Istituto Comprensivo di Muro Leccese - Scuola Secondaria ... · a cura di Maria Gabriella de...

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Anno V - n. 2 - Aprile - Maggio - Giugno 2007 I I s s t t i i t t u ut t o o C Co om mp pr r e en ns s i i v v o o d di i M Mu ur r o o L Le ec cc ce es s e e - - S Sc cu uo ol l a a S Se ec co on nd da ar r i i a a U U n n i i t t à à d d i i A A p p p p r r e e n n d d i i m m e e n n t t o o , , c c l l a a s s s s e e 3 3 ^ ^ Tonino Guerra: “I tuoi occhi pieni di pietre sciolte…” Antonio Gnoni: “Negli occhi visi raggianti, nel cuore la preghiera…” Rita Stanca: l’opposizione del Carabellese al positivismo pedagogico Luciano Canfora: mai fidarsi di Simonidis 4 anni di intenso lavoro all’insegna del cambiamento Scuola e Cultura, premiata tre volte dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti Vera alternativa alla cultura moderna Vittorio Marzi: alimentazione e salute

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Anno V - n. 2 - Aprile - Maggio - Giugno 2007

IIssttiittuuttoo CCoommpprreennssiivvoo ddii MMuurroo LLeecccceessee -- SSccuuoollaa SSeeccoonnddaarriiaa

UUnniittàà ddii AApppprreennddiimmeennttoo,, ccllaassssee 33^̂

Tonino Guerra:

“I tuoi occhi pieni di pietre sciolte…”

Antonio Gnoni: “Negli occhi visi

raggianti, nel cuore la preghiera…”

Rita Stanca:

l’opposizione del Carabellese al

positivismo pedagogico

Luciano Canfora: mai fidarsi di Simonidis

4 anni di intenso lavoro all’insegna del cambiamento

Scuola e Cultura, premiata tre volte dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti

Vera alternativa alla cultura moderna

Vittorio Marzi: alimentazione e salute

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“Scuola e Cultura”, una vera alternativa culturaledi Rocco Aldo Corina

Il Giornale a scuola… Momenti della manifestazione

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Nell’anima del poeta, il sublime Le lucciole di maggio di Tonino Guerra

Inno alla terra mia di Antonio Gnoni

Gnoni: una poesia originale, scevra da edulcorazioni o da estetismi di Rossella Rossetti

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Istituto Comprensivo di Muro Leccese - Scuola Secondaria - Unità di apprendimento, classe 3^ a cura dei docenti della Scuola Secondaria

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Pantaleo Carabellese: grande, quanto modesto pensatore ed educatore pugliese di Rita Stanca

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I riti della Settimana Santa a Gallipoli di Mario Laporta

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Papiri falsi di Luciano Canfora I DOCUMENTI CHE CAMBIANO LA STORIA Comitato Unitario Nazionale Napoli (1860)

Proclami di Giuseppe Mazzini con lettera a Silvio Verratti

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Poesia della Natura nella Bibbia - Frammenti a cura di Wilma Vedruccio con nota di Gino Pisanò

La terra degli uragani- Trombe d’aria nel Salento 1467-2005 di Francesco Gianfreda, Marcello Miglietta, Paolo Sansò

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Osservatorio Scolastico 54 a cura di Maria Gabriella de Judicibus “Il cerchio magico” 55 di Maria Gabriella de Judicibus

Progetto Lauree Scientifiche, Orientamento e 57 formazione degli insegnanti - MATEMATICA di Marcello Pedone

Quale scuola? 59 di M. Florinda Fracella

Salute Oggi 60 a cura di Virginia Recchia Alimentazione e salute 61 di Vittorio Marzi

Errori e rischi in sanità non sono sempre inevitabili: 63 ecco come ridurli di Elena d’Alò

La responsabilità nelle professioni sanitarie: 66 cultura del rischio e proattività possono migliorare il sistema di Giuseppe Turchetti

L’impegno religioso e civile in Dante Manzoni Mazzini - Atti del Convegno a cura di Cristina Martinelli

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Scuola e Cultura Anno V - n. 2 Direttore responsabile Rocco Aldo Corina Vicedirettore Rita Stanca Caporedattore Michela Occhioni Comitato scientifico di Redazione Maria Laura Rosato Resp. settore umanistico Lucy Maggiore Resp. settore linguistico Patrizia Dragonetti Resp. settore scientifico Redattore grafico Michela Occhioni Logo Scuola e Cultura di Maria Teresa Caroppo Direzione e Redazione Scuola Media Statale “Tito Schipa” Via Martiri D’Otranto 73036 Muro Leccese - Lecce Registrazione del Tribunale di Lecce n° 824 dell’ 8 aprile 2003 Tutti i diritti sono riservati Manoscritti, foto e altro materiale, anche se non pubblicati non si restituiscono La Redazione non è responsabile delle opinioni espresse dagli autori degli articoli pubblicati Scuola e Cultura è su internet http://www.comprensivomuro.it e-mail [email protected] Tel. 0836-341064 0836-354292 Stampato in proprio

Sfogliando… Sfogliando… a cura di Rita Stanca

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SOMMARIO EDITORIALE

POESIA

STORIA

RUBRICA

DIDATTICA

PEDAGOGIA

TRADIZIONIPOPOLARI

IL LIBRO

RUBRICA

RUBRICA

LETTERATURA

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“Scuola e Cultura”, una vera alternativa culturale

ono ormai quattro anni che la nostra rivista entra nelle case, nelle scuole e nelle università. Nata dalla volontà di essere veicolo di dialogo

costruttivo e quindi di rinnovamento per il sapere, “Scuola e Cultura” offre ai giovani, al fine di una nuova vita nella serenità e nella gioia, l’opportunità di avvicinarsi alla conoscenza con un atteggiamento di curiosità e di spirito critico, avvalendosi di Poesia, Filosofia e Scienza. Suo compito è infatti quello di cogliere nella necessaria e urgente rivisitazione di ciascun aspetto della cultura, quanto di positivo esiste al di là di ogni utopia e ogni forviante esaltazione. Nata dunque nel giugno del 2003 con l’aiuto di poesia o arte filosofica - come crediamo che sia - in grado (in quanto ricerca) di rendere obiettivo e oggettivo il sapere, affronta un percorso innovativo mediante l’opera di valenti professionisti che collaborano con il giornale per una ventata d’aria nuova di cui la cultura oggi ha bisogno. Dedica perciò ampio spazio anche a una medicina innovativa a favore dell’umanità. Tra i suoi collaboratori spiccano infatti personaggi di cultura salentini e nazionali, ma è soprattutto agli alunni e ai docenti del nostro Istituto Comprensivo che “Scuola e Cultura” deve la sua anima ispiratrice. Con passione ed entusiasmo, infatti, i ragazzi si

raccontano divenendo essi stessi piccoli autori di cultura. Abbiamo pertanto pensato di presentare il giornale, il 10 marzo 2007, a scuole della provincia di Lecce per invogliare alla ricerca per la conoscenza, all’insegna del cambiamento. Un vivo ringraziamento va dunque al Sindaco di Muro Leccese, Antonio De Iaco, per l’ospitalità offertaci al “Palazzo del principe” che ha permesso la messa in opera del Convegno, ai relatori Antonio Gnoni, Donato Valli, Albarosa Macrì Tronci, Cristina Martinelli, Maria Gabriella de Judicibus, Michela Occhioni, a Rita Stanca che ha coordinato i lavori e soprattutto un grazie di cuore ai docenti e agli alunni che, intervenuti numerosi, hanno consentito la migliore riuscita del Convegno anche per la cortese attenzione all’occasione dimostrata. “Scuola e Cultura” quest’anno è stata nuovamente premiata dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti, pensiamo per le sue indiscusse qualità culturali e per il positivo messaggio che con l’aiuto di poesia trasmette all’umanità tutta. Senza retorica diciamo allora che la vita ha senso se badiamo alla vita, e noi con determinazione crediamo di percorrere questa via per la giustizia e il bene. Un motivo in più per andare avanti. Rocco Aldo Corina

SS

EDITORIALE

Premiazione della IV edizione del Concorso “Fare il Giornale nelle scuole”, Ministero del Beni Culturali, Sala dello Stenditoio, Roma, 27 marzo 2007. Da sinistra: il Provveditore agli Studi di Benevento Mario Pedicini, il Consigliere Nazionale dell’OdG Domenico Tedeschi, il Direttore di “Scuola e Cultura” Rocco Aldo Corina e il Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Lorenzo Del Boca

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Il Giornale a scuola…

Palazzo del Principe di Muro Leccese - 10 marzo 2007 Momenti della manifestazione

Il 10 marzo 2007, in una sala gremita di gente...

la rivista Scuola e Cultura viene presentata agli Istituti del territorio.

Il Dirigente Scolastico dell'IC di Muro Leccese Antonio Gnoni dà inizio al Convegno ricordando i primi anni della rivista.

Il Sindaco di Muro Leccese, Antonio De Iaco, che ha ospitato la manifestazione porta il saluto dell'Ammini- strazione Comunale, da sempre vicina al nostro istituto.

Il Sindaco di Palmariggi Luigi Mangione ne loda l’iniziativa.

Il Direttore del Giornale Rocco Aldo Corina sottolinea le finalità della rivista...

mentre il Caporedattore e Redattore grafico Michela Occhioni grafico ne illustra la struttura.

Rita Stanca, Vicedirettore, parla della rubrica Sfogliando... Sfogliando...

Donato Valli, importante esponente della cultura salentina nonché editorialista della rivista, ricorda quanto sia importante ritrovarsi insieme e spera che l’iniziativa possa ben rappresentare le aspirazioni della nostra terra.

Albarosa Macrì Tronci, che cura una delle sezioni di Scuola e Cultura, mette l'accento sull'importanza della multimedialità nella comunicazione e nella diffusione del giornale.

Cristina Martinelli, anch'essa collaboratrice del giornale porta il saluto del Presìdio del Libro di Casarano

M. Gabriella de Judicibus parla dell’esperienza giornalistica dell'Istituto “A. De Pace” di Lecce.

La Prof. Rossellla Meleillustra il giornale IPSIADIXIT dell'IPSIA di Maglie.

Alcuni componenti il Comitato di Redazione di Scuola e Cultura Da sinistra: Laura Rosato Resp. Settore Umanistico Lucy Maggiore Resp. Settore Linguistico Patrizia Dragonetti Resp. Settore Scientifico

In occasione della manifestazione è stato anche allestito uno spazio - mostra online e di materiale cartaceo

In copertina: Francesco Paolo Michetti, La pastorella, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma

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Nell’anima del poeta, il sublime

POESIA

Disegno di Emanuele Gabrieli - 3^A Scuola Secondaria di primo grado di Palmariggi

Tonino Guerra è poeta e sceneggiatore di fama internazionale. Nasce a Santarcangelo di Romagna e vive a lungo a Roma, con lunghe soste in Russia. Ora il suo rifugio è a Pennabilli nel Montefeltro. Nell'immediato dopoguerra a riconoscere il suo talento sono Carlo Bo e Gianfranco Contini che curano la prefazione delle sue prime raccolte. Prezzolini, Calvino, la Ginzburg apprezzano i suoi lavori e parlano di lui. I bu (Rizzoli, 1972) rappresenta la svolta per la poesia dialettale che assume, grazie agli stilemi da lui introdotti, grande dignità e la dialettalità assurge a lingua della poesia senza più categorizzazioni. Si apre con lui la nuova stagione dei neodialettali, che si congeda da ogni forma di municipalismo. Pubblica con Bompiani, con Rizzoli e dà avvio con Il miele, nel 1981, alla stagione dei poemi pubblicati dalla Maggioli, che ristampa anche le sue precedenti raccolte e i racconti. Dai primi anni '50 si occupa di sceneggiatura e scrive per i più grandi registi del mondo, da De Sica ai fratelli Paolo e Vittorio Taviani, Francesco Rosi, Theo Anghelopulos, Andrei Tarkowski, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini. Oltre 120 i film da lui sceneggiati, 12 con Michelangelo Antonioni, 4 con Federico Fellini, tra questi c'è Amarcord vincitore dell'Oscar nel '74. La sua attività poetica e letteraria, che abbraccia anche il teatro, è assai vasta e puntellata di prestigiosi riconoscimenti.

Tonino Guerra

LE LUCCIOLE DI MAGGIO I tuoi occhi pieni di pietre sciolte da preghiere dette con le mani povere Oh benedetta Armenia coi tuoi voli verticali e il tempo che non riesce a piegare le tue spalle quando ti muovi negli spazi che non esistono ma che vivono per creare ricordi che fanno della vita un sogno di lucciole di maggio Tonino Guerra

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Inno alla terra mia di Antonio Gnoni

TERRA MIA Terra di bianche case a schiera, basse, tutte eguali, tutte le stesse, terra di mandorli e peschi profumata, di verdi, secolari ulivi, muti testimoni di amori rubati, di amori donati. Terra d’incanto nata nel sole splendente, immersa nel mare azzurro profondo. Terra contadina, sulla schiena curva, arsa dal sole rovente, sitibonda del sudore dei figli tuoi. Terra avara, di lacrime amara; matrigna ingrata i tuoi figli disperdi per le vie del mondo. Terra laboriosa, dalle mani nodose, affusolate, legnose; terra di volti bruciati. Terra di popolo forte, sanguigno, di profondi sentimenti, di passioni ardenti. Terra sfruttata, rubata, ingiuriata: mia “Terronia”, schietta, sincera, generosa nella tua miseria prodiga del tuo niente.

POESIA

Antonio Gnoni Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Muro Leccese

In alto a destra: dipinto di Telemaco Signorini, Contadinella

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SIMBIOSI Esplosione di colori in terso, luminoso cielo; distesa azzurra. Negli occhi specchio di brillanti si frantuma in mille schegge. Stuzzicante sapore di mare e carezzevole melodia di placida onda appagano tutti i sensi e ci rapiscono in tenero abbraccio. Acqua di mare pure noi scivoliamo negli anfratti profondi, simbiosi totale; mare, cielo e terra ci scoppiano dentro: voglia d’essere, piacere di vivere. Un gabbiano si ferma alto nel cielo, osserva, felice acconsente e, pago, vola via messaggero di tanto miracolo. PARTENZA Stazione semideserta in caldo pomeriggio estivo: viavai frenetico dei pochi passeggeri in partenza. Voci confuse allegre, accorate, sorrisi felici, ostentati, appena abbozzati. Un fischio prolungato, assordante! Un treno mi porta lontano, ma il mio spirito vola tra verdeggianti ulivi e azzurri mari profondi. Negli occhi visi raggianti, nel cuore la preghiera in un santuario d’amore.

Disegno di Sara Piccino, 3^A Scuola Secondaria di primo grado di Palmariggi

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Gnoni: una poesia originale, scevra da edulcorazioni o da estetismi di Rossella Rossetti

ntonio Gnoni, nelle poesie Partenza, Simbiosi, Terra mia, celebra il connubio esistente tra i luoghi della ‘sua’ terra e la sua gente, l’intima,

religiosa poesia che si instaura tra una “Stazione semideserta” e i “pochi” affaccendati “passeggeri”, il “viavai frenetico” di chi non chiede nulla e non cerca altro. Eppure dai “sorrisi felici, ostentati”, dalla commozione trattenuta, dal “fischio” “assordante” di un treno si sprigiona l’essenza che permea quei luoghi colta da Gnoni alla maniera pavesiana. Ecco che dalla terra esalano i profumi degli ulivi, dei mandorli e dei peschi e degli “azzurri mari profondi”, suggestioni sensoriali che sono immagini anche poetiche e coordinate mentali di chi in quei luoghi vive. E dalle immagini, il poeta capta quell’elemento impalpabile ma ‘sacro’ insito nella ripetitività dei gesti, la ritualità e la ‘preghiera’ di una schiena curva, riarsa dal sole infuocato, di una terra “sitibonda del sudore dei figli tuoi”. Dalle atmosfere ‘realiste’ di un meriggio ‘assolato’ nasce il surrealismo dei sentimenti e delle passioni intensamente sofferte (nel significato etimologico di sub ferre, portare dentro, nascondere), ritratte da Gnoni con tecnica pittorica: “verdi, secolari ulivi,/ muti testimoni / di amori rubati,/ di amori donati”, in Terra mia, ove l’anafora “terra” e l’uso delle assonanze moltiplicano l’effetto rievocativo e musicale dei termini. E se nella ‘memoria’ dei secolari ulivi, si scorgono le tracce di un passato desueto, nella

efficace personificazione di una “Terra avara”, “matrigna ingrata” ma “laboriosa” riaffiora la ‘storia’ di un popolo “forte” e “sanguigno” fiero di “profondi sentimenti,/ di passioni ardenti”. Il connubio tra la storia e le impressioni derivategli dal presente si saldano infine in un “tenero abbraccio” (cfr. Simbiosi) sintesi e suggello di tutte le emozioni sensoriali e interiori vissute dal poeta: qui, il cielo “terso” e “luminoso”, le distese azzurre dei mari divengono sinergia e forza propulsiva di traiettorie centrifughe, di moti vitali e costruttivi che amplificano l’intima comunione con la natura: “Acqua di mare pure noi / scivoliamo negli anfratti profondi”, cui un gabbiano “felice acconsente / e, pago, vola via”. Attraverso una sottile trama di ‘allusioni’ (nel senso di ad ludere) e di sottili richiami musicali ed evocativi, l’autore riesce a ricostruire una serie di intrecci che fondono le liriche in un trittico unitario: nel gioco delle assonanze e degli accostamenti antiteci (“sorrisi felici, ostentati,/ appena abbozzati”, “Negli occhi / visi raggianti,/ nel cuore la preghiera”, cfr. Partenza; “dalle mani nodose,/ affusolate, legnose”, “nella tua miseria / prodiga del tuo niente”, cfr. Terra mia) disvela la profonda ‘ironia’ insita nelle cose, quell’accostamento di sacro e profano, di lieto e di amaro costitutivo dell’essenza del vivere umano. Un’ironia, che (riprendendo il concetto di ironia in Pavese o di umorismo in Pirandello) lo porta a carpire l’aspetto poetico di situazioni estreme. E se affiora l’eco di Montale (Meriggiare pallido e assorto) o di Leopardi (“O natura, o natura,/ perché non rendi poi / quel che prometti allor? Perché di tanto / inganni i figli tuoi?”), sono assenti le asperità dell’uno e il pessimismo dell’altro. Quella di Gnoni si configura pertanto come una poesia originale, scevra da edulcorazioni o da estetismi, “generosa” e “schietta”, come la sua ispirazione.

AA

Rossella Rossetti Critico letterario

POESIA

Disegno di Elisa Cazzetta - 3^A

Scuola Secondaria di primo grado - Palmariggi

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a cura dei docenti di Scuola Secondaria

CRESCERE È PROGETTARE NELL’ALTRO… IO: RISPETTOSAMENTE E DIGNITOSAMENTE INSIEME ENERGIA… CHE MUOVE IL MONDO GUERRE E DESIDERI DI PACE IL VILLAGGIO GLOBALE: LUCI ED OMBRE

SSccuuoollaa SSeeccoonnddaarriiaa ddii MMuurroo LLeecccceessee ee PPaallmmaarriiggggii::

UUnniittàà ddii AApppprreennddiimmeennttoo ddii ccllaassssee 33^̂

DIDATTICA

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Istituto Comprensivo di Muro Leccese Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese e Palmariggi

A.S. 2006 - 2007 Classe III

DISCIPLINE DI STUDIO COINVOLTE IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO, INGLESE, FRANCESE, SCIENZE, TECNOLOGIA, INFORMATICA,

ARTE E IMMAGINE, SCIENZE MOTORIE, MUSICA, RELIGIONE

Unità di Apprendimento

CRESCERE È PROGETTARE

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ARTICOLAZIONE DELL’UNITÀ DI APPRENDIMENTO

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI

“Adolescenza”, il termine che definisce una <<tappa>> nel percorso della vita! Anni belli? Si, ma certamente anche difficili!<< Ci sentiamo confusi, contraddittori, incerti. E’ mutato il nostro aspetto fisico ma anche quello psicologico e ciò ci provoca incertezze>>- dice un’alunna di terza classe. Queste insicurezze sono state già vissute da tutti quelli che ora sembrano infallibili e saldi nei loro atteggiamenti e nelle loro idee ma i nostri alunni pensano di essere gli unici a provare tali stati d’animo. Pian piano, prendendo progressivamente consapevolezza del cammino offerto da questa unità di apprendimento, tramite l’aiuto di tutte le discipline d’insegnamento coinvolte, capiranno che tutti gli esseri umani sono passati attraverso la pubertà, sono stati cioè degli adolescenti e che per tutti l’adolescenza è stata il periodo in cui hanno imparato a progettare il futuro, prendere decisioni, risolvere problemi, realizzare i propri obiettivi, scegliere il compagno o la compagna della propria vita, insomma hanno imparato a vivere e ad amare. Scopriranno che mentre il corpo di un adolescente cambia, cambia anche la sua mente, si sviluppa; cambiano i comportamenti, le abitudini, le preferenze, e ciò comporta vertiginosi sbalzi d’umore. Accettare questi cambiamenti è forse la prima prova veramente difficile che richiede la vita ed è dunque compito importante degli educatori accompagnare i ragazzi in questo difficile percorso favorendo, attraverso il confronto, il dialogo e l’aiuto, il superamento di ogni forma di smarrimento.

RIFERIMENTI AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP)

IDENTITÀ

Conoscenza di sé Prendere coscienza delle dinamiche che portano all’affermazione della propria identità, superando lo smarrimento di fronte a ciò che cambia: si può essere ogni volta diversi, pur rimanendo sempre se stessi Trasformare le molte sollecitazioni interne ed esterne in una personalità unitaria, armonizzando le diversità ed affrontando gli eventi contingentiRicevere aiuto e trovare le modalità più adatte per affrontare stati d’animo difficili e per risolvere problemi in autonomiaProgettare il proprio futuro e comprendere le responsabilità cui si va incontro

Relazione con gli altriSviluppare un positivo meccanismo di emulazione-contrapposizione che consenta di distinguere tra modelli positivi e modelli negativi Mantenere sempre aperta la disponibilità alla critica, al dialogo e alla collaborazione per riorientare via via al meglio i propri convincimenti e comportamenti Porsi problemi esistenziali, morali, sociali ai quali dare risposte personaliImparare a comprendere che seguire le proprie convinzioni è meglio che ripetere in modonacritico quelle altrui

OrientamentoRiconoscere e interagire con i singoli individui e con le organizzazioni sociali e territoriali che possono partecipare alla definizione e alla attuazione del proprio progetto di vita Dimostrare disponibilità a verificare con costanza l’adeguatezza delle decisioni sul proprio futuro scolastico e professionale

STRUMENTI CULTURALI Conoscere il proprio corpo e il suo funzionamentoPadroneggiare le conoscenze e le abilità che consentono l’attività motorio – espressiva ed un equilibrato ed armonico sviluppo della propria persona Conoscere ed utilizzare tecniche differenziate di lettura Capire messaggi orali e visivi intuendone, almeno in prima approssimazione, gli aspetti impliciti Sapersi orientare entro testi semplici ma significativi della nostra cultura Usare un vocabolario adeguato agli scambi sociali e culturaliMettere in relazione la tecnologia con i contesti socio – ambientali e con i processi storico – culturali che hanno contribuito a determinarlaUsare strumenti informatici per ottenere documentazioni, riprodurre immagini Adoperare, per esprimersi e comunicare con gli altri, anche codici diversi dalla parola (disegno, note, fotografia, Internet, ecc.) Seguire, comprendere e predisporre processi e procedure allo scopo di ideare, progettare e realizzare oggetti fisici, grafici o virtuali, seguendo una precisa metodologia

CONVIVENZA CIVILE Saper affrontare i problemi quotidiani riguardanti la propria persona, in casa, nella scuola e nella più ampia comunità civileInteragire con l’ambiente sociale e influenzarlo positivamente

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARIE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Prendere coscienza del processo di formazione della propria identità per sapere progettare il futuro

ITALIANOO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Elementi caratterizzanti il testo letterario narrativo.Elementi caratterizzanti il testo poetico e l’intenzione comunicativa dell’autore Il punto di vista altrui in contesti e testi diversi Testi, letterari e non, che affrontino il problema della conoscenza di sé dell’autostima, della ricerca dell’identità propria del periodo preadolescenziale

Sostenere tramite esempi il proprio punto di vista o quello altrui Descrivere, argomentando, il proprio progetto di vita e le scelte che si intendono fare per realizzarlo Comprendere e interpretare autonomamente testi, non solo letterari, di tipologie diverse per: ¶ riconoscere e formulare ipotesi sul significato di

particolari scelte narrative e stilistiche ; ¶ riconoscere le tesi esposte e l’opinion

dell'autore;¶ dimostrare la competenza della sintesi Organizzare e scrivere testi mono/pluritematici

INGLESEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

APPROFONDIMENTO DELLE FUNZIONI GIÀ CONOSCIUTE E INTRODUZIONE DI FUNZIONI PER: chiedere e parlare del proprio futuro scolastico, dei propri progetti di vita ed effettuare scelte LESSICO: Ampliamento degli ambiti lessicali relativi alla sfera personale RIFLESSIONI SULLA LINGUA: futuro con will/espressioni di tempo futuro/periodo ipotetico di I tipo/modali will e may/might/preposizioni seguite da –ing/discorso diretto/preposizioni finali con to/present perfect (step 1) CIVILTÀ: Young people and the world

Education in Britain and in the USA

Interagire in brevi conversazioni concernenti situazioni di vita quotidiana ed argomenti familiari e personali Scrivere messaggi e lettere motivando opinioni e scelte Relazionare sulle caratteristiche fondamentali di alcuni aspetti della civiltà anglo-americana e confrontarle con la propria

FRANCESE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Lessico relativo alle situazioni di vita personali e lavorative Ambiti semantici relativi alla vita personale e familiareRIFLESSIONI SULLA LINGUA La négation ne…rien/ personne/jamais/plus) La comparaison (meilluer/mieux) Le pronom y (localisation) Pronoms en/y Superlatifs de qualité Pronoms relatifs Futur simple Quelques verbes irréguliers (suivre, mentir, cuellir) Specifici aspetti della cultura e della civiltà straniera impliciti nella lingua: Les ados / L’année scolaire

Comprendere e formulare semplici messaggi in contesti di vita sociale Chiedere e rispondere a quesiti riguardanti la sfera personale Parlare e chiedere di avvenimenti presenti, passati e futuri, facendo uso di un lessico semplice Descrivere persone, luoghi ed oggetti, in forma semplice, usando lessico e forme note Individuare e confrontare abitudini e stili di vita nelle diverse lingue

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARIE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Prendere coscienza del processo di formazione della propria identità per sapere progettare il futuro

SCIENZE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Sistema nervoso ed endocrino Effetti di fumo, alcol, psicofarmaci, sostanze stupefacenti od eccitanti sul sistema nervoso Anatomia dell’apparato riproduttivo, la fecondazione, la nascita, le fasi della vita umana Malattie che si trasmettono per via sessuale Cambiamenti fisici

Comprendere le funzioni del sistema nervoso in relazione all’anatomiaSpiegare in che modo l'uso di sostanze stupefacenti, dell’alcool e del fumo danneggiano la salute Comprendere le funzioni dell’apparato riproduttore e le sue interazioni con il sistema nervoso ed endocrino Comprendere le modificazioni fisiche del proprio corpo

ARTE E IMMAGINE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Il movimento e la composizione; la spazialità, la luminosità e la temperatura del colore; armonie e contrasti cromatici; le simbologie cromatiche Approfondimenti dell’utilizzo di varie tecniche artisticheParadigmi del percorso dell’arte del XIX secolo La preadolescenza nell’arte (ed. all’affettività) Le attività di cura del bene artistico

Riconoscere e applicare le metodologie operative delle differenti tecniche artistiche Analisi di opere d’arte del periodo storico considerato, attraverso le varie componenti della comunicazione visiva, i fattori che determinano soluzioni rappresentative e compositive, il contesto sociale

TECNOLOGIA O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Il mercato del lavoro e la formazione Il sistema formativo in Italia Le forme di lavoro Le risorse economiche e lo scambio monetario

Sapersi orientare nel mondo del lavoro Sapersi orientare nella futura scelta della scuola superiore Saper inquadrare le caratteristiche del mondo economico

SCIENZE MOTORIE E SPORTIVE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Fase di sviluppo della disponibilità variabile Rapporto tra l’attività fisica e i cambiamenti fisici e psicologici tipici della preadolescenza

Utilizzare le abilità apprese in situazioni ambientali diverse, in contesti problematici Stabilire corretti rapporti interpersonali e mettere in atto comportamenti operativi ed organizzativi all’interno del gruppo

RELIGIONEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Identità personale, valori e progetto di vita Il progetto di vita cristiano

Richiamare il significato dell’identità personale in relazione alla scelta di un proprio progetto di vita Individuare nelle testimonianze di vita evangelica, anche attuali, scelte di libertà per un proprio stile di vita

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Prendere coscienza del processo di formazione della propria identità per sapere progettare il futuro

INFORMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

PROGRAMMI APPLICATIVI OFFICE Approfondimento delle funzioni dei programmi applicativi per comunicare e presentare idee

Utilizzare programmi specifici e periferiche per presentazione e comunicazione di idee, contenuti, immagini ecc…

MUSICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Maturare la capacità di esprimere le proprie sensazioni, riflessioni e descrizioni dei brani musicali proposti Relazione tra linguaggi

Pratica vocale: riprodurre con la voce brani di vario genere senza preclusione di epoche e stiliAscolto: riconoscere e analizzare le fondamentali strutture del linguaggio musicale e la loro valenza espressiva

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MAPPA DEI CONTENUTI ORGANIZZATI IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO TECNOLOGIA

L’adolescenza: il difficile cammino verso l’età adultaL’identità dell’adolescente - Chi sono io? L’instabilità e i mutamenti del carattere Io e l’adolescenza Io e i miei genitori - Il contributo della famiglia Amico èCome diventiamo amici Una normale amicizia Il compagno L’incontro con l’altro sesso La scoperta dell’amore Eva e Giacomo A pesca di trote Un lavoro da uomo Test di autovalutazione finalizzati all’orientamento scolastico

Il mercato del lavoro La formazione Il sistema formativo in Italia: la formazione di base e l’obbligo scolastico; la formazione culturale avanzata; la formazione tecnica professionale La formazione sul lavoro Come si cerca il lavoro Le forme di lavoro: dipendente a tempo determinato e a tempo indeterminato Il lavoro autonomo Il pubblico impiego Nuove forme di lavoro Il lavoro interinale Le risorse economiche e lo scambio monetario Le imprese e la loro organizzazione

INGLESE FRANCESE

Our hopes Life plans Young atletes From LA to New York

Un projet d’échange On negocie Quand je serai grand… Je voudrais être…

SCIENZE ARTE E IMMAGINE

Anatomia del sistema nervoso Il neurone come unità funzionale e la trasmissione dell’impulso nervoso I riflessi Cenni sul sistema endocrino Effetti di alcol, fumo e droghe sul sistema nervoso e relativa interferenza con la trasmissione dell’impulso nervoso L’adolescenza e l’umore Anatomia dell’apparato riproduttore La fecondazione e la gravidanza Interazione del sistema riproduttore con il sistema endocrino e nervoso I cambiamenti del corpo durante l’adolescenza Malattie sessualmente trasmissibili

La composizione la luce, il volume, il chiaroscuro Il colore: armonia, contrasto ed espressività Il collage Le metafore visive L’arte del primo Ottocento: Il Neoclassicismo, Il Romanticismo Lettura di un’opera d’arte rielaborazione di un’opera d’arte I mestieri dell’arte

MUSICA INFORMATICA

Studio ed esecuzione dei canti “Inno d’Italia” “C’era un ragazzo che come me” Analisi di testi

Presentazioni in Power Point relative al sistema nervoso e riproduttore Gestione di testi, immagini, e grafici per realizzare pagine del giornale d’Istituto ricerche in internet Gestione avanzata di fotocamere digitali e scanner

SCIENZE MOTORIE E SPORTIVE RELIGIONE

Giochi di squadra Giochi sportivi

Libertà e valori nell’orizzonte della crescita

Aprile - Maggio - Giugno 2007 16

MEDIAZIONE DIDATTICA

INDICAZIONI METODOLOGICO - DIDATTICHE

Condivisione degli obiettivi formativi tra tutti i docenti dell’équipe pedagogicaTrasversalità degli OSAProblem solving

ATTIVITÀ

Visione di un film conversazione guidata con riflessioni e scambio di opinioni

SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Gruppo classe e interclasse

TEMPI DI REALIZZAZIONE

Settembre - Novembre

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ITINERARI E MODALITÀ DI VERIFICA

Verifiche sulle diverse conoscenze e abilità disciplinari e transdisciplinari Osservazione dei comportamenti

ESITI ATTESI

L’allievo:ha una certa consapevolezza dei processi che stanno determinando la formazione della sua identità; dimostra di sapersi accettare; sa motivare la scelta della Scuola Secondaria di 2° Grado che decide di frequentare

COMPITO UNITARIO IN SITUAZIONE

Identikit fisico e psicologico che ciascun alunno traccia di sé

IL DOCENTE COORDINATORE

Aprile - Maggio - Giugno 2007 17

Istituto Comprensivo di Muro Leccese Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese e Palmariggi

A.S. 2006 - 2007Classe III Unità di Apprendimento

NELL’ALTRO… IO: RISPETTOSAMENTE

E DIGNITOSAMENTE INSIEME

DISCIPLINE DI STUDIO COINVOLTE IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO, INGLESE, FRANCESE, SCIENZE, MATEMATICA, GEOGRAFIA, STORIA,

INFORMATICA, ARTE E IMMAGINE, MUSICA, RELIGIONE

Aprile - Maggio - Giugno 2007 18

ARTICOLAZIONE DELL’UNITÀ DI APPRENDIMENTO

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI

L’improvvisa comparsa di tanti rifugiati extracomunitari e la crescente presenza di immigrati di colore hanno rivelato un preoccupante fenomeno che si riteneva inesistente nel nostro paese: il razzismo. E’ dunque importante educare le nuove generazioni alla tolleranza, al rispetto, al dialogo con il diverso facendo comprendere che la diversità è la normalità, non l’eccezione; di essa non si deve aver paura, è una risorsa che permette ad ogni uomo di confrontarsi con gli altri per arricchirsi interiormente e superare le barriere della discriminazione. I ragazzi devono divenire consapevoli del fatto che il razzismo è l’odio irragionevole di una “razza” per un’altra, è una specie di disprezzo da parte di popoli, che si considerano superiori perché più ricchi e più forti militarmente, verso altri ritenuti inferiori. La scienza e la genetica hanno ampiamente dimostrato che non esistono razze superiori ad altre, che spesso tali pregiudizi sono sostenuti dall’ignoranza e che tutti gli esseri umani nascono diversi, liberi ed uguali in dignità e diritti. Ed è proprio questo l’obiettivo che tale UA mira a conseguire

RIFERIMENTI AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP) IDENTITÀ

Conoscenza di séFarsi carico di compiti significativi e socialmente riconoscibili, di servizio alla persona Comprendere quanto sia importante e decisivo il senso attribuito all’insieme delle proprie esperienze e ai problemi di cui è protagonista Comprendere se stessi, vedendosi in relazione con gli altri, nella prospettiva di un proprio ruolo definito e integrato nell’universo circostante

Relazione con gli altriScoprire la difficoltà , ma anche la necessità, dell’ascolto delle ragioni altrui, del rispetto, della tolleranza, della cooperazione e della solidarietà anche quando richiedono sforzo e disciplina interiore Porsi problemi morali, sociali e avvertire la necessità di dare risposte anche personali Mantenere sempre aperta la disponibilità alla critica, al dialogo e alla collaborazione

OrientamentoEssere in grado di pensare il proprio futuro, dal punto di vista umano e sociale

STRUMENTI CULTURALI Conoscere il proprio corpo e il suo funzionamento Conoscere ed utilizzare diverse tecniche di lettura Usare un vocabolario adeguato agli scambi sociali e culturali Capire messaggi orali e visivi intuendone gli aspetti impliciti Produrre testi ragionevolmente ben costruiti adatti alle varie situazioni interattive Riconoscere le principali caratteristiche linguistiche e comunicative di testi diversi Riflettere sulla dimensione religiosa dell’esperienza umana Orientarsi nello spazio e nel tempo, operando confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse per comprendere somiglianze e differenze tra la nostra e le altre civiltà del mondo Padroneggia concetti fondamentali di matematica (probabilità) Mettere in relazione la tecnologia con i contesti socio-ambientali Usare strumenti informatici per ottenere documentazioni, riprodurre immagini Adoperare, per esprimersi e comunicare con gli altri, anche codici diversi dalla parola Sviluppa atteggiamenti di curiosità, di interesse per i problemi e l’indagine scientifica Saper indagare con metodo per scoprire le cause di fenomeni problematici per spiegarli e rappresentarli

CONVIVENZA CIVILE Saper affrontare i problemi quotidiani riguardanti la propria persona, in casa, nella scuola e nella più ampia comunità civile Comportarsi in modo tale da promuovere per sé e per gli altri nel sociale, un benessere fisico strettamente connesso a quello psicologico e morale E’ consapevole di essere titolare di diritti, ma anche di essere soggetto a doveri per lo sviluppo qualitativo della convivenza civile

Aprile - Maggio - Giugno 2007 19

MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI E DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Promuovere la consapevolezza che ogni uomo, in quanto tale e a prescindere da ogni sua forma di diversità, ha diritto al rispetto e alla solidarietà dei suoi simili

ITALIANOO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Esempi di argomentazione come forma di ragionamento che parte da un problema, formula ipotesi di soluzione, scarta quelle insostenibili, formula una tesi basandosi sulle prove Elementi caratterizzanti il testo argomentativo Il punto di vista altrui in contesti e testi diversi La struttura del testo argomentativo

Sostenere tramite esempi il proprio punto di vista o quello altrui Intervenire nelle discussioni usando argomentazioni per formulare o validare ipotesi, per sostenere o confutare tesi, per esprimere accordo o disaccordo, per fare proposte Comprendere e interpretare autonomamente testi, non solo letterari, di tipologie diverse per: riconoscere le tesi esposte e l’opinione dell’autore riflettere sulla tesi centrale di un testo a dominanza argomentativa ed esprimere semplici giudizi dimostrare la competenza della sintesi Scrivere testi a dominanza argomentativa

STORIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

In relazione al contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso, fatti, personaggi, eventi, ed istituzioni caratterizzanti: l’Europa e il mondo alla fine dell’Ottocento la Grande Guerra e il periodo postbellico l’Europa nel primo dopoguerra

Cogliere i mutamenti politici e culturali di una situazione Individuare nel passato l’origine di alcuni problemi attuali Cogliere le relazioni di causa-effetto in un evento storico Sintetizzare i fatti salienti Leggere una fonte e saperne utilizzare il contenuto

FRANCESE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Brevi messaggi orali relativi a contesti significativi della vita sociale Lessico relativo alle situazioni di vita personali Semplici testi informativi e poetici Specifici aspetti della cultura e della civiltà straniera impliciti nella lingua

Comprendere e formulare semplici messaggi in contesti di vita sociale Comprendere il significato di elementi lessicali nuovi dal contestoLeggere semplici testi informativi e cogliere in essi le informazioni principali Individuare e confrontare abitudini e stili di vita nelle diverse culture

SCIENZE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Notizie generali sulla genetica (da Mendel ai giorni nostri)Il DNA: struttura e funzioni Le malattie genetiche La variabilità genetica e l’evoluzione

Descrivere le principali tappe della genetica con particolare riguardo agli studi di Mendel Spiegare in che modo la struttura del DNA è in relazione con le sue funzioni di duplicazione e trascrizione Individuare il meccanismo di trasmissione delle principali malattie genetiche Spiegare la variabilità degli esseri viventi

ARTE E IMMAGINE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimenti dell’utilizzo di varie tecniche Comprendere le relazioni tra la realtà e le diverse forme di raffigurazione, utilizzare procedure per l’osservazione analitica e selettiva. Leggere i documenti visivi e le testimonianze del patrimonio artistico-culturale

Aprile - Maggio - Giugno 2007 20

MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI E DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Promuovere la consapevolezza che ogni uomo, in quanto tale e a prescindere da ogni sua forma di diversità, ha diritto al rispetto e alla solidarietà dei suoi simili

MATEMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Significato di probabilità e di evento Tecniche di risoluzione di problemi

Calcolare la probabilità matematica di eventi semplici, compatibili ed incompatibili Risolvere problemi applicando le formule della probabilità

GEOGRAFIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Conoscere i sistemi geografici ed economici Conoscere la situazione sociale e la qualità della vita delle popolazioni nei paesi più sviluppati e in quelli meno sviluppati Conoscere l’organizzazione economica e le risorse umane, naturali ed energetiche dei paesi sviluppati Evidenziare le differenze tra Paesi appartenenti a insiemi geopolitici diversi

Riconoscere la simbologia propria delle fonti cartografiche e utilizzarla per produrre mappe mentali Saper descrivere i tratti geomorfologici di ogni continente e subcontinente riconoscendoli su una carta geografica generale Saper confrontare le caratteristiche di Paesi analoghi per posizione economica a livello mondiale per riconoscere analogie e differenze Saper riconoscere le differenti aree di sviluppo a livello mondiale

RELIGIONEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Gesù Via, Verità e Vita per l’Umanità Il Cristianesimo e il pluralismo religioso

Riconoscere la novità del messaggio portato da Gesù sulla terra Cogliere nei documenti della Chiesa le indicazioni che favoriscono l’incontro, il confronto e la convivenza tra persone di diversa cultura e religione

INFORMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Le funzioni di base per la realizzazione di ipertesti con vari programmi

Utilizzare le funzioni più semplici per realizzare semplici ipertesti mediante programmi specifici

INGLESEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimento delle funzioni già conosciute e introduzione di funzioni per chiedere e parlare di avvenimenti presenti, recenti, passati e della durata di situazioni Espansione dei campi semantici relativi alla vita quotidiana Riflessioni sulla lingua: present perfect / how long,since,for/ verb let/want+object+infinitive/past continuous. Civiltà: approfondimenti su aspetti della cultura anglosassone

Interagire in brevi conversazioni concernenti situazioni di vita quotidiana Comprendere un semplice brano scritto individuandone e l’argomento e le informazioni specifiche Descrivere o presentare oralmente in forma articolata e con sicurezza, persone, situazioni di vita ed esperienze Produrre testi scritti coerenti e coesi usando il registro adeguato Relazionare sulle caratteristiche fondamentali di alcuni aspetti della civiltà anglosassone e confrontarle con la propria

MUSICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Comprendere il significato dei brani in relazione ai contesti e alle funzioni musicali Conoscere le nuove correnti artistico-musicali del Novecento

Pratica vocale: riprodurre con la voce brani di vario genere senza preclusione di epoche e stili Ascolto: riconoscere e analizzare le fondamentali strutture del linguaggio musicale

Aprile - Maggio - Giugno 2007 21

MAPPA DEI CONTENUTI ORGANIZZATI IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO FRANCESE

Papà che cos’è il razzismo? Donne con il velo Un normalissimo disabile E per letto una scatola di cartone Dietro le sbarre Nord e Sud del mondo: morire di fame Siamo tutti sulla stessa nave Primavera indiana Tante piccole gocce

À la radio Musique du monde Direction Sénégal Le Sénégal L’esprit de solidarité Le restos du coeurMédecins sans frontière Témoignage d’un médecin volontaire SOS racisme

INGLESE SCIENZE

Keeping in touch A new look The Statue of Liberty: a poem for peace and freedomEllis Island The Big Apple; the capital of the world Native Americans The Blacks The USA in the 20th century Canada New Zeland

Gli studi di Mendel e l’origine della genetica Fenotipo, genotipo, alleli Il DNA: struttura e funzioni Mitosi e meiosi La sintesi proteica Le malattie genetiche Il nostro patrimonio genetico è unico: siamo tutti diversiLa variabilità e l’evoluzione come interazione ambiente-vivente Le razze umane non esistono Cenni sulle nuove frontiere della genetica Applicazione della probabilità e della statistica alla genetica

MATEMATICA ARTE E IMMAGINE

Il significato di evento casuale La definizione classica di probabilità Calcolo di probabilità matematiche Applicazione della probabilità ai giochi e alla genetica

La comunicazione: simbolo e scrittura Le tecniche: gli acrilici, il collage, le tecniche miste e sperimentali L’arte e la Shoah: il contesto storico-culturale e le espressioni artistiche in relazione alla Shoah

STORIA INFORMATICA

Il tramonto dell’Ottocento: economia, politica e societàIl colonialismo e le potenze d’oltreoceano La situazione in Europa La prima guerra mondiale Il primo dopoguerra Il comunismo sovietico Il fascismo in Italia Il nazismo e la ventata autoritaria in Europa

Gestione di immagini da inserire in un ipertesto (ritaglio, ridimensionamento, rotazione) con vari programmi di grafica Trasformazione di pagine Word e diapositive Power Point in pagine Web Cenni su Acrobat Writer e Reader

GEOGRAFIA MUSICA

Africa in generale MaroccoRepubblica Sudafricana Nigeria

Studio ed esecuzione di canti natalizi Analisi di testi Canti relativi alla giornata della memoria: “Auschwitz”; “Samarcanda”, Blowing in the wind

RELIGIONE

Il brano evangelico della nascita di Gesù Il dialogo interreligioso Le religioni del mondo

Aprile - Maggio - Giugno 2007 22

MEDIAZIONE DIDATTICA

INDICAZIONI METODOLOGICO-DIDATTICHE

Trasversalità degli O.S.A.Problem solving

ATTIVITÀ

Incontro con persone appartenenti a culture diverse

SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Gruppo classeDidattica laboratoriale con gruppi di livello

TEMPI DI REALIZZAZIONE

Dicembre - Gennaio

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ITINERARI E MODALITÀ DI VERIFICA

Verifiche disciplinari e transdisciplinari Osservazione dei comportamenti Comprensione di testi di vario tipo Produzione di testi

ESITI ATTESI

L’allievo:ha una certa consapevolezza del concetto di diversità e dei pregiudizi collegati ad essa; conosce gli episodi di razzismo avvenuti in passato e le conseguenze; dimostra di saper accettare “l’altro da sé”, il diverso, manifestando rispetto, tolleranza, apertura al dialogo, al confronto e allo scambio.

COMPITO UNITARIO IN SITUAZIONE

Realizzazione di testi in cui i ragazzi esplicitano la loro idea della diversità

IL DOCENTE COORDINATORE

Le foto della copertina di questa unità di apprendimento, dall’alto in basso, sono tratte rispettivamente dai seguenti siti: http://www.italia-vietnam.it/immagini/Etnie_22.jpg http://www.madagasikara.it/Maxi/bambino-e-mamma.jpg http://www.onemoreblog.org/images/auschwitz_4.jpg

Aprile - Maggio - Giugno 2007 23

Istituto Comprensivo di Muro Leccese Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese e Palmariggi

A.S. 2006 - 2007 Classe III

DISCIPLINE DI STUDIO COINVOLTE IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO, STORIA, GEOGRAFIA, INGLESE, FRANCESE,

ARTE E IMMAGINE, MUSICA, RELIGIONE, EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA, LETTERATURA

Unità di Apprendimento

GUERRE E DESIDERIO D I PACE

Aprile - Maggio - Giugno 2007 24

ARTICOLAZIONE DELL’UNITÀ DI APPRENDIMENTO

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI

La storia, in particolar modo la storia mondiale del Novecento, è testimonianza di crimini contro la Pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Tali eventi hanno calpestato i diritti di molti uomini mortificandoli, riducendoli a meno di niente, spogliandoli della loro dignità. Ma perché tanta violenza, perché tanto male? Perché uomini così “folli” sono riusciti a trascinare tanta gente dalla loro parte a tal punto da attuare gesti imperdonabili e atroci come quelli emersi dal Processo di Norimberga? Perché si continua a sentir parlare di GUERRA? E quelle voci contro la guerra… perché non vengono ascoltate? Che cosa spinge l’uomo a rifare gli stessi errori del passato? Sono domande che ci si continua a porre ogni giorno dopo aver ascoltato le ultime notizie. Le nuove generazioni sono una speranza di Pace. In loro risiede il futuro, in ogni singolo individuo, uomo e cittadino formato, educato alla convivenza civile. La pace si costruisce giorno per giorno, a partire da semplici gesti, quelli rivolti ad un compagno, spontanei e autonomi, non condizionati dal gruppo. Ed è per questo che si educa al rispetto, al dialogo, alla tolleranza. Sin dalla più tenera giovinezza i nostri alunni devono prendere consapevolezza degli eventi del passato e delle conseguenze di tali eventi che NON DEVONO ESSERE DIMENTICATI. Devono comprendere il significato della parola Guerra e per far questo non basta capire e apprendere passivamente una serie di episodi secondo un ordine cronologico. La comprensione va ben oltre, implica la critica. Occorre che vi sia un atteggiamento, un pensiero critico, autonomia di giudizio e non accettazione passiva, dipendenza dal pensiero del gruppo, del “branco”, dell’ideologia. Il fine ultimo di questa Unità di apprendimento è proprio questo: contribuire alla formazione di una coscienzacritica.

RIFERIMENTI AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP)

IDENTITÀ

Conoscenza di sé Comprendere quanto sia importante e decisivo il senso attribuito all’insieme delle proprie esperienze e ai problemi di cui si è protagonisti Cerca soluzioni alternative razionali a problemi esistenziali, morali, sociali non risolti Comprendere se stessi, vedendosi in relazione con gli altri, nella prospettiva di un proprio ruolo definito e integrato nell’universo circostante Porsi in modo attivo di fronte alla crescente quantità di informazioni e di sollecitazioni comportamentali esterne, non le subisce ma le decifra, valutando anche i messaggi impliciti, negativi e positivi che le accompagnano Progettare il proprio futuro confrontandosi con le testimonianze di chi ha contribuito ad arricchire l’umanità di senso e di valore

Relazione con gli altriScoprire la difficoltà, ma anche la necessità, dell’ascolto delle ragioni altrui, del rispetto, della tolleranza, della cooperazione e della solidarietà anche quando richiedono sforzo e disciplina interiore Porsi problemi morali, sociali e avvertire la necessità di dare risposte anche personali Mantenere sempre aperta la disponibilità alla critica, al dialogo e alla collaborazione per orientare al meglio la convivenza con gli altri

OrientamentoEssere in grado di pensare il proprio futuro, dal punto di vista umano e sociale

Aprile - Maggio - Giugno 2007 25

STRUMENTI CULTURALI Conoscere ed utilizzare diverse tecniche di lettura Usare un vocabolario adeguato agli scambi sociali e culturali Capire messaggi orali e visivi intuendone gli aspetti impliciti Produrre testi ragionevolmente ben costruiti adatti alle varie situazioni interattive Riconoscere le principali caratteristiche linguistiche e comunicative di testi diversi Riflettere sulla dimensione religiosa dell’esperienza umana Orientarsi nello spazio e nel tempo, operando confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse per comprendere somiglianze e differenze tra la nostra e le altre civiltà del mondo Usare strumenti informatici per ottenere documentazioni, riprodurre immagini Adoperare, per esprimersi e comunicare con gli altri, anche codici diversi dalla parola Sviluppare atteggiamenti di curiosità, di interesse per i problemi Saper indagare con metodo per scoprire le cause di fenomeni problematici per spiegarli e rappresentarli

CONVIVENZA CIVILE Saper affrontare i problemi quotidiani riguardanti la propria persona, in casa, nella scuola e nella più ampia comunità civile Comportarsi in modo tale da promuovere per sé e per gli altri nel sociale, un benessere fisico strettamente connesso a quello psicologico e morale. Avere consapevolezza di essere titolare di diritti, ma anche di essere soggetto a doveri per lo sviluppo qualitativo della convivenza civile. Riconoscere come indispensabile la cooperazione tra gli Stati per creare un clima di pace mondiale nel rispetto delle libertà fondamentali dell’uomo.

Aprile - Maggio - Giugno 2007 26

MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARIE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Promuovere una coscienza critica nei confronti di eventi che mortificano l’uomo e i suoi diritti fondamentali

ITALIANOO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Esempi di argomentazione come forma di ragionamento che parte da un problema, formula ipotesi di soluzione, scarta quelle insostenibili, formula una tesi basandosi sulle proveElementi caratterizzanti il testo argomentativo Il punto di vista altrui in contesti e testi diversi La struttura del testo argomentativo

Sostenere tramite esempi il proprio punto di vista o quello altrui Intervenire nelle discussioni usando argomentazioni per formulare o validare ipotesi, per sostenere o confutare tesi, per esprimere accordo o disaccordo, per fare proposte Comprendere e interpretare autonomamente testi, non solo letterari, di tipologie diverse per: o riconoscere le tesi esposte e l’opinione

dell’autore o riflettere sulla tesi centrale di un testo a

dominanza argomentativa ed esprimere semplici giudizi

o dimostrare la competenza della sintesi. Riconoscere e riprodurre le caratteristiche testuali del testo informativo e argomentativo

STORIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

In relazione al contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso, fatti, personaggi, eventi, ed istituzioni caratterizzanti: I totalitarismi La Seconda Guerra Mondiale La nascita della Repubblica italiana

Cogliere i mutamenti politici e culturali di una situazione Individuare nel passato l’origine di alcuni problemi attualiCogliere le relazioni di causa-effetto in un evento storico Sintetizzare i fatti salienti Leggere una fonte e saperne utilizzare il contenuto

GEOGRAFIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Caratteristiche degli ambienti extraeuropei e loro rapporto con le popolazioni che li abitano analizzate per grandi aree culturali e geopolitiche Sistemi geografici ed economici Situazione sociale e la qualità della vita delle popolazioni nei paesi più sviluppati e in quelli meno sviluppati Organizzazione economica e le risorse umane, naturali ed energetiche dei paesi sviluppati. Differenze tra Paesi appartenenti a insiemi geopolitici diversi

Riconoscere la simbologia propria delle fonti cartografiche e utilizzarla per produrre mappe mentaliSaper descrivere i tratti geomorfologici di ogni continente e subcontinente riconoscendoli su una carta geografica generale Saper confrontare le caratteristiche di Paesi analoghi per posizione economica a livello mondiale per riconoscere analogie e differenze Saper riconoscere le differenti aree di sviluppo a livello mondiale

Aprile - Maggio - Giugno 2007 27

MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARIE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Promuovere una coscienza critica nei confronti di eventi che mortificano l’uomo e i suoi diritti fondamentali

INGLESEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimento delle funzioni già conosciute e introduzione di funzioni per riferire ciò che è stato detto / esprimere stati d’animo, opinioni, desideri Lessico relativo alle situazioni comunicative Riflessioni sulla lingua (Steps 7-8-9): Past continuous / congiunzioni di tempo when e while / verbi say e tell / Reported speech / domande con how / Forma passiva Civiltà: approfondimenti su aspetti della cultura anglosassone

Interagire in brevi conversazioni concernenti situazioni comunicative Comprendere un semplice brano scritto individuandone l’argomento e le informazioni specificheDescrivere o presentare oralmente in forma articolata e con sicurezza, persone, situazioni di vita ed esperienze Produrre testi scritti coerenti e coesi usando il registro adeguato Relazionare sulle caratteristiche fondamentali di alcuni aspetti della cultura straniera e confrontarle con la propria

FRANCESE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Brevi messaggi orali relativi a contesti significativi della vita sociale Lessico relativo alle situazioni comunicative Semplici testi informativi e poetici Riflessioni sulla lingua (leçons 7-8-9) Specifici aspetti della cultura straniera

Comprendere e formulare semplici messaggi in contesti di vita sociale Comprendere il significato di elementi lessicali nuovi dal contesto Leggere semplici testi informativi e poetici e cogliere in essi le informazioni principali Individuare e confrontare modelli di pensiero e cultura nelle diverse culture

ARTE E IMMAGINE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimenti sulla rappresentazione dello spazio nelle tre dimensioni e sull’uso della prospettiva; il movimento e la composizione; staticità e dinamismo; il ritmo e l’aritmia; la composizione e le leggi del peso visivo; simmetria ed asimmetria Paradigmi dell’arte della prima metà del Novecento Le funzioni dell’arte nel tempo e il valore estetico del patrimonio culturale

Comprendere le relazioni tra la realtà e le diverse forme di raffigurazione; utilizzare procedure per l’osservazione analitica e selettiva Leggere i documenti e le testimonianze del patrimonio artistico-culturale, riconoscendone le funzioni; analizzare e confrontare le diverse funzioni dei beni del patrimonio culturale e ambientale individuandone il valore estetico

Aprile - Maggio - Giugno 2007 28

MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARIE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Promuovere una coscienza critica nei confronti di eventi che mortificano l’uomo e i suoi diritti fondamentali

MUSICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Significato e funzioni delle opere musicali nei contesti storici specifici, in relazione anche ad altre espressioni artistiche e culturali Relazioni tra linguaggi

Pratica vocale: eseguire col flauto brani di vario genere senza preclusione di stili e epoche Ascolto: analizzare caratteristiche e forme di opere musicali di vario genere, stile e tradizione

RELIGIONEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Conoscere il contenuto del Decalogo delle beatitudini.Conoscere l’evoluzione del pensiero della Chiesa in relazione alla guerra e alla pace

Descrivere i messaggi contenuti nel Decalogo e nelle Beatitudini Individuare nei documenti del Magistero le indicazioni che favoriscono la promozione della pace

LETTERATURA O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

I momenti fondamentali della storia della letteratura italiana Gli elementi che determinano l’appartenenza ai vari generi letterari Elementi di metrica

Riconoscere e contestualizzare le opere e gli autori più significativi del nostro patrimonio letterario Comprendere e interpretare in forma guidata e/o autonoma testi letterari Memorizzare poesie

Aprile - Maggio - Giugno 2007 29

MAPPA DEI CONTENUTI ORGANIZZATI IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO INGLESE

La cosa Non un nemico ma un uomo Potrà tornare a succedere Erano tutti esseri umani Sui monti del Kurdistan Ho dovuto bere la mia pipì Lettere di condannati a morte della Resistenza La forza dell’amore Amare i propri nemici Non importa La Guerra non è una partita di calcio Pappagalli verdi

Mother Teresa of Calcutta:- A pencil in God’s hands - Prayers:The poor / Smiles / Family / Lead me from death to life...

M. L. King: I have a dream / I am a man: Ode to M. L. King Junior Guernica (Picasso): the horror of the war The Twin Towers Albert Schweitzer Gandhi Doctors without borders Emergency Amnesty International

STORIA FRANCESE

La crisi democratica in Europa La prima fase del secondo conflitto La vittoria alleata e la pace Gli anni della Guerra fredda La nascita della Repubblica italiana

Liberté (Paul Éluard) Albert Schweitzer Mère Therese de Calcutta L’ Organisation des Nations Unies (ONU)

LETTERATURA ARTE E IMMAGINE

G. D’Annunzio La pioggia nel pineto Giuseppe Ungaretti L’ErmetismoVegliaFratelliSoldatiSalvatore Quasimodo Alle fronde dei salici

La nascita delle avanguardie artistiche del Primo Novecento L’urlo dell’Espressionismo Tedesco e la gioia di vivere dei Fauves nelle opere di Matisse La rivoluzione spaziale dei cubisti e la risposta di Picasso alla guerra Emozione e sentimento nell’opera degli Astrattisti L’esaltazione del progresso e della guerra nel Futurismo Il rifiuto Dadaista dei falsi valori morali La nuova realtà dei Surrealisti

MUSICA GEOGRAFIA

Verso il Novecento; il Verismo in Italia; l’Impressionismo il Novecento: l’Impressionismo e i nuovi generi musicali; il Primo dopoguerra, il Secondo dopoguerra Analisi di testi di musica leggera

America settentrionale e centrale: - Canada - Stati Uniti - Messico

RELIGIONE

Il decalogo Le beatitudini Le Encicliche sociali

Aprile - Maggio - Giugno 2007 30

MEDIAZIONE DIDATTICA

INDICAZIONI METODOLOGICO - DIDATTICHE

Trasversalità degli O.S.A.Problem solving

ATTIVITÀ

Visione di film e documentari

SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Gruppo classeDidattica laboratoriale con gruppi di livello

TEMPI DI REALIZZAZIONE

Febbraio - marzo

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ITINERARI E MODALITÀ DI VERIFICA

Verifiche disciplinari e transdisciplinari Osservazione dei comportamenti Comprensione di testi di vario tipo Produzione di testi

ESITI ATTESI

L’allievo:ha una certa consapevolezza delle vicende relative alle varie guerre conosce determinati eventi e le conseguenze di essi manifesta creatività, spirito critico, autonomia di giudizio adeguate all’età

COMPITO UNITARIO IN SITUAZIONE

Realizzazione di testi in cui i ragazzi manifestano conoscenza e coscienza critica nei confronti di eventi che mortificano l’uomo e i suoi diritti fondamentali

IL DOCENTE COORDINATORE

Aprile - Maggio - Giugno 2007 31

Istituto Comprensivo di Muro Leccese Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese e Palmariggi

A.S. 2006 - 2007 Classe III

Unità di Apprendimento

ENERGIA… CHE MUOVE IL MONDO

DISCIPLINE DI STUDIO COINVOLTE IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

SCIENZE, TECNOLOGIA, MATEMATICA, INFORMATICA

Aprile - Maggio - Giugno 2007 32

ARTICOLAZIONE DELL’UNITÀ DI APPRENDIMENTO

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI

L’energia è un bene prezioso, fondamentale per ogni attività naturale e dell’uomo, eppure ognuno la utilizza quasi inconsapevolmente: fare il pieno all’ auto, utilizzare gli elettrodomestici o le nuove tecnologie è ormai normale ed automatico e nessuno mai si chiede da dove quel “qualcosa” che li fa funzionare provenga. Per i ragazzi in particolare l’importanza dell’energia è in genere evidente solo quando essa viene a mancare: bastano un’interruzione di energia elettrica o una batteria a terra ed ecco che telefonino e stereo videogiochi e tv non vanno più…e allora, perché la prosperità economica spinge i consumi a livelli record, occorre puntare i riflettori sul problema energetico e sensibilizzare i ragazzi sul fatto che l’energia non è inesauribile e deve pertanto essere utilizzata consapevolmente mettendo in alto ogni strategia di risparmio domestico nelle piccole azioni quotidiane. Appurato, inoltre, che la maggior parte di energia proviene da carbone, gas e petrolio e che nel mondo sono sempre maggiori le preoccupazioni per il carattere non sostenibile di queste fonti, sarebbe opportuno guidare l’attenzione verso un sempre maggiore utilizzo di fonti rinnovabili. Considerando, infine, che la produzione e la trasformazione di energia sono sempre accompagnate da un certo impatto ambientale più o meno alto: inquinamento, deturpazione del paesaggio, effetto serra, deperimento delle risorse, la coscienza da parte degli alunni delle varie forme di energia e la loro trasformazione potrà senz’altro contribuire a creare una maggiore coscienza ambientale e proprio questo è il fine ultimo dell’U.A. “Energia…che muove il mondo”.

RIFERIMENTI AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP) IDENTITÀ

Conoscenza di sé Il ragazzo…

trova le modalità più adatte per risolvere problemi in autonomia, che è maggiore sicurezza di sé, pensiero personale, industriosità. Inoltre, individualmente o con l’aiuto degli altri, cerca soluzioni possibili ai problemi ambientali e sociali non risolti, in base alle conoscenze raggiunte; si pone in modo attivo di fronte alla crescente quantità di informazioni esterne, non le subisce ma le decifra, le riconosce, le valuta.

STRUMENTI CULTURALI Il ragazzo…

misura una grandezza, risolve semplici problemi di matematica e scienze impiegando forme simboliche caratteristiche della matematica (numeri, figure, misure, grafici, proporzioni, ecc.); adopera il linguaggio e i simboli della matematica per indagare cause di fenomeni problematici in contesti vari, per spiegarli e rappresentarli; osserva la realtà, per riconoscervi, anche tramite l’impiego di appositi strumenti tecnici, relazioni tra oggetti o grandezze, regolarità, differenze, invarianze o modificazioni nel tempo e nello spazio; giunge alla descrizione-rappresentazione di fenomeni anche complessi in molteplici modi: disegno, descrizione orale e scritta, simboli, tabelle, diagrammi grafici, semplici simulazioni; individua grandezze significative relative ai singoli fenomeni e processi e identifica le unità di misura opportune; sviluppa atteggiamenti di curiosità, attenzione e rispetto della realtà naturale, di interesse per i problemi e l'indagine scientifica; sa riconoscere semplici sistemi tecnici, individuandone il tipo di funzione e descrivendone le caratteristiche; analizza e rappresenta processi di produzione; mette in relazione la tecnologia con i contesti socio-ambientali che hanno contribuito a determinarla;usa strumenti informatici per risolvere problemi di vario genere.

CONVIVENZA CIVILE Il ragazzo….

rispetta l’ambiente che lo circonda e adotta i comportamenti più adeguati per la sua salvaguardia.

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI E DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO

Saper utilizzare in modo consapevole e responsabile l’energia, motore di tutti i fenomeni naturali e le attività umane

SCIENZE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Le forze come grandezze vettorialiLavoro e energiaElettricità: concetti di carica e corrente elettrica I circuiti elettrici Il magnetismo e l’elettromagnetismo

Misurare forze (dinamometro, bilancia) Distinguere fra energia cinetica e potenziale Dimostrare sperimentalmente l'esistenza di cariche elettriche e la differenza tra conduttori e isolanti Eseguire esperimenti sui circuiti elettrici Effettuare esperimenti con calamite, elettrocalamite e limatura di ferro

TECNOLOGIA O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Energia, lavoro e macchine Modalità di trasformazione tra differenti tipi d’energia I circuiti elettrici

Formulare ipotesi per il risparmio energetico ed analizzare le tecnologie esistenti già in grado di attuarloRappresentare in modelli semplificati le principali tipologie di generatori di energia Saper realizzare semplici circuiti elettrici

MATEMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Concetto di equazione e di identità Principi di equivalenza delle equazioni Le equazioni nei problemi Funzioni del tipo y=ax, y=a/x, e loro rappresentazione grafica Semplici modelli di fatti sperimentali e di leggi matematiche

Distinguere un’equazione da un’identità Risolvere e verificare semplici equazioni determinate di primo grado e riconoscere quelle indeterminate e impossibili Risolvere problemi mediante l’uso di equazioni di primo grado Usare coordinate, diagrammi, tabelle per rappresentare varie relazioni e funzioni sul piano cartesiano In contesti vari, individuare relazioni tra grandezze e riconoscere analogie e differenze

INFORMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimento delle funzioni già conosciute per la realizzazione di ipertesti con vari programmi Approfondimento delle funzioni già conosciute per la gestione statistica dei dati

Saper realizzare ipertesti complessi e strutturati mediante programmi specifici Saper gestire e rappresentare dati statistici

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MAPPA DEI CONTENUTI ORGANIZZATI IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

SCIENZE TECNOLOGIA

Le forze come grandezze vettorialiLavoro e energiaElettricità: concetti di carica e corrente elettrica Il magnetismo e l’elettromagnetismo L’elettrostatica I circuiti elettrici e le leggi di Ohm

Energia ed impatto ambientale (cenni su fonti rinnovabili, risparmio energetico, inquinamento)

Forme e trasformazione dell’energia Fonti non rinnovabili e rinnovabili e relativi problemi ambientali L’elettricità e i circuiti elettrici Risparmio domestico di energia elettrica

MATEMATICA INFORMATICA

Identità ed equazioni Equazioni equivalenti I due principi di equivalenza Risoluzione di un’equazione di primo grado a un’incognita Discussione e verifica di un’equazione Risoluzione di problemi mediante equazioni Introduzione alle funzioni del tipo y=ax, y=a/x e risresa dei concetti di grandezze direttamente ed inversamente proporzionali, con particolare riferimento alle grandezze fisiche (F=ma; E=mgh; S=vt)

Programmi per ipertesti: Microsoft Frontpage e “website indire”: struttura e gestione dei file e costruzione delle pagine web (collegamenti, miniature, photogallery) Cenni sul linguaggio HTML e sui fogli di stile EXCELFunzioni avanzate per la gestione di dati statistici (tabelle grafici, ordinamenti, formule)

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MEDIAZIONE DIDATTICA

INDICAZIONI METODOLOGICO-DIDATTICHE

Trasversalità degli O.S.A. Scoperta guidata Lavoro di gruppo Problem solving Metodo induttivo /deduttivo Attività laboratoriali

ATTIVITÀ

Discussione - brainstorming sul concetto di energia percepito dai ragazzi (ATTIVITÀ INPUT).Esperimenti di laboratorio sui circuiti e le relative proprietà RicercheCostruzione di circuiti elettrici

SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Gruppo classe Utilizzo del Laboratorio informatico, scientifico e tecnologico Contemporaneità

TEMPI DI REALIZZAZIONE

Febbraio - marzo

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ITINERARI E MODALITÀ DI VERIFICA

Interrogazioni Osservazioni sistematiche Valutazione degli elaborati prodotti

ESITI ATTESI

Conoscere le varie forme di energia, la loro produzione e il loro utilizzo Mettere in atto piccole strategie di risparmio nella vita quotidiana

COMPITO UNITARIO IN SITUAZIONE

Realizzazione di gruppo di un cartellone di sintesi o un elaborato multimediale relativo alle principali fonti di energia e/o relazioni degli esperimenti scientifici

IL DOCENTE COORDINATORE

Le foto della copertina di questa Unità di Apprendimento, dall’alto in basso, sono tratte rispettivamente dai seguenti siti:http://www.sapere.it/tc/img/scuola/ambiente/mulini.jpg http://www.martinivernici.it/public/foto_news/0710858.jpg http://www.greenpeace.org/raw/image_full/italy/ufficiostampa/foto/centrale-nucleare-belgio.jpg http://www.asinistra.net/media/1/cerano.jpg http://www.solaritalia.com/immagini/conto%20energia%20impianti%20solari%20fotovoltaici.jpg

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Istituto Comprensivo di Muro Leccese Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese e Palmariggi

A.S. 2006 - 2007Classe III Unità di Apprendimento

IL VILLAGGIO GLOBALE:

LUCI ED OMBRE

DISCIPLINE DI STUDIO COINVOLTE IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO, STORIA, GEOGRAFIA, INGLESE, FRANCESE, SCIENZE, TECNOLOGIA, INFORMATICA, ARTE E IMMAGINE, MUSICA, RELIGIONE

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ARTICOLAZIONE DELL’UNITÀ DI APPRENDIMENTO

ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI

Per “globalizzazione” si intende il complesso insieme di rapporti internazionali in base ai quali merci, persone, idee, modi divivere e di vestire circolano a lunga distanza, in modo tale che un avvenimento che accade in qualsiasi parte del globo ha dei riflessi a livello planetario, globale. Ciò che sorprende nell’età contemporanea non è tanto l’esistenza di legami tra areelontanissime tra loro quanto, piuttosto, l’intensità e la velocità con cui il fenomeno si manifesta. Tale fenomeno, però, ha risvolti positivi e negativi allo stesso tempo, che disturbano l’economia e le società condizionando ogni singolo soggetto. Del “villaggio globale” bisogna dunque imparare ad analizzare e considerare luci ed ombre, al fine di sapersi muovere e valutare con atteggiamento critico ogni situazione che si presenti. Nel corso dell’unità di apprendimento saranno quindi analizzati i vari aspetti del fenomeno “globalizzazione” e le varie problematiche ad esso connesse per permettere ai ragazzi di raggiungere maggiore conoscenza e consapevolezza e per far comprendere che il problema non è accettare o rifiutare la globalizzazione ma, piuttosto, imparare a sfruttarne i meccanismi a favore di un reale e sano progresso, promuovendo la conoscenza e la solidarietà tra i popoli e gli Stati, nella convinzione che solo uno sforzo comune può migliorare le condizioni sociali e di vita di tutti.

RIFERIMENTI AL PROFILO EDUCATIVO, CULTURALE E PROFESSIONALE (PECUP) IDENTITÀ

Conoscenza di séCercare soluzioni a problemi sociali non risolti Comprendere il proprio ruolo all’interno della fitta rete di relazioni sociali Reagire attivamente e con spirito critico ai numerosi messaggi che dall’esterno globalizzato giungono ai singoli individui

Relazione con gli altriScoprire la difficoltà, ma anche la necessità, dell’ascolto delle ragioni altrui, del rispetto, della tolleranza, della cooperazione e della solidarietà anche quando richiedono sforzo e disciplina interiore. Porsi problemi morali, sociali e avvertire la necessità di dare risposte anche personali Mantenere sempre aperta la disponibilità alla critica, al dialogo e alla collaborazione

OrientamentoElaborare un proprio progetto di vita che si integra nel mondo reale in modo dinamico ed evolutivo

STRUMENTI CULTURALI Riconoscere le principali caratteristiche linguistiche e comunicative di testi diversi Produrre testi scritti e orali ragionevolmente ben costruiti adatti alle varie situazioni interattive Sapersi orientare nello spazio e nel tempo, operando confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse Adoperare, per esprimersi e comunicare con gli altri, anche codici diversi dalla parola Esercitare diverse abilità manuali e laboratoriali Sviluppare atteggiamenti di curiosità, di interesse per i problemi Usare strumenti informatici per ottenere documentazioni

CONVIVENZA CIVILE Saper affrontare i problemi quotidiani riguardanti la propria persona, in casa, nella scuola e nella più ampia comunità civileComportarsi in modo tale da promuovere per sé e per gli altri nel sociale, un benessere fisico strettamente connesso a quello psicologico e morale Essere consapevole di essere titolare di diritti, ma anche di essere soggetto a doveri per lo sviluppo qualitativo della convivenza civile

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI E DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO Sapersi muovere nell’attuale società globalizzata con atteggiamenti consapevoli e critici

ITALIANOO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Elementi caratterizzanti il testo argomentativo ed espositivo Tecniche e strategie per argomentare Il punto di vista altrui in contesti e testi diversi

Sostenere il proprio punto di vista tramite esempi Intervenire nelle discussioni usando argomenta-zioni per sostenere o confutare tesi Comprendere e interpretare autonomamente/con guida testi, non solo letterari, di tipologie diverse per riconoscere le tesi esposte e l’opinione dell’autore e per dimostrare la competenza della sintesi Scrivere testi a dominanza argomentativa

STORIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

In relazione al contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso, fatti, personaggi, eventi, ed istituzioni caratterizzanti:

Decolonizzazione e sottosviluppo L’Italia dalla ricostruzione al terrorismo Terza rivoluzione industriale e globalizzazione

Distinguere cause remote e cause scatenanti Sintetizzare i fatti salienti Cogliere le ripercussioni mondiali dei fenomeni economici continentali e mondiali Cogliere i mutamenti politici e culturali

GEOGRAFIAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Caratteristiche dell’economia dei cinque “mondi economici” Concetti di primo, secondo, terzo e quarto mondo, di Paesi sviluppati e in via di sviluppo

Utilizzare gli indicatori socio-economici per riconoscere la posizione e la tendenza attuale di uno StatoUtilizzare informazioni quantitative su fatti e fenomeni geografici per ricavare valutazioni d’ordine qualitativo

FRANCESE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Brevi messaggi orali relativi a contesti significativi della vita sociale Lessico relativo alle situazioni comunicative Semplici testi informativi e poetici Riflessioni sulla lingua (leçons 10-11-12) Specifici aspetti della cultura straniera

Comprendere e formulare semplici messaggi in contesti di vita sociale Comprendere il significato di elementi lessicali nuovi dal contesto Leggere semplici testi informativi e cogliere in essi le informazioni principali Individuare e confrontare stili di vita nelle diverse culture

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MAPPA DEGLI OBIETTIVI FORMATIVI UNITARI E DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

OBIETTIVO FORMATIVO UNITARIO Sapersi muovere nell’attuale società globalizzata con atteggiamenti consapevoli e critici

INGLESEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimento delle funzioni già conosciute e introduzione di funzioni per descrivere sequenze di azioni/formulare ipotesi ed esprimere probabilità. Lessico relativo alle situazioni comunicative Riflessioni sulla lingua (Steps 10-11-12): Used to / Modale could / Periodo ipotetico di 2°tipo / Verb wish / Question tags / Avverbi di tempo Civiltà: approfondimenti su aspetti della cultura anglosassone

Interagire in brevi conversazioni concernenti situazioni comunicativeComprendere un semplice brano scritto individuandone e l’argomento e le informazioni specifiche. Descrivere o presentare oralmente in forma articolata e con sicurezza, persone, situazioni di vita ed esperienze. Produrre testi scritti coerenti e coesi usando il registro adeguato Relazionare sulle caratteristiche fondamentali di alcuni aspetti della cultura straniera e confrontarle con la propria

ARTE E IMMAGINE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondimenti dell’utilizzo di varie tecniche artistiche, audiovisive ed informatiche Gli elementi fondamentali dei linguaggi informatici interattivi; la progettualità del design. Paradigmi dell’arte della seconda metà del Novecento.

Riconoscere ed applicare le metodologie operative delle differenti tecniche artistiche, audiovisive ed informatiche Elaborare semplici ipotesi di interventi conservativi e migliorativi del patrimonio artistico del proprio territorio e piccoli progetti di cura e riutilizzo dei beni presenti nel proprio territorio

SCIENZE O.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Varie forme di inquinamento, desertificazione, deforestazione, effetto serra: cause ed ipotesi di soluzioneAnalisi scientifica dei problemi ambientali individuati nel proprio territorio Funzioni delle varie istituzioni esistenti a difesa e tutela dell’ambiente

Saper effettuare collegamenti di causa-effetto e tra “locale” e “globale” nei comportamenti individuali: il contributo di ciascuno alla soluzione dei problemi di tutti. Individuare ed analizzare da un punto di vista scientifico le maggiori problematiche dell’ambiente in cui si vive ed elaborare ipotesi d’intervento Analizzare dati internazionali, nazionali, locali relativi ai più vistosi problemi ambientali e analizzare l’efficacia di intervento delle varie Istituzioni

RELIGIONEO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Conoscere la posizione della Chiesa sui principali problemi del mondo globalizzato.

Motivare le risposte del cristianesimo ai problemi della società di oggi.

INFORMATICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Internet e la comunicazione in rete Navigare in rete consapevolmente per reperire materiale didattico e per comunicare

MUSICAO.S.A. DI CONOSCENZA O.S.A. DI ABILITÀ

Approfondire le funzioni sociali della musica nella nostra e nelle altre civiltà Relazione tra linguaggi

Pratica vocale: eseguire in coro brani di vario genere senza preclusione di epoche e stili Ascolto: distinguere, in brani esemplari, i caratteri che ne consentono l’attribuzione a una particolare cultura musicale

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MAPPA DEI CONTENUTI ORGANIZZATI IN PROSPETTIVA UNITARIA ED INTERDISCIPLINARE

ITALIANO FRANCESE

Le più gravi emergenze del pianeta Black out: il tallone d’Achille Che cos’è la globalizzazione OGM: si, no, forze. Internet: perché e come usare la rete

I pericoli della rete

La Globalisation La mondialisation est-elle une opportunité ou une menace pour la culture? Internet: le réseau des réseaux Web E-mail électronique

INGLESE SCIENZE

THE VIRTUAL UNIVERSE: -Computers help us -Words on informatics -Video games -Crazy for mobiles -New comunication systems: pros and cons

L’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo L’inquinamento del nostro territorio Le istituzioni a difesa dell’ambiente: greenpeace, WWF, legambiente ecc.. Semplici apparecchiature per il controllo e il monitoraggio ambientaleAnalisi di dati relativi all’ambiente provenienti da varie fontiIl protocollo di Kyoto

TECNOLOGIA ARTE E IMMAGINE

Un problema globale: la produzione e gli impieghi dell’energia elettrica; le centrali elettriche Approfondimento sulle fonti rinnovabili e non rinnovabili e l’impatto ambientale La distribuzione e il consumo dell’energia elettrica Il risparmio energetico

Il dopoguerra e la reazione dell’Arte Informale La Pop Art e la Op Art negli anni Sessanta Gli artisti contro la Mercificazione dell’arte: arte Concettuale, Body Art, Land Art, Performance e Happening L’arte popolare e il graffitismo L’utilizzo della tecnologia nell’arte: la Computer Art e la Web-Art La protezione dei beni culturali

STORIA GEOGRAFIA

Il difficile cammino della distensione Società del benessere e contestazione Gli anni settanta e ottanta Decolonizzazione e terzo mondo Crisi e nuova distensione tra est e ovest Terrorismo e solidarietà nazionale in Italia La svolta dell’ottantanove L’Italia e la Nuova Europa: benessere e corruzione, bipolarismo politico, unione europea La società post industriale

Gli obiettivi del millennio Grande ricchezza e grande povertà Cibo per tutti: quando sarà possibile? L’analfabetismo: un ostacolo allo sviluppo Bambini che non possono essere bambini Vi è davvero parità tra uomo e donna? La salute per tutti è ancora impossibile? Squilibrio ambientale e sviluppo sostenibile Il rischio della desertificazione Grandi alluvioni e grandi siccità L’acqua: così preziosa e così maltrattata Emigrare per non morire Globalizzazione: una soluzione?

INFORMATICA MUSICA

La struttura della rete I browser, i domini, i protocolli I motori di ricerca La posta elettronica I pericoli della rete La sicurezza informatica (antivirus, firewall, ecc.)

La musica del nostro tempo Analisi dei testi di musica leggera, italiana e straniera

RELIGIONE

Le nuove frontiere della comunicazione Gli sviluppi socio – economici del mondo Il commercio equo e solidale Il consumo critico

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MEDIAZIONE DIDATTICA

INDICAZIONI METODOLOGICO-DIDATTICHE

Trasversalità degli O.S.A.Problem solving

ATTIVITÀ

Sperimentazione delle potenzialità di comunicazione e di ricerca offerte dalla rete: navigazione in internet, utilizzo di Google Earth, telefonate con il PC, ricerca di informazioni attraverso motori specifici

SOLUZIONI ORGANIZZATIVE

Gruppo classeDidattica laboratoriale con gruppi di livello

TEMPI DI REALIZZAZIONE

Aprile - Maggio

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ITINERARI E MODALITÀ DI VERIFICA

Verifiche disciplinari e transdisciplinari Osservazione dei comportamenti Comprensione di testi di vario tipo Produzione di testi

ESITI ATTESI

L’allievo:ha una certa consapevolezza dei vari aspetti relativi al villaggio globale conosce determinati eventi e le conseguenze di essi manifesta creatività, spirito critico, autonomia di giudizio adeguate all’età

COMPITO UNITARIO IN SITUAZIONE

Realizzazione di un ipertesto

IL DOCENTE COORDINATORE

Le foto in copertina sono tratte da: www.publicitysrl.com/.../mc-donald's.jpg web.falco.mi.it/.../mondi/possibile/Image58.jpg Google Earth www2.polito.it/strutture/rsu/v040531.htm

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Pantaleo Carabellese: grande, quanto modesto pensatore ed educatore pugliese

ggetto di questa breve analisi sono gli scritti pedagogici di Pantaleo

Carabellese in quella fase che egli stesso ha definito “precritica” della sua formazione filosofica. Sono questi gli scritti di maggiore importanza per cogliere quelle intuizioni e quelle tendenze del suo pensiero che, ulteriormente elaborate ed organizzate, lo porteranno alla formulazione del suo sistema filosofico: l’ontologismo critico. Attraverso saggi come: Educazione e civiltà, Il criterio spenceriano di valutazione del sapere come disciplina educativa mentale e le due recensioni successive ai due volumi del Sommario di pedagogia del Gentile è possibile, infatti, cogliere le distanze che, di volta in volta, il giovane Carabellese prendeva nei confronti delle diverse posizioni filosofico-pedagogiche prevalenti del suo tempo e il profilarsi di una sua concezione tutta particolare. Pantaleo Carabellese comincia la propria ascesa speculativa aderendo, inizialmente, anche se non integralmente, a quelle che sono le posizioni pedagogiche del positivismo filosofico-pedagogico che influenzava ancora gran parte della cultura italiana dei primi anni del XX° secolo, nel mezzo della polemica, che è già cominciata, che lo oppone soprattutto alla nuova corrente dell’idealismo. Testimonianza viva di questa sua adesione al positivismo è appunto il primo scritto Educazione e Civiltà.L’educazione, per l’Autore, è strettamente connessa alla civiltà da un duplice rapporto: un rapporto di causa ad effetto e di effetto a causa, in quanto l’educazione da una parte è influenzata dalla civiltà, dall’altra è fattrice di civiltà. I fini dell’educazione sono infatti due: il fine immediato della formazione dell’individuo ed il fine sociale del progresso civile. I due fini si identificano, in quanto promuovere l’uno significa promuovere l’altro. Gli ideali della

società moderna sono, per il Carabellese, essenzialmente due e, cioè, il naturalismo, per il quale egli intende una concezione non teologica, ma scientifica della vita, e l’universalità intesa come eliminazione di tutte le barriere all’interno dei popoli ed il formarsi della coscienza della fratellanza universale. E’ già presente, in questa affermazione del giovane Carabellese, il germe di quella concezione politica che, con tratti chiari, elaborerà nella fase finale della sua maturità. E’ presente, cioè, in germe quella accettazione della concezione mazziniana per cui egli vede il superamento della lotta e della violenza strettamente connesse sia alla concezione politica liberale, sia alla concezione politica sociale, in funzione del loro empirismo, del loro fondare l’azione politica su interessi materiali, siano essi quelli della classe sfruttatrice, che quelli della classe sfruttata, mediante quella democrazia che, escludendo che i principi regolatori della convivenza siano gli interessi degli individui, richiede solo delle persone pensanti che, in quanto tali, devono subordinare il loro vivere fenomenico all’essere spirituale, e devono basarsi non sulla violenza ma sulla forza spirituale. La scuola a lui contemporanea può riformarsi ispirandosi ai due nuovi ideali della società, naturalismoed universalità, assumendo il carattere della laicità: è, dunque, in questo senso che la scuola italiana va riformata. Laico sarà il metodo e, cioè, naturale, rispecchiante lo sviluppo del fanciullo pur intervenendo, per il carattere finalistico dell’educa- zione, a correggere ed a integrare la natura; laico sarà il contenuto degli studi con l’abolizione nelle scuole dell’insegnamento di qualsiasi religione e la sostituzione ad esso di un corso sui diritti e doveri dei cittadini nelle scuole elementari e delle cosiddette “scienze umane” nelle scuole medie e superiori. La laicità della scuola potrà essere

garantita solo nel momento in cui, in tutti i suoi gradi, la scuola sarà una funzione dello Stato. Tutti questi motivi sono una prova della sua adesione ai principi del più avanzato positivismo pedagogico italiano ed europeo per la sua concezione della scuola sia come scuola laica e scientifica, sia come funzione eminente dello Stato.Ma è questa, a nostro parere, una adesione non completa e non incondizionata, in quanto vediamo, per esempio, il Carabellese allontanarsi dal naturalista Sergi proprio riguardo alla scientificità della scuola, che egli considera non come il fine dell’educazione, ma come la sua caratteristica peculiare, e dall’evoluzionismo dello Spencer, in quanto non accetta la stretta relazione posta tra ontogenesi e filogenesi. La posizione del primo Carabellese nei confronti del positivismo si fa, però, negli anni seguenti sempre più critica, sempre più distante. Lo vediamo, infatti, operare nel suo secondo saggio pedagogico una critica serrata nei confronti del criterio di valutazione del sapere come disciplina mentale proposto dallo Spencer ed entrare in polemica con il pedagogista Tommaso Aragona circa la concezione e la definizione del “fatto educativo”. Il Carabellese non accettava, infatti, l’utilitarismo che fa sì che lo Spencer attribuisca al sapere scientifico valore relativo sia come

OO

PEDAGOGIA

Rita Stanca Vicedirettore di Scuola e Cultura

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guida dell’educazione, sia come “disciplina mentale”. Per lo Spencer il sapere deve essere costituito da cognizioni utili che servano sia a regolare la condotta degli uomini, sia a fortificare le facoltà mentali: contrario all’economia della natura sarebbe, infatti, l’esigenza di un duplice tipo di cultura per giungere ai due risultati. Prova della validità di un unico tipo di sapere e, precisamente, di quello costituito da cognizioni utili sia come guida della condotta degli uomini, sia come formazione delle facoltà umane è, per lo Spencer, il fatto che le facoltà, sia naturali che mentali, si sviluppano sempre in corrispondenza dell’adempimento delle funzioni che devono compiere. Ma per il Carabellese, lo Spencer opera, ingiustificata- mente, il passaggio di un fatto che si svolge nell’ordine della natura, a criterio di valutazione nel campo umano, in un campo, cioè, dominato dalla volontà. Né,

d’altronde, il Carabellese trova un riscontro del criterio dello Spencer nella realtà, dove si nota che una maggiore potenzialità hanno, non coloro che posseggono un maggior numero di cognizioni utili, ma coloro che hanno l’attitudine a possedere cognizioni, anche meno utili, ma di maggiore valore formale. Il Carabellese sottolinea, dunque, la precedenza e la maggiore importanza dell’educazione formativa rispetto a quella informativa, anche se il criterio proposto dallo Spencer porta ad una negazione dell’una e dell’altra: alla negazione, implicitamente, dell’educazione formativa, in quanto l’educazione si deve basare, essenzialmente, su cognizioni utili, alla negazione, implicitamente, dell’educazione informativa, poiché, se è vero che le facoltà mentali si sviluppano, si formano, si “educano” attraverso l’esercizio delle loro funzioni come avviene per le facoltà naturali, è anche vero che le facoltà naturali

non si educano, non si preparano alla loro potenzialità integrale, ma, semplicemente, si attuano, per cui una semplice attuazione e non una formazione, una educazione bisogna riscontrare anche nelle facoltà mentali. Attraverso la polemica che sorge con il pedagogista Tommaso D’Aragona, il Carabellese ha modo di chiarire maggiormente la propria opposizione al positivismo pedagogico del quale non accetta più la riduzione della educazione allo sviluppo naturale psichico o fisiologico dell’individuo e, quindi, la sua riduzione ad un fatto individualistico e spontaneo e, cioè, ad ogni sviluppo che ogni essere vivente consegue in funzione del suo agire in mezzo a stimoli che provengono dalle azioni che il mondo esterno esercita su di esso. Ha modo di puntualizzare la sua posizione negativa nei confronti della teoria pedagogica dello Herbart negando la possibilità di porre a fondamento del fatto educativo le conoscenze psicologiche ed etiche e di ribadire la propria posizione nei confronti della teoria pedagogica del positivista Saverio De Dominicis che, considerando la scienza pedagogica come l’organizzazione logica del fatto educativo e l’arte educativa come l’attuazione della scienza secondo lo sviluppo dell’educando, fa apparire il fatto educativo come qualcosa di diverso dall’arte educativa, laddove, per Pantaleo Carabellese, essi coincidono nel contenuto e nell’estensione. L’errore del De Dominicis sta nel considerare il fatto educativo come un fatto naturale ed universale, di cui è possibile cogliere le leggi che si organizzano nella scienza pedagogica e che, nel momento in cui sono applicate ai singoli individui attraverso delle azioni compiute da altri individui, non sono più universali e determinano l’arte pedagogica che è attività creativa individuale. Per Carabellese, queste attività compiute sono esse stesse fatti educativi e l’arte educativa coincide con il “fatto educativo”. Rita Stanca

Pantaleo Carabellese

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TRADIZIONI POPOLARI

I riti della Settimana Santa a Gallipoli a sempre i riti della Settimana Santa a Gallipoli hanno esercitato su di me un fascino particolare. Sin da bambino la mia mamma mi

portava a vedere la processione della Madonna Addolorata, il venerdì precedente la domenica delle Palme. Da allora ho sempre cercato di esserci, di vedere l'uscita della processione e, insieme a tutti gli altri, mi sono sempre commosso nel momento in cui la statua usciva dalla chiesa. Pochi minuti prima di mezzogiorno i membri della confraternita lasciano la chiesa dove ha appena avuto termine la Santa Messa e, facendosi largo tra la folla dei devoti e dei turisti, si dispongono ai lati della strada.

Indossano la caratteristica veste nera, adornata dallo stemma della confraternita e portano un cero. Uno di loro, il Correttore, si preoccupa di disporre i confratelli in ordine lungo il percorso mentre la tromba, con il suo caratteristico lamento, ed il tamburo precedono il corteo. E' un grande evento per i gallipolini e tutta la città viene coinvolta.Alla processione prendono parte anche il vescovo, il sindaco e le autorità militari, ma non devono essere molto convinti, visto che qualcuno arriva in ritardo, quando la processione è già iniziata. Non so perché, e si tratta di un'opinione strettamente personale, ma mi ha sempre lasciato perplesso vedere

dei militari partecipare ad una processione: mi sembrano fuori posto e non riesco a capire come si possa conciliare nell'ambito di una manifestazione religiosa la presenza di una rappresentanza di militari che, in un modo o nell'altro, portano con sé delle armi, strumenti di distruzione e morte

che poco hanno a che fare con i princìpi del cristianesimo. Allo stesso modo rimasi molto perplesso quando vidi in tv la cerimonia del varo di una nave da guerra della nostra marina militare: un sacerdote la benedisse ed una signora elegante lasciò infrangere sulla prua una bottiglia di spumante, in segno di augurio... Ma

una nave da guerra con tutte le sue armi, non è sempre uno strumento progettato e costruito per portare distruzione e morte anche quando l'intento è quello di difenderci da un potenziale nemico? E come si può pensare che distruzione e morte possano essere portate, per attacco o per difesa che sia, "con la benedizione di Dio"? Scusatemi, ma proprio non capisco ed in ogni caso tutto ciò poco importa in questo racconto. Tutti attendono l'uscita della statua dalla chiesa e l'emozione e la commozione sono tangibili nei volti di quanti si apprestano a prendere parte alla processione. Finalmente la statua compare sulla soglia e il corteo lentamente si incammina. Un silenzio innaturale scende sulla folla: qualcuno prega, tutti ammirano il volto della Madonna e molti, specie le donne, piangono. E' un momento molto commovente e mi rendo conto che non è facile descrivere con le parole - e con le immagini - l'atmosfera

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particolare che si respira.

La processione della Madonna Addolorata è solo l'inizio dei riti pasquali a Gallipoli: il primo atto di una lunga serie di eventi che si concludono il giorno di Pasqua. Giovedì sera, al termine della celebrazione eucaristica"In Cena Domini" si ha l'esposizione del Santissimo Sacramento nelle varie chiese con l'allestimento di quelli che un tempo erano noti come "i Sepolcri". Al pellegrinaggio dei fedeli che affollano inverosimilmente i vicoli dell'antica cittadina, si affianca quello delle confraternite che nelle loro tuniche di vari colori a seconda della congrega di appartenenza, con le mozzette e i cappucci, i bastoni da pellegrino e sempre preceduti dal rullo del tamburo e dal suono della tromba, attraversano le strette stradine del borgo antico fermandosi in pellegrinaggio e adorazione del Santissimo Sacramento nelle numerose chiese della città. I vari cortei si fanno largo, a volte anche con fatica, tra la folla dei fedeli che visitano i sepolcri e l'ingresso in alcune chiese può addirittura risultare difficoltoso per la gente che si accalca per le strade. E' sempre suggestivo incontrare uno di questi cortei: tra il chiacchiericcio della folla è facilmente

distinguibile il rullo del tamburo seguito quasi subito dall'echeggiare della tromba che, come un lamento, oltre a chiedere strada per il corteo, sembrano voler ricordare la tensione ed il dolore che da lì a poche ore si consumeranno nell'apprendere l'avvenuto sacrificio di Gesù. La folla si scansa, si addossa ai lati delle strade ed il corteo dei confratelli di questa o quella congrega passa veloce, con un seguito di fedeli che recitano salmi e preghiere per poi entrare nella chiesa più vicina. Pochi minuti, il tempo di rendere omaggio al Signore e si riparte, sempre tra le gente, sempre in processione, sempre in silenzio, alla volta di un’altra chiesa dove ripetere il pellegrinaggio e le preghiere. Ora che sono cresciuto, l'emozione che provo è molto diversa, ma da bambino avevo quasi timore di queste figure che, nel buio della notte, avanzavano silenziose e si nascondevano sotto i caratteristici cappucci che ad un occhio distratto e blasfemo potrebbero ricordare quelli del famigerato Ku Kus Klan. Le cerimonie religiose che rievocano la morte e passione di Gesù culminano il Venerdì Santo con la processione organizzata dalle confraternite del “SS. Crocefisso” e della “Madonna degli Angeli”. Verso le 18.30, poco prima del tramonto, dalle rispettive chiese che sorgono fianco a fianco lungo la riviera che circonda la città vecchia, parte il corteo sacro noto ai gallipolini come la processione de "L'Urnia". Anche in questo caso si tratta di un evento molto suggestivo con i confratelli che sfilando in processione, portano le statue in

cartapesta che evocano i misteri della passione di Gesù. Qualcuno, per penitenza, è scalzo e si percuote con un antico strumento di tortura chiamato "disciplina" oppure trasporta due grosse pietre appese alle spalle. La luce del tramonto, i colori, il suono della banda che intona marce funebri, il silenzio della gente e la grande quantità di folla che assiste al

dipanarsi della processione lungo gli antichi vicoli contribuiscono a rendere ancor più suggestivo l'evento.

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La particolarità di questa processione è il transito all'interno della cattedrale. Dopo aver percorso alcune strade, il corteo giunge nella basilica di Sant’Agata dove fa il suo ingresso, mentre il silenzio scende sulla folla in attesa.

Confratelli e statue percorrono la navata centrale pergiungere al cospetto dell'altare dove il sacerdote attendeed osserva lo sfilare del corteo. La confraternita del “SS. Crocefisso”, che costituisce la prima metà dellaprocessione, si dispone nella navata di sinistra, quella di“Santa Maria degli Angeli”, nella navata di destra e,quando tutto il corteo è transitato davanti all'altare, laprocessione riprende all'esterno, alla volta della cittànuova. Si procede per tutta la città fino alle 2 del mattinoquando tutte le statue vengono radunate sul bastione difronte alle chiese per la benedizione prima di rientrareciascuna nella propria chiesa.

Quasi non fa in tempo a rientrare la processione de "l'Urnia" che già nella chiesa di “Santa Maria della Purità” si prepara una nuova processione che, animata dai confratelli dell'omonima congrega, porterà in processione le statue di Gesù morto e della Madonna della Croce.

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Il corteo prende il via intorno alle 3 delmattino, quando la città è ancora avvoltadall'oscurità della notte e nel silenzio, rottoancora una volta dal rullo del tamburo edal suono della tromba, si incamminaverso la città nuova. Il transito sul pontesecentesco è particolarmente suggestivonel buio e nel silenzio e, quando la lucedel giorno ormai fatto illumina le statue edi confratelli nelle loro vesti bianche edorate, sul volto dei fedeli che trasportanole statue appare la stanchezza della nottetrascorsa insonne e lo sforzo per il pesoche trasportano. Mario Laporta

Servizio Fotografico di Mario Laporta

Mario Laporta

Nato a Gallipoli il 12.08.1969, affronta gli studi tecnici e scientifici, diplomandosi all'Istituto Nautico di Gallipoli per proseguire gli studi presso la Facoltà di Fisica dell'Università di Lecce ed infine affacciarsi al mondo del lavoro. Per vivere si occupa di informatica in un'azienda leccese, mentre le grandi passioni sono la vela, i viaggi e la fotografia. Per quest'ultima ha avuto la fortuna e l'onore di essere allievo del celebre fotografo modenese Beppe Zagaglia. Coautore dialcune pubblicazioni fotografiche sulla città di Gallipoli, dal 2002 è responsabiledel sito del Gruppo Fotografico Gairò (www.immaginando.org) che cura perso-nalmente e dove pubblica i suoi lavori.

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Papiri falsi el 2001 al Congresso internazionale di papirologia di Vienna

venne messo in vendita, in onore dei congressisti, un opuscolo ben fatto intitolato: «La copia e il falso», a cura di un notevole studioso di nome Christian Gastgeber. Il libretto si apre con un ‘manifesto’ allarmato e allarmante «Attenzione: i falsari sono all’opera (Achtung! Fälscher am Werk)». Perché proprio allora? Il volume contiene la ricostruzione di vari episodi e la biografia di alcuni celebri falsari di varie epoche. In particolare Gastgeber ricostruisce per sommi capi la vicenda di un personaggio al tempo suo celeberrimo, poi quasi dimenticato: il greco (dell’isola di Simi, vicino Rodi) Costantino Simonidis, falsario supremo. Chi era Simonidis?

Mistero regna sia sulla data di nascita che su quella di morte di questo grande paleografo, calligrafo e copista. Potrebbe essere nato nel 1824, ma, per attribuirsi la paternità del codice Sinaitico della Bibbia, egli sostenne ad un certo punto di essere nato nel 1820. Quanto alla data di morte, egli fece diffondere la notizia della sua morte il 20 ottobre del 1867 durante una epidemia di lebbra ad Alessandria d’Egitto. Così poté riprendere indisturbato la sua attività. Ho trovato una sua dedica al medico e scienziato inglese Craigh Gibson datata maggio 1869. Un pastore luterano originario di Lipsia lo avvistò a Mosca nel 1871. Il grande Ritschl smascherò un suo falso frammento di Eschilo, appena giunto (tramite l’egittologo Brugsch Pascià) dall’Egitto, su “Rheinisches Museum” del 1872. Il “Times” pubblicò la notizia della probabile morte di Simonidis il 20 ottobre 1890. Ma Spiridione Lambrios smascherò un suo nuovo falso in un articolo nel periodico greco «Neos Hellenomnemon» nel 1907.

Simonidis aveva incominciato creando testi che imitavano perfettamente manoscritti medievali. Si era addestrato come

copista al monte Athos dove suo zio Benedetto dirigeva un monastero. Primi incidenti sorsero quando egli diffuse alcuni imponenti falsi: un’opera ponderosa (Symaȶs, una storia della sua isola) e poi un frammento geografico su Cefalonia [1850] basati sul riutilizzo di frammenti ricavati dal repertorio geografico di Stefano di Bisanzio (VI secolo d.C.) intitolato Ethniká. Poi passò ai palinsesti. Per smerciarli cambiò teatro: da Atene (dopo un anno a Istanbul dove si legò a grandi famiglie fanariote) passò in Inghilterra (dove strinse legami col grande libraio-editore Trübner, che aveva un giro di affari dal Canada all’India) e in Germania. Qui (1855) portò due pezzi «preziosi»: alcuni fogli del Pastore di Erma sottratti all’Athos e da lui «ritoccati», e soprattutto settanta fogli di un palinsesto contenente un testo che si considerava perduto, la Storia egizia di Uranio, autore noto unicamente attraverso citazioni del solito Stefano di Bisanzio, sua fonte prediletta. Questa sua creazione ebbe un successo strepitoso: l’Accademia delle Scienze di Berlino, popolata all’epoca da personalità insigni, prese per buono l’Uranios. Wilhelm Dindorf addirittura ne pubblicò in anteprima un’edizione parziale per la Clarendon Press di Oxford (gennaio 1856). Fu Costantino Tischendorf, passato in quegli anni al «servizio» dello zar, a smascherare il falso. La polizia berlinese piombò a casa di Simonidis, trovò gli inchiostri, i pezzi di pergamena, il testo di Stefano annotato nei punti relativi a Uranio. Simonidis fu arrestato per qualche tempo; l’Accademia aveva sborsato 5000 talleri e lo stesso re di Prussia, sollecitato in tal senso, aveva messo la sua quota per completare l’esborso, finito in realtà nelle tasche di Dindorf (che si era fatto garante dell’autenticità). Simonidis fuggì in Austria, trovò poi ospitalità nel regno di Baviera. Di lì rispose polemicamente e brillantemente ai suoi critici con un libretto “Sulla autenticità di Uranio”, inventando anche le epigrafi greche (da lui “viste” ad Alessandria – dove

aveva un punto di appoggio riservatissimo) attestanti dettagli su Uranio.

A questo punto pensò bene di tornare in Inghilterra e di cambiar genere: creare papiri. Nel frattempo i papiri letterari erano diventati la grande novità, soprattutto grazie all’acquisto, fatto da mercanti e viaggiatori inglesi, nel 1845/1850 di splendidi rotoli di papiro contenenti intere orazioni di Iperide (l’amico e poi rivale di Demostene), del quale fino a quel momento non si aveva nulla.

Aveva probabilmente dei complici, quelli che potremmo chiamare la «rete egiziana». Il filantropo Stobart ‘procurava’ i papiri, visti i suoi frequenti contatti con l’Egitto; il grande e ricco collezionista Joseph Mayer, di Liverpool, li acquistava per il suo museo privato; Simonidis li srotolava e decifrava. In realtà Stobart vendeva, con tutta probabilità, materiali sia buoni che falsi, questi ultimi fabbricati dallo stesso Simonidis! I pezzi che fecero scalpore, fatti emergere in questo modo, furono: a) il più antico esemplare del Vangelo di Matteo

NN

Luciano CanforaOrdinario di Filologia Greca e Latina presso l’Università degli Studi di Bari. Membro di vari comitati scientifici in Italia e all’estero, dirige la rivista “Quaderni di Storia” e la collana di testi “La città antica”.Per mezzo di numerosissime pubblicazioni nel campo della storia antica, letteratura greca e romana, storia delle tradizioni, storia degli studi classici, politica e cultura del XX secolo, ha reso nuovi e originali contributi alla conoscenza del nostro passato.

STORIA

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ed il Periplo di Marocco, Mauretania e Senegal dell’antico re cartaginese Annone (in traduzione greca). In entrambi i casi si tratta di testi già noti ma da Simonidis abilmente ritoccati con l’aggiunta o modifica di frasi e parole che danno l’impressione di un testo più genuino e più antico. L’imitazione era perfetta perché Simonidis lavorava su vero papiro antico (ce n’è sempre in giro, si trovano ancora rotoli antichi non scritti!) e sapeva invecchiare l’inchiostro con raffinate tecniche.

Infatti il problema è sempre quello della possibilità di dimostrare davvero l’antichità di un papiro. Un falso può essere fatto su papiro antico riutilizzato. E quanto all’analisi chimica degli inchiostri, essa può rivelare la composizione ma non l’età. Il National Geographic ha accumulato verifiche di ogni genere, in questi ultimi anni, per dimostrare l’autenticità dello sconcertante Vangelo di Giuda (papiro copto che ha fatto molto chiasso in questi mesi). Simonidis era dottore in filosofia e teologia e la sua grande competenza era nella filosofia neoplatonica (Giamblico etc.), nella teologia cristiana (inventò quattro trattati filo-ortodossi e antipapisti), e nella geografia (cui doveva essere dedicata anche la sua rivista “Kadmos”). Questo aiuta a comprendere perché si sia cimentato nel fabbricare un “Matteo” e un “Annone”. Si divertì anche a mettere in difficoltà il suo nemico Tischendorf. Quando questi, con l’autorevole appoggio dello zar, riuscì a portar via dal Monte Sinai (convento di Santa Caterina) il più antico manoscritto biblico (il Sinaitico), Simonidis dichiarò al Guardian (1862) di averlo fabbricato lui quel manoscritto! Lo aveva copiato quando lavorava al monte Athos, e suo zio lo aveva donato al Santa Caterina. Tischendorf patì le pene d’inferno per smentire questa auto-accusa (cioè per scagionare Simonidis di essere stato falsario!).

Resta oscuro il momento della fuga di Simonidis dall’Inghilterra, verso l’Egitto, dove egli visse sino alla morte, tentando invano di diventare vescovo ortodosso

dell’Etiopia. Molti suoi pezzi rimasero alla Biblioteca Patriarcale di Alessandria (alcuni sembrano essere scomparsi). Certo è che in Egitto entrò in rapporto con l’egittologo tedesco Brugsch, fatto Pascià dall’autorità egizia, cui diede, perché lo facesse giungere in Germania, il falso Eschilo.

Il cosiddetto papiro di Artemidoro (geografo greco del I sec. a.C.), mostrato a Torino, Palazzo Bricherasio (febbraio-maggio 2006) - e di cui si ignora tuttora l’esatta provenienza - ha molte probabilità di essere un’altra opera di Simonidis. Se ne parla ampiamente nel fascicolo 64 dei “Quaderni di Storia”. La prima colonna del testo contiene una tortuosa e sintatticamente poco “classica” elucubrazione sul rapporto tra geografia e filosofia (definita, come si legge in Giamblico, «divinissima»). La quarta colonna è composta di un pezzo di Stefano di Bisanzio “ritoccato” e farcito di qualche svista, di un pezzo di Marciano di Eraclea (anch’esso appena un po’ ritoccato). Ed è adornato di

disegni dal tratto, nonostante l’abilità della imitazione, moderno. Teste, mani, piedi, lotte di animali. Non va dimenticato che Simonidis era anche un abile pittore e adornava i suoi falsi con teste e mani (il crisobollo posto al termine della Symaȶs e il grande ritratto di Matteo al principio dell’in foliocontenente il falso Matteo, Trübner 1862). Un reperto di cui non viene rivelata l’esatta provenienza si presenta male al mondo degli studiosi. Non basta, per garantirne l’autenticità, evocare un mercante di origine armena dimorante ad Amburgo e avarissimo di notizie sull’origine dei propri “pezzi”. In verità, il cosiddetto “papiro di Artemidoro”, già disteso e costituito di grossi frammenti e di numerosi piccoli frammenti, fu esibito dal mercante nel box di un portofranco presso Basel. Lì fu visto per la prima volta nella suggestiva cornice del box nel lontano 1993. Il pezzo non fu voluto dal Re di Spagna, e nemmeno dai maggiori musei del mondo. Sembra trovarsi tuttora a Milano. Luciano Canfora

Frammento del papiro di Artemidoro

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I DOCUMENTI CHE CAMBIANO LA STORIA Uno scritto utile per la ricostruzione obiettiva dei fatti riguardanti l’Unità d’Italia

COMITATO UNITARIO NAZIONALE DI NAPOLI

Bollettino della Rivoluzione

Il Comando Generale delle forze insurrezionali del Distretto di Vallo Al Comitato Unitario Nazionale di Napoli

Vallo, 4 settembre 1860

Il Movimento Nazionale di questo Distretto in pochi giorni è divenuto generale, ordinato, irresistibile. Non un disordine non una vendetta, ma dappertutto concordia, oblio del passato; pare che le parole magiche Unità d’Italia, Vittorio Emmanuele Re d’Italia, Giuseppe Garibaldi Dittatore delle Due Sicilie abbiano ad un tempo agitato potentemente e moderato questo popolo ardente del fuoco del mezzogiorno – Nobili e plebei, proprietari e commercianti sono concorsi al riscatto della patria; chi non avea armi si offriva a guardia dell’ambulanza, delle munizioni da guerra e delle vetture, e chi non potea partire ha offerto danari ed altri mezzi necessari alla guerra. Questo concorso di tutte le forze vive del Distretto mi ha messo al caso di avviare verso il Campo Generale della Provincia le 4 colonne Nazionali. La prima colonna comandata da Teodosio de Dominicis, e divisa in vari Corpi comandati da Gennaro Pagano, da Pietro Giordano e Michele Magnoni, partiva da Ascea, percorreva le coste marittime del Distretto, e si trovava in Rocca Gloriosa quando le giunse la notizia dello sbarco in Sapri di una Brigata di Garibaldini comandata dal Generale Turr. Il fausto avvenimento venne annunziato dal valoroso de Dominicis ai suoi soldati col seguente ordine del giorno:

1° Corpo delle forze Insurrezionali di Vallo

Ordine del giorno

Rocca Gloriosa, 2 settembre 1860

SoldatiAbbiamo effettuata questa mattina la nostra terza marcia percorrendo ed operando in Sanseverino, Poderialelle e Rocca Gloriosa in dove pernottiamo – Domani anderemo a Torre Orsaja e Castello Ruggiero – La nostra militare organizzazione progredisce, e prestamente saremo soldati disciplinati se voi vi continuate a prestare obbedienti ai superiori ordini e pronti ad eseguire le norme che vi van dettando – È mia ambizione condurre una Coorte lodevole per virtù militari e patriottiche al Generale Dittatore Garibaldi. Tradirete voi le mie speranze? Non voglio credere, mentre fu vostro scopo nell’abbandonare le vostre case di difendere la causa nazionale, e per raggiungerlo è d’uopo divenir soldati, e lo diverrete sempre che il vogliate. A Sapri è sbarcata questa mattina una colonna di 4000 Garibaldini comandati dal Generale Turr. Domani la stessa marcerà per Lagonegro. Da bravi soldati il momento supremo è per noi venuto, e con ogni nostro sforzo, coi palpiti del cuore aneliamo l’ora del congiungimento coi vostri valorosi fratelli Italiani. Il Generale Comandante Teodosio de Dominicis

La seconda Colonna comandata da Stefano Passaro muove sopra Diano. La terza Colonna comandata da Cristoforo Ferrara va anche ad accantonarsi a Diano.

STORIA

Mazzini: “Ho pensato, tentato, potuto: non ho fatto”

Italiani: Voi siete ora un Popolo di ventidue milioni. Voi siete liberi e forti. I vostri giovani hanno dimostrato di essere prodi. Il vostro esercito ha combattuto e vinto battaglie d’indipendenza. Avete mezzi di difesa e di offesa tra l’Alpi e il mare quanti bastano a far rispettare la volontà vostra, purché voi cominciate dal rispettare voi stessi. I popoli d’Europa salutano in voi l’iniziativa ch’altri per propria colpa ha perduto e guardano con favore e speranza a ogni vostro passo indipendente da chi è meritamente sospetto a tutti sulle vie del futuro. Non vi è più concesso di mostrarvi moralmente codardi. Non potete disonorare con la fiacchezza del servo la terra ove Garibaldi nacque e avrà sepoltura.

Giuseppe Mazzini

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La quarta comandata da Salvatore Magnoni, e divisa in tre corpi comandati dai Maggiori del Mercato, de Angelis, Zammarelli, converse rapidamente sopra Diano. All’entrata di questo corpo in Vallo, tutta la Città fu illuminata e la popolazione intera a mezzanotte gli venne incontro tra le grida entusiastiche di Viva l’Unità d’Italia, Viva Vittorio Emmanuele Re d’Italia, Viva Giuseppe Garibaldi Dittatore delle Due Sicilie. Vi trascrivo l’ordine del giorno che ho creduto qui pubblicare:

Ordine del giorno

CompagniSon contento di Voi. Ieri avete fatta una marcia da vecchi soldati. Voglio dare un compenso alle vostre fatiche, sicuro che vi tornerà grato più che qualunque altro premio. Il Generale Turr è sbarcato con una brigata dell’invincibile armata del Dittatore sulle spiagge di Sapri. Non amate voi presto abbracciare questi prodi compagni d’armi e dire al loro Generale: guidateci alle patrie battaglie. Fidate nel vostro. Vallo, 3 settembre 1860

Commissario Delegato Lucio Magnoni

Nel partire da Vallo il Comandante della quarta colonna ha fatto poi il seguente ordine del giorno:

Ordine del giorno Compagni d’armi! Nell’assumere il comando del 4 corpo delle forze insurrezionali di questo Distretto, fido non tanto nelle mie deboli forze quanto nel vostro patriottismo, nella vostra abnegazione. Quando saremo al campo Generale delle forze insurrezionali della Provincia spero di poter dire al Comandante Fabbrizio: i patrioti del Distretto di Vallo han battuto col piè la terra ed hanno levato armati, fatene voi soldati d’Italia: essi non aspirano che alla gloria di combattere a’ fianchi de’ vincitori di Calatafimi, Palermo, Milazzo, Reggio e Piale. Vallo, 4 settembre 1860

Il Comandante del 4 Corpo Salvatore Magnoni

Proclami di Mazzini Siciliani! Per la vostra vittoria il popolo italiano ha conquistato la coscienza delle proprie forze, la fiducia in sé. Per voi, noi esuli dall’Italia passeggiamo con più sicura e serena fronte tra gli stranieri che ieri ci commiseravano, ed oggi ci ammirano (1848).

**********

Ogni pensiero, ogni nostro fatto, sia pensiero, sia fatto italiano. Trasformiamoci nella fede e nell’amore per essere potenti e trasformare l’Italia.

**********

Superiore a tutte le Patrie, superiore all’Umanità, sta la patria degli intelletti, la città dello Spirito: in quella son fratelli i credenti nell’inviolabilità del pensiero, nella dignità dell’anima nostra immortale (26.7.1848).

**********

Sorgiamo nella virtù di un principio; e quella che stolti chiamano l’ultima ora d’un popolo, ne sia la prima. Viva l’Italia una, libera, indipendente.

**********

Ricordate che Nazione e Indipendenza sono nomi vani e menzogne di vuota gloria se la Nazione non è associazione di liberi… Gli schiavi non hanno patria… Non separate mai, o giovani, la questione della Libertà da quella dell’Indipendenza (Al Battaglione degli Studenti, 1848).

Giuseppe Mazzini

A Silvio Verratti Fratello,1grazie sincere della vostra lettera. Io avevo già notato il nome vostro appiè di eccellenti articoli nel “Popolo d’Italia”. Non vedo il pensiero. La questione religiosa è vitale, ma non si scioglierà che dall’atto di una nuova fede, derivata dalla nuova nozione della legge della vita: Progresso. Risponderò tra poco a una lettera dell’amico Morelli in proposito. Intanto bisogna far guerra egualmente vigorosa al dogma cristiano e al materialismo: preparare gli animi a nuove cose. E queste nuove cose non possono affacciarsi con successo se non davanti a un popolo sovreccitato di entusiasmo e di fede in sé. Se l’Italia movesse a Venezia e di là a Roma, la questione religiosa si presenterebbe inevitabile in quest’ultima città, ma si presenterebbe ad un popolo che avrebbe conquistato in guerre nazionali la propria coscienza di sé, capace quindi di accogliere ogni più alto pensiero. Oggi nol può perché tradisce il proprio dovere, e lascia lo straniero tranquillo in casa sua. Non separate mai dunque la questione nazionale e la religiosa. L’una è il mezzo per giungere all’altra. E’ guerra continua al Papato e al Principato: sono varianti dello stesso principio.

Addio fratelloVostro Giuseppe Mazzini

1Non conosciamo la data in cui la lettera del Mazzini è stata spedita. Dovrebbe però riguardare i primi anni della vita politica di Silvio.

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Poesia della Natura nella Bibbia - Frammentia cura di Wilma Vedruccio Congedo Editore, Galatina (LE), 2003

a Bibbia e la poesia della natura. Ma la Bibbia è il libro poetico per eccellenza dove tutto è poesia, come dissero i

romantici, ponendola accanto ai poemi omerici, nel mito letterario del poeta primitivo. Il poeta della Bibbia è Dio, sia che parli agli uomini di ogni tempo attraverso la voce dei profeti, sia che ispiri i testi in essa contenuti con la sua parusia che si fa corpo nella parola. Trasferita definitivamente dall'oralità alla scrittura da Esdra (V sec. a.C. ), fu la primaopera in assoluto ad essere stampata con i caratteri mobili da Gutenberg a Magonza (1455). Libro dei libri, rappresenta, a dirla con Isidoro di Siviglia, la più antica biblioteca nella storia dell'umanità. Nella Bibbia è scritto e 'conservato' tutto ciò che l'uomo deve sapere circa il suo dover essere, nei confronti del sacro e dell'umano, in rapporto al tempo e all'eternità. Ebbene, questo Libro, che ha dato vita alle tre religioni monoteiste, è anche il punto di partenza, la sorgente più remota della civiltà mediterranea. E il segno iconicamente più significativo ci è offerto proprio dal paesaggio che fa da cornice al tessuto teologico, dalla cosmogenesi dell'incipit ai testi sapienziali: piante, animali, acque, deserti, rocce, terre e cieli hanno una loro radice nell'ambiente geoantropico che si affaccia sul mare-ponte di civiltà: Oriente e Occidente sono saldati dalla stessa luce, dallo stesso clima, dalla stessa natura.Questo scenario naturale è l'oggetto della piccola antologia curata da Wilma Vedruccio sull'onda di un'impressionistica selezione lirico-meditativa che non ha alcun carattere esegetico o ermeneutico, sicché il lettore non scorgerà altro canone, nella selezione, che non sia quello dell' abbandono alle suggestioni di edenica purezza e di religioso amore per la Natura suscitate nella curatrice dalla lettura diretta, immediata, direi edonistica, dei sacri testi. Isolare, focalizzare, divulgare i frammenti di naturalistica connotazione, decontestualizzati ed offerti nella loro “nudità” poetica all'attenzione del lettore, significa trasmettere (o tentare di trasmettere) agli altri un messaggio educativo senza moralistica pedagogia, un invito ad amare e a rispettare un ecosistema prossimo al tracollo per via dei continui assalti sferrati dal progresso tecnologico-consumistico a quegli equilibri ambientali che hanno fatto da castone, per millenni, al sentimento religioso, alla storia del sacro, alla vita stessa dell'umanità fino a quando ha saputo (o potuto) rimanere autentica, ossia rispettosa del suo essere interna a un cosmo naturale che, pure, le era subalterno o funzionale ai suoi bisogni vitali, al suo destino di depositaria e utente privilegiata dalla creazione. Dimensione terrena ed escatologica dell'uomo passano inevitabilmente attraverso la dimensione "naturale". Si pensi a Dante (Far. III, 85-87) e a tutto il pensiero antico e medievale per giungere, poi, alle posizioni etero-dosse del naturalismo rinascimentale osservando il carattere religioso che lo riveste. Ma la Natura, nella sua “rivelazione”, è anche lo stelo più piccolo dell' erba, è l'acqua "umile, preziosa e casta", chiara come il sole e le stelle. Pietosa sorella e madre dell'uomo nel suo essere pellegrino verso la morte o verso una vita promessa e non ancor posseduta, essa è l'unica ricchezza dell'umanità. A farci amare questa ricchezza attraverso la “voce” della Bibbia giovi questo castissimo panorama poetico che la Vedruccio ha raccolto come la dantesca Matelda... "scegliendo fior da fiore".

Gino Pisanò (Università di Lecce)

LL

IL LIBRO

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Gianfreda, Miglietta, Sansò, La terra degli uragani-Trombe d’aria nel Salento 1467-2005 Prefazione di Livio Ruggero Colibrì, Diso (LE), 2006, Euro 12,00

ra una giornata umida, tipica di metà novembre, caratterizzata da un intenso vento che spirava da Sud. Nulla avrebbe fatto presagire ciò che da lì a

poche ore sarebbe successo. Alle 3.00 di quella notte un violento tornado devastò campagne e lambì 5 comuni del Salento meridionale arrecando ingenti danni lungo una direttrice che da Sud Ovest a Nord Est percorrendo una fascia di territorio lunga circa 30 Km. Qualcuno, o meglio qualcosa, stava scrivendo per noi un libro i cui capitoli erano, a nostra insaputa, sparsi nel tempo. Fu così che col metodo del geologo che legge il libro della natura per ricostruire il passato e prevedere il futuro, si iniziò a raccogliere foto, testimonianze, pubblicazioni, articoli di giornale, tutto materiale che ci raccontava di una terra per niente tranquilla: una Terra di Uragani. Sono fenomeni naturali tra i più affascinanti che avvengono in atmosfera. Colonne d’aria in rotazione, riconoscibili per la caratteristica forma ad imbuto, la cui parte più alta è rivolta verso una grossa nuvola apportatrice dei temporali, e la parte bassa protesa verso il suolo, che assume la forma di proboscide. La “proboscide” è in realtà una nube di goccioline d’acqua mescolate a polvere e rottami, più densi vicini al suolo. Ciò è dovuto al fatto che la bassa pressione al suo interno risucchia i materiali in prossimità della tromba, spingendoli verso l’alto. Mentre gli oggetti vengono strappati dal terreno verso l’alto, quelli nella parte alta vengono scagliati al di fuori dalla forte velocità del vento, in un ciclo continuo. All’interno del vortice i venti possono soffiare a più di 500 km/h, ma anche al suo esterno i venti possono raggiungere valori elevati. Requisiti fondamentali per la formazione di questi vortici sono la presenza di moti ascensionali e di rotazione che si innescano allorchè una massa d’aria di un fronte freddo spinge verso l’alto l’aria presente in prossimità del suolo. La Puglia, specialmente nella sua parte meridionale, è esposta d’estate a temporali anche violenti, associati quasi sempre alla discesa di aria fresca e secca dai Balcani. Tale massa d’aria, di origine continentale, si scontra con aria calda e molto umida proveniente dal Golfo di Taranto; da qui la formazione dei tanti tornado che sono stati generalmente trascurati negli studi climatologici che hanno riguardato questa regione nonostante questi eventi occasionali abbiano prodotto ingenti danni e numerose vittime. Le numerose trombe d'aria che si sono tragicamente abbattute nel Salento hanno lasciato la loro traccia nelle tradizioni locali e hanno attratto l'attenzione di alcuni ricercatori che hanno prodotto delle descrizioni dettagliate delle trombe d'aria e dei loro effetti (Andriani, 1888; De Giorgi 1885, 1898; Franco 1897; Mannarini, 1935). La prima tromba d'aria per la quale esiste una descrizione dettagliata investì i centri urbani di Lequile e S.Pietro in Lama, vicino Lecce, poco dopo il mezzogiorno del 22 giugno 1546. Cronache ed atti notarili dell'epoca (Palma, 1992) riferiscono i catastrofici effetti di questa tromba d'aria: alberi sradicati, case crollate e chiese scoperchiate. La tromba d'aria provocò la morte di 24 persone. La più devastante verificatesi nel Salento negli ultimi due secoli fu probabilmente quella che interessò i centri urbani di Sava e Oria il 21 settembre 1897 causando più di 55 morti e più di 250 feriti gravi. Questo evento catastrofico ebbe ampio risalto sulla stampa nazionale ed i suoi effetti furono descritti in gran dettaglio da parecchi autori (Franco, 1897; De Giorgi, 1898). La tromba d'aria attraversò l'ampia superficie che si estende tra Brindisi, sul Mar Adriatico, e Taranto sul Mar Jonio, da SW a NE tra le 2 e le 3 pomeridiane. Il tracciato, lungo 36 km e ampio da 400 a 850 m, fu percorso ad una velocità media di 50 km/h tra Sava e Oria e 30 km/h tra Oria e Latiano. I suoi effetti catastrofici furono particolarmente evidenti a Sava, dove crollarono 21 case e molte altre furono scoperchiate o parzialmente danneggiate, e anche nella parte occidentale dell'abitato di Oria, investita con particolare violenza. De Giorgi (1898) descrive con grande dettaglio i danni prodotti su case in pietra, molte delle quali crollarono o furono seriamente danneggiate. A pensarci bene quelle condizioni meteorologiche del 16 novembre avrebbero potuto far presagire il Tornado del 17 novembre 2000: bisogna solo leggere il libro! ƴ

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IL LIBRO

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Notizie, aggiornamenti e riflessioni sul mondo della scuola a cura di Maria Gabriella de Judicibus

Il "cerchio magico"di Maria Gabriella de Judicibus

Progetto Lauree Scientifiche, Orientamento e formazione degli insegnanti – MATEMATICAdi Marcello Pedone

Quale Scuola?di M. Florinda Fracella

RUBRICA

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“Il cerchio magico” a valorizzazione di tutte le risorse cognitive e relazionali di un soggetto in

formazione è affidata alla sinergia d’intervento delle istituzioni, prima fra tutte la famiglia, seguita dalla scuola.A scuola, i soggetti in formazione trascorrono tre quarti del proprio tempo e, in mancanza di una famiglia dai valori saldi o di luoghi aggregativi che trasmettano certezze, spesso, solo a scuola, possono trovare quell’esemplarità e quelle indicazioni culturali in grado di consentire loro di orientare consapevolmente le proprie scelte di vita. I dati relativi alle cause esogene ed endogene di dispersione scolastica ancora troppo elevata nelle regioni meridionali, rilevano che tra i giovani, emerge soprattutto un concreto bisogno di relazione e comunicazione che trova attualmente riferimento nelle strade o in spazi liberi dove si creano aggregazioni informali spesso caratterizzate da modelli educativi devianti, data la mancanza di strutture in grado di offrire alternative valide in termini di proposte che favoriscano e promuovano una corretta socializzazione nell’ambito della crescita culturale personale.1Lo stato di “abbandono affettivo ed educativo” nel quale spesso i giovanissimi si trovano, impone a tutti noi educatori di riflettere sullo stretto legame tra “dispersione scolastica” e disagio giovanile e di pensare attivamente a come poter promuovere nei singoli soggetti quel “successo formativo” che non consiste solo nel traguardo scolastico in termini di profitto disciplinare ma nella possibilità di “sentirsi felice” nel tracciare, con successo, il proprio personale progetto di vita.2Il numero dei drop-out, ovvero dei giovani che non conseguono alcun titolo di studio dopo la licenza media, è molto elevato ed è spesso accompagnato da fenomeni di microdelinquenza, bullismo, tossicodipendenza. Ciò che risulta importante notare è che prima dell’abbandono vero e proprio, la scuola segnala una

serie oramai abbastanza scontata di “campanelli d’allarme”: assenze reiterate, ritardi frequenti e spesso mal giustificati, verifiche di profitto con esito negativo, atteggiamenti di insofferenza e/o sfida che costituiscono una casistica di indizi preoccupanti per osservatori competenti, in grado di comprendere come tra il momento dell’ingresso dell’allievo a scuola e quello del suo definitivo rifiuto delle istituzioni, trovino posto spazi preposti alla decisionalità istituzionale inutilizzati dagli attori del processo educativo.3L’abbandono scolastico è spesso l’equivalente di una sconfitta in termini di autostima: non è, infatti, una scelta decisionale volontaria, effettuata per inaugurare nuovi traguardi ma l’epilogo di un processo di regressione, in cui dolorosi insuccessi, corredati da crescente perdita di fiducia nelle istituzioni e in se stessi, conducono alla convinzione di non essere in grado di orientare la propria esistenza. Abbandonare è un “non scegliere”, un rifiutare di proporsi attivamente in società.4Per questi motivi è fondamentale che l’adolescente possa contare sull’istituzione scolastica tanto più quando non può contare sull’istituzione familiare o sul contesto sociale d’appartenenza. Gli adolescenti cosiddetti “difficili” si presentano chiusi ed introversi5o, al contrario, iperattivi, irrispettosi di orari e regolamenti; incapaci di essere propositivi, demotivati e con poca fiducia nelle proprie capacità o nel contesto sociale in cui si inscrive il personale progetto di vita, spesso protesi ad attirare l’attenzione su di sé attraverso comportamenti irregolari salvo poi dimostrarsi incostanti e superficiali nelle prestazioni. I problemi connessi all’area strettamente cognitiva si rivelano, poi, con “forte deprivazione linguistica e conseguenti difficoltà scolastiche derivanti dall’incapacità di utilizzare strumentalmente la lingua standard nelle abilità di studio e poca abitudine al pensiero astrat-

to con conseguente difficoltà di concettualizzazione e di memorizzazione teorica”.6Le problematiche inerenti all’area psico-relazionale, in stretta connessione con quelle già enunciate, spesso presentano picchi individuali preoccupanti per manifestazioni di disagio così forte da interferire irrimediabilmente con il clima del gruppo classe, generando disagio diffuso e mettendo gli operatori scolastici in situazioni problematiche, a volte disperate, di crisi profonda. Le tre problematiche evidenziate sono interconnesse al punto che l’una può generare l’altra e/o fungere da cassa di risonanza7 e, pertanto, devono essere affrontate con un approccio integrato perché solo nell’integrazione delle risorse, è possibile rintracciare soluzioni complesse per problemi complessi. La povertà culturale del back-ground dei soggetti in formazione con situazioni di profondo degrado sociale e/o economico e un’offerta di lavoro dequalificato, sommerso o addirittura illecito, devono essere affrontati con un approccio di tipo sistemico in cui la comunicazione tra istituzioni sia improntata alla formulazione di un “cerchio magico” capace di restaurare l’eticità dei rapporti interpersonali, sociali e professionali, nel rispetto dei

LL

Maria Gabriella de Judicibus Scrittrice e poeta, collabora con la cattedra di Didattica della Lingua Italiana della prof.ssa Letizia Mazzella (Università di Lecce). Insegna all’IPSSCTP “A. De Pace” di Lecce.

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valori più profondi dell’esistenza umana.La scuola e le altre istituzioni che producono “educazione”,8 devono riappropriarsi della vocazione di leadership sociali, ponendosi al centro dell’evoluzione del sistema socio-spaziale del territorio in cui si inscrivono, interlocutori privilegiati di tutti gli altri soggetti in materia di cultura e progresso. Il modello di didattica che noi auspichiamo, pertanto, è frutto di ricerca teorica e di esperienza scolastica, in quanto riteniamo che la didattica in quanto disciplina metacognitiva rivolta allo studio di processi in atto, si fondi sull’apporto teorico offerto dalla ricerca epistemologica disciplinare, sull’approfondimento pedagogico, in quanto si interagisce con soggetti in situazione di apprendimento e soprattutto sulla fondamentale considerazione che l’oggetto di detta didattica, non può essereasetticamente considerato senza passare per lo studio e l’analisi della sua strutturazione in fieri, ovvero di quei processi di formalizzazione che è possibile analizzare a partire dalle performances concrete, la cosiddetta “produzione” di ciascun campo specifico disciplinare, inquanto essi consentono la formalizzazione “linguistica” del potenziale semantico cognitivo di ciascuno. Personalmente, ho coprogettato e coordinato numerosi percorsi integrati finalizzati al recupero di drop-out: percorsi biennali di “obbligo formativo” realizzati con diverse agenzie di formazione e percorsi triennali sperimentali affidati dall’USR Puglia all’IISS “A. De Pace” di Lecce e ritengo sia possibile fare un primo bilancio dell’esperienza che si è rivelata sicuramente positiva seppur difficile e complessa. I corsisti sono stati orientati sempre, attraverso colloqui individualizzati e strumenti di monitoraggio e controllo dei processi, messi a punto ad hocdall’èquipe di formatori composta da esperti nel campo del tutoring. Molto importante si è rivelata, infatti, questa azione di continuo rinforzo, sollecitazione, recupero,

potenziamento che ha permesso di personalizzare i percorsi e di far sentire ciascun corsista protagonista del processo formativo.Pertanto, riteniamo di dover sottolineare come sia di prioritaria importanza, nel campo del successo formativo e della rimotivazione cognitiva ed affettiva, il ricorso a figure tutoriali (più di una) con competenze e sfere d’intervento diverse e complementari da affiancare ai docenti disciplinari ed agli esperti della formazione professionale. Il soggetto in difficoltà emotiva o cognitiva deve, infatti, poter usufruire di una figura che lo affianchi e lo aiuti a superare la difficoltà tempestivamente, prima, cioè, che essa si sommi ad altre motivazioni di disagio e divenga macigno insormontabile e insostenibile che conduce inevitabilmente all’abbandono. Poiché esistono difficoltà di tipo diverso, come abbiamo visto precedentemente, riconducibili a tre macrotipi principali, tre devono risultare le aree di intervento su cui collocare le figure di supporto all’azione formativa: l’area cognitiva disciplinare che richiede l’intervento di disciplinaristi specializzati nel recupero e rinforzo; l’area affettivo-relazionale che necessita di esperti educatori in grado di ascoltare e interagire costruttivamente con il soggetto contribuendo all’esplicitazione di quelle competenze trasversali che richiedono proprio la capacità di interagire nel gruppo e di condurre a termine il compito assegnato; l’area psico-emotiva che richiede l’intervento di un esperto delle dinamiche psicologiche legate alle varie fasi e situazioni che il soggetto in crescita deve affrontare. Queste figure tutoriali non sostituiscono ma affiancano e supportano le figure istituzionali tradizionali dei percorsi formativi fin qui condotti, ovvero i docenti delle varie discipline, gli esperti della formazione professionale, il coordinatore del consiglio di classe integrato, il tutor aziendale. Oggi più che mai, in assenza di una famiglia tradizionale che

possa seguire costantemente il processo di crescita del minore (anche nelle “migliori” famiglie, i ritmi di vita comportano comunque forme diverse di “assenza” affettiva), a scuola è necessario che il bambino, l’adolescente, il giovane possano cercare e trovare quella forma tutoriale di confronto e conforto necessaria per affrontare il processo di crescita con serenità e responsabilità. So che è sempre più difficile fondere competenza disciplinare e perizia pedagogica in classi numerose e scuole dalle strutture non sempre adeguate ai bisogni di un’utenza sempre più variegata e multietnica ma non dobbiamo dimenticare mai che la vera democrazia si costruisce attraverso l’integrazione, la tolleranza, la cooperazione e soprattutto che spesso i nostri allievi, oltre alla scuola non hanno nient’altro. Maria Gabriella de Judicibus

NOTE

1Mori F.Nessun bambino nasce cattivo Bollati-Boringhieri 2001. 2Pisano O. Per la costruzione di un sistema di ricerca educativa F. Angeli 2002. 3Maggiolini A. Riva E. Adolescenti trasgressivi. Le azioni devianti e le risposte degli adulti F. Angeli Milano 1999. 4Arielli E. Scotto G. I conflitti. Introduzione ad una teoria generale Bruno Mondadori Milano 1998.5Titone R. Problemi di psicopedagogia del linguaggio Guerra- Perugia 1999. 6Gardner H. Sapere per comprendere Feltrinelli Milano 1999.7Greenspan S. I. L’intelligenza del cuore. Le emozioni e lo sviluppo della mente Milano, Mondadori 1997.8Golstein A. P. Glick B. Stop all’aggressività Trento Erikson, 1990.

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Progetto Lauree Scientifiche, Orientamento e formazione degli insegnanti – MATEMATICA

er il secondo anno consecutivo l’I.I.S. “A.DE PACE” di Lecce partecipa

al progetto "Lauree Scientifiche" con gli allievi che si sono distinti nelle discipline dell'area scientifica, nel corso dell’anno. Personalmente, con la collaborazione di Piera Ligori guiderò gli allievi in questo interessante percorso che si pone la finalità di fronteggiare un fenomeno preoccupante: la flessione media del 50% circa, nelle iscrizioni ai corsi di laurea di Matematica, Fisica e Chimica (rispettivamente -43.1%, -55.6%, -63.3%), nonostante i laureati in queste discipline, risultino tra i più ambiti dal mercato del lavoro. La conseguenza di ciò è una perdita di competitività internazionale nel campo dell’alta tecnologia, sia per la difficoltà delle imprese di far fronte alla richiesta di ricercatori e tecnici di alta qualificazione scientifica sia per la difficoltà di reperire un numero sufficiente di docenti qualificati di materie scientifiche nella Scuola di ogni ordine e grado. Si rende anche necessario ripensare alle modalità della didattica e prevedere azioni preordinate a valorizzare la scelta universitaria dei giovani, rendendo attrattivo lo studio delle discipline scientifiche. L’esigenza quindi di incentivare le scelte da parte degli studenti di percorsi formativi scientifici, ha condotto il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR), ad emanare, nell’ambito della programmazione universitaria per il triennio 2004/2006, il D.M. 5/8/04 in cui si prevede, nell’art.14, che siano destinate risorse finanziarie “per il sostegno delle iniziative delle università preordinate all’incremento delle iscrizioni ai corsi di studio afferenti alle classi 21, 25 e 32.” Nace così il: Progetto Lauree Scientifiche, Orientamento e formazione degli insegnanti – MATEMATICA, messo a punto nel corso della Conferenza Nazionale dei Presidi delle Facoltà Universitarie di Scienze e Tecnologie e di Confindustria, del

17 giugno 2004, con l’intento di offrire risposte concrete alla crisi delle vocazioni scientifiche, che interessa i paesi più industrializzati dell’area europea. Il titolo Progetto, a livello nazionale ha come Università capofila, l’Università di Trento, con il coordinamento del prof. Gabriele Anzellotti.L'Università degli Studi di Lecce partecipa a questo ambizioso progetto con il coordinamento del prof. Sebastiano Rizzo ed il coinvolgimento dei seguenti istituti di istruzione secondaria superiore della provincia: Liceo Classico "F. Capece", P.zza Aldo Moro - Maglie – tel. 0836/484302 (Referente: Lucia Pulimeno); Liceo Scientifico "G. Banzi Bazoli", Piazza Palio - Lecce – tel. 0832/396534 (Referente: Prof.ssa Anna Rita Lorenzo); Istituto d’Istruzione Superore "A. De Pace"; Viale Marche – Lecce – tel. 0832346962 (Referente:Piera Ligori). Il progetto ha l'obiettivo di incrementare il numero degli immatricolati ai corsi di laurea afferenti alla classe 32 - Scienze matematiche, mantenendo un alto standard di qualità degli studenti, nonché l'obiettivo generale di dare agli studenti della scuola secondaria una più corretta percezione della matematica, della sua ricchezza culturale, della sua inesauribile autonoma vitalità e della sua potenza come strumento per il pensiero scientifico e tecnologico. L'obiettivo complessivo viene perseguito attraverso obiettivi intermedi che consentono di collegare la matematica alle altre discipline ed al mondo delle imprese e delle professioni, offrendo agli studenti l'opportunità di valutare la propria preparazione in relazione agli studi universitari di tipo scientifico e tecnologico, ed ai docenti, strumenti e strategie per interessare e motivare gli allievi sostenendoli nel processo di orientamento pre-universitario. La nozione di Laboratorio di Matematica, come "luogo" in cui studenti e docenti fanno

matematica e più precisamente come "insieme strutturato di attività volte alla costruzione di significati degli oggetti matematici... in qualche modo assimilabile alla bottega rinascimentale, nella quale gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, comunicando fra loro e con gli esperti" [Matematica 2003 - Unione Matematica Italiana] è in linea con le raccomandazioni più recenti della ricerca didattica internazionale ed è stata accolta molto favorevolmente dalla Scuola e dall'Università in tutte le sedi partecipanti. La progettazione congiunta tra

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Marcello Pedone Si è laureato in Fisica, presso l'Università di Lecce nel 1980 con 110/110 e lode ed è docente di Matematica e informatica nelle scuole superiori dal 1985. Attualmente è in servizio presso l'IISSS "A. De Pace" di Lecce, dove svolge la funzione obiettivo per la gestione del P.O.F.È vicepresidente della Mathesis di Lecce e responsabile del Test Center dell’AICA, presso l'IISSS "A. De Pace" di Lecce. Gestisce da tempo il visitatissimo sito “matematicamente.it” con Antonio Bernardo (Università di Lecce).

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docenti della scuola e dell'università è una caratteristica speciale dei laboratori, grazie alla quale si intende favorire lo sviluppo della conoscenza reciproca e della capacità di collaborare fra le persone e le istituzioni. L'importante attività di formazione e auto-formazione degli insegnanti che ha luogo nei laboratori deve essere valorizzata, certificata e misurata in termini di crediti formativi universitari, in modo da poter entrare in un portfolio delle competenze degli insegnanti, anche al fine di ottenere a lungo termine titoli universitari, come ad esempio un master.A questo fine, nel corso dei due anni di durata del progetto, è previsto di sviluppare in ciascuna regione un corso di perfezionamento (ex art.6 della Legge n.341/90) come momento di rielaborazione delle esperienze dei laboratori, approfondimento disciplinare, confronto metodologico, diffusione delle migliori pratiche, consolidamento di una comune professionalità degli insegnanti. Ugualmente o forse anche più importante è poi il

fatto che l'attività informale dei ragazzi con oggetti ricchi di potenzialità e di significati matematici, se viene condotta con adeguata attenzione anche all'aspetto didattico e della costruzione dei concetti, porta ad apprendimenti efficaci e permanenti. L'obiettivo si persegue con una azione volta a progettare e sperimentare mini-mostre itineranti da allestire presso gli istituti scolastici. Lo sviluppo delle mini-mostre è curato da "Il Giardino di Archimede - Museo per la matematica", dal Centro "Matematita" - Centro di Ricerca interuniversitario per la Comunicazione e l'Apprendimento Informale della Matematica, con sede centrale a Milano - Città Studi, di cui fanno parte anche le università di Milano “Bicocca”, Pisa e Trento e dal "Laboratorio delle Macchine Matematiche" dell'Università di Modena e Reggio Emilia. La mostra itinerante "Geometria a tu per tu", insieme ai relativi kit di lavoro per piccoli gruppi, realizzata dal Laboratorio delle Macchine Matematiche del

Dipartimento di matematica di Modena ha avuto numerosi allestimenti in particolare nel Centro-Nord dell'Italia. Obiettivo del progetto è di realizzarne una ulteriore copia e di diffonderne la conoscenza e incentivarne la fruizione. A questo fine si cofinanzierà il trasporto e si finanzieranno brevi stages di insegnanti e studenti presso il Laboratorio delle Macchine Matematiche del Dipartimento di matematica di Modena. In tutti i casi le mini-mostre comprendono un manuale per l'insegnante, nonché esempi di attività e materiali per gli studenti, messi a punto attraverso una collaborazione con gruppi di insegnanti. Complessivamente è prevista la realizzazione di 15-20 kit per la messa in opera di minimostre e laboratori che saranno sperimentati in più Regioni attraverso la rete dei progetti territoriali e degli Istituti scolastici collegati. Marcello Pedone

Ulteriori notizie possono essere attinte direttamente sul sito : http://www.matematica.unile.it...%20Lauree%20Scientifiche__obiett_gen.htm

([email protected]; [email protected])

Alcune immagini della mostra “Geometria a tu per tu”

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Quale scuola? rofessori e studenti spesso, sono sulla graticola della cronaca per fatti spiacevoli.

Molti genitori e rappresentati di istituzioni attaccano l’operato di docenti e presidi con accuse e dati di fatto, all’apparenza oggettivi. Aleggia un senso di sfiducia intorno al pianeta scuola come istituzione che educa e che trasmette cultura. In quest’ottica tutto sembra in caduta libera: i professori non sanno insegnare e di conseguenza i neo professionisti sono ignoranti, i presidi gestiscono la scuola solo come manager, gli studenti si danno alla bella vita certi della promozione finale. A scuola non arriva un’utenza selezionata come avveniva in passato, l’obbligo scolastico e il bisogno del titolo di studio per un qualsiasi posto di lavoro, hanno spinto tra i banchi anche coloro che, in passato, sarebbero andati volentieri ad imparare un mestiere facendo a meno degli studi. Oggi la storia gira diversamente, ci vuole cultura o forse è meglio dire che ci vuole quel famoso “pezzo di carta”. Ed un pezzo di carta diventa nella mente dei più, non un diploma! Così si parla di Dante, Petrarca o Vittorini, delle guerre puniche o della guerra fredda a chi proprio è lontano da certi interessi né ha voglia di imparare, convinto com’è che tutto quel bel parlare alla fine, poi, non serve e nel migliore dei casi per rimanere sveglio pensa alla partita di pallone che dovrà disputare, alla ragazza o allo scherzo da preparare. Addio “Passero solitario”, metafore, analisi logica e grammaticale, ciò che importa è resistere per quelle sei ore per respirare poi aria nuova, fuori da quelle quattro mura su cui qualche allievo dell’ anno prima ha scritto i suoi sospiri d’amore e di noia. Tra docenti e studenti si parlano due linguaggi diversi come quando si pretende la puntualità e lo studio e, forse per la prima volta, il rispetto delle regole, il saper vivere in gruppo, usando un linguaggio più opportuno e allora si sentono in gabbia e con qualche docente fanno sentire il loro ruggito. Ma è proprio così? Ad occhi esterni potrebbe sembrare di

sì, ma chi opera all’interno ed opera seriamente, sa che la scuola oggi, sta affrontando sfide durissime cercando di trovare la strada tra il vecchio e il nuovo. Prima era la famiglia il primo nucleo in cui per vivere nel rispetto di ciascuno, bisognava sacrificare un po’ della propria libertà, in essa si imparava a gestire le proprie emozioni, i bisogni per il bene comune. Ora non è così. Se il programma in TV che vede mamma e papà non soddisfa, ci si rintana nella propria camera a vedere il programma preferito; se mamma fa la paternale, con gli auricolari nelle orecchie proprio non si sente, se in via eccezionale scatta la punizione e non si può uscire, c’è Internet che porta in casa il mondo e tutto quello che si vuole…A scuola le cose cambiano e ciò crea problemi. Che fare? Bisogna creare curiosità intellettuale, per attirare l’attenzione dei ragazzi, dicono alcuni, e così tutti noi proff., compresi quelli più attempati, siamo tornati a studiare, a frequentare corsi. Di cosa? Ma di computer, per non passare da ignoranti, per essere al passo coi tempi ben sapendo che per molti, rimarrà uno strumento poco amato. E mentre si cerca di fare bella figura con una lezione nuova al pc, si scopre che quell’alunno ha cambiato pagina e sta chattando, perché loro ne sanno più di noi, è chiaro. Potrebbe sembrare l’apoteosi della sconfitta dei docenti, non è così! Nella mia esperienza ho potuto notare che, oggi più che mai, i ragazzi sono lo specchio di noi adulti, ma a modo loro. Chiedono le regole purché condivise e rispettate da tutti, vogliono conoscere, imparare, ma bisogna scalfire quella corteccia di indifferenza e di apatia che solo la nostra cultura, il nostro sapere può fare più di Internet, perché quando noi siamo in classe loro ascoltano sì il professore, ma prima di tutto l’uomo, colgono la nostra forza, il nostro entusiasmo, le nostre scelte e non di rado finiscono per somigliarci un po’. E’ proprio questa la nostra grande forza che

ci sprona ad impegnarci al massimo perché convinti dell’ importanza della nostra opera. La mia scuola si è attrezzata con laboratori pomeridiani di molti tipi, mette a disposizione palestre, attrezzi e personale per venire incontro alle esigenze dell’ “utenza,” nella certezza che trattenere i ragazzi a scuola è un bene in molti sensi ed ancora i docenti, insieme agli esperti del settore, cercano risposte ai molti perché dei nostri tempi. Può essere un modo per affrontare la sfida anche se, purtroppo, non con tutti gli allievi si ottengono gli stessi risultati! Ma questo rientra nella logica delle cose, nell’insieme i tantissimi risultati positivi incoraggiano a continuare. Le famiglie, però, dovrebbero iniziare a cooperare con la scuola invece che remare contro, come spesso accade. Ci vuole uno sforzo collettivo per tirarci fuori dalle sabbie mobili dove facilmente si può essere inghiottiti. Troppo spesso modelli sbagliati ci portano fuori strada e così potrebbe accadere che in famiglia ed a scuola si voglia qualcosa che va a svantaggio di tutti. Un tempo si parlava di “esame di coscienza”, un atto che dovrebbe tornare di moda, purché la coscienza non risulti volutamente miope! M. Florinda Fracella

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M. Florinda Fracella, nata il 22-09-1955, si è laureata in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Lecce nel 1978. Vincitrice del Concorso a cattedra per l’insegnamento di Materie letterarie nella Scuola secondaria di II° grado, attualmente insegna presso l’ IISS “A. DE PACE” di Lecce dove è referente del giornale d’ Istituto “I MAGAZZINI DELLA SCUOLA”; collabora in qualità di tutor nel Progetto di “EDUCAZIONE ALLA SALUTE”; è impegnata nella lotta contro la dispersione scolastica con laboratori pomeridiani.

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Virginia Recchia

Salute Oggi a cura di Virginia Recchia del CNR - IFC di Lecce e ISBEM di Brindisi

Alimentazione e salute di Vittorio Marzi

Errori e rischi in sanità non sono sempre inevitabili: ecco come ridurli di Elena d’Alò

La responsabilità nelle professioni sanitarie: cultura del rischio e proattività possono migliorare il sistema di Giuseppe Turchetti

RUBRICA

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Alimentazione e salute a lunga storia dell’alimentazione umana, fin quasi alla soglia del

terzo millennio, è stata caratterizzata da una costante ricerca di aumentare la produttività agricola per risolvere gli atavici problemi della fame e delle carestie che, purtroppo, ancora oggi angustiano una larga parte dell’umanità che vive nei Paesi in via di sviluppo. Nel passato europeo la carenza di cibo è stata una delle principali cause di mortalità precoce, tanto che nella preghiera medioevale così s’invocava: “A fame, peste et bello, libera nos Domine”. E’ stato merito della ricerca agronomica aver favorito un notevole incremento della produttività dei beni alimentari attraverso l’aumento delle superfici coltivate, lo scambio delle colture tra vecchio e nuovo continente, lo sviluppo delle biotecnologie, l’impiego dei mezzi tecnici nella difesa delle colture, le concimazioni, l’irrigazione, l’impiego di nuove tecnologie di conservazione degli alimenti e la grande crescita dell’industria agro-alimentare. Ormai nei Paesi industrializzati è stata raggiunta la “fase di sazietà”, caratterizzata da una stazionarietà dei consumi alimentari pro-capite, ma allo stesso tempo sono sorti i problemi delle patologie legate agli eccessi ed errori alimentari ed agli effetti negativi degli stress della frenetica vita moderna. Sempre maggiore attenzione, pertanto, è rivolta alle motivazioni di carattere “socio-culturale”, quali la sicurezza della vita, la paura del futuro, le esigenze salutari, il mantenimento a lungo di un aspetto fisico gradevole e giovanile attraverso la cura della propria persona, le preoccupazioni per le sostanze inquinanti, la maggiore sensibilità per la salvaguardia dell’ambiente in cui si vive. Sono significative le azioni rivolte a proporre consigli ben precisi sul corretto modo di alimentarsi, attraverso la pubblicazione di linee-guida costantemente aggiornate con successive edizioni da parte dell’Istituto

Nazionale della Nutrizione. Viene sempre più consigliato di controllare il proprio peso corporeo affinché sia nei limiti ottimali, attraverso l’esercizio fisico e l’apporto di alimenti a basso valore energetico ed elevato potere saziante. Per calcolare il peso corretto si fa spesso riferimento all’ “Indice di Massa Corporea (IMC)”, dato dal rapporto tra il peso in kg ed il quadrato della statura in metri. Con IMC < 18,5 si parla di sottopeso, i valori tra 18,5 e 25 sono corretti, quelli compresi tra 25 e 30 indicano sovrappeso, i valori > 30 l’obesità. Di conseguenza, le linee-guida non solo consigliano diete equilibrate per consentire l’apporto di calorie necessarie ai fabbisogni dell’organismo, ma anche suggeriscono la scelta degli alimenti come, per esempio, un moderato consumo di grassi, dando preferenza a quelli insaturi, in particolar modo all’olio extravergine di oliva, meglio se consumato crudo; al latte parzialmente o totalmente scremato, ai formaggi magri, da consumare con moderazione; ad un maggior consumo di pesce rispetto alle carni, come anche di ortaggi, frutta e cereali per l’apporto di energia e di fibre alimentari.Da alcuni anni il concetto di alimentazione tende a evolversi, allargando il suo ruolo agli aspetti salutistici, tanto che i limiti di confine tra alimenti salutistici e medicamenti sono sempre più esigui. Secondo alcune previsioni, in un prossimo futuro, i due grandi settori industriali, l’alimentare ed il farmaceutico, potranno essere quelli maggiormente cointeressati nella produzione di alimenti potenzialmente modificabili in alimenti salutari. I primi segnali di questa tendenza sono già evidenti per la presenza sul mercato, per esempio, di acque minerali fortificate con estratti vegetali, succhi di frutta addizionati di vitamine e antiossidanti. Nel linguaggio corrente vengono utilizzati alcuni termini diversi per indicare funzioni in parte differenti, in parte sovrapponibili, quali “alimenti per diete speciali”,

“alimenti medicinali”, “integratori della dieta”, “alimenti rinforzati”, “alimenti salutari”, prodotti “light”, prodotti “arricchiti”. Più di recente il termine importato dagli USA “nutraceuticals” sta ad indicare un alimento o parte di alimento in

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Vittorio Marzi Il Prof. Vittorio Marzi, (Bari, 22/4/1934), ha conseguito la laurea in Scienze Agrarie con il massimo dei voti e la lode nell’anno accademico 1955-'56 presso l'Università di Bari.È attualmente titolare dell’insegna-mento di Coltivazioni Erbacee e biologia, produzione e tecnologia delle sementi, Tecniche erboristiche. E’ responsabile scientifico di numerosi contratti di ricerca con il C.N.R., col M.A.F., con Enti ed Istituzioni diverse, e di convenzioni con società private. E’ membro di diverse società culturali per gli studi agronomici. E’ Presidente della sezione sud-est dell’Accademia dei Georgofili. E’ Presidente dell’Accademia Pugliese delle Scienze.Vincitore di borse di studio, di premi e riconoscimenti per l’operosità scientifica, è autore di oltre 200 pubblicazioni su vari argomenti di interesse agronomico, con particolare attenzione ai problemi agricoli del Mezzogiorno.Ha organizzato numerosi Congressi a livello nazionale ed internazionale, simposi, giornate di studio, conferenze ed ha partecipato in qualità di relatore ed esperto a questi incontri. E’ stato componente del Consiglio Superiore del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali. E’ stato componente di un gruppo di lavoro internazionale sulle piante officinali, finanziato dalla Unione europea.Dal 1997 è Coordinatore generale del Progetto “Incremento della produzione di piante officinali”, al quale afferiscono 18 Unità Operative su tutto il territorio nazionale.È inoltre componente, come Unità Operativa locale, dei Progetti “Miglioramento genetico della patata”, “Carciofo”, “Colture alternative al Tabacco” e di diversi progetti relativi il Miur inerenti la patata, patata da seme, i prodotti tipici.

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grado di fornire benefici effetti salutari nel prevenire una malattia. Per esempio, l’effetto degli estratti di aglio sul colesterolo, del vino rosso sulle malattie ischemiche, degli antociani del mirtillo sulla vista sono documentati da una vasta letteratura. Gli estratti di aloe sono commercializzati, oltre che come lassativi, anche per molti disturbi comuni della salute. Da qualche tempo, sempre più ricca è la letteratura erboristica sulle sostanze denominate “antiossidanti”, in quanto possono prevenire i danni cellulari connessi con gli stress ossidativi dovuti all’aumento dei radicali liberi ossidanti, ritenuti responsabili di gravi malattie e cause d’invecchiamento. Quando i radicali liberi, per anomalie metaboliche o per cause diverse, sono prodotti in quantità eccessiva possono reagire con le molecole biologiche e provocare gravi alterazioni funzionali, divenendo tossici per le cellule e, quindi, per l’organismo. In analogia al settore degli alimenti salutari, il termine “cosmoceutici” è stato coniato per definire una serie di prodotti cosmetici, che manifestano effetti benefici perché ricchi di principi attivi validi come agenti protettivi da stress ossidativi, preparati “antiaging”, inibitori della formazione di melanina, agenti schiarenti o valorizzati in tricocosmesi per stimolare la crescita dei capelli o per migliorare la struttura e l’aspetto estetico. Alle linee-guida di una sana alimentazione non va disgiunta la sicurezza degli alimenti, tenendo presente la facilità delle cause d’inquinamento, dovute all’incauto e irrazionale impiego di antiparassitari, alla presenza di micotossine e di metalli tossici e di microrganismi inquinanti. Il monitoraggio dei residui di antiparassitari negli alimenti permette di ridurre le quantità utilizzate, per le quali sono definiti i limiti di residui accettabili per ogni coltura trattata. I controlli a livello europeo mostrano una buona correttezza degli agricoltori nella esecuzione dei trattamenti antiparassitari, consapevoli delle rigorose norme di commercializzazione dei

prodotti agricoli, in particolare gli ortofrutticoli. Pur tuttavia, l’uso degli antiparassitari è sempre più impostato su criteri di lotta guidata, in modo da intervenire solo nei casi di effettiva necessità e, quindi, ridurre il numero degli interventi.Molte cause d’inquinamento ambientale, spesso dovute agli scarichi di rifiuti industriali, stanno determinando un aumento delle concentrazioni di metalli pesanti, quali cromo, mercurio, piombo, Arsenio, Zinco ed altri, la cui funzione è essenziale a livello di oligoelementi, ma diviene tossica quando sono assorbiti a dosi elevate. I metalli pesanti contenuti negli alimenti dove la concentrazione è elevata tendono ad accumularsi nel corpo, perché sono stabili e non sono metabolizzati dal nostro organismo. Per esempio, pesci, crostacei e molluschi presentano, spesso, maggiori concentrazioni di mercurio e arsenico, specialmente se le acque sono inquinate ed hanno elevate concentrazioni di metalli pesanti. Nei vegetali, l’assunzione dei metalli avviene dal sottosuolo attraverso le radici, per cui il loro contenuto è variabile e dipende dalla loro concentrazione nei terreni coltivati, come anche dalla presenza nelle acque d’irrigazione, nei fertilizzanti e negli antiparassitari. In linea di massima, è stato osservato che le maggiori cause di tossinfezioni alimentari sono dovute a microrganismi nocivi e a cause di carenze igieniche che possono verificarsi anche nell’ambito famigliare, specialmente quando il ricorso ad appropriati metodi di conservazione sono trascurati, come l’impiego del freddo, l’accurato lavaggio dei prodotti, la cottura, ecc. Di qui, i frequenti casi di botulismo e salmonellosi. Pertanto, l’igiene nella filiera della produzione alimentare riveste un ruolo prioritario, per evitare una delle più frequenti cause di intossicazione acuta. Nella moderna dietetica, non meno importanti sono le conoscenze sulla presenza negli alimenti di sostanze potenzialmente tossiche, o fattori antinutrizionali riscontrati in diverse specie d’interesse agrario,

come anche il verificarsi di allergie alimentari, reazioni di ipersensibilità nei confronti di alimenti, che possono provocare blande reazioni cutanee fino ad effetti letali (shock anafilattico). Un esempio è la malattia celiaca, patologia complessa, che trova nel glutine dei cereali la causa scatenante. Da questa sintetica analisi, si evince che gli orientamenti nella moderna alimentazione e nella nuova concezione della cosmesi, tendono a coniugare le esigenze caloriche con uno stato di benessere fisico, ottenibile da una corretta dieta alimentare, come anche la cura estetica della propria persona con prodotti funzionali che possono prevenire l’invecchiamento della pelle e la comparsa delle rughe. Tutto ciò richiede certamente maggiori competenze tecniche qualificate e, allo stesso tempo, una convergenza dei diversi settori della ricerca scientifica, in una visione più collegiale delle problematiche, in cui “Agricoltura, Alimentazione e Benessere” siano una trilogia perfetta della filiera produttiva, dalla rigorosa qualità dei prodotti raccolti in campo, attraverso tecniche innovative nella coltivazione fino alla raccolta, alle successive fasi della lavorazione industriale post-raccolta per l’ottenimento di prodotti sicuri, nel rispetto delle norme igieniche ed efficaci nel contenuto dei principi attivi, utili al mantenimento di un buono stato di salute. Vittorio Marzi

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Elena D’Alò Laureatasi in Economia Bancaria Finanziaria ed Assicurativa all’Università di Lecce, ha poi frequentato nel 1999 il Master in “Esperti in Sviluppo e Marketing dei Sistemi Territoriali” presso l’ISUFI (Istituto Superiore Universitario di Formazione Interdisciplinare) della medesima Università approfondendo tematiche di ricerca di sviluppo dei sistemi territoriali. Nel dicembre 2000 le viene consegnato il diploma di specializzazione del suddetto Master dal Ministro MURST Ortensio Zecchino. Nel 2004 ha frequentato il Master ESTRIS (Esperti del Trasferimento dell’Innovazione Tecnologica in Sanità) presso l’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM) di Brindisi. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Tecnologie per la salute: valutazione e gestione delle innovazioni nel settore biomedicale presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Pisa. Attualmente svolge attività di ricerca e formazione su progetti di economia sanitaria presso l’ISBEM di Brindisi.

Errori e rischi in sanità non sono sempre inevitabili: ecco come ridurli

l Risk management è il processo mediante il quale si misura o si stima il rischio e

successivamente si sviluppano delle strategie e delle azioni per gestirlo. Comunemente, il concetto di “rischio” è usato come sinonimo di probabilità che si verifichi una perdita o un pericolo. Il mondo sanitario solo di recente ha affrontato questo problema, e di conseguenza non ne ha vissuto in modo diretto l’evoluzione concettuale. Lo studio delle cause degli incidenti nasce, infatti, a livello industriale, ed in particolare in quei settori nei quali la sicurezza è un elemento decisivo (aeronautica, centrali nucleari, etc.). Nel tempo si sono susseguite, in questi ambiti, differenti concezioni di “sicurezza” che rispecchiavano diverse culture e diversi modelli di descrizione delle cause degli incidenti. In tutti i sistemi ad elevata componente professionale la prima difesa contro gli incidenti è stata considerata la professionalità degli operatori. Successivamente con l’evolversi della componente tecnologica in tutti i sistemi complessi (come quello sanitario), non è stato più possibile pensare alla capacità e alla predisposizione individuale alla professione come unici fattori rilevanti nella prevenzione degli incidenti. Gli studi sulla sicurezza si sono quindi focalizzati sull’interazione tra l’operatore e la tecnologia stessa, tanto più che la maggior parte degli errori si verificavano a questo livello. Sono allora nate discipline che spiegano gli incidenti come fallimenti tecnologici o, meglio, come deficit nelle barriere poste dalla tecnologia all’inaffidabilità umana.Questo approccio, cosiddetto ingegneristico, ottiene notevole successo proprio perché i campi in cui viene applicato (missioni aerospaziali, centrali nucleari) hanno una notevole componente ingegneristica. In queste organizzazioni la tensione è ad allontanare l’uomo dal compito esecutivo (automazione) al fine di aumentare l’affidabilità del

sistema. Parallelamente e soprattutto a partire dagli anni ’80, l’attenzione si è concentrata sulla componente umana della sicurezza ossia sugli errori. Oggetto di studio sono diventati il “fattore umano” (Human Factor) e i processi organizzativi alla base degli errori. Gli errori venivano considerati come le conseguenze dei limiti umani: limitata capacità al lavoro, limitata capacità di mantenere l’attenzione per elevati periodi di tempo, adattamento dei dati alle proprie teorie. Gli studi si sono quindi concentrati sugli aspetti cognitivi degli operatori e sulla correlazione tra errori ed aspetti quali la memoria, l’attenzione, la percezione, l’apprendimento. Ogni attività umana porta con sé una dose di rischio. L’attività di una struttura sanitaria, sia essa un ospedale, un ambulatorio o un servizio di assistenza domiciliare, comporta un numero di rischi particolarmente elevato. Parlare di gestione di rischio, e di rischio clinico in particolare, comporta la necessità di definire una terminologia comune e condivisa, poiché spesso nell’uso comune dei termini si creano ambiguità. In particolare il concetto di rischio è difficilmente espresso in modo univoco soprattutto nel linguaggio comune. Esiste una concezione soggettiva del rischio, che è data dalla percezione di una determinata situazione come potenzialmente apportatrice di un danno e ha quindi notevoli implicazioni psicologiche. Esiste poi una concezione oggettiva, matematica, del rischio. Entrambe sono visioni rilevanti nell’ambito della Gestione del Rischio (Risk Management). Il rischio come percezione soggettiva è da tempo oggetto di studio in ambito psicologico sociologico e di interesse per la medicina, soprattutto preventiva, come elemento determinante nell’introduzione di comportamenti più o meni sicuri. Nel nostro paese il Risk Management a livello ospedaliero è ancora considerato un'innovazione. Diversamente da

quanto avviene negli USA, o nel Regno Unito, dove il Department of Health ha sviluppato un programma nazionale per la gestione dei rischi, il Sistema Sanitario Nazionale registra ad oggi solo un numero limitato di iniziative, condotte autonomamente dalle aziende più sensibili o innovatrici a questo tema, in alcuni casi, in seguito all'aggravarsi particolarmente critico del proprio profilo di rischio. Come emerge da un'indagine esplorativa del CERGAS, si tratta, comunque, di sperimentazioni parziali di analisi e valutazione dei rischi, che non vanno pertanto considerate come l'implementa-

II

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zione di un vero programma di Risk Management . Di fatto, non esistono né nel settore sanitario pubblico, né in quello privato, esperienze di Risk Management con un respiro "aziendale" (che coinvolga tutta l'organizzazione e la sua attività, e non particolari processi/unità operative). Le aziende sanitarie non paiono avvertire l'esigenza della figura di Risk Manager; inoltre, non hanno competenze interne o la cultura necessaria ad un investimento in questa direzione. Secondo la Commissione Tecnica sul Rischio Clinico promossa dal Ministero della Salute, la situazione italiana è a macchia di leopardo2: gli strumenti di gestione e di rilevazione degli errori sono ancora poco utilizzati con un grado decrescente da Nord a Sud nella diffusione delle iniziative. Solo l’89% delle strutture a cui è stato inviato il questionario, ha dichiarato di aver attivato un sistema per la gestione dei reclami, mentre le unità operative per il rischio clinico sono molto meno presenti (17%). I sistemi per gestire i reclami sono diffusi in modo disomogeneo, più diffusi a Nord-Ovest in cui interessano il 100% delle strutture, nel Nord-Est il 90%, al Centro l’82% e al Sud il 90% (Figura 1). Alcune caratteristiche intrinseche del settore sanitario rendono il Risk Management un'attività del tutto peculiare rispetto ai modelli affermatisi nel settore industriale. Il principale fattore di differenziazione è dato dal fatto che è estremamente difficile, se non impossibile, ricondurre ad una gestione unitaria gli aspetti di rischio inerenti alla sicurezza con quelli relativi al governo clinico dei processi assistenziali. La componente ingegneristica dell'attività e le tematiche di "protezione aziendale", infatti, sono in genere ritenute secondarie rispetto alla gestione del rischio clinico e delle connesse problematiche etiche, poiché nell'ambito dell'assistenza è centrale il danno alla persona, piuttosto che quello alla struttura. Tradizionalmente, l'aspetto della sicurezza è affidato a figure specifiche (il Responsabile della Sicurezza, l'Ingegnere Clinico). La gestione della sicurezza dei

processi clinici, a sua volta, non può avvalersi di modelli mutuati dall'esperienza industriale e si colloca più propriamente nell'ambito dei sistemi per la qualità dei servizi. Le aziende non sono meramente attente all'esplosione delle cause per Responsabilità Civile che, dall'inizio degli anni '90 coinvolgono sempre più spesso i medici e le aziende; piuttosto, è il tema della sicurezza che è oramai stato ampiamente accettato (almeno negli intenti) come aspetto imprescindibile dal servizio di qualità. Nell'ambito del rischio clinico, le aziende sanitarie hanno generalmente adottato un approccio amministrativo al problema, limitandosi all'acquisto della polizza. In questo ambito il problema, quindi, è l'assenza nelle aziende di una strategia in grado di ricondurre la gestione del profilo di rischio clinico in una visione più ampia, che coinvolge l’analisi e la revisione dei propri processi assistenziali. La preferenza delle aziende per la soluzione "esterna", a sua volta, ha originato distorsioni nel rapporto con il mercato assicurativo che, fino alla seconda metà degli anni ‘90, ha mantenuto un atteggiamento paternalistico.

La conseguenza è stata l'esclusione delle aziende dall'accesso all’informazione sulla gestione dell'iter delle denunce, quindi, debolezza ed eccessiva dipendenza dalle compagnie. Il problema del danno al paziente sta emergendo negli ultimi anni anche nel nostro paese a seguito di numerosi cambiamenti che si sono verificati e si stanno tutt’oggi verificando sia all’interno dei servizi sanitari sia nel rapporto tra questi e l’esterno (Figura 2). Si pensa però che questi cambiamenti non siano sufficienti a determinare reali ed efficaci azioni volte al miglioramento della sicurezza per i pazienti. Solo attraverso il cambiamento della cultura degli attori coinvolti si riesce ad affrontare il problema del rischio clinico. Il primo aspetto è la necessità di passare da un sistema che gestisce gli eventi sfavorevoli a un sistema che gestisce i rischi; passare cioè da un sistema reattivo (gestione delle non conformità, gestione delle emergenze, etc.) a un sistema prevalentemente proattivo e preventivo. Altro importante aspetto è rappresentato dalla necessità di un aumento dell’attenzione della sicurezza dei pazienti a tutti i livelli

Figura 1: Reclami e pratiche di indennizzo

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dall’organizzazione. Gli eventi avversi rappresentano sicuramente un problema di qualità delle cure e sono quindi un problema strettamente clinico, ma nel contempo riguardano anche i costi sostenuti dalla struttura sanitaria. Essi alimentano inoltre un problema più generale, cioè quello della perdita di fiducia della popolazione nei confronti del servizio sanitario e della medicina in generale. La sicurezza dei pazienti deve quindi diventare un ambito di interesse per chiunque si occupi di assistenza sanitaria. In particolare il principio su cui si deve basare qualsiasi azione di gestione del rischio clinico è rappresentato dal coinvolgimento di tutte le componenti dell’organizzazione. Il contributo di diverse discipline (mediche, manageriali, economiche, etc.) in tutte le fasi del processo di gestione del rischio clinico è garanzia di oggettività delle analisi condotte, mentre il coinvolgimento dei diversi livelli organizzativi e gestionali è garanzia di applicabilità delle soluzioni individuate.Questo approccio garantisce una reale integrazione dei sistemi di gestione di tutti i tipi di rischio. Si osserva però che, nell’affrontare il compito di gestire il rischio clinico analizzando una componente piuttosto che un’altra dell’organizzazione, si genera lo spostamento dell’attenzione su aspetti diversi del problema. Le principali dimensioni che diventano dominanti sono quella legale-assicurativa, che pone l’attenzione prevalentemente alla prevenzione e gestione del contenzioso, quella tecnica, che pone attenzione principalmente agli aspetti tecnologici e strutturali ed infine quella clinica, finalizzata all’outcome dei trattamenti sanitari, con conseguente perdita della sistematicità. Nel ridisegnare la funzione di Risk Management si deve tutelare il principio della multidisciplinarietà, pur nei limiti di un efficace sistema di attribuzione dei compiti e delle responsabilità. La gestione del rischio clinico rivela però un ruolo fondamentale poiché, se è vero che il fine primario di un’azienda sanitaria è

la tutela della salute dei pazienti e della popolazione, è evidente che le strategie di Risk Management devono focalizzarsi sulla prevenzione e gestione dei rischi di questi soggetti, secondo il principio ippocratico del primum non nocere.Le azioni quindi che si intraprenderanno nell’ambito della gestione del rischio clinico dovranno essere sostenute da una visione dell’errore come occasione di apprendimento e di miglioramento, abbandonando il comune atteggiamento di biasimo e di colpevolizzazione. Questo non significa dimenticare le responsabilità davanti agli eventi avversi, soprattutto nei casi in cui siano frutto di azioni od omissioni gravi, ma spostare l’attenzione sulle cause profonde che, se eliminate, eviteranno il ripetersi dell’evento in futuro. Affinché ciò avvenga è necessario che siano condivisi alcuni valori fondamentali come la trasparenza, la collaborazione tra gli operatori, la comunicazione con il paziente, l’impegno per il miglioramento continuo della qualità e la disponibilità a mettere

in discussione le proprie convinzioni ed il proprio operato. I principi elencati sono alla base di una visione organizzativa nota come Learning Organization, cioè un’organizzazione che fa della creazione e della condivisione della conoscenza un elemento strategico. L’approccio culturale al problema della sicurezza dei pazienti è inoltre fortemente influenzato dalla visione dell’errore su cui si fonda. Proprio per questo un efficace sistema di gestione del rischio clinico deve basarsi su un’attenta riflessione sull’errore medico e sugli atteggiamenti culturali che lo accompagnano. Elena D’Alò

NOTE

1CERGAS, Centro di Ricerca sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria dell'Università Bocconi, 2004. 2Articolo “Il Sole 24 Ore”, Sicurezza: Ogni Asl fa da Sé,Febbraio 2006.

Figura 2: I differenti punti di vista all’attenzione al problema dellasicurezza e dell’errore in medicina

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La responsabilità nelle professioni sanitarie: cultura del rischio e proattività possono migliorare il sistema1

interesse dedicato oggi ad un tema di straordinaria attualità

come quello della responsabilità nell'ambito delle professioni sanitarie in generale appare, anche ad un rapido sguardo sui mezzi d'informazione di massa, molto elevato. E', infatti, abbastanza consueta la denuncia di sacche di inefficienza presso le strutture sanitarie pubbliche come private nonché di casi di colpevole e crassa negligenza da parte di singoli professionisti. Tutto questo viene messo in risalto, com'è oggi frequente, presso l'opinione pubblica, con vistosi titoli di giornali più o meno divulgativi che gridano subito allo scandalo e insinuano il dubbio della c.d. "malasanità", dell'incapacità dei medici o, più recentemente, dell'inadeguatezza delle strutture. Quella riflessione più pacata che ci si attenderebbe e si imporrebbe dalle riviste specializzate e dalle aule giudiziarie, inoltre, viene sovente invece a mancare, instillando interrogativi sui criteri usati per risolvere i casi giurisprudenziali. Di certo v'è da dire che sono profondi i motivi alla base dei mutamenti radicali occorsi nell'atteggiamento del giurista da un secolo a questa parte sulla responsabilità del medico. In questa dinamica sarebbe probabilmente superficiale addurre come spiegazione semplicemente i cambiamenti avvenuti sul piano normativo nonché nelle "doctrines" elaborate dalla giurisprudenza, ancor più in un sistema come quello italiano che dedica alla responsabilità del professionista nel codice civile un'unica norma, l'art. 2236 c.c., in origine oltretutto "sorretto certamente da preoccupazioni corporative". In realtà, i motivi del mutato atteggiamento vanno preferibilmente ricercati nell'evoluzione intervenuta nella scienza medica stessa nel corso del XX secolo che permette oggi di agire in giudizio con maggiori

possibilità di successo nei confronti di medici ed ospedali: in primis, il miglioramento delle terapie, che rende oggi la tutela della salute incommensura- bilmente più efficace di un secolo fa. Anche il settore assicurativo fa registrare una significativa presenza nel campo dell’assicu- razione della responsabilità civile verso terzi e verso prestatori di lavoro nell’area della responsabilità medica e delle strutture sanitarie. Ad oggi questa presenza sul mercato è stata svolta senza disporre di dati ufficiali e dettagliati relativamente alla tipologia e alla dimensione dei rischi assicurabili e in uno scenario normativo in forte evoluzione, capace di condizionare in modo proporzionale le ipotesi di danno: un'errata diagnosi fa danni molto più gravi perché può far perdere tempo che oggi è molto più proficuamente utilizzabile che anni addietro. L'avvenuto aumento delle aspettative dell'utenza, unitamente alla diminuzione delle cause giustificative di errori, ha, al contempo, fatto venir meno l'aura di sacralità che ha a lungo ammantato il medico e disincentivato i pazienti insoddisfatti ad adire le Corti. Queste carenze, affinché non diventino di natura strutturale, impongono un impegno di studio nella direzione, innanzitutto, di favorire una crescita culturale e una maggiore sensibilizzazione verso le problematiche sanitarie di interesse assicurativo, di introdurre una cultura del rischio all’interno delle strutture di cura e di porre le fondamenta scientifiche per giungere alla definizione di indicatori sintetici di rischiosità/performance delle singole strutture di cura. In definitiva, la complessità delle prestazioni sanitarie offerte oggigiorno rende sempre più rilevante il ruolo e l’efficienza della struttura sanitaria rispetto alla performance del singolo operatore

sanitario, rendendo a volte poco chiara la reale responsabilità di un sinistro. Il livello di rischio andrà sempre più valutato sulla base delle capacità della struttura di cura di mantenere e verificare elevati standard di qualità e di sicurezza. Questi, peraltro, data la natura delle prestazioni offerte, in cui l’obbligazione promette l’impiego al meglio dei mezzi senza potere (e dovere) ontologicamente garantire il risultato, devono essere misurati in termini positivi o negativi a livello di processo integrando competenze di analisi economica, giuridica e medica. In definitiva, la piena conoscenza dei fattori di rischio e la possibilità di monitorarne le evoluzioni, consente di analizzare il livello di sicurezza delle strutture e di

LL''

Giuseppe Turchetti Giuseppe Turchetti è Professore associato di Economia e gestione delle imprese presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. Ha studiato ed è stato Visiting Research Fellow presso la Wharton Business School dell'University of Pennsylvania. Autore del volume Innovazione e Reti Distributive nel Settore Assicurativo (2000) e curatore, con Riccardo Varaldo, dei volumi Profili Evolutivi del Marketing e della Distribuzione Assicurativa (2000) e L'e-Commerce. Le Nuove Frontiere della Distribuzione Assicurativa (2000), svolge attività di ricerca nel campo dell'economia e del management del settore assicurativo e del settore sanitario.

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modellare i costi assicurativi con una compiuta specificazione ritagliata sulla singola struttura. D’altro canto, gli strumenti di analisi elaborati possono consentire alle strutture sanitarie di misurare il proprio grado di efficienza e di intervenire quindi in modo mirato sui propri “punti deboli”, creando le condizioni perché si diffonda in modo capillare e definitivo una solida cultura di gestione del rischio. Si deve analizzare in una chiave maggiormente economica, la dimensione del fenomeno rischio sanitario e analizzare le esperienze più significative di gestione dei rischi sanitari adottate dai paesi che in tale tematica hanno competenze più ampie e consolidate. Dopo una disamina del ritardo del nostro paese rispetto a tali esperienze, si deve proporre l’adozione di uno strumento ancora poco utilizzato in Italia nella gestione dei rischi ospedalieri: il risk management. La funzione e i programmi di Risk Management hanno assunto un’importanza centrale all’interno delle organizzazioni ospedaliere, tanto che sono sorte numerose associazioni per aiutare gli ospedali ad implementare questi programmi. Sempre più ospedali ricorrono volontariamente (o obbligatoriamente) a dei centri di simulazione medica per “allenare” ed educare il personale alle situazioni di emergenza. Dalle considerazioni fin qui formulate emerge una constatazione di fondo: i grandi processi di cambiamento, come quelli che hanno caratterizzato il nostro sistema sanitario negli ultimi 4-5 anni, non possono concretizzarsi solo attraverso la modificazione o la riprogettazione degli assetti istituzionali delle aziende sanitarie, peraltro indispensabili, ma richiedono anche lo sviluppo di logiche e strumenti di gestione operativi e della diffusione della cultura necessaria per il loro utilizzo. Uno strumento efficace per la gestione dei rischi ospedalieri è rappresentato dallo svolgimento dell’attività di Risk Management e dalla istituzione all’interno delle strutture sanitarie di una apposita unità preposta a tale analisi. Il Risk Management, in una chiave di lettura strettamente

aziendale, può essere definito come una “funzione aziendale con il compito di identificare, valutare, gestire e sottoporre a controllo economico i rischi di una azienda”. L’utilizzo del Risk Management per il governo dei rischi sanitari è stato introdotto negli USA verso la metà degli anni ’70 per cercare di ridurre i danni causati dalle cure mediche e contenere le spese dei processi e dei risarcimenti. Inizialmente il Risk Management sanitario si limitava ad analizzare i casi di negligenza. Negli anni ’70 solo poche strutture ospedaliere disponevano di una funzione specifica di Risk Management, nata più sotto la spinta degli assicuratori che non per un vero e proprio orientamento alla cultura della sicurezza. Nel 1980, dopo una seconda ondata di denunce, nacque una specifica organizzazione, l’American Society for Healthcare Risk Management, che aveva l’obiettivo di fornire assistenza specifica agli ospedali che si erano dotati di una funzione di Risk Management (che nel 1980 rappresentavano circa il 50% del totale degli ospedali statunitensi). Da allora in poi il Risk Management ha assunto progressivamente un’importanza sempre maggiore, non solo per le ricadute legali ed economiche del danno, ma anche perché ogni danno causa un aumento delle spese di natura sanitaria (ad esempio dovute al prolungamento della degenza o ai costi delle cure aggiuntive necessarie per correggere gli effetti degli errori). Oggi solo pochissimi ospedali in USA non hanno una funzione di Risk Management, mentre in Italia il suo utilizzo nel settore sanitario è recente e sostanzialmente sporadico (limitato a poche strutture ospedaliere relativamente all’avanguardia). Per essere il più possibile efficace in ambito sanitario, il Risk Management richiede alle strutture di cura un approccio multidisciplinare e proattivo, presentandosi come uno sforzo coordinato che coinvolge tutti gli uffici amministrativi e tutti i reparti clinici dell’ospedale. Al fine di illustrare le caratteristiche del Risk Management può essere proficuo

ricorrere alla logica di “analisi per processi”, raggruppando le singole attività non in relazione alla loro collocazione logico-temporale ma in relazione all’omogeneità di obiettivi e competenze. L’erogazione dei principali servizi sanitari e lo svolgimento di attività mediche particolarmente soggette al verificarsi di sinistri è giudicata unanimemente rilevante. Soffermandosi sugli aspetti relativi alla “organizzazione”, i fattori di rischio individuati nell’attività di gestione dell’ambiente di cura risultano nella quasi totalità molto rilevanti per economisti, giuristi ed assicuratori, mentre minore attenzione è prestata dai medici principalmente alla dotazione di personale, agli organigrammi e ai protocolli operativi per la movimentazione interna di persone e materiali, per la gestione dei casi di urgenza, per la gestione dei materiali e delle informazioni dei laboratori d’analisi e degli altri reparti ritenuti particolarmente rischiosi. Il fattore “gestione, formazione e orientamento delle risorse umane” viene ritenuto moderatamente significativo dagli esperti, ad eccezione degli economisti che ravvisano in un’adeguata istruzione ed addestramento del personale un elemento rilevante di diminuzione del rischio derivante dall’erroneo utilizzo delle attrezzature e dal mancato aggiornamento circa le procedure e i protocolli sanitari.Ciò che in questo momento preme maggiormente è fornire il proprio contributo nella direzione di avviare la macchina e cominciare a gettare le basi per implementare un sistema che produca dati, informazioni, documentazione, condizione indispensabile per successive valutazioni quantitative e per far crescere e incrementare una solida cultura della sicurezza nella pratica medica ed assistenziale. Giuseppe Turchetti

1Tratto da un lavoro di Comandè G., Turchetti G., La responsabilità sanitaria tra valutazione del rischio ed assicurazione, Scuola Superiore Sant’Anna- Pisa.

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PRESIDIO DEL LIBRO DI CASARANO Ist. di Istruzione Superiore Classico - Magistrale di Casarano

Presentano

L’IMPEGNO RELIGIOSO E CIVILE IN

DANTE MANZONI MAZZINI

Aula Magna Liceo Classico - Casarano, via Ruffano

15 dicembre 2006 h. 11,00

Coordina: Cristina Martinelli

Relatori:

ALBAROSA MACRI’ TRONCI Dante, Manzoni e la tradizione cristiana dell’impegno civile

LINA JANNUZZI Ritorno a Lucia

ELSA MARTINELLI L’impegno civile nel pensiero filosofico-musicale del padre del Risorgimento italiano ( Un itinerario per immagini)

ROCCO ALDO CORINA Dante e Manzoni a confronto

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Albarosa Macrì Tronci si è formata in ambito umanistico, dove ha sviluppato ampia attività letteraria di taglio comparatista. In seguito si è rivolta al versante speculativo, interessandosi in particolare alla teoria ed etica della comunicazione, nel quale campo ha svolto il Dottorato di Ricerca. Ha all’attivo una vasta produzione saggistica diffusa sulla stampa e su riviste specializzate. Suoi volumi sono: La narrativa di Romano Bilenchi tra memoria e impegno, Firenze, Nuove edizioni Enrico Vallecchi, 1977; Scritti Salentini di Oreste Macrì (cura), Cavallino di Lecce, Capone Editore, 1999; L’interrogativo religioso nei poeti salentini contemporanei, Lecce Milella, 2000; La prospettiva neoumanistica della comunicazione, Lecce, Pensa Multimedia, 2005. Già docente di ruolo presso il Liceo Scientifico “Banzi Bazoli” di Lecce, è vincitrice del concorso per Dirigente scolatico.

Lina Jannuzzì. Nata a Pescia in Val di Nievole, ha studiato a Bari ove si è laureata in Lettere moderne. Ha svolto la propria attività di docente di letteratura italiana prima negli Istituti di istruzione secondaria, poi nella Facoltà di Lingue dell'Università di Bari e in quella di Magistero dell'Università di Lecce. Suoi studi in volume sono: Il crepuscolo del Tenca e la cultura del secondo Ottocento, (1960); Il crepuscolo e la cultura lombarda, (1966); Ilcrepuscolo e la cultura germanica, (1967); Il carteggio Tenca-Maffei (vol. 3), (1973); Eugenio Comeini: dieci anni dì vita letteraria in Piemonte, 1850-1959, (1977); G. Verga, prove d'autore (1983); Il teatro di Fabrizio Colamussi,(1990); Verga e il teatro europeo, (1992); Sul primo Verga (1995); La rima gigante nel Verga (1997); D'Annunzio(Primo Vere), (1999); Una storia del Novecento (2002); Sulle tracce di Pitagora (2005).

Elsa Martinelli.Ha compiuto studi musicali (pianoforte) e umanistici (Lettere classiche, con lode). E’ titolare della cattedra di Letteratura poetica e drammatica presso il Conservatorio di Musica “T. Schipa” di Lecce. Tra le linee di ricerca sviluppate, privilegia i temi dell’antica arte organaria, dell’iconografia musicale, e della tradizione lirica della prima metà del Novecento, attraverso studi tesi alla conoscenza, valorizzazione e divulgazione della cultura musicale salentina, anche tramite sito internet a sua cura: www.archimusa.it (Archivio Musicale Salentino). Ha pubblicato vari saggi di studio e articoli di cronaca e critica musicale in programmi di sala, periodici, riviste specialistiche e volumi miscellanei. Per ampiezza di risultati della ricerca, si segnalano i seguenti volumi monografici: Gli antichi organi di Terra d’Otranto, Lecce, Città&Servizi Ed., 1992; Una voce poco fa: Ines Martucci e la tradizione lirica leccese del Novecento, Matera/Spoleto, R&REditrice, 2000; Vincenzo Pecoraro musicista leccese del Novecento, Lecce, Ed. del Grifo, 2003; Luigi Romano, un ponte di musica tra Matino e New York,Lecce, Nireo – Pensa MultiMedia, 2007.

Rocco Aldo Corina, nato a Cerveteri (Roma) il 15 febbraio 1944, si è laureato in Filosofia a Lecce con una tesi di Storia contemporanea.E’ stato docente di materie letterarie e filosofiche all'Unitre di Milano dal novembre 1989 al maggio 2000. Ha condotto, presso Radio Meneghina, programmi culturali di argomento poetico, letterario e filosofico. È stato relatore, nel 1991, al convegno di studi e ricerca "Il pensiero religioso del Manzoni e i suoi rapporti con Giansenio e Pascal", indetto dall'Università della Terza Età di Oristano e nel 2003 al convegno "Leopardi, un poeta per il mondo" indetto dall'Istituto Comprensivo - Polo I di Casarano. Dal giugno 2003 è Direttore di "Scuola e Cultura", rivista telematica trimestrale di informazione e cultura dell'Istituto Comprensivo di Muro Leccese (www.comprensivomuro.it). Attualmente insegna Lettere nella Scuola Media Statale di Palmariggi (Lecce). Ha pubblicato testi di Teologia, Letteratura e Filosofia.

Da sinistra: Rocco Aldo Corina, Maria Pia Provenzano (Preside del Liceo classico di Casarano), Albarosa Macrì Tronci, Lina Jannuzzi, Elsa Martinelli

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PRESENTAZIONE

E’ con sincera gioia che il Presìdio del Libro di Casarano presenta il Convegno, L’impegno religioso e civile in Dante, Manzoni, Mazzini per almeno tre ordini di ragioni: innanzitutto per la felice occasione di essere nel prestigioso Liceo Classico di Casarano, nel quale alcuni di noi hanno avuto la fortuna di formarsi e dove ancora tanti giovani raccolgono e tramandano il gusto per gli studi umanistici, molto importanti, nonostante il diffuso convincimento che l’attuale cultura sia fortemente schiacciata dalla tecnologia; un’altra ragione è che, l’Associazione I Presìdi del Libro, avendo come scopo quello di promuovere la lettura, quale strumento principe per la crescita umana e sociale, in un incontro, nel quale ragionare ancora (perché tanto si è detto) sull’impegno religioso e civile di questi nostri grandi Italiani, benché impresa impegnativa e ambiziosa, trova in ciò stesso motivo di gratificazione; in ultimo, ma non ultimo, per la qualità dei relatori, iquali hanno risposto con un tale entusiasmo che ci deve far riflettere, in primo luogo per il loro impegno civile. Sì, il vero intellettuale non può non essere impegnato nella promozione di quei valori universalmente riconosciuti come fondanti per l’Umanità. Sia pure inconsciamente, non può che rispondere all’imperativo morale di salvaguardia e di valorizzazione di quell’humus culturale del quale egli stesso si nutre. Oggi, invece, solitamente si tende ad affiancare ad alcuni l’aggettivo “impegnato” per sottolinearne l’impegno esplicito, politico, annacquando, a mio parere, il senso più pregnante dell’impegno. Le due modalità, quella esplicita, come la implicita, infatti, attengono esclusivamente alla personalità del singolo, alle condizioni storiche e contingenti che lo vedono interagire con la cultura del suo tempo, ma se improntate a sincero amore per l’uomo e il suo destino, non possono approdare a risultati diversi. Nel tempo in cui visse, nessuno mi sembra abbia mai definito Dante “poeta impegnato”, eppure quanto gli stesse a cuore il tema della giustizia anche terrena è documentato da tante sue pagine, almeno quante ne dedica alla fede. Dell’impegno civile di Dante si è ampiamente detto: basterebbe citare Farinata, quale esempio della sua passione politica; Brunetto è la passione civile; Ulisse, ideale dell’uomo saggio, rappresenta in Dante l’indice della vera sapienza. Il desiderio di conoscenza prevale in Ulisse sui sentimenti di famiglia

vincer poter dentro da me l’ardore ch’ i’ ebbi a divenir del mondo esperto, e delli vizi umani e del valore.

Dante è “soltanto” un uomo granitico, che ha l’abito del pensiero forte. Ai dantofili, poi, è apparsa evidente la cifra alta del suo impegno. Guelfo come lo vuole la tesi tommaseana o “ghibellin fuggiasco”, come lo chiamò Foscolo? Giuliano Bonfante nota che in realtà il sommo poeta nasce guelfo, in una città guelfa, da famiglia guelfa ed i Guelfi tornano al comando quando egli aveva un anno. E’ naturale che appartenga al partito guelfo, ma in vari passi della sua opera lo scopriamo ghibellino nell'anima, senza mai, però, essersi associato al partito ghibellino. Da nessun passo della sua opera risulta che egli, nella disputa tra Chiesa e Impero, abbia preso le parti della Chiesa, anzi i papi sono messi all’Inferno, mentre, indulge spesso all’esaltazione dell’Impero. Né guelfi né ghibellini, come parte politica e, del resto, ad un grande poeta non si chiede di avere una mente politica, ma la sua intelligenza del mondo comprende che i Neri rappresentavano una nuova civiltà comunale e borghese, destinata a trionfare. Pascoli osserva con compiacimento che Dante usa nella Divina Commedia i simboli della Croce e dell’Aquila in funzione di una renovatio mundi, ritrovandovi le sue stesse convinzioni, quelle che preludono ad un programma d’impegno politico superpartitico, che contribuisca a sostenere il cammino di tutti i popoli verso la conquista della giustizia sociale, indispensabile premessa per l’avvento di una nuova era di pace sociale. Di tutto questo trattano ampiamente le relazioni che seguiranno, ma se toccasse a me intrattenervi sull’impegno civile di Dante, mi piacerebbe restare nel campo linguistico. Tramite i due trattati, il De vulgari eloquentia e il Convivio, egli enunciò delle idee precise sul problema della lingua. Dopo aver parlato in generale del problema del linguaggio, dell’idioma romanzo, si sofferma sul latino, per dichiarare che il volgare è “più nobile” (nobilior) in quanto è frutto dell’esperienza umana diretta, e non di uno sforzo intellettuale di apprendimento. Così Dante, al centro delle sue convinzioni linguistiche formulò una questione italiana, persino per quel che attiene ai confini naturali, dal Quarnaro a Pachino. L’augurio che egli fa nel Convivio è che la lingua riesca a trovare una regola invariabile, giovando con ciò stesso alla fondazione di stabili istituti civili. Alla fine del primo libro afferma che l’avvenire è del volgare:

”questo sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l’usato tramonterà, e darà lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade, per lo usato sole che a loro non luce”,

e darà modo di costituirsi a una nuova e migliore società civile e nazionale. Dante introduce, dunque, un principio di cultura in un’area che era fin allora appartenuta soltanto al popolo o all’uso dei laici ignoranti, meritandosi così l’appellativo di “padre della nostra lingua” e io direi “padre della patria” se si tiene conto che la lingua è il primo, il piùsignificativo elemento di una civiltà. Come Dante, anche il nostro Manzoni si curò del problema della lingua e Mazzini, per altri versi è certamente “padre della patria”, ma noi qui ci stiamo occupando di grandi davvero. Tuttavia, senza ritenere di dire una verità nuova, in ogni studioso di valore si trova il segno dell’impegno nei confronti della società a lui presente e futura. Esprimo i più sentiti ringraziamenti a quanti si sono prodigati per la riuscita di questo Convegno, il quale non vuole o forse non può esaurire la speculazione in opere somme, come quelle degli autori di cui si parla, ma se può, almeno, suscitare il dibattito e la riflessione, sarà una piccola pietra a segnare il cammino verso un futuro di più vigile impegno civile per ognuno nella misura che gli compete.

Cristina Martinelli - Responsabile del Presìdio del Libro di Casarano

Cristina Martinelli

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Dante, Manzoni e la tradizione cristiana dell’impegno civile

La lettura trasversale di Dante e Manzoni viene canonizzata agli inizi del Novecento da Giovanni Gentile, nel suo saggio Dante e Manzoni del 1923. Egli naturalmente, in adesione alla sua visione del mondo, guarda ai due scrittori nella dimensione immanente, ma individua come priorità della loro arte la radice spirituale e il nodo di arte ed etica. Ed è quella radice spirituale a fare di loro un modello dell’arte autentica, sentita e vissuta come atto dell’uomo integrale. Essiinsomma, secondo Gentile, realizzano nell’arte quella superiore vita etica e totalità spirituale, che il filosofo cercava nellaletteratura di tutti i tempi. Sappiamo che Gentile è un maestro del Novecento, anzi è colui che insieme a Benedetto Croce ha fatto scuola e dettato le linee di pensiero su cui si sarebbe svolta tutta l’attività non solo filosofica e letteraria, ma anche latamente culturale, del Novecento. Quindi Gentile guarda ai due scrittori nell’unità che essi rappresentano nella letteratura italiana, e individua in loro quell’ideale di una scrittura legata alla vita, in quanto coniuga impegno etico e tensione spirituale. E’ proprio da questo nesso che noi oggi vogliamo ripartire per rilanciare con Gentile il loro messaggio, il loro impegno umano. Ma andare anche oltre Gentile. Se Gentile è un filosofo immanente, al quale è impedito – dal suo stesso pensiero - di vedere la dimensione trascendente, noi oggi possiamo andare oltre Gentile e restituire la pienezza del loro messaggio, della loro arte, riscoprendo la qualità della loro spiritualità, non già solo immanente, ma intimamente legata alla loro fede cristiana, e analizzare la qualità e lo spessore di quella fede, nella quale vogliamo, o possiamo - secondo gli intendimenti di ognuno! – riconoscerci. Si è detto che Gentile e Croce sono stati i maestri del Novecento, testimoni e interpreti eccellenti di quel secolo, che si è riconosciuto in essi. Pertanto la dimensione laico-immanente del loro pensiero, è in effetti quella dominante. Il Novecento infatti, raccogliendo l’eredità dell’Illuminismo settecentesco, lo ha estremizzato, in quanto su quella si è innestato l’apporto del materialismo marxista, che ha raccolto anche l’eredità della tradizione liberale ottocentesca di marca filosofico-politica, per cui in tutti i campi del pensiero , sia privato che pubblico, ha finito col dominare la cultura immanentista. Da qui è venuta l’esclusione del pensiero religioso e di tutta la produzione connessa, sia nella letteratura, e nella filosofia, che nella società intera. Va detto a questo punto, sia pure per inciso, che il processo di laicizzazione e desacralizzazione, nelle forme estreme che ha investito il Novecento, ha portato non solo quella tanto rimarcata caduta dei valori morali (nella sfera privata), ma anche la crisi della convivenza sociale e politica (nella sfera pubblica), perchéentrambi i versanti della vita dell’uomo, quello privato e quello pubblico, si fondano e si sostengono sulla radice e sulla attenzione morale, nelle forme in cui la religione cristiana le ha legate e sostenute. Dico la tradizione dell’umanesimo moderno, laico e cristiano, che fa da collante alla civiltà europea. Dove questo ceda o si disperda dalla consapevolezza degli individui e dei popoli, quel sentimento religioso, rifiutato e negletto, riemerge, anzi esplode, e si radicalizza negli esiti inquietanti dei tanti fondamentalismi, dai quale nessuna fede è esclusa. Sono problemi scottanti, ma anche molto vasti e impegnativi, che non è possibile affrontare qui perché ci porterebbero molto lontano. Eppure è importante richiamarli, almeno come cornice di sfondo, perché è importante oggi tenere alta l’attenzione di tutti su questi temi, soprattutto dei giovani, ai quali è affidata la sorte della nostra civiltà. E’ importantelavorare sulla consapevolezza personale e civile di quei principi e farli maturare nei giovani, in funzione dei quali leggere e interpretare la letteratura, e in genere l’opera dei maestri antichi e moderni. Occorre insomma che la letteratura, come la filosofia, e ogni altro sapere, escano dall’accademia - e dagli ambiti specialistici ristretti , e riscoprano il loro valore umano e civile, da cui sono nati e a cui dobbiamo riportarli. Questa è appunto la nostra funzione di educatori. E la scuola deve riscoprire la sua funzione di Paideia, quale aveva nell’antica Grecia e poi a Roma, da Socrate in poi. Può sembrare che con queste problematiche ci siamo allontanati dal nostro ambito di partenza, che è lo sguardo all’opera di Dante e Manzoni, e invece ci stiamo solo avvicinando. Sul finire del secolo scorso infatti, quando si sono slabbrate le estreme frange di quel laicismo – o razionalismo a oltranza - cui ho sopra accennato, l’uomo è tornato a riappropriarsi della propria interezza, della propria complessità (Morin). Si è riaffacciato il bisogno di trascendenza, di fede in un’entità superiore, anche a contraccolpo del senso di incertezza e di precarietà portato dai nuovi scenari del progresso e dalla mondializzazione. E sulla scena internazionale , ma soprattutto nel campo del pensiero che ci interessa in questa sede, è comparsa una figura di filosofo-teologo, quale è stato Karol Wojtyla, che ha riportato l’uomo alla sua unità di ragione e spiritualità, riproponendo il nodo di Fede e Ragione, nel titolo della sua Enciclica più importante, del 1998, che è una summa del suo pensiero. L’Introduzione si intitola “Conosci te stesso”, dove il motto di Socrate indica la radice umanistica da cui occorre ripartire a riannodare la doppia tradizione del pensiero greco-romano e di quello ebraico-cristiano, di cui si sostanzia l’Europa. E non è un caso che quella tradizione umanistica sia richiamata nel testo dal pensiero del primo filosofo dell’uomo, che fu Socrate, proprio sul terreno della conoscenza di sé , cioè della consapevolezza, di cui abbiamo parlato prima, dove si annoda conoscenza e responsabilità, cioè l’etica che pone l’uomo di fronte all’altro, sia esso l’uomo stesso, la natura e Dio. E infatti Karol Wojtyla dice che ogni grande civiltà ha avuto il suo umanesimo, con cui l’Europa deve dialogare. Lì nascono le grandi domande sull’uomo, con cui il pensiero di tutti i tempi si è confrontato. Dice Wojtyla:” Sono domande che hanno la loro comune scaturigine nella richiesta di senso che da sempre urge nel cuore dell’uomo; dalla risposta a tali domande, infatti, dipende l’orientamento da imprimere all’esistenza” (p.4). Quella richiesta di senso ci interpella per orientare la nostra esistenza, quella noi cerchiamo nei testi dei nostri grandi scrittori, come appunto Dante e Manzoni. Se è vero che Wojtyla rappresenta il testimone e maestro del nuovo secolo e millennio che egli ha aperto, così come sopra abbiamo detto che Gentile lo fu per il Novecento, egli ha riportato la

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religione cristiana sulla scena sociale, ha ridato dignità alla fede nella vita dell’uomo, e quindi nella letteratura, nella filosofia, nell’arte. Benemerito, dunque questo convegno, che da Casarano muove a esprimere una nuova istanza, o focalizzazione, della letteratura, e a rilanciare quella della tradizione in una nuova ottica, che possiamo ben chiamare l’ottica di un nuovo umanesimo. Andando quindi a ritroso - nella stessa dimensione storica - sul percorso di quell’umanesimo europeo, e risalendo al punto apicale in cui l’umanesimo classico si trasfonde in quello cristiano, lì si incontra Dante Alighieri, che con la sua opera volle rifondare la società su base cristiana. Egli, nella linea dei Padri della Chiesa, riprende l’opera e lo spirito deigrandi mastri del passato, e ciò che sul piano filosofico aveva fatto Agostino con Platone e Tommaso con Aristotele, egli fa con Virgilio, Stazio, Catone, e i tanti scrittori che sfilano nella sua opera. E così fonda la nuova letteratura, la nuova poesia, al fine di rifondare l’uomo, sia l’uomo privato (versante soggettivo, spirituale e religioso) che l’uomo pubblico (versante politico), per fondare la nuova società nel nesso di cultura e responsabilità. Proprio come aveva fatto Socrate, e come molti secoli dopo avrebbe fatto Karol Wojtyla, allo stesso svincolo di altrettante fasi epocali, Dante svolge nel Medioevo l’innesto tra l’età antica e quella moderna, quando l’età antica è finitama quella nuova non è ancora nata. Dante rilancia la responsabilità della conoscenza, ponendo l’etica al centro di ogni attività umana, sia al centro della cultura che della politica, affinché l’etica, cioè la responsabilità sia al centro dell’uomonella sua interezza, dell’uomo razionale e spirituale insieme. Ecco perché Dante nella sua opera è polemico e profetico al tempo stesso, come lo sarebbe stato anche il Manzoni nell’Ottocento, in quanto la forza del suo impegno umano e civile lo porta da un lato a inveire polemicamente contro le degenerazioni della sua età (famose le sue invettive, tanto da farle diventare un genere), dall’altro a farsi profeta di pace e di giustizia per un’umanità rinnovata nella verità. Attraverso Dante, il Medioevo opera una autentica sintesi di civiltà, in quanto il complesso dei valori trasmessi dall’antichità vengono rilanciati con l’apporto di una nuova forza, che è la luce della trascendenza. Tutti quei principi che avevano connotato l’umanesimo classico si presentano ora inverati e valorizzati, essendo parte di un ordine naturale che si riconosce nell’ordine soprannaturale. Così la società umana si regola confrontandosi con quella divina, altrettanto fa la legge umana riconoscendosi in quella divina, per cui morale, giustizia, libertà ricevono parametri naturali e storici che sono al tempo stesso assoluti e universali, in quanto speculari ai principi trascendenti ed eterni di morale, giustizia, libertà.Si rifondano principi eterni, oggi riscoperti o da riscoprire nell’impatto di una bruciante attualità, primo tra tutti il concetto di persona e di dignità della persona, e poi lo scambio o dialogo con altre persone libere, la volontà morale di migliorare il mondo, ma anche di custodirlo e di preservarlo per le generazioni successive, la libertà individuale sotto la legge (Dante pone il libero arbitrio al centro del suo pensiero), il progresso come programma politico che riconosce i limiti dell’uomo e la sua vulnerabilità, lo spirito critico che obbliga alla tolleranza e al rispetto delle diversità, i diritti inviolabili dell’uomo, la passione della scienza compresa tra curiositas intellettuale e fallibilità della ragione. Soprattutto Dante è teorico e fondatore della laicità dello stato, e quindi dello stato di diritto, che distingue la democraziamoderna. La sua teoria dei due soli o dei due poteri, con la separazione tra potere politico e potere spirituale, dimostra a quanti ancor oggi rifiutino la compatibilità tra i due termini, che non solo è possibile essere laico e al tempo stesso cattolico, ma che la sintesi delle due radici sta al fondamento della democrazia moderna, che è laica in quanto riconosce alla società lo spazio della fede. Dimostra d’altra parte a quanti su posizioni opposte tentano di minare quella sintesi, che la laicità è garanzia di democrazia e dello stato di diritto. Penso non tanto alle confuse forme di democrazia negli stati islamici (democrazia che pertanto non si può esportare o imporre dall’esterno), ma soprattutto a tante pericolose posizioni, oggi in ascesa nelle stesse democrazie occidentali, che pretendono di far saltare quella separazione dei poteri, perdendo il senso stesso dello stato di diritto. Occorre perciò soprattutto oggi ritornare a Dante e rileggere le sue parole lucide e appassionate di vibrante impegno etico e civile per la sua città, per l’Italia e per l’Impero, quali sono diffuse nel poema. E’ stato detto che nella sua visioneuniversalistica Dante fosse antistorico, essendo ormai nati gli stati nazionali. Il che in parte è vero, ma a ben guardare Dante è mosso da quella stessa idea universalistica che si ripropone oggi nel progetto della nuova Europa, la quale coincideva all’epoca con l’immagine dell’Impero. Quindi è un Dante di grande attualità anche nella dimensione politico-cristiana dell’universalismo europeizzante.Basta leggere, tra i tanti passi che si possono scegliere, l’invettiva all’Italia nel canto di Sordello al VI del Purgatorio: Ahi serva Italia di dolore ostello; nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma bordello (vv. 76-78).

Il furore polemico, reso pensoso dalla malinconia della condizione purgatoriale, si esprime in una serie di immagini accese e realistiche, di forte espressività, quasi espressionistiche, che si snodano a partire da qui con l’immagine di una nave sbattuta dai venti, poi con quella di una meretrice; di seguito con l’immagine di un cavallo impazzito, diffusa e ripresa anche a distanza in ampio giro di versi; infine, nel finale, con la metafora dell’ammalata nel suo letto di sofferenze. Vediamo in particolare l’immagine, centrale, del cavallo:

Che val perché ti racconciasse il freno Iustiniano, se la sella è vota? Senz’esso fora la vergogna meno. Ahi gente che dovresti esser devota, e lasciar seder Cesare in la sella, se bene intendi ciò che Dio ti nota, guarda come esta fiera è fatta fella

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per non esser corretta da li sproni, poi che ponesti mano a la predella. (vv. 88-97).

Vediamo in particolare la metafora del cavallo che è la più diffusa. A questa si legano “freno, sella, sella, sproni, predella” e più avanti ancora “arcioni” In un crescendo di tensione il cavallo impazzito, rimasto senza cavaliere, diventa una “fiera” selvaggia, una “fiera fatta fella”, cioè malvagia. E qualche verso dopo è detto: “costei ch’è fatta indomita e selvaggia”. Qui il discorso politico si intreccia a quello morale e si infiamma toccando i vertici dello sdegno, della indignazione morale: “Senz’esso fora la vergogna meno”. Come il piano politico si lega a quello morale, così la stoccata alla chiesa si lega a quella all’imperatore, in una severa condanna sulla perversione della Responsabilità, che per la chiesa è spirituale, per il capo di stato è civile. Una responsabilità tanto più vincolante in quanto sostenuta dal Diritto, lo jus romano di Giustiniano, centrale qui, in questi versi. Quel diritto è per l’uomo inviolabile in quanto rispecchia il diritto soprannaturale della legge divina. Come tale fonda l’Ordine e la Giustizia sociale, che è dell’Uomo e per l’Uomo, in quanto soggetti irradiati e riflessi nell’Ordine e nella Giustizia divina. E’ un universo perfetto di piani speculari e riflessi che Dante riprende da Agostino, e questo a sua volta da Platone, concezione che connota tutta la linea speculativa dell’umanesimo cristiano moderno, da Bruno a Campanella, approdata nel ‘700 a Vico e alla sua concezione della Storia (con la Scienza Nuova) e del Diritto (col Diritto Universale). Linea che sarà poi schiacciata ed estromessa da quella razionalistica che fa capo a Cartesio e di là al positivismo e neo-positivismo novecentesco, come sopra si è detto. Così, sostenuto da un tale impianto teorico, Dante fonda il principio della laicità dello stato di diritto e della democrazia moderna. E intanto, come si vede, la base speculativa, filosofica dei principi teorici si ravviva della passione personale e civile di chi ha sbattuto contro la degenerazione di quei principi e ha pagato di persona. Di qui lo slancio del discorso poetico, che diventa epico, e unisce taglio polemico e apertura profetica:

e ora in te non stanno senza guerra li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode di quei ch’un muro e una fossa serra. Cerca, misera, intorno da le prode Le tue marine, e poi ti guarda in seno, s’alcuna parte in te di pace gode (vv.82-87).

Questi versi, mentre risuonano delle violenze nefaste delle guerre civili ( oggi più che mai attuali), aprono insieme lo scenario di una pace possibile: “pace gode”. Mentre severo è il giudizio del profeta, che davvero qui interpreta nella sua voce poetica il Logos divino, verso chi si sottrae alla propria responsabilità:

giusto giudicio dalle stelle caggia sovra il tuo sangue, e sia novo e aperto, tal che ‘l tuo successore temenza n’aggia! (vv. 100-102).

Il poeta è qui nuovo profeta biblico e come tale egli parla, con la solennità e il peso delle grandi profezie. La stessa realtà politica dell’Italia, cui egli si rivolge, è profetica, in quanto all’epoca non c’era traccia di un’Italia né politica, né linguistica, né letteraria. La sua identità viene fondata dallo stesso Dante, che la recupera dalla tradizione umanistica romana, e la promuove in un nuovo progetto sociale e politico cristiano . Di qui la sua missione umana e civile, la sua militanza poetica. Una poesia impegnata, quindi, sul piano morale e civile, al servizio della verità e della giustizia: questaè l’ideologia artistica di Dante, confermata dalla «investitura» che egli riceve dall’avo Cacciaguida nel XVII canto del Paradiso.La stessa visione morale e religiosa si ritrova in Alessandro Manzoni. Anch’egli diviene poeta per essere testimone di verità. Come Dante apre l’evo moderno e fonda la civiltà moderna, anche il Manzoni si trova a uno snodo determinante della nuova civiltà, tra Illuminismo e Romanticismo, tra l’epoca della razionalità universalista e l’epoca della storia e dei nazionalismi . Per cui, alla conclusione della modernità, la poesia italiana si riaccende di forza civile, la letteratura tornaa essere fondante della società e della nazione. Ancora una volta arte e politica, arte ed etica si trovano annodate. La parola poetica è civile in quanto religiosa e cristiana. La fede cristiana si fa militanza di impegno umano, etico e sociale. Quindi il Manzoni fin da giovane e dalla sua originaria formazione francese, immette la razionalità illuministica in una visione morale del mondo, tesa ad affermare la giustizia e a sostenere la dignità dell’uomo. Come già appare nel carme giovanile, In morte di Carlo Imbonati, il risentimento etico orienta in maniera definitiva la vita della poesia. L’incontro con Dio si innesta su questo fondamento etico-razionale e determina l’approdo alla storia, mentre la ragione, assorbita nell’alveo romantico-risorgimentale, guarda all’ideale e all’eterno. Ancora una volta, com’è stato in Dante, come sarà in Karol Wojtyla, la fede si radica nella ragione, la ragione si sublima nella fede. Anche il Manzoni è al tempo stesso polemista e profeta di una società libera e giusta. La militanza polemica contro l’ignoranza e l’oscurantismo, contro le sopraffazioni e le ingiustizie, che gli provengono dalla formazione razionalista, si aprono alla profezia di una società illuminata dalla speranza del riscatto, dalla fede in una giustizia superiore, dalla solidarietà con i deboli e gli indifesi. Così come in Dante, la parte destruens si lega sempre a quella costruens, l’ironia spietata, il sarcasmo e l’invettiva contro corrotti e violenti si capovolgono in Manzoni nel pathos accorato di una pietas umana e divina. Basti ricordare l’episodio della morte di Cecilia che, sullo sfondo terribile della peste, rilancia il mondo degli affetti familiari e dell’amore materno. Lo stesso itinerario artistico è, nei due scrittori, coerente con la dilatazione e l’approfondimento del proprio universo cristiano. Se Dante era approdato dal genere lirico della Vita Nova all’adozione del poema epico con la Divina

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Commedia, quando in età romantica il genere epico tramonta, o meglio si trasfonde nel nuovo epos romanzesco, Manzoni lascia la poesia e adotta la prosa con i Promessi Sposi. Nasce la nuova epica in prosa, come ha insegnato Lukacs ( Teoria del romanzo, 1916). Specularmente epici sono i romanzi cristiani di Manzoni e di Tolstoi, modelli nelle differenti aree geografico-culturali della letteratura europea. Come nell’epica classica e medievale, così nella nuova epica romantica, e nel Manzoni in particolare, l’uomo privato e l’uomo pubblico coesistono, così come l’etica privata e l’etica pubblica. Insomma non c’è vita privata se non si completa nella dimensione civile della società e della nazione. In questa direzione possiamo dire che Manzoni porta a completamento il progetto politico di Dante, con la realizzazione istituzionale, di quell’Italia politica e linguistica, che Dante nella sua utopia aveva anticipato. A voler proseguire nel gioco di specularità tra i due grandi scrittori cristiani, si può riscontrare in entrambi la centralità del modulo del viaggio. Viaggio di discesa e di risalita, di dannazione e di salvezza. L’eroe manzoniano è Renzo che nella Milano in rivolta intraprende il suo viaggio ad inferos . Egli percorre le strade del mondo (dal borgo a Milano; da Milano al bergamasco; dal bergamasco a Milano ecc.), incontrando avventure, ma anche compiendo una sua personale parabola di crescita. In un saggio uscito da alcuni decenni, Girardi (Renzo agli inferi, in Manzoni reazionario, Cappelli, Bologna, 1972) osservava che Renzo compie nei Promessi sposi una descentio ad inferos che ha molti punti di contatto (e altrettanti significative differenze) rispetto alle descentiones compiute dagli eroi archetipici , Ulisse, Enea e Dante. La discesa infernale di Renzo è connotata dal suo essere di natura intimamente cristiana. E' cioè un'esperienza in cui il contatto diretto con l'errore e il traviamento morale conferma e rafforza la sostanza morale e religiosa della persona. Renzo - anche se coinvolto nell'esperienza 'infernale' della città rivoluzionaria - conserva intatta la sua struttura morale, trasformando così l'esperienza del tumulto in un fattore di reale crescita interiore. E’ stato rilevato che la realtà sociale e il mondo cittadino in rivolta vengono descritti da Manzoni utilizzando forme e modelli desunti dalla rappresentazione dell'inferno dantesco. Basti qui segnalare il significato ideologico della scelta manzoniana del tumulto, che presenta una sorta di identificazione tra rivoluzione e inferno, rispondente , d’altronde, al progetto politico-ideologico liberale e moderato, cui il Manzoni aderisce. Si ricordi il famoso passo del capitolo 14, quando Renzo dopo l’assalto ai forni e alla casa del Vicario, si mette a cercare un ricovero per la notte. Tanti elementi scoprono significative affinità col mondo dantesco. A cominciare dallo stesso nome dell’osteria, la Luna piena, con l'identificazione mitologica tra la regina degli inferi e la luna stessa nella triplice forma di Proserpina/Diana/Luna. Un'identificazione mediata con ogni probabilità dal ricordo di Farinata, in Inferno X, ai vv. 79 e ss.: "Ma non cinquanta volte fia raccesa/ la faccia de la donna che qui regge". Anche “l'usciaccio" che separa come una soglia simbolica l'osteria, immette in un mondo 'infero', caotico, dominato dal "chiasso", immerso nell'oscurità ("mezza luce"), Quello spazio si connota come una sorta di mondo in cui tutti i valori della civile convivenza sono rovesciati. E' infatti un luogo popolato di ladri e di biscazzieri, che interpreterà le parole diRenzo sulla giustizia in senso diametralmente opposto al loro reale significato. Anche le parole dello sbirro provocatore (che poi denuncerà Renzo), improntate come sono a un insieme di ipocrisia e di untuosa cortesia ("sono qui io a servirvi, quel bravo giovine"), si configurano come una profferta di aiuto che ricorda l'interessata disponibilità del diavolo tentatore. Infine la figura dell'oste, con la sua espressione immobile e impenetrabile, ha connotati luciferini, rinvenibili ad esempio in quella "barbetta rossiccia" caratteristica del diavolo. Il colore "rossiccio" allude inoltre al motivo folcloricoche attribuisce al colore rosso doppiezza e malvagità. Ricordiamo il rosso "malpelo".

Insomma il delirio collettivo della città in rivolta esprime lo scontro sistematico tra apparenza e realtà che caratterizza tutta la discesa 'infernale' di Renzo. Essa vive nelle parole e nei comportamenti di quegli attori infernali, ma soprattutto si situa nel grottesco incontro tra il mondo eticamente rovesciato dei ladri di quell'osteria 'infernale' e il solido mondo morale di Renzo. Il conflitto che esplode tra il valore delle parole che Renzo adotterà per illustrare il suo bisogno di vera giustizia, e il senso con cui quelle parole verranno accolte dai divertiti e occasionali ascoltatori, prefigura simbolicamente un conflitto che riguarda l'intera città in rivolta, nella quale il rovesciamento di diritti, doveri e valori, l'ha trasformata in una sorta di generale inferno dell'ambiguità e dell'incertezza. In quella città infernale, indicata da Dante, rinnovata da Manzoni, è facile riconoscere oggi tanta parte della società attuale, dominata dallo stesso rovesciamento di diritti doveri valori, dallo stesso scontro tra apparenza e realtà, dalla facilità di caduta e difficoltà di risalita. Eppure sta a noi, sulle orme di quei maestri, perseguire la faticosa scoperta della verità e indicarla ai giovani per sperimentare insieme lo smascheramento della menzogna e il progetto di una società dei diritti.

Albarosa Macrì Tronci

Albarosa Macrì Tronci

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Ritorno a Lucia

In un recente sceneggiato televisivo dedicato a Gertrude, la «sventurata» monaca di Monza, il personaggio manzoniano suscita nuove suggestioni. Al contrario, viene esclusa la figura di Lucia Mondella, la promessa sposa di Renzo Tramaglino, come la persona del «non detto». Questa estromissione attesta quanto ancora perduri l'influsso di quella remota interpretazione desanctisiana che si è fissata nell'immaginario collettivo e non solo. Sul «Corriere della Sera» dell'11 ottobre 2004, per esempio, una volta di più si fa riferimento a Lucia come alla «fanciulla senza parola», «buona e pura» e quindi «inutile». Appare evidente, sia pure con toni smorzati, una certa affinità con la valutazione dissacratoria del nostro maggior critico dell'Ottocento che scrisse di una Lucia timida, remissiva come «una povera canna al vento [...] troppo debole per resistere agli ostacoli [...] un ideale [...] iniziale e passivo, rimasto così com'è stato stampato dalla madre e dal confessore». Dal precedente dettato desanctisiano si dipartirono dunque due direttrici interpretative che perdurano a tutt'oggi. Non sarà inutile premettere che l'opera narrativa del Manzoni si fonda anche sulla poetica degli umili e che la vicenda è ambientata in quel secolo XVII connotato, com'è noto, da una grande decadenza dei costumi ma anche da nobili ideali e in cui coesistono il clero corrotto e il tacitismo, da un lato, e dall'altro, personaggi come San Carlo e il Cardinale FederigoBorromeo e ancora che si apre con la triade di Bruno, Campanella, Telesio e si conclude con Galilei e Muratori. Questa ambivalenza viene riproposta nei Promessi Sposi con i due personaggi antitetici di Gertrude, esponente in negativo della classe aristocratica, e di Lucia che si colloca nella realtà quotidiana della gente contadina, vista nell'otticadell'Autore. Il quale, in un secondo momento, accolse il revisionismo dei romantici della seconda età, miranti a ridimensionare l'iniziale proposta di potenziamento della personalità femminile attraverso l'amore libero ma anche dissacratore e demolitore degli affetti familiari. Perciò Lucia, difendendosi strenuamente dalla violenza e dal mal costume dilagante e, salvaguardando la propria dignità, compie un atto decisionale ma in armonia con i principi cristiani che, è noto, costituiscono una componente fondamentale della seconda età romantica. In questo senso, si può storicizzare il personaggio, che va visto nella concretezza del discorso manzoniano, al di là dell'interpretazione in chiave psicologica del De Sanctis o in chiave biografica di quanti in Enrichetta, la mite sposa di don Lisander, intravidero non solo l'archetipo di Ermengarda ma pure di Lucia. Invece si potrebbe ipotizzare un qualche influsso esercitato da Giulia Beccaria, troppo a lungo misconosciuta dalla critica ufficiale. In realtà, Manzoni trascorse la prima infanzia presso la balia al Gasale della Costa, sopra Galbiate, non lontano dal Galeotto e la giovinezza, prima nei collegi di Merate e di Longone e poi presso il padre e una zia smonacata. Perciò sempre lontano da quel vivace personaggio che fu la madre, allora a Parigi con l'efebico Imbonati. Giulia e il figlio si ritrovarono d'improvviso nei pressi della capitale francese, in piena estate, nel 1805 e precisamente a Meulan. E lì il giovane Alessandro rimase per un quinquennio in cui si compirono gli eventi fondamentali della sua vita, programmati e diretti tutti dalla genitrice: «Ma tendre et ******* Mère» scriverà a un amico. Tenera, dunque, ma anche augusta questa madre e, per ampliamento semantico, dominatrice, sovrana. Non sarebbe perciò da escludere l'ipotesi che, inizialmente, gli schemi della liberazione della personalità femminile si presentarono al Manzoni ventenne proprio nell'ambito di quella società francese, scoperta alla Maisonnette dove irrequieti spiriti muliebri (si pensi alla Staèl, a madame de Condorcet, alla stessa Giulia Beccaria) celebravano il libero amore. Solo in avvenire Manzoni del romanticismo accoglierà la dimensione metafisica e comincerà a considerare le vicende umane in funzione di una meta trascendentale e in relazione a un lungo percorso letterario che va dai testi biblici al romanzo alessandrino, da Dante ai probabili memorialisti francesi (Bossuet, Massillon, Bourdaloue) e infine, si è già notato, alle più recenti proposte del secondo Romanticismo. Perciò, mentre tramonta sia il modello della cortigiana, sia quello della pastorella arcadica, insorge con il personaggio di Lucia una creatura nuova che rivendica, tacitamente ma fermamente, il diritto all'esercizio della propria autonoma volontà e alla difesa di valori etici e umani fondamentali. Oltre al principio della dignità muliebre, si pensi pure alla libera scelta dei sentimenti, al senso della famiglia. Né deve trarre in inganno l'estrazione contadina della fanciulla in un mondo complesso che include pure un ritorno a una condizione aurorale del popolo, ancora una volta secondo i principi della poetica romantica. Collocata in un altro contesto storico, una giovane donna inerme, che si fosse opposta alla violenza di un potente, si sarebbe procurato il martirio e sarebbe stata assunta nel cielo dei martiri. Ma Lucia viene calata nella realtà storica dei romantici della seconda generazione che esaltano il titanismo ma considerano pure il potenziamento delle genti cosiddette "meccaniche". Fatta questa premessa, finalmente ci pare il caso di dare voce al nostro battagliero personaggio. Significativo il suo rapporto con la madre che lei, senza averne l'aria, domina con la forza della propria coscienza (cap. III) e a quello con Renzo che sovrasta, sia pure dolcemente, nel riprenderlo fino all'epilogo del romanzo. A questi due esempi, che sarebbero riferibili a semplici fatti di vita quotidiana se non si svolgessero in un'epoca dominata dalla violenza e in cui prevalgono le due classi sociali degli oppressori e l'altra degli oppressi, conviene aggiungere la citazione di una risposta pregnante anche se laconica. Durante il colloquio tra Federigo Borromeo e le due donne, il cardinale, alludendo a Renzo, chiede: «"Ho sentito parlare di questo giovine, ma come mai uno che si trovò involto in affari di quella sorte, poteva essere in trattato di matrimonio con una ragazza così?" "Era un giovine dabbene" disse Lucia, facendo il viso rosso, ma con voce sicura» (cap. XXIV). In quest'ultima, sia pur laconica affermazione seguita da una fine notazione psicologica, affiorano la fermezza del carattere di Lucia e quel pudore che, a partire dalla fine del secolo XVIII, fu una categoria prediletta sia dal Foscolo sia da Walter Scott, infine anche da Rousseau per citare solo qualche esempio. A questo punto, si avverte l'urgenza di individuare pure il diorama in cui si colloca il Manzoni e che escluderebbe ogni predilezione per quelle figure femminili segnalate invece dal De Sanctis: la Margherita di Goethe, la Giulietta di Shakespeare e la Ermengarda. In Lucia, rispetto a questi antecedenti letterari, vi è la riduzione della componente romantica e avventurosa. Sicché è divenuto luogo

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comune, che perdura ancora oggi, quello di considerare la giovane protagonista dei Promessi Sposi come la scialba ipostatizzazione di un concetto etico. Se D'Annunzio, fin dall'età giovanile, contestava un simile personaggio, molti anni dopo, Giuseppe Ungaretti, nella sua prolusione romana del 1953, mettendosi su quelle orme, prenderà lo spunto dal severo giudizio del Poeta pescarese per affermare che una figura femminile non ha la possibilità di risaltare nel campo dell'arte «se non è sensualissima». Si passi al vecchio poeta l'opinione originale anche se dissacratoria. Storicizzando il secondo Romanticismo si deve precisare che anche il mito della fanciulla pura, perseguitata, ricorrente nella letteratura europea sette-ottocenteca, aiuta a comprendere il personaggio di Lucia che non si collega soltanto all'istanza religiosa del Manzoni. Ma riconduce pure a quella tradizione del romanzo alessandrino con le avventure di Dafne e Cloe, con le Etiopiche di Eliodoro, per citare ancora una volta qualche esempio, e rappresenta una delle più cospicue eredità trasmesse dal mondo classico all'età moderna. E sarà al centro della letteratura sociale, a sfondo borghese o contadino, sia nel roman noir, sia nel "racconto campagnuolo" che, nel secolo XIX, fiorirà dalla Francia alla Germania, all'Inghilterra, alla Scandinavia e infine all'Italia con le opere di Ippolito Nievo, Giulio Carcano, Caterina Percoto. Perciò, a proposito di Lucia, si può pensare a un nuovo ideale di donna, ma non in relazione alla castità, che sarebbe un riferimento di comodo, riconducibile alle caratterizzazioni classiche del personaggio come dramatis personae e che ormai è desueto, bensì a una finalmente conquistata dimensione di umana autonomia e dignità. In effetti, la componente etico-religiosa si potrebbe valutare anche su un piano essenzialmente laico e moderno come liberazione della personalità femminile nella sua essenza etico-laicale. Ma se volessimo scoprire non forme di "verità" ma di "validità" nella coscienza storica, ipoteticamente si potrebbe intravedere nel personaggio di Lucia la sublimazione di Giulia. Se il dato biografico non sempre è una chiave di lettura, nel nostro caso vanno pure considerati due fattori fondamentali e cioè che il Manzoni fu un soggetto patologico e l'influsso che la madre, a partire dal soggiorno parigino, esercitò su di lui. Solo oggi, dopo un lungo silenzio calato su questa pur eccezionale figura di donna, sono emersi nuovi dati biografici e si è definito meglio il panorama in cui si collocò Madama Beccaria grazie a quella recentissima e ben documentata biografia di Marta Boneschi, apparsa per i tipi della Mondadori con il titolo Quel che il cuore sapeva. Una volta di più, grazie anche a queste nuove acquisizioni, si può ipotizzare una Lucia, filtrata pure da esperienze soggettive (il senso di dipendenza che lega il figlio alla madre) oltre che da esperienze letterarie, come si è già notato, disposte su un lunghissimo arco di tempo. Componenti queste che hanno agito come stimoli esterni e sono sedimentate poi nella memoria e nel subcosciente dell'Autore. Non dipendenza ma affinità si potrebbe inoltre stabilire tra il personaggio manzoniano e quelle figure femminili, protagoniste di coevi romanzi anglosassoni, le quali appaiono sempre equilibrate e intelligenti, in grado di analizzare la situazione e di fare le proprie scelte in piena libertà di spirito. La dignità morale, attribuita anche a personaggi muliebri di umili natali, è rivendicata, per esempio, da Walter Scott in una di quelle Introduction spia dell'apparato ideologico su cui si fonda la sua opera narrativa. È utile perciò richiamare l'attenzione sulla umile protagonista di The heart of Midlothian, eppure depositaria di quelle potenzialità eroiche latenti anche nel popolo, e su Magde Wildfire, altro personaggio del citato romanzo, emblematica esponente di una classe sociale spodestata dai grandi proprietari terrieri e infine su Rebecca, affascinante e dignitosa protagonista del romanzo intitolato Ivanhoe. Nel solco di una tradizione, tracciata dal Rousseau con Julien e dallo Scott con le sue dignitose figure femminili, talvolta di modesta estrazione sociale oppure emarginate come Rebecca, si inserisce dunque il Manzoni creando tuttavia un personaggio libero, autonomo sia dal punto di visto etico che esistenziale e, senza dubbio, di non facile interpretazione. Lucia acquista credibilità se considerata come creatura già pervenuta idealmente a quella condizione di autentica ed equilibrata liberazione della propria personalità in armonia con l'etica cristiana e con il proprio stato sociale. E caratterizzata infine dallo scarto androgino temperato, tuttavia, da qualità e sfumature tipicamente femminili («[...] lei

s'andava schermendo, con quella modestia un po' guerriera delle contadine», cap. II). Muovendo da questi dati, finalmente il personaggio può essere interpretato, una volta di più anche come specchio del lato positivo del secolo XVII in cui Manzoni, è noto, coglie, nonostante quel contrasto di luci e ombre, un profondo valore etico. Riguardando Lucia, non più come essere «inutile» e del «non detto», ma nella sua pregnante concretezza di giovane determinata e affettuosa, inserita in un preciso contesto storico, si spiegherebbe anche la sua contrapposizione a Gertrude di estrazione sociale così diversa. Le due figure femminili dunque si possono collocare al vertice di due mondi in conflitto: quello dell'innocenza contro la malizia, del presente contro il passato. Inaccettabili perciò si rivelano le recenti proposte dei mass-media in cui parrebbe quasi di intravedere la tendenza a confondere l'afasia con la reticenza: figura retorica quest'ultima, privilegiata da Dante, e ricorrente nel corso del tempo fino al Manzoni che la userà per dare al racconto un forte tono evocativo. Emblematico il seguente brano di cui è protagonista Lucia: «[...] cucendo, ch'era un mestiere quasi nuovo per lei, le veniva ogni poco in mente il suo aspo: "e dietro all'aspo quante cose"» (cap. XVIII).

Lina Jannuzzi

Lina Jannuzzi

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L’impegno civile nel pensiero filosofico-musicale del padre del Risorgimento italiano (un itinerario per immagini)

Occupandosi della storia del Risorgimento italiano e dei suoi ideali d’impegno civile, guidati da interessi prevalenti di studio e di ricerca a carattere musicale, si apprendono notizie inconsuete sul principale artefice di quegli eventi cruciali per la nostra nazione, venendo a mettersi in luce aspetti per solito trascurati nei tradizionali manuali di storia. Inaspettatamente, si viene a sapere che Giuseppe Mazzini (Genova, 1805-Pisa, 1872), fervente apostolo e appassionato promotore del sentimento patriottico italico, fu autore nel 1836 (poco più che trentenne) di un breve, ma denso e assai interessante, trattato di Filosofia della musica, pubblicato a Parigi nei fascicoli estivi de “L’Italiano”, giornale clandestino dell’emigrazione politica. Parallelamente ad altri suoi lavori sulla letteratura e sulla pittura, animati dai medesimi principi di fondo – per inciso, predilesse il pittore veneziano Francesco Hayez e i macchiaioli – Mazzini affidò il proprio pensiero, incentrato sull’ufficio politico, sociale ed educativo dell’Arte, e della musica in particolare, a questo acuto scritto filosofico-musicale, dedicato <<Ignoto Numini>>, ovvero al giovane Genio Ignoto nascente cui spetta il compito di <<ritrarre la musica dal fango o dall’isolamento in che giace per ricollocarla dove gli antichi, grandi, non di sapienza, ma di sublimi presentimenti, l’avevano posta, accanto al legislatore e alla religione>>. Un’Arte che <<solca e scava>>, da intendere più che nell’accezione edonistica e dilettevole in quella politico-ideologica, quale straordinario strumento per la conquista della libertà di una nazione non ancora unita, perché divisa in sette Stati, non ancora indipendente, perché controllata dall’Austria. Tale pensiero estetico, costruito interamente su una nuova funzione dell’arte e della musica, in grado di far progredire l’umanità e rigenerare le menti, rinnovare la società e infondere in qualche modo negli individui la passione civile, il bene morale, un senso dell’etica oltre che dell’estetica, deriva assai probabilmente dalle teorie sansimoniste sulla integrazione dell’arte nel tessuto sociale, per il tramite influente del pensiero e della scrittura dell’amica George Sand: dopo averne divorato le Lettres d’un voyageur (1834), Mazzini ne divenne uno tra i più fervidi divulgatori. A monte dei concetti filosofico-artistici mazziniani furono probabilmente anche i Pensieri sulla musica che il poeta romantico tedesco Rudolf von Beyer aveva raccolto dalla viva voce di Goethe, annotandoli diligentemente nel 1820. Anche Goethe, partendo dall’antica Grecia, affidava all’umanità un’alta missione civile da compiersi attraverso la musica, riconoscendovi il presentimento di un mondo migliore: <<Io contemplo e indago il mistero della musica per comprendere il mistero della nostra umanità>>. Ma, a differenza di Mazzini, Goethe sembrò restare Genio isolato dalle vicende sociali del mondo contemporaneo. Gli interessi musicali di Mazzini, sia ludici che pedagogico-sociali, vale a dire tesi a costruire una nuova nazione, libera da oppressori e animata da ideali di libertà e di indipendenza, sono avvalorati da una ricca serie di testimonianze, materiali come documentarie. La passione del grande patriota per la musica, il canto, il teatro d’opera non si limitò all’ascolto, ma si manifestò in un’attitudine ben concreta, fatta di spartiti da leggere e strumenti da suonare. La musica fu vissuta, per solito, quale conforto capace di allietare i momenti più difficili della sua vita, come durante la prigionia nella fortezza di Savona o l’esilio in Francia, in Svizzera e a Londra. Mazzini fu cantante e suonatore di provate facoltà: <<La mia voce è di tenore, credo; ma canto a modo mio qualunque cosa. I toni che amo sono tutti minori>>, afferma nel 1842 in una lettera alla madre, da Londra. Suo strumento prediletto fu la chitarra, sulle cui corde fu buon esecutore di repertori propri della valente scuola chitarristica italiana, e genovese inparticolare. Presso il Museo del Risorgimento di Genova, come presso la Domus Mazziniana a Pisa (ove morì nel 1872) si conservano tuttora alcuni esemplari di chitarre pare a lui appartenute e in suo uso. Nelle lettere che, esule, inviava agli amici e soprattutto alla madre, dal 1835 fino al ’56, accennava ai suoi interessi musicali, in special modo chitarristici, indicando, con buona competenza, autori e opere capisaldi della storia dello strumento nell’Ottocento. Richiedeva in continuazione alla madre di procurargli pezzi per chitarra del suo conterraneo Paganini e adattamenti rossiniani per chitarra di Mauro Giuliani. Durante l’esilio londinese fondò pure una scuola di chitarra per i figli di italiani emigrati nella capitale inglese. L’interesse per il canto popolare, suffragato da numerose missive, è anche testimoniato da un manoscritto musicale autografo (donato a Giannetta Nathan Rosselli, amata qual figlia) che riporta la trascrizione di un canto delle mandriane bernesi. L’epistolario attesta, in numerosi punti, la frequentazione di teatri e di artisti del melodramma, come di musicisti impegnati in concerti organizzati dallo stesso Mazzini per sostenere la causa dei confratelli esuli. Alcuni, tra essi, prestarono perfino i propri recapiti per consentire lo scambio di lettere dai contenuti rivoluzionari assai compromettenti e pericolosi per la propria incolumità e per quella dei cospiratori suoi amici. La Giovine Italia si servì delle abitazioni di Donizetti (a Parigi e a Vienna) come indirizzi sicuri per la propria scottante corrispondenza. Anche Verdi pare facesse da tramite tra Mazzini e il salotto milanese di Clara Maffei, uno dei principali centri ove si riunivano letterati, pittori, scultori, musicisti e patrioti italiani impegnati in favore della liberazione e dell’unità d’Italia. Se la corrispondenza tra Verdi e la Maffei passava tranquillamente inosservata, lettere provenienti da Londra avrebbero di sicuro destato l’interesse della censura. Mazzini e Verdi si erano incontrati più volte: a Londra nel giugno-luglio del 1847, a Milano nella primavera del 1848, ma non si conosce nulla di un eventuale apporto attivo del bussetano alla rivoluzione italiana, oltre che attraverso la sua benemerita attività musicale. Sappiamo, però, che in quegli anni Verdi parla di un’Italia unita e repubblicana, e una sua affiliazione massonica sarebbe avvenuta, secondo alcuni studiosi, proprio sotto l’influenza di Mazzini.

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La presenza di uno stretto legame tra il potente cospiratore e il popolare musicista trova conferma nella messa in musica, nel 1848, dell’Inno Militare, per coro maschile, pianoforte e orchestra, “Suona la tromba”, sui versi ardimentosi del giovane patriota genovese Goffredo Mameli, nei quali si incita, sostanzialmente, al massacro degli austriaci: (I strofa) Suona la tromba, ondeggiano Le insegne gialle e nere: Fuoco, per Dio!, sui barbari, Sulle vendute schiere! Già ferve la battaglia, Al Dio dei forti, osanna; Le baionette in canna E’ l’ora del pugnar.

(Ritornello) Né deporrem la spada Finché sia schiavo un angolo Dell’Itala contrada, Finché non sia l’Italia, Una dall’Alpi al mar.

[...] Con la composizione dell’inno, in cinque strofe, Verdi mantenne la promessa a suo tempo fatta a Mazzini (esule a Parigi), il quale sperava, così, di poter creare la “Marsigliese italiana”, ovvero l’inno dell’Unità d’Italia: ma, il fallimento dei moti del ’48 mandò all’aria i progetti, inno compreso. Grande popolarità ebbe, invece, l’inno “Fratelli d’Italia”, su versi scritti dallo stesso Mameli (sempre nel corso dei medesimi eventi rivoluzionari), messi in musica dal misconosciuto compositore genovese Michele Novaro. Un secolo dopo il Canto degli italiani (è questo il vero titolo del brano) fu ripreso dalla Repubblica Italiana come inno nazionale. Dal canto suo, Verdi continuò a seguire sempre attentamente le vicende militari e politiche del tempo, contribuendo a diffondere gli ideali mazziniani con le sue opere “patriottiche”, i cui temi musicali rappresentano una vera e propria “colonna sonora” del Risorgimento: “Nabucco” (1842), “I Lombardi alla prima crociata” (1843), “Ernani” (1844), “Attila” (1846), “Macbeth” (1847), “Il Corsaro” (1848), “La Battaglia di Legnano” (1849). E’ qui il caso di richiamare alla mente la fortuna goduta, nel corso di quei travagliati avvenimenti, dal celeberrimo graffito-acrostico <<VIVA VERDI>>. Malgrado l’aspetto innocuo, legato com’era al nome e alle fortune operistiche del grande musicista, il graffito alludeva in realtà a un’aspirazione che con gli anni si faceva sempre più popolare e condivisa: <<Viva V[ittorio] E[manuele] R[e] D[’]I[talia]>>. Cominciò ad avere il suo significato quando, nel 1859, fu firmata l’alleanza difensiva tra Piemonte e Francia e si scatenò la guerra contro gli austriaci. Un ulteriore documento emblematico del rapporto tra Verdi e il Risorgimento italiano lo si trova esposto al Museo Civico del Risorgimento di Bologna. Si tratta di un manifesto del 1860, relativo ad una rappresentazione dell’opera “I Lombardi alla prima crociata”, messa in scena nella città felsinea per finanziare la Spedizione dei Mille. Ritornando alla frequentazione di Mazzini di ambienti e personaggi che tracciarono i percorsi europei della cultura letteraria, musicale e pittorica, si segnala, ex multis, l’amicizia e la comunanza d’intenti patriottici coi fratelli Giovanni, Jacopo, Agostino e Ottavio Ruffini, tra i primi aderenti alla Giovine Italia. Giovanni Ruffini, oltre che cospiratore, fu ancheautore dei libretti del Don Pasquale, di Maria di Rohan e della traduzione italiana del Don Sébastien, messi in musica da Donizetti.Quanto agli artisti del belcanto, Mazzini fu amico, tra gli altri, del cagliaritano Giovanni Matteo de’ Marchesi De Candia, fervente repubblicano e celebre tenore, osannato nei teatri col nome d’arte “Mario”, pseudonimo emblematicamente ripreso dall’ultimo difensore delle libertà repubblicane dell’antica Roma. Pare che i due fossero uniti dalla passione politica e dalla comune conoscenza degli interessanti spartiti meyerbeeriani, il primo come semplice ascoltatore, il secondo come acclamato interprete. D’altronde, riflettendo l’epoca storica che descrive (la Francia delle guerre di religione), la musica di Meyerbeer sembrava esercitare, in potenza, quella funzione “sociale” che il patriota ligure assegnava alla drammaturgia musicale. Pertanto, Mazzini conobbe e praticò l’arte dei suoni, conobbe e frequentò i protagonisti della musica del suo tempo, ne osservò pregi e difetti (in particolare, materialismo, pedanteria e formalismo), ne denunciò, nel suo saggio filosofico, lo stato miserevole e lo scadimento nei quali si era ridotta: una musica atea, senza legge divina né fede, ristagnante in se stessa, su elementi e concetti logori, priva di idee e di affetti superni, praticata da artisti e scuole musicali stancamente ripetitivi, impantanati tra mode, stili, metodi, prassi esecutive, tendenze ed orientamenti esausti. Avverte, dunque, la necessità di pensare ad una musica nuova e più popolare, ricca di intento morale, di pratico ammaestramento, di facoltà ispiratrice, capace di coniugare i più riposti sentimenti dell’individuo con quelli della collettività, e indica nel coro, in quanto voce delle masse, il luogo privilegiato di tale armonico incontro. Nel suo scritto, si rivolge a pochi eletti, celebranti il rito-ministero dell’Arte della Musica, da intendersi quale arte santa,potente mezzo di rigenerazione, da elevare ad un ufficio superiore, non limitato ad un uso esclusivamente ludico e delectatorio: un’arte cristiana, sociale, libera, umana, chiamata a più alti destini, scevra da vanità e sozzure, capace di esortare e di incitare ad agire in grandi imprese gloriose.

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Tutte le osservazioni e i concetti riportati nel saggio, nell’uso di una prosa secca, decisa, chiara, paratatticamente articolata, scorrevole, rapida, efficacissima – notevole l’exordium per rapidità di inquadramento della situazione musicale contemporanea in pochissimi periodi – mirano a far rinascere come novella fenice un’epoca musicale già conosciuta (ma, al presente mazziniano, offuscata), auspice l’opera di un Giovane Ignoto in grado di agire malgrado i troppi <<accozzatori di note>>, <<incorreggibili sempre>>, altrimenti detti <<trovatori di un giorno>>. Individua le due principali scuole musicali cui affidare le proprie speranze di rinascita: quella italiana, in sommo grado melodica (ove la melodia è simbolo dell’individualità), e quella germanica, in sommo grado armonica (ove l’armonia è simbolo dei valori sociali del popolo). Spera in un Genio che affratelli le due scuole per dar vita ad una musica europea. Restringendo l’esame del suo ragionare al melodramma, cerca di scuotere dalle sue basi l’organismo dell’opera teatrale, sembrandogli esso troppo vuoto di contenuto, troppo assurdo nella forma, troppo superficiale negli intenti che si andava proponendo come negli effetti che riusciva così ad ottenere. Cerca di trovare una conciliazione tra individualismo romantico e spirito popolare e sociale delle nazioni, e propone di trasformare l’io individuale in io collettivo: l’io individuale che tende all’Infinito e a Dio deve unirsi agli altri nella prospettiva di un’azione rigeneratrice e di una missione divina da compiere da parte del popolo (<<Dio e Popolo>>). Tra i campioni del teatro musicale coevo, nell’ottica mazziniana, spicca Rossini: <<è un titano […] il Napoleone d’un’epoca musicale>>. Il pesarese vince sui predecessori e sui coetanei per ricchezza di idee, per profusione della melodia e nettezza del disegno, qualità tutte che resero le sue opere così piene di carattere in confronto agli abbozzi piatti e grigi che, al tempo, popolavano le scene teatrali. Tuttavia, Mazzini reputa Rossini, più che un innovatore, un <<compendiatore>>. <<Rossini non creò, restaurò. Protestò – ma non contro l’elemento generatore, non contro il concetto primitivo fondamentale della musica italiana; bensì […] contro la dittatura dei professori, contro la servilità dei discepoli, contro il vuoto che gli uni e gli altri facevano. Innovò, ma più nella forma che nell’idea, più nei modi di sviluppo e d’applicazione, che nel principio>>. Neanche Bellini incarna il suo ideale, né gli pare musicista dell’avvenire. Pensava Mazzini che gli mancasse il genio essenzialmente e perennemente creatore, la potenza, la varietà. Pur superiore a tanti altri, Bellini restava un ingegno di transizione. La sua musica sembrava più adatta a illanguidire, a sfibrare, a isterilire la potenza dell’anima umana, che non a sollecitarla o a rinforzarla. Passando in rassegna i maggiori compositori italiani del suo tempo, l’unico al quale Mazzini volge il pensiero con qualche speranza, sia pure senza gettarsi ad ipotecare il futuro, è Donizetti: lo colpì forse, di lui, in confronto a Bellini, la maestria tecnica, la mano più sciolta e abile nell’armonia, nel contrappunto, nella tavolozza orchestrale.Ne individua, quindi, i gradi di sviluppo della produzione teatrale, dalla Zoraide all’Anna Bolena, dall’Elisir d’amore alla Lucia di Lammermoor, per giungere al Marin(o) Faliero, lavoro drammatico che segnala quale opera che meglio risponde, nel panorama del teatro musicale coevo, alle proprie istanze di rinascita di un’Arte rinnovellata, chiudendo così con fiducia la lucida parabola argomentativa del suo ragionare estetico. Ne elogia con trasporto i numeri musicali più riusciti: dalla cavatina “Di mia patria, o bel soggiorno” a “Io ti veggio, or piangi e tremi”, da “Questo schiavo coronato” a “Non un’alba, non un’ora”, fino a “Siamo vili e fummo prodi”. Marin Faliero (opera in tre atti, tratta dalla omonima tragedia di Casimir Delavigne, a sua volta derivata da un soggetto di Byron) fu rappresentata per la prima volta al Théatre Italien di Parigi nel 1835. Rimettendo in sesto l’originale libretto di Emanuele Bidéra, alla stesura del testo collaborò Agostino Ruffini, compagno di ideali politici di Mazzini, avendone pure

condiviso le prime tappe dell’esilio londinese. Marin Faliero ha per sfondo la Venezia dei Dogi e per argomento un adulterio che sfocia in una congiura: narra la vicenda del doge veneziano condannato a morte e decapitato il 17 aprile del 1355 per aver ordito un complotto (fallito per la delazione di uno dei congiurati) allo scopo di instaurare a Venezia una signoria. Alla prima parigina, cui pare fosse presente anche Mazzini, i ruoli principali furono affidati al famoso “quartetto dei Puritani”, ovvero il soprano Giulia Grisi (Elena), il tenore Giovanni Battista Rubini (Fernando), il basso Luigi Lablache (Faliero), il baritono Antonio Tamburini (Israele Bertucci), celebrati cantanti della “vieille garde”. L’originalità del Faliero, come notò Mazzini, sta anche nel <<filosofico>> e grandioso confronto fra i due personaggi “Faliero” e “Bertucci”, il doge e il popolano, e l’esecuzione si giova molto del contrasto fra due voci e maniere di cantare: intenso, fosco, amaro, ma sempre composto, l’uno, estroverso e sanguigno, l’altro. La generosa ed enfatica predilezione di Mazzini per il Marin Faliero di Donizetti, assai probabilmente suscitata da una sorta di identificazione personale con i casi dolorosi narrati nell’opera, assimilabili al proprio stato di cospiratore e di esule, fu comune ad altri spiriti risorgimentali se, a proposito dell’eccidio dei patrioti italiani che la storia ricorda come “Martiri di Belfiore”, troviamo questa notizia: <<Angelo Scarsellini [...] rompendo il sepolcrale silenzio del carcere cantava l’aria del Marin Faliero “Il palco è a noi trionfo/ ove ascendiam ridenti./ Ma il sangue dei valenti/ perduto non sarà”>>.

Elsa Martinelli

Elsa Martinelli

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Tav. I. Giuseppe Mazzini (Genova, 1805-Pisa 1872)

Tav. II. G. Mazzini, Filosofia della musica (1836)

Tav. III. George Sand

Tav. IV. Johann Wolfgang Goethe Tav. V. Chitarra di Mazzini “G. Fabbricatore” (1821)

Tav. VI. Tenore Giovanni Matteo De Candia “Mario”

Tav. VII. Violinista Niccolò Paganini Tav. VIII. Violinista Camillo Sivori Tav. IX. Chitarrista Mauro Giuliani

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Tav. X. Chitarrista Giulio Regondi Tav. XI. Giuseppe Verdi Tav. XII. Graffito “VIVA VERDI”

Tav. XII. Goffredo Mameli Tav. XIII. Michele Novaro Tav. XIV. Jakob Meyerbeer

Tav. XV. Gioachino Rossini Tav. XVI. Vincenzo Bellini Tav. XVII. Gaetano Donizetti

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Tav. XVIII. Soprano Giuditta Pasta I interprete di Anna Bolena

Tav. XIX. Maria Callas nel ruolo di Anna Bolena

Tav. XX. Francesco Hayez, Marin Faliero (dipinto del 1867)

Tav. XXI. Librettista Giovanni Ruffini Tav. XXII. Soprano Giulia Grisi Tav. XXIII. Basso Luigi Lablache

Tav. XXIV. Tenore Giovanni Battista Rubini Tav. XXV. Baritono Antonio Tamburini Tav. XXVI. Giuseppe Garibaldi – Giuseppe Mazzini

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Dante e Manzoni a confronto Per lo studio di Dante molto giovò al giovane Alessandro la guida dei padri Somaschi e Barnabiti. Il futuro autore dei Promessi Sposi fu infatti discepolo del padre Francesco Soave della congregazione dei Somaschi, dal quale ricevette giusto consiglio e concrete influenze nella scelta dei testi moraleggianti, e dei classici in generale, che lo avrebbero aiutato ad esercitare e trasmettere, mediante i suoi scritti, una professione di fede davvero illuminante soprattutto per le generazioni future. Si sa pure che il Monti invogliò Manzoni ad amare Virgilio per fargli meglio comprendere il poema dantesco nel momento in cui il Parini lo indirizzava al miglior studio di Orazio. Monti e Parini, quindi, nella vita del giovane verseggiatore dopo le influenze clericali della giovinezza. Il Monti affascinò Alessandro soprattutto nell’eloquenza, tant’è che all’ombra di essa Manzoni cominciò a poetare, vedi il Trionfo della libertà, l’Adda, In morte di Carlo Imbonati, l’Urania “e son questi i riferimenti più ovvi, ricevendone un’impronta i cui segni permangono nelle Tragedie e negli Inni, non soltanto - dice Colombo - per i residui di un grandioso linguaggio neoclassico quasi d’obbligo, ma anche per la stessa tecnica narrativa e la concezione celebrativa della poesia (una poetica montiana applicata alla liturgia sacra, con la grande novità di una concezione non astratta ed esteriore ma profondamente umanizzata del cattolicesimo)”1. E’ uno dei motivi per cui chiedo spesso ai cultori delle opere letterarie di cercare il sublime negli angoli più riposti dei versi poetici onde dedurre il bello vero a vantaggio naturalmente della vita dell’uomo. Forse per questo “secondo alcuni esegeti, una comprensione vera della poesia di Dante sarebbe possibile solo impadronendosi perfettamente dell’intero universo dottrinario del Medioevo” 2. Ma, a parte questo, è sicuramente da respingere una certa critica che continua a fare di Dante “un grande «reazionario» non ancora in grado di percepire i fermenti di rinnovamento che muovono la civiltà dei Comuni verso un nuovo corso storico in cui si affermeranno valori singoli e individuali contrapposti ai valori universalistici dell’ideologia del Medioevo. Certo - dice Sconocchia - nella Commedia c’è una concezione piramidale, gerarchica, dell’universo e della società; ma questa disposizione è anche strettamente legata ai valori fondamentali della civiltà dei Comuni, di cui Dante svela disintegrazione e squilibrio”3. Dante infatti “rifiuta con decisione inganni, abusi, compromessi, mistificazioni di ideologie che hanno inizio nel Trecento”4.Anche perché “nel suo cammino verso una verità fissa ed eterna, nel suo tentativo eroico di superare la «finitudine» della condizione umana, discopre non solo il male insito in situazioni storiche particolari, ma anche i limiti intrinseci di ogni progresso storico”5. È il motivo per cui la “Commedia mantiene anche oggi nella sua forma linguistica un grado di comprensibilità notevole, forme e caratteri che permangono ancora nella lingua di oggi”6, non solo nell’intenzione di recuperare il passato ma soprattutto nel costruire immagini uniche di pace per il futuro dell’uomo. Anche perché nell’opera dantesca bisogna prima di tutto intravedere un punto d’incontro dell’uomo con Dio al di là di ogni camuffata descrizione realistica (che nei versi sicuramente non esiste). Infatti per la prima volta assistiamo a una visione d’immenso che non è congettura forzata magari dal bisogno di far vero ciò che vero non è, dal momento che testimone dell’uomo poeta è l’anima che crea esclusivamente per la vita. Solo in tal senso possiamo accettare il giudizio, o meglio, la definizione che Croce dà nella sua Logica alla storia, secondo la quale bisogna vedere il susseguirsi degli eventi nel mondo dal punto di vista atemporale o addirittura sovratemporale, ritenendo del resto la storia come eterno presente. Sicuramente Croce sarà stato in questo caso influenzato da Boezio, ma dire così della storia, vedere tutta la storia nella contemporaneità è utopia - perdonatemi il giudizio - di raziocinio direi solo idealistico, se pur rientrano, la Commedia e I Promessi Sposi, nel novero dell’atemporalità storicistica. Ma qui il discorso richiede ben altro spazio e altra attenzione, considerato il tema nelle sue vaste dimensioni strutturali finalizzate a modelli espositivi sistematici e naturalmente non dogmatici. Non posso perciò non chiamare in causa, adesso, il Boccaccio, il quale forse pregustando (anch’egli) il pensiero del filosofo Boezio, che riguarda l’eterno presente, vide in esso l’universalità della poetica dantesca nella contemporaneità - oserei dire - della storia. Nell’Amorosa visione, infatti, viene dal Boccaccio a chiare lettere elogiato colui che “con eccellente stil vi scrisse il Sommo ben” (Canto V), colui che chiaramente in Beatrice indicò la via dell’eterna salvezza, per cui con parole dimesse e addirittura pervase da cosmico misticismo “Benedetto - disse - sia tu, eterno Dio che hai conceduto ch’io possa vedere in onor degno ciò ch’avea in disio”: “Dante Alighier fiorentino”. “Di sicuro, per il Convivio e la Commedia, quei tempi non sono ancora trascorsi, perciò dire che le opere di Dante sono, possono essere, ancora attuali non è omaggio reverente e lezioso verso il grand’uomo, ma semplice constatazione del fatto che noi e loro (loro sono i ‘medievali’) apparteniamo tutti a una comune civiltà, che mescola radici mesopotamiche, greche e italiche, filosofie e spiritualità giudaiche, cristiane e islamiche, modi di vita e di pensiero celti (qualunque cosa questa parola possa significare davvero), germanici e slavi”7. Ma soprattutto rimane attuale l’opera di Dante - non è assurdo pensarlo - per quella mancanza di conoscenza in noi che è ancora alla radice di tutte le nostre sofferenze, che è “la mancanza di consapevolezza di quale sia il ‘bene’, di cosa occorra agire come individui e del modo in cui si debba costruire la comune città terrena per realizzare le valenze positive che noi, gli uomini, siamo, che la vita e l’esistenza sono, se non li si riduce - dice Gagliardi - al fango e alla degradazione” 8. Ecco la lupa dantesca, ecco i peccati capitali, ecco il potere che si fa avanti come sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Per Dante bisogna dunque combattere l’ignoranza per diffondere la conoscenza per la libertà e il benessere del cittadino nella vita del suo paese. Se perciò nella “Vita novasi rievoca il giovanile amore per la Sapienza Santa - secondo Valli -, la ‘teologia’, l’intuizione, quello che volete: la Visione comunque, nel Convivio c’è il passaggio (provvisorio) alla razionalità filosofica e nella Commedia il ritorno a Beatrice, alla visione intuitiva, ma arricchita dalle conquiste della filosofia” 9.In Alessandro Manzoni, invece, la necessità di combattere l’ignoranza è soprattutto evidente nei Promessi Sposi, opera se vogliamo dottrinale, intenta a salvaguardar possente la libertà e la giustizia nei popoli. Realizzazione, dunque, nelle pagine del grande autore, di un disegno politico positivo per l’umanità tutta, perseguito nell’intento di giovare agli altri. Possiamo allora dire che quella del Manzoni fu una visione lungimirante della storia che si concretizzò più avanti con la

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messa in opera - sul piano politico - del liberismo economico da lui sostenuto. Per tal motivo possiamo affermare che anche in quest’ambito Manzoni è ancora attuale. Dante e Manzoni possono allora, in certo modo, dirsi uguali sul piano politico - reclamando essi giustizia e libertà per il popolo oppresso - e nell’indole poetica anche nel voler oggettivare una realtà, un’arte nel gusto d’un linguaggio proteso verso l’infinito, sobrio nel significato, piano nell’elencazione dei fatti narrati. È come se un’arte - la capacità di indurre aun’esperienza conoscitiva - venisse propagata col gusto dell’esteta, che dal Dio creatore prende forma nel significato più ampio dei termini visto che “natura lo suo corso prende dal divino intelletto e da sua arte” (Inferno XI, 99-100). Trattasi comunque di due personalità di diversa statura artistica ma pur concordi nel contrapporre efficacemente i due poteri, lo spirituale e il temporale, nell’impossibilità di giustificarne l’azione comune se non a danno del popolo. In tal senso Dante fa leva sulla poesia che considera “missione, mezzo per propagandare una verità”(Momigliano). Direi inoltre che poesia è missione anche per Manzoni, anzi giusto mezzo per indottrinare o educare con dilettevole arte e raffinatezza di toni la mente dell’uomo dal punto di vista estetico e morale. In tal senso la poesia, venendo dall’anima, può benissimo intendersi come mezzo di elevazione a Dio. Per tal motivo “si può certamente affermare - sostiene Lidia Gravagnuolo - che Dante e Manzoni ebbero la stessa formazione religiosa e morale; si abbeverarono cioè al Cristianesimo evangelico, dei primi secoli della Chiesa, mondo da ogni sovrastruttura e compromesso, che esalta le virtù teologali, la fede, la speranza e la carità, virtù genuine a cui il cristiano di tutti i tempi dovrebbe guardare, scegliendole come meta della sua vita, per portare a termine la missione affidatagli da Dio”10. Possiamo perciò dire che Manzoni non fu mai giansenista come del resto lui stesso afferma nella lettera che in data 8 settembre 1828 invia all’abate Antonio Cesari: “Le è stato detto - cosi scrive testualmente - ch’io son legato alle opinioni di Quesnel e de’suoi partigiani […]. Le dirò dunque […] ch’io non ho letto mai, né il famoso libro del Quesnel, al quale suppongo ch’Ella voglia alludere, né alcun suo scritto in difesa di quello, né alcun altro di chicchessia, composto a tale intento […]. A buon diritto Ella s’è preso angustia del fatto mio, quando ha creduto ch’io stimassi poter qualcuno aver ragione contro tutti i Santi; ma Le confesso che non so come Ella abbia potuto creder tal cosa, sapendo ch’io pur mi professo cattolico. E Le confesso egualmente che non capisco come Ella abbia potuto dubitare s’io riconosca nel Sommo Pontefice la qualità di vero capo della Chiesa, la instituzione divina, l’autorità e la potestà in tutte le Chiese particolari, tutto ciò insomma, che la Chiesa, da Pietro fino ad ora, e da ora fino alla consumazione de’ secoli, riconosce nei successori di Pietro[…]”. Dico allora, a proposito di Alessandro, di un’anima osservante da sempre (non ebbe del resto mai bisogno, l’autore dei Promessi Sposi, riconoscendo nella caducità umana quel senso del disparire e del trapassare, di convertirsi al cattolicesimo se pur preso a volte da sconforto nei confronti della bontà dell’Altissimo), la preghiera che Gesù stesso ha insegnato al mondo. Infatti “Quel che Dio vuole” (Cap.XVII) - nella bocca del Manzoni - corrisponde al versetto del Padre Nostro: “Sia fatta la Tua volontà”. Cosi dicendo, il nostro Alessandro stabilisce un diretto contatto con la divinità nella volontà della divinità stessa di realizzare un progetto nel mondo che sia in perfetta simbiosi e armonia con l’uomo che è nel mondo. Fiducia, quindi, dell’uomo verso Dio nella certezza del bene che presto verrà: “Pura e fina fedeltate” al Dio d’amore, dunque, nella mente del poeta del Fiore o l’estasi dell’irresistibile amore, come mi piace volentieri definire l’opera dantesca. “L’uomo - infatti - nel contemplar la donna con piacer se ne innamora dovendo aver da lei bellezza. Perché l’amore vero è solo purezza e come tale può venir da Amore che gli esseri incatena. La procreazione, quindi, per le vite che si susseguono nel bene, non ha altro che fini spirituali. È infatti disposto l’innamorato ad accettar sofferenza prima di possedere il desiderato amore. E il bene che infin trionfa è, come si può intuire, quel di Dio, motivo per cui l’innamoramento dell’uomo può sconfinare anche nella suprema bellezza del Dio spirituale. Ecco perché il tema della sottomissione non può rifuggire - in questo caso - dall’umiltà che domina nel poemetto con i toni d’un misticismo tutto cristiano”11. Ed è ciò che mi porta a vedere nei versi del Fiore la mano di Dante, come da gran parte della critica è sostenuto dopo gli studi di Gianfranco Contini. Vincenzo Placella è comunque per il no. Ma, questo a parte, quel che importa nella nostra umilissima disputa gentile sui due autori, è la volontà di vagliare con avvedutezza due esperienze che non possono non fondarsi sulla rivelazione. Due realtà, quindi, molto chiare che inducono a meditazione: “mentre Dante dà sostanzialmente un’umanità già arrivata (o vede il mondo dall’alto), Manzoni dà un popolo in cammino, verso l’alto. Il che, certo non toglie che Dante è (dove la Chiesa non ha parlato) giudice, in proprio, di chi ha lasciato questa terra, mentre Manzoni - cito le parole di Colombo - narra la storia fino alle soglie del mistero provvidenziale, e lì si arresta”. Uso continuo del giudizio in Dante contro i dettami della Chiesa cattolica, sottomissione al Vangelo da parte di Alessandro Manzoni, secondo la volontà della Chiesa cattolica che è volontà di Dio. Per questo motivo non accettava di Dante la descrizione di un Dio eccessivamente severo nei confronti dell’uomo, più che misericordioso. E soprattutto non vedeva di buon occhio alcuni episodi dell’Inferno (ad esempio quello di Filippo Argenti) che mostravano del poeta fiorentino certo sdegno implacabile verso taluni non in linea con il perdono e l’amor cristiano. Manzoni oltrepassa poi il limite terrestre rifugiandosi nell’universalitàevangelica, non accettando pertanto l’universalismo terreno di Dante (nella lettera Sul romanticismo vede la morale dei romani soltanto voluttuosa, superba, feroce, antisociale, egoista) che “attua l’ordine temporale con l’attuazione dell’Impero” (Francesco Maggini), che doveva comunque proseguire la missione dell’Incarnazione che in Roma aveva attuato una svolta necessaria per il bene dell’umanità, dovendo per questo, il rappresentante dell’Impero, significare per Dante il servo del Dio della vita (nella necessità di una distinzione dei due poteri, quello politico e quello religioso, che non escludeva alla singola persona di praticare politica e religione insieme). Una storia, dunque, intrecciata nel paganesimo forse ancora in alcune menti allora dilagante. “Fu così che mi chiesi, leggendo dunque gli amabili versi del poeta Omero, perché mai i pagani conobbero Cristo prima ancora che Cristo nascesse. Perché insomma furon essi e non noi - che ancora esitiamo a conoscerlo dopo averlo conosciuto - precursori del Cristo e fors’anche profeti della storia capace di cambiare nella verità la vita a esseri e cose? […]. Chi non possiede la luce (il discernimento) non può essere attratto dalla luce se non per renderla tenebra. Per

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mancanza di discernimento precipita l’uomo nell’assurda utopia generando l’orgoglio disumano, vedi don Rodrigo nella disperata voglia di avere Lucia, addirittura non amandola e nemmeno conoscendola come bene, per seguire (chi non lo sa?) un istinto significativo di odio nei confronti di amore. Perché, se odio non fosse nella mente del personaggio manzoniano, il riso degli umili sarebbe gioia infinita (e non solo amarezza) e l’orrido tiranno non esisterebbe perché regnerebbe amore. Ma, se così non è, non può la collera che nell’uomo fomenta pensieri d’invidia e gelosia non accrescere l’odio del tiranno a dismisura per far soccombere in questo mondo il buono. È il caso di Renzo, il giusto che non può non trionfare nella lotta contro il male, significando il personaggio il potere di umiltà, il bene (insomma) che rinsavisce l’uomo torturato dall’ira dei violenti per cui presto torna il sole nella mente di chi soffre, con la sconfitta naturalmente del male […]”12.Dante e Manzoni furono dunque uguali nel professare “una morale integra e intransigente […] con la differenza che la voce di Dante tuonava più forte dall’alto della sua posizione di giudice delle umane colpe, che - come dice Gravagnuolo - additava allo stesso tempo agli uomini il cammino da percorrere per ritrovare la strada smarrita, mentre la voce di Manzoni era più dimessa e pacata, ma pure tanto insinuante e suadente, più rispondente, insomma, alla sua indole ed alle esigenze e ai gusti del suo pubblico e dei tempi a venire”, anche se Manzoni “per tutta la vita - sostiene Cristoforo Fabris - si è conservato ammiratore, non però cieco, di Dante”. “Ammiratore”, quindi, “non cieco”, nel senso che da illuminista qual era, era poi diventato romantico ma con certo pudore, senza - diciamo - fanatismo di alcun genere. Infatti non riuscì mai, Manzoni, ad accettare “pienamente” certa “corposa goticità dantesca”, lui che “barbaro” non si sentiva né “plebeo”. Predilesse, infatti, in Renzo la borghesia in ascesa e non proprio il popolo minuto o povero nell’autenticità della sua condizione sociale. Ma, nonostante ciò, accoglieva - fa intendere Fabris - con certa enfasi e gioia alcuni versi del Paradiso, l’essenza dell’arte, insomma, sia pur nei termini contraddistinti da certa giustificata cautela nel dire sulle cose, in maniera comunque originale e innovativa. Secondo Renzo Negri - e ciò è negli Atti del VII Congresso Nazionale di Studi Manzoniani - “non siamo di fronte a un contegno profetico, né mimetico, ma a un contegno pedagogico; c’è un maestro che comunica e un discepolo che riceve e fa suo un Verbo che trascende entrambi e che si pone come verità e amore senza confini; la didattica è quella maieutica eterna e specifica del tomismo. È quindi presente, nell’appello, sia il dato realistico che l’autorità morale, ma con una funzione che non è - sostiene ancora Negri - né puramente tecnico-narrativa né puramente messianica”, trovandoci del resto noi “in una misura meno astrattamente sintomatica e più concretamente umana […] in un rapporto educativo fondato sull’amore”. È probabile che Dante non avesse per il suo pubblico un’opinione diversa da questa, ma non acconsentì - questo è certo - ai suoi voleri, a quelle esigenze per le quali, per trattare un problema, bisognava tener conto dei vari punti di vista. Perché Dante procedeva sui suoi passi indipendentemente dai giudizi altrui, comunque nella certezza di non sbagliare. Il lettore è, infatti, immaginato nella Commedia - come del resto afferma giustamente Negri - simile a “un discepolo che desidera di sapere, un discepolo amato, ma che tace e a cui non è richiesto che di ricevere, di condividere con ogni sforzo le straordinarie esperienze che gli propone, con superiore spirito caritativo, il maestro”. Viene così rifiutata la tesi dell’Auerbach secondo la quale tra l’autore della Commedia e il lettore bisognava vedere una sorta di relazione simile a quella del profeta con il suo popolo, ispirata all’amor cristiano; ma anche quella dello Spitzer che in Dante vedeva un’improvvisa illuminazione divina possibile del resto a ciascun cristiano, e nulla più. In Manzoni troviamo invece l’esperienza - dice poi Negri - di “trattar col lettore come tratta con sé. Lo invitava infatti a cercare in sé le emozioni dei suoi personaggi coinvolgendolo anche emotivamente nel mondo fantastico della vicenda narrata: Lucia si staccò dalla madre, potete pensar con che pianti” (Cap.XXVI). Questo perché si ha a che fare con due personalità vissute in momenti completamente diversi, separate da cinque secoli di distanza, secoli che non hanno per niente mutato nella mente dei due - conclude Negri - “il senso d’un altissimo impegno verso il pubblico”. Una certa convergenza tra i due possiamo individuarla anche nelle varie categorie di appelli rivolti ai lettori. Quelle dantesche riguardano una corretta interpretazione artistica e dogmatica del testo; l’invito a sentire e a vedere ciò che il poeta ha sentito e veduto. Quelle manzoniane possono riguardare inviti a immaginare sentimenti di personaggi, a ricordare dati storici, a ritenere i vari aspetti morali nelle vicende narrate. In fondo le vicende di tutti noi in un contesto ove i problemiche si avvicendano sono sempre gli stessi e che possiamo mitigare e risolvere nell’abbandono ai voleri della Provvidenza. Questo per il fatto che “Dante aveva una profonda cultura filosofica basata sulla conoscenza dei testi della patristica, scienza dei dotti padri della Chiesa, in particolare di Sant’Agostino e San Tommaso, e dei nuovi classici; il grande lombardo, invece, oltre a questo, conosceva la filosofia dell’età moderna e aveva assimilato la cultura illuministica, su cui aveva basato la sua formazione […]. Entrambi invero fecero della loro opera strumento di redenzione delle coscienze e di redenzione umana e per questo non tralasciarono di trattare alcun campo della vita, da quello socio-politico-economico a quello religioso e morale”13.Significativo un verso di Dante per comprendere appieno la sua volontà di trattare molto da vicino col lettore, per fini educativi: “Or ti riman, lettor, sovra ’l tuo banco… s’esser vuoi lieto assai prima che stanco”(Paradiso X, 22-24). S’intuisce, infatti, un sentimento d’amor vero nei confronti di un interlocutore dal poeta considerato fratello e non solo amico, o persona da amare. Anche Manzoni, non meno di Dante, spesso dialoga col lettore quasi per coinvolgerlo in una sorta di amichevole contraddittorio in un’atmosfera di giubilo non senza risultato, anzi permeato di riconoscente risolutiva vitalità non solo espressiva. Del resto - sostiene Negri - Manzoni “amava foggiarsi un interlocutore e risolvere in contraddittorio una lettera, un saggio, una difesa, un racconto, una qualsiasi scrittura”. Riferendosi ai negatori del “fiorentinismo linguistico” chiede infatti di “litigar con loro, giacché è la maniera che trova più spiccia per esporgli i motivi della sua qualsiasi

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osservazione”. E se “è da credere - dice - che il giudice avrà conciliate tutte quelle sue risposte, facendo veder tanto a Tizio, quanto a Sempronio, che, se aveva ragione per una parte, aveva torto per un’altra, così faremo anche noi. E lo faremo in parte con gli argomenti stessi de’ due avversari; ma per cavarne una conseguenza diversa e da quella degli uni e da quella degli altri” (Lettera al Carena). Anche perché “siamo troppo ammaliziati”, dice Manzoni, per cui “che garbo ci vuole con questo signore svogliato, schizzinoso e impaziente, che si chiama lettore” (Dell’invenzione).Letteratura, quindi, come bene nella forma dialogica dal sapore socratico. E qualcosa si potrebbe ancora dire sui due per essere più espliciti, che Manzoni - ad esempio - non amò mai Dante per cui mai lo imitò, mai lo esaltò, mai lo lesse con passione. Abbiamo già detto - infatti - che lo scrittore milanese si rivolge ad altri modelli per attingere e poetare. Pronunciò addirittura un dì a favore del Monti, con facile entusiasmo giovanile, parole non appropriate e lusinghiere non potendo in quella circostanza non mostrare una preparazione inadeguata su Dante, perché ingiustamente disse: “Tu il gran cantor di Beatrice aggiungi, / e l’avanzi talora …”. Forse Manzoni “in quegli anni aveva una larga conoscenza della Divina Commedia, ma - come osserva Umberto Colombo - non sentiva profondamente quella poesia; e se ha delle lodi per Dante, appaiono convenzionali[…]. Infatti nel sonetto dedicato a Francesco Lomonaco (1802) i due versi su Dante esule nascono dall’argomento stesso dell’opera dell’amico, «esule egregio» anche lui: «Come il divo Alighier l’ingrata Flora/Errar fea, per civil rabbia sanguigna»”. Ma neanche qui “si può parlare di imitazione dantesca, e tanto meno - sostiene ancora Colombo - nei componimenti seguenti (fino al 1805) in cui è evidente l’influsso pariniano o neoclassico; e se nel carme per l’Imbonati qualche espressione arieggia il dantesco, si tratta di modi generici, di maniera letteraria tradizionale[…]; un preciso ricordo di Dante, quale iniziatore della poesia italiana, si troverà solo nell’Urania (del 1809), cioè proprio in un carme di tutt’altra ispirazione. Fra i versi della parte introduttiva sono quelli in cui il divino Alighieri è salutato «maestro dell’ira e del sorriso» e presentato come un gran lume fra le tenebre del Medioevo: «In lunga notte/giaceva il mondo, e tu splendevi solo, tu nostro». Bella immagine ed eloquente il saluto, che si risolve nella grandiosa similitudine della vetta del monte illuminata dal sole. È forse questa la volta - conclude Colombo - in cui il Manzoni ci appare più preso dall’entusiasmo per Dante […]”. Perché in altro momento mostrò chiara ironia nei confronti del poeta fiorentino, soprattutto quando, rivolto al Biagioli che stava preparando un commento alla Divina Commedia, disse di volersi mettere in ginocchio per meditare una dedica su Dante. Ma, a parte questo, Dante fu in Manzoni più volte, vedi il Trionfo della libertà ov’è espressa una chiara religiosità civile che trova compimento nel grande tema che riguarda la libertà come religione dei popoli nella bellezza suggerita dalla Commedia per motivi naturalmente di salvezza. Libertà comunque non compromessa dalla religione potendo solo questa, per Manzoni, garantire la libertà dell’anima nella gioia del mirabile orizzonte celeste. Anche perché - dice Pascal - “[…] tutta la dignità dell’uomo consiste nel pensiero, per il resto esso è debolissimo per natura, inerme davanti alle forze misteriose che lo circondano. L’uomo è smarrito nell’orizzonte infinito che è come un cerchio in cui il centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo”. Ma Manzoni non s’arrende, anzi suggerisce la via per uscirne, ricorrendo - come abbiamo visto - alla fede. E dice: “La vita è un mistero di contraddizioni in cui la mente si perde se non la si considera come stato di prova ad un’altra esistenza”. Due dichiarazioni a parer mio contrapposte, quella di Pascal e quella dell’autore dei Promessi Sposi, benché si dica che siano affini nel fine che si propongono di raggiungere14. A tal proposito l’osservazione di Corrias, secondo cui per Manzoni “la grazia non si estende a tutti” poiché “tanti resistono ad essa”15, non può giustificare la presenza di Giansenio nella vita del grande Alessandro. Perché, se talvolta l’uomo resiste alla grazia, non è per volontà di Dio, ma per la libertà ricevuta di muoversi nell’infinito con l’uso del pensiero. Il che vuol dire che il Paradiso esiste e dobbiamo guadagnarcelo noi su questa terra che per Manzoni è “stato di prova ad un’altra esistenza”. Nessuna restrizione, quindi, da parte di Dio nei confronti dell’uomo per quel che riguarda la grazia. È anche questo il motivo per cui Manzoni non sempre disdegna l’opera del poeta fiorentino alla quale talvolta fa riferimento per esprimere convinzioni anche sue personali sulla fede. In alcune pagine dell’opera manzoniana notiamo infatti reminiscenze oltremodo significative d’ispirazione dantesca, come ad esempio nel capitolo X a proposito della “sventurata” monaca di Monza. Per Luigi Russo si tratta di “battuta celebre in cui è incisa e velata al tempo stesso la colpa della peccatrice”. “[…] quel giorno più non vi leggemmo avante” aveva detto Dante di Francesca. “Due episodi e due frasi - dice Remo Branca - ci appaiono come rivelazioni dei limiti vastissimi che naturalmente gode la libertà artistica. Un adulterio: Francesca da Rimini (Dante, Inferno, canto V) [...]” e “i delitti della monaca di Monza (Promessi Sposi, cap.X), due magistrali pennellate che chiudono i due dolorosi episodi: due capolavori che risultano perfetti in questo tocco finale […]”16.“La donna e l’amore - dice Umberto Colombo - Lucia e Beatrice e Piccarda e Pia e Francesca, la Provvidenza, i nomi dei bravi e i nomi dei diavoli, il voto, l’Adda e l’Arno, la preghiera liturgica, la gloria. Sembrano portare chissà dove […]”. Ma “comunque si giudichi questa varietà di letture volta a volta o nell’assieme, proprio l’insistenza comparativa afferma Dante e Manzoni, i due vertici della letteratura italiana, i quali, soltanto fra loro quasi, possono trovare motivi di confrontisenza che, alla fine, l’uno smorzi o attenui lo splendore particolare dell’altro”17. Ma “tra i due massimi vertici del genere letterario italiano la differenza è profonda. L’Alighieri è oscuro, il Manzoni limpido. Quegli è come il flutto, il maroso contro la spiaggia oceanica: questi come lo specchio d’acqua alla riva là dove il lago cessa e l’Adda ricomincia. Sebbene, come è di tutte l’acque cristalline, quando ti pare di toccar il fondo con un dito non ti basta il braccio […]”18.Dopo accurata indagine meditativa, lo stil nuovo e il simbolismo, la filosofia, la teologia trecentesca e soprattutto dantesca non potevano quindi non apparire come espressione di lucente bellezza, pur notando noi nell’opera manzoniana - e non è poco - semplicità d’affetti, modestia e chiarezza stilistica; tutti attributi utili per l’ammodernamento “del linguaggio conversativo”19 la cui scioltezza deriva dall’arte romantica che non ama l’arcaico pur non rinunciando alla prosa poetica. Ed è qui il punto culmine della nostra ricerca che trova in Manzoni sempre nuove porte e nuove speranze

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per l’umanità ogniqualvolta ci si appresti alla lettura delle pagine dei Promessi Sposi, anche perché Manzoni “ci si apre a poco a poco” non “per occultismo suo” ma - come vuole “L’Osservatore Romano” - “per isbadataggine nostra”20. “Con l’autore della Commedia, insomma, è come mirare da una cima il panorama quando si sia sciolto di ogni velo, in pieno sole; con l’autore del Romanzo è come guardarvi, salendo un’erta, per successive ampiezze”21, ma è certo che “ove brilla il raggio sovrano di Dio […] non se ne sopporta la luce”22. Ed è quella che tiene legati i massimi vertici della nostra letteratura. “Dio è nella Commedia per ciò che v’è tratto dalla terra e dal cielo e fra terra e cielo; è nel Romanzo ove del cielo è la Provvidenza in terra e nel più umile angolo di questa” 23. Molte volte ho detto che si è trattato del miracolo dell’amore. Questa volta dico che si tratta del miracolo della poesia, anch’essa amore, essendo solo amore nell’opera di Dante come pure in quella del Manzoni, e, se così è, non può la poesia non cambiare il mondo: “Leggi (infatti) una volta I Promessi Sposi, e ti par d’aver raccolto tutto. Li rileggi, e avverti qualcosa di più. Riprendili: e t’accorgi che, quando credi d’aver toccato la cima, un’altra cima e poi tante altre ancora ti stanno aspettando”24.

Rocco Aldo Corina

1 UMBERTO COLOMBO, Dante in Manzoni, Cisalpino - Goliardica, Milano 1985, pag. 10. 2 SERGIO SCONOCCHIA, La comunicazione dei poeti, in Significar per verba, Linguaggi, comunicazione e

divulgazione dal medioevo ad oggi, Atti del Convegno (Gradisca D’Isonzo, 14-15 novembre 2003) a cura di Fabio Cavalli e Marialuisa Cerere, Edizioni dell’Accademia Jaufré Rudel, Gradisca D’Isonzo (Gorizia) 2004, pag. 26.

3 Ibidem, pag. 27. 4 Ibidem, pag. 26. 5 Ibidem.6 Ibidem.7 ROBERTO GAGLIARDI, Il pane e il companatico. Riflessioni su un possibile

uso moderno del Convivio di Dante, in Significar per verba, op. cit., pag. 142. 8 Ibidem, pag. 143. 9 Ibidem, pag. 146. 10 L. GRAVAGNUOLO, “II pungolo”, Cava dei Tirreni (SA), 8/10/1985. 11 ROCCO ALDO CORINA, Il meraviglioso e il Sublime, Bastogi, Foggia, 1995, pagg. 66-67. 12 ROCCO ALDO CORINA, Zibaldone del cuore, Bastogi, Foggia, 2002, pagg. 138-39. 13 L. GRAVAGNUOLO, cit.14 Cfr. ANTONIO CORRIAS, La problematica religiosa nel Manzoni e la sua

matrice giansenista, Convegno 1-2 giugno 1991, Unitre Oristano, pag. 25. 15 Ibidem, pag. 23. 16 Giorno senza sera, La Scuola, Brescia 1949 pag. 23. 17 UMBERTO COLOMBO, op. cit., pagg. 22-23-24. 18 Tra i due vertici della letteratura italiana,“L’Osservatore Romano”, 15 dicembre 1957. 19 Ibidem.20 Ibidem.21 Ibidem.22 Ibidem.23 Ibidem.24 U. COLOMBO, “Il Segno”, Milano, settembre 1985, pag. 33.

Due momenti del Convegno

Rocco Aldo Corina

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Sfogliando… Sfogliando… a cura di Rita Stanca Ricordare per non ripetere Scuola Secondaria di primo grado di Muro Leccese - 3B Riflessioni sulla Pace Scuola Secondaria di primo grado di Muro Leccese - 2B Per non dimenticare Scuola Secondaria di primo grado di Palmariggi Oltre l’eroe, l’uomo! Scuola Secondaria di primo grado di Muro Leccese - 3C

Disegno degli alunni della 2^ B della Scuola Secondaria di primo grado di Muro Leccese

RUBRICA

Rita Stanca

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IIssttiittuuttoo CCoommpprreennssiivvoo MMuurroo LLeecccceessee SSccuuoollaa SSeeccoonnddaarriiaa ddii pprriimmoo ggrraaddoo--MMuurroo LLeecccceessee

“ Bisogna ricordare il Male nelle sue estreme efferatezze e conoscerlo bene anche quando si presenta in forme apparentemente innocue: quando si pensa che uno straniero, o un diverso da noi, è un Nemico si pongono le premesse di una catena al cui termine c’è il Lager, il campo di sterminio”.

( Primo Levi)

Coordinatori Prof.ssa Anna Marzano Alunni Prof.ssa MariaTeresa Caroppo Classe 3 B a.s. 2006/2007

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2277 GGEENNNNAAIIOO

LLAA MMEEMMOORRIIAA DDEELLLLAA SSHHOOAAHH

PPEERRCCHHÈÈ DDOOBBBBIIAAMMOO RRIICCOORRDDAARREE Ad Auschwitz è stata trovata una pietra anonima, dove con un chiodo uno sconosciuto ha

lasciato scritto:“Chi mai saprà cosa mi è capitato qui?”.

Di quell’uomo o donna che l’ha scritto, non sappiamo nulla.

Questa è la grande tragedia della Shoah: il rischio dell’amnesia.

Quella pietra, però, nel suo silenzio assordante, ci spinge a ricordare, e a fare del “Giorno

della Memoria”, un momento di riflessione.

Il Giorno della Memoria ha anche una funzione di ritorno ai valori che devono essere alla

base della nostra civiltà: la pace, la tolleranza , il rispetto reciproco.

Il modo migliore per celebrare questo giorno è quello di farlo rivivere attraverso il piacere di

vivere il bello della diversità in una comunità. La storia nei suoi corsi e ricorsi presenta eventi memorabili che occorre “ ricordare di ricordarsi”. Il ricordo collettivo ha, infatti, il compito di cercare di evitare il ripetersi delle vicende del passato. Oggi nel mondo le libertà fondamentali ed il rispetto della dignità umana vengono riconosciute e rispettate, tuttavia, spesso accade che degli uomini si uccidono perché non hanno la stessa religione, le stesse origini. Il giorno della memoria non significa, soltanto, non dimenticare, ma, soprattutto, significa riflettere sul presente per costruire un futuro più giusto e libero.

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LLL aaa SSS hhh ooo aaa hhh ………

…Attraverso gli occhi dei bambini

LLAA PPEERRSSEECCUUZZIIOONNEE AANNTTIISSEEMMIITTAA IINN IITTAALLIIAA In Italia la Shoah assume caratteristiche diverse dagli altri Paesi europei, in quanto, sino agli anni Trenta non si può parlare di vero e proprio antisemitismo. Nel 1933 Mussolini, tuttavia, assume nei confronti degli Ebrei un atteggiamento ambiguo; accoglie i profughi dalla Germania ma permette la propaganda antisemita. Ancora fino al 1938 Mussolini afferma che la politica razziale fascista è molto diversa da quella attuata da Hitler, ma nello stesso tempo, predispone gli strumenti per la persecuzione giuridica degli Ebrei e dà il via all’antisemitismo di Stato. Nel settembre 1938, allo scopo di difendere la razza italiana, vengono emanate le leggi razziali con le quali gli Ebrei sono allontanati dalle scuole e dalle cariche pubbliche. Se fino al 1943 il fascismo non ha appoggiato il progetto nazista ora la cooperazione tra i due alleati dell’Asse viene attuata pienamente. Nella gestione della persecuzione i fascisti forniscono le strutture, mentre i nazisti si occupano della deportazione verso la Germania e la Polonia. Le prime grandi operazioni di persecuzione hanno inizio nell’ottobre del 1943 a Trieste e a Roma. Quest’ultima, sotto la direzione tedesca, si conclude con la prima deportazione dall’Italia verso il Lager di Auschwitz. La vastità dello sterminio ebraico in Italia emergerà solo dopo la capitolazione nazifascista. II BBAAMMBBIINNII IITTAALLIIAANNII EE LLAA SSHHOOAAHH La percentuale di bambini catturati e deportati dall’Italia è maggiore rispetto alle cifre di Francia e Belgio. Molti bambini Italiani vengono deportati perché le loro famiglie non hanno saputo mettersi in salvo in tempo come racconta Sultana Razon nata nel 1932 da genitori di origine Turca: I primi ricordi che ho sono i bauli, che mia mamma riempiva, ancora nel ’36 e ’37, per andare in America, perché mio papà aveva un sacco di fratelli a Cuba, in Messico…Questo è il primo ricordo che ho. I Bauli son sempre rimasti in corridoio, sempre pieni, mai spediti, perché poi non siamo partiti. Con l’uscita delle leggi razziali iniziavamo ad avvertire l’ostilità, se ne parlava in casa, ma non avevo molto sentore, sentivo che c’era trambusto in casa, i pianti di mia mamma, discussioni perché mio padre avrebbe voluto andare via dall’Italia, e lì erano iniziate le opposizioni della mamma che non voleva muoversi, pensava che fosse tutto una cosa passeggera. Non siamo partiti per aspettare l’evolversi delle cose. Finché ci si è resi conto che forse era meglio se fossimo partiti…. La famiglia di Sultana non comprende subito l’approssimarsi del pericolo neanche quando viene condotta nel campo di Ferramenti di Tarzia in Calabria, perché molto diverso dagli altri campi di internamento italiani. Sultana Razon infatti ricorda: “Devo dire che il campo di concentramento di Ferramenti non era molto…rigido, era abbastanza grande…c’erano i casermoni e gli alberi, il sole. Era estate, quindi era abbastanza piacevole, c’era molta gente…non è stato un trauma, assolutamente”. Con l’occupazione tedesca Sultana viene deportata prima a Fossoli di Carpi e poi a Bergen Belsen ed è qui che si scontra con la durissima realtà del lager: “C’erano le baracche, e ricordo che c’era il water dentro. Era una specie di stazione intermedia, nel senso che tutti aspettano e c’era gente che andava e veniva in continuazione, era un ricambio continuo. Arrivava gente, e altri partivano la mattina. Rispetto a Ferramenti già era peggio, perché poi oltretutto era inverno, faceva freddo, e lì sulla paglia, per terra. Nei bambini sopravvissuti più che il ricordo dei campi italiani, emerge quello del viaggio verso il campo di sterminio di Auschwitz. I bambini soffrono molto la sete e la mancanza d’aria: così ricorda Liliana Segre: “Il viaggio verso Auschwitz è uno dei capitoli più terribili della Shoah. Il mio è durato sei giorni e per sei giorni questa umanità viveva stipata nel vagone con le sue miserie, con i suoi bisogni fisici, con i suoi odori di sudore, di urina, di paura. All’inizio fu il tempo del pianto. La seconda parte del viaggio fu quella della preghiera. Poi ci fu l’ultima parte quella del silenzio:un silenzio solenne, importante, più denso di qualsiasi pianto o preghiera. Non c’era più nulla da dire”.

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Anche Sultana Razon ricorda: “Al mattino presto sono venuti i tedeschi, ricordo gli stivaloni, l’elmetto, i fucili, i cani lupi…ci hanno caricati sul vagone e da lì siamo partiti per Belsen. Il viaggio è durato molto, eravamo tutti un po’ in piedi, un po’ seduti, ma non c’era spazio per stare tutti sdraiati. C’era un bidone in un angolo dove tutti facevano i loro bisogni; molti morivano durante il viaggio, è stata una cosa allucinante, tutte quelle porte chiuse nulla da mangiare né da bere…dopo un giorno o due ci hanno aperto un po’ uno spiraglio per cambiare il bidone che era pieno. Dovevamo vuotarlo, e in quell’ occasione ci hanno lasciato scendere per bere a una fontanella che c’era lì. Non mi ricordo se hanno distribuito del pane, perché poi siamo saliti ed eravamo tutti stretti”. “I bambini erano come uccelli di passo: Dopo pochi giorni erano trasferiti al block delle esperienze , o direttamente alle camere a gas” ( Primo Levi ) Giunti a destinazione i bambini non hanno possibilità di sopravvivenza perché i bambini non hanno il diritto ad esistere essendo l’infanzia il futuro di un popolo e quello ebraico deve scomparire. I bimbi subiscono le stesse privazioni degli adulti, ma essi hanno una minore speranza di vita rispetto agli adulti. Come ricorda Liliana Segre: “Imparai in fretta che cosa voleva dire lager” voleva dire morte – fame – freddo – botte - punizioni; voleva dire schiavitù, voleva dire umiliazioni - torture-esperimenti. Ad Auschwitz - Birkenau, i piccoli si salvano, a volte, se appaiono più grandi della loro età o se mentono per essere inclusi tra gli adulti idonei al lavoro. Qualcuno capisce che è meglio dichiararsi più grandi, altri vengono avvertiti da alcuni prigionieri prima delle selezioni. Nei campi di solo sterminio i bambini non hanno alcuna possibilità di sopravvivenza, perché tutti gli ebrei che vengono condotti lì, vengono subito uccisi ad eccezione dei membri del Sonderkommando - prigionieri addetti alla raccolta dei vestiti e dei beni delle vittime, allo smistamento dei cadaveri dalle camere a gas e al funzionamento dei forni crematori. SSOOPPRRAAVVVVIIVVEERREE NNOONNOOSSTTAANNTTEE LL’’OORRRROORREE I bambini sopravvissuti nei campi di sterminio sono pochissimi, mentre nei campi misti di lavoro e di sterminio, i bambini hanno una maggiore possibilità di sopravvivenza. Spesso sono tenuti in vita per essere oggetto di atroci esperimenti , cosiddetti medici e scientifici. I bimbi usati come cavie umane per lo più muoiono, ma se gli esperimenti condotti su di loro non sono prolungati e mortali, talvolta, riescono a resistere , sino alla liberazione. Ricorda Liliana Segre: “L’obiettivo dei tedeschi era ridurci a non persone e ci sono riusciti benissimo. Non avevamo più neanche i nostri pensieri.” Ai piccoli non rimane, allora, nient’altro che tentare di sopravvivere, nonostante la sporcizia, la denutrizione, le umiliazioni gratuite. “ Ricordo le adunate per l’appello al mattino, con le gambe inzuppate in mezzo alla neve solo con il grembiule e gli zoccoli, nudi…non so come abbiamo fatto a superare queste cose”. Per i bambini, dunque, di primaria importanza diviene proteggere il più possibile i piedi e le gambe dal freddo, procurarsi cose utili come spago, stracci, bucce di cibo e rifiuti ancora commestibili, saper conservare il cibo razionandolo, come ricorda Sultana Razon: “Andavamo a frugare gli avanzi, trovavamo che le bucce delle patate nelle camerate dei Kapò erano squisite…” Davanti all’orrore e alla crudeltà, i bambini , ciascuno a suo modo, assumono una reazione di difesa. Liliana Segre ricorda: “Io avevo paura di ciò che i miei occhi potevano vedere. Allora avevo scelto un dualismo dentro di me, una sovrapposizione di realtà diverse: ero lì con il corpo, che pativa il freddo, la fame e le botte, ma con lo spirito abitavo altrove. Vagavo, ma non con i ricordi che mi avrebbero ferita a morte più del freddo e della fame: mi ero inventata un mondo di fantasia tutto mio, qualcosa di speciale. Correre su un prato, nuotare nel mare della Liguria, cogliere i fiori, vedere cose bellissime nel cielo. E riuscivo a non essere lì. [...] Nelle notti terse scelsi una stellina nel cielo, e mi identificai con lei. […] Io non ero ad Auschwitz: mi ero fusa con quella stellina e

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pensavo: “Io sono quella stellina. Finché la stellina vivrà nel cielo io non morirò, e finché resterò viva io, lei continuerà a brillare”. A Sultana Razon , la forza morale per reagire alle dure condizioni di vita viene dallo studio e dalla presenza dei familiari: “…Ma soprattutto mi facevano studiare, perché ricordo che mio papà, pur essendo quasi analfabeta, lui che veniva da una famiglia che aveva fatto si e no la terza elementare(…) ci ha sempre sollecitato a studiare, a prendere lezioni. Siccome l’ambiente era cosmopolita, abbiamo cominciato a studiare francese, e poi l’ho sempre ringraziato per questo. Prendevamo lezioni da un poliglotta greco, scrivendo sui pezzi di carta che trovavamo (…). Questo ci ha sostenuto parecchio perché avevamo i compiti da fare…”. Le piccole sorelle Bucci di quattro e sei anni, Andra e Tatiana, ricordano di aver cessato di provare sentimenti non appena entrate ad Auschwitz : “ Non ricordo di aver mai pianto o riso ad Auschwitz - dice Tatiana, - non ricordo il giorno preciso in cui la mamma non venne più, ma quando accadde credo di non aver pensato niente. Era talmente cambiata,quando la vedevamo nel campo, senza più i capelli, talmente smagrita e imbruttita che non ci consolava vederla…Mamma semplicemente non venne più, io non pensai niente ma dentro di me sapevo che doveva essere finita in mezzo a quei mucchi di morti che si vedevano in giro dovunque. LLAA LLIIBBEERRAAZZIIOONNEE EE IILL RRIITTOORRNNOO DDEEII BBAAMMBBIINNII Ad Auschwitz, le SS, con l’avvicinarsi dei Russi abbandonano malati, moribondi e feriti nel campo, gli altri sono costretti a partire insieme ai persecutori ma non tutti vanno incontro alla liberazione. Liliana Segre fa parte dei prigionieri evacuati e obbligati a marciare per giorni. E’ gennaio del 1945 e la temperatura è bassissima. Per resistere Liliana cerca di concentrare le sue scarse forze nella disperata voglia di vivere: “La strada era disseminata di morti senza tomba, io non li guardavo; ero un automa che camminava, una gamba davanti all’altra: volevo vivere, non volevo morire. Ero come ubriaca, era una follia anche poter vivere. Mi buttavo come le altre sugli immondezzai e rosicchiavo qualunque rifiuto appena potevo: torsoli di cavolo marcio, bucce di patate crude o un osso già spolpato… Noi testimoni della storia che cambiava sotto i nostri occhi, eravamo sconvolte, stanchissime, emozionate. IILL PPOOPPOOLLOO IITTAALLIIAANNOO AAIIUUTTAA GGLLII EEBBRREEII Nel 1961 nel processo della “Beth Ha’am” “casa del popolo” di Gerusalemme, contro Adolf Eichmann, il capo nazista, veniva chiesto ai testimoni superstiti delle comunità ebraiche tedesche, francesi, austriache, ungheresi “Ricevevate qualche aiuto”? Le risposte erano state più o meno uguali: “Tutta la popolazione era contro di noi”; oppure “Nessuno aveva il coraggio di muovere un dito”; o ancora “Aiutarci voleva dire fare la nostra fine”. La professoressa Campagnano dopo aver raccontato la sua storia piena di sofferenza, alla stessa domanda risponde: “Sì, tutti gli strati della popolazione italiana ci hanno aiutato: professionisti, protestanti, cattolici, militanti di ogni partito”. Dopo un po’ di silenzio aggiunge: “Ci sono molte ragioni…per spiegare il comportamento degli Italiani: odio tradizionale profondamente radicato per i Nazisti, l’azione partigiana, il buon cuore e il profondo senso umano. Ogni Ebreo Italiano sopravvissuto deve la sua vita agli Italiani”.

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PAROLE

Penso al nostro povero mondo, e mi vengono in mente parole cattive, parole amare, parole senza sapore. Penso al mondo che vorrei e mi vengono in mente parole buone, parole cariche d’amore, parole dal dolce sapore. Ma tra le tante, la parola più bella che mi viene in mente è : Pace E mi ritrovo qui a sperare , in un mondo di Pace Danilo

LA GUERRA

La guerra è odio La guerra è terrore

La guerra è distruzione La guerra è umiliazione

La guerra è dolore La guerra è morte.

Dissolviamo la sua nera ombra

con la luce radiosa dell’amore

Vanessa

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SOGNO La Pace è un sogno da realizzare insieme È un dono da custodire È la gioia di vivere in un mondo fatto di tanti colori. Andrea C.

LA GUERRA E’

La guerra è bambini senza infanzia

uomini privati del dono della vita

madri straziate dal dolore.

Ricordiamolo quando sentiamo il suono

di questa terribile parola Rocco

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ANGELO

Se guarderai nel cielo vedrai un bambino

che vive su una nuvola. Non conosco il suo nome,

FOLLIA è salito fin lassù come un filo di fumo, ma se vuoi , potrai chiamarlo Aveva un’anima “Angelo” Aveva dei sogni Aveva una mano tesa verso la vita Se guarderai nel cielo Degli uomini non uomini vedrai un bambino hanno interrotto che gioca tra le nuvole brutalmente le sue dolci speranze e sorride felice! nel nome della umana follia Melissa Veronica

Aprile - Maggio - Giugno 2007 97

UOMINI Uomini dagli occhi attoniti, smarriti. Uomini calpestati, tormentati. Uomini spenti, perduti. Uomini travolti dalla nostalgia dei ricordi. Uomini che disperatamente sognano la pace. Teresa

VOGLIAMO LA PACE

Odio, rivalità, avidità abbandonate il cuore dell’uomo.

Cannoni scagliate dalle vostre bocche fiori e messaggi d’amore.

Difendiamo il mondo con le armi della concordia.

Vogliamo la pace non vogliamo la guerra.

Serena

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BAMBINO Bambino, dolce tesoro ,quanto hai sofferto! Il tuo tempo è stato efferato, la tua infanzia negata. Ti hanno strappato alla tua mamma, alle sue carezze, ai suoi baci. Un treno ti ha portato via poi con un fil di fimo sei volato via! Deborah

LA MAGIA DELLA PACE

La pace non è solo un’illusione La pace non è solo un’idea.

La pace è dentro di noi Scoprila

e conoscerai la magia di vivere la tua vita

con il cuore colmo d’amore..

Ester

Aprile - Maggio - Giugno 2007 99

SOGNO In un mondo grigio pieno di violenza s’innalza nel cielo un arcobaleno che effonde su di noi bellezza ,amore , pace. E’ questo un bellissimo sogno, il nostro sogno che ci fa credere sperare nella forza della pace. Noemi

PENSIAMOCI

Cos’è la guerra? La guerra

è morte,

è sciagura.

Chi vuole la guerra?

Chi ha in dispregio il bene dell’umanità.

Pensiamoci

prima di farla.

Luigi

LLAA PPAACCEE

La pace è un castello difficile da costruire, ma facile da distruggere.

La pace è una colomba che si libra nel cielo,

libera di volare.

La pace è un sogno da realizzare,un sogno per cui vale la pena di lottare.

La pace è …

tutto quello che desideriamo.

Ernesto

Aprile - Maggio - Giugno 2007 100

Scuola secondaria di primo grado di Muro Leccese - 2^B Riflessioni sulla Pace Secondo me, il senso della parola PACE è stato banalizzato moltissimo ultimamente; si parla di Pace anche in situazioni poco adatte. Per esempio, le ragazze che partecipano a Miss Italia, per far colpo sul pubblico, dicono di sognare la pace, ma, secondo me, non hanno idea di che cosa voglia dire. La parola Pace è importantissima. Pace è sinonimo di fratellanza, di amore, di sogno e di speranza. Purtroppo però esiste anche un contrario di questa meravigliosa parola: è un termine che ha tutt’altro significato, che è sinonimo di potere, di odio, di conflitto: la GUERRA. Anche in questo periodo si può dire che il mondo non sia in Pace; ci sono tantissimi scontri e sicuramente, mentre io sto scrivendo, decine decine di persone stanno morendo ammazzate da un colpo di fucile. Le guerre sono oggi originate da interessi economici e politici, da persone che sono assetate di potere, e poi chi ci va di mezzo è la povera gente, gli innocenti. Quando parliamo di Pace, non intendiamo solo la Pace nel mondo, è vero che esistono grandi conflitti e grandi guerre (che poi in realtà sono quelli più gravi), ma esistono anche i piccolo “scontri” anche tra noi ragazzi. Con questo non voglio dire che non litighiamo più e di conseguenza che ci sarà la Pace nel mondo, ma se ognuno di noi cominciasse a pensare un po’ meno a se stesso e un po’ più al prossimo forse si potrebbero evitare anche i conflitti. Voglio concludere che non sono le parole, ma i fatti che potrebbero cambiare una cosa così triste, realtà quale è la guerra tra gli esseri umani che dovrebbero essere tutti fratelli!

Ilaria Brocca II B

Disegno degli alunni della Scuola Secondaria di Muro Leccese – a.s. 2005-2006 PACE Non importa che tu sia un uomo o una donna , un ragazzo o un anziano , un soldato o uno studente . Non importa il tuo colore, la tua provenienza, la tua religione . La cosa più importante è non fare mai la guerra per ottenere la pace nel mondo. Chiara Bizio II B.

Disegno degli alunni della 3^C a.s. 2005-2006

Aprile - Maggio - Giugno 2007 101

HO PREGATO IL SIGNORE Ho pregato il Signore perché nel mondo non succedano mai più tragedie. Ho pregato il Signore perché gli ebrei non vengano mai più perseguitati. Ho pregato il Signore perché la SHOAH non venga mai dimenticata. Ho pregato il Signore perché da quella tragedia la gente impari ad essere uguale. Ho pregato il Signore perché non voglio più vedere il terrore negli occhi dei bambini quando vengono portati nei forni e cremati. Ho pregato il Signore perché non voglio vedere mai più gli ebrei derisi e umiliati. Ho pregato il Signore perché i campi di concentramento siano solo un ricordo e mai più al mondo nessuno ne faccia uso. Signore ti prego ascolta queste mie preghiere fa che tutto questo non succeda mai più. Fa che nel mondo ci sia solo pace. Fa che nel mondo ognuno impari ad amare perché siamo stanchi di guerre, di odio e di lottare.

Chiara De Pascali 2 B

Scuola Secondaria di Muro Leccese

Disegno degli alunni della 3^C - a.s. 2005-2006

Aprile - Maggio - Giugno 2007 102

Scuola Secondaria di primo grado di Palmariggi Per non dimenticare… In occasione della giornata della memoria, ricorrenza molto importante perché permette di non cancellare l’atroce ricordo dell’olocausto, avvenuto durante la seconda guerra mondiale, abbiamo realizzato un pannello che rappresenta in maniera molto toccante e intensa questo drammatico evento. Lo scenario è quello del campo di concentramento di Aushwiz, indimenticabile luogo in cui sono stati trucidati circa sei milioni di Ebrei, di cui oltre un milione di bambini. Colori cupi e lugubri sono stati utilizzati per rappresentare una scena altrettanto forte e cruda: quella, in primo piano, di un uomo e un bambino denutriti, aggrappati al filo spinato così come alla vana speranza di sfuggire a quell’inferno. Dal rosso al nero, dal viola al grigio per rendere ancora più efficace lo stato di sofferenza e di morte che dilagava intorno. In prospettiva, si vede il fumo di un forno crematorio a testimonianza del futuro a loro ignoto: La morte. Regna un silenzio terrorizzante ma, in sottofondo, una mitragliatrice compie il suo lavoro. In basso, scorre una diapositiva: tanti flash che immortalano non le scene di un film, ma momenti di vita reale che mantengono vivo il ricordo di ciò che è accaduto. Negli sguardi smarriti traspare la paura del proprio futuro e l’incapacità di sfuggire al destino, ormai, segnato. Quello che rimane sono poche persone disarmate che non possono reagire ma devono sottostare alla volontà di qualcuno che, per ragioni ingiuste, ha ucciso. A queste persone innocenti, private da qualsiasi effetto personale e addirittura della propria dignità, viene ordinato di morire ma…perché tutto questo???

I ragazzi della 3^A

Pannello in legno dimensioni 140 x 105 cm Tecnica: Colori acrilici e collage polimaterico Realizzato dagli alunni della 3^A della Scuola Secondaria di primo grado di Palmariggi coordinati dal Prof. Claudio Cazzato

Aprile - Maggio - Giugno 2007 103

LL’’aauugguurriioo ppiiùù ggrraannddee cchhee aauussppiicchhiiaammoo…… cchhee iill mmoonnddoo aabbbbiiaa iimmppaarraattoo llaa lleezziioonnee ee cchhee ggllii uuoommiinnii nnoonn ssii llaasscciinnoo ppiiùù ttrraavvoollggeerree ddaallllaa ffoolllliiaa..

BBiissooggnnaa rriiffiiuuttaarree ooddiioo ee gguueerrrraa……rriifflleettttiiaammoo ssuullll’’oollooccaauussttoo ppeerrcchhééqquueessttoo oorrrriibbiillee mmaassssaaccrroo ddiiiinnnnoocceennttii nnoonn aaccccaaddaa mmaaii..

IINNDDEEGGNNII DDII VVIIVVEERREE SSeeccoonnddoo HHiittlleerr,, iill ppooppoolloo eebbrraaiiccoo aappppaarrtteenneevvaa aadd uunnaa ““rraazzzzaa”” iinnffeerriioorree,, mmeennttrree ii tteeddeesscchhii eerraannoo ““aarriiaannii”” ((cchhee ssiiggnniiffiiccaa ““nnoobbiillii”” eedd iinnddiiccaa llee ppooppoollaazziioonnii eeuurrooppeeee ddii ppeellllee cchhiiaarraa)).. AAllllaa lluuccee ddii ttaallee ccoonnvviinnzziioonnee cciirrccaa 66 mmiilliioonnii ddii EEbbrreeii ssuubbiirroonnoo ppeerrsseeccuuzziioonnii iinnggiiuussttee;; ffuurroonnoo uummiilliiaattii aa ttaall ppuunnttoo ddaa eesssseerree pprriivvaattii ddeellllaa lloorroo ddiiggnniittàà ee ppooii uucccciissii ee ccrreemmaattii iinnssiieemmee aadd aallttrree ppeerrssoonnee rreeppuuttaattee ““iinnddeeggnnee”” ddii vviivveerree..OOccccoorrrree rriiccoorrddaarree…… ppeerr nnoonn ddiimmeennttiiccaarree cciiòò cchhee èè aaccccaadduuttoo ee aaffffiinncchhéé cciiòò nnoonn ssii vveerriiffiicchhii mmaaii ppiiùù..

LLaa sshhooaahh hhaa ttoollttoo ttuuttttoo aa cchhii ll’’hhaa ssuubbiittaa;; hhaa ssttrraappppaattoo iillccuuoorree ee lloo hhaa ffaattttoo aa ppeezzzzii,, llaasscciiaannddoo aall ssuuoo ppoossttoo uunn vvuuoottooeennoorrmmee ee ssppaavveennttoossoo,, uunn ggiiggaanntteessccoo bbuuccoo nneell qquuaallee ssiiaavveevvaa ppaauurraa ddii gguuaarrddaarree…… IIoo vvoorrrreeii cchhee ll’’uuoommoo iimmppaarraassssee aa vviivveerree sseennzzaa ooddiioo eevviioolleennzzaa.. SSoolloo ccoossìì ssii ppuuòò ooppeerraarree aaffffiinncchhéé llaa ccaattttiivveerriiaa nnoonnppoorrttii aadd aavvvveenniimmeennttii tteerrrriibbiillii ccoommee qquueellllii ssuucccceessssii dduurraannttee llaaIIII gguueerrrraa mmoonnddiiaallee..

Classe 2^A Scuola Secondaria di primo grado - Palmariggi

Aprile - Maggio - Giugno 2007 104

Scuola Secondaria di Muro Leccese - 3C Oltre l’eroe, l’uomo! Un gruppo di alunni della classe 3^, sez. C, della Scuola Secondaria di 1° grado di Muro Leccese, coordinati dalla prof.ssa Rita Stanca, ha partecipato al Concorso Nazionale “Giuseppe Garibaldi”, indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione, in occasione della celebrazione del bicentenario della nascita dell’eroe. Con il lavoro di seguito pubblicato, si sono classificati primi, a livello regionale, per la categoria “opere letterarie” e saranno premiati con la partecipazione alla “Crociera dei Mille”, un viaggio in nave, da tenersi nel mese di maggio, in cui mille studenti, appartenenti alle scuole vincitrici, ripercorreranno alcune delle tappe più significative dell’eroica spedizione garibaldina. L’elaborato sarà esposto in un’apposita Mostra, predisposta nei locali del Ministero della Pubblica Istruzione.

Ci inerpichiamo su per il monte “Teialone”, lungo la dorsale collinosa che attraversa il piccolo isolotto di Caprera. Arriviamo in uno spiazzo e, vicino ad un cespuglio, poco distante da un capannone, vediamo un uomo con abiti dimessi, ma dallo sguardo fiero. Ed è quello sguardo che ci fa capire che quell’uomo è proprio lui: Giuseppe Garibaldi. Ci avviciniamo con un po’ di soggezione, ma anche con la determinazione di portare a termine la nostra missione: rivolgere alcune domande a colui il quale è da tutti considerato l’eroe dei due mondi, per cercare di scoprire l’ “uomo” nascosto dietro l’alone patinato della fama e della gloria. Ci vede e ci viene incontro, ci stringe la mano e, dopo aver conosciuto il motivo del nostro essere là, con un gesto ci invita ad unirci a lui in quella che, ci comunica con un sorriso appena abbozzato, è la consueta passeggiata nella pineta, a ridosso dei meravigliosi litorali a rias, con le stupende cale sabbiose che si alternano a scarpate a picco sul colore verde cristallino intenso delle acque del mare. Di fianco, ma sempre un po’ arretrati rispetto a lui, cominciamo a rivolgergli le nostre domande. Signor Garibaldi, quali ricordi ha della sua infanzia?

- Beh, è passato un bel po’ di tempo da allora. Sono nato, a Nizza, nel 1807! Mio padre, “padron Domenico”, faceva il capitano di mare, era molto religioso e voleva che io diventassi prete. Di “mamma Rosa” ho un ricordo bellissimo: era buona, si commuoveva per tutto e per tutti …ed io ne approfittavo parecchio! Discolo qual ero e un po’ ribelle, detestavo studiare, mentre mi piaceva molto andare a caccia, gironzolare per il porto con gli amici. Perciò non sono mai andato molto d’accordo con la grammatica.

Quale è stata la prima azione “avventurosa” della sua vita ?

- Avevo dodici anni e, insieme a tre miei amici, mi impadronii d’una barca e tentai di fuggire, ma non sapevo neanche dove andare. Fui ripescato vicino a Monaco e… ricordo ancora il bruciore delle cinghiate che ricevetti! Da allora, però, i miei capirono che nella mia vita non avrei fatto mai il prete, come volevano loro, e mio padre mi affidò come mozzo ad un suo collega su un cargo che batteva le rotte dell’Estremo Oriente.

Le piaceva quel tipo di vita?

- Certo, mi piaceva molto. Soddisfaceva la mia sete di avventura! Per ben due volte incontrai corsari di origine greca e mi unii a loro per ostacolare i traffici commerciali dei turchi, che allora opprimevano il popolo greco. Ero un bravo mozzo. Tutti mi volevano bene. Mi piaceva cantare e con le mie canzoni rallegravo le notti di tutta la ciurma. Intanto, però, giravo e conoscevo il mondo.

Signor Garibaldi, ricorda qualche persona che ha avuto un ruolo decisivo in alcune scelte importanti della sua vita?

- Beh, una persona che sicuramente ha avuto un grande ascendente su di me è stato “Il Credente”, lo chiamavano tutti così. Lo conobbi quando ero a Taganrog, sul Mar Nero. Mi affascinò con i suoi discorsi, con il suo parlare di “patria”, di “repubblica”, di “indipendenza”. Fu lui che fece nascere in me il desiderio di conoscere Mazzini, di sposare le sue idee.

Che uomo era Mazzini? Quale opinione ha di lui?

- Se devo essere sincero, quando lo incontrai per la prima volta a Marsiglia, non mi piacque molto. Comunque, però, mi affiliai alla “Giovine Italia”, partecipai a diverse insurrezioni, come a quella del 1834, che fallì e a causa della quale fui condannato a “morte ignominiosa”. Ritornando a Mazzini, solo troppo tardi mi accorsi che lui, che riconosceva, sì, le mie qualità, ma che mi considerava un grosso caporale confusionario, cercava di strumentalizzarmi ai suoi fini, per dare una soluzione democratica e repubblicana al problema dell’Italia.

Disegno di Federica De Pascali

Aprile - Maggio - Giugno 2007 105

Nella sua vita ha incontrato sia il re Carlo Alberto che il re Vittorio Emanuele. Che impressione ne ha avuto? - Incontrai Carlo Alberto, per la prima volta, a Roverbella. Si dimostrò abbastanza diffidente nei miei confronti e,

sinceramente, guardandolo, pensai che forse il destino della nostra patria non era riposto in buone mani e gli avvenimenti mi hanno, poi, dato ragione. Ero appena ritornato dall’Uruguay e lui ostacolò il mio desiderio di essere impiegato subito nella lotta contro gli Austriaci. Perciò intervenni un po’ di qua, un po’ di là, con i miei volontari, con il risultato che eravamo inseguiti sia dagli Austriaci che dai Piemontesi che volevano dimostrare di non aver nulla a che vedere con me che consideravano ancora un corsaro. Incontrai, invece, il re Vittorio Emanuele, col quale condividevo un astio sincero nei confronti di Cavour, a Torino, nel 1860, quando Mazzini, Crispi, Cavour, lo stesso re tramavano per vie traverse per far insorgere i diversi popoli dell’Italia, o per annetterli al Piemonte, o per costituire uno stato indipendente, repubblicano. Io nutrivo nei confronti del re una devozione sincera, lo consideravo un glorioso soldato, lo ritenevo un dono della Provvidenza all’Italia, lui, invece, si serviva di me per le sue manovre contro i suoi stessi ministri.

Perché provava astio nei confronti di Cavour?

- Cavour è sempre stato un uomo che ha lavorato nell’ombra e che, se dovessi ora paragonare ad un animale, lo paragonerei ad un ragno che lentamente, ma altrettanto instancabilmente, tesse le sue trame, riuscendo con tempismo a cogliere ogni “combinazione” che possa tornare a suo vantaggio. Il suo comportamento nei miei confronti è stato, infatti, sempre abbastanza equivoco: sfruttava le mie azioni, le mie vittorie e poi mi toglieva di mezzo, aizzando tutti e, in particolar modo, Vittorio Emanuele, contro di me. Tanto è vero che, quando dopo la sanguinosa, ma vittoriosa battaglia del Volturno, nella famosa spedizione de I Mille, invitai il re a venire a “fare una passeggiata” a Napoli, io gli andai incontro, ma lui fu abbastanza distaccato nei miei confronti. Ricordo che, contrariamente a quanto, poi, si è sempre detto, il nostro incontro non avvenne a Teano, ma a Taverna di Catena. Lì gli dissi :<<Saluto il primo Re d’Italia!>>. Lui mi rispose, semplicemente:<<Grazie!>>. Mi impedì di entrare con lui a Napoli, ma, all’ingresso di Teano, mi invitò a colazione. Rifiutai. Mi congedò, offrendomi un titolo di duca, un castello e una pensione. <<Sono qui per fare l’Italia, non una carriera>> gli risposi e partii per questa isola con un sacchetto di sementi, alcuni barattoli di caffè e zucchero, una balla di stoccafissi e una cassa di maccheroni!>>. Sono un uomo semplice, che non ha mai desiderato né potere né denaro. Ero un capo perché gli altri mi seguivano spontaneamente e riconoscevano il mio coraggio, il mio agire seguendo l’intuito e osando sempre più del nemico.

Prima ha detto che, quando ha incontrato il re Carlo Alberto, era appena ritornato dall’Uruguay. Che cosa l’aveva spinto, nel 1836, ad andare nel Nuovo Mondo?

- Innanzi tutto ero sfiduciato, come molti altri patrioti nei confronti delle insurrezioni di Mazzini, che fallivano, mentre in me era sempre molto forte la voglia di “agire”. Accettai, perciò, il posto di “secondo” su un brigantino in partenza per Rio de Janeiro. Del Nuovo Mondo mi aveva parlato mio fratello Angelo, che era già emigrato a New York. Io, sinceramente, vi ero andato con l’idea di metter su un’impresa di trasporti e di pensare solo a me stesso…e così avrei fatto se un altro esule italiano, Tito Livio Zambeccari, non mi avesse convinto a sostenere la causa dei ribelli della regione del Rio Grande che si opponevano a Don Pedro II, capo dell’Impero brasiliano. In quella occasione fui ferito da una pallottola alla gola. Mi arrestarono, tentai di fuggire, fui ripreso e torturato, ma poi fui finalmente libero e, con una flotta formata da soli due barconi, da Rio Grande raggiunsi Laguna.

Prima fece sua la causa dei riograndesi, poi quella degli argentini di Corrientes che erano insorti contro il loro governo, poi quella dell’Uraguay, a cui l’Argentina aveva dichiarato guerra. Quale ricordo le è rimasto di quel periodo?

- Sicuramente è stato un periodo nel quale ho avuto molte soddisfazioni sia dal punto di vista militare che da quello sentimentale. Ero riuscito a fare di un gruppo di uomini indisciplinati e poco organizzati un piccolo esercito, a cui fornii la prima divisa, pantaloni di tela e camicia rossa, approfittando degli sconti che una fabbrica di Montevideo stava facendo su dei grembiulotti rossi che erano destinati ai saladeros, i macellai argentini, a cui non li poteva più vendere a causa della guerra tra i due Paesi. Quella camicia rossa, su cui si è tanto favoleggiato e che, poi, è divenuta il simbolo del Risorgimento italiano, è nata, quindi, per caso e per problemi economici, in quanto la Legione non aveva i soldi per fornire una divisa ai miei uomini. Dal punto di vista sentimentale è stato un momento felice, perché a Laguna avevo conosciuto Anita, una donna forse, per gli altri, non molto bella, ma vigorosa e coraggiosa. Come me non era molto istruita e credeva ai miei stessi ideali, forse solo perché ci credevo io. Era molto gelosa, temeva che io la potessi lasciare e, per questo, non si allontanò mai da me. Ne ero follemente innamorato e la sposai in Uruguay.

Ci tolga ancora una curiosità. In quella che in Italia è stata la sua impresa più importante, la spedizione de I Mille, i suoi uomini erano veramente mille?

- In realtà, con esattezza, erano 1088 più una donna, Rosalia Montmasson, la moglie di Crispi. Tra di essi c’ era pure Ippolito Nievo che già scriveva i suoi primi versi.

Disegno di Andrea Benegiamo

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Come e da chi fu trascinato in quell’ impresa?

- Io, allora, ero su quest’isola. Stavo attraversando un momento di crisi, sia politica che sentimentale: la pace di Villafranca mi aveva sorpreso proprio nel momento in cui stavo per muovere alla volta di Venezia e… subito dopo aver sposato la mia seconda moglie, Giuseppina…Giuseppina Raimondi, seppi, proprio all’uscita dalla chiesa, che quella donna era incinta di un altro uomo. La ripudiai subito, ma, comunque, per quel fatto, venivo preso in giro da tutti. Fu Francesco Crispi, che stava cercando di far insorgere la Sicilia contro i Borboni, per poi far intervenire i Piemontesi, a chiamarmi. Io cercai subito di avere chiarimenti dal re, che, però, non riuscì a c onvincermi dell’impresa, per cui me ne andai a Quarto, in casa di alcuni amici. Lì, fui raggiunto da un telegramma in cui Crispi, mentendo, affermava che l’insurrezione in Sicilia era ben riuscita e mi invitava a prendere il comando di una spedizione che avrebbe dovuto raggiungerlo. Il 5 maggio del 1860 alcuni volontari, tra quelli che intanto affluivano da tutte le parti d’Italia, mi presero a Quarto. Allora io non sapevo ancora né dove sarei sbarcato né quale rotta avrei fatto. Alla fine decisi di fare una sosta a Talamone per fare rifornimento di armi, visto che Cavour, non avendo potuto impedire la spedizione, mi aveva messo i bastoni tra le ruote, facendomi partire con pochissime armi. Poi sbarcai a Marsala. Quindi, di successo in successo: Salemi, Calatafimi, Milazzo, Catanzaro, Cosenza, Salerno, Napoli. La fuga del re Francesco e poi l’incontro con Vittorio Emanuele.

Ha nuovamente il viso amareggiato, ma accenna ad un sorriso, che, dopo aver inspirato profondamente, si palesa soprattutto con il guizzo degli occhi che, però, riacquistano serenità man mano che scorrono sulle acque cristalline, sulle cale sabbiose, sulla verde vegetazione. Siamo, intanto, ritornati sui nostri passi e, giunti sotto l’ombra di un alto pino, che troneggia davanti alla sua casa, lo ringraziamo e lo salutiamo. A piccoli passi, ci allontaniamo, portando con noi la consapevolezza che una “grande” pagina della storia del nostro Paese ci è stata raccontata da chi quella pagina ha scritto col suo temperamento, con i suoi ideali, con le sue passioni! Andrea Benegiamo Claudio Chiri Cristiana De Matteis Federica De Pascali Cristian Trazza Disegno di Andrea Benegiamo