ISTRUZIONE E/È LIBERTÀ · DON BOSCO NEL MONDO - ONLUS VIA MARSALA 42 - 00185 ROMA BANCA PROSSIMA...

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BAMBINI EDUCAZIONE AIUTO MISSIONE SCUOLA AFRICA SALUTE DON BOSCO STORIE OSPITALITÀ AMERICA ETNIE AGRICOLTURA ESPERIENZE SPORT POPOLAZIONE CULTURA PROGETTI DISPENSARI ORFANOTROFI PROGETTI SORRISI GIOVANI ACQUA FIDUCIA SVILUPPO ACCOGLIENZA SOLIDARIETÀ FUTURO ASIA FORMAZIONE GESTI SALESIANI SOGNO EVANGELIZZAZIONE 1 2018 ISTRUZIONE E/È LIBERTÀ ISTRUZIONE E/È LIBERTÀ

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BAMBINI EDUCAZIONE AIUTO MISSIONE SCUOLA AFRICA SALUTE DON BOSCOSTO

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SOMMARIO

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EDITORIALELA SPERANZA POSSIBILE

REPORTAGEIL LAVORO NON È AFFARE DA BAMBINI

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MISSIONE INFORMATIVABAMBINI “SHÉGUÉ” NELLE STRADE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

FOCUS ITALIAI SALESIANI A SOSTEGNO DEI MINORI STRANIERI “INVISIBILI”

TESTIMONIANZA MISSIONARIADON ALBERT KITUNGWA KABUGE, ISPETTORE DELLA PROVINCIA SALESIA-NA DELL’AFRICA CENTRALE

OBIETTIVISUCCEDE IN INDIA A BANDEL

3editorialeELA SPERANZA POSSIBILE

Nella Repubblica Democratica del Congo, i sa-lesiani sono impegnati nella lotta allo sfrutta-mento dei minori coinvolti nell’estrazione dei “minerali dei confitti”.

La carenza estrema di una compagine sociale che sostenga le fasce deboli della popolazio-ne fa in modo che i più vulnerabili vadano ad alimentare un’economia informale in cui non esiste alcuna forma di tutela per i lavoratori e per i bambini coinvolti. Le stime parlano di almeno due bambini morti per ogni chilo di materiale estratto dalle miniere, essi infatti lavorano senza alcun tipo di protezione ina-lando sostanze tossiche oppure rimanendo vittime di crolli nelle miniere.

I salesiani sono impegnati a contrastare que-sto fenomeno intervenendo nei villaggi a più alto rischio con progetti di educazione mirati a ridurre il numero dei giovani impiegati nel-le miniere. Il progetto è volto a contrastare lo sfruttamento dei bambini e dei giovani attra-verso un approccio multidisciplinare, di acco-glienza, istruzione e riabilitazione psicologica, che permetta loro di reindirizzare la propria vita verso un futuro migliore.

L’Educazione integrale dei giovani li rende consapevoli di poter cambiare il proprio desti-no e il proprio paese affermando: “Noi voglia-mo cambiare questo mondo un giorno, per il bene di tutti…”.

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Sul suolo della Repubblica Democratica del Congo, uno dei paesi a più basso ISU Indice di Sviluppo Umano del mondo, con il suo 176⁰ posto su 188 paesi, è presente l’80% delle riserve mondiali di coltan, la preziosa sabbia nera ambita dalle aziende internazionali di produzione di tecnologie. Inoltre la RDC possiede il 47% delle riserve di cobalto, utilizzato per i dispositivi elet-tronici portatili e per le batterie ricarica-bili.

I SALESIANI CONTRO LO SFRUTTAMENTO DEI BAMBINI LAVORATORI NELLA REPUB-BLICA DEMOCRATCA DEL CONGO.

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di Marcella Orsini

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L’attività estrattiva è in piena espansione in conseguenza dell’e-norme sviluppo del settore tecnologico, ma negli anni ’90 con la caduta della Gécamines, Générale des Carrières et des Mines, la società statale congolese che dal 1966 deteneva la conces-sione per l’estrazione dei metalli, la maggior parte delle miniere è stata rilevata dagli operatori del settore informale avviando un processo sommerso di sfruttamento privo di regole e fuori dalle norme stabilite dal Codice Minerario.

Esiste un fortissimo legame tra riserve naturali e conflitti e il 20% delle guerre attive nel mondo deriva da questo legame.

La Repubblica Democratica del Congo è uno dei paesi in cui dal 1990 è attivo il conflitto legato all’estrazione dei minerali pre-ziosi con conseguenze drammatiche sulla popolazione: insicu-rezza, corruzione, violenza, abbandono delle attività tradizionali generatrici di reddito, aumento dei ragazzi di strada.

La popolazione è costretta a migrare, ad abbandonare la fami-glia di origine. Milioni sono gli sfollati e i rifugiati e la violazione dei diritti fondamentali delle fasce più vulnerabili della popola-zione è divenuta una costante di enormi proporzioni in termini di sofferenza e di instabilità.

In questo scenario di disgregazione sociale e di assenza di risor-se economiche per la sopravvivenza, il lavoro in miniera diventa l’unico approdo possibile per molti giovani congolesi.

Il guadagno medio di un lavoratore congolese è pari a 100 dol-lari al mese, mentre il lavoro in miniera viene retribuito da 10 a 50 dollari la settimana.

Insieme a ex agricoltori e allevatori, ex detenuti, sfollati e altre componenti della popolazione più vulnerabile nell’estrazione dei “minerali dei conflitti” vengono utilizzati i bambini per ad-dentrarsi nei tunnel delle miniere, perché agili e di corporatura minuta.

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I bambini lavorano senza alcuna protezione per le mani e per le vie respiratorie, in un vero e proprio stato di schiavitù.

Si stima che ogni chilo di estrazione di uno dei minerali a maggio-re presenza in RDC, il coltan, costi la vita a due bambini. Una delle principali cause di morte sono le frequenti frane.

Oltre a rischiare la vita stessa, i bambini abbandonano la scuola, vivono nelle foreste e sono esposti a qualsiasi violenza e priva-zione. I loro diritti fondamentali non sono tutelati in alcun modo.

La cosiddetta guerra del coltan con i suoi 5 milioni di morti in decenni di conflitto ha intensificato le necessità umanitarie, la vulnerabilità della popolazione e l’impatto su di essa del conflitto stesso: malnutrizione severa e persistente, epidemie e insicurez-za alimentare.

Anche se le necessità umanitarie sono evidenti in tutto il paese, la RDC orientale è la parte più colpita del paese con più di 1,6 milio-ni di sfollati in fuga dalla violenza e dai conflitti armati.

Nonostante i progressi compiuti nel ripristino di una certa sta-bilità su una grande parte del territorio e il rafforzamento delle istituzioni, la maggior parte della popolazione continua a vivere nella più assoluta precarietà mentre i bambini spesso riversano in stato di abbandono e di dipendenza da quello stesso lavoro in miniera che impedisce loro di crescere in salute, con una casa, una famiglia e un’istruzione.

Nel Nord Kivu quasi il 70% della popolazione in età lavorativa è coinvolta nell’economia informale con tutti i problemi legati a questo settore: basso reddito, mancanza di protezione sociale, rischio di abuso e di sfruttamento.

Una gran parte di questi lavoratori sono giovani senza istruzione o formazione, donne, sfollati, persone con disabilità e con HIV/AIDS, tutti vivono in condizioni di povertà estrema che ne aumen-ta la vulnerabilità.

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Negli Stati ad Est della RDC, in par-ticolare in Nord Kivu, Sud Kivu e Alto Katanga i Salesiani di Don Bo-sco della Provincia dell’Africa Cen-trale operano affinché per questi bambini e ragazzi ci sia un’alter-nativa allo sfruttamento del loro lavoro nelle miniere attraverso l’ac-coglienza presso le loro strutture al fine di liberarli con l’istruzione, la formazione professionale e l’edu-cazione integrale.

In collaborazione con il Bureau des Projets dei Salesaini di Don Bosco della Provincia dell’Africa Centrale l’ASSODIP Association for the Deve-lopment of Peasant Initiatives, un’or-ganizzazione della società civile del Nord Kivu, ha condotto ricerche in queste aree minerarie per avere un quadro della situazione al fine di migliorarne le condizioni lavora-tive.

È stato necessario lavorare con i membri della comunità per com-prendere le cause fondamentali dello sfruttamento dei minori nelle miniere.

Si è rilevato che il lavoro minorile è correlato con la povertà, con la debolezza dei servizi pubblici, ma

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anche con alcuni aspetti riguar-danti l’organizzazione tradizionale del lavoro.

Coesistono dunque problemati-che strutturali di natura economi-ca e antropologica ragione per cui è stato ben compreso dai missio-nari salesiani quanto sia necessa-rio operare con il coinvolgimento dei membri della comunità attra-verso l’organizzazione di una for-te azione di sensibilizzazione su base comunitaria.

Molti bambini come primo risulta-to degli interventi lasciano le mi-niere, ma nell’immediato vengono sfruttati in altri settori economici per mancanza di accesso ad alter-native a lungo termine.

I Salesiani di Don Bosco in RDC lavorano invece per spezzare il le-game dei bambini con le peggiori forme di sfruttamento e di viola-zione dei loro diritti fondamentali, fornendo una reale alternativa: accoglienza, istruzione e forma-zione professionale al fine di atti-vare processi di inclusione sociale, inoltre, forniscono supporto psi-cosociale nel percorso di riabilita-zione dai traumi subiti.

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In particolare, con il supporto della Fondazione DON BOSCO NEL MONDO, i missionari salesiani della RDC attraverso il BPD – Bu-reau de Projets de Développement per il 2018 stanno realizzando il progetto “Lotta alla sfruttamento dei bambini lavoratori nelle miniere della Repubblica Democratica del Congo Orientale”.

I villaggi coinvolti nell’intervento sono: il villaggio di Rubaya, Mupfuni-Matanda, il villaggio di Bukala, Bashali-Mukoto, il villaggio di Nyabiondo, Banyungu, il villaggio di Lukweti, Bashali, il villaggio di Shasha, Mupfuni-Shanga, Provincia del Nord Kivu, Provincia del Sud Kivu e Provincia dell’Alto Katanga.

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Obiettivo specifico del progetto è la riduzione della presenza di minori lavoratori nelle miniere di estrazione dei “minerali dei con-flitti” nelle province del Nord Kivu, del Sud Kivu e dell’Alto Katanga.

Il progetto raggiunge 4.000 beneficiari diretti: bambine, bambini, adolescenti e giovani vengono accolti, istruiti, formati e riabilitati all’interno dei centri salesiani di cui 360 dai 6 ai 22 anni d’età, a fine attività avranno lasciato le miniere; 180 saranno reindirizzati alle scuole partner sostenute dal progetto e 180 saranno inseriti nei centri salesiani di formazione professionale.

L’individuazione e la scelta dei servizi da for-nire e delle attività da realizzare vede coin-volti i genitori o tutore del beneficiario e il personale del progetto, nonché l’intera co-munità che attraverso i membri dei comitati di villaggio partecipa all’avvicinamento dei bambini e dei ragazzi in condizione di vul-nerabilità.

Il progetto mira a potenziare l’accesso all’i-struzione per i bambini e i ragazzi che la-sciano le miniere attraverso il rafforzamento delle infrastrutture scolastiche nei villaggi in-teressati e dei centri di accoglienza salesiani, al potenziamento del sistema d’inclusione sociale attraverso la formazione professio-nale e l’orientamento al lavoro e al rafforza-mento della coesione sociale tra le comuni-tà etniche.

Le attività del progetto ricoprono le necessi-tà individuate sul campo dai missionari sale-siani stessi e prevedono iniziative multi-livelli che rivestono diversi ambiti di sviluppo dalla

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costruzione, la ristrutturazione e l’equipaggiamento di centri di accoglienza residenziale e non residenziale, di centri di recupero e di reinserimento scolastico, di scuole in prossimità dei siti di estrazione dei minerali e di laboratori per la formazione professionale alla re-alizzazione di programmi di riabilitazione psicologica da parte dell’equipe di specialisti e di orientamento al lavoro da parte del Bureu du Travail.

L’organizzazione di iniziative di confronto su base co-munitaria tra i leaders dei villaggi con un forte valore aggregante e inclusivo contribuirà a rendere vitale l’ini-ziativa che i missionari salesiani in RDC stanno realiz-zando con il supporto della Fondazione DON BOSCO NEL MONDO.

I missionari salesiani in RDC operano nello spirito degli insegnamenti di Don Bosco attraverso l’applicazione del Sistema Preventivo che diventa una vera e propria forma di tutela dei bambini e dei ragazzi dallo sfrutta-mento e dalla violenza.

L’educazione integrale dei giovani, attraverso anche l’animazione e il coinvolgimento in attività aggregative ludico-sportive innesca un processo virtuoso e posi-tivo d’istruzione sui diritti fondamentali dei minori, di consolidamento della consapevolezza riguardo all’ur-genza di una loro tutela e di affermazione dei valori che quegli stessi bambini e ragazzi da adulti saranno in grado di replicare al fine di liberare l’infanzia dalle peggiori forme di sfruttamento e di violenza, di abuso e di violazione dei diritti.

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I SALESIANI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO E LA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLE-SCENZAI Salesiani di Don Bosco in RDC come in tutto il mondo partecipa-no agli intenti della comunità internazionale in materia di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza.

L’iniziativa che i missionari in RDC stanno realizzando nel corso del 2018 contro lo sfruttamento dei minori nelle miniere di estra-zione dei “minerali dei conflitti” aderisce in particolare alla Con-venzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza:

Art. 19

Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, so-ciale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento.

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Art. 28

Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione, e in particolare, al fine di garantire l’esercizio di tale diritto in mi¬sura sempre maggiore e in base all’uguaglianza delle possibilità: a) ren-dono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti; b) incoraggiano l’organizzazione di varie forme di insegna¬mento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte e accessibili a ogni fanciullo, e adottano misure adeguate come la gratuità dell’insegnamento e l’offerta di una sovvenzione finan-ziaria in caso di necessità; c) garantiscono a tutti l’accesso all’in-segnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in fun-zione delle capacità di ognuno; d) fanno in modo che l’informa-zione e l’orientamento scolastico e professionale siano aperte e acces-sibili a ogni fanciullo; e) adottano misure per promuovere la re-golarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.

Art. 32

Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protet-to contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a re¬pentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.

Art. 39

Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per age-volare il recupero fisico e psicologico e il reinserimento sociale di ogni fanciullo vittima di ogni forma di negligenza, di sfruttamento o di maltrattamenti; di torture o di ogni altra forma di pene o di trattamenti crudeli, inumani o degradanti, o di un conflitto arma-to. Tale recupero e reinserimento devono svolgersi in condizioni tali da favorire la salute, il rispetto della propria persona e la di-gnità del fanciullo.

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MIBAMBINI “SHÉGUÉ” NELLE STRADE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

Nella Repubblica Democratica del Congo diverse bam-bine e bambini vengono cacciati di casa con l’accusa di praticare la stregoneria o per aver commesso qualche piccolo furto. Da quel momento vanno a riempire gli slum e i mercati delle città come “shégués” o bambini di strada.

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Tuttavia alcuni di essi incontrano i missionari salesiani che cam-biano le loro vite. Come quelli che incontrano il missionario Eric Meert e il suo collaboratore Simeon.

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Entrambi si avvicinano quotidianamente ai bambini Shégués nel-le strade di Lubumbashi. Il primo incontro, dicono, è sempre il più importante perché ne segnerà il futuro: “Dobbiamo trasmettere un interesse sincero per loro e le loro storie e poi invitarli a recarsi presso il centro salesiano”.

“È essenziale che la decisione di lasciare la strada appartenga ai bambini, perché solo dalla loro volontà può nascere la possibilità di una nuova vita e di un futuro promettente”. Quando i bambi-ni compiono questo passo ricevono il primo soccorso, possono lavarsi, giocare, mangiare e riposare in un posto più sicuro della strada.

Se i bambini vogliono lasciare definitivamente la vita per strada, entrano a far parte del processo di riabilitazione attraverso l’e-ducazione, l’assistenza psicologica e spirituale e la formazione professionale. L’obiettivo di questo lavoro è garantire un futuro migliore di quello a cui possono ambire vivendo in strada; la stra-grande maggioranza di loro riesce ad ottenerlo e, dopo anni, ri-torna con gratitudine al centro salesiano per salutare i missionari e portare la propria testimonianza agli altri bambini che vivono per strada come facevano loro in passato

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...qualcosa di meraviglioso

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TMDON ALBERT KITUNGWA KABUGE, ISPETTORE DELLA PROVINCIA SALESIANA DELL’AFRICA CENTRALE

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D: Cosa significa essere salesiano in Repubblica Democratica del Congo oggi?

R: Essere salesiano oggi nella RDC vuole dire essere Don Bosco oggi nel luogo in cui siamo. Significa essere capaci di scoprire i bisogni dei giovani in questo tempo di dominio delle nuove tec-nologie, un mondo che cambia. Aver un cuore sensibile alle situa-zioni dei giovani poveri bisognosi di qualcuno che possa guidarli e accompagnarli a capire il senso della vita.

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D: Quali sono gli aspetti principali del vostro servizio per la popolazione?

R: Mi permetto di elencare qualche aspetto in particolare. Abbia-mo una realtà molto grande su cui operare, quella dei giovani, ciò vuol dire realizzare interventi di educazione nelle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie e negli istituti tecnici per la formazione professionale. Abbiamo case di accoglienza per i bambini e i ragazzi di strada, centri di cure primarie, dispensari, case per gli studenti. Vogliamo toccare tutti gli aspetti della for-mazione integrale, nostro obiettivo è formare l’uomo integrale. Per la popolazione intera possiamo dire che stiamo facendo un lavoro che aiuta tutto il Congo, poiché applichiamo il sistema pre-ventivo di Don Bosco nel campo sociale, politico e economico.

D: Quali sono le maggiori necessità dei giovani congolesi?

R: Le necessità sono tante… possiamo presentarne alcune. In-nanzitutto ci sono i bisogni che garantiscono lo svolgimento della vita quotidiana e che permettono di vivere bene in famiglia e di sapere che c’è tutto il necessario per la salute come cibo e cure mediche. Inoltre a tutti i giovani e i bambini che desiderano stu-diare, bisogna garantire loro di poterlo fare. Infine, terminati gli studi, il bisogno più grande è quello di trovare un lavoro. Ogni giovane desidera lavorare e fare qualcosa per il suo Paese…

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D: Quali sono le principali attività che realizzate per e con loro?

R: Con i giovani noi salesiani vogliamo operare, per loro e con loro, nello stile e nel carisma di Don Bosco. Facciamo tutto ciò che serve loro per imparare un mestiere attraverso diversi laborato-ri utili per l’inserimento nel mondo del lavoro e nella comunità tutta. Organizziamo anche la formazione missionaria e pastorale con loro. I giovani sono protagonisti delle attività e partecipano a tutto quello che realizziamo insieme: campi missionari, attività di volontariato missionario, coinvolgendoli direttamente nella pa-storale.

D: Ci descrive una sua visione del futuro della gioventù con-golese?

R: I giovani oggi hanno bisogno di persone di riferimento, i testi-moni di Gesù, non hanno bisogno soltanto di insegnanti in classe. Per il loro futuro hanno bisogno di toccare con mano una realtà con la testimonianza degli educatori. I giovani del Congo hanno grandi capacità di fare qualcosa per il loro Paese e vogliono an-dare avanti. Nella mia esperienza credo che siano i giovani stessi ad avere le idee per un futuro positivo e di speranza, le idee per costruire il loro Paese e le loro città. Il futuro cambierà tante situa-zioni a livello sociale, politico e economico. Posso affermare ciò perché li osservo, li vedo fare tante ricerche, hanno la coscienza della loro realtà di oggi e vogliono fare di più, correggendo gli er-rori del presente. Tanti giovani dicono: «Noi vogliamo cambiare questo mondo un giorno per il bene di tutti…» Per me sono i gio-vani che cambieranno tante cose ma ad un condizione: guidarli bene oggi. Credo che il futuro per il Congo sarà migliore grazie a questi giovani che stanno lavorando tra loro e che stanno coin-volgendo gli altri per una buona formazione. In Congo grazie ai giovani abbiamo contribuito a creare un ambiente e una mentali-tà di cooperazione e di lavoro insieme come famiglia, in gruppi, in associazioni. Siamo in tanti a credere e a creare questo modo di lavorare non da soli, ma con gli altri. Il mondo cambia se vogliamo cambiarlo per il bene di tutti.

La Fondazione DON BOSCO NEL MONDO nel 2017 con i fondi raccolti dal 5x1000 delle imposte sui redditi ha finan-ziato lo sviluppo di due progetti:

Fondazione DON BOSCO NEL MONDOvia Marsala, 42 - 00185 Roma - Tel. +39 06.65612663

www.donbosconelmondo.org

Istruzione e formazione professionale per i giovani svantaggiati e a rischio di esclusione sociale

Dili, Baucau, Laga, Fatumaca, Venilale, Fuiloro, Lospalos (Timor Est)

Istruzione e formazione professionale per i giovani svantaggiati e a rischio di esclusione sociale

Vinh Long (Vietnam)

5x1000Con il

al fianco dei giovanidi tutto il mondo

Fondazione DON BOSCO NEL MONDOvia Marsala, 42 - 00185 Roma - Tel. +39 06.65612663

www.donbosconelmondo.org

Per tutti loro grazie al 5x1000 è stato possibile raggiungere l’o-biettivo generale del miglioramento delle condizioni di vita e in-clusione sociale attraverso l’occupazione dei giovani svantaggiati e l’obiettivo specifico del potenziamento della qualità dell’istru-zione primaria e secondaria e della formazione professionale.

Beneficiari in Vietnam

sono 130 studenti dai 15 ai 25 anni d’età appartenenti alle

minoranze etniche, emarginati, soli e privi di risorse economi-che per l’istruzione e la forma-zione professionale presso il

DTVTC Dong Thuan Vocational Training Center di Vinh Long.

Beneficiari del progetto a Timor Est

sono 260 studenti dai 15 ai 20 anni d’età privi di risorse economiche per l’istruzio-

ne e la formazione professionale, 100 studenti dai 13 ai 20 anni d’età soli e pri-vi di sostegno familiare, 200 insegnanti presso Don Bosco Training di Comoro

e Fatumaca, Don Bosco Agricultural School di Fuiloro, Don Bosco Senior

High School di Laga, Don Bosco Senior High School di Venilale, St. Anthony High School di Baucau, Don Bosco Orphana-

ge di Lospalos.

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Migliaia di bambini e ragazzi invisibili, in fuga da povertà e conflitti, migrati dai paesi più poveri del mondo e giunti o rimasti soli una volta arrivati in Italia, vivono la loro quotidianità in precarie condi-zioni igieniche, con difficoltà a procurarsi cibo e vestiti e trascor-rono la notte in alloggi di fortuna. Si tratta di circa 5000 ragazzi invisibili, che gravitano attorno alle stazioni centrali delle aree me-tropolitane italiane e che ogni giorno rischiano di essere coinvolti in attività criminali o in circuiti di sfruttamento sessuale. È pen-sando a loro che i Salesiani si sono attivati attraverso vari progetti

Fonte: ANS – RomaFII SALESIANI A SOSTEGNO

DEI MINORI STRANIERI “INVISIBILI”

focus italia

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Secondo i dati diffusi dal Ministero degli Interni, nei primi 9 mesi del 2017 erano arrivati in Italia 13.418 Minori Stranieri Non Ac-compagnati (MSNA). Una parte di questi minori, una volta identi-ficati, sono divenuti irreperibili, irrintracciabili nelle strutture in cui sono stati accolti. Stando ai dati ad oggi disponibili, questi minori “invisibili” sono passati dai 1.754 del 2012 ai 6.561 di fine 2016 e rappresentano circa un quarto dei minori passati all’interno di strutture di accoglienza. Ad essi poi vanno aggiunti quei MSNA di cui non si è mai avuta traccia, perché non sono stati intercettati alla frontiera o nei luoghi di sbarco.

I Salesiani si sono attivati per contenere questo fenomeno, rico-struendo un rapporto di fiducia con questi ragazzi, condividendo i loro bisogni e tentando di reinserirli nel circuito di accoglienza. Una rete composta da educatori di strada, psicologi e volontari che garantiscono subito a ciascun ragazzo intercettato, sostegno e protezione. In una seconda fase, viene offerta loro la possibilità di seguire un corso di lingua italiana, di ricevere assistenza legale per l’iter di riconoscimento, di acquisire competenze professiona-li e inserirsi nel mondo del lavoro.

Un appello all’umanità ribadito anche dal Rettor Maggiore dei Sa-lesiani, Don Ángel Fernández Artime, in occasione della sua ultima visita a Napoli: “Davanti a quegli Stati che parlano di chiusura, noi Famiglia Salesiana possiamo rispondere scrivendo un’altra pagi-na di umanità profonda. Con le nostre opere possiamo dimostra-re che c’è un altro modo di agire, per esempio accogliendo questi giovani, che in cerca di maggiore dignità hanno lasciato la propria terra. Sono convinto che oggi Don Bosco farebbe lo stesso”.

30 obiettivi

In occasione della Pasqua la Fondazione Don Bosco Nel Mon-do è felice di condividere con gli amici delle missioni salesiane la realizzazione presso il Santuario mariano di Nostra Signora di Bandel, il più antico dell’India orientale, delle stazioni della Via Crucis in una vastissima area capace di accogliere pellegrini provenienti da tutti gli stati indiani. Il Santuario di Bandel sorge da 417 anni nello Stato del Bengala Occidentale, con capitale Calcutta ed è affidato alla conduzione dei Salesiani di Don Bo-sco. Indiani cattolici di ogni provenienza etnica e appartenenti a ogni casta (sistema di stratificazione sociale ormai abolito, ma che tutt’oggi influenza la cultura indiana), hanno avuto la possi-bilità per la prima volta di pregare insieme durante la Quaresi-ma e di attendere insieme la Pasqua.

UN OBIETTIVO RAGGIUNTO!

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Le stazioni della Via Crucis sono soltanto l’inizio di un processo di edificazione di un vera e propria struttura di accoglienza dei pellegrini dotato di spazi adeguati per l’alloggio, la preghiera e la realizzazione di iniziative di formazione e di confronto. Il Centro del Pellegrino sarà dotato di dormitori, camere familiari, servizi igienici e un auditorium polifunzionale da dedicare soprattutto a percorsi comunitari in raccoglimento di preghiera. I lavori sul terreno sono cominciati con la fine della stagione delle piogge a Febbraio 2018. Per la prossima Pasqua migliaia di pellegrini avranno per la prima volta una struttura che impatta in modo decisivo sulla vita di fede dei cattolici in India.

E NON E’ FINITA…

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