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IRC E DIDATTICA AUDIOVISIVA La sfida educativa passa attraverso nuovi canali? Prof. Giovanni Nicolì Candidato: Paolo Perlotti Matricola n° 4511838 Anno Accademico 2016-2017 ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE promosso dalla UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Brescia

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IRC E DIDATTICA AUDIOVISIVA

La sfida educativa passa attraverso nuovi canali?

Prof.

Giovanni Nicolì

Candidato:

Paolo Perlotti

Matricola n° 4511838

Anno Accademico 2016-2017

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

promosso dalla

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Sede di Brescia

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ABBREVIAZIONI E SIGLE1

art. articolo

cap./capp. Capitolo/capitoli

cfr. confronta

cit. opera citata

E Episodio

ed. curatore/curatori

EDB Edizioni Dehoniane Bologna

Ibidem «allo stesso posto»

Idem «lo stesso»

IdR Insegnante di Religione

IRC Insegnamento della Religione Cattolica

Ivi «della stessa fonte»

n./nn. numero/numeri

p./pp. pagina/pagine

RC Religione Cattolica

S Stagione

s./ss. seguente/seguenti

v./vv. versetto/versetti

1Le sigle e le abbreviazioni delle riviste e delle collane sono state individuate con i criteri contenuti

in S.M. SCHWERTNER, IATG2. Glossario internazionale delle abbreviazioni per la teologia e ma-

terie affini, Walter de Gruyter, Berlino – New York 1992.

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INTRODUZIONE

Il cinema può essere considerato un valido strumento per la didattica? O è

semplicemente un medium ludico, incapace di coniugare il divertimento alla cre-

scita personale?

Queste, in linea di massima, sono le domande che riassumono le posizioni

degli insegnanti della scuola italiana in merito al rapporto tra arte audiovisiva e

didattica. L’argomento è particolarmente scottante poiché si sviluppa nel campo

dell’educazione: come poter coniugare alla “classica” lezione il linguaggio audio-

visivo? Prima di tutto è necessario estirpare una malattia che, tra i docenti, è piut-

tosto diffusa: l’indifferenza (anzi, l’allergia) per i nuovi strumenti che la didattica

contemporanea offre. Poiché la problematica in oggetto è da considerarsi una vera

e propria “malattia”, il presente elaborato intende contribuire alla sua risoluzione,

applicando a tale fenomeno il metodo clinico a guisa di introduzione.

1. Sintomatologia

L’indifferenza (o l’avversione) di alcuni docenti per l’audiovisivo si

manifesta in svariati modi tra cui: l’utilizzo esclusivo di una didattica

frontale, l’utilizzo di materiale unicamente cartaceo, la derisione per

tutto quello che è considerato affine alla “settima arte”, i giudizi critici

nei confronti del mondo del cinema e degli studenti che fruiscono di tale

medium, la bassa considerazione dei colleghi che, al contrario, vedono

nel cinema un potente ausilio per la propria didattica.

Tale realtà costituisce un problema reale poiché una didattica statica è,

oggigiorno, anacronistica. Il rischio è che il mondo continui la sua corsa

verso il progresso, mentre la scuola resti ancorata su “certezze” che oggi

non sono più incrollabili: alla lunga, tale situazione potrebbe causare

un’incapacità comunicativa tra il mondo della scuola e gli studenti.

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2. Eziologia

Le cause del fenomeno sopra descritto possono essere riassunte in

un’unica parola: abitudine. Molte volte l’allergia per la multimedialità è

causata dal fatto che il suo inserimento comporterebbe un cambiamento

nel modo di organizzare e/o di trattare le lezioni. La tentazione, quindi,

di avere già il materiale didattico pronto per ogni anno che lo separa

dalla pensione, mette l’insegnante sul “chi va là” nei confronti di tutto

quello che può costituire una novità e, quindi, del lavoro in più. Inutile

precisare che, se questo è già denigratorio per ogni docente, è impensa-

bile per un IdR: le lezioni cambiano di giorno in giorno perché la Reli-

gione è viva e attuale. Il docente che ama crogiolarsi sulla sicurezza dei

materiali didattici scritti anni prima farebbe bene, a parer mio, a farsi un

esame di coscienza e a chiedersi se, affettivamente, tale professione è

frutto di una vocazione o di un mero ripiego.

3. Diagnosi

Come anticipato sopra, questa tipologia di malattia - piuttosto diffusa - è

oggigiorno da considerarsi grave, perché ha pesanti incidenze sulla di-

dattica: nell’epoca delle LIM, dei linguaggi multimediali, dei collega-

menti ipertestuali, delle classi 2.0, degli approfondimenti on-line, non

tenere in considerazione tali ricchezze significa impostare un dialogo

educativo che si discosta sempre maggiormente dagli studenti. Si deve

infatti considerare l’importanza non solo di “condurre” i discenti verso

la conoscenza ma, anche, di “sedurre” gli stessi tramite lezioni affasci-

nanti e ben pensate. L’insegnante deve sempre tenere in considerazione

che la didattica è «strategia» e non «tattica»: in altre parole, il docente

deve essere in grado di avere una “visione più lunga”, non legata sola-

mente a quell’ora di lezione, magari riuscendo anche a “giocare di

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sponda” al fine di raggiungere un obiettivo in un lasso di tempo più am-

pio2.

4. Prognosi e terapia

Ovviamente c’è speranza nei confronti di tale malattia: i docenti po-

trebbero aprirsi maggiormente alla nuova didattica audiovisiva facendo,

per primi, un serio lavoro su se stessi; non mancano, per esempio, corsi

di formazione legati a tale tematica. Potrebbero cominciare anche “dal

piccolo”, magari ricercando sui cataloghi on-line titoli di film che po-

trebbero associarsi alla didattica tradizionale ed iniziando a visionarli,

sottolineando i pro e i contro di tale opera cinematografica, analizzan-

done le sequenze migliori o i dialoghi-chiave. Non si deve mai dimenti-

care, infatti, che gli studenti risulteranno alla fine preparati solo se, alla

fonte, trovano insegnanti anch’essi preparati.

La terapia potrebbe trovare un degno aiuto anche nella didattica delle

competenze: non si deve dimenticare che la visione dei film a scuola è lo

sviluppo della competenza chiave n. 8 che chiede, tra le altre cose, la

«conoscenza di base delle principali opere culturali, comprese quelle

della cultura popolare contemporanea».

Il presente lavoro, lungi dal ritenersi esaustivo, intende presentare una riflessione

sul rapporto tra didattica e mezzi audiovisivi, nella speranza di poter contribuire al

crollo dei sospetti legati a tale binomio. Nella prima parte (dal titolo Caratteri ge-

nerali dell’IRC) ho voluto brevemente indicare alcuni tratti caratteristici della di-

dattica, al fine di far comprendere come tale realtà sia decisamente complessa;

nella seconda parte (Irc e linguaggio audiovisivo), ho deciso di indicare come

l’audiovisivo si possa applicare alle lezioni di Irc nelle Scuole secondarie di Se-

condo grado, citando due esempi che, spero, possano essere chiarificatori: Noah

ed Exodus. Segue, poi, un riferimento alle serie televisive (altro mezzo di inesti-

2 Per esempio, come vedremo più avanti, decidere di mostrare un film non è semplicemente

“perdita di tempo” ma fa parte di un “gioco di sponda”: il docente sa, infatti, che se il film richiede

2 o 3 lezioni, esse sono una sorta di “investimento” per poter far comprendere al meglio una

particolare tematica.

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mabile valore), con un approfondimento sul rapporto tra Irc e la serie animata dei

Simpson. La sezione degli allegati contiene una serie di titoli utili alla didattica

Irc, alcuni titoli3 di episodi dei Simpson legati alla religione ed un estratto dei di-

scorso di S. Giovanni Paolo II al Convegno internazionale di studi «Il cinema,

veicolo di spiritualità e di cultura» del 1 dicembre 1997.

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PARTE UNO

Caratteri generali dell’Irc

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1. LA DIDATTICA E GLI STILI COGNITIVI

Una prima, fondamentale, osservazione va effettuata sul concetto di «didat-

tica». Essa non può essere considerata una “disciplina indipendente”: è, infatti, in

continuo rapporto con la pedagogia, la psicologia, l’epistemologia e può anche es-

sere considerata «scienza dell’educazione»4.

La didattica si esplica nel processo di insegnamento-apprendimento e ha

come soggetto l’insegnante che riflette (teoria) su azioni (prassi), sui metodi e sui

modelli che egli applica. Tramite la libertà di insegnamento e la sua competenza,

quest’ultimo può adottare diversi modelli didattici, al fine di saper definire strate-

gie operative per rendere efficace l’insegnamento: la didattica include quindi il

concetto di «creatività» e richiede un processo continuo di aggiornamento.

Ogni modello didattico implica una scelta pedagogica da parte del docente,

che sappia chiaramente il perché delle sue azioni, chi è il destinatario, quali obiet-

tivi e quali progetti educativi intende realizzare. Detto altrimenti, ogni forma di

improvvisazione è bandita5.

Esistono diversi modelli didattici e vale la pena, in questa sede, analizzarne i

più sviluppati6.

- La didattica più diffusa nella scuola italiana fino a qualche anno fa era

quella per obiettivi. Aspetto fondamentale di questo modello era la defi-

nizione degli obiettivi educativi e didattici, che riguardavano sia la cre-

scita e la formazione globale dell’alunno, sia gli apprendimenti specifici

per disciplina. Questo tipo di modello ha privilegiato soprattutto la tas-

sonomia per obiettivi cognitivi, che distingueva le operazioni cognitive

in: conoscenza, comprensione, applicazione, analisi e valutazione;

4 Cfr. R. MANGANOTTI – N. INCAMPO, Insegnante di Religione. Guida pratica, La Scuola, Brescia

2013, p. 20. 5 Non si confonda, qui, il concetto di “improvvisazione” con quello di “elasticità”. La didattica

elastica è quel tipo di didattica che, di fronte ad una problematica scolastica anche estemporanea

(stanchezza, richiesta di chiarimenti, litigi nella classe) è in grado di modificare la modalità della

lezione, pur ricordando l’obiettivo prefissato precedentemente da parte dell’insegnante;

l’improvvisazione è, invece, l’incapacità del docente a programmare le lezioni, continuando a

“navigare a vista e a tastoni”, senza prefiggersi obiettivi sul medio e lungo termine. 6 Sono tutti efficaci al fine dell’apprendimento e tutti presentano alcuni elementi in comune, quali:

la conoscenza della situazione del contesto, il rispetto dello statuto epistemologico della disciplina,

un percorso articolato in varie fasi operative (precedentemente programmante e controllate in

itinere), la valutazione del risultato del percorso programmato e svolto.

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- La didattica per concetti scaturisce dalla pedagogia cognitivista, in cui

l’apprendimento si sviluppa attraverso l’acquisizione di una serie di

elementi in un processo di rielaborazione e trasformazione delle cono-

scenze. Il principale strumento è la mappa concettuale, che realizza un

procedimento sintetico;

- La didattica modulare si fonda su un apprendimento che si amplia e che

si rapporta con tutte le aree del sapere, privilegiando i saperi essenziali;

- La didattica breve realizza percorsi di apprendimento in tempi ridotti,

mettendo in evidenza e rafforzando quei nuclei tematici disciplinari, ne-

cessari a creare un apprendimento e a fornire allo studente un metodo di

studio efficace per arrivare alle conoscenze.

- Da qualche anno a questa parte, poi, si è sviluppata a macchia d’olio la

didattica per competenze: tale concetto è, tuttavia, molto ampio, polise-

mico e presenta una vasta gamma di applicazioni pratiche. La

competenza, infatti, può essere considerata come mansione, capacità,

esperienza, conoscenza, abilità, incarico e – anche – come forma di

agonismo. Emergono fin da subito alcune domande profonde legate a

tale tipologia di didattica: siamo sicuri che sia sufficiente pronunciare il

termine “competenza” per cambiare il mondo della scuola? Che basta

dichiarare di avere “certificato le competenze” per essere sicuri di avere

formato persone autenticamente competenti? Come sottolinea A.

Porcarelli, «da punto di vista professionale, il problema è che la

normativa sulla certificazione delle competenze è entrata in vigore in

modo improvviso, ad anno scolastico iniziato, quasi “costringendo” i

docenti ad inventarsi griglie che consentissero di assolvere il compito di

natura burocratica, senza passare attraverso una seria riflessione sul

costrutto pedagogico didattico sotteso»7.

Per dar vita ad una didattica appropriata, gli insegnanti dovrebbero porre

attenzione anche agli stili cognitivi dei singoli alunni: ogni allievo, infatti, pre-

senta un modo personale di elaborare le conoscenze, pertanto esistono vari stili

7 A. PORCARELLI, Competenze in classe e compiti di realtà. Scuola secondaria di secondo grado,

SEI, Torino 2017, p. 6.

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cognitivi che possono essere distinti in stili intellettivi, stili di apprendimento e

stili esecutivi.

1.1. Stile intellettivo

Lo stile intellettivo è «la capacità di astrazione e di invenzione che si mani-

festa con maggiore chiarezza nell’adolescenza»8. La diversa combinazione tra le

variabili astrazione-invezione può produrre quattro tipi di stile intellettivo: intui-

tivo (lo studente è dotato di una forte intelligenza e creatività, presenta una perso-

nalità introversa, spontanea, autonoma ed un pensiero sintetico ed ordinato), in-

tellettivo (studente con una forte intelligenza ma una debole creatività, capace di

pensiero logico, analitico, con una personalità amichevole ma timida), industrioso

(lo studente è caratterizzato da una debole intelligenza e una debole creatività, ca-

pace di pensiero lento, concreto e frammentario, con una personalità socievole ma

prudente e rinunciataria), immaginativo (studente che presenta una debole intelli-

genza ma una forte creatività caratterizzata da un pensiero diffuso, impreciso e

pervaso di fantasia).

1.2. Lo stile di apprendimento

Lo stile di apprendimento «è l’insieme delle operazioni e delle procedure

che lo studente può usare per acquisire e recuperare differenti tipi di conoscenze e

di prestazioni»9. Essi si distinguono in: convergente (che vede prevalere la concet-

tualizzazione astratta, prediligendo le scienze), divergente (che si lascia stimolare

dall’esperienza ed ottiene i migliori risultati quando agisce in condizioni di mag-

giore libertà, prediligendo le discipline artistiche), assimilatore (tende alla con-

cettualizzazione e all’astrazione, senza essere interessato all’applicazione pratica

delle sue teorie, concentrandosi più sui concetti che sulle persone e prediligendo

l’attività di ricerca) e accomodatore (colui che tende a partire dall’esperienza ed è

capace di sintesi, prediligendo le attività tecniche e/o commerciali).

8 R. MANGANOTTI – N. INCAMPO, Insegnante di Religione. Guida pratica, La Scuola, Brescia

2013, p. 22. 9 Ibidem.

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1.3. Lo stile esecutivo

Lo stile esecutivo descrive il modo in cui sono gestite le situazioni nel con-

testo, dove ciascuno si trova ad operare. Si distinguono due poli di esecutore: il

continuatore (che è preciso, fedele, efficiente e metodico) e l’innovatore (impre-

vedibile, incerto, tende a modificare l’ambiente in cui si trova per migliorarlo).

2. LE DIFFICOLTÀ DELL’IRC

Possiamo comprendere da questo semplice panorama che, oggi più che mai,

il lavoro dell’insegnante risulta essere sempre più complicato. Per quanto con-

cerne l’IdR, il discorso si fa ancora più complesso, poiché rispetto alle altre disci-

pline, Religione Cattolica presenta una costituzione particolare:

a. La religione non si vede e non si tocca: la si vive;

b. Durante l’ora di Religione si parla di eventi avvenuti nel passato ma che

troveranno pieno compimento solo nel futuro;

c. La Religione, per comprenderla al meglio, presuppone la fede. Eppure

non tutti gli studenti presentano tale qualità;

d. Tutti, oggigiorno, devono fare i conti con i luoghi comuni e la religione

non è esente da attacchi gratuiti, spesso infondati: occorre quindi una

massima preparazione (e una grande vigilanza) da parte dei docenti;

e. La preparazione degli IdR deve essere molto vasta (letteratura, musica,

storia, filosofia ecc.): gli insegnanti devono convivere con il “peso” di

sapere molto più di alcuni altri colleghi (magari “esperti” nel loro campo

ma “ignoranti” in altri ambiti) e, al contempo, di essere considerati “di

serie B”.

Di fronte a tali difficoltà, l’IdR dovrebbe interrogarsi e chiedersi se esiste

un’esperienza comune che possa coinvolgere attivamente tutti gli alunni durante

la sua ora settimanale. Le risposte, ovviamente, sono molteplici ed il presente ela-

borato intende proporre una modalità che il sottoscritto reputa fondamentale ma

che, purtroppo, oggigiorno è ancora bistrattata: il linguaggio audiovisivo.

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PARTE DUE

Irc e linguaggio audiovisivo

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1. L’IMPORTANZA DEL CINEMA A SCUOLA10

Il cinema è un potente strumento di suggestione che, fin dalla sua nascita (il

28 dicembre 1895), ha sempre creato ed enfatizzato i fatti di costume modificando

il clima culturale di ogni epoca e conseguendo un enorme successo di pubblico.

Il cinema deve dunque essere inteso come un potente mezzo di discussione

di idee ed è necessario che la sua importanza venga compresa anche nell’ambiente

scolastico. Purtroppo, ad oggi, sopravvive il cliché che vede nell’insegnante che

considera l’audiovisivo un mezzo straordinario per la didattica, una manifesta

volontà di non lavorare. Tale pregiudizio è privo di fondamento e quindi facil-

mente eliminabile:

- In primis, perché esso costituisce un’idea anacronistica: la didattica

di oggi, con la LIM, le classi 2.0 ed i libri digitali spinge anche il docente

più “statico” a concepire una didattica attiva e multimediale;

- Secondariamente, dobbiamo comprendere che durante le ore

scolastiche non esiste in concreto la classe x ma gli studenti che apparten-

gono alla classe x; ciascuno di loro è portatore di un bagaglio esperien-

ziale unico ed irripetibile e per affrontare una tematica delicata (aspettan-

dosi poi un dialogo tra le parti) è necessario avere, come punto di partenza,

un’esperienza comune. Il cinema può costituire tale mezzo.

Da tale premessa, sembra necessario che lo strumento cinematografico

venga conosciuto in tutti i suoi aspetti sin dalla scuola primaria, perché è proprio

in questa fascia di età che l’apprendimento e la conoscenza sono fondamentali in

quanto i bambini hanno grandi potenzialità recettive e da ciò si costruiscono le

basi per la crescita. Prima di tutto è necessario che ciascun insegnante capisca la

differenza fondamentale fra “guardare” e “capire” (differenza che, purtroppo,

molti studenti non comprendono nemmeno alle scuole Secondarie). Per guardare,

lo spettatore mette in funzione le sole capacità percettive, mentre per capire la

trama di un film, egli deve collegare i vari dialoghi, le varie situazioni e le molte-

10

Il presente capitolo è una rielaborazione di una mia lezione tenuta all’eremo di Bienno il

20/11/2015 dal titolo: «Tra Principe d’Egitto, Noah ed Exodus: il ritorno della Bibbia nella

cinematografia contemproanea».

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plici azioni all’interno di un intreccio narrativo non sempre lineare, mettendo così

in funzione le sue capacità cognitive.

Per rendere proficua la visione di un film in classe, gli studenti dovrebbero

essere previamente guidati a svilupparne la capacità di fruizione: soprattutto nelle

scuole dovrebbero esserci unità di laboratorio atte a far comprendere il linguaggio

cinematografico, ora più che mai sulla cresta dell’onda (è importantissimo, per

esempio, far comprendere agli studenti che ciò che vedono può essere frutto di

immagini computerizzate e non reali e che una storia può essere modificata per

scelte stilistiche e/o “di botteghino”)11

.

Serve, quindi, un maggiore impegno dell’insegnante che capisca

l’importanza della fruizione cinematografica e che la trasmetta agli studenti: solo

così la visione scolastica di un film verrà seriamente valorizzata e non più triste-

mente considerata “ora persa”.

Nella prassi scolastica odierna, in un mondo caratterizzato sempre di più

dalle immagini, il linguaggio cinematografico è un’opportunità didattica da non

trascurare: il cinema, inteso come veicolo di cultura e proposta di valori, è una ri-

sorsa educativa che l’IdR deve sapere inserire in modo equilibrato e intelligente

all’interno della sua programmazione, prevedendo l’uso del cineforum quale crite-

rio metodologico adatto12

.

Nell’IRC, la programmazione di un film ha – ovviamente – una finalità di-

dattico-educativa: intende approfondire determinati argomenti, trasmettere alcuni

messaggi, favorire la riflessione personale ed il dialogo con i compagni. In tal

senso, nell’ambito scolastico la visione cinematografica non può limitarsi al puro

scopo di divertimento, anche se intrinseco alla fruizione di un film, ma deve pre-

occuparsi di favorire un’esperienza di apprendimento significativa. Resta tuttavia

il fatto che, guardando un film, il “divertimento” è una condizione indispensabile

per raggiungere gli obiettivi previsti: la noia non è mai una buona compagna

dell’apprendimento. Da qui, a mio parere, una prima, importante osservazione: il

repertorio audiovisivo dell’insegnante deve essere costantemente aggiornato. Ha

senso oggi mostrare il film del 1961 Il Re dei Re? Per quanto tale opera sia indi-

11

Cfr. la parte del presente elaborato dedicata ai “casi specifici”. 12

Senza una rielaborazione del messaggio del film, infatti, tale strategia rischierebbe di risultare

“vuota” e, quindi, controproducente.

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scutibilmente bella e ricca di significati, essa si discosta dai nostri studenti di oltre

50 anni: sarebbe auspicabile, quindi, una continua vigilanza sulle uscite cinemato-

grafiche in modo da avere sempre a portata di mano film più vicini al gusto con-

temporaneo13

.

Giova ricordare che la visione cinematografica è una forma di full

immersion che coinvolge la sensibilità e l’intelligenza degli alunni favorendone

l’apprendimento: essa è infatti costituita da immagini in movimento, integrate da

dialoghi, musica ed effetti sonori che provocano negli alunni un impatto emotivo

fautore di percezioni o di preconoscenze che, attraverso la rielaborazione critica,

sono destinate a trasformarsi in nuovi saperi personali.

2. LA RINASCITA DEL CINEMA RELIGIOSO

Il cinema, per sua natura e perfino per etimologia, è un medium in movi-

mento. Per questo, come già accennato, si adatta bene a descrivere le evoluzioni, i

progressi e i regressi della nostra società sempre in cammino. Lo stesso riesce a

fare nel caso della religione: rappresentare Dio sullo schermo è stata una delle

prime cose che il cinema ha fatto e che seguita a fare, basti pensare ai film che

prendono spunto da racconti o personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento14

.

Parallelamente a questo approccio, che possiamo definire “diretto”, alcuni autori

hanno invece affrontato la rappresentazione del sacro senza mettere in scena le

Scritture ma trattandone i nuclei fondamentali. In questi film c’è molta ricerca re-

ligiosa, indagine religiosa, oppure sono presenti temi spirituali come la morale, la

messa in questione del sé, le grandi sfide anche personali che uno si trova ad af-

frontare: un esempio è Le mele di Adamo, film danese del 2005 che riprende la fi-

gura e le vicende di Giobbe.

Nei confronti della persona di Gesù ci sono stati, fin dal principio, approcci

radicalmente differenti: basti pensare che sia Georges Méliès che i fratelli Lu-

13

Per esempio, sulla vita di Gesù, possiamo trovare: The Passion (2003) e Nativity (2006). 14

Il 28 dicembre 1895 i fratelli Lumière mostrano la loro invenzione, il cinématographe, al

pubblico riunito nella sala del Gran Cafè del Bulevard a Parigi. Neanche due anni dopo, Léar

realizza La Passion du Christ: per la prima volta la vita di Gesù viene rappresentata attraverso

immagini in movimento. È il 1897, e da allora Gesù è stato protagonista di quasi duecento

pellicole, diventando il soggetto maggiormente sfruttato dalla settima arte.

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mière hanno realizzato pellicole di argomento cristologico, ma ognuno a modo

suo: il primo utilizza effetti ottici e scene fantastiche, mentre i secondi ripropon-

gono tableaux vivants basati sull’interpretazione delle Scritture. Con il passare del

tempo, con l’affinamento della tecnica e la crescita degli investimenti, cominciano

ad essere realizzati veri e propri kolossal: è soprattutto con l’arrivo del sonoro

prima, e della pellicola a colori poi, che il cinema di argomento cristologico au-

menta la produzione. Sono gli anni dei grandi film hollywoodiani, pellicole di

grande presa sul pubblico, con grandi divi a interpretare i ruoli principali. Il Re dei

Re (1927) di Cecil B. De Mille, è il primo di questi, e ripercorre le ultime setti-

mane di vita di Gesù. Il film ebbe una lunghissima lavorazione, quasi cinque anni,

durante i quali il regista, per preservare la spiritualità del tema trattato, proibì ai

membri della troupe di assumere comportamenti “non biblici”: fu vietato loro di

giocare a palla e di giocare a carte. La principale caratteristica di tali film fu una

spettacolarizzazione della vita e della figura di Gesù, intrappolata all’interno di

stereotipi, circondata da immense scenografie colorate ma posticce.

Gli anni 70 sono gli anni delle contestazioni, caratterizzate dalla ricerca di

libertà: se fino agli anni 60 il volto di Gesù non veniva mai ripreso, ora, in nome

della libertà espressiva, si registra la libera interpretazione di tutto ciò che fino ad

allora era giudicato inviolabile, religione compresa15

.

Negli anni 2000, in particolar modo, assistiamo ad un risveglio del cinema

religioso: basti pensare a La passione di Cristo (Mel Gibson, 2004), The Nativity

Story (Catherine Hardwicke, 2006), Noah (Darren Aronovsky, 2014), Son of God

(Cristopher Spencer, 2014) e Exodus – dei e re (Ridley Scott, 2014).

Quando si parla di cinema e religione, però, si deve sempre fare un po’ di

attenzione: molte volte la veridicità della narrazione delle Scritture è sacrificata in

nome di ciò che potrebbe fare maggior presa sul pubblico: personaggi inventati,

situazioni nuove, salti temporali, eliminazione di alcuni passi, eccessiva dramma-

tizzazione. Vorrei parlare, a tal proposito, di due film recentissimi che hanno cre-

ato non pochi problemi di critica e di analisi nelle scuole Secondarie di secondo

grado nelle quali li ho mostrati: Noah ed Exodus.

15

Si veda, per esempio, Brian di Nazareth dei Monty Python (1979).

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3. DUE CASI PARTICOLARI: NOAH ED EXODUS

3.1. Noah

Il primo film citato presenta non poche problematiche legate ad alcune

scelte registiche che, se non analizzate, possono ripercuotersi sulla didattica: mi è

capitato, infatti, di chiedere in alcune classi una ricerca su Noè e, dopo aver

corretto gli elaborati, ho dovuto chiedere agli studenti coinvolti di riscrivere il

lavoro poiché, basandosi unicamente sul film, avevano creduto vere alcune

licenze di sceneggiatura che, in realtà, avevano snaturato completamente il

messaggio biblico16

. Se lo stesso regista, Darren Aronofsky ha definito il suo film

su Noè «il film meno biblico mai realizzato» un motivo ci sarà: tra la pellicola e

l’Antico Testamento le differenze non sono poche.

La prima, importante, differenza è il rapporto tra Noè e Dio. Nel film il

protagonista scopre che la terra sarebbe stata distrutta con il diluvio grazie a dei

confusi sogni profetici e non, come detto nella Bibbia, tramite un dialogo con Dio:

«Allora Dio disse a Noè: “È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la

terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la

terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la

spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti

di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e, a

un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a

piani: inferiore, medio e superiore. Ecco, io sto per mandare il diluvio, cioè le ac-

que, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita;

quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca

tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni

carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano

maschio e femmina. Degli uccelli, secondo la loro specie, del bestiame, secondo la

propria specie, e di tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie, due di ognuna

verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di

cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro”. Noè ese-

guì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece». (Gen 6, 13-22).

Dio viene peraltro sempre chiamato “Creatore” per l’intero film, mentre in

Genesi Noè è amico di Dio e in continua comunicazione con Lui. Si potrebbe dire,

quindi, che paradossalmente la figura di Dio data dal film la si percepisce tramite

16

È stato a seguito di questo episodio che ho deciso di mostrare il film Noah, accompagnandolo

poi con un’analisi critica che mirava allo svelamento di tali licenze registiche.

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la sua assenza: è come Godot, nel dramma teatrale assurdo Aspettando Godot; non

lo si vede mai, ma l’azione è data dall’attesa del momento in cui si rivelerà.

Anche le motivazioni che hanno portato Dio a scegliere la famiglia di Noè

sono diverse da libro a film: secondo l’Antico Testamento Noè viene scelto per-

ché uomo giusto ed integro e Dio benedirà lui ed i suoi figli dicendo «siate

fecondi e moltiplicatevi e riempite la Terra»; nel film, invece, Noè afferma che

Dio l’ha scelto solo per portare a termine il compito di salvare gli animali,

dopodiché lui e la sua famiglia saranno gli ultimi uomini sulla terra.

Emerge quindi una figura di Dio diversa da quella biblica: in molti - critici e

non - hanno infatti visto sullo schermo un Dio spietato che parla attraverso i sogni

e che considera mero strumento la persona investita del compito. Resta, per molti

la domanda: e se Noè avesse male interpretato i sogni o non avesse dato loro la

dovuta importanza? È facilmente intuibile come le scelte registiche possano

implicare anche problemi teologici.

Altra cosa immediatamente evidente è il ruolo della donna presente nel film.

Non è molto più spazioso di quanto siamo abituali a vedere nel cinema hollywoo-

diano ma decisamente più importante di quel che si trova nella Bibbia, dove tutti

gli esseri femminili sono indicati un paio di volte come passeggeri dell’arca e non

hanno nessun ruolo profondo nel racconto.

Vi sono, poi, altre differenze più o meno profonde. Mi limiterò a citarne

cinque.

a. Non c’era nessun discendente di Caino nell’arca. Per rendere il film

più avvincente, il regista permette al capo degli antagonisti di salvarsi dal

diluvio17

. Tale personaggio nel film si chiama Tubal-Kain e nella Bibbia

compare in Gen 4, 22 («Silla a sua volta partorì Tubal-Kain, il fabbro,

padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro») ma non è chiaro se visse

all’epoca di Noè e sicuramente non vi è menzione di una sua salita

sull’arca;

b. A differenza del film, la Bibbia non parla di persone che cercano di

salire sull’arca (nel film vediamo gli uomini comprendere quel che sta per

accadere dopo i primi giorni di pioggia, quando ormai non ci sono più

17

Ma tale aspetto non costituirebbe forse una vittoria umana sulla volontà di Dio?

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animali), non dice dove viene recuperato il legname per costruirla e non

racconta molto di quello che accade sull’arca durante il diluvio (seppur

appaia logico, non vi è nella Genesi nessun riferimento al fatto che gli

animali nell’arca giacessero addormentati);

c. Secondo la tradizione, Matusalemme morì a 969 anni, sette anni

prima del diluvio e non, come si vede nel film, travolto da un’onda ano-

mala. Inoltre, i suoi poteri magici sono solo un espediente cinematografico

per dare spessore al personaggio e all’attore che lo interpreta (Antony Ho-

pkins).

d. Nel film Noè spiega ai figli che è sbagliato mangiare carne, in

quanto gli animali sono creature di Dio, e durante tutto il film l’idea di

mangiare carne viene associata ai peccatori e ai malvagi. Questa associa-

zione è inesistente nella Bibbia, la quale più volte narra di sacrifici.

e. Nel film compaiono giganti di pietra chiamati “Vigilanti”. Essi

sono, secondo la sceneggiatura, angeli caduti che appaiono nel film e aiu-

tano a costruire l’arca, nonostante nella Bibbia non siano menzionati. Aro-

nofsky ha probabilmente preso in prestito la narrazione presente nel I libro

di Enoch che racconta di alcuni angeli che, per volere di Dio, vengono in-

trappolati in corpi di roccia e cacciati dal cielo sulla terra per aiutare gli

uomini. Questa decisione, però, contrasta con quanto scritto in 2Pt 2,4:

«Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò

in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio»; tali angeli,

quindi, non possono sicuramente aver aiutato gli uomini.

Se da un lato un film come Noah può dimostrare agli studenti il grande po-

tere di Dio, la difficoltà di un uomo di fronte alla richiesta divina e la difficoltà nel

resistere dinnanzi a scelte di Dio giudicate inizialmente crudeli (si pensi alla scena

in cui Noè, nell’arca, sente gli uomini lamentarsi ed affogare), dall’altro lato è im-

portante mediare questo film: non sono pochi gli errori, le incongruenze e le diffe-

renze con il racconto biblico il quale, come già detto, molte volte viene sacrificato

per far spazio ad una maggior sicurezza di successo al botteghino. Quest’ultima

tematica emerge prepotente sul secondo film analizzato: Exodus.

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3.2. Exodus

Il 15 gennaio 2015 è uscito in Italia il film su Mosè girato dal regista de Il

Gladiatore Ridley Scott. Grande successo al botteghino, è stato però oggetto di

numerose critiche, tanto che è stato bloccato nelle sale cinematografiche di Egitto,

Marocco ed Emirati arabi.

Christian Bale, l’attore che interpreta Mosè, durante la campagna promozio-

nale ha affermato: «Mosè era probabilmente schizofrenico e uno degli individui

più barbarici di cui abbia mai letto nella mia vita. Era un uomo molto tormentato

ed inquieto, che ha combattuto a lungo contro Dio e la sua chiamata».

Anche in questo caso la necessità scritturistica hollywoodiana ha avuto la

meglio sul testo originale, generando non pochi problemi interpretativi.

Il primo problema è, ovviamente, il modo in cui il film guarda a Dio. Nella

Bibbia Mosè viene attratto dal meraviglioso roveto che ardeva senza consumarsi.

Da questi gli parla Dio:

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho

udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono

sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una

terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo

dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo.

Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egi-

ziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio

popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far

uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il se-

gno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servi-

rete Dio su questo monte» (Es 3, 7-12).

Nel film, invece, Mosè è ateo fino a quando non si risveglia nel fango a se-

guito di un brutto incidente, vede il roveto in fiamme e un bambino che parla per

conto di Dio. Il regista ha affermato che il bambino non è l’Onnipotente ma Ma-

lak, un messaggero di Dio. Eppure il bambino dice: «io sono», così come Dio si

rivela nella Bibbia: «Io sono colui che sono».

Il film, inoltre, presenta svariate libertà narrative: nel film viene raccontata

la storia, l’amicizia e il rapporto che lega Mosè a Ramses. Tuttavia, nel testo ori-

ginale, non c’è nulla di tutto ciò: l’unica parte dell’infanzia di Mosè che viene rac-

contata è il suo ritrovamento da parte della figlia del faraone nelle acque del Nilo,

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con la sua famosa frase «io l’ho salvato dalle acque». Nel film questa scena è stata

eliminata perché si sarebbe già scoperto che Mosè era ebreo. L’idea che tra Mosè

e Ramses ci fosse amicizia è accettata da molti ragazzi non tanto dopo il film

Exodus ma perché la stessa scelta stilistica era già stata adottata da Spielberg du-

rante la lavorazione del film Il principe d’Egitto, che fu un grande successo nel

1998.

Sono, anche in questo caso, numerose le differenze. Mi limiterò, ancora una

volta, a citarne alcune:

a. Nel film Mosè appare molto abile nell’arte oratoria, tanto da

pronunciare un epico discorso. Nella Bibbia, però, troviamo le seguenti

parole: «Mosè disse al Signore: «Perdona, Signore, io non sono un buon

parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu

hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di

lingua». Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende

muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? Ora va’! Io

sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». Mosè disse:

«Perdona, Signore, manda chi vuoi mandare!». Allora la collera del Si-

gnore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse tuo fratello

Aronne, il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi, sta venendoti incon-

tro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua

bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete

fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le

veci di Dio. Terrai in mano questo bastone: con esso tu compirai i segni»

(Es 4, 10-17);

b. Nell’Esodo Mosè abbandona l’Egitto dopo che si viene a sapere

che aveva ucciso una guardia egiziana che stava percuotendo uno schiavo

ebreo. Nel film, invece, fugge nel deserto perché il faraone Ramses II

viene a sapere che Mosè era ebreo;

c. Nel film Mosè è un condottiero che addestra, come un generale, gli

ebrei. Crea quindi un campo di addestramento, compie con i suoi compa-

gni azioni di guerriglia urbana, attacca le navi sul Nilo e incendia un depo-

sito di grano. Nell’Antico Testamento non compare nulla di tutto ciò;

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d. Punto nevralgico e atteso è quello delle dieci piaghe, dove i creatori

di effetti speciali si sono potuti sbizzarrire. Nella Bibbia Mosè e Aronne

annunciano ognuna delle dieci piaghe al faraone. Nel film, Mosè vede

Ramses solo prima della prima piaga e dell’ultima. Gli ebrei non furono

poi soggetti alla maggior parte delle piaghe e, inoltre, nel film è stata tolta

la piaga delle tenebre (probabilmente considerata troppo “statica”) e sono

stati aggiunti i coccodrilli, non presenti nel testo originale;

e. Nella Bibbia, è Aronne che con il suo bastone dà inizio alle piaghe,

mentre nel film la sua figura viene drasticamente ridimensionata.

Tutti gli elementi sopra descritti sono stati, nelle classi dove ho mostrato il

film, motivo di ampio dibattito: durante la spiegazione conclusiva (nella quale

facevo presente tutte queste incongruenze), molti studenti hanno dimostrato

reticenza nell’accettare le mie osservazioni. Da un colloquio con loro è emersa la

diffusa inclinazione ad accettare passivamente tutto quello che viene trasmesso

dai media come veritiero. Da questo episodio si evince molto bene come la

visione di un film debba sempre essere accompagnata da un’accurata analisi.

Un ultimo aspetto che, purtroppo, si deve registrare (e che i docenti

farebbero bene a conoscere) è la logica con la quale è stato girato il film: non di

certo la primaria volontà è stata quella di far conoscere la storia della Bibbia.

Piuttosto, la volontà era quella di “battere cassa” il più possibile, insistendo sulla

moda “religiosa” di questi anni. Per capire questa annotazione si deve fare un

passo indietro.

Da un’attenta visione si può notare che, nonostante il film sia ambientato

nell’Egitto del XIII a.C, ci sono pochissimi attori mediorientali eccetto alcune

parti minori: i ruoli principali sono stati affidati ad attori caucasici. Rispondendo a

questa accusa, il regista Ridley Scott non ha mai nascosto i motivi dietro questa

scelta e ha dimostrato come l’interesse economico spesso sovrasta quello artistico:

«non posso salire in sella ad un film del genere, un film che ha goduto di detra-

zioni fiscali in Spagna, e decidere che il mio attore protagonista è un Mohammad

qualsiasi: non riuscirei ad ottenere i finanziamenti necessari. Il dubbio non mi è

neanche venuto».

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4. MOMENTO SISTEMATICO: PRIME CONCLUSIONI

Da questo breve excursus possiamo comprendere come i film possano es-

sere fruiti in una duplice modalità. Da una parte possono essere passivamente e

velocemente guardati, mentre dall’altra possono essere attentamente osservati.

L’osservazione richiede abilità che il fruitore può acquisire solo con la pratica e

con l’insegnamento: non tutto quello che si vede al cinema è vero ma, soprattutto,

non tutto quello che si vede è bene.

La capacità di vedere un film deve essere insegnata agli studenti, al fine di

accrescere in loro la capacità di analisi letterale, drammatica ed infine di svilup-

pare le capacità critiche. Se, ad oggi, è difficile fare una critica di semplici e line-

ari film, è inutile dire che la difficoltà aumenta con il cinema religioso. Molte in-

terpretazioni sono assolutamente libere, altre fanno addirittura emergere problemi

teologici (tanto che, alcuni film, andrebbero visti con un “eresiometro” a portata

di mano). È per questo che, in primis, occorrerebbe formare insegnanti capaci di

analizzare un film, di astrarre un tema e valutarlo a seguito di una visione e capaci

di condurre l’occhio e la mente degli studenti al fine di permettere che

l’esperienza cinematografia lasci il segno.

Ecco quello che manca oggi in molti studenti: la consapevolezza critica di

ciò che stanno guardando.

Un film religioso, se mediato e se ben girato, può rendere più di decine di

ore di lezione; l’importante è che alle immagini e ai dialoghi si accompagni la

saggia voce di chi può indirizzare lo sguardo dello studente.

La scelta e la preparazione di un film da proporre in classe vanno fatti con

accuratezza, pertanto l’insegnante deve: evitare di improvvisare con film mai visti

prima o di cui ha sentito solo parlarne; visionare sempre il film con attenzione

prima di proiettarlo; essere attento alla sensibilità ed alla psicologia degli alunni;

proporre film interessanti per argomento e coinvolgenti nello stile; preparare una

scheda tecnico-operativa del film; preparare una serie di domande-stimolo da fare

dopo il film, per guidare l’eventuale dibattito e la riflessione personale degli

alunni.

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Talvolta potrà anche capitare che i film scelti, pur presentando

un’indiscutibile qualità artistica, presentino qualche scena o dialogo piuttosto

sconvenienti; in tal caso l’insegnante, durante la presentazione del film, avrà cura

di contestualizzare tali aspetti per prevenire reazioni poco ortodosse da parte degli

alunni.

Da un punto di vista metodologico, per una corretta e consapevole utilizza-

zione del mezzo cinematografico all’interno della classe, bisogna saper individu-

are le modalità migliori per la presentazione, la visione e la comprensione del

film. Una modalità a mio parere vincente è quella del cineforum.

5. IL CINEFORUM

Il cineforum è una modalità educativa che prevede la visione di un film se-

guita da un dibattito, con la partecipazione attiva e responsabile da parte degli

alunni. Inoltre, offre una preziosa opportunità di socializzazione, promuovendo

attraverso il confronto e il dialogo una migliore relazione tra studenti. Per una cor-

retta organizzazione, è bene tenere conto del fatto che il cineforum presenta tre

momenti: il “prima”, il durante” e il “dopo”.

5.1. Prima del film

Prima del film, l’insegnante dovrebbe svolgere alcune semplici (ma fonda-

mentali) azioni: verificare il buon funzionamento dell’impianto, onde evitare per-

dite di tempo o una fruizione disturbata; proporre una breve e motivante introdu-

zione al film, cercando di creare un clima di curiosità e di interesse; comunicare

l’obiettivo della visione dell’opera.

5.2. Durante il film

Durante la visione, il docente non deve abbandonare la classe o impegnarsi

su altri lavori. Egli è infatti tenuto a: guardare il film con gli alunni senza fare

commenti (che causerebbero la sospensione della portata emotiva); intervenire

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straordinariamente solo per indicare una scena o un dialogo degni di nota; porre

attenzione alle reazioni degli studenti per cogliere elementi utili alla riflessione fi-

nale; intervenire per par osservare il silenzio in caso di disturbo.

5.3. Dopo il film

Uno dei momenti fondamentali è costituito dalla post-visione. In questa fase

l’insegnante, pena un’esperienza “vuota” e – quindi – negativa, deve: invitare gli

alunni a dare un primo giudizio a caldo; stimolare gli alunni a comunicare le pro-

prie emozioni ed i propri sentimenti; incentivare negli alunni l’analisi personale

del film e lo spirito critico, facendoli passare dall’emotività alla razionalità; gui-

dare gli alunni al dibattito per far cogliere il messaggio centrale del film, cercando

di rintracciarne il significato profondo.

6. PER UNA VARIANTE AL CINEMA RELIGIOSO: IL CASO SIMPSON

Proporre la visione cinematografica durante l’ora di religione può far na-

scere una prima obiezione riassumibile nella locuzione “non c’è abbastanza

tempo”. In effetti, nella scuola Secondaria, un’ora di RC alla settimana è troppo

poca. Come poter risolvere tale gap organizzativo? Vi sono molteplici soluzioni,

tra le quali ricordiamo: chiedere in prestito un’ora al docente che ci succederà

nella classe (idea poco realizzabile a meno che il collega non creda nel potere di-

dattico dell’audiovisivo), spezzare il film in due parti da mostrarsi a una settimana

di intervallo l’una dall’altra (idea molto praticata ma anche rischiosa perché si

perde il trasporto emotivo che solo una visione continua può offrire), oppure si

può decidere di mostrare solo i tratti salienti di un film (idea, a mio parere, molto

rischiosa: un film, per essere apprezzato, deve essere visto nella sua interezza).

Vi è, poi, un’ulteriore strada percorribile. Molti docenti si focalizzano sulla

visione di lungometraggi, mentre scartano a priori le puntate delle serie tv (della

durata di 20’) o i cortometraggi che, oggi, si possono comodamente fruire su

Youtube. È, a mio parere, un bacino preziosissimo al quale l’insegnante può attin-

gere: in pochi minuti, infatti, il messaggio viene emesso in modo chiaro, diretto e

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conciso. In questo modo resterebbe più della metà dell’ora per poter dialogare: il

vero problema della visione di un film, nella maggior parte dei casi, è che il forum

viene organizzato per l’ora successiva alla visione stessa e, per un IdR, ciò

significa posticiparlo di una settimana, rischiando di perdere l’attenzione da parte

degli studenti.

Tra le serie tv che meritano una menzione speciale troviamo i Simpson, che

sono amati da quasi tutti i ragazzi che frequentano le scuole di Secondo Grado18

.

La prima – legittima – domanda che potrebbe nascere è: cos’hanno a che

vedere i Simpson con la Chiesa e il mistero di Dio rivelatosi in Gesù Cristo? Se-

condo D. Goso, nella serie in questione «la fede e la religione sono irrise ma non

escono mai perdenti. Alla fine non solo il buonismo dell’amore, ma proprio i

valori della trascendenza, purificati dal bigottismo e dalle contraddizioni che a

volte le istituzioni portano in seno, la fanno da padrone»19

. Attraverso tale cartone

animato si dimostra che la Bibbia e il Vangelo, anche se colpiti dalla sferza della

satira, non sanguinano e, anzi, dimostrano che il loro valore rimane luminoso e

puro indipendentemente dalla cornice nella quale siano inseriti; i colpi della satira

non hanno come fine la distruzione della fede stessa ma costituiscono quasi delle

preghiere elevate per liberare quest’ultima dalle contraddizioni della realtà:

mentre altri aspetti della vita umana sono a - dir poco - massacrati da Homer e

amici, quello religioso, pur sotto le pesanti provocazioni, «resta il finale in cui

tutto finisce bene e finisce in poesia. Dove ti trovi come fedele cristiano: con quei

dubbi e alla fine quelle libere intuizioni».20

È interessante, al fine di comprendere meglio il “fenomeno-Simpson” e la

sua utilità nella didattica legata alla RC, leggere il commento espresso da F. Oc-

chetta:

«Nelle storie dei Simpson non c’è mai lieto fine, ma non c’è nem-

meno, come alcuni autori affermano, solamente cinismo e sarcasmo. Si rac-

conta la realtà e la possibilità di trovare un senso in quella quotidianità che

spesso schiaccia ed umilia le persone. […] In ogni personaggio emerge otti-

18

Per una presentazione dettagliata Cfr. F. OCCHETTA, I Simpson e la religione, in «La Civiltà

Cattolica», n. 3848 (16/10/2010). 19

D. GOSO, Il Vangelo secondo i Simpson. Dalla birra alla Bibbia, Effatà, Cantalupa (TO), 2010. 20

Ibidem.

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mismo e pessimismo, la consapevolezza di dover vivere un ruolo sociale e il

sogno di voler essere liberi. Sui loro volti e nelle loro parole è impresso lo

smarrimento dell’uomo contemporaneo e i condizionamenti a cui è sottopo-

sto. […] Il luogo della salvezza è l’unità della famiglia-istituzione. Questa

infatti permane il centro di tutto il plot narrativo: sbeffeggiata di continuo,

ovvio, ma anche riconosciuta come l’unico (e l’ultimo) autentico punto di ri-

ferimento in chiave sociale, e a conti fatti il più solido, con un reciproco e

ben saldo attaccamento fra ogni suo membro»21

.

C’è chi addirittura ha teorizzato che i Simpson siano i portatori di una nuova

teologia, perché tra i tanti temi che entrano in gioco nella vita della comunità di

Springfield, quello di Dio e del rapporto tra l’uomo e Dio, è uno di quelli più seri

ed importanti. Si ricordano, a titolo di esempio: le interminabili prediche del reve-

rendo Lovejoy (alle quali corrispondono regolarmente i sonni di Homer nei ban-

chi in prima fila), il bigottismo radicale del vicino di casa Flanders, fino alle scene

in cui i membri della famiglia parlano direttamente con l’Altissimo attraverso dei

monologhi che, il più delle volte, terminano con una domanda alla quale il perso-

naggio non pone risposta. Ovviamente non mancano riferimenti pungenti alla si-

tuazione religiosa odierna che, se letti adeguatamente grazie all’intervento

dell’insegnante, possono diventare notevoli spunti di dialogo con la classe22

. Per

esempio, in una puntata si assiste alla scena in cui Homer, in preda al panico,

chiede alla moglie: «E se avessimo scelto la religione sbagliata? Ogni settimana

faremmo solo diventare Dio più furioso!». È chiaro, qui, il sottile riferimento al

travaglio emotivo di Martin Lutero quando, vedendo la corte papale di Roma, ini-

ziò a pensare alla furia divina: non a caso nella medesima puntata Homer, dopo

aver pronunciato tali parole, decide di fondare una nuova chiesa.

Specchio sia dell’indifferenza che della necessità, Homer trova spesso in

Dio il suo ultimo rifugio, anche se a volte ne sbaglia clamorosamente il nome,

come quando, ad esempio, pronuncia le parole: «Di solito non sono un uomo reli-

gioso, ma se tu sei lassù salvami Superman!». Tale frase, apparentemente comica,

serve a far riflettere sulla religiosità: è il segno di un’anima disorientata, sempli-

ciona, ma naturalmente religiosa.

Nei Simpson, inoltre, si trovano nascosti alcuni spunti che si possono tro-

vare anche nel Vangelo, come quando Bart, dopo aver riflettuto sulla propria

21

F. OCCHETTA, I Simpson e la religione, cit. 22

In questo caso, ovviamente, si tratta di classi appartenenti alle Secondarie di secondo grado.

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condizione di ribelle, afferma: «Per poter salvare me stesso devo prima salvare gli

altri». Basterebbe che i milioni di ragazzi che quotidianamente seguono la serie

interiorizzassero questo insegnamento per sperare in un futuro migliore.

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29

CONCLUSIONI

Come già sottolineato precedentemente, il cinema nell’IRC, come momento

di lettura e riflessione visiva, è una preziosa occasione formativa alla quale, però,

gli alunni vanno educati: solo una visione attenta permette di apprendere il conte-

nuto di un film e di gustarlo nella sua interezza, con le sue immagini, i suoi dialo-

ghi, la sua musica23

. Occorre dunque guardare il film con sensibilità ed intelli-

genza, ovvero con lo sguardo del cuore e della mente, per poterne cogliere il mes-

saggio che esso intende veicolare. Soltanto in questo modo i ragazzi potranno

essere educati all’audiovisivo: vivendo le emozioni ed interiorizzando i valori

suscitati dalla narrazione ne capiranno la portata e, di riflesso, potranno anche

imparare ad utilizzare tali mezzi al meglio. Oggi, infatti, siamo tutti registi grazie

agli smartphone e ai tablet ma, purtroppo, molte volte i ragazzi non comprendono

il potere che determinati messaggi possono avere sulle altre persone. Educare

all’audiovisivo significa, prima di tutto, comprendere che tale mezzo – vero e

proprio “costruttore di emozioni” – può e deve essere usato con coscienza, al fine

di costruire qualcosa di bello e significativo.

L’IdR, nell’ambito della programmazione dovrà aver cura di progettare

l’attività cinematografica solamente all’interno di alcune unità, mantenendo un

giusto equilibrio e lasciando spazio alle altre fondamentali attività didattico-

educative previste dall’IRC: è impensabile, nonché controproducente, un intero

anno di cineforum. Tuttavia l’utilizzo del cinema nel processo di insegnamento-

apprendimento è ormai una necessità: gli alunni sono oggi portatori di una

mentalità multimediale, di cui non si può non tenere conto. Pertanto, IRC e

cinema sono un binomio da custodire e gestire con competente professionalità.

Restano, tuttavia, alcune questioni aperte.

Una su tutte, è rappresentata dal fattore “tempo”: come già scritto prece-

dentemente, nelle scuole secondarie è prevista una sola ora di RC alla settimana.

Come poter mostrare un film della durata di due ore senza che i ragazzi – bersa-

gliati quotidianamente da stimoli audiovisivi – perdano la portata emotiva tra una

lezione e l’altra?

23

La colonna sonora, per esempio, non è mai un mero elemento decorativo ma ha il compito di

trasportare emotivamente l’osservatore verso un preciso stato d’animo.

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Vi sono poi altre questioni tra cui: Come poter dare dignità al rapporto ci-

nema-didattica? Come poter coinvolgere altri colleghi in un discorso interdiscipli-

nare? Come poter delineare il rapporto tra contenuti e scelte didattiche alla luce

dell’importanza dello strumento audiovisivo?

Sono, queste, domande che esulano da questo elaborato non perché non esi-

sta la risposta, ma perché tale risposta deve essere creata, in forma differente, da

ogni docente, che deve tenere in considerazione che la didattica (specialmente

quella legata alla RC) è un continuo work-in-progress e, come tale, deve costan-

temente tenere in considerazione le variazioni all’interno della classe, le diversità

tra le varie classi e i mutamenti tra i diversi anni scolastici. È questo, a mio parere,

il fattore che determina la bellezza dell’IRC: mai banale e mai uguale a se stessa,

capace di invitare quotidianamente il docente a ripensarsi e a ripensare la sua me-

todologia didattica.

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ALLEGATI

1. Fonti cinematografiche24

Titolo del film Descrizione tecnica Tematiche trattate

Una volta nella Vita Marie-Castille Mention-

Schaar, 2016

La realtà scolastica nel

XXI secolo; le difficoltà

dell’adolescenza. La Classe. Entre les murs Laurent Cantet, 2008

Il rosso e il blu Giuseppe Piccioni, 2012

Viaggio alla Mecca Ismael Ferroukhi, 2004 Il dialogo con l’Islam

Uomini di Dio Xavier Beauvois, 2010

Avatar James Cameron, 2009 Il dialogo con l’Induismo

Il viaggio di Gesù Sergio Basso, 2007 La figura di Gesù

Luther. Genio, ribelle, li-

beratore

Eric Till, 2003.ì Il dialogo con i prote-

stanti

Oliver Twist Roman Polanski, 2005 Il dialogo nell’età con-

temporanea Carnage Roman Polanski, 2011

Interstate 60 Bob Gale, 2002 La scoperta di sé e dei

propri valori The tree of life Terrence Malick, 2011

La grande bellezza Paolo Sorrentino, 2013

Vita di Pi Ang Lee, 2011

Into the wild Sean Penn, 2007

Il figlio dell’altra Lorraine Levy, 2012

Terraferma Emanuele Crialese, 2011 In dialogo con l’altro

Non sposate le mie figlie Philippe de Chauveron,

2015

Il villaggio di cartone Ermanno Olmi, 2011

Up Pete Docter e Bob Peter-

son, 2009

La ricerca della felicità

The lady. L’amore per la

libertà

Luc Besson, 2012

Alla luce del sole Roberto Faenza, 2005

Gran Torino Clint Eastwood, 2008

The Help Tate Taylor, 2011

La ricerca della felicità Gabriele Muccino, 2006

La rosa bianca Marc Rothemund, 2005 La coscienza

La pazza gioia Paolo Virzì, 2016

A Christmast carol Robert Zemeckis, 2009

Dorian Gray Oliver Parker, 2009

24

In tale sezione sono presentati alcuni titoli di film che potrebbero essere utilizzati nelle ore di

Religione Cattolica per le scuole secondarie (in particolar modo, le secondarie di secondo grado).

Si è scelto di indicare titoli usciti a partire dagli anni Duemila, onde evitare che il linguaggio

audiovisivo proposto sia troppo distante da quello fruito dagli studenti. Si è altresì effettuata una

ricerca indirizzata ad alcuni film poco conosciuti (salvo qualche eccezione) al fine di stimolare la

curiosità degli studenti.

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The Corporation Marc Achbar e Jennifer

Abbott, 2004

Thank you for smoking Jason Reitman, 2005

Tra le nuvole Jason reitman, 2009

È stato il figlio Daniele Ciprì, 2012 I falsi valori

Little miss sunshine Johnatan Dayton e Vale-

rie Faris, 2006

L’Onda Dennis Gansel, 2009

Promised land Gus Van Sant, 2012 La responsabilità

Terra Madre Ermanno Olmi, 2009

2. Episodi dei Simpson e tematiche trattate25

Titolo episodio Tematica trattata

Brani Biblici (S10 E18) La Bibbia

Homer annega nel suo Diluvio Universale (S16 E8)

La più grande storia mai ra-d’oh-nata (S21 E16)

Homer contro Lisa e l’ottavo comandamento (S2 E13)

Un Natale da Cani (S1 E1) Il Natale

Tutti più buoni a Natale (S15 E7)

Natale riveduto e corretto (S17 E9)

Tale padre, tale clown (S3 E6) L’Ebraismo

Oggi sono un clown (S15 E6)

Tanto Apu per niente (S7 E23) L’Induismo

Apu prende una sbandata (S13 E19)

Lei di poca fede (S13 E 6) Il Buddismo

Homer l’eretico (S4 E3) Il dialogo interreligioso

Padre, figlio e spirito pratico (S16 E21) L’ecumenismo

Bart sfida la festa del ringraziamento (S7 E25) La famiglia

Casa solce casettina-uccia-ina-ina (S7 E3)

Scene di lotta di classe a Springfield (S7 E14)

Pesce palla al piede (S2 E11) Morte e senso della vita

Bart si vende l’anima (S7 E 4) L’anima

Tanto Apu per niente (S7 E 23) Il razzismo

Lisa sogna il blues (S1 E6) La coscienza morale

La testa parlante (S1 E8)

Lisa la reginetta di bellezza (S4 E4)

Il fanciullo interiore di Bart (S5 E7)

Lisa la vegetariana (S7 E5)

Impero mediatico Burns (S15 E22)

Quando Flanders fallì (S3 E3) La solidarietà

La gioia della setta (S9 E 9) Le sette

La festa delle mazzate (S4 E20) La condanna della vio-

25

Molti episodi dei Simpson si prestano ad un uso didattico. È comunque consigliabile che il

docente li guardi prima di proporli agli studenti.

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La famiglia Cartridge (S9 E5) lenza

La miglior guerra è la non guerra (S14 E21)

3. Il cinema nelle parole di S. Giovanni Paolo II

Nei primi cento anni di esistenza il cinema ha camminato a fianco di altre

arti che lo avevano preceduto, unendole in maniera nuova ed originale e produ-

cendo così capolavori divenuti ormai parte integrante del patrimonio culturale

comune. Si tratta di un progresso avvenuto a livello sia tecnico che artistico ed

umano. Nel primo secolo di vita del cinema si sono verificati rilevanti sviluppi,

che hanno offerto ad esso grandi possibilità di espressione, anche se in qualche

caso la tecnologia ha contato più sugli effetti speciali che sui contenuti. […] Il ci-

nema ha affrontato, e affronta tuttora, argomenti ispirati alla fede. In tale contesto,

la Scrittura, la vita di Gesù, della Madonna e dei Santi, come pure le problemati-

che della Chiesa, sono fonti inesauribili per chi è alla ricerca del significato reli-

gioso e spirituale dell’esistenza. […] Anche nei film di argomento non esplicita-

mente religioso è possibile trovare autentici valori umani, una concezione della

vita ed una visione del mondo aperte verso il trascendente. Diventa così possibile

lo scambio di diverse culture che si affacciano alla finestra aperta che il cinema

offre: vengono in tal modo accorciate le distanze del mondo, e favorita la reci-

proca comprensione del mutuo rispetto. Questo mezzo di comunicazione può as-

sumere quindi anche una funzione pedagogica, che aiuta l’uomo nella conoscenza

dei valori universali presenti nelle diverse culture, portandolo a percepire le legit-

time differenze come occasione di reciproco scambio di doni. […] Il cinema è

dunque uno strumento sensibilissimo, capace di leggere nel tempo quei segni che

a volte possono sfuggire allo sguardo di un osservatore frettoloso. Quando ben

usato, esso può contribuire alla nascita di un vero umanesimo e, in definitiva, alla

lode che dal creato si eleva verso il Creatore26

.

26

GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno internazione di studi “Il cinema,

veicolo di spiritualità e di cultura (1/12/1997).

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BIBLIOGRAFIA

GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno internazione di studi

“Il cinema, veicolo di spiritualità e di cultura (1/12/1997).

D. GOSO, Il Vangelo secondo i Simpson. Dalla birra alla Bibbia, Effatà, Canta-

lupa (TO), 2010.

R. MANGANOTTI – N. INCAMPO, Insegnante di Religione. Guida pratica, La

Scuola, Brescia 2013.

F. OCCHETTA, I Simpson e la religione, in «La Civiltà Cattolica», n. 3848

(16/10/2010).

A. PORCARELLI, Competenze in classe e compiti di realtà. Scuola secondaria di

secondo grado, SEI, Torino 2017.

S.M. SCHWERTNER, IATG2. Glossario internazionale delle abbreviazioni per la

teologia e materie affini, Walter de Gruyter, Berlino – New York 1992.

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INDICE

SIGLE E ABBREVIAZIONI……………………………………………………2

INTRODUZIONE ……………………………………………………………….3

PARTE 1: CARATTERI GENERALI …………………………………………7

1. La didattica e gli stili cognitivi ……………………………………..8

1.1. Stile intellettivo ………………………………………………....10

1.2. Stile di apprendimento ………………………………………….10

1.3. Stile esecutivo …………………………………………………...11

2. Le difficoltà dell’IRC ……………………………………………...11

PARTE 2: IRC E LINGUAGGIO AUDIOVISIVO …………………………12

1. L’importanza del cinema a scuola ………………………………..13

2. La rinascita del cinema religioso ………………………………….16

3. Due casi particolari: Noah ed Exodus ……………………………17

4.1. Noah ……………………………………………………………17

4.2. Exodus ………………………………………………………….20

4. Momento sistematico: prime conclusioni ………………………...23

5. Il cineforum ………………………………………………………...24

5.1. Prima del film ………………………………………………….24

5.2. Durante il film …………………………………………………24

5.3. Dopo il film …………………………………………………….25

6. Per una variante al cinema religioso: il caso Simpson …………..25

CONCLUSIONI ………………………………………………………………..29

ALLEGATI ……………………………………………………………………..31

BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………………….34

INDICE …………………………………………………………………………35