Introduzione - infn.it perfetta analogia formale tra l’equazione dell’iconale per i raggi...

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Introduzione La formulazione classica della dinamica di un sistema fisico ´ e legata essenzialmente alla nozione di funzione su una variet´ a differenziabile 1 , di gruppo di diffeomorfismi (Appendice 2) e a quella di campo vettoriale (Appendice 1). Gli stati del sistema sono rappresentati da punti di un certo insieme S , le``osservabili´´da funzioni a valori reali su di esso. Se a questo insieme conferiamo una struttura topologica e differenziabile (valgono le regole del calcolo differenziale), allora l’evoluzione temporale ´ e data da un gruppo di diffeomorfismi ad un parametro (il tempo t) su S il cui generatore infinitesimale ´ e un campo vettoriale. La formulazione quantistica della dinamica di un sistema fisico ´ e profondamente dif- ferente. Gli stati del sistema sono rappresentati da raggi in uno spazio di Hilbert H S , le ``osservabili´´ da operatori autoaggiunti su di esso, l’evoluzione temporale da un gruppo di trasformazioni unitarie sullo spazio degli stati. La differenza fondamentale tra queste due teorie ´ e la noncommutativit´ a delle osservabili quantistiche: essa esprime la manife- stazione su scala microscopica di un limite di precisione sulla misura contemporanea di due osservabili coniugate (Principio di indeterminazione di Heisenberg) che ovviamente non si verifica nel caso classico (su scala macroscopica). Da un punto di vista matematico questa propriet´ a viene espressa attraverso le regole di commutazione canonica ˆ Q ˆ P - ˆ P ˆ Q = i¯ h1I. La noncommutativit´ e ``pesata´´ dalla costante fondamentale della natura ¯ h. Questa dif- ferenza, congiuntamente all’ipotesi che la teoria classica deve essere recuperata come caso limite di quella quantistica (questo ´ e l’approccio moderno al problema della ``quantiz- zazione´´) , spinge ad un confronto tra le due in un appropriato contesto. Il tema di questa dissertazione ´ e quello di utilizzare il formalismo dei sistemi di Weyl per studiare le relazioni tra meccanica classica e meccanica quantistica, per poi verificare che esso si presta ad una generalizzazione nel caso delle particelle con spin (caso non relativistico). Storicamente si 1 Ai fini della presente dissertazione una variet´ a differenziabile potr´ a esssere considerata una superficie re- golare immersa in uno spazio numerico R n con n opportuno. 2

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Introduzione

La formulazione classica della dinamica di un sistema fisico e legata essenzialmente alla

nozione di funzione su una varieta differenziabile1, di gruppo di diffeomorfismi (Appendice

2) e a quella di campo vettoriale (Appendice 1). Gli stati del sistema sono rappresentati

da punti di un certo insieme S, le ` osservabili ´ da funzioni a valori reali su di esso. Se a

questo insieme conferiamo una struttura topologica e differenziabile (valgono le regole del

calcolo differenziale), allora l’evoluzione temporale e data da un gruppo di diffeomorfismi

ad un parametro (il tempo t) su S il cui generatore infinitesimale e un campo vettoriale.

La formulazione quantistica della dinamica di un sistema fisico e profondamente dif-

ferente. Gli stati del sistema sono rappresentati da raggi in uno spazio di Hilbert HS , le

` osservabili ´ da operatori autoaggiunti su di esso, l’evoluzione temporale da un gruppo

di trasformazioni unitarie sullo spazio degli stati. La differenza fondamentale tra queste

due teorie e la noncommutativita delle osservabili quantistiche: essa esprime la manife-

stazione su scala microscopica di un limite di precisione sulla misura contemporanea di

due osservabili coniugate (Principio di indeterminazione di Heisenberg) che ovviamente

non si verifica nel caso classico (su scala macroscopica). Da un punto di vista matematico

questa proprieta viene espressa attraverso le regole di commutazione canonica

QP − P Q = ih1I.

La noncommutativita e ` pesata ´ dalla costante fondamentale della natura h. Questa dif-

ferenza, congiuntamente all’ipotesi che la teoria classica deve essere recuperata come caso

limite di quella quantistica (questo e l’approccio moderno al problema della ` quantiz-

zazione ) , spinge ad un confronto tra le due in un appropriato contesto. Il tema di questa

dissertazione e quello di utilizzare il formalismo dei sistemi di Weyl per studiare le relazioni

tra meccanica classica e meccanica quantistica, per poi verificare che esso si presta ad una

generalizzazione nel caso delle particelle con spin (caso non relativistico). Storicamente si

1Ai fini della presente dissertazione una varieta differenziabile potra esssere considerata una superficie re-

golare immersa in uno spazio numerico Rncon n opportuno.

2

puo far risalire la nascita dell’odierna meccanica quantistica alle pubblicazioni dei lavori di

Heisenberg (1925) e Schrodinger (1926). Il primo condusse ad un forma della teoria chia-

mata `meccanica delle matrici , mentre il secondo condusse alla cosiddetta ` meccanica

ondulatoria . Schrodinger si inspiro alle idee di De Broglie sul comportamento ondula-

torio della materia. Concettualmente queste due teorie erano abbastanza differenti ma si

puo vedere che esse forniscono le stesse risposte per certi problemi. Fu von Neumann a

mostrare che il teorema spettrale di Hilbert [6] fosse ideale ad unificare meccanica ondula-

toria e meccanica delle matrici. Nello stesso anno in cui venne pubblicato il lavoro di von

Neumann, Hermann Weyl pubblico un articolo in cui l’autore affermava che le celebrate

regole di commutazione di Heisenberg potevano essere derivate in base ad argomenti di

` simmetria teoretico gruppale [2] invece che basandosi sulla scoperta di Dirac della per-

fetta analogia tra le parentesi di Poisson classiche e i commutatori quantistici. Schrodinger,

nel ricavare la sua famosa equazione, partı dall’osservazione fondamentale che esisteva una

perfetta analogia formale tra l’equazione dell’iconale per i raggi luminosi e l’equazione di

Hamilton-Jacobi per una particella massiva (a livello di principi variazionali, tra il Prin-

cipio di Fermat e quello di Mapertuis)[1] (ipotesi suffragata dall’evidenza esperimentale

della manifestazione di un fenomeno di diffrazione anche per gli elettroni). Da un punto

di vista matematico questa analogia si concretizza nelle corrispondenze formali

~p←→ −ih ∂

∂~x, E ←→ ih

∂t,

essendo noto il significato dei simboli in gioco (grazie anche alla relazione fenomenologica di

Einstein-De Broglie ~pd~x−Edt = h(~k−ωdt)[1]). Da questa corrispondenza si ricava anche

un’altra importante associazione, quella tra grandezze fisiche e operatori differenziali su un

opportuno spazio di funzioni. Si introduce quindi il concetto di ` simbolo ´ di un operatore,

ovvero di una applicazione definita sull’insieme degli operatori (su un opportuno spazio di

funzioni H) a valori nell’insieme delle funzioni regolari F(S)(reali) su una varieta S (dove

e definita una dinamica classica)

σ : Op(H) −→ F(S).

3

Nel caso particolare di una particella non relativistica in un potenziale, per cui l’energia

vale E = p2

2m + V (x), le regole formali date in precedenza forniscono la celebre equazione

di Scrhodinger

ih∂

∂tψ =

(− h2

2m4+V (x)

)ψ.

La applicazione σ puo essere fornita in diversi modi2 : in questa dissertazione mostreremo

come il formalismo dei sistemi di Weyl fornira una via alla ` quantizzazione ´ che non poggia

sulla meccanica classica ma che si basa sulla interpretazione gruppale delle strutture in

gioco. Per quanto riguarda lo studio della meccanica quantistica che incorpora lo spin (nel

caso non relativistico) sfruttando la struttura di prodotto semidiretto tra gruppi SU(2)⊗ρL

(dove ρ e l’azione di SU(2) su L che conserva la struttura simplettica e L rappresenta il

gruppo delle traslazioni, Appendice 2) si ritroveranno le corrispondenze

xa ←→(xa 00 xa

)pa ←→

(−ih ∂

∂xa0

0 −ih ∂∂xa

)

che definiranno un ` simbolo ´ da cui, a partire dalla considerazione dell’operatore associato

all’equazione di Pauli si ricavera la Hamiltoniana di una particella con spin (non relativis-

tica) immersa in un campo magnetico. Attraverso l’introduzione di uno spazio delle fasi

esteso, si otterra una formulazione hamiltoniana classica delle equazioni del moto per la

particella con spin. Mediante opportune identificazioni si otterra il processo opposto di

` quantizzazione .

2una prescrizione possibile e rappresentata dal simbolo

σ : Op(H) −→ F(S)

σ(D) = e−ih pµxµ

Deih pµxµ

.

4

1. Meccanica Classica

Sezione 1

1.1 Richiami di Meccanica Classica3

Esiste una profonda differenza tra la formulazione classica e quantistica della dinamica

di un sistema fisico , tuttavia si presuppone che esista un principio di corrispondenza per

cui il formalismo classico possa essere considerato un caso limite di quello quantistico. In

Meccanica Classica l’evoluzione dinamica di un sistema fisico puo essere rappresentata da

un’insieme di trasformazioni , parametrizzate dal tempo t , dello spazio degli stati S in se

Dt : S −→ S ,

devono essere verificate le proprieta per cui

D0 = 1 , Dt+t′ = Dt Dt′ = Dt′ Dt ,

(con legge di composizione di applicazioni) e

Dt−1 = D−t ,

se le Dt sono invertibili. Se si schematizza l’insieme degli stati del sistema con una certa

varieta , l’evoluzione dinamica puo essere riguardata come un gruppo ad un parametro di

diffeomorfismi su S . Le quantita `misurabili ´ relative al sistema fisico sono rappresentate

in modo ovvio come funzioni a valori reali sullo spazio degli stati. Si puo introdurre

il formalismo Hamiltoniano in tale ambiente definendo un’applicazione sullo spazio delle

funzioni differenziabili F(S)

, : F(S)×F(S) −→ F(S)

essa viene chiamata parentesi di Poisson. Tale applicazione deve essere bilineare antisim-

metrica e deve soddisfare l’identita di Jacobi

3Per una dimostrazione rigorosa di tutti i risultati contenuti in questa sezione consultare [3]

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1. Meccanica Classica

f, g = −g, f (1.1)

f + h, g = f, g+ h, g , h, f + g = h, f+ h, g (1.2)

f, g, h+ g, h, f+ h, f, g = 0 (1.3)

per ogni terna di funzioni f,g h ∈ F(S). Vale inoltre la regola di Leibniz rispetto al prodotto

ordinario tra funzioni

fg, h = fg, h+ f, hg. (1.4)

In virtu delle proprieta (1.1), (1.2) e (1.3) le parentesi di Poisson definiscono un algebra

di Lie4 su F(S). Una applicazione φ : S −→ S e definita canonica se conserva le parentesi

di Poisson, ovvero , considerando che essa agisce sulle funzioni in questo modo (φ?f)(ξ) =

f(φ−1(ξ)) se

φ? f, g = φ?f, φ?g.

Grazie alla regola di Leibniz (1.4), fissata una funzione H ∈ F(S) l’applicazione

,H : F(S) −→ F(S)

e una derivazione (vedi Appendice 1) su F(S) . Si puo dimostrare che ad ogni derivazione

regolare e possibile dare la forma di campo vettoriale ([1] e Appendice 1) . Alla derivazione

di Poisson teste definita si associa un campo vettoriale XH tale che

f,H = XHf.

Il campo XH viene detto Hamiltoniamo rispetto alla parentesi di Poisson , . In una

carta locale su S le componenti del campo sono date da

ξa = ξa,H

4Uno spazio vettoriale E sul campo reale o sul campo complesso si dice algebra di Lie se esiste un’appicazione

bilineare spesso denotata da [ , ], tale che, per ogni terna di vettori u,v,w appartenenti ad E

[u, v] = −[v, u] [u, [v, w]] = [[u, v], w] + [v, [u,w]]

ovvero sia antisimmetrica e valga l’identita di Jacobi.

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1. Meccanica Classica

infatti (in generale il campo XH ha la forma XH = ξa ∂∂ξa )

ξa,H = XHξa = ξa ∂

∂ξaξa = ξa

si ha XH = ξa,H ∂

∂ξa.

La parentesi di Poisson tra due funzioni risulta

f, g = Xgf = −Xfg = f, ξb ∂

∂ξb=

∂f

∂ξaξa, ξb ∂g

∂ξb

dove la seconda eguaglianza e giustificata dall’antisimmetria. Basta definire le parentesi

di Poisson sulle funzioni coordinate

ξa, ξb.

Esse definiscono le componenti di un tensore antisimmetrico 2–volte controvariante [1]

detto tensore di Poisson

Λab ≡ ξa, ξb ovvero Λ ≡ Λab ∂

∂ξa⊗ ∂

∂ξb

e si ha

Λ(df, dg) = f, g.

La parentesi di Poisson di due funzioni f e g puo dunque essere riguardata come il prodotto

scalare dei loro gradienti, rispetto ad una metrica antisimmetrica. Un campo vettoriale su S

e detto canonico se e il generatore infinitesimale di una trasformazione canonica . Per come

e stato definito , un campo Hamiltoniano e anche canonico, cosı l’evoluzione generata da un

campo vettoriale Hamiltoniano conserva le parentesi di Poisson . La forma infinitesimale

delle equazioni di evoluzione per un’osservabile f corrispondente ad un sistema dinamico

(associato ad una Hamiltoniana H) nel formalismo Poissoniano e

df

dt= f,H.

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1. Meccanica Classica

Se la matrice Λab risulta globalmente invertibile e siamo in uno spazio di dimensione pari

e possibile introdurre in maniera naturale una struttura simplettica su S , si ha

Λabωbc = δac .

Si e qui introdotto un tensore antisimmetrico 2-volte covariante

ωabdξa ⊗ dξb.

Inoltre, la richiesta che Λ soddisfi l’identita di Jacobi si traduce nella proprieta di chiusura

dω = 0.

ω risulta una 2–forma chiusa ,non degenere ,antisimmetrica ,dunque una forma sim-

plettica. Un campo vettoriale X si dice localmente Hamiltoniano se e generatore infinites-

imale di trasformazioni simplettiche, cioe se (per la derivata di Lie LX si veda Appendice

1 e [1])

LXω = 0 (la 2-forma si conserva lungo le curve integrali del campo),

utilizzando l’identita di Cartan LX = iXdω + diXω si ha

LXω = diXω = 0 (grazie alla proprieta di chiusura).

Un campo vettoriale X si dice globalmente Hamiltoniano se la 1–forma iXω e non solo

chiusa ma anche esatta

iXω = dH.

Una dinamica classica ha una formulazione Hamiltoniana se e rappresentata a livello in-

finitesimo da un campo vettoriale Hamiltoniano.

Esempio. 1.1. Se Q e lo spazio delle configurazioni di un sistema Newtoniano

conservativo le cui equazioni del moto si scrivono

va = F a(qi, vj)

qa = va

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1. Meccanica Classica

conqa ≡ ( variabili di posizione)va ≡ ( variabili di velocita )

allora sul fibrato cotangente T?Q (qa sono ancora le coordinate su Q e le pb sono adesso

le coordinate sullo spazio cotangente) l’evoluzione risulta simplettica definendo

Λab ≡ qa, pb = δa

b , Λ =∂

∂qa∧ ∂

∂pa, ω = dqa ∧ dpa.

Le equazioni del moto (in un sistema di coordinate definito canonico) risultano

d

dtqa = pa,

d

dtpa = − ∂U

∂qa,

e possono essere scritte in termini del campo vettoriale Hamiltoniano

d

dt= qa,H ∂

∂qa+ pa,H

∂pa, (1.5)

ossiad

dt=∂H

∂pa

∂qa− ∂H

∂qa

∂pa(1.6)

associato alla funzione di Hamilton H = 12p

apa + U(qa)

d

dtqa = qa,H = pa =

∂H

∂pa,d

dtpa = pa,H = − ∂U

∂qa= −∂H

∂qa.

Osservazione. Si puo sempre considerare uno spazio vettoriale simplettico (S, ω) tale

che sia uno spazio omogeneo per l’azione transitiva e libera (vedi Appendice 2) del gruppo

delle traslazioni. Considerato un sistema di coordinate globali su S (qa, pb) tale che sia

canonicamente adattato a tale azione (ovvero le traslazioni corrispondono a trasformazioni

canoniche :Vedi Nota) le funzioni coordinate generano i campi vettoriali Hamiltoniani che

rappresentano tale gruppo delle traslazioni

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1. Meccanica Classica

qa −→ Xqa = − ∂

∂pa(trasla nelle ` p ) (1.7)

pa −→ Xpa=

∂qa(trasla nelle ` q ). (1.8)

Nota. Cerchiamo di chiarire l’osservazione appena fatta. Consideriamo lo spazio degli

stati dato da R4 ×R4?

parametrizzato nelle coordinate (qa, pa); una generica funzione

differenziabile su questo spazio H ∈ F(R4 ×R4?

) definisce le equazioni del moto ponendo

dqa

dt=∂H

∂pa,dpa

dt= −∂H

∂qaa = 1..4. (1.9)

L’insieme di queste equazioni rappresenta un sistema differenziale del primo ordine. Se

H soddisfa opportune condizioni di regolarita, per ogni dato iniziale q(0) = q0, p(0) = p0

esiste un’unica soluzione (teorema di Cauchy) per il sistema . Se per ogni condizione

iniziale il sistema ammette soluzione per t ∈ (−∞,∞) si dice che le equazioni formano un

sistema completo (e completo anche il campo vettoriale che le rappresenta) e definiscono

un gruppo ad un parametro di trasformazioni :

Φ : R× (R4 ×R4?

) −→ R4 ×R4?

(t, q0, p0) −→ (q(t), p(t)).

La funzione di Hamilton H e spesso identificata con l’energia del sistema fisico considerato,

tuttavia questa procedura puo essere applicata ad ogni funzione indipendentemente dal

significato fisico ad essa associato . Percio appropriate funzioni regolari generano gruppi

ad un parametro di trasformazioni canoniche sullo spazio degli stati (spazio delle fasi).

Esempio 1.2. Su R3 ×R3?

consideriamo la funzione

L = q1p2 − q2p1

le equazioni di Hamilton associate ad essa sono date da

dq1

ds= −q2 ,

dq2

ds= q1 ,

dq3

ds= 0 ,

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2. Meccanica Quantistica

dp1

ds= −p2 ,

dp2

ds= p1 ,

dp3

ds= 0 ,

fissando le condizioni iniziali q(0) = q0 e p(0) = p0 troviamo

(q1(s)q2(s)

)=(

cos(s) − sin(s)sin(s) cos(s)

)(q1(0)q2(0)

); q3(s) = q3(0)

(p1(s)p2(s)

)=(

cos(s) − sin(s)sin(s) cos(s)

)(p1(0)p2(0)

); p3(s) = p3(0)

Esempio 1.3. La funzione f = pa da luogo alle sueguenti equazioni del moto (sfruttando

le eq. (1.9))

dqa

ds= 1 ,

dpa

ds= 0

Il campo vettoriale ad esse associato e dato da ( equazioni (1.5) (1.6))

Xpa =∂

∂qa

di nuovo, fissando i dati iniziali (qa(0), pa(0)) = (q0, p0) si ha la soluzione

qa = qa(0) + s , pa(s) = pa(0).

che ovviamente definisce una traslazione nelle ` q . Si vede facilmente che, considerando

f = qa, si ottiene una ` traslazione nelle p . In entrambi gli esempi abbiamo ottenuto un

gruppo ad un paramentro di trasformazioni canoniche.

Sezione 2

2.1 Sistemi di Weyl

In Meccanica quantistica la dinamica di un sistema fisico e formulata in maniera del

tutto differente .

(1) Gli stati del sistema sono rappresentati da raggi [8] (classi di equivalenza di vettori

normalizzati che differiscono solo per un fattore di fase ) in uno spazio vettoriale complesso

(spazio di Hilbert) separabile (dimensioni infinito–numerabili) HS . Un raggio coincide

11

2. Meccanica Quantistica

quindi con un sottospazio monodimensionale dello spazio vettoriale in questione e l’insieme

di tutti i raggi di HS costituisce lo spazio proiettivo HSC∗ dove C∗ = C− 0. Questo e il

nostro spazio ambiente.

(2) Le osservabili schematizzate come operatori autoaggiunti su HS(indicheremo per

brevita d’ora in poi lo spazio dei raggi con H)

(3) L’evoluzione temporale e rappresentata da trasformazioni unitarie (conservanti

cioe la struttura Hermitiana su H). L’esempio piu semplice di spazio ambiente in un

contesto quantistico e lo spazio delle funzioni definite su R3 ×R ↔ (x, y, z, t) (t e un

parametro) a valori complessi il cui modulo quadro sia integrabile secondo la misura di

Lebesgue invariante per traslazioni (L2(R3))

∫|f(x)|2dx <∞.

Poiche le quantita fisicamente significative sono i moduli quadri delle funzioni d’onda (den-

sita di probabilita : Interpretazione di Born) si spiega la corrispondenza tra stati e raggi

dello spazio di Hilbert. Il principio di corrispondenza ci suggerisce di postulare che nella

teoria quantistica i gruppi generati dagli operatori associati alle variabili posizione e mo-

mento abbiano le stesse caratteristiche di quelli ` classici (generati dalle funzioni coordinate

qa e pa)ovvero

(1)traslino, rispattivamente, nei momenti e nelle posizioni. Si vedano le (1.7) e (1.8).

(2)conservino la struttura geometrica dello spazio degli stati (I gruppi ` classici ´ sono

simplettici (conservano la struttura simplettica ω). I gruppi ` quantistici ´ devono conser-

vare la struttura Hermitiana dello spazio di Hilbert (come vedremo saranno unitari).

Vediamo come la definizione di sistema di Weyl ci permetta di realizzare tale analogia

e di ritrovare da un punto di vista teoretico-gruppale le corrispondenze

qa ↔ qa

pa ↔ −ih ∂

∂qa

12

2. Meccanica Quantistica

definite per introdurre l’equazione di Schrodinger attraverso il simbolo σ di un operatore

differenziale. Il punto di partenza e l’osservazione che l’algebra delle osservabili quanti-

stiche (causa Principio di Indeterminazione) non e commutativa : valgono le relazioni di

commutazione canonica tra le variabili di posizione e momento

[qa, pb] = ihδab 1I. (2.1)

Dal punto di vista dell’analisi funzionale si puo subito dimostrare che tale relazione risulta

` ill-defined . Dati, in generale, due operatori5 A e B che soddisfano le regole di commu-

tazione canonica

[A, B] = c1I c ∈ C (2.2)

si dimostra (teorema di Wintner) che almeno uno di essi e un’operatore non limitato.

Applicando ripetutamente la (2.2) per induzione si ha

ABn − BnA = cnBn−1 n ∈ N. (2.3)

Se per assurdo A e B fossero entrambi limitati (potendo cosı definire una norma) applicando

la diseguaglianza triangolare alla (2.3) si ha

n|c|‖Bn−1‖ ≤ 2‖A‖‖Bn‖ ⇐⇒ n|c|‖B‖n−1 ≤ 2‖A||‖B‖n ⇒

∀n ‖A‖‖B‖ ≥ n

2|c|.

Supposto A limitato, la norma di B risulterebbe, pertanto, maggiore di un numero grande

a piacere, implicando che B sia non limitato contrariamente all’ipotesi di partenza. Una

conseguenza immediata e che nella (2.1), mentre il membro di destra (essendo l’identita)

5Si supporra di trattare operatori (A,DA) chiusi: un operatore (A,DA) su uno spazio di Hilbert H

con DA ⊂ H si dice chiuso se

∀fn ⊂ DA :fn → fAfn → Φ ⇒

f ∈ DA

Af = Φ .

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2. Meccanica Quantistica

risulta definito su tutto H il membro di sinistra risulta necessariamente non limitato,

dunque, per un teorema di analisi funzionale6, non definito su tutto H. Correttamente le

(2.1) dovrebbero essere riformulate nel modo seguente

[qa, pb] ⊂ ihδab 1I

nel senso che per i vettori ϕ appartenenti al dominio del commutatore [qa, pb], esso agisce

come multiplo dell’operatore identita. Questa espressione risulta poco trattabile, data

l’ignoranza sul dominio del commutatore. Weyl penso di dare una veste ` esponenziata ´

alle regole di commutazione canonica, nel modo seguente . Ricordiamo innanzitutto che

uno spazio vettoriale simplettico di dimensione finita e una coppia (S, ω) dove S e uno spazio

vettoriale e ω una forma simplettica (come s’e visto nella sezione 1, la non degenerazione

di ω implica che S e necessariamente di dimensione pari ). Un sistema di Weyl per (S, ω)

e un’applicazione di dominio S a valori nell’insieme degli operatori unitari U(H) su H.

D : S −→ U(H)

tale che

(1) D e fortemente continua (verra chiarito in seguito)

(2) per ogni coppia di vettori z,u in S

D(z + u) = e−i2h ω(z,u)D(z)D(u). (2.4)

Dovendo essere

D(z + u) = D(u+ z)

dalla (2.4) risulta

D(z)D(u) = eih ω(z,u)D(u)D(z) , (2.5)

infatti

D(z + u) = e−i2h ω(z,u)D(z)D(u) = e−

i2h ω(u,z)D(u)D(z) = D(u+ z)

6il Teorema di Hellinger-Toeplitz afferma che un’operatore chiuso (A,DA) ,definito in uno spazio di Hilbert

H e tale che DA = H ,e limitato (per la dimostrazione consultare [4])

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2. Meccanica Quantistica

e per l’antisimmetria di ω si ha la (2.5). Se lo spazio vettoriale S e visto come lo spazio che

rappresenta il gruppo di Lie delle traslazioni (la struttura di spazio vettoriale (addizione)

conferisce ad S struttura di gruppo di Lie (Appendice 2) isomorfo ad (R2N,+)),un sistema

di Weyl puo essere visto come una rappresentazione unitaria proiettiva del gruppo delle

traslazioni (Appendice 2)(si pensi alla (2.4)). Il fattore di fase e legato alla struttura

simplettica ω. Per questo motivo gli operatori D sono detti operatori di Traslazione.

Consideriamo un sottospazio unidimensionale di S con α e β ∈ R si ha

D(αz)D(βz) = D((α+ β)z)

ovvero ancora per l’antisimmetria di ω il fattore di fase si cancella . D(αz) (z fisso) e un

gruppo ad un parametro di operatori unitari su H fortemente continuo:

si ha che limt→t0

D(tz)ϕ = D(t0z)ϕ ∀ϕ ∈ H.

Vale il teorema di Stone7 il quale afferma che ogni gruppo ad un parametro di operatori

unitari fortemente continuo si puo scrivere come esponenziale di un operatore G

D(αz) = eih G(z)

che risulta essenzialmente autoaggiunto sull’insieme delle ϕ ∈ H per cui esista il limite

limt→0

h

i

D(tz)ϕ− ϕ

te sia uguale a G(z)ϕ.

Tale operatore viene detto generatore infinitesimale del gruppo. In virtu della definizione

di sistema di Weyl (propieta (2.4)) si ha

G(αz) = αG(z) (G e lineare rispetto a z).

Sfruttando questa proprieta dei generatori infinitesimi, la linearita di ω e applicando il

teorema di Stone, dalla (2.5) si ha

eih αG(z)e

ih βG(u) = e

ih αβω(z,u)e

ih βG(u)e

ih αG(z). (2.6)

7per una dimostrazione si veda [6]

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2. Meccanica Quantistica

Nell’approccio alla Weyl ogni sottospazio unidimensionale di S corrisponde ad un gruppo

ad un parametro di operatori unitari; essendo unitari e quindi limitati essi non soffrono

dei problemi di dominio caratteristici degli operatori non limitati. La relazione (2.6) rap-

presenta la forma alla Weyl delle regole di commutazione canonica, la cosiddetta forma

` esponenziata . Per α e β piccoli si ha

[1 +

i

hαG(z) + o(α2)

] [1 +

i

hβG(u) + o(β2)

]=[1 +

i

hαβω(z, u) + o(αβ2)

×[1 +

i

hβG(u) + o(β2)

] [1 +

i

hαG(z) + o(α2)

]eseguendo i prodotti e raccogliendo i termini di ordine non superiore al secondo si ottiene

[G(z), G(u)] = ihω(z, u)1I. (2.7)

Questo calcolo ha solo una natura euristica : Si puo provare [6] rigorosamente che se D(z)

definisce un sistema di Weyl per (S, ω), i cui generatori G(z) sono autoaggiunti per ogni

z,u ∈ S , esiste un dominio D denso in H per cui

[G(z), G(u)]ϕ = ihω(z, u)1Iϕ ∀ϕ ∈ D.

Questa e la formulazione esatta delle regole (2.1). In altri termini le relazioni di com-

mutazione canonica possono essere viste come versione infinitesima della forma ` esponen-

ziata ´ alla Weyl. Fino ad ora si e definito un sistema di Weyl su di uno spazio di Hilbert

astratto, adesso si vuole realizzarlo concretamente.

2.2 La rappresentazione di Schrodinger

Sia L uno spazio vettoriale finito dimensionale, L∗ il suo duale. La loro somma di-

retta S ≡ L ⊕ L∗ sostiene in maniera naturale una struttura simplettica. Un generico

elemento di S e dato dalla coppia (x, λ) dove x ∈ L e λ ∈ L∗. Si verifica facilmente

che ω(z, z′) ≡ ω((x, λ), (x′, λ′)) = λ′(x) − λ(x′) definisce una forma simplettica su S.

Se consideriamo S come una varieta essa risulta isomorfa al fibrato cotangente costru-

ito su L : S ' T ?(L). I vettori z ∈ S possono essere scritti in una carta globale come

16

2. Meccanica Quantistica

z ≡ (qa, pb) ⇒ (punto, covettore). Questa notazione indica (con a,b=1..dim(L)) che qa

sono le coordinate su L e pb quelle su L∗. Si dimostra che in tale carta la forma simplettica

puo assumere sempre la forma (detta di Darboux) ω = dqa ∧ dpa (cosı le relazioni (2.7)

assumeranno la forma (2.1)). Realizziamo H come L2(L, dx), ovvero come lo spazio di

Hilbert delle funzioni a quadrato integrabile rispetto alla misura di Lebesgue dx. Possono

essere definiti due gruppi ad un parametro di operatori unitari (Appendice 2):

(U(q)ψ)(x) = ψ(x+ q)

(V (p)ψ)(x) = eih (p,x)ψ(x)

(1) q e un vettore8 di coordinate qa indicante un elemento di L;

(2) p e un covettore di coordinate pb indicante un elemento di L∗

(3)ψ e un vettore dello spazio di Hilbert L2(L, dx).

(4)(p,x) rappresenta l’azione del covettore p su x.

Poiche vale

U(q + q′) = U(q)U(q′)

U(q) e una rappresentazione unitaria ` fedele (Appendice 2) del gruppo delle traslazioni

(L,+). Essendo L isomorfo a L∗, V (p) puo essere a sua volta considerato una rappresen-

tazione unitaria fedele di (L∗,+). Queste due rappresentazioni non commutano

(U(q)V (p)ψ)(x) = (V (p)ψ)(x+ q) = eih (p,x+q)ψ(x+ q)

(V (p)U(q)ψ)(x) = eih (p,x)(U(q)ψ)(x) = e

ih (p,x)ψ(x+ q)

si ha

U(q)V (p) = eih (p,q)V (p)U(q). (2.8)

In questa espressione (p,q) puo essere considerata l’immagine della 2-forma ω sulla coppia

di vettori di S data da (q,0) e (0,p), infatti vale ω((q, 0), (0, p)) = (q, p) e si ottiene

U(q)V (p) = eih ω((q,0),(0,p))V (p)U(q).

8per semplicita di calcolo si sopprimeranno gli indici a per qa

e b per pb

17

2. Meccanica Quantistica

Sia adesso

D(q, p) = U(q)V (p)e−i2h (p,q) (2.9)

un set di operatori unitari su H , si vede facilmente che essi rappresentano un sistema di

Weyl per (S, ω) dove S ≡ L⊕ L∗, infatti deve essere verificato che

D(z + u) = e−i2h ω(z,u)D(z)D(u). (2.4)′

nel nostro caso si ha

D((q, p) + (q′, p′)) = D((q + q′, p+ p′)) = U(q + q′)V (p+ p′)e−i2h (p+p′,q+q′) =

= U(q)(U(q′)V (p)

)V (p′)e−

i2h [(p,q)+(p,q′)+(p′,q)+(p′,q′)] =

sfruttando la (2.8) si ha

= U(q)(V (p)U(q′)

)V (p′)e−

i2h [−2(p,q′)+(p,q)+(p,q′)+(p′,q)+(p′,q′)]

= U(q)V (p)e−i2h (p,q)U(q′)V (p′)e−

i2h (p′,q′)e−

i2h [(p,q′)−(p′,q)]

= e−i2h ω((q,p),(q′,p′))D(q, p)D(q′, p′).

Applicando l’operatore D(q, p) ad una ψ si ottiene (da (2.9))

(D(q, p)ψ

)(x) = e−

i2h (p,q)e

ih (p,x+q)ψ(x+ q) = e

i2h (p,q)e

ih (p,x)ψ(x+ q)

Tornando adesso ai gruppi unitari a n parametri U(q) e V (p) (ricordiamo che abbiamo

soppresso gli indici) restringendoci al caso di una singola componente, i valori di q e p

si possono considerare come parametri infinitesimi , ottenendo cosı la forma esplicita dei

generatori

U(q) ≡ eih qP −→ (Pψ)(x) = lim

q→0

h

i

(U(q)ψ)(x)− ψ(x)q

=h

i

d

dxψ(x)

V (p) ≡ eih pQ −→ (Qψ)(x) = lim

q→0

h

i

(V (p)ψ)(x)− ψ(x)p

= xψ(x).

18

2. Meccanica Quantistica

Si sono trovate le corrispondenze

Q↔ x

P ↔ −ih ∂

∂x.

Si e sfruttato il principio di corrispondenza per cui

(1) U(q) ` traslando ´ nelle posizioni (argomento della funzione d’onda) deve avere

come generatore infinitesimale l’operatore P corrispondente al momento quantistico;

(2) V (p) ` traslando nei momenti ´ (se realizziamo lo spazio di Hilbert come L2(L∗, dp) i

ruoli di U e V si scambiano) ha come generatore infinitesimale l’operatore Q corrispondente

alla ` posizione ´ quantistica.

Le relazioni di commutazione tra Q e P , ricordando che per il teorema di Darboux

ω →(

0 1−1 0

)risultano

[Qa, Pb] = ihδab 1I. (2.1)′

Queste sono proprio le relazioni di commutazione canonica nella cosiddetta Schrodinger

picture. Gli operatori di traslazione assumono la forma (a meno di un fattore di fase)

D(q, p) = eih (paQa+qbPb).

L’approccio alla Weyl sottolinea l’interpretazione gruppale dello spazio delle fasi come

spazio che rappresenta il gruppo delle traslazioni. In questo schema gli operatori associati

alle osservabili quantistiche di posizione e momento sono stati recuperati come generatori

di una rappresentazione unitaria proiettiva di tale gruppo sullo spazio di Hilbert. La realiz-

zazione esplicita del sistema di Weyl associata allo spazio vettoriale simplettico Rn ×Rn?

(Scrodinger picture) parametrizzato in (qa, pb) ci ha fornito di nuovo le corrispondenze

qa ↔ qa,

pa ↔ −ih ∂

∂qa,

19

2. Meccanica Quantistica

ovvero una ` quantizzazione ´ delle funzioni coordinate qa, pb.

Esse permettono di definire un simbolo per operatori differenziali su R4 (parametriz-

zato in coordinate canoniche (xk, t, pk, E))

σ : D −→ T ?(R4)

tale che

σ(D) = e−ih pµxµ

Deih pµxµ

,

il quale permette di associare alla funzione E = p2

2m + V (x) (moto ` classico ´ di una

particella in un potenziale) un operatore che agisce su un opprtuno spazio di funzioni

(equazione di Schrodinger)

ih∂

∂tψ =

(− h2

2m4+V (x)

)ψ.

L’applicazione simbolo definisce un isomorfismo tra lo spazio vettoriale degli operatori dif-

ferenziali e quello dei polinomi ordinati. Solo in questo senso e invertibile. Cio e legato

al fatto che non sussiste un omomorfismo8 tra l’algebra (non commutativa) degli opera-

tori differenziali e l’algebra (commutativa) dei polinomi. Un omomorfismo tra algebre si

puo ottenere solo se si considerano operatori differenziali a coefficienti costanti, oppure

generatori (dello spazio vettoriale degli operatori) commutanti.

Osservazione. La rappresentazione di Schrodinger dei sistemi di Weyl fornisce (lo si

puo dimostrare [10]) una rappresentazione unitaria irriducibile del gruppo delle traslazioni:

cio significa chiedersi se esistono sottospazi di L2(L, dx) invarianti sotto l’azione D(z) (per

ogni z appartenente ad S).

8Dati due spazi vettoriali A e A’ con una struttura di algebra di Lie, un’applicazione lineare f : v ∈ A→

f(v) ∈ A′ e detta omomorfismo se

[f(v1), f(v2)] = f([v1, v2])

dove v1 v2 appartengono ad A . Un omomorfismo biettivo e detto isomorfismo; due algebre sono isomorfe se

esiste un isomorfismo tra di loro.

20

2. Meccanica Quantistica

Esempio dei polinomi di Hermite. Le funzioni di Hermite costituiscono una

base ortonormale in L2(R, dx) e sono date essenzialmente da Hn(x) = Pn(x)e−x22 dove

le Pn(x) sono i polinomi di Hermite. Ogni funzione di Hermite sottende (considerato

come vettore in H) un sottospazio unidimensionale dello spazio di Hilbert. Comunque

si prende un insieme finito di Hn (e quindi un sottospazio finito dimensionale di H) le

operazioni di moltiplicazione e di derivazione fanno uscire ` fuori ´ da questo sottospazio.

Quest’osservazione puo dare solo un ’idea qualitativa sull’irriducibilita.

2.3 Rappresentazione dei momenti e Teorema di Von Neumann

Esistono altre rappresentazioni , o meglio , altre realizzazioni dei sistemi di Weyl?

Saremmo potuti partire dallo spazio vettoriale simplettico Rn? ×Rn ' Rn ×Rn?

e quindi

considerare come variabili indipendenti i momenti pa e non le posizioni qa , realizzando la

spazio di Hilbert come L2(L∗, dx). Avremmo ottenuto la cosiddetta picture dei momenti

riottenendo le corrispondenze

Pa ↔ pa

Qa ↔ ih∂

∂pa

definendo un simbolo σmomenti : DR4? −→ T ?(R4?) (DR4? indica l’insieme degli operatori

differenziali su R4) e ottenendo una rappresentazione unitaria irriducibile del gruppo delle

traslazioni. Che legame esiste tra la picture dei momenti e quella di Scrhodinger? o piu in

generale tra rappresentazioni unitarie irriducibili delle regole di commutazione canonica?

Vale questo fondamentale risultato conosciuto come teorema di Von Neumann. Se U(q)

e V (p) sono due gruppi ad un parametro di operatori unitari fortemente continui che

soddisfano, in una rappresentazione irriducibile su uno spazio di Hilbert H′, la forma alla

Weyl delle relazioni di commutazione canonica

U(q)V (p) = eih (q,p)V (p)U(q)

allora esiste un’isometria (operatore unitario)

S : H′ −→ H = L2(R, dx)

21

2. Meccanica Quantistica

tale che, per ogni ψ ∈ H, si ha

(SU(q)S−1

)(x) = ψ(x+ q)

(SV (p)S−1

)(x) = e

ih (p,q)ψ(x).

Ogni rappresentazione irriducibile di (S, ω) e unitariamente equivalente alla rappresen-

tazione di Schrodinger. Nel caso della rappresentazione dei momenti l’unitaria equivalenza

e realizzata dall’operatore di Fourier-Plancherel [4]. Questo e valido solo se lo spazio

simplettico di partenza e finito dimensionale . In termini di generatori (operatori autoag-

giunti) tale teorema afferma che se Qi, Pi ,Q′i, P′i (i=1..3) sono due sistemi di operatori

che agiscono negli spazi di Hilbert H e H′ soddisfano le regole di commutazione (2.1) e

sono irriducibili9nei rispettivi spazi, allora esiste un isomorfismo S di H in H′ tale che10

Q′i = SQiS−1 , P ′i = SPiS−1.

L’isomorfismo e determinato a meno di un fattore numerico di modulo uno. Una con-

seguenza fondamentale di questo teorema e che gli operatori di posizione e momento sono

determinati dalle regole di commutazione canonica a meno della scelta dello specifico spazio

di Hilbert in cui si vogliono far agire. In generale, supponendo di avere una grandezza os-

servabile F relativa al sistema quantistico in esame, rappresentata da una specifica funzione

degli operatori di posizione e momento

F = F (xi, pi) (2.10)

9Si ricorda che un sistema di operatori A,B,C ..in uno spazio di HilbertH e irriducibile se non esiste alcun

sottospazio proprio M di H che sia simultaneamente invariante per l’azione degli operatori del sistema.10

Ricordiamo che per isomorfismo fra due spazi di Hilbert H e H′si intende un applicazione S lineare,

biunivoca di H su H′, che conserva il prodotto scalare cioe tale che

〈f ′|g′〉 = 〈Sf ′|Sg′〉 = 〈f |g〉.

Nel caso in cui H′coincida con H, S si identifica con una trasformazione unitaria.

22

2. Meccanica Quantistica

per stabilire tutte le quantita di interesse fisico (gli autovalori delle osservabili e le prob-

abilita che un esperimento dia determinati risultati (modulo quadro del prodotto scalare

tra autostati dell’osservabile e stato del sistema)) risulta sufficiente fornire le regole di

commutazione canonica (2.1) e la forma funzionale (2.10) che esprime la dipendenza delle

grandezze in questione dai suddetti operatori. Un importante applicazione delle consid-

erazioni precedenti e data dalla possibilita di ricavare lo spettro dell’oscillatore armonico

quantistico utilizzando solamente l’espressione dell’hamiltoniana

H =1

2mp2 +

12ω2x2

e la relazione

[x, p] = ih1I.

attraverso gli operatori di costruzione e distruzione a† e a. Il teorema di von Neumann e

di fondamentale importanza nel problema di ` Quantizzare ´ un sistema classico.

2.4 Trasformazioni lineari simplettiche ed operatori unitari.

Come visto nella prima sezione, alla dinamica di un sistema fisico ` classico ´ si puo

dare una descrizione Hamiltoniana introducendo una funzione H su (S, ω) , detta funzione

di Hamilton , considerando il campo Hamiltoniano ad essa associato, dunque la trasfor-

mazione simplettica (associata al campo) che descrive il moto del sistema. Bisogna capire

cosa succede sullo spazio degli operatori unitari U(H) se si opera una trasformazione sim-

plettica T su (S, ω). La trasformazione T oltre ad essere simplettica deve essere lineare in

quanto bisogna rispettare la struttura del sistema di Weyl che e costruito , lo ricordiamo

, sullo spazio vettoriale simplettico (S, ω). Agendo con tale trasformazione T su S si ha

dalla (2.4)

D(Tz + Tz′) = D(Tz)D(Tz′)ei2h ω(Tz,Tz′)

in virtu della simpletticita di ω e della linearita di T

D(T (z + z′)) = D(Tz)D(Tz′)ei2h ω(z,z′)

E possibile adesso definire

D(Tz) ≡ DT (z)

23

2. Meccanica Quantistica

ottenendo

DT (z + z′) = DT (z)DT (z′)ei2h ω(z,z′)

questo significa che DT e un nuovo sistema di Weyl per (S, ω) risultando unitariamente

equivalente a D. Questa equivalenza ci permette di associare alla trasformazione T un

automorfismo

νT : U(H) −→ U(H)

ponendo νT

(D(z)

)= D(Tz).

Poiche si dimostra che ogni automorfismo del gruppo degli operatori unitari su uno spazio

di Hilbert puo essere ottenuto per coniugazione con un operatore (anch’esso unitario), a

νT possiamo dare la forma

νT

(D(z)

)= U−1

T D(z)UT

dove UT e un operatore unitario. Anche per i generatori si ha

νT

(G(z)

)= U−1

T G(z)UT .

Utilizzando il teorema di Von Neumann, per calcolare UT possiamo sempre sfruttare la

rappresentazione di Schrodinger : S e dato dalla somma diretta L ⊕ L∗, parametrizzato

nelle (qa, pa) e H=L2(L, dx). Supponiamo che T sia una trasformazione lineare che mappi

M in se secondo la relazione q′a = Oab q

b; pertanto la trasformazione indotta sui covettori

pb (imponendo la conservazione della 1–forma di Liouville dθ = padqa) (si puo dimostrare

che) risulta p′a = Ob−1

a pb ( ovvero i covettori si trasformano con l’inversa trasposta). Per

gli operatori di traslazione D bisogna risolvere rispetto ad UT l’equazione

eih (q′aPa+p′aQa) = U−1

T eih (qaPa+paQa)UT

o anche (passando ai generatori )

(qaP ′a + paQ′a) = (q′aPa + p′aQ

a) = U−1T (qaPa + paQ

a)UT cioe

GT (z) = G(Tz) = U−1T G(z)UT .

24

2. Meccanica Quantistica

Se si considera una dinamica classica su S (nostro spazio simplettico ) che ammette una

descrizione hamiltoniana in termini di una struttura simplettica (in forma canonica) e di

un’Hamiltoniana quadratica, l’evoluzione temporale corrispondente e una trasformazione

lineare simplettica su S. Attraverso il formalismo dei sistemi di Weyl e possibile asso-

ciare all’evoluzione classica T un gruppo ad un parametro UT sullo spazio di Hilbert,

cioe un’evoluzione quantistica. Questa associazione e possibile solo per certe ”dinamiche”

classiche : si considereranno gli esempi delle traslazioni delle rotazioni e dell’oscillatore

armonico. Si otterra un’associazione tra moto classico e ` moto di operatori ´ e questo

punto deve essere chiarito. Cambiare ` riferimento ´ nello spazio S (al quale sono associate

le osservabili ` fisse ´ P e Q : Scrhodinger picture) conservando la struttura simplettica

risultera equivalente a un cambiamento di ` riferimento ´ nello spazio delle osservabili (ope-

ratori autoaggiunti) conseguentemente al passaggio da un sistema di Weyl ad un altro

equivalente. Poiche le regole di commutazione alla Weyl realizzano una rappresentazione

irriducibile delle regole di commutazione canoniche [Q, P ] = ih1I su H, e come se il ` moto

di operatori ´ conservasse una sorta di struttura simplettica (data in sostanza dal commu-

tatore). Per questo motivo tale ` moto ´ avra un aspetto Hamiltoniano in perfetta analogia

col caso classico (equivalenza tra la Schrodinger picture e Heisenberg picture).

Esercizi

2.4.1 Traslazioni.

Nella rappresentazione di Schrodinger : S e dato dalla somma diretta L⊕L∗ parame-

trizzato nelle (qa, pa) e lo spazio di Hilbert degli operatori di Traslazione H = L2(L, dx) .

L’operatore unitario associato alle traslazioni in L gia′ lo conosciamo, e

(Uaψ)(y) = ψ(y + a)

dalla trattazione precedente sulla Schrodinger picture risulta11

Ua = eiaP

11d’ora in poi si lavorera in unita h cioe h=1

25

2. Meccanica Quantistica

cerchiamo la trasformazione Ua indotta sulle osservabili dalla relazione

U−1a D(z)Ua = D(z + a) = Da(z)

ossia iU−1a (qP + pQ)Ua = i(qPa + pQa)

poiche in generale vale

(ei(qP+pQ)ψ

)(x) =

(eipQψ

)(x+ q) = ei(p,x+q)ψ(x+ q)

nel nostro caso risulta (utilizzando le stesse regole formali)

(U−1

a D(z)Uaψ)(x) =

(e−iaP ei(qP+pQ)eiaP

)(x) = ei[(p,x+q)−(p,a)]ψ(x+ q)

per cui risultaP = Pa

Q = Qa + a.

2.4.2 Rotazioni.

Nell’ambiente dei sistemi di Weyl, le rotazioni sono considerate come applicazioni di

S in se dove S e il nostro spazio simplettico . Consideriamo il caso in cui S =R2 ×R2?

e di supporre che la rotazione generica, indicata con R agisca sulle x ∈ R2 (Il gruppo

delle rotazioni nel piano ha una dimensione). Cosa succede alle p ∈ R2?

? Cio che si deve

imporre e che sia una trasformazione simplettica, e si puo vedere, come si e gia osservato,

che esse devono trasformarsi con l’inversa trasposta di R

xα = Rx pα = (R−1α )T pα

ma poiche per definizione di rotazione RαRTα = 1 si ha (R−1

α )T = Rα. La trasformazione

e sicuramente simplettica in quanto

ω((xα, fα), (yα, gα)) = ω((x, f), (y, g))

infatti

fα(yα)− gα(xα) = f(y)− g(x).

26

2. Meccanica Quantistica

Per calcolare l’associata trasformazione unitaria bisogna risolvere l’equazione ( per il gen-

eratore R(z) dell’operatore di traslazione eiR(z) ) rispetto ad Uα

Rα(z) = U−1α R(z)Uα = xPα + fQα = xαP + fαQ.

Derivando rispetto al parametro α si ha (considerando 2 e 4 membro dell’uguaglianza

precedente)

d

(U−1

α R(z)Uα

)∣∣∣α=0

=dxα

∣∣∣α=0

P +dfα

∣∣∣α=0

Q. (1)

Dunque ricordando che Uα ha la forma eiG(z)(per il teorema di Stone ), si ottiene

[Rα(z),

dUα

]α=0

=dxα

∣∣∣α=0

P +dfα

∣∣∣α=0

Q, (2)

che essa deve essere considerata come un’equazione per dUα

∣∣∣α=0

. Dall’esempio 1.2 della

sezione 1 si ha

(x1α

x2α

)=(

cos(α) − sin(α)sin(α) cos(α)

)(x1

x2

)−→ dxα

∣∣∣α=0

=(

0 −11 0

)(x1

x2

)(f1α

f2α

)=(

cos(α) − sin(α)sin(α) cos(α)

)(f1f2

)−→ dfα

∣∣∣α=0

=(

0 −11 0

)(f1f2

),

e dalla (2) si trova (definendo dUα

∣∣∣α=0

≡ Gα=0)

i[x1P1 + x2P2 + f1Q1 + f2Q2, Gα]α=0

= (P1 P2)(

0 −11 0

)(x1

x2

)+

+(Q1 Q2)(

0 −11 0

)(f1f2

)+

Cerchiamo, pertanto, un operatore Gα tale che

P2 = i[P1, Gα]α=0

,

27

2. Meccanica Quantistica

−P1 = i[P2, Gα]α=0

, (3)

Q2 = i[Q1, Gα]α=0

,

−Q1 = i[Q1, Gα]α=0

.

Gα deve essere ovviamente funzione di Qi e Pi e inoltre, poiche il commutatore e una fun-

zione omogenea di grado -2 (cioe associa virtualmente al prodotto P Q (grado 2) l’identita)

deve essere quadratico

Gα=0 = cijQiPj .

Supponendo che [Qi, Pj ] = iδij e inserendo quest’espressione nei commutatori (3) si ha

Gα=0 = Q1P2 − P1Q2.

Si sono ottenute le equazioni per il ` moto ´ degli operatori in questa forma

d

dαQ1 = [Q1, Gα]

α=0

d

dαP1 = [P1, Gα]

α=0

d

dαQ2 = [Q2, Gα]

α=0

d

dαP2 = [P2, Gα]

α=0.

2.4.3 Oscillatore armonico. Nel caso del’oscillatore armonico classico, a differenza delle

rotazioni e delle traslazioni il moto non conserva la separazione S = L⊕L∗, ovvero mescola

le p con le q e viceversa. L’Hamiltoniana classica

H =β2

2m+m

2ω2α2

da luogo all’evoluzione (risolvendo le equazioni di Hamilton)

(αt

βt

)=(

cos(ωt) 1mω sin(ωt)

mω sin(ωt) cos(ωt)

)(αβ

)(4)

28

2. Meccanica Quantistica

Per conoscere la trasformazione unitaria associata a questa trasformazione simplettica

bisogna risolvere l’equazione

νT

(R(α, β)

)= U−1

T R(α, β)UT = (αPt + βQt) = (αtP + βtQ) (5)

Inserendo le espressioni per αt e βt e confrontando 3 e 4 membro della (5), si ottiene

l’evoluzione per gli operatori P e Q

(Qt

Pt

)=(

cos(ωt) 1mω sin(ωt)

mω sin(ωt) cos(ωt)

)(QP

).

A livello infinitesimo , come gia fatto per le rotazioni (derivando rispetto a t) si ha

d

dt

(U−1

t R(α, β)Ut

)∣∣∣t=0

=dαt

dt

∣∣∣t=0

P +dβt

dt

∣∣∣t=0

Q (4)

⇒[R(α, β),

dUt

dt

]t=0

=dαt

dt

∣∣∣t=0

P +dβt

dt

∣∣∣t=0

Q =

dalla (4) =1mβP + (−mω2)αQ

definendo anche in questo caso dUt

dt

∣∣∣t=0

≡ Gt=0, si ha

i[αP + βQ, Gt

]t=0

=1mβP + (−mω2)αQ.

Cerchiamo Gt=0 tale che

i[P , Gt

]t=0

= −mω2Q

i[Q, Gt

]t=0

=P

m.

Gt=0 risulta , in virtu delle regole di commutazione canoniche , quadratico anche in questo

caso e vale (tenendo conto che [Qi, Pj ] = iδij)

Gt=0 = −( P 2

2m+m

2ω2Q2

)= −H.

29

2. Meccanica Quantistica

Considerando che la (4) risulta equivalente alla

dαt

dt

∣∣∣t=0

P +dβt

dt

∣∣∣t=0

Q = αdPt

dt

∣∣∣t=0

+ βdQt

dt

∣∣∣t=0

,

le equazioni di evoluzione per gli operatori appaiono nella forma

d

dtQ = i[Gt, Q]

t=0,

d

dtP = i[Gt, P ]

t=0.

Ut risulta dato da eiHt (operatore di evoluzione temporale nella rappresentazione di

Schrodinger) e l’automorfismo del gruppo degli operatori unitari νT si scrive (facendolo

agire su un generico operatore autoaggiunto A

νT (A) = eiHtAe−iHt

ed equivale proprio al passaggio dalla Schrodinger picture alla Heisenberg picture.

2.5 Sistemi di Weyl con Spin.

Come si e visto, un sistema di Weyl e una applicazione fortemente continua D di uno

spazio simplettico S di dimensione finita nell’insieme degli operatori unitari su uno spazio

di Hilbert, tale che valga la proprieta

D(z + u) = e−i2h ω(z,u)D(z)D(u). (2.4)′

E chiaro, come abbiamo osservato, che si ha una rappresentazione unitaria proiettiva del

gruppo Abeliano (S,+) con un ` moltiplicatore ´ σ associato alla struttura simplettica su S

σ(x, y) = eih ω(x,y).

Una formulazione intrinseca si presta, come si vede dalla definizione, ad una generaliz-

zazione di sistema di Weyl per uno spazio simplettico infinito dimensionale : nel caso in

cui si consideri come spazio di partenza uno spazio di Hilbert (la forma simplettica ω e

30

2. Meccanica Quantistica

data dal coefficiente della parte immaginaria della struttura hermitiana) si implementa il

processo di ` seconda quantizzazione . Tuttavia in questo caso non vale il teorema di von

Neumann, il quale afferma che le rappresentazioni irriducibili di (S, ω) sono tutte unitari-

amente equivalenti solo se lo spazio simplettico in considerazione e finito dimensionale.

Conviene dare una definizione alternativa di sistema di Weyl (equivalente alla precedente),

la quale si basa sulla possibilita di considerare S come la somma diretta L ⊕ L∗ di due

sottospazi vettoriali che hanno la notevole proprieta di essere sottospazi lagrangiani12 di

S, ossia

ω∣∣∣L

= 0 , ω∣∣∣L∗

= 0.

Questa proprieta corrisponde all’annullamento delle parentesi di Poisson delle posizioni

(tra di loro) e dei i momenti (tra di loro). Possiamo pertanto definire due rappresentazioni

unitarie fortemente continue dei sottogruppi L e L∗

U : L −→ ˆU(H) e V : L∗ −→ ˆU(H)

e dire che la coppia (U , V ) rappresenta un sistema di Weyl se

V (f)U(x) = σ′(x, f)U(x)V (f) x ∈ L , F ∈ L∗.

Si osservi che questo schema e stato utilizzato nella introduzione alla Schrodinger picture

dei sistemi di Weyl.

Tenendo in considerazione questa definizione alternativa, cerchiamo di definire la

nozione di sistema di Weyl nel caso della meccanica quantistica delle particelle con spin 12

(caso non relativistico). L’ipotesi che una particella, nel caso concreto l’elettrone, avesse un

momento magnetico ed un momento angolare intrinseci (un nuovo grado di liberta, rispetto

alle consuete variabili di posizione) fu avanzata per la prima volta da Goudsmith ed Ul-

henbeck(1926). Essi notarono che le caratteristiche degli spettri dell’idrogeno e dei metalli

alcalini, sottoposti ad opportuni campi magnetici (struttura fine), non potevano essere

12questa nozione e ben definita nel caso di un numero finito di gradi di liberta(dim(S)<∞) ma puo essere

estesa con opportuni accorgimenti ad un un numero infinito.

31

2. Meccanica Quantistica

spiegati nell’ambito del formalismo standard della meccanica ondulatoria di Scrhodinger.

Essi non conoscevano il concetto di spinore (introdotto da Cartan ) e fu Pauli pochi anni

piu tardi a formulare un equazione (non relativisticamente covariante) che generalizzava

l’equazione di Schrodinger e incorporava lo spin . Come si puo introdurre l’idea dello

spin nel formalismo della meccanica ondulatoria? E naturale anzitutto che una particella

dotata di spin sia descritta come un sistema che possiede come osservabili fondamentali,

oltre alle tre componenti della posizione x,y,z e del momento lineare px, py, pz tre altre

osservabili , Sx, Sy, Sz da interpretarsi come componenti dell’operatore momento angolare

intrinseco S. La discussione fatta sul teorema di von Neumann nel (2.4) suggerisce poi che

tali osservabili fondamentali vadano caratterizzate attraverso le regole di commutazione

degli operatori ad esse associati. Per gli operatori di posizione e momento si postuleranno

senz’altro le usuali regole di commutazione canonica

[xj , xk] = [pj , pk] = 0,

[xj , pk] = ihδjk1I. (2.5.1)

Per quanto riguarda gli operatori Sx, Sy, Sz bisogna ricordare che le tre componenti dello

operatore di momento angolare orbitale di una particella Lx, Ly, Lz soddisfano alle regole

di commutazione

[Lj , Lk] = ihεjklLl.

Esse appaiono percio come caratteristiche del momento angolare come tale e sono in ul-

tima analisi intrinsecamente legate alle connessioni tra questa grandezza e il gruppo delle

rotazioni(algebra di Lie di SO(3) Appendice 2). E naturale allora porre

[Sj , Sk] = ihεjklSl. (2.5.2)

Il fatto che S debba riferirsi in qualche modo ad un grado di liberta interno della par-

ticella, indipendente dal moto traslazionale, porta a postulare la compatibilita delle sue

componenti con la posizione e il momento lineare ,ossia

[xj , Sk] = [pj , Sk] = 0. (2.5.3)

32

2. Meccanica Quantistica

In conclusione si postulera che ad una particella dotata di spin sia associato il sistema

di operatori xk, pk, Sk che hanno il significato fisico sopra discusso , che ubbidiscono alle

regole di commutazione (2.5.1) (2.5.2)(2.5.3) e che formano nello spazio di Hilbert associato

alla particella un sistema irriducibile. Ogni altra osservabile e pensata come funzione di

questi operatori fondamentali. Per il teorema di von Neumann le regole di commutazione

(2.5.1) determinano, sotto il requisito di irriducibilita, gli operatori x e p a meno di una

trasformazione unitaria . Ci si puo domandare in quale misura le (2.5.1) (2.5.2)(2.5.3)

determinino i nuovi operatori fondamentali x, p ed S. Cominciamo con l’osservare a questo

proposito che secondo la (2.5.2) le componenti Sx ,Sy e Sz non sono compatibili tra di loro,

come accade per Lx, Ly, Lz. Una qualunque di esse , tuttavia, commuta con l’operatore

S2 = S2x + S2

y + S2z e ha senso porsi il problema della ricerca degli autovalori comuni a S2

e diciamo Sz. Si puo dimostrare, solamente in virtu delle regole di commutazione (2.5.2),

che gli autovalori a priori possibili per S2 sono del tipo s(s+1)h2 con s intero o semidispari

(s=0, 1, 1/2, 3/2..) e che nel sottospazio corrispondente ad un dato autovalore di S2, Sz

possiede 2s+1 autovalori sh, (s − 1)h, ... − sh. Poiche d’altra parte, S2 commuta con x e

p, dal requisito di irriducibilita sullo spazio di Hilbert degli stati della particella, segue che

esso deve essere proporzionale all’operatore unita13 : uno solo dei possibili valori di s deve

percio presentarsi di fatto. Si puo dimostrare [10] che una volta fissato s, in virtu delle

regole di commutazione (2.5.1) (2.5.2)(2.5.3), gli operatori fondamentali restano di nuovo

determinati a meno di una trasformazione unitaria (vale il teorema di von Neumann) e

percio dal punto di vista fisico completamente caratterizzati . Il valore di s e caratteristico

della particella e viene definito numero quantico di spin. Vogliamo introdurre all’interno

di questo contesto, l’analogo della rappresentazione di Schrodinger per una particella con

spin. Le funzioni d’onda sono applicazioni a valori complessi su un dominio che tiene conto

della presenza di nuovi gradi di liberta

ψ : R3 ×C2s+1 −→ C

13vale il lemma di Schur per le rappresentazioni irriducibili dei gruppi,vedi Appendice 2.

33

2. Meccanica Quantistica

che sono lineari nel secondo argomento . Pertanto si possono considerare applicazioni

ψ : R3 −→ C2s+1 ,

dove C2s+1 e stato identificato col suo spazio vettoriale duale. Pertanto gli operatori

(introdotti assiomaticamente) ammettono una realizzazione a valori matriciali

xkψ =

xk ... 0... ... ...0 ... xk

ψ1

...ψ2s+1

,

pkψ =

hi

∂∂xk

... 0... ... ...0 ... h

i∂

∂xk

ψ1

...ψ2s+1

,

Skψ =

(Sk)1,1 (Sk)1,2 ... (Sk)1,2s+1

... ... ... ...(Sk)2s+1,1 (Sk)2s+1,2 ... (Sk)2s+1,2s+1

.

In questa realizzazione, la funzione d’onda ψ e un vettore colonna di funzioni appartenenti

a L2(R3), indicando che lo spazio di Hilbert della meccanica quantistica con lo spin e

isomorfo al prodotto tensoriale di L2(R3) con uno spazio di Hilbert finito dimensionale

(C2s+1).

2.5.1 Versione geometrica del prodotto tensoriale

Le proprieta di trasformazione delle funzioni d’onda per cambiamento di sistema di

riferimento mostrano che esse non si trasformano come oggetti ` scalari .14 La formulazione

14In pratica tali trasformazioni agiscono sia sull’argomento della funzione che sul valore che la funzione assume

nel punto : si puo vedere [1] che per una trasformazione di Galilei (in una dimensione spaziale)

x′ = x− x0 − vtt′ = t

la funzione d’onda subisce la seguente trasformazione

ψ′(x′) = e−ih fψ(x− x0 − vt).

dove f = 12mv

2t −mxv, dove t e il tempo, x la posizione nel vecchio sistema di riferimento, v la velocita

relativa tra i due sistemi.

34

2. Meccanica Quantistica

geometrica adatta a tenere in considerazione correttamente le proprieta di trasformazione

della ψ e la nozione di fibrato vettoriale di Hilbert. Come si vedra, le funzioni d’onda, in

senso figurato, sono in corrispondenza biunivoca con le sezioni di tale fibrato.

Definizione. Un fibrato vettoriale di Hilbert e una terna (P,π,M) dove P ed M sono

spazi topologici e π e una sommersione15 di P su M tale che valga la proprieta: l’immagine

inversa Pm = π−1(m) ha la struttura di spazio di Hilbert (la dimensione di tale spazio e

detta rango del fibrato) e si definisce fibra su m. Lo spazio M e detto base del fibrato , lo

spazio P spazio totale del fibrato. Denoteremo un fibrato di Hilbert semplicemente con P.

Una sezione Γ del fibrato e definita come un ’applicazione continua Γ : M −→ P tale che

π Γ = Id|M ovvero tale che per ogni m appartenente ad M risulti Γ(m) ∈ Pm = π−1(m),

si ha

Γ : m ∈M −→ (m,ψ(m)) ∈ P.

Poiche, in effetti, una sezione agisce come l’identita sullo spazio di base del fibrato, pos-

siamo considerarla come una funzione ψΓ definita su M, a valori nello spazio di Hilbert

π−1(m). Nel caso in cui il rango del fibrato sia finito ed M abbia una stuttura di spazio vet-

toriale (assumeremo che sia sempre vero) ψΓ e una applicazione lineare tra spazi vettoriali

(ψΓ ∈ Lin(M,Pm)) quindi un fibrato vettoriale puo rappresentare la versione geometrica

15Una sommersione tra due spazi topologici P ed M e un’applicazione tale che

(1) π(P)=M;

(2) e continua ed aperta (nell’ambito degli spazi topologici un’applicazione si dice continua se la sua in-

versa trasforma aperti in aperti. Applicazione aperta significa che essa stessa trasforma aperti in aperti.) tale

che, considerando il differenziale dell’applicazione π

π∗ : TpP −→ Tπ(p)M con p ∈ P

si ha

im(TpP ) = Tπ(p)M ∀p ∈ P.

35

2. Meccanica Quantistica

della nozione di prodotto tensoriale. In modo figurato possiamo dire che una sezione del

fibrato e un vettore dello spazio di Hilbert applicato nel punto m.

Esempio. Nel caso standard della rappresentazione di Schrodinger se poniamo

P = C× (R3 ×R) , M = R3 ×R

con π proiezione naturale, una sezione del fibrato in esame e un’applicazione

Γ : (~x, t) ∈ R3 ×R −→ ((~x, t), ψ(~x, t)) ∈ (C× (R3))

ossia,

ψΓ : (~x, t) ∈ R3 ×R −→ C

che si identifica con la funzione d’onda standard. Nel caso di particelle di spin 1/2 abbiamo

P = C2 × (R3 ×R) , M = R3 ×R

ψΓ ∈ C2 =⇒∣∣∣∣ψ1(~x, t)ψ2(~x, t)

∣∣∣∣ .In questi esempi concreti si e supposto che lo spazio totale del fibrato sia decomponibile nel

prodotto cartesiano M ×V dove entrambi sono spazi vettoriali topologici. Da un punto di

vista matematico un fibrato vettoriale e caratterizzato dalle seguenti proprieta : per ogni

m appartenente ad M, esiste un intorno U di M e un diffeomorfismo

ϕU : π−1(m) −→ U ×Ck

tale che per ogni m′ appartenente ad U

(a) ϕU (π−1(m′)) ⊆ m′ ×Ck

(b) ϕU

∣∣(π−1(m′)) : π−1(m) −→ m′ ×Ck e un isomorfismo tra spazi vettoriali.

Gli intorni U sono detti intorni banalizzanti, i diffeomorfismi ϕU banalizzazioni locali.

Se per ogni m appartenente ad M l’intorno U puo essere scelto uguale ad M, il fibrato

vettoriale si dice banale. Si supporra di essere sempre in questo caso.

36

2. Meccanica Quantistica

Definizione.

Siano (P,π,M) e (P′,π′,M′) due fibrati vettoriali di Hilbert, si dice che la coppia (α, β) e

un isomorfismo tra fibrati se β : M −→M ′ e α : P −→ P ′ sono omeomorfismi (applicazioni

biunivoche continue insieme alle loro inverse) che commutano con le proiezioni π e π′

α

P −→ P ′

π

yyπ′

β

M −→M ′

ed inoltre α fa corrispondere, isometricamente (isomorfismo nel senso della nota 10),

π−1(m) nello spazio di Hilbert π′−1(β(m)) per ogni m appartenente ad M.

Definizione . Sia adesso G un gruppo topologico e P un fibrato di Hilbert, un

G-fibrato di Hilbert e definito da un’azione di G che sia un automorfismo del fibrato P

(isomorfismo di P in se ). L’azione αg di G su P e βg su M deve commutare con la

proiezione π per ogni g appartenente ad G

αg

P −→ P

π

yyπ

βg

M −→M.

Il fibrato di Hilbert costruito nel caso delle particelle con spin e un SU(2)-fibrato di Hilbert:

sulla fibra (C2) il gruppo SU(2) e agisce attraverso matrici unitarie con determinante uno,

sulla base (R3) con matrici ortogonali (elementi di SO(3)). In ogni caso l’azione di SU(2)

sulle sezioni del fibrato dipende dall’interpretazione fisica. Se consideriamo nel caso di

particelle di spin 1/2 il generatore delle rotazioni

J = L + S o meglio J = 1M ⊗ S + J⊗ 1Pm,

37

2. Meccanica Quantistica

dove 1M indica l’identita in L2(R3) (spazio di Hilbert della base del fibrato) e 1Pml’identita

sulla fibra π−1(m) = C2, stiamo considerando che il gruppo SU(2) agisce sia sulla fibra

che sulla base del nostro fibrato P. In questo caso le trasformazioni α(R) e β(R) (R e

la rotazione (dato l’omomorfismo di SU(2) su SO(3)) che corrisponde ad un elemento di

SU(2)) che devono connettere i fibrati P e P’ (e isometricamente gli spazi di Hilbert π−1(m)

e π′−1(β(m)))sono date da

α(R) =(e−

ih n·Lφ, e−

ih n·Sφ

)≡ e−

ih n·Lφ ⊗ e−

ih n·Sφ

β(R) = e−ih n·Lφ.

In particolare la funzione d’onda ψ viene trasformata come

[(α, β)ψ](~x) = e−ih n·Sφ[ψ(β(R)~x)].

Si possono considerare anche i casi in cui il gruppo SU(2) (ma in generale qualsiasi gruppo

topologico G) agisca solo sulle fibre oppure solamente sulla base del fibrato.

2.5.2 Sistemi di Weyl

Dal punto di vista dei sistemi di Weyl, consideriamo la struttura di prodotto semidi-

retto tra gruppi (Appendice 2) SU(2)⊗ρS, dove ρ e l’azione di SU(2) su S che conserva

la struttura simplettica . Cerchiamo quello spazio di Hilbert che sostenga una rappre-

sentazione proiettiva del gruppo SU(2)⊗ρS. Una realizzazione concreta e ottenuta selezio-

nando un sottospazio lagrangiano di S invariante per l’azione di SU(2)16 e costruendo su

16Alla luce di quanto si e visto nell’esercizio (2.4.2) nel caso delle rotazioni nello spazio simplettico R2×R2?

parametrizzato in xα e pα (α = 1,2), una rotazione puo essere rappresentata dalla martrice a blocchi

R −→(Rα 00 Rα

)

che non mescola le xα con le pα. Cio implica che un sottospazio invariante e isomorfo ad R3.

38

2. Meccanica Quantistica

di esso funzioni a quadrato integrabile a valori in C2s+1. Se si ipotizza S = R3 ×R3?

un

sottospazio lagrangiano non puo che essere isomorfo ad R3 e si ha

H = L2(R3)⊗C2s+1.

Intendendo tale spazio di Hilbert come insieme delle sezioni di un fibrato vettoriale in

cui lo spazio totale P e rappresentato da C2 × L mentre la base da L (nostro sottospazio

lagrangiano) e possibile considerare due applicazioni

D(s, ~q, 0) ≡ U(s, ~q) : SU(2)⊗ρ L −→ Aut(P = C2 × L)

D(s, 0, ~p) ≡ V (s, ~p) : SU(2)⊗ρ L? −→ Aut(P = C2 × L).

Ricordando che (dalla trattazione della rappresentazione di Schrodinger standard) L ed L?

rappresentano il gruppo delle traslazioni, si sta definendo l’azione dei gruppi SU(2)⊗ρ L ,

SU(2)⊗ρ L? sul fibrato di Hilbert in esame. Per U si supporra che SU(2) agisca solo sulle

fibre (C2) mentre il gruppo delle traslazioni lo si fara agire su L (base del fibrato P).

U(s, ~q) ≡ (βtrasl ⊗ 1IC2) (1L ⊗ αSU(2))

e sulle sezioni si avra

U(s, ~q)∣∣∣∣ψ1(~x)ψ2(~x)

∣∣∣∣ = u(s)∣∣∣∣ψ1(~x+ ~q)ψ2(~x+ ~q)

∣∣∣∣ .Dal paragrafo precedente, si puo dire che le u(s) sono date da e−

ih n·Sφ (dove si e applicata

la parametrizzazione (n, ϕ) per le rotazioni). Le u(s) corrispondono agli esponenziali

e−ih n·D(j)(J)ϕ. Le D(j)(Ji) sono delle matrici hermitiane (di dimensione 2j+1) che

forniscono una rappresentazione irriducibile di peso j del gruppo SO(3) su uno spazio di

Hilbert (esse sono state ottenute diagonalizzando simultaneamente Ji e J2,unico operatore

di Casimir dell’algebra di SO(3) , [Jm, Jn] = ihεmnlJl, e nel caso in cui j sia dispari

forniscono una rappresentazione piu propriamente di SU(2): le D(j)(Ji) per j = 12 sono

date dalle matrici di Pauli σi cio implica che u(s) = e−i2 (n·σ)ϕ). Per V si supporra che

39

2. Meccanica Quantistica

SU(2) agisca solo sulle fibre (C2) mentre il gruppo delle ` traslazioni ´ L? lo si fara agire

sulla ` fase ´ della funzione d’onda.

V (s, ~p) ≡ (β′trasl ⊗ 1C2) (1L ⊗ αSU(2))

e sulle sezioni si avra

V (s, ~p)∣∣∣∣ψ1(~x)ψ2(~x)

∣∣∣∣ = u(s)

∣∣∣∣∣eih (~p,~x)ψ1(~x)e

ih (~p,~x)ψ2(~x)

∣∣∣∣∣ .Se consideriamo le restrizioni V (0, ~p) e U(0, ~q) (volendo far agire solamente il gruppo delle

traslazioni) come nella trattazione dei sistemi di Weyl standard (eq. (2.8)) si ha

U(0, ~q)V (0, ~p) =(e

ih (~p,~q) 00 e

ih (~p,~q)

)V (0, ~p)U(0, ~q) (2.5.4)

In questa espressione (~p, ~q) puo essere considerata l’immagine della 2-forma ω(associata ad

S) sulla coppia di vettori di S data da (~q, 0) e (0, ~p) infatti vale ω((~q, 0), (0, ~p)) = (~q, ~p) =

(~q·~p). Volendo passare ai generatori infinitesimali bisogna considerare i valori dei parametri

pa e qa (considerando che ci si restringe al caso di una sola componente ) piccoli e si ottiene

Pa =(−ih ∂

∂xa 00 −ih ∂

∂xa

)

Qa =(xa 00 xa

)e dalla (2.5.4)

[QaPb] = ihδabσ0. σ0 ≡ 1I (2.5.5)

Se consideriamo che s sia una delle matrici unitarie che corrispondono ad una rotazione

nello spazio cartesiano (x, y, z) ' R3 intorno all’asse z di un certo angolo α ed s′ quella

che rappresenta una rotazione attorno all’asse y di un angolo β si ha

s =

∣∣∣∣∣e−i2 α

00e

i2 α

∣∣∣∣∣ −→ cos(α) − sin(α) 0

sin(α) cos(α) 00 0 1

(2.5.6)

40

2. Meccanica Quantistica

s′ =

∣∣∣∣∣cos(β2 )

sin(β2 )

− sin(β2 )

cos(β2 )

∣∣∣∣∣ −→ cos(β) 0 − sin(β)

0 1 0sin(β) 0 cos(β)

. (2.5.7)

Rispetto a queste due, se si considera la restrizione V (s, 0)(=U(s, 0) = D(s, 0, 0)) si ha

U(s(Rα), 0)U(s(R′β), 0) = ω(Rα, R′β)U(s(Rα) s(R′β), 0) (2.5.8)

ossia si ha una rappresentazione proiettiva del gruppo delle rotazioni. Nel caso del gruppo

SO(3) si dimostra che ω(R,R′) ≡ eih Ω(R,R′) = ±1 (segue dal fatto che l’omomorfismo tra

SU(2) ed SO(3) e un doppio ricoprimento). Volendo passare ai generatori infinitesimali

bisogna considerare i valori dei parametri α e β piccoli e dalla (2.5.8) si ottiene

[Sy, Sz] = ihΩ(Rα, R′β) = ihSx ,

e in generale

[Sj , Sk] = ihεjklSl. (2.5.9)

Infatti, osservando che le U(s(Rϕ), 0) sono date nel caso delle particelle di spin 1/2 da

e−ih n·Sϕ = e−

i2h n·σϕ e ricordando che il commutatore finito tra due matrici A e B si scrive

C(A,B) = ABA−1B−1

si ha l’eguaglianza tra (il fattore di fase ω(R,R′) resta uguale a 1 per tutte le rotazioni

vicine all’identita)

C(U(s(Rβ)), U(s(Rα))) ' 1− αβ[Sy, Sz] + o((αβ)2)

da un lato e

U(s(C(Rβ , Rα))) ' 1− ihαβεyzxSx + o((αβ)2)

dall’altro. Adesso, osservando che vale

V (s, 0)U(0, ~q) = U(0, ~q)V (s, 0)

ed anche

V (s, 0)V (0, ~p) = V (0, ~p)V (s, 0)

41

2. Meccanica Quantistica

si vede facilmente che a livello di generatori infinitesimi si ottengono le regole di commu-

tazione

[Qa, Sa] = [Pa, Sa] = 0 con a = 1...3 (2.5.10)

Abbiamo ottenuto con le (2.5.5) (2.5.9) e (2.5.10) le regole di commutazione degli operatori

fondamentali per una particella di spin 1/2 (caso non relativistico). Abbiamo ottenuto

quindi una versione dei sistemi di Weyl con spin.

2.5.3 Operatori differenziali a coefficienti matriciali

In questo contesto si puo facilmente considerare la realizzazione infinitesimale dei

sistemi di Weyl sotto forma di operatori differenziali. Visto che una generica funzione

d’onda (sezione del fibrato di Hilbert P ≡ C2 × (R3 ×R)) puo essere scritta nella forma

ψΓ = ψ1(~x, t)χ+ + ψ2(~x, t)χ− (2.5.11)

dove χ+ e χ− sono i vettori di base nella fibra C2(~x,t) dati dai vettori colonna

χ+ =∣∣∣∣10∣∣∣∣ χ− =

∣∣∣∣01∣∣∣∣ .

Nelle opportune condizioni di regolarita sulle ψ1 e ψ2 gli operatori infinitesimali agiranno

come operatori differenziali solo sui coefficienti della combinazione lineare (2.5.11) (ricor-

diamo che un operatore lineare generico su uno spazio di Hilbert a dimensioni finite puo

essere sempre rappresentato da una matrice) e pertanto complessivamente agiranno come

una matrice bidimensionale i cui elementi di matrice sono operatori differenziali nel senso

usuale

D ≡(D11 D12

D21 D22

)con Dij operatori differenziali usuali.

Si puo definire anche in questo caso un simbolo

Σ((

D11 D12

D21 D22

))=(e−

ih pµxµ

D11eih pµxµ

e−ih pµxµ

D12eih pµxµ

e−ih pµxµ

D21eih pµxµ

e−ih pµxµ

D22eih pµxµ

). 2.5.12

=⇒ Σ(D) =(σ(D11) σ(D12)σ(D21) σ(D22)

)42

2. Meccanica Quantistica

che associa stavolta ad una matrice di operatori differenziali su R3 ×R una matrice di

funzioni differenziabili appartenenti a F(T ?(R4)) (T ?(R4) parametrizzato da coordinate

canoniche (xk, t, pk, E)). In generale supposto D costituito da

D =

( ∑m am(xµ)( ∂

∂xµ)m

∑n bn(xµ)( ∂

∂xµ)n∑

s cs(xµ)( ∂∂xµ

)s∑r dr(xµ)( ∂

∂xµ)r

)

(con (µ =1...4); m,n r ed s sono numeri interi rappresentanti i gradi dei polinomi )ad esso

corrisponde il simbolo

( ∑m am(xµ)( i

hpµ)m∑n bn(xµ)( i

hpµ)n∑s cs(xµ)( i

hpµ)s∑r dr(xµ)( i

hpµ)r

).

L’applicazione Σ (essendo lineare) definisce una corrispondenza uno a uno (un isomorfismo)

tra lo spazio vettoriale degli operatori differenziali D e lo spazio vettoriale delle matrici

di polinomi ordinati. Riferendoci adesso alle strutture di prodotto in gioco, da un lato

abbiamo la doppia struttura non commutativa (data dal prodotto matriciale e dal prodotto

tra operatori differenziali (elementi di matrice)) degli operatori D, dall’altro la struttura

commutativa dei polinomi (insieme comunque a quella non commutativa delle matrici).

Si puo affermare che, se ci si restringe a considerare operatori differenziali D diagonali,

e possibile ripetere (per ogni elemento di matrice diagonale) l’argomentazione per cui

l’isomorfismo tra spazi vettoriali si estende ad un omomorfismo tra algebre prendendo

(1) l’algebra dei polinomi a coefficienti costanti, oppure

(2) l’algebra dei polinomi a coefficienti non costanti ma generata da operatori differen-

ziali commutanti.

Come nel caso standard (operatori differenziali scalari), quando l’omomorfismo non

e preservato, il prodotto non commutativo tra operatori differenziali (a coefficienti non

costanti e con generatori non commutanti) induce un prodotto non commutativo e non

locale nello spazio dei polinomi.

43

2. Meccanica Quantistica

Per illustrare la situazione nel caso delle matrici, consideriamo un operatore differen-

ziale del primo ordine (in una dimensione, agente su funzioni definite su (R), per semplicita)

a coefficienti matriciali (a(x) b(x)c(x) d(x)

)d

dx+(a′(x) b′(x)c′(x) d′(x)

),

e ci restringiamo al caso del simbolo principale Σp (che per definizione tiene conto solo della

componente dell’operatore di ordine piu elevato), si puo vedere (nel senso della (2.5.12))

che esso associa a tale operatore il polinomio a coefficienti matriciali

(a(x) b(x)c(x) d(x)

)ip

h.

Convenendo di scegliere l’ordine tra coefficienti (funzioni di x) e variabili p in questo modo,

si stabilisce una corrispondenza uno a uno (isomorfismo) tra lo spazio vettoriale degli

operatori differenziali del primo ordine e quello dei polinomi (a coefficienti di matrici)

di primo grado (purche interi ed uguali l’ordine dell’operatore e il grado del polinomio

possono essere qualsiasi). Considerando i due operatori differenziali omogenei a coefficienti

matriciali

A =(a(x) b(x)c(x) d(x)

)d

dx, B =

(e(x) f(x)g(x) h(x)

)d

dx

il simbolo del prodotto di questi operatori differenziali nell’ordine dato risulta, dopo i facili

calcoli

−(a(x) b(x)c(x) d(x)

)(e(x) f(x)g(x) h(x)

)( ph

)2

+(a(x) de

dx + b(x) dgdx a(x) df

dx + b(x)dhdx

c(x) dedx + d(x) dg

dx c(x) dfdx + d(x)dh

dx

)ip

h,

invertendo l’ordine si ha

−(e(x) f(x)g(x) h(x)

)(a(x) b(x)c(x) d(x)

)( ph

)2

+(e(x) da

dx + f(x) dcdx e(x) db

dx + f(x) ddxd(x)

g(x) dadx + h(x) dc

dx g(x) dbdx + h(x) d

dxd(x)

)ip

h.

Sottraendo membro a membro

Σ([A, B]) = [Σp(A),Σp(B)]+

44

2. Meccanica Quantistica

ip

h

((a(x) b(x)c(x) d(x)

)d

dx

(e(x) f(x)g(x) h(x)

)−(e(x) f(x)g(x) h(x)

)d

dx

(a(x) b(x)c(x) d(x)

)).

Questo ultimo contributo e uguale alla parentesi di Poisson17 tra i simboli Σp(A) e Σp(B),

si ha

Σ([A, B]) = [Σp(A),Σp(B)] + Σp(A),Σp(B).

Per il simbolo principale si ha

Σp([A, B]) = [Σp(A),Σp(B)].

Si puo allora introdurre un prodotto (non locale) ? tra matrici di polinomi che a due

polinomi del tipo

P1(x) =(a(x) b(x)c(x) d(x)

)p , P2(x) =

(e(x) f(x)g(x) h(x)

)p

associa il polinomio (i ed h in questo discorso non sono rilevanti)

P1(x) ? P2(x) = −(a(x) b(x)c(x) d(x)

)(e(x) f(x)g(x) h(x)

)p2+

ih

(a(x) de

dx + b(x) dgdx a(x) df

dx + b(x)dhdx

c(x) dedx + d(x) dg

dx c(x) dfdx + d(x)dh

dx

)p.

Ovviamente considerando operatori differenziali di ordine piu elevato si otterranno termini

ulteriori nello ` sviluppo . E possibile adesso estendere ora le considerazioni precedenti al

caso di una particella con spin nello spazio tridimendionale R3. Sapendo che e S= σ2 e

usando le proprieta delle matrici di Pauli(σx, σy, σz) l’operatore hamiltoniano di Pauli si

scrive

H =1

2mσ · [P− q

c~A(x, t)]2 + qU(x, t)σ0.

17e l’usuale parentesi di Poisson tra funzioni f(x,p) (nel caso specifico polinomi)

, =dP1

dx

dP2

dp− dP1

dp

dP2

dx,

solo che i coefficienti sono dati da matrici.

45

2. Meccanica Quantistica

mentre in forma matriciale, considerando che

Pa =(−ih ∂

∂xa 00 −ih ∂

∂xa

)

si ha (nella gauge di Coulomb ~5 · ~A=0 )

12m

(−h2 4+2ihqc

~A · ~5+q2

c2~A2)σ0 + qUσ0 + µB

(Bz Bx − iBy

Bx + iBy −Bz

).

Il simbolo di questo operatore differenziale coincide con l’hamiltoniana di una particella

carica di massa m, carica q, momento magnetico (intrinseco) µ = qmc~S posta in un campo

elettromagnetico descritto dal potenziale vettore ~A(~x, t) e potenziale scalare U(~x, t) che si

scrive

H =(

12m

[~P − q

c~A(~x, t)]2 + qU(~x, t)

)σ0 −

q

mc(~S · ~B)σ0.

L’operatore differenziale associato ad H e un operatore differenziale a coefficienti matriciali

, H (il simbolo) e multiplo dell’identita. Si e sfruttata l’identificazione tra funzioni ~S ≡

(S1, S2, S3) e matrici di Pauli σ2 . E possibile determinare ora un corrispondente moto

` classico ´ di una particella non relativistica con spin considerando uno spazio delle fasi

esteso, parametrizzato dai vettori : ~x, ~p, ed ~s, con la restrizione ~s · ~s = 1. Le parentesi di

Poisson da utilizzare hanno la forma seguente

xj , xk = 0 = pj , pk,

xj , pk = δjk,

sj , xk = 0 = sj , xk,

si, sj = iεijksk.

La funzione Hamiltoniana H ≡ H0 + µ~s · ~B fornisce le seguenti equazioni del moto

xi =pi

m,

46

2. Meccanica Quantistica

pi = −µsj∂

∂xiBj ,

si = µεijkBjsk.

Osserviamo che l’associazione tra funzioni (S1, S2, S3) e matrici di Pauli e stata fatta a

livello di algebre di Lie (algebra di Lie definita dalla parentesi di Poisson tra funzioni

rispetto al prodotto abeliano tra funzioni e algebra di Lie delle matrici di Pauli rispatto al

prodotto non abeliano tra matrici)

Conclusioni.

In questa dissertazione si e utilizzato il formalismo dei sistemi di Weyl per studiare

le relazioni tra meccanica classica e meccanica quantistica. Ponendo l’accento sulla in-

terpretazione gruppale dello spazio delle fasi (dove e definita una dinamica classica) come

gruppo delle traslazioni, la nozione di sistema di Weyl standard (senza spin) ha fornito una

` via ´ alla quantizzazione che non si basa sulla analogia formale tra parentesi di Poisson e

commutatori quantistici (Dirac). Questa nozione definisce una rappresentazione unitaria

proiettiva (il fattore complesso di modulo uno e legato alla forma simplettica sullo spazio

simplettico) del gruppo delle traslazioni su un opportuno spazio di Hilbert separabile

D : S −→ U(H) tale che D(z + u) = e−i2h ω(z,u)D(z)D(u).

e le regole di commutazione canonica sono viste come forma infinitesima della forma

` esponenziata ´ alla Weyl (che ha l’ulteriore pregio di trattare operatori limitati e quindi

definiti su tutto lo spazio di Hilbert). Il teorema di von Neumann stabilisce che le rap-

presentazioni unitarie proiettive irriducibili (sistemi di Weyl) del gruppo delle traslazioni

sono unitariamente equivalenti alla rappresentazione di Schrodinger. Quest’ultima, quindi,

cessa di avere un carattere ` privilegiato , fornendo semplicemente una particolare realiz-

zazione dei sistemi di Weyl soddisfacente il requisito dell’irriducibilita. Tuttavia, in questa

realizzazione particolare, a livello infinitesimo, le corrispondenze

Q↔ x

47

P ↔ −ih ∂

∂x.

permettono di definire un simbolo

σ(D) = e−ih pµxµ

Deih pµxµ

,

il quale associa all’operatore dell’equazione di Schrodinger

ih∂

∂tψ =

(− h2

2m4+V (x)

)ψ.

e quindi ad un moto ` quantistico , la relazione E = p2

2m + V (x) (che definisce il moto

classico di una particella massiva in un potenziale). In questo caso ( non ci sono problemi di

ordinamento) e possibile anche l’associazione inversa. Le proprieta di covarianza dei sistemi

di Weyl rispetto al gruppo lineare simplettico ha permesso di associare moti ` quantistici ´

a moti ` classici ´ , nei casi particolari di dinamiche generate da funzioni hamiltoniane

quadratiche.

Volendo trattare il caso della meccanica quantistica non relativistica per particelle

con spin, si e data una definizione alternativa di sistema di Weyl (che si basa sulla possi-

bilita di decomporre uno spazio simplettico nella somma diretta di sottospazi lagrangiani

e di ` costruire ´ l’applicazione D come prodotto delle applicazioni U V associate a tali

sottospazi) e si e sottolineato che la nozione di fibrato vettoriale di Hilbert permette di

considerare gli spinori come sezioni di tale fibrato rappresentando una versione geometrica

del prodotto tensoriale tra spazi vettoriali (che interviene in modo cruciale nel caso dello

spin). Sfruttando la struttura di prodotto semidiretto tra gruppi SU(2) ⊗ρ S si possono

definire due applicazioni

D(s, ~q, 0) ≡ U(s, ~q) : SU(2)⊗ρ L −→ Aut(P = C2 × L)

D(s, 0, ~p) ≡ V (s, ~p) : SU(2)⊗ρ L? −→ Aut(P = C2 × L).

che ci hanno permesso ottenere una versione dei sistemi di Weyl con lo spin. Anche in

questo caso vale un teorema di von Neumann : fissato il ` numero quantico ´ di spin s

48

2. Meccanica Quantistica

(autovalore dell’unico operatore di Casimir S2 per il sistema di operatori fondamentali

Q,P ,S) tutte le rappresentazioni irriducibili delle regole di commutazione alla Weyl, che

in questo caso si scrivono

U(0, ~q)V (0, ~p) =(e

ih (~p,~q) 00 e

ih (~p,~q)

)V (0, ~p)U(0, ~q)

U(s(R), 0)U(s(R′), 0) = ω(R,R′)U(s(R) s(R′), 0)

V (s, 0)U(0, ~q) = U(0, ~q)V (s, 0)

V (s, 0)V (0, ~p) = V (0, ~p)V (s, 0),

sono unitariamente equivalenti. A livello di generatori infinitesimi, (fissato s) gli operatori

fondamentali Qa,Pa ed Sa, che soddisfano le regole di commutazione

[QaPb] = ihδabσ0,

[Sj , Sk] = ihεjklSl,

[Qj , Sk] = [Pj , Sk] = 0,

e che costituiscono nello spazio di Hilbert H associato alla particella un sistema irriducibile

di operatori, sono determinati a meno di un’isomorfismo (trasformazione unitaria). Essi

restano determinati, pertanto, a meno della scelta dello specifico spazio di Hilbert sul quale

si vogliono far agire. Una realizzazione infinitesimale (analogo della rappresentazione di

Schrodinger)dei sistemi di Weyl con spin, in questo caso mette capo ad una nozione di

simbolo Σ per ` operatori differenziali ´ (che adesso sono marici bidimensionali i cui elementi

sono operatori differenziali usuali). Analogamente a quanto detto riguardo l’operatore di

Schrodinger, nel caso in esame, sfruttando l’identificazione tra S = (s1, s2, s3) (funzioni

in uno spazio delle fasi generalizzato) e matrici di Pauli (σ1, σ2, σ3) il simbolo associa

all’operatore di Pauli H = 12mσ · [P − q

c~A(x, t)]2 + qU(x, t)σ0 una matrice multiplo

dell’identita

H =(

12m

[~P − q

c~A(~x, t)]2 + qU(~x, t)

)σ0 −

q

mc(~S · ~B)σ0.

49

2. Meccanica Quantistica

Essa in questo spazio delle fasi esteso (dove si possono definire delle parentesi di Poisson

in modo opportuno) definisce un moto ` classico ´ per una particella non relativistica con

spin, a partire dal quale, attraverso le relazioni

Q↔ x

P ↔ −ih ∂

∂x.

S =~σ

2,

e possibile invertire il processo e quindi quantizzare trovando l’equazione di Pauli.

50

Appendici

Appendice 1. Campi vettoriali e derivazioni

Un campo vettoriale su una varieta M (che sia C∞) e un applicazione regolare che

associa ad ogni punto della varieta p un vettore tangente alla varieta in quel punto Xp ∈

Tp(M). Per regolare si intende che, per ogni funzione f che sia C∞(M), la funzione

p ∈ M −→ (Xf)(p) ≡ Xp(f)

e ancora C∞(M). Percio un campo vettoriale puo essere visto come un’applicazione

X : C∞(M) −→ C∞(M).

La funzione X(f) e chiamata la derivata di Lie della funzione f lungo il campo vettoriale

X, e si denota con LXf . La applicazione f −→ X(f) gode delle seguenti proprieta

X(f + h) = X(f) + X(h) ∀f, h ∈ C∞(M),

X(rf) = rX(f) ∀f ∈ C∞(M) ed r ∈ R,

X(fh) = fX(h) + hX(f) ∀f, h ∈ C∞(M).

Una derivazione in un punto p della varieta M, rispetto al prodotto abaliano standard ·, e

un’applicazione lineare v : C∞(M) → R tale che

v(f + h) = v(f) + v(h) ∀f, h ∈ C∞(M),

v(r · f) = r · v(f) ∀f ∈ C∞(M) ed r ∈ R,

v(f · h) = f(p) ·X(h) + h(p) ·X(f) ∀f, h ∈ C∞(M).

le equazioni (1) e (2) mostrano che un campo vettoriale e un’applicazione lineare dello

spazio vettoriale C∞(M) in se, mentre la (3) mostra che X e una derivazione dell’insieme

C∞(M). Tale applicazione associa una derivazione ad ogni punto p appartenente a M,

denotata da Xp, definita da

Xp(f) ≡ [X(f)](p)

51

Appendici

per ogni f appartenente a C∞(M). Se (U, φ) e una carta locale sulla varieta M, le derivazioni

Xp associate ad un campo vettoriale X su U rendono possibile esprimere (Xf)(p) come

(Xf)(p) = Xp(f) =m∑

µ=1

Xp(xµ)(

∂xµ

)p

f,

il che implica

X =m∑

µ=1

X(xµ)∂

∂xµ.

Questa formula mostra il senso preciso in cui un campo vettoriale possa essere visto come

operatore differenziale del primo ordine sulle funzioni su una varieta. Le funzioni X(xµ)

sono definite sull’aperto U che definisce l’intorno coordinato con le coordinate xµ, e sono

le componenti del campo vettoriale rispetto a tale sistema di coordinate. Ad ogni campo

vettoriale regolare su una varieta corrisponde una derivazione. Vale l’inverso? Il teorema

di Willmore [3] stabilisce che ad ogni derivazione rispetto al prodotto abeliano standard

che sia regolare si puo associare un campo vettoriale.

Appendice 2. Gruppi. Un gruppo e un insieme G tale che

(1) e definita un operazione binaria , di solito chiamata prodotto e denotata da ` · ,

per cui

g1 · g2 = g3 ∈ G, ∀g1, g2 ∈ G;

(2) il prodotto e associativo, ossia

g1 · (g2 · g3) = (g1 · g2) · g3;

(3) esiste l’identita, ovvero un elemento 1I tale che

1Ig = g1I = g,∀g ∈ G;

(4) ogni elemento g appartenente a G possiede un inverso γ ≡ g−1, che soddisfa la

condizione

gγ = γg = 1I.

52

Appendici

In generale il prodotto puo essere anche non commutativo. Un gruppo si dice topologico

se il sostegno come insieme e dotato di una certa topologia (al nostro livello nozione di

insieme aperto) e la legge di composizione del gruppo e continua nella data topologia. Nel

caso in cui il sostegno G del gruppo abbia struttura di varieta differenziabile e le leggi di

composizione del gruppo risultano differenziabili, il gruppo G si dice gruppo di Lie. Ogni

spazio vettoriale sul campo reale R diventa un gruppo di Lie quando la somma tra vettori

e considerata come legge di composizione del gruppo.

Definizione. Una rappresentazione lineare di un gruppo di Lie G e un’omomorfismo

di Lie (ovvero un applicazione regolare tra le varieta che costituiscono i sostegni dei gruppi)

ρ : G → GL(V ) del gruppo G nel gruppo di Lie delle trasformazioni lineari invertibili

GL(V) su uno spazio vettoriale V, ossia tale che

ρ(g1 · g2) = ρ(g1)ρ(g2) e ρ(e) = 1I,

per ogni g1, g2 appartenenti a G e dove e indica l’elemento identita di G. La stessa

definizione si ripete considerando un gruppo topologico e supponendo che l’omomorfismo

ρ sia continuo nella data topologia. Se V e uno spazio di Hilbert H e se ρ(g) e un operatore

unitario per ogni g appartenente a G si dice che ρ e una rappresentazione unitaria di G.

In questo caso, se al posto della relazione precedente si ha

ρ(g1 · g2) = σρ(g1)ρ(g2)

dove σ e un numero complesso di modulo unitario, ρ viene detta rappresentazione unitaria

proiettiva del gruppo G. Una rappresentazione di un gruppo di Lie G si dice fedele se la

corrispondenza ρ e uno a uno (iniettiva).

Consideriamo una base dello spazio vettoriale tangente alla varieta differenziabile

(sostegno del gruppo) nell’unita Te(G), X1, X2, ..., Xn(detti generatori), si avra allora che

ogni vettore A di questo spazio vettoriale sara esprimibile come combinazione lineare dei

vettori di base

A =n∑i

aiXi

53

Appendici

ed il commutatore tra due vettori appartenenti a Te(G) sara dato da

C = cjXi = [A,B] = [ajXj , bkXk] = ajbk[Xj , Xk]. (1)

E possibile dimostrare [9],sotto opportune ipotesi, che tale algebra si puo estendere (iso-

morfismo tra algebre) agli spazi vettoriali tangenti al sostegno del gruppo G in ogni suo

punto. Dalla relazione (1) si possono definire le costanti di struttura

cijkXi = [Xj , Xk]

che definiscono un algebra di Lie detta algebra di Lie associata al gruppo. Omettendo di

riportare tutti i risultati che illustrano le relazioni tra un gruppo di Lie e la sua algebra [9],

qui ricordiamo che per il gruppo SO(3) delle matrici ortogonali a determinante unitario

(gruppo delle rotazioni nello spazio fisico R3) l’algebra di Lie e data dalla relazione

[Ri, Rj ] = iεijkRk

dove le Rj sono le matrici antisimmetriche (generatori delle rotazioni) i cui esponenziali

forniscono gli elementi del gruppo (la ` mappa ´esponenziale fornisce le relazioni tra algebra

di Lie e gruppo di Lie associato [9]).

Azioni di un gruppo.[9] Un azione sinistra (allo stesso modo si puo definire un’azione

destra) di un gruppo G su di un insieme S e un’applicazione che associa ad un elemento del

gruppo ed a uno dell’insieme S un elemento di S, ossia e un’applicazione (g, s) ∈ G× S 7→

(gs) ∈ S, che soddisfa le seguenti proprieta

(1) e · s = s ∀s ∈ S

(2) g(g′s) = (gg′)s ∀ g, g′ ∈ G e ∀s ∈ S.

Definizioni. Si definisce orbita di s ,con s ∈ S, sotto l’azione del gruppo G il

sottoinsieme

Os = s′ ∈ S : s′ = gs g ∈ G ⊂ S.

L’orbita di un elemento dell’insieme S sotto l’azione del gruppo rappresenta il modo in cui

l’elemento viene trasformato sotto l’azione del gruppo.

54

Si definisce stabilizzatore (gruppo di isotropia) dell’elemento s di S l’insieme Gs =

g ∈ G : gs = s.

Un azione si dice

(1)transitiva se dati s ed s’ appartenenti ad S esiste un g appartenente a G tale che

sia s’= g s; equivalentemente se esiste una sola orbita .

(2)libera se Gs = e(identita) per ogni s appartenente ad S.

Se un azione di un gruppo G su un certo insieme S e assieme transitiva e libera, per

ogni coppia s,s’di elementi di S esiste un unico g appartenente a G tale che sia s’ = g s e lo

spazio S si dice omogeneo; ad esempio, il sostegno di spazio vettoriale V puo essere definito

come un insieme su cui il gruppo additivo (V,+) opera transitivamente e liberamente.

Rappresentazioni irriducibili dei gruppi: Lemma di Schur.

Data una rappresentazione lineare di un certo gruppo G su uno spazio vettoriale V.

Si supponga che tale rappresentazione sia irriducibile, ovvero che non esistano sottospazi

propri di V che risultano invariati sotto l’azione di tutti gli operatori ρ(g) della rapp-

resentazione. Il Lemma di Schur stabilisce che se esiste un operatore che commuta con

tutti gli operatori che realizzano tale rappresentazione, esso non puo che essere multiplo

dell’operatore identita [8].

Prodotto semidiretto tra gruppi.

Siano A ed H due gruppi , i cui elementi saranno scritti come h, h′,... e a, a′,...,

rispettivamente. Si supponga che per ogni h appartenente ad H si possa trovare un auto-

morfismo τh agente su A tale che l’insieme di tali automorfismi fornisca una realizzazione

di H. Realizzazione vuol dire che , per ogni h , τh e un’applicazione di A in se che verifichi

le seguenti proprieta

τh(e) = e;

τh(a)−1 = τh(a−1);

τh(a)τh(b) = τh(ab)

con a e b appartenenti ad A ed e rappresenta l’identita in A. ed inoltre per ogni h,h′

appartenenti ad H le τh obbediscono alla legge di composizione

τh′τh = τh′h.

55

Appendici

Si puo definire il prodotto semidiretto di H e A, scrivendolo H ⊗τ A come segue : gli

elementi di H ⊗τ A sono coppie (h,a), con h appartenente ad H ed a appartenente ad A.

La legge di composizione e data da

(h′, a′)(h, a) = (h′h, a′τh′(a)). (2)

Gli elementi di H sono moltiplicati tra di loro, mentra per gli elementi di A prima si fa

agire l’isomorfismo associato ad h’ su a, il risultato lo si moltiplica per a’. Il fatto che per

ogni h, τh sia un automorfismo di A, rende la (2) una accettabile legge di composizione di

gruppo:

(1) vale la proprieta associativa (per una dimostrazione si veda [7])

(h′′, a′′)(h′, a′)(h, a) = (h′′, a′′)(h′, a′)(h, a);

(2)L’identita vale (e,e’) (e rappresenta l’dentita in H e’ l’dentita in A);

(3)per ogni elemento (h,a) esiste l’inverso e vale (h−1, τh−1(a−1)). I diversi ruoli dei due

gruppi spiega il nome di prodotto semidiretto, mentre, differenti scelte degli automorfismi

τh conducono, in generale, a gruppi diversi da cui la notazione H ⊗τ A.

Gruppo di diffeomorfismi e Gruppi di operatori unitari ad un parametro.

Si chiama omeomorfismo tra due insiemi aperti U,V contenuti in Rn (estendibile

anche a varieta) un’applicazione f : U → V invertibile e continua con la sua inversa. f e

un diffeomorfismo di classe Ck se sono di classe Ck, nei rispettivi insiemi di definizione,

sia f che f−1. Data una varieta M si chiama gruppo (globale) di diffeomorfismi ad un

parametro un’applicazione differenziabile

ϕ : (t, x) ∈ R×M → ϕt(x) ∈ M,

che soddisfa le seguenti condizioni

(1) ∀t ∈ R, ϕt : x ∈ M → ϕt(x) ∈ M e un diffeomorfismo di M

(2)∀t, s ∈ R,∀x ∈ M, ϕt+s(x) = ϕt ϕs(x).

In altri termini l’insieme G=ϕtt ∈ R l’applicazione t → ϕt e un omomorfismo del

gruppo additivo R su G. Se lo spazio ambiente e rappresentato da uno spazio di Hilbert

separabile, un gruppo ad un parametro di operatori unitari su tale spazio e un omomorfismo

del gruppo additivo dei reali R, t ∈ R → U(t) ∈ U(H) nel gruppo degli operatori unitari

U(H).

56