Itinerari Di Cultura Ispanoamericana

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Riassunto in capitoli di Itinerari di cultura ispanoamericana, ritorno alle origini e ritorno delle origini.

Transcript of Itinerari Di Cultura Ispanoamericana

  • Capitolo 1

    Si potrebbe sostenere che alcuni aspetti fondamentali della modernit occidentale, che si sono

    definitivamente affermati nella seconda met del Novecento (riconoscimento e rispetto per laltro, rifiuto

    di ogni forma di razzismo, principi di uguaglianza), traggono spunto dalle riflessioni suscitate in alcuni

    intellettuali di primo piano proprio sulla questione degli Indiani dAmerica.

    Per quanto il dibattito sulla natura degli Indiani e la loro origine si sia chiuso da tempo, ci sono due campi in

    cui prosegue con alti e bassi di polemiche intense. Il primo quello sulle loro caratteristiche antropologiche

    e il secondo sui tempi del loro arrivo in America.

    Oggi le pi recenti ricerche antropologiche e archeologiche mostrano che gli Indiani sono i discendenti di

    piccole bande di cacciatori-raccoglitori che abitavano lAsia nord-orientale verso la fine dellultima

    glaciazione. Non si tratt di una migrazione vera e propria, visto che, probabilmente, non cera lidea di

    andare in un luogo preciso, ma una sorta di colonizzazione involontaria, provocata dallesigenza di seguire

    gli animali o di avere a disposizione nuove aree disabitate.

    In America le bande di cacciatori-raccoglitori si adattarono rapidamente a ecosistemi molto diversi,

    cercando di gestire la tensione tra risorse e crescita demografica. Anche per lAmerica si pu ipotizzare che

    la risposta a questa tensione port allinvenzione dellagricoltura, alla nascita delle societ complesse e

    degli Stati.

    Le diverse forme di utilizzo del territorio e di rapporto con lambiente avevano dato origine a forme di

    organizzazione socio-politica molto diverse.

    In Mesoamerica i dati archeologici ed etnostorici mostrano che il dominio di grandi e medie potenze

    (Teotihuacan, Xochicalco, Tula, Azcapotalco, Tenochtitlan) si conclude in modo traumatico. Per spiegare

    questo fenomeno si fatto ricorso a due diversi modelli che facevano genericamente riferimento alla storia

    europea: quello delle invasioni barbariche e quello dellinsurrezione dei contadini.

    Decisamente pi convincente invece il modello di Matos Moctezuma, che propone il modello della

    debolezza intrinseca dello Stato egemonico-tributario. Per M la fine violenta della potenza dominante non

    affatto casuale, ma dovuta alla fragilit del tipo di stato che si era affermato in Mesoamerica. Uno stato

    non territoriale, bens egemoico-tributario: la citt che riusciva a soggiogare le altre non imponeva sul

    territorio conquistato la sua legge, ma manteneva i sovrani e le leggi locali, limitandosi a riscuotere il

    tributo. In questo modo le popolazioni conquistate non si integravano ideologicamente e socialmente nello

    Stato egemone. Cos, allargando il suo dominio, uno Stato aumentava progressivamente il numero dei

    nemici senza aumentare in modo significativo la sua forza di coesione. Fatalmente si arrivava ad un punto

    di rottura: le citt conquistate riuscivano a coalizzarsi, a liberarsi dello Stato egemone e a distruggere i

    simboli delloppressore.

    Capitolo 2

    La scoperta e la conquista delAmerica fanno perno attorno ad almeno tre date essenziali:

    - 1492, quando Colombo approda sulle coste dellattuale San Salvador

    - 1519, quando Hernn Corts, partito da Cuba, conquista il Messico, proseguendo poi verso le terre

    aride del nord e larea centrale del continente

  • - 1532, quando Pizarro inizia la conquista del Per e da qui si dirige verso lEcuador e il Cile,

    prendendo possesso del Paraguay e degli altipiani boliviani e colombiani (1538).

    La storiografia distingue in tre periodi linvasione americana: la scoperta e la conquista (1492/primi quattro

    decenni del XVI sec), colonizzazione sistematica, progetto di dominio. Questultimo di regge su precisi assi

    portanti: ledificazione di citt ed insediamenti minori, lintroduzione di una nuova organizzazione del

    lavoro che mette in servit le comunit autoctone e le piega ad un apparato tributario, limposizione di un

    sistema economico-politico di tipo mercantile, individualista e schiavista, basato sullistituzione

    dellencomienda, la messa a punto di un sistema educativo atto a promuovere levangelizzazione e quindi

    lo sradicamento delle culture originarie.

    Lencomienda (da encomendar, affidare) viene introdotta nel 1503 dalla Corona spagnola ed un

    espediente legale mediante il quale la Corona affida uno specifico numero di indiani agli spagnoli

    meritevoli, gli encomenderos, che pertanto si procacciano diritti ben definiti sui propri indiani.

    Lencomendero ha anche dei doveri nei confronti dei suoi indiani, in primo luogo di provvedere al loro

    benessere fisico e spirituale. Sfortunatamente, gli encomenderos si preoccupano ben poco della salute e

    della felicit degli indiani che con il loro lavoro procurano ad essi ricchezza; lobiettivo principale dei

    colonizzatori , infatti, quello di impadronirsi del territorio indiano (cosa che teoricamente sarebbe esclusa

    dallencomienda) e ridurre gli indiani in stato di schiavit. Gli abusi del sistema delle encomiendas, evidenti

    sin dagli inizi, sollevano le proteste sdegnate di molti uomini di chiesa, ai quali si unirono i re, nel tentativo

    di proteggere gli indiani. Essa fu bandita solo al termine del XVIII secolo.

    La percezione dellavvento dei conquistatori come fatto apocalittico destinato a decretare la fine del

    proprio mondo ci viene restituita con intatta evidenza dai testi lasciati dai testimoni indigeni dellepoca.

    Celebre fra questi lelegia anonima in quechua Apu Inca Atawalpaman, dedicata alla morte del sovrano

    degli inca per mano spagnola.

    Di segno radicalmente opposto , invece, ci che scrissero gli spagnoli della loro America appena

    scoperta ed asservita. La scoperta diventa un evento cruciale per ledificazione della coscienza occidentale.

    La volont di fissare lesperienza dellaltro e dellaltrove si traduce in unintensissima attivit di scrittura

    sullinaudita novit americana.

    Lidea di America viene restituita allinsegna del punto di vista dei diversi narratori, dei loro interessi e

    credenze, dei loro obiettivi ideologici, politici, economici, culturali. Da tali scritti si evince ben poco

    dellessenza del Nuovo Mondo, si scopre invece molto della categoria sociale, del ruolo svolto nellimpresa,

    dellideologia, dellemotivit, degli scopi di ogni singolo cronista o storiografo.

    Tale atteggiamento teorizzato da Edmundo OGorman (1906-95), per il quale lAmerica non stata

    scoperta dagli europei, semmai stata inventata dai medesimi, cio vista, descritta, interpretata

    attraverso il punto di vista del Vecchio Mondo.

    Caratteristica comune allinterno del repertorio delle cosiddette Cronache delle Indie il ricorso al

    linguaggio e alle figure retoriche tipiche del favoloso e del meraviglioso, che si configura come unico codice

    espressivo disponibile.

    Le forme di ibridazione della scrittura della storia con i meccanismi dellimmaginazione e della finzione

    trovano un modello esemplare in uno dei primi grandi narratori della conquista, Bernal Diaz del Castillo ,

    soldato e cronista al seguito di Corts nella campagna del Messico. Il tono iperbolico che pervade il testo

  • accompagnato dal diffuso ricorso alla similitudine, la cui funzione quella di ridurre la diversit americana

    spiegandola (e piegandola) attraverso il confronto con quanto gi conosciuto, in un movimento di costante

    omologazione del Nuovo Mondo alla norma del Vecchio.

    Limmagine del Nuovo Mondo quindi connotata dai segni dello sgomento per linsormontabile barriera

    del significato che separa la cultura dei colonizzatori da quelle delle civilt preispaniche.

    Scorrendo il materiale cronachistico, specialmente quello relativo alla scoperta e alla conquista, dunque

    anteriore agli anni Cinquanta del XVI secolo, il ricorso alliperbole risalta come strumento stilistico

    privilegiato nel sostenere il discorso sulla meraviglia americana: una meraviglia che punta a sottolineare

    la differenza del Nuovo Mondo, la quale a sua volta autorizza lintervento di una civilt redentrice, ovvero

    quella spagnola, incaricata di produrre salvezza.

    Esempio di ci sono le lettere a Carlo V da Corts, il quale spesso utilizza figure proprie della letteratura

    fantastica. In particolare ricordiamo la pseudo preterizione e linsignificazione. Il modo in cui ricorrono nelle

    lettere induce ad acquisirli come pratiche linguistiche che obbediscono allistanza di contenimento

    dellinquietante estraneit americana, indispensabile per rassicurare gli interlocutori metropolitani sui

    risultati produttivi della scoperta e per convincerli di quanto sia opportuno trasformare la temporaneit

    della conquista nella stabilit della colonizzazione.

    La pseudo preterizione consiste nel dare massimo rilievo ad un argomento affermando di volerlo passare

    sotto silenzio (ad esempio impossibile descrivere ci che ho visto), che vuole presentare proprio

    lesperienza americana come inenarrabile.

    Vi poi la presenza di affermazioni di indicibilit trattenute in formule come mai si vide, le quali si

    estendono a una tipologia di eventi e oggetti di norma ordinari, ma che lesperienza americana trasfigura in

    eventi mitologici.

    Nella cronachistica indiana liperbole si fa figura di un assordante silenzio, quello di un mondo e delle sue

    civilt sotto assedio.

    Va inoltre ricordato che fu anche tramite queste scritture che si consolid il programma politico ed

    economico della conquista, una volta persuasi gli investitori delle iperboliche ricchezze indiane.

    Nella cronachistica indiana troviamo realizzata una diffusa generalizzazione e semplificazione: descrizioni,

    cifre, qualit e quantit sono approssimative e generiche.

    Lutilizzo sistematico delliperbole, cos come di altri espedienti letterari tipici delle Cronache, non mai

    innocente, anzi si prefigura, o quanto meno chiama ad analogie con il funzionamento del linguaggio politico

    nellet dei media. Ne caratteristico il ricorso alla dismisura e alleccesso della parola come arte di

    mettere in assenza i contenti autentici, di governare la dicibilit allo scopo di orientare gusti, opinioni,

    politiche, di negare il diritto alla rappresentazione.

    Capitolo 3

    Negli ultimi anni si parla sempre pi di una letteratura, o pi un generale di una cultura, andina allinterno

    della totalit eterogenea della letteratura ispanoamericana. Non si tratta di un riferimento puramente

    territoriale (per altro dai contorni non sempre definiti con precisione), ma del riconoscimento di alcuni

    tratti peculiari che segnano in maniera originale una macroregione dellAmerica del Sud. Nellepoca

  • contemporanea si riafferma il problema indigeno, con la sua eredit millenaria di rispetto per la natura,

    intesa come Pachamama (Madre terra) e di consuetudini solidaristiche basate sul principio di reciprocit.

    Un primo dato da registrare la rottura della continuit storica e culturale prodotta dalla Conquista, qui

    come nel resto dellAmerica.

    Le cronache della conquista presentano numerosi episodi emblematici di questo processo: dopo che

    Pizarro e Almagro hanno intimato allinca Atawallpa di sottomettersi al potere del grande signore che essi

    rappresentano, entra in scena il frate Valverde, che chiede unanaloga sottomissione alla croce cristiana e

    labbandono della falsa religione andina. Altro esempio, meno noto, risale a quando gli spagnoli

    cercarono di utilizzare i discendenti della famiglia imperiale (in seguito alluccisione di Atawallpa) per

    controllare la popolazione indigena.

    Su un piano diverso troviamo i Comentarios reales dellinca Garcilaso de la Vega (1539-1616), che partono

    dallaccettazione della Conquista come compimento provvidenziale della storia andina, ma al tempo stesso

    rivendicano le grandi realizzazione politiche e civili degli inca. Insiste poi sulla rivendicazione dei significati

    autentici della lingua quechua, deformati e stravolti dai conquistatori (es: parola huaca, tradotta come

    idolo dagli spagnoli in maniera riduttiva, poich essa rappresentava tutte le cose superiori a quelle

    comuni, che venivano trattate con ammirazione e rispetto).

    Con la Nueva Cornica y Buen Gobierno, il cronista indigeno Waman Puma offre il punto di vista delle

    popolazione andine sottomesse dagli Inca, rovesciando violentemente il quadro ascendente e idilliaco

    offerto dalla ricostruzione di Garcilaso. Gli inca appaiono qui come i distruttori delle culture anteriori

    dellarea. Dal punto di vista religioso emerge un motivo di fondo destinato a percorrere tutta la cultura

    andina fino ai giorni nostri, nella richiesta insistente di una coerenza fra la predicazione cristiana fondata

    sullamore e la prassi quotidiana dei colonizzatori e degli stessi uomini di chiesa, che contraddice

    clamorosamente la dottrina.

    Alcuni testi dellepoca coloniale, recuperati in epoca molto recenti, ruotano intorno alla figura idealizzata di

    Atawallpa, che perde i suoi connotati concreti per assurgere a simbolo della resistenza andina. Lelegia Inka

    Atawallpaman, conosciuta solo nel secolo XX attraverso la splendida traduzione di Jos Maria Arguedas,

    piange lassassinio dellultimo inca come catastrofe cosmica, simboleggiata potentemente dallimmagine

    dellarcobaleno nero e annunciata dalla mosca azzurra, presaga di morte.

    La tragedia del fin de Atawallpa, di cui esistono innumerevoli versioni, una rappresentazione teatrale

    delle vicende decisive della Conquista, dove lelemento esemplare predomina su quello storico.

    Lindipendenza del mondo andino viene realizzata soprattutto ad opera di forze esterne allarea. Le

    strutture del mondo indigeno conservate parzialmente durante lepoca coloniale, in primo luogo la

    comunit agricola (ayllu = comunit familiare estesa che occupava uno stesso territorio e lavorava in modo

    collettivo; basata sulla discendenza comune da un lontano antenato o totem e con una divinit propria),

    vengono identificate con larretratezza, messe sullo stesso piano dei residui feudali e subiscono

    unoffensiva violenta.

    Dal punto di vista culturale, una figura come quella di Mariano Melgar (1790-1815), il quale cerca di

    recuperare la tradizione della lirica indigena, trasformando in yarav loriginario harawi della poesia

    quechua, resta sostanzialmente isolata, anche per la sua uccisione in et giovanile, in seguito alla

    partecipazione allinsurrezione antispagnola guidata dallufficiale indigeno Pumacahua. (Yarav = genere

  • musicale tra i pi antichi del repertorio peruviano, derivante dal harawi inca, ovvero un canto rituale

    elegiaco, di carattere amoroso o funebre).

    Perch il problema indigeno riemerga come questione decisiva per la costruzione della nazionalit, bisogna

    aspettare la seconda met dellOttocento. A questa rinascita dinteresse contribuiscono fattori politici,

    sociali e culturali. La guerra del Pacifico (1879-83), che vede il Per e la Bolivia umiliati dal Cile, rappresenta

    un momento di presa di coscienza fondamentale. Gli indios vengono inseriti in una comunit nazionale che

    non offre ai discendenti dei popoli nativi nessun beneficio concreto, ma sempre pronta ad esigere da loro

    le tasse e un servizio militare obbligatorio di lunga durata. Tra gli intellettuali, ricordiamo Manuel Gonzalez

    Prada (1844-1918), poeta e saggista di tendenza anarchica, che prende lo spunto dal disastro militare per

    denunciare la cecit di un paese che non riconosce nellindio il nucleo antico del Per.

    Il recupero della tradizione andina segner tutto il corso del Novecento, contrapponendosi a una lettura

    della storia peruviana tutta imperniata sulla tradizione coloniale e quindi sulleredit ispanica.

    Le intuizioni di Gonzalez Prada vengono riprese e sviluppate sistematicamente da Jos Carlos Maritegui,

    che fornisce uninterpretazione creativa del marxismo, attraverso la sua libera applicazione alla realt

    peruviana. Egli ribadisce che la questione indigena sia il problema fondamentale del Per e la lega

    strettamente al problema della propriet della terra.

    Nel pi grande poeta del 900 peruviano, Csar Vallejo (1892-1938), troviamo una ripresa di questi motivi

    di fondo. La continuazione creativa di questo percorso rivolto a illuminare lautentica realt nazionale in

    tutta la sua complessit si trova soprattutto in Jos Maria Arguedas (1911-1969). Un protagonista decisivo

    della sua lettura della realt nazionale, accanto allindio, il meticcio, che riassume le lacerazioni che

    attraversano un paese in cerca di una sua identit. Nelle sue opere c un aggiustamento costante

    dellimpasto linguistico, volto proprio allapprofondire le trasformazioni che investono sul piano sociale e

    culturale il mondo andino. Il punto culminante del suo itinerario rappresentato dal suo ultimo romanzo,

    in cui agli episodi principali (ambientati nel porto peschiero di Chimbote, degradato dalle industrie

    inquinanti e dove si consuma anche la degradazione dellindio stesso), si intervallano pagine del diario

    personale dellautore, con la sua volont di uccidersi. In questopera si realizza nella forma forse pi

    compiuta il recupero delle radici andine, rendendo Arguedas una figura decisiva nella cultura andina

    contemporanea anche per la sua utilizzazione diretta del quechua nei testi poetici scritti negli ultimi anni di

    vita.

    Accanto a questo progetto culturale di recupero troviamo quello dellaltro Per, quello che si riconosce

    nellEuropa e negli Stati Uniti e che considera la cultura indigena come un peso morto che ostacola

    lingresso pieno del paese andino nella modernit. Troviamo qui lopera narrativa e saggistica di Mario

    Vargas Llosa. Il retaggio indigeno, come si detto, appare chiaramente come un fattore negativo che

    impedisce uno sviluppo autentico del paese e lo mantiene invece in una situazione di arretratezza. Lo

    scrittore si spinge fino al punto di invocare esplicitamente un necessario auto sacrificio della cultura

    indigena, che dovrebbe immolarsi sullaltare del progresso.

    In questottica, Arguedas diventa portatore, suo malgrado e a causa della sua presunta ingenuit, di un

    progetto sostanzialmente regressivo, idealizzando una cultura che non ha nessun ruolo positivo da svolgere

    nel mondo di oggi e che, secondo Vargas Llosa, dovrebbe finalmente essere integrata nella cultura

    superiore.

  • Il tema della violenza, che ha sconvolto il paese negli anni 80 e 90 con la guerriglia di Sendero Luminoso e

    la repressione indiscriminata dei militari verso le popolazioni andine coinvolte, una sorta di riferimento

    ineludibile e ha prodotto una copiosa letteratura, soprattutto nel racconto e nel romanzo. Spesso questa

    materia viene trattata rifuggendo dal realismo tradizionale e ricorrendo al filtro della cultura andina (che

    diventa punto di riferimento per il presente).

    Approfondimenti

    Manco Inca Yupan (1512-1545): capostipite della dinastia degli inca ribelli di Vilcabamba, celebre per aver

    affrontato lesercito spagnolo dopo la conquista dello stato peruviano. In un primo momento egli offr aiuto

    ai conquistadores spagnoli, pensando che lavrebbero liberato dalle truppe del terribile Atawallpa, al quale

    si era ribellato. Per questo gli invasori lo nominarono imperatore Inca, ma dopo i continui abusi perpetrati

    ai danni del suo popolo, decise di ribellarsi e abbandonarli.

    Titu Kusi Yupanki: fu il terzo sovrano della dinastia inca di Vilcabamba, figlio di Manco II. Governatore del

    regno, affront un periodo di ostilit con gli spagnoli, fino a quando raggiunse con essi un accordo in

    cambio del permesso a far entrare nel territorio i missionari. Nonostante gli accordi, esercit con fermezza

    la sua sovranit e denunci i soprusi dei conquistadores a Filippo II. Mor poco dopo per una polmonite,

    aggravata da un tentativo di avvelenamento spagnolo. Ci comport lassassinio dei missionari presenti nel

    regno e la riapertura dei conflitti tra spagnoli e inca.

    Viracocha: noto come dio serpente, la pi antica divinit andina. dio del principi e delle acque, reggitore

    del mondo, sovrano di ogni essere vivente. Nella maggior parte dei miti e leggende andine viene descritto

    come creatore del mondo ed associato allacqua, alla costa, a ci che esterno. Uno dei principali miti

    narra che in principio, nel mondo degli antichi, V forgi dalla pietra i primi esseri umani.

    Sendero Luminoso: organizzazione terrorista di ispirazione comunista-maoista, fondata in Per verso la fine

    degli anni 60 dal professore di filosofia Guzman con lobiettivo di sovvertire le istituzioni statali,

    considerate borghesi e instaurare un regime rivoluzionario socialista attraverso la lotta armata. Si form da

    una divisione del PC del Per, Bandiera rossa.

    Oltre a incendi, torture e impiccagioni ai danni di contadini, dirigenti sindacali, autorit elette con il

    consenso popolare e naturalmente della popolazione civile, per sovvertire lorganizzazione statale e trovare

    nuovi adepti, Sendero Luminoso inizi a colpire obiettivi strategici con auto-bomba, come il Palazzo di

    Giustizia di Lima, realizz lunghi black-out in interi quartieri cittadini e organizz dei blocchi armati lungo le

    principali arterie di collegamento con Lima.

    Aparapita: facchino di merci molto pesanti e figura marginale della realt urbana di La Paz.

    Capitolo 4

    Il Messico e il Guatemala presentano oggi una societ multietnica e multiculturale caratterizzata da un

    diffuso plurilinguismo, da una molteplicit di sistemi sociali e persino da una cucina che ha saputo accostare

    il mais alla carne degli animali importati con la Conquista e ai prodotti tipicamente contemporanei (come la

    Coca Cola).

    Questa realt eterogenea da una parte una ricchezza per i paesi latinoamericani, ma allo stesso tempo

    anche un ostacolo allo sviluppo di unidentit nazionale.

  • Il Messico, con una precisa strategia di omologazione culturale, dichiar al momento della propria

    indipendenza la sua composita eredit multietnica, scegliendo un simbolo indigeno per rappresentare la

    storia e la prospettiva del paese. Nella sua bandiera in mezzo al tricolore, campeggia unaquila che mangia

    un serpente su un fico dindia. Questo simbolo preispanico aveva guidato gli Aztechi nella loro

    peregrinazione (v. storia) ma venne mal interpretato dagli spagnoli cristiani, che videro nel serpente un

    simbolo demoniaco.

    La storia delle civilt mesoamericane di questo territorio stata caratterizzata fin dalla conquista da forti

    pressioni, che tendevano verso lomologazione culturale e lassimilazione dellelemento indigeno nel

    mondo ispanico.

    Persino i movimenti con una forte base popolare, come la Rivoluzione Messicana (1910-17), hanno visto

    nella multiculturalit del paese un problema da risolvere, pi che unopportunit di sviluppo.

    Si cerc quindi di risolvere il problema indio tramite una politica integrazionista, volta ad assimilare la

    diversit culturale e linguistica in un sistema omogeneo e di diffusione nazionale.

    In questo processo di ispanizzazione hanno avuto un grande peso i programmi di alfabetizzazione, svolti

    esclusivamente in spagnolo. Questa connotazione culturale trasmessa dalla scuola e dalle istituzioni ha

    incrementato lidentificazione della societ indigena con un mondo arcaico, arretrato e con uno status

    inferiore di riconoscimento culturale.

    Il panorama culturale attuale dei paesi centroamericani e del Messico sta conoscendo oggi una fase di

    riorganizzazione, a causa dei nuovi fenomeni di globalizzazione, migrazioni massive e laccesso ai nuovi

    canali di comunicazione.

    Il contatto quotidiano del mondo maya con gli strumenti della modernit ha portato al superamento di una

    dicotomia rigida tra mondo indigeno e mondo occidentale e soprattutto delle sue connotazioni

    stereotipate, che diffondevano unimmagine archeologica, rurale, folkloristica e primitiva della societ

    maya.

    La creazione delle prime universit indigene in America latina dimostrano che il mondo indigeno non pu

    pi essere confinato in unarea culturale associata allarretratezza e al passato.

    Nello stesso modo, si sono moltiplicati i laboratori letterari e lorganizzazione di premo destinati alla

    produzione nelle lingue indigene. Questa proliferazione di pubblicazioni nelle lingue indigene in tutto il

    territorio ha portato una parte della critica a parlare di un Rinascimento delle lettere maya.

    Lapparente novit dovuta probabilmente al fatto che questi autori indigeni usino canali occidentali di

    diffusione, adottino la scrittura e infine si cimentino in generi letterari appartenenti alla tradizione europea.

    Per questo motivo, pi che di una rinascita, sarebbe pi opportuno parlare di una nuova visibilit di una

    tradizione poetica antichissima.

    Durante la colonizzazione del continente, un ruolo importante stato svolto dallimposizione di un modello

    cognitivo occidentale; la conseguenza pi immediata stata lintroduzione di un intermediario, un editore,

    un antropologo, o un traduttore, con la funzione di rendere intelligibili le pratiche culturali autoctone ai

    lettori occidentali.

  • Un caso eloquente la versificazione: nella tradizione maya ogni verso costituisce ununit di significato,

    che viene approfondita dai versi successivi, senza alcuna base metrica, come nel caso della versificazione

    occidentale. Ci ha portato la maggior parte dei traduttori a non identificare nella poesia americana alcuna

    versificazione, riconducendo la materia poetica al modello grafico e ritmico della prosa.

    Sar solo negli anni 70 infatti che linguisti e filologi inizieranno a riconoscere nella poesia delle Americhe

    modelli retorici propri.

    Un fenomeno recente e particolarmente significativo a questo proposito la comparsa sulla scena

    letteraria di autori indigeni, responsabili delledizione e della critica testuale. Ci significa il passaggio dei

    poeti maya dal ruolo di informanti a quello di autori, editori e spesso anche diffusori della propria arte. Oggi

    i poeti maya hanno accesso diretto ai canali editoriali, alle riviste letterarie e soprattutto alle discussioni

    accademiche e giornalistiche.

    La globalizzazione della letteratura maya e il cosiddetto rinascimento delle lettere indigene quindi un

    fenomeno complesso e contraddittorio che rivela da un lato la vitalit della cultura maya, ma dallaltro

    anche la sua fragilit nel sistema globale e la sua dipendenza dai modelli occidentali, per poterne far parte.

    La pi grande discriminante che per secoli ha escluso gran parte della produzione poetica maya dallo status

    di letteratura stato il suo carattere orale.

    Una minima parte della produzione poetica maya stata trascritta in documenti alfabetici dopo la

    conquista e fissata in una versione scritta, ma la maggior parte dellattivit poetica sopravvissuta solo

    grazie alla tradizione orale.

    Ricordiamo inoltre che, con la finalit di evitare problemi territoriali e in qualche modo di tutelare i diritti

    delle dinastie indigene rispetto alle rivalse dei coloni europei, la corona spagnola richiese la redazione di

    testi chiamati titoli di terra o testimonianze di lignaggio, che potessero funzionare come

    documentazione legale nellamministrazione coloniale. Llite indigena inizi quindi unopera di trascrizione

    della propria storia, attingendo ai miti della comunit e facendo coincidere lorigine del tempo e la

    creazione del mondo, dellumanit e dello stato.

    Di questo materiale mitico di straordinario potere espressivo, il Popol Vuh rappresenta un caso unico nelle

    lettere americane. Purtroppo l documento alfabetico originale del XVI secolo andato perduto, si conserva

    solo una versione dellinizio del XVIII secolo con la traduzione a fronte del frate spagnolo Francisco

    Ximnez. Dopo alterne vicende, il manoscritto passato a formar parte del bibliografico della Newberry

    Library di Chicago, sotto il nome di Ayer 1515.

    Il testo raccoglie le tradizioni mitiche sullorigine della terra, che si alza come una gran montagna cosmica

    dalle acque della creazione, per volere della divinit.

    Una parte dei miti del Popol Vuh sono stati registrati anche nel Titulo de Totonicapan, soprattutto quelli

    riguardanti la creazione dello stato e la migrazione circolare a oriente.

    interessante osservare che i documenti legali della Colonia, come il Titulo, nonostante la funzione legale,

    presentino un forte impianto simbolico e un uso retorico del linguaggio. Questo dimostra che la

    classificazione occidentale in generi testuali non coincide con la percezione americana.

    Sempre dellarea linguistica kiche ci giunto un testo poetico trascritto per la prima volta nel XX secolo

    dallabate francese Brasseur de Bourbourg. Si tratta di unopera teatrale, intitolata Rabinal Ach. Lopera

  • viene tuttora rappresentata il 25 gennaio, in occasione della festivit cattolica di san Paolo, patrono della

    citt di Rabinal, in Guatemala.

    Il teatro rappresentava unoccasione importante di coesione sociale nel mondo maya, preispanico e

    coloniale sappiamo che esistevano teatri nelle citt maya e che le rappresentazioni scandivano le varie

    tappe dellanno rituale.

    Studi recenti in campo arqueoacustico hanno dimostrato che anche le basi piramidali e le piazze erano

    costruite in modo da permettere la rifrazione delle onde sonore, creare particolari effetti acustici e

    diffondere i suoni in un ampio spazio.

    Dalla penisola dello Yucatan ci sono pervenuti quindici testi rituali, sempre legati alle rappresentazioni

    pubbliche, trascritti in caratteri alfabetici e conosciuti con il nome di Cantares de Dzitbalch. Questi

    accompagnavano le principali festivit, sia in contesti pubblici che privati.

    Sempre dello Yucatan ci sono giunti testi profetici, conosciuti con il titolo di Chilam Balam. Il nome deriva

    da una carica sacerdotale, Chilam, colui che bocca, il profeta, linterprete, il portavoce della saggezza

    racchiusa nei libri antichi. Balam significa in maya giaguaro ed anche un simbolo del potere politico e

    del controllo sulle forze occulte della notte e della natura selvaggia.

    Infine utile menzionare un ultimo libro in maya yucateco, conosciuto con il nome di Ritual de los Bacab,

    che comprende sessantotto scongiuri e ricette della medicina tradizionale. interessante il concetto di

    malattia qui espresso, interpretata non solo come squilibrio interno alluomo, ma anche come disarmonia

    tra lessere umano e lenergia cosmica. Per questo, le forze deluniverso vengono invocate per portare

    fertilit alluomo e restituire il suo benessere fisico e animico.

    Capitolo 5

    Nel 2010 si aperto in America Latina il ciclo delle celebrazioni legate al bicentenario dellindipendenza. La

    ricorrenza ha posto i paesi del subcontinente di fronte al proprio atto di nascita, sollecitando gli individui, i

    gruppi etnici, le societ, i governi, i partiti, la chiesa, i media a scoprire e riscoprire la storia e la memoria

    nazionali.

    innegabile che lAmerica latina sia ormai uscita dal tunnel delle dittature degli anni 60 e 70 e da quello

    della crisi economico-finanziaria degli anni 80 e 90 del secolo scorso. Il bicentenario ha potuto cos

    alimentare una vera e propria riscrittura del passato patrio, dallepoca preispanica e ispano-coloniale ai

    giorni nostri.

    Per la sua ampiezza e larticolazione delle sue societ, allalba dellindipendenza, lAmerica spagnola si

    configura come un ormai maturo mondo in s. Un mondo unitario perch agglutinato dalla lingua

    spagnola, dalla religione cattolico-romana, dal radicamento dei modelli politici, socio-economici e culturali

    di matrice ispano cattolica. Plurale perch nellAmerica spagnola il castigliano convive de facto con le lingue

    native, il cattolicesimo di trasformato in una religione ricca di sincretismi e il sistema di dominio fondato

    sugli ordinamenti spagnoli si esprime il una variet di soluzioni inclini a rispettare le consuetudini delle

    popolazioni native.

    A ci si aggiunga il fatto che lAmerica spagnola si articola in innumerevoli micro e macroregioni

    profondamente diverse tra loro. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio mosaico di realt.

    (Parte storica su riforme Borbone e Bolivar!)

  • Capitolo 6

    La tumultuosa crisi di crescita che nei primi decenni del XX secolo investe il Messico, contribuendo a

    ridefinirne i rapporti con la Chiesa e gli USA, spinge i diversi ambienti politico-ideologici e intellettuali

    nazionali e internazionali a prendere partito. Ci spiega perch la Rivoluzione Messicana abbia potuto

    essere considerata da un lato la prefigurazione dei processi che, dalla Russia alla Cina, da Cuba ai paesi in

    via di decolonizzazione avrebbero poi scandito il secolo breve nel segno di una modernizzazione

    alternativa, almeno sulla carta, ai principi e ai valori della civilisation di matrice liberale.

    Il contributo dei media e delle arti alla creazione del mito e dellantimito del ciclo rivoluzionario fu notevole.

    Per molti versi decisivo, ai fini della canonizzazione del mito rivoluzionario e del conferimento al processo di

    un significato schiettamente metastorico risulta il contributo del muralismo. La ridefinizione in chiave

    rivoluzionaria delliconografia della storia patria si realizza tuttavia ancora una volta attraverso un processo

    di globalizzazione delle tradizioni artistiche, dei cromatismi e delle simbologie. Basti considerare linfluenza

    esercitata dai primitivi italiani e dalle avanguardie europee sullestetica di Diego Rivera.

    Il punto di partenza del nostro itinerario alla scoperta della Rivoluzione Messicana si colloca nellanno di

    grazia 1910. Per il paese si tratta di un anno ricco di valenze simboliche dal momento che vi ricorre il primo

    centenario dellIndipendenza dalla Spagna. Inoltre, il lungo regime autoritario (1877-1911) del generale

    Diaz sempre pi apertamente contestato da unopposizione che coagula al suo interno forze diverse, ma

    unite dalla volont di porre fine al Porfiriato.

    Facendo un excursus dei decenni precedenti, ricordiamo che dopo la disastrosa guerra con gli USA si

    aperta nel paese latinoamericano una nuova stagione di instabilit, segnata dal conflitto fra il blocco

    clerico-conservatore e i liberali che ispirano la Costituzione laicista e antifeudale del 1857. In questo

    contesto emerge la figura di Benito Jurez, indio zapoteco, governatore dello stato di Oaxaca e autore

    dlelomonima legge (1855) che ha soppresso, tra laltro, i fueros del clero e dellesercito stabilendo

    leguaglianza giuridica dei cittadini stessi.

    Jurez avrebbe guidato il fronte liberale, promulgando le Leyes de Reforma che ridimensionano il potere

    della Chiesa, delineandone da un lato la separazione dallo Stato e stabilendo dallaltro la libert di culto e la

    nazionalizzazione dei beni ecclesiastici. La fame del liberale messicano non tarda a solcare lAtlantico; a tal

    proposito ricordiamo che il padre di Mussolini gli confer il nome di battesimo proprio in onore di Benito

    Jurez.

    Leco dei provvedimenti assunti oltre oceano in materia di rapporti Stato-Chiesa e la notizia della moratoria

    di due anni per il debito estero inducono la Francia di Napoleone III a patrocinare un intervento armato nel

    paese latinoamericano, cui aderiscono inizialmente anche lInghilterra e la Spagna, al fine di ristabilire

    lordine e con esso la ripresa dei pagamenti.

    La morosit del Messico legittima il progetto che sottende un disegno ben pi ambizioso: quello del

    ripristino dellImpero, il cui titolo viene offerto da alcuni conservatori messicani a Massimiliano dAustria

    (ultimo governatore del Lombardo-Veneto).

    Il fantasma dellimpero si riaffaccia cos nel paese latinoamericano, nella persona di questo esponente

    degli Asburgo che verr poi abbandonato dalle truppe francesi e lasciato solo, fino alla morte per

    fucilazione nel 1867, a fronteggiare la resistenza dei liberali di Jurez (che da un paio danni prima possono

    contare sullappoggio USA).

  • A congelare lantagonismo tra conservatori e liberali interviene il regime autoritario di Porfirio Diaz. Egli

    riusc inizialmente ad aprire il paese a una prima modernizzazione e con essa una prima integrazione nella

    globalizzazione ottocentesca. In nome del motto ordine e progresso, il Porfiriato apre letteralmente le

    porte del paese agli investitori stranieri, mentre ambisce invano a sbiancare la popolazione messicana

    attraverso la promozione dei flussi migratori dal Vecchio Mondo.

    Grazie agli intermediari locali degli investitori, le risorse umane e naturali del Messico vengono messe a

    disposizione dei poteri economici nazionali ed internazionali che rende legittimi de facto la servit e lo

    sfruttamento indiscriminato degli uomini e della terra.

    La modernizzazione del Porfiriato instrada il Messico verso la civilt delle ferrovie, delle industrie, del

    telegrafo e dellelettricit. Resta tuttavia il fatto che si tratta di un fenomeno a macchia di leopardo,

    sostanzialmente dipendente dallestero e guidato, sul piano interno, da un blocco di potere autocratico-

    clientelare.

    Con lattecchire della prima industrializzazione, che investe in particolare i settori minerario, petrolifero e

    tessile, allinizio del XX secolo si diffondono altres i primi scioperi operai e con essi le ideologie

    internazionaliste dellanarchismo, del sindacalismo e del socialismo.

    In un clima tanto conflittuale, nel settembre 1910 si celebra il primo centenario dellIndipendenza. Per

    loccasione Citt del Messico stata sottoposta a un vigoroso intervento di europeizzazione di cui ancor

    oggi sono visibili gli esiti architettonici e urbanistici.

    Con il centenario insomma, il Messico mira a presentarsi alla societ internazionale come un paese ormai

    stabilizzato e instradato verso lincivilimento.

    Meno di due mesi per dividono la fine delle celebrazioni dallavvio del ciclo rivoluzionario che avrebbe

    riportato alla ribalta della storia messicana e internazionale soggetti, temi e rivendicazioni fino ad allora

    ignorati, confinati ai margini o apertamente combattuti dal progetto di modernizzazione e

    occidentalizzazione promosso da Porfirio Diaz.

    Gli anni intorno al 1910 sono caratterizzati da una montante conflittualit sociale che ha favorito il

    radicamento delle ideologie internazionaliste, lattivismo del mondo cattolico, il ribellismo di quello

    contadino e lirrobustimento di unopposizione schiettamente politica al regime di Diaz.

    (Storia su Madero, Pancho Villa, Emiliano Zapata)

    La violenza politica e linstabilit endemica avrebbero costituito la cifra del Messico degli anni 20 del

    Novecento, contribuendo a conferire allimmagine internazionale del paese latinoamericano un tratto

    primitivo ampiamente sfruttato, sul piano della propaganda e della creazione artistica, dai sostenitori

    dellantimito e dellesotizzazione della Rivoluzione.

    Allinizio del decennio Jos Vasconcelos, prima rettore dellUNAM e poi Ministro delleducazione (1921-24),

    vara un ambizioso progetto di nazionalizzazione culturale e di diffusione capillare dellistruzione di base

    attraverso la figura del maestro rurale. Sono questi gli anni in cui vengono promosse le relazioni culturali fra

    gli intellettuali messicani e gli ambienti colti degli altri paesi del subcontinente, fra i quali si diffondono il

    mito e i linguaggi del populismo della Rivoluzione. Gli anni 20 sono poi contrassegnati da uno spettacolare

    conflitto con la chiesa, scatenato dallapplicazione radicale del dettato della Costituzione del 1917, che

    ridimensiona in modo sostanziale la presenza delle istituzioni ecclesiastiche nella societ messicana.

  • Esplode cos una nuova stagione di contrasti dal respiro regionale fra i poteri civili e religiosi, gli interessi

    locali e di classe. La radicalizzazione dellanticlericalismo catalizza in effetti in particolare a partire da taluni

    stati della repubblica unopposizione agli orientamenti del potere centrale post-rivoluzionario cui, in nome

    di cristo rey e della Guadalupe, partecipano anche i contadini. Noto come Cristiada, il movimento armato

    sarebbe stato per confinato grazie agi arreglos fra lo Stato e la chiesa del 1929. Sullo sfondo della ripresa

    della Cristiada (1936-39) e della fascinazione verso i fascismi europei di Vasconcelos in Messico ci si accinge

    ormai allistituzionalizzazione di un regime de facto a partito unico, che sarebbe stato retto fino al 2000

    dal Partido Revolucionario Institucional.

    Il mito della rivoluzione avrebbe per per molti versi deformato la percezione del tumultuoso processo di

    modernizzazione (americanizzazione la potremmo chiamare) che investe il Messico nel corso del secondo

    Novecento, accrescendone a dismisura la popolazione, ridefinendone gli equilibri interni, conducendo al

    gigantismo la sua capitale federale e avviando limponente fenomeno dellemigrazione verso gli USA.

    Tale processo viene delineato con grande efficacia da Carlos Fuentes ne La morte di Artemio Cruz (1962), in

    cui attraverso lo stream of consciousness del protagonista (figlio illegittimo di un possidente decaduto e di

    Isabel Cruz, la serva negra) mostra le vicende del Messico dal Porfiriato alla americanizzazione degli anni

    50.

    Capitolo 11

    Tra il 1878 e il 1885 le etnie indigene della regione pampeano-patagonica sono travolte dalle campagne

    militari con cui lo stato argentino instaura la propria sovranit su un territorio di circa 800 mila kmq. Popoli

    indigeni che da secoli abitano uno spazio che le carte geografiche hanno convenzionalmente definito

    Territorios indios del Sur sono incorporati entro i nuovi confini nazionali.

    Il rapido disciplinamento di ci che resta delle societ indigene, la disintegrazione di circuiti commerciali e

    di identit culturali ed etniche, la deportazione dei sopravvissuti e infine il sorgere di immensi latifondi

    gestiti da privati o da societ create per lo sfruttamento delle risorse naturali ci che avviene di l a poco.

    La conquista della Patagonia compiuta. La violenta azione dello stato spazza via il dominio indigeno.

    Con un lessico figurato e a forte carica simbolica, proclami, bollettini, di guerra, dichiarazioni ufficiali,

    rapporti di scienziati, danno corpo a un repertorio di immagini con cui dare conto della violenza di una

    conquista che mette a nudo unasimmetria incolmabile: quella che intercorre tra lazione di uno stato che

    occupa lo spazio di unalterit radicale e una societ indigena di nomadi barbari.

    La narrativizzazione della conquista si affida alla metafora del deserto e al modello del travel writing, che

    nella prima met dell800 ha canonizzato lo spazio patagonico con uno stereotipo (il vuoto) determinato

    da finalit di carattere politico, militare, letterario, scientifico.

    Sono le relazioni scientifiche, le dichiarazioni ufficiali, i bollettini di guerra, i rilevamenti topografici, a

    innescare un circuito di prestiti che d corpo a un repertorio di immagini funzionale alla costruzione del

    discorso nazionalista. Si veda come il generale Julio Roca elogia le truppe che, superato un confine

    invalicabile da secoli, sono dilagate in territorio patagonico rendendosi protagoniste di una grande

    crociata animata dal pi puro patriottismo contro la barbarie.

    La guerra si prefigura come una crociata che si combatte a difesa della civilt.

  • Con le campagne del deserto si gioca lultima partita dleloperazione avviata dalla letteratura argentina

    sulla pampa come paradigma identitario, territorio simbolico dellinclusione/esclusione, spazio del conflitto

    tra civilt europea e barbarie indigena.

    ancora una volta il territorio a costituire la base di una comunit nazionale. Il discorso sulla nazione che

    sorge dalla trasformazione del deserto in spazio civilizzato si misura ancora una volta con lanomia della

    natura americana e con la necessit di ricondurla sotto il dominio della cultura consegnando i territori

    patagonici allimmigrazione europea.

    La frontiera si prefigura come limite che protegge le identit culturali e relega al suo esterno laltro, il

    barbaro, il selvaggio.

    Fino agli anni 60 lArgentina reale finiva sulle sponde del Rio Colorado; la Patagonia era descritta dai

    manuali come un territorio pressoch sconosciuto, oltre i confini dellArgentina. Definito il deserto del sud

    che percorso soltanto dai nomadi, il territorio viene rappresentano come un territorio remoto.

    Le etnie patagoniche vengono stereotipate come popolazioni indomabili, che mantengono da secoli

    identiche caratteristiche, adattandosi alla presenza europea e al contatto con questultima solo nelluso del

    cavallo.

    Dieci anni pi tardi loccupazione militare a riconfigurare lidentit del corpo vuoto della nazione. La

    violenta espansione territoriale si giustifica con lassoggettamento degli indios, il ristabilimento dellordine

    interno, la colonizzazione del territorio.

    Nel circuito di prestiti reciproci tra topografia e letteratura, le carte geografiche concorrono a

    risemantizzare i nuovi confini della comunit politica, creano una nuova coscienza territoriale. Se le

    campagne militari hanno il compito di instaurare il dominio della Civilt e del Progresso, limmagine

    cartografica dovr attestare iconograficamente lappropriazione del territorio e la sua integrit etnica.

    Perci la topografia diventa fattore complementare alle narrative della conquista.

    Cancellando ogni traccia di barbarie, linvenzione visiva pu costruire la nazione come un soggetto

    collettivo che abita in un territorio nazionale.

    Se il generale Roca enfatizza con toni magniloquenti la conquista militare associandola ai pi alti destini

    della patria, il suo segretario, topografo e cronista ufficiale Manuel Olascoga a ricordare che il trionfo

    della geografia a imprimere un definitivo e durevole suggello al risultato ottenuto. Il controllo totale e

    permanente del territorio strappato al dominio selvaggio soprattutto unimpresa civilizzatrice condotta

    nel nome della geografia.

    Mentre sono ancora in corso le campagne militari, cartografi e scienziati procedono alla risignificazione del

    paesaggio patagonico. Loperazione che cancella la storica presenza indigena dalle carte geografiche si

    autogiustifica con lavanzata della civilt sugli spazi bianchi delle medesime.

    La rappresentazione cartografica vuole essere il racconto dellappropriazione della natura, dellespansione

    della civilt, delloccupazione del mondo selvaggio.

    Al centro del repertorio di immagini con cui militari e geografi narrativizzano la presa di possesso c ora la

    metafora della Patagonia come emporio di ricchezze. Lo spazio barbaro trasfigurato in ambito di

    espansione della civilt e linfinita disponibilit di terra vergine fa di questo territorio un eden australe,

  • trasforma questi deserti in regioni fertilissime. La retorica ufficiale magnifica le bellezze naturali della

    regione ai piedi della cordigliera, e declassa il capo indigeno a selvaggio.

    Gli sguardi del militare o del cartografo presentano molte affinit: in entrambi la Patagonia

    aprioristicamente disponibile alla colonizzazione in ragione del piacere estetico con cui la si rappresenta. Un

    filtro estetico-morale trasfigura il deserto in un paesaggio dellabbondanza. Ci che sopravvive delle

    societ indigene pu eventualmente essere incorporato nel grande movimento di espansione dellumanit

    e del progresso. Scena di manifest destiny, la Patagonia il cardine di una nuova mitologia territoriale: la

    comunit nazionale ritrova nel suolo il suo fondamento fisico e simbolico e affida allimmigrazione il

    compito di cancellare dal corpo della nazione i residui di barbarie eredit della colonia.

    Quanti abitano il deserto sono definiti salvajes, trib, indios. Questultimo termine designa chi sta al di l

    della frontiera della civilizzazione e gli indios possono di volta in volta essere considerati come amici,

    nemici, sottomessi, liberi, cio personificare soltanto opposizione o accettazione del sistema di valori

    del mondo bianco.

    La loro caratterizzazione ruota a ci che essi fanno in relazione al sistema di valori di chi li combatte: i

    disvalori degli uni sono funzionali a rafforzare i valori della societ bianca e civilizzata. il nomadismo la

    discriminante che giustifica la privazione del loro diritto alla terra, perch il selvaggio-nomade considerato

    un usurpatore del territorio nazionale, contro cui giusto sferrare una guerra di conquista interetnica.

    Nel repertorio di immagini necessario a costruire il discorso nazionalista, Il ritorno della razzia (1892) si

    Angel Della Valle, forse il quadro pi celebre della pittura argentina dell800, a consegnarci una nuova

    rappresentazione della frontiera tra patria e desierto. Il quadro offre una personale versione

    dellattraversamento della frontiera: la figura della donna bianca rapita appartiene ormai al passato; il

    desierto restituito al nuovo immaginario collettivo come spazio del desiderio, come luogo della

    riconciliazione tra il corpo indigeno e quello della donna bianca.

    Linesauribile giacimento di ricchezze naturali e paesaggistiche della regione lo si pu repertori are anche

    con un testo ibrido come il Viaje a la Patagonia austral, pubblicato nel 1879. unirresistibile pulsione a

    saldare la vocazione del geografo, geologo e paleontologo allimpresa civilizzatrice, a combinare genere

    autobiografico e impresa scientifica, ci che innesca la scrittura di viaggio di Francisco Moreno. Una natura

    solenne e grandiosa si conferma paradigma di bellezza nazionale e la sua estetica percezione dei luoghi

    descritti assegna alla natura la funzione di scena del destino di grandezza di una nazione in marcia verso il

    progresso.

    Lassimilazione forzata al nuovo ordine territoriale unoperazione che si accompagna al tentativo di

    ciudadanizar gli indios, destinandoli agli strati pi umili della societ, senza assicurare loro gli stessi diritti di

    cui godono i cittadini di un paese che riconosce il diritto di cittadinanza a tutti coloro che sono nati sul suolo

    argentino.

    Approfondimenti:

    Tehuelches (Patagoni): il nome attribuito alle prime etnie amerindie che hanno popolato lAmerica

    meridionale, precisamente le regioni della Pampa e della Patagonia. Erano perlopi nomadi, si muovevano

    da ovest a est, a seconda delle stagioni. Fernando Magellano ebbe i primi contatti con loro il 31 marzo

    1520. Lo scrivano della spedizione, Antonio Pigafetta, annot la singolare altezza di questi uomini e li

    chiam patagonesi, cio col nome della bizzarra e gigantesca creatura dal corpo umani e testa di cane di un

    romanzo cavalleresco spagnolo allora di grande fortuna. Oggi sopravvivono circa 4000 persone di etnia

  • patagona nelle riserve delle province argentine di Chubut e Santa Cruz. Come si pu facilmente dedurre, i

    patagoni si sono estinti principalmente a causa di epidemie portate dai conquistatori, da campagne di

    distruzione di massa condotte da spagnoli prima, argentini e cileni poi, e da attacchi e successivi

    assorbimenti da aperte di altri gruppi amerindiani, specialmente i mapuche (gente della terra).

    Capitolo 12

    Il governo federale fomenter limmigrazione europea e non potr restringere, limitare n gravare di

    imposte lentrata nel territorio argentino degli stranieri che abbiano come loro obiettivo lavorare la terra,

    migliorare le industrie e introdurre le scienze e le arti.

    Cos recita lart 25 della Costituzione Argentina del 1853. Larticolo accoglie i postulati di Domingo

    Sarmiento, il quale, nella sua opera pi famosa, Facundo. Civilizacin y barbarie (1845), aveva teorizzato

    larrivo in Argentina di unimmigrazione europea e in particolare anglosassone. Il flusso migratorio avrebbe

    avviato il paese verso un processo di modernizzazione da attuare attraverso lo sfruttamento economico

    degli immensi territori fertili della pampa.

    Del resto, le enormi potenzialit economiche della pampa erano state individuate fin dai primi decenni del

    XIX secolo dai viaggiatori europei, soprattutto inglesi.

    Si porta avanti cos il progetto avviato nel 1852 dal governo della Confederazione Argentina e poi da quello

    di Bartolom Mitre dellArgentina unificata, ovvero cambiare limmagine del paese per attrarre immigranti

    e investitori. Viene insomma a cadere la rappresentazione della pampa e della Patagonia come un deserto

    di valori civili per sostituirla con quella di un deserto di ricchezze naturali.

    Il progetto si realizzer con la Campagna del Deserto (1878-79), la spedizione militare promossa dal

    ministro della Guerra Adolfo Alsina, dal presidente della repubblica Avellaneda e dal generale Roca, con la

    quale si determina lo sterminio indigeno e si tracciano i confini dello stato-nazione.

    In seguito, larrivo di unimmigrazione contadina ed analfabeta, con prevalenza dellelemento italiano e

    spagnolo, provoca non poche polemiche per i complessi problemi di assimilazione e integrazione culturale e

    sociale determinati dalla massa immigratoria. La letteratura argentina non manca di registrare questi

    conflitti; il primo incontro letterario si verifica proprio in quella pampa di cui si auspicava lo sviluppo

    agricolo. A presentarlo il poema di Jos Hernandez, Martin Fierro. Quello del gaucho protagonista

    dlelopera con litaliano immigrante non certo un incontro pacifico: entrambi arruolati in difesa degli

    attacchi indigeni, solo litaliano riceve un compenso. Il gaucho si scaglia cos contro tutti i gringos italiani,

    dando il via a una serie di immagini negative e rappresentazioni conflittuali che marcheranno la presenza

    migrante in Argentina.

    Allimmigrante teorico indicato da Sarmiento comincia a sostituirsi quello reale. Ma il popolamento delle

    regioni interne viene in gran parte impedito dalla destinazione di grandi latifondi allallevamento del

    bestiame e dagli interessi dei proprietari terrieri. Cos, la necessit di popolare il paese e indirizzarlo verso

    lo sviluppo economico e il progresso grazie allimmigrazione straniera finisce per coinvolgere soprattutto

    Buenos Aires. Un processo di modernizzazione che la trasforma da grande villaggio coloniale a metropoli

    multietnica e industrializzata.

    Nel 1914 la citt superava il milione e mezzo di persone e di queste quasi un milione erano immigrati.

  • La presenza immigratoria modifica radicalmente lo spazio della citt. Buenos Aires mano a mano si espande

    sulla pampa, con la nascita di quartieri prevalentemente dalle fasce basse.

    Un evento su tutti favorisce la penetrazione degli immigrati nei quartieri considerati tradizionalmente

    centrali: nel 1871 unepidemia di febbre gialla, cui far seguito unaltra di colera, costringe le famiglie

    aristocratiche e oligarchiche ad abbandonare le loro dimore per trasferirsi nella zona nord della citt.

    Da allora in avanti prostitute, delinquenti, immigranti cominciano progressivamente a occupare gli edifici

    rimasti disabitati. Le caratteristiche di questi soggetti fa s che tali agglomerati urbani vengano chiamati

    conventillos (poi ad alcuni verr dato nome specifico, come nel caso di Babilonia).

    Per lintellettualit degli ultimi due decenni del XIX secolo, il conventillo stato soprattutto lo spazio del

    degrado.

    Profondamente delusi dalla tipologia di lavoratore straniero che invade il suolo argentino, diversi esponenti

    del naturalismo (perlopi di media e alta borghesia) vedono negli immigranti un elemento negativo per il

    progresso della nazione, appellandosi a supposte tare razziali ereditarie o a determinate caratteristiche

    somatiche che fanno dellimmigrante un soggetto socialmente inferiore se non addirittura pericoloso.

    Comune agli autori del naturalismo urbano anche il ricorso a descrizioni che mettono in rilievo una

    condizione di estrema sporcizia. Si tratta di riferimenti presenti pure nei testi di coloro che sono favorevoli

    al mantenimento della spinta immigratoria.

    Potremmo dire che il conventillo uno spazio eccentrico, a cui si ascrivono caratteri di povert, amoralit,

    sporcizia, delinquenza, prostituzione, malattie infettive e quantaltro possa essere indice di unarretratezza

    economica, sociale e culturale dalla quale impossibile riscattarsi. Nellimmaginario letterario, esso assume

    chiaramente una valenza culturale e sociale negativa.

    Tutto ci accentuato dalle modifiche al piano urbanistico della capitale attuate a partire dal 1880,

    quando vengono abbattuti una serie di edifici per dar vita a quella che sar lAvenida de Mayo, un grande

    viale sulle cui strade laterali direzionate verso nord si andr man mano a costituire lo spazio della city, delle

    vie commerciali, con banche compagnie straniere etc. In questo modo lAvenida rappresenta un netto

    spartiacque fra i quartieri sud della citt e quelli nord.

    A causa della penetrazione delle idee positiviste si elaborano a livello intellettuale piani dazione che

    coinvolgono le istituzioni e le scienze sociali, tesi a formulare una unit identitaria.

    Il termine razza viene posto al centro delle riflessioni proprio per il timore di una degenerazione razziale

    conseguente alla presenza migratoria. Il discorso positivista si cos incentrato sullindividuazione di una

    tipologia biologica dellimmigrante, che poco teneva conto degli aspetti emozionali e culturali del

    fenomeno migratorio. Su questa linea spicca la figura del medico e politico Ramos Meja, considerato il

    massimo rappresentante argentino dellorganicismo spenseriano, in base al quale le societ venivano

    analizzate come se fossero organismi vivi.

    Ramos Meja ripercorre le tappe della storia argentina per spiegare come nel paese si siano succedute tre

    moltitudini diverse (colonia, emancipazione cio lenta trasformazione della prima e tirannie) che hanno

    scandito le diverse fasi dello sviluppo della razza argentina.

    a Buenos Aires che iniziano le sue osservazioni sullimmigrante, che considera un essere inferiore. Due

    concetti del suo pensiero meritano di essere sottolineati: il primo riguarda il palurdo (termine col quale

  • definisce il contadino immigrante) contrapposto al noi argentino, pronome che sta ad indicare il ceppo

    originario della prima immigrazione spagnola. Il secondo riguarda il ruolo dellambiente come

    fondamentale per il miglioramento psichico, intellettuale e morale dellimmigrante. Bisogna quindi, per

    Meja, agire sui figli degli immigranti, ovvero sulla generazione su cui si basa lavvenire dellArgentina.

    Se quindi la societ immigratoria da un lato ha frenato il consolidamento nazionale, dallaltro proprio grazie

    alla presenza dei figli, possibile dar vita a un nuovo prototipo nazionale, a una razza nuova.

    Allo stesso modo, anche un allievo di Ramos Meja insiste sul ruolo dei figli degli immigranti come coloro in

    grado di sanare la politica nazionale dopo che i padri avevano contribuito a sviluppare le forze economiche

    del paese.

    Da nessuna parte mai arrivata una richiesta di chiusura totale delle frontiere, ma piuttosto di una

    selezione, culminata nella Ley de Residencia (1902) e poi in quella di Defensa social (1910). La prima

    prevedeva lespulsione di qualsiasi straniero che compromettesse la sicurezza nazionale o lordine pubblico,

    la seconda regolamentava lingresso degli stranieri e identificava quelle ideologie (socialismo e anarchia)

    che ledevano la sicurezza del paese.

    Intanto il conventillo si prende la sua rivincita nel momento in cui eletto a spazio privilegiato dal teatro

    popolare del sainete, atto unico in tre quadri di origine spagnola che diviene il genere di maggior successo

    in Argentina fra il 1880 e il 1930 circa. Dal conventillo, grazie al successo del sainete, si va sempre pi

    affermando un processo di integrazione che permette allimmigrante, come soggetto portatore di modelli

    culturali popolari, di penetrare a tutti i livelli della societ urbana argentina.

    I saineteros mettono in scena temi legati alla quotidianit e personaggi che creano situazioni comiche al

    limite del ridicolo. Su tutti spicca il personaggio dellimmigrante: spagnolo, ebreo, turco, ma soprattutto

    italiano (tano) che con il suo cocoliche (un misto di spagnolo, italiano e dialetto) d vita a un castigliano

    storpiato che suscita ilarit anche nelle situazioni pi serie.

    Il successo del sainete favorisce un movimento che dalle periferie del conventillo permette allimmigrante

    di espandersi verso un centro culturale e sociale, di diffondere un codice linguistico che va ad alimentare la

    polemica sulla lingua.

    Se il cortile (patio) del conventillo predomina come ambientazione in quanto metafora della convivenza,

    non lunico scenario cui ricorre il sainete. Tutta la citt coinvolta: pensioni, alberghi, empori, stazioni,

    osterie etc, ossia quei luoghi maggiormente frequentati dagli abitanti del conventillo per le loro attivit di

    svago o lavorative o per vie di atti di delinquenza.

    Nei primi decenni del 900 Buenos Aires era stata lo scenario delle tensioni fra modernit e tradizione,

    nazionalismo e cosmopolitismo, criollismo e immigrazione straniera su cui lintellettualit argentina

    discuteva e si confrontava a livello letterario.

    Approfondimenti:

    Gringo: viene generalmente applicato allo straniero che parla una lingua diversa da quelle dei paesi

    dellAmerica latina. Varie sono le teorie sulletimologia del termine: in un primo momento esso significava

    straniero che parla una lingua incomprensibile, in seguito alla guerra USA-Messico, il termine inizi a

    denominare qualcuno di origine inglese (evoluzione di green go usato dallesercito USA). Oggigiorno la

  • parola non ha alcuna connotazione negativa, ma si riferisce principalmente allo straniero di lingua inglese o

    alleuropeo.

    Lunfardo: nel sainete e anche in altre commedie dlelepoca veniva riprodotto un gergo dello spagnolo,

    sorto inizialmente in ambienti criminali, ovvero il lunfardo parola probabilmente derivante da

    lombardo. Carcerati e delinquenti invertivano lordine consueto delle sillabe di un termine per non farsi

    comprendere dalle guardie e dalla polizia; da qui largot si svilupp nel resto della citt.

    Capitolo 16

    Il meccanismo della tratta transatlantica ebbe inizio pochi anni dopo larrivo di Cristoforo Colombo nelle

    Antille e interess lintero continente americano per circa 3 secoli. In questo lungo lasso di tempo fu

    deportata una tale massa di uomini, donne e bambini da produrre una gigantesca diaspora africana,

    legittimata dallelaborazione di unideologia razzista europea e da unorganizzazione giuridica impegnata a

    stabilire norme per la gestione del traffico negriero, denominate in Spagna Cdigos negros.

    Prendendo come spunto la riflessione poetica del poeta cubano e mulatto Nicolas Guilln, importante la

    questione della cancellazione identitaria seguita da unaltrettanto programmata ridefinizione mercantile

    che sta alla base della storia dei negri nelle Americhe.

    Dalle navi pestilenti comandate da commercianti a cui stato conferito un asiento reale (un regolare

    monopolio concesso dalla corona spagnola) sbarcano nei porti doltremare non esseri umani, ma piezas, da

    intendersi non solo nel loro significato letterale di oggetti ma anche nel senso pi ampio e metaforico di

    pedine dello scacchiere coloniale.

    Questo processo di cosificazione viene completato dallimposizione di un perenne marchio di fabbrica: il

    cognome del primo padrone, elemento che distrugge per sempre le geografie fisiche e familiari degli

    schiavi, ormai ridotti a pezzi.

    Gi allorigine, nelle factorias africane, vengono smembrati i nuclei familiari e ignorati i luoghi di

    provenienza in una programmatica negazione di identit e un pi agevole controllo dellordine pubblico.

    Ancor prima dellimbarco, dunque, iniziava per i futuri schiavi americani un processo di alienazione

    culturale noto come detribalizzazione, che si completava nella miniera o nellingenio. Lingenio, ingegno in

    italiano, era una tipica fattoria che comprendeva piantagioni di una pianta originaria della Nuova Guinea e

    strutture per la sua spremitura e trasformazione in zucchero e alcol. Gli schiavi impiegati nellingegno

    sostenevano ritmi di lavoro disumani e di notte venivano rinchiusi in rustiche baracche. Nel corso dell800

    Cuba si trasform nel pi importante paese produttore di zucchero del mondo. I piccoli ingegni si

    trasformarono in industrie moderne attraverso lutilizzo della macchina a vapore.

    A questa raffigurazione del negro deportato si associa unimmagine complementare rappresentata dal

    bozal, la museruola di ferro che serra la bocca. Essa designa sia lo schiavo fresco di traversata ma gi

    consunto dai castighi, sia il misero castigliano che egli costretto a balbettare per rispondere non solo agli

    ordini del caporione, ma anche per comunicare in modo elementare con i compagni di sventura.

    Con essi, infatti, raramente condivide la stessa lingua madre, considerato che mantenere rigorosamente

    separati i gruppi etnici dorigine favoriva notevolmente il controllo di eventuali impulsi di ribellioni

    collettive.

  • Uno degli effetti pi significativi di tale commercio fu senzaltro la moltiplicazione delle dicotomie: si and

    intensificando il conflitto tra liberi e schiavi, tra bianche morigerate e negre lascive, tra nativi mansueti e

    stranieri selvaggi, condannati alla pi totale ignoranza ed emarginazione sociale.

    Secondo lantropologo brasiliano Darcy Ribeiro la detribalizzazione del negro e la sua con-fusione nelle

    societ neoamericane furono il pi importante movimento di popolazione e il pi drammatico processo di

    deculturazione della storia delluomo (quasi la met della popolazione dei Popoli Nuovi dellintero

    continente era, alla fine del secolo scorso, negra e mulatta).

    Gli schiavi negri, a differenza degli indios che venivano considerati pi plasmabili dai missionari, non erano

    evangelizzabili (veniva solo loro imposto un frettoloso battesimo prima di scendere dalle navi e non ci si

    preoccupava di verificare che la loro conversione fosse sincera), non avevano nulla da raccontare perch

    venivano da troppo lontano, n nulla da mostrare perch arrivati a mani vuote. Su di loro, sulle loro lingue

    dorigine e credenze religiose, perci, non avrebbe avuto alcun senso scrivere, come invece era accaduto

    nel caso di alcune etnie di nativi, historia pi o meno confutabili n compilare dizionari pi o meno

    incompleti. Gli unici libri destinati a considerarli con seriet furono necessariamente i gi citati Cdigos

    negros, compilati per il controllo giuridico del traffico negriero.

    Tuttavia, vi fu anche chi percep con benevola curiosit la condizione straniera degli schiavi. In seguito, la

    tipizzazione caricaturale del maschio ottuso e scimmiesco, della negra dagli smodati appetiti sessuali e della

    mulatta di facili costumi ebbe la sua apoteosi a Cuba nel corso del XIX secolo sia nelle tele di costume sia

    nel popolare repertorio dei bufos habaneros, che facevano largo uso dello spagnolo bozal come lingua

    artificiale e letteraria, insistendo sullincorreggibile goffaggine comunicativa dei negri dovuta a unatavica

    ignoranza, oltre che al loro carattere festivo e chiassoso, probabile residuo di barbarie.

    Lopera che meglio focalizza e problematizza lambiguit della meticcia nel suo difficile contesto sociale

    Cecilia Valds di Cirilo Villaverde, romanzo uscito in due versioni nel 1839 e nel 1882, che contribu alla

    trasformazione della mulatta in archetipo novecentesco di irresistibile seduttrice.

    Diversi furono gli scrittori, nel continente americano e non solo, che affrontarono il tema della schiavit

    esprimendosi per la sua abolizione, come la statunitense Harriet Beecher Stowe, autrice di un romanzo di

    straordinario successo, La capanna dello zio Tom, del 1852.

    Tutti costoro che vengono definiti scrittori abolizionisti o antischiavisti furono responsabili della

    diffusione di due stereotipi: da un lato lo schiavo umile e fedele e la servizievole e remissiva mami,

    dallaltro il violento e istintivo cimarrn e la mulatta assatanata e vendicativa.

    Frequenti furono le rivolte degli africani fin dal secolo XVI e ci dagli USA fino a tutto il Sudamerica. In

    realt, la resistenza iniziava gi nelle factorias e proseguiva durante la traversata, in cui non rare erano le

    ribellioni ed i suicidi. Il fuggiasco trovava riparo nei boschi e sulle montagne e assumeva la condizione di

    cimarrn (termine col quale normalmente si designava il toro brado scappato dallallevamento). Navarrete

    distingue tra pequeo cimarronaje, ossia un abbandono temporaneo del lavoro per negoziare col padrone

    migliori condizioni di vita, e gran cimarronaje, affrontato da coloro che cercavano la libert definitiva e non

    esitavano a fondare comunit o a raggiungere gruppi di fuggiaschi gi ben organizzati.

    Agli schiavi pi fortunati (che rimanevano nelle piantagioni, svolgevano servizio domestico etc) si

    aprivano alcune timide prospettive conviviali offerte dal sistema coloniale, certamente al fine di controllare

    meglio il comportamento dei singoli e contenere le energie del gruppo. La pi bianca era quella di

    partecipare alle attivit delle confraternite religiose, in preparazione di feste e processioni, prima fra tutte

  • quella del corpus domini in cui ai negri si concedeva di suonare i tamburi e di esibirsi nelle danze. Una

    seconda possibilit erano i cabildos, anchessi forme di riunione devozionale di origine spagnola, che

    tuttavia permettevano agli afrodiscendenti di riunirsi in base alletnia di origine, favorendo cos forme

    associative clandestine di mutuo soccorso, grazie alle quali aiutarsi in caso di malattie o altre difficolt,

    raccogliendo denaro per riscattare altri schiavi della stessa nazione.

    Alla positiva accettazione del modello monoteista cattolico contribuiva il fatto che esso prevedesse uno

    spiccato culto per le immagini e le esemplari vite dei santi. Ci facilit una graduale identificazione dei santi

    stessi con gli orichas africani e lo sviluppo di pratiche, orazioni e narrazioni primitivamente transculturali.

    Nel corso dell800 presero piede anche le prime societ segrete negre. A Cuba, una di esse, denominata

    Abaku, diede vita a una nuova forma di sincretismo religioso, apportando elementi cattolici al corpus delle

    credenze e pratiche animiste dei suoi seguaci.

    Attribuire agli afrodiscendenti americani uninnata propensione alla musica e alla danza un luogo comune

    che inizia a farsi strada durante il XIX secolo e deriva in parte dal fatto che i negri liberi, non potendo

    intraprendere la carriera ecclesiastiche o svolgere professioni nobili quali lavvocatura o la medicina,

    cominciarono a dedicarsi alla pratica strumentale e compositiva.

    A Cuba la forte richiesta di musica da ballo da parte dei fruitori bianchi della buona borghesia criolla,

    propensi a divertirsi, stimolava le orchestre formate da musicisti negri ad introdurre accenti di vitalit nei

    brani di tradizione europea quali valzer, polke etc.

    Allinizio del Novecento le avanguardie europee mostravano una forte attrazione per lAfrica come

    continente primitivo e perci stesso stimolo di sperimentazioni formali e occasione di rottura con la

    tradizione ottocentesca di derivazione classico-rinascimentale. Il capolavoro di Picasso che pi di ogni altri

    testimonia un cambiamento radicale nellestetica occidentale Les demoiselles dAvignon del 1907.

    Anche alcuni esponenti delle avanguardie latinoamericane intorno agli anni 30 iniziano a professarsi

    nerista, da un lato impegnati e riflettere sulle esperienze, il linguaggio e i simboli di unafricanit condivisa

    al di l della propria condizione razziale, dallaltro responsabili della creazione di idee stereotipate

    dellafroamericano.

    A Cuba molti intellettuali e artisti si erano avvicinati alla questione negra gi dagli anni 20, attraverso le

    riflessioni e le attivit del Grupo Minorista, ordinando e traducendo ci che presumevano fosse

    lespressione razziale negra (tra gli esponenti: Emilio Ballagas, Nicolas Guilln, Alejo Carpentier).

    Contemporaneamente alla diffusione in Europa e nei Caraibi del negrismo e della negritud, nella regione

    andina si affermava lindigenismo.

    Il filosofo messicano Leopoldo Zea fa notare che negritud e indigenismo non hanno la stessa origine: se la

    negritud nasce tra coloro che hanno vissuto la discriminazione razziale e tra le due guerre mondiali hanno

    creato un concetto da opporre alluomo bianco e oppressore, lindigenismo non ha la propria origine

    nellindigeno ma in seno a una comunit di criollos e meticci che fanno coscientemente parte di una

    comunit nazionale latinoamericana e che desiderano inserirvi anche il soggetto indio, la cui assimilazione

    considerata urgente e necessaria.

    noto che una volta raggiunta lindipendenza llite criolla torn a considerare lipotesi di uninferiorit di

    tutto il passato coloniale latinoamericano e si pose il traguardo di raggiungere il progresso negando sia la

  • barbarie rappresentata dal passato indigeno e iberico sia qualsiasi forma di ibridizzazione e meticciato da

    essa derivante.

    A questo modello si opposero il cubano Jos Mart e luruguaiano Jos Enrique Rod, che affermarono

    linutilit di imitare gli europei. Un ulteriore salto di qualit venne infine compiuto dai peruviani Carlos

    Maritegui e Manuel Prada e consistette nel superare il concetto di razza ed affrontare il problema in

    termini di lotta di classe.

    Lindigenismo era destinato cos a trasformarsi in latino americanismo, espressione di una lotta interna ed

    esterna per mettere fine a una situazione di dominazione e di dipendenza.

    La negritud, invece, un pensiero che si sviluppa tra persone dalla pelle scura discriminate con il pretesto

    del colore. La preoccupazione che accomunerebbe nerista e indigenistas quella per il meticciato. Anche il

    negro, rivendicando la propria negritud, sostiene il diritto ad assimilare le espressioni culturali di altri

    uomini, concretamente dei bianchi. Zea dunque convinto che il meticciato sia unaffermazione di

    negritud, un tentativo di incorporare ed assimilare, non di essere incorporati ed assimilati.

    Durante la conferenza mondiale contro il razzismo tenutasi a Durban nel 2001, le Nazioni unite hanno

    ufficialmente riconosciuto che la tratta negriera e la schiavit fossero crimini contro lumanit.

    Capitolo 17

    Nel panorama negrista ispanoamericano della prima met del Novecento, Cuba assunse certamente un

    ruolo di grande rilievo.

    Studiare la presenza africana, quindi, divenuto un modo per riflettere e problematizzare la compresenza

    di diverse componenti etniche in un medesimo territorio, ha significato mettere in conto la composita

    compagine culturale e sociale cubana e, per estensione, ispanoamericana, analizzando i difficili processi di

    integrazione dellaltro, del diverso.

    Fernando Ortiz pu essere considerato senza dubbio il patriarca della riscoperta del negro a Cuba. La sua

    vasta produzione risulta essere ancora oggi un pilastro fondamentale per lo studio delle dinamiche

    interrazziali e sociali dellisola.

    Lydia Cabrera stata la prima donna cubana a seguire la lezione del maestro Ortiz. Alejo Carpentier, infine,

    non fu unicamente il raffinato e colto romanziere che tutti noi conosciamo, ma un intellettuale impegnato

    in unintensa attivit giornalistica a servizio della patria, un importante teorico della letteratura e un

    esperto entusiasta di architettura e musica.

    Pur essendo cresciuto a Minorca e avendo studiato giurisprudenza a Barcellona e a Madrid, Fernando Ortiz

    visse il resto dei suoi giorni allAvana, esercitando solo per pochi anni il mestiere di avvocato e dedicandosi

    invece anima e corpo allo studio, comprensione e riscatto del patrimonio culturale della nazione cubana

    attraverso le sue molteplici componenti, prime fra tutte quella negra e meticcia.

    Non sorprende che partecipasse alla fine degli anni 20 alle riunioni del Grupo Minorista e nel 1937

    fondasse insieme a Alejo Carpenier e a Nicolas Guilln la prima Sociedad de Estudios Afrocubanos, che

    metteva al centro dei propri interessi programmatici lo studio del meticciato e la confutazione del razzismo

    come ostacolo allintegrazione nazionale. Del resto proprio a lui che si deve la felice metafora dellajiaco,

    minestrone, dove ingredienti europei, africani ed americani si fondono al calore dei tropici e soprattutto

    lelaborazione del concetto di transculturacin.

  • Nel Contrappunto, letnologo cubano proponeva una disputa tra Don Tabaco y Doa Azucar, i prodotti pi

    importanti della storia economica e culturale cubana.

    Lidentit etnica che pare come risultato di nuove condizioni sociali esigeva un quadro generale di

    comprensione del passato e del presente del popolo cubano. Aveva bisogno, insomma, di una spiegazione

    documentata dellambiente storico in cui esso affondava le proprie radici.

    Ortiz aveva fatto un lungo apprendistato, come quando, prima della nascita del Grupo Minorista, aveva

    pubblicato alcune opere con lidea di opporsi alla forza egemonica della lingua dei colonizzatori.

    L procedimento usato da don Fernando per rifiutare le etimologie del dizionario della Real Academia

    spagnola smascherando come afrocubanismi certi termini attribuiti a fonti europee, si rifaceva alla

    filologia comparativa del 700 e 800.

    Molto pi solide erano le competenze musicologiche di don Fernando, che dedic ben 5 volumi alla

    catalogazione e allo studio de Los Instrumentos de la musica afrocubana (1952).

    Ortiz si proponeva poi di mettere in luce alcune caratteristiche psicosociali dei negri cubani spiegando

    come, per esempio, certe manifestazioni di sensualit corporale tipiche di alcuni balli come la rumba,

    stigmatizzate come lasciva ma al contempo apprezzate a teatro, al cinema e nei locali, avessero unorigine

    rituale e fossero legate ai miti della fecondit.

    Se a tutto ci finora ricordato aggiungiamo pure lattenzione di Ortiz verso le diverse forme di sincretismo

    religioso, la definizione di lui come terzo scopritore di Cuba dopo Colombo e Alexander von Humboldt

    suonerebbe abbastanza ragionevole.

    Ortiz fondatore della patria cubana, dunque? Certamente s, ma non nel senso di patriarca, quanto

    piuttosto di abridor de caminos.

    Lydia Cabrera (1899-1991) rappresenta una delle espressioni pi interessanti del racconto ispanoamericano

    grazie al suo importante lavoro di recupero della ricchezza del folklore africano, oltre ad essere una

    importante esponente della volont di aprirsi e di recepire la cultura meticcia afrocubana.

    Figlia di uno dei padri della patria, Raimundo Cabrera y Bosc, e appartenente alla aristocrazia cubana, Lydia

    vive uninfanzia dorata, con insegnanti privati e circondata da balie e da servit nera che costituiscono il

    primo contatto con la cultura africana, approfondita nel 1927 quando si reca a Parigi a studiare pittura. Tale

    circostanza sar fondamentale per una presa di coscienza del ruolo e dellimportanza della componente

    africana allinterno dlelidentit cubana; tutto ci, insieme allesperienza delle avanguardie, allamicizia con

    Garcia Lorca e con Teresa de la Parra, emerger con forza dai suoi racconti.

    Nel 1938 la scrittrice ritorna a Cuba con unidea precisa del suo futuro, cio studiare la cultura e le religioni

    di origine africana. Da quel momento lo studio della cultura nera cubana incessante, cos come la

    coscienza della necessit di salvarne leredit. La prima edizione spagnola di Cuentos negros de Cuba viene

    pubblicata nel 1940 allAvana.

    Nel 1971, gi nellesilio USA, Ediciones Universal d alle stampe la terza raccolta di racconti, i quali si

    focalizzano sulla poesia, sulla musica e sui valori delle manifestazioni primitive della civilt afrocubana, che

    vanno da contenuti mitici a scene umoristiche attraverso quattro categorie tematiche: luniverso africano,

    gli animali personificati, lafricano e il rapporto con gli dei, gli animali, e la sua natura e il destino

    delluniverso africano.

  • Linteresse per leredit africana trova la sua fonte vitale nelletnologia e nellantropologia, ambiti in cui

    Lydia Cabrera pubblica molteplici testi tra cui primeggia El monte (1954), un libro eterogeneo, frutto di

    viaggi e ricerche compiuti in tutta lisola. Instancabile nel tempo la sua ricerca nel rilevare limportanza

    delleredit lasciata dallelemento magico e religioso e dalle pratiche dei neri importati dallAfrica.

    Lopera che le ha assicurato fama imperitura, Cuentos negros de Cuba, racconta il fenomeno della

    transculturazione attraverso la trascrizione e la ricreazione poetica di leggende, miti, tradizioni, credenze,

    racconti, da sempre riportati oralmente di generazione in generazione e da lei ascoltati fin dalla prima

    infanzia. Iniziata al folklore cubano dal cognato Fernando Ortiz, la scrittrice, come gi rilevato, analizza

    durante tutta la sua esistenza la cultura afrocubana da prospettive molteplici che vanno dal punto di vista

    artistico a quello linguistico-antropologico.

    La sua narrativa contribuisce, pertanto, alla formazione di una coscienza culturale, in cui inclusa

    lesistenza di una parte africana come componente dellidentit cubana, la quale apporta un valido

    contributo alla formazione della consapevolezza nazionale.

    La scrittrice, nella resa letteraria della tradizione narrativa orale, supera qualsiasi divisione, consacrando la

    definitiva apertura alla scrittura letteraria del racconto nero e alla sua importanza come dato

    antropologico.

    Lautrice propone il racconto dei miti yoruba come ricreazione personale e come possibilit di esprimere

    uno degli aspetti delluniverso del suo paese. Gli avvenimenti di queste leggende, tradotti in racconti, non

    hanno pi uno specifico contesto africano, si situano in un indeterminato ambiente cubano senza tempo.

    Cuentos negros sono un esempio di equilibrio tra tradizione negra e creazione individuale, tra recupero

    della radice africana e invenzione di episodi e intrecci che non appaiono nelle versioni originali, bench

    coerenti con quel tipo di mentalit.

    Gli episodi sono frutto della fantasia dellautrice, sia pure governati da fattori relazionati con la mentalit

    africana. Alcuni testi presentano storie affini con le vicende del panteon yoruba, altri fanno parte delle

    categorie delle favole, altri ancora derivano dalla tradizione cubana.

    Fernando Ortiz, nella presentazione di Cuentos negros, osserva che la maggior parte di questi testi sono di

    origine yoruba, in molti si avverte linfluenza della cultura dei bianchi e in alcuni si rilevano interessanti

    fenomeni di transculturazione culturale, come quando la voce narrante racconta di un dio impiegato civile

    o capo dei pompieri.

    Lintera narrativa di Lydia Cabrera pone i riflettori sullesistenza della sostanziale parte africana nellidentit

    cubana e contribuisce alla definizione dellidentit nazionale. In questo senso la focalizzazione

    transculturale su cui fonda la sua narrativa importante in quanto lautrice scrive per tutti i cubani,

    introducendo una serie di valori considerati fino ad allora inferiori ed estranei, bench presenti nella

    regione fin dal XVI secolo. La singolarit delloperazione consiste nella novit di una donna bianca che,

    partendo dalla sua esperienza persona, propone linserimento della cultura degli schiavi in quella dei

    padroni.

    Lindubbio americanismo che permea la sterminata produzione saggistica, giornalistica e narrativa di Alejo

    Carpentier (1904-1980) non trae le sue premesse dalla volont di caratterizzare lAmerica Latina, sembra

    piuttosto fondarsi su unassenza.

  • La cifra narrativa dellautore riflette la consapevolezza dellimpossibilit di realizzare un lineare e definitivo

    studio delle filiazioni del continente che, condizionato dallo strappo della conquista, costretto ad

    assumere un nuovo corso storico, una nuova veste, una nuova identit. Tale sensazione di incompletezza

    risulta essere il motore dellattivit creativa, tutta tesa a rintracciare una formula in grado di esprimere la

    complessit del reale attraverso la rappresentazione di etnie, culture e religioni che si intrecciano in un

    medesimo territorio.

    Lo sradicamento e libridismo delle origini trovano inoltre una perfetta specularit nella vicenda intima

    dellautore, figlio di padre francese e di madre russa, in fuga verso Cuba alla ricerca di un mondo migliore.

    Il profondo sentimento di inadeguatezza che caratterizza la lettera di Carpentier si manifesta anche nella

    condizione di eterno migrante, istallato polemicamente tra la Vecchia Europa e il Nuovo Mondo, tra Cuba e

    il resto dellAmerica Latina (in qualit di corrispondente allestero e di giornalista).

    Alejo scopre nello spagnolo la sua forma ideale di espressione solo dopo essere passato per la lingua

    madre, il francese, colpevole di avergli impresso un fastidioso accento gutturale che testimonia, ancora una

    volta, la sua permanente condizione d straniero. Esplora quindi i limiti del linguaggio attraverso le

    sperimentazioni avanguardiste del surrealismo, nella sua intensa esper