articoli denunciò l‟ingiustizia di cui era vittima Dreyfus, smascherando il fanatismo

antisemita e nazionalista che aveva fuorviato i giudici.

L‟opinione pubblica fu ostile: i difensori di Dreyfus furono assaliti ripetutamente, aggrediti e addirittura

arrestati.

Nel frattempo l‟innocenza dell‟imputato si faceva sempre più chiara: nel 1898 Esterhazy confessava e

veniva espulso dall‟esercito; un suo amico ammetteva di aver contraffatto dei dossier.

Nel 1899 Dreyfus venne liberato per un procedimento di grazia, non perché era stata riconosciuta la

sua innocenza. Solo nel 1906 la Corte di cassazione annullerà la sentenza di condanna.

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Dalla fine dell‟Ottocento l‟ideologia antisemita era andata diffondendosi e radicandosi in tutti i gradi

della società. Arthur Schnitzler afferma nella sua autobiografia che «a quel tempo la questione era

molto attuale per noi giovani, specialmente per noi ebrei, poiché l‟antisemitismo si affermava sempre

più prepotentemente negli ambienti studenteschi. Le associazioni tedesco-nazionali avevano iniziato ad

allontanare dalla loro cerchia ebrei e discendenti di ebrei [...]. Non si può fare a meno di citare la

famigerata delibera di Waidhofen. Recitava così: “Ogni figlio di madre ebrea, ogni uomo nelle cui vene

scorra sangue ebreo è privo di per nascita d‟ogni senso dell‟onore [...].”»2.

L‟affare Dreyfus racchiude in sé una serie di caratteristiche molto moderne.

«In primo luogo, in esso, vediamo in azione il grande potere assunto dall‟opinione pubblica e dalle

masse [...]. Inoltre, la stessa natura del caso giudiziario, come ha acutamente osservato la sociologa

Hanna Arendt ne Le origini del totalitarismo, risulta particolarmente coinvolgente in quanto chiama in

causa uno dei cardini del sistema politico moderno, e cioè l‟uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla

legge [...]. Le masse mostrano per la prima volta il loro volto reazionario e violento, nelle aggressioni

verbali e fisiche contro i difensori di Dreyfus, che la propaganda nazionalista dipinge come volgari

traditori»3.

Émile Zola nei suoi articoli denunciò pubblicamente il furore antisemita e il cieco nazionalismo che

stava disonorando la Francia, e che avrebbe disonorato nel secolo successivo le maggiori potenze

Europee.

In una sua lettera affermò: “Un errore giudiziario è stato commesso, e fino a quando non sarà riparato,

la Francia soffrirà, come ammalata di un cancro segreto che a poco a poco ne erode le carni”4.

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FILOSOFIA: IL POSITIVISMO E LA FILOSOFIA DELLA SCIENZA

Popper. «Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l‟unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere.»

Il positivismo è un movimento filosofico-culturale nonché una corrente di pensiero.

Nato nella prima metà del 1800, andrà via via sempre più affermandosi nella seconda metà del XIX

secolo fino a diventare ideologia di massa. Il positivismo metteva alla base di ogni aspetto della società

la scienza, sia come unico sapere adeguato sia come mezzo per migliorare la vita e la società.

Il termino positivo venne utilizzato per la prima volta da Henri de Saint-Simon e Auguste Comte e

stava ad indicare qualcosa di reale, certo ma anche utile e costruttivo.

Positivismo stava quindi ad indicare qualcosa di utile, che andava contro all'immaginario, ma anche in

grado di portare un miglioramento. Per i positivisti la scienza guidava alla conoscenza e quindi al

progresso, da qui l‟espressione ottimistica della società industriale.

La filosofia positiva andava contro la metafisica. Per i positivisti la filosofia doveva coordinare e

sintetizzare i saperi scientifici, nonché permettere una riflessione metodologica. Inoltre si discostava sia

dal romanticismo, per il ritorno alla ragione scientifica, che dall‟illuminismo, in quanto più conservatore

che critico. Nonostante l‟allontanamento dal romanticismo, il positivismo fu definito „romanticismo

della scienza‟, per la sua tendenza ad assolutizzare la scienza.

Le idee positiviste ebbero grande influenza in arte, in letteratura ma anche in ambito socio-pedagogico,

stimolando la nascita di nuovi saperi, come la sociologia e la psicologia.

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Nella prima metà del 1900 nacque però un nuovo indirizzo di pensiero, il Neopositivismo, elaborato

dal circolo di Vienna. Il Neopositivismo si rifaceva al Positivismo per l‟importanza riconosciuta alla

razionalità scientifica, ma se ne distaccava per una visione più critica.

I neopositivisti assegnavano alla filosofia il compito di analizzare la struttura logica della scienza, doveva

cioè permettere di distinguere ciò che era sensato da ciò che non lo era.

Per i neopositivisti era necessario distinguere un sapere scientifico da uno non scientifico. Il criterio di

scientificità era quello di significanza: assumeva senso solo ciò che aveva contenuto empirico.

Moritz Schlick, fondatore del neopositivismo e del circolo di Vienna aveva detto:

«L'empirista non dichiara al metafisico: “le tue parole dichiarano il falso”, ma: “le tue parole non

affermano nulla!”. Egli non polemizza con il suo interlocutore, ma si limita a dirgli: “io non ti capisco”.»

Il rifiuto della metafisica diveniva innanzitutto il rifiuto dei suoi problemi: ciò che non può essere

espresso in maniera chiara è uno pseudo-problema. Non esistevano enigmi insolubili, insolubili sono gli

pseudo-problemi.

L‟atteggiamento critico neopositivista emerge analizzando le teorie scientifiche: quest‟ultime non

potevano mai essere verificate in maniera definitiva. Si arrivava alla crisi dell‟induttivismo: risultava

impossibile stabilire leggi universali da singoli casi particolari.

Karl Popper per descrivere il proprio approccio filosofico alla scienza conia l'espressione “razionalismo

critico”, che implica il rifiuto dell'empirismo logico, dell'induttivismo e del verificazionismo.

Credere nell‟induttivismo per Popper significa presupporre una fede metafisica nell‟uniformità della

natura. Inoltre il filosofo ritiene errato credere che la mente del ricercatore sia una tabula rasa,

l‟osservazione è sempre orientata da aspettative teoretiche.

Popper idea un nuovo criterio per distinguere il sapere scientifico dagli altri saperi, ossia quello di

falsicabilità: il metodo corretto non consiste nel cercare conferme, bensì nel confrontarsi con le

difficoltà. Con questo metodo saranno considerate vere tutte le teorie che non sono ancora state

falsificate.

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LETTERATURA: NATURALISMO E VERISMO

Émile Zola

Giovanni Verga

Con Comte il Positivismo diviene un indirizzo filosofico che pone la scienza come l‟unica veritiera

forma di conoscenza. Conoscere significava partire dall‟individuazione dei fatti, per poi rintracciare in

essi le leggi di natura che ne stavano alla base; tutto ciò che non era accertabile non possedeva più alcun

valore.

«Comte pose le basi di una scienza della società dunque, cui compete di accertare “positivamente” le

leggi dell‟organizzazione sociale. Si tratta della sociologia [...]. La sua specificità consiste nell‟indagare

non il perché dei fenomeni ma il come, cioè nel ricercare le leggi per poi formulare una previsione»5.

Nella seconda metà del 1800 il romanzo era ormai improntato alla descrizione realistica della società, il

narratore doveva solamente riferire i fatti con il distacco di uno scienziato, senza intervenire nel

racconto.

Dal Positivismo nascono due correnti distinte ma che vogliono entrambe rappresentare il mondo così

come appare: il Naturalismo in Francia e il Verismo in Italia.

Gli scrittori naturalisti ricorrono al principio dell‟impersonalità, utilizzato per la prima volta da Flaubert

nella sua celebre opera Madame Bovary (1857), anche se antepongono la scienza all‟arte.

I personaggi principali vengono dal mondo del proletariato, abbruttiti dal lavoro e dall‟alcol.

Il compito dei naturalisti è quello di fornire i documenti necessari perché si possa, conoscendoli,

dominare il bene e il male. Zola scrive un saggio di poetica, Il romanzo sperimentale, nel quale teorizza e

spiega come deve lavorare lo scrittore moderno. «Se il terreno proprio del medico sperimentale è il

corpo dell'uomo nei fenomeni dei suoi organi, in condizioni normali e patologiche, il terreno proprio di

noi romanzieri naturalisti è ugualmente il corpo dell'uomo nei suoi fenomeni mentali e passionali, allo

stato normale e morboso [...]. Il romanziere come lo scienziato deve essere insieme osservatore e

sperimentatore, considera l'arte come una riproduzione oggettiva del reale governata dalle leggi della

natura, rivendica l'impegno morale dello scrittore che, mettendo in luce le cause dei fenomeni sociali

deve indurre la società stessa a intervenire per modificarli e migliorarli»6.

L‟autore non commenta i fatti, bensì adotta il punto di vista dei personaggi e li lascia parlare nel loro

linguaggio popolare. Rispettando con imparzialità i risultati dell‟osservazione, ne deriverà un

“documento umano” in grado di raccontare uno spaccato di vita.

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Intorno alla metà del 1800 in Italia cominciarono a manifestarsi svariati tentativi di rappresentare la

realtà con una maggiore attenzione mediante un rapporto più diretto con essa.

Negli anni Sessanta del secolo iniziarono a comparire i termini “vero” e “verismo” per indicare una

letteratura che si avvicinava alla realtà nella sua evidenza.

Poco tempo dopo nacque la corrente dei veristi, che guardando al naturalismo francese ne riprendeva il

criterio dell‟impersonalità ma se ne distanziava sia sul piano tematico che su quello ideologico.

L‟esponente maggiore del Verismo fu il siciliano Giovanni Verga.

Molte furono le differenze con Zola, positivista convinto e fiducioso nella scienza.

Verga aveva una visione conservatrice della vita che lo aveva portato a non condividere la fiducia nel

progresso scientifico, tipica dei francesi, da lui considerato come un semplice meccanismo che

travolgeva le classi più povere.

Questo pessimismo sfocia in una critica alla società e si traduce in una solidarietà vera per gli umili.

A differenza dei filosofi positivisti, Verga afferma che ogni tentativo di cambiare la propria condizione

sociale è destinato al fallimento. Tale idea ispirò il ciclo I Vinti, cinque romanzi in cui lo scrittore voleva

rappresentare i danni della “fiumana del progresso”, rimasto tuttavia incompiuto.

Verga utilizza nelle sue opere diversi stratagemmi per rappresentare realisticamente il mondo rurale del

quale vuole farsi portavoce. Il linguaggio è tipico dei personaggi descritti. Verga narratore regredisce

artificiosamente al livello culturale dei personaggi delle sue opere. Questo stratagemma verrà definito

come “artificio della regressione” (Baldi, 1980). Quando l‟autore non condivide il giudizio o la mentalità

di un personaggio si affida all‟ironia, non si manifesta direttamente.

Per esprimere la mentalità della cultura popolare utilizza il discorso indiretto libero, con un linguaggio

popolare e modi di dire tipici del parlato.

Fondamentale è che il punto di vista del narratore non coincide mai con quello dell‟autore: tale

divergenza produce uno “straniamento”, risultato dell‟utilizzo del flaubertiano criterio

dell‟impersonalità .

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INGLESE: CHARLES DICKENS

Charles Dickens

Charles Dickens was an English writer and social critic and he‟s generally regarded as the greatest

novelist of the Victorian age. Born in Portsmouth in 1812, he became famous in 1836, after the

publication of his first novel, The Pickwick Papers. A few years later he had become an international

literary celebrity, famous for his humour, satire, and keen observation of character and society.

Dickens is one of the most prolific writer in English literature.

His childhood poverty had a profound effect on him and his writing and also seems to have given him

an acute sensitivity towards his environment, his age and those who peopled it.

It also provided him with first-hand knowledge of the other, dark face of the Victorian age which he

then transform into material for his works, producing unforgettable characters and situations which

deliberately exposed the inhumanities of his day.

Despite his social criticism, Dickens didn‟t propose revolutionary changes for his period.

Pretty, he advocated a moral solution as in his tales good overcome evil.

Humour, wit, brilliant dialogues and a vast array of characters in his novel, representing almost every

human characteristic, still attract readers today.

His writing style is marked by a profuse linguistic creativity. Satire, flourishing in his gift for caricature,

is his forte. Dickens worked intensively on developing arresting names for his characters that would

resound with associations for his readers, and assist the development of themes in the storyline, giving

what one critic calls an "allegorical impetus" to the novels' meanings.7

The author worked closely with his illustrators, providing them with a summary of the work and

ensuring that his characters and settings were exactly how he imagined them.

Dickensian characters, are amongst the most memorable in English literature, especially so because of

their typically whimsical names. The likes of Oliver Twist, The Artful Dodger, Fagin, Bill Sikes, David

Copperfield are so well known as to be part and parcel of British culture, and in some cases have

passed into ordinary language.

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Dickens's novels were, among other things, works of social commentary.

He was a fierce critic of the poverty and social stratification of Victorian society.

Dickens's second novel, Oliver Twist (1839), shocked readers with its images of poverty and crime: it

destroyed middle class polemics about criminals, making impossible any pretence to ignorance about

what poverty entailed.

The story is about an orphan, Oliver Twist, who endures a miserable existence in a workhouse and then

is placed with an undertaker. He escapes and travels to London where he meets the Artful Dodger,

leader of a gang of juvenile pickpockets. Naïvely unaware of their unlawful activities, Oliver is led to the

lair of their elderly criminal trainer Fagin.

Oliver Twist is notable for Dickens's unromantic portrayal of criminals and their sordid lives.

The book exposed the cruel treatment of the many orphans in London during the Dickensian era.

An early example of the social novel, the book calls the public's attention to various contemporary

evils, including child labour, the recruitment of children as criminals, and the presence of street

children.

Dickens mocks the hypocrisies of his time by surrounding the novel's serious themes with sarcasm and

dark humour.

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SCIENZE: L‟EFFETTO SERRA

Il sole produce una intensissima radiazione e la diffonde nello spazio.

La terra ne riceve una minima parte, che viene chiamata costante solare. Tale costante viene definita

come la quantità di energia proveniente dal sole che incide sull‟alta atmosfera.

Dell‟energia solare che arriva al limite dell‟atmosfera, solo la metà raggiunge effettivamente la superficie

terrestre, inoltre, una minima parte viene riflessa nell‟atmosfera stessa.

Il bilancio termico terra-atmosfera è in pareggio, infatti si può notare che la temperatura media della

terra e dell‟atmosfera non varia sensibilmente nel tempo.

Questo equilibrio è tuttavia riferito all‟intero globo terrestre: infatti il bilancio termico è positivo

all‟equatore mentre risulta negativo ai poli.

La parte più bassa dell‟atmosfera si riscalda non per irraggiamento del sole, bensì per il calore riflesso

dalla superficie terrestre. La superficie terrestre, dopo aver assorbito le radiazioni solari, le rimette sotto

forma di radiazioni elettromagnetiche, aventi lunghezza d‟onda maggiore, che riscaldano l‟aria dal

basso.

L‟atmosfera agisce tuttavia come una serra: dopo aver assorbito le radiazioni solari, trattiene le

radiazioni riflesse. Questo effetto, denominato effetto serra, è dovuto alla presenza di CO2, che assorbe

le radiazioni a elevata lunghezza d‟onda.

Oltre che per l‟elevato utilizzo di combustibili fossili, l‟anidride carbonica aumenta anche per la

deforestazione sfrenata attuata dall‟uomo. Con la deforestazione viene alterato l‟equilibrio del ciclo del

carbonio che rimane così nell‟atmosfera in quantità maggiori.

Dalla rivoluzione industriale, la CO2 è aumentata progressivamente anche a causa della crescita della

popolazione mondiale e delle esigenze energetiche. Un aumento della temperatura globale porterebbe a

una restrizione delle aree coperte dai ghiacci con conseguente innalzamento del livello delle acqua

marine.

Alle basse latitudini potrebbe aumentare il fenomeno della desertificazione come causa alla diminuzione

delle precipitazioni. L‟aumento della temperatura causerebbe inoltre problemi di carattere sanitario:

potrebbe favorire una più rapida moltiplicazione degli agenti patogeni.

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L‟incertezza sugli sviluppi dell‟effetto serra ha reso necessaria e urgente la ratifica del Protocollo di

Kyoto, un accordo internazionale per la salvaguardia dell‟ambiente (1997).

La sottoscrizione iniziale era un atto formale e sono passati anni senza che si raggiungesse un accordo

che rendesse il Protocollo operativo. Per la ratifica era necessaria l‟adesione di 55 Stati che producessero

insieme non meno del 55% delle emissioni di gas serra. Gli Stati Uniti non hanno mai voluto applicare

le regole per il timore di riflessi negativi sulla propria economia.

È stata la Russia, nel 2004, a portare a 55 i firmatari con la sua adesione.

Il trattato prevede l'obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi di inquinamento

(biossido di carbonio ed altri cinque gas serra) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni

registrate nel 1990 nel periodo 2008-2013, con percentuali diverse per ciascuno, Stato escludendo i

paesi in via di sviluppo. Il fine ultimo del protocollo di Kyoto è contribuire al raggiungimento di un

livello sostenibile di emissioni di gas serra, un livello cioè in grado di non danneggiare l‟ambiente e il

clima e che però non richieda una limitazione tale da comportare una recessione economica.

Con l'accordo Doha l'estensione del protocollo si è prolungata fino al 2020 anziché alla fine del 2012.

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CHIMICA: MORTI E SILENZI ALL‟UNIVERSITÀ

Il libro „Morti e silenzi all‟università‟ parte dalla denuncia lucida, drammatica, consapevole di un

ragazzo, Emanuele Patanè, dottorando all‟università di Catania, ormai condannato a morte.

Consapevole del poco tempo rimastogli da vivere e consapevole di quale fosse la causa del brutto

tumore al polmone destro, Emanuele inizia una battaglia che purtroppo non riuscirà nemmeno a

cominciare.

«Un pomeriggio si presentò nello studio di un avvocato “amico” con cinque pagine fitte fitte scritte di

suo pugno. Il titolo non diceva poi molto [...]. All‟interno, però, c‟era del materiale esplosivo: la

denuncia di un giovane ormai condannato a morte che puntava l‟indice sulla assoluta quanto incredibile

assenza di misure a salvaguardia della salute di quanti studiavano o lavoravano in quel laboratorio

dell‟Università di Catania, a contatto con pericolosissime sostanze chimiche e tossiche»8.

Il libro è organizzato in sei capitoli e ognuno di questi racconta diversi aspetti della triste vicenda.

Nel primo capitolo, Una pergamena per la vita, Viviano e Ziniti raccontano la vicenda di Emanuele

partendo da alcuni stralci della sua lettera di denuncia.

Il ragazzo scrive apertamente: «In laboratorio le reazioni chimiche [...] venivano effettuate utilizzando

acetato di d‟etile, cloroformio, diclorometano, metanolo, benzene, toluene [...]. Tutte le operazioni

venivano eseguite in un laboratorio sprovvisto di un sistema di aspirazione e filtrazione adeguato e

idoneo, questo spiega perché nel laboratorio c‟era sempre un odore sgradevole, nocivo, nauseante»9.

Il secondo capitolo viene scritto dall‟avvocato Santi Terranova.

Qui viene citato l‟architetto Daniele Leonardi, dell‟ufficio tecnico dell‟Università e rappresentante per la

sicurezza.

Leonardi si interessa al progetto di laboratori ed uffici dell‟Università. Quando iniziano a comparire le

denunce degli studenti e l‟architetto chiede di poter essere messo a contatto con studenti e ricercatori

per indagare, ecco che gli viene tolto l‟incarico. Ostacoli, il silenzio viene imposto.

Il terzo capitolo, Emanuele e gli atti giudiziari e universitari, racconta del diffondersi delle notizie di malattie

e morti nell‟università. «Tutti vengono informati. Tutti sanno quel che sta succedendo, ma nessuno

interviene come si dovrebbe». Nel quarto capitolo riprende la parola l‟avvocato Santi Terranova. Le

vittime del laboratorio dei veleni prendono il coraggio a due mani e scrivono all‟avvocato.

Iniziano ad arrivare le richieste di trasferimento, anche se ancora molti si rifiutano di sporgere denuncia

per timore di possibili influenze negative per il completamento degli studi.

Nel penultimo capitolo, Febbraio 2009: le reazioni, i due giornalisti selezionano diversi commenti degli

studenti scritti su diversi blog. Quello che emerge è chiaro: tanti, probabilmente tutti erano a

conoscenza della situazione critica dei laboratori ma nessuno voleva parlare.

L‟ultimo capitolo racconta invece le indagini e gli interrogatori dei protagonisti della vicenda.

Vengono chiamati a testimoniare i vertici dell‟Università ed inizia lo scarica barile.

Per paura di ritorsioni nessuno aveva osato parlare.

«L‟ “immagine” dell‟Università al di sopra di tutto. Anche sulle morti di decine e decine di studenti,

docenti, impiegati che in quel laboratorio hanno vissuto e che ne sono rimaste vittime. Come Emanuele

Patanè, che ci ha lasciato questo testamento».

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BIBLIOGRAFIA

1. Morti e silenzi all’università: il laboratorio dei veleni. Francesco Viviano, Alessandra Ziniti. Aliberti editore, 2010.

2. Giovinezza a Vienna. Arthur Schnitzler. (Jugend in Wien - Autobiografia, pubblicata postuma).

3. Leggere la storia. Marco Manzoni, Francesca Occhipinti, Fabio Cereda, Rita Innocenti.

Vol. III A, 5° edizione 2011, p. 23.

4. Cit. in Textes D’Histoire Contemporaine. A cura di M. Agostino, S. Guillame, Presses Universitaire de Bordeaux,

Vol. I, 1987, pp. 87-89.

5. Letterautori. Beatrice Panebianco, Mario Gineprini, Simona Seminara. Zanichelli, Vol. 3, 2013, p. 11.

6. Il romanzo sperimentale. Émile Zola. Trad. it. di I. Zaffagnini. Pratiche Editrice, 1980.

7. The Cambridge Introduction to Charles Dickens. Jon Mee. Cambridge Introductions to Literature. Cambridge

University Press, 2010.

8. Morti e silenzi all’università: il laboratorio dei veleni. Francesco Viviano, Alessandra Ziniti.

Aliberti editore, 2010. pp. 9, 10.

9. Descrizione dell’attività svolta durante il corso di dottorato di ricerca in Scienze Farmaceutiche del dottor Emanuele Patanè.

Emanuele Patanè. Cit. in “Morti e silenzi all’università”, Viviano, Ziniti. pp. 13, 14.