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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
www.isfol.it
a cura di Pietro Checcucci
Numero 1anali i
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
ISSN
203
7-38
21
anali i
La collana scientifica Analisi è una collana digitale specializzata sui temi istituzionali Isfol: lavoro, formazione e politiche sociali. I testi, che analizzano aspetti particolari di tematiche più generali o di fenomeni più vasti, si caratterizzano per una esaustiva e dettagliata descrizione dell'argomento e delle considerazioni scientifiche che caratterizzano il fenomeno oggetto di studio, adottando un rigoroso approccio scientifico.La collana può accogliere o anticipare sintesi e parti di ricerche o presentare monitoraggi e valutazioni.Si rivolge ad un selezionato e specifico target e/o ad una determinata comunità scientifica, consentendo una comunicazione completa e mirata.
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L'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) è un ente pubblico istituito con DPR n. 478 del 30 giugno 1973. Nasce per accompagnare la prima fase di decentramento regionale delle competenze in materia di formazione professionale, codificata nella legge n. 845 del dicembre 1978; dal 1999 viene incluso tra gli enti pubblici di ricerca con DL n. 419 del 29/10/1999. L'attuale Statuto, approvato con DPCM del 19 marzo 2003, sancisce per l'Istituto competenze nel campo delle politiche formative, del lavoro e sociali.L'Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, valutazione, informazione, consulenza e assistenza tecnica per lo sviluppo della formazione professionale, delle politiche sociali e del lavoro. Contribuisce al miglioramento delle risorse umane, alla crescita dell'occupazione, all'inclusione sociale e allo sviluppo sociale. È sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali al quale fornisce supporto tecnico-scientifico ed opera in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, la Presidenza del Consiglio dei ministri, le Regioni, le Parti sociali, l'Unione europea e altri Organismi internazionali.
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anali iLa presente pubblicazione costituisce la versione cartacea dell'edizione consultabile
sul portale www.isfol.it all'interno della collana elettronica Analisi.
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Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
A cura di Pietro Checcucci
Gli Autori Pietro Checcucci: capp. 2, 3 e 8; Roberta Fefè: cap. 6; Sante Marchetti: capp. 1 e 4; Guadalupe Riccio: cap 9 e 10; Giuliana Scarpetti: capp. 2, 5 e 7
Elaborazioni statistiche Dario Ercolani
Abstract La crisi economica manifestatasi alla fine del 2008 è caduta in un momento di profonda rimessa in discussione degli strumenti di
protezione del mercato del lavoro nazionale e del ruolo ricoperto dai Servizi pubblici per l’impiego nell’ambito della gestione
integrata delle politiche attive e passive. Nel corso degli ultimi quindici anni, il fallimento delle politiche macro economiche per
l’impiego in molti Stati membri dell’Ue, la crescente complessità dei sistemi politico‐legislativi e il bisogno crescente di interventi
sociali per fronteggiare le deficienze del mercato del lavoro sono state le cause principali che hanno determinato il crescere di
interesse nei confronti della messa in opera di strategie locali per l’occupazione. Nel caso italiano la precedenza è stata assunta,
com’è noto, dal decentramento delle politiche attive del lavoro e dei Servizi pubblici per l’impiego (Spi). Sul versante della
governance, la riforma del Titolo V della Costituzione ha assegnato alle Regioni ampie competenze in materia di politiche sociali
e politiche attive del lavoro. La riforma introdotta nel 2003 con la Legge 30 ha confermato questa tendenza, ampliando
ulteriormente la platea degli operatori pubblici e privati per il lavoro. A fronte di ciò, il disegno di predisporre un efficace
sistema di raccordo territoriale fra agenzie pubbliche e private risulta ancora sostanzialmente in mezzo al guado.
È proprio sul profilo variegato di questo panorama istituzionale che qualunque disegno di riforma, anche sperimentale, dei
sistemi di protezione dell’offerta in caso di crisi deve necessariamente misurarsi, pena il rischio di ulteriore disallineamento fra
politiche attive e passive, ovvero fra politiche del lavoro e sociali. Nel tentativo di delineare alcune linee di riflessione più
approfondite su questi argomenti, il presente testo prende spunto dalle informazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio degli
Spi realizzato dall’Isfol nel 2008 per delineare un primo identikit delle risorse organizzative e progettuali già rintracciabili a livello
locale in vista di una gestione tendenzialmente più integrata delle politiche attive e passive. La presentazione di questi risultati
del monitoraggio Spi è preceduta da una breve discussione su alcuni aspetti teorici relativi all’impatto sociale ed individuale
delle situazioni di crisi e perdita del lavoro. La trattazione delle modalità di intervento in situazioni di crisi già intraprese dalle
Amministrazioni regionali e la descrizione dei progetti sperimentali cui in questo ambito partecipano i Centri per l’impiego
rappresenta il contributo principale proposto. In sede di conclusioni si formulano alcune ipotesi in merito a quello che potrebbe
essere il ruolo effettivo degli Spi nell’ambito della effettiva realizzazione delle manovre studiate per attenuare l’impatto sociale
della crisi economica e finanziaria globale.
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The economic crisis which spread at the end of 2008 occurred with a renewal of the national debate around the available labour
market protection measures and the role performed by Public Employment Services (Pes) in the mixed management of active
and passive labour market policies. During the last fifteen years, the failure of macroeconomic policies for employment in several
EU Member States, the growing complexity of political and legislative systems and the increasing need for social interventions
aimed at facing labour market lack of efficiency were the main reasons which determined the increase of interest for the
development of local employment strategies. In Italy the priority was represented by the decentralization of active labour market
measures and Pes since the mid 90s. In terms of governance, the Constitutional reform which occurred in 2001 completed the
assignment to regional governments of a wide range of responsibilities concerning labour market and social policies. The labour
market reform of 2003 confirmed this option, widening the group of public and private organizations entitled to perform labour
market intermediation. Despite this political trend, a good level of coordination among public and private employment services
remains still to be acquired at local level. Every effort addressed at restructuring current employment protection measures have
necessarily to measure its strength with this complex institutional asset, trying to avoid the risk of active and passive labour
market policies mismatching.
This contribution try to suggest some reflections on these topics assuming as starting‐point the results of Public employment
services monitoring acquired by Isfol in 2008. In so doing the paper describes organizational and project resources already
implemented by local PES as to manage industrial crisis integrating both active and passive measures. These information are
introduced by a theoretical discussion concerning social and individual impact of labour loss originating from economic crisis.
Some hypothesis concerning the evolution of the role of Pes within the implementation of central and local governments
interventions against the global crisis are presented in the conclusions.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
1
Indice
PAG.
Introduzione
2
Sezione I – Le strategie europee e nazionali per fronteggiare le situazioni di crisi 4
1. Le conseguenze sociali e psicologiche delle crisi aziendali 5
1.1. Arginare la disoccupazione: strategie di flessibilità 5
1.2. Gli effetti sociologici 6
1.3. Gli effetti psicologici 7
2. Le caratteristiche dei mercati del lavoro locali a confronto con i modelli sociali della disoccupazione 10
3. Gli strumenti di intervento nazionali e regionali e le riforme in corso 14
3.1. Gli strumenti di sostegno al reddito 14
3.2. Le politiche attive del lavoro e il versante nazionale 19
4. La Strategia europea per l’occupazione e gli strumenti di intervento comunitari
21
Sezione II – L’impegno dei Servizi per l’impiego per fronteggiare le situazioni di crisi 24
5. Gli interventi regionali e il ruolo dei Servizi per l’impiego 25
5.1. Interventi dell’area settentrionale 25
5.2. Interventi dell’area centrale 31
5.3. Interventi dell’area meridionale 34
6. I progetti sperimentali dei Centri per l’impiego 37
6.1. Sperimentazioni volte all’implementazione di servizi di politica attiva del lavoro 40
6.2 Sperimentazioni volte ad integrare politiche attive del lavoro con misure di sostegno al reddito 45
6.3. Approcci sistemici alla gestione delle crisi dei sistemi produttivi
52
Sezione III – Le dimensioni della crisi attuale e gli interventi in corso 55
7. Le situazioni di crisi settoriali e territoriali 56
8. Le conseguenze della crisi sui mercati del lavoro locali e il coinvolgimento dei distretti industriali 58
9. Uno sguardo al percorso anticrisi 62
10. I casi regionali 66
10.1 I principali interventi predisposti a livello regionale in Campania 66
10.2 I principali interventi predisposti a livello regionale in Friuli Venezia Giulia 68
10.3 I principali interventi predisposti a livello regionale in Liguria 71
10.4 I principali interventi predisposti a livello regionale nelle Marche 75
10.5 I principali interventi predisposti a livello regionale in Veneto
76
Conclusioni
78
Appendice
82
Bibliografia 86
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2
Introduzione
La crisi economica manifestatasi alla fine del 2008 è caduta in un momento di profonda rimessa in
discussione degli strumenti di protezione del mercato del lavoro nazionale e del ruolo ricoperto dai Servizi
pubblici per l’impiego (Spi) nell’ambito della gestione integrata delle politiche attive e passive. La rapidità
del manifestarsi di alcuni degli eventi legati alla congiuntura (fallimento di alcune istituzioni finanziarie di
peso internazionale, restrizione nell’accesso al credito da parte delle imprese, caduta dei livelli di
produttività e del commercio mondiale) non ha fatto altro che riportare all’attenzione generale la natura
frastagliata e segmentata del sistema italiano degli ammortizzatori sociali, segnalando una volta di più
l’elevato tasso di rischio sociale connesso con una copertura non universalistica degli occupati, non
supportata peraltro, sul versante della prima ricerca di occupazione, da nessuno strumento nazionale di
reddito minimo di inserimento1.
Nel corso degli ultimi quindici anni, il fallimento delle politiche macro economiche per l’impiego in molti
Stati membri dell’Ue, la crescente complessità dei sistemi politico‐legislativi e il bisogno crescente di
interventi sociali per fronteggiare le deficienze del mercato del lavoro sono state le cause principali che
hanno determinato il crescere di interesse nei confronti della messa in opera di strategie locali per
l’occupazione. Le direttrici di policy principali cui questa apertura ha dato origine sono state rappresentate
dal decentramento delle politiche, dalla riforma dei sistemi di governance e dalla promozione
dell’economia sociale (Horizontal Evaluation of Local Employment Development, 2004).
Nel caso italiano la precedenza è stata assunta, com’è noto, dal decentramento delle politiche attive del
lavoro e dei Servizi pubblici per l’impiego. Il legislatore ha ritenuto infatti di individuare lungo questa
direttrice la chiave per perseguire l’adattamento flessibile degli interventi alla realtà produttiva e sociale
locale. Questo tipo di scelte è stato senz’altro favorito dalle caratteristiche degli assetti produttivi nazionali,
caratterizzati dalla prevalenza della piccola e media impresa, dalla diffusione dei distretti industriali e da
un’evoluzione storicamente divergente delle grandi aree geografiche.
Sul versante della governance, la riforma del Titolo V della Costituzione ha assegnato alle Regioni ampie
competenze in materia di politiche sociali e politiche attive del lavoro. Questo processo di decentramento a
livello regionale e locale delle competenze ha favorito l’acquisizione di una visione relativamente più
unitaria, sia sul versante relativo all’esigenza di rilancio dello sviluppo economico, sia su quello ad esso
collegato del fronteggiamento dei problemi sociali emergenti. Il sostegno dei Fondi strutturali ha permesso
in questo stesso periodo un certo rafforzamento e diversificazione degli interventi, nel più ampio quadro
della modernizzazione organizzativa e strutturale dei sistemi della formazione e degli Spi.
La riforma introdotta nel 2003 con la Legge 30 ha confermato questa tendenza, ampliando ulteriormente la
platea degli operatori pubblici e privati per il lavoro. A fronte di ciò, però, come sottolineato recentemente
dall’Isfol, il disegno di predisporre un efficace sistema di raccordo territoriale fra agenzie pubbliche e
1 Si vedano ad esempio le Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi all’Assemblea Ordinaria dei
Partecipanti in Roma, il 29 maggio 2009. Ugualmente interessante il contributo di Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano
Sacchi, Quanti sono i lavoratori senza tutele, La Voce Info, 15 giugno 2009 www.lavoce.info/articoli/pagina1001153.html .
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private risulta sostanzialmente in mezzo al guado (Isfol 2006). In particolare risulta ancora non
sufficientemente perseguito quel ruolo degli Spi in quanto “motore di attivazione” del mercato locale del
lavoro (Horizontal Evaluation of Local Employment Development, 2004). Difficoltà rilevanti si registrano ad
esempio proprio sul fronte della predisposizione di servizi consulenziali per le imprese, principale porta di
ingresso per il confronto con le dinamiche organizzative e produttive suscettibili di avere impatti rilevanti
sui mercati interni ed esterni.
È proprio sul profilo variegato di questo panorama istituzionale che qualunque disegno di riforma, anche
sperimentale, dei sistemi di protezione dell’offerta in caso di crisi deve necessariamente misurarsi, pena il
rischio di ulteriore disallineamento fra politiche attive e passive, ovvero fra politiche del lavoro e sociali2.
Nel tentativo di delineare alcune linee di riflessione più approfondite su questi argomenti, il presente testo
prende spunto dalle informazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio degli Spi realizzato dall’Isfol nel
2008 per delineare un primo identikit delle risorse organizzative e progettuali già rintracciabili a livello
locale in vista di una gestione tendenzialmente più integrata delle politiche attive e passive.
La trattazione delle modalità di intervento in situazioni di crisi già intraprese dalle Amministrazioni regionali
e la descrizione dei progetti sperimentali cui in questo ambito partecipano i Centri per l’impiego occupa la
Sezione II del testo e ne rappresenta il contributo informativo originale di maggior rilievo.
La presentazione di questi risultati del monitoraggio Spi è preceduta ed introdotta, all’interno della Sezione
I, da una breve discussione su alcuni aspetti teorici relativi all’impatto sociale ed individuale delle situazioni
di crisi e perdita del lavoro. La trattazione di questi aspetti è apparsa necessaria per fornire spunti utili ad
una più ampia tematizzazione degli approcci all’attivazione sul versante dell’offerta. Approcci che, laddove
fatti oggetto di sole analisi di tipo economico, risulterebbero messi in ombra proprio in relazione agli
aspetti sociologici e psicologici sui quali l’azione degli Spi è chiamata ad esplicarsi per aumentare l’efficacia
delle procedure di presa in carico dell’utenza.
La Sezione introduttiva è successivamente resa completa dalla fotografia dello stato dell’arte nell’accesso agli
istituti di protezione disponibili, con particolare riguardo al dimensionamento attivo/passivo delle misure.
La Sezione III è infine interamente dedicata ad approfondire gli aspetti legati alla crisi economica in corso,
attraverso una breve presentazione di alcune informazioni sulle dimensioni relative al deterioramento del
quadro congiunturale e all’impatto sinora registrato sul versante dell’offerta. Senza mostrare nessuna
pretesa di esaustività, destinata peraltro ad essere smentita da quello che certamente sarà l’ulteriore
rapido evolversi dei fenomeni e delle azioni messe in campo dai vari attori istituzionali, le conclusioni
cercano di formulare alcune ipotesi in merito a quello che potrebbe essere il ruolo effettivo degli Spi
nell’ambito della effettiva realizzazione delle manovre studiate per attenuare l’impatto sociale della crisi
economica e finanziaria globale.
2 Sull’importanza del ruolo degli Spi nella gestione integrata delle politiche attive e passive si veda ad esempio Carlo Dell’Aringa,
Welfare e mercato del lavoro, relazione presentata al convegno “Globalizzazione, specializazione produttiva e mercato del
lavoro: verso un nuovo welfare”, Roma, 14 marzo 2007.
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SEZIONE I
Le strategie europee e nazionali per
fronteggiare le situazioni di crisi
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1. Le conseguenze sociali e psicologiche delle crisi aziendali
1.1. Arginare la disoccupazione: strategie di flessibilità
In questo periodo storico, le imprese italiane ed europee stanno vivendo un momento di grave crisi che sta
imponendo la necessità di forti ridimensionamenti. È un problema che non possono affrontare da sole in quanto
legato alla crisi del mercato del lavoro e come tale deve essere gestito in cooperazione con le istituzioni e i
lavoratori se si vogliono garantire flessibilità e coesione sociale. Conciliare questi due aspetti a volte conflittuali
risulta complesso, ma inevitabile se si vogliono raggiungere gli obiettivi esplicitati dalla Strategia di Lisbona, ossia
una economia dinamica e competitiva e una società coesa. Il richiamo alla dimensione comunitaria è d'obbligo in
quanto più volte è stata sottolineata l'importanza del ruolo del legislatore europeo per dirimere i possibili
conflitti tra i principi di libertà economica e i diritti collettivi del lavoro (Pedersini R., 2009).
L'enfasi posta sul ruolo delle politiche attive e sul tema dell'occupabilità da parte dell'Unione europea ha
aperto la strada al coinvolgimento di altri attori fondamentali quali le Parti sociali, ad esempio nella stesura
dei Piani nazionali. Nel corso degli anni novanta, infatti, si è sviluppato e consolidato un metodo di
coordinamento delle politiche economiche e del lavoro basato sul dialogo sociale attraverso un confronto
aperto fra policymaker, esperti e parti sociali. In sintesi, la flessibilità del lavoro e la sicurezza sociale sono
temi che si possono affrontare solo attraverso la “concertazione” di più attori.
Se la flessibilità è diventata una strada da percorrere obbligatoriamente è bene, però, chiarire chi deve
essere flessibile e come esserlo3. La letteratura scientifica ci fornisce un quadro complesso della natura
della flessibilità in cui si possono delineare due principali filoni. Il primo, forse più dibattuto, legato
all'individuo e quindi in seconda istanza al posto di lavoro (Pedersini R., 2009) che possiamo denominare
flessibilità interna (Barbier J.C., Nadel H., 2002), il secondo legato all'occupazione e quindi al mercato del
lavoro (Pedersini R., 2009) che possiamo denominare flessibilità esterna (Barbier J.C., Nadel H., 2002). La
prima è legata al mondo dell'impresa, ne regola i processi lavorativi e il volume dell'occupazione,
determinando quindi la capacità di adeguarsi alla turbolenza del mercato. La seconda, legata al mercato del
lavoro, va a modificare le caratteristiche dell'occupazione: i tempi di lavoro che ad essa sono associati, i
luoghi e le condizioni del suo esercizio, i suoi elementi statutari e giuridici. Flessibilità interna ed esterna
non sono ovviamente due aspetti indipendenti.
Il nocciolo della questione che rimane aperto è come conciliare le esigenze della flessibilità con quelle della
sicurezza sociale. Non si possono trattare in maniera distinta la protezione del posto di lavoro e gli sforzi di
regolazione del mercato del lavoro, ma si può tentare di delimitare l’ampiezza dei due ambiti. In entrambi i casi, il
regolatore pubblico gioca un ruolo primario sia intervenendo sulla protezione di determinate “categorie” di
lavoratori, attraverso la costruzione di forme di assicurazione sociale, sia definendo i profili contrattuali praticabili
ed il loro grado di flessibilità. Su entrambi i versanti emerge l’esigenza di investire in forme di politica attiva che
abbiano nella costruzione e nell’aggiornamento continuo delle competenze delle persone la vera chiave di volta.
3 L'Oecd già nel 1994 sottolineava l'importanza della flessibilità per migliorare la performance del mercato del lavoro (Jobs Study,
1994)
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1.2. Gli effetti sociologici
La disoccupazione come tutti i fenomeni sociali ha una natura complessa e mutevole nel tempo. Queste
caratteristiche, intrinseche al fenomeno, hanno comportato la necessità di avvicinarsi al tema sotto vari
punti di vista per trarre conclusioni e indicazioni operative efficaci.
Se negli anni sessanta la disoccupazione aveva caratteristiche più marcate (maschio adulto, capofamiglia,
con bassa scolarità), oggi si assiste ad un fenomeno che interessa una più ampia gamma di individui, spesso
con caratteristiche socio‐demografiche assai diverse, in quanto è la struttura stessa del lavoro ad essersi
modificata. Essere disoccupati oggi ha un senso profondamente diverso per gli individui e per la società in
cui viviamo rispetto a poche decine di anni fa. Economisti, psicologi e sociologi si sono dovuti “confrontare”
nei loro studi, sia con la mutazione del significato e del ruolo giocati dal lavoro, sia con le necessità di
imprenditori e istituzioni anch’esse mutevoli nel tempo. La flessibilità lavorativa richiesta dall’attuale
contesto socio‐economico ha sostanzialmente ridimensionato la sicurezza e l’identità socio‐professionale
che l’individuo aveva precedentemente. L’aumento dei lavoratori atipici, ossia di soggetti costretti a
frequenti cambi di lavoro precari e insicuri, e di persone estromesse dal mercato del lavoro, sta
comportando il rischio di perdita di coesione sociale. In quanto, l’essere occupati o meno non rappresenta
solamente uno status. Il lavoro e in particolare l’occupazione svolta contengono alcune informazioni chiave
(reddito, contatti sociali, ecc.), che servono sia da modello per il reciproco riconoscimento, sia da arena
sociale dove il soggetto sperimenta relazioni, socializza, sviluppa le proprie competenze e accumula capitale
umano utili a qualificarlo professionalmente e aumentare la sua occupabilità.
La perdita del lavoro comporta infatti una serie di costi, non solo economici, che gravano sul singolo, ma
anche sulla famiglia e sulla collettività. L'analisi sociologia e psicologica dei loro effetti può darci un quadro
più completo del disagio vissuto. Il Rapporto Censis del 2008 mostra chiaramente come le paure che
attanagliano le famiglie italiane riguardino principalmente i temi del benessere e della salute. La crisi
finanziaria, che stiamo vivendo, oltre a spazzare via migliaia di posti di lavoro, ha modificato la gestione del
budget e la modalità di consumo delle famiglie. Ci si orienta sempre di più sulla funzionalità del
prodotto/servizio ricercato e si adottano comportamenti d'acquisto finalizzati a liberare reddito che consenta
di acquistare beni considerati irrinunciabili, tutto questo per frenare la perdita del benessere raggiunto.
L'ansia che accompagna questa fase di mancanza di lavoro, si sta esplicitando in costi psicologici (perdita di
autostima, sensazione di perdita di controllo sulla propria vita, rinuncia a cercare una nuova occupazione) e
costi sociali (percezione di una diminuita sicurezza sociale), costi che ricadono non solo su chi è disoccupato,
ma sulla collettività in generale, dal momento che è necessario utilizzare una quantità maggiore di risorse
pubbliche per cercare di contenere questi fenomeni. Il quadro che emerge ci descrive una società “frenata”
dalle paure prodotte da un sempre più labile confine tra occupazione e non occupazione, da una perdita
sempre più marcata della professionalità del singolo spesso costretto ad accettare un lavoro sotto‐inquadrato,
dall'esplodere di fenomeni di marginalità economica e sociale connessi all’insicurezza lavorativa.
Oggi, la ricerca sociologica sta spostando l’attenzione su fattori che riguardano la vita del disoccupato:
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come vive la situazione di disoccupazione e cosa fa per uscirne (coping strategies), come si modificano le
sue abitudini, i suoi valori e i suoi atteggiamenti, anche all'interno del suo ambito familiare.
L'idea di analizzare il fenomeno della disoccupazione sotto l'ottica delle relazioni che il disoccupato
sperimenta può fornire una nuova chiave di lettura utile ai policymaker per implementare politiche sempre
più mirate. A tale proposito in una recente ricerca in Inghilterra, Clark ha formulato l'ipotesi che l'essere
disoccupati significhi aderire ad una “norma sociale”. Per l'autore, l'individuo disoccupato relazionandosi
con soggetti nella medesima situazione, a lui vicini (regione, partner, familiari), subisce una influenza
negativa meno significativa sul suo benessere psicologico rispetto ad un soggetto che passa da una
situazione di occupato ad una di disoccupato (Clark A., 2003). I dati mostrano che il benessere
dell’occupato è spesso più basso quando il tasso di disoccupazione degli altri è più alto; al contrario il
disoccupato mostra livelli di benessere più alti nella medesima situazione. L’esperienza della disoccupazione
è temperata dallo status lavorativo dei pari con i quali è in stretto contatto. Ciò influenza molto i
comportamenti di ricerca lavorativa. Solo i soggetti che hanno mostrato un calo significativo del proprio
benessere (quelli che sono passati da uno status di occupati ad uno di disoccupati) si sono dimostrati attivi
nella ricerca di una nuova occupazione e hanno riportato un successo in tale ambito. L'autore spiega questi
risultati, in termini di scostamento dalla norma sociale precedente, ossia quella della occupazione.
Questa ricerca evidenzia che la misura del benessere individuale può essere usata dagli economisti e dai
policymaker quale strumento da affiancare all’analisi del mercato del lavoro e sottolinea l’importanza di un
intervento pronto nel mercato del lavoro prima che una nuova norma sociale di alta disoccupazione prenda piede.
1.3. Gli effetti psicologici
L'attuale mercato del lavoro è quindi sempre più caratterizzato dalla ricerca di lavoratori disposti a mutare
la loro professione all'interno dell'azienda in cui lavorano o a transitare in altre quando subentra la
necessità di una ristrutturazione. Ciò comporta che il sostegno di cui necessita il lavoratore si concentri
sempre di più sugli aspetti preventivi della disoccupazione e sullo sviluppo dell'occupabilità del soggetto. In
altri termini, il supporto che si fornisce al lavoratore non deve essere concentrato al momento del
licenziamento e avere carattere meramente risarcitorio, ma dovrà estendersi lungo tutto l'arco della vita
lavorativa attraverso processi di apprendimento continuo e di analisi della domanda di lavoro vigente nel
contesto in cui vive. Siamo di fronte ad un cambiamento significativo nell'approccio alla disoccupazione, in
cui gli attori in gioco non possono essere solamente i lavoratori, ma anche le imprese e i decisionmaker. Si
va configurando sempre più chiaramente la necessità di un lavoro in rete tra gli attori interessati:
dipendente, impresa e istituzione, con interventi che siano incentrati principalmente sulla prevenzione
dello stato di disoccupazione.
Quando un individuo viene espulso dal processo produttivo, entra in relazione non solo con le logiche di
funzionamento del mercato del lavoro (domanda/offerta), ma anche con la rappresentazione del fenomeno
disoccupazione presente nella collettività in cui vive. Ciò è funzionale al soggetto per orientare i suoi
comportamenti e interagire con il suo ambiente.
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In quest’ottica appare necessario che da parte delle imprese ci sia un'assunzione di responsabilità sociale, che
si traduca nell'accompagnare l'individuo nelle varie fasi di transizione. Sul versante opposto, il lavoratore deve
essere più attivo e sviluppare strategie di adattamento nel processo di riorientamento professionale,
cessando di essere solo un soggetto passivo alla ricerca di tutele. Lavorare per una transizione efficace vuol
dire conoscere le rappresentazioni che individui e imprese hanno del problema, in modo da programmare
strategie e interventi efficaci ed efficienti. È possibile, infatti, che alcuni modelli rappresentazionali della
disoccupazione assunti dai disoccupati, piuttosto che favorire lo strutturarsi di un rapporto funzionale con il
loro contesto di riferimento abbiano in primo luogo lo scopo di allontanare la possibilità di tale confronto e di
garantire una protezione dalla valutazione esterna (Cariani D., Farnese M.L.,1996).
Bagnara e altri delineano ad esempio alcune raccomandazioni utili ad un corretto processo di
ristrutturazione che ripercorrono le questioni già discusse:
a. Un intervento preventivo e propositivo: il presupposto alla base è il passaggio dalla misura passiva della
compensazione economica a sostegni di tipo attivo. Tali misure preventive devono contemplare varie
metodologie di sostegno e partire possibilmente prima dell'effettivo licenziamento. La ragione è che
si vogliono evitare interventi estemporanei o a breve termine, che normalmente sono visti dai
lavoratori come mezzi per ridurre il conflitto sociale piuttosto che come strumenti atti allo sviluppo
della loro occupabilità. Dietro a questa paura c'è anche una ragione storica che ha visto le imprese e i
sindacati puntare piuttosto su misure di sostegno al reddito. Gli autori identificano nell'outplacement
lo strumento di consulenza‐orientamento più adeguato, suggerendo l’idea di renderlo parte
integrante degli accordi di ristrutturazione aziendale.
b. Qualità dell'intervento: intendendo con questo termine sia l'utilizzo di professionisti qualificati di cui
sia possibile verificare e valutare la prassi lavorativa, sia la standardizzazione del processo di
transizione sulla base di elementi di riconosciuta efficacia. Questo perché se il sostegno al lavoratore,
in procinto di perdere il posto, avviene tramite una consulenza professionale è possibile avviare un
percorso costruttivo diminuendo lo stress derivante dalla disoccupazione e dai tempi di
ricollocamento. Anche le istituzioni dovrebbero attivarsi per garantire la qualità di queste tipologie di
intervento attraverso un costante monitoraggio e valutazione delle esperienze che si verificano sul
proprio territorio. Gli autori ritengono che il Piano nazionale per l’occupazione e quello per l’inclusione
sociale possano essere gli strumenti adatti per attuare queste attività di monitoraggio, in modo da
trarne utili indicazioni per lo sviluppo di politiche del lavoro.
c. Cooperazione tra gli attori interessati: è ormai chiaro che lavorare in rete è l’unica modalità per
emergere rapidamente dalla crisi che attanaglia il mercato del lavoro. Azioni portate avanti
singolarmente, anche da attori istituzionali, non risulterebbero efficaci. L’ostacolo, che gli autori
hanno riscontrato come maggiore intralcio alla cooperazione, risulta essere la mancanza di chiarezza
su quali siano le responsabilità che ognuno deve assumere. Anche se in maniera diversa, individui,
imprese, istituzioni nazionali ed europee devono farsi carico di oneri:
i singoli, adottando atteggiamenti proattivi volti alla sviluppo di nuove competenze,
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all’autoimprenditorialità, alla ricerca attiva del lavoro intesa come analisi obiettiva dei contesti
socioeconomici di residenza
le imprese, adottando una nuova visione della propria responsabilità sociale che non si fermi al
momento della cessazione del rapporto lavorativo ma che continui sino al ricollocamento del
licenziato
la Comunità europea, creando un quadro legale comune con leggi a supporto dei lavoratori in
transizione che ne garantiscano i diritti.
Per realizzare tutto ciò si deve partire dall'analizzare vari fattori quali le aspettative dei lavoratori in
condizioni di insicurezza, gli elementi che hanno caratterizzato il successo nei casi di ricollocamento,
strumenti e metodologie innovativi nella gestione della transizione (Bagnara S., Bargigli L., 2004).
Nella letteratura scientifica recente, l'esempio più significativo di studio sulle procedure di ristrutturazione
aziendale è rappresentato dal Progetto Socose (Social convoy and sustainable employability ‐ Sostegno sociale e
occupabilità sostenibile), realizzato in cinque Paesi europei, il quale nelle fasi empiriche della sua ricerca si è basato
sull'esplorazione dei fattori suddetti.
Le informazioni e i dati qualitativi emersi dallo studio di due gruppi di dipendenti (uno in procinto di
perdere il lavoro, l'altro ricollocato grazie all'utilizzo dei servizi di outplacement) possono essere utili per
delineare le procedure e gli strumenti adatti per prevenire i costi legati ad una mobilità di massa.
Nei soggetti considerati a rischio i risultati indicano come problema principale da affrontare l'insicurezza
vissuta, che causa un notevole dispendio di energia, la maggior parte della quale spesa in conflittualità
verso la propria azienda. Da questo punto di vista, il passaggio ad una “cultura della flessibilità” non sembra
essere immediato, dal momento che molti lavoratori hanno provato un notevole disagio, dovuto
all'insicurezza nell'affrontare i compiti imposti dalla prospettiva di dover trovare un'altra occupazione. È
probabile che questi dipendenti sviluppino quelle culture che Cariani e Farnese chiamo della “disperazione”
e della “rivendicazione”. Nel primo modello culturale il posto di lavoro è rappresentato come fonte di
sicurezza e sostegno; la sua perdita genera disperazione e sgomento che ridimensionano la capacità dei
lavoratori di elaborare strategie per il futuro, non lasciando possibilità di cambiamento e soluzioni concrete.
Il proprio futuro professionale è delegato ad altri, ossia il soggetto non mira a qualificarsi per rendersi
appetibile dal mercato, ma esige che vengano trovate soluzioni che ne assicurino sostegno e sicurezza. Nel
secondo modello culturale, il soggetto rivendica un risarcimento per il danno subito con la perdita del
lavoro, piuttosto che un ricollocamento, rimanendo così in una situazione di stallo.
Nei lavoratori reimpiegati con successo, è emerso che l'utilizzo del servizio di outplacement quale strumento
preventivo ha dato i suoi frutti, anche quando l'azienda si è mostrata interessata alla riduzione del conflitto
interno piuttosto che all'applicazione di politiche legate al rafforzamento dell'occupabilità del dipendente. In
questi soggetti sembra predominare la cultura dello “sviluppo” (Cariani D., Farnese M.L., 1996), in cui le
competenze e il loro sviluppo sono visti come mediatori della riuscita professionale.
Relativamente alla programmazione dell'intervento sui disoccupati assume, pertanto, una forte rilevanza la
comprensione del modo in cui insiemi di rappresentazioni (rappresentazioni del proprio ruolo, del ruolo degli altri
attori sociali coinvolti, della relazione con il contesto‐mercato) vengono organizzati per formare delle specifiche
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"culture" della disoccupazione, e utilizzati per dare significato dell'esperienza e organizzare le strategie per affrontarla.
In termini operativi, intervenire sui lavoratori “insicuri” con percorsi formativi legati al miglioramento delle
competenze professionali, o mirati alla modifica dei propri atteggiamenti e comportamenti, rischia di
riprodurre le dinamiche di disperazione e rivendicazione, rendendo inutili gli interventi, percepiti come
inefficaci e imposti. Si dovrebbe, invece, perorare l'idea di intervenire sulla comprensione delle dinamiche
personali e motivazionali, fornendo ai soggetti modelli causali della disoccupazione basati sull'uso di
categorie alternative, ad esempio quelle socioeconomiche, e sulle modalità di relazionarsi degli individui
con il loro contesto, spesso automatiche e standardizzate, favorendo piuttosto una tendenza
all'esplorazione, all'analisi e alla ricerca.
Altre prospettive offre invece l'intervento con quei disoccupati assistiti che condividono un modello
culturale della disoccupazione orientato allo sviluppo. Sono soggetti che non presentano vissuti emozionali
negativi, ma che richiedono interventi mirati allo sviluppo di competenze e strategie esplorative del
contesto lavorativo che ne facilitino il rapido reinserimento.
2. Le caratteristiche dei mercati del lavoro locali a confronto con i modelli sociali della disoccupazione
Le crisi, aziendali o di settore, che siano dovute a dinamiche contingenti o a debolezze strutturali
intervengono ormai in un contesto caratterizzato da una profonda trasformazione della natura stessa del
lavoro, quale è ormai evidente nell’era postfordista, trasformazione ormai pesantemente caratterizzata
dalle dinamiche di flessibilizzazione e precarizzazione del rapporto contrattuale.
Nell’ultimo trentennio l’economia italiana ha puntato prevalentemente su un modello di piccola e media
impresa, strutturato a livello locale, dando il via a quello che nei tempi più recenti viene riconosciuto come
Sistema dei distretti industriali4. Secondo la normativa i distretti industriali sono “sistemi produttivi locali
caratterizzati da un’elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva
di sistemi di imprese” 5. Il distretto comprende dunque piccole e medie aziende concentrate in un’area
territoriale ristretta, specializzate in un particolare prodotto, che proprio a causa della vicinanza e della
appartenenza al medesimo ambiente socio‐culturale agiscono attraverso una serie di integrazioni
reciproche, raggiungendo risultati analoghi a quelli conseguiti da una grande azienda.
La competitività del modello distrettuale si fonda su forme flessibili di organizzazione della produzione, in
4 Per approfondimenti sull’argomento vedi: I distretti industriali alla prova della globalizzazione, “Seat Convoi”, n°11, novembre‐
dicembre 2007, www.convoimagazineseat.it/wp‐content/_pdf/n11/ConVoi_n11_PrimoPiano.pdf
5 Introdotti con la Legge n. 317 del 1991 ‐Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese‐ i Distretti industriali
sono, secondo la definizione ufficiale “aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con
particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione
produttiva dell’insieme delle imprese”. Questa definizione è stata poi ulteriormente ampliata dalla Legge n. 140 del 1999 ‐
Norme in materia di attività produttive‐ che ha introdotto i Sistemi produttivi locali: “Contesti produttivi omogenei,
caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare
organizzazione interna”. Secondo l’ultimo censimento Istat, in Italia nel 2001 si contavano 194 distretti industriali che davano
occupazione al 40% della forza lavoro impiegata nelle produzioni manifatturiere. La maggior parte dei distretti, 119, è collocata
nel Nord, segue il Centro con 60 distretti ed il Sud con 15. I principali settori sono il tessile e l’abbigliamento (70 distretti), le
pelli, il cuoio e le calzature (28), i prodotti per la casa (37), la meccanica (33) e gli alimentari (17 distretti).
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grado di rispondere efficacemente alle necessità di mercati ‐ come quello del Made in Italy, ad esempio ‐ in
cui la domanda si modifica continuamente (Corò G. e Micelli S., 2007). Il modello, caratterizzato dalla
frammentazione tecnica del ciclo produttivo, permette alle piccole imprese localizzate nei distretti di
partecipare ad un esteso sistema di divisione del lavoro, condividere alcune risorse esterne (nel mercato
del lavoro, nei servizi etc.) e mantenere un continuo scambio reciproco. Nell’ambito distrettuale, per
l’impresa è più facile trovare un offerta di lavoro già qualificata quando la congiuntura è favorevole, mentre
la mobilità in uscita, quando la domanda si riduce, è più agevole. Lo stretto legame fra settore e territorio,
poi, rende possibile l’accumulazione di conoscenze tecniche specializzate a livello locale; la comunità
partecipa al processo produttivo aggiornando saperi e competenze grazie a processi di condivisione spesso
di carattere informale. Il risultato è che negli anni l’aggregazione territoriale delle aziende è riuscita a creare
ulteriore occupazione mentre la grande industria ne ha persa costantemente (Pugliese E., Rebeggiani E.,
2004). Questo modello, sempre più perfezionato, ha retto sino ad oggi la competizione sui mercati
soprattutto a causa della sua duttilità che ha consentito processi di rinnovamento tecnico e produttivo
attraverso strategie di riaggiustamento industriale e riposizionamento delle imprese nel mercato,
attraverso la creazione di nuove attività oltre a processi di internazionalizzazione e delocalizzazione.
Anche il sistema dei distretti è però già da tempo esposto alla minaccia delle produzioni dei paesi a basso
costo di manodopera e, più recentemente, della crisi economica nazionale conseguente al peggioramento
delle dinamiche dell’economia mondiale, e quindi alla debolezza della domanda interna ed estera.
L’analisi delle dinamiche della forza lavoro nell’ambito dei Sistemi Locali del Lavoro (Sll) individuati dall’Istat
consente in prima battuta di osservare con maggior definizione le dinamiche di breve‐medio periodo che
possono aver preceduto l’emergere dei segnali di difficoltà manifestatisi nella seconda metà del 2008. In
particolare, dall’analisi congiunta delle dinamiche dell’occupazione e della disoccupazione rilevate nei Sll
nel periodo 2006‐2007 emerge che 41 sistemi (pari al 6% del totale di essi ed al 4% della popolazione
residente) facevano riscontrare una contemporanea diminuzione dell’occupazione ed una crescita del
numero di persone in cerca di occupazione (Istat, 5 maggio 2009).
Accanto a questi, altri 259 (quasi il 38%) mostravano dinamiche opposte, cioè alternativamente crescita
degli occupati e delle persone in cerca di occupazione (nell’11,5% dei casi che interessava il 10,2% della
popolazione); ovvero diminuzione sia degli occupati, sia di quanti sono in cerca di occupazione (nel 26,1%
dei casi, pari a 15,8% della popolazione). Il primo gruppo si concentrava soprattutto in Calabria, Sardegna e
Lazio, con propaggini anche in Piemonte, Lombardia e Veneto; il secondo era rappresentato soprattutto in
Toscana, Valle d’Aosta e Alpi; il terzo era presente in Calabria, Sardegna, Campania e, in misura molto
minore, in Piemonte e Toscana (Istat, 5 maggio 2009).
Dal punto di vista delle specializzazioni produttive, tutte le tipologie hanno indubbiamente mostrato nel
periodo considerato una diminuzione del tasso di disoccupazione, anche se permangono significative
differenze, soprattutto laddove rapportate al tasso medio nazionale (figura 1). Da notare a proposito, oltre
alle situazioni eclatanti dei sistemi senza specializzazione, di quelli a vocazione agricola e delle aree urbane
prevalentemente portuali (tutti e tre con un tasso che supera nettamente il 10%), il superamento del tasso
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medio riscontrabile nel caso dei sistemi della chimica e del petrolio (7%), della produzione e lavorazione dei
metalli (6,4%), e dei sistemi delle calzature (6,7%).
Figura 1 ‐ Tassi di disoccupazione e differenze 2004‐2007 per gruppo di specializzazione dei sistemi locali del lavoro
-5 0 5 10
Sis temi senza specializzazione
Aree urb ane ad alta specializzazione
Aree urbane a b assa specializzazione
Aree urbane no n sp ecializzate
Aree urb ane p revalentemente po rtuali
Sis temi turis t ici
Sis temi a vo cazio ne ag rico la
Sis temi integ rat i d ella pelle e d el cuo io
Sis temi d elle calzature
Sis temi d ell'indus tria tess ile
Sis temi d ell'abb ig liamento
Sis temi del leg no e dei mo b ili
Sis temi d ell'o cchialeria
Sis temi d ella fab b ricazio ne d i macchine
Sis temi d ell'ag ro alimentare
Sis temi d ella p rod uzio ne e lavo razio ne d eimetalli
Sis temi d ei mezzi d i t raspo rto
Sis temi dei materiali d a co s truzione
Sis temi della chimica e d el p et ro lio
To tale
Tasso di disoccupazione Differenze 2004-2007
Fonte: elaborazione degli autori su dati Istat 2007
Secondo le analisi del Centro studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, per osservare l’evoluzione più recente dei
distretti industriali italiani maggiormente consolidati ed ottenere un quadro il più possibile oggettivo della
situazione è anche possibile usare altri due diversi ma complementari punti di vista :
l’analisi dei dati relativi alla Cassa integrazione guadagni (Cig) dei settori tipici distrettuali
l’analisi delle informazioni aggiornate, disponibili a livello territoriale (provinciale), sulle esportazioni
espresse a prezzi correnti (dati trimestrali) incrociate per province/settori.
Le difficoltà delle imprese si riflettono in un più intenso ricorso alla Cig, che tra il 2008 e i primi mesi del
2009 ha riguardato quasi tutti gli ambiti, ma è stato più intenso in alcuni comparti tipici dell’offerta
distrettuale (tessile, pelli e cuoio, legno), facendo emergere alcune grandi aree territoriali di crisi (Intesa
Sanpaolo, Servizio Studi e Ricerche, 2008).
Difficoltà analoghe si rilevano anche attraverso i dati relativi alle esportazioni. I dati Istat sulle esportazioni
delle Regioni italiane relativi al periodo gennaio – dicembre 2008 mettono in evidenza una vistosa contrazione
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delle esportazioni tra il terzo e il quarto trimestre del 2008, che vedono i valori del Mezzogiorno ridursi del
20,8%, quelli del Nord‐ovest e del centro di circa il 7% e quelli del Nord‐est del 4,3% (Istat, 12 marzo 2009).
Anche se il rapporto tra il periodo gennaio‐dicembre 2008 e l’analogo 2007, fa registrare un modesto
incremento complessivo dello 0,3%, l’analisi dei dati per tipologia di produzione consente di far emergere
specifiche difficoltà di settore, in relazione alle differenti aree territoriali (tabella 1).
Secondo quanto riportato dal Centro studi e ricerche di Intesa, nel primo semestre del 2008 le esportazioni dei
distretti industriali italiani sono rimaste nel complesso ai livelli raggiunti nella prima parte dell’anno precedente
(+0,5%) anche se nei settori moda, mobili ed elettrodomestici si è verificato un calo significativo. Le regioni dove
i distretti ottengono migliori risultati sono quelle dove è maggiore il peso della meccanica (Lombardia e Emilia‐
Romagna) o dell’alimentare (Campania); quelle che sono andate peggio, sono caratterizzate dalla
specializzazione nel settore della moda (Toscana e Marche) o del mobile (Basilicata e Puglia).
Nel terzo trimestre del 2008 le difficoltà si sono intensificate, facendo registrare un calo pari al 2,4%
rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Il quadro è apparso ulteriormente peggiorato nei
distretti già in difficoltà (moda, mobili ed elettrodomestici) che hanno accusato una riduzione tendenziale
dei valori esportati superiore al 10% (Intesa Sanpaolo, Servizio Studi e Ricerche, 2008).
Tabella 1 ‐ Esportazioni per ripartizione geografica e settori di attività economica. Variazioni percentuali. Gen‐dic. 2008/Gen‐dic. 2007
Nord‐ovest Nord‐est Centro Sud e Isole Italia
A‐B Prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca ‐3,3 6,2 ‐1,6 9,7 4,4
C‐Minerali energetici e non energetici 106,6 ‐13,1 3,6 0,5 29,9
D‐ Prodotti trasformati e manufatti 1,3 ‐0,6 ‐5,6 3,2 ‐0,2
DA‐ Prodotti alimentari, bevande e tabacco 9,1 6,7 3,5 9,3 7,6
DB‐Prodotti dell’industria tessile e dell'abbigliamento ‐4,2 ‐1,4 ‐5,1 ‐5,6 ‐3,5
DC‐ Cuoio e prodotti in cuoio 5,4 ‐7,1 ‐5,7 ‐12,7 ‐5,4
DD ‐Legno e prodotti in legno (esclusi i mobili) ‐8 ‐8,3 ‐8 ‐13,3 ‐8,5
DE‐ Carta e prodotti di carta, stampa ed editoria 2,1 2,2 ‐6,2 ‐0,7 ‐0,1
DF‐ Prodotti petroliferi raffinati 23,7 27,3 9,4 14,8 15,6
DG‐ Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali ‐4 ‐1,9 ‐3 16,5 ‐1,1
DH‐ Articoli in gomma e in materie plastiche ‐3,4 ‐2,4 ‐2,9 ‐12,4 ‐4,1
DI‐ Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi ‐4 ‐5,5 ‐8,1 ‐2,8 ‐5,4
DJ‐ Metalli e prodotti in metallo 2,2 0,5 ‐7 8,3 1,1
DK‐ Macchine e apparecchi meccanici 4,8 0,7 ‐8,2 7,5 1,5
DL‐ Apparecchi elettrici e di precisione ‐1,6 ‐1 ‐12,3 ‐6,1 ‐3,1
DM‐ Mezzi di trasporto 3,9 0,6 ‐9,8 ‐9,6 ‐1,4
DN‐ Altri prodotti dell’industria manifatturiera ‐5,5 ‐6,4 ‐2,1 ‐13,4 ‐5,7
DN361‐ Mobili 0,6 ‐5,3 ‐4,5 ‐13,7 ‐4,5
Fonte: Istat
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In Toscana spiccano le perdite dei distretti delle calzature (Lucca), della concia (Santa Croce sull’Arno) dove
cresce anche il monte ore di Cig, del marmo (Carrara), del polo fiorentino della pelle e dell’abbigliamento di
Empoli. Nelle Marche, la lettura congiunta dei dati di export e di Cig conferma la grave situazione del
distretto degli elettrodomestici di Fabriano che risente a sua volta della crisi di un’importante azienda
dell’area. Sono aumentate anche le ore di Cig richieste dalle aziende del cuoio/calzature delle province di
Ascoli Piceno e Macerata, in cui è localizzato il distretto di Fermo, la più importante area di specializzazione
calzaturiera italiana.
Il calo delle esportazioni è stato rilevante anche in Basilicata e Puglia. L’evoluzione delle esportazioni
distrettuali di queste due ultime regioni è stata penalizzata dalla crisi in corso del mobile imbottito della
Murgia, a cavallo delle province di Bari e Matera, area che da sola raccoglie il 60% delle ore di Cig del
settore. In Puglia, poi, si è aggiunto un arretramento dell’export dalla calzetteria e abbigliamento (Salento)
e dei distretti calzaturieri del Nord Barese e di Casarano (LE), che nel settore del cuoio/calzature
presentano il maggior numero di ore accordate di Cig tra le province.
Oltre alle summenzionate regioni che includono il maggior numero di distretti industriali specializzati nella
produzione o lavorazione di prodotti particolarmente colpiti dalla diminuzione di domanda, difficoltà sia sul
fronte della Cig che sul fronte dell’export emergono anche in Lombardia per quanto riguarda il distretto
tessile di Como, del Gallaratese (VA) e il tessile‐abbigliamento della Val Seriana (BG). Segnali di difficoltà
emergono anche dai dati relativi alla Cig del settore meccanico della provincia di Bergamo.
Per quanto riguarda l’Italia del Sud, spiccano in Campania i dati relativi alle ore di Cig accordati della
provincia di Avellino, sede del distretto conciario di Solofra, che soffre già da alcuni anni di rilevanti
problemi competitivi.
3. Gli strumenti di intervento nazionali e regionali e le riforme in corso
Se ci si è dilungati nel descrivere il profilo frastagliato delle difficoltà che, con frequenza sempre maggiore,
stanno colpendo quello che è considerato l’elemento cardine dello sviluppo economico italiano a partire
dalla crisi della grande impresa fordista, è per meglio chiarire quanto risultino articolate le sfide portate da
queste dinamiche al sistema delle politiche pubbliche messe in campo per farvi fronte.
3.1. Gli strumenti di sostegno al reddito
Come è stato ancora recentemente sottolineato dallo stesso Governatore della Banca d’Italia (Banca
d’Italia, 2009), la sovrapposizione dei vari strumenti assicurativi predisposti per far fronte alle crisi
congiunturali e strutturali determina di fatto una copertura molto eterogenea dei lavoratori, riconducibile
al settore economico di riferimento, alla dimensione d’impresa o alla tipologia e durata del contratto
lavorativo.
La strumentazione di intervento nazionale a sostegno dei lavoratori che vedono entrare in crisi la
permanenza del proprio posto di lavoro, per cause indipendenti dalla loro volontà, è frutto di un’evoluzione
storica lunga e complessa, che ha accompagnato le trasformazioni attraversate negli anni dal nostro
mercato del lavoro.
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15
Dall’istituzione nel 1968 della Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs), che allarga la possibilità di
intervento ai casi di crisi aziendale al di là delle necessità di riduzione congiunturale della produzione, il
delicato equilibrio fra politica del lavoro e politica industriale finisce per modificarsi progressivamente, a
misura che i processi di riconversione rimettono in discussione il rapporto fra flessibilità interna ed esterna
all’impresa6. Se infatti in un primo tempo l’utilizzo della Cassa integrazione compensò di fatto le imprese
rispetto alla rigidità della legislazione sulla tutela del posto di lavoro (job protection), con la graduale
introduzione di elementi crescenti di flessibilità del rapporto di lavoro si è giunti a delineare un panorama
frastagliato e diversificato, che ha finito in certi casi per contribuire all’ulteriore segmentazione del mercato
del lavoro (Pugliese E., Rebeggiani E., 2004).
La situazione attuale, delineatasi dopo numerose e anche recenti riforme, mette a disposizione tre tipologie
di strumenti di sostengo al reddito:
a) misure per lavoratori momentaneamente sospesi dal lavoro
b) misure per lavoratori licenziati o disoccupati
c) misure per lavoratori temporanei.
Nel primo insieme rientrano la Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo, attiva già dal 1941), la già
menzionata Cigs, le concessioni in deroga previste per la Cigs (a far data dal 2004) e le misure dedicate
all’edilizia e all’agricoltura. Al 2008 gli interventi della Cigo erano dedicati al settore industriale, alle
lavorazioni accessorie non industriali connesse, alle cooperative con attività industriali cui dal 1997 si sono
aggiunte una serie di tipologie di imprese commerciali e non (Anastasia B., Mancini M., Trivellato U., 2009).
La copertura assicurata arriva a 13 settimane con proroghe trimestrali fino ad un massimo di 12 mesi
continuativi in un biennio (24 mesi per l’indotto automobilistico)7.
Per quanto riguarda la Cigs, l’animato dibattito intorno alle sue modalità di funzionamento testimonia del
ruolo sempre più centrale che l’istituto è venuto assumendo nel panorama degli strumenti disponibili per
l’intervento nelle aree di crisi. All’indomani del varo, con la Finanziaria 2004, della Cassa integrazione
straordinaria in deroga, la platea di casi ammissibili per gli interventi include le imprese con più di 15
dipendenti, una pluralità di aziende artigiane, commerciali e cooperative agricole e di produzione e lavoro,
anche titolari di appalti. La durata arriva ad un massimo di 36 mesi in 5 anni, salvo le eccezioni di crisi
aziendale (12 mesi continuativi), ristrutturazione e riconversione (24 mesi e 2 proroghe di 12) e procedure
concorsuali (12 mesi con 6 di proroga)8. Il suo utilizzo è demandato alla concertazione locale, nel cui ambito
Regioni e parti sociali individuano aree e beneficiari da proporre alla successiva approvazione governativa.
Per quanto riguarda gli strumenti indirizzati a lavoratori che hanno effettivamente perso il lavoro, la stessa
6 Per il rapporto fra flessibilità interna ed esterna all’impresa si veda tra gli altri Barbier J.C., Nadel H., La flessibilità del lavoro e
dell’occupazione, Roma, Donzelli, 2002. Per un a trattazione sistematica dell’argomento si rimanda ai contributi segnalati, cui
peraltro si fa ampio riferimento, mentre in questa sede vengono riassunte le caratteristiche essenziali degli istituti, funzionali al
taglio scelto per la trattazione.
7 Gli importi prevedono un reddito di 858,58 euro per retribuzioni fino a 1.857,48 e di 1.031,93 euro per quelle superiori. Le
modalità di funzionamento della Cigo per l’edilizia sono praticamente analoghe, fatta salva la specificità delle motivazioni e
l’incremento dei massimali connesso ad intemperie stagionali.
8 In questo caso gli importi ammontavano nel 2008 a 858,58 euro per retribuzioni fino a 1.857,48 e 1.031,93 per quelle superiori.
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normativa finanziaria del 2004 ha esteso la platea di aziende precedentemente interessate all’utilizzo
dell’indennità di mobilità introducendo lo strumento derogatorio, mantenendo di fatto inalterati i requisiti
di accesso e la durata, a fronte degli adeguamenti relativi all’ammontare. A questo istituto si affianca
ovviamente l’indennità ordinaria di disoccupazione, riservata a lavoratori licenziati per un periodo di 8 mesi
(fino a 50 anni) o 12 mesi (oltre i 50), includendo di recente i lavoratori sospesi 9.
Infine, per i lavoratori temporanei, all’indennità ordinaria di disoccupazione si affianca l’indennità di
disoccupazione a requisiti ridotti, nonché i trattamenti speciali in agricoltura ed edilizia. L’indennità a
requisiti ridotti può essere concessa a persone, non necessariamente disoccupate, che abbiano lavorato
almeno 78 giorni nell’anno precedente, con un importo proporzionale al periodo lavorato, fino al massimo
di metà anno10 (Anastasia B., Mancini M., Trivellato U., 2009).
Alcuni dati sull’evoluzione storica nella spesa e nel numero dei beneficiari delle varie misure (figura 2)
avvalorano quanto argomentato da vari autori in merito alla nuova centralità assunta dalla Cigs e
dall’Indennità di mobilità a coprire quasi un ulteriore 16% del totale della spesa in misure passive.
Figura 2 ‐ Beneficiari di alcune politiche passive. Anni 2001‐2006 (Stock medio annuo in migliaia)
* Comprendono l’Indennità di disoccupazione agricola ordinaria, l’Indennità di disoccupazione agricola con requisiti ridotti, l’Indennità di disoccupazione agricola speciale (40 e 66%) Fonte: elaborazione Ministero del Lavoro (Segretariato Generale – Div. V) su dati Inps.
In particolare, dai dati pubblicati dal Ministero del Lavoro sul Rapporto di monitoraggio delle politiche
occupazionali e del lavoro del settembre 2008, emergono sia un incremento della spesa che dei beneficiari,
soprattutto a partire dalle riforme intervenute nel 2005. Relativamente alla spesa, la somma dell’indennità di
disoccupazione non agricola ordinaria, di quella con requisiti ridotti e dell’indennità di mobilità, vengono tutte
insieme a rappresentare il 61% della spesa complessiva. A fronte di ciò la somma di Cigo e Cigs arriva nel 2
0
20
40
60
80
100
120
140
2001 2002 2003 2004 2005 2006
Cigo + Cigs Indennità di mobilità
Inden. di disoc. non agricola ordinaria Inden. di disoc. non agricola con req. ridotti
Indennità settore agricolo* Inden. di disoc. ordinaria nell'edilizia
*Comprendono l'Indennità di disoccupazione agricola ordinaria, l'Indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, l'Indennità di disoccupazione agricola speciale (40 e 66%). Fonte: elaborazione Ministero del lavoro (Segretariato generale – Div. V) su dati Inps.
A parte l’effetto riforma, gli incrementi evidenziati nel periodo dalle prime tre misure vengono addebitati, da un
lato alla diffusione della platea riconducibile ai lavoratori a termine; dall’altro alle domande di prestazioni connesse
a processi di ristrutturazione d’impresa. Nello stesso periodo la spesa per ammortizzatori sociali in deroga metteva
in evidenza una forte riduzione (Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, 2008). In accordo ai dati
sui beneficiari, l’andamento dell’utilizzo della Cigo e della Cigs, messo in evidenza dal numero di ore autorizzate,
non sembra denunciare oscillazioni di ampiezza rilevante negli anni che hanno preceduto il 2009 (tabella 2).
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
16
9 Nell’un caso come nell’altro i parametri retributivi sono analoghi a quelli utilizzati per la Cig.
10 Lo stesso dicasi per i massimali retributivi.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
17
Tabella 2 ‐ Ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Anni 2005 – 2008 e primi tre mesi del 2009 (v.a.)
Operai Impiegati Totale
2005
Ordinaria 128.061.982 15.168.809 143.230.791
Straordinaria 76.609.063 25.060.758 101.669.821
Totale 204.671.045 40.229.567 244.900.612
2006
Ordinaria 88.167.322 8.638.329 96.805.651
Straordinaria 104.584.117 28.557.494 133.141.611
Totale 192.751.439 37.195.823 229.947.262
2007
Ordinaria 64.962.909 5.662.155 70.625.064
Straordinaria 86.537.627 21.993.358 108.530.985
Totale 151.500.536 27.655.513 179.156.049
2008
Ordinaria 103.820.957 9.459.688 113.280.645
Straordinaria 87.727.624 22.153.267 109.880.891
Totale 191.548.581 31.612.955 223.161.536
2009
Ordinaria 78.512.974 12.572.294 91.085.268
Straordinaria 30.371.826 9.352.422 39.724.248
Totale 108.884.800 21.924.716 130.809.516
Fonte: elaborazione degli autori su dati Inps
A partire dai primi mesi di quest’anno l’utilizzo dell’istituto comincia ad adombrare gli effetti della crisi
economica in corso, i cui prodromi, considerati i tempi di autorizzazione necessari, affondano
probabilmente in parte le loro radici nelle modalità di pianificazione messe in campo dalle aziende nel corso
dell’annualità trascorsa. L’evoluzione nel tempo non mostra peraltro un mutamento nel peso percentuale
della categoria degli impiegati che rimane pressoché costante fino al 2006 per poi scendere al 15,5% nel
2007 e al 14,2 l’anno successivo e riallinearsi ai livelli del 2005 già dai primi mesi di quest’anno. Sembra
evidente, come si vedrà fra breve, che la crisi si fa sentire nel core del sistema industriale, vale a dire fra la
porzione di forza lavoro occupata negli ambiti più direttamente coinvolti nella produzione manifatturiera.
Il complesso del monte ore autorizzato resta comunque ancora lontano dai dati relativi ai due maggiori
periodi di utilizzo, cioè gli anni a cavallo della metà degli anni ottanta e la prima metà dei novanta
(Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, 2008). Anche se, secondo l’Istat, il confronto fra
la media 2007 e quella 2008 delle ore di ricorso alla Cig nelle grandi imprese mostrava a gennaio un
aumento di sole 2,8 ore per mille lavorate, i dati mensili mostrano una differenza assoluta di 25,1 ore per
mille fra il periodo gennaio‐febbraio 2009 e lo stesso periodo del 2008. In totale, a febbraio 2009, nelle
grandi imprese industriali sono state registrate 95,1 ore di Cig per mille lavorate (74,4 in più rispetto allo
stesso mese del 2008), a fronte di sole 2,7 nelle grandi imprese dei servizi (2 in più rispetto allo stesso mese
del 2008) (Istat, febbraio e aprile 2009).
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
L’esame per settore economico (figura 3) mostra la rilevante concentrazione pluriennale sulle imprese della
meccanica, delle costruzioni, del tessile e della chimica, che tutte insieme rappresentano più del 68% del
totale delle ore autorizzate nel periodo considerato.
Prendendo in considerazione il peso percentuale di ogni singolo settore sul totale delle ore autorizzate, si
vede che un rilevante trend di crescita viene espresso proprio da questi settori, ai quali vanno aggiunti i
trasporti e comunicazioni e l’industria del legno. Il fattore maggiormente preoccupante è peraltro
rappresentato dal fatto che i dati 2009 già a marzo approssimano quelli degli anni passati, giungendo
addirittura, nel caso della metallurgia, a sopravanzarli in maniera più che netta.
Le preoccupazioni appaiono ragionevolmente confermate, oltre che dal persistente calo dell’occupazione
industriale segnalato dall’Istat nel IV trimestre 2008 (‐1,3% rispetto allo stesso periodo 2007), dal fatto che
115.000 occupati nell’industria dichiaravano nella stessa rilevazione di non avere lavorato nella settimana
di riferimento dell’indagine, o di avere svolto un numero di ore inferiore, perché in Cig (erano stati 53.000
nel quarto trimestre 2007) (Istat, marzo 2009).
L’indennità di mobilità ha rappresentato negli anni trascorsi l’istituto principale che ha via via sostituito l’impiego
massiccio della Cig (Pugliese E., Rebeggiani E., 2004) e che segnala peraltro in relazione alle situazioni di crisi il
passaggio a situazioni potenziali di non ritorno e l’ingresso della forza lavoro nell’area della disoccupazione.
Come già messo in evidenza dalla figura 2 in relazione all’incremento del numero di beneficiari, l’impiego
dell’istituto fa registrare un relativo incremento dei dati sulla spesa (+26% rispetto al 2001, pur in presenza
di una flessione dopo il 2005), che corrisponde però ad un lieve ridimensionamento del suo peso sul totale
delle politiche passive, che passa nello stesso periodo dal 17,5% al 16%, dopo aver toccato la quota
massima del 20,5% nel 2003 (Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, 2008).
Figura 3 ‐ Ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Anni 2007, 2008 e primi tre mesi del 2009 (val. %)
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45%
Attività agric. industrialiEstrattive
LegnoAlimentari
MetallurgicheMeccaniche
TessiliVest. abbigl. e
ChimichePelli e cuoio
Trasf. mineraliCarta e poligraf.
EdiliziaEnergia elettr. e gas
Trasporti e comun.Varie
TabacchicolturaEdilizia
Commercio
2009
2008
2007
Fonte: elaborazione Isfol su dati Inps
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
18
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Dall’esame dei dati disaggregati, emerge come negli anni sia cresciuta progressivamente la percentuale di
lavoratrici coinvolte nell’utilizzo dell’istituto, la cui percentuale è salita dal 35,6% al 40,6% (+5,1%)
(Anastasia B., Mancini M., Trivellato U., 2009). L’esame dei dati per classe d’età (figura 4) mostra come, ad
una crescita costante dei beneficiari delle classi fino a 49 anni nei due generi, abbia corrisposto un vistoso
ridimensionamento maschi oltre i 50 anni, ma non delle femmine, che dopo la flessione del 2004 registrano
un picco nell’anno successivo per poi riallinearsi con il dato del 2002.
Figura 4 – Beneficiari dell’indennità di mobilità. Per classi d’età. Anni 2002‐2006 (v.a.)
Fonte: elaborazione degli autori su elaborazione Veneto Lavoro su dati Inps
Maschi
0
10
20
30
40
50
60
70
80
2002 2003 2004 2005 2006
Fino 39 40 - 49 50 e oltre
Femmine
0
10
20
30
40
50
60
2002 2003 2004 2005 2006
Fino 39 40 - 49 50 e oltre
E’ possibile che tale ridimensionamento rispecchi il progressivo abbandono dell’utilizzo dell’istituto in
funzione dello scivolamento tutelato verso la pensione, messo in evidenza da vari autori.
3.2. Le politiche attive del lavoro e il versante nazionale
Il sistema degli ammortizzatori sociali del quale le informazioni presentate nel paragrafo scattano
un’istantanea ovviamente soggetta a rapida evoluzione, è storicamente nato in concomitanza della
necessità di aiutare l’impresa fordista di medie o grandi dimensioni a superare periodi di crisi congiunturali,
che all’origine non mettevano in discussione il modello di sviluppo dei rispettivi mercati locali del lavoro,
con il loro corollario di relazioni industriali e tipologie contrattuali sostanzialmente scarsamente variegati.
Le modifiche via via introdotte nel sistema hanno tuttavia consentito nel tempo una sua azione di sostegno alla
capacità dimostrata dai distretti industriali e dalle piccole e medie imprese di reagire flessibilmente alla
congiuntura e alle sfide del riposizionamento sul mercato. In questo quadro l’istituto della mobilità doveva
rappresentare il tentativo di introdurre alcuni elementi caratteristici delle politiche attive, ma da un lato, come
ricordato da Draghi, è risultata poco efficace nel favorire la ricollocazione dei lavoratori coinvolti (Banca d’Italia,
2009); mentre dall’altro ha visto affermarsi un utilizzo finalizzato allo “scivolamento tutelato” verso la pensione,
attualmente peraltro in via di superamento (F. Pirone, 2008).
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
19
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Come risulta evidente dalla ricognizione teorica condotta nel capitolo 1, e come è apparso sempre più
chiaro negli anni, il problema più grande che interventi sulle crisi si trovano a dover affrontare, dal lato
dell’offerta, è quella di perseguire un’effettiva attivazione della forza lavoro, evitando le classiche trappole
da chiusura autoreferenziale della disoccupazione.
A riguardo sembra riconosciuto che i risultati migliori possano essere ottenuti realizzando un equilibrio
efficace tra azioni di monitoraggio dell’utilizzo dei sussidi, condotte dai Servizi per l’impiego, ed efficaci
politiche attive del lavoro, tali da sostenere effettivamente il disoccupato nella ricerca e studiate in modo
da fornire supporto all’eventuale accrescimento del suo livello di occupabilità (Dell’Aringa C., 2007).
Senza entrare nel merito del dibattito sul livello di attivazione del nostro sistema nazionale, ampiamente
approfondito in letteratura (Dell’Aringa C., 2007; Anastasia B., Mancini M., Trivellato U., 2009), si può
affermare che l’analisi dei dati relativi al periodo 2001‐2006 mostra una vistosa contrazione delle spese in
politiche attive, a vantaggio della componente di supporto, con particolare riguardo ai trattamenti di
disoccupazione (figura 5), (Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, 2008).
Figura 5 ‐ Spese per politiche del lavoro. Anni 2001 – 2006 (val. %)
0%
20%
40%
60%
80%
100%
2001 2002 2003 2004 2005 2006
Formazione professionale Contratti a causa mista
Incentivi alle assunzioni Incentivi alla stabilizzazione dei posti di lavoro
Incentivi al mantenimento dell’occupazione Sgravi a carattere territoriale
Incentivi per i disabili Creazione diretta di posti di lavoro
Incentivi all’autoimpiego Trattamenti di disoccupazione
Pensionamenti anticipati
Fonte: elaborazione degli autori su dati Ministero del lavoro.
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
20
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
In questo quadro, l’intervento nazionale che più si avvicina ad integrare in un disegno omogeneo politiche
attive e misure di attivazione è stato finora rappresentato dal Programma Pari ‐ Azioni per il reimpiego11.
Com’è noto esso fornisce al Ministero del lavoro assistenza tecnica e supporto nella gestione delle attività
di intervento e sostegno alla ricollocazione di lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali o di indennità e
sussidio legati allo stato di disoccupazione. Il programma supporta il Ministero del lavoro nella definizione e
gestione degli accordi di Cigs e Mobilità in deroga, contribuendo alla predisposizione di iniziative per la
gestione di crisi aziendali e/o di settore nonché di convenzioni, atti, procedure e iniziative relativi ai
lavoratori che potrebbero divenire beneficiari degli interventi.
4. La Strategia europea per l’occupazione e gli strumenti di intervento comunitari
La strategia governativa di contrasto alla crisi, come sarà descritto con maggiore dettaglio nella Sezione III,
ha di fatto puntato ad ampliare progressivamente la platea dei lavoratori eleggibili alle misure di sostegno
al reddito, fino a ricomprendere le imprese al di sotto dei 15 dipendenti, la possibilità di coprire settori
produttivi non precedentemente contemplati e la deroga alla predisposizione dei piani di risanamento
altrimenti richiesti a termine di legge12. Questo percorso, come si avrà modo di ricordare anche nella terza
Sezione, ha indubbiamente contribuito a spostare l’asse delle misure disponibili sempre più in direzione di
una effettiva integrazione tra interventi attivi e passivi, e rendendo quindi ancora più attuale il dibattito in
merito alla capacità e agli strumenti organizzativi effettivamente in possesso degli SPI per svolgere il ruolo
chiave da più parti richiesto loro.
Prima di introdurre la trattazione su questi aspetti, che occupa la seconda Sezione del volume, è opportuno
peraltro inquadrare brevemente il processo ei trasformazione dei Servizi nel più ampio ambito della
Strategia europea per l’occupazione (Seo), essendo quest’ultima il principale fattore riorganizzatore delle
politiche del lavoro e della formazione degli Stati membri dell’ultimo decennio. A riguardo è infatti
opportuno ricordare che l’Unione europea, nel tempo, ha assunto un ruolo sempre più significativo nella
definizione del policy mix promosso dai paesi membri. Si è passati da un primo periodo (1998‐2002) in cui
gli obiettivi principali erano il rafforzamento dell’occupabilità e la prevenzione del rischio di disoccupazione
di alcune categorie svantaggiate, ad un secondo in cui ci si è concentrati sul miglioramento del capitale
umano e sul sostenere le imprese e i lavoratori ad affrontare le pressioni date dai cambiamenti che il
contesto economico e il mercato richiedevano.
In una recente pubblicazione a cura dell’Area Analisi e valutazione delle politiche del lavoro dell’Isfol
vengono messi in luce gli effetti che la Strategia europea per l’occupazione ha avuto sulle politiche attive
del lavoro in Italia. Gli autori sono partiti dall’ipotesi che: “la Seo non abbia avuto un impatto occupazionale
11 Nell’agosto 2007 il Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche Sociali ha deciso di progettare azioni finalizzate al
reinserimento di lavoratori svantaggiati, intendendo proseguire e consolidare l’applicazione del modello già sperimentato
nell’ambito del progetto Pari. Il Programma risponde all’esigenza di supportare l’attuazione delle principali direttrici di azione in
ambito di politiche del lavoro, indicate nei principali documenti di programmazione europea e nazionale. Per informazioni si
veda:www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/AmmortizzatoriSociali/Incentivazione_Reinserimento/PariProgrammaAzionirei
mpiegolavoratorisvantaggiati.htm, oppure www.italialavoro.it/wps/portal/pari.
12 Così nel Decreto Ministeriale 46863 del giugno 2009.
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
21
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
22
significativo, ma piuttosto sia intervenuta a sostenere il processo di riforma già avviato e a rafforzare il
sistema di intervento sul mercato del lavoro italiano, avvicinandolo a quello degli altri paesi europei”
(Grasseni M., Origo F., Samek M., 2008). In effetti, è tra la fine degli anni novanta ed i primi anni del 2000
che il sistema Italia apporta le principali modifiche alle politiche gestionali adottate nei confronti del
mercato del lavoro: Legge Bassanini e Legge Treu (1997) e Legge Biagi (2003) che ampliano le tipologie di
forme contrattuali e il loro uso, liberalizzano i Servizi per l’impiego; la Legge n. 388 del 2000 e la Riforma
Moratti (2003) che modificano il sistema dell’istruzione e della formazione professionale; la Legge n. 68 del
1999 che mira al collocamento mirato dei disabili.
A sostegno della loro ipotesi hanno confrontato i caratteri delle politiche del lavoro italiane e dei loro
beneficiari con quelle degli altri paesi per verificare se nell’arco di tempo studiato ci fosse stato un
avvicinamento della spesa pubblica italiana a quella della media europea. Come si evince dalla tabella 3 la
ripartizione della spesa per categorie di intervento ci fornisce un quadro della strategia italiana diverso da
quello degli altri paesi. L’Italia ha concentrato la gran parte delle sue risorse nel sostegno all’occupazione
giovanile, anche se nell’ultimo periodo considerato (1996‐2002) c’è stato un ridimensionamento. Lievi
incrementi si sono registrati nella spesa per i Servizi per l’impiego e la formazione restando
significativamente indietro rispetto agli altri Paesi. La spesa per gli incentivi all’occupazione ha segnato un
notevole incremento nell’ultimo periodo, mentre non ci sono dati disponibili per la spesa legata
all’inserimento lavorativo dei disabili.
È soprattutto grazie all'utilizzo del Fondo sociale europeo (Fse) che la Seo ha apportato miglioramenti
nell'ambito delle politiche del lavoro, sopratutto nei confronti di soggetti con difficoltà di inserimento
occupazionale. Miglioramenti, però, che non preludono ad un vero e proprio mutamento di strategia di
intervento nel mercato del lavoro italiano, ancora caratterizzato dalla strenua protezione del posto di
lavoro,da una scarsa incentivazione alla ricerca e alla mobilità e dalla facilitazione all'uscita dal sistema
produttivo. L'impatto delle politiche attive è legato alla capacità di far incontrare le esigenze della domanda
con quelle dell'offerta, per questo gli effetti positivi si sono riscontrati soprattutto nelle regioni del Centro‐
Nord, più dinamiche rispetto a quelle del Meridione.
L'Italia, con il nuovo Programma Nazionale di Riforma 2008‐201013, sta portando avanti il suo processo di
allineamento e avvicinamento agli obiettivi posti dalla Commissione esplicitati nelle linee di orientamento
per la crescita e l'occupazione nel periodo 2005‐200814.
13 Dipartimento Politiche comunitarie Presidenza del Consiglio dei Ministri, Programma Nazionale di Riforma 2008‐2010.
Strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, www.politichecomunitarie.it/attivita/16214/programma‐nazionale‐di‐
riforma‐2008‐2010
14 Linee di orientamento per le politiche dell'occupazione (2005‐2008),
http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/community_employment_policies/c11323_it.htm.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
23
Tabella 3 ‐ Composizione della spesa per le politiche attive del lavoro (in percentuale della spesa totale per le Pal)
Paese Servizi impiego Formazione Misure giovani Incentivi occup. Misure disabili
1985‐
1989
1990‐
1995
1996‐
2002
1985‐
1989
1990‐
1995
1996‐
2002
1985‐
1989
1990‐
1995
1996‐
2002
1985‐
1989
1990‐
1995
1996‐
2002
1985‐
1989
1990‐
1995
1996‐
2002
Svezia 12,4 9,5 18,0 27,4 29,8 22,3 6,6 6,4 1,3 13,8 23,7 26,5 39,8 30,6 32
Francia 16,6 12,9 12,7 39,2 34,6 22,2 30,2 23,9 26,6 7,2 21,6 32,0 6,7 7,0 6,5
Germania 23,3 16,5 17,9 28,9 34,0 28,0 5,0 4,0 6,3 20,6 28,0 26,0 22,2 17,6 21,8
Regno
Unito 22,6 37,4 39,6 14,8 26,8 14,5 32,4 26,6 36,3 26,4 4,6 4,3 3,8 4,6 5,4
Spagna n.d. 16,3 11,1 n.d. 20,3 25,8 n.d. 13,5 9,2 n.d. 48,4 50,5 n.d. 1,6 3,5
media 5
paesi 18,7 18,5 19,9 27,6 29,1 22,6 18,6 14,9 15,9 17,0 25,3 27,9 18,1 12,3 13,8
Italia 10,8 3,3 5,2 3,3 1,1 8,9 75,0 49,4 33,2 10,8 46,2 52,6 0 0 0
indice
convergenza 0,57677 0,17819 0,26183 0,11967 0,04 0,3945 4,04 3,32 2,08 0,64 1,83 1,89
Fonte: elaborazione Isfol su dati Oecd
Nella Relazione alla Camera dei Deputati sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea15 vengono
richiamate le raccomandazioni della Commissione riguardanti i settori di intervento del PNR che
necessitano di essere implementati in maniera prioritaria: sostenibilità delle finanze pubbliche, dove
occorre intensificare gli sforzi e completare la riforma delle pensioni; maggiore concorrenza nei mercati dei
prodotti e dei servizi; intensificazione della lotta contro le disparità regionali in termini di occupazione;
miglioramento dell'istruzione e della formazione continua; potenziamento delle strutture per l'infanzia
onde conciliare vita familiare e vita professionale; incentivazione dell'occupazione femminile e di quella dei
lavoratori anziani.
La tesi intorno alla quale prenderanno forma le iniziative istituzionali nel triennio 2008‐2010 è che una
società attiva è insieme più competitiva, perché caratterizzata da un’alta dotazione di capitale umano, ma
anche più giusta e inclusiva, perché capace di connettersi e costruire solide relazioni sociali. Il Governo
intende declinare integralmente questi principi, peraltro già presenti nella legge Biagi del 2003. È, infatti, ha
programmato l’esercizio delle deleghe in materia di ammortizzatori sociali, Servizi per l’impiego, contratto
di apprendistato e riordino degli incentivi. Occorre, inoltre, considerare gli interventi regionali in tema di
flessibilità e sicurezza del lavoro, finalizzati in particolare: all’attivazione di interventi nell’area del lavoro
flessibile, nell’ambito del sistema regionale dei Servizi per l’impiego, con particolare riferimento alle
competenze professionali dei lavoratori atipici; alla stabilizzazione occupazionale e alla promozione della
regolarità del lavoro. In tale contesto, si prevede l’introduzione di forme basilari di tutela quali: sostegno
all’attivazione di forme previdenziali integrative; promozione di strumenti che facilitino l’accesso al credito
presso il sistema bancario; concessione di assegni formativi (voucher).
15 Camera dei Deputati, Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2008), Doc. LXXXVII n. 2, 21 maggio
2009. Presentata dal Ministro per le politiche europee Ronchi.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
SEZIONE II
L’impegno dei Servizi per l’impiego per
fronteggiare le situazioni di crisi
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
24
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
25
5. Gli interventi regionali e il ruolo dei Servizi per l’impiego
L’evoluzione peculiare dei mercati locali del lavoro, dopo il superamento del modello fordista, ha
contribuito a diversificare marcatamente le caratteristiche di maggiore o minore selettività di questi stessi
mercati, nei riguardi di specifiche componenti della forza lavoro (giovani, donne, anziani, disabili ecc.).
Stante questo assetto, il manifestarsi ciclico delle crisi aziendali o settoriali ha comportato il manifestarsi e
consolidarsi di diversi modelli sociali di lavoratore in crisi/disoccupato, a seconda che i sistemi produttivi
locali ed i territori che li ospitavano risultavano in grado di offrire percorsi praticabili di reingresso, ovvero
risultavano esposti a dinamiche di deindustrializzazione troppo repentine per consentire un efficace
ricollocamento della forza lavoro, magari nell’ambito del terziario emergente.
Calati appieno in questa realtà in rapida evoluzione, i Servizi per l’impiego decentrati hanno misurato anche
in anni recenti la propria capacità di intervento, utilizzando gli strumenti messi a loro disposizione dalla
programmazione regionale e provinciale. In questo paragrafo si intende offrire una panoramica delle azioni
specifiche promosse dalle Amministrazioni regionali, provinciali e dagli SPI per far fronte alle situazioni di
crisi occupazionale nel territorio. I contenuti sono desunti dall’Indagine Isfol censuaria sui Servizi per
l’impiego ‐ annualità 2008 – da ricerche documentali e da approfondimenti condotti sui siti web ufficiali di
Regioni, Province, Assessorati al lavoro e Osservatori al gennaio 2009.
Data la delicatezza della situazione occorre sottolineare che sia la somministrazione dei questionari che
l’aggiornamento di buona parte dei siti web è precedente al conclamarsi della crisi economica in corso,
manifestatasi dall’ultimo quadrimestre del 2008 e ad oggi in piena evoluzione. Le risultanze qui esposte sono
dunque relative ad una situazione precedente, che mostrava sì una situazione di difficoltà anche spinta in
alcune aree, in particolare in alcuni settori e distretti industriali, ma non al livello dell’attuale. Per verificare la
consistenza delle risposte che Amministrazioni e Servizi per l’impiego porranno in opera per arginare e
contrastare quanto si sta verificando al momento in ambito occupazionale, sarà necessario attendere la
prossima rilevazione di indagine ed ulteriori aggiornamenti da parte delle strutture preposte.
Appare anche opportuno specificare che ‐ non ritenendo utile in questo contesto fare un raffronto tra le
diverse politiche locali ‐ i contenuti qui presentati hanno un semplice carattere espositivo, sono quindi
proposti per Regione e in raggruppamenti per macroaree: Nord, Centro e Sud Italia.
5.1. Interventi dell’area settentrionale
La Regione Emilia Romagna demanda gli interventi e le azioni specifiche connesse all’attivazione di misure
di politica attiva del lavoro alle Province, nell’ambito dell’attività dei Servizi per l’impiego. Il Servizio lavoro
regionale si occupa invece delle procedure per l’accesso alle liste di mobilità, ossia della formazione delle
liste di mobilità ai sensi dell'art. 6 della Legge n. 223 del 1991 e dei pareri sulla concessione del trattamento
straordinario di integrazione salariale ai sensi della medesima normativa.
A livello locale la Provincia di Modena ha promosso in via sperimentale, nel corso del biennio 2006‐2007,
un intervento di supporto al reinserimento lavorativo rivolto a donne e uomini in età adulta in stato di
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
26
disoccupazione e in mobilità, anche appartenenti a gruppi sociali svantaggiati16. Alle origini del progetto la
constatazione di un incremento del fenomeno di disoccupazione di lunga durata, soprattutto nelle aree di
Carpi (per il tessile) e Mirandola, dove diversi processi di ristrutturazione hanno ampliato il ricorso alla
mobilità generando fenomeni di disoccupazione, soprattutto tra fasce di popolazione con minori
opportunità di reimpiego. L’erogazione del servizio ha previsto due fronti di attività: verso i lavoratori e
verso le imprese17 ed ha promosso un’azione specificamente messa a bando dal Servizio Formazione
Professionale, che ha consentito ad alcune partecipanti donne di essere coinvolte in azioni formative
progettate ad hoc ed avviate in tempi brevi per il potenziamento delle competenze di base o professionali
necessarie al rafforzamento dell’occupabilità o all’inserimento in specifici posti di lavoro.
Rispetto ai percettori di ammortizzatori sociali, la Provincia di Rimini ha promosso ed istituito un Fondo
Provinciale per lavoratori licenziati e inseriti nelle liste di mobilità, composto da risorse pubbliche derivanti
dal proprio bilancio e da quello dei Comuni del territorio che hanno aderito all’iniziativa mediante una
convenzione. L’intervento è stato denominato Progetto Solida (vedi anche par. 5.2).
Dal maggio 2006 al 31 dicembre 2007 la Regione Friuli Venezia Giulia ha realizzato un’iniziativa finalizzata a
fronteggiare le situazioni di crisi occupazionale nel territorio. Il progetto (finanziato dal Pon Obiettivo 3 Asse
D misura D1) aveva come obiettivo quello di creare un sistema di accompagnamento dei lavoratori nella
fase della perdita del posto di lavoro, offrendo una serie di servizi integrati per il sostegno al reinserimento
lavorativo. Beneficiari dell’intervento sono stati i lavoratori coinvolti nelle crisi occupazionali del territorio
regionale previste dal bando di assegnazione o dichiarate tali dall’Amministrazione regionale ai sensi della
L. R. n. 18 del 200518. Per ciascuna situazione di crisi è stato predisposto un Piano di gestione della
situazione di grave difficoltà occupazionale che l’Agenzia regionale del lavoro e della formazione
professionale ha avuto il compito di monitorare e seguire nelle sue fasi di avanzamento. I lavoratori sono
stati seguiti sia per quello che riguarda la possibilità di accesso agli strumenti di sostegno al reddito, sia nel
16 I destinatari sono rappresentati da: donne in mobilità e/o in reinserimento lavorativo dopo un prolungata assenza dal mercato
del lavoro; adulti in stato di disoccupazione a bassa scolarità e/o bassa qualificazione, coinvolti in processi di riconversione e
ristrutturazione produttiva quindi adulti che rischiano l’espulsione dal mercato del lavoro in età avanzata; disoccupati o
inoccupati di lunga durata; persone che rientrano nell’area del disagio non certificato, nonché tutti i soggetti che per varie
motivazioni necessitano di un sostegno specifico per l’ingresso o il reingresso nel mercato del lavoro (cittadini extracomunitari;
nomadi e persone appartenenti a minoranze etniche, ex detenuti, tossicodipendenti in fase di reinserimento, persone
inquadrabili nei fenomeni di nuova povertà, ecc).
17 Ai lavoratori è stato offerto un servizio articolato comprendente: diagnosi delle competenze; rafforzamento delle capacità di
autopromozione nel mondo del lavoro; definizione e realizzazione di un progetto individuale di inserimento lavorativo;
promozione dei loro CV al sistema locale delle imprese. Nei confronti delle imprese, il progetto si è attivato nella ricerca di
opportunità di lavoro. Alle aziende interessate è stato offerto un book anonimo di candidati, come opportunità da prendere in
considerazione nelle fasi di selezione del personale; il book, grazie ai colloqui svolti con gli utenti, ha offerto informazioni più
specifiche e mirate rispetto ai CV o alle schede di norma utilizzate per la preselezione o l’incontro fra domanda e offerta di
lavoro presso i Cpi.
18 A fine 2006 sono state individuate otto crisi a cui corrispondono otto Piani di gestione delle situazioni di grave difficoltà
occupazionale; a questo momento sono stati deliberati dalla Giunta regionale i seguenti Piani di gestione delle situazioni di
grave difficoltà occupazionale: Piano del settore tessile regionale approvato con DGR 2281/2006; Piano del distretto della sedia
(DGR 2468/2006); Piano della metalmeccanica nella Provincia di Gorizia (DGR 2851/2006); Piano del Sanvitese (DGR
2891/2006); Piano della metalmeccanica nella Provincia di Trieste (DGR 2913/2006); Piano del commercio nelle zone di confine
(DGR 3024/2006); Piano del settore dell'elettronica regionale (DGR 3105/2006); Piano delle imprese dei territori montani (DGR
3264/2006).
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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loro percorso di orientamento ‐ qualificazione /riqualificazione professionale e di inserimento lavorativo.
L’azione di tutela al reddito è stata principalmente svolta dalla Regione con la gestione di procedure che
hanno portato al riconoscimento dello stato di crisi ed alla conseguente erogazione dei benefici della Cigs.
Riguardo ai percorsi formativi e di accompagnamento‐reinserimento, i lavoratori sono stati coinvolti,
nell’ambito di “Progetti speciali”, in corsi di qualificazione/riqualificazione professionale o percorsi di work
experience, anche assistiti da voucher formativi o da sussidi per la frequenza (Progetto Restart, Bando
Multimisura, Progetto Pari) (vedi anche par. 5.3). Tutti questi percorsi sono stati modulati tenendo presente le
caratteristiche del lavoratore e le sue precedenti esperienze professionali, ma anche l’effettiva e concreta
possibilità di occupazione riscontrabile sul mercato, in aziende in fase di espansione produttiva sul territorio19.
In Liguria, in occasione di alcune situazioni di crisi industriali che hanno portato al licenziamento di
lavoratori con conseguente collocazione nelle liste di mobilità, i Servizi per l’impiego delle quattro province
hanno avviato azioni per la loro ricollocazione affidandosi a società specializzate in outplacement,
presentando appositi progetti finanziati dalla Regione con risorse a valere sul Fondo per l'occupazione20.
In ambito locale, la Provincia di Imperia si pone come soggetto attuatore del Progetto Pari per reinserire nel
mercato del lavoro soggetti svantaggiati, tra cui gli iscritti nelle liste di mobilità, mentre la Provincia di
Savona ha varato il Progetto Life (Lavoratori Indotto Ferrania) per i percettori di ammortizzatori sociali
delle aziende di settore in crisi. Il progetto, che ha goduto di un finanziamento regionale, ha previsto azioni
di accompagnamento al lavoro e voucher formativi alle persone uscite per l’appunto dalla Ferrania.
In base all’Accordo con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (18 marzo 2008) alla Regione
Lombardia sono stati destinati 15 milioni di euro per la concessione o proroga di trattamenti di Cigs, di
mobilità, di disoccupazione speciale ai lavoratori delle imprese ubicate nella Regione che non possono
ricorrere agli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa a regime. Per le aziende fino a 15 dipendenti
sono confermate le procedure di esame ed approvazione attualmente in essere nelle singole Province; a
livello locale verranno individuate le modalità più opportune per coniugare le politiche attive a quelle
passive. Per le imprese con più di 15 dipendenti e per quelle che presenteranno domande in deroga le
procedure previste si presentano invece molto più articolate.
Per quanto riguarda il livello provinciale, già dal mese di giugno 2006 la Giunta di Sondrio aveva siglato un
Verbale di accordo territoriale, sottoscritto dai rappresentanti del Ministero del lavoro, dall’Agenzia
regionale per il lavoro della Lombardia e dai rappresentanti delle categorie imprenditoriali e sindacali, per
la concessione di ammortizzatori sociali in deroga e per la predisposizione di piani straordinari di politiche
19 Per quanto riguarda gli interventi previsti dai progetti speciali, le azioni di formazione, riqualificazione, aggiornamento,
accompagnamento al reinserimento lavorativo dei lavoratori coinvolti nei Piani di gestione delle situazioni di grave difficoltà
occupazionale, sono quelle previste dal Bando Multimisura e dal Progetto Restart. Il Bando Multimisura (Azione 11) prevede
percorsi formativi sostenuti da un'indennità mensile per la partecipazione pari a 640 euro, finanziati dalla Regione e gestiti dalle
singole Province, attivabili in tempi brevi. Il Progetto Restart invece propone un sistema integrato di servizi di orientamento e
formazione, di ricerca delle opportunità occupazionali e di accompagnamento costante del lavoratore nel reinserimento
lavorativo. Il progetto fa capo alla Regione, ma coinvolge i Centri per l'Impiego, che forniscono tutte le informazioni relative a
lavoratori ed aziende interessate.
20 I progetti hanno riguardato le seguenti aziende e numero di lavoratori: Società S.Lorenzo ‐ Imperia: lavoratori 15; Ex Ceramica
Vaccari ‐ La Spezia: lavoratori 168; Indotto Ferrania Technologies ‐ Savona: lavoratori 30; Anonima Petroli Italiana – Genova:
lavoratori 20; Jabil Circuit Italia Srl ‐ Genova: lavoratori 10; Gruppo Tecnosistemi Spa – Genova: lavoratori 15.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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attive per il lavoro sul territorio, a sostegno del personale coinvolto nelle crisi in atto nei settori tessile,
metalmeccanico, elettrico e agricolo/agroalimentare. Da menzionare anche il riavvio nel gennaio 2008 del
Programma Pari, conclusosi nel periodo precedente a fine settembre 2007.
La Provincia di Bergamo ha promosso diverse iniziative a sostegno dei lavoratori in difficoltà occupazionale,
attraverso misure rivolte alla prevenzione di esuberi di personale e alla realizzazione di progetti di
riqualificazione e accompagnamento al lavoro in caso di ristrutturazioni, riconversioni e crisi aziendali, con
l’erogazione di Cigs e indennità di mobilità. Sono state previste inoltre azioni di studio, ricerca e monitoraggio
volte a rilevare ed analizzare l’andamento del mercato del lavoro. La Provincia ha ricoperto un ruolo di
governance ed i progetti sono il frutto di collaborazioni tra tutti gli attori che operano nel mercato del lavoro
locale (Comuni, Comunità Montane, organizzazioni sindacali ed Associazioni datoriali). Dai tavoli di confronto
sono scaturite diverse misure di politica attiva e i fondi variano in base ai diversi progetti.
I percettori di ammortizzatori sociali assieme agli over 40, gli svantaggiati e i disoccupati di lunga durata
sono stati trattati nel Progetto Pari, mirato a fronteggiare le situazioni di crisi aziendale del comparto
manifatturiero ed articolato in due diverse sezioni:
a. Progetto Valcamonica, Valcavallina e Sebino (finanziato dal Ministero del lavoro) con l'obiettivo di
ricollocare 500 operai fuoriusciti dalle industrie tessili rientranti nel bacino del progetto è stata
assegnata una dote formativa finalizzata all'adeguamento delle competenze ed un sostegno al reddito
per disoccupati senza sussidi, di cui 100 da avviare ad autoimpresa (vedi anche par. 5.2).
b. Programma d’Azione per il Re‐Impiego di lavoratori svantaggiati (finanziato dal Ministero della
Solidarietà Sociale e dal Ministero del Lavoro) iniziato nell’aprile 2005 e conclusosi nel settembre
2007, è stato rivolto alle imprese mediante la previsione di incentivi in caso di assunzione di lavoratori
provenienti da aziende in crisi. E' stata prevista anche l'erogazione di una dote formativa (fino ad un
massimo di 1.000 Euro lordi) per i lavoratori assunti a tempo indeterminato o determinato per almeno
12 mesi. Gli interventi previsti da questo programma sono stati condotti direttamente dalla Provincia
che tramite i Cpi ha proposto servizi di preselezione dei lavoratori, consulenza normativa ed assistenza
all'inserimento in aziende del personale.
Da segnalare anche l’intervento di ricollocazione di 150 lavoratori in Cigs o mobilità, espulsi dal comparto
tessile‐abbigliamento‐moda e finanziato dal Fondo Nazionale per l’occupazione. In collaborazione con una
società privata di outplacement, tra ottobre 2005 e dicembre 2006, sono stati erogati servizi specifici agli
utenti, quali stesura dei curricula, simulazione di colloqui, analisi di annunci, azioni di incrocio domanda e
offerta e di account per l’individuazione di posti lavoro. Il progetto ha rappresentato per la Provincia la
prima sperimentazione della collaborazione tra servizi pubblici e privati.
A sostegno di queste iniziative sono stati svolti studi e ricerche sugli ambiti territoriali maggiormente colpiti
dalle situazioni di crisi del comparto tessile ed è nato l’Osservatorio provinciale del settore tessile,
trasformato, a seguito dell’estensione a tutto il comparto manifatturiero della sperimentazione, in
Osservatorio provinciale degli ammortizzatori sociali in deroga, con compiti di gestione e monitoraggio
degli strumenti previsti dagli accordi stessi. Per favorire lo sviluppo delle misure promozionali al reimpiego,
è stato istituito l’Osservatorio provinciale delle politiche attive del lavoro e per rendere tali misure efficaci e
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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mirate è stato istituito anche l’Osservatorio Provinciale del mercato del lavoro (gestito in collaborazione
con l'Università di Bergamo e con un Comitato scientifico composto da tutti gli attori che operano nei vari
ambiti del mercato del lavoro locale) per individuare i fabbisogni formativi e professionali delle imprese del
settore terziario che operano sul territorio provinciale.
Anche la Provincia di Mantova promuove interventi di programmazione relativi ai percettori di
ammortizzatori sociali e interventi sulle situazioni di crisi aziendale; i fondi utilizzati sono del Fse. I Servizi
per l’impiego in questi casi hanno la funzione di monitoraggio della realtà e di valutazione dei progetti che
possono essere attuati.
La Provincia di Lodi oltre alla gestione degli ammortizzatori sociali in deroga (target donne, over 50,
percettori di ammortizzatori sociali) e alla ricollocazione dei lavoratori fuoriusciti dalle crisi aziendali, con
particolare riferimento al genere femminile, attua la programmazione e la progettazione territoriale degli
interventi e in alcuni casi anche la gestione dei progetti.
Anche in Piemonte come in molte altre regioni sono stati aperti sportelli di welfare to work grazie al
programma Pari. I designatari degli interventi nella regione provengono essenzialmente da aziende in stato
di cessazione o sono lavoratori in Cigs in deroga o over 45.
Altro progetto finalizzato a prevenire situazioni di emarginazione di lavoratori, conseguenti ai processi di
riorganizzazione delle aziende tessili e meccano‐tessili del distretto biellese e ad intervenire sulle criticità
già in essere è L3 – Life Long Learning Club. Gli interventi si sono esplicitati a vari livelli: sul sistema
pubblico e formativo del territorio; sulle imprese per promuovere la valorizzazione delle risorse umane;
sulle fasce di lavoratori a rischio per fornire servizi innovativi di orientamento, formazione e ricollocazione
(vedi anche par. 6.3).
In quanto al livello locale, la Provincia di Torino ha realizzato con finanziamenti Fse attraverso il Por/ob.3 il
Progetto COR ‐ 1 euro per abitante (edizione 2005/06), per la ricollocazione dei lavoratori provenienti da
aziende in crisi, in particolare quelle dell’indotto Fiat. Mentre la Provincia ha finanziato le attività, i Comuni
coinvolti hanno finanziato il sostegno al reddito attraverso l’autotassazione di un euro, appunto, per cittadino.
La Provincia di Novara ha appaltato un servizio di ricollocazione per 800 lavoratori, percettori di
ammortizzatori sociali provenienti prevalentemente da aziende in crisi che hanno stipulato accordi con la
Provincia. E’ stata preparata una graduatoria delle persone interessate che hanno presentato domanda; le
prescelte sono state intervistate dagli operatori ed è stato definito un percorso di reinserimento lavorativo
tramite tirocinio oppure, ove possibile, attraverso un contratto a tempo determinato.
Nell’area di Cuneo in caso di crisi la Provincia apre in genere un tavolo politico utile all’individuazione delle
possibili piste per far fronte alla ricollocazione dei lavoratori in esubero. Mediante un catalogo aperto di
fornitori di servizi di outplacement vengono esplicate procedure ristrette e negoziate; il soggetto attuatore
propone un pacchetto di servizi adattato alle esigenze dei lavoratori e prevede interventi più o meno
consistenti. La Provincia ha stipulato anche un accordo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, la
Brebanca e l'Inps, relativo agli anticipi della cassa integrazione ai lavoratori.
Nella Provincia di Biella i progetti di ricollocazione per i percettori di ammortizzatori sociali sono finanziati
da fondi regionali e coordinati dagli operatori dei Servizi e dei Centri per l’impiego. Le attività consistono
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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generalmente nell’analisi delle competenze, nel sostegno nella ricerca del lavoro e nella ricollocazione.
Nell’ambito di questa ultima vengono messe in atto azioni di orientamento, sostegno e matching dei
lavoratori espulsi che aderiscono al progetto.
La Provincia di Alessandria è tra quelle che riguardo al target “percettori di ammortizzatori sociali”
aderisce al Progetto Pari.
Il Piano triennale di politica del lavoro 2004‐2006 della Regione Valle D’Aosta, prorogato per il 2007 e
nuovamente prorogato per il 2008, pone due specifici obiettivi al contrasto della carenza di lavoro,
promuovendo l’assunzione di lavoratori anziani per favorire il raggiungimento dei requisiti per la pensione e
al contrasto della perdita di posti di lavoro in caso di crisi aziendali settoriali, promuovendo e sostenendo
percorsi integrati finalizzati al reinserimento lavorativo. Sono stati ammessi alle nuove iniziative i lavoratori
residenti nella regione a cui manchino da uno a tre anni di contribuzione previdenziale per raggiungere la
pensione di anzianità o di vecchiaia ‐ oppure da uno a tre anni per raggiungere il requisito dell’età
pensionabile21‐ e gli appartenenti alle seguenti categorie: qualsiasi persona inserita nelle liste di mobilità;
qualsiasi persona posta in Cassa integrazione guadagni straordinaria; qualsiasi persona in procinto di
perdere il posto di lavoro a seguito di crisi aziendale dichiarata. In questo caso si intende un lavoratore
proveniente da un’azienda per la quale sia stato stipulato un verbale di esame congiunto tra organizzazioni
sindacali dei lavoratori e datoriali, che attesti lo stato di crisi ai fini dell’utilizzo della Cigs o della
collocazione nelle liste di mobilità dei lavoratori eccedentari. La Regione si occupa anche della promozione
di attività mirate alla ricollocazione quali orientamento e formazione breve.
La Giunta Regionale della Regione Veneto, con il DGR n. 3702 del 21 ottobre 2008, ha adottato interventi
di politica attiva del lavoro particolarmente mirati e di breve durata al fine di affrontare particolari
situazioni di tensione a livello settoriale o locale. Sono state proposte a riguardo azioni di ricollocazione,
orientamento e formazione, per accelerare il reingresso nel mercato del lavoro di lavoratori dipendenti o
ex dipendenti che risultino in esubero a seguito di processi di riorganizzazione aziendale, licenziati, posti in
Cigs o in mobilità da aziende che versino in grave situazione di crisi.
I progetti relativi devono fare riferimento ad aziende del Veneto che determinano effetti occupazionali
rilevanti nell'Area di riferimento e coinvolgono un numero consistente di lavoratori/lavoratrici in procedure
di riduzione di personale; devono promuovere azioni di pari opportunità tra uomini e donne; avere
carattere d’urgenza debitamente documentata. Gli interventi ‐ che non possono eccedere i 12 mesi ‐
devono prevedere pacchetti personalizzati per il rientro al lavoro composti da azioni di natura orientativa
e/o formativa quali: analisi del contesto; attività di orientamento individualizzato e collettivo (rilevazione
delle esperienze pregresse dei partecipanti, analisi delle spendibilità professionali, definizione di progetti
professionali, sostegno alla transizione, tecniche di ricerca del lavoro); attività formativa; attività di
21 L’assunzione deve essere effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato oppure a tempo determinato fino al
raggiungimento del requisito valido ai fini pensionistici. Ai fini dell’ammissione ai benefici, pertanto, il datore di lavoro non deve
avere effettuato licenziamenti di personale appartenente alla stessa qualifica professionale o avente analoghe mansioni del
lavoratore oggetto della richiesta di finanziamento. La misura prevede degli incentivi economici. L’intervento finanziario ha una
durata minima di un anno e massima di tre anni e viene erogato in rate annuali posticipate. L’incentivo prevede un rimborso
pari al 50% del costo del lavoro lordo aziendale per un anno di effettivo lavoro, al 25% annuo nel caso di due anni di effettivo
lavoro ed al 16,7% annuo nel caso di tre anni di effettivo lavoro.
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accompagnamento e supporto all’inserimento lavorativo (proposte di inserimento lavorativo, supporto al
processo di selezione, ricollocazione); verifica e monitoraggio.
A livello locale, la Provincia di Venezia, congiuntamente alla Camera di Commercio e a Confindustria
Venezia, ha deliberato (feb. 2009) lo stanziamento di 500mila euro da riservare per un fondo di sostegno
alle aziende e ai lavoratori. Anche i Servizi per l’impiego dell’area di Treviso hanno realizzato un fondo per
l’occupazione destinato a percettori di misure come la mobilità e la disoccupazione, finalizzato alla
realizzazione di tirocini, stage e formazione in azienda.
A Padova la Provincia si è fatta promotrice di progetti di outplacement, realizzati per specifiche crisi
aziendali che hanno colpito il mercato del lavoro locale. Le attività proposte in questo ambito, anche con la
collaborazione dei Centri per l’impiego del territorio, sono state: colloquio di orientamento a tutti i
percettori di ammortizzatori sociali delle aziende interessate; sottoscrizione del Piano da Azione Individuale
(Pai); formazione realizzata da un soggetto partner su argomenti quali tecniche di redazione del curriculum
e presentazione al colloquio di lavoro; accompagnamento alla ricerca attiva di occupazione. I fondi utilizzati
sono di natura provinciale e talvolta regionale. Riguardo ai target dei disoccupati di lunga durata e
percettori di ammortizzatori sociali, gli Spi hanno aderito al Programma Pari.
I Servizi per l’impiego della Provincia di Rovigo hanno elaborato un progetto di outplacement in
partenariato con Uninpiego e Agenzia di Confindustria per i percettori di ammortizzatori sociali. Il progetto,
approvato e finanziato dalla Regione ha riguardato inizialmente 30 lavoratori per i quali è stata prevista una
fase di formazione ed orientamento (sia collettivo che individuale) seguita da una settimana di
accompagnamento in azienda. Da segnalare anche un progetto finanziato dal Fondo sociale europeo
(scadenza febbraio 2009) per favorire il reinserimento lavorativo di 70 donne disoccupate, in lista di
mobilità, domiciliate nella provincia. Gli Spi hanno anche partecipato, quali soggetti attuatori, al
programma Pari.
5.2. Interventi dell’area centrale
Nelle situazioni di crisi i Servizi per l’impiego del Lazio gestiscono essenzialmente il Progetto Pari; un’analisi
della situazione viene svolta direttamente dalla Regione o da Sviluppo Lazio22, mentre per lo sviluppo dei
Piani di Impresa la struttura coinvolta è Bic Lazio23. La Regione è intervenuta più volte nell’ambito della crisi
industriale, come nel caso della Ericson, con una serie di azioni per la promozione e la gestione degli
ammortizzatori erogati dal Ministero del lavoro, o nel processo di prevenzione della disoccupazione
22 È la società costituita da Regione Lazio, Camera di Commercio I.A.A. Roma, Unione Regionale C.C.I.A.A. del Lazio. L'attività di
Sviluppo Lazio promuove la cultura d'impresa, sostiene programmi di sviluppo territoriale e partecipa a progetti d'investimento
nelle infrastrutture. Opera inoltre per l'acquisizione e l'ottimizzazione di risorse finanziarie comunitarie, nazionali e private,
favorendo l'internazionalizzazione del sistema economico regionale e gli interscambi commerciali con l'estero.
23 Bic Lazio spa (Business Innovation Centre), agenzia di diffusione della cultura d’impresa e sostegno allo start up aziendale, fa
parte della rete delle Agenzie regionali di sviluppo, ha l'obiettivo di stimolare e promuovere la nascita di nuove imprese,
favorire lo sviluppo e il consolidamento delle neoimprese nella fase di decollo, diffondere sul territorio la cultura d'impresa,
mettere a disposizione della Regione e degli Enti pubblici locali il know how manageriale e tecnico per favorire le capacità di
progettazione con particolare riferimento alla partecipazione a programmi e progetti dell'Ue, nel campo dello sviluppo locale e
della promozione dell'offerta imprenditoriale.
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nell’area di Latina, favorendo l'incontro tra la domanda di manodopera specializzata necessaria alle aziende
farmaceutiche e l’offerta di manodopera formata da lavoratori in mobilità.
Altri interventi hanno riguardato lo sviluppo e il sostegno dell'indotto Fiat di Piedimonte S. Germano ‐ in
collaborazione con Bic Lazio, Unionfidi Lazio ‐ nell´ambito di una convenzione firmata con l´Assessorato
Piccola e Media Impresa, Commercio e Artigianato della Regione, per l’attivazione di servizi e agevolazioni
finanziarie alle imprese, aventi sede operativa nella Provincia di Frosinone, in quanto sistema delle aree
interessate dalla crisi.
Da segnalare anche il Progetto integrato per il rilancio e lo sviluppo del Distretto dell'Abbigliamento della
Valle del Liri finalizzato a promuovere e sostenere la posizione competitiva delle Pmi del distretto,
mettendo a loro disposizione un sistema integrato di servizi, di agevolazioni e di interventi infrastrutturali
capaci di contribuire allo sviluppo qualitativo delle produzioni, all'affermarsi di progetti a marchio proprio,
all'attivazione di processi di collaborazione tra imprese.
A livello territoriale, la Provincia di Frosinone, riguardo alle attività a favore del reinserimento lavorativo dei
lavoratori che percepivano l’indennità di mobilità o i trattamenti di Cigs, ha attivato Gruppi Territoriali Operativi
composti da un operatore di Italia Lavoro e da alcuni operatori dei Centri per l’impiego. Questi ultimi si sono
occupati delle funzioni relative alle decisioni prese nell’ambito del Tavolo Provinciale con le parti sociali previsto
dal Programma Pari. I servizi hanno carattere sperimentale fino alla conclusione del Programma.
Nelle Marche, in caso di crisi aziendali importanti interviene la Regione unitamente alle Province e ai Centri
per l’impiego. I Spi mettono a disposizione tutti gli strumenti utilizzabili, in particolare la formazione veloce,
ovverosia un corso di riqualificazione immediato per la collocazione in una diversa impresa con una linea di
produzione simile a quella di provenienza.
A livello locale, sia la Provincia di Pesaro‐Urbino che la Provincia di Macerata aderiscono al Progetto Pari ‐
per percettori di ammortizzatori sociali‐ con voucher e progetti di reinserimento.
In Toscana sono stati realizzati interventi di politica attiva, nell’ambito delle attività di outplacement,
riguardanti l’orientamento specifico con la valutazione delle competenze, e di formazione professionale per
la riqualificazione, oltre alle misure di sostegno al reddito. Alla Regione è riservato il ruolo di supporto alle
Province come soggetto finanziatore, con lo stanziamento di un fondo finanziario destinato a situazioni di
particolare crisi. La stessa Amministrazione, con la Legge Regionale n. 70 del 2005 art. 46 septies, aveva già
istituito un fondo per finanziare interventi diretti a sostenere la continuità retributiva in favore dei
lavoratori posti in Cassa Integrazione guadagni straordinaria, attivato in conseguenza dei ritardi con i quali
ne viene correntemente assicurata l'erogazione.
Oltre a ciò, l'Assessorato al lavoro si è occupato, in collaborazione con la Direzione regionale del lavoro e
con le Province interessate, delle attività inerenti il monitoraggio ed il coordinamento degli accordi in
deroga previsti in alcuni settori produttivi per aree territoriali omogenee. Tali accordi hanno riguardato in
particolare il settore Tac (tessile‐abbigliamento‐calzaturiero) per il Distretto pratese, per il Circondario
Empolese‐Valdelsa, la Provincia di Pistoia, la Provincia di Arezzo e la Provincia di Pisa. Per quanto riguarda il
settore lapideo è stato stipulato un accordo in deroga relativamente alle Province di Massa‐Carrara e Lucca,
mentre la stessa Provincia di Lucca aveva sottoscritto un ulteriore accordo in deroga (2006) relativo al
settore TAC e più recentemente ai settori tessile e orafo.
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La Regione Toscana garantisce inoltre un sussidio una tantum di 1.650 euro (da un fondo di 5 milioni di
euro) ad atipici e lavoratori, anche a tempo determinato, che hanno perso l'impiego da almeno 3 mesi: la
misura è straordinaria e valevole, al momento, solo per il 2009. La giunta ha poi deciso che, grazie sempre
al medesimo fondo, chi ha perso il posto di lavoro (compreso chi già usufruisce della cassa integrazione) ed
è beneficiario di un mutuo prima casa, potrà contare su un ulteriore aiuto di 1.650 euro per pagarne le rate.
In quanto alle Province, Massa Carrara, con l'ausilio dei Cpi, si è occupata del recupero e la ricollocazione di
soggetti in mobilità, cassa integrazione ed esubero da aziende in crisi attraverso l’utilizzo dei fondi Fse
(Equal 2) oltre che di Fondi ministeriali e regionali. Il sistema dei Servizi per l’impiego di Massa Carrara
rientra nei programmi nazionali finanziati dal Ministero del lavoro Pari e Ila (carta di credito formativo).
La Provincia di Pistoia, in tema di inserimento professionale delle fasce deboli ‐ in particolare lavoratori in
mobilità ed emigrati ‐ ha realizzato il Progetto obiettivo Risorsa Lavoro nell'ambito del quale sono stati
realizzati:
una Guida utenti per la ricerca attiva del lavoro
un Manuale operatori che lavorano per l'inserimento lavorativo delle fasce deboli nonché un
percorso integrato per la ricollocazione dei soggetti in mobilità
percorsi strutturati per l'inserimento lavorativo delle fasce deboli
un Accordo quadro tra i soggetti istituzionali e le parti economiche e sociali.
L’Amministrazione di Pisa, per i soggetti in mobilità e percettori di ammortizzatori sociali, ha avviato
interventi di riqualificazione professionale e adottato misure di incentivazione per l’assunzione rivolte alle
imprese. Le iniziative sono finanziate da risorse Fse e/o Ministeriali. Il sistema dei Servizi per l’impiego
pisano rientra nel programma Pari, combinando politiche di sostegno al reddito, politiche attive del lavoro
e politiche di sviluppo locale.
Anche la Provincia di Siena ha realizzato progetti di accompagnamento finalizzati all’inserimento lavorativo
dei percettori di ammortizzatori; nello specifico, questi ultimi sono stati coinvolti in programmi di
outplacement comprendenti il bilancio delle competenze, una formazione trasversale e una formazione
professionalizzante (carta Ila). I fondi utilizzati per la realizzazione di tutti i progetti derivano principalmente
da fondi comunitari oltre che regionali e propri (Fondazione Monte dei Paschi di Siena).
La Provincia di Prato ha adottato misure speciali ‐ soprattutto voucher formativi e tirocini – sia per i
disoccupati di lunga durata che per i percettori di ammortizzatori sociali, prevedendo inoltre un’offerta di
formazione alternata a stage. E’ stato anche creato uno “Sportello Emergenze” che si occupa, in particolar
modo, delle vertenze e della ricollocazione dei soggetti coinvolti in crisi aziendali, per i quali vengono
impiegati, in modo integrato, strumenti quali orientamento e counseling, tutoraggio e voucher formativi.
Le azioni sono state finanziate dal Fse e da fondi Ministeriali per quanto riguarda le attività del Servizi per
l’Impiego; l’Amministrazione ha anche presentato, congiuntamente alla Regione, una richiesta di
finanziamento al Feg (Fondo europeo per la globalizzazione), per un progetto rivolto a percettori di
ammortizzatori sociali di cui è partner nel programma.
In Umbria azioni riconducibili alla tipologia in esame erano già presenti nel “Programma annuale 2007”
delle politiche per il lavoro; nel programma, infatti, è prevista una specifica azione che mira ad intervenire
in favore dei lavoratori subordinati o precari delle imprese interessate da situazioni di crisi conclamate o
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34
preannunciate ‐ nelle quali non fosse possibile utilizzare strumenti già esistenti ‐ attraverso forme di
sostegno al reddito, formazione, incentivi all’occupazione ecc. L’azione è stata gestita dalle Amministrazioni
provinciali mediante la costituzione di due task force coordinate da un comitato‐guida regionale, in
raccordo con gli Enti bilaterali di riferimento. Lo scopo principale dell’azione è stata l’integrazione di misure
di politica passiva con azioni di politica attiva volte ad aumentare l’occupabilità dei lavoratori coinvolti in
situazioni di crisi aziendale, attraverso uno strumento agile nella struttura e nelle procedure, in grado di
agire efficacemente e tempestivamente nelle situazioni di maggiore difficoltà e di sperimentare queste
misure anche a favore dei lavoratori precari.
Da segnalare il Progetto Area Terni ‐ Narni ‐ Spoleto, a cura di Sviluppo Umbria24, strumento di
programmazione negoziata a favore delle aree di crisi e all'insediamento di nuove iniziative imprenditoriali.
Il progetto prevede aree industriali disponibili a prezzi competitivi, snellimento delle procedure
autorizzative, migliori condizioni di accesso al credito e canali preferenziali per la formazione professionale.
5.3. Interventi dell’area meridionale
Nell’area meridionale, i Servizi per l’impiego della Regione Abruzzo promuovono generalmente politiche di
ricollocazione nell’ambito del Progetto Pari. Presso la Giunta è stato anche costituito il Comitato di
Intervento per le Crisi Aziendali e di Settore (Cicas) che ha sottoscritto un accordo con il Ministero del
lavoro, congiuntamente a Province, associazioni datoriali e sindacali, che prevede l’integrazione delle
risorse destinate alla Regione al fine dell’estensione degli ammortizzatori in deroga.
Per quanto riguarda il livello locale, Teramo, assieme alle altre Province, partecipa al progetto regionale per
i lavoratori in mobilità relativo all'accordo Tac (tessile, abbigliamento e calzaturiero) stipulato a livello
nazionale. Secondo l’Osservatorio Sociale Regionale, il 92% delle somme complessivamente stanziate dallo
Stato per l'Abruzzo, in seguito al suddetto accordo, sono state utilizzate nella Provincia di Teramo per la
copertura della cassa integrazione guadagni e della mobilità degli addetti di questi settori. L’accordo per il
sostegno ai lavoratori del comparto firmato nel 2005 dal Ministero del lavoro, Regione Abruzzo e Province
permette anche alle imprese artigiane ed a quelle industriali fino a 15 dipendenti la possibilità di ricorrere
agli ammortizzatori sociali altrimenti non utilizzabili. La Provincia, in questo caso, gestisce il reinserimento
dei lavoratori espulsi, le liste di mobilità, raccoglie le domande, media i rapporti tra lavoratori e Inps e
attraverso colloqui individuali mirati, opera un orientamento ai fini di una ricollocazione.
A Pescara prosegue da parte dei Servizi per l’impiego l’adesione al programma Pari che coinvolge sia gli
over 50 che i percettori di ammortizzatori sociali, così come nella Provincia di Chieti dove è prevista
l’erogazione di voucher formativi o di specifici sostegni al reddito. Oltre alle suddette iniziative quest’ultima
amministrazione, attraverso la Misura D1 ‐ A2B (Macroprogetto Adattabilità) comprende interventi per la
salvaguardia dell’occupazione nell’ambito di Pmi in fase di ristrutturazione e/o riorganizzazione. I
24 Sviluppo Umbria, società di promozione territoriale, è stata delegata dalla Regione Umbria a svolgere un ruolo di
coordinamento dei soggetti firmatari del Contratto d'Area ed un'azione di monitoraggio sui progetti in esso inseriti. Funge
inoltre da intermediario con il soggetto istruttore ed il ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica ed ha
compiti di ricerca selezione ed assistenza delle iniziative produttive idonee ad incrementare l'occupazione e lo sviluppo
dell'area.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
35
destinatari sono lavoratori (compresi quelli con contratto atipico o a tempo parziale) e manager occupati
nella Piccola e media industria, con sede operativa nel territorio provinciale.
Nella Regione Molise, secondo quanto dichiarato dagli intervistati nel corso dell’indagine censuaria, non
esistono azioni specifiche alternative alla trattativa per la cassa integrazione o per la mobilità che
l’Amministrazione conduce nell'ambito della concertazione. In questo caso, i Servizi per l’impiego regionali
realizzano azioni di concertazione attraverso le quali disoccupati possono ottenere il riconoscimento del
sussidio. L'azione degli Spi è quindi diretta ad incentivare le parti sociali a prendere conoscenza della
situazione e ad adottare misure tempestive; questo fa sì che tra la dichiarazione dello stato di crisi e il
percepimento delle prime indennità non intercorra un periodo di tempo troppo lungo.
In base a successivi Decreti interministeriali e al Verbale di accordo sottoscritto (13 aprile 2007) tra
Ministero del lavoro e Regione Molise – Assessorato al Lavoro, possono presentare domanda di Cigs e
mobilità in deroga, le imprese e i lavoratori operanti nella regione Molise appartenenti a specifiche
categorie25. Da segnalare la concessione e/o proroga dei trattamenti di Mobilità in scadenza entro il 2007,
per i lavoratori ultraquarantacinquenni inseriti o da inserire in programmi di riqualificazione professionale.
In Basilicata, nella Finanziaria 2008 sono stati previsti contributi per le imprese che avrebbero inteso
allocarsi presso strutture dimesse del sistema produttivo lucano (Dipartimento del sistema produttivo
regionale ‐ Reindustrializzazione dei siti inattivi ‐ DGR n. 148 del 2008).
In quanto alla Calabria, una delle maggiori crisi occupazionali cui la Regione ha dovuto fare fronte è stata la
chiusura definitiva delle fabbriche del settore tessile dell’Alto Tirreno Cosentino. A riguardo sono state
varate azioni specifiche per ampliare le possibilità di mobilità. E’ stato inoltre avviato un Piano di
stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (Lsu) e di quelli di pubblica utilità (Lpu); sono state
stabilizzate, al momento dell’intervista svolta nell’ambito dell’indagine censuaria, 320 unità di lavoratori.
Riguardo alle Province, risulta la partecipazione di Crotone al Progetto Pari, a favore dei lavoratori in Cigs e
mobilità in deroga.
Secondo quanto dichiarato dai funzionari intervistati, nella Regione Campania non sono previste azioni
specifiche promosse dai Servizi per l’impiego per far fronte a situazioni di crisi occupazionale dovuta a
chiusura di stabilimenti industriali nel territorio. Il Ministero ha trasferito alle Regioni la gestione degli
ammortizzatori in deroga, Cassa e Mobilità, i Cpi hanno contribuito alla realizzazione prima del programma
Pari ed oggi sono il soggetto presso il quale ci si rivolgere per ottenere ammortizzatori in deroga o i servizi
del programma Pari. La Giunta Regionale ha però varato nuovi investimenti per un totale di 100 milioni di
euro per aiuti alle imprese per le attività di formazione destinate ai lavoratori in Cigs e Cigo, lavoratori in
mobilità, disoccupati provenienti da bacini di crisi. Ai 22 milioni di euro già stanziati ne sono stati aggiunti
28 per i bandi di febbraio e maggio (utilizzando risorse Fse), per un totale quindi di 50 milioni di euro. Di
questo monte risorse, 10 milioni sono destinati al settore auto. Questo significa, in particolare, che il
25 Gli interventi di Cigs e Mobilità in deroga faranno riferimento ai settori della metalmeccanica (Codici ATECO 2002 DL –
Fabbricazione di macchine elettriche, elettroniche ed ottiche; DM – Fabbricazione di mezzi di trasporto; DJ – Metallurgia,
fabbricazione di prodotti in metallo; DK – Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici), dell’agro‐alimentare (Codice
ATECO 2002 DA – Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco) e del tessile abbigliamento (Codici ATECO 2002 DB –
Industrie tessili e dell’abbigliamento).
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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lavoratori Fiat in cassa integrazione potranno integrare il loro reddito partecipando ad attività formative.
Altri interventi a sostegno delle imprese, in sofferenza per le restrizioni del credito, riguarderanno il
consolidamento del debito a breve; la Regione si ripromette di pubblicare un nuovo bando per incentivi,
senza vincolare questa misura a debiti per progetti di investimento. Altri interventi sul fronte dei rapporti
tra imprese e mercato del credito potranno essere attuati attraverso l’Assessorato alle attività produttive,
accelerando l’aggregazione dei Confidi regionali, migliorando la comunicazione tra banche e imprese e
sostenendo l’avvio di Osservatori dei rapporti tra queste ultime. L’Assessorato curerà anche il
miglioramento dell’accessibilità delle imprese campane agli incentivi e gli interventi a sostegno delle grandi
imprese particolarmente colpite dalla crisi di mercato.
La Giunta Regionale è poi impegnata nella realizzazione di alcuni interventi significativi previsti dalla Legge
Finanziaria Regionale per il 2009, in particolare il Fondo di garanzia dell’importo di 5 milioni di euro
destinato alle piccole e medie imprese del comparto aerospaziale e delle alte tecnologie nonché al Fondo di
programmazione economica e sociale in agricoltura per il quale la Legge Finanziaria regionale ha stanziato 9
milioni di euro per 3 anni.
A livello locale, la Provincia di Benevento attua interventi per i percettori di ammortizzatori sociali
attraverso il Progetto Pari della Regione, partecipando con attività di monitoraggio, di matching tra le
aziende coinvolte e i percettori di ammortizzatori sociali e di inserimento lavorativo.
Anche la Provincia di Napoli partecipa ad iniziative a carattere nazionale tramite il Progetto Pari, con il
ruolo di presa in carico dei soggetti, la redazione del Patto di servizio e dei curricula dei target coinvolti e
con alcune funzioni legate all’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Ad Avellino, ancora in base al
Progetto Pari, è stato recentemente sottoscritto un Patto di servizio con i percettori di sussidio o
sostegno al reddito, per azioni di informazione e di reimpiego.
Con le medesime finalità la Provincia di Salerno aderisce al Programma Pari dal 2006. Nella prima
annualità è stata effettuata una serie di colloqui di orientamento, individuando i soggetti in godimento di
ammortizzatori sociali attraverso un elenco fornito dall'Inps. E' stato attuato un Patto di servizio, dove
entrambe le parti si impegnavano per la ricerca attiva del lavoro, dando luogo anche ad un sostegno al
reddito, pari a 450 euro mensili per 10 mesi. Per tutto il 2007 è stato, inoltre, applicato un percorso di
sostegno per soggetti e lavoratori in uscita dalla mobilità, garantendo a 546 lavoratori un ulteriore
beneficio. Poiché il Tavolo istituzionale napoletano ha valutato poco efficace l'assegnazione del sostegno
al reddito, si è pensato di indirizzare il contributo economico alle aziende per incentivare la domanda di
lavoro; per il 2008 infatti il Programma Pari prevede un bonus occupazionale alle aziende, non ancora
definito.
La Regione Puglia, ancora attraverso il Programma Pari, favorisce il ricollocamento dei lavoratori in
mobilità con un'azione di affiancamento alla ricerca attiva di lavoro e la promozione di processi di
riqualificazione delle competenze professionali. L’Amministrazione ha poi varato un Regolamento
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Regionale per la concessione di Aiuti agli investimenti e allo start up di microimprese di nuova costituzione
realizzate da soggetti svantaggiati (21 novembre 2008, n. 25)26.
Tra le Province, Taranto ha realizzato per gli over 50 e per i percettori di ammortizzatori sociali un “Servizio
vertenze” che funge da mediazione tra lavoratori, aziende e altre istituzioni come l’Ufficio Provinciale del
Lavoro. Il servizio è stato attuato per sanare la situazione del grosso bacino di aziende in crisi, precipitata
con il dissesto del Comune del Capoluogo e dell’Arsenale.
In Sardegna, secondo quanto dichiarato dagli intervistati nel corso dell’indagine censuaria, i Servizi per
l’impiego non hanno ancora promosso azioni per far fronte a situazioni di crisi occupazionale. La Regione ha
però disposto contributi a favore dei circa 200 dipendenti di aziende in crisi27. L'Assessorato regionale del
lavoro ha disposto l'accreditamento delle somme a favore dei lavoratori che, per svariate ragioni, non
avevano potuto fruire nel corso del 2008 delle diverse forme di ammortizzatori sociali. Contemplato
dall'articolo 6 della Finanziaria Regionale, il provvedimento consiste nella erogazione, una tantum, a valere su
fondi regionali, di "interventi di sostegno al reddito di natura straordinaria, destinati ai medesimi soggetti una
sola volta, in relazioni a situazioni di crisi occupazionali acute, nei diversi settori della produzione e dei servizi,
alla cui gestione non si può provvedere con gli strumenti disposti dalla vigente legislazione".
Anche in Sicilia i Servizi pubblici non promuovono politiche specifiche. E’ la struttura Italia Lavoro Sicilia ad
attuare politiche integrate di reimpiego attraverso formazione, sostegno al reddito e accompagnamento al
lavoro, vincolando i sussidi al concorso attivo del disoccupato nella ricerca del lavoro e come azione di
prevenzione e intervento nei bacini in crisi occupazionale, territoriali o di settore (in particolare nel settore
della pesca, fortemente penalizzato nell’ultimo periodo). In questo ambito, tra gli altri, il Progetto pilota per
l’avvio in funzionamento degli uffici periferici della pesca.
6. I progetti sperimentali dei Centri per l’impiego
Proseguendo nella trattazione degli interventi promossi dalle Amministrazioni decentrate per fronteggiare
situazioni di crisi dei sistemi produttivi, il paragrafo che segue intende proporre un focus sulle azioni
sperimentali realizzate con il contributo dei Centri per l’impiego.
I contenuti di seguito proposti riguardano in particolare una prima analisi dei alcune iniziative segnalate dai
26 Tra i soggetti svantaggiati vengono intese le persone in procinto di perdere un posto di lavoro: 1. i dipendenti di imprese poste
in liquidazione o soggette a procedura concorsuale; 2. i dipendenti di imprese posti in mobilità; 3. i dipendenti di imprese posti
in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria o beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga gestiti dalla Regione Puglia; 4. i
dipendenti di imprese aventi sede in territori e appartenenti a settori per i quali risultano perfezionati Accordi di Programma di
cui alla Legge n. 241 del 7 agosto 1990 stipulati da Governo, Regione, Enti Territoriali e parti economiche e sociali e destinati
alla soluzione di crisi industriali. Le agevolazioni non possono superare i seguenti limiti: contributi agli investimenti in conto
impianti in misura pari al 50% delle spese ammissibili e, comunque, non superiori a 150.000 euro; contributi in conto esercizio
per lo start up in misura pari al 35% delle spese ammissibili sostenute nei primi tre anni dalla costituzione e 25% nei due anni
successivi e comunque per un importo non superiore a 250.000 euro.
27 Hanno ricevuto il contributo circa 150 lavoratori delle imprese che hanno in appalto i servizi di pulizia degli uffici regionali; 30
lavoratori della COSMI di PortoTorres, dell'indotto del settore petrolchimico, e 13 dipendenti della SIECI di Sassari.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Centri in una Sezione ad hoc dell’indagine censuaria Cpi28, che mirava a rilevare la partecipazione degli
stessi a progetti sperimentali finalizzati ad implementarne lo sviluppo, promossi in ambito nazionale,
regionale, provinciale e locale29.
Ci focalizzeremo in particolare sui progetti che hanno riguardato l’attivazione di servizi o misure specifiche
volte a trattare la situazione di lavoratori a rischio di espulsione dal mercato del lavoro, a seguito di
fenomeni di crisi verificatesi anni nei sistemi produttivi locali.
L’intento è quello di proporre una visione d’insieme delle principali strategie adottate per far fronte alla
domanda di servizio di lavoratori e di imprese, già in tempi precedenti a quelli attuali. In questa direzione, è
utile innanzitutto fornire una primo riscontro sulla numerosità delle iniziative rilevate.
Su un campione complessivo di 524 progetti sperimentali di varia natura, individuati sulla base delle
segnalazioni dei Centri per l'impiego, 39 progetti, ovvero il 7,4%, riguardano, in modo diretto od indiretto,
interventi volti a gestire situazioni di crisi aziendale o azioni specifiche mirate a sostenere il reinserimento
lavorativo di persone iscritte alle liste di mobilità o in cassa integrazione30. Si tratta, come si rileverà nel
dettaglio della tabella in appendice, di iniziative realizzate prevalentemente negli ultimi quattro anni.
Considerando il numero di Centri per l'impiego implicati su tali progetti, in rapporto all'insieme dei 323
Centri che hanno segnalato di aver svolto almeno 1 azione sperimentale31, il 26,6% dei Cpi che agli inizi del
2008 aveva segnalato di svolgere azioni sperimentali, era dunque già impegnato nella predisposizione di
servizi a supporto di eventi connessi alla gestione di crisi del mercato del lavoro locale.
28 All’interno di una Sezione ad hoc è stato chiesto ai Centri di segnalare la propria partecipazione a progetti di natura
sperimentale indicandone titolo, target e riferimenti temporali. Attraverso un lavoro successivo di analisi documentale e di
ricerca desk, su documenti e siti internet posti in rete dai Centri per l’impiego, è stato possibile reperire informazioni sui
contenuti dei progetti segnalati, e sulla lettura di queste informazioni si basa il presente documento.
29 Tale approfondimento fa seguito ad un filone di studio sulle sperimentazioni promosse presso i Cpi, portato avanti da un
gruppo di lavoro dell’Area ricerche sui sistemi del lavoro dell’Isfol che, entro la dimensione di “sperimentalità”, intende avviare
una riflessione su pratiche più o meno consolidate presso i Centri, individuando entro le stesse, modelli di intervento ed indizi
del modo in cui le strutture si sono confrontate con dinamiche di domanda spiccatamente locali, interpretando la propria
funzione a supporto di specifiche politiche individuate dalle Amministrazioni per promuovere lo sviluppo del sistema
produttivo. In merito al costrutto di sperimentalità, si è inteso trattarla come dimensione di confronto con eventi ‘nuovi’, siano
essi nuovi approcci organizzativi, nuove tipologie di servizi, nuovi interlocutori con i quali le strutture si rapportano, e che
organizzano azioni, pratiche e interventi ‘diversi’ e da 'testare', rispetto a quanto abitualmente realizzato, in rapporto al
mandato che ai Centri è stato affidato, ed alle risorse (organizzative, umane, ecc..) di cui solitamente dispongono.
30 Tali progetti riportano a 111 azioni sperimentali, che corrispondo alle declinazioni locali dei progetti realizzate presso i Centri.
Rispetto al totale di 1228 azioni sperimentali segnalate dai Cpi, dunque, le iniziative locali corrispondono al 9% delle azioni
rilevate.
31 È opportuno richiamare la distinzione adottata fra il costrutto di “azione sperimentale” e quello di “progetto sperimentale”.
Considerando la relativa autonomia di programmazione dei Centri per l’impiego, per un corretto computo dei progetti
sperimentali segnalati è stato necessario distinguere nella mappatura le “azioni sperimentali” segnalate dai singoli Centri, dai
‘progetti sperimentali,’ intesi questi ultimi come una o più azioni sperimentali riconducibili ad un unico ente promotore o
committente. In questa direzione, con il termine ‘azione’, si è fatto riferimento alla singola segnalazione del Centro per
l’impiego, che poteva corrispondere o a un progetto autonomo su committenza locale o ad una declinazione locale di un
‘progetto’ promosso a livello nazionale, regionale o provinciale, al quale ha partecipato la struttura che ha risposto all'indagine.
L’insieme delle azioni sperimentali individuate presso i Centri per l’impiego corrisponde quindi all’insieme delle risposte o
segnalazioni di iniziative sperimentali fornite dai Centri stessi. Per il calcolo dell’insieme dei progetti sperimentali, è stato
realizzato invece un lavoro di analisi documentale sulle risposte fornite, volto a reperire informazioni in merito a contenuti e
soggetti promotori dell’iniziativa. Tale lavoro ha consentito di individuare le diverse “unità progettuali”, la somma delle quali
corrisponde al campione dei progetti individuati.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Tale quantità, seppure esigua, indica che con modalità e configurazioni diverse secondo l’area geografica e
la domanda locale, esiste un dinamismo organizzativo in rapporto al quale i Spi stanno cercando di attivare
risposte specifiche per accompagnare lavoratori ed imprese nel far fronte alle riorganizzazioni dei settori
produttivi e mantenerne una possibilità di sviluppo nel mercato del lavoro.
Come è possibile rilevare con una rapida scorsa alla tabella in appendice, si tratta prevalentemente di
iniziative di natura regionale e provinciale che hanno coinvolto i Centri nell’area Nord del Paese, in
particolare nell’Area Nord Ovest e Nord Est, dove sono state riscontrate 88 azioni sperimentali
(rispettivamente 66 e 22), seguite da 16 azioni nel Sud, e 7 del Centro32.
Diverse sono poi le iniziative nate nell'ambito del Programma Pari, di respiro nazionale, che prevede
interventi specifici per lavoratori in mobilità non indennizzata.
Molti degli interventi fanno riferimento alla situazione di crisi del settore tessile e metalmeccanico che
investono già da qualche anno in Lombardia il territorio comasco e cremonese, in Piemonte il cuneese, in
Veneto la Provincia di Vicenza e quella di Treviso. Per quanto riguarda il Centro ed il Sud invece, il
riferimento è alle situazioni di crisi del settore industriale (Area Empolese Valdelsa, Pomezia, Latina, Salerno
con riferimento anche al settore del commercio) e nella provincia di Bari l’evento specifico del
reinserimento dei lavoratori in mobilità della Ex Case di Cura Riunite srl.
Per quanto attiene al target di intervento, generalmente si tratta di progetti dedicati a lavoratori in mobilità
e/o Cigs, oppure disoccupati in seguito alla riduzione, cessazione o trasformazione dell’attività di lavoro
dell’impresa di provenienza.
Sull’insieme delle iniziative individuate inoltre, alcune sono state dedicate in modo specifico a donne ed
over 50. In particolare sono state 8 le sperimentazioni che hanno implicato il target donne33 e 5 in cui il
target di riferimento è costituito da lavoratori e disoccupati over 5034. Tale rilievo, sembra comprensibile
alla luce della composizione della manodopera dei comparti su cui le sperimentazioni intervengono (tessile,
metalmeccanico), ma può essere anche considerato come indice di una attenzione sempre maggiore da
parte dei servizi alle questioni poste da queste tipologie di target.
Entrando nel merito dei contenuti dei progetti, l’analisi delle informazioni reperite35, ha consentito di
differenziare le sperimentazioni entro delle macrotipologie, distinte sulla base della strategia di intervento
adottata. Le pratiche di intervento possono essere immaginate lungo un continuum che va da azioni che
32 Le azioni sperimentali corrispondono, lo ricordiamo, alle declinazioni territoriali dei progetti.
33 In particolare: i Progetti Alamo over 40 e FILO della Provincia di Cremona; il progetto ATTIVA segnalato dal Centro per
l’Impiego di Asti; il Progetto Ricomincio da 40 della Provincia di Genova; il Progetto Cor – 1 euro per abitante del Centro per
l’Impiego di Susa; il Progetto di Ricollocazione per la Mabitex s.p.a. in provincia di Cuneo; il Progetto Valcamonica, Valcavallina
e Sebino segnalato dal Centro per l’impiego di Lovere (Bg); i Percorsi di sviluppo professionale nelle aree import/esport e nel
comparto meccanico e tessile comparto meccanico tessile a valere sul fondo Unrra del Cpi di Chieri, in provincia di Torino.
34 Nello specifico: il progetto Radici (Ritornare in Azienda Dopo I Cinquanta)’, segnalato dal Cpi dell’Area Valdelsa (Si); la
sperimentazione sull’outplacement realizzata dalla Provincia di Parma nell’ambito del progetto SPINN; il Progetto Reimpiego
Puglia in provincia di Bari; lo Sportello area di crisi in provincia di Salerno; il progetto Ricomincio da 40, della provincia di
Genova.
35 Su ciascuna delle iniziative segnalate dai Cpi è stato compiuto un lavoro di ricerca documentale a partire dai riferimenti indicati
dai Centri per l’impiego. Sono state utilizzate come fonti descrizioni dei progetti rese pubbliche presso siti web delle Regioni e
Province interessate, siti web dedicati alle iniziative laddove presenti, nonché bollettini e notiziari locali (comunali, regionali,
provinciali).
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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trattano il fenomeno ‘crisi’ intervenendo in modo prevalente sull’individuo in cerca di lavoro, ovvero
sviluppo delle competenze e delle risorse personali e professionali dei lavoratori che rischiano di essere
espulsi dal sistema produttivo, a progetti che trattano la ricollocazione dei lavoratori entro un disegno più
ampio di sostegno alla crescita ed al rafforzamento del sistema imprenditoriale locale, intervenendo in
un’ottica di sviluppo del rapporto fra individui e contesti lavorativi.
Sul primo versante le sperimentazioni sono orientate all’implementazione all’interno del sistema dei Spi, in
particolare nei Centri per l’impiego, delle competenze e funzioni relative alla gestione di servizi di politica
attiva del lavoro (orientamento e formazione in particolare), mentre sul secondo versante il focus delle
sperimentazioni è sull’integrazione dei servizi a lavoratori in parallelo allo sviluppo di analoghi servizi per le
imprese (preselezione, accompagnamento al lavoro, analisi organizzative e studi di settore, etc..), mirando
ad accompagnarne i cambiamenti organizzativi con un’ottica attenta allo sviluppo delle risorse umane e a
potenziare il rapporto fra i diversi attori ed istituzioni che intervengono nella gestione delle crisi.
Fra questi due orientamenti se ne pone un terzo, che riguarda la sperimentazione dell’integrazione di
servizi di politica attiva del lavoro con misure di sostegno al reddito e forme di incentivi alle assunzioni
destinati alle imprese.
Sintetizzando, le iniziative sperimentali possono essere raggruppate nelle tre seguenti tipologie:
azioni volte all’implementazione di servizi di politica attiva del lavoro che hanno come focus lo
sviluppo delle competenze e delle risorse dei lavoratori a rischio di espulsione dal mercato del lavoro,
percettori e non di ammortizzatori sociali
azioni sperimentali di politica attiva del lavoro integrate a misure di sostegno al reddito
approcci sistemici alla gestione delle crisi dei sistemi produttivi.
6.1. Sperimentazioni volte all’implementazione di servizi di politica attiva del lavoro
La prima tipologia di progetti raccoglie un insieme di interventi volti ad accrescere presso i Centri per
l’impiego, l’offerta e l’efficacia dei servizi di politica attiva del lavoro, attivando prestazioni mirate per i
lavoratori in mobilità, anche in risposta ad un aumento di domanda da parte di questa tipologia di utenza.
In particolare due tipologie di servizio: informazione e consulenza orientativa di base o specialistica per il
reinserimento lavorativo; servizi di formazione finalizzati al recupero di motivazioni ed atteggiamenti
proattivi nei confronti dei contesti lavorativi, nonché alla riqualificazione professionale.
Interventi di outplacement fondati sulla consulenza orientativa
Il Centro per l’impiego di Parma, ad esempio, nell’ambito del programma Spinn (Servizi Per l’Impiego
Network Nazionale), già nel 2005 ha realizzato una sperimentazione volta a potenziare i servizi di
orientamento offerti ai lavoratori coinvolti in situazioni di crisi aziendale, con particolare attenzione per i
servizi di ricollocazione (Mazzaro F., Zoccatelli M., 2005) rivolti a fasce professionali alte, quadri e dirigenti.
Con una convenzione con Federmanager, la sperimentazione si è incentrata sullo sviluppo di un Manuale di
outplacement rivolto agli operatori dei Centri per l’impiego, mirato a supportare i lavoratori in mobilità in
una ridefinizione della propria storia professionale, nella progettazione di un piano di carriera e una
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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modalità di intervento nel mercato del lavoro tenendo conto dei maggiori canali di ricollocazione. Il
progetto nasceva con l’obiettivo di individuare strumenti che supportassero tali fasce di lavoratori in una
ricollocazione autonoma nel mercato del lavoro, definendo servizi che potessero essere sostenibili per le
caratteristiche dei Centri per l’impiego. E’ stato articolato in tre fasi: una prima di analisi del mercato del
lavoro locale volta ad evidenziare le maggiori problematiche socio economiche legate alla ricollocazione del
target over 45; una seconda volta ad analizzare modello organizzativo, modalità operative e risorse del Cpi;
una terza, che consisteva nella elaborazione e nella sperimentazione del Manuale di outplacement, che
conteneva strumenti di auto orientamento e di ricerca attiva spendibili per tutte le figure professionali e
adattabili al ruolo indipendentemente dal livello contrattuale e professionale ricoperto in azienda. La
sperimentazione si inseriva in una linea di lavoro promossa dall’Amministrazione provinciale, volta a
recuperare una funzione specifica dei Centri per l’impiego all’interno dei compiti attribuiti alla Provincia
dalla Legge n. 233 del 1991, in merito alla promozione dell’esame congiunto tra parte datoriale e
rappresentanze sindacali dei lavoratori, nell’eventualità di un mancato previo accordo tra le parti.
All’interno di tavoli tecnici istituzionali la Provincia ha inteso operare nel promuovere una cooperazione fra
parti sociali e pubbliche istituzioni, integrando gli accordi finali fra le parti con una previsione dettagliata
delle funzioni attive e delle soluzioni che la stessa amministrazione poteva rendere disponibili per prevenire
situazioni irreversibili di messa in mobilità dei lavoratori.
Ancora nel Nord Est, i Centri per l’impiego della Provincia di Asti, fra gennaio 2006 e luglio 2007, sono stati
implicati nella sperimentazione di percorsi di orientamento ed accompagnamento al lavoro nell’ambito del
Progetto ATTIVA36 (Azioni Territoriali di Transizione per l’Innovazione e la Valorizzazione delle donne).
L’iniziativa si rivolgeva a donne tra i 30 ed i 50 anni, gravate da carichi familiari, con titolo di studio non
competitivo e in situazione di disagio socio‐economico, espulse dal mercato del lavoro locale per effetto di
crisi aziendale. La sperimentazione prevedeva per 40 destinatarie un percorso individuale di orientamento ed
accompagnamento al lavoro strutturato su una serie di servizi di consulenza di base e specialistica
(orientamento, bilancio e rinforzo di competenze) al fine di fornire alle partecipanti strumenti utili al recupero
ed alla valorizzazione delle competenze acquisite all’interno della vita lavorativa e indirizzarle verso nuove
forme di lavoro. Per 20 delle destinatarie era prevista inoltre la possibilità di inserimento in azienda tramite un
tirocinio, con una durata massima di 4 mesi ed un sostegno al reddito per le azioni di tutoraggio.
Anche nell’area Nord Ovest del Paese, la Provincia di Cremona, ha puntato sullo sviluppo di servizi di
politica attiva del lavoro. Integrando il lavoro dei Centri per l’impiego con interventi di agenzie private
specializzate in outplacement e sviluppo delle risorse umane, fra il 2005 ed il 2006 sono stati realizzati il
Progetto Ricolloca ed il Progetto Alamo over 40, per i lavoratori del settore metalmeccanico e tessile, e fra il
2006 ed il 2008 il Progetto FILO, ancora dedicato all’intervento per la crisi del settore tessile.
36 www.proposteasti.it/Sezione.jsp?idSezione=69. Il progetto è stato finanziato dalla Misura E1 (pari opportunità) del Programma
Operativo Regionale del Fse (2000/2006) in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la Regione
Piemonte. La Provincia di Asti lo ha realizzato in collaborazione con Provincia di Asti ‐ Servizio Politiche del Lavoro e Centri per
l’impiego ‐ e la sua Consigliera di parità, in partnership con il Comune di Asti e la Commissione pari opportunità, la Cooperativa
ORSo, lo Ial Formazione, l'Unione Industriale della Provincia di Asti, Confartigianato, Confcooperative, Cna e le associazioni
sindacali: Cgil, Cisl e Uil.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Il Progetto Ricolloca ha promosso presso i Cpi, la realizzazione di interventi di consulenza orientativa
finalizzata all’inserimento lavorativo di lavoratori in Cigs o espulsi dai processi lavorativi, in trattamento di
mobilità secondo la Legge n. 223 del 1991 e provenienti dal settore metalemeccanico. Nello specifico il
progetto prevedeva lo svolgimento di tre tipologie di azione:
a. Informazione orientativa di gruppo: preceduta da un’analisi approfondita delle realtà produttive del
territorio e da contatti documentati con i referenti aziendali, il servizio prevedeva incontri di piccolo
gruppo finalizzati alla comprensione del mercato del lavoro locale e a fornire strumenti metodologici
utili alla ricerca attiva del lavoro.
b. Bilancio di competenze individuale: un’analisi delle acquisizioni professionali e delle competenze
maturate attraverso le esperienze formative, professionali ed extra professionali finalizzata alla
costruzione di un progetto di sviluppo professionale individuale, coerente con le competenze
possedute o acquisibili.
c. Inserimento e accompagnamento lavorativo individuale: individuazione delle aziende disponibili ad
eventuali assunzioni; presentazione del lavoratore all’azienda interessata all’assunzione; ricollocazione
attraverso contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato (con orario di lavoro a tempo
pieno o parziale) della durata non inferiore a 3 mesi.
Negli stessi anni, il Progetto Alamo 40, con una struttura di intervento analoga (colloqui individuali e di
gruppo, stesura del curriculum, preparazione di lettere di accompagnamento e contatti con le aziende), ha
visto i Centri per l’impiego, in collaborazione con società private in appalto, impegnati in percorsi di
accompagnamento al lavoro rivolti in modo specifico a lavoratrici over 40, in mobilità e con bassa scolarità.
Ancora sullo stesso target, è stato infine realizzato il Progetto FILO, gestito dal Consorzio Scuole e Lavoro su
incarico della Provincia di Cremona in collaborazione con i Cpi. Il progetto consisteva in un intervento di 10
ore, caratterizzato dallo svolgimento di colloqui individuali finalizzati alla definizione del bilancio di
competenze, svolto da psicologi del lavoro che, oltre ad individuare le competenze tecnico‐professionali,
intervenivano per promuovere lo sviluppo di una ‘autocommittenza’ da parte delle donne beneficiarie
rispetto al proprio percorso di sviluppo professionale. L’intervento ha inoltre previsto azioni di
sensibilizzazione del sistema imprenditoriale implicato negli inserimenti lavorativi. I Centri per l’impiego per
favorire una integrazione graduale delle lavoratrici presso le imprese disponibili, hanno promosso l’utilizzo
di strumenti quali il tirocinio o la predisposizione di contratti iniziali di breve durata.
Interventi di outplacement ed implementazione dei servizi di formazione
Restando nella prima tipologia di interventi, diverse sono inoltre le sperimentazioni ‐ segnalate soprattutto
da Centri per l’impiego del Nord Est ‐ che hanno investito sullo sviluppo della formazione permanente e
continua dei lavoratori, anche promuovendo azioni integrate di formazione e orientamento, di nuovo entro
azioni di partenariato pubblico‐privato.
I Centri per l’impiego della provincia di Vicenza, hanno segnalato ad esempio la realizzazione di due
progetti di outplacement per l’azienda di abbigliamento Fratelli Prandina di Schio e per la Conceria Master
spa di Lonigo. I progetti rientrano nell’ambito di un modello di intervento definito dalla Provincia, che si
fonda sulla collaborazione fra i Servizi pubblici per l’impiego e le principali Agenzie per il lavoro locali, con il
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
43
sostegno di Associazioni imprenditoriali nonché delle Confederazioni sindacali. L’Amministrazione
Provinciale ha sottoscritto infatti con Cgil, Cisl e Uil e cinque Agenzie di lavoro interinale una convenzione
quadro per favorire la ricollocazione di soggetti in condizione di svantaggio e, nello specifico, lavoratori in
mobilità o in cassa integrazione guadagni a zero ore. La convenzione prevedeva la collaborazione dei Centri
per l’impiego nella preselezione dei lavoratori per missioni in contratto di somministrazione per almeno tre
mesi e nella predisposizione di prospetti sintetici contenenti le principali informazioni (profilo
professionale, principali esperienze di lavoro, titolo di studio, età e comune di residenza) relativi ai
lavoratori disponibili al ricollocamento. Alle Agenzie per il lavoro era invece affidato l’incarico di organizzare
percorsi formativi (finanziati su fondo Formatemp) su indicazioni fornite dai Cpi oppure integrate con
l’attivazione delle missioni di lavoro. Il percorso di outplacement, prevedeva una sinergia di azioni di
rimotivazione, supporto e riqualificazione rivolte al lavoratori, in linea con le attività di politica attiva dei
Centri per l’impiego, integrate con l’offerta dei Centri di formazione professionale locale e la definizione di
reti di collaborazione fra i diversi soggetti del territorio (Sindacati, Associazioni di categoria, agenzie,
consulenti ed aziende) interessati al progetto di reinserimento. In particolare il modello previsto dalla
Provincia, articola l’offerta di servizi ai lavoratori in sei fasi:
fase 1, analisi del contesto e dei profili e delle caratteristiche professionali dei lavoratori dei settori e
delle aziende nelle quali era possibile il reimpiego
fase 2, attività di orientamento di gruppo mirate a sviluppare la conoscenza del mercato del lavoro e
a fornire ai partecipanti strumenti per la ricerca attiva di lavoro, per la stesura di un proprio
curriculum e per la gestione di colloqui di lavoro
fase 3, attività di orientamento individuale volte a definire un bilancio delle competenze ed un
progetto individuale di inserimento
fase 4, attività formative: un modulo trasversale su competenze relazionali e di lavoro in gruppo; un
modulo sulla sicurezza sul lavoro; uno per lo sviluppo di competenze informatiche di base; moduli
professionalizzanti mirati rispetto ai piani individuali di reinserimento
fase 5, attività di supporto all’inserimento lavorativo attraverso l’individuazione di un tutor con una
funzione di supervisione e mediazione rispetto al percorso di orientamento ed integrazione
lavorativa
fase 6, verifica e monitoraggio dell’inserimento lavorativo.
Ancora in Veneto, i Centri per l’impiego della Provincia di Treviso, hanno segnalato diverse attività sperimentali
realizzate con l’utilizzo del Fondo occupazionale Provincia37, stanziato per la formazione e la riqualificazione dei
disoccupati che a seguito di licenziamenti collettivi e crisi aziendali si sono trovati in assenza di sostegno e con
difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro. I target interessati comprendono lavoratori in mobilità indennizzata
e non, Cigs ed alcune tipologie di svantaggio; le azioni finanziate dal fondo riguardano: formazione, formazione
in azienda con assunzione diretta o formazione in azienda attraverso la realizzazione di stage.
37 Per una analisi dei risultati sull’utilizzo del fondo, cfr. “Bollettino trimestrale sui dati dell’occupazione in provincia di Treviso”, n.
2, 2008, pag. 16, www.trevisolavora.it/upload/files/78444_2_bollettino_2008.pdf;.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
44
Ancora nel Nord Est, il Centro per l’impiego di Udine ha segnalato iniziative sperimentali realizzate in Friuli
Venezia Giulia attraverso il progetto di intervento relativo all’Azione 1138 del Bando Multimisura
denominato “Sostegno al ricollocamento lavorativo di soggetti in stato di disoccupazione e di soggetti
rientranti tra le azioni di ricollocazione e riqualificazione”, previste dai piani di gestione delle situazioni di
grave difficoltà occupazionale e attuate nell’ambito dei finanziamenti del Fse. Il bando è uno degli
interventi previsti dalla Regione entro una strategia articolata che prevede l’investimento in attività
formative per il ricollocamento lavorativo, la cui gestione è stata affidata dalla Regione a quattro
Associazioni Temporanee di Imprese (Ati), una per ciascuna Provincia, composte tutte da Enti
specializzati in formazione ed accreditati che assumono il ruolo di referente con il Servizio del lavoro della
Provincia di riferimento e con i suoi rispettivi Centri per l'impiego39. I Centri per l’impiego, nell’ambito della
sperimentazione, hanno assunto un ruolo preminente nell’attivazione di percorsi formativi richiedendo agli
Enti di progettare e realizzare attività di formazione ad hoc sulla base del fabbisogno formativo ed
occupazionale manifestato da una o più imprese del territorio regionale o sulla base della tipologia di
utenza (lavoratori in Cig o Mobilità) locale. Il bando consentiva nello specifico l’attivazione di tre tipologie di
percorsi formativi secondo l'esigenza contingente:
percorsi lunghi, mirati ad ottenere una qualifica regionale o una specializzazione
percorsi brevi di aggiornamento (anche formazione imprenditoriale di base)
percorsi individuali tramite work experience con la possibilità di percepire un'indennità mensile di
partecipazione pari a 680 euro.
Per ciascun percorso attivato il Centro per l’impiego era tenuto ad indicare le imprese coinvolte nel
rapporto di incrocio domanda offerta. L’affidamento agli enti di formazione delle attività di
progettazione e realizzazione dei percorsi era mirato a favorire la possibilità di ridurre i tempi di
attivazione della formazione e potenziare così il raccordo fra offerta di formazione locale e domanda di
lavoro delle imprese.
Anche al Nord Ovest, la Provincia di Como, ha investito nel raccordo con il sistema di formazione
professionale regionale per realizzare interventi specifici per i lavoratori cassa integrati. I Centri per
l’impiego di Como e Cantù, ad esempio, hanno promosso la sperimentazione di Voucher formativi
specificamente rivolti a cassa integrati del territorio di competenza dei Cpi. Il voucher formativo è un
contributo individuale che poteva essere richiesto alla Regione Lombardia per partecipare ad un corso
di formazione, coprendo fino al 90% del costo totale del corso. I corsi potevano essere scelti presso i
Cpi o gli sportelli “Spazio Regione” della Lombardia, nell’ambito dei Cataloghi regionali, organizzati
o ai se de 47 de 8/
38 L’Azione 11, attivata dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ‐ Direzione Regionale del Lavoro, Formazione, Università e
Ricerca, finanzia specifiche opportunità formative per sostenere il ricollocamento lavorativo di soggetti in stato di
disoccupazione e/o di soggetti rientranti tra le azioni di ricollocazione e riqualificazione rivisti dai piani di gestione delle
situazioni di grave difficoltà ccupazionale, nsi ll’art. lla L.R. 1 05, cfr.
www.regione.fvg.it/rafvg/utility/dettaglio.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/GEN/AGENZIalAVORO/FOGLIA46/
39 Gli Enti: Enaip Friuli Venezia Giulia, Enfap Friuli Venezia Giulia, Ial Friuli Venezia Giulia e Ires Friuli Venezia Giulia. Ogni ente è
capofila delle Ati in province diverse. Ogni ente capofila assume nell’ambito dell’Ati il ruolo di referente con il Servizio del lavoro
della Provincia e dei rispettivi Centri per l’impiego.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
45
dagli enti di formazione accreditati operanti a livello regionale e provinciale, secondo due tipologie:
formazione trasversale e formazione settoriale.
Restando al Nord, anche in Piemonte, il Centro per l’impiego di Chieri (To), ha segnalato un progetto di
inserimento lavorativo, cofinanziato dal Ministero dell’Interno attraverso la Riserva del Fondo Unrra, svolto
dal Centro per l’impiego in collaborazione con la Cna di Torino ed il Centro territoriale permanente per
l’educazione adulta di Chieri, l’Enaip Piemonte ed il relativo Centro servizi formativi di Moncalieri. Il
Progetto Percorsi di sviluppo professionale nelle aree import export e nel comparto meccanico/tessile aveva
l’obiettivo di fornire supporto formativo a persone di età compresa tra i 19 e 55 anni, non percettori di
indennità, in possesso di diploma di scuola media superiore ‐ per il settore import/export ‐ e in possesso del
diploma della scuola media inferiore ‐ per il comparto meccanico/tessile ‐ con precedenti esperienze di
lavoro40. Prevedeva a favore dei beneficiari azioni di orientamento, ricerca attiva del lavoro, formazione
svolta in aula e in situazioni presso aziende nelle quali sono stati svolti i tirocini lavorativi.
Un ultimo progetto dedicato allo sviluppo delle politiche attive del lavoro per supportare lavoratori con
bassa occupabilità e a forte rischio di esclusione sociale è infine il Progetto RADICI, Ritornare in Azienda
Dopo i Cinquanta, segnalato dal Centro per l’impiego dell’Area Valdelsa, in provincia di Siena. Il progetto si
proponeva di affrontare le esigenze di lavoratori che si sono trovati in età avanzata a vivere una fase di
mobilità professionale o un reinserimento lavorativo, in seguito a momenti di inattività dovuti in particolar
modo a crisi aziendali. L'obiettivo dell’iniziativa era quello di supportare lavoratori con bassa occupabilità
fornendo la possibilità di acquisire abilità orientative e nuove competenze professionali in settori dove è più
forte la domanda di lavoro. Il progetto prevedeva la valorizzazione della risorsa gruppo in attività di
orientamento strutturate, finalizzate alla lettura delle esperienze e degli apprendimenti pregressi per
l'elaborazione di un progetto di reinserimento al lavoro in un nuovo ambito o settore professionale. A
seguito dei percorsi di orientamento era inoltre prevista l'attivazione di moduli formativi brevi di
qualificazione professionale, in relazione alle richieste provenienti dal sistema delle imprese.
6.2. Sperimentazioni volte ad integrare politiche attive del lavoro con misure di sostegno al reddito
Nel paragrafo che segue, descriveremo invece alcuni esempi della seconda tipologia di azioni sperimentali
realizzate a sostegno della occupazione dei lavoratori interessati da crisi aziendali. Si tratta di progetti ed
interventi che hanno visto la partecipazione dei Centri per l’Impiego nella gestione di servizi integrati di
politica attiva del lavoro, con sistemi di sostegno al reddito dei lavoratori ed incentivi alle imprese per
favorirne l’assunzione.
40 Cfr il Fondo Unrra (United Nations Relief and Rehabilitation Administration – Amministrazione delle Nazioni Unite per
l’assistenza e la riabilitazione), di competenza del Ministero degli interni, è destinato a finanziare progetti a favore di minori,
giovani, emarginati, tossicodipendenti ovvero riguardanti attività di integrazione specificamente finalizzate alla prevenzione di
situazioni e comportamenti a rischio di devianza, abbandono o degrado sociale. E’ stato istituito con un Accordo stipulato il 12
novembre 1947 e reso esecutivo con Decreto Legislativo 10 aprile 1948, n. 1019, che prevedeva l'impiego della "riserva Unrra"
per una serie determinata di scopi fra i quali l'esecuzione di progetti finalizzati all’assistenza e riabilitazione.
www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/APP_il_Fondo_Unrra.html,
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Rispetto alla prima macrotipologia di iniziative, focus delle misure continua ad essere lo sviluppo
dell’offerta di servizi di politica attiva del lavoro, tuttavia si interviene anche su tempi medio brevi
nella gestione di misure volte a rendere sostenibile l’eventuale disoccupazione, garantendo la
possibilità per i lavoratori di mantenere un reddito alternativo a quello dal lavoro e promuovendo
condizioni favorevoli per la riassunzione da parte delle imprese in difficoltà o l’assunzione presso altre
disponibili. Nella gestione integrata dei servizi di politica attiva e passiva del lavoro ciò che sembra
interessante rilevare è la funzione assunta dal Centro per l’impiego nel momento della presa in carico
della domanda di servizio dell’utente interessato a partecipare ai programmi sperimentali proposti.
Diverse delle sperimentazioni che rientrano in questa seconda tipologia di interventi si basano, come
vedremo, su un insieme di strumenti creati per attuare politiche attive ed accompagnare il passaggio
da lavoro a lavoro, con una connotazione caratteristica di natura negoziale, fra Centro per l’impiego e
fruitore dei servizi medesimi, in rapporto agli obiettivi che hanno condotto il beneficiario alla richiesta
del servizio stesso. Fra questi, in diversi casi, si riscontra l’utilizzo di dispositivi come il Patto di servizio,
la Dote formativa, il Piano di intervento personalizzato.
Entro questa tipologia di interventi è importante rilevare il notevole riscontro ricevuto, entro la mappatura
realizzata, dal Programma di Azione per il Reimpiego Pari, precedentemente descritto in questa
monografia. Ne hanno segnalato la partecipazione con interventi specifici in situazioni di crisi aziendale
circa 21 Centri per l’impiego su 85 che hanno segnalato azioni rivolte a lavoratori in Mobilità o Cig. In
particolare, le azioni sperimentali rilevate hanno riguardato l’utilizzo del programma: in Regione Piemonte ‐
presso i Centri per l’impiego delle Provincia di Novara, Asti, Cuneo, Verbano Cusio Ossola, Alessandria e
Torino ‐; in Regione Lombardia, presso alcuni Centri per l’impiego delle Provincie di Bergamo e Varese; nel
Lazio la Provincia di Latina (Cpi di Terracina); nel Cpi dell’Alto Cosentino in Calabria; presso il Cpi di Scafa
della Provincia di Pescara in Abruzzo.
Come già illustrato, il programma è volto a supportare la realizzazione di interventi per il reimpiego di
persone che non percepiscono ammortizzatori sociali ed altri sussidi, ed è nato con l’obiettivo di
sperimentare politiche del lavoro centrate sul welfare attivo, nell’ambito del confronto sulla riforma degli
ammortizzatori sociali e sulla creazione di un modello funzionale alla loro gestione.
A questo scopo, le sperimentazioni si sono basate sull’ipotesi di intervenire su un duplice versante: da un
lato sostenere i lavoratori in mobilità o cassa integrazione non percettori di sussidi nella fruizione di servizi
di politica attiva del lavoro, offrendo loro una Dote formativa da spendere in percorsi di formazione o
riqualificazione professionale presso enti accreditati, insieme ad un Sussidio di sostegno al reddito legato
allo stato di disoccupazione, dall’altro intervenire entro il sistema imprenditoriale offrendo incentivi ed aiuti
alle imprese finalizzati all’assunzione delle categorie svantaggiate cui il programma è rivolto. Rispetto al
servizio offerto ai lavoratori, interessante rilevare il criterio di “condizionalità”41 seguito per l’erogazione
dei sussidi nonché della dote formativa. La fruizione di risorse volte a sostenere le persone nella ricerca del
lavoro, è strettamente connessa allo sviluppo di una “autocommittenza” dell’individuo nei confronti del
41 Cfr. www.italialavoro.it/wps/portal/pari, Con il termine “condizionalità” si fa riferimento al diritto della persona di ricevere un
sussidio di sostegno al reddito e per la propria qualificazione a fronte dell’impegno ad attivarsi nella ricerca del lavoro e nella
propria ‘riqualificazione’, partecipando a percorsi formativi presso enti accreditati.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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proprio percorso professionale, processo nel quale svolge una funzione specifica la sottoscrizione del Patto
di servizio fra Centro per l’impiego e beneficiario del programma.
A partire da questa struttura di fondo, il programma è stato utilizzato ed articolato in alcune aree territoriali a
supporto dello sviluppo dei Servizi per l’impiego nella gestione dell’emergenza occupazionale determinata a
livello locale dalla crisi di settori produttivi specifici. Nel campione delle azioni sperimentali rilevate nella
mappatura, è il caso ad esempio del Progetto per l’Area Valcamonica, Valcavallino e Altosebino segnalato dal
Centro per l’impiego di Lonigo (Bg), in Lombardia, e degli interventi sperimentali realizzati in provincia di
Cuneo per la ricollocazione di lavoratori provenienti dalle aziende Fraver, Texilfibra e Mabitex.
Il Progetto Valcamonica, Valcavallino e Altosebino, intendeva far fronte alla crisi del settore tessile
lombardo, legata in modo particolare all’introduzione di nuove tecnologie e alla scelta degli imprenditori di
delocalizzare in modo massiccio e spesso disordinato la produzione in Paesi dove era possibile trovare
manodopera a costi minori e dove era minore la pressione fiscale, nonché all’incremento delle importazioni
da Paesi come Pakistan, India e Cina con un notevole aumento della concorrenza nei confronti delle poche
aziende che reggevano sulle tradizionali produzioni a monte del settore (filatura e nobilitazione tessile).
Nello specifico, l’iniziativa prevedeva l’attivazione di un “sistema di convenienze” a vantaggio di imprese e
lavoratori per la riqualificazione e il reinserimento lavorativo dei soggetti a rischio di espulsione
professionale nonchè l’attivazione di un insieme di misure destinate a promuovere lo sviluppo di una rete
territoriale di soggetti portatori di interesse (imprese profit e non profit, enti locali ed associazioni
datoriali), impegnati nella promozione della conoscenza del programma e nella realizzazione dello stesso.
Il programma si sostanziava di due misure: una per 500 lavoratori in Mobilità o Cigs del settore tessile; una
per 600 disoccupati o inoccupati privi di ammortizzatori sociali e non appartenenti a categorie protette. Per
quanto riguarda la prima azione, si è trattato dello stanziamento di fondi (3000 euro per lavoratore) rivolti
alle aziende per l’assunzione di lavoratori in Cigs provenienti dal settore tessile spendibili in azioni di
adattamento delle competenze on the job attraverso:
voucher formativi e integrativi. Contributi a beneficio dei singoli per formazione professionale legate
ad azioni di re‐impiego e a periodi di specializzazione
doti formative. Contributi da utilizzare in azienda per azioni di adattamento delle competenze e
finalizzati all’assunzione del lavoratore.
L’erogazione dei fondi era subordinata alla presentazione del progetto formativo ed alla rendicontazione
della formazione erogata.
Per quanto riguarda invece i lavoratori disoccupati non percettori di ammortizzatori sociali, il progetto
assegnava invece un contributo di 4500 euro (450 euro per 10 mesi) come sussidio speciale di sostegno al
reddito. Anche in questo caso la percezione del sussidio era strutturata in due modalità:
1. adesione al piano di inserimento finalizzato all’assunzione. L’erogazione del contributo era
subordinata alla presa in carico del lavoratore da parte del Servizio all’impiego, che avveniva tramite
la sottoscrizione del Patto di servizio convenuto a seguito di colloqui di orientamento finalizzati alla
ricostruzione del percorso professionale, la definizione di un Piano di Azione Individualizzato
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
48
nell’ambito del quale erano descritti e convenuti obiettivi e azioni (formazione, orientamento,
selezione) utili alla ricollocazione del beneficiario
2. creazione d’impresa in forma individuale o associata. In questo caso il contributo veniva erogato
dall’Inps ai lavoratori che intendevano avviare un’attività lavorativa autonoma in due tranche; una
prima al momento della creazione dell’impresa, una seconda a due mesi dall’avvio.
Proseguendo nella trattazione delle azioni sperimentali individuate, il programma Pari è stato anche
utilizzato a sostegno di funzioni e servizi di ricollocazione già operativi presso i Centri per l’impiego locali. E’
il caso questo degli interventi sperimentali di ricollocazione proposti in Provincia di Cuneo presso i Centri
per l’impiego di Salluzzo, Fossano e di Alba per lavoratori e lavoratrici in Cigs e mobilità provenienti dalle
aziende Texilfibra, Fraver, Miroglio e Mabitex.
Per l’Azienda Mabitex di Roreto di Chierasco (Cn), il Cpi di Alba Bra (Cn) ha coordinato un progetto di
ricollocazione rivolto alle lavoratrici e ai lavoratori in Cassa integrazione guadagni straordinaria. La gestione
del progetto, ha potuto godere della collaborazione dei Comuni di Bra e di Cherasco. Il servizio di
ricollocazione si è basato sulla realizzazione di colloqui individuali e di gruppo, volti alla rimotivazione, al
riconoscimento delle competenze nell'ottica di delineare nuovi profili di professionalità spendibili, nonché su
servizi di orientamento mirati a fornire ai partecipanti competenze e criteri metodologici per la redazione di
un curriculum professionale e per affrontare colloqui di selezione. Il servizio di orientamento e consulenza è
stato poi integrato con l'offerta di proposte di lavoro grazie al raccordo con il servizio di incontro domanda
offerta dei Centri per l'impiego. E’ stato inoltre attivato un corso di 80 ore su tecniche di vendita e gestione
del cliente per favorire l'inserimento lavorativo nel settore della grande distribuzione. Grazie a finanziamenti
di voucher formativi sono stati inoltre seguiti percorsi di formazione mirati ad acquisire competenze per
svolgere la mansione di addetto alle vendite/cassa in collaborazione con agenzia formativa APRO di Alba.
Ancora, per il Gruppo Miroglio, con la collaborazione di Italialavoro spa, la Provincia ed il Cpi di Salluzzo è stato
progettato un intervento di ricollocazione per 18 lavoratrici dello stabilimento locale. I Centri per l’impiego sono
stati supportati nella presa in carico dei lavoratori attraverso l’utilizzo di uno strumento informatico per la
gestione di interviste di orientamento, ed ai lavoratori beneficiari dei servizi sono stati proposti interventi di
formazione su tecniche di ricerca attiva del lavoro, nonché servizi di preselezione mirati al reinserimento
lavorativo attraverso tirocini, distacchi o avviamenti ad altre imprese coinvolte nel programma.
Nell’intento di ottimizzare le risorse e di promuovere una capacità di governance di politiche integrate per
l’occupazione, ancora in Provincia di Cuneo i Cpi di Salluzzo e Fossano‐Savigliano sono stati integrati ed a
Fossano è stato attivato un Punto di riferimento unico per il lavoro, presso il quale poter svolgere tutte le
pratiche inerenti occupazione e previdenza. Fanno parte del Punto oltre i Centri per l’impiego, l’Inps con un
suo Punto Cliente ed il Comune di Fossano con lo Sportello Informalavoro.
Diverse sono ancora le sperimentazioni rilevate nella mappatura che adottano un approccio di intervento
analogo a quello del programma Pari. Restando in Piemonte ricordiamo il già citato Progetto COR (Centro
Operativo Ricollocamento) 1 euro per abitante, segnalato dai Centri per l’impiego della Provincia di Torino.
L’iniziativa, finanziata con il contributo dei Comuni della Provincia (da cui il nome), è nata con l’obiettivo di
ricollocare in maniera mirata i lavoratori in mobilità non indennizzata, licenziati da piccole imprese in
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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rapporto a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività. I lavoratori che hanno partecipato al
progetto sono stati presi in carico dai Centri per l’impiego: dopo una prima fase di accoglienza, l’accesso al
percorso di ricollocazione è avvenuto con la sottoscrizione di un “Contratto di servizio”, al quale è seguita
l’erogazione di servizi di informazione, orientamento e consulenza mirati alla verifica delle competenze
personali e professionali dei lavoratori, nonché una analisi del fabbisogno formativo in rapporto al quale i
Cpi hanno avviato un confronto con le opportunità offerte dalle Agenzie formative del territorio. In
rapporto a ciò, i Cpi hanno individuato aziende disponibili per la realizzazione di tirocini in borsa lavoro,
avvalendosi anche del supporto delle Associazioni di categoria, delle organizzazioni sindacali, e di altri attori
pubblici e privati che operavano nell’ambito del Patto Territoriale locale. La partecipazione al progetto
prevedeva inoltre per i beneficiari un contributo di sostegno al reddito per un periodo di sei mesi.
Ancora nell’area Nord Est del Paese, anche in Lombardia, in Liguria ed in Emilia Romagna sono stati
realizzati interventi sperimentali nell’ottica dell’integrazione di politiche attive e passive per il lavoro.
In Lombardia, i Cpi delle Province di Milano e Como, sono stati implicati in attività relative ai Piani
Provinciali elaborati in rapporto all'Accordo fra Ministero del lavoro e Regione Lombardia per la
predisposizione di programmi per il reimpiego come previsto dall'Art. 1, comma 411, della Legge finanziaria
266/2005 (Finanziaria 2006)42.
In particolare, in Provincia di Como, i Centri per l’impiego di Como e Cantù hanno segnalato il Progetto crisi
aziendali – azioni 411, rivolto a lavoratori disoccupati a seguito di licenziamento ed iscritti nella lista di
mobilità ai sensi della Legge n. 236 del 1993 e della Legge n. 223 del 1991. Il progetto, elaborato dalla
Provincia in collaborazione con l’Agenzia regionale per il lavoro entro il Piano provinciale per lo sviluppo
delle politiche attive del lavoro (Legge n. 266 del 2005 art 1 comma 411), ha previsto l'erogazione di una
‘dote’ per l’acquisizione di servizi di bilancio di competenze, voucher formativi, servizi di accompagnamento
all’inserimento lavorativo, erogata dai Spi accreditati43. Anche in questo caso la percezione delle risorse è
stata subordinata al convenire con il Centro per l’impiego un Patto di servizio ed un Piano di intervento
personalizzato, e dunque posta in rapporto allo sviluppo di una “autocommittenza” da parte del lavoratore
nei confronti del proprio percorso di sviluppo professionale.
In Provincia di Milano, invece, i Centri per l'Impiego di Seregno, Cesano Maderno e Vimercate, hanno
realizzato iniziative sperimentali nell'ambito del “Piano Provinciale per l'attuazione di programmi di
reimpiego per disoccupati”. Il Piano, le cui risorse sono rese disponibili al sistema degli SPI accreditati44, è
stato dedicato alla promozione di programmi di reimpiego per soggetti in difficoltà occupazionale e
42 L'art.1, comma 411 della Legge finanziaria 266, prevedeva che le risorse finanziarie attribuite nei casi di crisi di settori
produttivi e di aree territoriali ai sensi del comma 411 ed ai sensi dell'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n.
311, non completamente utilizzate, potessero essere impiegate per trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di
mobilita' e di disoccupazione speciale in deroga, ovvero essere destinate ad azioni di reimpiego dei lavoratori coinvolti nelle
suddette crisi, sulla base di programmi predisposti dalle regioni interessate d'intesa con le province e con il supporto tecnico
delle agenzie strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
43 Il progetto è ad oggi in corso, il Piano è stato prorogato al 2010.
44 ll Piano si riferisce al Dispositivo Programma di Reimpiego per disoccupati (L.266/05, art.1 comma 411), operativo dal
novembre 2007 ed attualmente prorogato al dicembre 2010; per approfondimenti cfr. www.provincia.milano.it/lavoro/Reimpiego/reimpiegoaziende.html , Le iniziative realizzate presso i Cpi, avviate ad inizio 2008,
sono attualmente in corso.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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prevedeva due ordini di misure: una per i lavoratori di aziende destinatari di ammortizzatori sociali
(progetti di emergenza); una per lavoratori non percettori di ammortizzatori sociali (progetti individuali). In
entrambe i casi, è previsto un percorso di servizio così articolato: convocazione del beneficiario e colloqui di
primo orientamento mirati alla stipula di un Patto di servizio; proposta ed accordo su un Piano di Intervento
Personalizzato (PiP), che può prevedere opzioni diverse in rapporto alle potenzialità espresse dal
beneficiario (attività di orientamento; bilancio di competenze; formazione a voucher; preselezione ed azioni
di accompagnamento al reinserimento lavorativo in azienda o avviamento al lavoro autonomo).
Parallelamente alla fruizione di servizi di politica attiva del lavoro, inoltre, la stipula del Patto di servizio
consente ai beneficiari di usufruire di una Dote di Servizio spendibile nell'arco di 12 mesi, per sostenere il
costo delle attività previste dal PiP . E' prevista infine l'erogazione di incentivi di assunzione per le imprese
nella forma di bonus una tantum modulati sulla base di indicatori di genere, età e tipologia contrattuale
proposta ai lavoratori beneficiari dei progetti.
In Liguria, i Centri per l’impiego delle Province di Genova, Imperia e Savona, hanno invece partecipato alla
sperimentazione del Progetto Ricominicio da 40, un programma regionale dedicato alla ricollocazione
professionale degli over 40, disoccupati o in mobilità. L’iniziativa prevedeva servizi rivolti alle aziende ed ai
lavoratori, accompagnati da un incentivo di 5.000 euro alle imprese per assunzioni a tempo indeterminato
full time o part‐time superiore a 30 ore. I servizi erano così strutturati: le Province, per il tramite dei Centri
per l’impiego e di società di ricollocazione accreditate, hanno provveduto alla presa in carico dei soggetti
interessati convenendo, entro il “Patto per la ricerca occupazionale”, la fruizione di servizi di consulenza
informativa ed orientativa individuale e/o di gruppo, e la definizione di un programma individuale di
sviluppo professionale e/o formativo. Il servizio di accompagnamento al lavoro si è poi sostanziato in
attività di consulenza per la ricostruzione di un portafoglio delle competenze, e in attività di formazione
mirate a fornire metodologie e strumenti per la ricerca attiva del lavoro.
Sul versante delle imprese, le Società di ricollocazione partner del progetto hanno garantito l’incrocio con i
fabbisogni professionali delle aziende, assicurando in particolare:
verifica e valutazione del potenziale occupazionale dei candidati e delle rispettive opportunità di
inserimento
promozione dei profili professionali; verifica degli esiti della ricerca del lavoro mediante tecniche di
supporto e di rimotivazione
individuazione di eventuali fabbisogni formativi dei candidati
accompagnamento all’inserimento lavorativo con il supporto di tutor aziendali.
Anche in Emilia Romagna, in Provincia di Rimini, i Cpi di Rimini e Riccione hanno partecipato alla
realizzazione del Progetto SOLIDA, già accennato nel precedente capitolo, in un'ottica di welfare mix. Il
progetto consisteva nella attuazione di servizi a sostegno dell’occupazione di lavoratori in mobilità o in Cig
a seguito di crisi aziendali, a valere sul Fondo provinciale per i lavoratori provenienti da crisi aziendale45. La
45 Cui ha contribuito la Provincia di Rimini, con la partecipazione di venti Comuni dell’area di competenza e delle Organizzazioni
Sindacali. Cfr. nel presente contributo, Cap. 4, par. 4.1.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
51
filosofia del fondo intendeva sostenere i lavoratori nel reinserimento lavorativo, promuovendo la possibilità
di integrare la percezione di ammortizzatori sociali, con la fruizione di servizi di formazione, riqualificazione
ed outplacement. I Centri per l’impiego hanno svolto una funzione essenziale di filtro per l’accesso ai
contributi economici, raccogliendo la disponibilità dei lavoratori allo svolgimento di percorsi formativi, di
tirocinio e di orientamento, e convenendo con i beneficiari le misure specifiche. I lavoratori rientranti nelle
graduatorie sono stati presi in carico dai Cpi che hanno in seguito svolto colloqui di preselezione,
segnalando i profili alle aziende. Le stesse aziende potevano inoltre usufruire di incentivi dimostrando di
aver proceduto alla stabilizzazione dei lavoratori a seguito delle attività di tirocinio. I Cpi, insieme alla
Provincia ed alle Organizzazioni sindacali, hanno inoltre realizzato un'azione informativa mirata a
promuovere sul territorio le opportunità proposte dal progetto.
Concludiamo con la descrizione di alcune iniziative sperimentali realizzate nell’area Centro Sud del Paese.
Utilizzando il Fondo straordinario per l’occupazione, alcuni dei Centri per l’impiego della Provincia di Roma,
hanno proposto percorsi integrati di ricollocazione professionale che prevedevano per ciascun lavoratore
una “dote” fino ad un massimo di 15.000 euro destinata a finanziare attività di formazione permanente e
continua, nonché attività di tirocinio mirate all’inserimento. Il percorsi prevedevano anche incentivi alle
imprese fino ad un massimo di 10.000 euro per assunzioni a tempo indeterminato.
I Centri per l’Impiego della Provincia di Bari, invece, hanno contribuito alla realizzazione del Progetto
Reimpiego Puglia, promosso dal Ministero del lavoro, in collaborazione con Italia Lavoro e la Regione Puglia;
un intervento sperimentale per la ricollocazione dei lavoratori in mobilità delle ex Case di cura riunite e di 150
lavoratori socialmente utili della Provincia. Il progetto prevedeva anche qui incentivi in favore delle aziende
che assumevano a tempo indeterminato i destinatari del progetto e contributi economici per l’avvio di un
lavoro autonomo o la creazione d’impresa da parte dei lavoratori beneficiari. L’erogazione degli incentivi era
anche in questo caso collegata alla fruizione di percorsi integrati di orientamento, formazione e preselezione,
finalizzati a favorire l’incontro domanda‐offerta di lavoro e gestiti dagli operatori dei Centri per l’impiego con
la consulenza e l’assistenza tecnica dell’Agenzia Italia Lavoro46.
Un ultimo accenno proponiamo infine riguardo alla sperimentazione presso i Centri per l’impiego della
Provincia di Salerno, dello Sportello Aree di Crisi, finalizzato a rilevare situazioni di crisi aziendale o settoriale
dei territori di competenza dei Cpi e ad offrire a lavoratori ed imprese servizi di consulenza informativa e di
orientamento volti ad analizzare e trattare l’evoluzione delle problematiche aziendali. Il servizio è stato
finanziato nell’ambito della Misura 3.1 del Por Campania 2000‐2006, dedicata all’Organizzazione dei Servizi
all’impiego, e rientra nell’ambito di una strategia di potenziamento dei servizi che ha previsto, fra l’altro, la
realizzazione di una indagine e lo sviluppo di un software gestionale per i Centri per l’impiego, mirato a
monitorare la situazione di lavoratori ed aziende. Ciò valutando interventi ad hoc a sostegno delle aziende
prossime alla crisi: dalla consulenza per l’attivazione degli ammortizzatori sociali alla consulenza sull’accesso
ad agevolazioni previste dall’Ue, nonché all’attivazione di servizi per i lavoratori. In modo integrato
46 Cfr. Bollettino Ufficiale della Regione Puglia, n.156, pubblicato il 22.12.2005
www.regione.puglia.it/burp_doc/pdf/xxxvi/N156_22_12_05.pdf
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
52
all’attivazione dello sportello, la Provincia ha poi partecipato all’annualità 2007 del Programma Pari,
stipulando presso i Centri per l’impiego, circa 164 Patti di servizio per la realizzazione di percorsi di formazione
e reinserimento, e concedendo altrettanti sussidi di sostegno al reddito.
6.3. Approcci sistemici alla gestione delle crisi dei sistemi produttivi
Una terza tipologia di iniziative sperimentali rilevate entro la mappatura, si caratterizza per un approccio
alla gestione della crisi che punta sull’integrazione dei servizi ai lavoratori con quelli rivolti alle imprese,
nell’intento di accompagnare i cambiamenti del mercato del lavoro ed interpretarne le evoluzioni in
un’ottica di sviluppo locale. Analogamente alle sperimentazioni fin qui descritte, i servizi di politica attiva
del lavoro continuano ad assumere un peso ragguardevole, tuttavia in questo caso pare interessante
rilevare che il focus di intervento si sposta sul tentativo di porre in rete l’insieme degli attori che operano
sul territorio in rapporto alla gestione della crisi e sul tentativo di intervenire sulla crisi, leggendola come
prodotto del mutamento di assetti, non solo economici, che caratterizzano il territorio di riferimento.
In quest’ottica proponiamo un breve richiamo al Progetto L3 Club (Life Long Learning club)47,
realizzato in Piemonte dalla Provincia di Biella, presso i Centri per l’impiego, in collaborazione con
l’Unione degli Industriali Biellesi, le Organizzazioni Sindacali ed alcune agenzie private di formazione
e consulenza. Il progetto ha previsto la predisposizione di alcuni studi e sperimentazioni volte a
trattare le situazioni di crisi del comparto tessile biellese, costruendo una sorta di “laboratorio
sociale” a sostegno dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro o a rischio di espulsione. L’approccio
di intervento era mirato in particolare a trattare il fenomeno crisi come evento sul quale intervenire
in modo sistemico, puntando sulla conoscenza delle variabili economiche, sociali e culturali che
orientano scelte organizzative e produttive di imprese e comunità locali, e sull’integrazione dei
servizi territoriali per le politiche del lavoro e della formazione.
L’idea di fondo del progetto è stata quella di promuovere uno studio ed una riflessione sull’evoluzione dei
sistemi professionali, delle competenze nonché dei relativi sistemi di servizio, ed attivare sinergie che
hanno coinvolto le parti sociali, le istituzioni (Provincia, Comune, Centro per l’impiego), società di
formazione ricerca ed imprese, nella gestione dei cambiamenti del sistema produttivo. Il progetto è stato
articolato in una serie di iniziative parallele:
ideazione di un modello di osservazione dei cambiamenti nel sistema locale delle professionalità e
delle competenze, e di un sistema di monitoraggio dei flussi occupazionali nel settore in oggetto e
intrasettoriali. Tale azione ha supportato l’implementazione del servizio di incontro domanda offerta
dei Cpi, ed ha consentito di attivare servizi di orientamento e formazione coerenti con le risorse
disponibili sul territorio
attivazione di un laboratorio delle competenze di distretto. A partire da un rilevamento dei dati sul
rapporto domanda/offerta di lavoro e da un'analisi delle strategie formative esistenti sul territorio, è
stato attivato un laboratorio per la valorizzazione delle competenze, rivolto ai rappresentanti degli
enti implicati nella gestione delle situazioni di crisi (imprese, sindacati, agenzie di consulenza e
47 www.l3club.it
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53
formazione, Servizi all’impiego). Il laboratorio ha funzionato come osservatorio delle posizioni
professionali e come strumento per l’attivazione di gruppi di lavoro e di apprendimento. Entro la
sperimentazione del laboratorio sono stati attivati modelli di gestione integrata delle informazioni e
delle metodologie (di ricollocazione, ma anche di gestione delle risorse umane in azienda) funzionali
a presidiare in modo integrato gli interventi rivolti ai lavoratori a rischio di disoccupazione
L3 club imprese. Creazione di un network di soggetti ed imprese coinvolti in progetti di sviluppo dei
sistemi di gestione delle risorse umane, per il confronto e la valorizzazione di buone prassi
realizzazione, per i lavoratori espulsi dalle imprese tessili e meccano tessili biellesi di servizi integrati
di consulenza, formazione e valorizzazione delle competenze professionale, che hanno consentito
agli stessi di reinserirsi nel mercato del lavoro anche in contesti diversi da quello di appartenenza.
Poniamo infine un ultimo accenno su alcune iniziative realizzate in Regione Friuli presso i Centri per
l’impiego della Provincia di Pordenone, Udine, Trieste e Gorizia, che si caratterizzano per l’intento di
intervenire in modo integrato sul versante dei servizi ai lavoratori e su quello dei servizi alle imprese entro
strategie ampie di sviluppo del sistema produttivo, delineate in ambito regionale per far fronte alla crisi.
Entro le linee di indirizzo di una strategia di potenziamento del sistema imprenditoriale locale che ha mosso
le basi dalle leggi regionali 4, 18 e 26 del 200548, il Centro di Pordenone e quello di San Vito al Tagliamento
(Pn), hanno segnalato la realizzazione di alcune iniziative che rientrano in un Piano per la gestione della crisi
promosso dall’Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione Professionale della Regione Friuli Venezia
Giulia. Il Piano si basa sullo sviluppo dell’offerta dei Servizi all’impiego ed in particolare sulla attivazione
presso i Centri per l’impiego del territorio regionale, di funzioni specifiche per la consulenza a lavoratori ed
imprese in situazioni di crisi. Il progetto si basa su tre linee di azione: formazione del personale dei Cpi,
servizi di accompagnamento ai lavoratori, servizi alle imprese. La formazione in particolare è stata mirata
ad acquisire due ordini di competenze: competenze relazionali finalizzate all’analisi delle situazioni
individuali, alla gestione di colloqui di consulenza, alla definizione di progetti e piani di ricollocazione
condivisi con i lavoratori, imprese e rappresentanze sindacali; competenze tecnico metodologiche per la
ricerca delle vacancies presso le aziende. Parallelamente alla formazione degli operatori dei Centri per
l’impiego, il piano ha previsto l’attivazione di una serie di misure di accompagnamento così articolate:
presso i Centri per l’impiego con il supporto degli esperti in orientamento sono realizzati colloqui
individuali con i lavoratori in mobilità finalizzati a redigere un profilo di occupabilità (competenze,
motivazioni, attitudini, percorso scolastico ecc..) degli utenti
laboratori di orientamento individuali e di gruppo, finalizzati a verificare la disponibilità e l’adesione
alle proposte di formazione e ricollocazione
corsi di formazione e/o riqualificazione attivati al fine di dotare i lavoratori delle competenze e abilità
necessarie alla ricollocazione. I corsi sono stati organizzati tenendo in considerazione i profili
48 Cfr. par. 4.1 in questa monografia. Gli indirizzi regionali puntavano su un doppio asse di intervento: incrementare la
competitività della struttura industriale regionale rafforzando la piccola e media impresa manifatturiera con il sostegno
finanziario ad interventi di ricerca e innovazione; favorire la diffusione di conoscenze e formazione scientifica con programmi di
formazione ed aggiornamento professionale, mirati anche a sostenere la creazione di nuove imprese.
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54
maggiormente richiesti segnalati dalle realtà produttive locali, nonché dalle associazioni di categoria
e dai partner locali
incrocio domanda e offerta. Gli operatori dei Centri per l’impiego coinvolti hanno effettuato colloqui
individuali, inserimento curricula nel data base e sono stati implicati nel contattare e coinvolgere le
aziende in un lavoro di ricerca mirata delle vacancies, sia nell’ambito del normale turn‐over, sia in
rapporto ad ampliamenti produttivi, sia in fase di avvio di nuove attività imprenditoriali.
Entro la medesima ottica di intervento, tutti i Centri per l'impiego della Regione Friuli, sono stati implicati
fra il 2007 ed il 2008, nella realizzazione del Progetto Restart finanziato dal Pon Ob.3 2000‐2006, asse D,
Misura D1, con l'obiettivo di implementare le funzioni dei Servizi per l'impiego nella gestione delle crisi
occupazionali.
L'iniziativa, che si è basata su servizi di consulenza organizzativa ai Centri per l'impiego, in merito allo
sviluppo di percorsi di ricollocazione, prevedeva un sistema di accompagnamento ai lavoratori nella fase di
perdita del posto di lavoro tarato, sull'integrazione dei servizi di orientamento e formazione rivolti ai
lavoratori, con i servizi rivolti alle imprese e specificamente mirati a favorire l'incontro fra domanda ed
offerta. Realizzato in collaborazione con diverse agenzie di formazione e consulenza operative sul territorio,
il piano di lavoro è stato articolato su diverse macrotipologie di intervento:
1. servizi di informazione, orientamento e consulenza contrattuale, per l'accompagnamento
all'inserimento lavorativo
2. azioni formative per il reimpiego dei lavoratori coinvolti in situazione di grave difficoltà
occupazionale
3. progetti dedicati al sostegno delle crisi che prevedevano la realizzazione di analisi sulle specificità dei
settori in crisi (trend di sviluppo, fattori di rischio, poli territoriali a rischio, stato attuale del settore e
prospettive, a breve/medio termine) e la sperimentazione di metodologie di intervento a livello
aziendale o sovra‐aziendale in grado di collocare le attività individualizzate per i lavoratori entro la
definizione e la condivisione con le parti sociali ed istituzionali di un programma specifico di
intervento
4. implementazione di servizi web per l’incontro domanda‐offerta di lavoro e di un sistema informativo
per la gestione del repertorio regionale delle unità capitalizzabili.
Anche in questo caso, la strategia di sviluppo dei Spi perseguita dal progetto, si è basata sulla possibilità di
sperimentare l'accompagnamento all'inserimento lavorativo come processo di integrazione fra servizi
rivolti alle imprese e servizi rivolti alle persone; in quest'ottica un ruolo chiave è stato giocato entro i Centri
per l'impiego, dall'integrazione delle funzioni professionali degli operatori di orientamento con quelle
dedicate in modo specifico alla preselezione ed alla consulenza alle imprese.
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SEZIONE III
Le dimensioni della crisi attuale e
gli interventi in corso
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7. Le situazioni di crisi settoriali e territoriali
Negli ultimi mesi del 2008 si erano moltiplicati i segnali di debolezza della produzione industriale italiana,
penalizzata dalla riduzione della domanda e confermata dalla diminuzione degli ordini interni ed esteri.
La crisi economica internazionale ha naturalmente avuto una forte ricaduta sugli sbocchi del Made in Italy: il
volume totale delle esportazioni italiane nel 2008 è diminuito dello 0,6% in contrasto con il forte aumento
registrato nel 2007 (+5%). L’andamento negativo, in particolare nelle filiere dell’abbigliamento, del cuoio pelli e
calzature, del legno, mobili e altri prodotti è risultato molto più accentuato in Veneto, Toscana, Friuli V. G. e
Marche. La parte più esposta al calo di domanda portato dalla crisi in corso è rappresentata dalla fascia di mercato
dell’affordable luxury (lusso abbordabile), porzione significativa dei succitati comparti del Made in Italy, il cui
fatturato conseguito all’estero arriva al 40% del totale nelle settore calzaturiero e al 30,3% nell’abbigliamento,
mentre del totale del manifatturiero italiano si attesta al 28,1% (Centro Studi Confindustria, dicembre 2008).
Guardando alla ripartizione geografica, secondo una analisi congiunturale condotta dal Centro studi
Unioncamere, le sole Pmi manifatturiere che hanno dichiarato un dato positivo per l’esportazione sono state
quelle del Nord‐Est (+1,1%); sono invece in calo le esportazioni di Centro (‐2,8%), Nord‐Ovest (‐1,8 %) e
Mezzogiorno (‐1,7%). I settori che maggiormente hanno perso fatturato all’estero sono quelli del cartario,
editoria, oreficeria, giocattoli e altri beni per la persona e per la casa (‐5,3 %); seguono il legno‐arredo (‐4,6%),
il tessile‐abbigliamento‐calzature (‐3,5%) e le industrie elettriche ed elettroniche (‐2,7%). Le uniche imprese
che mantengono la loro posizione in campo internazionale appaiono le industrie dei metalli (+1,8%).
Il settore manifatturiero italiano soffre dunque intensamente la situazione di crisi economica generale,
forse a causa dell’estrema specializzazione settoriale, della dimensione e della tipologia di organizzazione
aziendale. Le analisi della Confindustria sottolineano tuttavia, come un numero sempre più ampio di
imprese abbia avviato una complessa trasformazione strutturale, incentrata sull’innalzamento qualitativo,
sulla parziale modifica della specializzazione, sull’innovazione, nonché su internazionalizzazione,
delocalizzazione e ricorso a manodopera più qualificata (Centro Studi Unioncamere, 2009). In entrambi i
casi, le conseguenze sulle dinamiche dei mercati locali del lavoro vanno considerate con grande attenzione.
I dati sulla mortalità delle imprese confermano l’andamento critico dell’economia: tra il 2000 e i primi tre
trimestri del 2008, la quota di imprese manifatturiere cessate sul totale di quelle attive è passata dal 5,8%
all’8,1% (Centro Studi Confindustria, 2008). Nello stesso periodo la percentuale di quelle iscritte è rimasta
sostanzialmente invariata (da 4,5% a 4,8%).
Il bilancio tra iscrizioni e cessazioni al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio ha segnato nel 2008
un attivo di 36.404 unità (tabella 4)49; il risultato più modesto dal 2003. Il saldo di fine anno nasce dalla
differenza tra 410.666 iscrizioni e 374.262 cessazioni (il secondo peggior risultato dal 2003: nel 2007 chiusero
390mila imprese). Il bilancio tra imprese ‘nate’ e ‘morte’ si traduce in un tasso di crescita dello 0,59%, che
porta il totale delle imprese esistenti a 6.104.067 unità (fine dicembre scorso). A incidere maggiormente in
termini negativi è stato il risultato delle imprese individuali (‐16mila unità), un valore che però avrebbe potuto
raddoppiarsi senza il contributo positivo delle imprese aperte da immigrati (+15mila unità).
49 Dati di Unioncamere sulla base di Movimprese, rilevazione trimestrale sulla natalità e mortalità delle imprese condotta da
InfoCamere, la società consortile di informatica delle Camere di Commercio italiane, disponibili sul sito www.infocamere.it
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57
In quanto all’aumento dello stock delle imprese nel 2008, le aree territoriali che hanno fornito un maggiore
contribuito sono state quelle del Centro (+1,2%) e del Nord‐Ovest (+0,9%); lieve l’incremento del
Mezzogiorno (+0,32%), praticamente immutata la situazione del Nord‐Est (+0,06%).
Tabella 4 ‐ Nati‐mortalità delle imprese per regioni e circoscrizioni territoriali
Regioni Iscrizioni Cessazioni Saldi Stock
31.12.2008
Tasso di crescita
2008
Tasso di crescita
2007
Piemonte 33.105 31.057 2.048 469.506 0,44% 0,69%
Valle d'Aosta 893 998 ‐105 14.352 ‐0,71% 0,48%
Lombardia 68.184 56.028 12.156 957.678 1,27% 1,29%
Trentino A.A. 5.924 5.840 84 110.117 0,08% 0,06%
Veneto 32.427 32.295 132 509.377 0,03% 0,24%
Friuli V.G. 6.804 7.269 ‐465 111.400 ‐0,41% ‐1,10%
Liguria 11.339 11.218 121 166.538 0,07% 0,17%
Emilia Romagna 32.337 31.307 1.030 477.181 0,21% 0,50%
Toscana 30.424 26.737 3.687 415.248 0,89% 1,05%
Umbria 5.964 5.575 389 95.162 0,41% 0,69%
Marche 11.599 10.487 1.112 178.536 0,62% 0,29%
Lazio 42.870 33.094 9.776 584.701 1,69% 2,19%
Abruzzo 9.689 8.884 805 149.683 0,54% 0,41%
Molise 2.015 2.042 ‐27 35.956 ‐0,07% ‐0,42%
Campania 36.798 35.032 1.766 546.234 0,32% 0,64%
Puglia 26.651 27.033 ‐382 390.353 ‐0,10% 0,68%
Basilicata 3.031 3.220 ‐189 62.406 ‐0,30% ‐0,37%
Calabria 12.863 10.267 2.596 180.822 1,43% 0,33%
Sicilia 27.064 26.103 961 475.759 0,20% 0,22%
Sardegna 10.685 9.776 909 173.058 0,52% 0,70%
Aree geografiche
Nord‐ovest 113.521 99.301 14.220 1.608.074 0,88% 0,99%
Nord‐est 77.492 76.711 781 1.208.075 0,06% 0,20%
Centro 90.857 75.893 14.964 1.273.647 1,18% 1,43%
Sud e Isole 128.796 122.357 6.439 2.014.271 0,32% 0,46%
Totale Italia 410.666 374.262 36.404 6.104.067 0,59% 0,75%
Fonte: Unioncamere‐InfoCamere, Movimprese
Il Centro e il Nord‐Ovest hanno avuto tassi di crescita (1,18% e 0,88% rispettivamente) superiori alla media
nazionale, pari allo 0,59%. Nel Centro, tre delle quattro regioni (Lazio, Toscana e Marche, rispettivamente con
l’1,69%, lo 0,89% e lo 0,69%) si sono collocate al di sopra del valore medio mentre nel Nord‐Ovest, è unicamente
la Lombardia (1,27%) a superare il tasso di crescita nazionale. Tra le regioni che compongono la circoscrizione
meridionale, solo la Calabria (1,43%) ha fatto altrettanto, mentre Basilicata, Puglia e Molise, con un valore
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negativo del tasso di crescita registrano una riduzione netta del numero di imprese presenti sul territorio.
In termini assoluti, il saldo si deve essenzialmente alle cinque regioni che hanno realizzato un tasso di
crescita superiore alla media (Lazio, Calabria, Lombardia, Toscana e Marche) che insieme hanno contribuito
con quasi 30mila imprese alla crescita annuale. Di contro, le regioni che hanno chiuso l’anno con segno
negativo sono: Friuli Venezia Giulia, Puglia, Basilicata, Valle d’Aosta e Molise.
L’inasprimento delle condizioni dei mercati è confermata anche dall’analisi dei dati sulle aperture di procedure
fallimentari, cresciute nel 2008 al ritmo del 2,2% (in particolare nel commercio, costruzioni e trasporti). Nel corso
del 2008 sono state rilevate 160 procedure fallimentari in più rispetto al 2007 per un totale di 7.330 imprese.
Secondo alcuni studi Confindustria, le imprese maggiormente penalizzate dal nuovo contesto di crisi e
competitività sono quelle di piccola dimensione e operanti nei settori tradizionali che peraltro avevano già
subito un forte calo della redditività tra il 2000 e il 2006; le medio‐grandi, invece, hanno evidenziato una
migliore capacità di reazione contenendo le perdite.
I principali indicatori economici dell’ultimo trimestre 2008, confrontati con lo stesso periodo dell’anno
precedente, risultano decisamente negativi per Artigianato e Piccole imprese: ‐8,0% la produzione, ‐6,1% il
fatturato e ‐7,6% gli ordinativi, mentre il calo tendenziale della produzione e del fatturato tra ottobre e dicembre
2008 colpisce in misura minore le Medie imprese (50‐499 addetti) rispettivamente del ‐4,9% e del ‐4,6%).
Secondo l’Istat, l'indice del fatturato nell’Industria – a novembre 2008, in confronto con lo stesso mese del 2007
‐ ha segnato le diminuzioni più significative nel settore della produzione dei mezzi di trasporto, dei mobili, delle
altre industrie manifatturiere e della produzione di macchine e apparecchi meccanici (Istat, 20 gennaio 2009).
Tali andamenti sono confermati anche dal Centro Studi Confindustria che registra negli ultimi tre mesi del
2008 una contrazione molto marcata nell’attività di produzione dei beni di consumo durevoli, in particolare
gli autoveicoli (‐31,3%) e dell’indotto, quali i prodotti in gomma e quelli chimici. Contrazione che continua a
protrarsi anche nei primi mesi del 2009. Migliore appare attualmente il quadro dei consumi non durevoli
anche se si prevede un anno molto difficile nel settore della moda (essenzialmente tessile e abbigliamento)
a causa di un calo degli ordini stimato tra il 30 e il 60% a gennaio (Centro Studi Confindustria, 2009).
Osservando la situazione dal punto di vista del territorio, i risultati peggiori delle Pmi (Centro studi
Unioncamere, 2009) sia in confronto alle altre aree sia rispetto ai dati degli andamenti tendenziali dei
trimestri precedenti, sono quelli del Nord Ovest (‐7,2 % per la produzione, ‐6,8% per il fatturato, ‐8,5 per gli
ordinativi, ‐1,8% per le esportazioni), anche se la crisi non risparmia le altre regioni: l’attività produttiva è
calata del 6,6% al Centro, del 5,7% al Sud e del 5,4% nel Nord Est (ripartizione in cui rimane positiva solo
l’esportazione al +1,1%).
8. Le conseguenze della crisi sui mercati locali del lavoro
A fine 2008 la Rilevazione Istat sulle forze di lavoro (tabella 5) rilevava su base annua un arresto della
crescita dell’occupazione, con un quadro che alla dinamica positiva del Centro Nord, determinata dal
contributo dei lavoratori stranieri, vedeva contrapporsi una perdita dell’1,9 nel Mezzogiorno (‐126.000
unità). Nel complesso del territorio nazionale l’occupazione registrava un decremento dello 0,2% rispetto al
terzo trimestre dell’anno (Istat, 20 marzo 2009).
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Tabella 5 ‐ Popolazione italiana per sesso, condizione e classe di età ‐ Media 2008 (v.a. in migliaia)
Maschi Femmine Maschi e Femmine
Occupati
Persone
in cerca
Non
forze di
lavoro
Totale Occupati Persone
in cerca
Non
forze di
lavoro
Totale Occupati Persone
in cerca
Non
forze di
lavoro
Totale
Fino a
14 anni
‐ ‐ 4.306 4.306 ‐ ‐ 4.075 4.075 ‐ ‐ 8.380 8.380
15‐19 143 63 1.324 1.529 71 51 1.326 1.448 214 114 2.650 2.977
20‐24 760 147 660 1.568 504 138 882 1.524 1.264 285 1.543 3.092
25‐29 1.326 138 347 1.811 993 149 651 1.792 2.318 286 998 3.603
30‐34 1.927 119 189 2.235 1.386 140 672 2.199 3.313 260 861 4.434
35‐39 2.179 92 148 2.419 1.506 131 743 2.380 3.684 223 892 4.799
40‐44 2.216 89 153 2.457 1.518 112 809 2.439 3.734 201 962 4.897
45‐49 1.955 66 138 2.159 1.312 79 791 2.182 3.267 145 929 4.341
50‐54 1.665 50 196 1.910 1.085 43 837 1.964 2.750 92 1.032 3.874
55‐59 1.102 38 688 1.829 678 21 1.214 1.913 1.780 59 1.903 3.742
60‐64 482 15 1.159 1.656 204 5 1.557 1.767 686 20 2.717 3.423
Totale
15‐64
13.754 817 5.002 19.574 9.256 869 9.483 19.608 23.011 1.686 14.486 39.182
65‐69 193 3 1.350 1.546 56 2 1.673 1.731 249 5 3.023 3.277
70‐74 73 1 1.229 1.303 20 .. 1.554 1.574 93 1 2.783 2.878
75 e
oltre
43 ‐ 2.078 2.120 9 ‐ 3.490 3.499 52 ‐ 5.568 5.619
Totale 14.064 820 13.965 28.849 9.341 872 20.275 30.488 23.405 1.692 34.240 59.336
Fonte: Istat – RCFL, Media 2008
Anche se l'andamento dei principali indicatori trimestrali del mercato del lavoro non risultava stravolto,
rispetto all'evoluzione del periodo 2004 – 2008 (figura 6), occorre sottolineare la discesa dal 58,7 al 58,5%
del tasso di occupazione, rispetto al IV trimestre del 2007, e la più rilevante risalita del tasso di
disoccupazione, che passa dal 6,6 al 7,1%. Esso era peraltro sceso al 6,1% nel trimestre precedente.
Figura 6 ‐ Tassi trimestrali di attività, occupazione e disoccupazione. Anni 2004‐2008
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
IV I II III IV I II III IV I II III IV
2005 2006 2007 2008
Tasso di attività
Tasso di occupazione
Tasso di disoccupazione
Fonte: Istat – RCFL, Serie storiche ripartizionali
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
59
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L’esame dei dati destagionalizzati relativi agli occupati conferma che il decremento riscontrato già a partire
dal terzo trimestre 2008 è prevalentemente a carico del Mezzogiorno, che arriva a perdere quasi lo 0,3%
rispetto al quarto trimestre del 2005. La disaggregazione del tasso di occupazione per sesso e classe d’età
mostra in maniera ancor più evidente la forte penalizzazione della componente femminile nel Mezzogiorno,
che superando di poco al suo massimo quota 40% fra i 35 e i 44 anni si colloca più di 20 punti al di sotto del
corrispondente dato nazionale (figura 7).
Figura 7 ‐ Tasso di occupazione per classe d’età, sesso e ripartizione geografica. Anno 2008
Maschi
0
20
40
60
80
100
15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65+
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
Femmine
0
20
40
60
80
100
15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65+
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
Fonte: Istat‐RCFL, Media 2008
Rispetto al quarto trimestre 2007, le posizioni dipendenti fanno in realtà registrare un ulteriore aumento di
185.000 unità (1,1%), che trova riscontro al Nord (1,8%) e al Centro (2,5%), ma non al Sud, dove si verifica in
vece un decremento dell’1,3%. Diverso è il quadro per le posizioni di lavoro indipendente. In questo caso il
vistoso decremento nazionale del 2,7% trova eco in tutte le ripartizioni, toccando il suo massimo nel Nord‐
est (‐4,5%) e nel Mezzogiorno (‐3,6).
Rispetto al 2007, il Mezzogiorno perde peraltro occupazione sia dipendente che indipendente in tutti i
settori, dall’agricoltura (‐8%), all’industria (‐6,2%) fino alle costruzioni (‐4,7%), registrando solo un
moderato trend positivo nei servizi (+0,2%). Fra le altre performance negative troviamo l’industria e
l’industria in senso stretto nel Nord‐ovest (rispettivamente ‐1,7% e ‐3,4%), l’agricoltura nel Nord‐est (‐5,2%)
e la stasi dei servizi al Centro (Istat, 20 marzo 2009) (figura 8).
Gli stessi dati Istat mostrano come i primi a risentire dei contraccolpi della crisi globale potrebbero
ragionevolmente essere i lavoratori atipici. Secondo l’Istituto, la flessione registrata fra gli occupati a tempo
pieno rispetto al IV trimestre dell’anno precedente (‐0,1%, cioè 19.000 unità) è da ricollegarsi, oltre che alla
già ricordata perdita di posizioni lavorative autonome, al venir meno di oltre 51.000 posti di lavoro
dipendenti a termine (‐2,9%). L’occupazione a tempo parziale continua invece ad aumentare, sia pur più
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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lentamente ancora fra i dipendenti (+2,4%), ma solo grazie al contributo della componente femminile
(+3,4), che compensa di più di un punto la diminuzione fatta registrare da quella maschile (‐2,1%). In tale
quadro a dicembre 2008 la quota di lavoro part‐time sul totale dei dipendenti scende dal 6,2 al 6%
nell’industria per salire dal 18,6 al 19% nel settore dei servizi.
Figura 8 ‐ Occupati per settore di attività economica e ripartizione geografica. Variazioni % sul IV trimestre 2007
-10
-5
0
5
10
15
20
25
Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno
agricoltura
industria
industria insenso strettocostruzioni
servizi
Fonte: Istat – RCFL, IV trimestre 2008
Nel corso dell’ultimo anno il tasso di disoccupazione è risultato cresciuto in tutte le ripartizioni, ma più di
tutte in quella nord‐occidentale (+0,8%), seguita da quella meridionale (+0,5%). Ad un aumento allineato a
questi dati della componente maschile ha fatto però riscontro il lieve decremento di quella femminile (‐0,1%),
frutto della sola performance meridionale (+0,9%) che ha compensato le perdite nelle altre aree.
Accanto a questo, il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni rimane invariato a livello
nazionale, ma mostra un incremento nel Mezzogiorno di quasi l’1%, frutto del contributo di entrambe le
componenti di genere. Nella altre ripartizioni si registra l’incremento dello 0,5% per la componente
maschile nel solo Nord‐est (Istat, 20 marzo 2009).
Secondo la prima rilevazione sulle forze di lavoro del 2009 (Istat, 19 giugno 2009), rispetto al quarto
trimestre 2008, nel primo trimestre di quest’anno l’offerta di lavoro si è ridotta dello 0,1 per cento (dati
destagionalizzati). L’origine della flessione è ancora rintracciata dall’Istituto nella caduta dell’occupazione
autonoma delle piccole imprese, nella riduzione dei lavoratori a termine e dei collaboratori.
Il tasso di attività si posiziona al 62,4 per cento (‐0,4% rispetto al primo trimestre 2008), con un andamento
del tutto simile delle due componenti maschile e femminile (rispettivamente ‐0,4 e ‐0,3%). A livello
territoriale si registra una lieve riduzione nel Nord e nel Centro ed una certa flessione nel Mezzogiorno (dal
52,1 al 51,2 per cento) per entrambe le componenti di genere.
Il tasso di occupazione si attesta al 57,4%, cioè più di un punto percentuale in meno rispetto al trimestre
precedente. A livello territoriale, tutte le ripartizioni fanno registrare decrementi rispetto al primo trimestre
2008, sia per la componente maschile che femminile. Il decremento è più marcato al Centro e al Sud per i
maschi (‐1,3%) e al Nord‐ovest e al Centro per le femmine (rispettivamente ‐0,9 e ‐1%).
Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione è aumentato di tre
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
61
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
62
decimi di punto (dati destagionalizzati). Rispetto al primo trimestre 2008 l’innalzamento dell’indicatore al
Nord (dal 4,0% al 5,1%) riguarda sia gli uomini sia le donne. Al Centro il tasso sale al 7,6% (era 6,1% l’anno
prima), in maniera simile in relazione alle due componenti di genere. Nel Mezzogiorno infine il valore
dell’indicatore arriva al 13,2% (+0,2% rispetto al primo trimestre 2008), toccando esclusivamente gli uomini.
9. Uno sguardo al percorso anticrisi
Se si cerca di seguire il percorso degli eventi politici e legislativi che si sono susseguiti incessantemente tra
la fine del 2008 ed il primo trimestre del 2009, appare chiaro lo sforzo che Governo e Regioni hanno messo
in atto per cercare di trovare con urgenza soluzioni in grado, per il momento, di arginare la crisi e
contemporaneamente di fronteggiarla.
L’inizio del 2009 è stato contrassegnato da provvedimenti che, ancorché non tali da rappresentare una vera
e propria riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, rappresentano il tentativo di predisporre
strumenti più adeguati a fronteggiare la minaccia connessa al deterioramento del quadro economico.
Già nel settembre 2008, in occasione della definizione da parte del Dipartimento per le politiche
comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Programma Nazionale di riforma della Strategia
di Lisbona per la crescita e l’occupazione 2008‐2010, la Conferenza delle Regioni e delle Province
autonome conveniva circa l’evidenza che l’Italia incontra ancora grandi difficoltà nel raggiungere gli
obiettivi di Lisbona; che a tutt’oggi permangono profonde differenze territoriali ‐ sia in termini di
erogazione di servizi d’istruzione e formazione, sia in termini di innovazione e competitività delle imprese e
di tassi di occupazione e di attività ‐ in particolare per specifici target, dovuti in larga misura al divario
strutturale che ancora caratterizza il nostro Paese.
Sottolineava, inoltre, come la Commissione europea avesse apprezzato, in occasione della valutazione del
Rapporto 2007, il recepimento da parte dell’Italia, del modello di azione proposto dalla Strategia di Lisbona
e come lo stesso avesse da un lato agevolato i progressi e i primi successi e dall’altro lato, spinto le Regioni,
in stretta collaborazione con le Amministrazioni centrali, ad incentrare la programmazione operativa del
Fse per il periodo 2007‐2013 sulle esigenze territoriali. Riconosceva infine la consistenza delle risorse Fse
attribuite all’Italia e alle Regioni e come quest’ultime intendessero focalizzare la nuova programmazione
Fse sugli obiettivi della Seo .
Due mesi dopo, nell’ambito della Conferenza unificata straordinaria del 20 novembre 2008, le Regioni e le
Province Autonome presentavano un Documento indirizzato al Governo Centrale, contenente le loro
proposte su come fronteggiare le problematiche relative alla crisi economico‐finanziaria e nel quale
sottolineavano:
l’esigenza che la collaborazione istituzionale e progettuale tra Governo centrale e sistema delle
autonomie, categorie economiche e forze sociali dovesse rappresentare il corretto metodo di lavoro
per affrontare la grave situazione di crisi e per sostenere la domanda interna, anche tramite
adeguate misure di sostegno all’occupazione
come fosse necessario integrare le opportunità di intervento concreto che già si stavano realizzando
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
63
sul territorio, per impedire sovrapposizioni e fenomeni di spiazzamento che avrebbero potuto
rendere inefficaci i risultati.
Invitavano infine il Governo centrale ad accedere ad un confronto urgente basato sulle proposte, che
in quell’occasione venivano presentate, in modo da pervenire ad una integrazione delle misure a
livello nazionale e regionale e fornivano anche una sintetica ricognizione delle iniziative assunte a
livello territoriale.
Negli stessi giorni, il 29 novembre 2008, il Parlamento emanava il Decreto Legge n. 185, convertito con
modifiche dalla Legge n. 2 del 28 gennaio 2009, recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglia, lavoro,
occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale” che prevedeva
un potenziamento ed un’estensione degli strumenti del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di
disoccupazione.
I contenuti della Legge summenzionata individuano anzitutto i lavoratori dipendenti come potenziali
percettori del bonus famiglia 2009; il beneficio veniva attribuito in dipendenza del numero di componenti
del nucleo familiare, degli eventuali componenti portatori di handicap e del reddito complessivo familiare
del 2007. La stessa normativa prevedeva il potenziamento e l’estensione degli strumenti di tutela del
reddito, in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione e disciplinava ulteriormente la concessione
degli ammortizzatori in deroga. In particolare l’estensione degli strumenti era prevista nei seguenti casi:
1. l'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali per i lavoratori sospesi per
crisi aziendali o occupazionali, subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla
misura del venti per cento dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla
contrattazione collettiva; durata massima del trattamento di novanta giornate annue di indennità50
2. l'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti per i lavoratori del settore
artigianato sospesi per crisi aziendali o occupazionali, subordinatamente ad un intervento
integrativo pari almeno alla misura del venti per cento dell’indennità stessa a carico degli enti
bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva; durata massima del trattamento novanta giornate
annue di indennità51
3. in via sperimentale per il triennio 2009‐2011 e subordinatamente a un intervento integrativo pari
almeno alla misura del venti per cento dell’indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti
dalla contrattazione collettiva, si prevedeva il trattamento per i lavoratori assunti con la qualifica di
apprendista alla data di entrata in vigore del decreto e con almeno tre mesi di servizio, in caso di
50 Quanto previsto dalla presente lettera non si applica ai lavoratori dipendenti di aziende destinatarie di trattamenti di
integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative
programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale. L'indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita
e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
51 Si veda la nota precedente. Per i lavoratori di cui ai punti 1 e 2 l'eventuale ricorso nell'anno 2009 all'utilizzo di trattamenti di
cassa integrazione guadagni straordinaria o di mobilità in deroga alla normativa vigente è in ogni caso subordinato
all'esaurimento dei periodi di tutela descritti. Sia nei casi 1 che 2, fino all’entrata in vigore del decreto attuativo, l’indennità è
concessa anche senza l’intervento integrativo degli enti bilaterali.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
64
sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all'indennità
ordinaria di disoccupazione con requisiti normali; in questo caso i lavoratori interessati dovevano
aver reso dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione
professionale all’atto della domanda per l’indennità
4. in via sperimentale per il triennio 2009‐2011, nei soli casi di fine lavoro, era riconosciuta una somma
liquidata in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai
collaboratori coordinati e continuativi iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'Inps, che
soddisfacessero una serie di condizioni specifiche (monocommittenza, minimali di reddito, ecc.).
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali in deroga, le risorse residue derivanti dalla stessa parte della
Legge n. 2 del 2009 potevano essere utilizzate per tutte le tipologie di lavoro subordinato, compresi i
contratti di apprendistato e di somministrazione. In questo caso l'erogazione dei trattamenti, sia nel caso di
prima concessione sia nel caso di proroghe,veniva subordinata alla dichiarazione di immediata disponibilità
al lavoro o a un percorso di riqualificazione. In caso di rifiuto, della firma o della successiva offerta, il
lavoratore perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale a carico del datore
di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati.
La normativa prevedeva altresì che:
ai lavoratori non destinatari dei trattamenti di mobilità (ex Legge n. 223 del 1991), in caso di
licenziamento potesse essere erogato un trattamento di ammontare equivalente all’indennità di
mobilità nell’ambito delle risorse destinate per il 2009 agli ammortizzatori sociali in deroga
in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2009,
potessero essere concessi trattamenti di Cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità
anche ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle
agenzie di viaggio e turismo (compresi gli operatori turistici) con più di 50 dipendenti, delle imprese
di vigilanza con più di 15 dipendenti
trattamenti specifici per i lavoratori portuali.
Infine, nell'ambito delle risorse finanziarie destinate per l'anno 2009 alla concessione in deroga, in
riferimento ai trattamenti di Cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione
speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a
settori produttivi e ad aree regionali, definiti in specifiche intese stipulate in sede istituzionale territoriale
entro il 20 maggio 2009 e recepite in accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2009, i trattamenti
concessi ai sensi dell'articolo 2, comma 521, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive
modificazioni, potevano essere prorogati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze
comportassero una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
65
trattamenti scaduti il 31 dicembre 200852. In questo quadro Il Ministero del lavoro poteva assegnare parte
dei fondi direttamente a Regioni e Province.
La dimostrazione della volontà di operare in stretta coesione si trova nell’Accordo siglato tra Governo e
Regioni il 12 febbraio 2009, relativo alla gestione ed al finanziamento degli ammortizzatori sociali che
disciplina e prevede ulteriori ambiti di intervento.
Si tratta di una operazione che ha consentito di mettere insieme e sbloccare risorse per circa 8 miliardi di
euro e ha deciso l’istituzione di un nuovo Fondo Stato Regioni, nel quale confluiscono risorse statali per 1,6
miliardi di euro e risorse regionali per 6,4 miliardi (3,8 miliardi dal Fondo per le aree sottoutilizzate,
attingendo dalla quota versata dallo Stato, e 2,6 miliardi dalle risorse destinate alla formazione a livello
regionale nell’ambito del Fondo sociale europeo).
In realtà le varie istituzioni coinvolte erano sostanzialmente d’accordo nel considerare gli ammortizzatori in
deroga come uno strumento legato all’eccezionalità dell’attuale situazione economica, tant’è che, verificata
la quota di intervento Fse per ciascuna Regione, nell’eventualità che non fosse sufficiente a coprire la
domanda degli ammortizzatori in deroga nella Regione o nel caso di tensioni concordemente ritenute
eccessive nell’impiego dell’Fse, il Governo si impegna ad integrare le risorse con una quota delle risorse
nazionali di cui nelle decisioni.
Cuore dell’accordo la previsione che il contributo nazionale ai sensi dell’art. 19, comma 8 del D.L. n. 185 del
2008 (come integrato dalla legge di conversione) sarà impiegato per il pagamento dei contributi figurativi e
per la parte maggioritaria di sostegno al reddito. Il contributo regionale, sarà, invece impiegato per azioni
combinate di politica attiva e di completamento di sostegno al reddito. In questo modo le persone
beneficiarie dei trattamenti in deroga potranno usufruire, da un lato di una quota dell’indennità e del
contributo figurativo che faranno capo al contributo nazionale, dall’altra di una politica formativa o di una
politica attiva disciplinata dalla Regione a valere sui Programmi regionali Fse e integrata dall’erogazione di
un sostegno al reddito che assieme al sostegno a carico dei fondi nazionali rientri comunque nel limite dei
massimali previsti dalla legge.
Sulla base di accordi stipulati tra le Regioni e le parti sociali e acquisita la dichiarazione di disponibilità dei
lavoratori presso i servizi competenti, l’Inps erogherà il sostegno al reddito per la parte che farà capo ai
fondi nazionali con l’accantonamento della contribuzione figurativa.
Il contributo finanziario delle Regioni avverrà nel rispetto di due requisiti:
garanzia di assenza di una riprogrammazione sostanziale, essendo necessaria solo un eventuale
modifica ai piani finanziari volta a soddisfare esigenze di dotazione degli assi “Occupabilità” e “
Adattabilità” e di piena utilizzazione delle risorse e dei fondi comunitari
mantenimento delle attuali assegnazione di risorse Fse tra Regioni.
52 La misura dei trattamenti di cui al presente comma è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel
caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di
proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di
reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale, organizzati dalla Regione.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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Per quanto riguarda le risorse di competenza nazionale, 4 miliardi di euro sono destinati ad arricchire il
Fondo per gli ammortizzatori sociali, dove già sono presenti il miliardo di euro previsto dalla finanziaria e i 4
miliardi di euro frutto dell'accordo con le Regioni, in totale 9 miliardi per far fronte all'aumentata spesa per
gli ammortizzatori sociali in conseguenza della crisi economica.
Sempre nella competenza nazionale rientrano i 5 miliardi di euro assegnati dal Cipe al Fondo Infrastrutture
per opere, alcune immediatamente cantierabili, tra cui: gli interventi mirati alla difesa della città di Venezia,
gli interventi nei sistemi metropolitani di Palermo, Catania, del Sistema Regionale Campano, di Bari,
Cagliari, Roma e Milano. Infine, è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio, con uno stanziamento di
9 miliardi di euro, un Fondo strategico per il sostegno dell'economia reale, a disposizione di progetti che
saranno esaminati dal Consiglio dei ministri.
Ai programmi regionali ed interregionali del Mezzogiorno e agli obiettivi di servizio sono stati assegnati
21,831 miliardi di euro, mentre ai programmi delle Regioni del Centro Nord sono stati assegnati 5,195 miliardi
di euro. Nel corso della riunione del 6 marzo venivano anche approvati i primi otto programmi regionali
presentati dalle Regioni. Tra essi figuravano la valle d’Aosta con una dotazione di 39 milioni di euro, il
Piemonte con 833, la Lombardia con 793, la Liguria con 320, l’Emilia Romagna con 268, la Toscana con 709,
l’Umbria con 237, le Marche con 225 ed infine la Provincia autonoma di Bolzano con 80 milioni di euro.
Nei paragrafi successivi si dà conto in maniera analitica dei provvedimenti in via di predisposizione e di
attuazione che alcune Amministrazioni regionali hanno avviato, sulla falsariga del processo sopra per grandi
linee richiamato. La scelta dei casi da esaminare più approfonditamente è stata effettuata tentando di
considerare da un lato contesti che mostrassero, alla data di predisposizione del presente testo, un livello di
implementazione effettivo, dall’altro operando per presentare almeno un caso che fosse riconducibile a
ciascuna delle quattro aree geografiche (Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud e Isole) e dunque ad modelli di
sviluppo caratterizzati in origine dall’appartenenza al triangolo industriale (Liguria), ai territori di elezione della
piccola e media impresa (Friuli e Veneto per il Nord‐est e Marche al Centro) e al Mezzogiorno (Campania).
Allo scopo di fornire un quadro più completo degli sforzi compiuti in direzione dell’integrazione delle
politiche locali, all’illustrazione dei contenuti attuativi degli accordi è stata affiancata, ove possibile, la
presentazione delle principali misure finalizzate al sostegno al sistema produttivo e ai consumi in generale.
10. I casi regionali
10.1. I principali interventi predisposti a livello regionale in Campania
Per fronteggiare la crisi economica in atto che tendenzialmente ridurrà la competitività delle imprese ed il
potere di acquisto dei consumatori, la Regione Campania ha adottato e intende adottare misure a favore
delle imprese e delle famiglie. A tale scopo ha individuato diverse iniziative e previsto i seguenti interventi:
incentivi per le piccole imprese volti a favorirne il rafforzamento patrimoniale finalizzato
all’investimento attraverso il Consolidamento delle passività a breve di cui all’art. 6 della Legge
Regionale n. 12 del 2007
istituzione del Confidi di cui alla Legge Regionale n. 10 del 2008 e del Confidi Campania per la
garanzia di 2° livello
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Fondo regionale di garanzia gestito da Artigiancassa ‐ Banca Nazionale del Lavoro attraverso l’utilizzo
delle risorse del Programma Operativo Regionale 2000‐2006
sottoscrizione della convenzione relativa al Programma Jeremie con il Fondo Europeo degli
investimenti che prevede strumenti finanziari, tradizionali e innovativi studiati per il supporto al
sistema produttivo, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative
ed al comparto dell'impresa sociale. I fondi che la Regione Campania ha destinato alla iniziativa
Jeremie provengono da vari Assi del PO FESR e ammontano, complessivamente, a 100 milioni di euro
promozione di forme di finanza innovativa (investimenti nel capitale di rischio delle imprese).
Per la lotta al caro prezzi, la Regione è impegnata ad adottare politiche finalizzate al contenimento dei
prezzi e delle tariffe e al rilancio dei consumi al fine di attivare politiche di contrasto al crescente
impoverimento della popolazione. In continuità con le azioni già attuate precedentemente, la Regione ha
sottoscritto il 2 ottobre 2008 un Protocollo d’intesa per il contenimento dei prezzi e delle tariffe con le
Associazioni dei produttori e distributori di beni e servizi, le Associazioni rappresentative dei consumatori,
gli Enti, le Associazioni e le Organizzazioni sindacali a tutela del cittadino‐consumatore e del corretto
funzionamento delle dinamiche di sviluppo commerciale ed industriale del territorio regionale.
Il protocollo prevede le seguenti tipologie di intervento:
a. moratoria annuale delle tariffe dei servizi pubblici locali, con la previsione di misure compensative per i
gestori
b. definizione di un paniere di beni di prima necessità a prezzi bloccati e scontati per un periodo minimo
di 6 mesi
c. definizione di un paniere di beni a prezzi fortemente scontati da commercializzare nella c.d. “quarta
settimana”
d. definizione di un programma di aperture serali straordinarie (ad es. nei fine settimana dalle 20,00 alle
24,00), autorizzando vendite a saldo
e. accordi di “filiera corta” e per i farmer’s market
f. promozione e sostegno per i sistemi di vendita “alla spina”
g. iniziative per contrastare il caro carburanti
h. promozione del marchio regionale per la tutela delle produzioni campane
i. istituzione di un nucleo regionale anti‐frode
j. proposta di istituzione di un tavolo nazionale per contrastare gli aumenti delle assicurazioni RC Auto
k. sostegno al credito per i beni di largo consumo e durevoli.
Infine nella finanziaria regionale, a tutela del consumatore, sono previste azioni per il monitoraggio ed il
contenimento dei prezzi di beni e servizi di largo consumo e l'istituzione di banchi alimentari.
Per quanto concerne le Misure di contrasto alla povertà, la Giunta regionale ha deciso di incrementare
significativamente l'impegno sulle politiche sociali e di welfare. Una delle scelte più significative del nuovo
bilancio regionale prevede un piano di interventi per contrastare la povertà estrema e sostenere le famiglie,
specie quelle con minori, che versano in gravi difficoltà economiche (circa 12 milioni di euro).
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Per il sostegno all’economia regionale, nel luglio 2008 la Regione ha avviato un Programma di investimenti
in infrastrutture per un importo di 1 Miliardo di euro a valere sulle risorse FESR 2007‐2013 attivando la
riserva finanziaria del 15% prevista sui progetti del Parco Progetti Regionale, istituito ai sensi della DGR
1041/06 con la quale è stata prevista una riserva dei progetti di intervento per la realizzazione di
infrastrutture materiali e immateriali, proposti da soggetti pubblici, che siano coerenti con gli indirizzi
programmatici e con quelli contenuti nel Documento Strategico Regionale 2007‐2013.
Infine, in data 2 marzo 2009 è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania, la
Deliberazione n. 256 del 13 febbraio 2009 contenente “Misure di contrasto alla crisi economico‐
occupazionale in Regione Campania: interventi supplementari alla programmazione nazionale anticrisi”.
Nella premessa viene sottolineata la necessità di predisporre interventi atti a fronteggiarne gli effetti sulla
occupazione, soprattutto in quelle aree caratterizzate da divari di sviluppo come quelle inserite
nell’obiettivo Convergenza per il Por 2007‐2013. Per raggiungere questi obiettivi la regione Campania si
propone di varare un’importante iniziativa europea di sostegno all’occupazione, semplificando i criteri degli
aiuti provenienti dal Fondo sociale europeo al fine di:
intensificare rapidamente i programmi di attivazione, in particolare per le persone scarsamente
qualificate, prevedendo consulenza personalizzata, formazione o riqualificazione intensiva dei
lavoratori, apprendistato, posti di lavoro sovvenzionati, nonché sovvenzioni per i lavoratori autonomi
e per l’avvio di attività d’impresa
reimpostare i programmi per concentrare il sostegno sulle categorie più vulnerabili e, ove necessario,
optare per un finanziamento comunitario integrale dei progetti durante questo periodo
migliorare il monitoraggio dello sviluppo delle competenze e la sua rispondenza al fabbisogno,
adeguandolo alle offerte di lavoro esistenti e future; ciò avverrà in stretta cooperazione con le Parti
sociali, i Servizi pubblici per l’impiego e le Università.
E’ prevista l’istituzione di un plafond destinato ad una programmazione combinata degli interventi descritti
più sopra, per un importo pari a 92 milioni di euro a valere prioritariamente sugli Assi I – Adattabilità ‐, II
Occupabilità, e con il supporto di specifiche azioni a valere sull’Asse III ‐ Inclusione sociale; di trarre, inoltre,
le risorse finanziarie dal Por Campania 2007‐2013 e anche del Por Campania 2000‐2006 e da altri
finanziamenti aggiuntivi compatibili e coerenti con l’Asse III del Fse stesso. Viene inoltre deliberato di
affidare il coordinamento del “Pacchetto di misure anticrisi” alla Struttura per il coordinamento della
politica generale unitaria 2007/2013 istituita con DPGR n. 153 del 2008, prevedendo nel bilancio gestionale
2009 l’istituzione di un apposito capitolo di spesa, dotandolo delle risorse individuate in percentuale dagli
obiettivi operativi, coerenti con le misure anticrisi, fino alla complessiva iscrizione della somma
summenzionata.
10.2. I principali interventi predisposti a livello regionale in Friuli Venezia Giulia
Per definire gli strumenti con i quali fronteggiare l'impatto della crisi finanziaria sul sistema delle imprese, la
Regione ha avviato un tavolo di lavoro con gli operatori finanziari locali.
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I problemi sono stati individuati nella contrazione del credito a favore delle imprese, soprattutto Piccole e
Medie Industrie (Pmi), da parte delle banche, alla luce della nota crisi di liquidità. Inoltre, si è rilevato che la
scarsa capitalizzazione delle Pmi costituisce un elemento di debolezza che in questa fase acuisce gli effetti
della crisi stessa. In esito agli incontri di confronto e approfondimento, tenutisi tempestivamente
all'affacciarsi degli effetti della crisi anche in ambito regionale, dal tavolo di lavoro è emersa la decisione di
attivare due strumenti di sostegno alle Pmi per superare la fase critica:
la costituzione di un fondo di cogaranzia a disposizione delle Pmi di tutti i settori, cui la Regione
intende garantire una dotazione iniziale di 10 milioni di euro, che potrà essere incrementata con gli
apporti degli altri soggetti coinvolti (Confidi, Camera di Commercio, Mediocredito); a fronte
dell'aumento delle garanzie che in questo modo le Pmi sarebbero in grado di fornire, sarà stipulata
una convenzione con le banche che assicuri un tetto massimo allo spread praticabile. La
cogaranzia andrà infatti a sommarsi alle garanzie che già vengono attivate, normalmente nel limite
del 50%, dai Confidi della Regione, e consentirebbe dunque di convenire condizioni migliori di
finanziamento per le Pmi beneficiarie. Il fondo è stato attivato con l'approvazione da parte del
Consiglio regionale nella seduta del 30 ottobre 2008 di una apposita norma, cui sarà data attuazione
con apposito regolamento;
la costituzione di un fondo per la capitalizzazione delle Pmi, attraverso la finanziaria e holding
regionale Friulia Spa, la cui dotazione iniziale è pari a 15 milioni di euro. Tale fondo è già stato
approvato dal comitato di gestione di Friulia SpA.
Inoltre, per quanto riguarda il fondo di cogaranzia, risulta essenziale, qualora si intenda attivare lo
strumento in de minimis, come appare necessario quantomeno per i finanziamenti attivati per la liquidità a
breve e non per investimenti, potere derogare ai limiti fissati dal Regolamento 1998/2006 della
commissione in merito al calcolo dell'aiuto concesso sotto forma di garanzia. La Regione ha predisposto un
metodo di calcolo dell'aiuto concesso sotto forma di garanzia che consentirebbe una maggiore aderenza
agli effettivi parametri delle imprese regionali e sul quale è stato avviato il confronto informale di
prenotifica con la Commissione. Analoghe iniziative di altre regioni risultano pertanto in questa fase di
estremo interesse.
All’inizio dell’anno in Friuli Venezia Giulia si è constatato che le ore di cassa integrazione, sia ordinaria che
straordinaria, sono più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2008, toccando il livello di 1,37
milioni. In questo quadro il 13 maggio scorso è stato predisposto l’Accordo quadro previsto dal punto 6
dell’Accordo sottoscritto il 29 aprile tra il Ministero del lavoro e la Regioni relativo alla concessione degli
ammortizzatori sociali in deroga per il 2009.
Con la sottoscrizione dell’Accordo quadro, Regione, Parti sociali ed Enti bilaterali hanno convenuto di
utilizzare gli ammortizzatori sociali in deroga in coerenza con i seguenti principi:
per quanto attiene al trattamento di Mobilità in deroga, garantire un sostegno al maggior numero
possibile di soggetti che a decorrere dall’1/1/2009 siano stati licenziati per ragioni oggettive o si siano
dimessi per giusta causa senza poter beneficare, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, di
ammortizzatori sociali in base alla vigente normativa nazionale
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per quanto attiene alla Cassa integrazione in deroga, consentirne l’utilizzo a favore dei datori di
lavoro esclusi in tutto o in parte dall’accesso agli strumenti a regime di integrazione salariale e che
debbano ricorrere a sospensioni dell’attività lavorativa o riduzioni dell’orario di lavoro a seguito di
una specifica situazione di crisi; ciò nei limiti di una programmazione delle sospensioni e delle
riduzioni di orario che sia coerente con la specifica situazione di crisi e che consenta
all’Amministrazione regionale di attivare a favore dei lavoratori beneficiari dei trattamenti in deroga
percorsi di politica attiva del lavoro; consentire altresì in via eccezionale l’utilizzo della Cassa
integrazione straordinaria in deroga a quelle imprese che, pur essendo destinatarie di tutti gli
strumenti a regime di integrazione salariale, non possano ricorrervi nel caso specifico, a condizione
che l’utilizzo della Cassa integrazione straordinaria in deroga sia accompagnato dall’impegno alla
salvaguardia dei livelli occupazionali.
Per quanto riguarda la Mobilità in deroga, le caratteristiche dei lavoratori che possono beneficiarne sono le
seguenti:
a) siano esclusi dal diritto alla percezione dell’indennità di mobilità, dell’indennità di disoccupazione o di
altra tipologia di trattamento di disoccupazione
b) abbiano presso il datore di lavoro che ha effettuato il licenziamento ovvero presso il posto di lavoro dal
quale si sono dimessi un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro
effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione dal lavoro derivanti da ferie, festività e
infortuni (ai fini del calcolo di tale requisito si considerano valide anche eventuali mensilità screditate dalla
medesima impresa presso la gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n.
335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della Legge 23 dicembre 1996, n.
662, per i soggetti che abbiano conseguito in regime di monocommittenza un reddito superiore a 5.000
euro complessivamente riferito a dette mensilità).
I trattamenti vengono concessi a tutte le tipologie di lavoro subordinato: lavoratori con contratto di lavoro
a tempo determinato; apprendisti; lavoratori assunti dalle agenzie di somministrazione, in caso di
cessazione del rapporto del lavoratore con l’agenzia somministratrice di lavoro; soci lavoratori di
cooperative, escluse dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali in base alla vigente normativa nazionale, che
abbiano instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro subordinato. Sono anche previste, per il
periodo dall’1/1/2009 fino al 31/12/2009, proroghe e nuove concessioni del trattamento di mobilità in
deroga nel settore degli spedizionieri doganali nonché per dipendenti delle imprese di autotrasporto in
conto terzi (individuate dal codice ATECO 60.24) prive di ammortizzatori sociali previsti dalle vigenti norme
ovvero da accordi in materia, a condizione che dette imprese siano iscritte agli albi degli autotrasportatori
tenuti presso le sedi provinciali della Motorizzazione civile. I tale ambito, per i lavoratori che nel corso del
2008 sono decaduti dal trattamento di mobilità in deroga e che pertanto sono esclusi dalla proroga del
trattamento medesimo, l’Amministrazione regionale si impegna ad attivarsi per il loro inserimento in
iniziative mirate alla ricollocazione e al sostegno al reddito nell’ambito del Programma Pari 2009.
In relazione alla Cassa integrazione guadagni in deroga, sono previste concessioni del trattamento di
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integrazione salariale a seguito di sospensione a zero ore ovvero di riduzione dell’orario di lavoro verticale
od orizzontale per i dipendenti di datori di lavoro che non siano destinatari di trattamenti di integrazione
salariale, ovvero che siano destinatari della sola integrazione salariale ordinaria o della sola integrazione
salariale straordinaria. Possono beneficiare del trattamento tutti i lavoratori subordinati, i quali abbiano
conseguito un’anzianità lavorativa presso il datore di lavoro di almeno novanta giorni alla data di richiesta
del trattamento, compresi gli apprendisti, i lavoratori somministrati e i soci lavoratori che abbiano
instaurato con le cooperative un rapporto di lavoro subordinato, per periodi anche non continuativi di
sospensione o di riduzione di orario verticale od orizzontale che abbiano avuto inizio dall’1/1/2009 al
31/12/2009 e per un massimo di 680 ore totali per ciascun lavoratore, ovvero per una massimo di 458 ore
totali in caso di lavoratori a part‐time fino a 20 ore lavorative settimanali. Sono altresì possibili in via
eccezionale concessioni, per un periodo non superiore a quattro mesi, del trattamento di integrazione
salariale straordinaria in deroga per i lavoratori sospesi entro il 31/12/2009 da imprese che, pur essendo
destinatarie di trattamenti sia di integrazione salariale ordinaria che di integrazione salariale straordinaria,
non possano, in relazione alla singola causale dell’intervento di Cigs, ricorrere a quest’ultima.
Per quanto concerne l’intero comparto produttivo, la Regione provvederà ad azzerare con un
provvedimento tampone i parametri di verifica previsti dalla Legge n. 4 del 2005, consentendo alle
imprese che hanno già avuto accesso ai contributi di mantenerli e, in prospettiva, alle altre di accedervi
attraverso un sistema di valutazione meno restrittiva.
Una rimodulazione della Legge n. 23 del 2001 sull’imprenditorialità femminile, consentirà di recuperare
altri 8 milioni di euro per l’autofinanziamento a breve‐medio termine delle imprese, mentre sarà approvato
quanto prima dalla Giunta regionale il nuovo regolamento per la garanzia del credito.
Il Consiglio regionale approverà inoltre lo storno di 10 milioni di euro destinati alla creazione di un fondo di
cogaranzia accanto a Confidi che, una volta raggiunto l'accordo con le banche, punta a generare garanzie di
credito per le imprese di 200‐300 milioni.
10.3 I principali interventi predisposti a livello regionale in Liguria
In merito alla problematica inerente la crisi economica‐finanziaria, la Regione Liguria nell'ambito
dell'assestamento di bilancio ha previsto uno stanziamento di 2 milioni di euro per il potenziamento del
sistema regionale dei Confidi, al fine di aumentare le garanzie concedibili a fronte di finanziamenti di
liquidità delle piccole e medie imprese.
Sono ormai alcuni anni che si sono concentrate nella regione situazioni di crisi occupazionali e numerose le
realtà industriali recentemente investite dalla recessione produttiva con evidenti ripercussioni
sull’occupazione. Con una puntuale e capillare premessa, la Regione spiega le motivazioni che hanno
indotto ad emanare una Deliberazione della Giunta (n. 104 del febbraio 2009), con la quale dare pronta
attuazione alla realizzazione di un Piano Straordinario degli Interventi a sostegno dell’occupazione
finalizzato allo sviluppo di azioni in grado di dare risposte ai fattori d’insicurezza insisti nella attuale
situazione economica recessiva ed in quella che si prevede delinearsi nel breve periodo .
Il Provvedimento prevede di destinare un finanziamento di 50 milioni di euro a valere sulle risorse del Por
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dell’Obiettivo Competitività regionale ed occupazione del Fondo sociale europeo per gli anni 2007‐2013‐
Asse I ‐ Adattabilità‐ che prevede interventi per la crescita dell’imprenditorialità, il rafforzamento della
competitività delle imprese, la loro crescita dimensionale e la conseguente adattabilità dei lavoratori alle
trasformazioni –Asse II ‐ Occupabilità, che prevede interventi per promuovere maggiori e migliori posti di
lavoro in Liguria, operando in maniera congiunta con strumenti di informazione, orientamento,
formazione e sostegno all’inserimento lavorativo per la realizzazione del Piano Straordinario di cui più
sopra.
La Delibera prevede che il Piano Straordinario sia articolato nei seguenti Progetti:
borse formative per il lavoro destinate a promuovere il reinserimento lavorativo delle persone in
Cassa integrazione guadagni straordinaria (Legge n. 223 del 1991 e in deroga) senza possibilità di
rientro nella azienda. Queste sono consistenti nell’assegnazione di borse di formazione per
esperienze lavorative presso datori di lavoro che possano essere trasformate, per il periodo non
goduto, in un ulteriore incentivo all’azienda disponibile ad assumere il lavoratore ed accompagnate
da ulteriori interventi integrativi (rimborso spese per attività di assistenza e tutoraggio alle imprese
ospitanti, aiuto all’occupazione, aiuti alle imprese per assunzione a tempo indeterminato
formazione per una nuova occupazione. Progetti destinati a promuovere azioni di sostegno
all’inserimento di lavoratori che hanno perso l'occupazione e consistenti in percorsi integrati di
formazione (accrescimento di competenze anche tramite voucher individuali, progetti integrati di
creazione di impresa, work esperience) accompagnati da ulteriori interventi integrativi (rimborso
delle spese sostenute che possa essere trasformato, per il periodo non goduto, in incentivo
all’azienda disponibile ad assumere il lavoratore a tempo, voucher formativo individuale,
finanziamento iniziale dello start‐up d'impresa, rimborso spese per attività di assistenza e
monitoraggio al datore di lavoro che accoglie in work experience, aiuto all’occupazione di ogni
persona assunta a tempo indeterminato per almeno tre anni, aiuto alla creazione di impresa, aiuto/
borsa di formazione)
stabilizzazione del lavoro precario nelle aziende private secondo quanto previsto dalla deliberazione
della Giunta Regionale n. 1261 del 9 ottobre 2008, mediante azioni tese a ridurre la distanza
esistente nei diritti e nelle protezioni sociali e a rispondere alle necessità delle aziende che intendono
la flessibilità quale strumento per creare sviluppo e ricchezza. Il progetto consiste nell’offerta di un
insieme di servizi, opportunità e sostegni destinati ai lavoratori assunti con contratto di
apprendistato, a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa, a progetto e
occasionale (in costanza di rapporto o assunti per un periodo di almeno due anni nell’ultimo triennio)
accompagnati da ulteriori interventi integrativi (voucher formativo individuale, finanziamento iniziale
dello start up d'impresa, rimborso spese per attività di assistenza e monitoraggio al datore di lavoro
che accoglie in work experience)
promozione dell'occupazione giovanile a tempo indeterminato consistente in un contributo a fondo
perduto, cumulabile con altri interventi, sotto forma di sgravio contributivo per ogni assunzione a
tempo indeterminato effettuata ai sensi dell'articolo 36 della Legge Regionale n. 30 del 2008 da parte
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
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di società di capitali, società di persone, ditte individuali, cooperative, imprese sociali, Onlus, liberi
professionisti con l'esclusione delle Agenzie di somministrazione e dei datori di lavoro privati.
Il Provvedimento stabilisce infine di rinviare a successivi provvedimenti l’attuazione delle azioni di cui al
punto precedente e di stabilire che le medesime azioni saranno incluse nel Piano Regionale Integrato per la
Crescita dell’Occupazione dell’anno 2009, secondo quanto previsto dall’articolo 8 della richiamata Legge
Regionale 30/2008.
Il 19 giugno 2009, l’Amministrazione regionale ha siglato con le Province, le Parti sociali, l’Associazione
Nazionale Comuni Italiani, l’Inps e Italia Lavoro l’Accordo quadro ai sensi dell’Intesa Stato‐Regioni del 12
febbraio 2009 e del protocollo sottoscritto il 29 aprile tra il Ministero del lavoro e la Regione relativo alla
concessione degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2009.
Con la sottoscrizione dell’accordo quadro le parti hanno anche in questo contesto convenuto di utilizzare gli
ammortizzatori sociali in deroga in coerenza con i seguenti principi:
per quanto attiene al trattamento di Mobilità in deroga, garantire un sostegno al maggior numero
possibile di soggetti che siano stati licenziati per ragioni oggettive o si siano dimessi per giusta causa
senza poter beneficare, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, di ammortizzatori sociali in
base alla vigente normativa nazionale
per quanto attiene alla Cassa integrazione guadagni in deroga consentirne l’utilizzo a favore dei
datori di lavoro esclusi in tutto o in parte dall’accesso agli strumenti a regime di integrazione salariale
e che debbano ricorrere a sospensioni dell’attività lavorativa o riduzioni dell’orario di lavoro a seguito
di una specifica situazione di crisi; ciò nei limiti di una programmazione delle sospensioni e delle
riduzioni di orario che sia coerente con la specifica situazione di crisi e che consenta
all’Amministrazione regionale di attivare a favore dei lavoratori beneficiari dei trattamenti in deroga
percorsi di politica attiva del lavoro; consentire in via eccezionale l’utilizzo della Cassa integrazione
straordinaria in deroga a quelle imprese che, pur essendo destinatarie di tutti gli strumenti a regime
di integrazione salariale, non possano ricorrervi nel caso specifico, a condizione che l’utilizzo della
Cassa integrazione straordinaria in deroga sia accompagnato dall’impegno alla soluzione dei
problemi occupazionali.
In analogia ad altri accordi regionali, possono beneficiare del trattamento di mobilità in deroga i lavoratori
che, dalla data di sottoscrizione dell’Accordo, abbiano subito un licenziamento collettivo, plurimo ovvero
individuale per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o
di lavoro, a condizione che:
a. siano esclusi dal diritto alla percezione dell’indennità di mobilità, dell’indennità di disoccupazione o
di altra tipologia di trattamento di disoccupazione
b. abbiano presso il datore di lavoro che ha effettuato il licenziamento, ovvero presso il posto di
lavoro dal quale si sono dimessi, un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di
lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione dal lavoro derivanti da ferie,
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festività e infortuni (ai fini del calcolo di tale requisito si considerano valide anche eventuali mensilità
accreditate dalla medesima impresa presso la gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, per i soggetti che abbiano conseguito in regime di monocommittenza
un reddito superiore a 5.000 euro complessivamente riferito a dette mensilità)
c. il rapporto di lavoro sia cessato da non più di 68 giorni.
Nell’ambito del medesimo Accordo sono previste concessioni del trattamento di integrazione salariale in
deroga a seguito di sospensione a zero ore, ovvero di riduzione dell’orario di lavoro verticale od orizzontale
per i dipendenti di datori di lavoro che, in base alla vigente normativa nazionale, non siano destinatari di
trattamenti di integrazione salariale, ovvero che siano destinatari della sola integrazione salariale ordinaria
o della sola integrazione salariale straordinaria.
Il trattamento viene concesso per un periodo iniziale fino ad un massimo di sei mesi proseguibili a seguito
di verifica della effettiva disponibilità finanziaria.
Possono beneficiare del trattamento di cui al presente comma tutti i lavoratori subordinati, i quali abbiano
conseguito un’anzianità lavorativa presso il datore di lavoro di almeno novanta giorni alla data di inizio del
trattamento individuale. Gli interventi sono rivolti a favore di tutte le tipologie di lavoratori subordinati:
lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato; apprendisti; lavoratori assunti dalle agenzie di
somministrazione; soci lavoratori di cooperative, escluse dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali in base
alla vigente normativa nazionale, che abbiano instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro
subordinato. Sono possibili in via eccezionale concessioni del trattamento di integrazione salariale
straordinaria in deroga per i lavoratori sospesi entro il 31/12/2009 da parte di imprese che, pur essendo
destinatarie di trattamenti sia di integrazione salariale ordinaria che di integrazione salariale straordinaria,
non possano, in relazione alla singola causale dell’intervento di Cig, ricorrere a quest’ultima. La Cig in
deroga può essere autorizzata, dopo l’utilizzo da parte delle imprese di tutti gli strumenti previsti dalla
legislazione ordinaria, per le sospensioni dell’attività lavorativa. Per le imprese che non rientrano
nell’ambito della vigente legislazione in materia di ammortizzatori a regime, l’accesso alla Cig in deroga può
essere autorizzato direttamente.
In base all’Accordo, la Regione mette a loro disposizione una pluralità di misure formative, di orientamento
e di accompagnamento, fruibili anche a distanza, in forma individuale o di gruppo. In particolare, i
lavoratori che usufruiscono degli ammortizzatori sociali in deroga saranno presi in carico dai Servizi al
Lavoro e usufruiranno di servizi specifici e mirati di accoglienza, analisi delle competenze e valutazione dei
fabbisogni, sulla base dei quali saranno successivamente avviati ad azioni personalizzate di aggiornamento
delle competenze (in relazione alle esigenze professionali attuali o potenziali dei settori produttivi, per i
lavoratori sospesi con possibilità di rientro in azienda); riqualificazione e ricollocazione, anche attraverso
azioni di miglioramento e adeguamento delle competenze possedute (per i lavoratori licenziati o sospesi
senza possibilità di rientro in azienda).
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10.4 I principali interventi predisposti a livello regionale nelle Marche
La Regione Marche ha istituito un fondo di solidarietà per sostenere l’occupazione, il lavoro e le Piccole e
Medie Industrie coinvolte nelle crisi di filiera e di territorio. L’intervento mira a sostenere, nell’immediato, i
livelli occupazionali, il lavoro e la competitività delle Pmi coinvolte nelle crisi delle filiere produttive, dei
territori e dei distretti. In considerazione dell’attuale turbolenza dei mercati finanziari l’estensione di tale
strumento è oggetto di valutazione.
L’intervento si propone di alleggerire l’esposizione finanziaria delle Pmi a breve termine. Lo strumento è la
concessione di garanzie mediante costituzione di un apposito fondo dedicato su un plafond di intervento di
200 milioni di Euro, da parte del sistema bancario.
Potrebbero essere così concesse garanzie che, nel rispetto del regime di aiuto del de minimis diano
copertura anche oltre la normale prassi ed in situazioni di criticità ma comunque non pregiudizievoli per il
futuro dell’impresa garantita. Tale intervento deve avere la precisa finalizzazione del consolidamento e non
deve sovrapporsi o intersecarsi con gli altri strumenti di sostegno all’accesso al credito che restano nella
loro validità ed efficacia. Il funzionamento del Fondo prevede che:
le Banche/Fondazioni bancarie e le Camere di Commercio partecipano, insieme alla Regione, alla
costituzione di un Fondo di complessivi € 10 ml.
il Fondo potrà essere utilizzato per rilasciare garanzie di 2° grado a favore di tutti i Confidi
marchigiani che rilascino garanzie di 1° grado a favore delle banche, che aderiscono al plafond di 200
milioni, e nell’interesse delle Pmi regionali come sopra specificato
tale garanzia di 1° grado dovrà coprire il 60% del finanziamento relativo riducendo il rischio del
sistema bancario rispetto alla usuale garanzia; la garanzia di 2° grado coprirà invece il 70% della
garanzia di 1° grado rilasciata dal Confidi
il Fondo interverrà sino ad esaurimento della propria dotazione ed opererà fino al 31/12/2010
ogni azienda garantita non potrà avere finanziamento a valere su questa iniziativa superiore a 1
milione di Euro.
Alla fine di marzo 2009 è stato siglato presso la sede della Regione il Protocollo di intesa per il sostegno ai
lavoratori ed alle imprese nelle situazioni di crisi. In premessa il Protocollo sottolinea che, stante la
situazione di crisi, può succedere che le imprese interessate da interventi di Cassa integrazione guadagni
non siano in grado, in alcuni casi, di anticipare il trattamento ai lavoratori e che per le procedure previste
dalla recente normativa, le erogazioni ai lavoratori dei trattamenti di Cig da parte dell’Inps avvengono con
tempistiche che, in caso di mancata anticipazione da parte dell’impresa, possono comportare difficoltà
economiche per i lavoratori e le loro famiglie. Per questi motivi la Regione Marche ha studiato la possibilità
di intervenire con forme di anticipazione del trattamento economico che il lavoratore vanta nei confronti
dell’Inps, da parte delle banche, trovando la disponibilità di queste ultime.
Le situazioni di crisi rispetto alle quali l’accordo fa riferimento sono:
ricorso alla Cig straordinaria da parte delle imprese coinvolte in procedure concorsuali (il fallimento,
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concordato preventivo, amministrazione straordinaria) o di liquidazione coatta o amministrativa
Ricorso alla Cig Straordinaria, anche in deroga o Cig ordinaria da parte delle imprese che hanno
espressamente richiesto il pagamento diretto dell’indennità da parte dell’Inps, previo accordo
sindacale tra le parti .
In breve, il lavoratore riceverà dal datore di lavoro una lettera che attesti la richiesta degli ammortizzatori
sociali e l’impossibilità di anticipare il trattamento di integrazione salariale; con tale lettera potrà
presentarsi anche presso la propria banca e regolare sul proprio conto corrente il finanziamento di un
importo massimo di 6.400,00 se in Cig straordinaria e di 3.200,00 se in Cig straordinaria in deroga e di
Cassa integrazione guadagni ordinaria di durata superiore a quattro settimane. A garanzia
dell’adempimento dell’obbligo di restituzione dei finanziamenti accordati dalla banca, il lavoratore cederà a
quest’ultima il credito che vanta nei confronti dell’Inps. Le Associazioni datoriali, le Organizzazioni sindacali
e le categorie economiche si impegnano a collaborare in piena sinergia in tutti gli aspetti del protocollo in
esame. Il Protocollo avrà una durata di 12 mesi e potrà essere rinnovato per ulteriori dodici mesi qualora
non intervenga una disdetta da alcuna delle parti.
10.5. I principali interventi predisposti a livello regionale in Veneto
La Regione, al fine di sostenere il mantenimento della capacità produttiva del sistema economico veneto, è
intervenuta con azioni mirate a supporto delle Piccole e Medie Industrie, rafforzando l’accesso alla
disponibilità di liquidità necessaria a garantire la continuità operativa. La partnership tra Ente pubblico,
sistema bancario e Organismi di garanzia intende determinare un valido sostegno alle imprese, sostegno
che passa attraverso un sostanziale rafforzamento delle garanzie “consortili” (confidi) e l’adozione di criteri
economico‐patrimoniali volti a favorire un miglioramento finanziario della finanza aziendale.
In questa ottica, la Giunta regionale ha deliberato lo stanziamento di:
Euro 3.650.000 per rifinanziare la Legge regionale n. 19 del 20 marzo 1980, Interventi a favore dei
Consorzi‐Fidi tra le piccole e medie imprese del settore secondario del veneto (DGR del 14 ottobre
2008)
Euro 1.242.968,84 per rifinanziare la Legge regionale n. 1 del 18 gennaio 1999, Interventi regionali
per agevolare l’accesso al credito nel settore commercio, specificatamente ai Contributi alla
cooperazione e consorzi di garanzia del settore commercio (DGR del 21 ottobre 2008).
Entrambi i finanziamenti concedono ulteriori risorse ai fondi rischi esistenti, consentendo così un
rafforzamento dell’offerta di garanzie in favore delle Pmi al fine di migliorare l’accesso al credito che,
particolarmente in questa fase, registra fenomeni di razionamento.
Per quanto riguarda il rafforzamento dei confidi artigiani, la Regione ha predisposto un intervento rivolto ad
aumentare le garanzie a favore delle imprese artigiane per l’accesso e la gestione del credito bancario
richiesto a fronte di esigenze di liquidità corrente che rischiano di essere disattese o fortemente ridotte. Il
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Fondo messo a disposizione eleva al 70% il livello di garanzia data dai Confidi artigiani (normalmente del
50%) alle imprese per il sostegno della gestione corrente, per la ristrutturazione della posizione debitoria,
per il consolidamento delle passività bancarie a breve, per il riequilibrio finanziario.
Nel gennaio 2009 è stato redatto un documento che definisce le Linee guida della strategia che la Regione
Veneto intende adottare nel campo delle politiche del lavoro per fronteggiare la crisi occupazionale,
favorire i processi di risanamento e innovazione delle imprese e creare le condizioni di ripresa e di rilancio
dell’economia.
Dal verbale dell’Accordo quadro si evince che, stante la situazione del mercato del lavoro veneto, i
sottoscrittori desiderano stipulare una intesa territoriale da proporre in sede governativa per la
concessione di ammortizzatori sociali in deroga per l’anno 2009 ai sensi dell’art. 19 del Decreto Legge n.
185 del 2008. Gli stessi firmatari prendono atto che la Commissione regionale per la concertazione e le
parti sociali ha condiviso gli indirizzi contenuti nel documento Linee guida delle politiche del lavoro nella
Regione Veneto per fronteggiare la crisi occupazionale e gli allegati relativi al sistema delle tutele, alle linee
operative per le politiche di workfare, per i Servizi all’impiego e per le procedure da porre in essere che a
loro volta approvano, ovvero:
assicurare a tutti i lavoratori coinvolti nei processi di crisi un sostegno al reddito adeguato per
ammontare e durata
ottimizzare l’impiego delle risorse finanziarie disponibili mediante una razionale combinazione dei
trattamenti ordinari e dei trattamenti in deroga ed il ricorso aggiuntivo a fondi comunitari
assicurare che il ricorso ai diversi strumenti disponibili sia coerente con la loro natura e funzione e
con gli obiettivi condivisi
fornire sostegno alle imprese e ai lavoratori che affrontano processi di innovazione e strategie di
rilancio per la salvaguardia dell’impresa e dell’occupazione
Sostenere con adeguate risorse aggiuntive i processi di riqualificazione e le politiche del reimpiego
dei lavoratori collocati in mobilità
prevenire e contrastare il pericolo di uso distorto degli ammortizzatori e di ricorso al lavoro irregolare
o sommerso.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
78
Conclusioni
Sia negli anni precedenti che in rapporto all’attuale congiuntura economica, il fenomeno della perdita di
lavoro ha assunto la connotazione di un problema sociale, cioè di una grave ‘anomalia’ nel sistema della
convivenza civile. Attorno ad esso si è prodotto un meccanismo complesso di rappresentazioni sociali,
norme e istituzioni atte a contrastare l'emergenza e ad attivare servizi volti da un lato, a supportare i
lavoratori nel mantenere una continuità lavorativa; dall’altro, a sostenere la possibilità di un raccordo fra
domanda ed offerta di lavoro accompagnando le imprese nella gestione delle proprie risorse umane ed
economiche.
Gli elementi caratteristici che hanno accompagnato in questi anni i processi di riforma degli Spi sono
essenzialmente raggruppabili in due ambiti:
il decentramento, la liberalizzazione dei servizi e l’ancoraggio al territorio con il conferimento alle
Regioni della funzione di promuovere e coordinare le politiche del lavoro, attraverso la creazione di
un sistema di strutture territoriali, pubbliche e private, non più direttamente dipendenti dal
Ministero del lavoro, ma organizzate autonomamente sulla base di indicazioni regionali e definite da
bacini di utenza territoriale
l’affidamento, ad un sistema di strutture pubbliche e private, di funzioni di servizio relative alla
realizzazione di misure di promozione all’inserimento lavorativo e all’incontro domanda offerta di
lavoro, che prevedono l’introduzione di nuovi servizi all’utenza, al territorio ed alle imprese, e che
presuppongono lo sviluppo di nuove competenze organizzative e gestionali delle strutture.
Il processo di decentramento ha cercato nel tempo di rispondere al bisogno di un rapporto sempre più
diretto fra clienti (cittadini ed imprese) e fornitori di servizi. Esso corrisponde all’esigenza di passare da un
modello gestionale prevalentemente amministrativo e uniforme su tutto il territorio nazionale, rivelatosi
inefficace in una società complessa, ad una struttura di servizi che vede i Centri per l’impiego rapportarsi ad
altri interlocutori e ad una elevata variabilità di domande, rilevando in modo capillare vincoli e risorse
presenti a livello locale ed offrendo servizi diversificati mirati a prevenire o intervenire sulla disoccupazione,
in rapporto a diversi target di utenza e situazioni locali.
Ciò ha richiesto ai Centri non solo un adeguamento delle strutture disponibili, ma anche un impegno in
termini di risorse organizzative, culturali ed economiche, volto ad individuare e costruire nuove modalità di
rapporto con utenti ed interlocutori. Da una mission fondamentalmente di stampo assistenzialistico del
collocamento ‐ che puntava al mantenimento dell’occupazione, ed al sostegno supportata dalle misure di
sostegno passivo del reddito ‐ le riforme hanno puntato allo sviluppo di una nuova visione del mercato del
lavoro fondata su un ruolo attivo dei Cpi nell’ambito della promozione territoriale dell’occupabilità e
dell’occupazione.
Ciò ha implicato un passaggio culturale ed organizzativo da un rapporto con un cliente “dato” entro un
adempimento per lo più amministrativo ad un rapporto con un cliente “costruito” in funzione di una
domanda e di una proposta di servizio. Nell’ambito dei nuovi servizi, attraverso la mediazione di un Patto di
servizio, di colloqui di informazione e orientamento, di servizi di accoglienza, consulenza e formazione, si
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
79
istituiscono spazi di conoscenza ed esplorazione delle domande e dei fattori che intervengono a costruire il
rapporto individui/contesto lavorativo, ed il rapporto fra domanda ed offerta di lavoro.
Il vissuto della perdita del lavoro viene affrontato dai soggetti in maniera diversa e diversa è la modalità
attraverso la quale il problema va affrontato. Quando, infatti, un individuo viene espulso dal processo
produttivo, entra in relazione non solo con le logiche di funzionamento dei meccanismi di regolazione del
rapporto tra domanda e offerta, ma anche con sistemi di rappresentazioni che assumono una funzione
regolativa, costituiscono cioè strumenti di auto‐orientamento e di conoscenza‐intervento per il soggetto
rispetto al proprio ambiente di interazione. Accanto ad un sostegno di tipo economico, che consenta al
soggetto espulso di affrontare in sicurezza il periodo di ricollocamento, debbono essere presenti sia un
sostegno di tipo psicologico, differenziato in base alle aspettative del lavoratore, sia un supporto di tipo
tecnico in cui vengano fornite competenze di base utili al reingresso nel mercato del lavoro.
La nuova mission dei Servizi per l’impiego diviene quindi quella di farsi carico non solo delle caratteristiche
della persona in cerca di lavoro o dell’impresa che ne chiede, quanto del rapporto fra domanda ed offerta
così come questo si organizza all’interno dei sistemi di rappresentazione del lavoro e del non lavoro, che la
congiuntura economica contribuisce a strutturare.
In un contesto di crisi allargata, la gestione dei servizi di politica attiva deve fronteggiare nuove sfide. Come
sembra evidente dall’esame delle informazioni presentate, le priorità di azione, sia sul versante nazionale,
che su quello regionale si sono mosse, da un lato in direzione dell’ampliamento dell’applicabilità degli
ammortizzatori già disponibili, eventualmente conferendo ampi margini di discrezionalità alle
Amministrazioni responsabili del loro utilizzo; dall’altro, indirizzando un cospicuo ammontare di risorse in
direzione del sostegno diretto al sistema produttivo e al sistema del credito.
All’interno di questo nuovo contesto, gli SPI hanno visto ampliare rapidamente il proprio ruolo e di
conseguenza le richieste ad essi indirizzate di contribuire al monitoraggio dell’applicazione delle misure
passive, unitamente agli sforzi di attivazione della forza lavoro, in un quadro di accentuata
personalizzazione dei percorsi di reingresso. Così facendo essi sono stati chiamati ad intervenire non più
solo sui fattori che intervengono a creare l’incontro domanda offerta (competenze, motivazioni, interessi,
precedenti esperienze lavorative, precedenti esperienze di formazione), ma anche su quelli suscettibili di
compromettere i livelli di occupabilità, con particolare riguardo ai fattori influenzati dai caratteri
marcatamente distrettuale degli assetti produttivi.
Entro le diverse progettualità individuate sul territorio nazionale gli interventi e le strategie promosse per
far fronte alle situazioni di crisi, sembrano attualmente organizzate intorno a due assunti: il primo si
riferisce all'ipotesi che l'approccio alla ricerca del lavoro dei lavoratori disoccupati a seguito di crisi aziendali
sia più efficace se accompagnato da servizi di natura consulenziale (es. orientamento, bilancio di
competenze, formazione orientativa) in grado non solo di fornire informazioni sul mercato del lavoro o di
colmare 'lacune' nelle competenze tecnico operative utili a rispondere alla domanda del mercato, ma anche
di trattare variabili di natura motivazionale come parte di una progettualità professionale; il secondo è
relativo all'ipotesi che la possibilità di articolare progettualità ed 'autocommittenza' rispetto ad un proprio
progetto di sviluppo professionale, possa essere utilmente integrata ancorando gli obiettivi di
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
80
reinserimento individuali ad una analisi del rapporto fra professionalità e mercato del lavoro anche
nell'ambito dei servizi alle imprese.
L’accelerazione imposta dalla crisi sembra aver chiamato il soggetto pubblico ad una gestione ancora più
strategica e proattiva dei propri servizi, assumendo nuove modalità di gestione organizzativa secondo una
logica basata sulla capacità di leggere le dinamiche di sviluppo locali, ed individuarne le eventuali risorse,
con ciò chiamando in causa :
l’individuazione di modelli organizzativi che consentano ai Cpi e alle altre Agenzie di individuare,
programmare e verificare strategie integrate ed efficaci di offerta di servizi e in rapporto con le
diverse domande del territorio
l’individuazione di nuovi standard di qualità di servizio che consentano di integrare diversi ruoli,
funzioni e competenze a partire dalla lettura delle caratteristiche dei contesti in cui le strutture
operano e delle dinamiche culturali sociali ed economiche che orientano l’agire dei diversi attori del
sistema produttivo, con particolare attenzione al manifestarsi di elementi di crisi e riposizionamento
produttivo
il collegamento dei sistemi di programmazione regionale agli obiettivi della costruzione della rete
istituzionale tra lavoro, economia, formazione e servizi sociali, con il coinvolgimento esplicito delle
parti sociali e degli altri attori entro le azioni di sistema (Benini R., Patriarca S., 2006).
Per quanto attiene alle funzioni di servizio operative presso i Centri per l’impiego, le informazioni
presentate nella Sezione II, in analogia con quanto con quanto già rilevato negli ultimi monitoraggi compiuti
dall’Isfol53 mostrano che, a fianco delle tradizionali attività di mediazione fra le parti e di erogazione di
sussidi implicate nell’avvio delle procedure per la cassa integrazione, già nel corso degli anni passati si
registravano un certo numero di sperimentazioni che riguardavano attività più o meno strutturate di
outplacement ed accompagnamento al reinserimento lavorativo nonché la partecipazione diretta di Cpi e
Province alla gestione di nuovi strumenti di ammortizzazione sociale volti ad integrare strumenti di politica
attiva del lavoro con misure di sostegno al reddito nonché sistemi di incentivazione per lo sviluppo del
sistema imprenditoriale.
In rapporto alle aree geografiche, mentre nelle zone centro settentrionali del Paese diverse sono le misure,
promosse anche a livello regionale, mirate a strutturare servizi di accompagnamento all'inserimento
lavorativo che prevedano l'utilizzo di misure di politica attiva del lavoro e servizi alle imprese mirati alla
gestione di crisi occupazionali, nel meridione le iniziative regionali dedicate allo sviluppo di servizi di
accompagnamento al lavoro sono state ancorate in modo prevalente al programma Pari, mentre le
amministrazioni regionali hanno svolto una funzione essenziale nelle azioni di concertazione mirate alla
gestione degli ammortizzatori sociali e degli incentivi per il rafforzamento del sistema imprenditoriale.
Tale diversità, se esplorata in rapporto non solo alle risorse disponibili, ma anche alle dinamiche di contesto
53 Isfol, Strumenti e strategie di attivazione nei sistemi locali per il lavoro. Monitoraggio SPI 2000‐2007, volume II, Roma, Isfol,
2008 (I Libri del Fse).
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
81
che accompagnano la realizzazione delle misure, potrebbe fornire ulteriori elementi conoscitivi in merito
agli obiettivi dei decisori, ai bisogni di contesto e dei destinatari degli interventi, alle loro aspettative oltre
che rispetto agli esiti degli interventi stessi.
A riguardo risulta utile operare un raffronto con le modalità di messa in opera del percorso anticrisi,
esaminate nell’ambito dei casi regionali. Tali modalità rispecchiano nei fatti sistemi di priorità differenziati
in relazione a urgenze territorialmente differenziate, dal Nord al Sud del Paese. Come a più riprese rilevato
nel corso dell’esame dei segnali precedenti la crisi, sistemi locali caratterizzati da elementi di debolezza
(scarsa specializzazione, integrazione orizzontale e verticale delle filiere meno evoluta, scarsa trasparenza
del mercato del lavoro) finiscono per dimostrare uno spazio di manovra più ristretto per operare la
necessaria riallocazione delle risorse umane e materiali.
All’interno di tali sistemi gli stessi Servizi per l’impiego possono non riuscire ad approdare al nuovo modello
di intervento richiesto dall’integrazione tra politiche attive e passive, catturati dallo scontro quotidiano con
modelli sociali prevalenti riconducibili alla trappola delle disoccupazione e al prevalere dei rapporti
lavorativi informali e sommersi.
L’incertezza circa la durata della crisi non consente attualmente di formulare previsioni accurate in merito a
quanto profondamente essa trasformerà il sistema produttivo nazionale. Ciò rende altresì difficile
formulare ipotesi circa l’impatto potenziale sulla struttura dell’offerta di lavoro. Se infatti è ragionevole
seguire le conclusioni di altri autori nell’affermare che il modello della piccola e media impresa e della
distrettualizzazione ha ridotto negli anni le caratteristiche, se non di segmentazione, quantomeno di
selettività della domanda di lavoro in Italia, la congiuntura attuale suggerisce di tenere sotto attenta
osservazione le dinamiche che caratterizzano i target identificati come particolarmente deboli sul mercato
del lavoro, anche in sede comunitaria.
L’incontro fra il potenziamento delle capacità di analisi ed intervento degli Spi e la comprensione del
rapporto peculiare che, a livello territoriale, intercorre fra domanda ed offerta di lavoro, rappresentano il
punto di snodo essenziale per l’elaborazione di un disegno di integrazione intelligente fra politiche attive e
passive. Se tale disegno intende fornire alle Amministrazioni una leva che, sul versante dell’offerta,
controbilanci per tempo ed efficacemente le eventuali spinte alla selezione indotte dalla congiuntura, allora
dovrà necessariamente dotarsi di caratteristiche di sostegno universale che sono finora mancate al sistema
degli ammortizzatori sociali, sia pure nelle formulazioni in deroga.
In mancanza di tale copertura universale, larghi segmenti dell’offerta dovranno affrontare verosimilmente
senza protezione un riacutizzarsi delle barriere all’ingresso nel mercato, e forse l’aggravarsi dei fenomeni di
espulsione precoce. A riguardo è altrettanto verosimile che i differenziali di genere e il pesante dualismo
geografico del Paese di cui si è fatto cenno tornino ad esercitare una pesante e negativa influenza.
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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APPENDICE Centri per l’Impiego che hanno partecipato a Progetti sperimentali riferiti a lavoratori iscritti in liste di mobilità o per la gestione di crisi aziendale. (Fonte, Isfol ‐ Indagine censuaria di monitoraggio sui CPI annualità 2008)
MACROAREA GEOGRAFICA: NORD OVEST
PROGETTO SPERIMENTALE
AMBITO DEL PROGETTO*
CPI PROVINCIA REGIONE ANNO DI AVVIO
ANNO DI CONCLUSIONE
Cremona (target donne) Crema (target donne)
Casalmaggiore (target donne) Alamo 40 Provinciale
Soresina (target donne)
Cremona Lombardia 2005 2006
A.t.t.i.va. – Azioni Territoriali di Transizione per l'Innovazione e la Valorizzazione delle Donne escluse dal mercato del lavoro
Regionale Asti Asti Piemonte 2005 2007
Chivasso Susa (target donne)
Orbassano COR ‐ 1 euro per abitante
Provinciale
Settimo Torinese
Torino Piemonte 2006 2007
Casalmaggiore (target donne) Crema (target donne)
Cremona (target donne) Filo
Provinciale
Soresina (target donne)
Cremona
Lombardia 2006 2008
Gestione lavoratori mobilità in deroga
Regionale Cantù Como Lombardia 2005 2008
L3 Club Provinciale Biella Biella Piemonte 2006 2007 Placement aziende in crisi
Locale Medioponente Genova Liguria 2007 2008
Cesano Maderno
Seregno
Progetto Legge 266/06, Art.1 comma 411 (Programma Reimpiego 411).
Provinciale
Vimercate
Milano Lombardia 2007/2008
In corso Il Programma Reimpiego è
prorogato fino al Dicembre 2010
Como Progetto crisi aziendali – Azioni 411
Regionale
Cantù
Como Lombardia 2007
In corso. Conclusione prevista per il
2010. Progetto ricollocazione Fraver (Pari)
Locale Fossano‐Savigliano Cuneo Piemonte 2007 2008
Progetto ricollocazione Mabitex (Pari)
Locale Alba (target donne) Cuneo Piemonte 2007 2008
Progetto ricollocazione Miroglio (Pari)
Locale Saluzzo Cuneo Piemonte 2006 2008
Fossano‐Savigliano Progetto ricollocazione Texilfibra (Pari)
Provinciale Saluzzo
Cuneo Piemonte 2007 2008
Progetto Valcamonica, Valcavallina e Sebino (Pari)
Regionale Lovere (target donne) Bergamo Lombardia 2006
2007 (è in corso una riedizione 2008/2009)
Casalmaggiore Crema
Cremona Ricolloca
Provinciale
Soresina
Cremona
Lombardia 2005 2006
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
83
Asti Asti Biella Biella
Ricollocazione Regionale Omegna, Verbania,
Domodossola Verbano‐Cusio‐
Ossola
Piemonte 2006 2008
Ricollocazione lavoratori in Cigs e mobilità
Provinciale Novara Novara Piemonte 2007 2008
Ricollocazione lavoratori in mobilità
Locale Appiano Gentile Como Lombardia 2007 2008
Genova Centro Levante (target donne) Genova Ponente Medioponente
Tigullio (target donne) Medioponente (target over 50)
Valbisagno Valpolcevera
Genova
Savona (Target over 50) Albenga Carcare
Savona
Ricomincio da 40
Regionale
Ventimiglia Imperia
Liguria 2007 2008
Acqui Terme Ritorno al lavoro Provinciale
Alessandria Alessandria Piemonte 2006 2007
Unrra ‐ Percorsi di sviluppo professionale nelle aree import/export e nel comparto meccanico e tessile comparto meccanico tessile (Fondo lire Unrra)
Locale Chieri
(target donne) Torino Piemonte 2007 2007
Cantù Voucher formativo (rivolto cassintegrati)
Regionale
Menaggio
Como Lombardia 2007 2008
Acqui Terme Alessandria
Casale Monferrato
Novi Ligure Tortona
Alessandria
Settimo Torinese Orbassano (target donne)
Rivoli
Torino
Borgomanero Novara Asti Asti
Omegna, Verbania, Domodossola
Verbano‐Cusio‐Ossola
Piemonte Programma Pari Nazionale
Tradate (target over 40) Varese Lombardia
2005 (Al.);° 2006 (To, No, At); 2007 (Va; Vb)
2008
* Con riferimento alla “committenza” del progetto.
°Avvio diverso secondo Provincia
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Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
84
MACROAREA GEOGRAFICA: NORD EST
PROGETTO SPERIMENTALE/
AMBITO* CPI PROVINCIA REGIONE ANNO DI AVVIO ANNO DI
CONCLUSIONE
Azione 11 (Bando multimisura 'Sostegno al ricollocamento lavorativo di soggetti in stato di disoccupazione e di soggetti rientranti tra le azioni di ricollocazione e riqualificazione')
Provinciale Cpi di Udine Udine Friuli
Venezia Giulia
2007
2008 (Con riferimento alla scadenza della presentazione dei progetti formativi)
Gestione crisi occupazionale
Locale Cpi di San Vito al Tagliamento
Pordenone Friuli
Venezia Giulia
2006 In corso
Cpi di Maniago
Cpi di Sacile
Cpi di San Vito al Tagliamento
Cpi di Spilimbergo
Pordenone
Cpi di Monfalcone Gorizia
Cpi di Udine
Cpi di Tolmezzo
Udine
Restart Regionale
Sportello lavoro della provincia di
Trieste Trieste
Friuli Venezia Giulia
2007 2008
Castelfranco Veneto
Conegliano
Montebelluna
Oderzo
Pieve di Soligo
Treviso
Fondo Provincia disagio professionale
Provinciale
Vittorio Veneto
Treviso Veneto 2007 2008
Outplacement "Prandina"
Locale Schio‐Thiene Vicenza Veneto 2006 2007
Outplacement Conceria Master
Provinciale Lonigo Vicenza Veneto 2007 2007
Outplacement lavoratori adulti ‐ Spinn Italia Lavoro
Nazionale Cpi di Parma
(target over 50) Parma
Emilia Romagna
2005 2006
Cpi di Riccione Solida Provinciale
Cpi di Rimini Rimini
Emilia Romagna
2007 2007
* Con riferimento alla “committenza” del progetto.
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MACROAREA GEOGRAFICA: CENTRO
PROGETTO SPERIMENTALE AMBITO* CPI
PROVINCIA REGIONE ANNO DI AVVIO
ANNO DI CONCLUSIONE
Outplacement Locale Colleferro Roma Lazio 2007 2007
Outplacement per lavoratori in Cigs e/o in mobilità
Provinciale Area Valdelsa Siena Toscana 2007 2007
Percorsi integrati lavoratori in mobilità
Provinciale Roma Torre Angela Roma Lazio Nov.2007 2008
Progetto lavoratori in mobilità L. 236/93
Locale Ancona Ancona Marche 2007 2008
Progetto pilota outplacement lavoratori iscritti in mobilità
Locale Pomezia Roma Lazio 2006 2007
Programma Pari Nazionale Terracina Latina Lazio 2007 2008
R.A.D.I.CI. ‐ Ritornare in Azienda Dopo I Cinquanta
Provinciale Area Valdelsa (target over 50)
Siena Toscana 2007 2007
* Con riferimento alla “committenza” del progetto.
MACROAREA GEOGRAFICA: CENTRO
PROGETTO SPERIMENTALE
AMBITO* CPI PROVINCIA REGIONE ANNO DI AVVIO ANNO DI
CONCLUSIONE
Andria
Barletta
Bitonto
Casamassima
Acquaviva delle Fonti (target over 50)
Noci
Monopoli (target over 50)
Reimpiego Puglia – Intervento sperimentale per la ricollocazione dei lavoratori in mobilità delle ex Case di Cura riunite e di 150 lavoratori LSU.
Regionale
Altamura
Bari
Puglia
2005* *La Convenzione fra Regione Puglia e Provincia di Bari per la realizzazione dell'intervento è del Dicembre 2005; le sperimentazioni presso i Cpi sono state avviate fra il 2005 ed il 2007.
2008
Battipaglia
Mercato San Severino
Nocera Inferiore
Oliveto Citra
Roccadaspide
Salerno
Sapri
Sportello aree di crisi Provinciale
Maiori (target over 50)
Salerno Campania 2007 2008
Scafa Pescara Abruzzo 2007 2007 Programma Pari
Nazionale Pollino e Alto Cosentino
Cosenza Calabria 2007 2007
* Con riferimento alla “committenza” del progetto.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Le situazioni di crisi occupazionale e il ruolo dei Servizi per l’impiego
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