IRINEWS Insegnare le Religioni in Italiaordine del giorno la necessità di legiferare in materia....

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1 Per iscriversi inviare proprio indirizzo mail a [email protected] Indice ATTUALITA’ Alternativa no profit, p. 2 Sul Crocifisso, p. 3 Ultimi bilanci sull’ora di Irc, p. 5 La Bibbia a scuola, p. 7 Il libro sacro nel cassetto, p. 8 La formazione (s)velata, p. 9 Notizie alternative, p. 10 Stranieri a scuola? Fino a esaurimento posti, p. 11 Più religione, meno inglese?, p. 10 Un sondaggio per la scuola pubblica, p. 12 PROPOSTE, INNOVAZIONI, SPERIMENTAZIONI Dialogo interreligioso nelle scuole, il progetto Incontri, p. 13 Sassari, intercultura a scuola, p. 13 Torino: un’esperienza di tirocinio, p. 14 La storia delle religioni nella mediazione culturale, p. 15 Sonnino, la storia delle religioni alle elementari, p. 18 Ora alternativa al Vivaldi di Padova, p. 19 Speciale : Intervista all’onorevole Melandri sull’“introduzione alle religioni”, p. 20 OPINIONI A CONFRONTO Benedetto XVI: ed. interculturale e simboli religiosi, p. 23 Laicità e diritti secondo Jean-Marie Lustiger, p. 23 Giorello: la questione del Crocifisso secondo un filosofo della scienza, p. 23 La “religione della patria”: un intervento di Prosperi, p. 24 Lucetta Scaraffia: religione o filosofia, p. 24 Religioni e regole: la posizione di Giorgio Israel, p. 24 Benedetti critica la proposta di legge Melandri, p. 25 Bagnasco sull’insegnamento della religione cattolica, p. 25 Messina sull’insegnamento dell’islam a scuola p. 25 BIBLIOTECA Segnalazioni di libri e articoli, p. 28 EVENTI Roma, Macerata, Bari, Brescia, Padova, Bologna, Abano terme, Torino, Parigi, p. 31 IRINEWS Insegnare le Religioni in Italia notiziario trimestrale Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e le scienze delle religioni in Italia a cura di Mariachiara Giorda 31 marzo 2011

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Per iscriversi inviare proprio indirizzo mail [email protected]

ATTUALITA’ Alternativa no profit, p. 2Sul Crocifisso, p. 3Ultimi bilanci sull’ora di Irc, p. 5La Bibbia a scuola, p. 7Il libro sacro nel cassetto, p. 8La formazione (s)velata, p. 9Notizie alternative, p. 10Stranieri a scuola? Fino a esaurimento posti, p. 11Più religione, meno inglese?, p. 10Un sondaggio per la scuola pubblica, p. 12

PROPOSTE, INNOVAZIONI, SPERIMENTAZIONIDialogo interreligioso nelle scuole, il progetto Incontri, p. 13Sassari, intercultura a scuola, p. 13Torino: un’esperienza di tirocinio, p. 14La storia delle religioni nella mediazione culturale, p. 15Sonnino, la storia delle religioni alle elementari, p. 18Ora alternativa al Vivaldi di Padova, p. 19Speciale: Intervista all’onorevole Melandri sull’“introduzione alle religioni”, p. 20

OPINIONI A CONFRONTO Benedetto XVI: ed. interculturale e simboli religiosi, p. 23Laicità e diritti secondo Jean-Marie Lustiger, p. 23Giorello: la questione del Crocifisso secondo un filosofo della scienza, p. 23La “religione della patria”: un intervento di Prosperi, p. 24Lucetta Scaraffia: religione o filosofia, p. 24Religioni e regole: la posizione di Giorgio Israel, p. 24Benedetti critica la proposta di legge Melandri, p. 25Bagnasco sull’insegnamento della religione cattolica, p. 25Messina sull’insegnamento dell’islam a scuola p. 25

BIBLIOTECA Segnalazioni di libri e articoli, p. 28

EVENTI Roma, Macerata, Bari, Brescia, Padova, Bologna, Abano terme, Torino, Parigi, p. 31

IRINEWS Insegnare le Religioni in Italia

notiziario trimestrale

Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e le scienze delle religioni in Italia

a cura di Mariachiara Giorda

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Roma – 28 Febbraio 2011: FLC e CGIL attendono la circolare della Ragioneria generale dello Stato sul pagamento dell'ora alternativa. La continua battaglia nei confronti del MIUR ha determinato la soluzione in via definitiva sul pagamento delle ore di insegnamento dell'attività alternativa alla religione cattolica. Il MIUR aveva già chiarito con il MEF che tale spesa era a carico delle D.P.T., ma i tempi della Ragioneria generale dello Stato per l'emanazione di apposita circolare si prospettavano lunghi e nel frattempo molti insegnanti aspettavano da mesi lo stipendio. Oltre a garantire la certezza dello stipendio finalmente si risolverà l’annoso problema sui diritti di pari dignità sia degli insegnamenti che degli stessi lavoratori.

Orizzontescuola.it http://www.flcgil.it/scuola/pagamento-ora-alternativa-la-spesa-non-e-a-carico-delle-scuole.flc?

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Parma – Gli insegnanti delle scuole di Parma di ora alternativa non percepiscono lo stipendio da mesi. I fondi sono previsti per legge ma a Parma la Ragioneria Territoriale dello Stato annuncia che non sarebbero “gestibili” a seguito di una circolare poco chiara sulle direttive di bilancio. In particolare, "Indicazioni operative per lo svolgimento delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica", in cui i capitolo di bilancio appaiono con numerazioni diverse rispetto a quelli indicati nelle altre regioni. Il segretario generale della Cisl Scuola di Parma, Maria Gentilini, minaccia di rivolgersi alla Corte dei Conti per far sì che vengano richiesti i danni a coloro che sbagliando stanno per far sì che il personale inneschi le procedure legali. Salvatore Pizzo del consiglio generale della Cisl scuola interviene: "Evidentemente in questi anni si è scambiata la nostra correttezza come una sorta di sudditanza psicologica, ma nel caso specifico il danno riguarda anche i docenti di ruolo, perché quasi sempre per frazioni minime sotto le sei ore settimanali, questo insegnamento è stato conferito al personale interno come orario aggiuntivo. Personalmente auspico che di fronte a comportamenti cervellotici, qualcuno inizi ad udire il tintinnio delle manette, in questo caso gatta ci cova, vogliamo sapere questi soldi dove sono se non nei capitoli di bilancio previsti".

http://www.orizzontescuola.it/node/13251.

Parma – In una scuola del Parmense un docente di materie alternative alla religione è stato licenziato senza motivo. I sindacati si dicono pronti a dare assistenza legale all'insegnante e invocano un intervento delle autorità, ipotizzando anche la possibilità di una rilevanza penale di quanto accaduto. Il testo del comunicato congiunto afferma si tratti oltretutto di quel personale che non riceve lo stipendio da Settembre, per cui l’oscura circolare n. 11643 dell’USR sulle “indicazioni operative per lo svolgimento delle attività alternative alla religione cattolica” indica in realtà a chiare lettere le modalità di pagamento per un’attività prevista dalla legge. La ragioneria territoriale dello Stato di Parma assicura che la questione è già in corso di risoluzione

tra Ministero delle Finanze e Ministero dell’Istruzione, mentre i soldi rimangono arroccati nella giustizia virtuale.

http://www.gazzettadiparma.it/primapagina/dettaglio/2/73104/I_sindacati

%3A_Insegnante_cacciato_da_scuola_senza_motivo.html..

Milano – «Scegliete l'ora di religione per i vostri figli, l'alternativa è un'ora del nulla senza alcun valore educativo». Una lettera aperta indirizzata dalla Diocesi ai genitori che stanno per iscrivere bambini e ragazzi al prossimo anno scolastico. Già perché gennaio è tempo di iscrizioni e di scelta per le famiglie se far frequentare o meno l'ora di religione. Scritta a mamme e papà per «darvi qualche motivo di riflessione per scegliere con più consapevolezza l'ora di religione cattolica, con una semplice firma su un foglio che la scuola vi predispone all'atto dell'iscrizione» e diffusa dalla Diocesi di Milano su iniziativa dei responsabili del servizio per l'insegnamento della religione cattolica e servizio per la pastorale scolastica, don Michele Di Tolve, e del servizio per la famiglia, Francesca e Alfonso Colzani. Il testo è un invito esplicito a scegliere senza indugi l'ora di religione e non solo perché si tratta di «un'ora curriculare, una materia scolastica vera e propria, che si avvale di docenti sempre più preparati e attenti alla vita dei ragazzi». Senza risparmiare una vera e propria bacchettata verso l'Ufficio scolastico della Lombardia, i responsabili diocesani fanno notare che chi non si avvale dell'ora di religione spesso non ha docenti che lo seguano nelle materie alternative: «Questa ora del nulla - scrivono ai genitori - non ha alcun valore educativo. Purtroppo dobbiamo ammettere che in questi anni si è dimenticato un aspetto importante - precisa il responsabile del servizio diocesiano, don Michele Di Tolve - si è preferito permettere ai ragazzi di uscire un'ora prima o di entrare un'ora dopo, piuttosto che far avere una disciplina pari a quella di religione. Noi non abbiamo assolutamente il timore di confrontarci dal punto di vista culturale, quello che invece contestiamo è una deriva nella scuola sull'ora del nulla».

Alessandra Pasotti, “Scegliete l’ora di religione, l’alterativa è il nulla”, Il Giornale –ed. Milano, 15 gennaio 2011

AttualitàAlternativa no profitF. Crudo e M. Guerrisi

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Ora Alternativa:

Una questione di numeri e di opportunità?

Una questione per i docenti, gli studenti, le famiglie

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Strasburgo – La presenza di crocifissi in classe non viola il diritto all’istruzione. Così La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo ha dato ragione all'Italia nella causa ''Lautsi e altri contro Italia''. Nel novembre del 2009 la Cedu denuncia che la presenza dei simboli religiosi nelle aule limita il diritto alla libertà di religione e di pensiero. La Corte ha smentito che il crocifisso possa esercitare un’influenza visiva sugli studenti. Le prime soddisfazioni arrivano dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei: “è una sentenza importante, di grande buon senso”. Non mancano le voci critiche: “Sostenere che mancano elementi che provino la discriminazione subita è puerile”, commenta invece Raffaele Carcano, segretario UAAR: “se un crocifisso certo non evangelizza direttamente, è pur vero che trasmette inevitabilmente il messaggio che i fedeli di una religione sono privilegiati rispetto a chi non ne fa parte”. .

19 Marzo 2011 - da Asca.it http://www.asca.it/newsCROCIFISSO__CORTE_STRASBURGO_DA__RAGIONE

_ALL_ITALIA_(3_UPDATE)-1000484-ORA-.html.

Roma – […] Il crocifisso sul muro non è soltanto un problema di diritto, una questione di codici o di concili. Il crocifisso sul muro è soprattutto un problema di storia. Una storia lontana o anche lontanissima, risalente fino al Medioevo, e una storia vicina o anche vicinissima, dal primo Novecento a oggi. Grande polverone ha sollevato l’uscita per Einaudi de Il crocifisso di Stato di Sergio Luzzatto, docente di Storia moderna all’Università di Torino. A sua difesa, e con poco tono polemico, Luzzatto ha pubblicato un proprio articolo su “Il Sole 24Ore” del 6 marzo. Queste le parole dello storico: “quando, periodicamente, si riaccende in Italia la polemica intorno alla presenza del crocifisso negli edifici statali, colpiscono soprattutto due cose. La prima cosa è l'imbarazzato silenzio (se non l'ostentato fastidio) con cui reagisce il mondo della cosiddetta politica laica. Ci si potrebbe aspettare che i politici più motivati a difendere il principio di una neutralità confessionale della Repubblica - dal 1984, cioè da quasi trent'anni, la religione cattolica non è più religione di stato - cogliessero l'occasione per porre all'ordine del giorno la necessità di legiferare in materia. Che si appoggiassero ai pronunciamenti della Corte di Strasburgo per presentare in Parlamento una normativa moderna, che finalmente rimpiazzi un paio di ingiallite circolari fasciste, e che statuisca con il proverbiale "valore di legge" quanto dovrebbe riuscire ovvio: che l'esposizione del crocifisso sul muro, essendo un'imposizione, viola i principi fondamentali della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Niente da fare: nulla di tutto questo. Sul crocifisso di stato, la politica "laica" è indistinguibile da quella "cattolica". Non una voce autorevole si leva da Montecitorio o da Palazzo Madama (né dal Quirinale) per perorare la causa di un muro meravigliosamente bianco nelle scuole, nei tribunali, nelle carceri, negli ospedali, in tutti gli edifici statali. Sul crocifisso di stato (e soltanto su quello), il mondo politico italiano si dimostra sempre capace di uno spirito bipartisan. Nemmeno la recente, improvvida uscita del presidente del

Consiglio sui limiti della nostra scuola pubblica, che pure ha suscitato - giustamente - lo sdegno dei politici "laici", li ha spinti a sollevare la questione del crocifisso obbligatorio. Eppure, le parole del premier contro la scuola di stato («dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nella famiglia») si sarebbero prestate allo scopo. In effetti, merita di chiedersi se non sia il crocifisso sul muro - piuttosto che l'insegnante dalla cattedra - a voler "inculcare" dei principi ai nostri ragazzi, se è vero che il verbo significa: «Imprimere nella mente o nell'animo di qualcuno sentimenti, idee, convinzioni e simili, con opera di insistente persuasione» (De Mauro, Grande Dizionario italiano dell'uso, Utet). Merita di chiederselo, a meno di ritenere che il simbolo della Passione non veicoli alcun sentimento, né idea, né convinzione da imprimere nell'animo di chicchessia. La seconda cosa che colpisce, nelle periodiche polemiche italiane sul crocifisso, è il carattere pregiudiziale delle reazioni provenienti dal mondo della cosiddetta cultura cattolica. Nessuno che accetti di entrare nel merito, nessuno che si sforzi - sarebbe forse presumere troppo - di replicare a un ragionamento con un altro ragionamento. Per tutta risposta, soltanto parole a casaccio. O flussi di coscienza. O fiumi di lacrime. Ecco, sulle colonne del Supplemento domenicale de «Il Sole 24 Ore», l'arditissima tesi secondo cui vi sarebbero, nella storia, simboli unificanti, da distinguere rispetto a simboli divisivi: «Ogni segno porta con sé la necessità della comprensione e della tolleranza». Non solo il crocifisso dei crociati e degli inquisitori. Anche - evidentemente - il berretto frigio che i giacobini ponevano sulla cima delle loro picche. Anche la croce insanguinata del Ku Klux Klan. Anche la falce e martello dei bolscevichi. Anche la croce uncinata dei nazisti […]”.

Gli interventi di cultura cattolica a cui si riferisce Luzzatto sono quelli di Davide Rondoni e Marcello Veneziani.

AttualitàSul CrocifissoF. Crudo e M. Guerrisi

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19 marzo 2011: Secondo la Sentenza di Strasburgo il Crocifisso non viola il diritto all’istruzione

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Davide Rondoni attacca Luzzatto dalle pagine de “Il Sole 24Ore” “anche per la scelta del pamphlet come strumento di comunicazione”. Secondo Rondoni Luzzatto dimentica “come da quel giorno sul Golgota, fino ai giorni nostri per il fatto d'esser cristiani, in molte zone del mondo, c'è un sacco di gente che ha perso la vita”, e contro questi attacchi “i cristiani han spesso risposto facendosi il segno della croce, graffiandoselo nel cuore o sui muri, tessendolo in segreto con misera canapa, con fili di ferro e di lacrime. […] Mai nascondendolo dalla scena della storia”. “Per la mia Davide Rondoni attacca Luzzatto dalle pagine de “Il Sole 24Ore” “anche per la scelta del pamphlet come strumento di comunicazione”. Secondo Rondoni, Luzzatto dimentica “come da quel giorno sul Golgota, fino ai giorni nostri per il fatto d'esser cristiani, in molte zone del mondo, c'è un sacco di gente che ha perso la vita”, e contro questi attacchi “i cristiani han spesso risposto facendosi il segno della croce, graffiandoselo nel cuore o sui muri, tessendolo in segreto con misera canapa, con fili di ferro e di lacrime. […] Mai nascondendolo dalla scena della storia”. “Per la mia fede, stracciata e semplice – continua il poeta – che ci sia o no, Gesù esposto nelle aule di scuola non cambia niente. So dove inginocchiarmi di fronte a Lui. Ma a me, come italiano, fa piacere: significa che questo paese, dove da tutto il mondo vengono a vedere luoghi in buona parte legati alla storia e all'arte nate e sviluppate con il cristianesimo, è fatto non solo di istituzioni ma anche di anima e storia, di vita. Così come sono soddisfatto di vedere esposti simboli di origine religiosa o no in tanti luoghi pubblici in giro per il mondo”. Dopo aver detto la sua opinione Rondoni attacca direttamente Luzzatto: “Secondo "Il crocifisso di Stato" invece la croce esposta è sintesi di tutti i mali italiani (a proposito, come la mettiamo con la bandiera della Svizzera, paese dove l'autore ha scelto di vivere, visto che ha la croce sulla bandiera nazionale stessa?). Per Luzzatto ogni religione dovrebbe ritirarsi nello spazio del privato e se la prende quindi con chi non condivide la sua tesi. […]

Anche Marcello Veneziani, sulle pagine de “Il Giornale”, attacca Luzzatto “che paragona il crocifisso a Pinocchio, il burattino di legno. Oltre Cristo in croce, Luzzatto insulta Natalia Ginzburg, il presidente Napolitano, scrittori, santi e ministri favorevoli al crocifisso nelle aule pubbliche, millenarie tradizioni, storie secolari di generazioni e popoli interi che si sono riconosciuti nel crocifisso. A suo dire un muro bianco ci darebbe un’Italia migliore. Conosciamo da oltre due secoli come sono stati riempiti i muri bianchi, spogliati da quel simbolo d’amore e civiltà: sogni totalitari e persecuzioni giacobine, utopie sanguinose e deliri di onnipotenza, tecnologia contro l’umano ed egoismi bestiali. Senza i simboli che ci ricordano la nostra umanità, la nostra carità e la connessione con le nostre origini, siamo in balìa del nulla, del vuoto o del peggio”.

“Il Sole 24Ore” giudizio più positivo viene dato da Michele Ainis, per il quale il libro, “acre come lo zolfo, dove risuonano gli accenti del pamphlet”, non manca di rispetto a nessuna posizione, mentre il vero problema nazionale è la mancanza di rispetto in Italia nei confronti del “principio di laicità del nostro stato”. Infatti, continua il docente dell’Università “Roma-Tre”, questo rispetto lo “professiamo a chiacchiere, però nei fatti ce lo mettiamo sotto i piedi. E a tale riguardo la vicenda del crocifisso è la più dibattuta, ma

non la più eloquente. Ne è prova per esempio il finanziamento pubblico alle scuole private, che al 90 per cento sono scuole cattoliche: la Costituzione lo vieta espressamente, una legge del 2000 lo permette allegramente. […]Lo ha dichiarato anche la Consulta – continua Ainis – attraverso un nutrito gruppo di pronunzie […]: il principio di maggioranza non si applica alla sfera religiosa, e dunque è inaccettabile ogni discriminazione basata sul numero degli appartenenti ai vari culti. Non fu minoranza la stessa chiesa cattolica?”. Secondo Ainis “si può ben essere cattolici senza pretendere d’imporre al prossimo le insegne del papato. Ne è testimonianza don Milani, che tolse il crocifisso dalle pareti della scuola di Calenzano per cancellare ogni sospetto di pedagogia confessionale”. Così conclude il suo articolo: “Possiamo aggiungere, anziché togliere. Possiamo allestire un muro colorato, dove campeggiano i simboli di ogni religione, e anche lo stemma di chi non ha religione. Quanto a noi laici, ci basterebbe il faccione corrugato di Voltaire”.

Sergio Luzzatto, Doppio silenzio di laici e cattolici, “Il Sole 24Ore”, 6 marzo 2011; Davide Rondoni, Ma una civiltà senza segni è priva di vita, “Il Sole 24Ore”, 27 febbraio 2011; Davide Rondoni, C’è

chi ricorre all’elica per far fuori la croce, “Avvenire”, 11 marzo 2011;Marcello Veneziani, Dopo il crocifisso vogliono appendere il Dna,

“Il Giornale”, 3 marzo2011; MicheleAinis, Sul crocifisso un muro divide le aule d’Italia, “Il Sole 24Ore”, 27 febbraio

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Secondo Sergio Luzzatto sul crocifisso di stato, la politica "laica" è indistinguibile da quella "cattolica"

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L’Annuario Irc 2010, curato dalla CEI fa emergere dati significativi sulla scelta dell’ora di religione (http://w w w. c h i e s a c a t t o l i c a . i t / p l s / c c i _ n e w _ v 3 /V 3 _ S 2 E W _ C O N S U LTA Z I O N E . m o s t r a _ p a g i n a ?id_pagina=17552).

Il pdf dei risultati dell’Osservatorio socio-religioso del triveneto per l’a.s. 2009/2010 è scaricabile gratuitamente. Coloro che ne fossero interessati che la documentazione completa relativa al dettaglio analitico dei risultati presentati in questa nota è disponibile presso l’Osservatorio Socio Religioso Triveneto di Vicenza.

L’agenzia “TMNews” (http://www.tmnews.it/web/sezioni/news/PN_20110220_00105.shtml) il 20 febbraio decreta la disaffezione degli alunni e studenti italiani per l'ora di religione cattolica: secondo gli ultimi dati ufficiali, relativi all'anno scolastico 2009/2010, pubblicati dal 'Servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per l'Insegnamento della Religione cattolica', su 6.789.076 alunni e studenti iscritti alle scuole statali di ogni ordine e grado, esattamente il 90% (6.110.007) frequenta le lezioni di religione cattolica. Sembra un buon risultato ma non è così: 15 anni prima faceva religione a scuola il 94,4% degli iscritti. Quel che dovrebbe preoccupare i vescovi è, però, soprattutto il confronto con il 2008/2009: in un solo anno ben 70mila alunni e studenti hanno preferito svolgere l'attività alternativa, che a seconda degli istituti si traduce in lezioni organizzate dalla scuola, studio assistito o approfondimenti individuali. Complessivamente, dei 679.069 che non si avvalgono della religione la maggior parte frequenta la scuola secondaria, dove si sottrae alle lezioni sul cattolicesimo il 16,5%. Alla primaria, invece, appena il 6,3% rinuncia all'ora settimanale di religione. La differenza tra Nord e Sud, inoltre, è davvero ampia: nel settentrione i non avvalentisi sono pari al 15,7%, al meridione la percentuale crolla all'1,9%.

Anche se il divario non è una novità (già nell'a.s. 2004/05 al Nord rinunciava il 9,5% degli iscritti, al Sud appena l'1,6%), la 'forbice' territoriale sembra allargarsi progressivamente. Il motivo, oltre che culturale, è anche demografico: al Nord, infatti, è molto più alto numero il numero di alunni appartenenti a famiglie non italiane che professano altre religioni”.

“Tuttoscuola” (http://www.gildavenezia.it/docs/Archivio/2011/febbr2011/cala.htm), occupandosi di coloro che non hanno scelto l’ora di religione, rileva:

“Più esattamente nei diversi settori scolastici quel 10% di alunni non avvalentesi ha toccato queste percentuali: nella scuola dell’infanzia il 7,5% (+0,7 rispetto all’anno prima), nella scuola primaria il 6,3% (+ 0,5), nella secondaria di I grado l’8,4% (+ 1,0) e nella secondaria di II grado il 16,5% (+ 1,8). Si tratta per tutti i settori delle percentuali più alte raggiunte dal 1993-94, con incrementi graduali e costanti che sono andati quasi di pari passo con l’aumento di alunni stranieri appartenenti ad altre religioni e che, in molti casi (non sempre), non si sono avvalsi dell’Irc.

Ma non avvalersi dell’Irc non significa avvalersi di attività didattiche e formative alternative. Questa possibilità è in costante calo: 8,2%, il più basso in assoluto da anni; il resto degli studenti si è suddiviso tra studio assistito (18,5%), studio non assistito (25,5%) e poco meno della metà (47,8%) ha scelto l’uscita dalla scuola.

Prendendo in esame quel 16,5% di studenti non avvalentesi negli istituti di istruzione secondaria superiore, vi è però la sorpresa che riguarda i docenti di attività alternativa. Infatti solo il 4% dei non avvalentesi ha partecipato ad attività didattiche e formative alternative, quelle, cioè affidate a docenti di attività alternative. Il 4% del 16,5% vuol dire un magro 0,66% finale di studenti delle superiori che scelgono attività alternative. E vuole dire anche che i docenti di attività alternative, proprio nel momento in cui ottengono il pieno titolo per partecipare alla valutazione degli studenti per i crediti scolastici, calano di numero e, forse, di importanza”. Non mancano i dati sul numero degli insegnanti: “nell'ultimo 15ennio il numero di insegnanti nominati dal vescovo territoriale si è ridotto del 70%: "la quota dei sacerdoti e dei religiosi - fa sapere la Conferenza episcopale - si è via via contratta fino a ridursi da oltre un terzo (36,6%) nel 93/94 al minimo storico del 12,6% nel 2009/10".

Quella dei laici è una presenza, dietro la cattedra, soprattutto femminile. Se è vero che i maschi laici sono "passati dal 18,2% al 30,9%", il 'Servizio nazionale per l'Insegnamento della Religione cattolica' della Cei fa notare che "di peso sempre più consistente si è rivelata la componente laica femminile, che oggi appare largamente maggioritaria rappresentando il 56,5% del corpo docente". Complessivamente, fa rilevare sempre il rapporto, solo poco più della metà dei docenti di religione è di ruolo ed osserva un orario a tempo pieno”. In seguito a quanto emerge dall’inchiesta, in base alla quali risulta che a fronte di un taglio sensibile degli organici e la riduzione dell'1% del numero di alunni e studenti che seguono l'ora cattolica, nel 2010 gli insegnanti di religione sono aumentati di oltre 1.100 unità, la stessa agenzia di stampa riporta le lamentele delle associazioni laiche.

(http://www.gildavenezia.it/docs/Archivio/2011/febbr2011/non_religione.htm).

AttualitàUltimi bilanci sull’ora di IRCF. Crudo e M. Guerrisi

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Crescente divario tra Nord e Sud Italia relativo agli avvalentisi di Irc

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"La cosa grave - dichiara a TMNews Antonia Baraldi Sani, della Consulta romana per la laicità delle istituzioni - è che i docenti di religione cattolica hanno diritto alla nomina in una determinata classe anche se nella stessa classe vi è un solo alunno che ha scelto di svolgere religione cattolica".

I movimenti laici fanno notare che mentre gli effetti della legge 133/08 - la manovra taglia-spese d'inizio legislatura - si abbattevano sugli organici della scuola, producendo nel 2010 il dissolvimento di circa 15mila cattedre di ogni ordine e grado (quasi 20mila si aggiungeranno nella prossima estate), il numero di insegnanti di religione cattolica è passato da 8.232 (a.s. 2008-09) a 9.369 (2009-10), con un incremento di 1.137 prof equamente divisi tra primaria e secondaria. La componente della Consulta per la laicità sottolinea che quanto sta accadendo ha origine con quanto "è stato stabilito nell'intesa tra Governo italiano e Cei nel 1985: da allora - fa notare Baraldi Sani - la diminuzione degli alunni che seguono religione cattolica ha scarso rilievo a fronte del numero complessivo degli alunni. Sono sufficienti in una scuola superiore 18 alunni in classi diverse, mettiamo uno per classe, per far scattare la cattedra come se un'intera classe avesse scelto l'irc".

Dello stesso avviso è Maria Mantello, docente di Filosofia e Storia e presidente dell'Associazione nazionale del libero pensiero 'Giordano Bruno', la quale ricorda che "poiché per prevedere la presenza di un insegnante di religione può bastare anche un alunno per classe, appare chiaro come il

numero di questi docenti sia svincolato dal rapporto insegnanti-alunni valido per tutti gli altri docenti della scuola statale che hanno classi di circa trenta studenti".

Secondo la rappresentante dell'associazione laica è normale, quindi, che "il mercato del lavoro degli insegnanti di 'Religione' sia rimasto abbastanza stabile", o addirittura in crescita, "nonostante siano diminuiti, in alcune realtà anche sensibilmente, il numero degli studenti 'avvalentisi'. Un mercato che è tutto nelle mani della Chiesa romana perché - conclude Mantello - lo Stato italiano accorda al Vaticano il privilegio di designare gli insegnanti di religione: così non il diritto italiano, ma quello ecclesiastico regola la materia". Ma la stessa testata da spazio anche alle risposte dei docenti di Irc, che “non si sentono dei privilegiati”.

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Don Gabr ie l e Mang iaro t t i , re sponsab i l e d i CulturaCattolica.it, sostiene che bisognerebbe meravigliarsi positivamente, piuttosto, del fatto che "a fronte di una continua campagna di 'antisensibilizzazione' all'insegnamento della religione cattolica, questa riesca ancora a tenere. Quello che è grave, a mio avviso, è che sembra di assistere al 'godimento dello schiavo' o, se preferite, al dispetto di chi si evira per fare dispiacere alla moglie". Mangiarotti sostiene che "oggi l'urgenza non è altro che quella 'emergenza educativa' che fa cadere tanti giovani nella disperazione e nella insignificanza della vita. Se c'è un problema da porre è quello della adeguatezza dei docenti alla sfida epocale che stiamo attraversando, alla loro preparazione e alla capacità di dare le giuste coordinate per capire se stessi e la propria storia, le proprie radici. E per questo - conclude il sacerdote - l'Irc rimane una risorsa irrinunciabile".

N i co l a Incampo, re s pons ab i l e I rc de l s i t o CulturaCattolica.it e insegnante di religione cattolica, fa notare che "l'incremento degli insegnanti di religione riguarda esclusivamente la scuola primaria e la scuola dell'infanzia. Questo perché il Concordato del 1984 ha previsto che il maestro di classe o di sezione non fosse più obbligato a insegnare religione, ma deve dichiarare la propria disponibilità all'inizio di ogni anno scolastico. E con l'entrata in vigore della riforma della primaria, nelle classi dove il maestro dichiarava la propria indisponibilità all'insegnamento della religione cattolica, dando più risorse da spendere nella propria classe e nella propria scuola, sono aumentati gli specialisti di religione cattolica".

Per il docente si sarebbe dovuto esaltare l'incremento di offerta formativa, piuttosto che sottolinearne aspetti irrilevanti. "Ora non vorrei - conclude Incampo - che per dar ragione alla Gelmini, cioè per risparmiare, si chieda al

ministro Gelmini di obbligare i maestri curricolari ad insegnare anche religione cattolica".

Orazio Ruscica, segretario del sindacato nazionale degli insegnanti di religione (Snadir), si sofferma sul fatto, invece, che anche se l'incremento complessivo della materia c'è stato, nell'ultimo anno diversi insegnanti di religione precari hanno comunque dovuto lasciare la cattedra. Esattamente come è avvenuto per i docenti delle altre materia. "Per gli insegnanti precari - dichiara a TMNews - non c'è stata alcuna svolta e, per effetto della riforma, quelli che avevano una cattedra formata da poche ore adesso non lavorano più". Del resto, "come è noto a chi conosce bene il mondo della scuola italiana, ridurre il numero delle classi significa ridurre inevitabilmente anche le cattedre di religione. Il rischio che si corre con questa disinformazione - sottolinea Ruscica - è di scatenare un'assurda guerra fra insegnanti. Ecco perché occorre ribadire ancora una volta che i docenti di religione sono tali perché vincitori di un concorso ordinario bandito dal ministero dell'Istruzione, così come avviene per le altre materie di insegnamento. Non sono, dunque, né insegnanti privilegiati né di serie B".

(http://www.gildavenezia.it/docs/Archivio/2011/febbr2011/non_privilegiati.htm

Aggiornamenti sui dati relativi a docenti e studenti di Irc: pareri a confronto

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Il governatore leghista Luca Zaia ha mantenuto la sua promessa: una copia della Bibbia sarà donata a ogni studente delle scuole primarie. Lo rende noto “Il Gazzettino”: l’annuncio ufficiale è stato dato dall’assessore all’Istruzione Elena Donazzan (PDL), già segnalatasi in passato per aver cercato di ‘cattolicizzare’ l’educazione civica e per aver proposto l’insegnamento obbligatorio della Bibbia. Donazzan ha inviato una lettera a tutti i dirigenti scolastici, in cui ha espresso la convinzione che “la deriva laicista, spesso ancorata ai dettami del relativismo e del nichilismo, non possa essere una risposta efficace in un mondo in continua evoluzione, pur nel doveroso riconoscimento del patrimonio di valori in cui si riconoscono le nostre Istituzioni, compreso ovviamente il mondo scolastico”. Elena Donazzan invita gli insegnanti a “Leggere la Bibbia in classe e dare la possibilità ai bambini di commentarla”. L'obiettivo? Ritrovare “L'essenza stessa della nostra identità, indispensabile strumento che ci permette di comprendere le diversità nella nostra società e di improntare politiche di integrazione che partano prima di tutto dalla consapevolezza delle nostre radici”. Non sono certo mancate le reazioni. Antonino Pipitone, consigliere regionale dell’IDV, afferma: “Inutile che l’assessora tanto affezionata all’orbace tenti di spacciare la distribuzione a piene mani della Bibbia agli studenti, pagata con i soldi pubblici, come una risposta alla deriva laicista della società. Con questa raffazzonata chiamata alle crociate, Elena Donazzan vuole raccattare qualche voto cattolico, calpestando la Costituzione, i diritti e l’universalità della scuola, della cultura e dell’insegnamento”. Sulla stessa linea il capogruppo Pd al consiglio regionale, Laura Puppato: “Il cristianesimo è una straordinaria idea di fratellanza, ma questa volontà talebana di imporre la lettura biblica ai ragazzini, ignorandone anche l’oggettiva complessità, rischia di ottenere l ’ef fet to contrario. Quanto ai cost i dell’operazione, il minimo che si possa dire è che siamo di fronte ad un uso inadeguato del denaro pubblico”. Marina Boscaino, sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano”, trova un paradosso tra il messaggio della cristianità, su cui si basa la lettera della Donazzan, e alcune iniziative della Regione Veneto riguardo alla scuola: “impronte digitali ai bambini Rom; non più del 30% di migranti in classe; eufemistiche classi-ponte, ghetti per chi chiede alla scuola pubblica cittadinanza e inclusione e che invece l’ecumenica idea del mondo leghista vorrebbe isolare nella diversità; presidi-spia, da obbligare a denunce di bambini irregolari nel luogo la cui specificità è magnificamente delineata dall’art. 34 della Carta: La scuola è aperta a tutti”.

Ma una polemica si è scatenata non solo tra le fila politiche, ma anche fra gli insegnati delle elementari di Roncade (TV). Si è accesa, infatti, una querelle nel corpo insegnanti che si è diviso tra coloro i quali avrebbero depennato dall’elenco richiesto dalla giunta regionale gli alunni extracomunitari insieme a quelli di osservanza religiosa diversa o nulla, e i maestri che avrebbero definito abominevole la discriminazione che ne sarebbe derivata. Sul tema, poi, è scoppiato un caso per le parole di don Diego

Semenzin, direttore dell’ufficio scuola della diocesi di Treviso. Il “Corriere del Veneto” riporta la seguente intervista:

“È un’iniziativa assunta dalla Regione Veneto a nostra insaputa - ammette il direttore dell’ufficio scuola della diocesi, don Diego Semenzin - dato che della circolare abbiamo sentito parlare in questi giorni solo dai responsabili delle scuole che ci hanno chiesto come comportarsi. In effetti la circolare è indirizzata esclusivamente a loro”. Quindi nessun confronto fra la Regione e chi si occupa di insegnamento religioso nelle scuole di ogni ordine e grado? “No, io non ne sapevo proprio nulla. Intendiamoci, una Bibbia sta bene in ogni biblioteca, come caposaldo di un patrimonio culturale. Così come nelle biblioteche delle scuole c’è sempre una copia di Pinocchio o dei Promessi Sposi. Non mi sognerei mai di mettermi contro una circolare della Regione e se si tratta di fondi di magazzino che altrimenti andrebbero al macero molto meglio così. Però se mi avessero chiesto un’opinione avrei risposto che si tratta di un’idea inopportuna. Voglio anche ricordare che una Bibbia viene comunque regalata dalle parrocchie a chi riceva la cresima”. E per queste parole è stato attaccato dai quotidiani “il Giornale” e “Libero”.

AttualitàLa Bibbia a scuolaF. Crudo e M. Guerrisi

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La proposta: donare una copia della Bibbia per ogni studente.

Obiettivo? “Leggere la Bibbia in classe e a dare la possibilità ai bambini di commentarla”

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In particolar modo sul secondo Luigi Santambrogio così reagisce: “È sicuramente la new entry del mese. L’ultima voce della collezione “Ecclesia stupidorum”, il volumone delle santissime scemenze a cura di preti, vescovi, fra’ balossi che un giorno o l’altro qualcuno dovrebbe mettere per iscritto. Lo stupidario uscito dal breviario di questi (gran) sacerdoti dell’assurdo basterebbe a compilare una poderosa Treccani dello “strano ma sacro” che dai turiboli italiani sale come incenso fino all’alto dei cieli. […] Uscita a dir poco incauta: se è vero quel che dice il don trevigiano, lui e tutti gli altri preti dovrebbero subito cambiare mestiere”.

Ma non finisce qua. Infatti, su “Tempi” ecco subito una contro-intervista di don Semenzin: “Non ho mai detto che l’iniziativa confonde. Ho detto se mai ai giornalisti che si erano confusi interpellandomi perché pensavano che l’iniziativa venisse dalla curia. Ne hanno approfittato per travisare le mie parole perché non ne sapevo nulla”.

Marina Boscaino, La Bibbia si, gli immigrati no, “Il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2011.

Stefano Zecchi, Che errore il no della Curia alla Bibbia nelle scuole, “Il Giornale”, 19 gennaio 2011.

Il 75 per cento degli italiani (l’84 per cento dei praticanti) possiede in casa una copia della Bibbia. Il nostro Paese si colloca prima di Spagna, Francia, Russia e Olanda, ma dietro la Polonia (e fin qui nulla di sorprendente) nonché Germania, Regno Unito e Usa. Solo il 27 per cento degli italiani, comunque (il 38 per cento dei praticanti), ha letto almeno un brano della Bibbia negli ultimi 12 mesi: e qui, peggio di noi, va solo la Spagna. Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca promossa dalla Federazione biblica cattolica in nove Paesi in vista del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, svoltosi nell'ottobre 2008. A quasi 46 anni dalla Costituzione dogmatica conciliare Dei verbum,  sulla divina Rivelazione (18 novembre 1965),  la strada da percorrere appare dunque ancora lunga e impegnativa.

A partire dai Comandamenti per finire ai Vangeli. L'ignoranza è una minaccia ricorrente: dovendo scegliere tra Mosè e san Paolo chi sia un protagonista dell'Antico Testamento, l'8 per cento degli italiani sbaglia di grosso indicando Paolo di Tarso e un 10 per cento si rifugia nel più classico dei "non so, non rispondo". Tuttavia, il 62 per cento degli italiani chiede che nelle scuole si studi la Bibbia. Il fatto che questo parere sia condiviso dalla maggioranza degli intervistati anche negli altri Paesi e dagli appartenenti ad altre Chiese, avvalora quello che sostiene il cardinale Carlo Maria Martini: «La Bibbia è il grande libro per il futuro dell’Europa, non solo per le Chiese cristiane europee, perché è in grado di dare fondamento e nerbo a un dialogo interreligioso profondo e sincero». Ma le Sacre Scritture sono un libro “aperto” anche oltre le frontiere delle fedi,un dono che i cristiani «devono condividere con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di una pienezza della vita» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, Cei, 2001). Ma come si può donare ciò che non si ama? E come si può amare ciò che non si conosce?

http://www.famigliacristiana.it/Chiesa/dieci-comandamenti/articolo/bibbia-un-tesoro-dimenticato_030311130214.aspx Famiglia Cristiana – 3 Marzo 2011

AttualitàIl libro sacro nel cassettoF. Crudo e M. Guerrisi

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Il 75% degli italiani (l’84% dei praticanti) possiede in casa una copia della Bibbia

Il 27% degli italiani ha letto un brano della Bibbia negli ultimi 12 mesi

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Rimini - Una ragazza come tutte le altre, con accento riminese e ottimi voti a scuola, ma con il velo, in quanto di religione musulmana: per questo motivo un albergo riminese a quattro stelle, nel cuore della citta' della Riviera Romagnola, le avrebbe negato lo stage. Succede a Rimini, a una studentessa del terzo anno dell'istituto alberghiero, che senza stage rischia di non poter sostenere regolarmente gli esami. Nessun commento da parte del preside dell'istituto, che si limita a confermare che i fatti sono quelli riportati da un quotidiano locale.

8 Marzo 2011 – www.agi.it

Osservatorio sul Nord est- Nord Est sempre più aperto alla costruzione di luoghi per la preghiera "altra" rispetto a quella cristiano-cattolica. L'Osservatorio sul Nord Est, curato da Demos per Il Gazzettino, si occupa oggi dei diritti delle minoranze religiose, in particolare legate alla presenza straniera in Italia. È il 57% dei nordestini a dirsi favorevole alla costruzione di moschee, sinagoghe o templi e il dato segna un aumento di nove punti percentuali rispetto a cinque anni fa. Di segno inverso, invece, appare l'andamento relativo alla possibilità che le studentesse musulmane possano indossare il velo a scuola: se nel 2006 era il 34% a dichiararsi d'accordo, ora la quota si ferma al 27%.

La convivenza tra diverse religioni appare un fenomeno sempre più attuale nelle società moderne. Dopo le ondate migratorie che hanno caratterizzato il Nord Est negli ultimi 15 anni, la questione della convivenza tra diverse culture e differenti religioni è divenuta sempre più incalzante. Nella popolazione dell'area, tuttavia, sembra si stia facendo strada una lenta presa di coscienza dell'importanza della riconoscimento del diritto alla preghiera "altra" rispetto a quella cristiana cattolica.

Oggi, infatti, è circa il 57% dei nordestini a considerare giusto che agli immigrati sia concesso costruire luoghi di culto per le proprie religioni. Negli ultimi cinque anni, poi, il

consenso si è progressivamente ampliato: se nel 2006 era il 48% degli intervistati a sostenere questa posizione, tra il 2007 e il 2009 il dato sale al 53% fino a sfiorare, nel febbraio scorso, il 57%.

Il profilo socio-demografico che caratterizza la quota di popolazione maggiormente aperta al diritto alla preghiera "altra" mette in rilevo una maggiore presenza di persone con meno di 44 anni e in possesso di un livello di istruzione alto mentre, dal punto di vista religioso, ritroviamo una maggiore presenza di non praticanti. Politicamente, invece, sono soprattutto gli elettori di PD, IDV, FLI e SEL a mostrarsi più disponibili. Parzialmente diverso, invece, appare il discorso riguardante l'uso del velo da parte delle studentesse musulmane a scuola, simbolo visibile a volte più degli stessi luoghi di culto (precisiamo che in Italia non c'è alcuna normativa che lo proibisca). Probabilmente associato a una costrizione e non a una libera scelta, la pratica di velare il capo femminile, che era peraltro presente anche in queste terre fino a non molti anni fa, è vista con progressiva diffidenza. Nel 2006, infatti, era il 34% a dichiararsi d'accordo con l'uso del velo da parte delle studentesse musulmane a scuola, mentre tra il 2007 e il 2009 la quota si contrae fino a raggiungere l'attuale 27%.

In questo caso, sono soprattutto coloro che hanno meno di 34 anni a dichiararsi maggiormente favorevoli a questa possibilità mentre, guardando al livello di istruzione, troviamo una maggiore presenza di coloro che sono in possesso di un diploma o una laurea. Se consideriamo la pratica religiosa, invece, osserviamo come una apertura più consistente sia ravvisabile tra coloro che non sono praticanti. Dal punto di vista politico, infine, l'atteggiamento maggiormente aperto, per quanto comunque minoritario, come negli altri settori sociali, lo possiamo ritrovare tra gli elettori di SEL, del PD e di FLI.

Sì a moschee e luoghi di culto, ma niente studentesse con il velo, di Natascia Porcellato, http://www.demos.it/a00574.php

AttualitàLa formazione (s)velataF. Crudo e M. Guerrisi

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Roma- Il 22 marzo il MIUR ha trasmesso alle Istituzioni Scolastiche di ogni ordine e grado e agli UU. SS. RR. la nota prot. n. 26482 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze con oggetto “Pagamento attività alternative all’insegnamento della religione cattolica”. Ecco di seguito il testo:

In relazione ai numerosi quesiti pervenuti circa le modalità di pagamento delle ore di attività alternative all’insegnamento della religione cattolica codesto Dipartimento ha chiesto l’avviso dello scrivente in merito al pagamento di tali attività.

Al riguardo, poiché al seguito della scelta effettuata dai genitori e dagli alunni, sulla base della normativa vigente, di avvalersi dell’insegnamento delle attività alternative, le stesse costituiscono un servizio strutturale obbligatorio, si ritiene che possano essere pagate a mezzo dei ruoli di spesa fissa.

Al fine dell’attribuzione delle ore da liquidare possono identificarsi quattro tipologie di destinatari:

1) personale interamente o parzialmente a disposizione della scuola;

2) docenti dichiaratisi disponibili ad effettuare ore eccedenti rispetto all’orario d’obbligo;

3) personale supplente già titolare di altro contratto con il quale viene stipulato apposito contratto a completamento dell’orario d’obbligo;

4) personale supplente appositamente assunto, non potendo ricorrere ad una delle ipotesi sopra specificate.

In merito, nell’ipotesi 1), trattandosi di personale già retribuito per l’intero orario, l’insegnamento non comporta oneri aggiuntivi.

Nell’ipotesi 2) le attività alternative, svolte dal personale docente di ruolo e non di ruolo, si ritiene possano essere liquidate come ore eccedenti sui piani gestionali già utilizzati per il pagamento degli assegni relativi allo stipendio base.

Nell’ipotesi 3) le attività alternative potranno essere liquidate in aggiunta all’orario già svolto e riferite ai piani gestionali già utilizzati per il pagamento degli assegni relativi al contratto principale.

Nell’ipotesi 4), tratta dosi di personale assunto esclusivamente per le attività alternative, per assicurarne il tempestivo pagamento nelle more delle necessarie implementazioni ai sistemi ai sistemi formativi del MIUR e del MEF, l’onere potrebbe, al momento, essere imputato al piano gestionale relativo alle spese per le supplenze a tempo determinato dei capitoli di spesa distintamente previsti per la scuola dell’infanzia (cap. 2156), primaria (cap. 2154), secondaria di primo grado (cap. 2155) e secondaria di secondo grado (cap. 2149).

Infine, in relazione alla necessità ed urgenza di corrispondere al personale interessato gli emolumenti allo stesso spettanti per lo svolgimento delle attività alternative, in attesa delle necessarie implementazioni dei sistemi informativi, gli uffici territoriali del MEF potranno accettare i provvedimenti di conferimento degli incarichi in parola

anche in forma cartacea, con imputazione degli oneri conseguiti a seconda delle posizioni giuridiche dei docenti incaricati.

La presente nota è stata concordata con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca che, al fine della quantificazione della spesa riferita a tali attività, vorrà fornire allo scrivente una proiezione riguardo agli alunni che hanno scelto le attività alternative e, conseguentemente, al personale docente utilizzato allo scopo.

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22 marzo 2011: nota prot. n. 26482

“Pagamento attività alternative all’insegnamento della religione cattolica”: individuate 4 tipologie di destinatari per lo svolgimento delle attività dell’ora alternativa

AttualitàNotizie alternativeF. Crudo e M. Guerrisi

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Trieste – Il Consiglio Comunale ha approvato il 4 g e n n a i o 2 0 1 1 i l “ Re g o l a m e n t o p e r l e s c u o l e dell’infanzia”(http://www.retecivica.trieste.it/new/admin/a l l e g a t i _ u p / a l l e g a t i /Regolamento_Comunale_Scuole_Infanzia_2010.pdf), che ha suscitato varie polemiche a causa dell’art. 21: “In tutte le sezioni e nella mensa della scuola dell’infanzia si prevede la presenza del crocifisso”. Ma a far arrabbiare ancora di più gli esponenti della minoranza sono il comma 6 e il comma 7 dell’art. 12 (sulle “Graduatorie” di accesso) e l’art. 14 (sui “Punteggi” relativi alle graduatorie) nei quali “viene stabilito un tetto di presenze di alunni stranieri” (40%), dove per alunni stranieri vengono intesi “esclusivamente i bambini appartenenti a nuclei familiari composti da genitori, entrambi non italiani, nei quali nessuno dei due genitori risieda in Italia da almeno dieci anni, di cui 5, anche non continuativi, nel Comune di Trieste”; requisito della residenza che va ad incidere nelle graduatorie (Tabella art. 14, comma 6). Le accuse dell’opposizione sono raccolte nell’articolo “Più punti ai triestini? Una delibera razzista”, apparsa sul quotidiano “Il Piccolo” del 3 gennaio 2011 (http://ricerca.gelocal.it/ilpiccolo/archivio/ilpiccolo/2011/01/03/NZ_10_SPAL.html):Fabio Omero, capogruppo del Pd: «È una delibera razzista. Marino Andolina, di Rifondazione Comunista: «Avrei anche appoggiato questo

Regolamento, è che l’operato della Quinta commissione è stato poi rovinato particolarmente dall’accoglimento del sub-emendamento relativo al tetto per gli stranieri. Essere italiani non vuol dire avere la genetica dell’italiano. Roberto Decarli, de “Con Illy per Trieste”: «Il Regolamento è stato inquinato dalla volontà della Lega Nord che è stata accettata in maniera vergognosa dalla maggioranza. Le responsabilità sono della Lega, certo, ma anche di Forza Italia». Le risposte della maggioranza sono invece raccolte nell’articolo di Fausto Biloslavo su “Il Giornale” del 4 gennaio 2011. Maurizio Ferrara, capogruppo leghista: «È solo un primo, piccolo, passo per il riconoscimento della gente che paga le tasse da tanti anni sul territorio comunale, rispetto agli ultimi arrivati. Non mi sembra segregazione razziale. Piuttosto l’atteggiamento razzista è di quelli che tutelano gli stranieri penalizzando gli italiani». Massimiliano Fedriga, deputato bossiano: «Se i bambini stranieri, all’interno di una classe, sono in proporzione troppo elevata, non si ottiene assolutamente l’integrazione, ma anzi, si formano delle aree di emarginazione sociale che evidentemente piacciono molto alla sinistra e anche agli esponenti di Futuro e Libertà».( h t t p : / / w w w . i l g i o r n a l e . i t / i n t e r n i /crocifisso_asili_ora_sinistra_accusa__regime_razziale/04-01-2011/articolo-id=497404-page=0-comments=1).

Attualità Stranieri a scuola? Fino a esaurimento

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Più religione, meno inglese?F. Crudo e M. Guerrisi

Roma – Più religione, meno inglese e addio al maestro unico tanto propagandato dal governo. Nella bozza sugli organici dei docenti per il prossimo anno scolastico viene precisato che il modulo orario di 24 ore settimanali potrà essere attivato soltanto se le famiglie lo richiederanno e, di conseguenza, si riuscirà a formare una classe intera. Ma l'esperienza di quest'anno e dell'anno scorso hanno già dimostrato che le 24 ore settimanali sono un flop. Ma non solo. In futuro, i piccoli si ritroveranno di fronte insegnanti che hanno imparato l'Inglese in fretta e furia. Le ultime notizie sugli organici, comunicate ai sindacati, confermano infatti che dal prossimo anno non ci saranno più insegnanti specialiste di Inglese. Prenderanno il loro posto altrettante maestre, nel frattempo specializzate attraverso un corso blended di 340 ore e senza mai essere state all'estero per perfezionare un minimo di pronuncia. Le specialiste, oltre al diploma di scuola elementare, erano spesso invece in possesso della laurea in lingue straniere. Ma perché un'insegnante di posto comune può imparare ad insegnare l'Inglese e non la Religione? La stessa operazione portata avanti con gli specialisti di lingua straniera avrebbe "fruttato" ben 6 mila posti con la Religione. Alcuni anni fa, le diocesi organizzarono corsi per l'insegnamento della Religione ai quali parteciparono le stesse maestre che insegnavano nelle

classi. Ma poi non se ne fece più nulla. E nelle classi arrivarono gli specialisti con la certificazione rilasciata dal vescovo. I più piccoli studieranno un'ora di Inglese alla settimana, che in seconda diventano due e tre in terza, quarta e quinta. Le ore di Religione restano invece due a settimana, in tutte le classi. E siccome l'orario è stato ridotto a 27 ore settimanali, ecco che le due ore di Religione peseranno di più nel curriculum rispetto al passato, quando gli alunni restavano in classe per 30 ore a settimana. Le 27 ore settimanali saranno svolte sempre da due insegnanti, perché una sola ne può al massimo coprire 22, più la specialista di Religione: in tutto tre. Niente, insomma, maestro unico.

Salvo Intravaia, Più Religione che Inglese così le nuove elementari, “Repubblica” 9 marzo 2011

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Sabato 12 marzo è stata indetta in tutta Italia una manifestazione di sostegno alla scuola pubblica, un appello lanciato da un ampio numero di associazioni, organizzazioni, sindacati e partiti. Anche a Padova è prevista una manifestazione in tal senso, alle ore 15.00 in Piazza Antenore, a cui il Sindacato degli Studenti e l'Associazione Studenti Universitari hanno deciso di partecipare, nonostante le perplessità per un'iniziativa così costruita.

Siamo contenti del risalto dato al tema, per noi vitale, della scuola pubblica, anche se ci chiediamo dove tutti questi soggetti, o almeno una buona parte di essi, fossero quando la mobilitazione studentesca di questi anni, e in particolare di questo autunno-inverno, portava avanti la lotta contro la privatizzazione della conoscenza e del sistema di istruzione pubblica.Abbiamo quindi una serie di quesiti da rivolgere al mondo politico nazionale:

1. I nostri istituti cadono a pezzi, il 50% delle scuole non è a norma, solo con un piano di investimenti per 14 miliardi di euro si potrà risolvere il problema dell'edilizia scolastica. Ti impegni a votare in Parlamento l'adeguato finanziamento della legge 23/96 per la messa in sicurezza degli edifici scolastici?

2. Il diritto allo studio nel nostro paese è inesistente. Da anni chiediamo una legge quadro che stabilisca i livelli essenziali delle prestazioni e adeguamenti finanziamenti alla Regioni per garantire a tutti gli studenti, come sancito dalla Costituzione, borse di studio, trasporti e servizi. Ti impegni a promuovere in Parlamento questa legge?

3. Molti studenti sono inseriti in percorsi di alternanza scuola-lavoro e stage senza alcun diritto, tutela o garanzia di qualità di questo canale formativo. Ti impegni a votare in Parlamento uno statuto dei diritti degli studenti in stage, per garantire che si tratti di un vero percorso di formazione e non di semplice manodopera gratuita per le imprese?

4. Nel 2000 il centrodestra e il centrosinistra hanno votato insieme la legge di parità che permette alle scuole private di accedere a finanziamenti sottratti alla scuola pubblica. Ti impegni ad abrogare questa legge, riconoscendone la deriva che ha avuto soprattutto negli ultimi anni?

5. L'autonomia scolastica, invece di produrre protagonismo, partecipazione e qualità della didattica, ha prodotto dirigismo e autoritarismo. Sei disposto a votare in Parlamento una Carta dell'autonomia per garantire reale partecipazione alla vita scolastica da parte degli studenti e delle studentesse?

6. Nel 2008 sono stati tagliati 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, circa il 6% del suo bilancio. Gli effetti di questi tagli sono devastanti: scuole chiuse il pomeriggio,

mancanza di strumenti didattici, carenza anche degli accessori più banali come gessetti e carta igienica: saresti disposto a tagliare le spese militari per finanziare una didattica di qualità?

7. Sono circa 700 mila gli studenti migranti nelle scuole pubbliche italiane. Saresti disposto a votare un piano straordinario per garantire l'integrazione di questi studenti con programmi di scolarizzazione ad hoc?

8. L'Italia è il fanalino di coda in Europa per il tasso di dispersione scolastica: ha una media del 20% con picchi del 30% in regioni come Veneto e Calabria. Cosa faresti per limitare questo fenomeno?

9. A scuola l'unica religione che si insegna è la religione cattolica. Saresti disposto a votare un provvedimento, nel rispetto della laicità dello stato, finalizzato a una scuola che insegni Storia delle religioni?

10. In questi mesi abbiamo riempito le piazze e le strade con manifestazione e cortei, siamo saliti sui monumenti, abbiamo occupato scuole e università, rivendicato un futuro di dignità, libero dalla schiavitù della precarietà e dall'obbligo dell'emigrazione. Che soluzioni proponi come alternativa alla fuga?

http://www.sindacatodeglistudenti.org/

AttualitàUn sondaggio per la scuola pubblicaF. Crudo e M. Guerrisi

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Storia delle religioni a scuola? Un sondaggio dagli studenti....un sondaggio tra gli studenti

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Roma- La fondazione Astalli, nata nel 2000, all’interno del Centro Astalli servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia, si occupa principalmente di accoglienza e di solidarietà, in particolar modo prendendosi cura ed accogliendo le esigenze e le necessità dei rifugiati che giungono in Italia. Mostrando grande sensibilità alle trasformazioni del nostro paese che, da nazione di emigranti, è progressivamente divenuto luogo di accoglienza con le relative conseguenze che questa trasformazione comporta, ha deciso di portare nella scuola la propria esperienza. Ma lo ha voluto fare coinvolgendo chi questa esperienza la vive in prima persona : il progetto “finestre – Storie di rifugiati” offre infatti la preziosa opportunità di ascoltare le storie di vita da chi ne è diretto “protagonista”. La grande esperienza maturata dal lavoro di accoglienza dei rifugiati ha portato alla riflessione di quanto ogni individuo sia una immensa risorsa umana con un proprio portato culturale, linguistico e religioso. La religione è una realtà troppo complessa e variegata che non può essere esaustivamente compresa unicamente attraverso un libro di testo o un sito internet, chi una fede concretamente quotidianamente la vive può al contrario fornire un prezioso strumento di comprensione in più.

Di qui l’idea, a partire dal 2004, grazie al progetto denominato “Incontri”, di condurre nelle classi, di scuole di ogni ordine e grado, al pari di ciò che avviene con i rifugiati, direttamente i testimoni di diverse credenze religiose (buddhismo, cristianesimo, ebraismo, induismo e islam).

Gli incontri, di una o due ore prevedono la presenza costante di un operatore della Fondazione Astalli, spesso giovani che stanno svolgendo la loro attività di sevizio civile o di volontariato, che illustrano la finalità del progetto. Prima di tutto i ragazzi vengono invitati alla riflessione sull’importanza dell’”ascoltare” e la sua differenza rispetto al semplice “sentire”, su quanto la conoscenza dell’altro sia requisito fondamentale al fine di eliminare la distanza, la diffidenza, la paura. Si parte da una fase di brainstorming in cui gli alunni scrivono alla lavagna tutte le parole che la religione che stanno incontrando suggerisce ed evoca loro. Questa fase è di fondamentale importanza perché permette al testimone di verificare le conoscenze dei ragazzi, loro eventuali pregiudizi e luoghi comuni da poter scardinare attraverso l’incontro che tenta dunque di delinearsi, più che come una lezione frontale, come un dialogo, uno spunto di riflessione, uno stimolo che possa perlomeno lasciare la curiosità e la consapevolezza che esiste anche l’altro e che la molteplicità delle differenze sia una ricchezza piuttosto che un ostacolo.

Proposte, innovazioni, sperimentazioniDialogo interreligioso nelle scuole, il progetto IncontriV. Savelli

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In centro e nelle isole si sperimenta l’intercultura

Sassari, Intercultura a scuolaF. Crudo e M. Guerrisi

Sassari - In pieno centro storico, nel quartiere San Donato, una scuola in cui i bimbi sassaresi imparano a scrivere e leggere insieme ai loro coetanei cinesi, senegalesi, nigeriani e pakistani. La scuola ha da poco ottenuto un finanziamento del ministero dell'Istruzione per un progetto di integrazione dei bimbi dedicato agli istituti ad alto flusso migratorio. In tutto 19mila euro per alcuni laboratori destinati ai bimbi figli di genitori stranieri: «Saranno dedicati ad alcune attività per le scuole San Donato e Santa Maria- spiega la preside, Claudia Valz - mirate soprattutto alle competenze linguistiche. Si faranno dei gruppi misti, in modo da non creare dei ghetti». Paola Piliu, insegnante, afferma: «Bambini extracomunitari ne abbiamo a iosa, tutti integrati non bene, benissimo. Abbiamo cinesi, rumeni, marocchini, senegalesi, pakistani, nigeriani. Noi ci troviamo bene, abbiamo inizialmente un po' di problemi per la lingua, che superiamo molto in fretta». E continua: «Anche i genitori sassaresi li hanno accolti benissimo e c'è fra genitori un bel feeling. Ne abbiamo avuto la prova quando abbiamo organizzato la festa di fine anno scolastico nel giugno 2010 con canti, balli, costumi e cibi delle diverse nazioni dei nostri bambini, una cosa bella davvero! Si sono esibiti alcuni genitori e anche noi insegnanti, io per esempio, ho indossato

un abito cinese». L'integrazione e il rispetto passano anche dal menù, ci sono bimbi allergici ad alcuni cibi ma anche chi, per la propria religione, non mangia carne di maiale. E di questo si tiene conto per la preparazione di piatti personalizzati. 28 Febbraio 2011 - SassariNotizie.it

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Torino - In vista dell'inizio del progetto di “Educazione alla cittadinanza attraverso la storia delle religioni”, presso alcune scuole di Sonnino (LT), siamo stati a Torino dal 13 al 17 febbraio 2011 per alcuni giorni di formazione, invitati dalla professoressa Mariachiara Giorda e ospiti di “casa Acmos” (www.acmos.net).Abbiamo avuto modo di conoscere i ragazzi dell'associazione, impegnati in vari progetti di interesse educativo, sociale e politico e di affiancare alcuni di loro in un percorso di laboratori nelle scuole, principalmente rivolti al tema della partecipazione e della legalità. In particolare, abbiamo assistito e partecipato a due lezioni: con Giada Versaci nel pomeriggio del giorno del nostro arrivo, presso la scuola “La Blatta” di Chivasso, in una classe composta da due seconde medie, e con Anastasia Sironi, il giorno seguente, in un'altra scuola poco distante da Torino, “La Cassa”, in una quarta elementare.In entrambe le occasioni abbiamo osservato l'approccio metodologico delle educatrici, basato principalmente sul dibattito e sul coinvolgimento dei ragazzi, anche con l'utilizzo di cartelloni realizzati in classe, finalizzato soprattutto a stimolarli al ragionamento e all'interazione tra loro. Una parte delle lezioni è stata dedicata a un compito da svolgersi in gruppi, in questo modo anche noi siamo intervenuti prendendo parte attivamente, relazionandoci in modo diretto con gli studenti, cercando di guidarli nel lavoro. Con Anastasia, inoltre, abbiamo strutturato insieme il programma della lezione da lei svolta. Sotto questo aspetto, poter lavorare alla programmazione di una lezione, sviluppandone uno schema di riferimento con obiettivi e metodi specifici e un cronogramma dell'ora, è stato un passaggio essenziale, sia per la preparazione dell'educatrice, al fine di affrontare il tema in programma, sia per la nostra formazione teorico-pratica, potendo meglio comprendere e valutare il lavoro di organizzazione previsto dal progetto.Questa piccola esperienza è stata per noi di grande interesse, oltre che piacevole, in quanto ci ha dato per la prima volta l'opportunità di entrare nel mondo della scuola, di apprendere alcuni metodi e tecniche differenti da un modello di lezione classica, frontale, e di poterne constatare l'efficacia. Infatti i ragazzi erano indubbiamente partecipi e, divertendosi, hanno appreso i concetti trattati, sulla base delle loro personali esperienze e di quanto discusso in classe, confrontandosi costantemente con gli altri e con l'educatore. L'efficacia metodologica si è rivelata anche nella disposizione a cerchio dei ragazzi in classe, per esempio, e nell'uso di strumenti di effettivo sostegno e orientamento per lo svolgimento della lezione, come i cartelloni e i post-it che facilitano il raggiungimento dell'obiettivo prefissato. Giada e Anastasia, che fanno parte del gruppo “Tate”, insieme a Elisa e Dalila, ci hanno invitato a partecipare alla loro riunione, mettendosi a nostra completa disposizione per fornirci un vademecum pratico-teorico rispetto ai laboratori nelle scuole, affrontando questioni di diverso ordine, ad esempio pedagogico, per capire come si sta in classe e come ci si rapporta con gli studenti, rispetto al linguaggio, ai metodi di gestione, alle tecniche di animazione; ma anche

come ci si relaziona con i docenti e i dirigenti scolastici e, eventualmente, ai genitori; e infine, non meno importante, come ci si organizza nel gruppo di operatori. Nei seguenti ultimi due giorni abbiamo invece seguito i laboratori della professoressa Mariachiara Giorda, prima in due classi di terzo e quarto liceo scientifico, presso l'Istituto Sociale, poi in una seconda elementare, presso la scuola Santorre di Santarosa. La professoressa ci aveva preparato nelle sere precedenti, esponendoci i temi e le modalità delle lezioni alle quali avremmo preso parte, non solo come spettatori. Questa è stata l'opportunità di assistere a lezioni di nostro specifico interesse, sulla storia delle religioni, anche se nel quarto scientifico, in realtà, l'argomento affrontato era di carattere antropologico e, più in generale, verteva sul concetto di razza, relativo al progetto di eugenetica nazista, in vista della futura visita didattica della classe presso il campo di concentramento a Auschwitz. Più attinente alla storia delle religioni è stata la lezione in terza scientifico: la classe era divisa in quattro squadre, ognuna rappresentante una religione (cristianesimo, islam, buddismo, ebraismo) e ogni gruppo doveva porre una domanda (con risposta multipla) agli altri gruppi; chi rispondeva per primo aveva diritto a un punto. Da ogni domanda e risposta la professoressa prendeva spunto per integrare l'argomento con una spiegazione approfondita o interrogando i ragazzi sui concetti e le nozioni precedentemente trattati.L'ultima esperienza della nostra trasferta torinese è stata in una classe a nostro avviso speciale, molto variegata rispetto alla provenienza dei bambini, i quali si sono presentati, sotto indicazione della professoressa, specificando il paese di origine della propria famiglia: Marocco, Tunisia, Romania, Albania, Colombia e Perù. Una situazione di pluralismo religioso fatto di bambini musulmani, cristiano ortodossi e cristiani cattolici. In questa occasione il tema trattato è stato i “luoghi di culto”, soprattutto e a partire dalle esperienze personali dei bambini. La professoressa ha esordito chiedendo agli alunni se avevano avuto mai modo di partecipare ad alcune particolari occasioni dentro luoghi sacri, ad esempio a cerimonie come matrimoni, battesimi, riti di vario genere. Inizialmente i bambini erano un po' frenati nelle risposte: alcuni facevano confusione con i termini dei luoghi e con la memoria, poi però, stimolati dalla professoressa, sono riusciti a far emergere i ricordi delle loro esperienze, a comprendere il concetto di luogo di culto e ad apprendere l'esistenza dei due luoghi da loro frequentati: la chiesa (cattolica e ortodossa) e la moschea. Infine, attraverso immagini grafiche rappresentanti alcuni luoghi di culto, portate da noi, i bambini, divisi in tre gruppi, hanno provato a disegnarli, chiedendo spesso il nostro aiuto e richiamando spesso la nostra attenzione.Il nostro soggiorno di formazione in quanto il percorso fatto, se pur breve, è stato utilissimo perché ha stimolato ulteriormente il nostro interesse, attenuando il timore nei confronti della prima esperienza nelle scuole che ci attende a breve, sollecitandoci a preparare con cura le lezioni che andremo a svolgere.

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Proposte, innovazioni, sperimentazioniTorino: un’esperienza di tirocinioA. D’Andrea e L. Lucerna

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La ricerca che ho effettuato per la tesi di laurea sul Master in Religioni e Mediazione culturale, La Sapienza, Roma è partita da un dato statistico essenziale: oggi si registrano 4,5 milioni di immigrati in Italia che contribuiscono alla costituzione di una società multiculturale e, quindi, multireligiosa. L’atteggiamento attuale della politica, del mondo delle istituzioni e dei media non favorisce però un riconoscimento pieno, sociale e giuridico del pluralismo culturale contemporaneo. Per cui, partendo da questo importante presupposto, la ricerca ha inteso osservare l’andamento complessivo di una esperienza molto importante, costituita dal primo ciclo del master istituito dalla Sapienza in “Religioni e mediazione culturale”: una specializzazione accademica per una società multiculturale che ha inteso formare un gruppo di esperti, di mediatori culturali idonei nei contesti sociali, scolastici, sanitari e penitenziari, con competenze linguistiche, giuridiche, sociologiche (come già accade da un ventennio, seppur in maniera non omogenea a livello territoriale in Italia) arricchite, stavolta, da un grande valore aggiunto costituito dalle competenze in studi storico-religiosi: il “fattore R”, messo in moto dalle società migranti, è una caratteristica identitaria forte del mondo dell’immigrazione che certamente non deve essere trascurato, affinché i mediatori culturali siano in grado di attuare delle tipologie di intervento (che non

ignorino aspetti essenziali degli utenti stranieri) e si rivelino così nella maniera più efficace possibile.

Volendo perciò stilare un bilancio complessivo del master alla sua prima edizione, l’indagine si è sviluppata su due binari paralleli, analizzando cioè l’opinione dei docenti che hanno contribuito alla formazione e l’opinione degli studenti, cui è stato somministrato un questionario per sondarne aspettative iniziali e acquisizioni finali.

I docenti si sono espressi sulle molteplici difficoltà che oggi si riscontrano in Italia nel perseguimento di un’accettazione di massa e un riconoscimento istituzionale e giuridico del pluralismo culturale e religioso: la società di massa spesso percepisce l’immigrazione in maniera negativa, soprattutto a causa di un’informazione che focalizza gli aspetti più estremi dell’immigrazione, di una classe politica che strumentalizza l’argomento per esaltare scelte restrittive e norme di sicurezza. Manca una legge generale sulla libertà religiosa in Italia; manca il raggiungimento di un’Intesa tra molte chiese e lo Stato; le minoranze religiose devono affrontare una molteplicità di problematiche, soprattutto relative ai luoghi di culto.

Gli studenti del master hanno rivelato una chiara percezione di un’offerta specialistica strutturata con modalità pluridisciplinare, fondata su più percorsi: storico-religioso, p o l i t o l o g i c o , s o c i o - a n t ro p o l o g i c o , l i n g u i s t i c o , massmediologico; il percorso formativo storico-religioso e

Proposte, innovazioni, sperimentazioniLa Storia delle religioni nella mediazione culturaleE. Campagna

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Il Master in Religioni e Mediazioni culturale, Roma, La Sapienza:

Opinioni dei docenti e degli studenti

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giuridico-politologico si sono rivelati i più recepiti, come evidenziano le risposte sui percorsi e su conoscenze e competenze acquisite.

La classe inoltre era caratterizzata essa stessa da un certo grado di pluralità culturale e religiosa: su 14 studenti ben 6 sono non italiani e tra di essi si registra la presenza di 3 musulmani, un’ortodossa, due buddhiste, un’induista, una protestante della Chiesa di Cristo. Nella classe è emersa una formazione curriculare maggiormente “umanistica” e già addentrata nel terreno della mediazione o dell’operazione sociale: 8 su 14 studenti sono già nell’ambito, ma hanno scelto di acquisire una formazione accademica, che fosse più specifica e qualificata.

6 su 14 non hanno ancora avuto esperienze ma ambiscono all’ingresso nel mondo della mediazione (tra di essi si registrano titoli antropologici e in Studi storico-religiosi).

Non è stato semplice, all’inizio, far capire agli studenti quanto fosse importante uno studio e un esame attento della loro esperienza, per poterne evidenziare punti di forza e punti di debolezza da migliorare eventualmente nelle riproposizioni successive del master: 7 studenti hanno compilato abbastanza presto il questionario, 7 sono stati “impugnati” in extremis. Gli studenti, probabilmente, temevano che la valutazione delle loro risposte potesse comportare in qualche modo un giudizio personale, ed erano, inoltre, molto impegnati in documentazioni ed elaborati che avrebbero dovuto consegnare nella fase conclusiva del master.

In conclusione, però, senza non poche fatiche, si è arrivati alla compilazione totale: 7 in forma anonima, 7 con identità dichiarata, ma tutti si sono rivelati estremamente importanti (anche e soprattutto i questionari compilati in fretta, poiché contenenti risposte istintive e spontanee).

Il master in “Religioni e mediazione culturale”, nato dall’incontro di due realtà che si sono rivelate complementari e compenetranti (quella accademica del nostro Dipartimento e quella della mediazione culturale) può essere giudicato un’esperienza più che positiva, da riproporre negli anni a venire con una strutturazione e organizzazione, a mio avviso, che sappia tenere conto, sin dall’inizio, delle esperienze precedenti dei ragazzi, della loro formazione curriculare, delle loro inclinazioni e attitudini naturali. Eventualmente, si dovrebbe cercare di esaminare tutto ciò sin dall’inizio del ciclo specialistico, per migliorare l’indirizzo pratico che nel corso del master gli stessi studenti saranno chiamati a seguire. Una strutturazione che sappia dare, infine, il giusto peso (in termini di ore di lezione) a tutti i moduli disciplinari, poiché tutti essenziali ad una formazione e qualificazione nel terreno della mediazione culturale.

La presente ricerca non poteva avviarsi senza la dovuta considerazione del contributo accademico della disciplina Storico-religiosa nella società multiculturale odierna, e della mediazione culturale quale pratica operativa che favorisce l’incontro e l’integrazione tra le società migranti e le società accoglienti. La Storia delle religioni prevede lo studio storico, scientifico, specialistico e aconfessionale delle diverse tradizioni religiose, cui ci si avvicina con approccio critico e non condizionato da valori e convinzioni personali.

La Mediazione culturale prevede un superamento di confini e di barriere identitarie che possono costituire diffidenze reciproche; costruisce “ponti” che consentono uno

scambio facilitato tra le persone di diversa cultura e origine, tra enti e utenti nel mondo dei servizi.

L’indagine sviluppata in questa ricerca ha inteso dimostrare l’utilità dell’incontro tra le due realtà: formativa l’una, operativa l’altra, possono avviarsi entrambe nel cammino che si propone di approdare ad una società più accogliente, che riconosce e valorizza la ricchezza delle sue sfumature sociali, culturali e, non ultime in ordine di importanza, religiose.

Il master in “Religioni e mediazione culturale” attivato dalla Sapienza nello scorso anno ha inteso perciò, come ricorda E. Prinzivalli (direttore del master), lanciare una sfida in una duplice direzione: verso lo stesso mondo accademico, che ha trasferito il suo saldo ancoramento alla Storia delle religioni in un’esperienza formativa più complessa, e verso la società, che oggi si connota come realtà multiculturale e, quindi, multireligiosa.

Anche A. Saggioro, Professore di Storia delle Religioni – nella stessa linea del direttore del master – ha definito il ruolo della disciplina storico-religiosa nel contesto della mediazione culturale come una autentica sfida da lanciare nei confronti della società italiana, quale erede di sogni e di scoperte di inaudita portata: ad essa si offre oggi, attraverso la presentazione del fattore religioso plurale, un nuovo terreno di avventura e di esplorazione scientifica.

Dello stesso parere è anche il coordinatore P. Naso, che sottolinea come lo sforzo del master in questione sia stato proteso anche nella creazione di un circuito circolare, tra interno ed esterno, tra il mondo dell’accademia e il mondo del lavoro: gli studenti del master hanno avuto la possibilità di mettere a frutto le loro potenzialità di mediatori in esperienze di tirocinio che li hanno portati ad operare direttamente in contesti sociali, scolastici e sanitari in cui la pluralità religiosa era contenuta ed espressa nella maggiore concentrazione dei soggetti e protagonisti dell’immigrazione in Italia.

La stessa composizione della classe del primo ciclo dell’esperienza formativa è stata caratterizzata da una pluralità di caratteri e provenienze: 6 studenti sono di origine non italiana e 8 sono italiani. Tra i 14 studenti nel complesso si rilevano formazioni letterarie e umanistiche (con appena 3 eccezioni). Dalla classe del primo ciclo si riscontra già un mini mosaico delle diverse fedi e, per alcuni di loro, delle diverse esperienze interculturali intraprese ancor prima del conseguimento del master: Serena, italiana, è buddhista, ha avuto una esperienza nella Consulta sul pluralismo religioso e culturale; ha effettuato un tirocinio presso lo Sportello per richiedenti protezione internazionale e vittime di tortura. Angelica, bielorussa, è ortodossa; dichiara di aver praticato la “mediazione” a livello personale, aiutando persone del suo stesso paese appena arrivate in Italia. Ai, giapponese, si definisce “culturalmente” buddhista; si dichiara interprete e traduttrice, il che vuol dire che pratica già una mediazione di tipo linguistico. Claudio, italiano, è cattolico praticante e si occupa di dialogo interreligioso all’interno del movimento dei Focolari. Monica, italiana, aderisce ad una confessione protestante di origine americana, denominata Chiesa di Cristo. Valentina S., italiana, si dichiara molto vicina all’Unione induista italiana, di cui cura l’Ufficio delle relazioni esterne; ha avuto un’esperienza nel Tavolo interreligioso del comune di Roma. L’Anonimo 1°, italiana, è cattolica praticante; si definisce operatrice sociale ed ha avuto un’esperienza nel Centro di prima accoglienza per minori

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provenienti da Paesi in guerra. L’anonimo 2°, di origine albanese, è cattolico ed ha avuto esperienze nel settore sociale con la Caritas. L’Anonimo 4°, italiana, si dichiara impegnata nell’associazionismo del Terzo settore; ha avuto un esperienza interculturale europea, all’interno di scuole sia protestanti che cattoliche in Irlanda del Nord. L’Anonimo 5°, italiano, ha avuto esperienze nell’assistenza agli immigrati attraverso l’ARCI. L’Anonimo 6°, turco, è musulmano, già impegnato nel dialogo interreligioso in Italia. L’Anonimo 7°, anch’esso turco e musulmano, ha avuto esperienze nell’istituzione di corsi di lingua italiana per immigrati; nell’organizzazione di viaggi interculturali, conferenze e spettacoli.

Una classe così composta, con un bagaglio di esperienze interculturali e, in alcuni casi, di pratica nell’operazione sociale già avviata, non può essere che alla ricerca di una specializzazione formativa ancora più specifica e qualificata: dalle risposte fornite al questionario emerge con chiarezza come la maggior parte dei ragazzi sia stata spinta ad aderire al master con l’intento di “arricchire la propria formazione”, nell’ambito della conoscenza delle religioni e nell’ambito della mediazione culturale; pur in misura minore, è stato indicato anche l’intento di “arricchire la formazione nell’ambito del dialogo interreligioso” (da parte di 2 studenti, non a caso credenti praticanti e già inseriti in ambito di dialogo interculturale). L’esame delle risposte evidenzia perciò come l’interesse per una specializzazione in “Religioni e Mediazione culturale” possa essere indotto e sviluppato a partire da una serie di diverse motivazioni: di carattere personale (esperienza di immigrazione alle spalle); di carattere confessionale (motivazione spinta dalla fede); di carattere formativo e pratico (motivazione di soggetti aspiranti o già inseriti in contesti di mediazione che desiderano arricchire il proprio bagaglio di competenze e migliorare la qualità del proprio intervento).

La formazione umanistica, inoltre, sembra essere il comune denominatore necessario a chi voglia intraprendere una simile specializzazione: essa non è pregiudizialmente indicata come necessaria e indispensabile ma, certamente, fornisce agli studenti una certa predisposizione e sensibilità, innegabilmente necessarie all’approccio e nel contatto che si intende stabilire con la diversità.

Si rileva inoltre, con un dato abbastanza omogeneo, che la maggior parte della classe abbia percepito l’importanza della complessità delle materie e della multidisciplinarietà perseguita nell’organizzazione didattica; che le conoscenze acquisite, indicate in maggioranza, siano nell’ambito storico-religioso ed in quello politologico-giuridico; che le competenze acquisite, con maggiori indicazioni, siano nella capacità di elaborazione, nella progettazione e nel metodo di ricerca forniti dal master nel suo complesso.

La presente indagine si conclude stilando un bilancio più che positivo del master in “Religioni e Mediazione culturale” alla sua prima edizione: è stato un progetto, un’esperienza del tutto innovativa, nata dall’incontro della realtà accademica storico-religiosa e della realtà socio-operativa della mediazione culturale. I due terreni si rivelano del tutto complementari: la conoscenza specialistica del “fattore R” può calarsi naturalmente nel terreno dell’intercultura, dell’operazione sociale e della mediazione e, di conseguenza, la mediazione può – anzi, deve – migliorare il suo contributo in tutti i suoi contesti operativi accogliendo l’indispensabile e

non scontato valore aggiunto rappresentato dalla conoscenza delle religioni, di inaudita ed attuale portata.

Il felice e fruttuoso incontro delle due realtà sembra contenere un enor me potenziale per la società contemporanea, accompagnandola verso il cammino di auspicabi le e necessaria integrazione, verso un riconoscimento sociale, culturale e giuridico della pluralità culturale e religiosa riscontrata oggi nel nostro Paese, quale simbolo di inestimabile ricchezza e fortuna della moderna civiltà, globalmente ed umanamente intesa.

Perché il sodalizio si riveli ancor più efficace ed incisivo, inoltre, si ritiene necessario che il “ponte” della mediazione culturale venga percorso in maniera bilaterale: da una sponda all’altra, dalla società italiana verso quella immigrata e, viceversa, dalla sponda della società immigrata verso quella della società italiana. Non importa, infine, se il mediatore sia italiano o non italiano (come ancora si dibatte tra gli specialisti della mediazione), ciò che conta è che il “ponte” sia percorso, si sappia percorrerlo culturalmente, socialmente e, soprattutto, religiosamente.

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Bilanci: un progetto, una esperienza del tutto innovativa, nata dall’incontro della realtà accademica storico-religiosa e della realtà socio-operativa della mediazione culturale

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Dal mese di marzo è attivo a Sonnino, piccolo paese della provincia di Latina, un laboratorio di educazione alla cittadinanza attraverso la storia delle religioni, tenuto da alcuni studenti della Sapienza Università di Roma e di Roma Tre, educatori e mediatori culturali, laureandi e laureati, supportati dalla Dott.ssa M. Giorda dell’Università di Torino. Il progetto è stato proposto in seguito ad un caso che, nel mese di settembre, aveva portato la cittadina all'attenzione dei media. Risiede a Sonnino, già da tre anni, una famiglia di origine marocchina: per accompagnare il figlio a scuola la mamma di questa famiglia era solita vestire un burqa, abito che ha suscitato preoccupazione in alcune mamme della scuola. Il caso è finito sui quotidiani, non solo locali, e in trasmissioni televisive in cui la discussione è stata condotta non sempre con la correttezza dovuta e interessi politici, culturali e sociali si sono mescolati in un mix esplosivo e poco edificante.

La donna in burqa, rammaricata per il disagio creato, è stata subito disponibile a scoprire il volto davanti la scuola: se la situazione parrebbe “risolta”, non crediamo tuttavia che questa sia la soluzione al problema, innegabile, di incontro e confronto tra culture e tradizioni diverse, ma che un lavoro di informazione, dialogo, discussione e conoscenza debba compiersi e andare molto più in profondità, a Sonnino come altrove in Italia.

In questa cornice si situa il progetto educativo che è stato proposto nella scuola di Sonnino. Il progetto proposto dal gruppo UVA in collaborazione con Acmos di Torino, vuole porre l'accento su come l'educazione alle religioni sia fondamentale per la costruzione di una cittadinanza responsabile, priva di discriminazioni e pregiudizi.

Si sono già tenuti all'incirca due incontri in ogni classe (in tutto sono sette, 4 V elementari e 3 I medie), che sono stati considerati molto positivi sia dagli operatori che dagli insegnanti. Poiché la disponibilità a svolgere il laboratorio è stata accolta soprattutto dalle insegnanti di religione, si è potuto avere un confronto diretto sia sul modo in cui vengono affrontati i temi, sia sui temi stessi.

Nella prima lezione è stato fatto un brainstorming sulla parola religione e si è poi ragionato insieme ai ragazzi su cosa sia la religione, cercando di far emergere che questa è un insieme di credenze e pratiche di un popolo in certo contesto storico che si modifica nel tempo e a seconda delle diverse tradizioni; concetto estraneo ai più che associavano la religione principalmente al dato di fede.

I ragazzi si sono dimostrati molto curiosi, di non avere molti preconcetti, attenti ed ansiosi di conoscere realtà diverse dalle loro. Il lavoro risulta scorrevole e piacevole per tutti, avendo avuto anche la piena libertà di azione da parte delle insegnanti.

Proposte, innovazioni, sperimentazioniSonnino, un progetto di storia delle religioni alle elementari M. Di Pietro

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A Sonnino è partito il progetto di Storia delle religioni, a cura del gruppo UVA:primi bilanci

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L'Istituto comprensivo Vivaldi di Padova ha attivato dal 2010 l'attività didattica alternativa per i non avvalentisi dell'ora di religione cattolica, sia agli alunni delle scuole elementari che a quelli delle scuole medie.

L'attuale preside, il professor Arnau (non il precedente che era stato coinvolto nella vicenda del Tribunale di Padova), al momento della nostra intervista non era a conoscenza de fondi relativi all'attivazione di attività didattiche alternative che il Miur stanzia per ogni regione. Ecco quindi che l'attività è finanziata dai fondi statali a favore delle scuole private, dalle tasse versate dagli alunni e dai fondi per l'assunzione di insegnanti supplenti.

L'insegnante coinvolto è infatti un supplente con incarico annuale nominato a settembre su richiesta del preside Arnau che lo ha scelto in base alla graduatoria dell'istituto relativa agli insegnanti di Lettere precari disponibili. Questo vale per la scuola media mentre per quella elementare è coinvolto un insegnante interno.

Le procedure per l'assunzione del docente supplente seguono le direttive del Miur, in particolare la circolare dell'Ufficio scolastico regionale per il Veneto Direzione generale dal titolo Indicazioni operative nomina docenti per svolgimento attività alternative all'insegnamento della religione cattolica, (Venezia, 14 settembre 2010, http://www.cespbo.it/testi/2010_3/alternativa_veneto.pdf ).

L'ora alternativa è parallela all'ora di religione cattolica e viene organizzata durante i medesimi orari. Abbiamo

quindi due ore di alternativa a settimana per le scuola elementare e un'ora per la scuola media.

Le classi sono miste, vengono accorpati alunni di età simili per avere una certa omogeneità a livello didattico.

II contenuti dell'alternativa sono stati discussi dopo una riunione propedeutica con i genitori e alla fine si è deciso di circoscrivere l'ambito di insegnamento all'educazione civica e i diritti umani.

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L'Istituto comprensivo Vivaldi di Padova ha attivato dal 2010 l'attività didattica alternativa per i non avvalentisi dell'ora di religione cattolica

Proposte, innovazioni, sperimentazioniOra alternativa al Vivaldi di Padova F. Michielin

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Roma 22 Marzo. A seguito della presentazione alla Camera il 16 Settembre scorso della proposta di legge 3711 Istituzione dell’insegnamento dell’« introduzione alle religioni » nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria superiore (http://parlamento.openpolis.it/singolo_atto/58474 ) d’iniziativa del deputato Giovanna Melandri, abbiamo ritenuto necessario incontrare l’onorevole per un confronto sulle ragioni motrici della proposta. Abbiamo così colto l’occasione per presentare e rappresentare un gruppo di studenti dei corsi di laurea in Studi storico religiosi attivi su questioni affini alla proposta di legge: dalla collaborazione per IRInews all’ideazione di laboratori di Storia delle religioni nelle scuole secondo diverse finalità ( http://gruppo-uva.jimdo.com ).

Dall’intervista è emersa la difficoltà di individuare un metodo comune all’intuizione politica e al nostro percorso accademico. Infatti è apparsa chiara da parte dei promotori politici una scarsità di rapporti e di conoscenza delle realtà accademiche più direttamente interessate al fenomeno religione, e anzi quasi una diffidenza rispetto all’approccio accademico eccessivamente settoriale. Ci chiediamo in qual misura il mondo accademico sia responsabile di un mancato sforzo di traduzione del proprio linguaggio in uno più socialmente e politicamente condivisibile.

L’intento manifestato da entrambe le parti è stato quello di proporre occasioni di reciproca conoscenza e confronto sui metodi e di collaborazione per creare un sentire più diffuso circa la questione del rapporto diversità religiosa/mondo della scuola.

Ha assistito all’intervista intervenendo più volte l’Avv. Francesco Spano, già coordinatore della Consulta giovanile per il pluralismo religioso e culturale, docente di Diritto e Religione presso l’Università di Siena-Grosseto, e consulente dell’onorevole per la proposta di legge.

1. Quale è stato lo spirito dal quale ha preso via la proposta di legge 3711?

Esistono obiettivi reali e pragmatici che la proposta tiene presente?

Melandri: L’obiettivo è stato prendere atto di un bisogno, di una domanda che ci pare sia diffusa in un assetto giuridico legislativo invece fermo e cristallizzato da molti anni. Gli obiettivi del disegno di legge sono più di uno. Innanzi tutto non ci siamo infilati nella questione peraltro autorevole e importante del concordato e della eventuale riforma dell’assetto concordatario, ma prendiamo atto del fatto che il concordato non si tocca. Proviamo a gettare un sasso nello stagno e a vedere se è possibile far evolvere la situazione italiana rispetto alcune questioni: al primo posto ci sono le esigenze di una società multietnica, multi religiosa quale stiamo diventando rapidamente, perché lo shock demografico è sotto gli occhi di tutti. Quella è la prima domanda a cui

bisogna rispondere e secondo noi le risposte date anche dalla mia parte politica in questi ultimi tempi restavano incomplete. Cioè l’idea dell’ora di Islam, o altre, è una soluzione provinciale di un paese che ancora non ha pensato se stesso come un paese multiculturale e di pluralismo religioso che intacca la monocultura e la mono-identità religiosa dell’Italia storica.

Seconda questione, per me molto importante… Ho una figlia 11 anni, vedo come la scuola funziona, peraltro lei ha avuto la fortuna di avere un’insegnante di religione cattolica molto brava, molto aperta, che fa un po’ quello che noi diciamo (mentre invece ci sono casi anche molto diversi, come sappiamo). Mi accorgo dalla mia esperienza di madre che c’è una domanda di senso, di spiritualità, di identità spirituale se non vogliamo chiamarla religiosa dei ragazzi delle scuole medie e delle superiori – delle elementari non è il caso secondo me - a cui non si dà nessun tipo di incremento.

Nella scuola non c’è spazio a questa domanda di senso che è così profonda e così vitale e che secondo me è anche un antidoto a tante cose che possono accadere durante l’adolescenza, metteteci la depressione, la droga e altro, e quindi anche questa è una vera motivazione. Cioè c’è una domanda di senso, una domanda di identità, una domanda di conoscenza, come le domande ultime sulla nascita, sulla morte sulla vita, sulla relazione con l’altro…

- Ma rispondere alle domande di senso rientra anche negli obiettivi didattici tradizionali di altre materie

Melandri: Certo, dovrebbe rientrare negli obiettivi didattici tradizionali…

Poi c’è stato un terzo movente che è stata poi la nostra esperienza. Il movente storico diciamo, cioè quando ero Ministro delle politiche giovanili con il Ministro Amato abbiamo istituito questa consulta per il pluralismo religioso a livello di attivismo giovanile, di cui Francesco Spano era il coordinatore. C’erano dei ragazzi, 14 rappresentanti di 11 culti, 7 ragazze e 7 ragazzi, e quella consulta che drammaticamente è stata azzerata dall’attuale governo – ma non mi fate parlare della furia iconoclasta dell’attuale governo che avrebbe avuto degli strumenti già a disposizione per continuare un percorso, magari per fare pure meglio di noi, ma invece… – Da quella esperienza molto interessante, molto positiva peraltro partita col governo nel 2007, abbiamo visto quanto si poteva fruttificare. Quei ragazzi sono stati capaci di elaborare punti di vista e posizioni anche in materia della legislazione italiana, sul tema della cittadinanza, sul tema dei diritti delle donne, sul tema del velo (tema che si brandisce come una clava ideologica). Con tanta sapienza e delicatezza un gruppo di ragazzi ha saputo affrontare temi tanto delicati. Quindi abbiamo visto che la pratica di un confronto e conoscenza reciproca e profonda delle pratiche religiose aiuta a crescere.

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Proposte, innovazioni, sperimentazioniSpeciale: Intervista all’On. G. Melandri sull’introduzione alle religioniB. Nuti

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Sto dicendo cose che possono sembrare a voi anche banali, ma che invece nella realtà istituzionale e anche formativa italiana non sono affatto scontate.

Queste le tre pulsioni che ci hanno mosso.

2. Per l’insegnamento proposto si sono tenuti in considerazione modell i particolari di pratiche o sperimentazioni in Italia o all’estero?

Spano: No, abbiamo fatto uno studio, una panoramica dei vari modelli però i modelli in Europa sono tutti improntati sull’alternanza tra ora confessionale/ora alternativa. Che sia il modello tedesco dove puoi scegliere se fare ora confessionale luterana o cattolica o ora di etica di stato; o quello francese dove non c’è niente.. noi però volevamo uscire da questa relazione biunivoca, non volevamo toccare l’ora di religione. Sappiamo che in Italia l’ora di religione tocca tutta una serie di questioni, legittime o illegittime, e paradossalente vi stupirò nel dirlo forse, il sistema di opzionalità dell’insegnamento confessionale è all’avanguardia proprio per il fatto che è opzionale, cosa che quindi dà vita a tutta una serie di scelte e di libertà. Noi comunque volevamo uscire da questa relazione necessaria con l’ora confessionale e pensare a un insegnamento autonomo e indipendente…

Melandri: Comunque è stato a una soluzione italiana che abbiamo pensato, a cui abbiamo mirato, una soluzione che rispondesse alle esigenze e alle condizioni storiche italiane senza importare nessun modello in particolare..

3.Quale rapporto manterrebbe l’insegnamento proposto con l’insegnamento di religione cattolica?

Melandri: È ormai consapevolezza di tutti il fatto che non è possibile eliminare l’ora di IRC dall’insegnamento scolastico, sia per una questione legislativa (conosciamo tutti la realtà del concordato…) sia per una questione politica (nel senso che non si intenterà mai un’azione così definitiva e specialmente oggi, con il governo che abbiamo, prove ne sono le scelte fatte dal ministro dell’istruzione che anzi hanno aumentato e sot to l ineato l ’ importanze del l ’ IRC attribuendogli crediti formativi ), ma detto ciò, quello che si propone questa legge non è tanto contrastare un insegnamento che, se fatto bene, può anche funzionare, ma introdurre qualcosa che non c’è. Si intende introdurre qualcosa di diverso, e di cui oggi più che mai si sente il bisogno, e cioè quello di un insegnamento che coinvolga i ragazzi nella conoscenza dell’altro, al rispetto delle diversità e alla sensibilità verso le dinamiche religiose. C’è bisogno che i giovani, sempre più confusi da tanti input diversi della società moderna come i media o internet, trovino a scuola uno spazio aperto ai temi dell’etica e delle comuni domande di senso, affrontando le diverse tradizioni religiose anche per crescere in chiave esistenziale personale..

Torno a ripetere inoltre che la stessa rapida evoluzione della nostra società in una società multiculturale ci obbliga a prepararci alla diversità culturale, educando perciò i giovani ad accogliere e conoscere le altre culture…

4. Quale iter e quali ostacoli prevede per la proposta?Melandri: Un ostacolo determinante è che si tratta di

una proposta di legge da parte di una parte politica, la mia, che è al momento all’opposizione. Se fossi stata ancora Ministro avrei potuto impostare delle sperimentazioni in tal

senso..E quindi al momento non ci sono i presupposti per procedere speditamente anche se spero, e sto lavorando in tal senso, di renderla una proposta quanto più condivisibile anche da parte della maggioranza, raccogliendo sostegno spero in vista del merito e non della provenienza della proposta…

Ma c’è da dire che la posizione generale e più diffusa del governo attuale non è certamente di favore a questi temi.. Altri ostacoli, non insuperabili, sono i tempi certamente lunghi e i fondi necessari alla realizzazione..

E poi infine c’è tanto bisogno di sensibilizzare a questa intuizione, aprire un dibattito pubblico quanto più ampio possibile su questi temi per accendere l’interesse intorno alla proposta..

5. Per la nuova classe di concorso denominata “introduzione alle religioni” si sono tenuti in considerazione i laureati dei corsi di Scienze delle religioni delle università statali?

Melandri: No, non sapevo nemmeno di tutti i corsi di laurea e di tutte le sedi che mi avete descritto: due a Roma, Torino e Venezia…ero a conoscenza di studi in tale ambito alla Sapienza e a Torino ma certamente la proposta di legge non è stata pensata per tali studenti in tali studi.. certamente si rivolge a laureati in materie umanistiche, ma è ancora tutto da verificare quali corsi di laurea, quali crediti in quali materie assegnare alla nuova classe di insegnamento. Queste sono questioni che riguardano l’iter, i passaggi tecnici dei funzionari del ministero e nemmeno della discussione in Parlamento; credo comunque che si debba pensare a più corsi di laurea e non solo a quello in studi di religione proprio a causa della multidisciplinarietà dell’insegnamento, e in questo senso nessun corso forma in maniera completa, nessuno è specifico per questo insegnamento...

6. Quali parlamentari hanno appoggiato la proposta di legge? E pensa potrebbero essere interessati ai nostri progetti?

Melandri: Certamente alcuni parlamentari hanno appoggiato la proposta perché ormai solido è il rapporto di collaborazione e il rapporto di condivisione delle stesse esigenze politiche e culturali..

Insomma, come spesso accade, sono parlamentari che hanno appoggiato la proposta ( che ha bisogno di un numero di firme d’appoggio per essere presentata) diciamo per amicizia e fiducia reciproca per le iniziative politiche più che per un preciso interesse su queste specifiche questioni.. Due i parlamentari che potreste contattare, che vi consiglio anzi di contattare perché già attivi e sensibili a questi argomenti: Jean Leonard Touadi e Andrea Sarubbi.

7. C’è stato un rapporto e se sì quale con il mondo accademico, nello specifico con i corsi di laurea di Scienze storico religiose in Italia presenti a Roma (a Roma Tre e La Sapienza) a Torino e a Venezia-Padova?

Melandri: No, non c’è stato un contatto diretto con il mondo accademico. Abbiamo fatto mesi di audizioni preparatorie alla proposta ma con il mondo delle varie confessioni: la CEI, la Tavola Valdese, il mondo variegato delle comunità islamiche, i buddisti… Senza elencare tutte le confessioni, è stato a queste realtà che ci siamo rivolti per creare una piattaforma quanto più condivisibile da tutti..

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Ci è stato poi di grande aiuto, discutendo alcuni punti tecnici della proposta, Paolo Naso. Ci è stato fatto il nome del prof. Saggioro con il quale non siamo però entrati in contatto... Il professor Silvio Ferrari è stato contattato e ha collaborato al progetto ma in generale non c’è stato un rapporto formale, ufficiale con le università perché non è a loro che abbiamo rivolto le audizioni preparatorie..

Spano: Inoltre da accademico – ride – permettetemi di dire che non mi fido, diffido degli accademici. O meglio mi spiego, non in questo preciso ambito d’azione dove in Italia non troviamo quel genere di studi compositi come sono altrove i Religious Studies, studi cioè che si occupano del fenomeno dal punto di vista culturale, sociologico, giuridico, linguistico ecc…

Da questo punto di vista l’esperienza che più si avvicina a questo modello è quella del CISP di Pisa, Comitato interdisciplinare per la Pace dell’università di Pisa, una realtà che unisce specialisti in sociologia, studi giuridici, studi di religione ecc..

Inoltre il mondo accademico italiano non si rivolge, escluse poche esperienze, alla questione dell’insegnamento nella scuola…ci sono i vari specialisti del settore ma coinvolti nelle ricerche scientifiche e poche esperienze nelle scuole…

Melandri: Siamo comunque assolutamente interessati a instaurare un dialogo con il mondo accademico e in maniera preferenziale con i dipartimenti di Studi o Scienze delle religioni che ci avete presentato e dai quali provenite, anzi dobbiamo organizzare una giornata, una conferenza alla Sapienza magari, un’occasione di incontro di queste realtà, delle sperimentazioni accademiche che si muovono su questi argomenti. E in questo senso i canali di contatti e informazione che avete costruito con il vostro gruppo saranno utili per sensibilizzare e dare più larga eco alla nostra proposta di legge..

Esistono certamente prospettive diverse, voi parlate di prospettiva storica, noi di prospettiva culturale ma anche per questo dobbiamo instaurare un confronto..

Per me non si può parlare “solo” di storia delle Religioni, perché l’insegnamento che si vorrebbe portare nelle scuole dovrebbe tener conto di una trattazione multi-disciplinare delle religioni e anche un’apertura ai temi dell’etica, del sacro, e di cultura delle religioni..

- Ma certamente per storia delle religioni non si intende solo un percorso cronologico, ma si parla di storia per indicare un metodo storico-critico che si vuole differenziale da un metodo catechetico.. Sulle differenze tra “storia delle religioni” e i “Religious studies” con un taglio trasversale e multidisciplinare, il dibattito è acceso, un dibattito non solo sui contenuti ma anche sui termini, infatti è difficile tradurre in italiano Religious Studies in maniera diversa da “studi di storia delle religioni”; certamente, termini a parte, quello a cui miriamo con i nostri progetti è creare un terreno fertile per la conoscenza dell’altro attraverso la storia delle religioni, e crediamo che automaticamente si creeranno le condizioni per autonome riflessioni sulle domande comuni di senso, per le quali è difficile parlare di “insegnamento”.

In conclusione dell’intervista, vorremmo chiedervi notizie sull’osservatorio per libertà religiosa annunciato recentemente dal sindaco di Roma Alemanno

Melandri: sono solita ragionare sui fatti e non sugli annunci: non ne ho notizia, né di qualcosa di simile che si muova in tal senso

(Il segretario alle spalle dell’onorevole con una rapida ricerca on line trova e conferma la notizia come riportata dai quotidiani)

Anche se la notizia è confermata non mi risulta nessun tipo di riscontro o sviluppo a un tale annuncio…

Cogliendo l’invito dell’onorevole ci sembra dunque

urgente organizzare occasioni di confronto sulle questioni metodologiche emerse, riallacciando in tal modo i contatti tra un’intuizione politica, un’esigenza sociale e un mondo accademico che non può esimersi dal far sentire la propria voce, fosse anche critica, correttiva o di dissenso. IR

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Istituzioni politiche e mondo accademico: quali rpospettive di collaborazione ?

La proposta di legge Melandri come banco di prova

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Benedetto XVI sull’educazione interculturale e simboli religiosi

Benedetto XVI approva gli sforzi per un'educazione interculturale, ma avverte che "in questo ambito e' richiesta una fedelta' coraggiosa ed innovativa, che sappia coniugare chiara coscienza della propria identita' e apertura all'alterita', per le esigenze del vivere insieme nelle societa' multiculturali". "Anche a questo fine - spiega - emerge il ruolo educativo dell'insegnamento della Religione cattolica come disciplina scolastica in dialogo interdisciplinare con le altre". Infatti, "esso contribuisce largamente non solo allo sviluppo integrale dello studente, ma anche alla conoscenza dell'altro, alla comprensione e al rispetto reciproco". Secondo il Papa, "per raggiungere tali obiettivi dovra' essere prestata particolare cura alla formazione dei dirigenti e dei formatori, non solo da un punto di vista professionale, ma anche religioso e spirituale, perche', con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, la presenza dell'educatore cristiano diventi espressione di amore e testimonianza della verità'". Il Papa ha inoltre ribadito, in riferimento alla questione sul crocifisso: «La mia preghiera accompagna da vicino le vicende liete e tristi dell' Italia, per la quale chiedo al Datore di ogni bene di conservarle il tesoro prezioso della fede cristiana e di concederle i doni della concordia e della prosperità». Il Papa ha espresso il suo «apprezzamento» al governo italiano per aver contrastato «il tentativo di eliminare dai luoghi pubblici l' esposizione dei simboli religiosi, primo fra tutti il crocifisso», e quindi per essersi mosso «in conformità a una corretta visione della laicità». Questo sta a cuore alla Chiesa, «non potere né privilegi», ma quel «ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica» che «lo Stato è chiamato a tutelare»: di contro alle «forme più sofisticate di ostilità contro la religione» che in Occidente, aveva detto giovedì il Papa, «si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi» e «spesso fomentano l' odio e il pregiudizio». 7 Febbraio 2011 – www.agi.it

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/s p e e c h e s / 2 0 1 0 / d e c e m b e r / d o c u m e n t s / h f _ b e n -xvi_spe_20101217_ambassador-italia_it.html.

Laicità e diritti secondo Jean-Marie Lustiger

Si intitola «Cittadino, comunità, Stato. Per una critica della ragione moderna» il con-tributo che l’arcivescovo di Parigi, il cardinale Jean-Marie Lustiger (scomparso nel 2007) leggeva nel 1995 davanti alla Commissione francese dei Diritti dell’uomo. Ora quel discorso (una parte del quale pub-blichiamo qui) appare nel n. 12 di «Oasis», rivista di dialogo tra cristiani e musulmani edita da Marcianum e legata al patriarcato di Venezia.

Marie Lustiger - Le religioni non determinano ulteriormente il ruolo dello Stato, esse non possono fare altro che riconoscerlo o prenderne atto. Lo Stato non può sostituirsi alle religioni e imporre alle coscienze una propria definizione dell’Assoluto: i cittadini devono poter scegliere secondo coscienza e in libertà. Su questo punto il diritto positivo deve garantire un diritto fondamentale della persona umana. La questione del fondamento dei Diritti dell’uomo può portare lo Stato e le religioni a lavorare, ciascuno per la sua parte, alla verità, che è liberatrice. Senza un fondamento adeguato, l’universalismo dei Diritti dell’uomo – ai quali aderisco totalmente – rischia di essere regionalizzato. Per esempio, quale Dichiarazione dei Diritti dell’uomo riconoscono gli Stati islamici? La Dichiarazione apre alla speranza di un ordine giuridico universale. È uno dei grandi dibattiti attuali e non va condotto con l’atteggiamento della conquista o della colonizzazione ma secondo ragione. Bisogna lavorare perché le differenti culture possano evolvere in modo che questa nozione non appaia come un prodotto esclusivamente occidentale ma manifesti il suo radicamento in tutte le culture dell’umanità. L’umanità va pensata come «una». La laicità è un valore storico e culturale di prima grandezza. Non può essere ridotta a una determinazione giuridica. Non è iscritta, immobile, in un ideale empireo, è collocata nella storia, poggia su testi fondativi, è garantita da prassi giurisprudenziali, si traduce in azioni politiche. Essa rappresenta un saper vivere codificato che evolve con il succedersi delle generazioni. 22Febbraio2011 – Avvenire.it http://www.avvenire.it/Cultura/Anche+la+religione+servizio+pubblico_201102220856017170000.htm

Giorello: la questione del Crocifisso secondo un filosofo della scienza

Giulio Giorello, filosofo della scienza, intervistato da “Panorama” in occasione dell’uscita del libro-dialogo Ricerca e carità, scritto insieme al cardinale Carlo Maria Martini, sul tema del Crocifisso così si esprime: “Non vedo la necessità di mettere il crocifisso nelle scuole perché la consapevolezza della propria identità è qualcosa che dobbiamo avere dentro di noi. Il cristiano dovrebbe portare Cristo nel cuore. Anzi credo che l’ostensione del crocifisso nello spazio pubblico da parte dell’autorità sia addirittura dannosa per i cristiani. Che se ne fa un credente sincero di un Cristianesimo imposto e non vissuto? Un discorso analogo vale per musulmani ed ebrei”.

Ignazio Ingrao, Da ateo che soffre dico a chi ha fede in Dio: non abbiate paura di chi non crede, “Panorama” 1 gennaio 2011.

Opinioni a confrontoF. Crudo e M. Guerrisi

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La “religione della patria”: un intervento di Adriano Prosperi

Adriano Prosperi, parlando dell’intervista fatta da Simonetta Fiori ad Emilio Gentile (Italiani senza padre. Intervista sul Risorgimento, Laterza, 2010) che investe il tema della cosiddetta “religione della patria”, così si pronuncia sull’attualità: “Oggi si impone la presenza obbligatoria del crocifisso nelle scuole, si coarta sostanzialmente la popolazione studentesca a seguire l’insegnamento della religione impartito da insegnanti selezionati dalle autorità ecclesiastiche, si ostacola l’aborto, si impone una legislazione in materia di cure sanitarie che segue che segue la concezione cattolica della vita come dono di Dio che non si può rifiutare ma si dà tranquillamente spettacolo di un’arroganza della ricchezza e dell’immoralità privata oltre i limiti del Codice penale proprio da parte di quei rappresentanti del Paese ai quali la Costituzione chiede il rispetto delle norme di decoro e di dignità personale”. “Left” 25 febbraio 2011

Lucetta Scaraffia: rel igione o filosofia?

Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma, per il numero di gennaio-febbraio della rivista “Vita e Pensiero” scrive in merito a “insegnanti e presidi che si rifiutano di festeggiare il Natale con le loro scolaresche nel modo tradizionale” e “davanti a coloro che chiedono di togliere i crocefissi dagli uffici pubblici”, Lucetta Scaraffia afferma: “La presenza di allievi di altre religioni – in genere musulmani – sta diventando un pretesto per cancellare i segni dell’identità cristiana dalla nostra società, anche se nessun ebreo o musulmano si è mai sognato di avanzare questa richiesta”. Per quanto poi riguarda poi il tema specifico dell’istruzione, la docente critica il fatto che “ci sono altre forme in atto per rendere sempre più impresentabile l’insegnamento della religione cristiana nelle scuole, fino a cancellarne ogni possibile riferimento: come se questa dimensione non esistesse, come se la nostra cultura non affondasse le sue radici nella tradizione cristiana”. Su questo senso, citando come esempi “un esperimento francese con i bambini dell’asilo” e il caso che anche “in Italia ci sono scuole pilota”, nei quali “ci sono insegnanti che hanno cominciato a discutere con loro [i bambini dell’asilo] di problemi metafisici”. Parafrasando poi un’affermazione della filosofa Michela Marzano (“La filosofia nelle scuole materne dovrebbe essere proprio questo: […] far capire loro che, in

certe occasioni, nessuno detiene la verità […]”), la Scaraffia mette in rilievo che per questi insegnanti “è meglio che i bambini non sappiano neppure che esiste la religione”. “Ormai, – rincara la dose la docente – sembra che le uniche vie d’uscita, quando si deve parlare di religione, sia di evocarle tutte […] oppure cancellarle tutte. Insegnare bene una sola religione, quella legata alla propria identità storica […] sembra essere diventato quasi la scelta più illiberale che si possa compiere. Come se il solo fatto di conoscere il cristianesimo significasse esserne coinvolti e legati per sempre, […] mentre un insegnamento di tipo relativista e nichilista – tutte le religioni sono uguali, nessuna ha la verità perché la verità non esiste – viene considerato un modo neutro e librale di educare un ragazzo, che così, si sostiene, eventualmente potrà scegliere. Scegliere ciò che conosce male […] non sarà però facile, né frequente”. Lucetta Scaraffia, Via quel crocifisso qui si fa “filosofia”, “Tempi” 10 marzo 2011.

Religioni e regole: la posizione di Giorgio Israel

Giorgio Israel, professore ordinario di Storia della Matematica all’Università “La Sapienza” di Roma, pubblica un articolo sul settimanale “Tempi”: “Sempre più provo un sentimento di fastidio nei confronti dell’integralismo religioso, quale che sia la fede coinvolta, senza eccezione alcuna. Sono convinto che esso fornisca uno degli apporti più consistenti alla crescita dell’intolleranza e alla disgregazione della conv ivenza c iv i l e, c reando sacche comuni tar ie autoreferenziali e refrattarie nei confronti di ogni regola condivisa. Un episodio emblematico in tal senso è quello accaduto in una scuola media statale di Reggello (Firenze): da oltre un anno una quindicenne assiste alle lezioni di musica con i tappi alle orecchie per volere di suo padre, un marocchino di fede islamica, che considera la musica un prodotto “impuro” della cultura degli “infedeli”. L’aspetto più grave della vicenda non è il fatto in sé, l’ennesima manifestazione di becero integralismo neppure giustificato dai precetti coranici, ma il comportamento delle autorità scolastiche. […] E se domani qualcuno si rifiutasse di studiare la Divina Commedia? Si consentirà che non la studi e che venga a scuola con i tappi nelle orecchie e una benda sugli occhi? Frattanto, leggiamo che a tanto lassismo fa da “pendant” il rigore di un istituto scolastico di Cardano al Campo (Varese), dove la dirigente scolastica ha severamente vietato la benedizione del prete cattolico nella scuola. Si può certamente discutere sulla modalità, in modo che la benedizione non risulti opprimente per alunni di altra fede. Ma colpisce il contrasto tra il lassismo di Reggello nei confronti dell’islam e il rigore di Cardano nei confronti del cattolicesimo. […] Sarebbe opportuno che il ministero batta un pugno sul tavolo richiamando a un ricorso più responsabile dell’autonomia scolastica da parte di funzionari che danno tanto scarsa prova di senso istituzionale e del rispetto delle regole e delle leggi, soprattutto quando si tratta di islam. Giorgio Israel, Tra i banchi tutto è permesso se c’è di mezzo l’islam, “Tempi” 20 dicembre 2010.

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Dibattiti e discussioni sul ruolo delle religioni in ambito educativo

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Giuseppe Benedett i cr it ica la proposta di legge Melandri

Giuseppe Benedetti - Molto critico nei confronti della Proposta di Legge Melandri (vedi Iri-News n.4, p. 5 e 20) sulle pagine di “Left”, afferma che “la proposta della Melandri non mette in discussione l’ora di religione cattolica nella scuola pubblica, attraverso, ad esempio, la sua sostituzione con la storia delle religioni”, ma sembra “delineare piuttosto l’introduzione della teologia a scuola”. Continuando la sua polemica indica questa proposta come un “salto indietro nel Medioevo, quando le arti liberali furono poste al di sotto della teologia”. Questo avviene perché “assegnando alla religione il segmento più significativo dell’identità delle persone” si riproduce lo “schema piramidale che attribuiva alla conoscenza teologica il più alto grado di consapevolezza”. Giuseppe Benedetti, La folgorazione di Giovanna, “Left” 17 dicembre 2010.

Bagnasco sull’insegnamento della religione cattolica

Angelo Bagnasco – Il fondamento dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole deriva dall' "importanza che la dimensione religiosa ha nella formazione integrale della persona" e dal "ruolo ineguagliabile del cristianesimo" nella costruzione dell'Italia, dell'Europa. Il cristianesimo, inoltre, è alla base dell'"umanesimo personale e comunitario che costituisce il cuore del nostro popolo". E' noto - ha affermato il porporato - che lo spazio riconosciuto a tale insegnamento non è un privilegio della Chiesa Cattolica, ma la conseguenza di una duplice presa d'atto". Da una parte, "dell'importanza che la dimensione religiosa ha nella formazione integrale della persona" perché "una visione che escluda per principio l'apertura alla trascendenza, porta ad una concezione materialistica della vita e della società. E di questo la storia, anche recente, offre drammatici esempi". Dall'altra parte, "è riconosciuto il ruolo ineguagliabile che il cattolicesimo ha avuto nella costruzione, non solo della storia dell'Italia e dell'Europa, ma anche della sensibilità morale e dell'umanesimo personale e comunitario che costituisce il cuore del nostro popolo".

Agensir 22 dicembre2010http://www.agensir.it/pls/sir/v 3 _ s 2 d o c _ a . a _ a u t e n t i c a t i o n ?rifi=&rifp=&tema=Quotidiano&oggetto=207644

M e s s i n a s u l l ’ i n s e g n a m e n t o dell’islam a scuola

Il fenomeno migratorio affonda le proprie radici nella storia del continente europeo, ma è negli ultimi anni che, nel nostro Paese, esso ha subito un mutamento sia quantitativo sia qualitativo. L’aumentata richiesta dei permessi di soggiorno stabili (lavoro e motivi familiari) e l’incidenza della presenza delle donne, infatti, testimoniano come oggi il processo migratorio abbia perso il suo carattere di transitorietà e abbia interessato interi gruppi familiari, configurandosi non tanto come una immigrazione “da lavoro”, quanto come un vero e proprio progetto di vita. Tale

consapevolezza porta con sé un ripensamento delle politiche di integrazione e, in particolare, del ruolo della scuola quale primo punto di approdo istituzionale sia per i minori immigrati sia per le famiglie. Alla scuola viene chiesto di gestire il disorientamento di chi arriva da un paese diverso, accogliendolo senza negare le sue radici culturali e modificando, di conseguenza, il modello educativo in senso interculturale piuttosto che secondo una logica multiculturale. La differenza non è solo terminologica, ma fa riferimento a due diversi modi di gestire l’integrazione: l’uno basato sulla conoscenza reciproca e lo scambio, l’altro, ritenuto ormai fallimentare, sulla coesistenza nel rispetto della diversità.

E’ in questo contesto che si colloca il dibattito seguito alla proposta di introdurre l’insegnamento della religione islamica nelle scuole, che ha visto l’opinione pubblica divisa tra chi, difendendo l’identità nazionale, intende la religione cattolica come la massima espressione della cultura italiana e chi considera, invece, l’ora di religione islamica come un “arricchimento nel quadro della coabitazione religiosa”.

Al di là delle questioni etico-politiche, ciò che va considerato è la fattibilità di una simile innovazione, in relazione al quadro giuridico italiano in materia di libertà di religione, ai contenuti dell’insegnamento ed ai soggetti che dovrebbero porre in essere le attività didattiche, tenendo anche in considerazione la valenza della religione come strumento per l’integrazione.

a) Il quadro giuridicoL’insegnamento della religione non è che espressione di

un diritto fondamentale riconosciuto dal testo costituzionale e tutelato dagli articoli 1, 2, 3, 8 e 10.

E’ infatti l’art.2 che attribuisce alla Repubblica il compito di garantire tutti i diritti riconnessi alla dignità umana, mentre l’illegittimità di trattamenti discriminatori è sancita dal disposto dell’art. 3 che garantisce l’uguaglianza tra individui come diritto inderogabile da parte del legislatore ordinario. Il disposto dell’art.3, combinato con gli articoli 2 e 10 della Costituzione determina l’estensione dell’uguaglianza anche agli stranieri, con l’obbligo di conformità ai trattati internazionali. Analoga apertura è riscontrabile nei confronti della libertà di religione, il cui esercizio è demandato, dall’art. 8, alla stipula di intese tra rappresentanze e Stato, senza ulteriori precisazioni circa i requisiti per il riconoscimento di “confessione”. Innanzitutto occorre tener presente la volontà della comunità musulmana che, a differenza degli altri immigrati, è quella di attuare il proprio inserimento non tanto in maniera individuale, bensì ponendo l’attenzione sulla dimensione collettiva, attraverso il riconoscimento della propria identità religiosa nella sfera pubblica. A rilevare, in tal senso, è la rappresentatività delle organizzazioni che propongono le intese, ciascuna delle quali si definisce interlocutrice ufficiale, pur presentando matrici ideologiche molto diverse che vanno da posizioni moderate, aperte al cambiamento e al confronto ad altre più conservatrici che, pur rapportandosi con la modernità, assumono atteggiamenti fondamentalisti di rifiuto. Ciò comporta un’attenta analisi e valutazione delle richieste, dal momento che la stipula di un’intesa farà prevalere solo un tipo di interpretazione dell’Islam, con conseguenze sull’integrazione dell’intera comunità.

L’assenza di un’intesa, tuttavia, non necessariamente pregiudica l’insegnamento della religione islamica, dal momento che esistono delle norme che regolano, in via

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generica, i rapporti tra lo Stato e le confessioni non cattoliche. Si tratta di norme risalenti all’epoca antecedente alla promulgazione del testo costituzionale, tutt’oggi in vigore nelle parti che non contrastano con esso. Esiste, quindi, la possibilità, a determinate condizioni, di insegnare nei locali scolastici religioni diverse da quella cattolica, pur se in orario non curricolare, senza prolungare quello scolastico e senza aggravare di oneri l’istituzione.

b) Il profilo didatticoIpotizzare l’insegnamento della religione islamica nella

scuola italiana porta con sé una prima considerazione, quella, cioè, relativa ai contenuti della nuova disciplina. In tal senso, una prima considerazione va fatta in relazione alla modalità di integrazione a cui la scuola italiana intende fare riferimento. Le Indicazioni in materia di inserimento degli alunni stranieri delineano l’immagine di una scuola aperta ed accogliente, per la quale la diversità culturale costituisce un’opportunità di conoscenza reciproca e di scambio. L’attività educativa, quindi, sembra configurarsi non tanto come ispirata all’idea della giustapposizione di culture, come avviene nel modello multiculturale, quanto come occasione di comprensione reciproca ai fini di una convivenza responsabile. Insegnare religione, in quest’ottica vuol dire prescindere dalle specificità del fatto religioso, cattolico o islamico, che potrebbe essere lasciato alla catechesi della comunità di riferimento, e concentrare l’attenzione alla filosofia di vita alla base di ciascuna religione o alla sua storia.

Tutto ciò vuol dire anche cercare attraverso la religione uno spazio di continuità tra due mondi molto diversi, Occidente e Islam, su cui costruire l’integrazione.

Se, invece, si guarda all’ora di religione secondo l’ottica tradizionale, non poche sono le difficoltà legate non solo alla stipula di un’intesa, ma anche in relazione all’assenza di una separazione tra diritto e religione, tipica della Sharia. Concetti come laicità dello Stato e del diritto o come indipendenza della cittadinanza dall’appartenenza religiosa, infatti, non trovano spazio nella cultura islamica per la quale è la religione la fonte di legittimazione della dimensione giuridica e politica. Tutto ciò rende problematica, nella logica di un’integrazione che rispetti la cultura di appartenenza, l’individuazione di uno spazio comune, soprattutto per quelle previsioni in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento. Inoltre, viene spontaneo chiedersi quali potrebbero essere i contenuti trasmessi dall’insegnante di religione islamica in materia di libertà personale, di rapporti tra coniugi, di educazione della prole se si tiene presente l’inesistenza, nella cultura islamica, del principio di parità tra i sessi. Le proposte dell’ U.CO.I.I. e del Co.re.is, ad esempio, contemplano il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio celebrato secondo il rito islamico, mentre l’Ami  e l’U.CO.I.I. chiedono la facoltà di sciogliere i matrimoni religiosi senza alcun effetto o rilevanza civile secondo la legge e la tradizione islamica. Se si considera, inoltre, l’esistenza di diverse matrici, la situazione appare tutt’altro che semplice: cosa potrebbe insegnare un docente affiliato ad un’organizzazione fondamentalista?

L’introduzione dell’insegnamento della religione islamica pone un altro problema, quello, cioè, del “chi” dovrà concretamente porre in essere le attività didattiche. I docenti di religione cattolica seguono, in Italia, uno specifico iter formativo e fanno capo ad un unico organismo che è la CEI.

Se l’ottica è quella di una società laica e pluralista, anche l’insegnamento della religione islamica non dovrebbe essere affidato ad un imam e si dovrebbe creare del personale specializzato. Data la pluralità di organizzazioni islamiche, a quale si dovrebbe fare riferimento?

La questione è stata già da tempo affrontata da altri Paesi dell’Unione Europea dove l’insegnamento coranico è impartito nelle scuole pubbliche in maniera facoltativa, come avviene in Germania, Belgio e Spagna, oppure sotto forma di insegnamento obbligatorio, come nel caso della Gran Bretagna, patria del multiculturalismo, dove, dal 1994 esiste lo studio di ben sei religioni: Cristianesimo, Islamismo, Giudaismo, Buddismo, Induismo e Sikkismo.

In questi paesi l’assunzione del personale è disciplinata sulla base di accordi con alcuni Stati islamici i quali provvedono ad inviare gli insegnanti già formati. Ciò avviene in Germania dove a mandare il personale è il Ministero turco degli affari religiosi, con cui gran parte dei Lander ha sottoscritto accordi, ma anche in Belgio dove gli insegnanti sono proposti, oltre che dalla Turchia, dal Marocco o dall’Arabia Saudita e sono stipendiati dallo Stato. Anche la Spagna nel 1980 ha stipulato un Accordo di cooperazione culturale con il Regno del Marocco  in base al quale, oltre a stabilire le basi del programma di insegnamento degli alunni marocchini inseriti nel sistema formativo spagnolo, è previsto l’inserimento di insegnanti provenienti dal Marocco. Dal novembre 1992, inoltre, in base ad un accordo concluso con la Comunità islamica spagnola (CIE), la religione islamica ha ricevuto il riconoscimento da parte del governo spagnolo e, quindi, può essere insegnata nelle scuole pubbliche pur mantenendo il carattere della non obbligatorietà. Il salto di qualità è stato possibile grazie ad una norma che ha imposto alle organizzazioni islamiche di unirsi in un unico organismo per dare luogo ad un referente ufficiale.

Un altro aspetto da considerare, in virtù di quella mancata distinzione tra sfera laica e sfera religiosa che, come abbiamo detto, caratterizza la sharia, è l’esistenza di tutta una serie di abitudini che affondano le radici nei precetti religiosi. L’eventuale esistenza di intese o di accordi, posta a presupposto per l’insegnamento della religione, avrebbe come conseguenza il riconoscimento, ad esempio, del diritto al venerdì festivo, come richiesto dall’UCOII, oppure del mese di digiuno diurno (ramadan) per il quale il Co.re.is. (art.22) ha proposto di terminare la scuola un’ora prima per permettere ai ragazzi di partecipare al pasto rituale che interrompe, ogni giorno, il digiuno.

Non sono, queste, questioni che esulano la problematica qui affrontata, in quanto, a nostro avviso, sarebbe un non senso permettere agli studenti di usufruire dell’insegnamento religioso ignorandone, al tempo stesso, le peculiarità. Sebbene si tratti di aspetti “tangenziali”, non se ne possono ignorare le ripercussioni sul piano organizzativo, come la rimodulazione dell’orario didattico settimanale e la predisposizione di ambienti e strategie per il recupero degli apprendimenti.

c) La religione come mediatrice tra cultureNell’ambito delle trasformazioni culturali, sociali e

politiche determinate dal fenomeno immigratorio, la scuola assume, sempre di più, un ruolo chiave quale spazio focale della quotidianità e luogo di modificazioni interattive tra adulti, tra adulti e non adulti.

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Nella consapevolezza che la diversità, ormai, è un elemento costitutivo della quotidianità e data la centralità della dimensione religiosa nella vita degli immigrati musulmani, considerare l’introduzione dell’insegnamento della religione islamica come tutela di un diritto costituzionalmente riconosciuto appare riduttivo.

E’ ormai assodato, infatti, che il collante di una società sempre più interetnica è l’elaborazione di regole comuni di convivenza, ma ciò presuppone la capacità di pervenire a giudizi propri e di effettuare scelte consapevoli. La scarsa conoscenza reciproca apre il passo ai pregiudizi e all’incertezza comunicativa, altera le informazioni e genera incomprensioni, rendendo difficile per l’immigrato sentirsi parte del contesto in cui vive. L’integrazione mancata o incompiuta, a sua volta, può portare al rifiuto di tutto ciò che è “diverso” e, da parte degli immigrati, ad una difesa dei valori tradizionali della propria cultura attraverso atteggiamenti, come quello di indossare il velo, volti a rimarcare una identità che si sente estranea nei confronti della cultura ospitante.

In questo contesto, fare religione a scuola vuol dire costruire l’incontro e la reciprocità. Le attività didattiche costituiscono, infatti, momenti di confronto che, creando uno spazio relazionale in cui ciascuno possa sentirsi avvantaggiato, permettono agli alunni italiani di conoscere le

abitudini, i timori, le aspettative di chi arriva, mentre offrono agli stranieri la sicurezza di potersi esprimere e di essere compresi.

Questa prospettiva implica il superamento della tradizionale visione dell’insegnamento della religione quale dottrina, cosa, questa, che dovrebbe essere compito degli organismi a ciò preposti nelle rispettive comunità. Le attività, quindi, dovrebbero avere come argomenti i principi che accomunano le varie fedi e, partendo da essi, la riflessione su ciò che, nei secoli le ha differenziate. I destinatari, in questo caso, non sarebbero solo gli alunni musulmani, ma gruppi misti (cristiani e musulmani) e verrebbero condotte in compresenza da insegnanti di entrambe le religioni.

Solo così l’introduzione dell’ora di religione musulmana andrebbe ad inserirsi a pieno diritto in una scuola, quella italiana, che si caratterizza per essere accogliente ed integrante.

http://www.educare.it/Frontiere/intercultura/articoli/islam_a_scuola.html#note

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Conoscere le religioni per conoscere il mondo di oggi: proposte educative a confronto

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Sergio Luzzatto, Il crocifisso di Stato, Einaudi, Torino 2011.

Perché in Italia alle pareti di scuole, ospedali e perfino tribunali stanno appesi dei crocifissi? E perché non dovrebbero? Molte persone non li vedono nemmeno, molte altre ritengono che sia questa una consuetudine innocua. Ma il crocifisso di Stato ha anche fieri nemici, e strenui difensori.

Se periodicamente si riaccende la polemica attorno a un simbolo cosí ingombrante, è perché la discussione non può essere fatta soltanto di regole europee, principî astratti, conflitti identitari. Quel «pezzo di legno» non è lí da sempre e per sempre: ha tutta una storia, ricca di sorprese, trasformazioni, manipolazioni. «Sta su quelle pareti perché là lo ha preparato a giungere un passato remoto, perché là lo ha imposto un passato prossimo, perché là lo mantiene una specie di presente storico».

Il crocifisso sul muro è un problema di storia. Una storia da conoscere, e da raddrizzare.Senza il crocifisso sul muro, dicono, l'Italia non sarebbe piú la stessa. Lo dicono tanti cattolici, ma anche tanti laici. Io penso che gli uni e gli altri abbiano ragione. Senza il crocifisso negli edifici statali l'Italia non sarebbe piú la stessa: sarebbe piú giusta, piú seria, migliore.

Mariachiara Giorda, Alessandro Saggioro, La materia invisibile. «Storia delle religioni» a scuola: una proposta, Emi Brescia 2011.

Di prossima pubblicazione. Questo libro contiene dati, riflessioni, analisi e, infine, una proposta in merito a quella ‘materia invisibile’ che è, nell’ambito della scuola italiana, la «Storia delle religioni». Il sistema della formazione statale e pubblica, insieme alle istituzioni politiche e culturali, agli intellettuali, all’associazionismo, dovrebbe offrirsi sempre più come garante della capacità di comprensione e di analisi delle realtà religiose, prescindendo da approcci fideistici e confessionali. Per farlo, ha la possibilità di rivolgersi ad una disciplina storica e scientifica, la «Storia delle religioni», oggi insegnata nelle università statali ma assente dall’orizzonte scolastico, fatti salvi sparuti episodi di sperimentazione didattica promossi da piccoli gruppi o singoli ricercatori in varie parti del nostro Paese. Le generazioni di oggi e di domani hanno e avranno sempre più la necessità e l’obbligo di confrontarsi criticamente con i coetanei che provengono da ogni parte del mondo portando con sé le loro credenze, conoscenze, regole di comportamento e modalità di relazione con il prossimo: l’unico modo possibile è quello di costruire una rete di saperi e pratiche che rappresenti uno spazio di dialogo e di comprensione, contro le modalità sbrigative della condanna e del razzismo: l’interazione in luogo dell’integrazione. La materia invisibile si rivolge a tutti coloro che ritengono la questione religione/religioni centrale nella realtà contemporanea: i cultori degli studi sulle religioni e della conoscenza del fatto religioso, i religiosi stessi, gli uomini e le donne che ricoprono ruoli di responsabilità nelle istituzioni politiche e culturali, i formatori, gli educatori, i genitori e gli allievi delle nostre scuole che sono tessere di un meraviglioso mosaico di culture. Il libro avanza una proposta

forte, per tanti versi impronunciabile nelle difficoltà politiche e gestionali della scuola di oggi: costruire una conoscenza diffusa del fatto religioso a partire dalla scuola attraverso l’istituzione di un insegnamento di «Storia delle religioni».

Amara Lakhous, Divorzio all'islamica a viale Marconi, E/O 2011.

Nel suo ultimo libro, l'italo-algerino, già autore di «Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio», affronta il tema del ruolo della donna nell'Islam. Lo fa con un romanzo ambientato nella comunità musulmana di Roma e scritto con un umorismo sottile e spietatamente nero. Nella nostra era della nuova paura del nemico invisibile e del terrorismo visibile, in cui si fa l’equazione «Islam uguale violenza», è sufficiente guardare Al Jazeera a «little Cairo», cioè a viale Marconi, per risultare sospetti. E tutti guardano Al Jazeera. http://www.resetdoc.org/story/00000021471

Stefano Allievi, La guerra delle moschee. L’Europa e la sfida del pluralismo religioso, Marsilio-i libri di Reset 2011.Le polemiche intorno alle moschee che attraversano l’Europa, dalla Svezia all’Italia, viste dal sociologo dell'Università di Padova. Uno strumento indispensabile per conoscere un tema spesso citato in modo approssimativo, per uscire dagli estremismi inconcludenti, per trovare soluzioni all’altezza di un’Europa lungimirante e pluralistica.  http://www.resetdoc.org/story/00000021458

Maria Rosa Di Simone, Agata C. Amato Mangiameli a cura di, Diritto e religione. Tra passato e futuro, Aracne Editrice, Roma, 2010.

Graziano Battistella, a cura di, Migrazioni. Dizionario socio pastorale, Edizioni san Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2011.

Vittorio Parlato, Cattolicesimo e ortodossia alla prova. Interpretazioni dottrinali e strutture ecclesiali a confronto nella realtà sociale odierna, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2011.

Pierluigi Consorti, Pacchetto sicurezza e fattore religioso, articolo apparso su www.statoechiese.it , Febbraio 2011.

Il panorama italiano della libertà religiosa e del pluralismo confessionale si presenta oggi composito al punto da renderne ardua una lettura unitaria. Vi sono, nel nostro Paese, individui che (nell’ordinamento e nella società) non trovano ostacoli di sorta nell’appagare i loro interessi di credenti; individui che sono anzi avvantaggiati da interventi di sostegno e di promozione da parte dei pubblici poteri nei settori in cui quegli interessi vengono in rilievo, dai più essenziali a quelli che presentano solo nessi indiretti con le credenze di fede.

Nilüfer Göle. Politica della preghiera islamica nella sfera pubblica europea

Il velo e la preghiera, due precetti dell’Islam, portano la religione nella vita pubblica e nel dibattito europei. La preghiera in Europa, dove i musulmani rappresentano una minoranza, diventa una questione di rilevanza pubblica. Dalla prospettiva del discorso liberale sulla libertà religiosa e

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di professione di fede, quest’ultima ha bisogno di un luogo di culto. L’autrice cita tre casi di preghiera che hanno stimolato un dibattito pubblico per illustrare la specificità di pratiche religiose di contestazione nello scenario europeo. Il confronto con l’Islam, inoltre, fa passare i cittadini e i paesi europei un tempo considerati parte della periferia del Vecchio Continente al Centro. La Svizzera, che non è un paese membro della Ue, diventa europea, e irrompe al centro del dibattito passando per la porta dell’Islam. http://www.resetdoc.org/story/00000021409

Diritti umani e libertà religiosa nei siti web delle istituzioni europee ed internazionali (Gennaio 2011 – n. 34)

Per offrire una panoramica aggiornata sulle azioni condotte a livello internazionale per la promozione e la tutela della libertà religiosa e più in generale dei diritti fondamentali, il Servizio per i rapporti con le confessioni religiose e per le relazioni istituzionali effettua una costante attività di monitoraggio dei siti web delle diverse istituzioni comunitarie ed europee, nonché degli altri organismi internazionali impegnati in tale ambito. Esso intende rappresentare una informativa di settore con una cadenza periodica mensile. http://governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/diritti_umani.html

Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, 2011.

«È la cultura che ci salverà. Non il denaro». Un ' in te rv i s t a d ì A le s sandra Card ina le h t tp ://www.resetdoc.org/story/00000021521

Se in un Paese democratico un importante ministro della repubblica sbeffeggia pubblicamente l’importanza della cultura (“Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura e comincio dalla Divina Commedia”), se, magari nello stesso Paese, un altro importante ministro taglia docenti, ricercatori, quindi numero di ore, delle facoltà

umanistiche, ritenute un lusso in tempi di austerity, qual è il futuro di questo Paese? Martha Nussbaum, la grande filosofa americana, professoressa di Law and Ethics all’Università di Chicago, collaboratrice del premio Nobel per l’economia Amartya Sen, studiosa di John Rawls, teorica del femminismo liberale, nel suo nuovo saggio Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica (ed. il Mulino) dà una risposta a questa domanda e spiega perché le democrazie devono necessariamente nutrirsi della cultura umanistica e artistica.

Questa intervista è stata pubblicata dal Fatto Quotidiano l'8 marzo 2011, a pagina 14. Nel suo ultimo libro la filosofa Martha Nussbaum denuncia apertamente la “crisi dell’istruzione – silenziosa e strisciante come un cancro – che si è abbattuta sul mondo. E l’accantonamento”, spiega la studiosa americana al Fatto Quotidiano, “delle materie umanistiche come la storia, la letteratura, la filosofia, tutti saperi indispensabili a mantenere viva, sana e robusta la democrazia”. Nel saggio la Nussbaum si indirizza ai governi delle democrazie vecchie e nuove, occidentali e orientali: “Perché riscoprano l’importanza e l’utilità delle materie umanistiche, perché non diano vita a generazioni di docili macchine che ciecamente ubbidiscono all’autorità senza interrogarsi”.

Professoressa Nussbaum partiamo da qua. Giovani che non si interrogano, che sono acritici anziché, come dice lei nel suo libro, cittadini del mondo. Questo è lo scenario a cui si va incontro?

Sì, e questo risultato non tarderà a venire se i governi del mondo non riconosceranno l’importanza dello studio delle storia, della letteratura, delle arti e anche delle religioni. Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale. Non parlo della crisi economica mondiale iniziata nel 2008. In quel caso tutti si sono resi conto di cosa stava accadendo e si sono dati subito da fare per cercare una soluzione. La crisi dell’istruzione sarà ben più dannosa per il futuro della democrazia. Socrate diceva: “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”. E da qui parte il mio studio. La capacità di auto esaminarsi, di interrogarsi e di pensare alla maniera socratica è però ora sotto duro attacco in un mondo sedotto dalla crescita economica e dalla logica del profitto a breve termine, dove si ritiene che gli studi tecnici siano più utili a trovare lavoro di quelli umanistici.

In Non per profitto lei esamina tre aspetti fondamentali perché una democrazia possa durare negli anni. Ci spiega quali sono?

Il primo punto è, come dicevo prima, la capacità di auto esaminarsi. Socrate pretendeva che le persone, gli ateniesi e i suoi allievi, si domandassero: “Cosa penso veramente? Per cosa devo lottare?”. Ora abbiamo bisogno di questo tipo di stimolo e dobbiamo tornare a porci questa domanda per evitare di vivere passivamente l’autorità, ciò che i nostri politici ci raccontano, e accettare ciecamente quello che ci viene offerto.

In questo senso possiamo interpretare la rivoluzione araba nata come reazione a decenni di regimi dittatoriali?

Sì, certo. Il concetto di ribellione è vicino all’auto-interrogarsi socratico. Gran parte dei movimenti democratici presentano

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quest’aspetto in quanto analizzano criticamente la struttura del potere mettendola in discussione. I cittadini si chiedono: “Per cosa devo combattere?”. E’ pur vero che non è sufficiente avere un “argument”, un motivo critico, per scendere in piazza. C’è bisogno di altri elementi. Ma certo se lo si possiede si è già a un buon punto.

Nel libro parla dell’importanza di essere cittadini del mondo. Cosa significa?

E’ il secondo punto fondamentale in una sana democrazia. Spesso e volentieri siamo degli ottusi, pensiamo in modo troppo limitato, cresciamo all’interno di famiglie, in piccole comunità locali. Al contrario, dobbiamo allargare le nostre vedute, imparare quale sia l’interesse e il bene della nostra nazione in rapporto a tutte le altre nazioni del mondo. Per costruire un mondo decente dobbiamo preoccuparci di comprendere la vita delle persone che vivono al di là dei nostri confini. In termini educativi significa che è necessario avere una qualche comprensione della storia ma anche della religione degli altri popoli. Si pensi a quanta ignoranza c’è sull’islam, ad esempio. Questa provoca gravi conseguenze a livello politico, perciò è essenziale che queste materie vengano insegnate evitando stereotipi e luoghi comuni.

Il terzo aspetto, professoressa Nussbaum?

La terza competenza del cittadino si chiama empatia o immaginazione narrativa. Non è sufficiente possedere una certa quantità di nozioni culturali e storiche se non se ne comprende la portata umana. Ora, noi tutti nasciamo con l’abilità di vedere il mondo dal punto di vista di un’altra persona. Secondo gli psicologi quest’abilità esiste già alla fine del primo anno di vita. Ma come tutte le capacità deve essere sviluppata e nutrita. Non è possibile continuare a vedere il mondo dal punto di vista dei nostri genitori o dei nostri amici. E’ necessario estendere la propria immaginazione e imparare a prendere decisioni diverse affinché si possa avere un quadro chiaro dell’impatto che le politiche hanno sulla

vita dei poveri, delle minoranze, e dei cittadini di altri Paesi.

E per assolvere questo compito è necessario lo studio delle materie umanistiche.

Certo. Le scuole, le università devono assegnare un posto di rilievo nel programma di studio alle materie umanistiche, letterarie e artistiche, non tagliarle come sta succedendo in molti Paesi a tutti i livelli, dalle elementari all’ università. Per fortuna ci sono delle controtendenze. I più importanti formatori di dirigenti d’azienda hanno capito che l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte e creative. La letteratura e le arti stimolano queste facoltà.

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Non è sufficiente possedere una certa quantità di nozioni culturali e storiche se non se ne comprende la portata umana

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Da farsi...

• Roma, 8 aprile 2011, Camera dei Deputati, Convegno Conclusivo Prin 2007: Religioni, Democrazia economica e cooperazione nello spazio euro-mediterraneo, partenariato e “buone prassi”. La Religione, l'Economia, la Democrazia: quale possibile rapporto?. Palazzo Marini, Sala delle Colonne, via Poli 19  - ROMA

• Macerata, 31 marzo 2011 – ore 11.00. Il Crocifisso nei luoghi pubblici: Profili giuridici. Antica Biblioteca; Università degli Studi di Macerata, Facoltà di Giurisprudenza, Dottorato di Ricerca in Scienze Canonistiche ed Ecclesiastiche. Incontri di Dottorato; Prof. Nicola Colaianni, Università degli studi di Bari.

• Bari, 5 aprile 2011 . L’educazione interculturale e il dialogo interreligioso .L’attualità di una sfida. Nella suggestiva cornice dell’auditorium diocesano La Vallisa, nel borgo antico di Bari, si terrà un incontro promosso dal coordinamento CEM-SUD dal titolo «L’educazione interculturale e il dialogo interreligioso: l’attualità di una sfida». Ci aiuteranno a comprendere i termini della questione e fare proposte Antonio Nanni, Marialuisa Damini, Luisa Santelli Beccegato, Gianluigi De Vito, don Antonio Parisi ed a l tr i . L’ iniz iat iva vuole af frontare le tematiche dell’intercultura, del dialogo interreligioso, dell’accoglienza, della solidarietà e della pace coniugate alla giustizia. http://www.cem.coop/eventi/cemsud3/

• Roma, Convegno di studi "Il fedele laico: realtà e prospettive" (7-8 aprile 2011). Pontificia Università della Santa Croce. Aula Giovanni Paolo II. Piazza di Sant’Apollinare, 49, ROMA

• Brescia 9 Aprile 2011,Perché le religioni a scuola? Competenze, buone pratiche e laicità. Il pluralismo religioso è lo scenario abituale della nostra vita quotidiana e sociale. Una condizione normale, per un paese europeo. La scuola italiana, però, per molti motivi, non riesce a prenderne atto, e a rispondervi con efficaci azioni educative. È evidente, infatti, che le nostre istituzioni educative non sono in grado di far fronte al crescente pluralismo religioso odierno: materia incandescente, certo, soprattutto in stagioni, come l’attuale, di identitarismi e di chiusure reciproche, assai più che di dialogo e di accoglienza. Il tema è complesso e delicato, ma anche imprescindibile, se assumiamo come cornice quanto sostiene l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale del Ministero della Pubblica Istruzione nel documento del 2007.

La via italiana alla scuola interculturale, in cui si parla dell’opportunità «di allargare lo sguardo degli alunni stessi in chiave multireligiosa, consapevoli del pluralismo religioso che caratterizza le nostre società e le nostre istituzioni educative e della rilevanza della dimensione religiosa in ambito interculturale».

Il convegno si propone di rilanciare il dibattito sulle religioni a scuola, sulla falsariga di quella che, a partire da un convegno bresciano di nove anni fa, fu definita l’ora delle religioni, sulla base del metodo Bradford, in una prospettiva a-confessionale e interculturale. http://www.cem.coop/eventi/religioni-scuola11

Passati...

• Padova, 11 marzo 2011: Il pluralismo religioso nell'Irc. Si è tenuta venerdì 11 marzo presso l'aula tesi della

Facoltà Teologica del Triveneto, la conferenza dal titolo “Il pluralismo religioso nell'Irc. Tante religioni un solo mondo. Pluralismo e convivenza”. L'appuntamento, parte del ciclo di incontri “Interculturalità e dialogo interreligioso nella scuola e nell'Irc” promossi dall'Istituto di Scienze Religiose di Padova, ha avuto come relatore Flavio Pajer e come controrelatore mons. Orioldo Marson. Se l'attuale società italiana è sempre più multiculturale, anche l'Irc si trova a fare i conti con un panorama scolastico mutato e si misura con una pluralità religiosa che mette in evidenza i suoi limiti intrinsechi. Sebbene questo insegnamento si inserisca all'interno di una scuola che è per tutti, non è garantita un reale libertà religiosa per la mancanza di un alternativa e perché l'Irc non può offrire una piena formazione sulle altre religioni e quindi implicitamente affermare una pari dignità delle religioni. Afferma Flavio Pajer: «Proprio gli assunti del patto concordatario non creano le condizioni per un reciproco riconoscimento delle identità religiose accettate nella loro pari dignità» e, di conseguenza, anche l'Irc non può ambire a fungere da luogo formativo nel/del pluralismo religioso, limitandosi – sebbene con serietà – a correlare, in osservanza del punto di vista autorizzato della chiesa cattolica, il cattolicesimo con i cristianesimi europei, i monoteismi mediterranei e gli altri universi religiosi e non religiosi. (Filippo Michielin)

• Bologna, 27-28 gennaio 2011 Facoltà di Scienze Politiche Sala Poeti, Strada Maggiore 45, International Conference : Muslims of Europe Perspectives on Gender and Religion. Stefano Allievi, Schirin Amir-Moazami, Raffaella Baritono, Gaia Giuliani, Nilüfer Göle, Jeanette Jouili, Helen Kambouri, Pia Karlsson Minganti, Laura Lanzillo, Angela Liberatori, Mila Mancheva, Sandro Mezzadra, Vincenzo Pace, Renata Pepicelli, Anne Sofie Roald,Evgenia Troeva-Grigorova, Stefano Zan. Co-ordinators Sandro Mezzadra, Pia Karlsson Minganti, Renata Pepicelli (University of Bologna)

• Bologna, 12 febbraio, “Il cortile dei Gentili”: primo appuntamento della Fondazione nata in seno al Pontificio Consiglio della Cultura. Il Cardinale  Gianfranco Ravasi dialoga con Vicenzo Balzani, Augusto Barbera, Massimo Cacciari, Sergio Givone. Anna Bonaiuto legge brani da Agostino, Pascal e Nietzsche.

EventiF. Candido e G. Nardini

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• Roma, 22 Febbraio ore 21.00, presso la Libreria Bibli , via dei Fienaroli 28 (Trastevere)- Semi di pace- XIII edizione “Il conflitto israelo-palestinese raccontato dagli operatori di pace”: incontro con la delegazione.

• Roma, 15 Marzo, ore 09.00-11.00, presso il dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Roma Tre ( piazza della Repubblica, 10 aula XII): Presentazione del volume “Un’alternativa alla laicità” di Luca Diotallevi (Rubettino),introduce Roberto Cipriani, ne discutono con l’autore Carmelina Canta, Stefano Ceccanti, Flavio Felice, modera Giancarlo Zizola.

• Abano Terme, 18 marzo, ore 15, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha diffuso la sentenza definitiva sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. In tale occasione, l’UAAR ha organizzato una conferenza stampa alle ore 17, presso i locali comunali di via Armando Diaz 86 ad Abano Terme (PD). Presenti Massimo Albertin, in rappresentanza della famiglia che ha avviato l’azione giuridica, e Raffaele Carcano, segretario nazionale dell’UAAR, che l’ha promossa e sostenuta.

• Roma, il 23 e 24 marzo l’Università La Sapienza, in collaborazione con l’accademia di Scienze umane e sociali e con l’Università di Roma Tre, ha promosso il convegno internazionale “Cibo e sacro. Culture a confronto”.

• Torino, (Sala Valdese) Domenica 6 febbraio 2011, ore 15:30.Il contributo delle religioni alla costruzione della pace.Intervenuti:Ori Sierra (Ebraismo) Luca M. Negro (Cristianesimo) Carla Gianotti (Buddhismo) Hamsananda Giri (Hinduismo) Brahim Baya (Islam) Giovanni Leonardi (Fede Baha’i) Elena Camino (Spiritualità laica).Moderatrice: Elsa Bianco. Letture: Daniela Falconi

• Roma, 25-26 Marzo, Centro Congressi “Gli Archi”, Largo S. Lucia Filippini 20, l’Istituto di Studi politici San Pio V, LUISS e Queen’s University organizzano una conferenza dal titolo ”Minority Rights and Multiculturalism in the Arab World”. Il cinema “Nuovo Cinema Aquila” dedica, nel mese di Aprile, alcune giornate alla proiezione di film di interesse religioso. Consultabile per il programma il seguente link: h t t p : / / w w w. v i c a r i a t u s u r b i s . o r g / s c u o l a / n e w s /Programma.pdf

• Roma, Insegnare le Religioni: istruzioni per l’uso Il 17 Dicembre Mariachiara Giorda ha tenuto presso la

facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tre una lezione dal titolo “Insegnare le religioni: istruzioni per l’uso”. L’incontro è stato molto proficuo in quanto mirato a fornire gli strumenti utili affinché la didattica della storia delle religioni non venga assimilata all’insegnamento delle culture religiose o delle religioni stesse. Il campo in cui si muove la storia delle religioni è lo studio del fatto religioso analizzato nelle relazioni con l’alterità: è una disciplina che deve instaurare una relazione dialettica e critica con le altre scienze e, in una scuola pubblica e laica, è importante configurare pienamente il suo carattere di aconfessionalità. L’insegnamento, come dice Giorda, non è impartito assumendo la prospettiva e la finalità di una religione, né si propone come insegnamento pluriconfessionale o

interconfessionale o anticonfessionale, né è insegnamento di contenuti in forma catechetica o espositiva teologica. Educare a scuola, infatti, vuol dire promuovere la consapevolezza e le capacità dell’individuo. I punti cardine su cui l’insegnamento della storia delle religioni si deve basare sono stati così schematizzati dalla relatrice:

- Selezionare il sapere per sfruttare le ore a disposizione,- Valorizzare il legame con le altre discipline,- Tenere presente la realtà contemporanea e la sua

poliedrica dinamicità.Il carattere “indefinito” di questa materia invisibile deve

configurarsi e adattarsi alle esigenze della classe, deve vagliare le preconoscenze e gli stereotipi degli “uditori-partecipi” al fine di fornire loro, dopo un percorso comune di conoscenza, un vivo senso critico che permetta proprio agli studenti-cittadini una lettura della realtà scevra di pregiudizi.

L’incontro, d’altronde, è stato organizzato in previsione del laboratorio di “Educazione alla cittadinanza attraverso lo studio della storia delle religioni” che alcuni studenti di Scienze delle Religioni di Roma Tre e della Sapienza, sotto la supervisione di Mariachiara Giorda, dal mese di Marzo stanno tenendo presso le classi quinte elementari e prime medie della Scuola di Sonnino. (Federica Candido)

• Parigi, Si è conclusa venerdì sera, 25 marzo, a Parigi, la due giorni sul tema: “Illuminismo, religione, ragione comune”, che ha inaugurato il Cortile dei Gentili, la struttura permanente d'incontro e di dialogo fra credenti e non credenti voluta dal Pontificio Consiglio della Cultura.

IL CORTILE DEI GENTILI. Assieme ai gentili un «cortile» aperto sull’umanesimo di Lorenzo Fazzini (http://www.avvenire.it/Cultura/Assieme+ai+gentili+un+cortile+aperto+sullumanesimo_201103260929045130000.htm)

Dalle aule d’accademia alla piazza della metropoli; dal cortile "chiuso" a quello "aperto", tra turisti incuriositi e giovani in festa in mezzo a teatro, giochi di luce, musica. Ma anche al silenzio dei monaci di Taizé, alternato a quelle preghiere cantate che avevano conquistato anche un "gentile" d’eccezione, quel François Mitterrand, presidente della République, assiduo frequentatore (in privato) della comunità di frére Roger. Secondo e ultimo giorno del Cortile dei gentili nella città della fede in dialogo con la ragione, di san Tommaso d’Aquino, filosofo alla Sorbona, e di Voltaire, propugnatore dell’Illuminismo.

Parigi non tradisce le attese: tra la Sorbona, l’Institut de France e il Collège des Bernardins è andato in scena il primo tentativo – ben riuscito – di quella che il compianto cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, suggeriva con queste parole, riferite dal rettore della Sorbona Patrick Gerard: «Ogni ricerca deve andare più lontano nel cercare la verità». Interrogarsi, dunque, più che rispondere. Questa la prospettiva che Jean-Luc Marion, filosofo di vaglia, ha suggerito in apertura di mattinata alla Sorbona: «Le domande ereditate dalla filosofia moderna non fanno più la differenza. L’impegno a porre questioni ci può unire di più rispetto alle risposte, che arrivano già morte perché fornite ad interrogativi mai veramente posti».

Il cardinale Gianfranco Ravasi annuisce. E rilancia l’immagine di una Chiesa aperta, in ascolto, lontana dall’oscurantismo evocato da un certo ateismo: «Due i termini fondamentali di questi nostri incontri: la ricerca, perché – come diceva Socrate – senza di essa la vita non è

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degna di essere vissuta. E il dialogo, cioè l’utilizzo condiviso della ragione». Axel Kahn, genetista di fama mondiale, presidente dell’università Paris-Descartes, ha provato a lanciare uno di questi inediti interrogativi: «L’uomo, diceva Michel Foucault, è un animale di verità.

Ma come possiamo continuare a vivere quando abbiamo la certezza che noi, uomini, non saremmo più?». Ha suggerito una risposta una pensatrice laica, che però vuole rivalutare l’eredità religiosa, in primis quella cristiana: Julia Kristeva. È stata lei a rievocare l’auspicio del grande teologo gesuita Henri De Lubac, avanzato tra le barricate del Sessantotto parigino, per un dialogo tra la modernità e il cristianesimo antico. La linguista franco-bulgara ha abbozzato tre figure di quell’umanesimo che può accomunare credenti e laici: Erasmo da Rotterdam, i filosofi francesi dell’Ottocento e Sigmund Freud. «Cerchiamo un nuovo umanesimo dopo quello critico e analitico.

L’economia, la finanza, il mercato vogliono cancellare lo spazio soggettivo. Questo nuovo umanismo deve essere capace di ascoltare il singolo. La tecnologia causa la sparizione dello spazio interiore, per questo va recuperato una sorta di corpus misticum del genere umano». Kristeva avanza un’ipotesi: «La teoria del "Multiverso", una metafora che prendo dall’astronomia, per indicare la pluralità del mondo». Importante, secondo l’intellettuale dell’Est "adottata" in Francia, rifiutare «ogni caricatura dell’umanesimo cristiano».

E valorizzare il ruolo della donna: «Non ci sarà un nuovo umanesimo senza l’apporto femminile». Insomma, in riva alla Senna tornano d’attualità le disputatio che san Tommaso aveva praticato proprio alla Sorbona come via per la verità. Il nome del Dottore Angelico torna spesso, sia negli

interventi cristiani che in quelli "laici", come il gran cancelliere dell’Institut de France, Gabriel de Broglie.

Il quale omaggia ben due volte il "nostro confratello", quel Joseph Ratzinger dal 1992 membro dell’Académie française: «Della sua visita in Francia abbiamo un ricordo profondo». Anche perché, evidenzia Pierre Cahne, rettore dell’Institut Catholique de Paris, «la demarcazione tra credenti e non credenti, sebbene esista a livello sociale, non è di carattere spirituale: siamo tutti uniti dalle domande dell’uomo». Allora gli interrogativi iniziano a farsi brucianti: l’economia, il diritto, l’arte, temi sui quali all’Institut de France, "tempio" della cultura laica d’Oltrealpe, chi crede e chi non ha fede iniziano a cercare percorsi comuni.

Ambito favorevole è la questione economica, alla luce della recente crisi finanziaria: «L’economia, nei suoi ambiti di libero mercato, efficacia, libero scambio e proprietà, ha una sua moralità» rimarca Jean-Claude Casanova, fondatore (con Raymond Aron) della rivista "Commentaire". E l’imprenditore Bertrand Collomb rilancia l’idea di una sorta di "giuramento di Ippocrate" per gli addetti alla finanza, un codice etico «già varato all’università di Harvard e che ha raccolto già quattro mila adesioni.

Al centro, il rispetto dell’etica». Altro che le proposte del Nobel Thomas Friedman il quale, rimarca Collomb, «sostiene che gli uomini di impresa devono interessarsi solamente di ottimizzare i profitti!». Da dove proseguire questo percorso parigino? «La sfida della ricerca comune è il senso – conclude al Collège de Bernardins il priore di Bose Enzo Bianchi –. Va trovata una grammatica umana che unisca credenti e non credenti. La crisi della fede è crisi della fiducia, non solo in Dio ma anche nell’umanità, negli altri, nelle storie d’amore».

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La redazione

Attualità documenti opinioni sugli insegnamenti di religione e lo studio delle scienze delle religioni in Italia

Redazione: Mariachiara Giorda, Maria Bombardieri, Federica Candido, Francesco Crudo, Lara Cuocina, Annalisa D'Andrea, Monica Di Pietro, Massimo Di Gioacchino, Marina Guerrisi, Luca Lucerna, Filippo Michielin, Giulia Nardini,

Beatrice Nuti, Paolo Pascucci.

●●Questo numero 2011/3 è chiuso e inviato il 31 marzo 2011. Prossimo numero: giugno 2011

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