IRINEWS Insegnare le Religioni in Italia -...

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Per iscriversi inviare proprio indirizzo mail a [email protected] Indice ATTUALITA’ Valutazioni, p. 2 Sull’IRC:notizie e aggiornamenti, p. 3 Il diritto di scegliere, p. 4 Intolleranze culturali o alimentari? p. 5 PROPOSTE, INNOVAZIONI, SPERIMENTAZIONI Face to faith a Catania p. 6 Linguaggi non verbali nella scuola multietnica, p. 7 Testimonianza della fede nelle scuole. Intervista agli esponenti delle religioni, p. 8 Rubrica: Un passo nel passato. Conoscere per comprendere la libertà religiosa oggi, p. 11 Speciale : Intervista a Francesco Sammaritano, referente Coppem di Palermo e promotore del primo tavolo interreligioso di Sicilia, p.13 Genova: "L'insegnamento di Attività Alternativa: quali prospettive?": riflessioni in itinere, p.14 Rubrica : Economia e religioni, p.15 Un corso di cultura religiosa a Roma, p.16 OPINIONI A CONFRONTO Ventura sull’esperienza canadese, p. 17 De Maio: Ia religione non si comanda p. 17 Bagnasco sull’ateismo pratico, p. 17 Ravasi contro Mazzini, p. 17 Odifreddi sull’insegnamento della religione a scuola, p. 18 Nuvoli risponde, p. 18 Riccardi propone le religioni come facilitatori sociali, p. 19 Mazzarella reagisce Le riflessioni di Naso, p. 20 Belelli e la cultura razzista, p. 21 Il laboratorio di Carandini, p. 21 Sani e la scelta a scuola, p. 22 L’opinione di Courtens p. 22 BIBLIOTECA Segnalazioni di libri e articoli, p. 23 EVENTI Roma, Venezia, Modena, Catania, Ferrara, Torino, Milano, p. 26 IRINEWS Insegnare le Religioni in Italia Notiziario trimestrale della Fondazione Benvenuti in Italia e di UvaUniversolaltro ISSN: 2239-1169 Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e le scienze delle religioni in Italia a cura di Mariachiara Giorda 31 marzo 2012

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Per iscriversi inviare proprio indirizzo mail [email protected]

ATTUALITA’ Valutazioni, p. 2Sull’IRC:notizie e aggiornamenti, p. 3Il diritto di scegliere, p. 4Intolleranze culturali o alimentari? p. 5

PROPOSTE, INNOVAZIONI, SPERIMENTAZIONIFace to faith a Catania p. 6Linguaggi non verbali nella scuola multietnica, p. 7Testimonianza della fede nelle scuole. Intervista agli esponenti delle religioni, p. 8Rubrica: Un passo nel passato. Conoscere per comprendere la libertà religiosa oggi, p. 11Speciale: Intervista a Francesco Sammaritano, referente Coppem di Palermo e promotore del primo tavolo interreligioso di Sicilia, p.13Genova: "L'insegnamento di Attività Alternativa: quali prospettive?": riflessioni in itinere, p.14Rubrica: Economia e religioni, p.15Un corso di cultura religiosa a Roma, p.16

OPINIONI A CONFRONTO Ventura sull’esperienza canadese, p. 17De Maio: Ia religione non si comanda p. 17Bagnasco sull’ateismo pratico, p. 17Ravasi contro Mazzini, p. 17Odifreddi sull’insegnamento della religione a scuola, p. 18Nuvoli risponde, p. 18Riccardi propone le religioni come facilitatori sociali, p. 19Mazzarella reagisceLe riflessioni di Naso, p. 20Belelli e la cultura razzista, p. 21Il laboratorio di Carandini, p. 21Sani e la scelta a scuola, p. 22L’opinione di Courtens p. 22

BIBLIOTECA Segnalazioni di libri e articoli, p. 23

EVENTI Roma, Venezia, Modena, Catania, Ferrara, Torino, Milano, p. 26

IRINEWS Insegnare le Religioni in Italia

Notiziario trimestraledella Fondazione Benvenuti in Italia e di UvaUniversolaltroISSN: 2239-1169

Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e le scienze delle religioni in Italia

a cura di Mariachiara Giorda

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Torino - L’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte ha diffuso con la circolare regionale n. 112 del 24 febbraio 2012 la nota del MIUR, n. 695 del 9 dello stesso mese, avente per oggetto: «Attività alternative all'insegnamento dell'IRC – Valutazione periodica e finale». Il documento afferma che «i docenti di attività alternativa partecipano a pieno titolo ai consigli di classe per gli scrutini periodici e finali nonché all'attribuzione del credito scolastico per gli studenti di scuola secondaria di II grado, limitatamente agli alunni che seguono le attività medesime». L’Ufficio aveva chiesto al MIUR «delucidazioni in ordine alle modalità di valutazione delle ore alternative all'IRC nell'intero ciclo della scuola secondaria di I e di II grado, in vigenza dell'attuale quadro normativo di cui al DPR 122 del 22 giugno 2009». Le perplessità derivavano dalla sentenza del TAR del Lazio, n. 33433 del 15.11.2011, che aveva disposto «il parziale annullamento del DPR n. 122/2009». A giudizio del TAR, infatti la «mancata partecipazione dei docenti incaricati delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica alle operazioni di scrutinio, realizzava […] disparità di trattamento rispetto ai docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica».

http://www.piemonte.istruzione.it/normativa/2012/022012/norm0212.shtml.

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Palermo – La curia di Palermo ordina ai parroci di verificare le qualità morali di tutti i docenti di Religione della propria diocesi, compresi quelli di ruolo, ormai presunti blindati. E' la prima volta che ai docenti di ruolo di Religione si chiede di attestare nuovamente il possesso dell'idoneità morale per entrare in classe e parlare di Dio. I 550 insegnanti di religione di Palermo sono sul piede di guerra e minacciano di non produrre la certificazione richiesta per l'anno scolastico 2012/2013 dal Servizio diocesano per l'insegnamento della religione cattolica dell'Arcidiocesi di Palermo. Coloro che ad una attenta verifica non dovessero infatti rispondere ai requisiti di "testimonianza di vita cristiana" previsti dal diritto canonico rischiano il licenziamento. Per insegnare Religione – infatti - occorre essere in possesso del titolo specifico (laurea in teologia o altro titolo equivalente) e dell'idoneità rilasciata dall'ordinario diocesano. La certificazione di appartenenza ecclesiale richiesta da don Antonio Todaro non è contemplata. "Contestiamo  “ – dichiara Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, il sindacato dei docenti di religione  -  tre aspetti. La "testimonianza di vita cristiana" è attestata dall'idoneità di cui già sono in possesso i docenti di ruolo. Inoltre, don Todaro si rivolge al parroco del luogo di residenza dell'insegnante e non a quello del luogo di domicilio, previsto dal codice di diritto canonico. Infine, sembra disconoscere l'iter procedurale per la revoca dell'idoneità". Per revocare la patente che consente di insegnare religione a scuola occorre aprire un "processo" con tanto di accusa e difesa e aspettarne la "sentenza". "Noi di ruolo  -  prosegue  -  siamo già in possesso di tutti i titoli. Se qualcuno ha un comportamento poco consono è la Curia che

deve contestargli l'addebito. Non si può fare di tutta l'erba un fascio. E se il parroco non mi conosce, cosa scrive sul modulo?". E' il parroco della chiesa dove risiede il docente che ha l'onere di certificare la "testimonianza di vita cristiana" dell'insegnante. Il docente si deve presentare al suo cospetto e, dopo un colloquio, il prete compila il modulo, che dovrebbe attestare se la persona in questione sia eccellente "per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica". Se si impegna "nella vita della parrocchia, nella catechesi e nella carità", se è "coerente con la fede professata" e vive in "piena comunione ecclesiale" e se è stimata nell'ambiente "per serietà professionale e per i rapporti sociali". Piega lo stesso e lo ripone in busta chiusa avendo cura di scrivere sulla stessa la dicitura "riservata" e, quindi, la consegna la busta all'interessato che dovrà recapitarla all'ufficio Irc. "Se nessuno dovesse presentare la certificazione richiesta  -  chiarisce  -  cosa fa don Todaro, revoca l'idoneità a tutti i docenti di ruolo?". Così, messo alle strette, don Todaro ha risposto che si può anche "presentare un'autocertificazione".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/03/10/news/la_curia_vuole_la_buona_condotta_professori_di_religione_in_rivolta-

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AttualitàValutazioniF. Crudo & M. Guerrisi

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Attività alternative all'insegnamento dell'IRC.

Valutazione periodica e finale

La curia di Palermo ordina ai parroci di verificare le qualità morali di tutti i docenti di Religione della propria diocesi

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Firenze - In una scuola ridotta all' osso, nei soldi e negli orari, con le elementari che devono accontentarsi anche di 27 ore, le medie di 30, le superiori di 32, senza insegnanti di sostegno per i disabili e senza fondi per i supplenti, costretta a chiedere alle famiglie esosi contributi "volontari" per andare avanti, come accettare che solo la religione continui ad essere garantita senza se senza ma?

La Cgil Scuola denuncia la mancanza di 600 docenti ordinari e la presenza confermata di 850 insegnanti di Irc tra scuola d’infanzia, elementari, medie e superiori (secondo i dati più aggiornati della Cei, in Toscana, fanalino di coda insieme all' Emilia Romagna, nel 2010-11 non si è avvalso il 19,3%, quasi il doppio della media nazionale del 10,2%). «Un canale privilegiato che va rivisto», sostiene il segretario regionale della Cgil Alessandro Rapezzi, «manca il rispetto di un banale principio di equità ma anche la necessaria trasparenza sui criteri di accesso, visto che le graduatorie delle Curie non sono pubbliche». Da qui l' altra anomalia: in caso di revoca della nomina, o di un esubero di insegnanti rispetto a una domanda in continua decrescita, lo Stato sarebbe obbligato a tenersi i docenti di Irc, anche se non avessero titoli per insegnare altre materie, inventandosi quale modo per impiegarli. Il dirigente dell' Ufficio scolastico provinciale, Claudio Bacaloni, afferma: «è vero, per una società ormai multireligiosa questa è una grave discrasia. Getta acqua sul fuoco Palamone: «Invece di tagliare gli insegnanti di religione» dice «non sarebbe meglio assegnare più risorse alle ore alternative?». Per la Cgil il governo Monti non fa abbastanza per la scuola. Rimane il fatto che il prossimo anno in Toscana gli studenti saranno circa 4000 in più rispetto allo stato attuale: 600 insegnanti ordinari ancora da piazzare, tra l’esubero delle docenze Irc.

3 Marzo 2012 – Repubblica.it http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/03/03/prof-di-religione-

troppo-garantiti.html

Roma- Dal 1993/94 la percentuale di chi non sceglie l’ora di religione cattolica è passata dal 6,5% al 10,2%. Una media che interessa soprattutto il nord e gli istituti professionali. Il sud resiste in parte: solo 2,4 diserzioni su cento. A confermarlo il noto Annuario del Servizio Nazionale per l’insegnamento della Religione Cattolica. La rilevazione della Cei ha anche confermato l’aumento degli insegnanti laici (quasi l’88%). Ormai, scrive Salvo Intravaia, uno studente su dieci lascia l’aula.

28 Febbraio 2012 - La Tecnica della scuola.it http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id=35275&action=view

- Repubblica.it http://www.repubblica.it/scuola/2012/02/24/news/studenti_religione-30341052/ .

Milano - La sentenza del 10 Febbraio 2012 del tribunale di Milano prescrive un risarcimento pari a 250.000 euro ai docenti precari di religione per la stabilizzazione dei contratti. La sentenza non muta il tipo di contratto ma tutela il docente che – in condizioni di precarietà – subisce un danno oggettivo, in risposta ai ricorsi promossi dallo Snadir e presentati, nel 2011, da 22 docenti di religione precari e nel rispetto del principio di non discriminazione emanato dalla Direttiva Europea 1999/70/CE. La liquidazione, quantificata dal Giudice in via equitativa e  in conformità ai principi comunitari e nazionali, corrisponde a 6 mensilità (circa 9.000 euro), a cui si aggiungono la cifra derivante tra la retribuzione percepita e quella derivante dal grado di anzianità e professionalità di volta in volta raggiunti (in un quadriennio circa 2.000 euro), oltre agli interessi come per legge.

28 Febbraio 2012 – Orizzontescuola.it http://www.orizzontescuola.it/node/22586

AttualitàSull’IRC: notizie e aggiornamentiF. Crudo & M. Guerrisi

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Le ore alternative all’IRC costituiscono un

servizio obbligatorio

Dal 1993/94 la percentuale di chi non sceglie l ’ora di religione cattolica è passata dal 6,5% al 10,2%.

Una media che interessa soprattutto il nord e gli istituti professionali. Al sud 2,4 non avvalentesi su cento

Annuario del Servizio Nazionale per l’insegnamento della Religione Cattolica

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Dal 17 al 24 gennaio, l’UAAR ha inviato agli istituti scolastici italiani una lettera avente come oggetto: «Scelta attività alternative all’insegnamento della religione cattolica per l’anno scolastico 2012/2013 – Informazioni e garanzie a genitori e studenti». La decisione è motivata dal fatto che entro il 20 febbraio genitori e studenti avrebbero dovuto scegliere se avvalersi o no dell’insegnamento della religione cattolica. Nella lettera si invitavano i dirigenti scolastici ad informare sulla possibilità di poter modificare la scelta dell’anno precedente e ad offrire informazioni riguardanti le attività alternative attive nel proprio istituto. In merito a quest’ultimo tema, l’UAAR ha fatto riferimento al progetto “La scuola in chiaro” del MIUR, il quale è nato con l’intento di «mettere a disposizione in una forma organica le informazioni relative a tutte le scuole di ogni ordine e grado». Tale normativa, a parere dell’UAAR «determina l’obbligo per la scuola di includere tra le informazioni dell’offerta didattica del proprio istituto anche quelle relative alle attività didattiche alternative». Sul proprio sito l’associazione pubblica anche due risposte, di tono opposto, che le sono pervenute:

«Quella piccata del dirigente dell’ITIS “Guglielmo Marconi” di Forlì: “non mi dite nulla di nuovo rispetto al mio lavoro”. L’UAAR ha prontamente verificato il Piano dell’Offerta Formativa (POF) della scuola, che ha mostrato gravi lacune e discriminazioni che favoriscono l’IRC. A tali osservazioni dirigenza dell’ITIS ha risposto in modo lapidario: “L’integralismo fa sempre paura”. L’UAAR ha concordato, rispondendo che accade “soprattutto quando è al potere”.

Ma vi sono anche segnali incoraggianti: ad esempio il POF dell’ Istituto Comprensivo “Publio Vibio Mariano” di (Roma), che alle pagine 110-114 illustra dettagliatamente i progetti di attività alternativa, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado».

L’iniziativa dell’UAAR ha però scatenato la reazione di Enrico Lenzi, il quale dalle pagine di “Avvenire” afferma che entro il 20 febbraio «l’unica decisione che un genitore deve prendere è se scegliere o meno l’insegnamento della religione cattolica a scuola per il proprio figlio». A sostegno della propria tesi Lenzi riporta la testimonianza di Nicola Incampo, esperto CEI di Irc e curatore della sezione Irc per il sito culturacattolica.it: «Questo prevede la legge e non anche la contemporanea scelta di attività alternative per chi decide di non avvalersi dell’insegnamento». Sempre richiamando le parole di Incampo, nell’articolo si afferma che mentre «la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento riguarda un diritto costituzionale, quella sulle attività alternative “è un aspetto organizzativo dell’attività scolastica e di gestione degli studenti; […] proprio per questo le attività alternative all’Irc non possono essere inserite nel piano dell’offerta formativa degli istituti. Del resto la norma prevede nel quadro orario obbligatorio soltanto l’insegnamento della religione cattolica e non altre attività, che vengono proposte ai soli studenti non avvalentesi».

A parere dell’UAAR, però, all’esperto della CEI «è sfuggita […] la legge 281/1986, che stabilisce che entrambi i moduli “devono essere allegati alla domanda di iscrizione”». «Se non deve esserci discriminazione sulle conseguenze della scelta se frequentare o meno l’IRC, non è pensabile – continua l’associazione – silenziare l’informazione e la garanzia delle alternative all’IRC e non è pensabile bandire le attività didattiche alternative alla religione cattolica dai POF».

In merito a questa diatriba, l’UAAR informa anche del fatto che è stata lanciata una pagina Facebook dal nome “Ora di religione, ora basta”. In essa è possibile visionare alcune risposte di dirigenti scolastici, nelle quali si attesta l’attivazione delle attività alternativa, come nel caso dell’ITC “F. Ferrara” di Lucca, dell’Istituto Comprensivo Statale “M. G. Cutuli” di Crotone o dell’istituzione didattica di Spoltore (PE): in quest’ultima, accanto a docenti interni, è stato nominato un docente esterno specificamente per le ore di alternativa.

h t tp ://www.uaar. i t/news/2012/01/24/anno-scolastico-2012-2013-uaar-scrive-alle-scuole/;

http://www.istruzione.it/web/istruzione/cm108_11;http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot6865_11;Enrico Lenzi, Ora di religione, per la scelta c’è chi punta

sulla confusione, “Avvenire”, 28 gennaio 2012 http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/ora-di-religione-chi-punta-sulla-confusione.aspx;

http://www.uaar.it/news/2012/01/29/lettera-alle-scuole-ora-alternativa-avvenire-attacca-uaar/;

http://www.uaar.it/news/2012/01/31/ora-religione-ora-basta/;

http://www.facebook.com/oradireligioneorabasta?ref=ts&sk=wall#!/oradireligioneorabasta?sk=wall

http://www.comune.bologna.it/iperbole/coscost/

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Apertura di una nuova pagina Facebook dal nome:

“Ora di religioneora basta”

AttualitàIl diritto di scegliereF. Crudo & M. Guerrisi

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Macerata- Il Comune di Macerata si schiera contro il “cous cous”, piatto di tradizione araba, servito alla mensa della scuola. Maria Cristina Allegrini, presidente del comitato mensa spiega: «durante le scorse riunioni del comitato mensa, abbiamo valutato l’ipotesi di introdurre nel menù scolastico il semolino con ceci e verdure, il “cous cous” dei bambini visto che non venivano miscelate alcune spezie. D’altra parte avevamo notato che anche nel menù scolastico della vicina Loreto c’era. Non ci sembrava di fare nulla di trascendentale, visto che siamo sempre molto attenti al rispetto delle culture di tutti. Ad esempio quando vengono serviti tortellini con la carne, ai bambini musulmani serviamo gnocchi, nel rispetto della religione musulmana. Così come il venerdì facciamo il pesce per tutti, nel rispetto della tradizione cristiana. Abbiamo anche chiesto a Stefano Colletta della Asl se servire questa pietanza avrebbe potuto portare scompensi alla dieta dei bambini. E la risposta è stata assolutamente negativa. Ma appena presentato il menù al Comune, l’assessore ci ha detto che l’amministrazione non era d’accordo perché ciò che noi chiamavamo “cous cous” non è una pietanza italiana, quindi da non servire ai bambini. Si parla di integrazione a tutto campo e si nega un semolino con verdure e ceci?». Ribatte l’assessore Roberto Sampaolo: «Non è una pietanza italiana e l’amministrazione comunale non vuole creare un precedente con tutte le altre cucine. La nostra è una cucina mediterranea e vogliamo andare fieri della nostra tradizione culinaria».

17 Marzo 2012 - http://www.ilrestodelcarlino.it/macerata/cronaca/2012/03/17/682266-cous-cous-scuola-porto-recanati-macerata.shtml

AttualitàIntolleranze culturali o alimentari?F. Crudo & M. Guerrisi

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Non è una pietanza italiana e l’amministrazione comunale non vuole creare un precedente con tutte le altre cucine. La nostra è una cucina mediterranea e vogliamo andare fieri della nostra tradizione culinaria.

Fotografie: Matilde Cassani (http://www.matildecassani.com/index/index.html)

Il Comune di Macerata si schiera contro il “cous cous”, piatto di tradizione araba, servito alla mensa della scuola

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Catania - L’11 Novembre scorso, l’ex ministro Maria Stella Gelmini e Tony Blair, presidente della “Tony Blair Faith Foundation”, hanno firmato un  protocollo di intesa per favorire all’interno delle scuole il dialogo interculturale. L’ex premier inglese, infatti, al termine del suo mandato politico, si è convertito al cattolicesimo ed ha promosso molteplici iniziative di solidarietà e di servizi sociali e culturali per la  ricerca religiosa, ed il dialogo interculturale tra i popoli. “Il dialogo interculturale – ha affermato Tony Blair – è una delle principali sfide per il mondo intero. Non si diventa cittadini globali senza aver affrontato questo percorso e non può esistere un Paese con giovani colti e istruiti, se questi non conoscono il dialogo interreligioso e le relazioni tra culture diverse”. La fondazione ben radicata in  17 Paesi dell’Asia, dell’ America e dell’Australia accoglie come primo Paese europeo dopo l’Inghilterra l’Italia e nella fase sperimentale di avvio  sono state coinvolte  sei  scuole secondarie di primo grado rappresentative nel territorio nazionale :  “Settembrini” di Roma; “Casteller” di Paese (Treviso);  “Bobbio” di Torino; “Cuoco Sass i” di Milano; “Michelangelo” di Bari e “Parini” di Catania, le quali nel corso dell’anno hanno messo in atto alcuni moduli del progetto ed hanno realizzato delle videoconferenze con le scuole indiane, delle Filippine  e americane. Gli incontri, i dialoghi  e gli scambi culturali in videoconferenza  tra studenti di Paesi diversi e lontani    favoriscono un allargamento di orizzonti culturali ai quali la scuola ha il dovere di dare seguito, allargando i confini della classe e guardando con occhi nuovi la variegata realtà umana che ci circonda. Insegnare le tecniche della comunicazione e della relazione, mediante il “cooperative learning” anche nelle scuole italiane diventate  multietniche,  con studenti testimoni di diverse civiltà e religioni, costituisce una preziosa opportunità metodologica che investe la formazione globale del futuro “cittadino del mondo”, e la tematica della fede, e della religione amplia per gli studenti lo sguardo verso  la mondialità interculturale e interreligiosa. In Sicilia il progetto “Face to Faith” avrà modo di realizzarsi attraverso la collaborazione di docenti e presidi di alcuni noti istituti siciliani. Il 22 febbraio 2012, presso il President Park Hotel di Acicastello, il Direttore Generale del MIUR  per gli Affari Internazionali Marcello Limina e l’ispettrice Giovanna Barzanò, coordinatrice del progetto “Face to Faith” , coinvolgeranno altre quattro scuole siciliane: l’Istituto Magistrale Statale “Vito Fazio Allmayer”  di  Alcamo , il Liceo Scientifico Statale “G. Galilei” di Catania e gli  Istituti Comprensivi “D’Annunzio Don Milani” e “M. Montessori” di Catania. Traguardi importanti che alimentano l’inizio di un orizzonte didattico sempre più interculturale, necessario anche in una terra altamente sincretica come la Sicilia.

22 Febbraio 2012 - Aetnanet.org http://www.aetnanet.org/modules.php?name=News&file=print&sid=2476438

Proposte, innovazioni, sperimentazioniFace to faith a CataniaM. Guerrisi

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Insegnare le tecniche della comunicazione e della relazione, mediante il

“cooperative learning” anche nelle scuole italiane diventate  multietniche,  con studenti

testimoni di diverse civiltà e religioni, costituisce una preziosa opportunità

metodologica che investe la formazione globale del futuro “cittadino del mondo”. La tematica della fede e della religione amplia

per gli studenti lo sguardo verso  la mondialità interculturale e interreligiosa

Il dialogo interculturale è una delle principali sfide per il mondo

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Tony Blair

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Roma - Come offrire il miglior ambiente di apprendimento in una realtà scolastica fortemente multiculturale? Sviluppando progetti centrati sul linguaggio corporeo, non verbale: teatro, danza, musica. L’esempio di una scuola romana, con il 45% di alunni figli di migranti.

La scuola primaria Di Donato fa parte dell’Istituto Comprensivo Manin di Roma, dove nell’anno scolastico 2010-2011 erano iscritti 765 alunni, tra plessi di scuola primaria e di secondaria di primo grado, con una percentuale del 45% di figli di migranti, provenienti da 50 differenti Paesi del mondo, percentuale unica in tutto il territorio del Primo Municipio di Roma. Altro dato importante da rilevare per dare un’immagine della realtà scolastica in cui lavoriamo, è che tra i bambini migranti presenti nella nostra scuola solo il 19.23% è nato all’estero. Si tratta quindi, per la metà, di bambini in attesa di cittadinanza italiana che sono nati e scolarizzati in Italia e che parlano due o più lingue. Il dibattito interno al corpo docente, che da molti anni si interroga su come offrire il miglior ambiente di apprendimento a una simile utenza, ci ha portati a sviluppare con particolare passione quei progetti che si basano sui linguaggi del corpo: teatro, danza e musica. […] Durante l’anno scolastico 2010-2011, per esempio, attraverso “Sui banchi dell’intercultura”, progetto pilota finanziato dal Ministero dell’Interno, dell’Istruzione e dalla Commissione europea, fondi FEI, abbiamo sperimentato con successo l’uso dei linguaggi corporei per sviluppare “Buone Pratiche” in campo interculturale. Quest’anno, come in passato, le classi aderiranno ai progetti presentati dal Teatro dell’Opera di Roma, dal CEMEA Lazio e da tutte quelle associazioni che propongono di sperimentare percorsi di movimento creativo o la creazione di spettacoli teatrali nelle scuole. Partendo dalla consapevolezza che il contesto non è solo la cornice all’intero della quale si impara, ma anche il luogo d’azione in cui si generano e si elaborano le conoscenze, l’uso dei linguaggi non verbali attraverso la realizzazione di progetti legati a danza, musica e teatro, è una via praticabile per la presa in carico, da parte della scuola, dei singoli percorsi dei suoi alunni, perché si realizzino al meglio le singole abilità, qualunque sia la provenienza geografica e familiare di partenza. 8 Marzo 2012 – Edu ca t i o ndu e pun t oze r o. i t h t t p ://www.educationduepuntozero.it/racconti-ed-esperienze/strategie-non-verbali-la-scuola-multiculturale-4034634949.shtml

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Proposte, innovazioni, sperimentazioniLinguaggi non verbali nella scuola multietnicaM. Guerrisi

Durante l’anno scolastico 2010-2011, “Sui banchi dell’intercultura”, progetto p i l o t a fi n a n z i a t o d a l M i n i s t e ro dell’Interno, dell’Istruzione e dalla Commissione europea, fondi FEI

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In ogni numero intervisteremo esponenti di diverse religioni che, da anni, praticano nelle scuole un’attività di informazione sul loro modo di vivere e soprattutto apportano una testimonianza diretta della dimensione spirituale made in Italy. Cosa significa per gli alunni una lezione sulle religioni non storiograficamente costruita ma fatta di una testimonianza viva? Qual è la differenza tra gli storici e i credenti quando parliamo della fede? Cerchiamo di scoprire metodi e aneddoti curiosi attraverso le parole degli esponenti.

Guglielmo Doryu e Annamaria Gyoetsu sono una coppia di monaci della tradizione buddhista giapponese Zen Soto: a metà degli anni ‘80 iniziano la loro esplorazione nel mondo del buddhismo sperimentando le varie tradizioni, dalla Theravada alla Tibetana, fino a quando l’incontro fulminante con il buddhismo Zen fa loro comprendere che quella è la loro strada. Da quasi 3 anni seguono il loro maestro giapponese Shohaku Okumura abate del Tempio Zen Sanshinji, in Bloomington Indiana, USA, del lignaggio del Maestro Uchiyama Roshi.

Ci hanno accolto nel loro centro zen Anshin, il cui nome significa “pace del cuore”, a pochi passi dalla stazione Trastevere di Roma, insieme a 5 gatti e un cane, un posto davvero affascinante, un insospettabile oasi nel caos di Roma. Nel centro vivono e praticano le loro attività di pratica quotidiana, come ad esempio la meditazione Zazen, accanto ad attività di sussistenza (corsi di yoga, tai chi, danza terapia, ecc..).

D: La vostra attività nelle scuole avviene attraverso il Centro Astalli o venite contattati in altri modi?

R: Guglielmo Doryu: Noi lavoriamo prevalentemente con il progetto “Incontri” della Fondazione Astalli e va bene così perché le richieste sono numerosissime, talmente tante da risultare abbastanza impegnativo, come una sorta di seconda attività.

D: quando si svolge l’incontro? Avviene durante l’ora di religione?

R: Guglielmo Doryu Non avviene necessariamente durante l’ora di religione anche se principalmente sono gli insegnanti di religione che sponsorizzano il progetto, ma a volte anche di italiano, di storia o altre materie. Tutta la mattinata è presa perché sono più di un incontro, quasi sempre due, a volte perfino tre, ciascuno di un’ora e mezza, un orario più che adeguato per i ragazzi. Si tratta di scuole, soprattutto delle periferie e delle province, sia medie che superiori, molto meno le elementari. E di questo io sono contento perché è molto difficile spiegare ai bambini piccoli certi concetti. Una volta, mi è rimasta impressa questa cosa, spiegando il concetto di impermanenza, che tutto cambia e tutto scorre, un bambino quasi in lacrime mi ha chiesto “ma l’amore della mamma non finisce mai, vero?” “no, non ti preoccupare non finisce mai” (ride). Io capisco che il buddhismo se non sei cresciuto in un ambiente buddhista, è difficile da far capire ai bambini molto piccoli, quindi di

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Proposte, innovazioni, sperimentazioniTestimonianza della fede nelle scuole. Intervista agli esponenti delle religioniA. Nagasawa e V. Savelli

Il punto di vista degli insiders: parlare della propria religione in classe.Il caso della tradizione buddhista Zen SotoFotografie: Matilde Cassani (http://www.matildecassani.com/index/index.html)

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012 solito quando mi chiedono di andare all’elementari, mando

Annamaria!

D: Fate mai gli incontri tutti e due insieme?R.Guglielmo Doryu: all’inizio li facevamo quasi sempre

insieme, era interessante vedere la reazione dei ragazzi quando ci presentavamo in coppia perché dico ai ragazzi “io sono monaco buddhista” e vedo che le ragazze parlano tra di loro “ma quello ha la fede!!”, e quindi devo spiegargli “si, sono un monaco buddhista dello zen giapponese che nel corso della storia ha elaborato che i monaci si possono sposare”. Insomma quando eravamo in coppia, in due, a fare la lezione era bello perché ci sostenevamo a vicenda, ed era interessante anche la visione maschile e femminile, entrambi i punti di vista su svariati argomenti diciamo che si vedeva la differenza tra noi. Adesso i nostri impegni sono triplicati quindi va soltanto uno dei due.

D. Come avviene l’incontro? R.Guglielmo Doryu: L’approccio, nell’idea del progetto,

è quello di portare una testimonianza a livello personale, dopo che l’insegnante ha fatto un lavoro di preparazione. A volte di fatto però diventa una lezione sul buddhismo perché i ragazzi non lo conoscono, e anche quando si studia il buddhismo sui testi scolastici l’impostazione che danno è obsoleta, è basata su concetti che i ragazzi percepiscono come ostici, duri e mio compito personale, ormai è il nono anno che partecipo al progetto, sono il veterano di questo progetto, è di far capire veramente cosa è il buddhismo, come il buddhismo influisce sulla mia vita e introdurre concetti molto semplici e soprattutto legati alla vita quotidiana. Cercando sempre di stimolare un colloquio e un dialogo e lasciando nella parte finale lo spazio per le domande, le curiosità: “che cosa vuol dire quel bracciale, perché ti vesti così?”. Io inizio sempre partendo dal punto di vista di far capire che ci sono i buddhisti occidentali. Per loro questa cosa è strana, allora do anche i numeri dei buddhisti italiani in Italia, faccio i raffronti con gli altri paesi e spiego che il buddhismo di tipo occidentale sta crescendo più velocemente ad esempio negli States. Tendo a far capire che il buddhismo può essere praticato da tutti e faccio un piccolissimo excursus storico.

D: il fatto che lei sia un italiano è un valore aggiunto?R.Guglielmo Doryu: Secondo me sì, se non altro per un

fatto di comunicazione: che io parlo come loro, riesco ad usare i termini che a loro sono consoni, che fanno parte del loro quotidiano, io mi ostino e mi considero ancora un ragazzino e dunque entro molto in empatia, mi immagino che impatto sarebbe stato, con tutto il rispetto per i miei confraterni, un monaco tibetano, thailandese, a parte il primo impatto di curiosità, poi sarebbe difficile una comunicazione, è difficile per un monaco, una persona che non vive qui entrare in contatto con i ragazzi, creare un ponte, quindi il fatto di essere italiano mi aiuta tanto.

D. Quali sono i temi che principalmente vengono affrontati?

R.Guglielmo Doryu: I due concetti fondamentali “la sofferenza” e “l’’impermanenza”. Come la sofferenza sia

legata al concetto del desiderio e gli faccio capire che non è il desiderio in sé ad essere sbagliato ma quando noi deleghiamo la nostra completezza, la nostra sicurezza al desiderio allora compiamo un atto di ignoranza. Gli chiedo “che sensazione vi da se io vi dico che tutto è impermanente? Secondo voi è buono o cattivo?”. E cominciano a pensare “è buono?” “no, è cattivo!” “no, dipende”. Allora li faccio arrivare piano piano all’idea che è da noi che arriva la valutazione su buono o su cattivo. Cerco di fargli capire a che livello questa sofferenza che è una sorta di un disagio interiore, un senso di inadeguatezza, lavora anche nella loro vita, perché spesso pensano che queste cose a loro non li riguardano. Quindi dico “pensateci bene, la mattina quando vi svegliate, non volete venire a scuola non avete mai pensato di non volere andare alla scuola?” “Sempre!!”. “Perché non volete venire a scuola?”, “perché la scuola è brutta..”, “è spiacevole perché accadono le cose che non ci piacciono..” soprattutto gli faccio capire che la scuola è una metafora della vita perché è nelle scuole che si intrecciano i rapporti umani, e i rapporti umani non sono sempre piacevoli, a volte ti scontri con qualcuno che non ti piace, a volte vuoi stare con qualcuno ma questo qualcuno non ne vuole saperne di te, queste sono le cose che loro vivono. Il buddhismo lavora su queste cose, e così gli faccio capire il seme della nostra sofferenza. Poi affronto la tematica più importante e più complicata, cioè quella di anatta-non sé, che è sempre un po’ più complicata da spiegare ma anche qui cerco di farmi capire. Per esempio prendo una di loro – in genere sempre una ragazza - e chiedo, “ma, tu da dove vieni? ma ti sei fatta da sola?”, “no, mi hanno fatto i miei”, “e loro si sono fatti da soli?”, “no, li hanno fatti i nonni”, cosi risaliamo indietro. Poi chiedo “cosa hai mangiato ieri”, “ho mangiato la pasta”, “quindi tu sei qui anche grazie alla pasta che hai mangiato, ma quella pasta si è fatta da sola?”, così ci divertiamo andiamo avanti ancora per un po’, finché gli fai capire il senso dell’interdipendenza, che noi non siamo separati da tutto il resto ma siamo uniti a tutto il resto.

I due concetti fondamentali che sono insegnati sono “la sofferenza” e

“l’‘impermanenza”

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R:Annamaria Gyoetsu: e arriviamo alla conclusione che in tutti noi c’è Buddha, e dire che dobbiamo rispettare tutti gli altri.

Doryu: A volte provo a raccontare una storiella zen, la mia preferita è quello che un discepolo chiede a suo maestro, “maestro che cosa è Buddha’”, il maestro risponde, “un pezzo di cacca”, e gli studenti sono sconvolti, “ come! Ha detto cacca?”, ieri una ragazza mi ha detto, “ma se io dico che Dio è un pezzo di … questa per noi è una bestemmia.”

R.Annamaria Gyoetsu: Quando gli racconti la storia del fiore di loto, loro rimangono incantati, che la radice del fiore di loto è nascosta nel fango, e la stessa radice passa attraverso il fusto, e diventa il fiore più bello, e Buddha sta sempre sopra il fior più bello, dall’illusioni si arriva alla comprensioni, tutti noi siamo questo, passiamo attraverso questo ed è un’occasione tutto. Quando io vado a scuola chiedo sempre al professore se posso stare sulla scrivania, così mi metto in postura sulla scrivania, tolgo le scarpe e dico, quando siete seduti così siete Buddha! “chi?” mi chiedono, “Tutti!”, a me piace essere diretta e mi piace anche far fare l’esperienza della meditazione in classe.

D: questo tipo di attività le porta ricchezza?R.Guglielmo Doryu: Assolutamente si, a me è servito per

darmi una migliore chiarezza di esposizione e affrontare meglio anche conferenze e prove più impegnative. Anche perché a volte mi stupiscono e fanno delle domande molto penetranti ed è molto stimolante perché, soprattutto per chi segue un percorso spirituale che non è quello suo di origine è portato a superare queste piccole prove, certe domande che ti fanno ti fanno chiedere ma tu veramente credi a questa cosa che è una cosa che devi esprimere con la tua testimonianza e non perché le hai studiate sui libri. Alcune riflessioni te le porti poi anche a casa.

D: Nel progetto è prevista anche la possibilità di fare degli incontri esterni?

R.Guglielmo Doryu: la maggior parte delle volte si va nelle classi ma a volte possono scegliere di venire qui al centro, altre volte al tempio cinese della comunità cinese di Piazza Vittorio. Qui facciamo vedere l’ambiente, Gyoetsu gli chiede sempre di provare la meditazione, e tutti vogliono provarla ma poi dopo due minuti succede il caos e non riescono a star fermi. Poi facciamo vedere gli abiti, le stanze, Kesa, Orioki, ciotole, rimangono affascinati perché non s’immaginano che il buddhismo possa essere così fisico, che si fa con il corpo. Ci vuole energia, ci vuole forza, autodisciplina, quando vedono come ci muoviamo, allora rimangono affascinati perché non sono abituati a concepire una religione in maniera così fisica.

D : C h e p e n s a d e l l a r e l i g i o n e i n I t a l i a e dell’insegnamento della religione nelle scuole?

R.Guglielmo Doryu: l’analfabetismo verso le religioni è totale, del buddhismo pensano sia qualcosa di magico, misterioso, esoterico, credono sia una cosa astrusa e io provo a fargli capire che invece riguarda la vita quotidiana e questa per loro è una sorpresa alla fine sento i loro commenti e rimango sempre abbastanza soddisfatto “mah figo sto

buddhismo non me l’aspettavo che era così”. Gli insegnanti con cui lavoro, la maggior parte sono splendidi, accoglienti, è ovvio che chi aderisce al progetto ha una certa apertura, anche se a volte è capitato che quando vedono che i ragazzi sono molto presi, quasi temendo che subiscano un po’ troppo la fascinazione di una religione diversa, allora dicono “si ma anche noi abbiamo questo”. Se devo dare un giudizio mio personale sull’insegnamento della religione a scuola sarebbe meglio riformularla e proporre una storia delle religioni, una filologia delle religioni.

D: ci può dare una sua definizione di religione?R.Guglielmo Doryu: io mi collego al significato letterale

di religione che viene dal del latino “religo” che vuol dire collegare, connettere, e per me una religione è tutto quel sistema filosofico, anche uno stile di vita, un insieme di pratiche che mi permettono di connettermi con l’universo in questo caso non essendoci l’idea di una divinità personificata. Un modo di trovare il proprio posto nella vita

R. Annamaria Gyoetsu: per me la religione è esattamente quello che diceva il maestro del nostro maestro, Kodo Sabaki: religione è rimanere freschi con la mente, e non farsi infinocchiare da niente, cioè essere religiosi è non stare sotto qualcosa sempre uguale a se stesso, e quindi essere sottomessi a qualcosa ma essere vivi e avere la soluzione in ogni momento diversa quindi è un po’ quello che è nello zen, è “qui e ora”, è essere diretti, non lasciarsi influenzare e anche infatuare.

Recita il detto Zen: “Piccolo dubbio, piccola illuminazione. Grande dubbio, grande illuminazione. Nessun dubbio, nessuna illuminazione”.

“ P i c c o l o d u b b i o , p i c c o l a illuminazione.

G r a n d e d u b b i o , g r a n d e illuminazione.

N e s s u n d u b b i o , n e s s u n a illuminazione”

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La necessità di questa rubrica nasce dal desiderio di comprendere meglio i traguardi storici che hanno influenzato la stesura degli articoli 3, 8 e 19 della nostra Costituzione. Il movente di tale inserto giace in particolare sulla convinzione che conoscere la storia della libertà religiosa italiana possa fornire una solida base su cui sviluppare un dialogo libero da cognizioni precostituite, in grado di agevolare una libertà interreligiosa sempre più completa.

Il secondo spunto di riflessione riguarda la costituzione della Repubblica romana del 1849.

1849: Costituzione della Repubblica Romana

Negli anni della restaurazione l’Italia vive in un fervore patriottico, come dimostrano le Cinque Giornate di Milano e la Prima guerra d’Indipendenza. Pio IX, preoccupato dal liberalismo che imperniava l’epoca, con l’Allocuzione del 29 aprile, si allontanò dalla coalizione italiana durante la guerra contro l’Austria (regno cattolico). Questa scelta però portò allo Stato della Chiesa una sempre crescente opposizione politica. Il 15 novembre del 1848 venne ucciso il primo ministro dello Stato Pontificio, Pellegrino Rossi, e in seguito all’accaduto Pio IX fuggì a Gaeta, sotto la protezione del Regno delle Due Sicilie, travestito da semplice sacerdote.

Il 5 febbraio viene proclamata la Repubblica Romana, al governo il triunvirato formato da Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi. Venne eletta l’assemblea romana con suffragio universale (solo uomini, le donne ne restarono escluse per consuetudine), e, malgrado la minaccia di scomunica del papa, 250.000 persone votarono. Fu abolita l’Inquisizione e introdotta la libertà di stampa, i laici sostituirono gli ecclesiastici in campo politico e amministrativo.

dichiarazione dell’assemblea costituente romana (9 febbraio 1849)

art.1 il papato è decaduto e di diritto dal governo temporale dello Stato romano.

La caduta del potere temporale del Papa permise per la prima volta la circolazione nella città del Nuovo Testamento in lingua italiana che sin a quel momento veniva distribuito clandestinamente dai colportori evangelici (dopo la restaurazione, tutte le Bibbie vennero bruciate). Inoltre viene abolita la segregazione degli ebrei di Roma.

La repubblica fu posta sotto assedio dalle truppe francesi il 3 giugno del 1849, Garibaldi e i suoi volontari combatterono per difenderla e molti giovani, tra cui Goffredo Mameli, autore dell’inno nazionale italiano, persero la vita. La resa è vicina.

La Costituzione della repubblica viene promulgata il 4 luglio dall’Assemblea costituente, che nello stesso momento ne decretò la resa. La Repubblica non avrà tempo sufficiente

per operare secondo questi principi, ma la sua costituzione può a ben diritto essere considerata la matrice dei processi democratici d’Europa. Pochi e semplici gli articoli che, per i temi trattati, hanno un impatto sociale considerevole: libertà di culto, laicità dello stato, istituzione del matrimonio civile, abolizione della pena di morte. L’articolo VII che riguarda la libertà di culto, nel progetto originario era preceduto da un comma che recitava: «La religione cattolica è la religione dello Stato», ma dopo una vivace discussione fu ridotto solo alla seconda parte. La costituzione romana fu quindi l’unica fra tutte quelle, italiane del 1848-49 a non dichiarare il cattolicesimo religione di Stato.

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA, 1849

PRINCIPII FONDAMENTALI

I.La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo

dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.II.Il regime democratico ha per regola l'eguaglianza, la

libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta.

III.La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il

miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.

VII.Dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti

civili e politici.VIII.Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica

tutte le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente del potere spirituale.

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Rubrica: Un passo nel passato. Conoscere per comprendere la libertà religiosa oggiA. Nagasawa e M. Di Pietro

1849: Costituzione della Repubblica Romana

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La Costituzione della Repubblica romana racchiude tutti i principi costituzionali moderni ed anticipa il concetto di democrazia. Roma divenne banco di prova di quelle nuove idee che troveranno compiutezza solo un secolo più tardi. Importanti, nella definizione dei moderni stati d’Europa per l’affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato, furono le teorie sviluppate da Giuseppe Mazzini. Egli affermava che la liberazione dell’Italia potesse avvenire solo con la realizzazione di uno Stato repubblicano, luogo in cui libertà e giustizia si sarebbero espletate, realizzandosi per tutti.

Dei doveri dell’uomo è considerata l’opera fondamentale di Mazzini. In questo scritto, dedicato agli operai, l’elemento primario della riforma ideata dal padre del Risorgimento italiano, viene messa in luce l’illusorietà delle dottrine basate quasi esclusivamente sui diritti e si ribadisce l’importanza fondamentale dei doveri, dai quali poi scaturiscono i diritti. Nello stesso volume si trova il testo Fede e avvenire, pubblicato clandestinamente in francese nel 1835 e tradotto in italiano da Mazzini stesso, in cui l’autore espone il proprio pensiero politico e religioso, la sua fede. Tre i punti sostanziali: Dio, Progresso, Uomo. Nel mondo del divenire la presenza divina è costituita dalla Vita, di cui l’uomo fa parte, che nella sua interezza tende al ritorno alla fonte originaria.

I doveri dell’uomo – Fede e avvenire (estratto)di Giuseppe Mazzini

Le leggi umane non sono valide e buone se non in quanto si uniformano alla legge universale e divina, spiegandola e applicandola(…). L’Umanità è una e, poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per tutti gli uomini, un lavoro da compiersi per opera di tutti.(…) Esiste dunque una Religione universale della natura umana. Oggi sappiamo che la Legge della Vita è PROGRESSO: progresso per l’individuo, progresso per l’Umanità(…). Due cose sono essenziali al progresso da compiersi: la manifestazione di un principio e la sua incarnazione nei fatti. La fede manca ai popoli(…).

Ma la Religione rimane: il pensiero è immortale, sopravvive alle forme e rinasce dalle proprie ceneri.(…) L’elemento religioso è universale, immortale: universalizza e collega. Ogni grande rivoluzione ne serba l’impronta e lo rivela nella propria origine o nel fine che si propone. Per esso si fonda l’associazione. Iniziatori di un nuovo mondo, noi dobbiamo fondare l’unità morale, il cattolicesimo Umanitario

(...)-  Crediamo in una unica Legge generale, immutabile,

che costituisce il nostro modo di esistere, abbraccia ogni serie di fenomeni possibili, esercita una azione continua sull’universo e su quanto vi si comprende, così nel suo aspetto fisico come nel morale.(…) Crediamo nell’Associazione, che non è se non la credenza attiva  in un solo Dio, in una sola Legge e in un solo Fine, come nel solo mezzo posseduto da noi per tradurre il Vero in realtà, come in metodo del Progresso(…). Crediamo quindi nella Santa Alleanza dei Popoli, come quella che è la più vasta formula di associazione possibile nell’Epoca nostra, nella libertà e nell’eguaglianza dei popoli, senza le quali non ha vita un’associazione vera.

- Poiché la Legge è una, come noi crediamo nell’Umanità, sola interprete della Legge divina, così crediamo nel Popolo uno e indivisibile, che non conosce caste o privilegi se non quelli del Genio e della Virtù, né proletariato, né aristocrazia di terre o di finanza, ma solamente facoltà e forze attive consacrate per l’utile di tutti all’amministrazione del fondo comune che è il globo terrestre – nel popolo libero e indipendente, con ordini che pongano in armonia le facoltà individuali e il pensiero sociale, vivente del proprio lavoro e dei suoi frutti, concorde nel procacciare la più grande utilità possibile comune, ma nel rispetto dei diritti dell’io (…).

Risalite ai principi e sarete seguiti dai popoli: la questione che agita il mondo è una questione religiosa. La fede, che è intelletto, volontà e amore, cancellerà i vizi e porrà fine alle disarmonie di una società senza chiesa e senza capi, che invoca un nuovo mondo(…).

Credete e vincerete. Credete e i popoli vi seguiranno. Credete e operate: l’Azione è Verbo di Dio, il pensiero inerte non è che l’ombra. Coloro che disgiungono il Pensiero e l’Azione, smembrano Dio e negano l’eterna Unità.(…) Spetta noi schiudere la via al nuovo principio e, se anche dovessimo perire nel tentativo, la schiuderemo.

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Credete e vincerete. Credete e i popoli vi seguiranno. Credete e operate: l’Azione è Verbo di Dio, il pensiero inerte non è che l’ombra

I doveri dell’uomo – Fede e avvenire di Giuseppe Mazzini

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La fondazione Coppem rappresenta un traguardo importante per la tutela delle culture nel Mediterraneo. Ci racconta com’è nata?

Su iniziativa del CCRE (Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa) e dell’OCA (Organizzazione delle Città Arabe) – dopo riunioni preliminari tenutesi nel 1998 e 1999 a Cipro, a Ragusa, Palermo, e nel 2000 a Tel Aviv e a Gaza, si è provveduto all'iniziale definizione di un regolamento da parte dei rappresentanti di Amministrazioni locali. Il COPPEM, Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo dei poteri locali e regionali, è stato formalmente insediato in occasione della prima Assemblea Plenaria dei suoi membri (Palermo, 28 novembre 2000), dopo un incontro preparatorio svoltosi a Valencia nell'ottobre del 2000. Nel dicembre 2002, in occasione della III Assemblea Plenaria, è stata adottata la costituzione della Organizzazione internazionale senza fini di lucro denominata COPPEM. In termini generali, la finalità del COPPEM è quella di promuovere dialogo e cooperazioni per lo sviluppo locale fra città, comuni e regioni dei Paesi aderenti al Partenariato Euromediterraneo e la loro attiva e fattiva partecipazione al raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della Dichiarazione di Barcellona del 1995. Il COPPEM è composto da membri titolari e da membri supplenti, che rappresentano Comuni, Province, Autorità locali e Regioni dei 37 Paesi euromediterranei. In virtù delle decisioni assunte dai capi di Stato e di governo nel vertice di Parigi sull'Unione per il Mediterraneo, il COPPEM ha iniziato la procedura di adesione delle delegazioni dei paesi UPM non firmatari della dichiarazione di Barcellona.

Qual è il ruolo delle dinamiche interreligiose all'interno di tale organizzazione?

Nella qualità di referente per l'area politico-istituzionale, ho in questi anni riflettuto sul fatto che il dialogo interreligioso e interculturale possa essere uno straordinario strumento di pace e di dialogo tra le comunità dei paesi mediorientali. Attraverso le giornate studio « interreligiosità e intercultura » si è favorito l’incontro tra giovani provenienti dall’Egitto Tunisia, Marocco, Algeria, Siria, Libano, Libia,

sulla base di un progetto futuro che possa offrire loro interscambi formativi e informativi (stage scolastici, universitari e lavorativi), orientandoli e sostenendoli con l’apposita Fondazione, la cui struttura organizzativa ci proponiamo di pensare e decidere nel più breve tempo possibile.

Il convegno 2011 come introduzione al progetto intercultura: sostenitori, stampa, risonanze ?

Abbiamo ricevuto una notevolissima rassegna stampa dell'avvenimento, compreso un articolo che è stato pubblicato sull'Osservatore Romano. L'incontro è stato organizzato dal COPPEM, dalla Regione Siciliana e dalla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia e si è tenuto presso il Palazzo Arcivescovile di Palermo il 7-8 Novembre 2011. La prima tavola rotonda ha visto l'introduzione di tre relatori, in rappresentanza dei tre culti religiosi, sul tema «  la religione come veicolo di pace, fratellanza e dialogo. Religione e Pace sono o dovrebbero essere sinonimi. Perché allora ci si combatte in nome della religione? » ( relatori : don Massimo Naro, Docente di Teologia sistematica nella Facoltà Teologica di Sicilia-Italia, Mons Rosario La Delfa, Preside della Facoltà Teologica di Sicilia-Italia, Rabbino David Rosen, Direttore Internazionale degli Affari Inter-religiosi, AJC- Israele, Rabbino Oded Wiener- Direttore Generale del Rabbinato Centrale di Israele- Israele, Imam Mohammed Asfa, Presidente delle comunità italiane musulmane - Giordania, Imam Moh'd Nouh Ali' Ma' Abdeh– Imam di Amman- Ministro per la gioventù Giordania) Nella seconda tavola rotonda, tre relatori in rappresentanza dei poteri istituzionali decentrati, hanno discusso su  : «  la religione come strumento di percezione e di conoscenza della cittadinanza e della civiltà euromediterranea. Diritti umani, valori della cittadinanza e della coesione delle tre religioni nelle città euromediterranee, anche alla luce dei recenti accadimenti geopolitici nell'area » ( relatori : Mr. Ian Mans – Presidente della I Commissione del COPPEM e Sindaco di Moerdjik- Paesi Bassi, Mr. Ori Disatnik Sindaco di Binyamina - Givat Ada Israele, Mr. Ghassam Samman Responsabile ufficio internazionale Organizzazione città arabe – Kuwait). Nella terza tavola rotonda, tre relatori esperti di studi sociologici, hanno introdotto alcuni percorsi di educazione all'intercultura e all'interreligiosità nelle istituzioni educative.

Progetti futuri: quali e come.

Le tre delegazioni hanno stabilito di dare vita, attraverso fondi propri, alla realizzazione a Palermo di un campus universitario cui parteciperanno studenti arabi, ebrei ed europei. Questi studenti frequenteranno corsi su tematiche

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Speciale: Intervista a Francesco Sammaritano, referente Coppem di Palermo e promotore del primo tavolo interreligioso di SiciliaM. Guerrisi

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quali il dialogo interreligioso, le future prospettive e c o n o m i c o - fi n a n z i a r i e , c o m m e r c i a l i n e l l ' a r e a euromediterranea e i nuovi assetti politico-legislativi, istituzionali, sociali e culturali nei paesi euromediterranei dopo la primavera araba.

Come potrebbe interagire i l Campus con le problematiche dell'intercultura: diritti civili, scuola, immigrazione?

Le didattiche che saranno impartite attraverso dei precisi moduli agli studenti e potranno anche toccare temi come i diritti umani, la scuola e la società civile.

L’associazione UVA, per la tutela della laicità nell'insegnamento della religione, in che modo potrebbe collaborare per la realizzazione del Master?

Le attività didattiche inerenti al Campus prevedono una serie di pubblicazioni, delle conferenze e dei seminari. In questo occorrerà la collaborazione di enti che si occupano di tali discipline, ordinando, scrivendo e pubblicando il materiale prodotto all’interno del progetto di studio così da nutrire un’efficace risonanza pubblica e un maggiore coinvolgimento delle istituzioni.

Il progetto di rete L'insegnamento di Attività Alternativa: quali prospettive? è organizzato e promosso dai docenti di attività alternativa all'Irc della scuola media statale sperimentale Milani con il supporto del Laboratorio di tecnologie didattiche di Genova.

L'iniziativa nasce dalla consapevolezza che nel capoluogo ligure la realtà delle attività alternative è ancora assai fragile e dalla speranza che il confronto e la riflessione tra docenti sia un modo per promuoverne la cultura e la garanzia sul territorio. L'elemento di originalità del progetto consiste nel fatto che esso nasce all'interno del mondo scolastico, andando così ad accogliere e a integrare le istanze che provengono invece dall'esterno, ossia dalle rivendicazioni che singoli cittadini e associazioni avanzano legittimamente nei confronti delle istituzioni.

Come ben illustrato da Pascucci nel numero precedente di IRInews, il progetto si articola in una serie di attività in presenza e online, i cui esiti verrano resi pubblici il 24 maggio 2012, in occasione dell'appuntamento conclusivo al palazzo Ducale di Genova. L'incontro del 7 febbraio scorso era dedicato alla condivisione di alcuni esempi concreti di attività alternative all'Irc. Hanno illustrato le loro proposte didattiche la maestra Piera Re (scuola primaria Daneo - GE), la prof.ssa Claudia Bovero (sms Bertani - GE), le prof.sse Enrica Dondero e Paola Villani (sms Milani - GE), la dott.ssa Mariachiara Giorda (univ. di Torino), la prof.ssa Paolida Carli (iss Firpo Buonarroti - GE). I percorsi, incentrati ora su

contenuti di antropologia culturale e storia delle religioni, ora su temi afferenti alla sfera dei diritti e della cittadinanza attiva, hanno evidenziato alcune caratteristiche comuni: l'attenzione pedagogica allo sviluppo affettivo e cognitivo degli alunni, gli obiettivi educativi legati alla convivenza civile, le modalità didattiche basate sulla lezione dialogata, la discussione fra pari, l'uso di fonti e strumenti diversificati.

All'incontro era presente anche la dott.ssa Marina Cinieri (coordinatrice pedagogica Distretto 16 - Regione Liguria). Alla luce della sua pluridecennale esperienza - anche nell'ambito del Laboratorio Migrazioni -, la relatrice ha condotto una riflessione sulla importanza delle ipotesi infantili nel dar significato al tempo, alla vita, alla morte, all'amicizia, alla diversità. Poiché, nel pieno rispetto dell'età evolutiva, gli orientamenti della scuola dell'infanzia non prevedono insegnamenti disciplinari, ma indicazioni per lo sviluppo delle competenze dei bambini e delle bambine, l'Irc risulta poco giustificabile dal punto di vista pedagogico.

Infine è intervenuto il prof. Fabio Milito Pagliara, referente nazionale del progetto "Ora alternativa" dell'Uaar, che ha sottolineato come il diritto alle attività alternative sia ancora disatteso in buona parte del territorio italiano, nonostante vi siano ormai tutti i dispositivi amministrativi ed economici per garantirlo.

Con l'incontro del 7 febbraio è stata avviata la seconda fase del progetto di rete, finalizzata alla stesura di documenti condivisi. I partecipanti stanno ora seguendo due filoni di lavoro: uno, più pragmatico, che porterà alla redazione di "linee guida" a uso di dirigenti, docenti e famiglie, da diffondere nelle scuole genovesi; un altro, più teorico, in cui vengono affrontati e discussi alcuni "nodi", quali ad esempio le diverse posizioni di principio rispetto alla questione Irc/attività alternative; l'ipotesi di chiedere l'abolizione dell'Irc almeno nella scuola dell'infanzia; l'opportunità o meno di ideare un possibile curricolo di attività alternative e, se sì, secondo quali criteri; lo stato di "non obbligo" dell'utenza rispetto a tali attività, come precisato dalla Corte Costituzionale.

Per accedere alla homepage del progetto:http://www.labtd.it/partecipa/course/view.php?id=139 Per vedere i video dei precedenti incontri:http://www.youtube.com/user/scuolalabdonMilani/

videos?view=0

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Genova: "L'insegnamento di Attività Alternativa: quali prospettive?": riflessioni in itinereV. Ghiron

nel capoluogo

ligure la realtà delle

attività alternative è ancora assai

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Abbiamo inaugurato questo spazio chiedendoci del ruolo svolto dalle diverse identità culturali e religiose all’interno dei complessi sistemi economici, tentando di aprire una discussione sul ruolo economico e sociale della religione oggi, la sua “presenza” in taluni processi di produzione e consumo. Una riflessione dedicata all’elemento religioso nell’economia contemporanea del multiculturalismo.

In questo articolo vorremmo proporre alcune riflessioni teoriche d’aiuto alla definizione generica del nostro campo di interesse. Proponiamo la lettura del libro Un racconto apocalittico. Dall’economia all’antropologia (Mondadori 2011), dell’economista Giulio Sapelli. Si tratta di una raccolta di articoli apparsi in varie riviste a partire dalla fine degli anni Novanta. Essi offrono, a nostro parere, un importante strumento di orientamento nel campo che questa rubrica ha appena definito. Giulio Sapelli, professore di Storia economica e Economia politica, raccoglie in questi articoli il suo sforzo ermeneutico nei confronti dei sistemi economici a partire da una strumentazione antropologica teorica e d’indagine sul campo. Secondo Sapelli, infatti, l’antropologia offre una strada e un metodo privilegiati alla comprensione dell’economia nella sua complessità sociale. La tesi fondamentale dello storico dell’economia è che esista una stretta interdipendenza tra pratiche sociali dell’agire economico e le rappresentazioni culturali di un dato gruppo. E che sia l’antropologia applicata alla dinamica economica a poterne rinvenire le tracce.

L’antropologia definisce la cultura come “un circolare addensarsi di capacità di rappresentare, con il mondo che ci circonda, noi stessi” dove “la capacità di rappresentazione dell’uomo è la sua capacità di produrre dei mondi simbolici”. Tra le varie forme della cultura umana prodotte dalla vita associata degli uomini, Sapelli posiziona anche lo stock e il dinamismo delle risorse fisiche, tentando dunque di trovare il nesso tra sistemi di senso (cultura/mondi simbolici/capacità di rappresentazione) ed economia. In questo modo, quello che appare a molti economisti e alla maggior parte dei profani come “l’agire impersonale del mercato”, o la sua mano invisibile, ad un occhio antropologico si rivela permeato di azioni culturalmente regolate, ad esempio attraverso la reciprocità, il clientelismo, o in alcuni casi, la minaccia della forza. Azioni queste (e relazioni) causa ed effetto di una vita associata culturalmente impostata in una stretta interdipendenza con le dinamiche economiche.

In tal modo la teoria di Sapelli reagisce contro il modello descritto da Karl Polanyi (1886-1964) per cui esisterebbero nella storia dell’economia varie fasi. Secondo Polanyi infatti, prima dell’avvento del capitalismo industriale avviato dalla rivoluzione inglese, la società e la morale comune avrebbero sovradeterminato l’economia; dopo la grande trasformazione rappresentata da quella rivoluzione, l’economia si sarebbe liberata dalla morale e resa indipendente. Per Sapelli, tale approccio muove da una visione positivistica della merce e del processo di mercificazione, visione prodotta dallo stesso processo di reificazione che oscura le relazioni soggettive che determinano il processo di trasformazione delle cose in merci. Secondo Sapelli, al contrario, la relazione e

compenetrazione tra la cultura antropologicamente intesa, cui la morale si riferisce, e l’agire economico, nonostante le profonde trasformazioni incorse nell’arco della storia, rimane permanentemente inscindibile: «La cultura permea ogni comportamento e ogni attribuzione di senso dell’azione sociale economica». Così anche il mercato va inteso come una “presenza” simbolica socialmente dominante: «forma reificata del capitalismo moderno che diviene cultura e norma compulsiva tanto del conscio quanto del preconscio degli esseri umani». Anche la moneta, in senso antropologico, è uno strumento che consente una «proattività culturale, solo che si analizzino i comportamenti degli attori che la usano e come la usano e la pensano e la rappresentano»; e le imprese, per un occhio antropologico, sono «processi di culture e simboli». Dunque secondo l’economista, lo scambio di mercato, moneta contro merce e merce contro moneta, pur impersonale e istantaneo che sia, non è, come ipotizzano molti teorici come Polanyi, esterno alla vita sociale, ma «si intreccia invece profondamente con i mondi vitali e contribuisce a configurarli, così come fa con le dinamiche di mercato».

Sapelli infine propone un approccio antropologico al marketing, che chiama etnoconsumerismo, intendendo uno studio del consumo in quanto insieme di pratiche umane, un set di pratiche culturali di consumo legato ai sistemi simbolici di un dato gruppo. Infatti, secondo l’economista, insieme alla forza della omogeneizzazione e serializzazione della globalizzazione dei sistemi economici, è a attualmente presente un’emersione di mercati e di orientamenti locali al consumo. «Le forze globali sono, per usare il linguaggio dell’antropologia classica, “nativizzate” e riformulate profondamente, a partire dal significato simbolico dei brands, delle politiche di pianificazione e delle relazioni interorganizzative.(..) La conoscenza delle culture locali diviene quindi sempre più essenziale.» Analogamente, «acquista una inusitata importanza la capacità dell’impresa di porre in gioco la propria stessa corporate culture nell’infinita serie di trasformazioni che un mercato globale impone». E conclude: «Tutto ciò induce a interpretare le relazioni con le merci come relazioni culturali, e questo anche prima che gli oggetti diventino quelle merci.(..) Vi è una dimensione esperienziale tanto della produzione quanto del consumo, ed è questa che dobbiamo studiare».

A partire da questa dimensione esperienziale culturalmente determinata della produzione e del consumo, affermata da un economista, crediamo si possa muovere con basi meno incerte per una riflessione sul ruolo culturale delle religioni – in quanto viluppo di morali, sistemi simbolici e di rappresentazione collettive – nel complesso dell’attuale agire economico.

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Rubrica: Economia e religioniB. Nuti

stretta interdipendenza tra pratiche sociali dell’agire economico e le

rappresentazioni culturali di un dato gruppo

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Il 27 28 e 29 febbraio si sono svolti in 2 istituti alberghieri della provincia di Roma dei moduli didattici di cultura religiosa organizzati dall’Assessorato alle politiche del lavoro e della formazione tenuti dalla professoressa Giorda in collaborazione con la dott.ssa Tirabassi. La premessa, coerente ad altri corsi di questo genere è che nella nostra società il dato religioso detiene uno spazio importante, rintracciabile in forme di credenza variegate e difformi. L’idea di questo percorso, che si pone nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza plurale da un punto di vista culturale e quindi anche religioso: la quotidianità dell’emergere delle scelte o non scelte religiose ci spinge a costruire un nuovo sapere, come strumento in grado di contrastare il dilagare di pregiudizi, false percezioni, particolarismi e fondamentalismi.

Un corso di Cultura Religiosa vuole mettere a fuoco, a partire dal contesto contemporaneo, i fatti religiosi e l’interpretazione ad essi relativa, analizzandone gli aspetti antropologici, sociologici, storici e psicologici ma anche gli ambiti propri delle religioni, con particolare attenzione ai testi, ai protagonisti, alle pratiche, ai sistemi di credenza.

In un’ottica comparativa, si presenteranno diversi concetti chiave su cui si basa il pensiero di alcune delle grandi religioni che hanno segnato la storia dell’umanità e che oggi rappresentano il pluralismo delle credenze, per costruire dei percorsi/laboratori/lezioni dedicati agli studenti in obbligo formativo. L’obiettivo è fornire conoscenze adeguate a leggere la realtà presente, individuale e collettiva, in cui la scelta o non scelta religiosa rappresenta un tratto importante dell’identità culturale dei giovani e delle loro famiglie.

Risultati attesi:Informazione e conoscenza relativa ad alcuni temi

riguardanti le religioni e il pluralismo religioso;Declinazione dell’educazione alla cittadinanza e

all’intercultura attraverso lo studio delle religioni;Dialogo e confronto interculturale;Realizzazione di legami con e tra comunità religiose del

territorio di Roma e provincia.Destinatari:Prime annualità dei corsi triennali in obbligo formativo

dei Centri Provinciali di Formazione Professionale:Operatore della Ristorazione (profilo unico) -

Catelfusano Alberghiero;Operatore della Ristorazione (indirizzo preparazione

pasti) – Marino;Operatore della Ristorazione (indirizzo sala e bar) –

Marino. Metodologie utilizzate:Lezione frontaleDibattito/workshopFilmati e documentariUso di immagini e musicheLettura di testiScrittura creativaI lezioneAbbiamo poi distribuito ai ragazzi dei post-it su cui

dovevano scrivere in modo autonomo tutto ciò che veniva

loro in mente quando pensavano/udivano la parola “religione”. Secondo la tecnica del brainstorming, mano a mano che le risposte venivano lette ad alta voce, le commentavamo assieme agli alunni, affrontando i loro preconcetti e cercando di far sì che essi producessero concetti più generali applicabili a tutte le religioni. Si è cercato dunque di abbattere la visione entocentrica e far comprendere ai ragazzi che avremmo affrontato l'argomento “religione” da un punto di vista culturale e storico, quindi come un prodotto che nel tempo si trasforma, praticata da diversi popoli e tutte ugualmente degne. Gli studenti hanno partecipato, alcuni hanno preso appunti: la lezione si è conclusa con la consegna della mappe del mondo in cartina muta e agli studenti è stato chiesto di iniziare a lavorare in gruppo sulla distribuzione delle varie religioni.

Obiettivi didattici:cominciare a familiarizzare con una flessibilità per cui

“la mia religione” non è “La religione” ma una visione nell’orbita “Religione?”.

Far riflettere sul senso della vita e della morte Far comprendere che la religione è una scelta e un

prodotto culturaleFar comprendere che vi sono differenti possibilità di

accedere o non accedere al prodotto “religione”II lezioneAttraverso una cartina del mondo colorata a seconda

della diffusione delle religioni, abbiamo riflettuto sul pluralismo religioso contemporaneo

Partendo dalla spiegazione del significato in generale dei simboli religiosi, abbiamo deciso di spiegare ogni simbolo religioso, cercando di offrire qualche nozione storico-geografica per ogni simbolo e religione. I simboli sono stati abbinati all’albero delle religioni, che offre un’idea della scansione cronologica delle religioni, proiettato sulla LIM e commentato con i ragazzi come quiz

Obiettivi didattici:Offrire una panoramica mondiale delle religioniOffrire una prospettiva storica delle religioniRiflettere sul senso dei simboli e sulla loro diffusioneIII lezioneInfine abbiamo lavorato sul cibo: dopo una lezione sulle

abitudine alimentari in termini di cibi vietati e permessi, è stato fornito a ciascuno dei gruppi rappresentati differenti tradizioni religoisi una lista contenente piatti tipici delle varie tradizioni e una serie di fotografie di questi piatti

Abbiamo chiesto ai ragazzi di lavoarare sui menu, presentando poi in classe il proprio menu religioso in maniera ludica, come se dovessere presentarli a dei potenziali clienti. Nelle ore successive, seguiti dallo chef, i ragazzi hanno realizzato alcune di queste ricette religiously correct.

Obiettivi didattici:Offrire una conoscenza di base delle differenze

alimentari relative alle religioniOffrire una conoscenza di base sulle possibilità differenti

di cucina legate e differenti tradizioni

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Proposte, innovazioni, sperimentazioniUn corso di cultura religiosa a RomaM. Giorda

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Ventura sull’esperienza canadese

Sulle pagine del “Corriere della Sera” del 26 febbraio, commenta l’introduzione nelle scuole pubbliche del Québec, già nel 2008, di un insegnamento obbligatorio di “Etica e cultura religiosa”, il quale propone lo studio de «la storia religiosa del Paese, la storia e la cultura delle religioni e l'introduzione ai valori della tolleranza e del pluralismo». A parere di Ventura, «questa “obbligazione” pubblica di educare alla diversità religiosa interroga le collettività, le istituzioni, le stesse chiese. Solo prendendo rischi, solo innovando, si può rispondere davvero». A giudizio del giornalista, infatti, «le società occidentali devono educare le future generazioni alla differenza religiosa: ai molteplici volti di Dio, ai tanti percorsi delle fedi e dei fedeli; alla convivenza tra uomini di diverse convinzioni». Come rispondere a questo bisogno? «Lo studio della Divina Commedia, dell'Iliade e del Mahâbhârata è importante, ma non sufficiente. Neppure basta l'ora di religione tradizionale, in cui la chiesa maggioritaria propone se stessa e la propria visione dell'altro». In definitiva, conclude Ventura, «servono soluzioni alternative», come quella del Canada. Marco Ventura, La via canadese all’ora di religione nell’occidente ormai multiculturale, “Corriere della Sera”, 26 febbraio 2012.

De Maio: Ia religione non si comanda

La soluzione della tolleranza consiste in un "modus vivendi", un arrangiamento che promette su una scena di rovine, la stabilità delle condizioni minime per il mutuo riconoscimento dei diritti.Il massimo esempio di tolleranza e di civiltà lo ritroviamo nella storia dei romani.Tra gli antichi romani, da Romolo fino ai tempi in cui i cristiani entrarono in conflitto con i sacerdoti dell'impero, non trovate un solo uomo perseguitato per le sue idee. Cicerone dubitò di tutto, Lucrezio negò tutto; e non fu mosso loro il più leggero rimprovero. La licenza stessa si spinse così lontano che Plinio, il naturalista, comincia il suo libro negando Dio e sostenendo che se ve ne è uno, è il sole.Cicerone dice parlando dell'inferno: "Non est anus tam excors quae credat", "Non vi è vecchia così imbecille che vi creda". Giovanale dice: "Nec pueri credunt", "Neppure i bambini vi credono". La storia successiva a quella dei romani è all'insegna di un abuso dell'intolleranza, specie per motivi religiosi. Eppure pochi sono i passi nei Vangeli da cui lo spirito di persecuzione abbia potuto inferire che l'intolleranza e la costrizione sono legittime. In tutte le parole e azioni di Gesù Cristo si predica la dolcezza, la pazienza, l'indulgenza. E' il padre di famiglia che riceve il figliol prodigo; è l'operaio che arriva all'ultima ora ed è pagato come gli altri; è il samaritano caritatevole, egli stesso giustifica i suoi discepoli che non digiunano; perdona alla peccatrice. Non si scaglia nemmeno contro Giuda, che deve tradirlo. Penso che sia

legittimo riflettere sul fatto che la religione forzata non è più religione: bisogna persuadere e non costringere.

La religione non si comanda. 15 Marzo 2012 http://www.ilmediterraneo.it/en/dialogo-interreligioso/7638

Bagnasco sull’ateismo pratico

L’esperienza religiosa va considerata come indispensabile anche in uno Stato laico. Dunque no a forme di “ateismo pratico” che rischia di realizzarsi “quando non sono rispettati i giorni festivi, quando viene sfavorita l’edificazione dei luoghi di culto o interdetta l’esposizione di simboli religiosi. Attenzione ai più deboli e alla scuola. Il nostro Paese vive un preoccupante calo delle nascite, che mi ha spinto a parlare di “suicidio demografico”: è il suicidio di una nazione che non guarda avanti perché ha paura del futuro.

7 Marzo 2012 - http://www.radiovaticana.org/it1/articolo.asp?c=569545

Ravasi contro Mazzini

«Colui che può negar Dio davanti a una notte stellata, davanti alla sepoltura de' suoi più cari, davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole. Il primo ateo fu senz'alcun dubbio un uomo che aveva celato un delitto agli altri uomini e cercava, negando Dio, di liberarsi dall'unico testimone a cui non poteva celarlo». No, non è un frammento del sermone di un predicatore ottocentesco; questa apologia così veemente di Dio è uscita dalla penna di un "laico" ad alta caratura, anticlericale, avversario del papato, critico feroce di Pio IX, anima fervente del Risorgimento. Forse lo si è capito: stiamo parlando di Giuseppe Mazzini e questa arringa pro Deo è desunta dal suo libro più noto, pervaso quasi da uno zelo profetico, Dei doveri dell'uomo (1861). Il vessillo dell'effimera Repubblica Romana (1949) di cui egli

Opinioni a confrontoF. Crudo & M. Guerrisi

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era triumviro recava il motto «Dio e il Popolo», trasformato poi nella triade «Dio, Progresso, Umanità», con la costante certezza – sorprendente in quel clima risorgimentale agnostico se non esplicitamente ateo – che Dio esiste. Questa sorta di professione di fede è, invece, estratta da un altro saggio, Dal Concilio a Dio, pubblicato nel 1870 durante l'assise conciliare del Vaticano I, che Mazzini aveva guardato con interesse, ma che poi era stato da lui bollato come un raggiro a causa dell'imposizione dell'infallibilità papale, a suo dire intimata ai Padri da Pio IX.

Ai Padri conciliari del Vaticano I contestava la loro dottrina tradizionale: «Il vostro dogma si compendia in due termini: Caduta e Redenzione; il nostro nei due: Dio e Progresso. Noi crediamo nello Spirito, non nel Figlio di Dio».A pubblicare questa silloge di testi mazziniani sono studiosi protestanti, così come lo è la casa editrice, la vivace Claudiana di Torino. È comprensibile che la fiera critica antipapale e anticattolica di Mazzini possa trovare qualche sintonia, anche se Ricca nella prefazione fa risaltare il contesto storico ottocentesco visibilmente datato e superato. Ma forse Mazzini – la cui madre, vicina a posizioni gianseniste, aveva esercitato un influsso vigoroso sul giovane figlio – nutriva simpatie per il protestantesimo, conosciuto durante l'esilio londinese? Un noto studioso valdese come Giorgio Spini non aveva esitazioni: Mazzini nutriva «la più sprezzante avversione al protestantesimo». E questo per due ragioni: da un lato, l'indipendenza dell'individuo davanti a Dio era ai suoi occhi un primo passo verso l'anarchia e, d'altro lato, la frammentazione ecclesiale causata dal protestantesimo era in antitesi col suo apostolato per un universalismo fraterno dell'intera umanità.

26 Febbraio 2012 - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-02-26/divina-liberta-081702_PRN.shtml

Odifreddi sull’insegnamento della religione a scuola

E’ uscito l’ultimo rapporto della Conferenza Episcopale Italiana sull’insegnamento della religione nelle scuole. Obtorto collo, per usare la lingua morta che tanto piace ai morti viventi, i vescovi hanno dovuto ammettere una serie di fatti per loro spiacevoli.

Primo. Nei vent’anni trascorsi dal 1993, anno della prima rilevazione, a oggi, per la prima volta la percentuale di studenti che rifiutano l’insegnamento clericale è salito sopra il 10 per cento, per un totale di circa 800.000 studenti. E la tendenza costante è appunto quella di un aumento regolare.

Secondo. I rifiuti sono massimi dove gli studenti possono scegliere per sé, invece di subire le pressioni delle famiglie, e arrivano al 16 per cento nelle superiori. Ma alle scuole materne, dove si può immaginare che i genitori siano più giovani della media, la percentuale è salita dell’1 per cento in un solo anno, dal 7,5 all’8,5 per cento.

Terzo. Le percentuali di rifiuto sono direttamente proporzionali al livello di sviluppo e di cultura del paese. In particolare, sfiorano il 27 per cento al Nord, scendono al 19 per cento al Centro, e crollano a un misero 2,5 per cento al Sud.

Quarto. Nelle superiori, i rifiuti dipendono fortemente dal tipo di scuola. Nei licei artistici sono leggermente superiori al 21 per cento, e nelle scuole professionali e

tecniche di poco inferiori. Ad abbassare la media nazionale sono dunque le scuole umanistiche, come i licei classico e scientifico.

Quinto. A fronte della specifica contrazione della frequenza all’ora di religione, e della generale contrazione delle risorse umane ed economiche per la scuola, gli insegnanti di religione sono l’unica categoria a essere aumentata, di ben il 2 per cento in un solo anno, passando dai 12.894 di due anni fa, ai 13.166 dello scorso anno.

Sesto. La propaganda clericale è ormai affidata in massima parte ai fiancheggiatori esterni, e gli insegnanti non-preti (che vengono eufemisticamente, benché letteralmente, definiti “laici”) sono ormai l’88 per cento del totale.

Le conclusioni sono talmente ovvie, che non varrebbe nemmeno la pena di enunciarle. Ma poiché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, forse è utile ripeterle: l’insegnamento religioso fa maggior presa nelle zone più sottosviluppate e meno acculturate del paese, fra le famiglie con genitori più vecchi, nelle scuole più umanistiche e meno scientifiche, e tra gli studenti che non possono scegliere da sé. A buon intenditor, poche parole. 24 Febbraio 2012 - http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2012/02/24/lultima-ora-della-religione/?ref=HROBA-9

Nuvoli risponde

Il problema è che i sacerdoti dovrebbero porsi il problema di andare a insegnare religione nelle scuole. Tale insegnamento è infatti una possibilità di incontro con il mondo giovanile che viene letteralmente bruciata se i preti rimangono sempre rinchiusi in sacrestia o in parrocchia», magari a preparare lunghe e poco utili omelie di incomprensibile analisi teologica (con i vari «spezziamo il pane della parola»  e robe simili). Veri e propri “abusi liturgici” come spiega benissimo don Nicola Bux in “Come andare a Messa e non perdere la fede” (Piemme 2010). Invece, continua Nuvoli, «io, che sono sacerdote e che insegno anche in una facoltà teologica, ai seminaristi dico sempre di dedicare la mattina alla scuola perché quello è il terreno dove possono incontrare i giovani. Secondo me è proprio l’incontro con la figura del sacerdote che permette all’ora di religione quell’interdisciplinarietà unica nel suo genere. Si può fare religione parlando di letteratura o parlando anche di cronaca, ma a condizione che il termine di paragone sia chiaro». Il sacerdote «rende visibile il sacramento, non un insegnante con gli altri». Nessuna storia delle religioni o una cultura vagamente religiosa, «no, ci deve essere la proposta di tipo tradizionale, che è quella della presenza della Chiesa nel mondo, una presenza di tipo educativo e che per forza di cose ha bisogno che sia il sacerdote a fare l’ora di religione». Conta moltissimo anche la famiglia, il suo ruolo educativo e l’equilibrio che fornisce al giovane infatti «nel sud Italia invece, dove c’è ancora in qualche modo un tessuto familiare forte, la percentuale di coloro che frequentano è più alta».   Rimane comunque l’inesistenza «di una  esperienza effettiva ecclesiale in quell’ora lì».1 Marzo 2012 - http://www.uccronline.it/2012/03/01/ora-di-religione-ecco-come-tornare-sopra-al-90-dei-frequentanti/

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Riccardi propone: le religioni come facilitatori sociali

«Sono da tempo convinto dell'importanza del contributo che gli esponenti religiosi, molto influenti all'interno delle comunità presenti in Italia, possono dare nel favorire il dialogo, la conoscenza reciproca, la convivenza e l'integrazione». Con queste parole, il 16 marzo, il ministro Andrea Riccardi ha preannunciato la costituzione della Conferenza nazionale permanente “Religioni, cultura e integrazione”. La prima seduta di detto organismo si è svolta il 19 marzo nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio. Il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione ha esordito affermando che in Italia “c’è un vero problema di integrazione, che è la cultura: la cultura fa crescere l’integrazione. Le religioni restano diverse, ma attraverso la cultura - quindi attraverso la scuola, attraverso la creazione di una cultura comune - cresce il senso di comune appartenenza. Il presidente Napolitano, nel 2011, ci ha ricordato il valore dell’identità italiana e noi vogliamo che tutte le persone, anche di origine non italiana, partecipino a questo senso di identità. Io prevedo che i leader religiosi, quelli che hanno responsabilità nelle comunità religiose, aiutino, accompagnino il processo di integrazione, perché le comunità religiose, possono essere luoghi di grande socializzazione, prescindendo dalla fede, ma possono essere anche dei ghetti. Penso, per esempio, al problema delle donne: le donne sono delle grandi integratrici nella società, ma tante volte sono prigioniere della famiglia o di tradizioni che non sono consone alla storia del nostro Paese”.

A fianco di Riccardi, in rappresentanza del governo era presente anche il ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, la quale ha dichiarato che «il confronto tra identità diverse dovrà respingere ogni pretesa di supremazia, che inevitabilmente porta al conflitto e alla chiusura settaria. Riesco a comprendere che di fronte a situazione critiche, la soluzione radicale, più lontana da orizzonti inclusivi, può apparire talvolta quella più seduttiva. Ma abbiamo la responsabilità di continuare a coltivare il dialogo e puntare su una tolleranza costituzionalmente orientata».

L'analisi dell'evoluzione politica mondiale, ha ricordato il ministro dell'Interno, ha fatto luce definitivamente sulle cause che sono alla base delle dolorose sperequazioni che ancora

tengono lontane popolazioni poverissime dall'accesso a una più equa distribuzione delle ricchezze. Questo stato di cose, ha osservato la titolare del Viminale, «ha portato con se una spinta inesauribile alla migrazione ed alla mobilità. E’ stato stimato, infatti, che la condizione di straniero riguarda un abitante della terra su 35 e l'ultimo rapporto Caritas quantifica in oltre 54 milioni le persone che, prevalentemente per motivi economici, hanno lasciato le loro terre d'origine».

Dunque, c'è un flusso continuo di uomini e donne che, all'interno di un processo costante e inarrestabile, sta imponendo alle comunità nazionali e internazionali di adeguarsi a nuove sfide sociali, economiche, culturali, giuridiche e anche religiose. Ecco dunque che, ha concluso Cancellieri, «una tolleranza costituzionalmente orientata si traduce non in indifferenza e in accettazione acritica del ‘diverso’ ma, richiede una capacità costruttiva in cui si affermi senza reticenze la concezione laica dello Stato democratico ispirata ai valori di libertà. Strada, comunque, non priva di difficoltà». All’incontro hanno preso parte oltre 100 leader religiosi, tra i quali il segretario generale del Cici-Moschea di Roma, AbdAllah Redouane, il presidente dell’Ucoii (Unione delle Comunità islamiche d’Italia), Izzedine Elzir, il presidente dell’Unione induista italiana (Uii), Franco Di Maria, il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche, Massimo Aquilante. I cristiani ortodossi erano rappresentanti dai patriarcati di Mosca, di Costantinopoli e Serbia e dal vescovo della diocesi italiana della Chiesa ortodossa romena, mons. Siluan Span. Per la Chiesa cattolica erano, invece, presenti il direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, mons. Gino Battaglia, e il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego. Non tutti però hanno valutato positivamente l’iniziativa. L’UAAR ha scritto infatti una lettera al ministro Riccardi sia lamentando l’esclusione di rappresentanti dei non credenti, sia ritenendo poco opportuno «affrontare il problema dell’integrazione attraverso un rapporto preferenziale con le comunità, anziché con gli individui». Molto interessante l’intervento di Marco Aime, il quale, già prima dell’istituzione della Conferenza permanente, aveva commentato le parole del ministro Riccardi in merito alla cultura come requisito per ottenere la cittadinanza italiana. L’antropologo trovava difficilmente applicabile lo «ius culturae» voluto dal ministro, poiché la cultura è «entità quanto mai sfuggente e sfaccettata, tanto più in un paese come il nostro, attraversato da mille identità (il termine campanilismo esiste solo in italiano)». «Inoltre – continuava Aime – una cultura per essere davvero condivisa ha bisogno di rituali collettivi, cosa che ormai manca anche a noi italiani per nascita e per tradizione». L’antropologo concludeva affermando: «Perché per una volta non possiamo provare a fare le cose semplici e dire che è cittadino italiano chi chiede di esserlo e rispetta i valori e i principi della Costituzione e le leggi dello Stato? Un atto che, finalmente, potrebbe renderci tutti uguali sul piano dei diritti. Accontentiamoci di questo, sarebbe un gran passo avanti».

http://www.governo.it/Notizie/Ministeri/dettaglio.asp?d=67162;

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=572864;

http://www.libertaciviliimmigrazione.interno.it/dipim/s i t e / i t / d o c u m e n t a z i o n e / d o c u m e n t i / a l t r i /3_2012_Il_ministro_Cancellieri_alla_Conferenza_permanente_xReligionex_culturax_integrazionex_del_19_3_2012.html

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Mazzarella reagisce

«Quando sbarcano disperati che arrivano con ogni mezzo, siamo di fronte a persone che hanno titolo a chiedere asilo. Occorrono accertamenti seri, rapidi, severi, in base alle norme comuni a livello europeo, certo, ma non c’è dubbio che bisogna dare lo status di rifugiati e il sostegno a chi ne ha diritto». Questo è quanto ha detto il presidente della Repubblica Napolitano a margine di un incontro avuto al Quirinale con il presidente della Repubblica di Malta, George Abela. […] Non ci mancano in questi giorni elementi di approfondimento. Le parole forti di Napolitano, ma anche l’iniziativa dell’altro giorno del ministro Andrea Riccardi che, in collaborazione con il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, ha voluto promuovere la prima conferenza nazionale su “Religione, cultura e integrazione”, si muovono in questa direzione. Un nuovo organismo consultivo che ha visto la partecipazione del segretario generale del Cici-Moschea di Roma, Abdellah Redouane, il presidente dell’Ucoi (Unione delle comunità islamiche d’Italia), Izzedin Elzir, il vicepresidente della Coreis (Comunità religiosa islamica), imam Yahya Pallavicini, il presidente dell’Unione induista italiana (Uii), Franco Di Maria, e il presidente delle Federazioni delle Chiese evangeliche, Massimo Aquilante. I cristiani ortodossi erano rappresentati dai patriarcati di Mosca, Costantinopoli e Serbia e dal vescovo della diocesi italiana della Chiesa ortodossa romena, monsignor Siluan Span. La Chiesa cattolica era rappresentata dal direttore dell’Ufficio per la conferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, mons. Gino Battaglia, e il direttore della fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego. Un’iniziativa che va segnalata per il suo forte significato: il ruolo delle religioni nel tema dell’integrazione. I rappresentanti di diverse comunità religiose presenti in Italia non sono omologabili, ma certamente sono portatori di una riflessione circa la necessità di effettuare, nel più breve tempo possibile, il passaggio delicato della piena integrazione. Ben vero, oggi in Italia già vivono due milioni e 900 mila immigrati cristiani (un milione e mezzo sono ortodossi); un milione e 300 mila musulmani; oltre 150 mila buddhisti, meno di 100 mila induisti e 60 mila sikh. Interessante quindi l’incontro promosso dal ministro Riccardi, che assume una valenza forte che può e deve essere replicata nei territori come esperienza naturale di dialogo interculturale ma anche interreligioso. Personalmente mi persuade il fatto di aver individuato anche nelle religioni e nei loro leader mediatori e facilitatori di integrazione. L’appartenenza religiosa, infatti, è un elemento che deve tornare utile al processo di integrazione e a un’esperienza concreta di dialogo e convivenza. I recenti e gravi episodi accaduti a Tolosa nei giorni scorsi, in cui un uomo ha sparato davanti a una scuola ebraica, sono un richiamo forte per i leader, oltre che un monito perché le religioni non possono non essere un valore aggiunto nella convivenza tra i popoli. 22 Marzo 2012 –

h t t p : / / w w w. c i t t a n u o v a . i t / c o n t e n u t o . p h p ?TipoContenuto=web&idContenuto=417392

http://www.governo.it/Notizie/Ministeri/dettaglio.asp?d=67162;

Le riflessioni di Naso

Le comunità religiose degli immigrati costituiscono una presenza sempre più visibile e socialmente rilevante. Per anni si è parlato soprattutto dei musulmani e dei centri di preghiera che sorgevano come funghi in città che osservavano sorprese e preoccupate questa nuova presenza. Ma oggi ad oltre un milione di musulmani si sono aggiunti almeno ottocentomila ortodossi che molto spesso si riuniscono in chiese cattoliche dismesse e circa trecentomila evangelici provenienti soprattutto dall’Africa occidentale, dalle Filippine, dalla Corea del Sud e da alcuni paesi dell’America Latina. Oltre ovviamente a molti altri credenti sikh, induisti, buddhisti e così via.

La storia ormai più che centenaria dei grandi flussi migratori ci insegna che la religione, le sue tradizioni e i suoi simboli, costituiscono dei beni preziosi che ogni migrante porta con sè e che, spesso, rivaluta ed enfatizza proprio nel paese in cui finisce per stabilirsi. La religione costituisce dunque un importante elemento dell’identità dei migranti, la radice forse più solida di una cultura e di una tradizione che, almeno all’inizio del loro percorso di integrazione, essi intendono proteggere con particolare determinazione. Idealmente, infatti, la religione aiuta a riconnettersi con quello che si è lasciato e ad affrontare l’impatto con nuove culture e nuovi comportamenti.

Per migliaia di donne dell’est europeo, per fare un esempio, la parrocchia ortodossa è uno dei pochi spazi di socializzazione e di ritrovo al di fuori degli ingranaggi di impegnativi lavori di cura. Per molti immigrati la pratica religiosa e l’incontro con sorelle e fratelli nella fede costituiscono quindi una risorsa spirituale e sociale di primaria importanza.

Riconosciuta questa realtà, però, la storia dei processi migratori insegna anche che le comunità religiose possono svolgere funzioni sociali molto diverse e talvolta di esito opposto. In qualche caso possono costituire un muro che paradossalmente rallenta il percorso di integrazione: comunità chiuse, impermeabili all’esterno, autocentrante, alimentano un’identità statica, sempre uguale a se stessa, estranea se non antagonista alla società circostante. Alcune moschee nel Regno Unito ma anche molte chiese evangeliche, ad esempio nei paesi scandinavi, hanno finito per costituirsi come un muro di protezione ma anche di isolamento dal contesto sociale, con effetti drammatici dal punto di vista dell’integrazione. Ma, nella misura in cui riescono ad aprirsi all’esterno e a stabilire positive relazioni con le corrispettive realtà italiane, le comunità religiose possono anche essere un ponte, un potente vettore di percorsi di integrazione ed inclusione sociale. L’intera esperienza di Essere chiesa insieme, sia pure nella varietà e nella flessibilità dei modelli sperimentati, va in questa direzione.

La novità di questa settimana è che il governo ha finalmente deciso di prendere atto di questa ’ambiguità’ del ruolo sociale delle comunità di fede degli immigrati, delle sue potenzialità ma anche dei rischi che essa porta con sè. E a questo riguardo, la decisione del Ministro Riccardi di istituire una Conferenza permanente sul tema ’Religioni, Cultura, Integrazione’ costituisce una novità rilevante.

Sbaglia chi pensa che con questo si vogliano ’confessionalizzare’ le politiche migratorie sottraendole a un

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pubblico confronto laico. Al contrario, la Conferenza affida alle comunità di fede una decisiva funzione civile: il riconoscimento del loro ruolo sociale, infatti, implica che esse si attivino molto più di quanto hanno fatto sin qui per sostenere percorsi di apprendimento della lingua, di promozione della cultura della legalità, di conoscenza dei fondamenti costituzionali: in una parola, di ’integrazione’. Alcune comunità sono più pronte di altre a raccogliere questa sfida, altre saranno più lente e persino reticenti. Ma vedere allo stesso tavolo cattolici e buddisti, sikh e ortodossi, evangelici e buddhisti conferma quello che da anni è evidente: l’immigrazione sta ridisegnando il profilo religioso dell’Italia ed è tempo che a questo cambiamento le istituzioni garantiscano il dovuto riconoscimento culturale e giuridico. 21 Marzo 2012 - http://www.nev.it/

Belelli e la cultura razzista

La strage di Tolosa, nella quale sono stati trucidati un rabbino e tre alunni di una scuola ebraica, sembra essere l’opera di un pazzo isolato, e quindi sembra rappresentare l’avverarsi di un rischio inevitabile ma tutto sommato limitato. Però anche il pazzo matura il suo convincimento all’interno di problematiche sociali irrisolte: il razzismo, l’antisemitismo, la mancata integrazione multiculturale; e su queste è bene interrogarsi. Io credo che il razzismo e le conseguenti difficoltà del multiculturalismo abbiano un nocciolo duro, di difficile soluzione: tutte le culture, inclusa la nostra, sono in fondo razziste e discriminatorie. Se intendiamo per cultura l’insieme delle tradizioni, idee e valori di un popolo, è inevitabile riconoscere che tutte le culture, inclusa la nostra, sono tradizionalmente razziste, sessiste e classiste non per caso ma programmaticamente, per necessità e per intenzione. Se ne è accorta, ingenuamente, l’associazione Gherush92 che ha recentemente dichiarato razzista e sessista la Divina Commedia perchè contiene brani discriminatori; ed è ovvio perché è il prodotto, artisticamente subl ime, di una cultura che era ef fet t ivamente discriminatoria. E’ facilissimo trovare altri esempi di discriminazione nella Bibbia (è piena), nel Vangelo (ad es. in Marco 7, 24-30), nelle caste Indù, etc. Ogni cultura deve assolvere anche la funzione sociale e morale di indicare ciò che la società considera bene o male e deve stigmatizzare il crimine e approvare il comportamento virtuoso: deve discriminare. Una cultura non razzista discrimina sulla base di comportamenti messi in atto dal singolo, mentre una cultura razzista discrimina su una base etnica, reale o presunta; ma tutte le culture discriminano in accordo con i propri valori. Tutte le culture discriminano i criminali e questo è necessario, ma poi alcune considerano un crimine l’omosessualità; molte culture e molte religioni discriminano le donne, etc. Finché una cultura rimane isolata e circoscritta ad un gruppo umano limitato e omogeneo gli aspetti odiosi e discriminatori passano inosservati: in alcune culture la circoncisione femminile o la lapidazione dell’adultera “vanno bene” alla maggioranza (è difficile credere che vadano bene anche alle adultere colte sul fatto). Quando, per effetto delle migrazioni, due o più gruppi portatori di culture diverse si mescolano, ciascun gruppo considera raccapriccianti almeno alcune usanze degli altri. Molti di noi, ad esempio, considerano accettabile la circoncisione maschile e inaccettabile quella femminile, a prescindere dal fatto che in

alcune culture è mutilante ed in altre invece no. Per poter fare una vera integrazione multiculturale dovremmo essere in grado di formulare ed accettare un codice etico comune che protegga l’individuo, anche a costo di vietare alcune pratiche culturalmente approvate: dovremmo cioè avere una regola per decidere quali aspetti di ciascuna cultura siano accettabili e quali no. Non solo non abbiamo questo codice etico supremo, ma, se lo avessimo, non mancherebbe di sembrare razzista e discriminatorio a chi si trovasse ad essere impedito di mettere in atto pratiche che considera parte di tradizioni accettate: se una società vietasse la circoncisione dei bambini di qualunque sesso sarebbe certamente accusata di razzismo dalle persone di religione ebraica e da molte persone di religione islamica. Essere razzisti è facilissimo: appartiene alla cultura di ciascuno; essere antirazzisti è difficile: richiede di inventare una soluzione filosofica che nessuno ha ancora trovato.

22 Marzo 2012 - http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/22/cultura-razzista/199316/

Il laboratorio di Carandini

Trattare di cultura in rapporto all' economia sembra agli schizzinosi mescolare la spiritualità dell' umanesimo alle impurità del capitalismo. Ma ogni civiltà è stata un miscuglio di ingredienti, virtuosi e barbari. Le civiltà possono essere tuttavia migliorate, aumentando le virtù individuali (la libertà dei moderni) e quelle civiche (la libertà degli antichi), combinando merito e uguaglianza. Vi è nelle civilizzazioni tuttavia un fondo immutabile: sono sistemi in cui si intrecciano potenza, produzione, credenze e saperi. […] Quale potrebbe essere, allora, un' idea di crescita alternativa alla crescita abnorme? Non una crescita quale che sia (come è avvenuto), neppure la non-crescita (figlia della disperazione), neanche una crescita in cui il bene comune sia contrapposto per principio al vantaggio di singoli, imprese e banche, come avviene nei regimi autoritari volti a «perfezionare» le democrazie. Serve al contrario un contemperamento faticoso e concreto dei diversi bisogni individuali, di gruppo e generali, fra loro combinati, nello

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Ogni civiltà è stata un miscuglio di ingredienti, di virtù individuali e civiche

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spirito della costituzione e delle leggi. Dopo i tagli indiscriminati, bisogna tornare a investire in conoscenza, bellezza, ricerca e scuola. Sono da ricostruire non solo le nostre istituzioni ma anche la cultura. […] Pensiamo all' Italia romana: costruì vie che tagliavano campi e rivi dei valligiani di allora e che ora felicemente percorriamo; all' Italia medievale che rifece e inventò le città; all' Italia del Rinascimento, che fu non in primo luogo culturale, come idealisticamente ancora si crede, ma un laboratorio frenetico e multiforme. Partita doppia combinata a pittura non fu il segreto del nostro primato? Traiamo dunque ispirazione dalla storia passata della penisola, in cui il globo riconosce le ragioni del nostro valore. Tornare a fare contrappunto, armonioso sistema a più voci: questo si deve. Unire ingegno alla fatica, bellezza ai lavori senza gloria, intransigenza a mitezza, profondità a lievità, dignità al coltivare (colere) in tutti i modi tutti i campi umani è un' aspirazione audace e anche possibile. Siamo in attesa, non deve passare troppo tempo, se vogliamo rialzarci. 21 marzo 2012

http://archiviostorico.corriere.it/2012/marzo/21/Ritrovare_primato_della_cultura_senza_co_9_120321041.shtml

Sani e la scelta a scuola

Antonia Sani, dell’associazione “Scuola e Costituzione”, lamenta la scarsa informazione in merito all’ora di religione. A suo parere, infatti, al momento della scelta di avvalersi o meno, «nessuno interviene per spiegare che “l’esonero da religione” non esiste più da quando il Nuovo Concordato del 1984 ha reso questo insegnamento facoltativo». Non essendo più obbligatorio, ma facoltativo, perché , si chiede la Sani, «bisogna barrare la casella col NO se non lo si sceglie». A suo giudizio, comunque, l’attuale normativa «dà la sensazione che l’Irc sia rimasto di fatto obbligatorio». Ella, inoltre, è convinta che scegliendo l’attività alternativa si «accetta di fatto il meccanismo imposto dal Concordato: un insegnamento religioso nella scuola dello Stato a patto che gli venga consentito di seguire in quell’ora un’attività di proprio gradimento». Per questo, conclude la Siani, «chi opta per nessuna attività o per l’uscita, rende più evidente la non accettazione di un privilegio».

http://www.cronachelaiche.it/2012/02/iscrizioni-scolastiche-e-insegnamento-della-religione-cattolica/

http://www.cronachelaiche.it/2012/03/ora-di-religione-chi-predica-bene-e-razzola-male/

http://www.cronachelaiche.it/2012/03/lora-di-evangelizzazione-cattolica/

L’opinione di Courtens

Gaëlle Courtens - E’ tempo di iscrizioni alle scuole statali. E quindi è tempo, irrimediabilmente, di avvalersi o di non avvalersi dell‘insegnamento della religione cattolica (IRC). Ma il diritto di avvalersi o meno, di chi è? Chi esercita la scelta? Il buon senso direbbe i genitori, e infatti così è. Ma pochi sanno che questo principio – sacrosanto – vale solo fino al termine della scuola media … a cominciare dagli stessi istituti secondari di II grado.  Così succede che la scheda d’iscrizione di qualche rinomato liceo della capitale, nel

riquadro sulla scelta dell’IRC, richieda la firma solo ed esclusivamente del genitore (poi perché solo di uno?). Eppure la normativa vigente parla chiaro. La legge del 18 giugno 1986, n. 141, all’art. 1 recita: «Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all’atto dell’iscrizione, a richiesta dell’autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica». Non ci sono equivoci: dovrebbero essere gli studenti stessi – ancorché minorenni – a poter/dover decidere sull’opportunità di frequentare l’IRC. Un concetto ribadito nel decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), all’art. 310, 4° comma. E’ vero che la dicitura proposta dal ministero dell’Istruzione (www.miur.it) alla voce “iscrizioni” è quanto mai criptica. Il cosiddetto “Allegato Modello D” contenente il “Modulo per l’esercizio del diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica”, richiede la firma del «genitore o chi esercita la potestà per gli alunni delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I grado (se minorenni)». Si deduce che la firma del genitore non viene richiesta per i ragazzi che frequentano la scuola secondaria di II grado. Appunto, si deduce. Una deduzione alla quale, purtroppo, non giungono tutti gli istituti di II grado. E qui le osservazioni si potrebbero sprecare. Ma preme sottolineare un altro aspetto: è in ballo l’esercizio della libertà religiosa del minore. Giunti all’”età della ragione” ai nostri ragazzi è riconosciuta la capacità di scegliere liberamente e consapevolmente quale fede religiosa seguire e se seguirne una, magari anche in contrasto con i genitori o i responsabili legali. L’esercizio della scelta è loro, ed esclusivamente loro. Un diritto fondamentale che spetta ai piccoli cittadini che verranno, e che per giunta si troveranno a vivere in un mondo sempre più multiculturale e multireligioso. Una norma, questa, che esprime la concezione del minore come “cittadino in formazione”, a cui è garantita un’ampia ed effettiva libertà riguardo alle proprie scelte esistenziali, non solo nella prospettiva segnata dall’articolo 19 sulla libertà religiosa della nostra Costituzione, ma anche sull’articolo 21 in materia di libertà di pensiero. Essa conferisce una significativa rilevanza all’autodeterminazione dell’adolescente, che, a differenza del bambino, può considerarsi titolare a tutti gli effetti di diritti rivendicabili sia nei confronti dei genitori, sia dello Stato. E allora perché non farli firmare di proprio pugno e dare loro la possibilità di responsabilizzarsi rispetto a scelte fondamentali e di grande portata che riguardano il loro “foro interno”? 18 Febbraio 2012 - http://www.cronachelaiche.it/2012/02/ora-di-religione-quando-la-liberta-di-scelta-e-del-minore/

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Il grande dilemma di chi non si avvale dell’Irc: entrare dopo, uscire prima o partecipare alle attività alternative?

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Michele Madonna, L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche tra amministrazione ecclesiastica e pubblici poteri. Brevi note sullo status dei docenti, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), 30 gennaio 2012. ISSN 1971- 8543.

Renata Pepicelli, Il velo nell'Islam. Storia, politica, estetica (Carocci Editore, 2012).

I l v e l o n e l l ’ I s l a m . C h i l o i n d o s s a  l o considera  un’espressione della propria identità religiosa e culturale e, in alcuni casi, anche politica. Chi lo critica lo ritiene la prova evidente del diffondersi di un Islam oscurantista e misogino. In Occidente rappresenta spesso l’emblema della sottomissione femminile e del rifiuto a integrarsi. Ma che cosa è questo pezzo di stoffa che suscita tanto clamore? Qual è il suo significato? Per quali ragioni è in crescita il numero delle donne che si velano? Perché si va diffondendo la moda islamica?

A cercare di dare risposta a questi interrogativi è “Il velo nell’Islam. Storia, politica, estetica” il terzo libro di Renata Pepicelli, pubblicato da Carrocci editore. Assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna, Pepicelli si occupa da anni di questione femminile e mondo islamico contemporaneo affrontando in questa opera il dibattito sul velo da un punto di vista storico, religioso e socio-politico. (http://nena-news.globalist.it/?p=17411).

Brunetto Salvarani, Il fattore R. Le religioni alla prova della globalizzazione, Emi, Bologna 2012.

Tre flash, per cominciare. Il primo: a inizio 2009, i media riportano una curiosa notizia sulla famiglia gialla per eccellenza (quella a cartoni animati dei Simpson, ovvio). Si riferisce della messa in onda di un nuovo episodio della serie,

dal titolo Mypods and Boomsticks, in cui, per la prima volta, Homer & Co. fronteggiano il rappresentante della religione che, negli ultimi vent'anni, ha fatto più rumore su scala mondiale: l'islam. Su cui, in effetti, sinora nella serie era calato un velo di silenzio, che a qualche commentatore era parso persino sospetto...

Qui, Homer si autoconvince progressivamente che il suo nuovo vicino mediorientale stia complottando per far saltare in aria un centro commerciale di Springfield, mentre il figlioletto Bart prende le difese di Bashir (suo coetaneo musulmano) quando viene offeso a scuola, e stabilisce buoni rapporti di vicinato. Alla fine, come da copione, il sospetto si smonta e si scopre l'equivoco, sorto dal fatto che il capofamiglia Amid lavora nel campo delle demolizioni. Nel frattempo, Homer ha la possibilità di mostrare, al solito, una speciale ignoranza anche nei confronti della fede musulmana, storpiando il nome di Allah in Oliver e chiamando il Corano la Corona. Peraltro, era bastata l'anticipazione della trama dell'episodio per creare un discreto scompiglio! "Spero che i musulmani non si accorgano della trasmissione", aveva detto il portavoce del Centro islamico della moschea di Londra al tabloid Daily Star. Quanto al papà dei Simpson, Matt Groening, aveva naturalmente gettato acqua sul fuoco, rilevando che "i cartoon trattano stereotipi, cerchiamo di essere sensibili". Fino all'agognato happy end, a trasmissione avvenuta. Infatti, la puntata piacerà talmente al Cair (Council on American-Islamic Relations), operante sin dal 1994, da spingerlo a invitare i suoi aderenti a scrivere una lettera di ringraziamento allo stesso Groening. In perfetto stile obamiano, dopo aver evidenziato che l'intenzione era di combattere la preoccupante piaga dell'islamofobia, l'associazione conclude: "Questo episodio ha mostrato come gli americani possano lavorare per il rispetto reciproco e l'inclusione attraverso i rapporti tra i vicini di casa". Regalandoci così l'ennesima dimostrazione di come una piccola cosa, un cartone animato, possa contribuire a smorzare le tensioni interreligiose e interculturali, che restano un tratto – ahinoi – più che caratteristico di questi tempi liquidi, incerti e segnati da una crisi economica di proporzioni ancora inimmaginabili.

Secondo flash. Il giorno dopo la notizia dell'uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan, avvenuta il 2 maggio 2011, l'ex premier britannico Tony Blair scrive un articolo che prende le mosse da quell'evento drammatico per segnalare la necessità di comprendere il fattore R, le religioni, per capire e cambiare il mondo: "Molti si chiederanno il motivo per cui sia così importante studiare religione ed esaminare i suoi legami con la globalizzazione (...). Si può essere cattolici, protestanti o semplicemente agnostici. Ma al di là del credo personale, si può essere efficaci senza una comprensione della religione nella sfera pubblica? (...) Ovunque voi guardiate, la religione assume un significato determinante. La fede motiva. Capire la religione può essere importante quanto conoscere il Prodotto interno lordo di un paese, le sue imprese, le sue risorse". Difficile da negare... Anche se nel frattempo un nuovo ateismo ha fatto la sua (rumorosa) comparsa, scalando

BibliotecaLibri e articoliF. Candido e G. Nardini

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Religione, religioni e pluralismo : nuovi scenari globali

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le classifiche di vendita, suscitando vasto dibattito sulla base di una lettura razionale della fede e sul posto ambiguamente occupato dalle religioni nella società contemporanea. In particolare, quelli che la pubblicistica ha definito i Quattro cavalieri dell'Apocalisse – Richard Dawkins, Sam Harris, Daniel Dennett e Christopher Hitchens – hanno lanciato un attacco aggressivo, aspro, a qualsiasi tipo di religione. Mentre concede scarsa attenzione a un'analisi rigorosa delle evidenze, il nuovo ateismo eccelle nell'uso della retorica, in cui la religione è rappresentata come intrinsecamente pericolosa, tossica e cattiva. Non esiste prova, dal suo punto di vista, che la religione possa avere almeno uno o due aspetti di redenzione...

Terzo flash. Poco più di una curiosità, per chiudere sorridendo (amaramente) questo preludio: dove si dimostra che, all'accennato boom delle religioni, con tutte le ambiguità del caso, non stia facendo seguito un corrispondente aumento della conoscenza relativa. Anzi... Alcune settimane or sono, in uno dei classici quiz televisivi pre-Tg, una ragazza all'apparenza acculturata si trova di fronte alla domanda: Che cosa conteneva l'Arca dell’Alleanza durante il cammino del popolo ebraico nel deserto? e a quattro ipotesi di risposta: la Bibbia; il corpo di Mosè; il sacro Graal; le Tavole della Legge. Dopo un gran pensamento, la sventurata risponde, in perfetto stile para-new age: "Il sacro Graal". Come testimonia una ricerca britannica di qualche anno fa, presso gli stessi cristiani – il 70% degli abitanti, stando alle dichiarazioni dei medesimi – c'è una grande ignoranza delle più elementari dottrine. Ad esempio, oltre il 40% degli intervistati in quell'occasione non conosceva quale sia l'evento commemorato a Pasqua, tanto che le chiese si sono viste costrette a rispondere con misure d'emergenza che, verosimilmente, avrebbero fatto sorridere le generazioni precedenti. Così, il foglietto informativo offerto ai visitatori dell'antica cattedrale di York esordisce con la domanda Che cosa credono i cristiani?, e prosegue: La cattedrale del monastero di York è costruita a forma di croce per simboleggiare il più importante articolo di fede cristiano, che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è morto sulla croce per i nostri peccati... Il teologo domenicano Timothy Radcliffe racconta, del resto, che un giorno un seminarista si avvicinò tutto contento al priore della comunità (domenicana) di Sydney, esclamando: "Ho appena scoperto che Gesù è morto il Venerdì santo. Non è una splendida coincidenza?".

Enzo Pace, VECCHI E NUOVI DEI. La geografia religiosa dell’Italia che cambia, Paoline, Milano 2011Il sociologo Enzo Pace dipinge nel suo nuovo libro la società italiana connotata da una spiccata pluralità religiosa. Con sapienza traccia la mappa socio-religiosa di un’Italia che muta; il tessuto sociale si caratterizza così, non più di soli cattolici, ma di musulmani, sikh, buddhisti oltre che dai tanti gruppi legati alle confessioni cristiano ortodossa e protestante, in primis il neo-pentacostalismo carismatico di origine africana e latino-americana. La nuova ramificazione delle molteplici e variegate presenze religiose interessa l’intero Paese; l’autore nel suo “diario di bordo” presenta i dati quantitativi disponibili e sottolinea gli aspetti qualitativi salienti delle comunità organizzate; illuminando i volti dei “nuovi” credenti dispiega fenomeni e dinamiche di vita quotidiana, vivide espressioni del processo di pluralizzazione in atto nella società.

Il testo si propone, dunque, bussola per orientare il lettore in una corretta conoscenza delle nuove realtà religiose e per aiutarlo a comprendere le credenze e le tradizioni di persone appartenenti ad altre fedi. Per cui una corretta conoscenza dei protagonisti e dei fenomeni connessi risulta essenziale per valutare il cambiamento che ci coinvolge e le sfide dell’integrazione a cui siamo chiamati a rispondere.

(Maria Bombardieri)

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Religioni come soggetto e oggetto in Italia, a scuola, negli spazi pubblici. La parola d’ordine è

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Tesi&Ricerche

La tesi proposta questo mese ha per argomento l’insegnamento della religione in Grecia. Tazio Brusasco si è laureato presso l’Università degli Studi di Torino in Storia delle religioni (Prof. N. Spineto), con una tesi al titolo: ACCOGLIENZA E CONFRONTO. L’ORA DI RELIGIONE ALLA SFIDA DEL PLURALISMO RELIGIOSO CONTEMPORANEO “Questo lavoro indaga se e come l’insegnamento della religione cattolica nella scuola secondaria superiore sia cambiato in relazione al mutato quadro sociale italiano, interessato negli ultimi anni da un crescente pluralismo etnico, culturale e religioso. La domanda fondamentale della ricerca è se ai cambiamenti della società sia corrisposto un cambiamento nella didattica della religione e, in caso di risposta affermativa, in quali termini. A margine, ci si è altresì chiesti quali sfide questo mutato quadro sociale possa comportare per chi ha il compito di pensare, programmare e impartire un’educazione in materia religiosa agli adolescenti dei giorni nostri. La risposta non è risultata semplice né univoca. È anzi parso evidente come in questo dibattito ci siano davvero “diverse anime”. Si è visto come, in generale, le risposte siano di due tipi: da un lato quelle ufficiali della Chiesa e dall’altro quelle legate alle sensibilità e alle scelte pratiche dei docenti nei singoli contesti scolastici. Dai documenti consultati, in particolar modo le indicazioni pastorali della C.E.I. (non bisogna scordare che in Italia la gestione della religione cattolica è delegata ai vescovi) La Chiesa avalla una linea di apertura e conoscenza dell’alterità, pur rimarcando la necessità di approfondire specificamente il Cattolicesimo, considerato anche in quanto elemento costitutivo della cultura italiana ed europea. Le scelte dei docenti sono naturalmente più difficili da sintetizzare. Al fine di fondare il lavoro su dati originali, sono stati intervistati alcuni docenti di r.c. del torinese ed è stato sottoposto a 21 insegnanti su scala nazionale un questionario attinente alle forme, ai contenuti e - tout court – all’evoluzione della didattica negli ultimi decenni. Pur nell’esiguità dei numeri, è tuttavia emerso come tutti i docenti considerino molto importante la pratica del dialogo interculturale e interreligioso e cerchino, nell’ambito della loro didattica, di favorirla il più possibile. Non mancano differenze, ma un dato che può sorprendere è che alcuni docenti abbiano dichiarato di dedicare più del 50% della propria didattica alle religioni diverse dal cattolicesimo.

La domanda “politica” che sta alla base della ricerca è dunque se vi sia totale identità tra disegno dottrinale generale e applicazione pratica contestuale, e, in caso di una separazione, indagare se possa esservi tra questi due poli anche una dialettica. In generale, appare però con evidenza come manchi, a livello ministeriale, una programmazione sistemica su queste tematiche, comportando di fatto che i pur notevoli sforzi profusi dai docenti di religione risultino nel complesso disorganici ed estemporanei e per questo, a conti fatti, poco performativi.Questi interrogativi sorgono anche perché appare oramai evidente che dall’evoluzione in senso plurale e multiculturale che la nostra comunità sta vivendo non si tornerà indietro. La gestione del confronto diviene dunque un punto cruciale, uno snodo imprescindibile per una convivenza con minore tasso possibile di conflitti e, tutto sommato, qualitativamente migliore.

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Come cambia l’insegnamento della religione cattolica in relazione al mutato quadro sociale italiano, interessato negli ultimi anni da un crescente pluralismo etnico, culturale e religioso?

T. Brusasco: ACCOGLIENZA E CONFRONTO.

L’ORA DI RELIGIONE ALLA SFIDA DEL PLURALISMO RELIGIOSO

CONTEMPORANEO

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Da farsi...

• 3 Aprile, Modena. Natura e geografia del capitale sociale in Italia, evento promosso dal Centro Studi Religiosi - Fondazione San Carlo. Seminario di Cultura Europea a cura di Roberto Cartocci, Professore di Metodologia della scienza politica - Università di Bologna. (ore 17.30, presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5).

• 5 Aprile, Roma. Incontro con il Tavolo Interreligioso di Roma, Feste e simboli religiosi nelle arti: il Buddhismo; con Maria Angela Falà (segretario generale Unione Buddhista Italiana). Seguirà la visita alle collezioni del Museo. (Ore 17:00, presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale 'Giuseppe Tucci' Via Merulana, 248).

• 27 Aprile, Roma. Tavola rotonda: la scuola e il pluralismo religioso. (ore 15,00 – 18,00, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Roma ‘Tor Vergata’ – Via Columbia, 1, Aula T3). La tavola rotonda organizzata dal Centro Studi e Documentazione su ‘Religioni e Istituzioni Politiche nella Società Post-Secolare’ dell’Università di Roma Tor Vergata (http://csps.uniroma2.it ) e dalla Rivista ‘Scuola Democratica. Learning for Democracy’ (http://www.scuolademocratica.it) propone una discussione sul tema a partire dagli spunti offerti dalla recente pubblicazione: Valeria Fabretti, A scuola di pluralismo. Identità e differenze nella sfera pubblica scolastica (Aracne, 2011). Interverranno studiosi ed esperti nell’area dell’educazione e delle politiche scolastiche, attori impegnati nel campo educativo ed organismi di terzo settore in rappresentanza delle diverse comunità religiose.

• 2 Maggio, Roma. Incontro con il Tavolo Interreligioso di Roma, Feste e simboli religiosi nelle arti: l'Islàm. Con Omar Camiletti (Centro Culturale Islamico, Grande Moschea di Roma) , seguirà la visita alle collezioni del Museo. (Ore 17:00, presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale 'Giuseppe Tucci' Via Merulana, 248).

• 26,27,28 aprile 2012. Bologna. Religiosità e processi educativi: un incontro multidisciplinare. Il Convegno presenta in primo luogo alcuni risultati parziali di un itinerario di ricerca multidisciplinare, avviato dal Centro Studi RES, in collaborazione con l’ISSR SS. Vitale e Agricola di Bologna, nell’anno 2010. La ricerca aveva come primo obiettivo l’individuazione e la definizione, in un’ottica multidisciplinare e multiculturale, della complessa nozione di “senso religioso”. Dopo un primo seminario (febbraio 2010), e un convegno nazionale (Il senso religioso come oggetto di ricerca: una prospettiva multidisciplinare, Bologna 28-29 gennaio 2011), la ricerca si è concentrata sul tema della “religiosità”, come categoria dell’esperienza umana, e del suo sviluppo attraverso i processi educativi. Il ri-orientamento della fase teorica della ricerca è avvenuto in parallelo ad una fase empirica esplorativa, inizialmente concentrata sullo strumento dell’intervista in profondità. Non appaiono ancora

risolti in maniera soddisfacente tutti i problemi metodologici che il tema presenta, per gli impliciti e le implicazioni legate alla fenomenologia della religiosità, e la difficoltà di individuare e/o costruire strumenti affidabili di rilevamento. Obiettivo del Convegno è quello di richiamare al confronto e al dibattito sul tema religiosità studiosi di area socio antropologica, pedagogica, psicologica, filosofica, teologica, in dialogo con la teologia e la storia delle religioni, per una definizione dell’oggetto che confronti categorie teoriche differenti di analisi ed esamini, nelle sessioni parallele, gli aspetti molteplici e concreti della religiosità. (ISSR SS. Vitale e Agricola - P.le Bacchelli 4 Bologna).

EventiF. Candido e G. Nardini

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Incontri sulpluralismo religioso: l’Italia che insegna, discute, impara

29 gennaio MAXXI,RomaFotografia: Maria Giuseppina Barbieri [Merionjb]

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Passati...

• Roma. Si è svolto a Roma il 23 febbraio il seminario di studio “I beni storico-artistici delle diocesi: un bene per l’Irc”, organizzato dal Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica e dall’Ufficio nazionale per i beni culturale ecclesiastici, organi entrambi della CEI. I lavori sono stati introdotti dai responsabili dei rispettivi organismi. Mons. Vincenzo Annicchiaro ha affermato che «in una scuola in cui è presente il pluralismo culturale e religioso, come quella italiana oggi, scoprire e conoscere il patrimonio storico-artistico delle diocesi del nostro Paese sono un mezzo efficacissimo per favorire l’inserimento e l’integrazione di tutti gli alunni, sia gli italiani che gli stranieri in età scolare». «Istruire, formare ed educare cittadini responsabili – ha esordito mons. Annichiarico – non può prescindere dalla conoscenza del patrimonio artistico italiano che, oltre ad essere una delle maggior ricchezze del nostro Paese, è per la gran parte legato al cristianesimo che prende poi speciale forma nella tradizione cattolica». L’arte, in particolare, è «una delle vie privilegiate» attraverso cui l’insegnamento della religione cattolica «contribuisce, insieme alle altre discipline, a far maturare nei giovani la capacità di riconoscere e apprezzare le radici spirituali, culturali e storiche dell’Italia e dell’Europa per formare cittadini che consapevoli della propria identità, sappiano mettersi in dialogo con persone di culture diverse». 23 febbraio 2012

h t t p : / / w w w. c h i e s a c a t t o l i c a . i t / p l s / c c i _ n e w _ v 3 /V 3 _ S 2 E W _ C O N S U L TA Z I O N E . m o s t r a _ p a g i n a ?id_pagina=26785&rifi=guest&rifp=guest

• 10 Gennaio, Roma. Ciclo di quattro lezioni - Il Frammento di Muratori. Il Prof. Enrico Norelli (Università di Ginevra) nel mese di Gennaio ha tenuto un ciclo di quattro lezioni pubbliche sul tema Il Frammento di Muratori: un documento essenziale per capire la formazione del canone del Nuovo Testamento. Gli incontri sono promossi dal Dipartimento di Studi sul Mondo Antico, Dottorato in Civiltà e Tradizione greca e romana, Anno Accademico 2011-2012, Università di Roma Tre, Facoltà di Lettere e Filosofia.

• 11 Gennaio, Roma. Ebraismo e Cristianesimo: identità a confronto. Il Centro Cardinal Bea in collaborazione con l’Ufficio Scuola del Vicariato di Roma ha organizzato un ciclo di conferenze dedicato a Ebraismo e Cristianesimo: identità a confronto. La prima conferenza, Lo Shabbat: un dono ad Israele, una ricchezza anche per i cristiani.

29 Gennaio, Roma. Festa indiana al MAXXI, promossa dal Dipartimento Educazione del MAXXI in collaborazione con il Servizio Didattico del MNAO – Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” e l’Associazione culturale Vidya – Arti e Culture dell’Asia. In occasione della chiusura di Indian Highway, la grande mostra collettiva sull’arte indiana contemporanea che, attraverso 60 opere di 30 artisti, racconta la corsa vertiginosa del subcontinente indiano verso il futuro, la piazza del MAXXI si è animata di mille colori e suoni attraverso un OPEN DAY DI DANZE INDIANE. Domenica 29 gennaio alle ore 11.30, e fino alle 13.30, le maestre Marialuisa Sales e Ambili Abraham, insieme ai loro allievi, hanno animato l’evento presentando rispettivamente la danza classica nazionale Bharatanatyam e la danza

Bollywood. La danza è diventata così linguaggio comune di scambio e comunicazione interculturale. L’incontro di domenica 29 è stato l’ultima tappa di un progetto che ha coinvolto i due musei e in cui il confronto tra l’arte indiana antica e quella contemporanea è diventato strumento per la conoscenza di tradizioni e costumi diversi: alla presenza di mediatori culturali, le famiglie del quartiere Flaminio e dell’Esquilino insieme a quelle del subcontinente indiano che risiedono a Roma, hanno visitato per due weekend (14 e 15 gennaio, 21 e 22 gennaio 2012) le collezioni del Museo d’Arte Orientale e poi, al MAXXI, la mostra sull’arte contemporanea indiana.

• 2 Febbraio. Roma. Assemblea Nazionale di Religions for peace. Di seguito proponiamo il report dell'evento del nostro inviato di Uva-Universolaltro (Paolo Pascucci).

All’interno dell’azienda ospedaliera San Camillo - Forlanini di Roma è presente un edificio chiamato “Casa Accoglienza”.Realizzata nel mese di ottobre del 2002, questa struttura ospita gratuitamente pazienti fragili, seguiti in regime di Day Hospital o in regime ambulatoriale nelle varie Unità Operative degli Ospedali San Camillo e Forlanini e, ove necessario, i loro familiari. È all’interno della Casa Accoglienza che, il 29 gennaio, si è svolta l’assemblea nazionale di Religions For Peace, l ’associazione internazionale dedita alla promozione del pluralismo religioso e impegnata a bonificare il rapporto tra le fedi. Ad aprire i lavori Luigi de Salvia, segretario generale della sezione italiana di Religions for Peace, che ha invitato sei delle persone presenti in sala, appartenenti ad altrettante fedi religiose, a recitare una preghiera. Ancora vivo il ricordo del 27 gennaio, giorno dedicato alla memoria delle vittime della Shoah, è stato letto un brano relativo agli orrori della II guerra mondiale ed è stato lanciato un monito a non abbassare la guardia di fronte alle tendenze negazioniste in voga in questi ultimi anni.

Successivamente sono stati presentati diversi progetti: degni di nota quelli incentrati sull’accoglienza ospedaliera per persone appartenenti alle confessioni religiose acattoliche; molto spesso gli ospedali italiani sono sprovvisti non solo di spazi adeguati dove poter trovare un momento di serenità e poter trascorrere qualche istante in di ritiro spirituale, ma anche di personale preparato a rispondere alle esigenze di chi necessita di questi bisogni. In particolare l’ospedale Santo Spirito sta portando avanti un progetto che prevede la formazione dei volontari dell’AVO, associazione volontari ospedalieri, circa le istanze multiculturali e multireligiose, in modo da poter avere all’interno delle strutture personale specializzato nell’assistenza, non solo medica, dei pazienti.

Altro strumento utile ai fini dell’integrazione è lo sport; il calcio è quello più praticato al mondo, ma molto spesso, invece che promuovere i valori propri dell’etica sportiva, come la lealtà, la tenacia e il senso di appartenenza, è foriero di messaggi tutt’altro che edificanti. Gli scandali sportivi sono all’ordine del giorno, come la corruzione e l’uso di sostanze dopanti. Nel 2006 un gruppo di tecnici sportivi e di educatori decisero di sperimentare a Roma il modello del “Calcio sociale” nell’ambito di una serie di attività, tra cui il torneo God is Love(GIL). Visto il cospicuo numero di partecipanti, decisero di formarsi come soggetto sociale con il nome di S.S.D. (società sportiva dilettantistica) Calciosociale. Nel 2009

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gli è stato affidato un campo sportivo abbandonato situato a Corviale, quartiere della periferia romana, a cui è stato dato il nome di “Campo dei Miracoli”, uno spazio dedicato non solo allo sport, ma anche all’incontro e all’integrazione, uno spazio che diventa espressione dell’anima del Calciosociale, una rete di persone che la pensa e si esprime diversamente, ma ha un sogno comune: un mondo a misura d’uomo. Presente in sala anche una rappresentante dell’organizzazione Flags for peace, che da anni, in varie parti del mondo, promuove ed organizza l’evento chiamato “Le Bandiere del Mondo per una sinfonia di pace”. Questo ha l’intento di “celebrare l’unione di tutti gli esseri umani, trascendendo qualsiasi barriera di razza e cultura” e consiste in una parata in cui a sfilare sono le 194 bandiere del mondo; una manifestazione a cui la nostra Annalisa ha avuto occasione di partecipare il 21 settembre scorso ad Assisi, che si svolge in concomitanza alla giornata internazionale della pace istituita nel 1980 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’arte è uno degli strumenti privilegiati per promuovere il pluralismo e l’integrazione, ed il cinema è quello utilizzato dai ragazzi di Trento che organizzano “Religion Today”, il primo festival itinerante dedicato al cinema delle religioni. Le finalità di questo festival sono quanto mai in linea con la missione di Religions for Peace, essendo il loro scopo contribuire alla diffusione e distribuzione del film religioso come contributo particolare allo sviluppo culturale e spirituale; promuovere, attraverso il cinema, una cultura del dialogo e della pace tra le religioni, nel riconoscimento delle differenze, creare un luogo di incontro e scambio per registi e operatori delle comunicazioni provenienti da diverse culture e religioni e favorire la diffusione di un'informazione corretta sulle grandi religioni in tutte le sedi del festival. Da notare l’interesse che hanno dimostrato verso l’operato di UVA; chissà che non nasca una collaborazione! E

proprio del rappresentante di UVA è stato uno degli ultimi interventi che, nonostante sia avvenuto poco prima del buffet, ha generato curiosità ed ammirazione nei confronti della neo-nata associazione. Dopo aver utilizzato lo sport, l’arte e la cultura come strumenti di integrazione, durante la pausa pranzo è stato il turno del cibo: il buffet, gentilmente offerto da Religions for Peace, proveniva da uno dei ristoranti kasher del “ghetto”, il quartiere ebraico di Roma.

• 2 Febbraio, Roma. Il fatto religioso nelle società contemporanee. Di seguito proponiamo il report della nostra inviata di Uva-Universolaltro (Monica Di Pietro).

Il 2 febbraio si è tenuto, al Museo Nazionale d'Arte Orientale (MNAO), il secondo incontro in collaborazione con il Tavolo Interreligioso di Roma. Il tema affrontato questa volta, dal titolo “Il fatto religioso nelle società multiculturali”, è stato trattato dalla professoressa Maria Immacolata Macioti, docente di Istituzioni di Sociologia e di Sociologia della Religione alla Sapienza di Roma, a cui Paola Gabrielli, coordinatrice del Tavolo Interreligioso, ha sollevato alcune questioni circa lo scenario odierno.

“Il fatto religioso è un tema complesso poiché le religioni hanno storie, tradizioni socio-culturali diverse tra loro; le religioni entrate da non più di dieci anni in Europa, hanno di certo esercitato un certo fascino; si muovono tra preconcetti e pregiudizi, desideri di conoscenza e confronto.Dobbiamo capire che il futuro degli Stati Europei dipende dalla capacità di dialogare, ma il dialogo non deve avvenire solo ai vertici ”, ha esordito la relatrice.

La Prof.ssa Macioti ha prestato attenzione anche alla terminologia, che ancora oggi non gode di un’approvazione unanime: nel titolo dell’incontro infatti compare l’espressione “società multiculturali”, un termine che però da alcuni studiosi

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Discutere ai tempi del pluralismoreti culturali che si formano

Fotografia: Maria Giuseppina Barbieri [Merionjb]Danza:Marialuisa Sales

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MANIKYA VINA SLOKAM SHRINGARA LAHARI KIRTAN:Preghiera in sanscrito dedicata alla Dea Parvati, composta da una prima parte invocatoria, Slokam, seguita da un canto devozionale, Kirtan. (Raga: Nilambari; Tala: Adi; Coreografia: Y.Krisnamurti; Danza: Marialuisa Sales)Fotografia: Maria Giuseppina Barbieri [Merionjb]

viene definito ambiguo, per cui bisogna chiarirne l’accezione con cui viene usato, ed, in questo contesto, esso sta ad indicare una società che riconosce a tutti parità di diritti. Inoltre la relatrice ha sottolineato il contesto sociologico sul fatto religioso in Italia: Gli immigrati quando giungono nelle società di arrivo hanno un bagaglio diverso da quello delle città di approdo, trovano ignoranza circa le loro credenze, e purtroppo gli stereotipi non si superano solo con la conoscenza perché questi riguardano anche la sfera dell'irrazionale. Questa ignoranza si riscontra non solo rispetto a religioni geograficamente lontane o con tradizioni culturali differenti dalla nostra, ma anche circa confessioni cristiane, come accade ad esempio con quella ortodossa.

Le incomprensioni maggiori riguardano però l’Islàm; infatti, pur essendo la seconda religione più diffusa in Italia, vi è solo la Grande Moschea di Roma a rappresentarla, mentre tutti gli altri luoghi di riunione sono dei centri culturali. Quando i media parlano di Islam ne parlano quasi sempre in chiave di allarme sociale, di terrorismo, ed oltretutto la si intende religione solo di paesi come la Turchia e gli Emirati Arabi; viene dipinta come una religione fondamentalista. Nello specifico, sul piano organizzativo, i problemi sui quali la nostra società si scontra con l’Islam sono: l’assenza di un clero; la mancanza di un unico rappresentante dell’Islàm l’organizzazione del lavoro (ad esempio nel mese di Ramadan, anche se in altri paesi europei se ne tiene conto); l’inumazione e le mense nella scuole. Si può tentare di trovare qualche giustificazione a questo atteggiamento tipicamente italiano oltre che nell’ignoranza ad esempio anche nell’assunzione che “i musulmani come gli ebrei, hanno delle prescrizioni religiose forti, di maggior impatto rispetto a induisti e buddhisti”.

In relazione a tutto l’Oriente invece prof.ssa Macioti ha messo in evidenza come nella nostra formazione ci siano più elementi discordanti tra loro:siamo infatti cresciuti con i racconti di Salgari, ma abbiamo poi visto l’Oriente con gli occhi del ’68 e del ’77; sono giunti in Occidente movimenti induistici, per cui mediati. Insomma, fino a poco fa il mondo orientale era sconosciuto, mentre oggi una maggiore diffusione dei suoi elementi la si trova sia su un piano culturale, come dimostra il moltiplicarsi delle pubblicazioni (la prima casa editrice a trattare il tema fu l’Astrolabio, mentre oggi se ne occupano anche altre case editrici meno specifiche), il numero delle conversioni religiose, il cinema. A questa cresciuta conoscenza hanno contribuito anche il XIV Dalai Lama e la diaspora tibetana. Questa, infatti, ha fatto sì che i monaci viaggiassero e giungessero in Occidente. Ma non sempre maggiore conoscenza significa maggiore comprensione, infatti, “soprattutto l’induismo, sta vivendo un riadattamento, una semplificazione, come dimostra ad esempio la scissione tra pratiche e credenze e il linguaggio stesso”.

Anche il decorso storico ha influenzato i processi di migrazione come dimostra il colonialismo che ha portato ad esempio i senegalesi a spostarsi per di più in Francia e gli indiani in Inghilterra. L’Italia, vive una situazione più “arretrata” nei confronti del pluralismo (come dimostrano le leggi del 1986 e del ’90), così conclude la professoressa, “anche perché nei secoli precedenti ha dominato territori meno ampi e i primi flussi massicci di immigrazione si sono iniziati a vedere negli anni ’80. Viviamo adesso, dopo un periodo di apertura, una chiusura generalizzata europea di fronte a questo problema”.

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012 La diffidenza verso le rappresentazioni diverse dalle

nostre di cui non comprendiamo il significato, il messaggio complesso che esse veicolano, non possono essere una giustificazione al gretto nazionalismo cui stiamo assistendo, che ha portato ad una nuova chiusura da parte degli stati europei nei confronti di questo problema, e di cui parte della responsabilità è da attribuirsi anche ai media.

• 22 febbraio, Catania. Seminario e tavola rotonda tema dell'interculturalità. Nel corso del seminario è stato presentato dal prof. Leo Todaro il libro di V. Ongini dell' Ufficio per l'integrazione degli alunni stranieri del Miur Noi domani un viaggio nella scuola multiculturale. Sono intervenuti: la dott.ssa Rosita D'Orsi (USP Catania), la prof.ssa Maria Tomarchio (docente di Progettazione pedagogica e politiche educative).Il libro si propone come una panoramica della scuola da Nord a Sud, spesso poco conosciuta ed apprezzata: la scuola fatta dai tanti docenti ed alunni di ogni razza che insieme crescono, nonostante le difficoltà. L'evento è stato organizzato dalla Facoltà di Scienze della Formazione, Dipartimento dei processi Formativi con il Coordinamento “Orti di Pace-Sicilia” dell'Università di Catania.

Dal 28 Febbraio al 26 Marzo, Modena. Le ragioni della laicità, rassegna che si è svolta presso il Teatro dei Segni ogni martedì. Gli appuntamenti si sono susseguiti in un crescendo che ha coinvolto curiosi e addetti ai lavori. Durante il primo appuntamento (28 Febbraio) è stato proiettato il film Giordano Bruno, di Giuliano Montaldo (protagonista Gian Maria Volontè, colonna sonora di Ennio Morricone), a cui è seguita la discussione con il caporedattore della rivista “Confronti” Mustafa El Ayoubi. Segnaliamo, inoltre, la conferenza L’Ultima sfida di Darwin: linguistica e genetica per ricostruire il passato umano” della ricercatrice Cristina Guardiano dell’Università di Modena e Reggio Emilia e infine, il 26 marzo L’ora di religione di Marco Bellocchio, con Sergio Castellitto. (Questi interpreta Ernesto Picciafuoco, un agnostico dalla personalità tormentata che viene a sapere da un prete che la propria madre sarà beatificata. Il fatto è clamoroso e non sarebbe davvero opportuno che una futura santa risultasse madre di un non credente. Altri problemi arrivano anche dal figlio di Ernesto, che non vuole essere discriminato a scuola e decide di frequentare l'ora di religione).

1 marzo, Roma. Incontro con il Tavolo Interreligioso di Roma. Feste e simboli religiosi nelle arti: l'Induismo e visita alle collezioni del Museo.

Nell'ambito del ricco programma di conferenze, mostre e visite guidate organizzate per il primo semestre 2012, il Museo Nazionale d'Arte Orientale “Giuseppe Tucci' propone cinque appuntamenti dedicati al dialogo tra le religioni. Il ciclo si compone di due incontri introduttivi e tre più specifici sulle religioni delle quali il Museo conserva preziose collezioni: l'Induismo, il Buddhismo, l'Islam. Gli oggetti esposti verranno illustrati durante brevi visite guidate evidenziandone, più che il valore artistico, la valenza di testimonianza di civiltà attualmente alla ribalta sullo scenario mondiale. Con questa iniziativa il Museo si propone, ancora una volta, come luogo di incontro e di educazione alla differenza.

• 1 Marzo, Roma. Induismo. Un pensiero che si radica nello yoga e, con l'esperienza nel corpo stesso. Di seguito

proponiamo il report della nostra inviata di Uva-Universolaltro (Valentina Savelli).

Giovedì 1 marzo, presso la Sala degli Specchi, del MNAO, si è tenuto il terzo incontro con il Tavolo Interreligioso di Roma. La Presidente Paola Gabbrielli ha intervistato l’avv. Franco Di Maria Sri Jayendranatha, Presidente dell’Unione Induista Italiana, cercando di focalizzare alcuni punti chiave della religione che, con un neologismo coniato attraverso una serie di passaggi l inguistici,oggi chiamiamo induismo ma che più correttamente andrebbe denominata con una delle varie definizioni sanscrite, ad esempio sanatana dharma.Per tentare di comprendere una religione così profondamente radicata nella complessa cultura dell’India, questo museo a cielo aperto, si è prima di tutto affrontata la diversità di pensiero tra Oriente e Occidente. La prima grande dualità tra Occidente e Oriente l’avv. Di Maria l’ha individuata nella contrapposizione tra ragione e intuizione, azione e contemplazione, separazione e identità. Il mainstream del pensiero occidentale è abituato a ragionare per concetti dicotomici che non contemplano, al contrario dell’Oriente, l’ambivalenza e la polisemia della Realtà. La via di salvezza del percorso religioso induista, il moksa, abolisce ogni separazione, portando all’identificazione con il Brahman l’Assoluto: il termine samadhi etimologicamente ci ribadisce questa totale identificazione con il Signore “adhi”. A differenza dell’occidentale il filosofo indiano può filosofare soltanto di ciò di cui abbia personalmente fatto esperienza così come unguru, un maestro spirituale, è tale solo in virtù del fatto che, inserito nell’ambito di un alveo tradizionale, indirizzi i suoi discepoli su di un percorso che egli per primo ha già intrapreso. È stata chiarita la natura rigorosamente monoteista della religione induista, così come affermano i suoi testi sacri Rgveda “La Verità è una ma i saggi la chiamano con molti nomi” “Dio è uno, Uno senza un secondo” quell’uno Ekam che esplode nello sfarfallio delle infinite forme e proprio perché Dio non ha volto tutti i volti sono i suoi. Infine è stato spiegato il termine dharma: dalla radice sanscrita dr “sostenere”, “mantenere” il Dharma è ciò che mantiene e sostiene l’ordine cosmico, seguire il Dharma protegge, al contrario la sua violazione comporta un sovvertimento irrimediabile dell’equilibrio. È dunque piuttosto che una norma una nozione di equilibrio, di armonia nella consapevolezza della sostanziale unità di tutte le cose: consapevolezza che il gesto così umile e semplice del saluto indiano, il namaskaramudra, così bene esemplifica mostrando che l’apparente molteplicità del reale (la mano destra e la mano sinistra) si trasforma in un’unità (le mani che si congiungono). L’incontro è proseguito con la visita guidata alla preziosa collezione di arte induista che il MNAO ospita, e in particolare soffermandosi sulle alcune figure di divinità: Ganesha, la cui iconografia simbolica è stata illustrata dal Presidente dell’U.I.I., Shiva, Visnu e la Devi o Sakti. La presenza di un pubblico cospicuo è la dimostrazione che iniziative del genere, in cui si faccia conoscenza in un’ottica interculturale, rispondono ad un bisogno di sapere diffuso.

• 5 Marzo, Genova. Religioni e linguaggio della violenza. Intolleranza e sopraffazione in nome della religione sono tornate drammaticamente all'ordine del giorno. Ma le religioni che cosa insegnano a pensare delle altre fedi e di chi non crede? Questo ciclo di incontri, organizzato con la collaborazione del Centro Studi Don Antonio Balletto, ha già visto

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012 protagonisti il rabbino Benedetto Carucci Viterbi (su

Ebraismo), il pastore valdese Daniele Garrone (su Cristianesimi) e Massimo Campanini (su Islàm). Il 5 Marzo il relatore è stato Gianni Vattimo, professore emerito di Filosofia teoretica all'Università di Torino e parlamentare europeo, aggiungere nuovi elementi al dibattito sul rapporto tra le religioni e la violenza. Altri incontri: Alberto Pelissero (Induismo, 12 marzo) e Gabriella Caramore (Religioni. Una critica alla violenza?, 19 marzo).

• 6 Marzo, Modena. Non solo per profitto / Solidarietà e responsabilità sociale d'impresa. Evento promosso dal Centro Studi Religiosi - Fondazione San Carlo.

• 8 Marzo, Roma. I fondamentalismi nel Cristianesimo. Sono intervenuti: il Prof. Paolo Naso (Docente di Scienze Politiche e Coordinatore del Master in Religioni e Mediazione Culturale, Universita' La Sapenza) su "Il fondamentalismo evangelico fra teologia e politica"; il Prof. Daniele Garrone (Docente di Antico Testamento presso la Facolta' Valdese di Teologia, Roma) su "Ermeneutica e Laicita: per una critica al fondamentalismo” e P. Stefano Caprio (Direttore del Servizio Diocesano per le Comunicazioni Sociali, Arcidiocesi di Foggia-Bovino su "La Russia e il fondamentalismo eurasiatico". Ciclo di conferenze presso la Link University.

• 9 Marzo, Roma. Immigrazione ed emigrazione: due facce di un unico viaggio. Di seguito proponiamo il report della nostra inviata di Uva-Universolaltro (Valentina Savelli).

Venerdì 9 marzo la sala istituzionale della Protomoteca, presso il Campidoglio di Roma, ha ospitato il convegno “Immigrazione ed emigrazione:due facce di un unico viaggio” dove la tematica è stata snocciolata attraverso la voce e l’esperienza di diversi rappresentanti della Comunità dei Sardi. I vari interventi sono stati moderati e coordinati da Antonio Maria Masia, Presidente dell’Associazione dei Sardi a Roma “Il Gremio” Associazione promotrice dell’evento. La Sardegna ha conosciuto, come ha spiegato Angel Miguel OROPEZA, Direttore del l ’OIM (Organizzazione Inter naz ionale per le Mig raz ioni ) i l f enomeno dell’emigrazione in altre zone d’Italia, in tempi abbastanza recenti, causa il costante isolamento, le difficoltà di comunicazione e dei trasporti interni. Nelle parole di chi questa esperienza l’ha vissuta, come ad esempio Stefania Congia, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali o ancora Gemma Azuni, Consigliere di Roma Capitale, si evince quanto le necessità, le aspettative, i timori si possano inscrivere in un vissuto umano universalmente valido, da ovunque si venga e ovunque si vada. In chiunque infatti abbia fatto l’esperienza dell’emigrazione e dunque dell’immigrazione si riscontra un forte senso identitario delle proprie origini ma al contempo la grande esigenza di integrazione con le difficoltà e il desiderio di entrar a far parte di una nuova comunità. Il convegno è stato anche occasione per presentare, e distribuire gratuitamente a tutti i partecipanti, le pubblicazioni realizzate dall’equipe del Dossier Caritas/Migrantes: “Dossier Statistico Immigrazione 2011” a cura di Caritas e Migrantes)-“ 1951-2011 I flussi migratori in Italia tra passato e futuro” a cura dell’Oim-

“Comunicare l’immigrazione. Guida Pratica” a cura di Ministero del Lavoro e dell’Interno- “Immigrati a Roma e Provincia. Luoghi di incontro e di preghiera” a cura di Caritas e Migrantes di Roma- “ Osservatorio Romano sulle Migrazioni- VIII Rapporto” a cura di Caritas, Camera Commercio e Provincia di Roma.

• 12 Marzo, Roma. Oracoli, visioni e profezie. L’Egitto da Alessandro il Grande a el-ākim. Giornata di studio promossa dal Dipartimento di Storia, Culture e Religioni dell'Università La Sapienza di Roma.

• 14 Marzo, Roma, Università La Sapienza. Presentazione del libro Il Regno di Dio in terra: le fondazioni monastiche egiziane tra V e VII secolo (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2011) di Mariachiara Giorda. Interviene la Professoressa Ewa Wipszycka dell'Università di Varsavia.

• 17 Marzo, Parma. Non solo a scuola i nuovi spazi dell'intercultura. Il convegno è stato organizzato dal CEM (Centro di Educazione Mondialità) per festeggiare i 70 anni di attività del movimento educativo interculturale. Un Convegno che aspira dunque ad essere non tanto una “celebrazione” quanto una messa a punto su temi che, per la loro stessa natura, non possono essere trattati in modo statico e definitivo, ma richiedono un continuo aggiornamento e uno sforzo di ri-definizione, sia dal punto vista concettuale, sia delle “buone pratiche”. «Il Convegno è stato specificatamente ideato», dicono gli organizzatori, «per consentire il massimo coinvolgimento dei partecipanti, che saranno chiamati ad esserne i reali protagonisti». Sono intervenuti: Aldo Bonomi, sociologo, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerca Aaster e, tra i numerosi altri incarichi, consulente del CNEL. Anna Maria Rivera, antropologa culturale e etnologa, docente dell’università di Bari.

• 19 Marzo, Roma. Religioni, cultura e integrazione. A partire dalla discussione su queste tematiche è stata costituita una Conferenza permanente, promossa dal Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi. Insieme a lui, a varare questa inedita struttura consultiva, il Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri.Da http://www.nev.it/archivio/NEV_777000399.html:

Numerosi gli interventi di alcuni esperti e dei rappresentanti delle comunità religiose presenti: induisti, buddisti, musulmani, sikh, cattolici, ortodossi - presente il vescovo romeno Siluan. Gli evangelici erano rappresentati dal pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con la Stato (CCERS). Presente anche Paolo Naso, che coordina il progetto Essere chiesa insieme (ECI) della FCEI e il Master in religioni e mediazione culturale istituito all'Università di Roma La Sapienza. "Apprezziamo l'iniziativa del Ministro - ha affermato il pastore Aquilante - che nel pieno rispetto del principio di laicità, riconosce il ruolo pubblico delle religioni anche sul piano dei processi di integrazione degli immigrati. In questo quadro voglio sottolineare che ogni processo di integrazione implica uno spostamento dalle posizioni di partenza e costruisce un novum, una situazione inedita che modifica la realtà preesistente. E' quello che stanno vivendo le

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comunità evangeliche italiane, arricchite dalla presenza crescente di immigrati che in esse trovano la loro casa spirituale".Naso ha quindi riconosciuto come l'iniziativa del ministro sposti l'orientamento del vettore delle politiche migratorie dai problemi dell'emergenza, della devianza e dell'allarme sociale alle sfide dell'integrazione e della coesione sociale. "E' uno spostamento importante che attendevamo da tempo e che finalmente allinea anche l'Italia all'Europa. Il problema - ha però sottolineato con preoccupazione - è che mentre si innova su questo terreno permangono gravi criticità nella normativa generale sulla libertà religiosa che finiscono per penalizzare soprattutto le comunità di immigrati: pensiamo al fatto che decine di comunità sono di fatto sfrattate dai propri locali di culto e che diventa sempre più difficile ottenere il riconoscimento dei ministri di culto. Così facendo le istituzioni, oltre a violare un principio istituzionale, ci priviamo di preziose risorse nel settore della mediazione culturale e del sostegno all'integrazione”. Il ministro Riccardi ha concluso affermando di voler aprire dei dossier sui temi proposti e si impegna a riconvocare periodicamente la Conferenza su specifici temi quale, ad esempio, la scuola.

• 20 Marzo, Modena. Persona e bene comune nell'etica sociale cristiana, evento promosso dal Centro Studi Religiosi - Fondazione San Carlo. Seminario di Cultura Europea a cura di Markus Krienke, Professore di Etica sociale cristiana e Dottrina sociale della Chiesa - Facoltà di Teologia di Lugano.

• 27 e 29 Marzo, Roma,. Il Maestro Zen Shohaku Okumura. L'evento è stata l'occasione per incontrare uno dei più importanti Maestri Zen contemporanei. Per la prima volta in Italia, Il Maestro Zen Shohaku Okumura, erede del Dharma del Maestro Uchiyama, ha tenuto un ciclo di conferenze e ha presentato il suo libro sullo Zen di Dogen: “Genjokoan” per la Ubaldini Astrolabio. con la partecipazione del Prof. Gianfranco Bonola, docente di Storia delle Religioni all'Università RomaTre e del Prof. Aldo Tollini, docente di Filologia giapponese all’Università Ca’ Foscari di Venezia. (Università di Roma Tre, Facoltà di Lettere e Filosofia).

• 27 Marzo, Milano, Teatro Elfo. La compagnia del Suq e Don Andrea Gallo è andata in scena con Esistenza, soffio che ha fame . Spettacolo teatrale, scritto dal “prete del

marciapiede”, sul dialogo tra le religioni: testi antichi (dal Qohélet , attraverso alcune Sure del Corano fino ad arrivare al Sutra del Loto) parlano tra di loro e dimostrano persino la loro vicinanza. “Il problema non sono i non credenti”, dice Don Gallo, “ma i credenti, o meglio quei credenti che pensano che  solo il loro Dio sia quello giusto. Invece le religioni sono come fiumi, ciascuno con un suo corso, che va controllato, mantenuto limpido. E questi fiumi vanno verso un oceano comune, l’oceano dell’amore e della pace”.

• 27 Marzo, Ferrara. Presentazione dell'edizione del Corano, curata da Alberto Ventura con traduzione di Ida Zilio-Grandi l’edizione del Corano (Mondadori 2010). Assieme alla traduttrice hanno partecipato all’incontro, coordinato da Piero Stefani, la conduttrice della trasmissione di Radio 3 “Uomini e profeti” Gabriella Caramore e il curatore dell’edizione italiana del Corano, Edizioni Newton Compton, Hamza Piccardo.

• Si è svolto il 12 e 13 gennaio presso l'Auditorium “Santa Marta” dell'Università Ca' Foscari il convegno dal titolo “La religione istruita nella scuola e nella cultura dell’Italia contemporanea” che ha visto la partecipazione, tra gli altri, degli studiosi Luciano Pazzaglia, Luciano Caimi, Paolo Bettiolo, Fulvio De Giorgi, Annibale Zambarbieri, Giuseppe Tognon, Angelo Gaudio, Giovanni Vian e Mariachiara Giorda.

Il convegno costituisce una tappa importante della articolata ricerca pluriennale condotta dalle unità delle Università Ca’ Foscari Venezia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Università di Pavia, Università di Udine, vincitrici di un “Programma di ricerca di rilevante interesse nazionale” (PRIN) 2008 sul tema “Cultura religiosa e insegnamento della religione e della teologia nella scuola e nell'università dell'Italia contemporanea”. Le ricerche condotte nell’ambito del PRIN, hanno inteso mettere a fuoco, dal punto di vista dell’indagine storica, come nell’Italia unitaria i contenuti religiosi siano stati proposti e studiati attraverso l’insegnamento scolastico e universitario. Si è trattato di un percorso che ha visto fasi molto diverse e che per lungo tempo ha visto il monopolio della religione cattolica nell’ambito scolastico, reso ancora più assoluto con il Concordato tra lo Stato e la Santa Sede del 1929 a cui è subentrata, più di recente, una nuova stagione inaugurata formalmente dalla revisione degli accordi concordatari nel 1984 e di fatto ampiamente sollecitata dallo sviluppo di una società largamente pluralista anche di fronte al problema religioso. Oggi il problema dell’insegnamento e dello studio delle religioni nelle scuole è diventato uno dei nodi della costruzione di una nuova cittadinanza, aperta a quelle dimensioni europee e planetarie in cui è ormai inserita anche l’Italia; e nello stesso ambito universitario nel corso dell’ultimo decennio sono state introdotte specifici corsi di laurea in Scienze delle religioni che affrontano in chiave critica, comparativa e specialistica il sapere religioso. Non è perciò un caso che il convegno veneziano si sia concluso con un quadro aperto a indagare i modelli di insegnamento della cultura religiosa in diversi Paesi del pianeta, per offrire spunti per una messa a fuoco del modello italiano più adeguata al contesto attuale. (Filippo Michielin)

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•14 Marzo presso il Dipartimento di Storia Culture e Religioni della Facoltà di Fi.Le.Su.So della Sapienza di Roma, la dott.ssa Maria Chiara Giorda ha tenuto una lezione agli studenti del corso di laurea magistrale in Studi Storico-Religiosi. La dott.ssa Giorda ha esposto le possibili applicazioni pratiche e gli sbocchi lavorativi che tale corso di laurea offre, focalizzando il discorso sulle consolidate esperienze della realtà torinese e della realtà romana (che fanno capo alla neonata assoziazione UVA-Universolaltro, gruppo di cui la stessa Giorda fa parte in veste di coach nonché di tutor e di garante scientifico delle iniziative).La realtà di UVAUniversolaltro è stata presentata agli studenti attraverso le parole del Presidente, Giulia Nardini, che ne ha raccontato la nascita e l’iter seguito. L “incidente culturale” di Sonnino (LT) del Settembre 2010, che vide protagonista una mamma in burqa all’uscita dalla scuola generando apprensione in un gruppo di genitori, è stata per l’Associazione l’occasione per tentare di operare quella sensibil izzazione alle dinamiche dell ’accoglienza, dell’interculturalità e di rispetto dell’alterità, attraverso la storia delle religioni, la cui diffusione diventerà uno degli scopi principali dell’associazione. Nacque, dunque, da un misunderstanding culturale l’idea di 16 giovani di mettere insieme le forze e di proporre alle scuole elementari e medie di Sonnino dei laboratori di educazione alla cittadinanza attraverso la storia delle religioni . Seppur con diversi percorsi universitari ma uniti dal minimo comun denominatore della Storia delle Religioni (un dato non comune, come ha sottolineato MariaChiara Giorda) l’Associazione Uva-Universolaltro ha tentato, con questo esperimento, di dar vita ad un meccanismo di diffusione della conoscenza storico-religiosa per combattere la disinformazione e per fugare le paure e i timori che i fatti di Sonnino avevano suscitato. Il successo dell’esperimento sonninese, la “gavetta” di Uva Universolaltro, ha alimentato la fiducia per proseguire il lavoro in questa direzione. Il 16 giugno 2011 quei 16 universitari hanno preso l’impegno di costituirsi come Associazione di Promozione Sociale, ed è così che è nata UVAUniversolaltro. Oggi, in maniera più coerente e strutturata, attraverso una continua formazione e autoformazione, L’associazione ha all’attivo 7 laboratori, di 10 ore ciascuno, di Educazione alla cittadinanza attraverso la Storia delle Religioni con un particolare focus sul tema della festa, in scuole elementari e medie di Roma, grazie anche al contributo dei fondi dell’8 per mille della Chiesa Valdese.Mariachiara Giorda, inoltre, all’interno della sua lezione si è soffermata sulle questioni relative all’insegnamento della religione cattolica in Italia: come sappiamo, il Concordato del 1984, ribadisce l’insegnamento della religione cattolica all’interno delle scuole pubbliche italiane e non prevede alcun riferimento a cattedre di Storia delle religioni all’interno delle scuole stesse (nelle modifiche concordatarie leggiamo: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole

pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado»). Di conseguenza, tali percorsi formativi possono essere presentati solo il forma laboratoriale, oppure, qualora si fosse abilitati all’insegnamento, è possibile (nelle scuole che la attivano) proporsi per l’ora alternativa (istituita per gli alunni non avvalentesi dell’ora di religione cattolica). Infine è stato dedicato un’ampia analisi alle problematiche inerenti la didattica della Storia delle Religioni concentrandosi sulle differenze di approccio e di metodologia che variano a secondo dell’utenza con cui il docente si interfaccia (il programma adatto per le scuole primarie differisce da quello delle classi medie inferiori e così via). L’insegnamento della Storia delle religioni nelle scuole pubbliche, declinato a livello europeo e in dialogo costante con le s trutture univers i tar ie, rappresenta oggi un’innovazione e un’avanguardia su cui bisogna continuare a riflettere e a lavorare: gli esperimenti torinesi, seguiti da quelli romani, rappresentano pertanto un avamposto e una tappa fondamentale dei processi di integrazione e diffusione dei saperi all’interno del panorama italiano.

L’insegnamento della storia delle religioni tra Roma e Torino:

esperienze a confronto

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•Il 20 marzo 2012, la Biblioteca “Erik Peterson” del Centro di Scienze Religiose dell’Università di Torino, ha ospitato il seminario Insegnare le Religioni ai Bambini: Insegnare la storia delle religioni per educare alla laicità? L’iniziativa si colloca nell’ambito del progetto “Educazione alla cittadinanza attraverso la storia delle religioni”, promosso dall’associazione Acmos di Torino in collaborazione con UVAUniversolaltro di Roma, col sostegno della Tavola Valdese. Il progetto prevede percorsi laboratoriali di storia delle religioni come disciplina formativa atta a favorire le politiche di integrazione e accoglienza nelle scuole elementari e medie inferiori di Torino e di Roma, e cicli di incontri rivolti agli insegnanti per un’introduzione al fenomeno religioso attraverso uno studio storico-critico.La moderatrice del dibattito, Elisa Ferrero, educatrice e maestra elementare, ha presentato la tematica agli insegnanti delle scuole presenti, che hanno accolto con interesse il confronto. Maria Chiara Giorda, collaboratrice alla cattedra di Storia delle Religioni dell’Università di Torino e attiva nel progetto didattico, nell’introduzione al dibattito ha sottolineato l’importanza di mantenere saldo il legame tra ricerca e didattica, tra università e scuola, nell’occasione rappresentato emblematicamente dalla presenza degli insegnanti scolastici in una sede universitaria come la Biblioteca Peterson.Gli ospiti, Telmo Pievani e Maria Grazia Turri, hanno accompagnato gli intervenuti in una riflessione e in un confronto su: ‘La scienza e il senso comune, le filosofie del nonostante: insegnare la contingenza storica come opportunità’ e ‘Responsabilità nonostante tutto:siamo quello che gli altri fanno con noi’.Telmo Pievani, professore di Filosofia della Scienza presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’università di Milano Bicocca, direttore di Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione, ha pubblicato con Vittorio Girotto e Giorgio Vallortigara, Nati per credere, perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin (2008). Richiamando il testo attraverso la relazione delle sperimentazioni didattiche svolte nelle scuole primarie Montessori, Pievani ha proposto una serie di argomentazioni sulle teorie evoluzionistiche e sulle credenze religiose, illustrando il decisivo valore pedagogico dell’insegnamento ai bambini di teorie scientifiche anche apparentemente di difficile comprensione, come quelle evoluzionistiche. I bambini, infatti, si dimostrano particolarmente aperti e predisposti a comprendere le teorie meno lineari e più complesse. Insegnare oggi idee darwiniane significa, per Pievani, stimolare i bambini e i giovani alla scienza, alla molteplicità, e soprattutto «educare alla casualità». Infatti continuare a rappresentare il presente come giustificato dal passato o studiare il presente per ricostruire il passato è affascinante ma scientificamente non corretto. Affascinante perché, come è spiegato nel testo di Pievani, l’essere umano è caratterizzato da un’attitudine teleologica, una propensione a inserire gli eventi in sistemi di credenze, non solo religiosi. Esistono infatti evidenze sull’attitudine umana, in tutte le fasi di crescita, a creare sistemi di credenza capaci di giustificare in maniera teleologica i fatti, una

tendenza cioè non sempre motivata ad attribuire messaggi, segni e significati ai fatti. Si tratta di cosiddetti «precursori naturali», eredità evolutive connaturate agli uomini, sedimentatesi perché dotate di un certo valore adattativo e che determinano atteggiamenti inclini e tendenti verso sistemi teleologici, animistici. Non si tratta tuttavia di istinti, in quanto non cogenti, e per questo motivo è possibile, attraverso l’educazione e le narrazioni alternative, evadere da tali precursori per aprirsi ai sistemi scientifici contro-intuitivi, non riduzionisti e soprattutto non deterministi. Come fare? Lavorando sin da piccoli sulla scoperta e sul valore della contingenza, cioè educare alla molteplicità, al pluralismo, a tutte le altre storie simultaneamente possibili, contro la tendenza a raccontare finalisticamente la storia «proprio così come doveva essere». Pievani propone allora di sostituire nei materiali didattici l’immagine simbolo dell’evoluzione della specie umana da percorso lineare retto a groviglio multiforme, da lui definito “a cespuglio”, senza la paura che una forma non regolare, non ordinata, comprometta la comprensione da parte dei ragazzi.

Lavorare sin da piccoli sulla scoperta e sul valore della contingenza:

educare alla molteplicità, al pluralismo, a tutte le altre storie simultaneamente possibili

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011 La responsabilità nonostante tutto. Siamo quello che gli altri

fanno di noi? Questo è il tema su cui si è concentrata la relazione di Maria Grazia Turri, filosofa, economista che insegna Linguaggi della comunicazione aziendale presso il Corso di laurea in Management dell’informazione e della comunicazione aziendale all’Università di Torino. La stessa relatrice apre la relazione descrivendosi studiosa poliedrica e interdisciplinare, definizione che le attribuisce il contesto che la circonda; questo esempio mette in evidenza il legame dell’individuo con la contingenza, nucleo del suo intervento. Siamo per ragioni fisiologiche sempre in contatto con gli altri ancor prima di ogni decisione cosciente. Il sistema emotivo e il sistema motorio, condizionati dalle interrelazioni, influenzano il pensiero cognitivo. Sono le interrelazioni che guidano il comportamento e la comprensione; spesso si agisce per imitazione, lo dimostrano ad esempio gli studi sui neuroni a specchio. Da qui il monito a fare attenzione all’educazione: è necessario educare senza manipolare, nella difficile distinzione dei due termini. La filosofa-economista propone quindi un metodo didattico che possa strutturarsi in elementi narrativi, geografici e usi specifici della terminologia.Maria Chiara Giorda, cercando di disegnare un orizzonte comune entro cui collocare le linee guida degli interventi, ha concluso l’incontro domandando: Se la costruzione di sistemi educativi è influenzata dai cosiddetti precursori naturali, e se la stessa laicità è posta su un delicato confine tra manipolazione ed educazione, lavorare sul come nasca la/le religione/i, o altri sistemi di credenza, può credibilmente divenire un metodo efficace per lo sforzo di educarsi alla molteplicità delle storie possibili? Il sapere sulle religioni, le categorie di mito e rito, possono divenire strumenti di educazione alla molteplicità del narrato e dei sistemi di credenza dell’uomo. Lavorare sull’origine dei sistemi di credenza conduce alla discussione degli stessi sistemi di riferimento, nei miti, in cui si è inconsapevolmente immersi. In questo modo le teorie evoluzionistiche, la teoria dei sistemi di credenze sostenute negli studi di M.Weber, E. Durkheim, gli strumenti della storia delle religioni, possono tutte concorrere a dotare i ragazzi di metodi per decodificare le diverse realtà, le “loro” stesse realtà, nella molteplicità delle storie narrabili. La chiusura del seminario ha visto partecipi gli insegnanti delle scuole direttamente coinvolti nel progetto dei laboratori, i quali hanno esposto la loro esigenza di formarsi all’insegnamento della storia delle religioni, consapevoli che parlare di religioni significa interessarsi di storie, culture e narrazioni e favorire la predisposizione all’alterità e alla conoscenza. (Giulia Nardini)

THE “ETORE MAJORANA” FOUNDATION AND CENTRE FOR SCIENTIFIC CULTUREINTERNATIONAL SCHOOL OF ETHOLOGY The Evolution of Morality: The Biology and Philosophy of Human ConscienceErice, Sicily (IT) . 17-22 June 2012Directors of the workshop:FRANS DE WAAL, TELMO PIEVANI,  STEFANO PARMIGIANI:http://www.evolutionofmorality.it/

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La redazione

Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e lo studio delle scienze delle religioni in ItaliaIRInews è uno strumento della Fondazione Benvenuti in Italia e di UvaUniversolatro

Redazione: Mariachiara Giorda; Maria Bombardieri; Federica Candido; Francesco Crudo, Monica Di Pietro; Marina Guerrisi, Chiara Lanzarin, Filippo Michielin, Ai Nagasawa, Giulia Nardini, Beatrice Nuti; Paolo Pascucci;Valentina Savelli;

Si ringrazia Valeria Ghiron per il suo contributo, Matilde Cassani e Maria Giuseppina Barbieri per le fotografie.

●●Questo numero 2012/1 è chiuso e inviato il 31 marzo 2012. Prossimo numero: giugno 2012

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