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MARIO GIOVANNI BOTTA IO EFFONDERÒ IL MIO SPIRITO Pregare con gli Atti degli Apostoli

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MARIO GIOVANNI BOTTA

IO EFFONDERÒIL MIO SPIRITO

Pregare con gli Atti degli Apostoli

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ISBN 88-

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I N D I C E

Presentazione 7Introduzione 9

Le tappe fondamentali della Lectio divina 10Il problema dell’attualizzazione 12Necessità della condivisione 15Per un buon svolgimento 16Il metodo da praticare 17Dalla parola a Colui che parla 19Il Libro degli Atti degli Apostoli 20Gli Atti nell’opera lucana 21La struttura degli Atti 22Alcune avvertenze e chiarimenti 23Ringraziamenti 25

Bibliografia 26Cartine dei viaggi di San Paolo 27In preghiera per l’ascolto 29I. Promessa e missione 1,1-11 31 II. L’attesa in preghiera 1,12-26 37III. La manifestazione dello Spirito 2,1-13 43IV. Primo annuncio di Pietro 2,14-36 49V. La prima comunità 2,37-48 55VI. Il potere di guarire 3,1-26 62VII. Davanti al sinedrio 4,1-22 69VIII. La preghiera della comunità 4,23-31 76IX. Un cuore solo e un’anima sola 4,32-37 81X. Anania e Saffira 5,1-11 85XI. La proposta di Gamaliele 5,12-42 90XII. A servizio delle mense 6,1-7 98XIII. Stefano «testimone» 6,8-15 104

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XIV. Il discorso di Stefano 7,1-53 110XV. Primo martire 7,54-8,4 119XVI. La missione di Filippo 8,5-40 125XVII. Saulo-Paolo: la vocazione 9,1-9 133XVIII. L’illuminazione del battesimo 9,10-19a 139XIX. Tempo di purificazione 9,19b-30 144XX. L’attività di Pietro 9,31-43 151XXI. Anche ai pagani 11,1-18 159XXII. Chiamati cristiani 11,19-30 165XXIII. La liberazione di Pietro 12,1-25 171XXIV. Missione di Barnaba e Paolo 13,1-52 176XXV. Il Concilio di Gerusalemme 15,1-35 190XXVI. Rottura tra Barnaba e Paolo 15,36-41 198XXVII. Impedimenti dello Spirito 16,1-18 205XXVIII. Paolo e Sila in prigione 16,19-40 211XXIX. Paolo ad Atene 17,16-34 219XXX. A Corinto 18,1-11 227XXXI. Gli esorcisti e gli argentieri 19,11-41 234XXXII. L’addio agli anziani di Efeso 20,17-38 242XXXIII. Le sofferenze di Paolo 21,1-14 250XXXIV. La cecità di Paolo 22,1-21 259XXXV. Naufragio 27,27-28,10 276XXXVI. Da Malta a Roma 28,11-31 282

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Introduzione

La mia più grande gioia sta non solo e non tanto nel fattoche i primi due libri di questa «Collana» abbiano avutouna notevole diffusione, quanto nel constatare che questi

testi sono stati usati come «canovaccio guida» per molti grup-pi ecclesiali nel loro cammino di fede alla luce della Paroladi Dio.

Certo, era nelle mie aspirazioni recondite poter essere aservizio persino di gruppi, ma, francamente, non mi aspetta-vo che ciò potesse accadere. Ne ringrazio profondamente ilSignore!

In questa prospettiva diventa «provvidenziale» aver pro-grammato e svolto questo lavoro sugli Atti degli Apostoli.

È bello anche verificare che l’Apostolato Biblico si vadasempre più diffondendo nelle Diocesi e nelle comunità par-rocchiali.

I Vescovi italiani hanno stimolato e accompagnato questomovimento con due importanti note pastorali. Nella parteintroduttiva dell’ultimo documento, «L’Apostolato Biblico nellecomunità ecclesiali» (2005), si legge: «L’Ufficio CatechisticoNazionale, Settore Apostolato Biblico, propone questi“Orientamenti operativi” per rafforzare ed estendere“l’Apostolato Biblico nelle comunità ecclesiali”. Lo fa adistanza di dieci anni dalla Nota CEI: La Bibbia nella vitadella Chiesa (1995) e in vista del 40mo della Dei Verbum(1965-2005). Intende così, – come propone Giovanni PaoloII nella Novo Millennio Ineunte (2001), seguito dai Vescoviitaliani nei recenti Orientamenti pastorali – assumere e pro-muovere l’incontro con la Parola di Dio nella Sacra Scritturacon una precisa direttiva pastorale per tutta la Chiesa.Mentre appare evidente il progressivo e vasto radicarsi delLibro Sacro nelle comunità, sia nelle grandi azioni di Chiesa(catechesi, liturgia...), sia con il contatto diretto nei gruppi diascolto, particolarmente mediante la lectio divina, tuttavia, si

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avverte la fatica a familiarizzare con la Parola di Dio scritta,in rapporto a tre obiettivi: correttezza esegetica e teologicaper un giusto approccio alla fede, vitale relazione con lacomunità ecclesiale, chiara prospettiva diaconale e missiona-ria».

Al verificarsi di un forte interessamento per la conoscenzadella Sacra Scrittura, si avverte la necessità di indicare degliitinerari concreti perché gli sforzi di tanti cristiani e di tantecomunità ecclesiali possano portare veri frutti evangelicinella Chiesa e per il mondo.

Queste pubblicazioni, come altre che si stanno diffonden-do, possono certamente dare, per la loro dimensione sinteti-ca e per il linguaggio semplice, un valido contributo a rea-lizzare ciò che sta a cuore ai Pastori e, soprattutto, a coloroche hanno compreso profondamente che «l’ignoranza delleScritture è ignoranza di Cristo».

Facendo riferimento ad altri scritti e rimandando il lettorealle «Introduzioni» dei miei due precedenti volumi, propongoqui ulteriori fondamentali e pratici criteri per l’uso comunita-rio dei testi biblici nella consapevolezza, sempre più profon-da, che bisogna essere costantemente pronti e capaci di pas-sare «dalla parola a Colui che parla», dalla Parola all’esi-stenza quotidiana.

Le tappe fondamentali della Lectio divina

È opportuno, prima di passare ad altre considerazioni sucome avvicinarsi concretamente alla Parola di Dio nellaBibbia, riportare qui, ancora una volta, le tappe fondamen-tali della «Lectio divina».

La «lectio», primo gradino della Lectio divina, rispondealla domanda: che dice il testo in sé? La si compie nel legge-re e rileggere il testo, mettendone in rilievo gli elementi por-tanti: dove e quando avvengono i fatti; chi e che cosa fannoe dicono i vari personaggi; le parole o i versetti chiave; gliinsegnamenti principali, secondari e così via.

È la prima e fondamentale fase. Senza di essa si fa direal testo ciò che si vuole, tradendo il messaggio che il Signore

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vuole donarci. Sarebbe un grande errore e la vicinanza allaParola di Dio risulterebbe infruttuosa!

Ad un’attenta lettura del testo segue la «meditatio».Essa risponde alla domanda: che dice il testo a me? È lariflessione sui valori che il brano evangelico contiene: l’amo-re personale di Cristo per ogni uomo, la lealtà, la verità, lagiustizia, la povertà, la beatitudine dei poveri, il senso delsacrificio, la speranza, la forza contro la disperazione, lacondanna della violenza. Valori che interpellano la mia per-sona, i miei atteggiamenti, il mio vivere quotidiano. Vedereil significato del brano per «me oggi», il rapporto con la miavita e che cosa in concreto il Signore mi invita a fare.

La Lectio è intimo dialogo con Dio. Dopo aver accolto lasua Parola vi è necessariamente la risposta: l’ «oratio».Essa risponde alla domanda: Che cosa dico io al Signoreche mi parla in questo testo biblico?

Qui si esplicita la preghiera. Vedere che Gesù agisce inun certo modo, che sono in gioco certi valori, fa nascere ildialogo: Signore, ti ringrazio, ti lodo perché tu sei così e iovorrei avere i tuoi atteggiamenti, così come vorrei li avessela mia comunità. Signore, salvaci tu!

L’orazione sgorga e si sviluppa a contatto con il messag-gio di salvezza che ci viene rivelato dal testo biblico.

Vi è poi il quarto gradino della Lectio, la «contempla-tio», che nessun libro può dare, ma che suppone necessa-riamente tutto il cammino fin qui descritto e che costituisce lafinalità fondamentale della Lectio stessa. Essa non rispondepiù ad una domanda. Qui si tratta, semplicemente, di guar-dare Gesù. Ad un certo punto, si lasciano cadere tutte le con-siderazioni precedenti, si sospende la stessa orazione (che siriferiva ancora al testo letto e meditato) e si guarda Gesù,rivelazione del Padre, presente, esplicitamente o meno, inogni pagina della Scrittura. In Gesù comprendo l’amore delPadre, avverto la forza dello Spirito, guardo alla sua luce,alla sua tenerezza d’amore e mi lascio attirare.

Questo livello della Lectio ci dice che non bisogna fermar-si alle parole della Sacra Scrittura ma attraverso di esse arri-vare alla Parola che si è fatta Carne: Gesù Cristo.

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Lectio I

Promessa e missioneAtti 1, 1-11

1Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quelloche Gesù fece e insegnò dal principio 2fino al giorno in cui, dopoaver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello SpiritoSanto, egli fu assunto in cielo. 3Egli si mostrò ad essi vivo, dopola sua passione, con molte prove, apparendo loro per quarantagiorni e parlando del regno di Dio. 4Mentre si trovava a tavola conessi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di atten-dere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, chevoi avete udito da me: 5Giovanni ha battezzato con acqua, voiinvece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni».

6Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, èquesto il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». 7Ma eglirispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che ilPadre ha riservato alla sua scelta, 8ma avrete forza dallo SpiritoSanto che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme,in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini dellaterra». 9Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e unanube lo sottrasse al loro sguardo. 10E poiché essi stavano fissandoil cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vestisi presentarono a loro e dissero: 11«Uomini di Galilea, perché statea guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto finoal cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete vistoandare in cielo».

Chi ha letto con attenzione il Vangelo di Luca si accor-gerà facilmente che questi primi versetti degli Attiriprendono il medesimo argomento dell’ultimo capito-

lo. Anche se non va visto come una semplice ripetizione, macome un allacciamento predisposto dall’autore per metteremaggiormente in evidenza che la passione, la risurrezione el’ascensione sono il fondamento vivo e vitale della Chiesa enon costituiscono solo la gloriosa conclusione della vita diCristo Gesù.

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È chiaro che l’Autore degli Atti, facendo riferimento al«mio primo libro» (che letteralmente va tradotto per «discor-so» o «parte di un’opera scritta»), vuol far capire al lettoreche per comprendere quello di cui si parla, bisogna far rife-rimento alla prima parte, cioè al Vangelo. È come dire chenon si può capire la Chiesa senza far riferimento a Cristo eche non si può afferrare pienamente Cristo senza riferimentoalla Chiesa.

Il contenuto del Vangelo viene riassunto in questi primissi-mi versetti con queste semplici parole: «tutto quello che Gesùfece e insegnò dal principio». Il Vangelo per Luca è l’EventoGesù: «i fatti», cioè la storia, la persona di Gesù; e il suo«insegnamento», inteso come annuncio carico di forza e divita.

Luca, presentandoci Gesù glorificato con questa dimen-sione di «incarnazione», vuole già indicare la strada mae-stra per la Chiesa: se la Chiesa deve avere il suo riferimentoessenziale in Cristo Gesù, è necessario che le sia propria,come lo è per lui, la dimensione dell’incarnazione. È ciò cheGiovanni Paolo II nella sua prima enciclica, RedemptorHominis, afferma : «L’uomo è la via della Chiesa, via checorre, in un certo modo, alla base di tutte le vie, per le qualideve camminare la Chiesa, perché l’uomo – ogni uomosenza alcuna eccezione – è stato redento da Cristo...»(n.14).

Il giorno in cui Gesù «fu assunto al cielo» è contrassegna-to dall’incarico da lui dato ai presenti, e ciò costituisce unfatto importantissimo per gli Atti degli Apostoli. Per la primavolta sono qui nominati gli uomini che danno il titolo al libro.È da notare che gli apostoli non ricevettero il loro compitoper autodecisione, ma fu Gesù in persona a «sceglierli» fratutti gli altri. E l’Evangelista sente il bisogno di dirlo aperta-mente fin dall’inizio del suo secondo libro.

Anche il processo che condannò Gesù, la sua croce e ilsuo sepolcro, vengono riassunti nell’espressione «la sua pas-sione». Per Luca, però, questa «passione» trova il suo verosenso nella risurrezione: Gesù «si mostrò ad essi vivente».Sembra far eco a Paolo quando dice «vana sarebbe la

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nostra predicazione e vana è anche la vostra fede se Cristonon fosse risorto». Il richiamo al fatto che Gesù si manifestò«con molte prove, per quaranta giorni» vuole essere una con-ferma implicita della certezza della risurrezione.

L’espressione «quaranta giorni», usata da Luca solo inquesto testo (solitamente egli parla di «molti giorni»), ci diceil riferimento del numero biblico che indica “un tempo oppor-tuno per una vera maturazione” per compiere qualcosa disignificativo.

Importante è anche il clima confidenziale con cui vienedescritto il rapporto tra Gesù e i suoi: parlava di ciò che con-cerne il Regno di Dio. Si sente, qui, l’eco del parlare delRisorto con i discepoli che andavano ad Emmaus, di comeEgli abbia «aperto la mente all’intelligenza delle Scritture» edi come dopo i due discepoli ricordassero con commozionee nostalgia: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentreconversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava leScritture?». È un modo bellissimo di dirci ancora che peressere Chiesa bisogna fare l’esperienza intima con CristoGesù.

I discepoli hanno l’indicazione dal Risorto di attendere aGerusalemme «l’adempimento della promessa del Padre». Èchiaro che in questo testo «promessa» è riferita allo SpiritoSanto: è il grande avvenimento previsto come esito della glo-rificazione di Gesù.

Qui Gesù fa propria, in maniera sorprendente, la paroladel Battista che annunciava un battesimo mediante lo SpiritoSanto. Giovanni il Battista aveva indicato il Messia come piùforte di lui: «Ora io vi battezzo con acqua; ma già viene chiè più forte di me, a cui non sono degno di sciogliere i laccidei calzari: egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e colfuoco». È chiaro, quindi, il parallelismo tra la discesa delloSpirito nel battesimo di Gesù al Giordano, che dà avvio allasua missione pubblica e la discesa dello Spirito sulla Chiesanascente il giorno di Pentecoste.

Ma la scena centrale di questo “prologo” degli Atti è quel-la dell’ “ascensione”.

La domanda che i discepoli fanno al Risorto nasconde

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Lectio VIII

La preghiera della comunitàAtti 4,23-31

23Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferi-rono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.24All’udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo:«Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò cheè in essi, 25tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per boccadel nostro padre, il tuo servo Davide:

Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane?26Si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo;27davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo

santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilatocon le genti e i popoli d’Israele, 28per compiere ciò che la tuamano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. 29Ed ora,Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servidi annunziare con tutta franchezza la tua parola. 30Stendi la manoperché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome deltuo santo servo Gesù». 31Quand’ebbero terminato la preghiera, illuogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di SpiritoSanto e annunziavano la parola di Dio con franchezza.

Èbene soffermarsi su questo significativo testo. Esso ripor-ta cosa e come prega la primigenia comunità cristiana.È una preghiera espressa nel momento della prova ed

assume, quindi, un carattere particolare. Ciò che va eviden-ziato è che la comunità si trova, per la prima volta, di frontead una potenza avversa che vuole soffocare la libertà diannunciare agli uomini la Parola di Dio. Infatti, questa pre-ghiera viene fuori dopo che Pietro e Giovanni sono stati por-tati davanti al tribunale, interrogati, minacciati e, soprattutto,è stato loro intimato di non parlare più nel nome del Signore.

La comunità, di fronte a questa minaccia, avrebbe potuto

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fare tante cose: incontri, consultazioni, analisi, piani di azio-ne, strategie, distinzioni fra intransigenti e moderati, ecc.,ma gli Atti degli Apostoli, proponendoci un modello di comu-nità nei suoi elementi essenziali, affermano che essa, nellaprova, si esprime con la preghiera. Questa, per l’EvangelistaLuca, è l’espressione privilegiata della comunità, il suo mododi affrontare i momenti difficili della propria esistenza.

Messi di fronte a problemi che minacciano la loro vita, iprimi cristiani trovano la forza per affrontarli nella preghie-ra, nel chiamare in causa Dio stesso.

La comunità che gli Atti ci mettono davanti come modello pertutte le chiese non chiede a Dio protezione, non chiede neppu-re la cessazione delle difficoltà, non chiede vendetta o rivalsa.Nessuna di queste cose risulta dalla preghiera. Anzi, nellaprima parte di essa, non chiede assolutamente niente.

La sua è una preghiera che vuole, innanzitutto, comprende-re. La comunità, per prima cosa, cerca di vedere, di intendere:è una preghiera interpretativa che non domanda niente. Vuolecapire l’evento alla luce della fede, praticare «l’intelligenza»(nel suo senso etimologico di: guardare, leggere, giudicare den-tro, in profondità) di ciò che le è accaduto.

Come avviene questo discernimento? La comunità lo fa apartire dalle Scritture. Queste portano innanzitutto a guardarele cose dall’infinità e trascendenza di Dio: «Signore, tu che haicreato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in esso», che haiagito nella storia e «per mezzo dello Spirito Santo hai parlatodavvero in questa città».

Si può notare il movimento che va dal riconoscimento cheDio è tutto, che ha operato nella storia in momenti privilegia-ti, e giunge alla comprensione di ciò che è avvenuto in que-sta città.

Si possono, così, individuare tre momenti fondamentali dellapreghiera di intelligenza che la comunità va facendo.

Innanzitutto, si contempla l’assoluto di Dio, poi la sua azio-ne nella storia della salvezza e, infine, solo alla luce dei due ele-menti fondamentali, si contempla l’oggi, la situazione concreta.

Un Salmo, vecchio di molti secoli, riletto alla luce dell’e-sperienza presente, consente di capire ciò che è avvenuto

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agli Apostoli: «In questa città si radunarono i capi contro iltuo santo servo Gesù Cristo». La comunità comprende se stes-sa in relazione fondamentale a Cristo, nell’evento dellaredenzione operata da lui. Si pone, così, non come sempli-ce aggregazione sociale o storica, ma come gruppo di uomi-ni che sono in Cristo, il cui vivere è «essere nel Cristo Gesù».Ciò che in lui è avvenuto è segno e spiegazione di ciò chein essi sta avvenendo. Crescono nella conoscenza di sé sin-tonizzandosi sempre più con Cristo. Ecco un significato fon-damentale della preghiera comunitaria!

L’esperienza degli Apostoli non ha importanza, quasi scom-pare perché ciò che in essi è avvenuto è il ricollegarsi a ciòche è accaduto in Cristo; la loro storia non è casuale, non èun conglomerato di fatti senza senso: è storia della salvezza.

Dalla riflessione su questa preghiera di «intelligenza»,contemplativa del mistero di Dio nella storia della salvezzafino a noi, nasce l’urgenza che anche ogni cristinao imparia pregare così. È una preghiera che richiede discernimentoe tempo, ma comunque un cammino necessario per ognicomunità.

Nella preghiera, però, c’è anche la richiesta. La comunità,dopo aver compreso ciò che sta accadendo alla luce della suarelazione con Cristo Gesù, sofferente e perseguitato, chiede dipotere annunciare con franchezza la Parola del Signore, secon-do il suo comando e l’essenza della missione ad essa affidata.La Chiesa primigenia si sente responsabile, di fronte al mondo,della Parola e chiede di annunziarla.

Non ci si deve meravigliare perché non venga chiesto il suc-cesso, la fine delle persecuzioni o che tutti i malintesi siano dicolpo annullati da un trionfo. La Chiesa chiede, invece, di potercontinuare ad annunciare con «parresia» la Parola nella suainterezza, con quella umiltà e perseveranza con cui va annun-ciato il Vangelo di Cristo Gesù.

C’è, infine, anche la richiesta che si compiano guarigioni,miracoli e prodigi. È chiaro che per quei cristiani questi segniservono a sostenere la veridicità della Parola annunciata, inmodo che si mostri la forza trasformante dello Spirito di Dio nel-l’esistenza umana e non come un principio astratto.

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Lectio XVIII

L’illuminazione del battesimoAtti 9,10-19a

10Ora c’era a Damasco un discepolo di nome Anania e ilSignore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi,Signore!». 11E il Signore a lui: «Su, va’ sulla strada chiamataDiritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, diTarso; ecco sta pregando, 12e ha visto in visione un uomo, di nomeAnania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista».13Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito damolti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme.14Inoltre ha l’autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tuttiquelli che invocano il tuo nome». 15Ma il Signore disse: «Va’, per-ché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nomedinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; 16e io gli mostrerò quan-to dovrà soffrire per il mio nome». 17Allora Anania andò, entrònella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello mio, mi hamandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per laquale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di SpiritoSanto». 18E improvvisamente gli caddero dagli occhi come dellesquame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, 19poi prese cibo ele forze gli ritornarono.

Se, da una parte, nella vocazione di Saulo si evidenziachiaramente l’iniziativa della grazia divina, nella suc-cessione dei fatti, che in questo testo sono riportati, si

scorge facilmente anche l’indispensabile mediazione degliuomini nell’opera della redenzione. Cristo attua la salvezzanella storia degli uomini «mediante» il suo corpo che è laChiesa.

Anania di Damasco fu per Saulo il «mediatore» per intro-durre il chiamato da Dio nella comunità ecclesiale medianteil battesimo e l’imposizione delle mani.

In questa prima narrazione della vocazione di Paolo,

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fatta in terza persona, quindi da Luca stesso, l’avvenimentoè presentato in tre scene. Ad Anania vengono impartiti ordi-ni precisi, fin nei particolari, affinché l’opera della divinachiamata giunga a compimento. Tutto fa pensare che egliabitasse a Damasco già da molto tempo, come pure quellosconosciuto Giuda della «strada Diritta». Apprendiamo qui,per la prima volta, quale fosse il luogo d’origine di Saulo, ilquale viene designato come «di Tarso».

L’atteggiamento di preghiera nel quale viene descritto il«chiamato» ci permette di gettare uno sguardo discreto nel-l’intimo della sua anima, ormai afferrata dalla grazia di Dio.Senza mangiare e bere, senza poter vedere con gli occhi cor-porei cosa alcuna, egli è lasciato per tre giorni solo e nell’o-scurità, affinché si tenga preparato a quello che il Signoredeciderà di lui. Elementi questi che sono essenziali per dispor-re il proprio spirito ad essere coinvolto e plasmato dalloSpirito del Risorto, di cui ha cominciato a fare esperienza.

Saulo, tuttavia, non resta senza conforto nell’oscurità diquei tre giorni, ma ha nuovamente una visione. «E vide unuomo, di nome Anania, entrare e imporgli le mani perchériavesse la vista». Le parole appartengono ancora alla vocedel Signore. Parole che servono anche ad incoraggiareAnania in quell’incarico che gli è apparso addirittura incon-cepibile. Infatti, egli non ha nulla da temere, sapendo cheSaulo è già preparato alla sua visita mediante la visione.

L’obiezione di Anania di fronte all’inaudito incarico dato-gli dal Signore non fa che porre maggiormente in evidenzal’opera della grazia, la quale deve compiersi secondo ilpiano da Dio stesso stabilito. Ciò che ai pensieri umani puòsembrare inconcepibile sarà compiuto in ogni modo dall’a-more divino e dalla provvidenza, che dispone liberamente.L’apostolo è chiamato senza alcun suo merito; anzi, al con-trario, per ciò che può sembrare l’opposto di un merito. Chi,come lui, è stato accolto sotto le ali dell’infinita misericordiadel Signore, per la sua stessa esperienza è in grado diannunciare la volontà salvifica di Dio con quel vigore e quel-la convinzione che troviamo nello stile originale ed unico del-l’annunzio contenuto nelle lettere di Paolo.

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Il Signore si degna di dare ad Anania le spiegazioni cherichiede: «Egli è per me uno strumento di elezione».

Saulo diventerà uno «strumento di elezione», ossia unostrumento eletto, scelto da Dio e posto al suo servizio.L’Apostolo, nella lettera ai Galati, ha queste parole: «Coluiche mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò per gra-zia sua, si compiacque di rivelare in me il suo Figliolo, affin-ché lo predicassi fra i pagani». Non, dunque, a suo esclusi-vo vantaggio egli è stato scelto, ma per l’opera della reden-zione. Ed egli diventerà l’araldo del «Signore», un «testimo-ne», come lo sono i dodici in base alla missione ricevuta dalRisorto. La coscienza d’una missione che ha per confine ilmondo rimarrà nel cuore di Paolo per sempre e non lo lasce-rà più in pace, come viene evidenziato dai suoi scritti.

Il Signore conclude le parole rivolte ad Anania con unaespressione che a noi sembra strana: «E io gli mostrerò quan-to dovrà patire per il mio nome». Patire per amore di Cristofarà parte ormai per sempre, fin da quest’ora di Damasco,del compito assegnato al nuovo apostolo. Gli Atti lo attesta-no continuamente e le lettere di Paolo lo confermano in unamaniera particolarmente impressionante. Si ribadisce, qui,quella legge che caratterizza i discepoli del Cristo, per quan-to in opposizione alla nostra sensibilità puramente umana.Questa «legge della croce» Gesù l’ha annunciata chiara-mente ai suoi discepoli, ed essa vale per ciascuno di loro:«Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno dime». Soffrire per amore di Cristo fa parte, dunque, di quellatestimonianza che i discepoli fedeli gli devono rendere. Maper Saulo-Paolo questo soffrire supererà ogni misura e loaccompagnerà lungo tutto il suo cammino. Avremo molteoccasioni durante queste lectio di mostrarlo.

Così Anania obbedisce al comando del Signore, pieno distupore per questi insospettati orientamenti della sua grazia.Egli deve essere soltanto il mediatore per condurre l’Apostoloalla guarigione ed al battesimo.

«Saulo, fratello mio», lo chiama Anania, che fino a quelmomento aveva sentito parlare di lui come di un terribile per-secutore e gli ricorda l’apparizione di Cristo come riferimen-

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Lectio XXVII

Impedimenti dello SpiritoAtti 16, 1-18

1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C’era qui un discepolo chia-mato Timoteo, figlio di una donna giudea credente e di padregreco; 2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Iconio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere perriguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infattisapevano che suo padre era greco. 4Percorrendo le città, trasmet-tevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani diGerusalemme, perché le osservassero. 5Le comunità intanto siandavano fortificando nella fede e crescevano di numero ognigiorno.

6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia,avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nellaprovincia di Asia. 7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso laBitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; 8così, attraver-sata la Misia, discesero a Troade. 9Durante la notte apparve aPaolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava:«Passa in Macedonia e aiutaci!». 10Dopo che ebbe avuto questavisione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendoche Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.

11Salpati da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il gior-no dopo verso Neapoli e 12di qui a Filippi, colonia romana e cittàdel primo distretto della Macedonia. Restammo in questa cittàalcuni giorni; 13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume,dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgeva-mo la parola alle donne colà riunite. 14C’era ad ascoltare ancheuna donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città diTiatira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderi-re alle parole di Paolo. 15Dopo esser stata battezzata insieme allasua famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato ch’io sia fedele alSignore, venite ad abitare nella mia casa». E ci costrinse ad accet-tare.

16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una gio-

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vane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procuravamolto guadagno ai suoi padroni facendo l’indovina. 17Essa segui-va Paolo e noi gridando: «Questi uomini sono servi del DioAltissimo e vi annunziano la via della salvezza». 18Questo fece permolti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disseallo spirito: «In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei». Elo spirito partì all’istante.

Raccontare in poche parole un lungo cammino percorsofa parte dello stile particolare usato negli Attidall’Evangelista.

Qui troviamo ancora Paolo che, sospinto da un’ansia pasto-rale, cerca di non abbandonare a sé stesse le comunità da luifondate, ma le cura ulteriormente sia mediante visite compiutedi persona, sia servendosi di un contatto epistolare.

In questo brano, inoltre, si racconta la chiamata dello «sti-mato» discepolo Timoteo che diventerà uno dei principalicollaboratori dell’attività missionaria di Paolo ed è spessoricordato anche nelle epistole, anzi ben due sono a lui indi-rizzate. Il giovane, presumibilmente, era diventato cristianocon sua madre in occasione del primo soggiornodell’Apostolo a Listra (14, 6-20). Dalla seconda Lettera aTimoteo di Paolo (1, 5) sappiamo che la madre si chiamavaEunice e la nonna Loide.

La condizione particolare di Timoteo ha impostoall’Apostolo di far circoncidere questo discepolo.Normalmente, per la legge ebraica, il figlio d’una donnaebrea era considerato ebreo a tutti gli effetti e, solitamente,veniva circonciso. Invece, Timoteo non era stato ancora cir-conciso. I problemi dei matrimoni misti, come si vede, nonsono mai mancati. D’altro canto, Paolo desiderava ardente-mente farsi accompagnare nei suoi futuri viaggi da quel gio-vane che tutti lodavano sotto ogni aspetto. Paolo fece circon-cidere Timoteo per facilitare il suo contatto con i Giudei, purritenendo che questa pratica non fosse per nulla necessariaper ottenere la salvezza offerta da Cristo. Poiché Timoteo eradi discendenza giudaica, anche se per parte materna, l’as-

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senza della circoncisione sarebbe stata considerata dai «giu-daizzanti» molto più grave che in un pagano convertito inquanto lo avrebbero considerato come un rinnegato.

Quindi, è stato un motivo prettamente pastorale e missio-nario. E, seppur il Concilio apostolico aveva con chiarezzasancito i principi teologici nei riguardi dell’attività missiona-ria fra i pagani, essi non toglievano l’opportunità pastoralead agire, nella carità, diversamente.

L’Apostolo dovette tener conto della irritabilità dei giudeidi quel paese, o al prosieguo della sua attività missionaria,che lo avrebbe portato di continuo a incontrarsi con il mondoebraico.

In questo suo secondo viaggio, Paolo raggiunge un paeseaffatto nuovo rispetto al lavoro missionario da lui compiutofino a quel momento. Come confessa nella lettera ai Romani(15, 20) «egli trova il suo punto d’onore nel non recarsi apredicare dove il nome di Cristo è già stato conosciuto».Paolo si richiama con questo alle parole del profeta Isaia: «lovedranno coloro che non ne avevano mai sentito parlare, chiprima non lo aveva mai conosciuto giungerà a rendersiconto di lui» (Is 52, 15).

Ciò che particolarmente colpisce in questo stesso raccon-to, ed è questo l’unico passo del Nuovo Testamento doveincontriamo una simile espressione, è che, per ben due volte,lo stesso «Spirito Santo» interviene così tangibilmente nellascelta del campo missionario di Paolo e del suo seguito. È loSpirito che «impedì» loro di «predicare in Asia». Qui, comealtrove, si vuole chiaramente affermare che la Chiesa, inogni situazione, viene a trovarsi sotto la guida di questa divi-na presenza, così misteriosa, così incomprensibile alla menteumana, ma di cui essa sperimenta l’azione ad ogni pièsospinto nel corso della propria attività apostolica.

Ed è lo Spirito, per mezzo di una «visione», ad apriredinanzi a Paolo un nuovo grande campo di lavoro, quellodella Macedonia, cioè dell’Europa.

«Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammodi partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avevachiamati ad annunziarvi la parola del Signore». Per la prima

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Lectio XXXVI

Da Malta a Roma28,11-31

11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria cheaveva svernato nell’isola, recante l’insegna dei Dioscuri.12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni 13e di qui,costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò loscirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli. 14Qui trovammoalcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settima-na. Partimmo quindi alla volta di Roma. 15I fratelli di là, avendoavuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio ealle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese corag-gio. 16Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suoconto con un soldato di guardia.

17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei evenuti che furono, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla con-tro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestatoa Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani. 18Questi, dopoavermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato inme alcuna colpa degna di morte. 19Ma continuando i Giudei adopporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza inten-dere con questo muovere accuse contro il mio popolo. 20Ecco per-ché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa dellasperanza d’Israele che io sono legato da questa catena». 21Essi glirisposero: «Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuoconto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a par-lar male di te. 22Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello chepensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposi-zione».

23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo allog-gio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, renden-do la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerliriguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti. 24Alcuniaderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere 25e sene andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola

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frase: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia,ai nostri padri:

26Va’ da questo popolo e di’ loro:Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete; guardere-te con i vostri occhi, ma non vedrete. 27Perché il cuore di que-sto popolo si è indurito: e hanno ascoltato di mala voglia congli orecchi; hanno chiuso i loro occhi per non vedere con gliocchi non ascoltare con gli orecchi, non comprendere nel lorocuore e non convertirsi, perché io li risani.28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora

rivolta ai pagani ed essi l’ascolteranno!». [29]. 30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a

pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, 31annunziandoil regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore GesùCristo, con tutta franchezza e senza impedimento.

L a partenza da Malta avviene verosimilmente fra l’iniziodi febbraio e i primi di marzo, quando la navigazionenel Mediterraneo veniva riaperta con la partenza della

nave che portava a prua le insegne dei Dioscuri, Castore ePolluce, i protettori dei naviganti. Questa volta il vento èfavorevole a tal punto che il viaggio si svolge con rapidità.La nave si ferma per tre giorni a Siracusa che era un’impor-tante città romana e, dopo aver ultimato le operazioni di sca-rico e di carico delle merci, riparte toccando ReggioCalabria, sullo stretto di Messina. Arrivati a Pozzuoli, nelgolfo di Napoli, i passeggeri scendevano mentre la naveproseguiva col suo carico fino al porto di Ostia. Paolo tra-scorre una settimana coi cristiani di quella città, che rappre-sentava un crocevia di traffici e di persone provenienti dalleprovince orientali dell’impero e che ospitava anche unacomunità ebraica. Da qui il gruppo guidato dal centurione escortato dai soldati si incammina a piedi verso Roma. Talecammino durava mediamente cinque giorni. Si percorrevaprima la «via Campana» fino a Capua e poi la «via Appia».Lungo questa via, tracciata nel 312 a.C. dal console AppioClaudio Cieco per unire Roma a Brindisi, sorgevano Foro

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Appio, a 65 chilometri da Roma, e Tre Taverne, a 50 chilo-metri dall’Urbe: qui, con sua grande consolazione, Paoloincontra per la prima volta i cristiani di Roma.

Al suo arrivo, il primo atto ufficiale dell’autorità imperialeè di confermare la «custodia militaris» alla quale l’apostoloera già sottoposto. Perciò Paolo può godere di una certalibertà di movimento in attesa del processo.

Chiunque legge gli Atti degli Apostoli si stupisce del comesia possibile che Luca non abbia raccontato la suprema testi-monianza di Paolo nel cuore dell’impero, a Roma. Ma chi siè reso conto dello scopo fondamentale che l’Evangelista havoluto dare al suo racconto, comprende bene che la sua testi-monianza è volta soprattutto a verificare che il Vangelo delRisorto è predicato «fino ai confini della terra». Nella menta-lità di allora il «cuore» dell’impero significava «tutto» l’impe-ro.

Oltre questa chiara interpretazione geografico-teologicase ne può insinuare un’altra che scaturisce da una letturaattenta di tutto il testo degli Atti. Luca, non raccontando «lafine» della storia, ha voluto aprirci la mente ed il cuore al«fine» dell’opera della Chiesa primigenia.

Perciò, cercheremo di considerare quale sia stato perLuca «il fine della Chiesa». Infatti, siamo convinti che non sipuò comprendere l’identità stessa della Chiesa se non se nescorge la finalità. Bisogna comprendere il fine della Chiesaper capire il significato della sua esistenza. Altrimenti la ste-sura degli Atti ci potrebbe sembrare semplicemente una seriedi eventi collocati insieme più o meno cronologicamente.

Gli Atti degli Apostoli ci danno, in ogni pagina, un’imma-gine del fine della Chiesa: un’immagine che si costruisce neldramma, nella crisi, nelle fatiche e che però è assolutamen-te certa.

Si può partire da questa pagina finale degli Atti, là dovesi parla dei Giudei di Roma che avevano già avuto un primoincontro con Paolo.

Paolo è in prigione per un processo che si prolunga; l’in-certezza è sulla sentenza, non solo sulla durata della carce-razione. La sua attività, che era debordante per i continenti,