Introduzione alla Cultura civica

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Fonte: Associazione Città Futura - Alessandria. Articolo di Giuseppe Rinaldi.

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Associazione Città Futura - Alessandria

di Giuseppe Rinaldi

Cosa è la cultura civicaL’indagine è stata intitolata “Giovani e cultura civica” perché molte delle informazioni chesono state raccolte attraverso il questionario ruotano intorno alla cultura civica dei giovani.Cerchiamo allora di comprendere che cosa abbiamo inteso con il termine cultura civica.

Soprattutto nel nostro paese questo termine viene usato con i significati più vari. Diremosubito che, con questo termine, non abbiamo inteso la materia scolastica, che ora, perindicazione ministeriale, si chiamerà “cultura civica e costituzione”.

Secondo la nostra definizione, la cultura civica è la cultura politica della democrazia [1].

C’è differenza dunque tra cultura politica e cultura civica. Ogni società sviluppa una suacultura politica (in questo senso possiamo parlare della cultura politica dei romani, degliasiatici, delle tribù primitive, dell’assolutismo). Ma solo nelle società democratiche c’è lacultura civica. La cultura civica dunque costituisce la specifica cultura politica delle societàdemocratiche.

E’, in altri termini, un complesso di:

-conoscenze (degli ordinamenti, delle leggi…) -valori (uguaglianza, partecipazione, pluralismo, minoranze, il patriottismo…)-atteggiamenti, ovvero predisposizioni a comportarsi in un certo modo piuttosto che in unaltro… (fare la fila, pagare le tasse, ascoltare i dibattiti politici,…)che sono indispensabili per l’instaurazione, il funzionamento e lo sviluppo delle istituzionidemocratiche. E’, insomma, il background, il tessuto civile, il medium culturale che sorreggele istituzioni democratiche, interagisce con esse, alimenta la loro vitalità… . Se nel nostropaese abbiamo una democrazia, dovremmo avere allora una cultura civica diffusa.

Tuttavia accade spesso che tra la cultura civica e le istituzioni democratiche ci possano esseredelle sfasature.

A un estremo, possiamo avere una diffusa cultura civica, senza istituzioni democratiche. E’ ilcaso delle colonie americane prima dell’indipendenza, dell’Inghilterra prima della guerracivile. In tutti questi casi è facile che abbaino origine dei processi di trasformazione capaci diinstaurare delle istituzioni democratiche.

All’altro estremo, possiamo avere delle istituzioni democratiche, senza una diffusa culturacivica. E’ il caso dei paesi dove la democrazia è recente oppure stata imposta dall’alto (conscarsa partecipazione dei cittadini); sono cioè quei casi che possono essere riassunti sottol’etichetta della democratizzazione[2]. In questi casi, le nuove istituzioni democratiche nonavranno il beneficio di una diffusa cultura civica, saranno fragili, sempre esposte a crisi; non sideterminerà chiaramente un rapporto diretto tra cittadini e istituzioni, ma si determineranno

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dei corpi intermedi capaci di aggregare gli individui e di fornire così, in forma indiretta, unsostegno alla democrazia. Tali corpi intermedi possono essere famiglie, gruppi di élite, clan,signori della guerra, oppure partiti. Nel caso della storia italiana si è parlato autorevolmentedi una “repubblica dei partiti” [3].

Questo sembra proprio il caso del nostro Paese. Sono almeno trent’anni che nel nostro paesesi ragiona intorno alla debolezza della cultura civica degli italiani, dovuta alle modalità concui è stata realizzata l’unificazione, ma anche dovuta allo sviluppo successivo del nostrosistema politico, in particolare alla fase del passaggio tra il fascismo e la Repubblica. Sonostate condotte molte ricerche[4] che hanno messo in luce lo scarso civismo degli italiani, lascarsa fiducia nelle istituzioni, le grandi difficoltà nella formazione e nel mantenimento delcapitale sociale.

Per questo complesso di motivi siamo stati indotti a dedicare una parte rilevante della nostraindagine alla cultura civica dei giovani.

La rilevazione della cultura civicaUno dei principali scopi della nostra ricerca aveva a che fare con la rilevazione della culturacivica dei giovani. Poiché, come si è visto, si tratta di un concetto assai complesso, abbiamodovuto individuare degli indicatori di cultura civica e tradurli poi in operazioni di ricerca.

Nel resto di questo intervento fornirò alcune notizie intorno a due strumenti che abbiamoutilizzato per rilevare la cultura civica. Con un primo strumento abbiamo rilevato la fiducianegli altri, con un secondo strumento abbiamo cercato di costruire un indice di civismo.

La fiduciaMolti studi politologici hanno sottolineato come la fiducia negli altri costituiscal’atteggiamento fondamentale alla base della cultura civica. A partire dalla fiducia negli altri èstata sviluppata la nozione di capitale sociale che ha avuto una notevole diffusione.

Abbiamo misurato il grado di fiducia negli altri diffuso presso i nostri intervistati attraversouna scala. Si tratta di 6 affermazioni, cui gli intervistati dovevano dirsi favorevoli o contrari,su quattro posizioni, da “molto contrario” a “molto d’accordo”. Abbiamo potuto cosìconstatare che la fiducia negli altri dei nostri intervistati è davvero piuttosto bassa (ècompresa tra il 10 e il 25%).

La scala di rilevazione della fiducia comprendeva sei domande. Ne presenterò solo alcune, atitolo esemplificativo.

La fiducia nell’onestà degli altri è un parametro importante per la definizione del gradogenerale di fiducia. In tutto, solo il 16% concorda (molto o abbastanza) con l’item “la maggiorparte delle persone si comporta onestamente”. L’ 84% non è d’accordo (abbastanza o molto).

La percezione di poter ottenere dagli altri un aiuto in caso di bisogno è un’altra dimensioneimportante della fiducia generalizzata. Solo il 18% ha risposto positivamente (abbastanza omolto) all’item “nella maggior parte dei casi le persone sono disposte ad aiutare gli altri”. L’82% si è detto contrario (abbastanza o molto).

Anche la percezione dell’egoismo degli altri può essere considerato come un importante

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elemento di valutazione relativo alla fiducia generalizzata. L’89% si è dichiarato d’accordocon l’espressione “La maggior parte delle persone pensa solo ai fatti propri”.

La società che li circonda appare dunque ai nostri giovani come un mondo infido e ostile.

D’altro canto (…non presenterò per brevità i relativi grafici) il 58% si è detto è convinto(abbastanza o molto) che la collaborazione con gli altri “è sempre molto difficile se nonimpossibile” (a dispetto della moda del cooperative learning!). Questo non significa tuttaviache i nostri giovani non siano socievoli perché sono anche convinti che, in generale, sia “assaipiù piacevole collaborare che competere” (84,2% contro il 14,5% ).

Cosa concludere? Evidentemente i nostri giovani sono dotati di buone potenzialità dicooperazione, che tuttavia non vengono valorizzate. Sembra cioè che siano in atto deimeccanismi che spengono le potenzialità cooperative e che esaltano la sfiducia, distruggendocosì il capitale sociale potenziale.

Il problema forse non sta tanto nei giovani, quanto nell’ambiente sociale che li circonda.

La cultura civicaPassiamo ora al secondo strumento di rilevazione. Si tratta di una batteria di domande, ideataper ottenere una misura vera e propria della cultura civica. Si tratta di 13 affermazioni, cui gliintervistati dovevano dirsi favorevoli o contrari, su quattro posizioni.

I temi riguardavano:

-La disponibilità a cambiare opinione-La disponibilità a sacrificare l’interesse particolare per il bene comune-La priorità per la legge o per gli interessi particolari della propria famiglia dei propri amici-La liceità o meno della menzogna in politica (dire o meno la verità)-La legalità (si obbedisce comunque alla legge)-La necessità dell’informazione di tipo politico sociale per decidere-Violare o meno la legge, anche se lo fanno tutti-Utilità o meno del dibattito in campo politico-Liceità o meno dell’uso di raccomandazioni e scorciatoie-Utilità o meno del voto-Partecipazione dei cittadini o delega agli amministratori e ai politici-Utilità o meno dei partiti-La fedeltà alla Costituzione

Avremmo potuto scegliere molti altri indicatori. In ogni caso pensavamo che questi elementifossero sufficienti per distinguere, con una certa cura, coloro che fossero dotati di scarsacultura civica da coloro che fossero dotati di una buon livello di cultura civica.

Alcune risposte interessantiAnche in questo caso, presenterò alcune delle risposte più interessanti.

Il 49% si è detto d’accordo (abbastanza o molto) con l’espressione “Le discussioni politichesono noiose, inutili e non portano mai a nessun risultato.”.

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Il 51% degli intervistati si è detto d’accordo (abbastanza o molto) con l’espressione “La leggepuò anche passare in secondo piano, se sono in gioco gli interessi della nostra famiglia o deinostri amici.”.

Il 59% si è detto d’accordo (abbastanza o molto) con l’espressione “Visto come vanno le cose,in certi casi non si può fare a meno di servirsi di spinte e raccomandazioni.”.

I modelli di rispostaDi solito, quando si opera con le scale, le risposte alle molteplici domande che compongono lascala vengono sintetizzate in una unica misura. In sede di analisi dei dati, con una certasorpresa, ci siamo tuttavia accorti che gli intervistati non avevano risposto in maniera univocaalle 13 sollecitazioni. In altri termini, le domande proposte non permettevano di rilevareun’unica dimensione; nel linguaggio psicometrico, non costituivano una scala. Avrebbe potutotrattarsi di un errore nella costruzione dello strumento di rilevazione. Tuttavia, esaminandole risposte con maggiore attenzione, ci siamo accorti che si potevano identificare ben tre subscale (relativamente indipendenti tra loro, molto chiare sul piano del significato). Nonun’unica dimensione di cultura civica dunque, bensì tre dimensioni slegate tra loro. Leabbiamo interpretate come antipolitica, particolarismo e civismo democratico astratto.

Le variabili interessate alla dimensione dell’antipolitica sono le seguenti: “Le discussionipolitiche sono noiose, inutili e non portano mai a nessun risultato”, “Inutile andare a votare,intanto le cose vanno sempre nello stesso modo”, “I partiti sono del tutto superflui, oaddirittura dannosi, e potrebbero essere tranquillamente eliminati”. L’antipolitica sembraessere una reazione a una situazione obiettiva per il nostro paese (in altri termini, i giovani sitrovano in conflitto tra una teoria della democrazia che insegna che la politica è una buonacosa e una evidenza pratica quotidiana che insegna il contrario. Se viene data ai giovanil’occasione per esprimere l’antipolitica, questa emerge con grande facilità – data l’abbondanzadi esempi e la scarsità di contro esempi).

Le variabili interessate alla dimensione del particolarismo sono le seguenti: “La legge puòanche passare in secondo piano, se sono in gioco gli interessi della nostra famiglia o dei nostriamici”, “In fin dei conti, in politica le menzogne sono necessarie e inevitabili”, “Non siamoobbligati a obbedire a una legge che riteniamo ingiusta”, “Visto come vanno le cose, in certicasi non si può fare a meno di servirsi di spinte e raccomandazioni”, “Non spetta ai cittadinipreoccuparsi della cosa pubblica, ma a quelli che sono incaricati e pagati per farlo”. Ilparticolarismo è l’atteggiamento immaturo, pre-politico e antidemocratico. Si tratta di unaserie di comportamenti pratici di sopravvivenza immediata che si trasmettono per imitazione,senza alcuna riflessione. Questa dimensione è ben conosciuta agli studiosi ed ha ricevuto variedenominazioni, come ad esempio familismo amorale, campanilismo, mancanza di fiducia,carenza di capitale sociale.

Le variabili connesse al civismo democratico astratto sono le seguenti: “Abbiamo semprequalcosa da imparare: se la nostra opinione si rivela sbagliata dobbiamo cambiarla”, “Tuttidovrebbero mettere da parte i loro interessi particolari se è in gioco un bene comune piùgrande”, “Tutti dovrebbero tenersi bene informati sulle questioni politiche e sociali, peressere poi in grado di scegliere nel modo migliore”, “Il fatto che tanti lo facciano non è unbuon motivo per violare le leggi”, “La fedeltà alla Costituzione è il primo dovere del buoncittadino”. Il civismo democratico sembra essere principalmente una dimensione astratta, di

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cittadino”. Il civismo democratico sembra essere principalmente una dimensione astratta, dicarattere retorico. Comprende alcuni principi generali che regolano la democrazia, quello chetutti sanno, ma che poi nessuno mette in pratica. E’ il “dover essere” della democrazia, chetutti astrattamente conoscono perché lo hanno imparato a scuola o lo hanno sentitoproclamare nei discorsi ufficiali. Il problema è che il dover essere rimane tale e icomportamenti sono guidati invece da altri criteri di reazione o di adattabilità alle situazionicontingenti.

In conclusioneParticolarismo, antipolitica e civismo sono altrettante facce della stessa medaglia. Facce chesembrano tuttavia non combaciare del tutto. Questo sfasamento può essere in parte dovutoall’imperfezione dei nostri strumenti di rilevazione, ma è in parte dovuto all’oggetto in sé (laquestione potrà essere approfondita).

In sostanza, nei nostri giovani, al termine del loro percorso di formazione, al posto di unadimensione unitaria di cultura civica, si trovano tre dimensioni, tre tipi di apprendimenti, chenon collimano: da un lato alcune nozioni astratte intorno al dover essere della democrazia,dall’altro lato una forte avversione nei confronti della politica e, dall’altro lato ancora, unapredisposizione particolaristica a trovare degli arrangiamenti grazie alle relazioniinterpersonali, aggirando le leggi e le istituzioni.

Si noti che questa frammentazione della cultura civica non sembra dovuta tanto ad un deficitscolastico quanto alla situazione generale del nostro paese, che tende costantemente ariprodursi anche nella coscienza e nella pratica dei comportamenti dei giovani. In altritermini, la micro pedagogia dell’arte di arrangiarsi, che si impara dall’ambiente, la pedagogianegativa che viene dalla politica e la pedagogia istituzionale che viene dalla scuola, e dallestesse istituzioni, divergono costantemente e creano una situazione paradossale. In unasituazione come quella italiana, una cultura civica organica e coesa sembra davvero unprogetto impossibile.

[1] La definizione risale ai politologi nordamericani Almond e Verba (Almond, G. A. & Verba,S., The Civic Culture. Political Attitudes and Democracy in Five Nations, PrincetonUniversityPress, Princeton, 1963). La definizione suggerisce che la cultura politica costituisca il genere eche la cultura civica costituisca la specie.

[2] Come è noto, si è dibattuto e si dibatte circa la possibilità di esportare la democrazia inquei paesi che ne siano privi.

[3] Il termine risale a Pietro Scoppola, La Repubblica dei partiti, Il Mulino, Bologna, 1991.

[4]Cfr. ad esempio, Putnam, R. D., Making Democracy Work. Civic Tradition in Modern Italy,PrincetonUniversity Press, Princeton, 1993. Tr. it.: La tradizione civica nelle regioni italiane,Mondadori, Milano, 1993.

(13/5/2010)

Gianmarco Altieri
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