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Introduzione al Judo Non è importante essere migliori di qualcun altro, ma essere migliori di ieri. (Jigoro Kano Shihan) Appunti di Judo A cura della ASD Kodokan Gordiani

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Introduzione al Judo

Non è importante essere migliori di qualcun altro,

ma essere migliori di ieri.

(Jigoro Kano Shihan)

Appunti di Judo

A cura della ASD Kodokan Gordiani

Judo… lo sport e il bambino

Spesso genitori e bambini si approcciano al judo senza una vera e propria conoscenza

di cosa sia questa disciplina.

La percezione comune soprattutto dei giovani, dei bambini, risente, infatti, di una

serie di messaggi legati alle arti marziali, diffusi dai mass-media attraverso film,

cartoni animati, fumetti, ecc.

Il più delle volte viene così disperso con questi messaggi confusi e parziali, il senso

primario dell’apprendimento del judo inteso come sport, pieno di rituali che

conducono al rispetto della convivenza civile e all’osservanza di regole che

dovrebbero sorgere innate, ma che occorre invece imprimere nella coscienza di tutti.

E’ più che mai importante chiarire il reale valore del judo quando ad accostarsi è il

bambino, un soggetto che richiede una speciale attenzione e che può cominciare ad

intraprenderlo sin dalla tenera età di 4/5 anni.

Infatti proprio per i bambini, l’esperienza del judo viene a rivestire un importanza e

un ruolo educativo che possono rivelarsi estremamente preziosi per l’evoluzione

psico-fisica e per la crescita armonica, anche se avvicinata da principio come gioco.

Tendenzialmente, pur ammettendo delle eccezioni sappiamo che i nostri bambini,

oggi, sono bersagliati da informazioni che li depistano verso una realtà sempre più

virtuale, in cui il ruolo attivo viene appiattito al minimo; questa realtà riduce

notevolmente le dinamiche della fisicità e delle relazioni umane.

Frequentemente lo scenario in cui il bambino si trova non è abbastanza ricco di

avventura, responsabilizzazione, maturità e consapevolezza che una volta esso

apprendeva spontaneamente e per necessità dettate da situazioni sopravvivenza

precaria che imponevano uno sviluppo precoce, un’ indipendenza in tutto e per tutto.

Oggi le regole vengono supinamente o addirittura per niente seguite, i genitori

sempre di più si assumono ogni decisione sulla vita dei loro bambini.

In questa ottica è fondamentale l’affacciarsi al mondo del judo, mondo dove la

volontà del bambino si risveglia, gli si profileranno degli obiettivi, l’attore principale

finalmente sarà proprio “lui” il bambino.

Fondamentale punto di riferimento è la figura dell’educatore, in questo caso

l’insegnante di judo o il maestro. E’ lui il veicolo di un sistema rituale, di leggi e di

reazioni, che risvegliano nel bambino il senso di curiosità, attrazione ed infine di

rispetto per una realtà che sia organizzata secondo un insieme di principi.

La coscienza del proprio ruolo e maturazione nel bambino si conseguono con più

efficacia in un contesto sportivo, con una guida carismatica, perché ogni conquista

comporta fatica, movimento, agilità di pensiero. Anche la non vittoria in un confronto

ludico o nella classica garetta, reca con se un alto potenziale educativo legato al

sacrificio, al riconoscimento dei propri limiti e alla ricerca del miglioramento.

Il judo è anche stimolo a razionalizzare i propri atti nel tempo: per esempio la

capacità di indossare velocemente e correttamente il judogi, quella di annodare la

cintura nel modo giusto. L’educatore deve insistere inizialmente sulle attività di

coordinazione, deve insegnare al bambino a muoversi a destra e a sinistra, avanti e

indietro poi hanno tanta importanza i cosiddetti movimenti rotatori. Importantissimo

è assortire il livello dei piccoli atleti in modo che i più esperti accompagnino la

maturazione dei più lenti, e che allo stesso tempo anche fra i più progrediti si creino

confronti stimolanti ad ulteriori raggiungimenti.

Entrano allora in queste dinamiche relazionali fattori come la solidarietà, il senso di protezione, il rispetto, la stima, il desiderio di emulazione sportiva. Una seconda fase è quella di far apprendere al bambino le cadute. Deve imparare a

rotolare, a staccarsi dal suolo, deve trovare il suo equilibrio, deve salvaguardare la

propria e altrui incolumità, il che richiede una veloce intuizione dei gesti, questi

movimenti diventeranno spontanei con tanta pratica e tanta attenzione da parte

dell’educatore.

Poi viene la fase del confronto che per prevenire qualsiasi paura psicologica si fa

iniziare con la lotta “ a terra ” nel corso della quale il bambino si libererà delle prime

reazioni istintive, per conquistare gradualmente la tecnica.

Quando il bambino acquisisce consapevolezza dei propri gesti, si inizia lo studio

delle tecniche “ in piedi ” cominciando con le prese fondamentali, dagli squilibri, dal

trascinamento al suolo, per proseguire senza traumi la lotta a terra per arrivare infine

alle varie proiezioni.

Anche durante le proiezioni l’insegnante deve porre grande attenzione affinché il

bambino capisca che durante l’azione di proiezione avrà la responsabilità nel pilotare

nella direzione corretta il compagno.

L’insegnante deve evitare in ogni caso di spingere il bambino al confronto sleale pur

di vincere ad ogni costo. Non è questo l’obiettivo del judo. A questo punto il piccolo

praticante è pronto ad intraprendere la lunga fase evolutiva del judo e in futuro

seguire se lo vorrà l’attività agonistica, che non è obbligatoria.

In questo modo il bambino attraverso questo meraviglioso sport potrà incamminarsi

verso le grandi, piccole difficoltà della vita contando sulle proprie forze.

E’ sicuramente questa la più grande gratificazione per l’insegnante di judo.

Sono sicuro che il bambino sia che diventi un campione o resti semplicemente un

ragazzo sportivo, avrà comunque alle spalle un’esperienza comunque positiva e

formativa.

Le tecniche e l’autodisciplina del judo gli potranno essere utili in ogni emergenza

della vita.

L’esperienza del judo non gioverà solo i bambini iperprotetti e inattivi, ma anche

quelli più difficili, turbolenti, magari provenienti da situazioni famigliari

problematiche, perché imparano a incanalare l’aggressività in azioni regolate, quindi

a trasformarla in energia positiva per se e per gli altri.

La storia

Jigoro Kano l’ideatore del Judo

Il creatore del Judo nacque nel 1860 a Mikage, piccolo

villaggio marino nei pressi di Kobe. Laureatosi in Scienze

Politiche ed Economiche nel 1881, tentò la vita politica che

abbandonò presto per intraprendere gli studi di Estetica e

Morale. Nella sua lunga vita ricoprì importanti cariche

governative e rappresentò più volte il suo Paese al Consiglio

Internazionale Olimpico. All’età di 16 anni cominciò a

praticare vari sports e studiò in modo speciale i vari metodi

di Ju-Jutsu alla scuola di valenti Maestri dell’epoca. A 22

anni, nel 1882, aprì il suo primo Dojo adattandolo nel piccolo

tempio di Eisho, nel quartiere di Shitaga a Tokyo. Da quella modesta sede doveva

nascere, crescere divulgarsi il più grande dei movimenti sportivi del mondo, “VIA” di

benessere non solo fisico ma anche, e forse soprattutto morale. Jigoro Kano moriva

sul piroscafo Hikawa Maru il 5 maggio 1938, mentre rimpatriava, reduce da un

faticoso viaggio preparatorio per le Olimpiadi in allestimento a Tokyo. Moriva un

Uomo, rimaneva sul mondo la Sua Luce.

Nasce il Judo

Jigoro Kano si trasferì a Tokyo nel 1871 con la sua famiglia. D’intelligenza

vivissima ma di gracile costituzione, doveva subire la prepotenza dei compagni, dai

quali avrebbe voluto difendersi praticando il ju-jutsu.

Poichè la disciplina era screditata e ritenuta troppo violenta, Kano dovette

rinunciarvi, dedicandosi specialmente alla ginnastica e al baseball per irrobustire il

suo fisico. Nel 1877, entrato all’università di Tokyo, potè finalmente avvicinarsi al

ju-jutsu, cui si applicò con passione, impegnandosi in duri allenamenti (sempre

ricoperto di piaghe, era soprannominato “unguento”). I suoi primi maestri furono

Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della Tenshin-Shin’yo-ryu, venendo in

possesso dei Densho (libri segreti) della scuola dopo la loro morte; conobbe quindi

Tsunetoshi Iikubo, esperto della Kito-ryu. Mentre progrediva con sorprendente

facilità, penetrando i segreti dei diversi stili, nel 1881 ottenne la laurea in lettere e

cominciò ad insegnare al Gakushuin (Scuola dei Nobili).

Nel 1882 il giovane professore aprì una palestra di appena 12

tatami nel tempio di Eisho, radunandovi i primi 9 allievi:

nasceva così il Kodokan (Luogo per studiare la Via), dove il

giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di ju-

jutsu.

Il nuovo stile di lotta, non più soltanto un’arte di

combattimento, ma destinato alla divulgazione quale forma

educativa del corpo e dello spirito, venne chiamato Judo (“Via

della flessibilità”): come precisò Kano nel 1922, si fondeva sul

miglior uso dell’energia (Sei ryoku zen yo) allo scopo di

perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo intero (Ji ta kyo ei).

Nel 1895 Kano elaborò con i suoi allievi migliori il primo Go-Kyo (“cinque

principi”) o metodo d’insegnamento; nel 1906 riunì a Kyoto i rappresentanti delle

varie scuole per delineare i primi Kata (“modelli” delle tecniche di lotta); nel 1921

presentò il nuovo Go-Kyo, tuttora invariato.

Un paio di anni prima di morire, quasi presagisse il disastro della seconda guerra

mondiale, aveva lasciato una specie di testamento spirituale ai judoka di tutto il

mondo:

“Il Judo non è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un’arte e una

scienza [...] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica,

nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo

riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo, il bene dell’umanità”.

I numeri

Il Judogi Proprio come i dottori hanno il loro camice,

come i calciatori hanno la loro divisa, anche i

Judoka hanno un abito adeguato alla pratica: il

Judogi (GI= divisa). Esso è composto da

pantaloni rinforzati tenuti insieme talvolta da

un elastico, specialmente nei bambini, talvolta

da un laccio; una giacca chiusa da una cintura,

che in giapponese si chiama OBI.

Il Judogi è di colore bianco, tuttavia esiste

anche il Judogi di colore blu che si usa nelle

gare internazionali per identificare il judoga.

Ai piedi si calzano le ciabatte (Zori) per spostarsi all’interno del dojo.

Il Dojo

Il dojo è il luogo dove si pratica il judo.

Kamiza è la parte della parete dove viene posta la

fotografia del fondatore del judo.

Il Tatami è il tappeto su cui pratichiamo Judo.

Serve essenzialmente per creare una superficie

sufficientemente morbida da attutire la caduta e allo

stesso tempo sufficientemente dura da non impedire

i movimenti. Generalmente, in ogni dojo ci sono materassine di due diversi colori,

generalmente o verde e rosso, o giallo e blu. Il colore più chiaro indica l’area in cui si

svolge il combattimento, quello più scuro delimita l’area di combattimento.

I gradi di cintura Le cinture servono per identificare il grado di esperienza acquisito dal Judoka.

I gradi vengono attribuiti in base al suo livello tecnico, la sua capacità nel

combattimento, ma anche la sua capacità di mettere in pratica gli insegnamenti morali

imparati a lezione.

Le cinture di colore dal bianco al marrone corrispondono alle classi, chiamate KYU.

Al di sopra dei Kyu ci sono altri gradi chiamati Dan.

La cintura rossa è anche usata da atleti agonisti nella gara, in contrapposizione alla

cintura bianca per identificare i due judoka.

Come ci si comporta in palestra?

Il Judoka che si appresta ad apprendere la disciplina del Judo deve necessariamente

seguire poche semplici regole.

Cura dell’abbigliamento: Tutti i Judoka che salgono sul tatami devono

presentarsi con il Judogi pulito e la cintura correttamente allacciata. Alle

ragazze è consentita la pratica del Judo con una maglietta sotto la giacca. Sono

severamente vietati accessori quali collane, orologi, orecchini, anelli in quanto

potrebbero essere pericolosi sia per noi che per i nostri compagni di corso.

Cura dell’igiene personale: Tutti i Judoka sono tenuti a controllare le proprie

unghie e nel caso siano lunghe è preferibile tagliarle, perché durante

l’allenamento potrebbero spezzarsi o graffiare inavvertitamente qualche

compagno.

Non dimenticare la cintura:La cintura è un dono del maestro che ha

riconosciuto i vostri miglioramenti, pertanto è estremamente irrispettoso

dimenticare la propria cintura a casa, o peggio ancora perderla. Evitate di

dimenticare cose negli spogliatoi ma abbiatene cura.

Il Dojo: E’ un luogo di pratica, ma è anche una scuola morale e culturale.

Pertanto sul tatami valgono tutte le regole generali del buonsenso e della

cortesia, oltre a quelle particolari del Judo

E’ opportuno rispettare le cinture di classe superiore ed accettarne consigli

senza obiezioni; dal loro canto le cinture superiori dovranno aiutare il

miglioramento tecnico di coloro che sono meno esperti, senza scherno, ma con

diligenza e cordialità

Non disturbare la lezione: Quando si è sul tappeto è opportuno mantenersi

silenziosi, o farlo solo con il permesso del maestro, senza interrompere la

spiegazione. Quando si è fuori dal tappeto, si può parlare a bassa voce.

Mai allontanarsi dal tappeto senza aver prima chiesto il permesso

all’insegnante o a chi ne fa le veci. Generalmente in bagno si va prima e dopo

la lezione.

Per tutta la durata dell’allenamento è necessario tenere una postura

composta, sebbene si sia stanchi e affaticati.

Rispettare l’orario di inizio della lezione.

Il saluto (REI)

Il saluto in giapponese si dice REI ed è la prima cosa che viene insegnata ai neofiti

del Judo. Esso sancisce l’inizio e la fine di un allenamento e costituisce un vero e

proprio atto di rispetto nei confronti del Maestro e dei ragazzi che si allenano con noi.

Per questo motivo tutti i Judoka sono tenuti alla massima serietà durante l’esecuzione

del saluto.

Esistono due tipologie di saluto.

RITZU-REI

Il Ritzu-Rei è il saluto in piedi.

Schiena dritta, braccia distese lungo al corpo,

talloni uniti e punte leggermente divaricate;

Chinare il corpo di circa 20/30 gradi.

Il Ritzu-rei è un saluto usato in diverse occasioni. In

particolare è buona norma eseguire il Ritzu -Rei:

OGNI VOLTA che si sale o si scende dal Tatami,

con lo sguardo rivolto al ritratto di Jigoro Kano

(generalmente presente in ogni Dojo),

OGNI VOLTA che si invita un compagno a

combattere con noi,

Occasionalmente all’inizio e alla fine di ogni allenamento

All’inizio e alla fine di ogni Shiai.

ZA-REI

Za-rei è il saluto a terra.

Gli allievi si dispongono in riga lungo la “zona rossa”, in ordine di cintura, dal

grado più basso al grado più alto in linea di fronte al Maestro e tutte le cinture

nere.

Il capofila è colui che ha il conseguito il grado di Kyu da più tempo;

La schiena deve essere dritta, le braccia vanno distese lungo al corpo,i talloni

uniti e punte leggermente divaricate, lo sguardo rivolto al Maestro

Al segnale del capofila SEZA,i Judoka si inginocchiano. Per inginocchiarsi

correttamente occorre flettere prima il ginocchio SINISTRO e solo in seguito il

ginocchio DESTRO;

E’ importante sedersi sui talloni e appoggiare le mani sulle cosce;

Al segnale del capofila REI, flettere il busto in avanti, con lo sguardo verso

l’orizzonte

Non alzarsi fino a che il Maestro non avrà autorizzato il capofila a dare il

comando KIRIZTU. Per alzarsi si solleva prima il ginocchio destro, e

successivamente il ginocchio sinistro.

Quando si esegue?

Viene anche definito “saluto cerimoniale”, e generalmente si esegue all’inizio e alla

fine di ogni allenamento

Le Cadute (UKEMI)

Le cadute sono una parte essenziale ed imprescindibile nella pratica del Judo.

Imparare a cadere correttamente significa evitare traumi in seguito alle proiezioni e

consentire quindi una pratica del Judo in piena sicurezza.

Per questo motivo è essenziale curare ogni aspetto delle cadute, dal passo iniziale,

alla battuta finale. Esistono quattro cadute, in giapponese UKEMI.

USHIRO UKEMI

Il Judoka che si appresta ad eseguire l’ Ushiro Ukemi, cioè la caduta all’indietro, si

posiziona in posizione eretta, con le braccia tese in avanti perpendicolari al proprio

corpo.

Dopo un leggero passettino indietro, l’atleta si siede fino quasi toccare con il sedere il

tatami, dopodiché scivola leggermente all’indietro e batte le braccia con

un’angolazione di 15°/20° rispetto al corpo.

Cose importanti da ricordare:

∗E’ importante tenere il mento ben attaccato allo sterno in modo da evitare che

la testa sbatta sul tatami,

∗E’ importante battere le braccia e non i gomiti

∗E’ importante non anticipare la battuta, per non renderla inefficacie.

YOKO UKEMI

Per imparare la Yoko Ukemi, la caduta laterale, può essere di aiuto posizionarsi al

bordo di una materassina che compone il tatami. La gamba, o destra o sinistra, a

seconda del lato su cui vogliamo cadere, avanza e

scivola con un angolazione di circa 45° (più o meno, verso l’angolo della

materassina). Dopodiché si lascia cadere sul fianco e batte il braccio.

Cose importanti da ricordare:

∗E’ importante cadere sul lato, altrimenti si perde il senso della tecnica,

∗E’ importante non buttarsi, ma lasciarsi scivolare, in modo da acquisire

padronanza dei movimenti,

∗E’ importante non sbattere la testa

∗E’ importante che la gamba che scivola sia davanti all’altra gamba, altrimenti

si rischia di farsi lo sgambetto da solo.

ZEMPO UKEMI

La Zempo Ukemi, può sembrare una sorta di capriola in avanti rotolata sulla spalla.

Può essere eseguita con una o due braccia appoggiate sul tatami.

Questa caduta può essere svolta sia sul lato destro che sul lato sinistro del corpo.

Cose importanti da ricordare:

E’ importante rotolare sulla spalla, tenendo il mento ben saldo allo sterno in

modo da non sbattere con la nuca,

E’ importante non atterrare con le ginocchia in modo da non sforzare i

legamenti.

MAE UKEMI

La Mae Ukemi è una caduta in avanti sugli avambracci.

Cose importanti da ricordare:

E’ importante che nella parte finale della caduta il bacino, le ginocchia e il

petto non siano a contatto con il suolo

E’ importante battere tutto l’avambraccio e non solo le mani o peggio le dita

SHISEI

(Posizioni)

Shizen hon tai è la posizione

fondamentale del judo.

Jogo hon tai è la posizione

difensiva.

A seconda che sia avanzato il piede destro (MIGI) o il piede sinistro(HIDARI)

avremo:

Migi Shizen Hon Tai Hidari Shizen Hon Tai

Migi Jogo Hon Tai Hidari Jogo Hon Tai

Shintai ( Spostamenti del corpo)

Ayumi Ashi marcia normale

Tsugi Ashi marcia con piede che segue piede

Tai Sabaki rotazione del corpo

I principi delle tecniche Ogni tecnica può essere suddivisa in tre fasi, ognuna di esse è imprescindibile per la

riuscita ottimale della tecnica.

KUZUSHI

Kuzushi è il termine

giapponese per indicare lo

squilibro. Il nome deriva

dal verbo transitivo Kuzusu

che vuol dire spingere in

basso, distruggere o

demolire. Quindi non si

riferisce solo alla rottura

dell’equilibro, ma al

processo di portare

l’avversario in una

posizione in cui la

possibilità di attaccare è compromessa irrimediabilmente. Esistono otto direzioni

principali in cui muoversi, e ad ogni direzione corrisponde un diverso squilibrio.

Ogni tecnica ha un suo specifico squilibrio.

TSUKURI

La fase di Tsukuri comprende tutti i movimenti preparatori necessari per

adattar e il proprio corpo alla posizione richiesta dalla tecnica:

avvicinarsi ad Uke, posizionare bene le braccia, flettere le gambe,

eventualmente un cambio di presa, e soprattutto il contatto

(MICHAKU). Questi movimenti sono specifici per ogni tecnica.

KAKE

Kake è la fase finale della tecnica, ovvero la parte che comprende la

proiezione. In questa fase è essenziale, specialmente in palestra

controllare la caduta di Uke, in quanto abbiamo a che fare con persone e

non sacchi di patate.

TORI E UKE

Chi è Tori?

Tori è colui che esegue la tecnica.

Chi è Uke?

Uke è colui che subisce la tecnica.

Le tecniche

Go-Kyo (5 principi)

Il Go-kyo (i Cinque Principi o Cinque Gruppi) è il metodo di insegnamento del judo

che classifica 67 tecniche di cui 40 classiche piu 27 aggiunte in seguito.

Dopo il 1982 furono aggiunte alle 40 tecniche basilari delle tecniche addizionali. In

Italia, il go kyo viene insegnato come base delle conoscenze judoistiche, infatti i

gradi inferiori alla cintura nera sono rilasciati in seguito ad un passaggio di cintura

organizzati dal club, dove si esgue uno dei 5 raggruppamenti di tecniche in base alle

proprie conoscenze.

Il Go-kyo classifica 40 tecniche in 5 classi di 8 tecniche in base alla difficoltà di

esecuzione del movimento e alla violenza della caduta. Jigoro Kano selezionò dal ju-

jitsu, quelle tecniche che meglio rispondevano a criteri educativi e che non

presentavano pericoli per i praticanti. L’attuale formulazione è questa:

Classificazione delle tecniche

Il judo si suddivide in 3 tipi di tecniche:

� nage waza (proiezioni)

� katame waza (controlli)

� atemi waza (percussioni)

I primi due gruppi comprendono le tecniche applicabili durante l'esercizio libero

(randori) o in gara, mentre gli atemi si praticano solo nei kata (una sequenza di

movimenti che rappresentano varie tecniche e tattiche di combattimento e servono

per raggiungere una più elevata condizione spirituale).

Katame waza

Katame (fermare al suolo, controllare) waza o "tecnica dell'immobilizzazione" intesa

ad immobilizzare l'avversario al suolo ed essere in condizione di applicargli azioni di

soffocamento o azioni di slogamento delle giunture delle braccia o gambe tanto da

procurargli dolore, ponendolo in condizione di non nuocere. Questa tecnica è divisa

in tre gruppi:

Osae komi waza (osae: tenere, fermare) = tecnica dell'immobilizzazione

semplica;

Shime waza (shime: soffocamento) = tecnica per far perdere i sensi

mediante compressione della gola;

Kansetzu waza (kansetzu: giuntura) = tecnica per procurare slogature o

fratture alle giunture.

Osae komi waza

Shime waza

Kansetzu waza

Arbitraggio

Gli arbitri di judo devono:

accordare i vantaggi o la vittoria al combattente in base alle tecniche riuscite;

mantenere l'interesse del combattimento e di assicurare la sicurezza dei

combattenti, fermando e facendo riprendere il combattimento quando è

necessario;

fare rispettare le regole e di applicare le sanzioni appropriate quando è

necessario.

Nelle gare ufficiali sono presenti tre arbitri: un arbitro "centrale" che segue i

combattenti e due arbitri detti "arbitri di angolo" che stanno seduti ai due angoli

opposti del tatami.

L'arbitro centrale, durante il combattimento utilizza dei termini in giapponese

accompagnati da gesti, per essere capito anche da lontano. Gli arbitri di angolo si

esprimono in caso di disaccordo con la decisione dell'arbitro centrale, utilizzando gli

stessi gesti.

Se uno solo dei due arbitri di angolo dà il suo parere, l'arbitro centrale prende

atto del suggerimento ma non può modificare la propria decisione, se è già stata

espressa dal relativo gesto; se invece tutti e due gli arbitri di angolo sono d'accordo

contro il parere dell'arbitro centrale, questo deve cambiare la sua decisione.

Termini arbitraggio impiegati in gara

Hajime Combattete

Matte (braccio teso con palmo diretto verso il tavolo della giuria)

fermate e ritornate a posto

Soremade fine del combattimento

Sonomama (toccando i due combattenti) quando l'arbitro vuole verificare qualche cosa senza modificare la posizione dei

combattenti durante la lotta a terra

Yoshi (toccando brevemente i due combattenti)

riprendete il combattimento, dopo Sonomama

Hantei decisione dei giudici (braccio alzato in verticale)

Yuko (braccio teso di fianco a 45 gradi, dita tese)

vantaggio medio

Waza-ari (braccio teso di fianco a 90 gradi, dita tese)

mezzo punto

Waza-ari Awasete Ippon (braccio teso di fianco a 90 gradi, dita tese, poi sale in posizione di Ippon)

2 Waza-ari ossia un Ippon

Ippon (braccio teso al di sopra la testa, dita tese)

vittoria acquisita (punto), fine del combattimento

Osae-komi inizio dell'immobilizzazione (braccio teso in avanti a 90 gradi palmo verso

terra)

Toketa

uscita dall'immobilizzazione (agita il braccio teso in avanti a 90 gradi a destra e

sinistra col palmo di taglio)

Shido (indica col dito il combattente sanzionato) sanzione lieve

Hansoku-make sanzione grave, che presa direttamente, comporta la squalifica.

Hiki-wake alzerà un braccio in alto nell'aria e lo porterà giù sul davanti del suo corpo (con il

pollice verso l'alto) e lo terrà fermo lì per un momento.

Inoltre può:

Indicare al(i) combattente(i) di riaggiustare lo judogi: incrocia la mano sinistra

sopra la destra, palmi rivolti verso l'interno, all'altezza della cintura.

Non-combattività: fa roteare, con un movimento in avanti, gli avambracci

all'altezza del petto e poi indica con il dito indice il combattente.

Per invitare il medico: posizionandosi verso il tavolo del medico agiterà un

braccio, con il palmo verso l'alto, dalla direzione del tavolo medico verso il

combattente infortunato.

Falso attacco: distende entrambe le braccia in avanti con le mani chiuse

portandole poi, entrambe, verso il basso.

Per annunciare una penalità (shido, hansoku-make): indica il combattente da

penalizzare con il dito indice tenendo il pugno chiuso.

Per annullare un'opinione già espressa: ripeterà con una mano il gesto

dell'opinione, mentre alza l'altra mano sopra la testa davanti e l'agiterà da

destra a sinistra due o tre volte.

Uscita

Quando l'arbitro ha dato il segnale di fine gara e ha stabilito chi è il vincitore, i

due combattenti si salutano con l'inchino e una stretta di mano, salutano la zona di

combattimento e infine il tappeto, alla loro uscita.

PAROLE DA SAPERE

DAN: grado superiore (cintura nera o rossa)

DOJO: palestra dove si insegna judo

JUDOGI: abbigliamento del judoka (giacca e pantaloni)

JUDOKA: persona che pratica il judo

KATA: sequenza di movimenti che rappresentano varie tecniche e tattiche di

combattimento, che servono per raggiungere una più elevata condizione spirituale

KYU: primi 6 gradi di cintura (allievi)

KODOKAN: Scuola di Judo fondata da Jigaro Kano

OBI: cintura

RANDORI: esercizio libero

RITSUREI: saluto in piedi

SENSEI: Maestro

SHINPAN: giudice

TATAMI: tappeto dove si pratica il judo

UKEMI: cadute

WAZA: tecniche

ZAREI: saluto in ginocchio