Italian Health Policy Brief Giugno 2012

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WWW.ABOuTPHARMA.COM Italian Health Policy Brief SPECIALE GIuGNO 2012 Italian Health Policy Brief Italian Health Policy Brief Sommario 1. Razionale ed evidenze a favore del modello di assistenza al diabete basato sulle “Strutture di Diabetologia”; 2. La rete delle Strutture di Diabetologia: fotografia dell’esistente; 3. La Struttura di Malattie Metaboliche e Diabetologia; 4. Infermiere funzionalmente dedicato con formazione nel settore diabeto- logico; 5. Dietista funzionalmente dedicato con formazione nel settore diabetologico; 6. Assistenza al paziente con diabete ri- coverato in ospedale; 7. La rete dei Servizi di Diabetologia Pediatrica: fotografia dell’esistente e proposte per una ottimizzazione della prevenzione e cura delle varie forme di diabete in età pediatrica 1. Razionale ed evidenze a favore del modello di assistenza al diabete basato sulle “Strutture di Diabeto- logia” Numeri e costi del diabete, anno 2011 Negli ultimi anni la diffusione del diabete mellito ha subìto un incremento esponen- ziale, tanto da acquisire, a dea dell’Orga- nizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i caraeri di un’epidemia. Dati recenti relativi a studi di popolazione effeuati a Torino, Firenze, Venezia (1-3), così come l’annuario statistico Istat 2010, indicano che è affeo da diabete il 4,9% degli italiani (di cui 5% donne e 4,6% uo- mini). È altresì noto che esiste una quota elevata di casi di diabete misconosciuto, stimabile in una percentuale pari ad almeno il 50% di quello noto (4-6). Se non si appronte- ranno misure adeguate di prevenzione e di cura, tali numeri sono destinati a raddop- piare entro il 2025. L’assistenza al diabete è una componente essenziale nel controllo degli alti costi sani- tari della malaia che, nei Paesi europei, Italia inclusa, rappresentano circa il 7-10% della spesa sanitaria globale. Gli oneri sanitari per il diabete, determinati dai ricoveri ospedalieri e dalle complicanze croniche, non già dall’assistenza speciali- stica o dalla spesa farmaceutica, sono in progressivo aumento (aualmente il dia- bete occupa il secondo posto tra le patologie per i più alti costi direi). In assenza di complicanze, i costi direi sono pari a circa 800 €/anno a persona, mentre in presenza di complicanze possono variare tra i 3000 e i 36.000 €/anno a persona (7-9). Organizzazione dell’assistenza al paziente con diabete in ospedale e sul territorio SPECIALE Redatto dal gruppo di lavoro* e dalle società scientifiche AMD - SID - SIEDP - OSDI

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Organizzazione dell’assistenza al paziente con diabete in ospedale e sul territorio

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SPECIALE GIuGNO 2012

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Italian Health Policy Brief

Sommario1. Razionale ed evidenze a favore del

modello di assistenza al diabete basatosulle “Strutture di Diabetologia”;

2. La rete delle Strutture di Diabetologia:fotografia dell’esistente;

3. La Struttura di Malattie Metabolichee Diabetologia;

4. Infermiere funzionalmente dedicatocon formazione nel settore diabeto-logico;

5. Dietista funzionalmente dedicato conformazione nel settore diabetologico;

6. Assistenza al paziente con diabete ri-coverato in ospedale;

7. La rete dei Servizi di DiabetologiaPediatrica: fotografia dell’esistente eproposte per una ottimizzazione dellaprevenzione e cura delle varie formedi diabete in età pediatrica

1. Razionale ed evidenze a favore del modello di assistenza al diabetebasato sulle “Strutture di Diabeto-logia”

Numeri e costi del diabete, anno 2011Negli ultimi anni la diffusione del diabetemellito ha subìto un incremento esponen-

ziale, tanto da acquisire, a detta dell’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità (OMS), icaratteri di un’epidemia.Dati recenti relativi a studi di popolazioneeffettuati a Torino, Firenze, Venezia (1-3),così come l’annuario statistico Istat 2010,indicano che è affetto da diabete il 4,9%degli italiani (di cui 5% donne e 4,6% uo-mini).È altresì noto che esiste una quota elevatadi casi di diabete misconosciuto, stimabilein una percentuale pari ad almeno il 50%di quello noto (4-6). Se non si appronte-ranno misure adeguate di prevenzione e dicura, tali numeri sono destinati a raddop-piare entro il 2025.L’assistenza al diabete è una componenteessenziale nel controllo degli alti costi sani-tari della malattia che, nei Paesi europei,Italia inclusa, rappresentano circa il 7-10%della spesa sanitaria globale.Gli oneri sanitari per il diabete, determinatidai ricoveri ospedalieri e dalle complicanzecroniche, non già dall’assistenza speciali-stica o dalla spesa farmaceutica, sono inprogressivo aumento (attualmente il dia-bete occupa il secondo posto tra le patologieper i più alti costi diretti). In assenza dicomplicanze, i costi diretti sono pari a circa800 €/anno a persona, mentre in presenzadi complicanze possono variare tra i 3000e i 36.000 €/anno a persona (7-9).

Organizzazione dell’assistenza al paziente con diabete

in ospedale e sul territorio

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Redatto dal gruppo di lavoro* e dalle società scientifiche AMD - SID - SIEDP - OSDI

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In Italia, la cura delle persone con diabeteè sancita dalla Legge 115/87 la quale garan-tisce a tutti i pazienti diabetici l’assistenzaspecialistica diabetologica e identifica, inbase all’art. 2, la “Struttura di Diabetolo-gia” come l’unità organizzativa per l’eroga-zione delle prestazioni e dei presidinecessari.

Le Strutture di DiabetologiaSulle Strutture di Diabetologia grava un ca-rico assistenziale importante: i dati di 236strutture specialistiche italiane (10) ripor-tano che, a fronte di un carico mediano di1575 (range 100-7507) assistiti per strut-tura, nel 2009 i nuovi accessi sono stati ri-spettivamente pari al 7,3% per il diabetetipo 1 e pari al 12,3% per il diabete tipo 2.Quindi, ogni anno, un numero crescentedi persone con diabete si rivolge alle strut-ture specialistiche, con una frequenza cheè funzione dell’aumento di incidenza deldiabete, e della complessità e gravità delquadro clinico.Discende da questa premessa la necessitàprioritaria di un’adeguata allocazione di ri-sorse per il potenziamento di un modelloorganizzativo di cura che si è dimostratoefficace nel migliorare gli esiti e i costi dellamalattia.In questa ottica, dati internazionali sottoli-neano come siano la strutturazione del per-corso di cura (Structured Care o PercorsoDiagnostico Terapeutico Assistenziale[PDTA]), la qualità dell’assistenza, valutatasia come processo sia come esito interme-dio (11,12), e il richiamo periodico a ga-rantire la (4) miglior prognosi del pazientediabetico (13). Altre pubblicazioni eviden-ziano come l’assistenza specialistica opericon particolare tempestività nell’avvio di te-rapie più complesse e risolutive (14), e sidimostri efficace nel prevenire le compli-canze (15).In Italia, l’impatto positivo delle Strutturedi Diabetologia sugli esiti, in particolaresull’aspettativa di vita e sulla mortalità car-diovascolare, è stato segnalato sin daglianni ’90. Alcuni studi osservazionali(16,17) hanno evidenziato, da una parte,un’aspettativa media di vita maggiore dicinque anni e, dall’altra, una riduzione dicirca il 30% della mortalità cardiovascolare

nei pazienti diabetici regolarmente presiin carico dalle Strutture di Diabetologia ri-spetto ai pazienti non seguiti anche a li-vello specialistico.Dati italiani dimostrano che la sinergia tral’assistenza specialistica delle Strutture diDiabetologia e la Medicina generale riducesino al 65% i ricoveri ospedalieri del pa-ziente diabetico e sino al 25% la degenzaospedaliera (18) e triplica la probabilità cheil paziente sia seguito secondo le linee guida(19).Recentemente, uno studio di coorte su tuttii pazienti con diabete mellito della città diTorino, seguiti prospetticamente per quat-tro anni, ha evidenziato che i diabetici incarico alle strutture, e con buona aderenzaalle linee guida, presentano una riduzionesino a due volte della mortalità totale, car-diovascolare e per cancro rispetto ai pa-zienti non in carico alle strutture e nei cuiconfronti non siano state applicate le lineeguida (20).

Punti e messaggi chiave

Dati recenti relativi a studi di popola-zione effettuati a Torino, Firenze, Ve-nezia (1-3), così come l’annuario sta-tistico Istat 2010, indicano che è affettoda diabete il 4,9% degli italiani (5%donne e 4,6% uomini).

L’assistenza al diabete è una compo-nente essenziale nel controllo degli alticosti sanitari della malattia che, neiPaesi europei, Italia inclusa, rappre-sentano circa il 7-10% della spesa sa-nitaria globale.

La cura delle persone con diabete inItalia è sancita dalla Legge 115/87 laquale garantisce a tutti i pazienti dia-betici l’assistenza specialistica diabe-tologica e identifica, in base all’art. 2,la “Struttura di Diabetologia” comel’unità organizzativa per l’erogazionedelle prestazioni e dei presidi neces-sari.

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Bibliografia

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11. Belfiglio M, De Berardis G, Franciosi M, Ca-valiere D, Di Nardo B, Greenfield S, KaplanSH, Pellegrini F, Sacco M, Tognoni G, Valen-tini M, Nicolucci A, Caimi V, Capani F, CorsiA, Della Vedova R, Massi Benedetti M, Ni-colucci A, Taboga C, Tombesi M, VespasianiG; QuED Study Group--quality of care andoutcomes in type 2 diabetes. The relationshipbetween physicians' self-reported target fa-sting blood glucose levels and metabolic con-trol in type 2 diabetes. The QuED StudyGroup--quality of care and outcomes in type2 diabetes. Diabetes Care 2001;24:423-9.

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14. Shah BR, Hux JE, Laupacis A, Zinman B, vanWalraven C. Clinical inertia in response toinadequate glycemic control: do specialists dif-

Ogni anno, un numero crescente dipersone con diabete si rivolge alle strut-ture specialistiche, con una frequenzache è in funzione dell’aumento di in-cidenza del diabete, e della complessitàe gravità del quadro clinico. Discendeda questa premessa la necessità prio-ritaria di un’adeguata allocazione dirisorse per il potenziamento di un mo-dello organizzativo di cura che si è di-mostrato efficace nel migliorare gliesiti e i costi della malattia.

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fer from primary care physicians? DiabetesCare 2005;28:600-606.

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16. Verlato G, Muggeo M, Bonora E, CorbelliniM, Bressan F, de Marco R. Attending the dia-betes center is associated with increased 5-year survival probability of diabetic patients:the Verona diabetes study. Diabetes Care1996;19:211-213.

17. Bruno G, Merletti F, Biggeri A, Bargero G,Ferrero S, Pagano G, Cavallo-Perin P. Fibri-nogen and AER are major independent pre-dictors of 11-year cardiovascular mortality intype 2 diabetes: the Casale Monferrato study.Diabetologia 2005;48:427-434.

18. Giorda C, Petrelli A, Gnavi R, Regional Boardfor Diabetes Care of Piemonte. The impactof secondlevel specialized care on hospitaliza-tion in persons with diabetes: a multilevel po-pulation-based study. Diabet Med2006;23:377-383.

19. Gnavi R, Picariello R, Karaghiosoff L, CostaG, Giorda C. Determinants of quality in dia-betes care process: The population-based To-rino Study. Diabetes Care 2009;32:1986-92.

20. Giorda C, Marafetti L, Nada E, Tartaglino B,Costa G, Gnavi R. Impatto sulla mortalità emorbilità di modelli assistenziali con e senzal’integrazione di un Servizio di diabetologia.Abstract del XVIII Congresso NazionaleAMD, Rossano Calabro 25-28 maggio 2011.

2. La rete delle Strutture di Diabe-tologia: fotografia dell’esistente

Nel nostro Paese esiste una rete di strutturespecialistiche per l’assistenza al pazientecon diabete che ha una diffusione capillaree assiste la maggior parte dei pazienti fa-cendosi anche carico di alcuni aspetti dellagestione della malattia non strettamentespecialistici.Questa peculiarità del nostro modello assi-stenziale ha portato però a una prolifera-zione di Strutture di Diabetologia concaratteristiche molto diverse tra di loro: cen-tri diabetologici strutturati (con personale,

strutture e risorse autonome) intraospeda-lieri ed extraospedalieri, ambulatori nel-l’ambito di varie unità operative (Medicinainterna, Geriatria ecc.), specialisti ambu-latoriali, convenzionati esterni, che nonsempre sono gestiti da personale speciali-stico, e non sempre presentano i requisitiminimi per un’adeguata assistenza al pa-ziente diabetico.Inoltre, la creazione di tutte queste strut-ture, spesso non programmata sulla basedelle esigenze del territorio, comportaanche una frammentazione delle risorse.La mancanza di un piano di programma-zione nazionale per l’assistenza al pazientecon diabete rende difficile attuare un cen-simento delle strutture diabetologiche ita-liane al fine di ottenere una “fotografiadell’esistente” che sia la più reale possibile.L’ultimo censimento delle Strutture di Dia-betologia realizzato dall’Associazione Me-dici Diabetologi (AMD) nel 2003nell’ambito del “Rapporto Sociale sul Dia-bete 2003” individua diverse tipologie:strutture complesse, strutture semplici,strutture ambulatoriali (ospedaliere e terri-toriali), per un totale di 628 centri diabe-tologici. Il 41% di queste strutture èdistribuito al Sud e nelle Isole, il 38% alNord e il 21% al Centro. Al Sud preval-gono le strutture più piccole e più diffusesul territorio, mentre al Centro e al Nordprevalgono le strutture più complesse.La maggior parte delle strutture opera al-l’interno di un’Azienda Sanitaria Locale(55%), il 30% fa parte di un’AziendaOspedaliera, il 6% fa capo a una strutturauniversitaria e il 9% fa riferimento ad altriEnti.Nel suddetto rapporto la definizione dellesingole strutture si basa su alcune caratte-ristiche che la struttura ha (o dovrebbeavere) e sulla tipologia di prestazioni chela stessa può effettuare.• Strutture complesse di diabetologia:

hanno un bacino medio di utenza dioltre 250.000 abitanti, hanno autonomiadi budget, dispongono di personale de-dicato, possono trattare le complicanze,possiedono un laboratorio di analisi au-tonomo. Gli ambulatori sono aperti 86 gg/sett, sono in grado di ricoverare ipazienti e dispongono di un day hospi-

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tal, possono eseguire lo screening dellecomplicanze.

• Strutture semplici di diabetologia: hannoun bacino di utenza uguale o inferiorea 100.000 abitanti, possono essere au-tonome o aggregate a strutture com-plesse non diabetologiche, hannoautonomia di budget nell’ambito del-l’area di appartenenza, usufruiscono dipersonale medico in genere dedicato,non dispongono di laboratorio di analisiautonomo. Gli ambulatori funzionano4-6 gg/sett, non sempre hanno la possi-bilità di ricoverare i pazienti o dispon-gono di day hospital, sono in grado dieffettuare lo screening delle compli-canze.

• Strutture ambulatoriali in ambito ospe-daliero: hanno un bacino di utenzauguale o inferiore a 100.000 abitanti,non hanno autonomia di budget, sonoaperte al pubblico 1-5 gg/sett. Per 2-20ore/sett, dispongono di personale me-dico dedicato, ma non di personale in-fermieristico, non hanno laboratorio dianalisi autonomo, possono determinarei parametri del controllo metabolico.

• Strutture ambulatoriali in ambito terri-toriale: hanno un bacino di utenzauguale o inferiore a 100.000 abitanti,non hanno autonomia di budget, sonoaperte al pubblico 1-5 gg/sett. Per 2-20ore/sett, dispongono di personale me-dico dedicato ma non di personale in-fermieristico, non dispongono dilaboratorio di analisi autonomo, possonodeterminare i parametri del controllometabolico.

La stragrande maggioranza delle strutture(70%) non ha una collaborazione continua-tiva con il medico di medicina generale.Quattro anni dopo, nel 2007, la Società Ita-liana di Diabetologia (SID) attraverso le suesezioni regionali ha rilevato 830 servizi divario tipo distribuiti sul territorio nazionalee classificati come: servizi di diabetologiain ambito ospedaliero, ambulatori di dia-betologia ospedalieri e territoriali, unitàoperative di endocrinologia e diabetologia,centri antidiabetici, poliambulatori, serviziconvenzionati esterni, centri di riferimentoregionali. Questa eterogeneità scaturisce

dalla modalità con la quale ciascuna strut-tura si autodefinisce e dalla mancata defi-nizione di standard comuni.un evidente esempio di autoreferenzialitànel definirsi Strutture di Diabetologia, inassenza di criteri che le definiscano perlegge, è il database del monitoraggio AIFAdelle incretine in cui dal 2008 possono au-toregistrarsi le strutture che erogano assi-stenza diabetologica. In tale banca datirisultano, al 31 dicembre 2010, 1650 am-bulatori/servizi/strutture per un totale di4850 medici che dichiarano di avere unaspecificità professionale per il diabete.Da questi dati emergono l’esigenza di sta-bilire chiaramente quali sono i criteri ne-cessari per definire una Struttura diDiabetologia e la necessità di un progettocomune tra le società scientifiche per unamappatura reale di tutte le strutture che ri-spondono al momento a tali criteri, ele-mento essenziale per la programmazione.

Punti e messaggi chiave

La mancanza di un piano di programma-zione nazionale per l’assistenza al pazientecon diabete rende difficile attuare un cen-simento delle Strutture diabetologiche ita-liane al fine di ottenere una “fotografiadell’esistente” che sia la più reale possibile.

Sulla base dei censimenti AMD 2003 e SID2007, è stimabile che in Italia vi siano tra i630 e gli 830 ambulatori che erogano unqualche tipo di assistenza diabetologica.

Il massimo dell’autoreferenzialità nel defi-nirsi Strutture di Diabetologia lo si rilevanel database del monitoraggio AIFA delleincretine in cui, al 31 dicembre 2010, risul-tano 1650 ambulatori/servizi/strutture perun totale di 4850 medici che dichiarano diavere una specificità professionale per il dia-bete.

Da questi dati emergono l’esigenza di sta-bilire chiaramente quali sono i criteri ne-cessari per definire una Struttura diDiabetologia e la necessità di un progettocomune tra le società scientifiche per unamappatura reale di tutte le strutture che ri-spondono al momento a tali criteri, ele-mento essenziale per la programmazione.

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3. La Struttura di Malattie Metabo-liche e Diabetologia

PremessaLe indicazioni della Legge 115/87 “Dispo-sizioni per la prevenzione e la cura del dia-bete mellito” hanno dato vita alla creazionedi numerose Strutture di Diabetologia che,come riportato nel capitolo precedente,non sempre rispondono ai requisiti minimiper un’assistenza sanitaria adeguata, inlinea con le più recenti acquisizioni scien-tifiche. Infatti, si riscontrano ancora am-bulatori inadeguati, non gestiti da specialistidiabetologi, spesso carenti di personale e dispazi sufficienti. Per cui è importante de-finire i Livelli Essenziali di Assistenza(LEA) in ambito diabetologico.

Il concetto di LEA diabetologicoOgni Azienda Sanitaria dovrebbe assicurarea tutti i soggetti affetti da diabete tipo 1 etipo 2 (direttamente o tramite appositeconvenzioni con Strutture diabetologichepresenti in aziende ospedaliere o universi-tarie) i seguenti livelli minimi di assistenza(1):

• una valutazione endocrinologica, meta-bolica e internistica completa al mo-mento della diagnosi e a intervalliregolari;

• una valutazione dei fattori di rischio car-diovascolari al momento della diagnosie a intervalli regolari;

• un’informazione corretta e completa suldiabete, sulle sue complicanze, sull’effi-cacia della modificazione degli stili divita e sui trattamenti nel corso dell’evo-luzione della storia naturale della pato-logia;

• la definizione e la gestione di un pianoterapeutico personalizzato, finalizzato aottenere il miglior compenso metabo-lico possibile;

• un approccio dietetico personalizzato;• la terapia educazionale come parte inte-

grante del piano terapeutico che com-prenda, secondo le esigenze, la gestionedell’ipoglicemia, la gestione del diabetein caso di patologie intercorrenti, la curadei piedi, il counseling sulla cessazione

del fumo, la gestione dell’attività fisica edi una corretta alimentazione, l’autoge-stione della terapia sulla base del mo-nitoraggio domiciliare della glicemia;

• la fornitura dei dispositivi medici perl’attuazione della terapia, quali le penneper insulina e gli infusori, quando in-dicati;

• l’addestramento all’uso delle nuove tec-nologie per il trattamento del diabete(microinfusori, monitoraggio continuodella glicemia);

• l’addestramento al monitoraggio domi-ciliare della glicemia secondo precisipiani personalizzati, e la prescrizionedel relativo materiale di consumo neicasi che lo richiedano;

• il trattamento degli altri fattori di rischiocardiovascolare quali il sovrappeso,l’ipertensione e le dislipidemie;

• una corretta informazione sulla contrac-cezione nelle donne diabetiche in età fer-tile, quando indicato;

• una corretta informazione sulla pianifi-cazione della gravidanza in tutte ledonne diabetiche in età fertile;

• lo screening e il trattamento della reti-nopatia diabetica;

• lo screening e il trattamento della nefro-patia diabetica;

• lo screening e il trattamento della neu-ropatia diabetica;

• lo screening e il trattamento della di-sfunzione erettile;

• lo screening e il trattamento del piedediabetico;

• lo screening e il trattamento della car-diopatia ischemica e delle altre compli-canze vascolari;

• un’assistenza qualificata nel corso dei ri-coveri ordinari;

• l’applicazione di protocolli clinici per leemergenze diabetologiche e per il tratta-mento ospedaliero dei pazienti diabeticiacuti (paziente critico in terapia inten-siva, infarto miocardio acuto, ictus).

Inoltre, ogni Azienda Sanitaria dovrebbeassicurare a tutte le donne in gravidanza loscreening del diabete gestazionale e aquelle con diabete gestazionale in atto e alledonne diabetiche in gravidanza i seguentilivelli minimi di assistenza (1):

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• il counseling su corretta alimentazionee attività fisica;

• una corretta informazione sulla gestionedel diabete in gravidanza;

• la terapia medica e nutrizionale ade-guata, con frequenti rivalutazioni;

• la terapia educazionale all’autogestione;• l’addestramento al monitoraggio domi-

ciliare della glicemia e la prescrizione delrelativo materiale di consumo (diabetegestazionale);

• lo screening periodico della retinopatiadiabetica (diabete pre-gravidico);

• l’assistenza metabolica specialistica du-rante il travaglio e il parto;

• la rivalutazione metabolica dopo il parto(diabete gestazionale).

I livelli minimi di assistenza diabetologicasopra identificati dovrebbero essere assicu-rati da ogni Azienda Sanitaria mediante leattività integrate di:

• Strutture di Malattie Metaboliche e Dia-betologia

• Medici di Medicina generale (MMG)• Operatori dei Distretti• Medici specialisti delle specialità coin-

volte.

I molteplici punti di erogazione delle pre-stazioni (ospedale, ambulatorio specialisticoospedaliero o territoriale, ambulatorio diMMG) intervengono secondo l’intensità dicura necessaria in base a quanto indicatonel Documento di Indirizzo Politico e Stra-tegico per la buona assistenza alle Personecon Diabete (AMD-SID-SIMG 2010) (2).Sono necessari il coordinamento e l’inte-grazione delle diverse figure sanitarie checondividano una comune base operativa.L’assistenza diabetologica a livello del ter-ritorio viene assicurata da Strutture di Dia-betologia o da specialisti ambulatorialicollegati tra loro in una rete integrata conun coordinamento unico. Per entrambi imodelli deve essere garantita la presenzadel team e l’integrazione con le Struttureospedaliere e la Medicina generale.La Struttura di Malattie Metaboliche e Dia-betologia è, quindi, un sistema organizzatodi lavoro volto alla diagnosi, terapia, pre-venzione e cura delle complicanze della per-

sona con diabete mellito. Allo stesso tempoè anche la sede in cui devono essere affron-tate le problematiche riguardanti le malattiedel metabolismo, quali l’obesità, le dislipi-demie, le iperuricemie e le sindromi ipogli-cemiche. Per tale motivo è fondamentaledefinire anche il concetto di LEA metabo-lico, che comprende:

a. Obesità:• inquadramento e counseling dei pa-

zienti con indice di massa corporea(BMI) ≥ 30

• diagnosi e trattamento dei pazienticon BMI ≥ 40

• selezione dei pazienti obesi da sotto-porre ad intervento di chirurgia ba-riatrica

b. Dislipidemie:• inquadramento diagnostico e tratta-

mento delle dislipidemie genetica-mente trasmesse e di quellesecondarie

c. Iperuricemia:• inquadramento e trattamento delle

iperuricemied. Sindromi ipoglicemiche

• Inquadramento e trattamento dellesindromi ipoglicemiche non iatro-gene

e. Nutrizione clinica e artificiale (enteralee parenterale) nell’ambito delle malattiemetaboliche.

Caratteristiche di base di una Struttura diMalattie Metaboliche e Diabetologia e re-quisiti minimiLa Struttura di Malattie Metaboliche e Dia-betologia cura, quindi, il paziente con ma-lattie metaboliche e, trattandosi di malattiecroniche, al fine di assicurare un’assistenzaefficace/appropriata (riduzione di mortalità,morbilità e ricoveri, razionalizzazione otti-male delle risorse, limitazione della varia-bilità delle prestazioni) sono necessari iseguenti elementi:

1. Team multiprofessionale dedicato2. Percorsi diagnostici terapeutici assisten-

ziali (PDTA)3. Integrazione con la Medicina generale

e la Medicina del territorio4. Misurazione dei risultati.

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Il team diabetologico multiprofessionaledeve essere costituito da medici, infermierie dietisti, dedicati (integrati, ove possibile,anche da altro personale sanitario profes-sionale: psicologo, podologo, educatore),in numero adeguato al bacino di utenza especificamente qualificati sulla base di unaformazione professionale continua alla ge-stione del paziente con malattia cronica.Il team opera, attorno ai problemi dell’as-sistenza al paziente con diabete, in modocoordinato elaborando procedure interneed esterne condivise e revisionate periodi-camente; assicurando la condivisone delleinformazioni anche ai pazienti.Le funzioni del team sono:

• assistenziali, in rapporto ai vari livellidi intensità di cura;

• di educazione terapeutica strutturata;• epidemiologiche (raccolta dati cli-

nici);• di formazione di tutti gli altri opera-

tori sanitari coinvolti nella cura dellepersone con diabete.

Coordinatore del team e del percorso assi-stenziale del paziente sarà il responsabiledella Struttura di Malattie Metaboliche eDiabetologia, cui spettano i seguenti com-piti:

• assicurarsi che il sistema organizza-tivo funzioni;

• garantire la revisione dei percorsi as-sistenziali all’interno della strutturaal fine di un miglioramento continuodella qualità dell’assistenza;

• gestire i dati clinici delle persone condiabete;

• occuparsi dell’integrazione e della co-municazione efficace con gli altri ope-ratori della rete assistenziale.

La Struttura di Malattie Metaboliche e Dia-betologia deve essere diretta da un medicoinquadrato nella disciplina di Malattie Me-taboliche e Diabetologia (DPR 844/97) edeve disporre di personale medico, infer-mieristico e dietistico sufficiente. Tale pre-messa è una conditio sine qua non per lasua istituzione.In considerazione della mole di informa-zioni e di dati da gestire, deve essere previ-sta un’adeguata informatizzazione delle

strutture direttamente coinvolte nell’assi-stenza al paziente diabetico, con modalitàdi archiviazione dei dati essenziali, omoge-nea e condivisibile per formato e tracciatoal fine di consentire una maggior condivi-sione dei dati e la formulazione e l’utilizzodi indicatori clinici.I percorsi diagnostici terapeutici assisten-ziali (PDTA) rappresentano la risposta or-ganica e strutturata ai problemi sanitari ein particolare alla frammentazione e alla di-somogeneità della cura, al trattamentoinappropriato e alla deviazione dalle lineeguida (3). In diabetologia, i PDTA sonopiani multiprofessionali e interdisciplinaridi assistenza costruiti per specifiche cate-gorie di pazienti diabetici (diabetici tipo 1,tipo 2, donne con diabete gestazionale ecc.)predisposti e utilizzati da chi eroga presta-zioni sanitarie; i PDTA identificano la mi-gliore sequenza di azioni da effettuare alfine di raggiungere obiettivi di salute defi-niti a priori, con un’efficienza e un’efficaciaottimali.L’assistenza al paziente diabetico deve pre-vedere l’integrazione della Medicina gene-rale e di quella specialistica, della Medicinadel territorio e di quella ospedaliera. In par-ticolare il modello di seguito riportato (Fi-gura 1) rappresenta il PDTA della gestioneintegrata del paziente con diabete tipo 2 se-condo l’accordo AMD, SID, SIMG,FIMMG, SNAMI, SNAMID (4) e fattoproprio dal documento di buona assistenzaAMD, SID, SIMG 2010 (2). Lo stesso do-cumento definisce ruoli e compiti delMMG e della Struttura di Diabetologia.Sulla base di quanto detto, è possibile ipo-tizzare due tipologie organizzative per leStrutture di Diabetologia (Tabella 1).

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Tabella 1. Tipologie organizzative delle Strutture diDiabetologia

Per un’uniforme assistenza al diabete sututto il territorio nazionale è fondamentaleche vengano rispettati standard di personaleche permettano un’adeguata organizza-zione del servizio e un efficace interventosul bacino d’utenza. È possibile calcolare eproporre uno standard organizzativo dellestrutture di Tipologia A e stimarne i costi(Tabella 2).

Tabella 2. Tipologia A - Standard accettabile/otti-male per 100.000 abitanti e costi per anno in mi-gliaia di euro

TIPOLOGIA A

Strutture intraospedaliere

Strutture territoriali

Specialisti ambulato-riali in convenzioneorganizzati in retesul territorio

TIPOLOGIA B

Strutture ospedalierecon posti letto di degenza ordinariaper prestazioni a elevata complessità assistenzialepluridisciplinare

Attività

Operano “a ponte”sia sul territoriosia nell’ospedale.Nell’ospedaleesplicano la consu-lenza al pazientericoverato

Operano sul territo-rio, ma sonocoordinate conl’ospedale tramitepercorsi concordati e condivisi

Operano sul territo-rio, ma sonocoordinati conl’ospedale tramitepercorsi concordati e condivisi

Note particolari

Per migliorare gliesiti e ridurre le degenze è fonda-mentale l’assistenzaal diabetico in ospedale(1 su 5 di tutti i ricoveri)

Dotate di team diabetologicooperante su più sedi

Fondamentale il lavoro in team.È da prevedere adeguata dotazionedi personale non medico

4 diabetologi € 480

8 infermieri € 480

1 dietista € 60

1 amministrativo € 60

overheads 20% € 216

Totale € 1296

Per abitante € 12,96

Figura 1.

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La Struttura di Diabetologia a collocazioneospedaliera deve essere in grado di interlo-quire con le Strutture territoriali, siano essei Distretti, altre strutture diabetologiche oi MMG, mentre quella territoriale deve es-sere in grado di fornire all’ospedale la con-sulenza diabetologica per tutti i pazientiricoverati che ne abbiano necessità e devegarantire la corretta presa in carico del pa-ziente diabetico dimesso.La Struttura di Diabetologia, sia ospedalierasia territoriale, è altresì la sede di rilasciodell’esenzione ticket per malattia, dell’atte-stato per il rinnovo patente, dell’autorizza-zione all’utilizzo dei presidi (strisce reattivenecessarie per l’autocontrollo e l’autoge-stione domiciliare del diabete, microinfu-sori, ortesi).Presso la Struttura di Diabetologia, siaospedaliera sia territoriale, è garantita l’as-sistenza dietistica attraverso la corrente pre-senza del dietista, come figura professionaleorganica del team. La figura del medico nu-trizionista, anche in consulenza, è necessa-ria per specifiche situazioni e vaappositamente definita tramite PDTA in-terno.Le Strutture di Diabetologia devono inoltregarantite assistenza cardiologica, oftalmo-logica, neurologica, nefrologica, tramitePDTA concordati con altre strutture o fi-gure professionali del team.La Struttura di Diabetologia deve essere do-tata di locali adeguati: come standard mi-nimo deve poter disporre almeno di: unasala di accettazione-attesa, una sala visitaper medico, un ambulatorio ogni due in-fermieri, una sala per dietista-educazionealimentare-educazione terapeutica, una sa-letta archivio, e un eventuale ambulatoriospecialistico (piede, retina).Per poter dimostrare la conformità dellapropria organizzazione rispetto alle miglioriconoscenze scientifiche del momento, ogniStruttura di Diabetologia dovrebbe preve-dere la progettazione e l’attuazione delleazioni di misura, di analisi e di monitorag-gio. È necessario un sistema di raccolta deidati clinici che possa generare in automa-tico gli indicatori di processo indispensabiliall’attuazione dei controlli di qualità, e gliindicatori di esito.È fondamentale che in ogni Azienda Sani-

taria sia previsto un coordinamento unicodell’assistenza diabetologica e non si veri-fichino situazioni che creino duplicazionidi intervento e variabilità delle prestazionierogate. Tale coordinamento ha anche ilcompito di formare e aggiornare tutti glioperatori sanitari coinvolti nel processo diassistenza (MMG e altri specialisti) allacura della malattia diabetica.È auspicabile che ogni Struttura di Diabe-tologia consegua una certificazione di qua-lità secondo criteri regionali o nazionali ointernazionali.

Punti e messaggi chiave

La Struttura di Malattie Metaboliche e Dia-betologia deve essere diretta da un medicoinquadrato nella disciplina di Malattie Me-taboliche e Diabetologia (DPR 844/97) edeve disporre di personale medico, infer-mieristico e dietistico sufficiente. Tale pre-messa è una conditio sine qua non per lasua istituzione.

Ogni Azienda Sanitaria dovrebbe assicurare(direttamente o tramite apposite conven-zioni con strutture diabetologiche presentiin aziende ospedaliere o universitarie) atutti i soggetti affetti da diabete tipo 1 e tipo2 livelli minimi di assistenza diabetologica;dovrebbe assicurare a tutte le donne in gra-vidanza lo screening del diabete gestazio-nale e a quelle con diabete gestazionale inatto e alle donne diabetiche in gravidanzalivelli minimi di assistenza diabetologica.

La Struttura di Malattie Metaboliche e Dia-betologia è un sistema organizzato di lavorovolto alla diagnosi, terapia e prevenzione ecura delle complicanze della persona condiabete mellito. È allo stesso tempo la sedein cui possono essere affrontate le proble-matiche riguardanti le malattie del metabo-lismo, quali l’obesità, le dislipidemie e leiperuricemie.Trattandosi di malattie croniche, per assi-curare un’assistenza efficace/appropriatasono necessari:1. un team multiprofessionale dedicato2. percorsi diagnostici-terapeutici assisten-

ziali (PDTA)3. l’integrazione con la Medicina generale

e la Medicina del territorio4. la misurazione dei risultati

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Le funzioni del team multiprofessiononalesono:• assistenziali, in rapporto ai vari livelli di

intensità di cura• di educazione terapeutica strutturata• epidemiologiche (raccolta dati clinici)• di formazione dei MMG e più in gene-

rale delle figure sanitarie coinvolte nellacura delle persone con diabete.

Coordinatore del team e del percorso assi-stenziale del paziente sarà il responsabiledella Struttura di Malattie Metaboliche eDiabetologia.

In diabetologia i PDTA sono piani multi-professionali e interdisciplinari di assistenzacostruiti per specifiche categorie di pazientidiabetici predisposti e utilizzati da chi erogaprestazioni sanitarie; i PDTA identificanola migliore sequenza di azioni da effettuareal fine di raggiungere obiettivi di salute de-finiti a priori, con un’efficienza e un’effica-cia ottimali.

L’assistenza al paziente diabetico deve pre-vedere l’integrazione della Medicina gene-rale e di quella specialistica, della Medicinadel territorio e di quella ospedaliera.Accordo AMD, SID, SIMG, FIMMG,SNAMI, SNAMID (4)Documento di buona assistenza AMD,SID, SIMG 2010 (2)

• Informatizzazione archiviazione e con-divisione dei dati essenziali

• utilizzo di indicatori clinici per la misu-razione dei risultati e miglioramentodella qualità

La Struttura di Diabetologia a collocazioneospedaliera deve essere in grado di interlo-quire con le Strutture territoriali, siano essei Distretti, altre strutture diabetologiche o iMMG, mentre quella territoriale deve es-sere in grado di fornire all’ospedale la con-sulenza diabetologica per tutti i pazientiricoverati che ne abbiano necessità e devegarantire la corretta presa in carico del pa-ziente diabetico dimesso.

La Struttura di Diabetologia è altresì la sededi rilascio dell’esenzione ticket per malattia,dell’attestato per il rinnovo patente, dell’au-torizzazione all’utilizzo dei presidi (striscereattive necessarie per l’autocontrollo e l’au-togestione domiciliare del diabete, microin-fusori, ortesi).

Presso le Struttura di Diabetologia è garan-tita l’assistenza dietistica attraverso la cor-rente presenza del dietista, come figuraprofessionale organica del team. La figuradel medico nutrizionista, anche in consu-lenza, è necessaria per specifiche situazionie va appositamente definita tramite PDTAinterno.

Esse devono inoltre garantite assistenza car-diologica, oftalmologica, neurologica, ne-frologica, tramite PDTA concordati conaltre strutture o figure professionali delteam.

Bibliografia

1. AMD-SID. Standard Italiani per la cura delDiabete Mellito 2009-2010.www.infodiabetes.it; http://www.siditalia.it

2. Documento AMD SID SIMG 2010.http://www.aemmedi. i t/ l inee-guida-e-raccomandazioni/pdf/2010-documento_indi-rizzo.pdf

3. Musacchio N, Arcangeli A, Cavallo MR,Giancaterini A, Noto A, Orlandini D, et al. Iprofili di assistenza per le malattie croniche: ilmodello diabete mellito. Springer 2007.

4. AMD, SID, SIMG, FIMMG, SNAMI, SNA-MID. Nuovi standard di cura e team di curaintegrati per il diabete. L’assistenza integrataalla persona con diabete mellito tipo 2. 31 Lu-glio 2008. http://www.progettodiabete

4. Infermiere funzionalmente dedicatocon formazione nel settore diabeto-logico

Nell’ultimo decennio, l’assistenza infermie-ristica in Italia ha vissuto delle rilevanti evo-luzioni segnate da importanti tappe graziealle quali la professione si è vista ricono-scere uno specifico ambito di autonomia,competenza e responsabilità.In questa direzione, l’inserimento della for-mazione universitaria, con il corso di laureain infermieristica, la laurea specialistica, ildottorato di ricerca e i Master di specializ-zazione, ha determinato un enorme passoavanti sia dal punto di vista professionale

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sia da quello culturale.L’infermiere, così come riconosciuto dalProfilo professionale (Decreto Ministeriale14 settembre 1994, n. 739), è il professio-nista sanitario responsabile dell’assistenzagenerale infermieristica e opera utilizzandouna metodologia scientifica e validata cheprevede una pianificazione dell’assistenzaper obiettivi (1). A lui è affidata la respon-sabilità di individuare i bisogni di assistenzainfermieristica della persona e della comu-nità, di formulare obiettivi pertinenti e rea-lizzabili, di erogare interventi efficaci e divalutare il proprio operato all’interno di unintervento interdisciplinare. Oltre 340.000professionisti ogni giorno operano non soloin ospedale, come spesso si è soliti pensare,ma anche sul territorio e nell’assistenza do-miciliare.Sulla base degli assunti sopraccitati, l’infer-miere opera nei vari ambiti di assistenzacon una formazione di base che approfon-disce, in base al contesto in cui è chiamatoa svolgere la propria funzione, attraversopercorsi formativi ECM aziendali, Masterdi specializzazione e percorsi formativi delleassociazioni di categoria. Rimane ancoraaperto il problema della diversa sensibiliz-zazione delle Aziende sanitarie, sia ospeda-liere sia territoriali, circa il riconoscimentodelle competenze acquisite attraverso per-corsi formativi specifici e la relativa asse-gnazione nei diversi contesti di cura che,raramente, percorre l’iter formativo-profes-sionale del soggetto.Entrando nel particolare dell’assistenza alpaziente diabetico, nonostante sia provatala necessità di una formazione specifica peroperare in questo delicato contesto assisten-ziale, di fatto, ancora oggi sono pochi i per-corsi formativi mirati. In questi ultimi anni,l’associazione di categoria OSDI (OperatoriSanitari di Diabetologia Italiani) ha cercatodi colmare questo gap intervenendo conuna serie di attività il cui scopo è quello diintegrare la formazione di base dell’infer-miere con le competenze specifiche richie-ste dall’assistenza al paziente con diabete.Nodo strategico di questi percorsi è l’inte-razione con gli altri professionisti del teamassistenziale e con le altre associazioniscientifiche di categoria, per favorire il mi-glioramento delle competenze teoriche, tec-

niche, organizzative, ma anche e soprat-tutto quelle di natura pedagogica e relazio-nale utili ai fini dell’educazione delpaziente.Il Codice deontologico, assieme al già citatoProfilo professionale dell’infermiere, allaLegge 26 febbraio 1999, n. 42 e all’Ordina-mento didattico, costituisce uno dei pilastrisu cui si basa l’esercizio nell’attuale contestoprofessionale e ribadisce l’impegno moraledell’infermiere nei confronti della salute edel benessere della persona assistita (2). Iluoghi di cura hanno assunto caratteristichee specificità sempre più complesse e in que-sti luoghi gli infermieri si fanno carico dipersone in condizioni cliniche diverse cherichiedono capacità di pensare e attuarestrategie tecniche, relazionali ed educativeappropriate. Queste capacità sono insite nella naturadell’assistenza infermieristica che si occupadelle persone sane e malate di ogni età, cul-tura, condizione, le quali presentano mo-dalità diverse di esprimere bisogni e attesedi salute e di assistenza.In questo contesto, l’infermiere funzional-mente dedicato alla diabetologia operaavendo come obiettivo quello di promuo-vere la salute delle persone affette da dia-bete, in un sistema trasversale diprestazioni.In particolare, l'assistenza infermieristicadiabetologica serve a migliorare l'intera-zione della persona con l'ambiente, favo-rendone l'adattamento. In tal senso ilprocesso di nursing prevede una raccoltaaccurata dell'anamnesi del paziente con va-lutazione dei bisogni assistenziali, cui se-guono la formulazione di una diagnosiinfermieristica, l'elaborazione di un pianodi intervento, la definizione precisa degliobiettivi a breve e lungo termine e dei ri-sultati attesi, l'attuazione del piano di tratta-mento e di prevenzione delle complicanzecroniche. Inoltre, valuta sistematicamentesia la qualità di cura sia l'efficacia dell'assi-stenza erogata e utilizza i risultati ottenutidalla verifica della qualità per mettere inatto i necessari cambiamenti nella praticainfermieristica.una fase importante del processo di nur-sing diabetologico è la conoscenza reale deibisogni assistenziali della persona assistita,

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perché questo permette di prendere deci-sioni adeguate e diversificate per ogni pa-ziente e di personalizzare gli interventiassistenziali e educativi. Solo in questomodo è possibile raggiungere uno degliobiettivi fondamentali dell’assistenza infer-mieristica: favorire la centralità della per-sona assistita rendendola protagonista delprocesso di cura.La pianificazione di percorsi addestrativi eeducativi, sulla base delle reali necessità delpaziente, fa parte della “cura” del diabete;è importante pertanto che essi siano strut-turati in un sistema di integrazione contutti i professionisti del team assistenziale.È noto inoltre che la presenza di un’attivitàinfermieristica nel coordinamento degli in-terventi educativi aumenta l’efficacia deglistessi a breve termine (Standard italiani perla cura del diabete AMD SID 2009-10), visono inoltre studi che dimostrano comel’inserimento nell’attività clinica routinaria,coordinata da infermieri e dietisti, di mo-delli educativo-terapeutici di gruppo sia effi-cace a medio termine (3).Pertanto, le attività dell’infermiere dedicatoin diabetologia, riferite all’applicabilità dellecompetenze educative insite nel profilo pro-fessionale, sono:

• pianificazione e realizzazione di percorsieducativi, singoli e di gruppo;

• utilizzazione di kit educativi e di adde-stramento per pazienti/caregivers nellediverse fasi della malattia e sulle diversetematiche di autogestione: • autocontrollo glicemico• modalità di somministrazione della

terapia orale e insulinica• ipoglicemia: riconoscimento e gestione• iperglicemia: riconoscimento e ge-

stione• educazione alimentare• educazione alla prevenzione e gestione

del piede diabetico• educazione alla prevenzione e gestione

delle complicanze microvascolari• educazione alla prevenzione e gestione

delle complicanze macrovascolari;• educazione e follow-up a pazienti por-

tatori di strumenti dedicati (microin-fusore, monitoraggio continuo dellaglicemia [CGMS] ecc.).

Inoltre, fanno parte delle attività dell’infer-miere:• accettazione del paziente (ambulato-

riale/degente);• prelievi ematici, somministrazione della

terapia os/ev;• esecuzione dei test di screening e dia-

gnosi;• rilevazione dei parametri antropometrici

rispetto alla tipologia del paziente (peso,altezza, PA, FC, FR);

• affiancamento collaborativo dell’équipemedica nelle principali attività (visitamedica, applicazione protocolli/proce-dure interne ecc.).

In una struttura a elevata complessità assi-stenziale può essere utile la figura del Dia-betes Nurse Case Manager per garantire lapresa in carico del paziente, l’applicazionedi PDTA e la continuità delle cure. Il Dia-betes Nurse Case Manager è una figuracentrale dell’organizzazione territoriale:rappresenta l’operatore di riferimento chesi fa carico di identificare, valutare e moni-torare il bisogno assistenziale della persona,di gestirlo nel tempo, assumendosi la re-sponsabilità di attivare i servizi necessari,valutare il risultato, assicurarne la con-gruenza economica e fare da referente delpaziente e della sua famiglia (4).

Punti e messaggi chiave

L’infermiere, così come riconosciuto dalProfilo professionale (Decreto Ministeriale14 settembre 1994, n. 739), è il professio-nista sanitario responsabile dell’assistenzagenerale infermieristica e opera utilizzandouna metodologia scientifica e validata cheprevede una pianificazione dell’assistenzaper obiettivi. L’infermiere funzionalmentededicato alla diabetologia opera avendocome obiettivo quello di promuovere la sa-lute delle persone affette da diabete, in unsistema trasversale di prestazioni.

una fase importante del processo di nur-sing diabetologico è la conoscenza reale deibisogni assistenziali della persona assistita,perché questo permette di prendere deci-

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sioni adeguate e diversificate per ogni pa-ziente e di personalizzare gli interventi as-sistenziali e educativi. Solo in questo modoè possibile raggiungere uno degli obiettivifondamentali dell’assistenza infermieristica:favorire la centralità della persona assistitarendendola protagonista del processo dicura.

La pianificazione di percorsi addestrativi eeducativi, sulla base delle reali necessità delpaziente, fa parte della “cura” del diabete;è importante pertanto che essi siano struttu-rati in un sistema di integrazione con tuttii professionisti del team assistenziale.

Le attività dell’infermiere dedicato in dia-betologia, riferite all’applicabilità delle com-petenze educative insite nel profiloprofessionale, sono:• pianificazione e realizzazione di percorsi

educativi, singoli e di gruppo;• utilizzazione di kit educativi e di adde-

stramento per pazienti/caregivers nellediverse fasi della malattia e sulle diversetematiche di autogestione.

In una struttura a elevata complessità assi-stenziale può essere utile la figura del Dia-betes Nurse Case Manager per garantire lapresa in carico del paziente, l’applicazionedi PDTA e la continuità delle cure. Il Dia-betes Nurse Case Manager è una figuracentrale dell’organizzazione territoriale: rap-presenta l’operatore di riferimento che si facarico di identificare, valutare e monitorareil bisogno assistenziale della persona, di ge-stirlo nel tempo, assumendosi la responsa-bilità di attivare i servizi necessari, valutareil risultato, assicurarne la congruenza eco-nomica e fare da referente del paziente edella sua famiglia.

Bibliografia

1. Decreto ministeriale 14 settembre 1994, n.739: Gazzetta ufficiale 9 gennaio 1995, n. 6,Testo aggiornato al 15 dicembre 2005.

2. Codice deontologico dell’infermiere italiano:deliberazione n. 1/09 del 10.01.2009, Comitatocentrale della Federazione Nazionale CollegiIPASVI.

3. Trento M, Basile M, Borgo E, Grassi G, Scun-tero P, Trinetta A, Cavallo F, Porta M. A ran-domised controlled clinical trial of nurse,dietitian and pedagogist-led Group Care forthe management of Type

2 diabetes. J Endocrinol Invest 2008;31:1038-1042.4. Chiari P, Santullo A. L’infermiere case mana-

ger. McGrawHill 2001.

5. Dietista funzionalmente dedicatocon formazione nel settore diabeto-logico

La terapia medica nutrizionale (medical nu-trition therapy, MNT) è una componentefondamentale della gestione del diabete edell’educazione all’autogestione. Secondola position statement dell’American Diabe-tes Association (ADA) del 2008 la terapiamedica nutrizionale è importante per laprevenzione primaria, secondaria e terziariadel diabete; infatti essa riduce il rischio didiabete nelle persone sovrappeso e obese ocon alterazioni glicemiche; favorisce il rag-giungimento e il mantenimento di un ap-propriato controllo metabolico, glucidico,lipidico e pressorio; previene o ritarda losviluppo delle complicanze croniche deldiabete (1).Gli Standard Italiani di Cura prevedonoche le persone affette da alterazioni glice-miche o diabete debbano ricevere, preferi-bilmente da un dietologo o da un dietista,esperti in terapia medica nutrizionale deldiabete e quindi inseriti nel team diabeto-logico, una terapia medica nutrizionale in-dividualizzata al fine di raggiungere gliobiettivi terapeutici (Forza della raccoman-dazione B).L’educazione all’autogestione del diabete vagarantita, all’interno del team, da partedelle diverse figure professionali (medico,infermiere, dietista, educatore sociosanita-rio) specificamente qualificate sulla base diuna formazione professionale continua al-l’attività educativa (Forza della raccoman-dazione B).E, infatti, l’inserimento nell’attività clinicaroutinaria di modelli educativo-terapeuticidi gruppo in cui sono coinvolti i dietisti ha

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dimostrato di essere efficace a medio ter-mine (2).Il dietista funzionalmente dedicato allaStruttura di Diabetologia partecipa all’ela-borazione del programma terapeutico va-lutando lo stato nutrizionale del pazienteed elaborando un programma nutrizionalee di attività fisica personalizzato. Partecipaalla formazione del team sulla terapia me-dica nutrizionale. Infine, interagisce conl’intero team per favorire la modificazionedello stile di vita del paziente.In particolare deve sapere:• valutare gli elementi del quadro clinico

e gli esami bioumorali relativi allo statoglicometabolico e nutrizionale;

• identificare e valutare le conoscenze e leabilità del paziente relative alla malattiae alla sua autogestione;

• motivare il paziente sulla necessità delcambiamento dello stile di vita e dell’ap-proccio nutrizionale;

• identificare obiettivi nutrizionali indivi-duali;

• impostare il piano nutrizionale secondocriteri educativi, in relazione al quadroclinico e alla storia dietetica;

• concordare con il paziente il piano nu-trizionale;

• monitorare l’adesione del paziente alpiano nutrizionale e valutarne i risultati(valutare il diario alimentare e quello deiprofili glicemici);

• conoscere le caratteristiche e i meccani-smi di azione dei diversi tipi di insulinae dei farmaci ipoglicemizzanti;

• educare il paziente all’utilizzo di liste discambio, all’identificazione delle por-zioni, al calcolo del contenuto in carboi-drati del pasto, all’utilizzazione delrapporto insulina/carboidrati al correttouso degli algoritmi per la terapia insuli-nica;

• organizzare e tenere percorsi di educa-zione alimentare e comportamentale digruppo.

È essenziale che il dietista che lavora in dia-betologia possegga una formazione speci-fica e fruisca di un aggiornamento continuoin ambito diabetologico e abbia abilità ecompetenze specifiche in ambito educativo,in particolare per quanto riguarda le tecni-

che della comunicazione, della motivazionee del problem solving.

Punti e messaggi chiave

Gli Standard Italiani di Cura prevedono chele persone affette da alterazioni glicemicheo diabete debbano ricevere, preferibilmenteda un dietologo o da un dietista, esperti interapia medica nutrizionale del diabete equindi inseriti nel team diabetologico, unaterapia medica nutrizionale individualizzataal fine di raggiungere gli obiettivi terapeu-tici (Forza della raccomandazione B).

Bibliografia

1. Nutrition Recommendations and Interven-tions for Diabetes: A Position Statement of theAmerican Diabetes Association American Dia-betes Association. Diabetes Care 2008;31(Suppl. 1):S61-S78.

2. Trento M, Basile M, Borgo E, Grassi G, Scun-tero P, Trinetta A, Cavallo F, Porta M. A ran-domised controlled clinical trial of nurse,dietitian and pedagogist led Group Care forthe management of Type 2 diabetes. J Endo-crinol Invest 2008;31:1038-1042.

6. Assistenza al paziente con diabete ricoverato in ospedale

PremessaIn ospedale, il diabete costituisce una realtàtrasversale a tutti i reparti: è presente infattiin almeno un paziente su quattro nei re-parti di degenza e in un paziente su due/trein terapia intensiva cardiologica (1,3). Rispetto al 12,5% della popolazione nondiabetica, il tasso standardizzato di ospeda-lizzazione risulta del 23,8% nei dati del-l’Osservatorio Arno (2), e del 23,2% nelDossier 179-2009 della Regione Emilia-Ro-magna dedicato al diabete (1).In Italia, oltre il 60% della spesa sanitaria

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correlata al diabete è dovuta a costi diretti,attribuibili all’ospedalizzazione per compli-canze acute e croniche (1,4): la presenza didiabete determina un aumento di spesa perassistito di circa 2000 €/anno, soprattuttodeterminata dai ricoveri ospedalieri (1).

Caratteristiche del ricovero ospedaliero delpaziente con diabeteDifficilmente il ricovero ospedaliero è do-vuto a eventi metabolici acuti legati alla ma-lattia (iperglicemia, iperosmolarità,chetoacidosi o ipoglicemie), più spesso losi deve a eventi acuti che richiedono un ri-covero urgente (ictus, infarto miocardico,infezioni, frattura o trauma) o a interventichirurgici in elezione in persone con dia-bete (1,3,4). La presenza di diabete (noto odi nuova diagnosi) aumenta il rischio di in-fezioni e di complicanze, peggiora la pro-gnosi, prolunga la degenza media edetermina un incremento significativo deicosti assistenziali (5-10,23).L’iperglicemia è un indicatore prognosticonegativo in qualunque setting assistenziale(5-10), ma le evidenze scientifiche da ormaiquindici anni dimostrano che la sua ge-stione ottimale migliora l’outcome dei pa-zienti, riduce la mortalità (11-16) e i costi(23). Nei pazienti ospedalizzati è quindi ir-rinunciabile gestire l’iperglicemia conschemi di trattamento insulinico intensivovalidati e condivisi, semplici e sicuri (17-22).La gestione ottimale del paziente diabeticoin ospedale richiede per questo una forma-zione continua rivolta a tutti gli operatorisanitari coinvolti per migliorare la loro co-noscenza sulle modalità di gestione, tratta-mento e cura delle persone con diabete, erichiede interventi educativi indirizzati aipazienti per favorire l’autogestione dellamalattia. Il ricovero ospedaliero, che rap-presenta una criticità nella vita del diabe-tico, può così diventare un’opportunità permigliorare l’assistenza al paziente stesso el’outcome della malattia (19,20).Il paziente con diabete è un paziente fragile,che richiede un’attenta e competente “con-tinuità di cura”, e una “dimissione protetta”

dall’ospedale al territorio: sono pertanto in-dispensabili la presa in carico da parte delteam diabetologico di riferimento per la suagestione ottimale e la consulenza infermie-ristica strutturata che assicuri l’addestra-mento all’uso della terapia insulinica eall’autocontrollo glicemico domiciliare.Per garantire la sicurezza e l’appropriatezzadegli interventi terapeutici, la continuità delpercorso assistenziale e per ridurre i costidelle degenze (19,23) è indispensabile chela Struttura specialistica diabetologica siacoinvolta fin dall’inizio nel percorso di curaattraverso percorsi assistenziali condivisi,definiti a livello locale e approvati e soste-nuti a livello aziendale.

Organizzazione e responsabilità nella ge-stione del paziente con diabete ricoveratoLo specialista diabetologo deve farsi caricodel paziente durante tutto il percorso dicura multidisciplinare e multiprofessionaleall’interno dell’ospedale.In considerazione del ruolo prioritario cheriveste la gestione dell’iperglicemia in ospe-dale, corollario dei dati epidemiologicisopra riportati, è fondamentale che in ognipresidio sia attiva una Struttura diabetolo-gica intraospedaliera. Nelle realtà periferi-che ove non sussista tale struttura, lafunzione deve essere garantita con consu-lenza esterna o con specifica formazione dimedici di area medica (internisti, geriatri)e di infermieri dell’organico.Relativamente al passaggio delle personecon diabete in ospedale sono individuabiliquattro step fondamentali.

1. Percorso pre-operatorio del paziente condiabete

Il percorso pre-operatorio permette di ese-guire le indagini necessarie per la valuta-zione del rischio operatorio e di prepararel’intervento. La pre-ospedalizzazione è in-dispensabile inoltre per consentire la con-sulenza strutturata presso la Struttura diDiabetologia al fine di:• ottimizzare la cura;• programmare l’intervento in una fase di

controllo metabolico ottimale e

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• programmare il tipo di trattamento del-l’iperglicemia nel perioperatorio.

Questa gestione consente di:• azzerare le giornate di degenza pre-in-

tervento;• ridurre la degenza media (12,19);• ottimizzare le liste di attesa;• migliorare gli esiti (11-16).

2. Accesso dei pazienti con diabete inPronto Soccorso

Il paziente diabetico può accedere in ur-genza al Pronto Soccorso per problemi con-nessi alla malattia, quali ipoglicemia oiperglicemia, iperosmolarità o chetoacidosi,ulcere infette del piede, o per iperglicemiadi nuovo riscontro (neodiagnosi).È indispensabile che siano predisposti econdivisi dei percorsi di presa in carico daparte della Struttura di Diabetologia, e deiprotocolli di gestione delle urgenze. Ciò alfine di:• garantire continuità assistenziale al pa-

ziente con diabete;• prendere in carico il paziente neodia-

gnosticato da parte del team diabetolo-gico;

• educare e addestrare all’utilizzo di insu-lina e dell’autocontrollo pazienti in cuiè necessaria una modifica terapeutica;

• gestire in team multidisciplinare le ur-genze del piede diabetico, riducendo alminimo il rischio di amputazioni;

• gestire con competenza il paziente cri-tico con iperglicemia mediante protocollidi trattamento insulinico intensivo con-divisi (19-22);

• ridurre i ricoveri inappropriati.

3. Assistenza al paziente con diabete rico-verato

In tutti i pazienti con diabete − già noto oneodiagnosticato – che accedono al rico-vero ospedaliero per qualunque causa, è op-portuno il coinvolgimento della Strutturadiabetologica di competenza per la presa incarico del paziente e la gestione della faseacuta da parte del team diabetologico.Devono essere previsti percorsi assistenzialicondivisi:

• per il paziente critico;• per la gestione del paziente in degenza

ordinaria;• per l’educazione terapeutica strutturata.La funzione dell’ospedale diviene in questomodo complessiva, riuscendo a fornire alpaziente con diabete l’assistenza di cui ne-cessita, garantendogli un trattamento ade-guato del compenso metabolico eindicazioni sul prosieguo dell’assistenza e,nel caso del paziente neodiagnosticato, lapresa in carico e l’educazione terapeuticastrutturata indispensabili per renderlo au-tonomo e in grado di autogestirsi, primadella dimissione.

4. Dimissione “protetta” o presa in caricopre-dimissione

In qualunque contesto assistenziale sia ri-coverato il paziente con diabete, deve esserecondiviso con la Struttura di Diabetologia(sia ospedaliera sia territoriale) un percorsodi dimissione protetta,che garantisca:

• la presa in carico pre-dimissione daparte del team diabetologico di riferi-mento;

• l’educazione terapeutica del paziente daparte del personale infermieristico dellaStruttura di Diabetologia.

In questo modo, si assicura una continuitàassistenziale tra ospedale e territorio cheposiziona il paziente al centro di una retedi servizi efficiente ed efficace, evitando gli“abbandoni” successivi alla dimissione inassenza degli strumenti (presidi) e della for-mazione idonea per eseguire la terapia far-macologica e l’autocontrollo glicemicodomiciliare in sicurezza.La Struttura specialistica di diabetologiaospedaliera si fa carico della costruzione deipercorsi assistenziali con il Pronto soccorso,il Day Hospital, il Day Service e i repartidi degenza medica e chirurgica al fine digarantire al soggetto con diabete i tratta-menti appropriati alla situazione clinica ela continuità di cura alla dimissione.

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Criteri per l’individuazione del fabbisognoassistenzialeI dati a disposizione documentano che lepersone con iperglicemia o diabete notosono almeno uno su cinque ricoverati inospedale, quindi almeno 20 pazienti su 100.Ognuno di questi pazienti dovrebbe rice-vere in media due consulenze di 15 minutidel team diabetologico (medico diabeto-logo/infermiere/dietista) durante la de-genza, e la degenza media ospedaliera inItalia è di circa sette giorni (fonte MinSan2008).Ogni 100 posti letto quindi sono necessarie40 consulenze del team diabetologico ognisette giorni, 2084 all’anno, che corrispon-dono a 520 ore/team diabetologico al-l’anno.In assenza di un team diabetologico intrao-spedaliero è necessario creare un link conil servizio territoriale di riferimento.

Formazione aziendaleL’Azienda – in collaborazione con la Strut-tura di Diabetologia − nell’ambito della pro-grammazione della Formazione aziendale,organizza la formazione degli operatori sa-nitari medici e non medici di area medicae chirurgica al fine di garantire alle personecon diabete un’uniformità di comporta-mento soprattutto nella gestione della tera-pia e dell’autocontrollo glicemico, nelladiffusione e applicazione dei protocolli perle emergenze, e nelle informazioni sanitariefornite.

Punti e messaggi chiave

In Italia, oltre il 60% della spesa sanitariacorrelata a diabete è dovuto a costi direttiattribuibili all’ospedalizzazione per compli-canze acute e croniche: la presenza di dia-bete determina un aumento di spesa perassistito di circa 2000 €/anno, soprattuttodeterminata dai ricoveri ospedalieri.

L’iperglicemia è un indicatore prognosticonegativo in qualunque setting assistenziale,ma le evidenze scientifiche da ormai quin-

dici anni dimostrano che la sua gestione ot-timale migliora l’outcome dei pazienti, ri-duce la mortalità e i costi. Nei pazientiospedalizzati è quindi irrinunciabile gestirel’iperglicemia con schemi di trattamento in-sulinico intensivo validati e condivisi, sem-plici e sicuri.

In considerazione del ruolo prioritario cheriveste la gestione dell’iperglicemia in ospe-dale, corollario dei dati epidemiologicisopra riportati, è fondamentale che in ognipresidio sia attiva una Struttura diabetolo-gica intraospedaliera. Nelle realtà periferi-che ove non sussista tale struttura, lafunzione deve essere garantita con consu-lenza esterna o con specifica formazione dimedici di area medica (internisti, geriatri)e di infermieri dell’organico.

Il percorso pre-operatorio permette di ese-guire le indagini necessarie per la valuta-zione del rischio operatorio e di prepararel’intervento.

È indispensabile che siano predisposti econdivisi dei percorsi di presa in carico daparte della Struttura di Diabetologia, e deiprotocolli di gestione delle urgenze. In tutti i pazienti con diabete − già noto oneodiagnosticato – che accedono al rico-vero ospedaliero per qualunque causa, è op-portuno il coinvolgimento della Strutturadiabetologica di competenza per la presa incarico del paziente e la gestione della faseacuta da parte del team diabetologico.

In qualunque contesto assistenziale sia ri-coverato il paziente con diabete, deve esserecondiviso con la Struttura di Diabetologia(sia ospedaliera sia territoriale) un percorsodi dimissione protetta.

Bibliografia

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2. Osservatorio ARNO diabete: analisi di diecianni di prescrizioni. Rapporto 2007 volume XI.http://osservatorioarno.cineca.org

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23. Krinsley JS, et al. Cost analysis of intensiveglycemic control in critically ill adult pa-tients. Chest 2006;129:644-650.

7. La rete dei Servizi di DiabetologiaPediatrica: fotografia dell’esistentee proposte per una ottimizzazionedella prevenzione e cura delle varieforme di diabete in età pediatrica

Dimensioni del problema e complessitàdella malattiaTutte le forme di diabete possono oggi com-parire in età pediatrica, vale a dire da 0 a17 anni di età.

Diabete di tipo 1 (DM1)Le caratteristiche di accrescimento e svi-luppo proprie dell’età pediatrica determi-nano bisogni particolari e mutevoli cherichiedono specifiche modalità di assi-stenza, educazione all’autogestione e tempidedicati. Sebbene la dipendenza dall’insu-lina e la necessità di un’adeguata nutrizionesiano le stesse nel bambino e nell’adulto af-fetti da diabete, importanti differenze in ter-mini fisiologici, medici, sociali ed

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emozionali sono evidenti nei due gruppi dietà (0-17 anni vs >17 anni).In età pediatrica il diabete interferisce inogni aspetto della vita e delle esperienze delbambino, imponendo un peso che deve es-sere sopportato dal bambino stesso, maanche dai genitori, dai fratelli, dai parenti,dalla scuola e dalla comunità locale in ge-nere. Poiché nella popolazione esiste unascarsa consapevolezza del carico umano esociale che grava sul bambino e sull’adole-scente affetti da diabete, la cura della pato-logia deve essere impostata non solo sottoil profilo biomedico, ma anche sotto quellopsicosociale, garantendo un adeguato sup-porto di personale specializzato in quest’ul-timo settore.

Diabete di tipo 2 (DM2)In età pediatrica il DM2 in Italia non è an-cora diffuso come in altri Paesi. Esso col-pisce soprattutto adolescenti obesi, confamiliarità per DM2, preceduta da una sto-ria di intolleranza glucidica. Il suo esordioè insidioso perché si presenta con le stessecaratteristiche del DM1, chetoacidosi com-presa.In assenza di una politica di prevenzioneprimaria e secondaria nei soggetti a rischio,anche in età pediatrica è previsto in Italiaun aumento del DM2 di circa 800.000 sog-getti entro il 2020.

Diabete MODYIl diabete MODY (Maturity Onset Diabe-tes of the Young) è raro e si presenta sottovarie forme, spesso misconosciute. Neces-sitando di conferma diagnostica medianteindagini genetiche complesse, frequente-mente è diagnosticato con ritardo solonell’età adulta, mentre sarebbe necessariauna diagnosi precoce in età pediatrica.

Diabete neonataleIl diabete neonatale (DN) è una forma didiabete molto rara, che interessa non soloil metabolismo glucidico, ma anche il si-stema nervoso e quindi lo sviluppo psico-motorio del bambino. una diagnosi clinicatempestiva, suffragata da una conferma ditipo genetico, consente un trattamento effi-cace con ipoglicemizzanti orali e il recuperodi eventuali danni neurologici.

A oggi, non tutti casi di diabete in età evo-lutiva sono gestiti in area pediatrica, al con-trario essi sono in parte gestiti in struttureove opera personale formato per assisteresoggetti adulti, in particolare per quanto ri-guarda il DM2.È necessario che la prevenzione, la diagnosie la cura del bambino/adolescente (0-17 aa)siano affrontate in area pediatrica, da per-sonale con specifica formazione. Pertanto,è indispensabile riconoscere due aree delladiabetologia: quella pediatrica e quelladell’adulto, fra di loro collegate, in partico-lare al momento della transizione dal Cen-tro pediatrico a quello dell’adulto.

Epidemiologia della malattiaDM1Il DM1 è la forma più frequente di diabetein età pediatrica. Entro il 2020 sono previstiun aumento del 70% dell’incidenza nellafascia di età 0-14 anni e un raddoppio inquella 0-4 anni. Tale aumento è messo inrelazione a fattori ambientali: brevità del-l’allattamento al seno, divezzamento pre-coce con errori nutrizionali cheper mangono nelle età successive, infezionivirali ripetute, stress, pubertà anticipata ecc.Oltre a colpire bambini sempre più piccoli,il DM1 interessa in modo crescente i figlidi immigrati. In assenza di un Registro Nazionale nonesistono dati recenti sulla prevalenza deldiabete in età evolutiva in Italia.

DM2Nell’età evolutiva il DM2 è raro, ma la suaincidenza sta aumentando. Come nel-l’adulto, l’80-90 % dei soggetti con DM2 èobeso. L’incidenza degli esordi di DM2 neibambini/adolescenti in sovrappeso o obesiaumenta del 2%/anno. un bambino/ado-lescente su tre in Italia è in eccesso ponde-rale e uno su dieci è obeso. L’intolleranzaglucidica, considerata condizione di pre-diabete, è presente in circa il 5% dei bam-bini/adolescenti obesi.

Aspetti generali della cura del DM1Per la cura del DM1 in età evolutiva il pa-ziente e la famiglia sono i maggiori prota-gonisti e i principali responsabili della

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qualità della vita e della prevenzione dellecomplicanze a distanza.Le basi della terapia sono:• una corretta terapia insulinica adattata

alla fisiologia e alla quotidianità del bam-bino/adolescente, che presenta varia-zioni spesso imprevedibili;

• una corretta alimentazione, intesa noncome dieta ma come alimentazione sa-lutare che consente all’individuo un mi-glior controllo sia della glicemia sia dialtri parametri metabolico-clinici;

• una valida attività fisica quotidiana pre-valentemente di tipo aerobico;

• un’appropriata autogestione non limi-tata solo ai controlli glicemici e della gli-cosuriachetonuria, ma allargata allaconvivenza migliore possibile con la ma-lattia.

Ciò si ottiene attraverso l’educazione tera-peutica del paziente e della famiglia.

Standard di riferimento per la curaObiettivi della cura e nella curaI tre principali obiettivi della cura del dia-bete sono:• la prevenzione delle complicanze acute

(chetoacidosi, ipoglicemia, infezioni);• la prevenzione delle complicanze croni-

che (retinopatia, nefropatia, neuropatia);• la preservazione di una normale qualità

e quantità di vita.

I tre obiettivi possono essere centrati se leprincipali alterazioni biochimiche e fisiolo-giche sono ricondotte alla normalità o man-tenute entro ben definiti target terapeutici.Fra gli standard di riferimento della curavanno annoverati anche un periodico scree-ning o una stadiazione del danno d’organo(valutazione della funzione renale e delfondo dell’occhio; indagini vascolari e neu-rologiche) mediante un dettagliato piano divisite ed esami bioumorali e strumentali,conforme alle linee guida delle SocietàScientifiche nazionali e internazionali.Fra gli standard di riferimento per la curavanno considerati anche gli incontri perio-dici dell’unità paziente/famiglia con il pe-diatra diabetologo, l’infermiere esperto indiabetologia, il dietista, lo psicologo e l’as-sistente sociale.

Tali incontri dovrebbero prevedere visitedettagliate comprensive di valutazione an-tropometrica, delle tecniche di monitorag-gio e iniezione di insulina, del diario diterapia, del diario alimentare con eventualere-istruzione, e revisione del diario glice-mico.Gli standard di cura, infine, devono com-prendere anche un’efficace assistenza al pa-ziente diabetico ricoverato in ospedale peraltra patologia.

Modello assistenziale attualeIl modello assistenziale attualmente in es-sere in Italia prevede la gestione clinica spe-cialistica del DM1 presso Servizi didiabetologia pediatrica (Art. 5, Legge185/1987).Tali servizi sono presenti su tutto il territo-rio nazionale, nel numero di 63, di cui 25Centri Regionali e 38 Locali.

Aree di miglioramento1. Riconoscimento dell’area pediatrica dia-

betologicaIl riconoscimento della peculiarità dell’areapediatrica è la premessa indispensabile perconsolidare gli interventi di prevenzione eper migliorare l’assistenza ai bambini e agliadolescenti affetti da diabete.

2. Ritardo diagnosticoAncora oggi il DM1 è riconosciuto tardi-vamente con evidenti rischi per il pazientenell’immediato e nel follow-up e costi peril Servizio Sanitario.Il ritardo diagnostico è imputabile princi-palmente al tardivo ricorso alla consulta-zione medica da parte dei genitori chesottostimano la presenza di segni della ma-lattia (scarsa informazione) o, talvolta, alpercorso diagnostico non ottimale propostodal medico curante.La condizione di pre-diabete (intolleranzaal glucosio) e di DM2 viene spesso non dia-gnosticata nel bambino/adolescente in ec-cesso ponderale.

3. Interazioni fra medicina delle cure pri-marie e strutture specialistiche pediatri-che di diabetologia

Non esiste un’integrazione strutturata fra

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medicina delle cure primarie (pediatri di fa-miglia, PDF e medici di medicina generale,MMG) e Centri di diabetologia pediatrica.

4. Protocolli diagnostici e terapeutici uni-formi e condivisi

L’assistenza al bambino con diabete non èomogenea in tutto il territorio nazionale.Mancano PDTA, standardizzati e uniformi.

5. Carenze delle strutture pediatriche dia-betologiche

I team diabetologici pediatrici, sia quelli ri-conosciuti sia quelli non, sono carenti inrisorse umane, personale specializzato de-dicato, spazi e attrezzature idonee.

6. Monitoraggio epidemiologicoManca a oggi un monitoraggio epidemio-logico regionale delle varie forme di diabetein età evolutiva con la suddivisione nellefasce 0-4 aa, 5-10 aa, 11-14 aa e 15-17 aa.

7. Carenza culturale diabetologica pedia-trica

La conoscenza del diabete del bambino èpoco diffusa nella popolazione. Le conse-guenze sono:• ritardo diagnostico all’esordio;• rischi di complicanze metaboliche acute

e a lungo termine;• sottovalutazione delle esigenze terapeu-

tiche e sociali;• rischio di discriminazione sociale.

8. Campi scuola educativi per bambini/ado-lescenti con diabete

Benché i campi scuola educativi per bam-bini/adolescenti con DM1 siano ritenuti es-senziali al fine di una buona gestione e diun buon adattamento alla patologia cro-nica, la loro realizzazione è ostacolata dalmancato inserimento nei LEA Regionali ditali strumenti di cura.

9. Diabete e scuolaMancano un’adeguata applicazione delleraccomandazioni interministeriali Istru-zione-Salute (C.M. 23/11/05) sui diritti delbambino con patologia cronica e una nor-mativa per l’eventuale necessità di sommi-nistrazione di farmaci in ambientescolastico, di routine o in caso di urgenza

attivando ove possibile anche gli organi pre-posti alla integrazione sociosanitaria (co-muni e associazioni di volontariato).

10. Idoneità sportivaComplessità burocratiche ostacolano la pra-tica dell’attività sportiva, nonostante essasia considerata una delle basi di preven-zione e terapia del diabete.

11 Idoneità alla guidaComplessità burocratiche ostacolano il con-seguimento dell’idoneità alla guida

12. Sostegno alle famiglieSono ancora presenti discrezionalità e di-somogeneità tra le commissioni giudicantinell’interpretazione e applicazione dellenormative sui sostegni alle famiglie (Legge289 del 11/10/1990 e Legge 104/1992) i cuibenefici sono richiedibili grazie alla certifi-cazione di invalidità: “minore invalido perdifficoltà persistenti a svolgere i compiti ele funzioni della propria età”, in quantonon totalmente autonomo nel gestire la te-rapia.

13. Transizione dal centro di diabetologiapediatrica al centro di diabetologia perl’adulto

La transizione del paziente dal centro didiabetologia pediatrica al centro di diabe-tologia per l’adulto è una fase molto criticaper la continuità delle cure, anche per l’ele-vato rischio di abbandono del sistema dellecure da parte del ragazzo, con pericolo con-creto di complicanze a lungo termine. Taletransizione avviene spesso in maniera di-somogenea, senza tener conto delle lineeguida elaborate dalle Società Scientifiche didiabetologia pediatrica e dell’adulto.

14. Gestione del paziente con diabete ri-coverato per altra patologia

una cura attenta del diabete deve essereuno degli obiettivi da perseguire duranteogni ricovero ospedaliero, quale che ne siala motivazione, perché il buon controllo gli-cemico influenza in maniera sostanzialel’esito della malattia che lo ha reso neces-sario. Per questo motivo è importante chei medici e gli infermieri di tutti i reparti didegenza abbiano conoscenze specifiche

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sulla gestione del diabete nei suoi variaspetti.

15. TelemedicinaÈ del tutto carente l’implementazione diprogrammi di telemedicina allo scopo dimonitorare più frequentemente il pazientelimitando la necessità di spostamenti dellostesso presso le strutture specialistiche.

Farmaci e presidiPer i soggetti affetti da DM1 deve essere ga-rantita la disponibilità dei farmaci e dei pre-sidi diagnostici più moderni non appenaresisi disponibili sul mercato. Per l’autocontrollo deve essere garantitauna disponibilità di reattivi adeguata allenecessità cliniche.Nei casi di accertata inefficacia della terapiainsulinica multi-iniettiva e quando si rendenecessario ricorrere all’impiego di un mi-croinfusore di insulina il candidato dovràessere sottoposto a una valutazione clinicapresso un Centro Pediatrico Specializzatoriconosciuto dalla Regione, che dispongadi un team (pediatra, infermiera, dietista epsicologo esperti in questo settore) chepotrà porre l’eventuale indicazione per l’ap-plicazione di un microinfusore e fornire ilpercorso formativo e di assistenza necessarial suo utilizzo, in stretta collaborazione conil Centro inviante il paziente.Fondamentale è la presenza di un serviziodi consulenza telefonica strutturata 24 oresu 24.

Livelli assistenziali di intervento per il dia-bete in età pediatricaLa base per una ottimale e uniforme mo-dalità di prevenzione e cura delle varieforme di diabete in età pediatrica (0-17 aa)è rappresentata dall’attivazione di una ReteRegionale basata su tre livelli.I livelli assistenziali per il diabete in età pe-diatrica sono i seguenti:• Livello I - Intervento preventivo-diagno-

stico-terapeutico dei pediatri di liberascelta e medici di medicina generale delterritorio;

• Livello II - Intervento preventivo-dia-gnostico-terapeutico da parte di strutturespecialistiche delle Aziende Sanitarie Lo-cali (Strutture Specialistiche Pediatriche

di Diabetologia: SSPD);• Livello III - Intervento preventivo-dia-

gnostico-terapeutico da parte del CentroRegionale di Riferimento per la Diabe-tologia Pediatrica, con compiti di indi-rizzo e coordinamento.

1. Assistenza di I Livello per il diabete inetà pediatrica

Nella gestione integrata i pediatri di fami-glia e i medici di medicina generale hannoi seguenti compiti:

• individuare e sorvegliare i soggetti a ri-schio con programmi di prevenzioneprimaria e secondaria;

• diagnosticare precocemente il diabetecon pronto invio alle strutture pediatri-che di II Livello e successiva condivi-sione del programma terapeutico;

• partecipare all’allestimento e alla ge-stione della cartella diabetologia;

• contribuire all’educazione del pazientee dei suoi familiari e all’inserimento delbambino con diabete nella scuola.

2. Assistenza di II Livello per il diabete inetà pediatrica

Viene svolta dalle Strutture SpecialistichePediatriche di Diabetologia (SSPD), a rile-vanza superaziendale, secondo la program-mazione regionale. Esse hanno compitipreventivi, diagnostici, terapeutici, educativie di follow-up nei confronti delle varieforme di diabete in stretta collaborazione econ il coordinamento del III Livello. L’atti-vazione di strutture di II Livello (SSPD) èbasata sulla possibilità di garantire un in-tervento multi-professionale integrato (vi-sita multidimensionale). L’attività di unsingolo pediatra diabetologo senza alcunsupporto infermieristico e dietistico dedi-cato ed esperto in diabetologia pediatrica,non configura un’attività di II Livello. La SSDP è una struttura dotata di autono-mia funzionale; deve essere dotata di spazie attrezzature adeguate e di personale com-prendente un numero idoneo di operatorisanitari in base al numero dei pazienti se-guiti. Il team è costituito da personale de-dicato: pediatra diabetologo responsabile(individuato secondo i criteri dell’Atto diindirizzo della Legge 115/1987 dalla Con-

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ferenza Stato regioni - 1991), infermiere,dietista, psicologo; inoltre il team deve pre-vedere un personale di supporto (assistentesociale e assistente sanitaria).Le risorse per il funzionamento delle SSPDdovranno essere garantite dalle Aziende, se-condo un criterio super-aziendale.I compiti delle SSPD sono:• inquadrare il diabete alla diagnosi;• assistere i pazienti con DM1 continua-

tivamente in gestione integrata con il pe-diatra di famiglia o il medico dimedicina generale;

• addestrare il paziente e i suoi familiariall’autogestione della malattia;

• fornire al paziente e ai suoi familiari unprogramma educativo/motivazionalespecifico sulla malattia;

• organizzare soggiorni educativo-terapeu-tici (campi scuola) come da normativaregionale (DGR 3579, 2003);

• assicurare una consulenze telefonica spe-cialistica 24/24 ore, condivisa con altreSSPD;

• fornire ai pazienti con DMT2 e ai lorofamiliari l’educazione a un corretto stiledi vita (alimentazione e attività fisica),motivandoli al controllo dell’eccessoponderale e, qualora necessario, sommi-nistrando terapia farmacologica speci-fica, anche per le co-morbilità;

• eseguire screening e stadiazione perio-dica delle complicanze nei pazienti condiabete in follow-up;

• collaborare attivamente con il III Livelloper l’applicazione di protocolli di dia-gnosi e cura e aggiornamento comuninell’ambito della rete diabetologica pe-diatrica;

• collaborare con le Strutture diabetologi-che di II e III livello dell’età adulta perun’ottimale transizione dei soggetti conDMT1 di età superiore ai 17 anni.

3. Assistenza di III Livello per il diabete inetà pediatrica

Il III Livello di assistenza per il diabete inetà pediatrica svolge le seguenti funzioni:• indirizzare e coordinare le strutture pe-

diatriche di II Livello (SSPD);• seguire pazienti che necessitano di in-

terventi di alta specializzazione;• per il ricovero ordinario il III Livello si

avvale dell’appoggio di una strutturaospedaliera dotata di uO di Pediatria;

• installare microinfusori e sistemi per ilmonitoraggio in continuo della glicemiae loro gestione, assicurando un teamspecializzato (pediatra, infermiera, die-tista, psicologo) e una consulenza tele-fonica strutturata 24 ore su 24;

• eseguire lo screening clinico e di labo-ratorio (biologia molecolare) del DMT1e la diagnosi di diabete genetico(MODY);

• promuovere e collaborare alla realizza-zione di interventi di prevenzione e cam-pagne di informazione sulla popolazionerelativamente al diabete nell’età evolu-tiva;

• coordinare interventi multidimensionaliper la prevenzione delle malattie meta-boliche del bambino;

• coordinare attività di ricerca epidemio-logica e clinica della Rete Regionale didiabetologia pediatrica;

• collaborare con il Servizio Epidemiolo-gico Regionale alla gestione del RegistroRegionale per il diabete nell’età evolu-tiva, i cui dati confluiranno in un Regi-stro Nazionale;

• formare operatori impegnati nell’assi-stenza al bambino con diabete.

Per il raggiungimento di tali obiettivi, il IIILivello deve disporre di personale adeguatoe dedicato: pediatra diabetologo responsa-bile (individuato secondo i criteri dell’Attodi indirizzo della Legge 115/1987 dallaConferenza Stato regioni - 1991), infer-miere, dietista, psicologo, tecnico di labo-ratorio. Il III Livello è una struttura dotata di auto-nomia funzionale e gestionale, in genereindividuata nel numero di una per Regione,salvo diversa programmazione regionale,sulla base della densità di popolazione, areemetropolitane, particolare orografia del ter-ritorio ecc.; in questo caso la Regione potràattribuire diversa specificità alle strutture diIII Livello.Le Regioni provvedono al finanziamentoper l’espletamento di tutte le attività del IIILivello.

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Criteri per l’individuazione minima di personaleII Livello (SSPD)Non esistono parametri nazionali per l’in-dividuazione di un livello minimo del rap-porto figure professionali/numero dipazienti pediatrici seguiti, si farà ricorsoall’unico parametro internazionale a oggiesistente, elaborato nell’ambito di un Pro-getto della Comunità Europea (SWEET –Project. Better Control in Pediatric andAdolescent Diabetes: Working to CreateCentres of Reference).

Medico pediatra diabetologo 1,13 unità/100 pazienti

Infermiera 0,63 unità/100 pazienti *

Educatore 0,63 unità/100 pazienti *

Dietista 1 unità **

Psicologo 1 unità ***

* Si precisa che in Italia l’attività di “Educatore terapeutico” è svolta ingenere dall’infermiera professionale, non essendo contemplata nell’am-bito del SSN la figura dell’educatore. Pertanto, il rapporto infermiera pro-fessionale/pazienti passa a 1,26/100 pazienti

** Si sottolinea l’importanza del ruolo della dietista per l’acquisizione diun’adeguata alimentazione salutare della famiglia e del paziente, tenutoconto delle mutevoli necessità del soggetto nel corso del suo svuluppo.

*** Si sottolinea che la cura del diabete in età pediatrica deve essere im-postata non solo sotto il profilo biomedico, ma anche sotto quello psico-sociale, garantendo un adeguato supporto di personale specializzato, siaal bambino/adolescente sia alla famiglia.

Come previsto dall’Atto di indirizzo dellaLegge 115/1987 dalla Conferenza Stato Re-gioni - 1991, il team della SSPD si avvaledella collaborazione di assistente sociale eassistente sanitario.

Bibliografia

1. Linee guida clinico organizzative per il diabetein età evolutiva. SIEDP News, Dossier n. 6,2003.

2. ISPAD Clinical Practice Consensus Guideli-nes 2009 Compendium. Pediatr Diabetes2009;10 (Suppl 12):1-210.

3. Sweet Project “Better control in Pediatric andAdolescent diabetes: Working to create Cen-tres of Reference”. ISPAD & ExecutiveAgency for Health and Consumers - Euro-pean Community - 2008-2010.

Gruppo di lavoro

Maria Teresa Branca

Raffaella Buzzetti

Domenico Fedele

Carlo B. Giorda

Valeria Manicardi

Domenico Mannino

Maria Franca Mulas

Leonardo Pinelli

Sebastiano Squatrito

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Italian Health Policy Brief

Anno II - Numero Speciale - Giugno 2012

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