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10/2012 IT LaGazzetta ∙∙∙ 1 MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS N°10/2012 QUELLA SENSAZIONE DI SPORCIZIA DIFFUSA L’editoriale di Leo Tomarchio SERVIZI DOMICILIARI OGGI Più leggeri nella quantità LE 7 MERAVIGLIE DI FAB! Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy www.itaca.coopsoc.it LA PARITÀ È UN PRINCIPIO UNIVERSALE (DICHIARAZIONE DI VIENNA, 1993)

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MENSILE D’INFORMAZIONE DELLA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ONLUS

N°10/2012

Quella sensazione di sporcizia diffusa L’editoriale di Leo Tomarchio

servizi domiciliari oggi Più leggeri nella quantità

le 7 meraviglie di faB! Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy

www.itaca.coopsoc.it

la pariTÀÈ un principiouniversale(dichiarazione di vienna, 1993)

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I dIrIttI umanI delle donne e delle bambIne sono parte InalIenabIle, Integrale e IndIvIsIbIle deI dIrIttI umanI unIversalI (art. 18, dIchIarazIone dI vIenna, 1993)www.peacetown.it/dichiarazione_vienna.html

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ediTorialedi Leo Tomarchio PresidenTe

Quella sensazione di sporcizia diffusa

Pordenone

Dalla Repubblica del 3 ottobre 2012:Fondi Pdl, Franco Fiorito in cella da soloPrima notte a Regina Coeli: "E' sereno"L'ex capogruppo del Popolo delle libertà arrestato per peculato non ha fatto richieste particolari all'educatore. Si è svegliato con caffè e fette biscottate. E' nel reparto riservato ai nuovi detenu-ti,….. . Taormina: "Faremo ricorso al Riesame. E' pronto a rispon-dere alle domande del gip. I vertici del partito stiano attenti: i contribuiti regionali a volte vanno altrove". Gli inquirenti a caccia di complici…

Ecco due aspetti che sono strettamente collegati fra loro: Fiorito “è sereno” e “i vertici del partito stiano attenti”. E’ questa, a mio modo di vedere, la chiave di lettura del perché le cose non sono cambiate fino ad ora. Vi sono capri espiatori e complici che de-vono stare attenti, il che, tradotto, significa o mi ricompensate lautamente e non infierite troppo, o parlo e nella bufera ci finite anche voi.L’esempio che ho scelto è soltanto l’ultimo dei tanti, in ordine cronologico, salito agli onori delle cronache (ma perché mai si usa la parola “onori”, non sarebbe meglio orrori?). Non me ne vo-gliano le persone che si riconoscono in quella parte politica, avrei potuto citare Lusi per il centrosinistra o Rosi Mauro (che è ancora vicepresidente del Senato) e Belsito dell’integerrima Lega Nord, o altri ancora, ma il concetto che intendo esprimere non sarebbe comunque cambiato.È la sensazione di sporcizia diffusa quella che resta negli animi e nelle teste dei cittadini, quelli onesti, quelli che lavorano o hanno lavorato e magari adesso sono in cassa integrazione o peggio… Quelli che vivono con mille euro al mese e che sentono parlare di ostriche e champagne pagate coi soldi pubblici, e quindi anche loro. Per non parlare dei giovani, che già dalla politica se ne stan-no distanti (o vengono tenuti distanti…). Stiamo andando al disa-moramento totale per la politica e verso una crescita della rabbia. Perché quella che si respira tra la gente è una forte e legittima

rabbia. Ed è di questa rabbia che i vertici dei partiti si dovrebbero invece preoccupare, e seriamente, non delle scontate rivelazioni dei vari Batman/Lusi/Belsito/Trota od altri pesci piccoli o grandi.

Chi come me per questioni anagrafiche si ricorda “Tangentopoli” non farà fatica ad immaginare che lo scenario da qui a pochi anni, una volta passata la tempesta, potrebbe essere quello di rivedere questi personaggi rivestire di nuovo cariche di prestigio nella po-litica, nei consigli di amministrazione di grandi aziende, pubbliche o private, o magari diventare personaggi della televisione.Sempre dallo stesso articolo di Repubblica:“Avrebbe potuto avere una cella con altri detenuti, ma ha preferi-to rimanere da solo. Fiorito si trova nel reparto riservato ai nuovi detenuti, in cui c'è tra gli altri Alexandro Vitalone, figlio dell'ex senatore Dc Claudio Vitalone, arrestato con l'accusa di stupro. Lo stato di salute di Fiorito è ''abbastanza buono'', si sottolinea, con-siderando il peso eccessivo che gli provoca alcuni disturbi lievi. Ha guardato la tv in cella ma quando ha visto i servizi sul suo caso si è innervosito e ha spento: è stato l'unico momento in cui ha perso il buonumore. Avrebbe comprato allo spaccio interno una cassa di bevande gassate, tra cui Coca Cola e aranciata. Come altri detenuti comuni, infatti, può acquistare allo spaccio del car-cere prodotti per integrare il vitto”.

Ha preferito restare da solo? Chiedetelo a quel detenuto del car-cere di Pordenone che, nonostante sia seguito dai servizi psi-chiatrici, si trova in cella a scontare la sua pena con altre cinque persone (in una cella che ne potrebbe ospitare solo due) e che, per sgranchirsi le gambe, deve aspettare il suo turno, in quanto non ci si sta in piedi in più di due alla volta.Il peso eccessivo gli procura disturbi lievi? Ma prima, mangiando ostriche con i soldi rubati alla comunità, non aveva nessun brucio-re di stomaco? E solo ora si è accorto di aver mangiato troppo e di essere diventato un obeso?Ha comprato una cassa di bevande gassate come altri detenuti comuni? Di certo a lui i soldi non mancano per comprarsi le cose, dubito che gli altri detenuti “comuni” (ma lui e quelli come lui sono poi così speciali?) possano permettersi di far scorte in di-spensa.

La rabbia sale… e la responsabilità politica di questa rabbia, e delle conseguenze cui potrebbe portare è e resta in capo a chi queste azioni continua a coprirle, tollerarle, giustificarle. Vi ricor-date Gheddafi? Da quello che si respira, non manca molto…

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sommario

e2024∙Il vIllaggIo deI bambInI“The Village” al Centro estivo”: un’esperienza possibile

26∙la gazzetta della chIoccIolaIn tutte le edicole il giornalino dei Csre dell’Alto Friuli

ricerca e sviluppo29∙possIamo Fare dI pIÙ con meno?Itaca e FAB al 10^ “Workshop sull’impresa sociale”

insicurezza32∙dal punto dI vIsta delle donneProspettive di genere nella salute e sicurezza sul lavoro

IN COPERTINA Opera di Karibu Africa

primo piano05∙servIzI domIcIlIarI oggIPiù leggeri nella quantità

l’inTervisTa del mese07∙ottIma senIor In basIlIcataL’esperienza della Cooperativa Il Filo d’Arianna

speciale faB!10∙le 7 meravIglIe dI Fab!Dal 15 ottobre l’avvio dell’Academy

aTTualiTÀ11∙tessere le parItÀEconomia al femminile per una società alla pari

14∙percorsI dI cIttadInanza“Via Colle” in scena con il suo Blues

15∙carlI a casa carlIPer una cultura dell’accoglienza e dell’incontro

17∙servIzI dI concIlIazIone per I socI Ancora non esaurito il budget messo a disposizione dal CdA

19∙novello saluta sant’osvaldo Parole tra gli alberi del parco

07∙

29∙

19.

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servizi domiciliari oggi

Pordenone

Dall’esterno, per i servizi domiciliari, si pro-spetta una crescita esponenziale. E non può che essere così: i dati Istat confermano che sono molto in calo le nascite e in calo i de-cessi; la vita media è di circa 79 per gli uomi-ni e circa 84 per le donne. Gli anziani sopra i 65 anni sono circa il 20% della popolazione complessiva (il 23,5% in Friuli Venezia Giulia) e particolarmente veloce è la crescita degli ultra 85enni che oggi sono il 3%. Persino gli ultracentenari, che oggi sono 16mila, si sono triplicati in un solo decennio. In base alle previ-sioni di modifica demografica, le persone con più di 65 anni nel 2025 supereranno il 30% della popolazione totale e nel 2050 arriveremo quasi ad una su due. La situazione economica non permette più (per fortuna almeno in questo caso) di rispon-dere con soluzioni di tipo residenziale spinto:

non ci sono fonti ufficiali, ma sembra che non ci siano più molte liste di attesa in quelle regio-ni (del nord) che hanno progettato e costruito una risposta al problema della non autosuffi-cienza degli anziani esclusivamente basata sui posti letto, spesso a gestione privata. L’invecchiamento della società non è un’ipote-si ma una realtà accertata e accettata, e il fu-turo quindi vedrà una crescita di questi servizi e una crescita del privato pagante per l’assi-stenza di cui necessiteranno i molti più anziani di domani, con una diminuita capacità di spesa del sistema pubblico (e anche a parità di spesa se la domanda cresce non si potrà soddisfarla tutta).

Dall’interno della Cooperativa Itaca, invece, i servizi domiciliari negli ultimi anni sono diminuiti. Non abbiamo partecipato, e non abbiamo neanche assistito, ad una program-mazione di lungo periodo e la somma dei brevi

pIÙ leggerI nella quantItÀ

Orietta Antonini

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primo piano

periodi - in assenza o scarsa progettazione e coordinamento - ha portato in Italia un eser-cito di badanti che hanno salvato il salvabile (se sono circa 1,3 milioni secondo i dati degli Osservatori Caritas, più della metà lavora sen-za contratto: basta fare la sottrazione con i dati forniti dall’Inps), ha lasciato anziani e famiglie più povere, più disorganizzate e più sole, ha disgregato ancora di più le risposte possibili nel territorio.

Probabilmente anche noi non siamo stati all’al-tezza; forse avremmo dovuto (e dobbiamo an-cora) rifiutarci di attivare un servizio domiciliare orientato alla cura e poco all’assistenza, e limi-tato a qualche ora la settimana (qualche volta il contatto si limita alla consegna del pasto a domicilio), se poi non c’è niente altro intorno. Probabilmente dobbiamo condizionare i no-stri progetti al fatto che esista, o alla pos-sibilità di costruire, una rete di servizi ulte-riori, da quelli specialistici al volontariato passando per i centri diurni o altri interven-ti di rete di sollievo, per il telesoccorso, per gruppi di auto mutuo aiuto per familiari e anziani, per le politiche abitative, … Oltre alla oggettiva diminuzione prestazionale, negli ultimi anni c’è stata una forfetizzazione delle stesse e vengono remunerate le ore di assistenza svolte a domicilio comprensive de-gli oneri indiretti, cioè del tempo e del mezzo che occorre per recarcisi, oneri che possono avere un’incidenza anche fino ad un terzo della prestazione stessa considerata l’assenza nel nostro territorio di concentrazioni urbanistiche e l’elevato costo della benzina.Nei servizi domiciliari negli ultimi anni c’è stata una richiesta di tecnologia ma che per il momento si limita ad ottimizzare e quantifi-care le prestazioni dirette (quelle fatte dentro l’abitazione dell’anziano), forse anche per dare una maggiore certezza alle richieste di com-partecipazione.

Altra problematica di ieri e di oggi (e anche del futuro se non cambiano le politiche), è lega-ta alla formazione degli operatori. Trascuria-mo solo per un attimo il tema che per questi servizi è richiesta una qualifica, quella di Oss, che poi non viene riconosciuta dai contratti e quindi dalla committenza pubblica visto che il servizio non è sanitario, e tralasciamo anche il problema legato alla formazione degli opera-tori socio assistenziali che, in questa regione per esempio, potrà completarsi nei prossimi 5-7 anni; superati questi, non si risolveranno le questioni aperte, delicatissime, come la som-ministrazione dei farmaci, o altre mansioni le-

gate per esempio all’alimentazione (questioni che non riguardano solo gli anziani ma tutti gli assistiti a domicilio o in analoghi servizi leg-geri), prestazioni che sono di pertinenza degli infermieri, la carenza dei quali oggi è talmente alta da non coprire neanche le esigenze ospe-daliere, figuriamoci quelle domiciliari.

Verosimilmente anche se paradossalmen-te, in termini di ‘offerta di mercato’, nel breve e medio periodo non vedo le condizioni per una crescita di questi servizi (e la concor-danza tra domanda = bisogno crescente, e of-ferta = privato pagante, continuerà ad essere garantita dalla diseguaglianza sociale ed eco-nomica tra Paesi, cioè dalle assistenti familia-ri). Sicuramente nel medio e lungo periodo ci sarà (ci dovrà essere) una trasformazione fatta di servizi più specializzati e più sanitarizzati.

La grande scommessa consisterà nella ca-pacità di orientarli e di governarli, e non solo con un occhio al singolo servizio o al coordina-mento delle prestazioni (quelle offerte dalle operatrici assistenziali, dagli infermieri, dagli assistenti familiari, dai volontari, dai vicini, …), ma in modo globale.

Oltre all’urgenza (emergenza ormai) dei servizi sanitari, un’accurata riprogettazione dovrebbe tenere conto dell’impatto sociale ed economi-co dell’invecchiamento sulla popolazione atti-va. Ad esempio, preferire la monetizzazione (e quindi la privatizzazione) di alcuni servizi, pro-duce una ripercussione negativa nel mercato del lavoro a carico dei soggetti deboli che poi si moltiplica a cascata. Infatti, ammesso che vi sia una rete, si sa che la prima risposta as-sistenziale viene fornita da familiari con basso reddito o non retribuiti, quasi sempre le don-ne, e le ripercussioni le vediamo già oggi ma saranno più dannose tra 10 o 20 anni quando il sistema, pensionistico in primo luogo, ma an-che quello sanitario e assistenziale, non con-sentirà più il godimento degli stessi servizi. Una politica di ampio respiro dovrebbe anche orientarsi per il benessere e quindi l’educazio-ne relazionale, e una piccola spesa di oggi per avviare e supportare le reti informali consenti-rebbe grandi risparmi domani.

Magari a fatica ma ci arriveremo prima o poi, anche se gli avverbi faranno una grandissima differenza.

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Pordenone - Venosa

Novembre 2011. Un volo da Venezia mi sbarca a Bari, ma il viaggio non è finito. Da Bari devo rag-giungere Venosa, e quei 130 km mi immergono in una terra antica e silenziosa, di colline e mon-tagne, continue e solitarie. Pochi centri abitati, spazio ondulato a perdita d’occhio, strade in cui è meglio guidare con attenzione.A Venosa si trova la sede della Cooperativa so-ciale Il filo di Arianna del Consorzio CS, che ha organizzato una formazione sul metodo Gen-tlecare, per la gestione dei servizi per persone affette da demenza.Strani sono i percorsi che avvicinano le espe-rienze e le persone … Nel 2010 un gruppo di sindaci e assessori di alcuni paesi della Basilica-ta erano venuti in visita in Friuli Venezia Giulia e Veneto per conoscere le strutture in cui si utiliz-zava il modello, conoscendo così più da vicino la relatà della Cooperativa Itaca e del Gruppo

Ottima Senior.In collaborazione con le cooperative sociali del territorio hanno poi avviato la realizzazione di alcuni servizi, la formazione degli operatori e gli stage nelle sedi della Casa per anziani del Comune di Sacile (Pn) e di Castelfranco Veneto (Tv).Mi ha profondamente colpito la passione e la tenacia di questi cooperatori che lavorano in un territorio difficile, che inventano servizi con competenza e professionalità, che fanno impre-sa sociale dando risposte concrete alle famiglie che non trovano risposta nelle istituzioni.Mi ha colpito la passione di Giusy Conte, pre-sidente della cooperativa Il filo di Arianna e vi-cepresidente del Consorzio CS di Potenza, psi-cologa e imprenditrice di una realtà di 35 soci, effervescente quanto serve per dar vita con l’aiuto di un’equipe ristretta e motivata ad un progetto di animazione territoriale, ad un centro socio educativo, ad un gruppo appartamento

Laura Lionetti • Foto di Il filo di Arianna

oTTima senior in BasilicaTal’esperIenza della cooperatIva Il FIlo d’arIanna

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l'inTervisTa del mese

per anziani e uno per persone per demenza. Da queste premesse è nato il dialogo che segue

Il nostro incontro nasce dalla collaborazione del Consorzio con Ottima Senior, dalla Basi-licata al Friuli Venezia Giulia… come è nato questo ponte?E’ nato circa tre anni fa da una ricerca effet-tuata dal Consorzio CS sul territorio nazionale finalizzata all’individuazione di un partner che potesse affiancarci nell’avvio del progetto di rete Minerva-Alzheimer. In qualità di vice presi-dente del Consorzio CS e sulla base delle mie esperienze precedenti, ho seguito il progetto fin dall’inizio. La mia prima visita in Friuli e in Veneto ha confermato le aspettative su Ottima Senior e ha stimolato la voglia di approfondire la collaborazione. Certo, il confronto con una re-altà che opera da diversi anni in un settore per noi allora quasi sconosciuto ci ha fatto capire che la formazione era il primo tassello di questo puzzle complicato ma stimolante, che spero possiamo continuare a costruire insieme.

Com’è nata la cooperativa Il Filo d’Arianna e di cosa si occupa?La cooperativa nasce il 22 aprile del 1999 nel comune di Venosa. E’ una cooperativa abilitata alla gestione di servizi e attività socio-sanitarie e assistenziali orientate in via prioritaria, ma non esclusiva, alla risposta e ai bisogni di per-sone affette da disagio psichico e in condizioni di disabilità e non autosufficienza. Gestisce in general contractor con il Consorzio CS i servizi di assistenza domiciliare alle persone con disa-bilità su due Ambiti composti da 19 Comuni. Nel 2007 abbiamo promosso nel comune di Ve-nosa in forma imprenditoriale un Centro diurno per persone con disabilità, riconosciuto dalla Regione Basilicata e autorizzato dai Comuni dell’Ambito Alto Bradano e nel 2011 tre Gruppi appartamento per la terza età e adulti in condi-zioni di fragilità. La base sociale è composta da 37 soci su 70 dipendenti. La Coop è conosciuta e apprezzata sul territorio anche per le attività di animazione territoriale che organizza per Na-tale, carnevale e inizio estate finalizzate all’in-clusione sociale dei ragazzi del Centro diurno. Sono momenti fondamentali del nostro lavoro perché servono a rinforzare il patto di solidarie-tà con la comunità, le famiglie e la collabora-zione con i diversi enti e associazioni. Inoltre, poiché l’animazione con le arti circensi, il teatro dei burattini, le gag dei clown, baby dance, truc-ca bimbi e laboratori interattivi si rivolgono ai bambini, ragazzi e famiglie, attraverso queste iniziative si abbattono i muri del pregiudizio e si educano le nuove generazioni ad avere rispetto

delle diversità. Le persone con disabilità diven-tano protagonisti attivi e non soggetti passivi di cure.

Il Consorzio CS di Potenza è particolarmen-te attivo con il Progetto Minerva. Quali ne sono le specificità?Minerva è un progetto rete di imprese che nasce tre anni fa grazie all’intuizione delle co-operative sociali Gss di Pescopagano e il Filo di Arianna di Venosa, che partecipano ad un bando indetto dalla Camera di Commercio di Potenza. Il bando andava a finanziare progetti innovativi anche sul settore dei servizi alla per-sona attraverso una nuova forma di aggregazio-ne imprenditoriale, le reti di imprese. Minerva promuove così nella provincia di Potenza la na-scita di servizi diurni e residenziali a carattere comunitario per persone affette da demenze e Alzheimer, con la consulenza tecnica e proget-tuale del Consorzio.Il Consorzio ha individuato circa due anni fa nella società Ottima Senior di Pordenone un partner fondamentale per la messa in opera di una serie di servizi alle persone affette da Alzheimer. Ottima Senior ha realizzato la pro-gettazione degli spazi del Centro Alzheimer che nascerà nel Comune di Pescopagano, e curato la formazione di tutto il personale delle coope-rative aderenti alla rete Minerva secondo il mo-dello Gentlecare. Dal 2010 ad oggi hanno aderito alla rete altre 5 cooperative dislocate sull’intera provincia di Potenza, con le quali si sta avviando il secon-do step formativo in collaborazione con Ottima Senior e si stanno altresì mettendo in cantiere

nuovi servizi come a Lavello, dove è già partito il primo Centro Alzheimer della Basilicata, a Tra-mutola, Potenza e Lagonegro.Il progetto di rete punta non solo ad aprire servi-zi residenziali e diurni, ma anche ad avviare una serie di attività e iniziative a corollario, quali l’as-sistenza domiciliare Alzheimer, la formazione continua degli operatori e dei volontari, la pro-mozione dei Caffè Alzheimer (punti di incontro per le famiglie) e dei gruppi di mutuo auto aiuto in collaborazione con l’associazione dei familiari Alzheimer Italia Basilicata. Tutti i servizi puntano all’ottenimento del marchio Gentlecare.

Il Filo di Arianna sta puntando ad un proget-to innovativo e flessibile di residenzialità. Le idee nascono dai bisogni?Possiamo dire che è la prima cooperativa in Ba-silicata che sta sperimentando per la terza età forme di residenzialità alternative alle Case di riposo, così come previsto dalle normative re-gionali e nazionali. Abbiamo deciso di promuo-vere la nascita di una serie di Gruppi apparta-mento che offrissero alle famiglie un servizio altamente qualificato all’interno di un ambiente a carattere familiare. Sin dall’apertura dei Grup-pi appartamento la richiesta è stata soprattutto quella di una presa in carico di persone affette da demenze. Il successo dell’iniziativa, sia dal punto di vista delle richieste sia dai risultati ri-scontrati con gli ospiti, ci ha spinto a promuo-vere la nascita del primo Gruppo appartamento Alzheimer in collaborazione con il Comune di Venosa. L’appartamento offrirà una risposta immediata a quelle famiglie che hanno in casa un malato di Alzheimer attraverso un servizio di

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l'inTervisTa del mese

respite care. Ma, date le richieste, la cooperati-va punta ad ampliare nel breve periodo l’offerta dei servizi diurni, domiciliari e residenziali per l’Alzheimer.Differentemente dalle Case di riposo tradizionali e per lo più presenti in questo territorio, i Grup-pi appartamento sono caratterizzati dalla massi-ma flessibilità nell’offerta, erogano prestazioni individualizzate sulla base della predisposizione dei Pai, operano attraverso una èquipe multidi-sciplinare all’interno di una organizzazione che punta sulla formazione continua del personale, sulla supervisione dei servizi e su modelli ope-rativi che mettono al centro sempre e comun-que la persona.

La Regione Basilicata presenta alcune partico-larità legate alle caratteristiche del territorio, sia morfologiche che culturali. In questo con-testo che cosa significa fare cooperazione?Per molti aspetti le cooperative sociali in Basi-licata sono state pioniere sull’avvio di servizi di assistenza domiciliare agli anziani, Case fa-miglia per utenti psichiatrici e altro. L’apice di questa vivacità e fermento di iniziative si è avu-to nel 2000 con l’approvazione del primo piano socio assistenziale che ha regolamentato le gare d’appalto, i servizi socio assistenziali, in-dividuando quelli essenziali da attivare in ogni ambito, reperendo e mettendo a disposizione dei Comuni le risorse economiche. Ha creato alleanze e partnership fondamentali fra pub-blico e privato, stimolando le imprese sociali a innovarsi e sperimentare nuovi servizi, anche in forma imprenditoriale pura.Purtroppo, nel corso degli anni è mancata una

cabina di regia a livello regionale che andasse a monitorare questo processo e a correggere dove necessario. Non è un caso che la Basili-cata non riesca, nonostante le numerose solle-citazioni delle Centrali cooperative, a legiferare sugli accreditamenti. E ciò pone non poche difficoltà nella progettazione di servizi ancora inesistenti ma sempre più richiesti, come quelli per l’Alzheimer. Se poi si considera l’aumento dell’emigrazione dei giovani a causa dell’assen-za di lavoro, l’aumento della popolazione anzia-na e di conseguenza l’aumento di patologie le-gate all’invecchiamento, i problemi di viabilità, le distanze tra un territorio ed un altro, i tagli del comparto, tutto questo sicuramente non aiuta chi deve progettare servizi sempre più ri-spondenti alle reali esigenze delle famiglie. E purtroppo anche l’approvazione del nuovo pia-no socio sanitario non ci soddisfa pienamente, lasciando troppe questioni aperte rispetto alle sollecitazioni poste dalle imprese sociali.Per questo motivo il lavoro di questi mesi del Consorzio CS è quello di costruire un ponte con la Regione. Puntiamo al riconoscimento del progetto Minerva che propone la nascita di una rete capillare di servizi diurni e residenziali, finanziati da vari partner oltre alle imprese, che vadano a supportare e ad integrarsi con gli Uva presenti sul territorio, ma che hanno bisogno di essere convenzionati per poter reggere nel lungo periodo.

Presidente donna di una cooperativa sociale nata nel 1999, con prevalenza di lavoratrici donne. Cosa ti viene in mente alle parole imprenditoria femminile, pari opportunità e

politiche per la conciliazione?La mia cooperativa ha sempre cercato di far convivere le esigenze delle lavoratrici madri con quelle dei servizi, tutelando in primis i diritti del-la maternità. Personalmente, ho fatto più fatica a conciliare tutto considerando che il periodo in cui sono diventata mamma coincideva con quello in cui la cooperativa espandeva il proprio campo di attività. Difficoltà accentuate dalla scarsità di servizi a sostegno della maternità. Ricordo ancora le lunghe liste di attesa nel nido comunale con un inserimento che non arriva-va mai a causa della esiguità dei posti, le diffi-coltà a trovare baby sitter affidabili. Ma in quel periodo le mie difficoltà, e la capacità di una cooperativa di leggere i bisogni espressi dalla comunità prima di altri, sono state da stimolo a progettare servizi più flessibili che riuscissero a dare risposte anche a tutte quelle mamme lavo-ratrici che non avevano risposte dal pubblico: è nata così in quel periodo una cooperativa spe-cializzata sui servizi per l’infanzia e la famiglia con la prima ludoteca e micro nido tutt’oggi at-tiva, che dà lavoro ad un bel po’ di mamme che hanno saputo fare della conciliazione il proprio mestiere.

Tanti sono i modi per costruire. La coopera-tiva partecipa alla redazione di un giornale un po’ speciale, ci racconti?Zahir, significa in lingua araba “rendere visibile”. Il giornale è nato come laboratorio cognitivo del Centro diurno per persone con disabilità, fina-lizzato a recuperare e mantenere alcune abilità cognitive e a raccontare le attività del Cse. Nel tempo si è trasformato in qualcosa di più: è di-ventato una finestra sul mondo del non profit La redazione, guidata da una direttrice, gior-nalista iscritta all’albo, si occupa di seleziona-re eventi, iniziative realizzate sul territorio che abbiano come fine la solidarietà, il bene comu-ne, ma anche la promozione socio culturale e imprenditoriale di un territorio. E’ lo strumento di comunicazione per eccellenza anche con le istituzioni a cui viene regolarmente inviato per far conoscere un pezzo di cooperazione viva-ce e attiva nonostante il periodo. Ed è anche un favoloso strumento di conoscenza e inclu-sione sociale: infatti molte interviste vengono realizzate dai ragazzi del Cse che visitano, co-noscono e raccontano altre realtà significative presenti sul territorio. Il giornale viene diffuso in tutte le famiglie a cui prestiamo assistenza, negli ospedali, nei Comuni, in Regione e Provin-cia, è presente on line sul nostro sito e viene realizzato grazie ai contributi degli sponsor e delle donazioni del 5 per mille.

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speciale faB!

Pordenone

Elisa Dellizotti “EdQ Platform & App Smartpho-ne”, Federica Morsanuto “Centro Servizi On Line Competenze Territoriali”, Federica Vaglio “Bacheca Cittadina”, Ingrid Prestopino “Reci-clab”, Julia Mamolo “L'idea Crea”, Gianna Vi-gorito “Microfinanza Imprese Migranti”, Tiziana Perin “aPMaPN”. Sono le 7 idee progettuali che daranno vita al primo ciclo di FAB!, l’incuba-tore d’impresa della Cooperativa sociale Itaca presentato a Pordenone lo scorso 29 giugno, elaborato e lanciato dalla Coop friulana in occa-sione del Ventennale di fondazione.Il 4 ottobre si sono infatti concluse le selezioni delle idee progettuali, 23 erano state le propo-ste pervenute nell’intervallo tra il 29 giugno ed il 31 agosto, da queste ne sono state selezio-nate 7. Il primo dato che spicca è la percentuale tutta al femminile delle “fabers”, mentre tra le 23 idee presentate inizialmente erano coinvolte 35 persone con tra i capi progetto 12 femmine e 11 maschi.Il prossimo step sarà quello del 15 ottobre: le 7 fabers selezionate vivranno FAB nelle sue potenzialità fatte di formazione e concretizza-zione di progetti, che nelle reti e relazioni con i vari sistemi trovano il loro focus e possibilità di successo.Come FAB stiamo stringendo sinergie a livel-lo locale, regionale e nazionale con l’obiettivo di diffondere l’idea di un generatore d’impresa che sappia rispondere ai bisogni emergenti, in un’ottica di sostenibilità che prenda spunto pro-prio dai valori ed agiti del modello cooperativo.Intanto il prossimo evento pubblico è dietro l’angolo ed è previsto l’8-9 novembre alla Fiera di Pordenone in occasione di “Punto d’incon-tro”, un’occasione per orientarsi nel mercato del lavoro e nelle opportunità che può offrire.

Ma facciamo un passo indietro. Il punto di par-tenza proposto da FAB era quello di presentare delle idee progettuali basate su 5 criteri: 1- Idee progettuali che possono trasformarsi in impresa e costruire una reale occupazione nel tempo; 2- Dare risposte efficaci e sostenibili a bisogni critici emergenti che non sono soddisfatti dalla collettività; 3- Idee capaci di promuovere e riat-tivare beni comuni e generare risorse aggiunti-ve. 4- Incentivare e sviluppare l’utilizzo di nuove tecnologie. 5- Produrre un impatto significativo

dal 15 ottobre l’avvIo dell’academyle 7 meraviglie di faB!

rispetto alla comunità in termini dimensionali e di interlocutori coinvolti.Oltre a Itaca e Dof consulting, la selezione che ha portato alla scelta dei 7 progetti si è svolta con l’utilizzo di specifici “indicatori” ed ha vi-sto il coinvolgimento diretto in commissione dell’Università di Trento nella persona del prof. Luca Fazzi e dell’Università di Bologna con l’ap-porto del dott. Paolo Venturi. Quattro gli indica-tori utilizzati e riportati di seguito.1. La figura del proponente è stata di peso fon-damentale, s’è valutata la “coerenza del profilo del proponente con il progetto (Asset)” e nel caso dei gruppi la squadra;2. Interesse del progetto “rispetto stakeholder reali o potenziali” (ad es., Comune e Provincia di Pordenone): Persone, Comunità d'interesse, imprese e P.A. Fondamentale non fossilizzarsi sul prodotto e considerare i bisogni della comu-nità;3. “Stato d’avanzamento”: valutare se la propo-sta è solo in fase embrionale o se è già avvenu-ta una fase d’analisi di fattibilità e di connessio-ne delle risorse;4. “Funzione dell’innovazione”: il tipo d’impatto (ad es., soggetti svantaggiati e dignità agli agri-coltori) fa la differenza. Ci interessano i bisogni

espressi dal territorio (come la .disoccupazione in alcuni nel settore, si consideri che la disoc-cupazione giovanile è al 50%). Promuovere la dimensione collettiva dell'idea imprenditoriale produce un impatto sociale che propone un cambiamento (si pensi alla giustizia sociale) in prospettiva di un ulteriore sviluppo in direzione della “imprenditorialità collettiva, prospettiva d'equità e giustizia sociale, aggregazione di risorse”. Uno dei rischi degli start up sociali po-trebbe superare l'idea di cooperazione sociale e terzo settore che andrebbero a perdere molte delle loro caratteristi qualificanti. I processi d'in-cubazione sono basati sull'accelerazione (prima si produce e prima si vende) e la capacità in breve tempo di produrre valore: il tema dell'oriz-zonte del benessere della comunità slow to start, hard to die è questo il nostro tema. Così abbiamo selezionato il tipo di domanda ed an-che i compagni di viaggio.

Christian Gretter

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speciale faB!

Tessere le pariTÀ

Nairobi - Pordenone

La Cooperativa Itaca è impegnata dal dicembre scorso in un progetto di cooperazione decentra-ta in Africa e più precisamente in Kenya, nella sua capitale Nairobi. La Regione Friuli Venezia Giulia ha ritenuto meritevole di finanziamento per la seconda volta (il primo progetto è sta-to realizzato tra il 2008 e il 2010) un progetto di Itaca in quelle zone, un segnale certamente positivo ma soprattutto un riconoscimento im-portante della bontà degli interventi nell’ambito della cooperazione internazionale.Di fatto questo progetto si inserisce come natu-rale continuazione del precedente Kuna Shule (costruzione e avvio di un Centro di formazione per giovani provenienti dagli slum di Nairobi), implementandone i servizi ormai consolidati.L’esperienza precedente ha permesso a Itaca di confrontarsi con una realtà sociale molto diver-sa dalla nostra, piena di contraddizioni ma ricca di stimoli. Dal punto di vista umano l’impatto è generatore di legami indelebili, sinceri, con-

traddistinti dalla semplicità e dalla naturalezza dei gesti. E’ quindi per i tanti amici che abbia-mo incontrato, per le tante relazioni che si sono intrecciate, che è nata la volontà di continuare. Una volontà accesa anche dalla maggiore espe-rienza maturata e dalla presunzione di poter in-cidere almeno un poco nel percorso di emanci-pazione intrapreso da quella comunità.

Il contestoIn Kenya, le donne hanno un accesso limitato alla politica (solo il 9,4% dei parlamentari sono donne – fonte Unifem), all'economia (solo il 4% della terra è di proprietà di donne – fonte So-cial Institution and Gender Index), alla sanità (il tasso di mortalità materna è di 530 donne ogni 100.000 bambini nati – fonte Unicef), all'istruzio-ne (solo il 42% delle ragazze che frequentano la scuola secondaria). Il 25% delle ragazze tra i 5 e i 14 anni è costretto a lavorare (2009 fonte Unicef), la disparità di genere è molto diffusa e radicata: il 54% delle giovani tra i 15 e i 19 anni in Kenya pensa che per un marito sia legittimo

economIa al FemmInIle per una socIetÀ alla parI

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maltrattare la moglie (2009 fonte Unicef). A Nairobi (3.580.000 abitanti - fonte Habitat delle Nazioni Unite), circa 2 milioni di persone vivo-no nelle baraccopoli (i cosiddetti slums), in cui la condizione delle donne è peggiore che nel resto della città. In questo contesto sono parti-colarmente colpite tre categorie più vulnerabili: donne madri, donne Hiv-positive, rifugiati.

Valutazione bisogni/problemiIl piano seguito dal progetto risponde ai se-guenti problemi: 1) Alto livello di discriminazio-ne e violenza contro le donne in baraccopoli e nelle aree di degrado di Nairobi; il concetto di parità di genere è quasi inesistente e la violen-za domestica è a livelli altissimi: il 70% delle donne che vivono nello slum sono sottoposte a violenze e abusi (fonte Habitat). L'elevato li-vello di disoccupazione e la criminalità espone le donne a continue violenze fisiche e psicolo-giche e l’indifferenza della comunità alimenta questo difficile problema. La maggior parte delle violenze e degli abusi sessuali avvengono all'interno delle abitazioni. 2) Precarie condizioni socio-economiche e le opportunità di lavoro per le giovani donne, soprattutto se HIV-positive, ra-gazze madri o rifugiati: nello slum il 44,5% delle donne non ha un lavoro o reddito economico, il 20,3% delle donne ha un reddito economi-co di circa 50 € al mese e vive con meno di 2 € al giorno. In questo contesto, si può parlare di abusi economici nei confronti delle donne (come l'accesso al lavoro, la discriminazione, lo sfruttamento del lavoro femminile, requisizione arbitraria di beni e denaro).

SoluzioniIl progetto mira a migliorare la parità di gene-re e l'emancipazione femminile attraverso una formazione specifica e la promozione e l’avvio di attività generatrici di reddito. Al fine di contra-stare i problemi descritti, è necessario accom-pagnare le donne e l’intera comunità verso un percorso di consapevolezza.Dopo un’attenta analisi, la scelta rispetto alla formazione professionale delle donne è ricadu-ta nel settore tessile. In seguito sempre attra-verso il progetto verranno forniti gli strumenti e le macchine necessarie alla produzione per ini-ziare un'attività commerciale nelle baraccopoli di Kibera, Mathare e Kayole-Ngong.

BeneficiariA beneficiare del progetto sono 30 donne, tut-te provenienti da contesti di forte vulnerabilità. Oltre a loro, indirettamente, il progetto avrà una ricaduta positiva sia sulle famiglie di queste (per loro significa poter guadagnare il necessa-

rio per l’istruzione dei figli) e per la comunità in cui vivono (la professionalità acquisita con il progetto permetterà loro di creare nuovi con-testi produttivi in altre zone difficili, formando altre donne e concedendo nuove opportunità lavorative).

A che punto siamo…Dal mese di gennaio operano a Nairobi due vo-lontari italiani della nostra associazione partner Karibu Afrika. Grazie al loro monitoraggio conti-nuo è stato possibile rispettare quanto pianifi-cato e raggiungere così i risultati prefissati.Assieme a loro collaborano anche i volontari delle associazioni locali His – Hope Internatio-

nal School, Jl – Jukumu Letu e Zap – Zindua Afrika Programs; tutte organizzazioni cono-sciute attraverso il precedente progetto. Il loro apporto è fondamentale. E’ solo grazie all’alto senso civico e all’attaccamento per la comuni-tà locale, che i volontari dimostrano quotidia-namente, che viene alimentata la capacità di andare oltre l’ostacolo e superare le difficoltà che si presentano.

Formazione professionale in sartoriaPer la formazione delle donne ci si è avvalsi del-la collaborazione con il Kizito Centre - Avsi: cen-tro di formazione nato da un progetto dell'Unio-ne europea, con sede nello slum di Kibera e

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gestito da Avsi, una Ong italiana. Hanno tre anni di esperienza nella formazione di persone (in particolare con le donne più vulnerabili) pro-venienti dalle baraccopoli.Il gruppo di donne che partecipano alla forma-zione è stato scelto dai partner locali in base alla loro conoscenza del territorio e del tessuto sociale, tenuto conto ovviamente delle catego-rie sociali specificate nel target.Durante le quaranta lezioni le partecipanti ai corsi hanno potuto apprendere le principali tec-niche di sartoria, della lavorazione dei tessuti, l’uso delle macchine professionali, i diversi stili di taglio, cucito e confezionamento. Il tutto di-stinto in lezioni teoriche e pratiche.

Formazione professionale in marketingPer la formazione su tematiche aziendali si ci è avvalsi della collaborazione con l’Università del Kenya e Kards. Kenya College e Kards erano già in partnership con Karibu Afrika.- Kards aveva già esperienza di insegnamento alle donne vulnerabili provenienti dalle baracco-poli;- Kards è già impegnata come partner e forma-tore nelle attività di marketing in altri progetti di cooperazione internazionale;- Kards è l'unica istituzione che può anche offri-re servizi di consulenza, come il monitoraggio delle attività, l’assistenza nella creazione di un

business plan, visite sul campo e proporre le migliori strategie per la sostenibilità di imprese personali.

Il corso ha permesso così di completare l’iter complessivo intrapreso dalle partecipanti, riu-scendo a coniugare l’apprendimento di abilità tecnico-pratiche con le principali teorie di im-presa.

Acquisto e allestimento dei laboratori di produzioneContemporaneamente all’avvio del percorso di formazione, i partner locali con il sostegno dei volontari italiani hanno concentrato la loro at-tenzione sulla ricerca e l’allestimento dei futuri laboratori per la confezione dei prodotti.Tale attività ha richiesto un impegno partico-larmente intenso sia per l’individuazione delle due strutture all’interno degli slums, sia per la sistemazione ed adeguamento degli spazi, sia per l’allestimento con tutti i macchinari profes-sionali idonei ad una produzione industriale.L’intervento, della durata di cinque mesi, ha permesso di raggiungere i risultati prefissati senza troppe complicazioni.In questo modo, il gruppo di donne uscito dalla formazione ha cominciato già dal mese di luglio a confezionare i primi prototipi di confezione: in particolare abiti da uomo e da donna su misura, borse, tovaglie, ecc. Dopo un primo periodo di osservazione, i prodotti di migliore commercia-lizzazione verranno realizzati in serie.

I prossimi passi…In attesa di capire le potenzialità produttive dei due laboratori, per i prossimi mesi i volontari saranno impegnati nell’attuazione delle se-guenti fasi:- monitoraggio e valutazione delle unità produt-tive;- attuazione di sei workshop di sensibilizzazione (due per ogni comunità) rivolti alla popolazione dei tre slum coinvolti, allo scopo di favorire pro-cessi di cambiamento culturale rispetto al ruolo della donna;- produzione di materiali di sensibilizzazione da distribuire nelle comunità;- organizzazione di spazi di sensibilizzazione in Friuli Venezia Giulia, per condividere i risultati del progetto.

Info: [email protected] Fregonese

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percorsi di ciTTadinanza

Maniago

La libertà; Eh, già; Il Respiro Rallenta, Nuovo Bi-lanciamento e Il Blues di Via Colle sono i titoli delle principali ed accattivanti canzoni d’esordio dei “Michael and The Revolution”, gruppo musi-cale composto da ospiti, operatori ed amici della Comunità terapeutica “Via Colle” sita a Mania-go, che si è esibito per la prima volta in pubblico con il suo Blues durante la serata del 20 agosto presso la pizzeria “Da Mario” di Maniago. Tra i sostenitori maniaghesi presenti, c’erano anche il sindaco della città, Andrea Carli, il vicesinda-co ed assessore alle politiche sociali, Andrea Gaspardo, il Csm di Maniago-Spilimbergo e gli ospiti ed operatori di “Casa Carli”, Comunità ri-volta alla disabilità con cui Via Colle ha stretto una proficua collaborazione per incrementare i progetti socio-riabilitativi con e per il territorio.I testi e gli arrangiamenti musicali dei “Michael and the Revolution” sono frutto di un intenso ed appassionato lavoro del gruppo, nato un anno fa “dal basso”, ossia a partire dagli scambi comu-nicativi, dalle passioni e dagli interessi condivisi durante la quotidianità della vita comunitaria. Di-fatti è questa l’usuale prassi con la quale la strut-tura di “Via Colle” è solita promuovere le sue attività socio-riabilitative: quest’ultime non sono dei “pacchetti” precostituiti e “asettici”, finalizza-te esclusivamente alla trasmissione di nozioni o concepite con lo scopo di animare o divertire i destinatari; al contrario, tali attività vengono ide-ate, pianificate e realizzate assieme, con pas-sione, avvalendosi anche – e soprattutto – della collaborazione degli ospiti stessi, permettendo

loro di esprimere e condividere bisogni, desideri ed aspettative.Pertanto il messaggio generale che ne scaturi-sce – custodito e trasmesso dagli stessi ospiti ed operatori della struttura – è che “ogni ospite non frequenta semplicemente la Comunità, ma la costituisce”. Vi è quindi una forma di “respon-sabilità diffusa” circa l’allestimento di uno spazio preliminare d’accoglienza all’interno della strut-tura, in cui tutti possono partecipare al processo di riabilitazione della comunità e ogni persona, se adeguatamente valorizzata, può diventare una risorsa per la collettività. In tutto questo, la Comunità funge da “spazio transizionale”, ovve-ro si offre come cornice e sfondo. È “ospitante”: non si impone mai “dall’alto”, bensì accoglie e promuove dei percorsi soggettivi, supportandoli a partire dalle relazioni interpersonali.La musica, in tal senso, si è prestata per essere un’ottima metafora di questo processo comu-nitario, in quanto ha rappresentato, ospitato, mediato e custodito pensieri e stati d’animo che appartenevano in primis agli ospiti, senza però ridurli a “deliri” o “allucinazioni, bensì favorendo-ne l’apertura, la creatività e la comunicabilità. Dal lavoro del gruppo è nato anche un Cd con dieci pezzi, mentre già altre sette canzoni sono pronte e devono solo essere arrangiate. L’uscita ufficiale del disco è coincisa con la visita del sin-daco Andrea Carli alla Comunità lo scorso 9 ago-sto, vissuta con grande interesse e partecipazio-ne attiva da parte degli ospiti della struttura. É stata anche una proficua occasione di dialogo e di apertura verso la cittadinanza maniaghese. Tra i partecipanti all’evento, il presidente della Co-

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“vIa colle” In scena con Il suo bluesoperativa Itaca, Leo Tomarchio, la Rap dell’area Salute mentale, Fabiana Del Fabbro, la coordi-natrice dell’Educativa territoriale di Maniago-Spilimbergo, Chiara Foghin, la coordinatrice dei progetti educativi Leila Rumiato e la coordinatri-ce di Casa Carli Silvia Mantese.La visita del sindaco ed il concerto del 20 agosto vogliono essere per la Comunità di “Via Colle” e per i “Michael and The Revolution” solo la pri-ma tappa di un percorso che intende creare e favorire occasioni di legame sociale per la città e nella città. “Abbiamo colto e valorizzato quello che poteva essere l’aspetto creativo dei ragaz-zi in struttura – chiariscono Daniele e Federico, dei “Michael and The Revolution” –. Partendo dal presupposto che la musica è libertà. Non abbiamo voluto censurare i testi, per far emer-gere “realmente” un punto di vista altrimenti viziato dalla solita forma di analisi razionale, la quale, spesso, vuol spiegare con mero rigore logico eventi complessi e affascinanti. Credia-mo, senza alcuna pretesa, di aver dato vita ad un progetto che possa dar voce in un modo di-verso all’immaginazione e ai desideri di chi li vive in prima persona, sentendo di far parte di una comunità!”.“Nelle nostre canzoni – aggiunge Michael, can-tante del gruppo – più che parlare solo d’amo-re, abbiamo scelto soprattutto temi di attualità: ricordando la voglia che abbiamo noi ospiti di essere liberi e dedicarci alle nostre passioni. Ci sono infatti dei momenti in cui ci si ferma per misurare il tempo… Io fin da piccolo ho misurato il tempo con le canzoni, e le canzoni sono mo-menti di grandi emozioni per me”.

Massimiliano Paparella e Daniele Brandolisio, Federico Bin e Michael dei “michael and The revolution”

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Maniago

Nella calda estate 2012 la Comunità alloggio Casa Carli ha ricevuto una piacevole visita: il 1° agosto, il nuovo sindaco Andrea Carli, con il vi-cesindaco Andrea Gaspardo e l’assessore Ilario Dessoni, accompagnati dalle assistenti sociali Graziella Muran (referente di Ambito per la disa-bilità) e Lia Sparti (vice responsabile di Ambito), è venuto a trovarci all’interno di un programma di incontro con le realtà sociali locali.Sindaco Carli, Casa Carli… La Comunità allog-gio prende il nome dal dott. Arnaldo Carli, pa-dre dell’attuale primo cittadino di Maniago, che, assieme alla moglie, aveva deciso anni addie-tro di donare la propria abitazione di via della Repubblica al Comune esprimendo il desiderio che venisse impiegata con finalità sociali nello specifico a vantaggio delle persone disabili. E’ anche per questo motivo che gli ospiti di Casa Carli custodivano le più diverse aspettative per una visita sicuramente istituzionale ma, allo stesso tempo, singolare. Tutti, infatti, si sono particolarmente divertiti nell’ascoltare i racconti di Andrea (neo sindaco della città) che ricorda-va episodi della sua infanzia nell’abitazione che adesso è la loro.La nostra Cooperativa, che gestisce la struttu-ra in comodato d’uso, l’ha ristrutturata facen-do nascere l’attuale Comunità che accoglie persone adulte con disabilità. Erano presenti all’incontro diversi colleghi di Itaca che abitual-mente condividono con noi attività, feste, mo-menti di scambio: Chiara Foghin (coordinatrice del Servizio educativo territoriale dell’Ambito di

Maniago-Spilimbergo), Massimiliano Paparella (coordinatore di “Via Colle”), Leo Tomarchio, presidente della Cooperativa Itaca, Caterina Boria, responsabile dell’area Disabilità, Fabio Della Pietra, ufficio stampa di Itaca.Il radicamento sul territorio e la consapevolezza di appartenere a una città dinamica, vivace e sensibile alle realtà come la nostra sono ele-menti fondamentali per promuovere il benes-sere e il diritto di cittadinanza delle persone che vivono in Comunità e, spesso, si trovano a dover ricostruire dei legami affettivi signifi-cativi perché lontane dal luogo di origine. Tutto questo a testimonianza dell’importante lavoro di rete che è stato fatto in questi anni e ha por-tato all’inclusione sul territorio e alla collabora-zione con le realtà sociali esistenti sia interne sia esterne alla Cooperativa. È stata evidente la condivisione di intenti già propria di Itaca che, in questo caso, ha trovato un felice riscontro nell’ambiente maniaghese.Ci teniamo molto a sottolineare che i servizi ge-stiti dalla Cooperativa Itaca sono sempre stati esempio virtuoso di una Cooperazione sociale che include, opposta ad una cooperazione ba-sata sul vantaggio reciproco e la produttività. La progettualità di Casa Carli si è sviluppata at-torno alla cultura dell’accoglienza intesa come relazione di aiuto e alla cultura dell’incontro. Questo processo ha favorito il dialogo con la comunità territoriale, ha promosso la cultura dei luoghi di vita come spazi anche individuali, ed è confluito nella piacevole consuetudine ad incontrare l’Altro diverso da me qualsiasi sia la sua provenienza.

In un’ottica di co-evoluzione vorremmo mante-nere alta la tensione verso una sinergia - che sia soprattutto sociale - con i nostri compagni di viaggio di Via Colle e con altre realtà presenti, superando ogni visione settorializzata. Siamo contenti di aver partecipato con gli ospi-ti al concerto di esordio dei “Michael and The Revolution” organizzato da Via Colle, è stato un evento della comunità a favore della comunità in un preciso luogo non neutro ma carico di si-gnificati.Gli ospiti hanno confezionato un piccolo pre-sente per il sindaco Carli, fatto apposta per l’oc-casione nel laboratorio di mosaico. Ricordiamo che tale attività è stata fortemente voluta e continua ormai da anni all’interno della strut-tura. Sono molti gli ospiti che si impegnano a creare piccoli oggetti di uso comune (specchie-re, cornici, appendiabiti…) che utilizzano poi per personalizzare le proprie stanze, già vivacizzate dai colori accesi scelti per le pareti.A conclusione del momento conviviale, spazio alla tradizionale foto di gruppo la cui stampa è gelosamente conservata nell’album dei ricordi di Casa Carli assieme alle immagini degli altri momenti significativi come vacanze, feste di compleanno ed iniziative immortalate per la re-cente mostra fotografica itinerante. La visita si è conclusa con un allegro brindisi ed un invito a ritrovarsi dentro, fuori, a casa di qualcun altro.

L’equipe di Casa Carli

carli a casa carliper una cultura dell’accoglIenza e dell’Incontro

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Maniago

Ciò che mi ha colpito di più, al cuore direi, di questi incontri avuti con i ragazzi di Casa Carli

e del Css di Via Colle, è che si è aperto un rapporto tra persone autentico, che continua ogni giorno.Ho avuto un’accoglienza veramente caloro-

le parole del sIndaco andrea carlI

diriTTo al cuore

il Blues di via collePordenone

Vi siete mai svegliati con il ritornello di una canzoncina in testa, di quelle che non te la togli neanche se vuoi? Beh, se vi capita con “Il blues di Via Colle” la giornata prende tutta un’altra piega! Un’ora di blues con testi assolutamente mai banali, con un sound piacevole e coinvolgente di quelli che… non riesci a tenere il piede fermo o tamburellare con le dita sul tavolo. Tutto questo è accaduto a Maniago il 19 agosto, presso la Pizzeria da Mario, in una festa d’estate a base di panini e birra. Una serata ben riuscita grazie soprattutto a chi è salito sul palco, animando alla grande la serata. Si sono alternati i Michael and the Revolution e gli Alter Ego, ed è proprio dei primi che vi voglio parlare.Il gruppo si presenta con una formazione insolita, alla voce Michael (testi e musica), due chitarre (elettrica e acustica), basso acustico, percussioni. Nonostante sia il loro debutto, si presentano con carattere, senza particolari riverenze nei confronti del palco e del pubblico, con una voglia matta di suonare e di comunicare che illuminava la platea.Bravi entrambi i due gruppi, con una scaletta ben costruita e due generi che insieme stavano veramente bene ma quella mezza sporca dozzina (giusto per citare un altro gruppo irriverente del panorama friulano), che con quei testi ricchi di spunti inevitabili avevano una marcia in più, non erano lì solo per “animare” una serata, non per un compenso economico, ma per suonare e lanciare a chi li volesse cogliere dei messaggi che in qualche maniera ti rimangono, e se scoppiano anche in ritardo, come in uno spettacolo di Bergonzoni, una volta compresi ti arricchiscono.Quello dei MATR è un Cd da avere sempre in macchina, soprattutto quando si fanno quei giri, senza meta, con il finestrino aperto, baciati dal sole e ma-gari con una sigaretta di cui fai al massimo un paio di tiri, perché la fumi per coreografia, e godi perché sei li, e non vorresti fare o essere niente di più e in nessun altro luogo che lì con la tua musica!Dimenticavo: i Michael and the Revolution è il gruppo nato dalla collaborazione tra ospiti ed operatori della Comunità di Via Colle gestita dalla nostra Cooperativa Itaca.

Giorgio Achino

sa, direi affettuosa da parte degli ospiti: non posso nascondere che mi sono veramente emozionato.Quotidianamente continuo a ritrovare qual-che ospite o operatore in giro per la città, ci salutiamo, ci scambiamo impressioni: il rap-porto che si è instaurato è di grande empatia. Questo permetterà collaborazioni efficaci tra Amministrazione e strutture, che spero non vengano mai meno.Vorrei ringraziare tutti gli operatori di Itaca che hanno permesso il successo di queste esperienze, che costituiscono un esempio anche per altre realtà. Dagli operatori ho per-cepito una grande disponibilità a perseguire quello che è stato uno degli obiettivi principali di queste strutture: l'integrazione con il terri-torio, con i cittadini ormai abituati a convivere ed accogliere le persone delle strutture negli esercizi pubblici, nelle feste, nella vita quoti-diana.Penso che questo sia un grande elemento di civiltà e un vanto per la nostra città: avere nella propria comunità, con il giusto atteggia-mento di accoglienza, persone disabili che fanno ormai parte della nostra rete sociale.

Andrea Carlisindaco di maniagoA sinistra il sindaco Andrea Carli

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Pordenone

Il 31 luglio 2012 è scaduto il termine ultimo per la presentazione delle domande di rimborso per i servizi, di cui hanno usufruito i soci, volti alla cura e/o custodia dei figli o dei parenti invalidi. I soci aventi diritto al rimborso hanno ricevuto una lettera di approvazione della domanda e possono quindi inviare le pezze giustificative all’ufficio amministrazione. E’ stata inoltrata anche una lettera di diniego ai soci le cui domande non sono state accolte per mancanza dei requisiti o perché la domanda è stata compilata successivamente al 31 luglio.Ci dispiace non aver potuto accogliere le domande presentate in ritardo, comprendiamo la diffi-coltà tra tutti gli impegni quotidiani a ricordare le scadenze ma, essendo Itaca un’organizzazione grande e complessa, è un obbligo per noi porre dei termini e rispettarli, per un dovere di traspa-renza nei confronti dei 1000 soci che compongono la Cooperativa.Le domande accolte sono state 52 per un totale di 13.200 €, a fronte di 20.000 € stanziati dal CdA.Alcuni dati in merito ai servizi richiesti:

ancora non esaurIto Il budget messo a dIsposIzIone dal consIglIo dI ammInIstrazIone

servizi di conciliazione per i soci (terza edizione)

Ulteriori iniziativeIn questi pochi mesi che ci separano dal nuovo anno abbiamo proposto ai referenti degli uffi-ci territoriali di organizzare alcuni Centri gioco per i figli dei soci, al fine di consentire a questi ultimi di effettuare commissioni in tranquillità per alcune ore una volta alla settimana. Que-sta è una delle attività che avevamo in mente di organizzare come servizio di conciliazione, inserita anche nel progetto presentato al Mini-stero lo scorso anno. Essendo ancora in attesa di sapere se il progetto sarà approvato o meno (la graduatoria non è ancora uscita), abbiamo pensato di utilizzare il denaro rimasto dal bando sui servizi di conciliazione interni per sperimen-tare questo tipo di attività. I consiglieri si stanno organizzando per poter aprire i servizi negli uffici territoriali delle loro zone, appena avremo dati certi in merito all’at-tività forniremo le informazioni necessarie per-ché i soci possano usufruirne.

Inoltre è prevista dal progetto Family Friendly la creazione di un gruppo di soci che, in quanto interes-sati ai temi delle pari opportunità e della conciliazione, e di-sponibili a discuterne, collaboreranno per in-dividuare attività utili a ridurre il carico richiesto alle famiglie per la cura dei figli e dei parenti non autosufficienti. Per il momento sono state contattate alcune persone che hanno aderito all’iniziativa, si prevede nei prossimi mesi di iniziare l’attività, a partire da un corso tenuto da un docente che illustrerà buone prassi e strumenti utilizzabili, partendo dalla realtà della Cooperativa.

Chiara Stabile

punti verdi dopo scuola nido centro diurno scuola infanzia scuola primariapunti verdi dopo scuola nido centro diurno scuola infanzia scuola primaria

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Ravascletto

Prosegue la pubblicazione dei racconti a cura di Gigi Fasolino e Sara Burba, operatori di Itaca, che hanno creato nove racconti legati al percor-so nel bosco, già strutturato su nove postazioni con le statue lignee di altrettanti personaggi mi-tici, come richiesto dal Comune di Ravascletto. Dopo le fiabe dell’Orcolàt e del Pavâr, è ora il turno del Bagàn.

Il bagÀn

Tra gli sbilfs più apprezzati dalle genti di Monai, c'è senz'altro il Bagàn. Poco più alto del Pavâr, ma decisamente più smilzo, aveva in comune con questi il grande ingegno e una grande pas-sione per la fatica. Era fortunato il Bagàn, la sua missione coincideva esattamente con il suo la-voro: accudire gli animali domestici. Non aveva una famiglia come la intendiamo tutti, con mo-glie, figli, eccetera eccetera: la sua casa era la stalla, e qualche mucca, capre e pecore, conigli e molte galline, erano la famiglia migliore che il Bagàn potesse avere. Erano sempre insieme, con l'aggiunta dei pastori e dei loro cani du-rante li pascoli. Il Bagàn era amico dell'uomo, anche perché gli era d'aiuto con la gestione del bestiame. In cambio, all'uomo chiedeva solo asilo nella sua stalla.La sera in cui gli uomini catturarono l'Orco, per il Bagàn era cominciata con una delle tante fu-ghe dalla stalla. Quando il gigante si recava in visita al paese, infatti, il fragore e il tumulto dei suoi passi crepava i muri e faceva scricchiola-re le travi dei tetti. Il Bagàn guidava fuori tutti gli animali, ma accadeva spesso che l'Orco, vedendo le vacche correre, le cogliesse per mangiarle, così come noi raccogliamo i lampo-ni dalla pianta.Quella sera il Bagàn condusse il bestiame in piazza, per evitare che si disperdesse per i pra-ti. Una volta giunto là e terminato il pericolo, si creò un capannello di uomini stanchi e inferociti, pronti a tutto pur di far terminare le scorribande di quell'ospite scomodo. Giunse, tra gli altri, an-che il Pavâr, che dall'alto della fontana mostrò

un FancIullo tra orchI, agane, lupI e volpI

percorso ludico degli sBilf di monai

a tutti i suoi fagioli magici. Quando i due si vide-ro, capirono al volo, ancora prima di tutti quegli uomini accecati dalla rabbia, cosa avrebbero dovuto fare. Così, non senza qualche timore, la famiglia di animali del Bagàn divenne l'esca per trarre in inganno l'Orco. Portati gli animali su per la Valsecca, una volta avvertito in lontanan-za il ritorno del gigante, il Bagàn li ricondusse giù a tutta velocità. Mentre scendevano a più non posso verso le piante di fagioli intreccia-te, inspiegabilmente le vacche cominciarono a disperdersi come spaventate da qualcosa. Fu un impresa per il piccolo sbilf riuscire a recupe-rarle tutte prima dell'arrivo dell'Orco, ma ce la fece quando ormai si sentiva il fiato puzzolente di quel colosso sul collo. Proseguì velocissimo, senza far attenzione alla pioggia che non era pioggia, ma bava. Arrivò così, col cuore in gola ai piedi della riva e... Il resto, è il tonfo più forte che la Valcalda abbia mai sentito.

Sara Burba e Gigi Fasolino

Disegno di Giovanni Di Qual

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Udine

Dalla prima “Festa delle torte” del luglio 1996, gli eventi di festa all’interno del parco di Sant’Osvaldo a Udine sono diventati sempre più frequenti e variegati, ed un po’ alla volta non solo hanno portato vita e persone “dentro”, ma anche “fuori”.Qualche settimana fa, invece, i festeggiamenti sono tornati “dentro” perché era importante salutare chi ha testardamente voluto realizzarli - riuscendo a mettere in moto menti, contributi,

Il rIcordo è base per Il Futuro

novello saluTa sanT’osvaldo

forze di tutta la realtà civile - e che da ottobre non sarà più direttore, ma amico, più libero e fantasioso di quanto il ruolo gli permettesse di essere fino ad adesso, come lui stesso ha det-to. E così ospiti, amici, collaboratori hanno vo-luto ringraziare Mario Novello ed augurargli un buon prosieguo tra gli alberi del parco. Parten-do dal grande cedro, dove un intrepido lavora-tore si era arrampicato per leggere la prima te-stimonianza, quel “io sono matto” che trovate in allegato. Quattro tappe significative, sempre all’ombra di qualche albero ben descritto da una

parole Tra gli alBeri del parco

botanica, hanno permesso di leggere e recitare altri brani ed altre immagini portati da diverse persone che a vario titolo hanno collaborato nel tempo con Mario Novello, mentre i grandi arti-sti del gruppo Furclaps hanno ripercorso, con le loro musiche, quei sentieri che li avevano ascol-tati nella prima Festa d’estate del 1997.Ed un albero ha concluso la mattinata: un al-bero nuovo, un melograno, con quel frutto che fatto da tanti è così buono. Ed il dottor Novello ha continuato a… piantare, con la vanga ed il bagnafiori questa volta. Certo, poi altre testi-monianze sono state portate, il Coro del Nove ha cantato, tutti si sono abbondantemente rifo-cillati con gusto prima di allontanarsi. E credo tutti siano andati via portando con sé un po’ di quella atmosfera del ricordo non fine a se stes-so, ma ancora base per il futuro.

Ardea Moretti

“Organizzammo una comunità con l’obiettivo di dimostrare com’era possibile una vita diversa.La cosa sorprendente fu che molti giovani, molta gente veniva da noi e percepiva che la vita den-tro quella comunità era migliore di quella fuori.Il punto è che dentro quella comunità l’egoismo che domina la nostra vita era affrontato diversa-mente: la mia sofferenza era la sofferenza dell’altro.Cominciammo con questo tipo di logica.(Franco Basaglia, Conferenze brasiliane)

Udine

SONO UN MATTOSono un matto perché credo che “la libertà non è star sopra un albero”Sono un matto perché quando mi hanno incari-cato di venire a Udine, ho pensato “si può fare”Sono un matto perché ho sempre pensato che Basaglia era una brava persona e che bi-sognava seguire le sue orme arrivando il più lontano possibileSono un matto perché ho aperto le porte dei repartiSono un matto perché sapevo che un buon operatore non ha bisogno della divisa, né un buon medico del camice, né tantomeno le per-sone di vestiti con cucita dietro la squallida eti-chetta del repartoSono un matto perché ero convinto dell’impor-tanza di aprire strutture residenziali e costruire il lavoro sul territorioSono un matto perché ho avuto fiducia nell’in-gresso e nello sguardo di giovani, obiettori e coo-perativisti per cambiare profondamente le coseSono un matto perché ho considerato la for-

mazione degli operatori una necessità per un cambiamento umanoSono un matto perché ho creduto nell’aper-tura dei Csm sulle 24 ore e nella costruzione di servizi che vadano veramente incontro alle esigenze delle personeSono un matto perché ho sempre creduto nel-la parola “rete”Sono un matto perché credo fermamente che salute e diritti di cittadinanza non possano mai essere disgiuntiSono un matto perché sono sicuro che non dobbiamo mai accontentarci, che ci sia sempre qualcosa in più che possiamo fare Sono un matto perché ho sostenuto la creazio-ne di comunità fondate sull’accoglienzaSono un matto perché credo nel lavoro come opportunità di emancipazione e di riscattoSono un matto perché so che la diversità è un valore irrinunciabile per un mondo sanoSono un matto. Capirete quindi che avevo un’ottima ragione per lottare affinché né io né i matti come me finissi-mo chiusi dietro il cancello di un manicomio.comunità nove

COLONNA D’ERCOLEUn augurio speciale da parte di Luca e Gabrie-le, nel continuare ad affrontare la Sua vita e carriera in modo sempre determinato e molto umano; ed un grazie a braccia aperte per es-sere riuscito ad esserci alla presentazione del nostro “progetto/testimonianza” svoltosi all’ini-zio dell’anno, insieme ad altre persone di alto profilo, a casa nostra in via Brenari.Nel nostro percorso nella salute mentale, nei nostri problemi con gli altri, Lei è sempre stato una persona “modello”, che abbiamo sempre preso come spunto di riflessione e riferimen-to, essendo Lei stesso una autentica “colonna d’Ercole” della Salute Mentale.Un abbraccio caloroso e sentito da parte dei ra-gazzi di Via Brenari!

RIVOLUZIONARIOHo nella memoria un'immagine legata al dottor Novello che mi è particolarmente cara e che, sono certa, lui non ricorda: è la sua reazione a una mia parola. Parlo di quasi 15 anni fa. Io e la mia referente di allora eravamo andate nel suo ufficio, per sottoporgli non so quale questione o progetto. In coda all'incontro Novello ci chie-de come stavano andando le cose, in generale, alla Comunità Nove. Io ero arrivata qui da non molto, lo conoscevo pochissimo. Ero piuttosto giovane e poco pratica di dinamiche politico-diplomatiche e linguaggi appropriati a un luogo di lavoro; quindi devo essermene uscita di slan-

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cio con qualcosa del tipo: "Be', dottore, secon-do me è un posto bello, vivo, c'è un sacco di affettività, il rapporto tra operatori e ospiti ha qualcosa di speciale. Sì, insomma, è un posto RIVOLUZIONARIO". Non ho finito di pronuncia-re quella parola (che, uscita di bocca, mi resti-tuisce un alone di vetero, radicale, estremista ecc. ecc.) che sento la collega irrigidirsi legger-mente, mi vengono in mente le poche cose che avevo sentito sullo stile del Direttore (la serietà, la pacatezza, la caparbietà) e penso "Ecco, ho detto la cazzata". Qualche secondo di silenzio e, per me, un netto principio di imbarazzo.Novello risponde senza parlare: il suo viso si il-lumina subito con un piccolo sorriso di sorpresa e di contentezza insieme, o non so, come di quella soddisfazione che viene da una confer-ma. Un piccolo sorriso come a dire fra sé e sé: "Va bene, allora ci siamo, la strada è giusta". Poi magari, inconsciamente, avrò anche modificato un po' il ricordo, ma a me sembra che ci fosse anche un tratto di commozione, leggerissima, appena accennata. Rivoluzionario, per un servi-zio del Dsm, gli piaceva.Berenice Pegoraro

IN ONORE DI UN CONDOTTIERO DI ALTRE (LE NOSTRE) EPOCHEAnche se ho sostenuto che è l'ora che i pro-tagonisti del grande movimento basagliano va-dano in pensione, per lasciar un po' respirare, magari sbagliando, gli operatori più giovani, ci tengo a scrivere che voglio fare un'eccezione per Mario Novello. Anche se lui si è già amiche-volmente offeso, e scommetto che questo mio rimembrarglielo lo farà di nuovo arrabbiare.Perché arrabbiato, anche se con uno stile con-tenuto d'antan, Mario lo è stato più volte, od almeno così me lo ricordo io. Può darsi sempli-cemente che questo dipenda dalle non tantissi-me occasioni in cui abbiamo avuto l'occasione di incontrarci, anche a causa del mio zingare-sco peregrinare "di palo in frasca", sia fisico che intellettuale. Un'arrabbiatura elegante e conte-nuta, la sua, segno di un'emotività giocata con tutto il proprio essere, in un lavoro vissuto in-tensamente e mettendoci la propria forza d'ani-mo, "in prima persona".A me Mario ha sempre ricordato la testardaggi-ne, l'energia e l'abnegazione dei friulani: e quel-li di Pordenone, come lui, non fanno eccezione, anzi ci aggiungono la tempra, mista di metal-lo e cotone, di una piccola città industriale. Ci volevano le energie di Mario per realizzare una grande opera come quella della ritardata rifor-ma dei servizi psichiatrici udinesi, con la chiu-sura di Sant'Osvaldo, il più grande tra gli ultimi

manicomi italiani. In fondo, Gorizia e Trieste, e poi tutti gli altri luoghi storici della riforma ba-sagliana, sono stati una grande opera di anni lontani, il prodotto di una generazione di giovani intellettuali, in una stagione di grandi cambia-menti collettivi.E' stato perfino facile (e continua ancor oggi, un po' per miopia, un po' per scelta politica precisa) ridurre quell'esperienza ad una cosa di "quegli anni", ormai irripetibile e priva di peso politico. Ed invece, grazie in primo luogo a Ma-rio, la riforma ha dimostrato di essere ripetibile, standardizzabile, rinnovabile, non un oggetto da museo, ma un prodotto riproducibile, "da espor-tazione". Più volte, ai colleghi di tutt'Italia che mi hanno chiesto di visitare i servizi psichiatrici di Trieste, ho obiettato che avrei organizzato loro la visita, solo a condizione di vedere anche Udi-ne, dedicando alle due realtà metà del tempo a disposizione: il presente è importante quanto il passato, e soprattutto più esemplare, in quanto più vicino a noi.La chiusura del manicomio di Sant'Osvaldo, e l'apertura del suo comprensorio alla società, contemporaneamente all'estensione dei servi-zi di salute mentale sul territorio, è stato il ca-polavoro di Mario Novello. Un'opera non certo

inferiore, e sicuramente più salutare e corretta del suo collega di un secolo prima, quel Giusep-pe Antonini che realizzò il grande manicomio ai primi del Novecento. E il suo carattere "forte" ha costituito - insieme ai precedenti decenni pas-sati a Trieste, in contatto con Basaglia e la sua équipe, ed alla sua personale professionalità - la forza che ha permesso a Mario di gestire in modo ammirevole passaggi delicati, che avreb-bero potuto significare il prematuro arresto del processo riformatore, se non gestite con gran-de arte.In qualche occasione Mario ha lamentato il grande impegno di direzione, che gli impediva un maggiore lavoro di studio. Dopo averlo visto gestire con cautela e rigore le cartelle di qual-che dirigente del movimento operaio, prematu-ramente scomparso a Sant'Osvaldo in epoche cupe, non posso che augurarmi di ritrovarlo an-cora nelle stesse stanze, a ridare ancora senso e dignità alle tante vite sacrificate alle "istituzio-ni totali".

Gian Luigi BettoliLegacoopsociali Fvg

Il dott. Mario Novello

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miseria e poverTÀ, sorelle apparenTi

Pordenone

"Miseria" deriva dall'identico sostantivo fem-minile latino, a sua volta connesso con l'ag-gettivo della prima classe miser. Sotto la voce miseria, il Latin Dictionary di Charlton Lewis e Charles Short riporta, quali significati principali, wretchedness, unhappy condition, misfortune, misery, affliction, distress, indicando dunque, quale elemento basilare, una condizione sog-gettiva di disagio e afflizione. I contesti d'uso del sostantivo sono sempre a forte connota-zione negativa: ad esempio, il poeta comico Plauto così si esprime nei Persae (v.363): "in miseriam nascimur sempiternam" ("nasciamo per un'eterna infelicità"); oppure, ancora, vedia-mo Cicerone (de diuinatione, 2.86) dire che gli Stoici credono a tutto "supertitiosa sollicitudine et miseria" ("con supersitiziosa preoccupazione ed angoscia"). Da questa accezione, incardinata su una risonanza afflitta, negativa, si sviluppa poi il significato più concreto, quello per il qua-le "miseria" indica l'indigenza, quale, appunto, fonte di preoccupazione, ansia, sentimento di mancanza.Analogamente, l'aggettivo miser , ben più ca-rico d'usi significativi, rimanda alla disgrazia,

come motivo per essere compianti (sempre dal Lewis-Short: wretched, unfortunate, miserable, pitiable, lamentable); e tra gli esempi d'impiego più interessanti, in questo contesto, si posso-no vedere l'eloquente nesso "miser et infelix" ("misero ed infelice") di Cicerone (Ad Quintum fratrem, 30, 94) e, ancor più, il famosissimo e dolente inizio di un componimento di Catullo, (Carmen 8, "Miser Catulle, desinas ineptire", "Catullo, disgraziato, smettila di far pazzie"), laddove il poeta vuole connotare la straziante sofferenza dell'amante deluso. Anche per l'ag-gettivo, i riferimenti alla privazione economica si sviluppano solo a partire dal nucleo originario di significato, che si è indicato.L'etimologia storica, del resto, rimarca che l'ambito in cui "miseria" nasce è quello della risonanza emotiva della privazione: la radice "mi-", presente anche in sanscrito, sarebbe la stessa del sostantivo greco μῖσος, che indica "avversione", "odio".Molto diversa è la storia di "povertà": essa deriva dal latino paupertas, a sua volta collegata all'ag-gettivo della seconda classe pauper. Il sostanti-vo rimanda ad una considerazione quantitativa, per la quale dei mezzi sono scarsi, ridotti o in-sufficienti: il Lewis-Short, come prime accezioni,

propone infatti poverty, small means, moderate circumstances. Sotto questo punto di vista, è interessante una definizione che proviene da Seneca (Epistula ad Lucilium 87, 34: “non uideo quid aliud paupertas sit quam parui possessio”: "non vedo cosa sia la povertà, se non possesso del poco"). Riprendendo una convinzione eti-mologica attestata anche, un secolo prima, da Varrone, Seneca connette paupertas a paruus, insomma la povertà al poco. In questo senso, la paupertas non assume un'accezione negati-va, anzi, essa trova impieghi che la valorizzano, essendo interpretata come capacità di non par-tecipare all'ansia di accumulazione e possesso, come misura e segno di una vita sobria e consa-pevole. Questa interpretazione, nella cultura la-tina, è radicata fin dalle origini, e nel corso della storia della res publica diventa, spesso, motivo di confronto tra le origini, sobrie e controllate, e lo sfrenato arricchimento connesso all'espansio-ne nel Mediterraneo. Il miglior testimone di que-sto modo di sentire è lo storico Sallustio, che, scrivendo ormai sotto Ottaviano, così racconta le caratteristiche della gioventù romana delle ori-gini (De coniuratione Catilinae, 7): “Sed gloriae maxumum certamen inter ipsos erat: se quisque hostem ferire, murum ascendere, conspici, dum tale facinus faceret, properabat. Eas divitias, eam bonam famam magnamque nobilitatem putabant. Laudis avidi, pecuniae liberales erant, gloriam ingentem, divitias honestas volebant.” (“Ma tra di loro la contesa più grande era per la gloria: si affrettava ognuno a ferire per suo conto il nemico, ad arrampicarsi sulle mura, ad essere visto mentre compieva tali imprese. Queste rite-nevano ricchezze, questa buona fama e nobiltà. Avidi di lode, erano generosi del loro patrimonio, volevano una gloria smisurata, ricchezze one-ste.”). Come si vede, questi giovani appaiono tutti presi dall'esercizio delle uirtutes e solo in quest'ambito interessati a contendere, essendo per nulla interessati ai possessi individuali e ma-teriali. Al contrario (De coniuratione Catilinae, 10) ecco come le ricchezze trasformano in peggio i giovani romani: “Qui labores, pericula, dubias atque asperas res facile toleraverant, iis otium divitiaeque optanda alias, oneri miseriaeque fue-re.” ( “Per coloro i quali avevano sopportato facil-mente fatiche, pericoli, situazioni incerte e dure, tempo e libero e ricchezze, cose da desiderare

l’IppogrIFo. la terra vIsta dalla luna

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per altro verso, furono peso e miseria”). Con una ponderata contrapposizione terminologica, Sallustio mette il lettore di fronte al fatto che la ricchezza può generare miseria: intesa, come fa lo storico, come perdita del proprio equilibrio, della propria coerenza di comportamenti e scel-te, come desiderio insoddisfatto e afflittivo.Radicata dunque nella riflessione degli storici latini sul proprio passato, la valutazione positiva della paupertas, per altro conto, trova anche del-le correnti filosofiche che la esaltano. Questo av-viene in ambito greco ellenistico, laddove la po-vertà, presa come segno di sobrietà, è associata all'autosufficienza, a testimonianza di una piena assunzione su di sé delle proprie responsabilità, anche materiali. E' di qui che viene il giudizio di Seneca che si è riportato sopra: la povertà è pos-sessio di poco, ma possessio, è bene chiarire, è concetto totalmente esposto all'aleatorietà della sorte, in quanto l'unico vero possesso che im-porta, per Seneca, ed è pur esso una conquista sempre in corso d'opera e sempre revocabile, come ha mostrato in bellissime pagine del suo Lo stile “drammatico” del filosofo Seneca Alfon-so Traina, è quello di sé (con un movimento per il quale il lessico della padronanza viene orientato nella direzione dell'interiorità). Uno dei testi più illuminanti lungo questa direzione, ci viene dalla poesia latina del periodo iniziale del principato di Ottaviano, dall'elegiaco Tibullo. All'inizio di quel-lo che può essere considerato il suo testo pro-grammatico, il primo carme del suo primo libro, contrapponendo la propria esperienza a quella di quanti si danno da fare in mercatura, guerra, po-litica, dice di sé di volere restare a vivere in cam-pagna in questi termini: "Me mea paupertas vita traducat inerti" ("La mia povertà mi conduca in una vita tranquilla"). Povertà, dunque, come vo-luta autoesclusione dalla lotta per il possedere, associata ad una dimensione di vita più adatta all'individuo e alla sua ricerca di interiorità: un tema poetico e filosofico, come si è appena vi-sto, che affascinerà, a distanza di secoli, Petrar-ca, il quale ne farà uno dei riferimenti di alcuni dei suoi fortunatissimi trattati latini (come il De uita solitaria). Notiamo infine che l'aggettivo pauper indica, fondamentalmente, il dato quantitativo, l'esigui-tà, scarsità o limitatezza di mezzi (Lewis-Short: poor, not wealthy, of small means,that has only enough for his moderate expenses). Anche qui almeno un testo che metta in evidenza la con-notazione positiva, quando il termine sia inteso come segno di una consapevole scelta del vive-re con misuratezza rispetto ai beni materiali: lo traiamo da uno degli autori che maggiormente si sono diffusi su questi temi, Orzio, dalla Epi-stula 1.10, laddove, ai versi 32-33, rivolgendosi

ad un amico, egli nota così gli consiglia, "Fuge magna; licet sub paupere tecto/ reges et regum uita praecurrere amicos" ("Evita le cose grandi; sotto un povero tetto è possibile star davanti, nella vita, ai re e ai loro amici"). La vita semplice e sobria consente, dunque, una qualità che può essere superiore a quanti godono dei vantaggi materiali.L'etimologia aiuta pure in questa occasione a focalizzare il nocciolo di significato: pauper ri-manda alla radice greca παυ presente in παῦρος e nell'aggettivo latino paucus, dal quale viene, in italiano, "poco".

In sostanza, dunque, l'etimologia ci mostra che miseria e povertà, che pure ci sembrano tanto vicine, avendo a che fare con l'idea di mancan-za, in realtà abitano zone dell'espressione, e del pensiero, molto diverse: nella prima avvertiamo la nota dolente, soggettiva, col suo carico di an-sia ed afflizione; nella seconda, la constatazio-ne, che non è necessariamente negativa, ma che anzi può connettersi ad una precisa scelta a favore di una dimensione di approfondimento interiore, o comunque di equilibrio, dell'avere in quantità misurata, limitata rispetto ad altri.L'evoluzione dei due sostantivi (e di tutte le loro espansioni e derivazioni) nella lingua italiana, del resto, si sviluppa proprio all'interno della di-stinzione che si è messa ora in luce. "Miseria" rimanda sempre a qualcosa di negativo, di de-precabile, a qualcosa da combattere con tutte le forze, come l'estrema indigenza, che di "miseria" è uno, anzi, dei sinonimi più evidenti. Tra tanti possibili, uno dei modi migliori per considerare questa continuità di significato nella cultura eu-ropea sta nel prendere in considerazione un'in-cisiva frase del David Copperfield di Charles Di-ckens, che così scrive nel 1850: "Entrate annue, venti sterline; spese annue, diciannove sterline e mezza; risultato, felicità. Entrate annue, venti sterline; spese annue, venti sterline e mezza; risultato, miseria." E'un'accezione moderna, esatta e tremenda, che individua nella miseria, prima di ogni altra cosa, la percezione del non farcela, della compromissione del presente e del futuro, sulla base del proprio, personale, pa-rametro di valutazione di cosa sia la vita: di cosa sia, nel contesto specifico, la soglia di rispettabi-lità (e di spese connesse) che danno cittadinan-za in una società che identifica nel benessere economico l'elemento di riconoscibilità.

Quanto alla povertà, il discorso è, appunto, di-verso. Nella cultura italiana, del resto, il poten-tissimo strumento che colloca il sostantivo in un'area rispettabile, pensosa, addirittura di mo-nito rispetto alle proprie scelte, quindi in grande

continuità con le accezioni che abbiamo colto in Sallustio, Seneca, Tibullo, è l'esempio france-scano, dentro il quale essa diventa "Sorella Po-vertà" e ci riconduce alla capacità di dominare i beni materiali e di non diventare loro ostaggi. Ma, anche qui, è forse da un grandissimo della letteratura narrativa europea che risulta possibi-le cogliere con nettezza la questione; da questo passaggio di Delitto e castigo di Fëdor Dostoe-vskij, del 1866: "La povertà non è un vizio; ma la miseria, la miseria è vizio. Nella povertà voi conservate ancora la nobiltà dei vostri senti-menti innati; nella miseria, invece, nessuno mai la conserva". Qui lo scrittore connette miseria e povertà, e mette in evidenza quale sia il tre-mendo effetto della prima: essa depriva l'uomo di se stesso, gli toglie la sua intima sostanza –cosa che, invece, la povertà non compie, es-sendo anzi un ambito nel quale l'individuo è pa-drone della propria temperie interiore.E' partendo da queste considerazioni, in meri-to a queste due sorelle più apparenti che re-ali, appunto, che si è sviluppato, nel dibattito un redazione, il percorso di messa a fuoco di temi e questioni, dal quale si è originato questo numero della rivista. Siamo partiti dalla consta-tazione che, nei tempi più vicini a noi, almeno a partire dagli anni Ottanta, nella società italiana, i due sostantivi si sono sempre più avvicinati nell'uso comune; o, se si preferisce, che "po-vertà" si è sempre più caricato delle accezioni negative che marcatamente invece stavano, per etimologia, in "miseria". L'effetto di questa pratica (che, ed è discorso che spetta alla socio-logia, si radica evidentemente nella conquista del benessere economico avvenuta a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso) si con-stata, significativamente, oggi: nel momento in cui contesti mondiali e locali, crisi epocali e congiunture periodiche costringono governi, aziende, imprese e famiglie a far conto con la limitatezza delle risorse e dei mezzi: Più che di "povertà" si viene a parlare (e sempre con cau-tela) di "decrescita", di "sobrietà". Gli inglesi, più sbrigativamente, per rimandarci alle scelte che si possono, e spesso devono, compiere oggi, usano Downshifting, lo scegliere di abbassare un livello, con una mera connotazione quantita-tiva: appunto, di fare-con-meno, con quel "poco" che l'etimologia sopra rivisitata ha indicato. E' di qui che, grazie all'aiuto di quanti hanno accolto le sollecitazione che si sono ripercorse, che si è articolata la serie di interventi che seguono.

Piervincenzo Di TerlizziTratto dall’ultimo numero de L’ippogrifo – Estate 2012

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noTizie dal cda

carTa dei valori del cda

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Come preannunciato nello scorso numero di IT La Gazzetta, proseguiamo la condivisione di quanto indicato nella Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione, richiamando valori e comportamenti sia individuali sia organizzativi che il Consiglio di Itaca intende condividere con tutti i soci e i futuri consiglieri.

Pordenone

Il Consiglio di Amministrazione rappresenta l’organo di governo e di direzione politica della Cooperativa, viene eletto dall’Assemblea dei soci, definisce gli obiettivi ed i programmi da attuare, e verifica la rispondenza dei risultati della gestione alle direttive impartite.Il CdA può essere composto da un minimo di cinque ad un massimo di diciannove componenti eletti dall’Assemblea dei soci e loro mandatari. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci lavoratori. Per essere eleggibili i soci devono aver maturato almeno un anno di anzianità in Cooperativa.

…dalla Carta dei Valori del Consiglio di Amministrazione.

LA TRASPARENZA: Il consigliere ha l’obbligo di comunicare le cariche ricoperte (sia politiche che in altre imprese) oltre a tutte le situazioni che possano creare motivo di conflitto di interesse.Il Consiglio definisce quali siano le non compatibilità con il ruolo di consigliere allo scopo di prevenire qualunque conflitto di interesse ed eventuali fenomeni di carrierismo. Negli incontri territoriali, il consigliere informa i soci relativamente agli argomenti trattati durante la seduta del Consiglio ed alle decisioni prese.Il CdA ha il compito di adottare un codice di autoregolamentazione che indichi anche un limite di mandati, in maniera tale da garantire una adeguata rotazione dei consiglieri, che assicuri sia una continuità che la possibilità di un numero congruo di nuovi consiglieri.I consiglieri sono chiamati ad elaborare, durante il periodo del proprio mandato, dei percorsi formativi e degli incontri che favoriscano il trasferimento e il tramandare il senso e la storia della cooperazione in generale e della Cooperativa Itaca in particolare, come pure del Consiglio e della produzione.

Enrichetta Zamò

trasparenza

vuoi conTriBuire a iT la gazzeTTa di iTaca?Invia il tuo articolo, meglio se corredato da immagini in allegato jpg, a: [email protected] oppure al fax 0434 253266.

Per informazioni ed eventuali proroghe chiama il 348 8721497.

Il termine ultimo per il numero di novembre è MARTEDì 23 OTTOBRE ALLE ORE 12.Ricordo a tutti/e che le immagini a corredo dei vostri articoli NON vanno impaginate all’interno del file word, ma devono essere inviate in allegato jpg (via mail) o consegnate a mano.

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il villaggio dei BamBini“the vIllage” al centro estIvo”: un’esperIenza possIbIle

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Cavallino Treporti

E ci risiamo… anche quest’anno, ed è il quarto, il Centro estivo del Comune di Cavallino è no-stro. Quale onore, potrebbero pensare i più, ma quale onere sostenere e gestire un’attività esti-va in un territorio che ci vede protagonisti per i servizi erogati durante tutto l’anno (Laboratorio ai giovani e servizio di Educativa domiciliare), ma che d’estate vede l’invasione di turisti pari a dieci volte il numero degli abitanti. Fenomeno che sposta l’attenzione dell’Amministrazione nell’accoglienza degli ospiti da una parte, e i cittadini tutti o quasi impegnati nel lavoro sta-gionale e con il dilemma e i figli dove li metto ? E noi gli operatori dove li troviamo?Riccardo, Davide, Elisa, Lisa, Marco, Michela & Vania si sono buttati subito a capofitto. Per fortuna nel tempo siamo riusciti a scovare uno spirito di squadra che si rinforza ogni anno con la valorizzazione delle rispettive competenze, grazie anche ad alcune colonne portanti stori-che dello staff. Nonostante sia un lavoro di soli

due mesi, e meno allettante economicamente di altri stagionali, piace ed entusiasma e, chi può, ritorna. Tutto questo implica che la qualità delle relazioni instauratesi all’interno del grup-po sia buona e, soprattutto nei momenti di criti-cità, sono emerse dinamiche collaborative che hanno portato a soluzioni rapide e tempestive delle emergenze.Altri elementi fondamentali sono l’ottimo rap-porto con il Comune e le famiglie. In particolar modo i contatti con gli uffici competenti sono stati costanti, agevoli e sempre proficui: dispo-nibili, rapidi ed efficaci gli interventi del dott. C. Nardin e della Sig.ra Brunello.Il tema proposto quale filo conduttore delle at-tività del Centro estivo 2012, conclusosi con successo il 24 agosto scorso, era “Il Villaggio”, incentrato sullo sviluppare nei bambini il senso della comunità e della condivisione. L’importanza della cooperazione di figure anche molto diverse all’interno della vita quotidiana di un piccolo pa-ese ha rappresentato per i bambini un input di immediata comprensione ed interesse.

Il tema “The Village” ha avuto facile presa sui bambini e ha consentito di stimolare notevol-mente la loro partecipazione alle attività propo-ste. A riprova di tale bontà, vi è la verifica sul campo di come abbia sollecitato la fantasia dei bimbi sino a far loro autonomamente creare una rete di scambio di figurine, piccoli oggetti e chincaglieria, inizialmente basata sul baratto e poi concretizzatasi in un vero e proprio “Mer-catino del villaggio”, avente come moneta di scambio i pinoli raccolti in giardino. Un tema – quello del Villaggio - facilmente modellabile alle esigenze peculiari del territorio in cui viene proposto, e che consente l’identificazione dei bambini con le stratificazioni sociali più familiari (gli agricoltori, i pescatori etc.).A degna conclusione dell’esperienza del Cen-tro estivo, la festa finale ha avuto come tema portante “Le Olimpiadi del Villaggio”. Risultato di un comune accordo raggiunto tra animatori e bambini, l’argomento è sembrato la naturale prosecuzione di quel percorso che aveva preso le mosse dal Villaggio, dal senso di condivisio-

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ne e comunità, e che ha condotto all’apertura verso il tema dell’incontro con l’altro e della multiculturalità.Alla presenza dei genitori, i bambini, dopo aver sfilato con le bandiere, le divise e la fiaccola olimpica di loro creazione, si sono cimentati in vari giochi di gruppo, dal tiro alla fune alla corsa con i sacchi. La festa è riuscita sia in termini di gradimento da parte dei genitori, felici per il gradevole allestimento scenografico messo in piedi dai bambini, sia da parte dell’Amministra-zione comunale, con la presenza del sindaco Claudio Orazio, che si è prodigato in numerose strette di mano nella consegna della medaglia di partecipazione-ricordo per ciascun bambino del Centro estivo.Un grazie allo staff: Vania Ballarin, Lisa Furlan, Michela Furlan, Marco Momentè, Elisa Nardin, Davide Ubizzo con il coordinamento di Riccardo Sforza.

Chiara Nicoletti

A sinistra, il sindaco Claudio Orazio

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in carnia la gazzeTTa della chiocciola

Tolmezzo

É già alla terza uscita, si tratta di una nuova ini-ziativa, una nuova attività che coinvolgerà tutti i Csre dell’Alto Friuli: il giornalino La Gazzetta della Chiocciola. Oltre che per incrementare le capacità cognitive, artistiche e relazionali dei “nostri” ragazzi, per assecondare la loro curiosità, per renderli creatori di un prodotto confezionato in (quasi) completa autonomia, il giornalino è stato ideato anche per dare ai Cen-tri una maggiore visibilità verso l’esterno, per marcare una presenza significativa delle nostre strutture sul territorio, in altre parole per dire: “Ci siamo anche noi”!La proposta avrà cadenza semestrale e vedrà protagonisti i quattro i Centri diurni dell’Ass 3 Alto Friuli (Esemon, Gemona del Friuli, Pon-tebba-Tarvisio, Tolmezzo). Per motivi di spazio evidentemente non tutti saranno sempre pre-senti nei vari numeri che intendiamo dare alle stampe ma, a rotazione e con compiti diversi, verrà interessata la maggior parte possibile dei “giornalisti”. In che misura verranno coinvolti? Cercheremo di valorizzare le loro capacità, incli-nazioni, interessi e la loro voglia di raccontarsi e di raccontarci vizi privati e pubbliche virtù per-sonali, della vita al Centro e di quello che succe-de intorno a loro, di commentare con qualche disegno gli articoli, di ideare la disposizione e la veste grafica, etc.Non solo, abbiamo pensato di dare voce anche all’altra metà dei Centri: in una rubrica a loro

dedicata, gli operatori scriveranno di loro stes-si, delle loro attività, di eventuali proposte, dei loro pensieri…Ma non finisce qui. In sede di progettazione ci siamo chiesti chi sarebbero stati i nostri lettori. Si vabbè, ovviamente le famiglie di chi frequen-ta i nostri Centri. Ma anche i referenti della Co-operativa Itaca, l’Ass 3 con i suoi vari servizi, le Amministrazioni comunali e tutte le altre realtà presenti sul territorio che, in varia misura e a vario titolo, hanno a che fare con la disabilità. Per questo motivo si tratterà di una pubblica-zione che darà spazio e voce anche a questi soggetti: in ogni numero è prevista, sotto for-ma di articolo o di intervista, la collaborazione di alcune di queste figure proprio per raccontarci del loro lavoro, delle mille difficoltà con cui si scontrano quotidianamente ma anche dei mille e uno aspetti positivi e piacevoli della loro pro-fessione.Ma niente paura, non si tratterà di un giornalino per “addetti ai lavori”, pesante e pedante, pie-no di tecnicismi. La parte principale, gli attori protagonisti rimarranno sempre i ragazzi con i loro racconti, la loro visione della realtà, della quotidianità. Gli argomenti trattati saranno i più vari, scelti dalle “redazioni”, pensati e scritti dai novelli giornalisti in collaborazione con gli ope-ratori. All’interno di ogni numero si parlerà di attualità, sport, musica, cinema, cucina, gos-sip, poesia, astrologia, verranno descritte le varie attività svolte all’interno dei Centri con le interviste agli operatori referenti, ma non solo.

“cI sIamo anche noI”. In tutte le edIcole Il gIornalIno deI csre dell’alto FrIulI

Siccome siamo un po’ naif, artisti ed estem-poranei, la “scaletta” non sarà sempre fis-sa, ci potranno essere continue novità.Ma non manca forse qualcosa, anzi qual-cuno? Ah già, le fami-glie, sì proprio loro. Ci sarà spazio per i loro pensieri, riflessioni,

curiosità. Se qualcuno vuole dire qualcosa… c’è spazio per tutti. Quindi, armati di inchiostro, penna e calamaio o con un più prosaico e meno romantico computer (sigh!) siamo aperti a tutti i tipi di collaborazione (scuole, associazioni, re-dazioni di altri giornalini, etc.).Come è iniziato tutto questo? Siamo partiti, qualche anno fa, da un piccolo laboratorio sulla comunicazione (cos’è, come si comunica, con quali mezzi) per poi entrare un po’ alla volta nel-lo specifico di ciò che ci interessava (la cono-scenza e le differenze tra quotidiani, riviste, set-timanali, mensili, pubblicazioni tematiche, par-lando anche della nascita dei primi testi scritti e dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione), finendo con l’addentrarci più nel “tecnico”: da quali parti è composto un giornale, l’importanza della posizione in cui vengono stampati gli arti-coli, il “linguaggio giornalistico”, cos’è una reda-zione, chi ci lavora, chi fa che cosa, etc. La visita ad una redazione vera (La Vita Cattolica, unici ad essersi resi disponibili ad accoglierci, ndr) ci ha chiarito molto le idee e gasato parecchio per iniziare al meglio la nostra avventura!Infine due parole sul titolo. Forse non tutti san-no che il simbolo dei Csre dell’Azienda sanitaria n.3 “Alto Friuli” è una chiocciola. Questo simpa-tico animaletto, forse un po’ viscidino, ha due caratteristiche molto precise e particolari, che ben si adattano anche a chi vive i Centri e nei Centri. La prima è la “lenta caparbietà”: pur con i nostri tempi, raggiungiamo sempre i traguardi che ci siamo posti! La seconda è il fatto che la lumaca si porta sempre con sé tutti i suoi averi (nella casetta): anche noi portiamo sempre con noi, dentro di noi, quanto impariamo, quanto sperimentiamo, i sentimenti che proviamo ogni giorno che passiamo insieme.

Pierfabio Vittorio

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aree produTTive al microscopio

reTi significaTive e dimensione familiare

Pordenone

Progetti individualizzati per attivare percorsi ri-abilitativi di (re)inserimento nella vita sociale, affettiva, relazionale ma anche lavorativa, trami-te la costruzione di reti significative. E’ questo il principale obiettivo dell’area Salute mentale della Cooperativa Itaca, che si rivolge principal-mente a persone con sofferenza mentale e/o disagio sociale. Il servizio mira a promuovere interventi specifici sul piano educativo e assi-stenziale per favorire le abilità residue della per-sone e, in un’ottica di mantenimento, qualora possibile, di potenziamento della propria auto-nomia mediante una presa in carico persona-lizzata. Il tutto in un’ottica di co-progettazione, assieme ai servizi invianti, dei percorsi di cura, specifici per ciascuno e condivisi con l’utente e tutti gli attori possibili.Il filo d’Arianna che lega i servizi dell’area è costituito in primis dall’accoglienza e la cono-scenza della persona con difficoltà, del suo contesto di vita, delle persone che le sono di riferimento. Itaca è attiva nei servizi residenziali dove l’ospite ha la possibilità di sperimentare la dimensione familiare, di ricevere un supporto di tipo assistenziale qualora risulti necessario partecipare alla gestione delle semplici attività quotidiane nel contesto comunitario, essere coinvolto nella programmazione d’integrazione sociale, di mantenere e rafforzare le relazioni familiari e/o con altre figure di riferimento.I servizi si possono distinguere in tre gruppi, il primo quello dell’Abitare sociale (o social hou-sing): si tratta di piccoli servizi (gruppi apparta-mento o luoghi di residenza) che testimoniano il lavoro della Cooperativa nel campo dell’asse abitare e della socialità, e lo sforzo mirante all’inclusione sociale degli utenti.Inoltre ci sono i Centri diurni, luoghi di acco-glienza con funzioni terapeutico-riabilitative, situati in contesti urbani o presso i Centri di sa-lute mentale, con cui in ogni caso si condivide il percorso riabilitativo. Il Centro diurno è anche luogo di attenzione alle famiglie, alle associazio-ni, al territorio in tutte le sue espressioni e ma-nifestazioni, nell'impegno della lotta allo stigma ed alla esclusione.In terzo luogo i Servizi di accompagnamento,

che hanno lo scopo di sostenere la persona nel percorso di costruzione delle proprie autono-mie, fronteggiando così situazioni problemati-che difficilmente gestibili sul territorio. Questi servizi permettono di formulare un’offerta in grado di supportare i servizi a cui i cittadini afferiscono, costruendo assieme percorsi di potenziamento delle autonomie personali e/o percorsi di sostegno alla socializzazioneNel 2011 l’area produttiva ha visto operare me-diamente 246 addetti, pari al 18,4% dei lavo-ratori totali della Cooperativa Itaca, delle quali 161 donne (81,8%) e 36 uomini (18,2%). Il per-sonale dell’area è in maggioranza 67,8% com-posto da operatori della salute mentale, ovvero addetti all’assistenza per il 35,4 % qualificati.

QUALIFICA PERSONALE

Qualifica %Addetti ass qualificati 35,4Addetti ass non qualificati 32,5Infermieri proff.li 6,8Animatori/educatori 12,9Ausiliari 0,7Coordinatori 11,8

la salute mentale segue la strada traccIata da Franco basaglIa

add. assistenza qualificati

add. assistenza non qualificati

inf. professionali

animatori/educatori

ausiliari

coordinatrici/ori

32,4%

6,8%

12,9%

0,7%

11,8%

35,4%

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aree produTTive al microscopio

Ben 44 i servizi totali in capo all’area (i dati sono tutti aggiornati al 31 dicembre 2011) diffusi nel-le province di Pordenone, Udine, Venezia, Bel-luno e Bolzano, 26 i servizi con anzianità ultra decennale, 4 quelli superiori ai 5 anni, 14 quelli più giovani di 5 annualità. I committenti sono prevalentemente Aziende sanitarie (5) ma vi sono anche privati (nei servizi a gestione pro-pria/Fap). Gli utenti sono stati 545, di cui 523 autosufficienti e 22 disabili.Tra i principali risultati dell’anno 2011, da an-noverare certamente il fatto che il 100% degli

9.000.0000

8.000.0000

7.000.0000

6.000.0000

5.000.0000

4.000.00002009 2010 2011

5.882.199

6.403.8006.898.713

fatt. area salute mentale

Nell’analisi per genere le socie dell’area han-no un grado di soddisfazione pari a 3,36 e i soci un grado pari a 3,24, non c’è quindi una grossa distanza. Analizzando le medie per le quattro classi in cui è stato suddiviso il que-stionario troviamo il livello di soddisfazione massima per la voce "conoscenza" (3,45).

Alta la soddisfazione generale dei committen-ti che ha raggiunto il risultato di 9, altissima la soddisfazione per la “professionalità dei co-ordinatori”, 9,4. La soddisfazione più elevata è da parte dell’Ass n.4 “Medio Friuli” che ha espresso una soddisfazione media pari a 10.

Quanto infine al fatturato dell’area Salute men-tale è salito rispetto al 2010 per l’implementa-zione dei contratti esistenti e per alcune nuove gestioni. Nello specifico, si è passati dai 5,8 milioni di euro del 2009, ai 6,4 del 2010 fino ai 6 milioni 898 mila 713 euro del 2011.

Fabiana Del Fabbro

10

9,5

9

8,5

8

7,5

7

6,5

6

ASSL 10 S.Donà

ASS 3

ASS 6 Comunità via Ricchieri PN

ASS 6 appalto res. e centri diurni

ASS 4 appalto COSM

9,8

9,2

8,37,8

10

soddisfazione commitenti

area relazione

area motivazione

area organizzazione

area conoscenza

3,04

3,33

3,38

3,45

2,5 2,6 2,7 2,8 2,9 3 3,1 3,2 3,3 3,4

utenti dei servizi a gestione propria e il 93% degli utenti nei servizi in appalto ha avuto un progetto individualizzato, costantemente verifi-cato e adeguato al mutamento delle situazioni personali. Inoltre nel 100% dei servizi ove Itaca gestisce anche gli spazi vi è la possibilità per gli ospiti di personalizzarli, parimenti nel 100% dei servizi in cui Itaca si occupa anche delle proce-dure d’ingresso vi è la possibilità per gli ospiti di effettuare nelle strutture di accoglienza visite pre-ingresso e il loro inserimento è individua-lizzato.

Molto alta è stata la soddisfazione degli utenti dei servizi dell’area che sono stati campionati per rilevarne il gradimento attraverso la sommi-nistrazione di un questionario: la media è stata di 8,36 punti (in una scala da 1 a 10), i servizi ve-rificati sono stati 10. La maggiore soddisfazione la hanno espressa i residenti in Casa Ricchieri a Pordenone (9,05) struttura a gestione propria. Quanto alla soddisfazione dei soci, la media generale è stata buona (3,33 su una scala da 1 a 4).

sve a casa ricchieriPordenone

Il primo ottobre hanno preso avvio le attività legate al progetto Sve – Servizio di volontariato europeo con il quale la Cooperativa Itaca si cimenterà nuovamente dopo 8 anni. Presso la comunità “Casa Ricchieri” di Pordenone verranno ospitate due ragazze spagnole, o meglio galiziane, che apprezzando la proposta di Itaca hanno deciso di approcciarsi ad un esperienza annuale che permetterà loro di seguire da vicino le attività della comunità ospitante e, quindi, di conoscere la nostra Cooperativa e il contesto culturale in cui questa opera.

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possiamo fare di piÙ con meno?

Riva del Garda

Decimo “Workshop sull’impresa sociale” nei giorni scorsi a Riva del Garda (Tn) sul tema “In-novazione su misura - Fare di più con meno” e prima uscita extraregionale per FAB!, l’incu-batore d’impresa lanciato da Itaca, presente nella sessione “Modelli, Reti e Competenze” alla tavola rotonda su “Acceleratori e incubatori: piattaforme per nuove startup sociali” a cura di Aiccon. A chi dei nostri c’era, abbiamo posto alcuni interrogativi.

Quella che doveva essere un’idea di innovazione sociale si è svi-luppata in…Risponde Christian Gretter, coordinatore FAB!

Oltre a promuovere l’innovazione che crea svi-luppo sociale, l’incubatore d’impresa FAB si concentra molto sul tema della finalità dell’in-

Itaca e Fab al 10^ “Workshop sull’Impresa socIale”

novazione stessa. Quale tipo d’impatto sociale produce l’innovazione? Quali i bisogni espressi dal territorio? Quante e quali realtà sono coin-volte nelle iniziative? Quale stabilità lavorativa produce l’innovazione?Le parole chiave (intrise di cultura cooperativa) che circolano in FAB sono imprenditorialità col-lettiva, prospettiva d'equità, giustizia sociale e aggregare le risorse. Proseguendo nel nostro lavoro ed impegno, proporre un contenitore d’idee d’innovazione sociale si sta rivelando un’avventura concreta, fatta di dubbi, strade da prendere, incontri e riflessioni, che ci portano anche a ponderare e attualizzare il pensiero su cosa siano oggi la Cooperazione ed il Terzo set-tore nel quale operiamo.Incontrare persone, studiosi, imprenditori è certamente stimolante, in particolare quando tutti hanno voglia di rimettersi in gioco, adope-rarsi (collettivamente) per concretizzare diritti di cittadinanza e percorsi partecipativi attraverso idee imprenditoriali ad elevato impatto sociale.

ricerca e sviluppo

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30 ∙∙∙ IT LaGazzetta ∙ 10/2012

Una prima rete fatta di persone e organizzazioni che in futuro potrà allargarsi, molte altre real-tà dovranno mettersi in gioco in quella che è una scommessa per il bene comune. La fiducia che abbiamo nello spenderci in FAB ci porta a proporlo come il sogno di una categoria anco-ra valida in questo tempo: sogni ‘in grande’, da visualizzare col viso rivolto verso il cielo per intraprendere insieme viaggi avventurosi, poi, come un aquilone, il sogno vola via spezzando il filo. L’auspicio è che si possano concretizzare sempre più progetti con alla base i presupposti di cui sopra. Che un giorno si possa dire: “Lo vedi, si può volare e non smetter di pensare. I tempi duri passano…”.

Parlare di innovazione e idee di impresa sociale senza snaturare l’idea di sociale e di comunità è possibile?Risponde Paola Ricchiuti - area Ricerca e sviluppoL’impresa sociale pare il soggetto che meglio di altri può rappresentare le istanze della comu-nità. È infatti un mondo radicato nel contesto perché nasce dal contesto, e che, da questa posizione di vantaggio, può attivare con facilità risorse territoriali (sia umane che economiche) aggiuntive a quelle pubbliche (alcune reperibili solo nel contesto), può agevolmente accede-re al mondo dell’impresa, è in relazione con il mercato del lavoro, può mettere a disposizione competenze imprenditoriali, può attivare i cir-cuiti della formazione professionale accedendo a risorse a questa dedicate dalla politica, è in relazione con gli Enti locali ed è nelle condizioni di poter esercitare una certa capacità d’influen-za sulle politiche territoriali. Sono tutti elementi forti che, combinati con quelli del pubblico, of-frono opportunità, occasioni, energia.La situazione socio-culturale ed economica at-tuale, agevolata anche dall’impulso normativo,

fa ritenere la comunità pronta a sviluppare for-me istituzionalmente innovative nella gestione, sviluppo e promozione dei servizi, fondate sulla condivisione della responsabilità, delle risorse e delle competenze fra pubblico e privatoAll’evoluzione costante dei problemi e al muta-re delle domande deve corrispondere un’evo-luzione dei servizi e della loro capacità di rispo-sta. Dove cresce la complessità, lì si devono maggiormente articolare le capacità di analisi, le flessibilità organizzative, le ipotesi di inter-vento.La qualità di un servizio si costruisce quindi a partire dalla capacità di leggere e trattare i pro-blemi, di analisi dei contesti e di essere capaci a ritradurre la propria azione perché diventi re-ale risposta. Ritengo che l’impresa sociale - at-traverso lo sviluppo di relazioni nella comunità di appartenenza, le sue forme di gestione de-mocratica connaturate al modello, la flessibilità nella gestione - possa ben rispondere alle nuo-ve esigenze ed essere luogo di elaborazione, progettazione, condivisione e ricomposizione, coniugando la specificità dell’impresa coopera-tiva con gli obiettivi di rendimento e competi-tività.

Quale futuro per l’innovazione nel sociale?Risponde Orietta Antonini - direttore

E’ sempre interessante il confronto sul futuro tra ‘imprenditori sociali’ e su come ciascuno di noi si sta preparando per rispondere ai cam-biamenti in atto. Abbiamo potuto constatare come, alla domanda Quale futuro per l’innova-zione nel sociale, tra le risposte necessarie vi sia non solo la creazione di modelli di reti colla-borative diverse ma anche strumenti nuovi, ivi compresi quelli raggruppabili sotto il nome di social media.Gli studiosi ci restituiscono che il governo delle relazioni con gli stakeholders dà una maggiore

probabilità di sviluppo alle cooperative e che questa capacità relazionale ha una correlazio-ne con le performance economiche (i dati sono stati forniti dall’Osservatorio Isnet sull’impresa sociale: www.impresasociale.net).C’è bisogno di tempo per far sedimentare il nuovo, fatto di tante belle esperienze e pro-getti, ma perdura il disorientamento genera-to dalla constatazione che, ancora una volta, mancava uno stakeholder, l’interlocutore: l’en-te pubblico.Se i bisogni crescono e le risorse diminuiscono (o finiscono), come cooperatori sociali abbiamo il dovere di farci carico del bene comune, ov-viamente contemperando la mutualità interna. Ma non credo che ci competa, ammesso che ne siamo capaci, scegliere le priorità di rispo-sta a ciò che lo stato sociale, nei vari territori, lascia indietro. Possiamo fare di più con meno ma non tutto.

Enrichetta Zamò

Massimo Tuzzato, area Ricerca e

sviluppo

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formazione degli oss

Pordenone

Prosegue l’attività informativa e di accoglienza per l’accesso ai corsi di “Misure compensative per il conseguimento della qualifica di Operatore socio-sanitario (Oss)". Come è noto, a seguito di avviso pubblico, la Regione Friuli Venezia Giulia ha affidato ad una associazione temporanea di enti di formazione accreditati l’attuazione di un programma dedicato a promuovere un’adegua-ta offerta formativa a favore di quanti sono in possesso di crediti formativi e lavorativi nell’as-sistenza alla persona, e sono interessati a con-seguire la qualifica di Operatore socio-sanitario.Finalmente qualche spiraglio di luce nella com-plessa situazione legata alle qualifiche e riquali-fiche del personale socio sanitario ed assisten-ziale in Friuli Venezia Giulia, dopo anni in cui il personale occupato poteva accedere ai soli corsi di “Competenze minime” da 200 ore e i corsi Oss venivano riservati al personale di-soccupato.Dopo un susseguirsi di tavoli tra responsabili della formazione regionale, enti di formazione, rappresentanti di Itaca uniti ad altri esponenti di rilievo del panorama cooperativo, la situazione si è infine sbloccata e nell’aprile scorso hanno preso avvio i primi corsi. Come sappiamo, in regione è diffusa la presenza di personale che opera o ha operato nell’area dei servizi alla per-sona e che, vantando crediti formativi e lavora-tivi in area socioassistenziale e sanitaria, può giungere al conseguimento della qualifica Oss attraverso questo specifico percorso formativo.L’iniziativa triennale proposta dalla Regione sostiene la realizzazione di due tipologie di operazioni di carattere formativo (da 252 ore e da 500 ore) che favoriscano il conseguimento della qualifica professionale Oss da parte del personale in possesso dei crediti sopraindicati. Riportiamo di seguito la testimonianza di alcuni soci che hanno partecipato ad una delle prime edizioni e hanno portato a termine, con impe-gno e determinazione, il percorso da 252 ore.

Si è da poco concluso il corso formativo di mi-sure compensative per il conseguimento della qualifica di operatore socio sanitario organizzato

dell’ente formatore Fondazione Opera Sacra Fa-miglia. Il suddetto corso ha visti impegnati sei soci lavoratori della Cooperativa Itaca: Michela Braida, Renata Piazza, Luca Pietrini per il setto-re salute mentale e Ausilia Pittia, Katia Salanitri, Gloria Conte impegnate nel settore disabilità.Il corso ha avuto inizio nel maggio 2012 e pre-vedeva la frequenza di quattro ore ogni lunedì, mercoledì, venerdì fino al 13 settembre 2012. Durante il percorso formativo i soci hanno continuato a prestare servizio nelle rispetti-ve aree, inoltre durante il tirocinio di 120 ore presso l’Ass 4 e l’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia, hanno usufruito del-le ferie maturate durante l’anno per far fronte alle esigenze formative e lavorative richieste per il periodo di tirocinio.L’esperienza trascorsa nei reparti di medicina dell’Ospedale civile di San Daniele del Friuli, al Rip del Gervasutta, medicina d’urgenza e cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine è stata impe-gnativa ma appagante sia sotto il livello forma-tivo che umano. I sei soci si sono distinti per la professionalità e l’impegno profusi ricevendo lodi di merito da parte dei responsabili della formazione e dei tutor aziendali. Ringraziamo i coordinatori Lara Gaafar, Luca Torresin, Michela Butti, Manuela Pontoni per la disponibilità nella stesura degli orari.

Maximilian Bremer e Michela Braida

mIsure compensatIve: seI socI lavoratorI neo promossI

informazione

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insicurezza

dal punTo di visTa delle donneprospettIve dI genere nella salute e sIcurezza sul lavoro

Pordenone

Affrontare la sicurezza sul lavoro dal punto di vista del genere è per Itaca fondamentale, in quanto le lavoratrici donne costituiscono l’83% del personale, mentre lo studio della mate-ria, e quindi gli strumenti e i rimedi proposti dalla normativa e dalla letteratura, si basano sempre sul modello del lavoratore standard: uomo. Quali sono i rischi che necessitano maggiormente di un approccio differenziato tra lavoratrici e lavoratori?

Incidenti stradali in itinereGli ultimi dati dell’Inail (2008-2009) dimostra-no che le donne si sono infortunate sul lavoro molto meno degli uomini, ma più degli uomi-ni a causa di incidenti stradali in itinere. La prima informazione è dovuta alla percentuale minore di donne occupate rispetto a quella degli uomini e al fatto che le donne lavorano prevalentemente nei servizi, settore tradizio-nalmente meno pericoloso dell’industria. Ne consegue che nel comparto servizi l’incidenza infortunistica femminile è elevata: 74,5% (il secondo settore economico più colpito dopo quello del personale domestico 89,3%).

Patologie muscolo-scheletricheDa uno studio dell’Agenzia europea per la sa-lute e la sicurezza sul lavoro (“Prospettive di genere applicate alla salute e sicurezza del la-voro”), emerge inoltre che un numero maggio-re di donne rispetto agli uomini avverte dolori agli arti superiori e che le donne lavorano in circostanze che causano l’insorgere di pato-logie muscolo scheletriche, non solo a causa della movimentazione manuale dei carichi ma anche di posture innaturali, mansioni mono-tone e ripetitive, metodologie operative e or-ganizzazione del lavoro carenti e, comunque, molto più spesso di quello che si è portati a pensare, effettuano sollevamento carichi (ad-dette all’assistenza residenziali e domiciliari,

ma anche educatrici nido e parrucchiere).Le patologie muscolo scheletriche costitui-scono il rischio più elevato per i lavoratori di Itaca, causano numerose prescrizioni mediche che comportano la riorganizzazione del lavoro e necessitano di molta collaborazione tra le aree produttive e i coordinatori dell’intera Co-operativa per la ricerca di posti di lavoro con mansioni non a rischio.

Stress lavoro-correlatoCon il Testo Unico è stata resa obbligatoria la valutazione del rischio stress lavoro-correla-to la cui causa sul posto di lavoro per le donne è dovuta spesso alla difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.L’Agenzia riporta che le donne svolgono, più spesso degli uomini, mansioni emotivamente gravose, ossia i lavori cosiddetti “a contatto con le persone”, vengono citate in particolar modo le infermiere che assistono pazienti malati, le donne che curano familiari disabili e gli insegnanti che operano con bambini in difficoltà. Inoltre, è dimostrato che in mansioni di questo tipo il turno notturno rappresenta un ulteriore fattore di stress, che oltre a scon-volgere i ritmi fisiologici si aggiunge ai conflitti esistenti tra lavoro e vita privata.Nel documento dell’Agenzia viene riportato an-che che le donne sono colpite più di frequente ma con una intensità non elevata, in quanto ricorrono con più frequenza degli uomini e con efficacia al supporto sociale e ai meccanismi mirati per far fronte alle difficoltà. Inoltre, dalle ricerche emerge che la salute fisica e mentale delle donne che lavorano, con o senza figli, è comunque migliore di quella delle disoccupate (Rout e al. 1997), come a dire che il lavoro può far aumentare lo stress, ma offre rela-zioni sociali e altri benefici che chi resta a casa non ha come, ad esempio, una retri-buzione.

Itaca ha messo in pratica i seguenti strumenti per agevolare i soci nella conciliazione tra tem-pi di vita e di lavoro:

Copertura del 100% del periodo di mater-• nità;Riserva dei posti con retta agevolata per i • figli dei soci nei nidi della Cooperativa;Servizi di conciliazione per i soci tramite • rimborsi per l’utilizzo di servizi quali: nidi, scuola infanzia e primaria, centri gioco e badante;Formazione sulle pari opportunità e la • conciliazione a vari livelli;Percorso per le neomamme che sono ri-• entrate dalla maternità al fine di agevolar-ne il reinserimento al lavoro;Realizzazione di • work and conference room per la gestione di riunioni e colloqui a distanza.

Chiara Stabile

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10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 33

vademecum per i “permessi sTudio”

Pordenone

Sulla scorta dell’esperienza dello scorso anno, che ha visto l’erogazione di oltre 3000 ore di permesso studio ai soci e lavoratori impegnati in percorsi formativi di vario ordine e grado, la Cooperativa Itaca ricorda la possibilità per tutti i lavoratori di inoltrare, anche per l’anno corren-te, regolare domanda di fruizione di permesso studio.

Come fare domanda?E’ necessario compilare in ogni sua parte il mo-dello di richiesta reperibile all’indirizzo http://www.itaca.coopsoc.it/Istituzionali.aspx, indi-cando i propri dati personali ed evidenziando la tipologia di corso frequentata oltre che il nume-ro di ore richiesteAllegare al modulo di richiesta il certificato di iscrizione al corso di studi per cui si richiedono i permessi

Quali sono i parametri per il ricono-scimento delle ore di permesso?Attinenza del corso di studi con le qualifiche richieste dai servizi gestiti (peso ponderale 75%)Anzianità lavorativa in Itaca (peso ponderale 25%)Le ore da concedere vengono parametrate sul-la base del monte ore settimanale da contratto

domande entro Il 31-12-2012

inpersonale

Quando far pervenire la richiesta?Entro e non oltre il 31-12-2012.

Dove farla pervenire?Presso la sede centrale di Pordenone a mezzo mail, fax, posta ordinaria o attraverso il rispetti-vo coordinatore.

Da quando sono fruibili le ore ac-cordate?Le ore sono fruibili per gli esami sostenuti dal 01-01-2013 al 31-12-2013. Eventuali esami so-stenuti tra la data del 01-11-2012 e la data di approvazione delle domande da parte del CdA (orientativamente verso la fine di gennaio 2013), verranno riconosciuti retroattivamente dopo quest’ultima data. Le ore di permesso conces-se sono fruibili solo all’interno dell’anno solare di pertinenza e non sono pertanto cumulabili, qualora non godute, con quelle eventualmente accordate per l’anno solare successivo.

Come si indicano le ore?Le ore, la cui fruibilità è garantita fatte salve sempre e comunque le esigenze del servizio di appartenenza, vanno semplicemente inseri-te dal beneficiario all’interno del proprio foglio ore contraddistinguendole con la dicitura “per-messo studio” e saranno inserite dal rispettivo coordinatore.

Renato Esposito

Domenica 5 agosto alle 3.49 è nato Peter e sta benone: mangia, dorme e gioca! Complimenti a mamma Chiara e papà Maximilian: siete diventati genitori di uno splendido bambino che riempirà di gioia ogni giorno della vostra vita! Vivissimi auguri a tutti e tre!

Il 16 settembre è nata Stella, bellissima come mamma Giulia e papà Gianni! Un benvenuto da parte dei colleghi di Udine e di tutta l'area!

E per farle compagnia, sempre a San Daniele è arrivato anche Samuele, di Giada e Walter. Tanti auguri anche a loro!

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culTure

inviaci la Tua recensioneDal 2001 hai visto un solo film ma ti ha fatto venire la pelle d’oca dall’emozione? Ti sforzi ma non riesci proprio a ricordare la data del concerto-evento di Bobby Solo al quale hai partecipato con tanto trasporto?Il tuo ultimo libro letto per intero giace da anni sotto una consistente coltre di polvere tanto da non distinguerne più i contorni?Non importa. Non fartene un problema. Se nei prossimi mesi ti capiterà di leggere un libro, assistere ad un concerto, vedere un film, una rappresentazione teatrale o una mostra, ascoltare un disco … bene! Raccontacelo! Inviaci una recensione e potrai trovarla pubblicata in Gazzetta! Perché non è mai troppo tardi [email protected]

mumford & sons - BaBelPubblicato l'ultima settimana di settembre, il secondo album dei Mumford & Sons conferma il talento e la maturità artistica del quartetto della West London. La copertina dell'album li vede ritratti al centro di una scena di festa, nella qua-le sono perfettamente a fuoco, al contrario di tutte le figure nello sfondo. Sarà proprio questo ad anticiparci che non sono affatto cambiati, a partire dalla produzione artistica affidata come nel pluripremiato album d'esordio a Markus Dravs, già produttore di Coldplay, Arcade Fire e molti altri. Il folk inglese con influenze nord-americane è più evoluto ed esplosivo rispetto al precedente album. L'ascolto delle tracce mostra come gli strumenti acustici coinvolti siano gli stessi: chitarre acustiche, banjo,tastiere, archi e fiati. Migliorate ulteriormente le armonie vocali dei quattro componenti e le dinamiche capace di crescere, esplodere e spegnersi nella sola ed espressiva voce di Marcus Mumford. Dimostrando così che il folk spartano nelle progressioni armoniche, può essere riscoperto ed interpretato con grande capacità, passione e stile.I 3 anni che hanno portato a Babel, hanno visto il gruppo riscuotere successi attraverso un tour che li ha portati in giro per il mondo ed esibirsi con mostri sacri come Bob Dylan. A loro il merito risvegliare in adolescenti e meno giovani l'amore per il folk con la semplice ricetta disarmante e semplice che porta la tradizione ad essere di moda, attraverso performance coinvolgenti e molto ta-lento compositivo nel renderlo senza tempo. L'album è stato presentato all'ITu-nes Festival presso la "Roundhouse" a Londra, la loro stessa città. Il concerto può essere visto in streaming online gratuitamente, come tutti i precedenti della rassegna. Il primo singolo estratto dall'album è "I Will Wait"; consiglio a tutti l'ascolto di "Broken Crown" e "Babel", tra le più immediate dell'album e di malinconiche e nostalgiche come "Reminder" e "Not With Haste". A tutti coloro che non li conoscono suggerisco l'ascolto anche dell'album precedente - "Sigh No More" - perchè questo ne è una naturale evoluzione. Auguro a tutti un buon ascolto e fatemi sapere che ne pensate.

Paolo Frigo

il cavaliere oscuro, il riTornoDopo l’ultima pellicola datata 2008, ecco un nuovo film sul mitico eroe dei fumetti Batman - “Il Cavaliere oscuro, il ritorno” - firmata dal regista inglese Christopher Nolan, già noto per aver diretto altri film sul genere. La trama si riallaccia a quella precedente del 2008 - “Il Cavaliere oscuro” - e inizia con l’uccisione del procuratore distrettuale Harvey Dent, del quale Batman si è accollato la colpa della morte. Da quella volta, l’uomo mascherato si è tra-sformato da eroe in fuggiasco: ha fatto perdere le sue tracce e non si interessa più della sorte di Gotham City. Anche il ricco ereditiere Bruce Wayne non si fa più vedere e si mormora che sia un uomo distrutto dal dolore e rinchiuso nelle stanze della propria magione, senza mantenere alcun contatto con il mondo esterno se non con il maggiordomo di fiducia.Durante questi otto anni, Gotham sembra aver debellato la criminalità grazie alla legge anticrimine promossa proprio dal procuratore Dent poco prima di morire, ma, a distruggere l’equilibrio della città, è l’entrata in scena di una nuova figura malvagia: un terrorista mascherato di nome Bane che semina orrore e paura, e costruisce il proprio quartier generale nei sotterranei di Gotham. Il commissario James Gordon, coinvolto a sua volta nella morte del procuratore Dent e sentendosi in colpa per aver incolpato Batman, si mette sulle tracce di Bane ma, una volta rintracciato, si trova di fronte un uomo estremamente perico-loso e capisce che è un “male” difficile da sconfiggere.L’intento di Bane è di annientare Gotham City e fa il possibile per entrare in possesso del dispositivo progettato e creato dalla Wayne Enterprise, l’azienda di famiglia di Bruce Wayne, pensato per sfruttare l’energia di fusione che crea energia pulita per la città; purtroppo Bane scopre che il nucleo dell’apparecchia-tura potrebbe essere usato come arma nucleare: strumento che può mettere fine una volta per tutte alla metropoli.E’ in questo contesto che Batman decide di entrare in azione dopo anni di silen-zio e di salvare Gotham dal male. L’impresa si presenta da subito ardua e perico-losa, ma Batman trova il supporto di un’astuta ladra - Selina Kyle (Catwoman) - e di un giovane poliziotto che scopre la vera identità dell’uomo mascherato.“Il Cavaliere oscuro, il ritorno” mette un po’ in risalto la cultura americana: il conflitto tra il bene e il male, dove il bene ha sempre ragione e sconfigge il male soprattutto con la violenza; la massiccia presenza della polizia che, nonostante il dispiegamento di forze, non è in grado di fermare Bane e rimane impotente davanti al dilagare di tanto odio; la presenza di un solo ed unico eroe in grado di vincere il male mediante mezzi potentissimi che nessun essere umano è capace di utilizzare. Insomma, un film dalla storia banale e scontata ma che piace sicura-mente per i suoi effetti speciali e, in particolare, per i potentissimi mezzi utilizzati da Batman nella sua eroica impresa (ad esempio la Batpod - la moto che può funzionare con le condizioni atmosferiche più estreme - e la mitica Batmobile, detta “Tumbler” - resa ancora più aerodinamica e veloce e che si colloca tra una Lamborghini e un carro armato).I 165 minuti di durata del film tutto sommato scorrono veloci tra inseguimenti, sparatorie, effetti speciali e anche alcuni momenti di riflessione e di intimità. A mio avviso, in questo film Batman appare un po’ “moscio”, quasi stanco, ma si rifarà sicuramente nella prossima pellicola. Il finale presagisce bene.Buona visione.

Anna Bagnarol

musica

cinema

Page 35: IT - La Gazzetta ottobre 2012

10/2012 ∙ IT LaGazzetta ∙∙∙ 35

area residenziale anzianicasa di riposo puos d’alpago (Bl)addeTTa/o all’assisTenzaSI RIChIEDE: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

casa di riposo azzano decimo (pn)addeTTa/o all’assisTenzaSI RIChIEDE: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

casa di riposo maniago (pn)infermiere/iSI RIChIEDE: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo indeterminato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

casa anziani andreis (pn)addeTTa/o all’assisTenzaSI RIChIEDE: Qualifica settore socio sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo determinato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

area TerriToriale anzianiservizio di assistenza domiciliare monfalcone (go)addeTTa/o all’assisTenzaSI RIChIEDE: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza nei servizi di assistenza anziani; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

area disaBiliTÀcomunità per disabili udineaddeTTa/o all’assisTenzaSI RIChIEDE: Qualifica Operatore Socio Sanitario; esperienza minima nei servizi con la disabilità; possesso di patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo determinato; part time; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative Sociali.

le domande vanno inviaTe a uno dei seguenTi recapiTi:Cooperativa Itaca • Ufficio risorse Umane Vicolo Selvatico 16 • 33170 Pordenone e-mail: [email protected]. 0434-366064 • Fax 0434-253266

area saluTe menTalecomunità psichiatrica portogruaro (ve)infermiera/e professionaleSI RIChIEDE: Diploma o laurea scienze infermieristiche; iscrizione IPASVI; esperienza minima; patente B, auto propria.SI OFFRE: contratto a tempo indeterminato; part time su turni; applicazione completa del Contratto Nazionale delle Cooperative So-ciali, incentivi non contemplati nel Contratto Nazionale.

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Numero chiuso il 5 ottobre alle ore 17.00 e stampato in 1310 copie

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