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IStAnti di scuola giornale dell’ISA de CHIRICO - Torre Annunziata www.isadechirico.it/istanti.htm - http://istanti-di-scuola.blogspot.com anno I numero 0 maggio 2008 Quando le idee hanno le gambe di Felicio Izzo* Ci sono circostanze in cui occorre essere formali, poli- tically correct, come si usa dire. Fa parte di quelle rego- le non scritte e che, proprio per questo, possono essere riassunte sotto una denomina- zione che, a seconda dei casi, degli stati d’animo, del grado di implicazione emotiva, di- venta opportunismo, rispetto, ipocrisia, senso di civiltà. Di certo l’articolo di fondo del primo numero di un giorna- le è una di quelle circostan- ze. Ma è altrettanto certo che sono contrario ad ogni forma di preambolo che abbia i ca- ratteri della necessaria con- venzione, dell’obbligata cor- tesia. Allora diventa serena soluzione la via dell’onestà intellettuale, della sincerità ai limiti della confessione, del prevalere della coscienza che si espone sulla ragione che racconta. E se il rischio che si può correre è quello del- l’ovvietà, può essere coraggio anche la volontà di correrlo. segue a pag 2 Noi c’eravamo Eravamo in centomila e forse più, in un’ assolata mattina di sabato, a marciare per le strade di una Bari splendidamente lu- minosa, colorata, partecipe, ospitale. Centomila voci pronte a scandire gli stessi slogan, a vivere le stesse emozioni. Centomila sogni di libertà, giu- stizia, legalità, vogliosi di tradursi in impegno concreto, di diffondere il contagio della giovinezza, quello dei nostri diciotto, sedici, vent’anni, che sa essere, quando occorre, irridente e battagliero, fidente e coraggioso, pronto alla sfida e alla speranza. Un oceano so- noro e policromo, una gigan- tesca onda d’amore e sana in- dignazione che ha animato la “ XIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie”. Giornata fortemente voluta da Don Luigi Ciotti e da Libe- ra, l’associazione contro tut- te le mafie da lui fondata. E in quel mare, simili a tante goccioline colorate, dietro l’ enorme scritta: “TORRE ANNUNZIA- TA CONTRO LA CAMORRA”, c’eravamo anche noi a saltare, urlare slogan, scandire i nomi del- le tante vittime delle mafie, testimoniare di un territorio che, benché martoriato nella- carne e ferito e nell’animo, non deve arrendersi. Ci reste- ranno di quel sabato, le la- crime di Don Ciotti sul pal- co, il nostro stare insieme, la consapevolezza di potercela fare e le parole di una canzone di De Andrè: “...�verremo an- cora alle vostre porte e gri- deremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.” quelli di Bari 8 Chi mafia uccide anche te... Ecco una serie di immagini dis- sacranti ed irriverenti create per contrastare il mito dilagante dell’Illegalità che appare come sistema vincente per affermarsi, fare soldi, sentirsi qualcuno. Perché non aiutare chi per contiguità, disperazione e (de)formazione si trova a un passo da scelte tragiche? Per farlo in manieraoriginale e si spera efficace, abbiamo pro- vato a mettere in funzione la nostra creatività associando, come è tipico della nostra scuo- la, immagini e parole. Ne è ve- nuto fuori un gioco molto serio, capace di mostrare la realtà da un’altra prospettiva che neanche immaginavamo esistesse : la no- stra. L’idea è stata quella di ripetere la stessa veste grafica e la stessa sintetica terribi- lità degli avvertimenti presenti sui pacchetti di sigarette del tipo: “IL FUMO NUOCE GRAVEMEN- TE ALLA SALUTE”. Partendo da questo spunto abbiamo contrap- posto, frasi “rassicuranti” ad immagini forti, in modo da crea- re una stridente contraddizione tra immagine e didascalia, una sorta di “ossimoro visibile”. Date un’occhiata a: www.isadechirico.it/chimafia.htm in mostra l’analisi

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IStAnti di scuola giornale dell’ISA de CHIRICO - Torre Annunziata

www.isadechirico.it/istanti.htm -http://istanti-di-scuola.blogspot.com

anno I numero 0 maggio 2008

Quando le idee hanno le gambe di Felicio Izzo*

Ci sono circostanze in cui occorre essere formali, poli-tically correct, come si usa dire. Fa parte di quelle rego-le non scritte e che, proprio per questo, possono essere riassunte sotto una denomina-zione che, a seconda dei casi, degli stati d’animo, del grado di implicazione emotiva, di-venta opportunismo, rispetto, ipocrisia, senso di civiltà. Di certo l’articolo di fondo del primo numero di un giorna-le è una di quelle circostan-ze. Ma è altrettanto certo che sono contrario ad ogni forma di preambolo che abbia i ca-ratteri della necessaria con-venzione, dell’obbligata cor-tesia. Allora diventa serena soluzione la via dell’onestà intellettuale, della sincerità ai limiti della confessione, del prevalere della coscienza che si espone sulla ragione che racconta. E se il rischio che si può correre è quello del-l’ovvietà, può essere coraggio anche la volontà di correrlo. segue a pag 2

Noi c’eravamo Eravamo in centomila e forsepiù, in un’ assolata mattina disabato, a marciare per le stradedi una Bari splendidamente lu-minosa, colorata, partecipe, ospitale. Centomila voci prontea scandire gli stessi slogan,a vivere le stesse emozioni.Centomila sogni di libertà, giu-stizia, legalità, vogliosi di tradursi in impegno concreto, di diffondere il contagio della giovinezza, quello dei nostridiciotto, sedici, vent’anni, che sa essere, quando occorre, irridente e battagliero, fidente e coraggioso, pronto alla sfidae alla speranza. Un oceano so-noro e policromo, una gigan-tesca onda d’amore e sana in-dignazione che ha animato la “ XIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di

tutte le vittime delle mafie”. Giornata fortemente voluta da Don Luigi Ciotti e da Libe-ra, l’associazione contro tut-te le mafie da lui fondata.E in quel mare, simili a tantegoccioline colorate, dietro l’enorme scritta: “TORRE ANNUNZIA-TA CONTRO LA CAMORRA”, c’eravamoanche noi a saltare, urlare slogan, scandire i nomi del-le tante vittime delle mafie, testimoniare di un territorio che, benché martoriato nella-carne e ferito e nell’animo, non deve arrendersi. Ci reste-ranno di quel sabato, le la-crime di Don Ciotti sul pal-co, il nostro stare insieme, la consapevolezza di potercela fare e le parole di una canzone di De Andrè: “...�verremo an-cora alle vostre porte e gri-deremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.” quelli di Bari

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Chi mafia uccide anche te...

Ecco una serie di immagini dis-sacranti ed irriverenti create per contrastare il mito dilagante dell’Illegalità che appare come sistema vincente per affermarsi, fare soldi, sentirsi qualcuno. Perché non aiutare chi per contiguità, disperazione e (de)formazione si trova a un passo da scelte tragiche? Per farlo in manieraoriginale e si spera efficace, abbiamo pro-vato a mettere in funzione la nostra creatività associando, come è tipico della nostra scuo-la, immagini e parole. Ne è ve-nuto fuori un gioco molto serio, capace di mostrare la realtà da un’altra prospettiva che neanche immaginavamo esistesse : la no-stra. L’idea è stata quella di ripetere la stessa veste grafica e la stessa sintetica terribi-lità degli avvertimenti presenti sui pacchetti di sigarette del tipo: “IL FUMO NUOCE GRAVEMEN-TE ALLA SALUTE”. Partendo da questo spunto abbiamo contrap-posto, frasi “rassicuranti” ad immagini forti, in modo da crea-re una stridente contraddizione tra immagine e didascalia, una sorta di “ossimoro visibile”. Date un’occhiata a: www.isadechirico.it/chimafia.htm

in mostra

l’analisi

Quando le idee..continua dalla prima pagina

Così emerge consolante l’im- pulso, assolutamente na-turale, a salutare il progetto di un giornalino d’Istituto, una novità,e non la sola, que-st’anno, per la nostra scuola. Ma dietro un progetto c’è sem-pre un’Idea, il lampo improvvi-so che segna una strada, prima ignorata e poi, improvvisamen-te, avvertita come possibile. E le Idee, per fortuna, conti-nuano a camminare sulle gam-be degli uomini. Uomini come talune figure di docenti che pensavo fossero esclusiva di scaltri sceneggiatori o appar-tenenti ad un passato ormai sepolto. Quello che andiamo a celebrare oggi lo si deve soprattutto al loro impegno, alla disponibilità a Voi alun-ni concessa, con quella discre-zione che rende gradito l’atto del donare, atto in sé miraco-loso, disinteressato e inten-so, capace com’è di arricchire chi dà e chi riceve. Sì, per-ché, anche se forse di rado lo si confessa, non sapete quanto Voi diate a noi docenti, quan-to continuiate ad essere, non solo la ragione più profonda della nostra professione (che è una tautologica ovvietà), ma soprattutto la sua gratifica-zione più consolante, in grado di riscattarne il soffocante peso burocratico, la scarsa considerazione sociale, il mor-tificante riscontro economico. Tale dovrebbe essere la scuola: reciproco arricchimen-to; e,considerando gli attori (giovani e docenti) crescita morale, civile, culturale. Ma anche perenne capacità d’indi-gnazione, coraggio di ribadi-re il proprio “Non ci sto!”. L’augurio è che questo gior-nalino, tutto ciò, lo pos-sa registrare. O, quanto meno, la volontà d’inizio.

* Dirigente Scolastico I.S.A. “de CHIRICO”

Ecomafie: rifiuti ed ambiente. di Valentina Brancaccio

Forza ragazzi, è ora di darsi da fare. Non è più possi-bile accettare, subire, vivere passivamente questo degrado che sempre più assedia, ammorba, appesta. Non è cambiando mar-ciapiedi, turandoci il naso o fingendo di non vedere che esso smetterà di esistere e cor-roderci carne e anima. Dobbiamo capire quello che succede, prenderne coscienza (lo so che è un’espressione di cui si è abusato ma in questo momento è davvero necessaria), essere informati, abituarci a ragionare con la nostra testa.Per questo è stato importante ospitare nella nostra scuola, nel febbraio scorso, persone in grado di informarci adegua-tamente sui fatti ed avere da loro dati e notizie di pri-ma mano, conoscere nei parti-colari le attività criminose delle ecomafie, accendere la speranza di qualche soluzione.Il Prof. Venditto, docente universitario di Chimica, ci ha spiegato che i rifiuti ur-

bani, brutti a vedersi ma so-stanzialmente poco pericolosi, ammontano a circa 31 milioni di tonnellate annue, ben poca cosa rispetto a quelli indu-striali che vengono prodotti in ragione di più di 100 mi-lioni di tonnellate all’anno e che spesso sono molto più pericolosi. E’un dato che fa riflettere, così come fa ri-flettere il fatto che l’Unione Europea nelle sue linee guida in tema di prevenzione dei ri-fiuti, consideri come scelta davvero risolutiva l’impegno da parte della gente a consuma-re di meno e quindi di produr-re meno rifiuti. Il recupero di materia (riciclaggio) e il recupero di energia (termova-lorizzatori) sono considerati meno importanti e decisivi. La soluzione del problema con-siste quindi,in una e radica-le riduzione della produzio-ne dei consumi. E’ ad esempio sconcertante sapere che più del 49% dei nostri rifiuti è costituito da imballaggi. Ma poiché un tale obiettivo non è immediatamente raggiun-gibile, bisognerà favorire il recupero di materia mediante il riuso e il riciclo dei mate-riali. Drammatica e dolorosa, l’analisi di Alessandro Ia-cuelli, che ha ribadito che la Campania è meta di transito e punto di smaltimento finale di rifiuti tossici. Traffici il-leciti che hanno prodotto come risultato la presenza di mi-gliaia di siti contaminati po-sti, spesso, a breve distanza dalle nostre città.“Tutto ciò che nascondiamo nella terra o in mare, ci viene prima o poi restituito ed in maniera quasi sempre dirompente”. E’ questa la sua amara conclusione, im-mediatamente materializzatasi nei giorni scorsi, quando non si é fatto altro che parlare di mozzarella alla diossina. Capite ora perchè é di fon-damnetale importanza per tutti noi l’essere informati, at-tenti, ma soprattutto attivi?

Le pietre di Dachau “ARBEIT MACHT FREI”. IL lavoro rende liberi. Come all’ingresso di tutti i cam-pi di sterminio, sul cancel-lo di ferro, anche a Dachau, campeggia questa sentenza. Ma senza gli svolazzi crudelmen-te irridenti di Auschwitz. Perché è questo che colpi-sce a Dachau: la semplicità, la linearità, la coerenza. A Dachau ciò che impressiona è quello che non c’è, perché non c’è quasi più niente, ma quello che pur è stato. Dachau è le pietre aguzze co-perte di calcina che a lec-carle ti lasciano la lingua di biacca, come il cielo che abbiamo trovato, come il nevi-schio che ci ha accolto. Dachau è i perimetri dei capan-noni. Aree piane ricoperte di pietre, le pietre di Dachau. Margini di figure inesistenti. Finestre immaginarie ed immen-se di edifici senza tetti e senza pareti. Simili a contor-ni di montagne che racchiudono il nulla.Perché a far paura, a Dachau, non è quello che c’è, ma quello che non c’è più e pure è stato.No! Non le imma-gini, le foto, le didascalie, le testimonianze concrete, che pur ci sono. No! Non il nerbo di bue, né la panca alla quale veniva legato il prigioniero. No! Non le celle! Certo, sono anguste, hanno lo spioncino, le pareti scrostate, il colo-re del freddo.. Ma sono vuote, come i corridoi, i viali, come l’unica baracca ancora in pie-di. Certo i reticolati, il filo spinato sono arrugginiti, ma non ci sono brandelli di carne, né tracce di sangue. Persino i forni non fanno paura, fatti come sono di comuni mattoni, comunemente rossi con le fughe chiare, secondo linee raziona-li, spartanamente euclidei.

A Dachau ciò che assorda è il silenzio. Perché a Dachau non c’è voglia di parlare. A Dachau ciò che soffoca è la memoria. Per questo ho scel-to di non fotografare, di non filmare nulla. L’autentica me-moria sono i fotogrammi del-l’anima. L’autentica memoria è quel senso di impotenza che irrigidisce lo sguardo. Sgo-menta e irrazionale perché sul passato non si può interveni-re se non con la coscienza. La coscienza di ciò che è sta-to, che ci fa trattenere il respiro e dubitare della sto-ria, di quel magnifico con-

gegno che è l’essere umano. L’autentica memoria, la fero-ce carità del ricordo è quel-la sospensione dell’anima che diventa impegno per il futuro, che ci fa urlare “Mai più!”. Un urlo silenzioso che abbiamo sentito tutti, dentro di noi, quella mattina, a Dachau, nel nevischio e tra le pietre co-perte di calcina che la piog-gia non riesce a cancellare.

per approfondimenti visita: www.italica.rai.it/argomen- ti/grandi_narratori_900/pri- mo_levi.htm

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in società

la cronaca

Sotto il vestito? La musica di Adele Tessitore

Avete mai pensato di se-parare i ragazzi dalla musica? Impossibile. Sembrano vivere gli uni per l’altra e vicever-sa. Sarà perché i loro linguag-gi sono quasi sempre comuni, o perché stanno semplicemen-te bene insieme. La musica si ama, si ascolta, si vive, si parla. Si indossa. Sì, avete letto bene: noi ragazzi ci ve-stiamo anche di musica. Tra i vari stili musicali indossa-ti dagli ISAtiani, i pù amati sono il punk, il rap, il clas-sic. Si crea, dunque, un’iden-tità così forte tra il ragazzo e la musica che ascolta, da orientare scelte e comporta-menti. E’ così che si compor-tano gli isatiani, indossano la musica facendone una parte della loro vita. Sarà per que-sto che gli “altri” ci consi-derano poco normali, strani, alternativi. Ma noi abbiamo la nostra personalità e il co-raggio di comunicare i nostri sentimenti anche attraverso la moda. Ci accorgiamo del no-stro essere alternativi quan-do, divertiti, osserviamo gli occhi sgranati e stupiti degli esterni che, capitando nella nostra scuola, si chiedono se non abbiano sbagliato pianeta. Nella nostra galassia vivo-no, infatti, omini ed omoni con jeans extralarge, quasi a prova d’ernia, orecchini ultra appuntiti ai lobi, nasi dai quali pendono pearcing d’ogni genere, collari con borchie. Tutto ciò può dare l ‘idea che si tratti del vostro pit bull, ma è un rarissimo esemplare di “punk a bestia” le cui orec-chie si beano di musica rock, il che è miele per loro. Pren-dendo spunto dai loro jeans,

con tanto di bandana accompa-gnata da cappello sportivo e, se fa freddo, da cappuccio con pellicciotto, ecco i “rap”, ragazzi stravaganti (soprat-tutto bravi nel trovare funghi ad ogni settimana, tra un ca-pello e l’altro). Abituati a parlare come Eminem, 50 cent ed altri ancora. In una ter-za parte della nostra galas-sia, infine, ci sono un gruppo misto di ragazzi, accomunati dal prediligere tutti lo sti-le musicale classico, anche se con una serie di differenze. Alcuni prediligono dal punto di vista musicale i classi-ci italiani e stranieri, al-tri i classici napoletani. Li vedi aggirarsi tra i corridoi e farsi guerra a vicenda. Ma c’è anche chi rimane fermo ad

ascoltare entrambi gli stili musicali e si diverte guar-dandoli burlarsi l’un l’al-tro. C’è il classico italia-no e straniero, riconoscibile dal suo stile “perfettino” e definito”pipì” dal suo rivale. Si terrorizza di fronte al ca-pello arruffato (se si trat-ta di ragazzo), o al trucco sciolto (in caso contrario). Ci sono poi vivaci e audaci che canticchiano ritornelli come “ Chill va pazz pe’ tte” o come “Ammore, ammore, ammore cu tutt’o core”, inebriandosi di questi suoni tipicamente par-tenopei. Questa tipologia di ISAtiani si caratterizza per la schiettezza e per l’osten-tazione di numerosi oggetti d’oro, quasi sempre cimeli di famiglia. Naturalmente, ci sono anche ragazzi legati un po’ a tutti questi stili e non ad uno in particolare. Certo se uno solo appare strano, immaginate cosa com-porti la loro fusione.

Intervista a Clara Elmetto di Danila Manzo

- “Inferno sotto il Vesuvio”Cosa hai provato nel fare questo lavoro? È stata sicuramente una bella esperienza che mi ha insegnato a stare in gruppo, ed ha ac-cresciuto anche la mia passio-ne per la recitazione, quindi la rifarei sicuramente. - Come è nato il cortometraggio “Inferno sotto il Vesuvio”? E’nato con un progetto riguar-dante “la natura” che inizial-mente doveva essere soltanto scritto, poi però ci è stata data l’opportunità di creare un vero e proprio cortometraggio. - Mentre giravate le scene si-curamente avrai sentito del feeling tra te e qualche tuo compagno, come ti comportere-sti nel caso in cui dovessi innamorarti di un ragazzo che recita con te e dopo vi la-sciaste dovendo comunque poi

lavorare insieme? Si, è vero, capita di affezio-narsi a persone che lavorano con te perché comunque si tra-scorre moltissimo tempo insie-me, infatti abbiamo lavorato a volte anche fino a tarda sera, e come dicevo, capita di affe-zionarsi, però bisogna distin-guere un semplice affetto da qualcosa di più importante per-ché potendo una storia finire male potrebbe rovinarsi anche il rapporto lavorativo. - Come si fa a far parte di un cortometraggio senza “spinte esterne”? Partecipando appunto a progetti scolastici, rappresentazioni teatrali o entrando a far parte di una compagnia teatrale. - Che consiglio dai a chi, come te, volesse fare qualco-sa del genere? Un consiglio che posso dare è quello di provare perché co-munque sono belle esperienze che restano, non solo in campo teatrale ma anche nella danza o nel canto, sono cose bel-le e importanti che comunque

allargano anche la cerchia di amici. Lo consiglio so-prattutto alle persone timi-de, perché veramente in que-sto senso aiuta molto. - Che rapporto c’è tra te e i ragazzi che hanno re-citato con te? Il rapporto si è un po’ raf-freddato, sicuramente ci vedia-mo molto di meno anche perché frequentiamo scuole diverse, però comunque quando ci si vede si ricordano comunque i “bei vecchi tempi” delle recite e si ride e si scherza come se si tornasse a quei momenti. - Si è notato il feeling tra te e il ragazzo che interpreta Er-nesto, ovvero, il tuo fidanza-to sul set. C’è stato realmente qualcosa tra di voi o era sem-plice recitazione? Eh (qui ride) bella doman-da. No, era semplice recita-zione, abbiamo legato anche perché siamo stati “costret-ti” dalla situazione, quindi posso dire che era recitazio-ne, poi comunque siamo ottimi amici ma niente di più. - Parlaci di un comportamento che hai visto nei tuoi compa-gni e che ti è piaciuto. Una cosa bella è che comunque quando abbiamo finito il cor-tometraggio ci siamo rivisti, abbiamo condiviso alcune sere guardando film, siamo andati in pizzeria insieme, quin-di comunque si è mantenuto il rapporto, non per molto però c’è stato e, ripeto, anche se ci vedessimo adesso sareb-be lo stesso di allora. - Dopo un’esperienza del ge-nere ti senti la ragazza che eri prima o un’altra (più alla moda, più importante)? No, per niente importan-te, sono la stessa di prima semmai con un’esperienza in più, ma sicuramente non più importante perché non è una cosa che dà popolarità. - Bene Clara grazie mille del tuo contributo, ti auguriamo di proseguire e di avere espe-rienze belle ed importanti.

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il costume

l’intervista

la cronaca

Alcuni prediligono dal punto di vista musicale i classici italiani e stranieri, altri i classici napoletani. Li vedi aggirarsi tra i corridoi e farsi guerra a vicenda.

E’nato con un progetto riguardante “la natura” che inizialmente doveva essere soltanto scritto, poi però ci è stata data l’opportunità di creare un vero e proprio cortometraggio.

Certo se uno solo appare strano...

Pioggia Rossa di Emanuele S.

La pioggia cadeva trasver-salmente, battendo con forza sull’opaca finestra. L’appar-tamento era buio, taciturno; solo il rumore delle pesanti gocce cariche d’acqua risuona-va soffuso al suo interno. Sul divano di pelle nera in salotto era distesa Angie. Dai polsi recisi a metà, fiottava copioso il sangue scarlatto, creando un macabro contrasto sul nero divano. Era morta. Era stata uccisa. Il suo assassino era apparso veloce come un lampo, aveva rapidamente portato a termi-ne il suo lavoro, e ancora come un lampo era svanito nel nulla. Perchè Angie? Qual era la sua colpa? Com’era potuto accade-re? Nessuna risposta avrebbe mai potuto soddisfare queste do-mande. Angie era semplicemente stata vittima di un bieco e cieco destino, che aveva condotto il desidero omicida di un violen-to assassino nella sua cit-tà, nel suo palazzo, nel suo appartamento. Il destino non è mai prevedibile. La Morte, è sempre certa. Continuò a piovere tutta la notte, una pioggia densa... una pioggia cupa...una pioggia rossa...

Un mettersi in viaggio alla ricerca della propria Itaca Quando ti metterai in viaggio per Itacadevi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopio la furia di Nettuno non temere, non sara` questo il genere di incontrise il pensiero resta alto e un sentimentofermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, ne’ nell’irato Nettuno incapperaise non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tantiquando nei porti - finalmente e con che gioia -toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquistamadreperle coralli ebano e ambretutta merce fina, anche profumipenetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi, va in molte citta` egizieimpara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca -raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchiometta piede sull’isola, tu, riccodei tesori accumulati per stradasenza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messosulla strada: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.

K. KAVAFIS

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La discussione di un’istal-lazione degli studenti nel-l’atrio dell’Istituto d’Arte, nata come provocazione sul tema dell’emergenza rifiuti, ha creato l’occasione per un ciclo di incontri sul rappor-to tra arte, ambiente e sto-ria. Con il titolo “Immagini del tempo, le muse inquiete e le metamorfosi del mondo”, l’iniziativa, ideata e cura-ta da Carlo Mosca e Francesco Cipriano del Laboratorio mul-timediale della sezione Archi-tettura e arredamento, preve-de tre interventi; il primo, sul tema dell’uso artistico dei rifiuti, delle materie di scarto, delle cose consunte e rovinate, si è tenuto nei giorni scorsi. Con la presenza di molti studenti e di diver-si docenti, il prof. Cipriano ha svolto una riflessione sul-l’origine e sulle ragioni ar-tistiche, culturali e sociali delle immagini della margina-lità e del disagio esistenzia-le e dei rifiuti materiali nelle espressioni dell’arte. Un viaggio nel mondo dell’in-consueto e dello “scandaloso”, che è stato imprevedibilmente fatto iniziare da S. Francesco e da Caravaggio, due innovato-ri nella religione e nell’ar-te proprio per aver dato ai poveri, ai malati, ai deformi - “ai rifiuti sociali” della

loro epoca - dignità umana e centrale presenza nelle opere dell’arte. Coordinandosi con la proiezione di immagini apposi-tamente scelte e organizzate, il prof. Cipriano ha percor-so con attenzione le avventure dell’arte da Van Gogh al Da-daismo, dall’Arte povera agli ultimi esiti della giovane arte neoconcettuale e “post-umana”. Attraversando le avanguardie artistiche nel Novecento il tema dei rifiuti appare nel-la sua estrema rilevanza come causa del continuo rinnovarsi dei linguaggi dell’arte. È un esempio di “riciclo” di quali-tà culturale, che indica che si può ridare vitalità formale ed espressiva alle cose con-sumate. Il secondo incontro, con il prof. Enzo Cocco della Facoltà di Filosofia dell’Uni-versità di Salerno, ha trat-tato del paesaggio in rapporto al pensiero e all’arte. Il percorso tracciato da Cocco ha attraversato tutta la modernità, dal ‘700 alla fine del novecento, facen-do emergere come il paesag-gio e la sua rappresentazione siano stati volta per volta proiezioni dell’animo umano.

Nelle forme del paesaggio possiamo rintracciare i mu-tamenti di pensiero e di ci-viltà. Dall’unità formale settecentesca alle turbolenze romantiche, dalle deformazio-ni espressionistiche e cubiste alle frammentazioni dell’arte povera, il paesaggio ha rive-lato lo spirito del tempo. Col titolo ‘Paesaggi vesuvia-ni’ si è tenuto dopo Pasqua l’incontro con il dott. Angelo Pesce. Esperto di geologia, viaggiatore e conoscitore dei paesi arabi ed africani, sto-rico degli eventi e delle co-munità locali vesuviane, Pe-sce ha delineato lo scenario storico-geologico della forma-zione del territorio. Ha insi-stito sulla complessità della configurazione geologica e ha ricordato con precisione le caratteristiche delle diver-se eruzioni del vesuvio dalla preistoria a 1946. Si è sof-fermato anche sulle particola-rità archeologiche dell’area, come Pompei ed Ercolano, e sulle caratteristiche attuali degli insediamenti abitativi vesuviani che recano tutti le tracce geologiche, architet-toniche e antropologiche del paesaggio e della storia della vita alle falde del Vulcano. Ottimo è stato il riscontro da parte degli studenti per il breve ciclo di lezioni, con l’auspicio che l’iniziativa prosegua con altri incontri.

L’arte,i rifiuti e il paesaggio. Incontri all’Istituto d’arte.

l’angolo della poesia

l’angolo della cultura