TITOLAZIONI DI OSSIDORIDUZIONE (REDOX) Analisi volumetrica ...
Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He
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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi E alle Titolazioni Complessometriche
F. Salvatore
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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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Capitolo 1
Introduzione alle reazioni di formazione di complessi 7
1.1 Premessa 7 1.2 Reazioni di Formazione di Complessi in Acqua 11 1.3 Stabilità dei Complessi 18 1.4 Dai Complicati Meccanismi di Reazione dei Leganti
Monodentati ai Semplici Meccanismi dei Chelanti 21
1.5 Tecniche di Isolamento degli Equilibri di Formazione di Complessi in Acqua 31
1.5.1 Soppressione delle Reazioni Collaterali per Aggiunta di un Eccesso di Acido Perclorico 33
1.5.2 Reazioni di Formazione di Complessi a pH Fissato e Reazioni fra Gruppi di Specie. 37
1.5.2.1 Grafici di Distribuzione dei Gruppi 46 1.6 Indicatori Metallocromici 50 1.6.1 Concetti di base 50 1.6.2 Influenza del pH sul Viraggio degli Indicatori
Metallocromici 51 1.6.3 Valutazione dell’Effetto di Reazioni Collaterali sulla
Sensibilità degli Indicatori Metallocromici 54
Capitolo 2
Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici 61
2.1 Concetti di Base 61 2.2 Titolazioni complessometriche fra Gruppi 64 2.3 Titolazioni Complessometriche con Acidi
Amminocarbossilici 67 2.3.1 Effetto delle Reazioni di Protonazione del Legante sulle
Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici 72
2.3.2 Effetto delle Reazioni di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici 73
2.3.3 Effetto Combinato delle Reazioni di Protonazione del Legante e di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici 75
2.3.4 Effetto delle Reazioni del Catione con il Legante Ausiliario sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Ammino carbossilici 78
2.3.5 Effetto della Formazione di Complessi Acidi e Basici sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici 80
2.4 Curve di Titolazione Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici 82
2.5 Scelta dell’Indicatore Metallocromico 84 2.6 Errore Sistematico di Titolazione 85 2.7 Schemi Alternativi di Titolazione 89 2.8 Preparazione e Standardizzazione della Soluzione
di EDTA. 91
Sommario
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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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Capitolo 1
Introduzione alle Reazioni di Formazione di Complessi
1.1 Premessa
Dalla trattazione delle reazioni AcidoBase, le basi emergono come ioni o molecole ricche di elettroni, in grado di dissipare l’energia della loro carica elettronica sulla carica positiva del protone, formando gli acidi. La formazione di legami base‐protone è, tuttavia, solo uno dei vari modi in cui le basi manifestano la loro attività nucleofilica (cioè la loro tendenza a stabilire legami con centri di carica positiva). In generale, una base è capace di stabilire legami con un vasto numero di elettrofili (cioè di molecole o ioni dotati di centri di carica positiva che attraggono gli elettroni). I cationi dei metalli, nei loro vari stati di ossidazione, sono, evidentemente, centri di elevata densità di carica positiva e quindi suscettibili all’attacco da parte delle basi, come si può vedere in Figura1.1 e Figura1.2. A seguito della reazione di una base con un catione metallico si forma un composto di coordinazione (o complesso metallico, o, brevemente, complesso) in cui è stabilito, fra la base e il catione metallico, un legame di coordinazione. Quando riguardate sotto questo profilo generale le basi sono chiamate leganti. I leganti sono basi di Lewis, perché possiedono sempre almeno un doppietto elettronico in grado di formare un legame. I cationi metallici sono acidi di Lewis, in quanto possono accettare il doppietto di elettroni
Figura1.1 – Interazione di una base con il centro di carica positivo del protone e di un catione metallico.
Figura1.2 – Numero di coordinazio quattro (N = 4) del catione Cu2+.
Cu2+
NH3
Cu2+
NH2H2N
H2N NH2
Legame di coordinazione
Tetramminorame(II)
bis(etilendiammina)rame(II) Etilendiammina (en)
Chelazione
NH3
H3N
H2N
H2N
CH2
CH2
CH2
CH2
H3N
H2C
H2C
H+ + N
H
H
H
N
H
H
H
H
Cu2+ + N
H
H
H
N
H
H
H
Cu
2+
+
Protone Base (ammoniaca) Acido (ammonio)
Catione Legante Complesso
+ =
+ =
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della base. Un complesso può quindi essere pensato come il prodotto di una reazione AcidoBase secondo Lewis. Il legame di coordinazione legante‐metallo è formalmente costituito, in generale, dalla condivisione di una coppia di elettroni solitari provenienti dal legante, che vengono collocati in un orbitale di legame, formato dalla sovrapposizione di un orbitale del legante con un orbitale vuoto del catione. I complessi di coordinazione possono essere cationi, anioni o molecole neutre. Per esempio, il Ferricianuro di potassio, K3[Fe(CN)6] contiene il complesso anionico [Fe(CN)6]
3‐, mentre il complesso Cr(CO)6 è neutro e contiene sei molecole di monossido di carbonio legate a un atomo di cromo. I legami covalenti coordinati sono più deboli dei legami covalenti rinvenuti nei comuni composti chimici; ciò conferisce ai composti di coordinazione un’estrema flessibilità, nel senso che, in generale, essi si formano e si decompongono attraverso reazioni che si possono condurre sotto condizioni blande, analogamente alle reazioni AcidoBase. I complessi svolgono un ruolo fondamentale nella chimica dei metalli, e sono estremamente diffusi in natura e nei sistemi biologici. Per esempio, l’emoglobina, che trasporta l’ossigeno alle cellule animali, contiene un complesso del Ferro (II) (heme) a cui viene legato l’ossigeno, che quindi è distribuito ai tessuti. Per lungo tempo l’esistenza dei complessi in chimica è stata ignorata, e la loro formazione scarsamente compresa (è a questo stato di cose che si allude con il termine complesso). Ciò è sorprendente se si pensa che la formazione di complessi in soluzione è spesso accompagnata da spettacolari cambiamenti di colore delle soluzioni. Per esempio, se si scioglie Fe(NO3)3×9H2O (che è un sale di colore porpora) in acqua, si ottiene una soluzione di colore giallo pallido. Il colore è dovuto alla dissociazione di un protone dal complesso acido Fe(H2O)6
3+ e alla formazione del complesso di colore giallo Fe(H2O)5OH
2+:
L’aggiunta di HNO3 alla soluzione che contiene Fe(H2O)5OH2+ fa regredire la
dissociazione. Se ora alla soluzione si aggiunge cloruro, Cl‐, viene ripristinato un colore giallo paglierino dovuto ad un cloro complesso che si forma attraverso la reazione:
Se invece si aggiunge tiocianato di potassio, KSCN, la soluzione diventa intensamente colorata in rosso, a causa della reazione:
Se alla soluzione rossa si aggiunge sodio fluoruro, NaF, si ha decolorazione a causa della formazione di un fluoro complesso incolore:
Se si aggiungono infine alcune gocce di una soluzione di Ferrocianuro di potassio, K4FeCN6, si forma un precipitato di colore blu (blu di Prussia) di composizione Fe4[Fe(CN)6]3. Analogamente una soluzione di Nickel solfato, NiSO4×6H2O, ha un intenso colore verde che vira al blu per aggiunta di ammoniaca a causa della formazione di ammino complessi:
Aggiungendo invece etilendiammina, H2NC2H4NH2, alla soluzione di Nickel solfato, si sviluppa un colore porpora, grazie alla reazione:
Infine, l’aggiunta di dimetilgliossima, alla soluzione di Nickel solfato, dà luogo a un precipitato rosso porpora che contiene un complesso di Ni2+ con la dimetilgliossima.
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Le reazioni di formazione di complessi sono ora ben comprese, anche se la chimica dei composti di coordinazione appare pur sempre complessa, a causa della enorme varietà di composti che sono stati descritti, e a cui è giustamente applicato il termine di complesso. Questa varietà dipende da due circostanze. La prima è banalmente che esistono una varietà di cationi metallici e una varietà ancora più grande di leganti. La classe dei leganti è molto vasta, tanto che è un’impresa ardua elencarli tutti. I leganti vanno dalle comuni basi inorganiche e organiche fino alle macromolecole, poiché, in astratto, qualunque molecola dotata di coppie di elettroni solitari è, a buon diritto, un legante. Nuovi leganti continuano a essere progettati e sintetizzati, specialmente nell’industria, per preparare complessi metallici che abbiano proprietà desiderabili. Si pensi che un complesso dell’alluminio e titanio è il catalizzatore della polimerizzazione, a bassa pressione, dell’etilene, che ha condotto l’umanità nell’era del polietilene. Del resto il cisplatino, che è un complesso del platino con cloruro e ammoniaca, preparato dalla reazione seguente, è un attivo agente anticancro:
La seconda circostanza è che un dato catione metallico può in generale formare, con un dato legante, diversi complessi. Il numero di coordinazione, N, è definito, per ogni metallo, come il numero massimo di legami di coordinazione che esso può formare. Il numero di coordinazione non è, strettamente, una caratteristica del solo metallo, poiché un catione metallico può esibire differenti numeri di coordinazione in differenti complessi. Tuttavia, tenendo presente questo warning, è usuale attribuire a ciascun catione metallico un proprio numero di coordinazione, che è quello che esso di solito esibisce sotto molte circostanze. Così al catione Cu2+ è di solito attribuito un numero di coordinazione di quattro (N = 4), poiché esso forma in generale quattro legami di coordinazione indipendentemente
dalla natura del legante (vedi Figura1.2). Le N posizioni di coordinazione (N può avere valori da 2 a 9 ) intorno a un catione metallico possono essere occupate da leganti diversi, e con un dato catione metallico, M (la carica è omessa per semplicità), e due leganti, X e Y, si possono, in astratto, originare una pletora di complessi che vanno da M(X)N a M(Y)N (che sono detti complessi puri, poiché contengono un singolo tipo di legante) e comprendono tutte le specie M(X)x(Y)y (tali che x + y = N), che sono dette complessi misti. Questo meccanismo di sostituzione di vari tipi di leganti intorno a un catione metallico, enormemente dilata il numero di differenti complessi osservati, ed è una delle principali ragioni della complessità della chimica dei complessi. Il complesso di stechiometria 1:2 (leggi uno a due) di Cu2+ con l’etilendiammina, presentato in Figura1.2, mostra che i gruppi basici che occupano le posizioni di coordinazione intorno ad un metallo possono appartenere alla stessa molecola, ed essere collegati fra di loro da comuni legami covalenti. Leganti che sono dotati di gruppi basici dislocati lungo la struttura di una singola molecola sono detti polidentati (o chelanti) e i complessi da essi formati complessi chelati. Evidentemente, la formazione di un chelato comporta la formazione di un ciclo, che contiene lo ione metallico, e le cui dimensioni dipendono dalla distanza fra i centri di coordinazione nel chelante. Per esempio, la chelazione di un metallo da parte dell’etilediammina comporta la formazione di un ciclo a cinque termini (vedi Figura1.2). Si conoscono e sono largamente impiegati nella chimica analitica, e altrove, chelanti tridentati, tetradentati, pentadentati, esadentati, etc… I complessi chelati hanno un ruolo molto importante nella chimica e anche nella vita quotidiana. Per esempio, un modo di togliere la ruggine dalle superfici metalliche è quello di trattare la superficie con una soluzione di acido ossalico, H2C2O4. L’acido ossalico scioglie la ruggine grazie alla reazione:
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L’efficacia dell’acido ossalico dipende dalla formazione del complesso
chelato solubile :
Una caratteristica primaria dei complessi è che le posizioni di coordinazione
intorno ad un catione metallico sono geometricamente fissate dalla
struttura elettronica del catione. La formazione di un complesso risulta
nell’orientazione dei leganti secondo la geometria di coordinazione del
metallo. Questo, per così dire, potere di orientare le molecole coordinate è
alla base della funzione dei metalli in molti sistemi chimici.
Vi è una forte correlazione fra il numero di coordinazione e la geometria dei
complessi.
I metalli che esibiscono numero di coordinazione 2 dispongono spesso i
leganti secondo una geometria lineare. Tipici esempi sono Cu(Cl)2- e
Ag(NH3)2+:
Com’è facile immaginare, la geometria più ricorrente nel caso di complessi
tricoordinati è quella in cui i leganti occupano i vertici di un triangolo
centrato intorno al metallo. Questo è il caso dell’anione HgI3-:
Il numero di coordinazione quattro è molto frequente. Nei complessi
tetracoordinati i leganti sono orientati in modo da occupare o i vertici di un
quadrato o i vertici di un tetraedro:
Il numero di coordinazione cinque non è molto diffuso. Vi sono due
geometrie che sembrano essere più probabili, la bipiramide trigonale e la
piramide a base quadrata:
L M
L
L
L
L
L
M L L
L
L
Bipiramide trigonale Piramide a base quadrata
Cl
Cl
NH3
Pt
OH
Be
2-
NH3
Planare quadrato OH
HO OH
Tetraedrico
H g 2 +
I
- I I -
- -
- C l C u + C l - H 3 N A g + N H 3
Fe O
O O
O
O
O
C2O42- O
O -O
O-
3-
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Il numero di coordinazione sei è quello più diffuso, e quasi invariabilmente i leganti sono disposti ai vertici di un ottaedro il cui centro è occupato dal catione metallico. Un esempio è il complesso Co(NH3)6
2+:
I numeri di coordinazione superiori a sei sono rari. Si possono menzionare i complessi UO2F5
3‐ e TaF83‐ come esempi di numeri di coordinazione sette e
otto rispettivamente:
1.2 Reazioni di Formazione di Complessi in Acqua
I cationi metallici in acqua esistono come acquocomplessi, per esempio: Ag(H2O)2
+, Cu(H2O)42+, Ni(H2O)6
2+, etc… Le reazioni di formazione di complessi in acqua sono reazioni di sostituzione dell’acqua coordinata da parte di un legante aggiunto alla soluzione di un catione metallico. Nel caso che questo legante (che verrà in seguito detto legante esterno o primario) sia l’ammoniaca, si ha, per esempio:
— .
.
.
.
La stabilità (o forza) dei complessi di un dato catione metallico con un dato legante è misurata dalla costante di formazione, che è la costante di equilibrio della reazione in cui il complesso è formato dall’acquoione. Nella fattispecie, le costanti di equilibrio delle reazioni (1.1), (1.2), (1.3) e (1.4) sono le costanti di formazione (o costanti di stabilità) dei complessi NH4
+, Ag(NH3)2+, Cu(NH3)4
2+, Ni(NH3)62+. Applicando la legge di azione di
massa (LAM) a queste reazioni si ha:
.
.
F
F
F
F
F
O
O
3‐
U
F FF F
FF
FF
Ta
Antiprisma quadrato
3‐
Bipiramide pentagonale
Co
NH32+
H3N NH3
NH3
NH3
H3N
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Alle costanti di formazione è riservato il simbolo n, in cui il pedice n indica
il numero di leganti coordinati al catione metallico.
Prego nota che, nel presente contesto, gli acidi sono riguardati come
complessi della base con il protone, e la costante 1 della reazione (1.1) è
uguale al reciproco della costante di dissociazione (Ka-1) dello ione
ammonio. Il protone è unico fra i cationi poiché dispone di una sola
posizione di coordinazione.
Come già per altri tipi di reazione, le costanti di formazione di complessi
andrebbero strettamente espresse usando le attività di reagenti e prodotti
invece delle concentrazioni. L’uso della LAM con le concentrazioni al posto
delle attività è solo un’approssimazione, che si ritiene non produca errori
apprezzabili in soluzioni diluite, ma che diventa meno attendibile in
soluzioni concentrate.
L’acqua, che è prodotta nelle reazioni di formazione di complessi, è omessa
dall’espressione delle costanti di formazione, poiché la sua attività è con
buona approssimazione unitaria (o, se si preferisce, perché la sua
concentrazione è costante). In tal modo, sottintendendo l’acqua che vi è
invariabilmente coinvolta, la scrittura delle reazioni di formazione di
complessi in acqua diventa assai più agile. Infatti, le reazioni (1.1)-(1.4) sono
correntemente scritte:
Le reazioni da (1.9) a (1.12) producono facilmente l’idea erronea che le
reazioni di formazione di complesso in acqua siano reazioni di addizione, in
cui il legante occupa i siti di coordinazione vuoti del catione metallico. Un
tale processo, in acqua, è puramente ipotetico e non osservabile, poiché i
cationi metallici sono idratati e i siti di coordinazione del metallo sono
sempre completamente occupati da acqua o da altro legante.
In acqua è sempre presente un legante che occupa una posizione
privilegiata: questo legante è lo ione idrossile, OH-. I complessi dei cationi
metallici con OH- sono chiamati idrossocomplessi e la loro stabilità è, come
quella di qualsiasi altro complesso, specificata dalle pertinenti n. La
particolarità degli idrossocomplessi, in acqua, dipende dal fatto che la loro
formazione può essere formalmente trattata da due punti di vista:
1 Gli idrossocomplessi sono le basi derivanti dalla dissociazione acida
dell’acqua coordinata ai cationi metallici.
2 Gli idrossocomplessi sono complessi derivanti dalla sostituzione
dell’acqua coordinata al catione metallico da parte del legante OH-.
Per esempio la formazione dell’idrossocomplesso Cu(OH)42- del rame può
essere pensata avvenire secondo la reazione (1.13) o (1.14):
Le reazioni (1.13) e (1.14) sono equivalenti. Infatti, esse non sono
indipendenti ma connesse dal prodotto ionico dell’acqua. Tuttavia, la
reazione (1.13) è utilizzata in un contesto AcidoBase, mentre la reazione
(1.14) è quella che viene utilizzata nel contesto generale degli equilibri di
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formazione di complessi, di cui gli equilibri AcidoBase sono un caso particolare. Un caso molto suggestivo si verifica quando si considera la formazione di complessi del legante OH‐ con il protone secondo la reazione:
— .
Formalmente l’acqua appare come un complesso di H+ con OH‐. La costante di stabilità del <<complesso acqua>> si scrive:
.
Dalla (1.16) si può giudicare che la costante di equilibrio della reazione (1.15) è solo il reciproco del prodotto ionico dell’acqua, Kw. Di conseguenza, βw = 1014.0 a 25°C. Benché a prima vista ciò possa non essere percepito, quanto è stato fin qui esposto costituisce la premessa di una situazione chimica che diventa assai spesso molto intricata per la concorrenza di due circostanze. In primis, la reazione di formazione di complessi fra un dato legante esterno e un catione metallico idratato non si limita mai alla formazione di un singolo complesso. Per esempio le reazioni (1.1)‐(1.4) considerano, per ciascun catione, esclusivamente la completa sostituzione dell’acqua coordinata da parte di un legante esterno (i.e., l’ammoniaca). Tuttavia la sostituzione dell’acqua non avviene in un singolo step ma in maniera graduale, attraverso una serie di reazioni in cui l’acqua è gradualmente sostituita dal legante. La serie completa di reazioni di sostituzione, fra un metallo e un legante, costituisce il meccanismo di formazione di complessi. Per esempio il meccanismo di formazione di complessi fra Ag+ e NH3 è costituito dalle reazioni (1.17) e (1.10):
. .
. .
I meccanismi di formazione di complessi fra Cu2+, Ni2+ e ammoniaca sono più complessi poiché sono costituiti rispettivamente da quattro e da sei reazioni di formazione di complessi e da altrettante costanti di stabilità:
. .
. .
. .
. .
. .
. .
. .
. .
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. .
. .
La seconda circostanza è che, com’è già stato detto, in acqua vi è sempre un ulteriore legante oltre a quello esterno, e cioè OH‐. Quindi è necessario considerare sempre la possibile formazione di idrossocomplessi del metallo considerato. Per esempio, benché noi possiamo desiderare di sintetizzare gli ammino complessi di Cu2+, aggiungendo a una soluzione di ioni rameici una certa concentrazione di ammoniaca, nella soluzione si potranno anche formare idrossocomplessi del rame, la cui stechiometria e stabilità è esposta dal pertinente meccanismo di formazione di complessi, che è specificato sotto dalle reazioni di formazione di idrossocomplessi di Cu2+ (1.28)‐(1.32):
. .
. .
. .
. .
,
. .
. .,
Le reazioni di formazione di idrossocomplessi sono spesso anche chiamate reazioni di idrolisi. Prego nota che il meccanismo di idrolisi di Cu2+ è anche più complesso di quello che uno si poteva aspettare, in quanto viene formato un complesso polinucleare, cioè un complesso che contiene più ioni metallici (il complesso Cu2(OH)2
2+ è un complesso dinucleare). Gli idrossocomplessi polinucleari sono dovuti alla speciale capacità degli ioni OH‐ di porsi a ponte fra due ioni metallici:
Vi sono vari altri leganti in grado di formare ponti fra ioni metallici, fra cui Cl‐, Br‐, I‐, etc., e i complessi polinucleari sono un’evenienza tutt’altro che rara. Essi, tuttavia, sono favoriti a concentrazioni relativamente elevate del metallo. Nelle soluzioni diluite la loro formazione è spesso trascurabile. Sulla base di questa giustificazione, e del fatto che la presenza di complessi polinucleari produce notevoli complicazioni nella trattazione quantitativa degli equilibri di formazione di complessi, essi saranno, per necessità più che per scelta, di qui in poi ignorati. Anche trascurando la formazione di complessi polinucleari si vede che, in una soluzione di Cu2+ a cui fosse stata aggiunta ammoniaca per sintetizzare gli ammino complessi, possono essere presenti all’equilibrio numerosi idrossocomplessi.
H
H
Cu2+ Cu2+
O
OH2O OH2
OH2 H2O
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La questione non è ancora completamente esaurita, in quanto, ovviamente, occorre considerare la possibile formazione di complessi misti, in cui alcune posizioni di coordinazione sono sostituite da OH‐ e altre dal generico legante esterno, L. I complessi misti hanno la formula generale M(OH)mLn in cui m ed n sono due interi. Nel caso del sistema Cu2+‐NH3, i complessi misti hanno la stechiometria Cu(OH)m(NH3)n (la carica è omessa per semplicità). I complessi misti sono molto difficili da caratterizzare e le informazioni sulla loro stabilità generalmente non sono facilmente disponibili, per cui, difficile dire se a torto o a ragione, essi vengono generalmente ignorati. Questa è un’approssimazione che può anche essere giusta, ma che, al momento appare difficile da giustificare. Del resto il legante esterno, è in genere una base in grado di formare, attraverso reazioni di protonazione, complessi con H+, che come OH‐ è sempre presente in acqua. A questa regola si sottraggono solo i leganti che sono basi coniugate di acidi forti (nella fattispecie, Cl‐, Br‐, I‐, ClO4
‐, NO3‐,
etc.) e che, ovviamente non possono essere protonati. In una soluzione di Cu2+ e ammoniaca, anche ignorando il complesso polinucleare e i complessi misti Cu2+‐ OH—NH3, si possono contare, presenti contemporaneamente all’equilibrio, ben 13 differenti specie (includendo anche [H+] e [OH‐]). Il calcolo di equilibrio, il cui obiettivo è quello di calcolare la concentrazione delle varie specie all’equilibrio in una soluzione, sulla base delle conoscenza delle concentrazioni analitiche assegnate dei costituenti e delle pertinenti costanti di equilibrio, si trova, evidentemente, ad affrontare una situazione piuttosto intricata. Ovviamente, in una data soluzione vi saranno specie presenti a concentrazioni relativamente elevate, e altre a concentrazioni basse e, magari, trascurabili. Tuttavia, fare una valutazione in proposito, dalla semplice ispezione dei dati di un problema di calcolo di equilibrio relativo ad equilibri di formazione di complessi, appare piuttosto arduo.
Esempi Svolti
Esempio I
La formazione di complessi in acqua può essere riguardata come un processo graduale in cui l’acqua coordinata al catione metallico viene gradualmente sostituita dal legante esterno. Per esempio, se il catione metallico idratato viene indicato con M, omettendo per semplicità la carica, e il legante esterno o primario con L (omettendo analogamente per semplicità la carica eventuale) la reazione di formazione di complessi in cui tutta l’acqua di coordinazione viene sostituita dal legante esterno si scriverà:
In cui N è il numero di coordinazione del catione M e la carica eventuale sul complesso MLN, è ancora una volta stata omessa. La reazione di formazione di complesso (I) può essere pensata come la somma di N reazioni parziali, in cui in ogni step una singola molecola di acqua di coordinazione viene sostituita con un legante. Decomponendo la reazione (I) in N steps successivi si ha:
…………………………… ……………. …….
…………………………… ……………. …….
Le reazioni di formazione graduale di complessi da (II) a (V) sono un modo alternativo di scrivere il meccanismo di formazione di complessi del catione M con il legante L. Le costanti di equilibrio Kn che compaiono in questo meccanismo sono dette costanti graduali di formazione di complesso. Qual è la relazione fra le costanti graduali Kn e le costanti di stabilità, βn?
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Se si sommano n reazioni graduali di formazione di complessi si ha:
La costante di equilibrio della reazione (VI), che è la somma di n processi di
sostituzione successiva di un legante è per definizione la costante di stabilità .
Quindi, βn è il prodotto delle prime n costanti di formazione graduali, che è ciò che
si vede in (VI). In particolare se n =1, si ha β1.= K1.
Esempio II
Il catione Fe2+, in acqua è un acido tetraprotico che si dissocia secondo le
reazioni:
Calcolare le costanti di stabilità βn dei quattro idrossocomplessi ,
, ,
β1 è la costante di equilibrio della reazione (VI) che come si vede dallo schema
sotto si ottiene combinando la reazione di dissociazione acida (I) con il prodotto
ionico dell’acqua:
La costante di stabilità del complesso Fe(OH)+ è quindi il rapporto fra Ka1 e il
prodotto ionico dell’acqua, che è quanto si vede nella relazione (VI).
Facendo le appropriate combinazioni delle costanti di dissociazione Ka1, Ka2, Ka3 e
Ka4 con il prodotto ionico dell’acqua si possonor ottenere β2, β3 e β4.
Per β2 si ha:
Per β3 si ha:
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Infine per β4 si ha:
Esempio III
II prodotto di solubilità dell’Argento Cloruro, AgCl(s) è:
AgCl(s) non si scioglie apprezzabilmente in acqua. Se l’Argento cloruro è messo in
contatto con una soluzione concentrata di ammoniaca (e.g. 1 M) lo ione Ag+ nella
soluzione viene complessato formando l’ammino complesso secondo
la reazione:
Valutare la solubilità di AgCl(s) in una soluzione in cui [NH3] = 1 M.
Combinando le reazioni (I) e (II) si può vedere che AgCl(s) reagisce con
l’ammoniaca nella soluzione secondo la reazione (III):
A seguito della reazione (III) nella soluzione si produce un ugual concentrazione di
equilibrio dell’ammino complesso dell’argento e di cloruro, i.e.
Usando la relazione (IV) nella costante di equilibrio della reazione di dissoluzione
(III) si ha:
Poiché nell’esempio è specificato che nella soluzione all’equilibrio [NH3] = 1 M,
dalla relazione (V) si calcola che l’Argento(I) presente nella soluzione sotto forma di
ammino complesso ha la seguente concentrazione:
Si vede che in una soluzione di ammoniaca è possibile sciogliere quantità molto
maggiori di AgCl(s) che in acqua (la solubilità in acqua di AgCl(s) è circa 10-5 M). La
dissoluzione di sali insolubili mediante una soluzione di un legante che complessa il
catione metallico è un importante uso pratico e analitico delle reazioni di
formazione di complessi.
Esempio III
L’idrossido di alluminio Al(OH)3(s) esiste in due forme cristalline α-Al(OH)3(s)
(gibbsite) e β-Al(OH)3(s) (bayerite). La gibbsite è la fase stabile a temperatura
ambiente. Il suo prodotto di solubilità è:
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La solubilità dell’alluminio idrossido in soluzioni alcaline è proporzionale alla
concentrazione di idrossido poiché la reazione di dissoluzione è:
Valutare la costante di stabilità β4 dell’idrossocomplesso .
Sottraendo la reazione (I) dalla (II) si ottiene:
L’idrossido di alluminio è un idrossido anfotero, cioè esso, oltre ad essere solubile
in acidi, ha anche una cospicua solubilità in alcali. Si può vedere che il
comportamento anfotero dell’alluminio è dovuto alla formazione
dell’idrossocomplesso anionico (alluminato).
1.3 Stabilità dei Complessi
A dispetto del fatto che i complessi metallici risultano dalla reazione di
entità chimiche (i.e., il catione metallico idratato e il legante) capaci di
esistere separatamente, e le cui proprietà possono essere studiate
indipendentemente, finora si è dimostrato impossibile prevedere
accuratamente il meccanismo di formazione di complessi (cioè la
stechiometria dei complessi formati e le rispettive costanti di formazione)
dalle proprietà del catione metallico e del legante. Ciò deriva dalla
molteplicità di fattori da cui dipende la stabilità dei complessi. Un
meccanismo di formazione di complessi è quindi, allo stato attuale delle
cose, il risultato di un’indagine sperimentale. La costante di stabilità
determinata sperimentalmente costituisce sia un’importante informazione
chimica sia la prova dell’esistenza di un dato complesso sotto descritte
condizioni.
Un’enorme mole di lavoro è stata necessaria per chiarire i meccanismi di
formazione di complessi dei cationi metallici con una sterminata schiera di
leganti, e lo studio comparato di questi dati ha, in parte, chiarito i fattori
che regolano la stabilità dei complessi metallici.
In primis, quando si esamina il meccanismo di reazione di un dato metallo
con un dato legante si trova, pressoché invariabilmente, che le costanti di
stabilità, n, aumentano all’aumentare di n. E’ facile riscontrare un tale
andamento confrontando i valori delle costanti di formazione dei complessi
di Ag+, Cu2+, Ni2+ con NH3 e OH- riportati sopra. Ciò è facile da comprendere
se si tiene conto del fatto che la costante di equilibrio di una reazione
riflette la variazione standard di energia libera di Gibbs, ∆G°, che si verifica
nel trasformare i reagenti in prodotti. Sia G°1 la variazione standard di
energia libera per la formazione del complesso 1:1 del metallo M con il
legante esterno L secondo reazione (1.33):
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
19
La variazione di energia libera standard della reazione (1.34) di formazione
del complesso 1:n potrebbe, in astratto, essere n×ΔG°1:
∆ ∆ . .
Infatti, la reazione (1.34) ripete n volte il processo della reazione (1.33), cioè la sostituzione di 1 molecola di acqua di coordinazione con il legante L. Se tale ipotesi è completamente verificata, allora, a causa della relazione logaritmica fra la costante di equilibrio di una reazione e la variazione standard di energia libera, si dovrebbe avere:
∆ ∆ .
Secondo la relazione (1.35) la reazione di formazione del complesso 1:n, di un dato catione metallico con un dato legante, dovrebbe avere una costante di formazione pari alla costante di formazione del primo complesso elevata alla n‐esima potenza. In virtù del fatto che le costanti di stabilità hanno di norma valori >> 1, ciò implica un rapido aumento della costante βn al crescere di n. Si può constatare facilmente, dai meccanismi di formazione degli ammino complessi di Ag+, Cu2+ e Ni2+, e dal meccanismo di idrolisi di Cu2+, riportati sopra, che le cose non stanno esattamente come previsto dalla relazione (1.35), specialmente per i valori alti di n. Tuttavia, ciò è comprensibile, poiché l’ipotesi che la reazione (1.34) produca una diminuzione di energia libera standard pari a n volte la diminuzione osservata nella reazione (1.33), non può essere vera in assoluto, a causa principalmente del gioco di due fattori. Il primo è di natura puramente statistica (o entropica), ed attiene al fatto che la formazione del primo legame di coordinazione, del catione metallico con il legante L, è molto più probabile che non la formazione dei legami successivi. Il primo legante ha N posizioni disponibili per formare un legame di coordinazione M‐L, mentre i successivi ne hanno solo N – n + 1. Anzi, il legame del n‐esimo legante avviene su una sfera di coordinazione che contiene già n ‐ 1 leganti, i quali possono essere persino dissociati. In definitiva, l’entrata del n‐esimo
legante è statisticamente (i.e., entropicamente) sfavorita rispetto al primo, sia perché vi sono solo N ‐ n + 1 posizioni disponibili, sia perché la formazione di un nuovo legame può essere accompagnata dalla dissociazione contestuale di un legante legato da una delle n ‐ 1 posizioni occupate. Quindi, già da questo onnipresente effetto entropico noi dobbiamo dedurre che in generale si avrà più verosimilmente:
.
Accanto all’effetto entropico, lungo un meccanismo di formazione di complessi di solito operano effetti entalpici, che portano a un’ulteriore diminuzione del rapporto fra costanti di formazione successive. Se il legante è un anione (i leganti cationici sono rari), la sostituzione dell’acqua di coordinazione con l’anione porta gradualmente a un accumulo di carica negativa sul complesso, che, naturalmente, ostacola il legame di ulteriori leganti all’aumentare di n. Un analogo effetto entalpico è prodotto se il legante è una molecola ingombrante, poiché per alti valori di n vi è repulsione sterica fra i leganti legati. Tenendo conto degli sfavorevoli effetti entropici ed entalpici che modificano sostanzialmente le previsioni della relazione (1.35), e con possibili variazioni da caso a caso, le costanti di formazione consecutive seguono spesso una sequenza del tipo:
.
Gli idrossocomplessi dei metalli sono stati intensivamente studiati per oltre mezzo secolo a causa della loro ubiquitarietà nelle soluzioni acquose dei cationi metallici. La stabilità relativa degli idrossocomplessi è stata parzialmente spiegata in base ad un semplice modello elettrostatico che considera la formazione degli idrossocomplessi dal punto di vista dell’interazione elettrostatica fra la carica negativa di OH‐ e quella positiva del catione metallico. In base a questo modello è facile prevedere che le costanti di formazione aumentino all’aumentare della carica sul catione e al diminuire del suo raggio ionico. L’effetto della carica è apparente quando si
20
paragonano gli idrossocomplessi dello stesso metallo in stati di ossidazione diversi: di norma gli idrossocomplessi nello stato di ossidazione più alto sono più stabili. Così la costante di formazione del primo idrossocomplesso
del Ferro(II), FeOH+, è β1 = 104.5, mentre il corrispondente idrossocomplesso
di Ferro(III), FeOH2+, ha β1 = 1011.8. L’operare dell’effetto carica è anche
visibile dal fatto che l’idrossocomplesso UO2OH+ (che è il primo complesso
di OH‐ con l’uranio(VI), che esiste in soluzione sotto forma di ione uranile,
UO22+, e quindi ha carica +2) è β1 = 10
8.1, mentre il complesso UOH3+
dell’uranio (IV) ha β1 = 1013.3.
L’effetto delle dimensioni ioniche è visibile nella sequenza:
Be(OH)+ → β1= 108.6 ;
Mg(OH)+ → β1= 102.58;
Ca(OH)+ → β1= 101.3;
Sr(OH)+ → β1= 100.8;
Ba(OH)+ → β1= 100.1
nella quale si può osservare, a parità di carica, una vistosa diminuzione della costante di formazione di MOH dal piccolo ione berillio all’ingombrante Ba2+. In definitiva, la stabilità degli idrossocomplessi aumenta all’aumentare del rapporto carica raggio del catione come mostrato nella Tabella1.1 . Il grosso ione Hg2+, che con un rapporto carica/raggio di solo 1.8 esibisce
una costante di formazione del complesso HgOH+, β1 = 1010.6, dimostra che tutte le generalizzazioni concernenti la chimica di coordinazione dei metalli vanno interpretate prudentemente senza eccessiva rigidità.
Tabella 1.1 - Correlazione della costante di formazione del primo idrossocomplesso con il rapporto carica/raggio del catione.
Mz+
Raggio ionico, Å
Rapporto Carica/raggio
β1 Mz+ + OH‐= MOH(z‐1)+
Li+ 0.60 1.7 100.36
Ca2+ 0.99 2.0 101.3
Ni2+ 0.69 2.9 104.1
Y3+ 0.93 3.2 106.3
Th4+ 1.02 4.0 1010.8
Al3+ 0.50 6.0 109.0
Be2+ 0.31 6.5 108.6
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
21
1.4 Dai Complicati Meccanismi di Reazione dei Leganti Monodentati ai Semplici Meccanismi dei Chelanti
Un legante polidentato è un agente chimico che dispone, in una singola molecola, di due o più centri ricchi di elettroni in grado di formare legami di coordinazione. I centri di legame dei leganti polidentati sono atomi di ossigeno, azoto, zolfo, etc…, della stessa natura di quelli dei leganti monodentati. Se i centri di coordinazione di un legante polidentato occupano posizioni appropriate entro la molecola del legante, in modo che essi possano, senza eccessive distorsioni, essere portati nelle posizioni geometricamente fisse di coordinazione intorno ad un singolo catione metallico, allora il legante polidentato è chiamato chelante. Grazie all’operare di un preciso principio termodinamico (che è noto come effetto chelante), un chelante impiega preferenzialmente i suoi siti di coordinazione per occupare le posizioni di coordinazione intorno ad un singolo catione metallico. Le alternative possibili, e cioè che il chelante impieghi i suoi centri di legame indipendentemente per coordinare cationi diversi (con la conseguente formazione di complessi polinucleari), o che due molecole del chelante coordinino lo stesso catione, sono entropicamente (statisticamente) sfavorite. Per esempio, una molecola di etilendiammina, NH2‐CH2‐CH2‐NH2 (= en) può, in astratto, utilizzare le due coppie di elettroni basiche dei due atomi di azoto in differenti modi, come mostrato nella Figura1.3. Tutti e tre i complessi (A), (B) e (C) realizzano due legami di coordinazione M‐NH2 di energia paragonabile, e perciò ci si aspetterebbe che le soluzioni del catione metallico, M, e di etilendiammina contenessero una miscela dei complessi (A), (B) e (C). Tuttavia il complesso (A) è largamente favorito poiché la reazione:
.
Figura1.3 – Possibili stechiometrie e strutture dei complessi del catione metallico, M, con il legante bidentato etilediammina.
NH2H2C
CH2
H2N
M
NH2
H2C
CH2
H2N
M
H2N CH2
CH2
H2N
M
NHH2C
CH2H2N
M
(A) en in funzione chelante con anello a 5 termini
(B) en come legante monodentato
(C) en come legante a ponte fra due cationi
22
comporta una variazione di entropia più positiva che non le reazioni (1.39) e (1.40) :
.
.
Il complesso M(en) è formato per cattura da parte del metallo, dal disordine prevalente nella soluzione, di una singola molecola di en, la quale stabilisce due legami di coordinazione. Per formare gli stessi due legami di coordinazione attraverso il complesso M(en)(en), il metallo deve ripetere due volte il processo di cattura di una molecola di en, e ciò è statisticamente un processo meno probabile. Quindi, rispetto alla reazione (1.38), la reazione (1.39) è sfavorita. Analogamente, la reazione (1.38) è statisticamente più semplice da eseguire rispetto alla reazione (1.40). Secondo la reazione (1.40), il metallo, dopo aver catturato una molecola di en, deve poi, per stabilire gli stessi due legami di coordinazione presenti nel complesso M(en), catturare, dal disordine della soluzione, un secondo catione metallico. Questa sequenza di due eventi ha una probabilità più bassa del semplice evento di cattura di una molecola di en da parte di un singolo ione metallico, i.e., la reazione (1.38). Il risultato netto è che le reazioni (1.39) e (1.40) sono sostanzialmente proibite, e il chelato M(en) largamente prevale sui complessi M(en)2 e M2(en). Un complesso chelato inevitabilmente espone una struttura ciclica, ed è ben stipulato che gli anelli a cinque e a sei termini sono i più stabili. Ciò presume che gli atomi donatori della struttura del chelante siano separati da tre o quattro legami. I leganti polidentati inorganici di solito non hanno dimensioni tali da soddisfare questa richiesta, e solo le molecole o ioni organici possono avere le dimensioni minime richieste per un efficace chelazione del metallo. Naturalmente è possibile immaginare strutture di
leganti polidentati con diversi gruppi donatori, appropriatamente distanziati nella molecola, in grado di formare 3, 4, 5 etc…, legami di coordinazione con lo stesso catione metallico. Tali complessi esibiscono strutture contenenti diversi anelli a cinque o a sei termini fusi (o interlocked). Benché, a un’attenta analisi, i singoli legami di coordinazione presenti in un complesso chelato policiclico siano della stessa natura, e di energia paragonabile ai legami dei semplici leganti monodentati inorganici, con lo stesso atomo donatore, i meccanismi di formazione di complessi che coinvolgono chelanti esibiscono due aspetti preminenti. Il primo è che il numero di complessi prodotti all’equilibrio diminuisce via via che aumenta il numero di gruppi donatori sul chelante. Così un chelante bidentato di norma forma al massimo N/2 differenti complessi, e un chelante tridentato solo N/3, etc… Per esempio, il nickel forma sei complessi con l’ammoniaca (i.e. Ni(NH3)n
2+, n =1, 2, 3, 4, 5, 6.) ma solo tre complessi con l’etilendiammina (i.e. Ni(en)n
2+; n =1, 2, 3). Al limite un chelante potrebbe essere in grado di occupare tutte le posizioni di coordinazione intorno al metallo, e, in tal caso, verrebbe presumibilmente formata una sola specie di stechiometria 1:1. Il secondo aspetto è che, poiché, nella reazione di formazione del chelato, più legami di coordinazione sono formati contemporaneamente in un solo step, è possibile osservare valori delle costanti di formazione molto più elevati che non durante la formazione di complessi con leganti unidentati della stessa stechiometria. In aggiunta l’effetto chelante anche opera nella direzione di un ulteriore aumento della stabilità dei complessi formati per reazione di un metallo con un agente chelante. Per esempio, se si considera la reazione:
. .
si trova che la costante di formazione del complesso Cu(en)2+ è β1= 1010.5.
Questa costante di formazione è ovviamente enormemente più grande
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
23
della costante di formazione del complesso Cu(NH3) 2+:
. .
con la stessa stechiometria, per via del fatto che in Cu(en)2+ sono presenti due legami di coordinazione Cu‐N mentre in CuNH3
2+ ve ne è uno solo. Ma anche se si considera la diminuzione di energia libera standard della reazione:
. .
in cui sono formati due legami Cu‐N , come nella reazione di formazione di Cu(en)2+, si riscontrerà una diminuzione di energia libera standard maggiore nel caso della formazione di Cu(en)2+, che non nel caso di Cu(NH3)2
2+ (come si può vedere confrontando le costanti di equilibrio delle reazioni (1.41) e (1.43)). Analogamente il complesso Ni(en)3
2+, che contiene tre anelli chelati a cinque termini di etilendiammina e sei legami di coordinazione azoto‐nickel, ha una costante di formazione di 2×1018, mentre il complesso Ni(NH3)6
2+, che ha ancora sei legami di coordinazione azoto‐nickel ma non contiene anelli chelati, ha una costante di formazione di 5.5×108. Questa diminuzione extra di energia libera (aumento della costante di stabilità), che si verifica per la formazione di un complesso con un chelante, rispetto ad un analogo complesso in cui lo stesso numero di legami è stabilito con un legante monodentato, recante lo stesso centro di coordinazione, è l’effetto chelante. In sintesi vi è un esteso sinergismo fra la semplificazione del meccanismo di formazione di complessi e l’aumento di stabilità dei complessi formati. Cioè, i meccanismi di formazione di complessi di metalli con i chelanti espongono un numero inferiore di reazioni e costanti di formazioni più elevate, dei meccanismi di formazione di complessi con leganti monodentati. Tale caratteristica è di fondamentale importanza per i metodi
di analisi, come per esempio le titolazioni complessometriche per il dosaggio dei metalli, che sono basate su una reazione di formazione di complesso fra un legante titolante e un catione metallico da determinare nella soluzione titolata. Un generico chelante ha una struttura aperta e flessibile che gli consente di formare complessi, stabilizzati dall’effetto chelante, in pratica indipendentemente dalla natura del catione metallico e dalla geometria di coordinazione di quest’ultimo. Ne consegue che in genere i chelanti sono agenti complessanti scarsamente selettivi. Per contro molti leganti naturali, e specialmente biologici, sono chelanti specializzati, e quasi sempre esibiscono un’elevata, e talvolta estrema, selettività verso un particolare metallo o gruppo di metalli. A un esame approfondito si trova che tali leganti invariabilmente esibiscono strutture estremamente rigide, con gli atomi donatori che occupano posizioni geometricamente fisse. I cationi metallici sono così discriminati in prima istanza sulla base della loro geometria di legame, che deve essere complementare a quella del sito indeformabile di coordinazione del chelante, e poi eventualmente sulla base delle dimensioni. I cationi troppo voluminosi saranno incapaci di penetrare il sito di coordinazione, e quelli troppo piccoli non saranno legati stabilmente, in quanto i legami di coordinazione avranno lunghezze maggiori di quelle corrispondenti al minimo di energia. L’ingombro sterico nell’immediato intorno del sito di legame può produrre elementi complementari di selettività. La rigidità e la geometria del sito di coordinazione sono riconosciute come importanti elementi di reale e generale selettività di un chelante. In astratto, sembra possibile progettare chelanti che esibiscano qualunque desiderato grado di selettività, e questo rappresenta un importante settore di ricerca della chimica di coordinazione. Gli amminoacidi, NH2CHRCOOH, che sono fra i più comuni chelanti incontrati nei sistemi naturali, sono chelanti bidentati, che formano anelli
24
eterociclici a cinque termini, e che sono in grado di complessare un gran numero di cationi:
La maggior parte dei meccanismi di reazione degli amminoacidi con vari metalli espongono due o tre specie di stechiometria ML, ML2 e ML3. Per contro, la porfirina, e i suoi derivati, offrono un esempio di chelante specializzato, capace di complessare solo un ristretto numero di cationi che siano in grado di adattarsi al suo indeformabile sito di coordinazione. I leganti porfirinici costituiscono un gruppo di grande importanza nei sistemi biologici dove fungono da trasportatori di ioni specifici (ionofori):
.
Il motivo di base dei complessi della porfirina, con quattro anelli a sei termini interlocked, può essere variamente modulato attraverso opportune sostituzioni sugli anelli pirrolici, o addirittura inglobato nella struttura di una proteina, originando un gran numero di chelanti dotati di eccellente selettività. Può essere una fertile strategia cercare ispirazione dalla struttura e dalla funzione dei chelanti naturali per progettare ex novo strutture di leganti che realizzano un desiderato obiettivo. L’etilendiammina, en, è un chelante di sintesi che, come mostrato sopra, è in grado di coordinare un ampio numero di cationi attraverso la formazione di anelli eterociclici a cinque termini. Essa tuttavia è una base diprotica di forza paragonabile all’ammoniaca:
. .
. .
e, pertanto, perde rapidamente le sue capacità complessanti in soluzioni anche debolmente acide. Un vasto numero di chelanti multidentati possono essere sintetizzati legando tra di loro diverse unità en. La dietilentriammina (dien) contiene due unità en con un atomo di azoto in comune:
H 2N C H 2CH 2N H CH 2C H 2N H 2
H 2 N H 2 C
H N
C H2
C H 2
C H 2H 2N
M
N
H C
N
C
H C
H
N
N
C H M
n
M
OC
O
C H 2N
R
H
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
25
La dien è una base triprotica, e, in linea di principio, un legante tridentato in grado di formare complessi che contengono due anelli fusi a cinque termini. Ci sono due alternative per aggiungere un’ulteriore unità en alla dien per formare il trien, come mostrato sotto:
’ à
Questi due leganti possono essere descritti entrambi come trien, e sono, in principio, leganti tetradentati, che danno origine a meccanismi di reazione molto semplici, spesso riducibili a un solo complesso ML; per il Ni2+ tuttavia è stata riportata anche la specie Ni(trien)2
2+. Ci sono ancora due strutture che possono essere descritte come tetren. La tetraetilenepentammina (tetren) a struttura lineare (rappresentata sotto) contiene cinque gruppi coordinanti ed è quella più efficace.
In sintesi le poliammine sono forti coordinatori in grado di formare sistemi di anelli multipli, e dispiegano a pieno la loro forza nei riguardi dei cationi di transizione dipositivi, che sono acidi relativamente deboli (i.e. Ni2+, Co2+, Zn 2+, Cu2+, Ag2+, Pb2+, Fe2+, Mn2+, e Hg2+).
Un altro gruppo di chelanti si ottiene estendendo il motivo strutturale presente nell’amminoacido glicina. Qui, in maniera analoga alla serie delle polietilenammine, leganti in grado di formare più anelli eterociclici a cinque termini fusi si ottengono sostituendo gli atomi di idrogeno sull’azoto con radicali acetile ‐CH2COOH:
Il primo rappresentante di questa strategia è l’acido imminodiacetico (IDA), che è un legante tridentato di grande interesse:
’
L’IDA è una base trivalente, con costanti di protonazione β1 = 109.8, β2 =
1012.6, β3 = 1014.5. L’IDA è un chelante in grado di complessare un vasto
numero di cationi, dai voluminosi cationi dei metalli alcalino terrosi fino ai piccoli e fortemente acidi cationi tripositivi dei metalli di transizione. I
H N
H 2C
H 2 C
C
O
O H
C
O
OH
IDA
M
OC
O
C H2H
N
HC H 2
CO OH
H 2 N C H2H2C
HN
H2 C
H2C
H N
H2C
H2C
HN
H2C
H2C N H 2
Tetren a struttura lineare
H 2 N C H 2 H 2 C
H N
H 2 C
H 2 C
H N
H 2 C
H 2 C N H 2
trien(II)
N C H 2
C H 2
H 2C
H 2 C H 2 N
H 2 C
H 2 C N H 2
N H 2
trien I
26
gruppi carbossilato sono solo debolmente basici e in tal modo l’ubiquitaria reazione di protonazione e disattivazione del legante risulta molto ridimensionata. L’acido nitrilotriacetico (NTA) presenta tre radicali acetile, ‐CH2COOH, sull’ atomo di azoto della glicina:
Il NTA estende il motivo strutturale dell’IDA. È un chelante tetradentato, molto efficace, in grado di complessare praticamente tutti i cationi metallici. Un chelante, che dovrebbe presentare sia le capacità coordinanti dell’IDA, che dell’etilendiammina, è l’acido N‐(2‐Aminoetil)imminodiacetico, che corrisponde alla struttura
’
Tuttavia, esso non sembra presentare particolari capacità rispetto alle polietilendiammine.
Una strategia che si è rivelata di successo consiste nel sintetizzare derivati dell’acido imminodiacetico (IDA), trasferendo i siti di legame dell’IDA in consciamente selezionate posizioni dello scheletro di atomi di carbonio di un gran numero di composti organici. Si possono sostituire uno, due o più gruppi imminodiacetici producendo leganti pluridentati che sono potenti agenti chelanti. La struttura recante i gruppi imminodiacetici può essere progettata per conferire al legante che ne risulta le proprietà desiderate. Il gruppo imminodiacetico è un chelante tridentato, e due gruppi imminodiacetici opportunamente distanziati e orientati l’uno rispetto all’altro danno origine ad un chelante esadentato, che, in astratto, può essere in grado di occupare fino a sei posizioni di coordinazione intorno al metallo, e di sostenere meccanismi di reazione che presentano un solo complesso di stechiometria 1:1.
Il più semplice ed anche il più fortunato legante ottenuto da questa strategia è l’acido etilendiamminotetracetico (EDTA), che è costituito da due gruppi imminodiacetici separati da due atomi di carbonio metilenici:
N
H
CH2
CH2 C O
O
C
O
O
H
H
C CC
CC
Scheletro di atomi di carbonio
IDA
N
H2C
H2C
C
O
O H
C
O
O H
H2CH 2C
N H 2
N
H2C
H 2C
C
O
O H
C
O
O H
H 2C C
O
HO
NTA
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
27
’ ’
’ .
.
La ragione della grande efficienza dell’EDTA risiede nella circostanza che esso riunisce il motivo strutturale dell’IDA con quello dell’etilendiammina, come si può vedere dal fatto che gli atomi di azoto dell’EDTA sono situati, l’uno rispetto all’altro, come nell’etilendiammina. I complessi dell’EDTA sono costituiti da due gruppi di due anelli a cinque termini, che rappresentano il motivo strutturale dell’IDA. I quattro anelli sono quindi
fusi in una singola struttura da un ulteriore anello a cinque termini, che coinvolge i due atomi di azoto, secondo il motivo strutturale presente nell’etilendiammina: Aumentando la lunghezza della catena metilenica che separa i due gruppi imminodiacetici si può produrre una serie di leganti (analoghi dell’EDTA) di formula generale:
’
Il primo membro di questa serie, l’acido trimetilendinitrilotetracetico (TMDTA, n = 1), è molto simile all’EDTA, con la sola differenza che nella struttura dei complessi di questo legante l’anello a cinque membri dell’en, presente nell’EDTA, è sostituito dall’anello a sei membri della trimetilendiammina. Come facilmente prevedibile si osserva una graduale
caduta della stabilità dei complessi per n ≥ 2, poiché ciò richiede la chiusura di anelli con più di sei termini. L’acido (1,2‐cicloesilene)dinitrilotetracetico (CDTA) ha due gruppi imminodiacetici sull’anello del cicloesano, producendo una situazione che è molto simile a quella dell’EDTA, benché una certa rigidità ed ingombro strutturale siano introdotti dalla presenza dell’anello idrocarburico:
N
H2C
H2C
C
O
OH
C
O
O H
H2C(CH2)n
H2CN
CH2
CH2
C
O
HO
C
O
HO
MN
N
O
O
O
O
IDA
IDA
en
EDTA
H2C CH2
N
H2C
CH2
C
C O
O
O
O H
H
N
H2C
CH2
C
C O
O
O
OH
H
H H
28
’ ,
E’ stata studiata sia la forma cis che la forma trans del CDTA. Il trans‐CDTA è uno dei più forti complessanti noti, mentre la forma cis è molto meno efficace, probabilmente a causa di una sfavorevole orientazione dei due gruppi imminodiacetici l’uno rispetto all’altro. Sono anche stati studiati gli analoghi del trans‐CDTA, ottenuti dal ciclobutano e dal ciclopentano (CPDTA). L’EEDTA e l’EGTA corrispondono alle strutture seguenti:
Di questi, l’EGTA è quello più impiegato nella pratica analitica. Sono anche stati studiati i tioanaloghi di EEDTA e di EGTA, ma non sono di impiego comune. Infine tra gli innumerevoli derivati dell’acido imminodiacetico è d’obbligo menzionare il DTPA e il TTHA che sono agenti complessante di estrema potenza:
Di gran lunga il più noto e largamente usato in chimica analitica, dei derivati dell’acido imminodiacetico, è l’EDTA, ma trans‐CDTA, EGTA e DTPA sono valide alternative. Tutti questi leganti sono acidi multiprotonici HnL, con n
N
CH2 C O
OH
CH2 C
OH
O
OH
C O
C
O
OH
N
CH2H2C
CHO
O
NN
O H
CO
TTHA
N
O
CH O
N
CH2H2C
C
O
OH
C O
OH
OC
OH
N
CH2 C O
OH
CH2
DTPA
N
H2C
H2C
C
O
OH
C
O
OH
H2C
H2C
H 2 C H2
CN
CH2
CH2
C O
H O
C O
H OO H 2
C H2C O
EGTA
N
H2C
H2C
C
O
O H
C
O
O H
H2C
H2C
H 2 C H 2
C N
CH 2
CH2
C
O
HO
C
O
HO
O
EEDTA
N
CH2 C O
O
CH2 C
O
O
O C
O
N C H 2CO
O
H 2C
HH
H HCDTA
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
29
variabile fra 4 e 6, e quindi essi sono variamente protonati in una misura
che dipende dal pH. Le costanti di protonazione di EDTA, trans-CDTA, EGTA
e DTPA sono riportate nella Figura2.9 del Capitolo 2.
I meccanismi di reazione di EDTA, CDTA, EGTA e DTPA con un gran numero
di metalli sono estremamente semplici riducendosi, in ampi intervalli di
pH, alla reazione:
Nel complesso ML, il chelante occupa completamente la sfera di
coordinazione del metallo. Tuttavia, i singoli legami di coordinazione M-L
sono gradualmente scissi all’aumentare dell’acidità della soluzione, con
formazione di complessi protonati di stechiometria MHL, MH2L, etc. In
soluzioni molto basiche, OH – è anche in grado di scindere uno o più legami
M-L con formazione di specie basiche miste MOHL, M(OH)2L, etc… Solo nel
caso del TTHA, che chiaramente ha un numero di siti di coordinazione
ampiamente in eccesso rispetto alle esigenze della maggior parte dei
cationi, sono formate specie polinucleari di stechiometria M2L.
EDTA, trans-CDTA, EGTA e DTPA, che sono analiticamente i chelanti più
interessanti di questo vasto gruppo formano complessi stabili con
praticamente tutti i cationi metallici (vedi Figura2.7 del Capitolo 2), e la
stabilità generalmente aumenta, in primis, all’aumentare della carica sul
catione, e in secundis al diminuire del suo raggio ionico secondo uno
schema ben collaudato. L’abilità dei leganti qui in discussione di
complessare in maniera scarsamente selettiva quasi tutti i metalli è, da un
lato, un fatto desiderabile, in quanto è in linea di principio possibile pensare
allo sviluppo di titolazioni analitiche applicabili a tutti i metalli. L’aspetto
negativo di questa diffusa capacità di complessazione è la scarsa selettività
verso i metalli, che, durante le applicazioni analitiche, crea problemi di
interferenza fra cationi, in particolar modo fra quelli di carica e dimensione
simile. Per esempio, ognuno di questi leganti è perfettamente adatto per la
determinazione di Ca2+ o Mg2+ in un campione, mediante una titolazione
complessometrica, se presenti da soli. In una miscela di Ca e Mg sarà solo
possibile determinare la somma di questi due metalli, a meno che uno dei
due non venga preventivamente separato. Ciò dipende dal fatto che,
benché i complessi del Mg siano invariabilmente meno stabili di quelli del
Ca, il gap fra le costanti di formazione non è sufficiente a consentire la
determinazione separata dell’uno in presenza dell’altro. Da questo punto di
vista il legante più promettente, nel particolare caso di calcio e magnesio, è
l’EGTA, che esibisce un’inusuale caduta della costante di formazione nel
passare da Ca a Mg. Ciò fornisce una giustificazione per considerare
chelanti diversi dall’EDTA, che è il più largamente usato, nell’intento di
sfruttare sporadici elementi di selettività, che possano evitare la necessità
di ricorrere a lunghe separazioni.
Esempi Svolti
Esempio I
L’EDTA è un acido esaprotico (H6EDTA2+) con le seguenti costanti di
protonazione:
30
.
Calcolare le costanti di dissociazione acida di H6EDTA2+ (i.e., Ka1, Ka2, Ka3, Ka4, Ka5,
Ka6).
La prima costante di dissociazione acida di H6EDTA2+, Ka1 è data dal rapporto fra
β5 e β6. Infatti, la reazione di dissociazione acida di H6EDTA2+, si ottiene sottraendo
dalla reazione (V) la reazione (VI). In tal modo si ha:
H EDTA HH EDTA
10 .
10 . 10 . VII
Analogamente la seconda costante di dissociazione, Ka2, è il rapporto fra β4 e β5. Si ha:
H EDTA HH EDTA
10 .
10 . 10 . VIII
La terza costante di dissociazione, Ka3, è il rapporto fra β3 e β4. Si ha:
H EDTA HH EDTA
10 .
10 . 10 . IX
La quarta costante di dissociazione,Ka4, è il rapporto fra β2 e β3. Si ha:
H EDTA HH EDTA
10 .
10 . 10 . X
La quinta costante di dissociazione, Ka5, è il rapporto fra β1 e β2. Si ha:
H EDTA HH EDTA
10 .
10 . 10 . XI
Infine, si vede immediatamente che la sesta e ultima dissociazione dell’acido H6EDTA
2+, corrisponde alla reazione inversa della reazione (I). Quindi, si ha:
EDTA HH EDTA
110 . 10 . XII
L’acido H6EDTA2+ ha allora: pKa1 = ‐0.1, pKa2 = 1.5, pKa3 = 2.0, pKa4 = 2.7, pKa5 = 6.2,
pKa6 = 10.5.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
31
1.5 Tecniche di Isolamento degli Equilibri di Formazione di Complessi in Acqua
Da quanto detto fin qui si deve capire che la valutazione delle concentrazioni di equilibrio delle specie presenti in una soluzione acquosa in cui hanno luogo reazioni di formazione di complessi fra un catione metallico, M, e un legante esterno primario, L, è in generale un problema piuttosto intricato. Tuttavia, nella pratica, tali valutazioni sono necessarie per giudicare sotto quali condizioni le reazioni di formazione di complessi producono gli effetti desiderati rispetto a un predeterminato obiettivo. Per esempio, per progettare una titolazione complessometrica e stimarne i limiti è necessario valutare la resa, sotto determinate condizioni, della reazione di formazione di complesso fra il titolante e il titolato, man mano che la titolazione avanza. Ciò naturalmente implica la valutazione delle concentrazioni di equilibrio dei reagenti e dei prodotti delle reazioni di formazione di complessi durante la titolazione. È bene stabilire esplicitamente che una volta assegnata la composizione analitica della soluzione, il meccanismo di formazione di complessi nei sistemi M‐L e M‐OH, e le costanti di protonazione del legante L, il problema di calcolare le concentrazioni di equilibrio delle in genere numerose specie formate nella soluzione è, da un punto di vista strettamente matematico, ben definito. Occorre convogliare le informazioni analitiche sulla concentrazione dei costituenti della soluzione, e le informazioni sulla reattività delle varie sostanze nella soluzione, esposte nei meccanismi di formazione di complessi, in appropriate relazioni, che complessivamente vanno a costituire un sistema di tante equazioni quante sono le differenti specie presenti nella soluzione. Per ottenere le concentrazioni di equilibrio delle varie specie presenti nella soluzione è necessario risolvere tale sistema di equazioni. Prego nota che in questo, come in altri casi, un calcolo di equilibrio è sempre riducibile alla risoluzione di un sistema di equazioni.
Figura1.5 – Meccanismo generale di formazione di complessi fra il catione metallico M e il legante L. N è il numero di coordinazione del metallo e n è un intero (n N). Per chiarezza le cariche sul metallo, sul legante e sui complessi non sono rappresentate.
32
Il tratto caratteristico degli equilibri di formazione di complessi in acqua è costituito dalla pletora di differenti specie presenti nella soluzione (i.e., il catione metallico libero, il legante libero, i complessi formati per reazione del catione metallico con il legante, i prodotti dell’idrolisi del metallo e di protonazione del legante, eventuali complessi misti, etc.) cosicché il numero d’incognite e di equazioni, che compongono il sistema da risolvere, è relativamente elevato (per esempio 10 o più, anche in un caso relativamente semplice). Naturalmente, la risoluzione di un precisato sistema, con qualsiasi numero di equazioni e incognite, può essere fatta in breve tempo con un computer dotato di un appropriato software. Questo è certamente di grande utilità ma, in questa sede, la discussione non può essere ridotto semplicemente a un problema matematico, poiché il nostro prevalente interesse è di svelare la chimica che è facilmente smarrita fra una massa d’intricate relazioni algebriche. In quel che segue, è dimostrato in che modo, e sotto quali vincoli, è possibile semplificare i calcoli necessari in un certo numero di situazioni d’interesse pratico e/o analitico in cui gli equilibri di formazione di complessi giocano un ruolo prevalente. Un generico meccanismo di formazione di complessi fra un metallo, M, e il legante primario, L, sarà rappresentato con una serie di generali reazioni di formazione di complessi, come mostrato nello schema della Figura1.5. Cioè, un qualunque meccanismo di formazione di complessi fra un catione metallico e un legante sarà considerato un’istanza del generale meccanismo della Figura1.5. E’ bene prendere atto che la maggior parte delle difficoltà connesse con l’interpretazione e l’uso degli equilibri di formazione di complessi in acqua derivano dalla circostanza che le reazioni di formazione di complesso, esposte nel meccanismo della Figura1.5, hanno in genere luogo contestualmente ad altre reazioni indesiderate o equilibri secondari. La Figura1.6 mostra che ciascuna delle reazioni di formazione di complesso può essere perturbata da reazioni collaterali, di formazione di idrossocomplessi del metallo, di formazione di specie miste o di
Figura 1.6 – Perturbazione di una reazione di formazione di complesso da parte di reazioni collaterali del metallo, del legante e del complesso.
Formazione di idrossocomplessi:
MOH
M(OH)2
M(OH)3 ………… M(OH)m
Formazione di complessi misti:
MLn(OH)
MLn(OH)2
MLn(OH)3 ………… MLn(OH)m
Protonazione del legante:
HL
H2L
H3L …… HhL
1 2 3
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
33
protonazione del legante che in genere è una base mono o plurivalente. Questi equilibri collaterali alle reazioni di formazione di complessi spesso non sono d’interesse in sé e per sé, ma creano un rumore di fondo da cui è difficile districare i fatti essenziali che concernono le reazioni di formazione di complessi. Considera ora il problema di immaginare condizioni appropriate che consentano di isolare le reazioni di formazione di complesso del meccanismo di Figura1.5, e di poterle osservare in assenza delle reazioni collaterali. Cioè, indaghiamo se sia possibile sopprimere le reazioni collaterali del metallo, del legante e dei complessi. Evidentemente, se le reazioni collaterali possono essere soppresse o in qualche modo ignorate, il numero di differenti specie nella soluzione si riduce drammaticamente, e tutte le valutazioni relative alle reazioni di formazione di complessi risulteranno di molto semplificate. Del resto, l’isolamento delle reazioni di formazione di complessi dalle reazioni collaterali è un’esigenza assoluta per l’uso analitico di questo tipo di reazioni. Infatti, i metodi chimici di analisi sono, in generale, basati su sistemi la cui chimica è estremamente semplice, e riducibile, preferenzialmente, ad una singola reazione, che avvenga, pressoché quantitativamente, fra un analita e un appropriato reagente. Allo stato attuale delle cose le reazioni di formazione di complessi, che in generale producono una varietà di prodotti contemporaneamente, sono lontane dal soddisfare questo requisito. Le due strategie presentate in quel che segue consentono di disconnettere gli equilibri di formazione di complessi da altri equilibri indesiderati. La prima strategia, presentata nel seguente §1.5.1, è applicabile solo in un ristretto numero di casi ma produce una soppressione reale degli equilibri collaterali. La seconda strategia, presentata al §1.5.2 è invece di carattere generale ma, benché consenta di trattare la soluzione come se le reazioni collaterali non avessero luogo, procura solo una disconnessione apparente degli equilibri secondari, che comunque continuano ad esistere nella
soluzione. Tuttavia, strettamente, la prima strategia (§1.5.1) può essere considerata un caso limite della seconda (§1.5.2).
1.5.1 Soppressione delle Reazioni Collaterali per Aggiunta di un Eccesso di Acido Perclorico
Vi è una minoranza di leganti che sono basi coniugate di acidi forti. Tipici rappresentanti di questa categoria sono gli alogenuri, Cl‐, Br‐, I‐. Questi leganti non possono essere protonati, e occupano un posto di rilievo nel presente contesto, poiché non sono coinvolti in alcuna reazione collaterale di protonazione (il cammino 2 in Figura1.6 è soppresso). In astratto, le reazioni di formazione di complessi degli alogenuri (o in genere di basi coniugate di acidi forti) si possono facilmente isolare conducendo le reazioni di formazione di complessi in soluzioni molto acide (per esempio pH = 0). In soluzioni sufficientemente acide la concentrazione di OH‐ è evanescentemente bassa, e, quindi, anche le reazioni di formazione di idrossocomplessi e di complessi misti (cammini collaterali 1 e 3 in Figura1.6) sono in larga misura soppresse. Tuttavia, ciò richiede che venga aggiunto alla soluzione del metallo e dell’alogenuro un eccesso di un acido forte, HX, per imporre alla soluzione un pH sufficientemente basso. Ora, l’aggiunta di un eccesso di HX necessariamente introduce un eccesso di X‐, che in linea di principio può competere con il legante primario, L, per il metallo, e innescare nuove reazioni collaterali del metallo. Se HX non è scelto oculatamente, si rischia, con una tale procedura, di adottare un rimedio peggiore del male, complicando lo scenario degli equilibri nella soluzione, attraverso l’introduzione di un secondo legante esterno, in aggiunta al legante primario, L. Se la nostra strategia d’isolamento del meccanismo di reazione dei metalli con anioni che sono basi coniugate di acidi forti deve sortire il risultato desiderato, allora si deve poter disporre di un acido forte, HX, molto speciale. HX deve essere un acido il cui anione X‐ non forma complessi con il catione metallico considerato, M. Fortunatamente questo
34
speciale acido forte esiste, ed è l’acido perclorico, HClO4. Il grosso anione perclorato, ClO4
‐, è incapace di complessare i cationi metallici, e i complessi dei metalli con il perclorato si possono a tutti gli effetti considerare inesistenti. In aggiunta, il perclorato è anche inattivo da un punto di vista redox, il che evita la possibile ossidazione del catione metallico o del legante in soluzioni molto acide. L’acido perclorico è in chimica di coordinazione un reagente insostituibile, poiché consente la manipolazione del pH delle soluzioni senza introdurre un anione che possa in qualche modo dar luogo a indesiderate reazioni collaterali di formazione di complessi o redox. Il meccanismo di formazione di complessi degli alogenuri (o in genere degli anioni che sono basi coniugate di acidi forti) si può osservare, senza le complicazioni introdotte dalle reazioni collaterali, aggiungendo alla soluzione del metallo e del legante un eccesso di acido perclorico. Per esempio, in una soluzione 1 M di HClO4 e che contenga variabili concentrazioni di Hg2+ e cloruro, le uniche reazioni che hanno luogo sono le reazioni di formazione di complessi fra Hg2+ e Cl‐ (reazioni da (1.44) a (1.47)) a dispetto del fatto che Hg2+ forma idrossocomplessi estremamente stabili (reazioni da (1.48) a (1.50)), come si vede dai meccanismi di formazione di complessi che seguono:
. .
. .
. .
. .
Figura1.7 – Sistema di sei equazioni in sei incognite per il calcolo delle sei concentrazioni di equilibrio delle sei specie presenti in una soluzione che contiene una concentrazione analitica CHg M di Mercurio(II) e CCl‐ M di cloruro, e un eccesso di HClO4 sufficiente a sopprimere le reazioni collaterali. Il sistema è costituito dalle espressioni delle quattro costanti di formazione dei clorocomplessi di Hg2+, dal bilancio di massa del Mercurio e dal bilancio di massa del Cloro.
.
.
.
.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
35
. .
. .
. .
. .,
Sotto tali condizioni il calcolo delle sei differenti specie presenti in una soluzione di assegnate concentrazioni analitiche di Mercurio(II) e Cl‐ (i.e., [Hg2+], [Cl‐], [HgCl+], [HgCl2], [ HgCl3
‐] e [ HgCl42‐]) è sempre riducibile alla
soluzione di un sistema di sei equazioni nelle sei concentrazioni di equilibrio incognite. Tale sistema è costituito dalle quattro relazioni fornite dalle quattro costanti di formazione di complessi, da un bilancio di massa del Mercurio e da un bilancio di massa del cloruro (vedi Figura1.7). Se si aggiunge Cl‐ a una soluzione che contiene Hg2+, acidificata con HClO4, si formano esclusivamente i cloro complessi del mercurio (II). È possibile rappresentare graficamente una tale soluzione per vedere in che modo la concentrazione di equilibrio dei singoli cloro complessi si modifica al variare della concentrazione di cloruro. Un modo semplice per descrivere l’evoluzione della composizione di equilibrio di una soluzione in cui sono formati complessi è quello di definire, per ciascuna specie, X, nella soluzione una frazione, fX, che rappresenta il rapporto fra la concentrazione di equilibrio di X, i.e. [X], e la concentrazione totale del metallo nella soluzione, i.e., CM. Per definizione, si ha:
Nel caso dei cloro complessi di Hg2+ sono quindi definite cinque frazioni, rispettivamente:
, , , ,
È facile mostrare che, quando le reazioni collaterali sono soppresse, le frazioni fX, dipendono esclusivamente dalla concentrazione del legante libero, [L], nella soluzione. Per esempio per i cloro complessi di Hg2+ risulta quanto segue. Secondo la definizione, H è dato da:
Per ricavare questa espressione è stato usato il bilancio di massa del Mercurio (relazione (V) della Figura1.7). Nell’espressione di H si
possono sostituire le concentrazioni dei complessi al denominatore con le relazioni (I), (II), (III) e (IV) della Figura1.7. Si ha:
. . . .
. . . .
Procedendo analogamente con le frazioni H C , H C , H C , H C si
ottengono le espressioni della Figura1.8. Si può vedere dalla Figura1.8 che le frazioni fX, sono indipendenti dalla concentrazione del metallo e dipendono solo dalla concentrazione del legante libero. Un grafico che rappresenta le frazioni fX, moltiplicate per 100, in funzione di pL = ‐log[L], in una soluzione in cui hanno luogo reazioni di formazione di complessi è chiamato grafico di distribuzione. Il grafico di distribuzione dei
36
cloro complessi di Hg2+ è presentato in Figura1.9. Nel grafico di distribuzione vi è una curva per ogni complesso presente nella soluzione. Una verticale tracciata nel grafico di distribuzione, ad un arbitrario pCl (= ‐log[Cl‐]), intercetta ciascuna curva in un punto la cui ordinata rappresenta la frazione percentuale di Mercurio che è presente sotto forma del complesso indicato sulla curva. Dal grafico di distribuzione si può a colpo d’occhio apprezzare in che modo la composizione di equilibrio della soluzione evolve al variare della concentrazione del legante. Per esempio, dal grafico di distribuzione di una soluzione di Hg2+ e Cl‐ si può vedere che ad alti pCl (basse concentrazioni di cloruro) il mercurio non è complessato ed esiste principalmente sotto forma del catione libero Hg2+. Tuttavia, già quando la concentrazione del cloruro libero nella soluzione è solo 10‐9 M, comincia a formarsi il complesso HgCl+. All’aumentare del cloruro nella soluzione la concentrazione di HgCl+ aumenta fino a un massimo e poi declina a causa della formazione di HgCl2. HgCl2 appare come un complesso dotato di eccezionale stabilità che domina lo scenario in un ampio range di concentrazioni di cloruro. Per contro, HgCl3
‐ è una specie secondaria che esiste solo in un intervallo ristretto di concentrazioni di cloruro, e rappresenta sempre una frazione piccola (< 20%) del metallo totale nella soluzione. In altre parole, è impossibile preparare soluzioni di mercurio(II) e cloruro che contengono HgCl3
‐ come specie prevalente. Secondo uno schema ben collaudato a elevate concentrazioni del legante libero si forma e predomina il complesso con il più alto rapporto legante/metallo. Quindi, HgCl4
2‐ è la specie limite e rappresenta il punto di arrivo delle reazioni di formazione di clorocomplessi. Dal diagramma di distribuzione della soluzione si può apprezzare che per produrre HgCl4
2‐ come specie prevalente nella soluzione occorrono concentrazioni di cloruro libero (e quindi anche di cloruro totale) al di sopra di 1 M. La Figura1.9 è completamente consistente con l’idea che la formazione di
Figura1.8 – Espressioni delle frazioni , , , , in una soluzione
di Hg2+ e Cl‐. Ciascuna frazione rappresenta la frazione del metallo totale nella soluzione che è presente sotto forma della specie indicata. Si può vedere che le frazioni dipendono esclusivamente dalla concentrazione del legante libero, i.e. [Cl‐], e sono indipendenti dalla concentrazione del metallo.
. . . .
.
. . . .
.
. . . .
.
. . . .
.
. . . .
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
37
complessi in una soluzione avviene gradualmente all’aumentare della concentrazione del legante. I complessi con un basso rapporto legante/metallo sono formati prima (ad alti pCl) e, da questi, per ulteriore aggiunta di legante si formano i complessi con i più alti rapporti legante/metallo. Prego nota che il grafico di distribuzione di Figura1.9 rappresenta soluzioni reali di Mercurio(II) e cloruro grazie alla soppressione degli equilibri collaterali per aggiunta di un eccesso di acido perclorico.
1.5.2 Reazioni di Formazione di Complessi a pH Fissato e Reazioni fra Gruppi di Specie.
La strategia d’isolamento del meccanismo di formazione di complessi nel sistema M‐L descritta nel paragrafo precedente è applicabile solo ad alcuni leganti particolari. Essa è impraticabile nella maggior parte dei casi, poiché il legante primario è di norma la base coniugata di un acido debole (come, per esempio, ammoniaca, etilendiammina, EDTA, etc.). L’acidificazione della soluzione con un eccesso di acido perclorico potrebbe, anche in tal caso, servire a sopprimere le reazioni collaterali di formazione di idrossocomplessi e di complessi misti ma, sfortunatamente, porta anche alla completa protonazione del legante (cammino collaterale 2 in Figura1.6). Il risultato è l’inattivazione del legante e, di conseguenza, la soppressione delle reazioni primarie (i.e. le reazioni di formazione di complessi del catione metallico con il legante primario, L). Allora, sia sancito esplicitamente, i complessi di un catione metallico con leganti che sono basi coniugate di acidi deboli sono soppressi dall’aggiunta di un eccesso di acido forte. Considera, tuttavia, gli equilibri di formazione di complessi fra il metallo M e il legante L in una soluzione il cui pH sia mantenuto a un valore predeterminato e noto, per esempio con l’aggiunta di un appropriato tampone. L’aggiunta di un tampone di pH a una soluzione che contiene il
Figura1.9 – Distribuzione di Hg2+ fra i clorocomplessi in funzione di pCl = ‐log[Cl‐] in una soluzione di Mercurio(II) e cloruro acidificata con un eccesso di HClO4 per sopprimere le reazioni collaterali alle reazioni di formazione di cloro complessi. L’ordinata rappresenta la frazione percentuale di mercurio totale nella soluzione presente sotto forma di ciascun complesso, i.e., 100×([HgCln]/CHg).
0
20
40
60
80
100
120
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
f %
pCl
Hg2+
HgCl+
HgCl2
HgCl3‐
HgCl42‐
Distribuzione dei cloro complessi di Hg2+
38
catione metallico e il legante primario può, in pratica, introdurre nuove complicazioni poiché la base del tampone è, ovviamente, un legante che può innescare nuove reazioni collaterali con il metallo. La base del tampone introdotto nella soluzione per controllare il pH sarà chiamata legante ausiliario. Per non introdurre nuove reazioni collaterali il legante ausiliario dovrebbe essere scelto in modo che esso non formi complessi con il metallo. La possibilità di realizzare in pratica questo requisito dipende dalla natura del metallo e dal valore del pH che si desidera mantenere nella soluzione, che determina la scelta del tampone che può essere utilizzato. Tuttavia, tenendo presente questo warning, in quel che segue verrà fatta l’assunzione che il legante ausiliario non interagisce con il metallo. L’introduzione degli effetti di un’elevata concentrazione di legante ausiliario è considerata un raffinamento che verrà introdotto successivamente. In una soluzione del catione metallico, M, e del legante primario, L, tamponata al pH desiderato con un tampone che non interagisce con il metallo, si possono raccogliere le numerose specie presenti in soluzione in tre gruppi, rispettivamente a., b. e c.:
a. In questo gruppo sono poste tutte le specie che contengono il metallo, eccetto quelle che contengono contemporaneamente il metallo e il legante primario, L. Cioè, in questo gruppo sono posti il metallo libero, M, e tutti i suoi idrossocomplessi formati secondo il cammino 1 di Figura1.6. Questo gruppo di specie sarà indicato con M (leggi M‐segnato). Prego nota che, se il legante ausiliario forma complessi con il catione metallico, il gruppo M' contiene anche le specie formate per reazione del metallo con il legante ausiliario. In tal caso le relazioni date sotto devono essere modificate per tener conto della modifica della composizione del gruppo M introdotta dal legante ausiliario. M' non è una specie chimica reale ma rappresenta indistintamente il metallo libero, M, e tutti i prodotti di reazioni collaterali alle reazioni
primarie di formazione di complessi in cui è coinvolto il catione metallico. Benché M' non sia una specie chimica, si può definire una concentrazione fittizia, [M'], stipulando che [M'] è una concentrazione di gruppo, il cui valore corrisponde alla somma della concentrazione del catione metallico libero, [M], con le concentrazioni di equilibrio di tutte le specie che appartengono al gruppo M'. In pratica, [M'], è la somma delle concentrazioni di tutte le specie che contengono il catione metallico ma non contengono il legante primario, L. Nel caso qui in discussione, in cui si è supposto che le uniche reazioni collaterali del metallo siano quelle di formazione di idrossocomplessi, si ha:
..
. . . .
.
’
Per derivare la relazione (1.51), la reazione di formazione del m‐esimo idrossocomplesso è stata scritta:
. )
Quindi, dalla costante di equilibrio della reazione (1.52) si ha:
.
Si può vedere dalla (1.51) che il coefficiente αM, che collega la concentrazione di gruppo [M'] alla concentrazione del metallo libero [M], è dipendente dal pH. Tuttavia, se il pH è fissato, αM assume un ben definito valore che può essere calcolato dalla definizione (1.51). Si deve quindi capire che se le reazioni di formazione di complesso sono considerate a un pH fissato, la fittizia concentrazione di gruppo, [M'], è una variabile
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
39
proporzionale alla concentrazione del metallo libero nella soluzione, [M]. Dalla definizione consegue facilmente che αM 1, e la concentrazione di gruppo [M'] [M].
b. In un secondo gruppo sono raccolte tutte le specie che contengono il legante, L, eccetto le specie che contengono anche il metallo, M. Questo gruppo, indicato con L' (leggi L‐segnato), contiene il legante libero e tutti i suoi prodotti collaterali di protonazione. Si può attribuire un significato alla concentrazione di gruppo [L'], convenendo che essa sia la somma delle concentrazioni di equilibrio delle singole specie che compongono il gruppo L'. Cioè poniamo:
..
. . .
.
’
Per derivare la (1.54), la generale reazione di protonazione del legante è stata scritta:
.
Quindi, dalla costante di equilibrio della generale reazione di protonazione del legante primario (1.55) si deriva immediatamente:
.
Per un legante che fosse solo una base monoprotica, le relazioni date sopra si riducono a una forma molto semplice, in quanto solo β1 0.
Dalla relazione (1.54) si può vedere che la fittizia concentrazione di gruppo, [L'], è proporzionale, attraverso il coefficiente αL (che può essere calcolato dalla definizione (1.54)), alla concentrazione di equilibrio del legante libero, [L]. Benché αL sia strettamente dipendente dal pH della soluzione, noi possiamo ritenere che esso abbia un costante e definito valore se le reazioni di formazione di complesso hanno luogo ad un pH predeterminato. Dalla definizione deve risultare che αL 1 e [L'] [L].
c.
In quest’ultimo gruppo, per ciascuna specie MLn, prodotta dalla reazione fra il metallo e il legante primario, secondo il meccanismo di reazione di Figura1.5, sono raccolte tutte le specie che contengono il metallo e il legante nel rapporto 1:n, indipendentemente se esse contengono altri leganti, nella fattispecie OH‐, oltre al legante primario, L. Questo gruppo è indicato con MLn . Analogamente a quanto fatto sopra si attribuisce un significato alla concentrazione di gruppo [MLn ], convenendo che essa sia il valore ottenuto sommando le concentrazioni di equilibrio di tutte le specie che compongono il gruppo MLn . Per definizione si ha:
. . . .
, , . . , . .
.
Prego nota che per derivare la relazione (1.57) sono state usate le costanti di equilibrio , . , rappresenta la costante di equilibrio della reazione:
.
in cui m ioni OH‐ sono legati al generico complesso MLn. Si ha quindi:
40
, , .
Secondo la relazione (1.57), a ciascun complesso, MLn, fra il catione metallico, M, e il legante primario, L, è associata una concentrazione di gruppo [MLn ] che differisce dalla concentrazione di equilibrio [MLn] per un fattore, αML , che, a pH fissato, ha un ben definito valore. αML può essere
valutato dalla definizione (1.57), se le costanti di equilibrio delle reazioni (1.58) sono note. Se non sono formate specie miste il gruppo MLn contiene la sola specie MLn e αML = 1.
Dall’esposizione precedente deve immancabilmente risultare quanto segue. A ciascuna specie che compare nella generica reazione estratta dal meccanismo di formazione di complessi di Figura1.5, cioè nella reazione:
. .
si può associare un gruppo e una concentrazione di gruppo, i.e., M' e [M'], L' e [L'], MLn e [MLn ]. A un dato pH le concentrazioni di gruppo sono proporzionale, attraverso i coefficienti αM, αL o αML alle reali
concentrazioni di equilibrio [M], [L] e [MLn]. Ciò suggerisce di associare al meccanismo generale di formazione di complessi della Figura1.5 un meccanismo fittizio di formazione di complessi in cui il catione metallico M, il legante primario L e tutti i complessi formati per reazione del catione metallico con il legante primario sono sostituiti con i corrispondenti gruppi. Ciò si ottiene semplicemente segnando con un apice tutte le specie che compaiono nel meccanismo di Figura1.5. La Figura1.10 presenta il risultato di una tale operazione. Il meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura1.10 è composto da strane reazioni in cui reagenti e prodotti sono gruppi di specie, piuttosto che singole specie, com’è abituale nelle comuni reazioni chimiche. Tali peculiari reazioni fra gruppi di specie chimiche saranno chiamate reazioni
fra gruppi. Rifletti ora sul significato che si potrebbe attribuire alle reazioni fra gruppi che compongono il meccanismo di formazione di complessi segnato. La generica reazione fra gruppi estratta dal meccanismo di formazione di complessi segnato è:
.
.
Com’è stato detto, la reazione (1.61), di fatto, sostituisce all’usuale idea di una reazione chimica, in cui i reagenti sono ben definite entità chimiche presenti nella soluzione, un concetto astratto di reazione chimica fra gruppi di specie. Cionondimeno, ad essa si può attribuire il significato seguente. La reazione fra gruppi (1.61) rappresenta un qualunque processo di formazione di complesso in cui una specie qualunque del gruppo M' (ricorda che tutte le specie di questo gruppo contengono il catione metallico) per reazione con una qualunque delle specie del gruppo L' (ricorda che tutte le specie di questo gruppo contengono il legante primario) forma una qualunque delle specie del gruppo MLn , le quali tutte contengono n leganti. Cioè, la reazione fra gruppi allude all’essenza del processo di formazione di complesso, in cui il fatto essenziale è appunto la sostituzione di n molecole di acqua coordinata con n leganti, senza specificare le reali specie chimiche che reagiscono per produrre tale effetto. In pratica, se noi potessimo osservare la soluzione con uno strumento che vedesse solo il catione metallico e il legante primario, vedremmo proprio ciò che è descritto dal meccanismo di formazione di complessi segnato, e cioè la formazione di complessi attraverso reazioni fra gruppi. Il fatto è e sta che, in molti casi pratici, la formazione di complessi per reazione tra gruppi e le concentrazioni dei gruppi è esattamente ciò a cui noi siamo interessati, mentre la composizione dettagliata dei gruppi, che dipende dalle reazioni collaterali, è priva d’interesse. Per esempio, noi dobbiamo guardare alle concentrazioni di gruppo [M'] e [MLn'] in tutti i casi in cui vogliamo conoscere con quale efficacia il catione metallico viene complessato dal
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
41
legante primario. Quindi, dal punto di vista della valutazione della resa delle reazioni di formazione di complessi, che in molti casi è l’unico dato che interessa, le concentrazioni di gruppo sono persino più utili delle concentrazioni di singole specie. Ma com’è possibile calcolare o valutare le concentrazioni di gruppo? La cosa è molto più semplice di quello che si può pensare in quanto, se il pH della soluzione è fissato, le concentrazioni di gruppo e le reazioni fra gruppi si possono trattare, rispettivamente, come se fossero concentrazioni di specie chimiche reali e normali reazioni chimiche fra specie singole. Ciò dipende dal fatto che a una reazione fra gruppi è possibile attribuire una ben definita costante di equilibrio. Infatti, se si applica la LAM alla generica reazione fra gruppi (1.61) e si utilizzano le precedenti definizioni delle concentrazioni di gruppo, si ottiene:
.
à
Dalla (1.62) si può vedere che, a ogni fissato pH, il rapporto di concentrazioni di gruppo che deriva dalla LAM:
.
ha un unico e ben definito valore che è semplicemente proporzionale a βn (la costante di equilibrio della reazione non segnata corrispondente alla reazione fra gruppi (1.61)). Ciò perché i coefficienti alfa che compaiono nella (1.62) hanno un definito e costante valore ad un dato pH. In effetti, questo è esattamente quello che ci si aspetta dall’applicazione della LAM a una reazione. Quindi, fintanto che il pH è costante, si può ritenere che le reazioni fra gruppi obbediscono alla LAM e può, a tutti gli effetti, essere considerata la costante di equilibrio della reazione fra gruppi (1.61).
Figura 1.10 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra il catione metallico M e il legante primario, L. Questo meccanismo può essere usato al posto di quello reale di Figura1.5 se le reazioni di formazione di complessi sono condotte a pH fissato. In tal caso le concentrazioni di gruppo e le costanti condizionali vengono adoperate come concentrazioni e costanti reali. Le reazioni collaterali non vanno più considerate poiché la loro influenza si manifesta esclusivamente attraverso il valore attribuito alle costanti condizionali.
42
Tuttavia, una variazione di pH produce inevitabilmente una variazione dei coefficienti alfa e infine una variazione di . Questa è la fondamentale differenza fra la costante di equilibrio di una reazione fra gruppi e la costante di equilibrio di una reale reazione chimica, che, ovviamente, ha un valore costante indipendente dal pH dell’ambiente. Per sottolineare questa fondamentale caratteristica (i.e., la dipendenza dal pH) le costanti delle reazioni fra gruppi (i.e., ) sono chiamate costanti condizionali di formazione di complessi. Si deve capire che, avendo dimostrato (sotto la restrizione di un pH fissato della soluzione) che le reazioni fra gruppi seguono la LAM ed hanno una definita costante di equilibrio, le inusuali reazioni fra gruppi si possono trattare come se fossero normali reazioni chimiche. Da ciò segue che le concentrazioni di gruppo possono essere trattate, utilizzate e interpretate come concentrazioni di reali specie chimiche. Prego nota che dalla relazione (1.62) si può facilmente dedurre che le costanti condizionali, , sono di norma più piccole delle corrispondenti βn in quanto i coefficienti alfa che compaiono nella (1.62) sono tutti 1 ma, di solito, l’effetto di αL e αM predomina largamente su quello di αML . In pratica, una reazione fra gruppi ha in genere (a
qualunque pH) una costante di equilibrio inferiore alla costante di equilibrio della corrispondente reazione di formazione di complesso non segnata. Ciò è, in effetti, quanto ci si aspetta, in quanto, in generale, l’effetto complessivo delle reazioni collaterali, è di sottrarre il catione metallico e il legante alle reazioni primarie di formazione di complessi la cui resa è quindi diminuita. La precedente discussione si può sintetizzare come segue. Quando il pH della soluzione è fissato e noto, è possibile sostituire alla soluzione reale un modello che fornisce, per così dire, una descrizione a bassa risoluzione della soluzione considerata. In questo modello a bassa risoluzione le specie chimiche singole e le reazioni fra specie singole scompaiono completamente. Nella soluzione sono presenti solo gruppi di specie chimiche che reagiscono esclusivamente secondo le reazioni fra gruppi del
meccanismo di formazione di complessi segnato, per formare prodotti che, identicamente, sono gruppi di specie. Ciascuna reazione fra gruppi ha una propria costante di equilibrio, che ha un preciso valore a ogni fissato pH. Da ciò consegue che le reazioni fra gruppi e le concentrazioni di gruppo si possono trattare e calcolare, rispettivamente, come comuni reazioni fra specie singole e concentrazioni di reali specie chimiche. Il calcolo di equilibrio applicato al modello a bassa risoluzione della soluzione fornirà solo il valore delle concentrazioni dei gruppi all’equilibrio. Il numero di gruppi è, in generale, di gran lunga inferiore al numero di specie chimiche nella soluzione, e quindi il calcolo delle concentrazioni di gruppo è un problema matematico molto più semplice del calcolo delle concentrazioni delle singole specie. Infatti, nel caso del meccanismo di formazione di complessi di Figura1.5, in cui sono formati N differenti complessi, il numero di gruppi e di concentrazioni di gruppo da calcolare è sempre N + 2 (cioè N complessi, [M'] e [L']) indipendentemente dal numero e tipo di singole specie presenti nella soluzione e dal numero e tipo di reazioni collaterali. Il calcolo richiederà in tal caso la risoluzione di un sistema di N + 2 equazioni nelle N + 2 concentrazioni di gruppo incognite. Come si vede dalla Figura1.11, questo sistema di equazioni è costituito dalle N espressioni delle costanti di equilibrio condizionali, dal bilancio di massa del catione metallico e dal bilancio di massa del legante. Prego nota come nei bilanci di massa del metallo e del legante le concentrazioni dei gruppi siano trattate esattamente come concentrazioni di specie reali. Per esempio, nel caso di un metallo che forma quattro complessi con il legante primario il numero delle concentrazioni di gruppo da calcolare è sei, e cioè, [M' , L' , ML' , ML2' , ML3' , ML4' , e ciò richiede la soluzione di un sistema di sei equazioni in sei incognite. L’utilità di tutto ciò dipende dal fatto che, l’analisi a bassa risoluzione delle reazioni di formazione di complessi, è sufficiente a dipanare la maggior parte dei problemi che sorgono durante la loro applicazione pratica e analitica. Per esempio, la trattazione delle titolazioni complessometriche può essere, e sarà, nel prossimo
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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capitolo, esclusivamente basata su un modello a bassa risoluzione della soluzione titolata. Ciò è possibile poiché, per ragioni che saranno dette a tempo debito, una titolazione complessometrica è invariabilmente eseguita mantenendo un pH costante della soluzione titolata. Le titolazioni complessometriche, che di norma sono eseguite con un chelante multidentato, come l’EDTA, rappresentano un caso limite particolarmente semplice dell’uso delle reazioni fra gruppi. Infatti, di norma, durante una titolazione complessometrica di un catione metallico con EDTA viene formato un singolo complesso. In tal modo il meccanismo di formazione di complessi segnato è costituito da una sola reazione fra gruppi e nel modello a bassa risoluzione della soluzione vi sono, per ogni assegnata concentrazione analitica del metallo e del legante, solo tre concentrazioni di gruppo da calcolare. Un tale calcolo si può eseguire rapidamente, senza grandi mezzi, poiché è riducibile alla soluzione di un sistema di tre equazioni nelle tre concentrazioni di gruppo incognite. Questo sistema di equazioni è nella forma sempre lo stesso e ciò agevola ulteriormente la sua soluzione. Tuttavia, la completa progettazione di una titolazione complessometrica visuale, oltre alla reazione titolato‐titolante, richiede anche la valutazione della reazione di formazione di complesso dell’indicatore metallocromico con il catione metallico, M. Infatti, come si vedrà nel successivo paragrafo, un indicatore metallocromico (che, ovviamente deve essere presente per segnalare il punto di arresto della titolazione) è esso stesso un chelante che compete con il titolante per complessare il catione analizzato, M. La valutazione dell’equilibrio Metallo‐Indicatore serve a determinare se il viraggio dell’indicatore ha luogo in un punto vicino al punto equivalente e quindi, in definitiva, per determinare se un prescelto indicatore è adatto per una particolare titolazione complessometrica. Anche la reazione metallo‐indicatore è analizzata per mezzo delle reazioni fra gruppi. Quindi, la strategia delle reazioni fra gruppi viene, nel caso delle titolazioni complessometriche, applicato a due reazioni di formazione di complessi
Figura1.11 ‐ Sistema di equazioni in N + 2 concentrazioni di gruppo incognite derivato dal meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura1.8. A pH fissato, il calcolo delle concentrazioni di gruppo è ridotto alla soluzione del sistema di equazioni presentato, per un’assegnata concentrazione analitica del catione metallico, CM, e del legante primario, CL. Prima che ad un dato pH si possa passare alla soluzione del sistema di equazioni è necessario valutare N costanti condizionali al pH considerato.
. . . . , ,
. . . . , ,
44
dello stesso metallo con due diversi leganti che coesistono nella stessa soluzione. Queste due reazioni fra gruppi interagiscono fra loro poiché condividono la stessa concentrazione di gruppo M', e da questa interazione dipende il viraggio dell’indicatore. Occorre precisare che l’uso della strategia delle reazioni fra gruppi è basato sulla conoscenza delle costanti condizionali di formazione di complessi al pH predeterminato. Ciò richiede un lavoro di calcolo supplementare, poiché le costanti condizionali devono essere valutate dalle corrispondenti costanti di formazione di complessi e dai coefficienti alfa attraverso la relazione (1.62). Tale calcolo richiede quindi la valutazione dei tre coefficienti α (i.e., αM, αL o αML ), che può essere eseguita se le reazioni collaterali e le loro
costanti di equilibrio sono note. Quindi, l’uso del modello delle reazioni fra gruppi non esonera dalla conoscenza delle reazioni collaterali, benché esso consenta di ignorarle durante i calcoli, una volta che le costanti condizionali, al pH d’interesse, siano state valutate.
Esempi Svolti
Esempio I
A una soluzione 0.01 M di AgClO4 venne aggiunta ammoniaca fino a una concentrazione di 0.1 M. Da una misura con un elettrodo di vetro il pH della soluzione all’equilibrio risultò essere 11.05. In questa soluzione si formano i complessi amminici e gli idrossocomplessi dell’Argento (I), secondo i meccanismi seguenti:
.
.
.
.
Inoltre l’ammoniaca può essere protonata ad ammonio secondo la seguente reazione di protonazione:
.
Calcola la percentuale di argento che è complessivamente trasformata negli ammino complessi Ag(NH3)
+ e Ag(NH3)2+.
Questo caso è stato scelto di proposito per la sua semplicità, in quanto l’Argento(I) ha un numero di coordinazione due, e il numero di specie prodotte all’equilibrio è relativamente modesto. Cionondimeno, nella soluzione vi sono sette differenti concentrazioni di equilibrio incognite che devono essere valutate (in quanto il pH della soluzione è noto). Ciò strettamente implica che occorre scrivere un sistema di sette equazioni nelle sette concentrazioni di equilibrio incognite e risolvere per ottenere la concentrazione di ogni singola specie nella soluzione. In alternativa si può rispondere al quesito dell’esercizio usando la strategia delle reazioni fra gruppi. A tal fine occorre riformulare il meccanismo di formazione di complessi fra Ag+ e ammoniaca nel seguente modo:
Ag NH Ag NH Ag NH
NH Ag 10? VI
Ag 2NH Ag NH Ag NHNH Ag
10? VII
A NH
Si può vedere che nel meccanismo di formazione di complessi segnato appaiono quattro differenti concentrazioni di gruppo. Il problema matematico è quindi ridotto alla soluzione di un sistema di quattro equazioni nelle quattro
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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concentrazioni di gruppo. Il sistema di equazioni da risolvere è costituito dalle espressioni delle due costanti condizionali, dal bilancio di massa dell’argento e dal bilancio di massa dell’ammoniaca. Si ha:
Prego nota come nei bilanci di massa (X) e (XI) le concentrazioni di gruppo siano usate esattamente come concentrazioni di reali specie chimiche. Evidentemente prima di poter risolvere il sistema di equazioni costituito dalle equazioni (VIII), (IX), (X) e (XI) è necessario calcolare le costanti condizionali e . Ciò richiede la valutazione dei seguenti coefficienti α:
αA 1 10 . OH 10 . OH
αA 1 10 . 10 . 10 . 10 . 1.11 XII
αNH 1 10 . H 1 10 . 10 . 1.015 XIII
αA NH αA NH 1 XIV
Prego nota che poiché nel presente caso si suppone che non siano formati complessi misti i coefficienti alfa di entrambi i complessi sono unitari. Si possono ora calcolare le costanti condizionali di formazione dei due ammino complessi usando la relazione (1.62) . Si ha:
αA NH
αNH αA 10 . 1
1.015 1.11 10 . XV
αA NH
αNH αA 10 . 1
1.015 1.1110 . XVI
Sostituendo questi valori nelle relazioni (VIII) e (IX) del sistema di equazioni è ora possibile risolvere per ottenere le concentrazioni di gruppo [Ag(NH3)'] e [Ag(NH3)2']. I risultati della risoluzione del sistema di equazioni sono come segue:
Ag 9.66 10 M
Ag NH 1.56 10 M
Ag NH 9.98 10 M NH 7.89 10 M
La percentuale di Ag+ convertito nel complesso con un solo legame Ag‐NH3 è quindi:
% Ag NH 100Ag NH
A100
1.56 100.01
0.16%
Mentre la percentuale di Ag+ convertito nel complesso con due legami Ag‐NH3 è:
% Ag NH 100Ag NH
A100
9.98 100.01
99.8%
Prego nota che in questo caso i gruppi di specie Ag NH e Ag NH contengono le sole specie Ag(NH3)
+ e Ag(NH3)2+, in quanto non si formano complessi misti.
Tuttavia, la formazione di complessi misti avrebbe modificato i valori calcolati delle costanti condizionali, mentre il sistema di equazioni sarebbe rimasto invariato. Per contro il gruppo Ag' contiene le specie Ag+, AgOH e AgOH2
+. Il valore di [Ag'] = 9.66×10‐8 M ottenuto nel calcolo non specifica le concentrazioni rispettive di queste tre specie ma solo la somma delle loro concentrazioni. Questa perdita di dettaglio è, tuttavia, ininfluente ai fini del quesito dell’esempio.
Ag NHNH Ag
10? VIII
Ag NHNH Ag
10? IX
Ag NH 2 Ag NH NH 0.1 M XI
Ag Ag NH Ag NH 0.01 M X
46
1.5.2.1 Grafici di Distribuzione dei Gruppi
Una soluzione, in cui hanno luogo reazioni di formazione di complessi secondo un determinato meccanismo di formazione di complessi segnato, può essere rappresentata graficamente mediante un grafico di distribuzione dei gruppi di specie. Il grafico di distribuzione dei gruppi è un grafico che rappresenta la frazione di catione metallico totale presente sotto forma di un particolare gruppo, in funzione di pL (= ‐log[L ]) nella soluzione. In pratica, un grafico di distribuzione dei gruppi è identico nella sostanza a quello di distribuzione dei complessi presentato nella Figura1.9, con la differenza che i complessi sono sostituiti con gruppi di specie chimiche. Per esempio, considera una soluzione che contiene il catione Cu2+, il cui pH è fissato a 9.0, a cui viene aggiunta ammoniaca per formare gli ammino complessi del Rame(II). In una tale soluzione si formano gli ammino complessi di Cu2+ secondo il meccanismo:
. .
. .
. .
. .
Inoltre vi sono reazioni collaterali di formazione di idrossocomplessi secondo il meccanismo:
. .
. .
. .
. .
. .,
Il legante primario, i.e. l’ammoniaca, può essere protonato secondo la reazione:
. .
Il meccanismo di formazione di ammino complessi di Cu2+ è trasformato nel meccanismo segnato seguente:
.
.
.
.
Le relazioni fra i gruppi presenti nella soluzione sono:
.
.
.
.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
47
.
.
La frazione di rame presente sotto forma del gruppo X’ è per definizione:
.
Sostituendo al posto di [X’] nella (1.75), [M’] per la frazione M e le espressioni (1.69), (1.70), (1.71) e (1.72) rispettivamente per le frazioni MNH , M NH ,
M NH e M NH si ottengono le espressioni di Figura1.12 per le frazioni dei
vari gruppi nella soluzione. Per poter usare le espressioni delle frazioni dei gruppi in Figura1.12 è necessario calcolare le costanti condizionali dei quattro ammino complessi di Cu2+. Ciò, ovviamente, richiede il calcolo di αC , αNH , αC NH , αC NH , αC NH
e αC NH .
Poiché si suppone che non vi siano reazioni collaterali di formazione di complessi misti, tutti i gruppi Cu NH , Cu NH , Cu NH , e Cu NH sono costituiti dalle singole specie Cu NH , Cu NH , Cu NH , e Cu NH e quindi tutti i coefficienti alfa dei complessi (cioè, αC NH , αC NH , αC NH
e αC NH ) sono uguali a 1. È solo necessario calcolare αC e αNH .
Il gruppo NH3 è composto dalle specie NH3 e NH4+. Quindi, dalla costante di
protonazione dell’ammoniaca e dalla relazione (1.54) si ha:
. . .
Figura1.12 ‐ Frazioni di rame in ciascuno dei cinque gruppi di specie presenti in una soluzione di Cu2+ e ammoniaca.
48
Il gruppo Cu è composto dalle specie Cu2+, CuOH+, Cu(OH)2, Cu(OH)3‐ e Cu(OH)4
2‐. Quindi dalle costanti di formazione di idrossocomplessi e dalla relazione (1.51) si ha:
. . . .
. .
Dai valori dei coefficienti alfa valutati sopra, dalle costanti di formazione degli ammino complessi di Cu2+ e dalla relazione (1.62):
.
si ottengono i seguenti valori delle costanti condizionali:
.. .
. .
.. .
. .
.. .
. .
.. .
. .
Prego nota la drammatica diminuzione delle costanti condizionali rispetto alle corrispondenti costanti non segnate, a causa della formazione di idrossocomplessi e della protonazione del legante. Inserendo i valori delle costanti condizionali nelle espressioni delle frazioni di Figura1.12 è possibile tracciare il grafico di distribuzione dei gruppi di Figura1.13. Il grafico di distribuzione di Figura1.13 è una rappresentazione a bassa risoluzione dell’evoluzione della composizione di equilibrio della soluzione di Cu2+, via via che viene modificata la concentrazione del gruppo NH3’. Infatti, non è possibile vedere dal grafico la composizione dei gruppi, benché, nel presente caso, i gruppi dei complessi siano costituiti da singole specie. Tuttavia, ciò che si vede dal grafico è che il gruppo Cu’ predomina fino a pNH3’ 3. Ciò si deve interpretare nel senso
Figura1.13 ‐ Grafico di distribuzione dei gruppi per una soluzione di Cu2+ e ammoniaca a pH = 9.0.
0
20
40
60
80
100
120
0 1 2 3 4 5 6
f%
pNH3′
Cu′
CuNH3′Cu(NH3)2′
Cu(NH3)3′
Cu(NH3)4
Distribuzione dei gruppi in una soluzione di Cu2+ e NH3 a pH = 9.0
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
49
che, fino a tal punto, non sono formati legami di coordinazione, mentre non è
possibile dire se nella soluzione predomina Cu2+ o qualche suo idrossocomplesso.
Se il nostro interesse è nella formazione degli ammino complessi del rame, tale
informazione è superflua. Noi vediamo che specie con un singolo legame di
coordinazione (quelle del gruppo CuNH3’) o con due legami di coordinazione
(quelle del gruppo Cu(NH3)2’) sono specie secondarie che non rappresentano se
non piccole frazioni del Rame nella soluzione. Infatti, la formazione di complessi
sembra aver luogo stabilendo immediatamente tre legami di coordinazione Cu-
NH3, come si vede dal fatto che il gruppo Cu(NH3)3’ è formato in pratica
direttamente dal gruppo Cu’. Aumentando la concentrazione di NH3’ (il che si può
fare aggiungendo ammoniaca o ammonio) si producono infine quattro legami di
coordinazione, come dimostrato dalla prevalenza del gruppo Cu(NH3)4’ a bassi
pNH3’.
Nota che il commento al grafico di distribuzione dei gruppi di Figura1.13 è identico
nella sostanza a quello della Figura1.9, a parte il fatto che le specie chimiche sono
state sostituite dai gruppi.
50
1.6 Indicatori Metallocromici
1.6.1 Concetti di base
Secondo la definizione, un indicatore metallocromico, In, è un agente chelante la cui forma libera (i.e. non complessata) ha un colore diverso dal complesso, MIn, che esso forma con un generico metallo M. In astratto, quindi, quando a una soluzione contenente l’indicatore viene aggiunto il metallo, M, si osserverà un cambiamento di colore della soluzione, che passa dal colore di In al colore di MIn, nel momento in cui è stato aggiunto sufficiente metallo da trasformare l’indicatore, quasi completamente, nel corrispondente complesso MIn. Si può vedere che il meccanismo alla base del cambiamento di colore di un indicatore metallocromico è analogo al meccanismo di variazione del colore di un indicatore AcidoBase, con il catione metallico che sostituisce il protone. Gli indicatori metallocromici sono principalmente usati per rivelare il punto di fine di una titolazione complessometrica visuale ed è a questo tipo di applicazione che è mirata la successiva discussione. Per esempio un comune indicatore metallocromico, il Nero Eriocromo T (o NET), è un chelante che in soluzione alcalina corrisponde alla struttura:
Il NET è capace di complessare diversi cationi, Ca2+, Mg2+, Zn2+, Pb2+, Co2+, Cu2+, etc… attraverso la seguente reazione:
La reazione di formazione di complesso altera la struttura elettronica del NET e, conseguentemente, l’assorbimento di radiazione da parte del cromoforo. I complessi del NET assorbono nella regione di basse lunghezze d’onda del visibile e sono invariabilmente di colore rosso. Il colore del NET libero dipende dal pH: a pH fra 7 e 11 le soluzioni di NET sono blu, per cui il passaggio dell’indicatore dalla forma libera alla forma complessata risulta in un netto viraggio dal blu al rosso. Nella maggior parte dei casi d’interesse pratico il meccanismo di formazione di complessi di un metallo con un indicatore metallocromico è assai semplice, e si riduce alla sola reazione:
.
La forma logaritmica della costante di formazione del complesso Metallo‐Indicatore è:
.
Ponendo:
O2 N
-O3S N N
O- O-
O2N
-O3SN N
O OM
+ M
NET Complesso MNET
O2N
-O3S N N
O- 3 ‐
Nero Eriocromo T (NET)
O-
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
51
.
La relazione (1.83) si può scrivere:
.
Dalla relazione (1.85) si può dedurre che quando nella soluzione sono presenti uguali concentrazioni di equilibrio della forma complessata e della forma libera, la concentrazione di equilibrio del metallo soddisfa la condizione:
. ’
è à
È vero anche l’inverso, e cioè, se la concentrazione di equilibrio del metallo soddisfa la relazione (1.86) nella soluzione sono presenti uguali concentrazioni della forma libera e complessata dell’indicatore. pMtrans, ossia il valore di pM quando il 50% dell’indicatore è nella forma libera e il 50% è nella forma complessata, è il punto di transizione, ed identifica la concentrazione di equilibrio del metallo a cui si ha il passaggio dalla prevalenza della forma libera alla prevalenza della forma complessata dell’indicatore, con conseguente cambiamento di colore. A pM > pM trans prevale la forma libera dell’indicatore, mentre a pM < pMtrans prevale la forma complessata. pMtrans è chiamato sensibilità dell’indicatore. Dalla (1.86) si deduce che, fra due indicatori, è più sensibile quello che con un dato metallo forma il complesso più stabile. Si può vedere che per un indicatore di alta sensibilità (che ha pMtrans relativamente elevato), il cambiamento di colore avviene a concentrazioni relativamente basse del metallo (i.e., ad alti pM). Semplificativamente si può assumere che quando il rapporto:
sia visibile solo il colore della forma complessata, i.e., MIn. Analogamente quando il rapporto:
sarà visibile solo il colore della forma libera, i.e. In. Allora, risulta che il
completo viraggio dell’indicatore metallocromico avviene entro ± 1 unità di pM intorno al punto di transizione. Poiché pMtrans coincide con il logaritmo
della costante di formazione del complesso metallo indicatore, log β1, ne risulta che il viraggio dell’indicatore è regolato dalla stabilità del complesso metallo indicatore.
1.6.2 Influenza del pH sul Viraggio degli Indicatori Metallocromici
Alla luce di quanto esposto nei precedenti paragrafi, la trattazione dell’equilibrio metallo indicatore svolta sopra è astratta e sovrasemplificata poiché considera la reazione di formazione del complesso Metallo‐Indicatore isolata dall’ambiente chimico della soluzione. Tuttavia, la reazione Metallo‐Indicatore in acqua è affetta, come qualunque altra reazione di formazione di complesso, dalle complicazioni introdotte dalle reazioni collaterali. Per brevità verrà considerato in dettaglio solo il Nero Eriocromo T che è uno degli indicatori metallocromici di uso più frequente ma i principi presentati sono simili per la maggior parte degli indicatori. Un indicatore metallocromico è, come tutti i chelanti, una base multiprotonica, che può essere variamente protonata. La protonazione dell’indicatore è una reazione di complessazione del protone, che ha luogo sugli stessi siti basici che vengono impiegati nella coordinazione del
52
metallo. Da ciò segue che la protonazione dell’indicatore metallocromico può produrre, e di solito produce, una variazione di colore, che molto spesso è analoga alla variazione di colore prodotta dalla complessazione del metallo. Da questa circostanza conseguono tre fatti di grande rilievo pratico per l’uso di un indicatore metallocromico:
1. Un indicatore metallocromico è anche un indicatore AcidoBase.
2. I colori fra cui avviene il viraggio dell’indicatore metallocromico dipendono dal pH (soprattutto il colore della forma libera dell’indicatore).
3. Il grado di conversione dell’indicatore nel complesso con il metallo, e quindi la sensibilità, dipendono dal pH e dall’eventuale presenza nella soluzione di leganti ausiliari.
Ciascuno di questi punti ha un riflesso sull’uso dell’indicatore, per cui è utile esaminarli in maggior dettaglio. Di seguito sono discussi i punti 1. e 2., mentre le conseguenze della questione sollevata al punto 3. sono presentate nel paragrafo successivo. Nella Figura1.14 è presentato il diagramma logaritmico AcidoBase del NET, il quale, per protonazione agli atomi di ossigeno fenolici e al gruppo solfonico, produce la forma neutra H3NET, che, peraltro, esiste in concentrazioni apprezzabili soltanto in soluzioni molto acide (le costanti di protonazione del NET sono β1=1011.6, β2= 1017.9, β3=1017.9). Poiché H2Net
‐ è di colore rosso, HNet2‐ di colore blu e Net3‐ è arancio, si vede immediatamente che il NET è un indicatore AcidoBase con un primo intervallo di viraggio intorno a pHtrans = 6.3 (dal rosso al blu) e un secondo intervallo di viraggio intorno a pHtrans = 11.6 (dal blu all’arancio). Tenendo presente che i complessi Metallo‐NET sono di colore rosso, è chiaro che, se la reazione metallo indicatore ha luogo a pH 11, si avrà un indefinito viraggio dall’arancio al rosso. Per contro nella regione di pH fra 7 e 11 il viraggio è fra blu e rosso. Infine, in soluzione acida la formazione del
Figura1.14 ‐ Diagramma logaritmico acido‐base dell’indicatore metallocromico H3NET (pKa1=0; pKa2 =6.3; pKa3=11.6). Colori: H3Net → giallo; H2NeT
‐ → rosso; HNET2‐ → blu; NET3‐
→ arancio.
Figura 1.15 ‐ Variazione dei colori con il grado di protonazione dell’indicatore metallocromico Nero Eriocromo T.
H2Net‐
Rosso HNet2‐ Blu
Net3‐
Arancio
pH = pKa2 = 6.3 pH = pKa3 = 11.6
14pH 0
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
53
complesso non produce alcuna variazione di colore, in quanto sia la forma
libera che quella complessata sono dello stesso colore. E’ evidente che il
NET non è di alcuna utilità come indicatore metallocromico in soluzioni
acide. La variazione di colore più netta si ha a pH fra 7 e 11, mentre a pH
molto alcalini il cambiamento di colore è piuttosto vago. Da ciò si può
dedurre che la convenienza di un indicatore metallocromico dipende
fondamentalmente dal pH a cui è impiegato. Per l’uso di un indicatore
metallocromico è necessario preventivamente decidere, sulla base del
colore del complesso con il metallo e delle varie forme protonate
dell’indicatore, in quale regione di pH l’indicatore può essere usato. Un
diagramma logaritmico dell’indicatore metallocromico, come quello di
Figura1.14 è persino eccessivo per risolvere una tale questione, che può
essere affrontata rapidamente con uno schema come quello di Figura1.15. I
dati necessari per costruire schemi come quello di Figura1.15 per un certo
numero di indicatori di uso comune sono riportati nella Figura1.16.
Per alcuni indicatori è possibile (con alcuni cationi metallici) la formazione
di complessi misti, di stechiometria MInOH, che contengono OH-. Di norma i
complessi MInOH, che sono detti complessi basici, si formano solo a pH
nettamente alcalini. Per contro, a pH acidi è possibile la formazione di
complessi acidi di stechiometria MInH. Vi è, quindi, la possibilità che i
complessi acidi e basici del metallo con l’indicatore abbiano colori diversi da
quello di MIn, il che impartisce una dipendenza dal pH anche al colore del
complesso.
Si deve capire da quanto esposto che l’uso di un indicatore metallocromico
richiede un certo numero di informazioni, che non possono essere riassunte
in un singolo parametro come nel caso degli indicatori AcidoBase. Inoltre, a
causa di possibili variazioni di colore dovute a variazioni di pH, un indicatore
metallocromico è, per così dire, tale solo se il pH della soluzione in cui viene
usato è mantenuto costante. Questa è una delle fondamentali ragioni per
cui le titolazioni complessometriche visuali sono sempre eseguite
mantenendo un pH costante nella soluzione titolata.
Figura 1.16 – Caratteristiche AcidoBase di alcuni degli indicatori metallocromici più
comuni.
54
1.6.3 Valutazione dell’Effetto di Reazioni Collaterali sulla Sensibilità degli Indicatori Metallocromici
A ogni selezionato pH, vi è un effetto sul grado di conversione dell’indicatore nel complesso Metallo‐Indicatore (e quindi sul colore della soluzione) da parte delle reazioni collaterali del metallo, del legante e, eventualmente, del complesso MIn, secondo quanto è stato detto in proposito al §1.5 per la generale reazione di formazione di complesso ed è visualizzato nella Figura1.17. Anzi, gli indicatori metallocromici sono un caso favorevole per illustrare l’utilità della strategia delle reazioni fra gruppi per eseguire in maniera semplice le valutazioni necessarie per la scelta dell’indicatore da usare durante una titolazione complessometrica. La reazione fra gruppi corrispondente alla reazione (1.82), di formazione del complesso Metallo‐Indicatore, si scrive:
'
.
Ciò che ci occorre valutare è proprio in che misura il gruppo M', sia trasformato nel gruppo MIn', poiché il colore della soluzione dipende dal rapporto fra le concentrazioni di questi due gruppi, i.e., [MIn' /[In' . In pratica, vi è un colore associato al gruppo MIn' (cioè, il colore della forma complessata dell’indicatore) e un colore al gruppo In' (cioè il colore della forma libera dell’indicatore al pH della soluzione titolata). Il viraggio dell’indicatore ha luogo quando si passa dalla prevalenza del gruppo MIn' alla prevalenza del gruppo In'. La differenza fondamentale fra la reazione (1.82) e la sua corrispondente segnata (1.87) è che, ad un dato pH, noi possiamo trattare l’equilibrio Metallo‐Indicatore come se l’unica reazione nella soluzione fosse la reazione fra gruppi (1.87). Elaborando l’espressione della costante condizionale si ricava subito che:
Figura 1.17 – Reazioni collaterali alla reazione di formazione del complesso fra un catione metallico e un indicatore.
Formazione di complessi basici e acidi:
MIn(OH) Complesso basico
MInH Complesso acido
Formazione di idrossocomplessi:
MOH
M(OH)2
M(OH)3 ………… M(OH)m
1 2 3
Protonazione dell’indicatore:
HIn
H2In
H3In …… HhIn
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
55
.
Il punto di transizione dell’indicatore (ossia la sua sensibilità) è il valore di pM per cui le due concentrazioni di gruppo [MIn ] e [In ] sono identiche. Dalla (1.88) si ha:
.
à
Dalla (1.89) si può vedere che nel modello a bassa risoluzione della reazione Metallo‐Indicatore la sensibilità dipende dalla costante condizionale delle reazione fra gruppi (1.87). Ciò impartisce alla sensibilità degli indicatori metallocromici una dipendenza dal pH, in quanto la costante condizionale
ha un definito valore ad ogni pH. Se si tiene conto del fatto che la costante condizionale è, di norma, più bassa della corrispondente costante di stabilità non segnata, si può anche dedurre che l’effetto complessivo delle reazioni collaterali è di diminuire la sensibilità dell’indicatore. A pM M la soluzione assume il colore del gruppo In , mentre se pM M il colore della soluzione corrisponderà a quello del gruppo MIn . Se si assume che, quando il rapporto [MIn / In ] > 10, sia visibile solo il colore di MIn ; e, per contro, quando [MIn / In ] < 0.1, sia visibile solo il colore di In , risulta che il completo viraggio dell’indicatore ha luogo entro 1 unità di pM , intorno a pM (cioè, intorno a log ). Infine, il colore della soluzione dipenderà dal valore della variabile pM , piuttosto che da pM. La costante condizionale del complesso metallo indicatore si calcola dalla relazione:
.
Quindi, prima che la reazione di gruppo (1.87) possa essere impiegata per valutare la sensibilità dell’indicatore è necessario valutare, al pH di interesse, i tre coefficienti alfa che compaiono nella relazione (1.90) e che servono per il calcolo della costante condizionale , dal corrispondente valore di . Ciò è fatto utilizzando le definizioni dei gruppi come mostrato nel §1.5.2. Se supponiamo che il metallo sia esclusivamente coinvolto in reazioni collaterali di formazione di idrossocomplessi (la praticabilità di questa ipotesi dipende dalla natura del metallo e dall’eventuale presenza di un legante ausiliario), αM si calcola dalla relazione:
. . . . .
; è
αIn, che dipende dalle costanti di protonazione dell’indicatore si calcola dalla relazione:
. . .
; è
La relazione (1.92) è una relazione generale che nel caso del NET contiene solo tre costanti di protonazione. Infine se si assume, com’è spesso il caso, che al pH considerato non vi siano complessi misti metallo indicatore, il valore di alfa del complesso, αMIn, si può porre uguale a 1, cioè:
.
In caso contrario αMin si valuta dalla relazione:
56
, che viene usata nella relazione (1.94) è la costante di formazione
del complesso basico MInOH da MIn:
La relazione (1.95) è una forma semplificata della relazione (1.57) del
§1.5.2, che tiene conto del fatto che, nel caso degli indicatori,
invariabilmente si forma un unico complesso basico di stechiometria
MInOH e, peraltro, in genere, solo a pH molto alcalini.
Si dà anche l’eventualità che in soluzioni acide si formi un complesso misto
acido di stechiometria MInH secondo una reazione del tipo:
La relazione da impiegare per il calcolo di αMIn in soluzioni acide è allora:
Esempi Svolti
Esempio I
Il Nero Eriocromo T è usato come indicatore durante la titolazione di Mg2+ con
una soluzione standard di EDTA. Il pH della soluzione titolata è tamponato a 10.0
con un tampone NH3/NH4+. La costante di formazione del complesso MgNET è:
Al pH = 10 della titolazione, il complesso MgNET- è di colore rosso mentre la forma prevalente dell’indicatore libero, HNET2- (vedi Figura1.14) è di colore blu. In tal modo la titolazione viene arrestata quando, per aggiunta di EDTA si ha il viraggio dal rosso al blu. Considerato che le costanti di protonazione di NET3- sono: β1=1011.6, β2= 1017.9,
β3=1017.9, e che lo ione Mg2+ forma un solo idrossocomplesso di stechiometria
MgOH+ secondo la reazione:
Calcola la sensibilità del NET per il Magnesio a pH = 10. Assumi che Mg2+ non
formi complessi con l’ammoniaca, che in questo caso ricopre il ruolo di legante
ausiliario nella soluzione, e che al pH della titolazione non siano presenti
complessi basici.
La reazione fra il magnesio e il NET scritta come reazione fra gruppi è:
Da quanto esposto nella traccia dell’esempio si può subito porre:
Quindi, il gruppo MgNET′ è costituito dalla sola specie MgNET-, che è di colore
rosso.
Il gruppo Mg′ è costituito da due specie, Mg2+ e Mg(OH)+. Dalla relazione (1.91) si
ha quindi:
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
57
Il gruppo NET′ è costituito da quattro specie, i.e., NET3-, HNET2-, H2NET-, H3NET. A
pH = 10 il colore di NET′ è blu poiché la specie prevalente nel gruppo è HNET2-, che
è appunto di colore blu. Dalla relazione (1.92) e dalle costanti di protonazione del
NET si ha:
Con i valori dei coefficienti alfa calcolati nella (IV), (V) e (VI) si ha:
Di qui si ottiene immediatamente che la sensibilità del NET come indicatore per il Magnesio a pH = 10 è:
Si può giudicare dalla (VIII) che, a causa principalmente delle reazioni di
protonazione dell’indicatore (in questo particolare caso l’idrolisi del metallo è
molto limitata ed ha un effetto secondario), il NET, a pH = 10, è un indicatore di
sensibilità molto più bassa di quello che si poteva giudicare dal valore della
costante di formazione di MgNET- (i.e. β1 = 107).
Nella figura che segue è mostrata la sensibilità del Nero Eriocromo T per il
magnesio in funzione del pH. La sensibilità (i.e., pM’trans) diminuisce all’aumentare
dell’acidità della soluzione a causa delle reazioni di protonazione dell’indicatore.
Questo è un andamento che si verifica con tutti gli indicatori metallocromici. La
sensibilità del NET per il Magnesio è massima a pH maggiori di circa 12, ma in
questa regione di pH l’indicatore non può essere usato a causa di un viraggio
difficile da apprezzare. Per molti metalli, che sono più fortemente idrolizzati del
magnesio, la sensibilità degli indicatori metallocromici declina anche in soluzione
alcalina a causa della formazione di idrossocomplessi e la curva della sensibilità in
funzione del pH è di solito dotata di un massimo a pH intermedi.
Esempio I
Il Nero Eriocromo T è instabile in soluzione, probabilmente a causa della
presenza nella molecola sia di un gruppo nitro ossidante che di un gruppo azo
riducente. Il NET può essere vantaggiosamente sostituito con la Calmagite la cui
struttura è mostrata nella Figura1.16. Si può vedere che la Calmagite deriva dal
NET per sostituzione del gruppo nitro con un gruppo metile. Tale sostituzione
altera le costanti di protonazione dell’indicatore che diventano: β1=1012.4, β2=
1020.5, β3=1020.5. Come nel caso del NET il colore della Calmagite dipende dal
grado di protonazione: H2In è rosso, HIn è blu e In è arancio. I complessi con i
metalli sono di colore rosso. In tal modo la Calmagite può essere usata
nell’intervallo di pH fra circa 8.5 e 12 dove si produce un viraggio dal rosso del
complesso al blu di HIn. La costante di formazione del complesso della calmagite
con il Magnesio è β1=108.1. Valuta la sensibilità della Calmagite per il Magnesio
sotto le stesse condizioni descritte nell’Esempio I (ie., pH = 10.0 in tampone
NH3/NH4+)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
6 7 8 9 10 11 12 13 14pH
Sensibilità del NET per il Magnesio
pMg'trans
NET' = blu NET' = Arancio
58
Per valutare la sensibilità della Calmagite per il Magnesio è, come nell’esempio precedente, necessario valutare la costante condizionale della reazione Metallo‐Indicatore. Evidentemente tutti i valori dei coefficienti alfa, eccetto αIn, sono identici a quelli calcolati nell’esempio precedente (in quanto si tratta dello stesso metallo allo stesso pH). Quindi, è solo necessario rivalutare αIn per la calmagite. Procedendo come nell’esempio precedente si ha:
αIInIn
1 H H H H H H
αI 1 10 . 10 10 . 10 10 . 10 255.4 I
αMIαI αM
10 . 11.04 255.4
10 . II
Di qui si ottiene immediatamente che la sensibilità della Calmagite come indicatore per il Magnesio a pH = 10 è:
pMg log 5.7 III
Si può vedere confrontando i valore della sensibilità calcolata nella (VII) con il valore della sensibilità calcolata nell’Esempio I che la Calmagite è, a pH = 10, un indicatore per il Magnesio di sensibilità paragonabile al NET (strettamente la Calmagite è più sensibile del NET che ha una sensibilità per il Magnesio nelle stesse condizioni di 5.4). Da ciò consegue che la Calmagite, che è stabile in soluzione, può essere vantaggiosamente sostituita al NET senza apportare variazioni alle procedure. Prego nota che ciò non è quello che si dedurrebbe confrontando direttamente le costanti di stabilità dei complessi del NET e della Calmagite, poiché la costante del complesso della Calmagite con il Magnesio è oltre un ordine di grandezza più grande della corrispondente costante del NET. Tuttavia la Calmagite è anche una base più forte del NET (e affetta in misura maggiore dalle reazioni collaterali di protonazione), e ciò compensa per l’aumentata stabilità del suo complesso. Prego nota che sia nel presente esempio che in quello precedente la costante condizionale non dipende dalla concentrazione del legante ausiliario (i.e., l’ammoniaca). Questo è in generale il caso dei metalli alcalino terrosi. Per i cationi dei metalli di transizione ciò cessa di essere vero e occorre introdurre modifiche al calcolo della costante condizionale per tener conto dell’effetto del legante ausiliario. Ciò è mostrato nell’esempio seguente.
Esempio III
Il Nero Eriocromo T forma con lo ione Zn2+ un complesso di coloro rosso secondo la reazione:
.
Il meccanismo di idrolisi di Zn2+ consiste delle seguenti quattro reazioni:
.
.
.
.
. .,
Zn2+ forma anche ammino complessi stabili secondo il seguente meccanismo:
.
.
.
.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
59
Una soluzione che doveva essere sottoposta a titolazione complessometrica per
la determinazione dello zinco venne tamponata a pH = 9.3 con un tampone 0.1 M
NH3/0.1 M NH4+. Calcola la sensibilità del NET per lo zinco sotto tali condizioni.
Assumi che al pH della titolazione non siano formati complessi basici. Poiché
l’ammoniaca è presente in largo eccesso rispetto al metallo è una buona
approssimazione pensare che la concentrazione di equilibrio dell’ammoniaca
[NH3], resti per tutta la titolazione 0.1 M.
La reazione fra lo Zinco e il NET, scritta come reazione fra gruppi è:
Da quanto esposto nella traccia dell’esempio si può subito porre:
Quindi, il gruppo ZnNET′ è costituito dalla sola specie ZnNET-, che è di colore
rosso. Ciò è identico ai casi degli ’Esempi I e II.
Il gruppo NET′ è costituito da quattro specie, i.e., NET3-, HNET2-, H2NET-, H3NET. A
pH = 9.3 il colore di NET′ è blu poiché la specie prevalente nel gruppo è HNET2-, che
è appunto di colore blu. Dalla relazione (1.92) e dalle costanti di protonazione del
NET si ha:
Il gruppo Zn′ è costituito da nove specie, Zn2+ e Zn(OH)+, Zn(OH)2, Zn(OH)3
-.
Zn(OH)42-, Zn(NH3)2+, Zn(NH3)2
2+, Zn(NH3)32+, Zn(NH3)4
2+. La composizione del
gruppo Zn’ costituisce la principale differenza fra questo caso e il caso analizzato
nell’esempio precedente. L’ammoniaca, che è praticamente inattiva verso il
Magnesio e i metalli alcalino terrosi svolge verso lo Zinco il ruolo di un legante
ausiliario, che innesca reazioni collaterali di formazione di ammino complessi. Per
calcolare αZn occorre aggiungere termini alla relazione (1.91) per tener conto della
formazione di ammino complessi con il legante ausiliario. L’estensione della (1.91)
è immediata. Si ha:
Con i valori dei coefficienti alfa calcolati nella (XI), (XII) e (XIII) si ha:
Dal valore della costante condizionale calcolata in (XIV) si vede che la sensibilità del NET come indicatore per lo Zinco a pH = 9.3 è:
Da questo calcolo si può giudicare che la presenza di 0.1 M ammoniaca nella
soluzione ostacola la reazione dello zinco con l’indicatore e ne deprime la
sensibilità di circa sette ordini di grandezza. Evidentemente, la sensibilità
diminuisce all’aumentare della concentrazione dell’ammoniaca. In una soluzione in
cui l’ammoniaca fosse 1 M probabilmente il complesso Zinco-NET non si forma
affatto, se non in un largo eccesso di zinco. E’ facile concludere che il NET può
essere usato come indicatore dello zinco solo se la concentrazione dell’ammoniaca
è al di sotto di 0.1 M e se non è richiesto un indicatore di elevata sensibilità. Prego
nota infine che nonostante la costante di formazione del complesso Magnesio-NET
(vedi Esempio I) sia oltre cinque ordini di grandezza più bassa di quella del
complesso Zinco-NET, in ambiente ammoniacale il NET ha sensibilità paragonabili
per Zn2+ e Mg2+. Il tipo di calcolo eseguito in questo esempio è necessario per
calcolare la sensibilità degli indicatori metallocromici per la maggior parte dei
cationi di transizione, e.g., Ni2+, Co2+, Cd2+, etc…, i quali, in genere, formano
complessi con la base del tampone usato per mantenere un pH costante nella
soluzione titolata durante la titolazione complessometrica.
60
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
61
Capitolo 2
Titolazioni Complessometriche con
Acidi AmminoCarbossilici
2.1 Concetti di Base
Nell’analisi chimica volumetrica, una titolazione complessometrica è
intrapresa per stabilire la concentrazione (o il numero di moli) di un catione
metallico target in una soluzione. La soluzione titolata quasi mai coincide
con il campione da analizzare ma è il prodotto finale di un trattamento
controllato del campione che può prevedere uno o più steps di
precipitazione, dissoluzione, separazione delle interferenze, etc...
Durante una titolazione complessometrica, a un volume misurato di
soluzione titolata, V0 ml, contenente il catione target, M, a una
concentrazione incognita, M, è aggiunta, in piccoli incrementi misurati,
la soluzione standard a concentrazione nota, M, di un appropriato
legante, L (titolante), che provoca, attraverso una o più reazioni di
formazione di complessi, la scomparsa dell’analita target (titolato) dalla
soluzione. Una titolazione complessometrica può anche servire per l’analisi di un
composto o di un anione che ha le proprietà di un legante per titolazione
con la soluzione standard di un appropriato catione. Tuttavia, in quel che
segue, noi assumeremo il punto di vista che le titolazioni
complessometriche servono per la determinazione dei metalli per
titolazione con un legante appropriato, poiché questo è il modo in cui esse
sono presentemente usate.
Lo scopo di una titolazione analitica è la determinazione del punto
equivalente, ossia del punto della titolazione in cui è stato aggiunto un
volume equivalente, Veq ml, di titolante.
Il punto equivalente di una titolazione è un concetto strettamente
connesso con le reazioni (reazioni di titolazione) che provocano la
scomparsa dell’analita dalla soluzione a seguito dell’aggiunta di titolante.
Infatti, in una titolazione è postulato un punto equivalente per ciascuna
delle reazioni che, durante la titolazione, provocano la scomparsa
dell’analita dalla soluzione. Per definizione, il punto equivalente connesso a
una data reazione fra il titolante e il titolato è il punto della titolazione in
corrispondenza del quale sono stati aggiunti un numero di moli di titolante
che sta in rapporto con il numero di moli di titolato come i coefficienti del
titolante e del titolato nella reazione considerata. Se è sperimentalmente
possibile determinare il punto equivalente di una titolazione, sarà allora
possibile calcolare il numero di moli incognito del titolato dal numero di
moli noto del titolante aggiunto fino al punto equivalente. Infatti, il loro
rapporto è noto e uguale al rapporto fra i corrispondenti coefficienti della
reazione rispetto alla quale il punto equivalente è definito. Il caso più
semplice, e anche più comune, è quello in cui vi è una sola reazione
titolante-titolato, ed è quindi postulato un singolo punto equivalente.
Questo unico punto equivalente può di solito essere individuato
accuratamente e senza grandi mezzi se la reazione titolato-titolante
procede con un alto grado di completezza (i.e., ha un’elevata costante di
equilibrio). Titolazioni per cui vi sono più reazioni possibili fra il titolato e il
titolante hanno diversi punti equivalenti. In generale, la capacità di
individuare accuratamente almeno un punto equivalente durante una
titolazione diminuisce all’aumentare del numero di punti equivalenti, cioè
all’aumentare del numero di reazioni che provocano la scomparsa
dell’analita dalla soluzione a seguito dell’aggiunta del titolante.
Dipendentemente dal caso e dalle informazioni analitiche richieste può
62
essere sufficiente, durante una titolazione, essere in grado di individuare un solo punto equivalente o può essere desiderabile individuarne più di uno. Per esempio, considera la titolazione di V0 ml di una soluzione che contiene
una concentrazione, H M, di Mercurio(II) con una soluzione a titolo noto
di cloruro di sodio, NaCl, C M. Supponi che prima della titolazione la soluzione di Mercurio sia stata acidificata con un eccesso di HClO4, in modo da isolare il meccanismo di formazione di complessi fra Hg2+ e Cl‐. Sotto tali condizioni, l’aggiunta del titolante alla soluzione provoca la scomparsa dello ione Hg2+ dalla soluzione a seguito delle reazioni di formazione di complessi di Figura2.1. Per questa titolazione sono postulati quattro punti equivalenti, ciascuno connesso ad una delle quattro reazioni di formazione di complessi. Al primo punto equivalente, Veq1, il numero di moli di cloruro aggiunti,
C , è uguale al numero di moli di mercurio presenti nella soluzione
titolata, cioè:
.
In generale al n‐simo punto equivalente vale la relazione:
.
È evidente dalla condizione (2.2), che si applica in corrispondenza del n‐esimo punto equivalente, che, se noi siamo in grado di arrestare la titolazione a un volume di arresto, Varr, che sia abbastanza vicino a uno degli n punti equivalenti, allora sarà possibile determinare il contenuto di
mercurio, H , della soluzione titolata.
La Figura2.2 presenta le curve di titolazione di 50 ml di soluzioni di Hg2+ alle concentrazioni di 0.002, 0.01 e 0.020 M con una soluzione standard di NaCl 0.05 M. Le curve di titolazione sono state costruite riportando pHg (= ‐ log[Hg2+]) in funzione del volume complessivo di titolante aggiunto durante la titolazione, Vt ml.
Figura2.1 – Meccanismo di formazione dei cloro complessi di Mercurio(II)
.
.
.
.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
63
Questo è solo un esempio di una curva di titolazione complessometrica, poiché, in generale, la curva di titolazione complessometrica del catione metallico M con un dato legante è il grafico che rappresenta pM (= ‐log[M]) in funzione del volume di titolante aggiunto. Dalla Figura2.2 si deve estrarre l’idea che una titolazione complessometrica consiste nella scansione del pM (pHg nel caso della Figura2.2) della soluzione titolata eseguita mediante l’aggiunta di un legante che causa un aumento del pM durante la titolazione. Il valore di pM corrispondente a un punto equivalente, è pMeq (pHgeq nel caso della Figura2.2). Una titolazione complessometrica può essere di valore analitico se la curva di titolazione mostra un repentino aumento di pM in corrispondenza dei punti equivalenti, cioè se la pendenza della curva di titolazione nell’immediato intorno dei punti equivalenti è sufficientemente alta. I punti equivalenti che possono essere analiticamente utili corrispondono a punti di flesso della curva di titolazione e a massimi della sua pendenza. L’analisi delle curve di titolazione di Figura2.2 mostra che vi è un singolo punto equivalente in corrispondenza del quale la concentrazione di Hg2+ nella soluzione diminuisce repentinamente e che può essere di utilità analitica. La Figura2.3, che rappresenta i rapporti incrementali ∆pHg/∆Vt delle curve di titolazione della Figura2.2 (calcolati con incrementi ∆Vt = 0.06 ml), mostra che questo punto equivalente corrisponde a un massimo della pendenza della curva di titolazione. Si può vedere che l’unico punto equivalente individuabile sulla curva di titolazione del Mercurio(II) con cloruro corrisponde alla formazione del complesso HgCl2, mentre gli altri tre punti equivalenti, postulati in corrispondenza delle quattro reazioni di formazione di complessi di Figura2.1 e corrispondenti a HgCl+, HgCl3
‐ e HgCl4
2‐ non sono individuabili. pHg al punto equivalente è praticamente indipendente dalla concentrazione di Mercurio titolata (pHgeq 6.7 per tutte le curve di titolazione di Figura2.2). Quindi, se è disponibile un qualche mezzo che indica quando, durante la titolazione, pHg raggiunge un
Figura2.2 ‐ Curve di titolazione di 0.001, 0.01 e 0.02 M Mercurio (II) con soluzione standard 0.05 M NaCl. Le frecce sulle curve indicano un intervallo di pHg entro cui l’errore di titolazione è al di sotto di 1%.
Figura2.3 ‐ Curve dei rapporti incrementali delle curve di titolazione di Figura2.2. I rapporti sono stati calcolati con incrementi di 0.06 ml.
0
2
4
6
8
10
12
14
0 10 20 30 40 50 60
pHg
Vt, ml
0.010 M0.0010 M
0.020 M
0.0
2.0
4.0
6.0
8.0
10.0
12.0
14.0
16.0
0 10 20 30 40 50 60
∆pHg/∆Vt
Vt, ml
0.0010 M
0.010 M
0.0020 M
64
valore nell’immediato intorno di 6.7, sarà possibile determinare il Mercurio(II) in una soluzione acida per HClO4 titolando con una soluzione standard di NaCl. La quantità di mercurio nella soluzione viene calcolata dalla relazione:
.
L’errore sul mercurio può essere contenuto entro 1% se la titolazione è arrestata a un pHg nell’intervallo compreso fra le frecce in Figura2.2. Si può vedere che al diminuire della concentrazione di Mercurio nella soluzione diminuisce anche l’ampiezza dell’intervallo di pHg utile per l’arresto della titolazione, mantenendo un errore costante. È bene stabilire esplicitamente che la titolazione del Mercurio(II) con cloruro è un caso eccezionale, più che la regola, che è dovuto all’eccezionale stabilità del complesso HgCl2, cosicché durante la titolazione tutto avviene come se l’unica reazione titolante‐titolato fosse:
. .
Classicamente le favorevoli caratteristiche del meccanismo di formazione di complessi fra il mercurio e il cloruro sono state utilizzate per la determinazione del cloruro con una soluzione standard di Hg(NO3)2 (mercurimetria). Tuttavia, nella maggior parte dei casi le titolazioni complessometriche eseguite con un legante monodentato presentano curve di titolazione che ascendono dolcemente senza repentini cambiamenti di pM in corrispondenza dei punti equivalenti. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i meccanismi di formazione di complessi dei metalli con leganti monodentati sono composti da numerose reazioni di formazione di complessi, che hanno luogo contemporaneamente a seguito dell’aggiunta del legante, il che si traduce nella presenza sulla curva di titolazione di diversi punti equivalenti che sono difficili da individuare accuratamente.
Inoltre molte reazioni di formazione di complessi con leganti monodentati esibiscono costanti di stabilità non sufficientemente elevate da produrre curve di titolazione che possono essere impiegate a scopi analitici.
2.2 Titolazioni complessometriche fra Gruppi
Nel precedente paragrafo la titolazione del Mercurio(II) con una soluzione standard di cloruro è stata eseguita mantenendo un ambiente nettamente acido nella soluzione titolata al fine di isolare il meccanismo di formazione di complessi del Mercurio(II) con il cloruro. Ciò serve a semplificare la chimica che si svolge nella soluzione a seguito dell’aggiunta del legante, il che ha effetti favorevoli sulla forma della curva di titolazione. Nel caso di leganti che sono basi coniugate di acidi deboli, l’acidificazione della soluzione titolata per sopprimere le reazioni collaterali alla reazione primaria non è praticabile. In questi casi, per semplificare la chimica che si svolge nella soluzione titolata a seguito dell’aggiunta di titolante, la titolazione è eseguita mantenendo un pH costante nella soluzione titolata mediante l’aggiunta di un appropriato tampone. Sotto tali condizioni la titolazione può essere efficacemente trattata con la strategia delle reazioni fra gruppi. Nel contesto della strategia delle reazioni fra gruppi, il legante titolante L aggiunto alla soluzione titolata durante una titolazione complessometrica fra gruppi può reagire con il catione metallico titolato, M, esclusivamente secondo le reazioni del meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura2.4. In questa rappresentazione della soluzione l’analita target è il gruppo M , che viene titolato aggiungendo il gruppo L . La scomparsa dell’analita dalla soluzione è provocata dalla generale reazione fra gruppi (2.5), estratta dal meccanismo di formazione di complessi segnato (vedi Figura2.4) fra il catione target, M, e il titolante, L:
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
65
.
.
In connessione con la reazione fra gruppi (2.5) è definito il n‐esimo punto equivalente che corrisponde al punto della titolazione in cui è stato aggiunto un numero di moli del gruppo L’, che è n volte il numero di moli del gruppo M’. Cioè nel n‐simo punto equivalente vale la seguente relazione:
.
Nell’equazione (2.6) L è la concentrazione analitica del legante nella
soluzione titolante e M è la concentrazione analitica del gruppo M’ nella
soluzione all’inizio della titolazione. M coincide con la concentrazione
analitica del metallo nella soluzione titolata, M , che è il dato analitico che si desidera dedurre dalla titolazione. Una curva di titolazione, per una titolazione complessometrica fra gruppi, è costruita, in stretto parallelismo con quanto fatto nel precedente paragrafo, riportando pM’ in funzione del volume Vt di titolante aggiunto. Il problema analitico, i.e., la determinazione della concentrazione del
metallo, M , ovvero del numero di moli M , è come al solito ridotto
al problema di produrre una curva di titolazione con punti equivalenti chiaramente e facilmente discernibili in modo che, senza grandi mezzi, sia possibile arrestare la titolazione in prossimità di un punto equivalente. Ciò dipende dal numero di reazioni del meccanismo di formazione di complessi segnato e dal valore delle costanti di formazione condizionali al pH della titolazione. Per esempio, considera un’ipotetica titolazione del catione Cu2+, con l’ammoniaca mentre il pH della soluzione titolata è impostato a 9.0 con un tampone che non interagisce con il Rame(II). L’ammoniaca reagisce con il
Figura 2.4 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra il catione metallico M e il legante titolante, L.
Figura 2.5 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra Cu2+ e NH3, Il valore delle costanti condizionali è stato calcolato a pH = 9.0 tenendo conto dell’idrolisi del Rame(II) e della protonazione dell’ammoniaca (vedi §1.5.3.1)
.
.
.
.
66
rame durante la titolazione secondo il meccanismo di formazione di
complessi segnato di Figura2.5. I valori delle costanti condizionali a pH = 9.0
sono stati calcolati secondo la procedura descritta al §1.5.2.1. La curva di
titolazione di 50 ml di una soluzione di Rame(II) con una soluzione standard
di NH3 0.05 M a pH = 9.0 è presentata in Figura2.6. In astratto, sulla curva di
titolazione sono definiti quattro punti equivalenti, ciascuno connesso ad
una delle quattro reazioni fra gruppi del meccanismo di Figura2.5. Tuttavia
la forma della curva di titolazione è oltremodo sfavorevole. In prossimità
dei punti equivalenti non vi è alcun repentino aumento di pM’, né sulla
curva di titolazione si vedono punti di flesso. Di conseguenza, nessuno dei
punti equivalenti può sperimentalmente essere individuato con certezza e
la titolazione complessometrica del Rame(II) con ammoniaca a pH = 9.0 non
è di alcun valore analitico. Anche una riflessione superficiale mostrerà che la causa di un tale stato di
cose è il numero delle reazioni di formazione di complessi fra titolante e
titolato congiunto con i valori non eccezionalmente alti delle costanti di
formazione condizionali (vedi Figura2.5). Sfortunatamente la situazione
descritta nella Figura2.6 è assai frequente cosicché, l’uso delle titolazioni
complessometriche per la determinazione dei metalli è stato per lungo
tempo limitato a pochi sporadici casi in cui il meccanismo di formazione di
complessi aveva caratteristiche favorevoli e tali da produrre curve di
titolazione analiticamente utili. Questo è il caso della titolazione del
Mercurio(II) con cloruro presentata nel paragrafo precedente.
Figura 2.6 – Curva di titolazione di 50 ml di 0.01 M Rame(II) con NH3 0.05 M a pH = 9.0.
Sulla curva sono segnati i quattro punti equivalenti postulati per questa titolazione sulla
base del meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura2.5.
1.5
2
2.5
3
3.5
0 10 20 30 40 50 60
pCu'
Vt ml
Rame(II) = 0.01 M
I Punto equivalente
II Punto equivalente
III Punto equivalente
IV punto equivalente
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
67
2.3 Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici
Gli inconvenienti connessi con le titolazioni complessometriche con leganti monodentati possono essere largamente superati impiegando come titolante un agente chelante. Infatti, i meccanismi di formazione di complessi dei metalli con i chelanti sono molto più semplici dei corrispondenti meccanismi con leganti monodentati. Inoltre, in generale, i complessi chelati sono più stabili ed esibiscono costanti di formazione più elevate delle costanti di formazione dei complessi della stessa stechiometria di leganti non chelanti. Ciò promette di rimuovere i principali inconvenienti delle titolazioni complessometriche con leganti monodentati. In particolare, gli acidi amminocarbossilici presentati nella Figura2.7 (i.e., EDTA, trans‐CDTA, EGTA e DTPA) sono potenti agenti chelanti che con la maggior parte dei metalli danno luogo a meccanismi di formazione di complessi particolarmente semplici, riducibili, in generale, a un singolo complesso di stechiometria 1:1. Il più fortunato, e anche il primo ad essere introdotto in chimica analitica (Schwarzenbach, 1945), degli acidi amminocarbossilici è l’acido etilendiamminotetraacetico, abbreviato EDTA. A seguito dell’introduzione degli acidi amminocarbossilici come titolanti, le titolazioni complessometriche sono diventate pratica comune per la determinazione volumetrica dei metalli. Oltre 50 elementi possono essere determinati per titolazione con EDTA, trans‐CDTA, DTPA e/o EGTA. Ciò è stato reso possibile poiché contemporaneamente allo sviluppo degli acidi amminocarbossilici sono stati individuati un certo numero di sensibili indicatori metallocromici che consentono di mettere in evidenza l’unico punto equivalente che è postulato per la titolazione di un metallo con un acido amminocarbossilico. In quel che segue noi ci riferiremo spesso alle titolazioni complessometriche con EDTA, ma i principi esposti si possono estendere
EDTA transCDTA EGTA DTPA
Catione logML
logMLH
logMLOH
logML
logMLH
logMLOH
logML
logMLH
logMLOH
logML
logMLH
logMLOH
Li+ 2.79 3.1 Na+ 1.64 K+ 0.8 Ag+ 7.32 6.01 9.0 6.9 7.5 Tl+ 6.54 5.77 6.7 4.0 9.1 Be2+ 9.2 11.51 Mg2+ 8.83 3.85 11.05 5.3 7.6 9.3 7.0 Ca2+ 10.69 3.18 13.2 10.9 3.8 10.8 6.1 Sr2+ 8.68 3.93 10.6 8.4 5.3 9.7 5.4 Ba2+ 7.86 7.57 8.7 6.9 8.3 5.3 8.8 5.4 Mn2+ 13.81 3.1 17.43 2.8 12.2 4.1 15.5 4.4 Fe2+ 14.27 2.75 4.93 18.9 2.7 11.8 4.3 16.5 5.3 5.0 Co2+ 16.26 3.0 19.6 2.9 12.4 5.0 19.2 4.9 Ni2+ 18.52 3.2 1.8 20.2 2.7 13.5 5.1 20.2 5.7 Cu2+ 18.7 3.0 2.5 22.0 3.1 17.6 4.3 21.4 4.8 Zn2+ 16.5 3.0 2.1 19.4 2.9 12.7 5.0 18.3 5.6 Cd2+ 16.4 2.9 19.9 3.0 16.5 3.5 19.1 4.2 Hg2+ 21.5 3.1 4.9 24.9 3.1 3.5 23.0 3.1 26.5 4.2 Sn2+ 18.3 2.5 17.8 3.1 18.7 2.7 20.7 4.1 Pb2+ 17.9 2.8 20.2 2.8 14.6 5.2 18.7 4.5 Sc3+ 23.1 2.0 3.3 26.1 2.6 18.2 24.4 Y3+ 18.1 19.9 2.2 17.2 22.1 1.9 La3+ 15.5 2.2 17.0 2.2 15.8 19.5 2.6 Ce3+ 15.9 17.5 16.1 20.3 Fe3+ 25.0 1.3 6.5 30.0 4.3 20.5 28.0 3.6 3.9 Co3+ 41.4 3.0 Al3+ 16.5 2.5 8.2 19.6 2.3 6.2 13.9 4.0 5.2 18.7 4.3 6.6 Ga3+ 20.3 1.8 8.4 23.2 2.4 6.5 25.5 4.4 6.5 In3+ 25.0 1.5 5.4 28.8 5.0 29.0 2.1 Tl3+ 38.0 8.0 38.3 46.0 Bi3+ 27.8 1.4 3.0 31.9 1.3 3.0 35.6 2.6 2.7 U4+ 25.7 9.3 27.6 9.2 Th4+ 23.2 1.98 7 25.6 2.5 6.2 28.8 2.2 4.9
Figura2.7 – Costanti di stabilità di cationi metallici con gli acidi amminocarbossilici più frequentemente impiegati in chimica analitica.
68
senza modifiche apprezzabili alle titolazioni complessometriche con gli altri
acidi amminocarbossilici.
Un aspetto fondamentale per l’uso degli acidi amminocarbossilici è
connesso con le loro proprietà AcidoBase. Per uniformità è utile pensare
che gli acidi amminocarbossilici più frequentemente adoperati in analisi
chimica (i.e., EDTA, trans-CDTA, EGTA e DTPA) siano acidi esaprotici,
benché alcuni di essi siano solo acidi pentaprotici o tetraprotici. La forma
completamente protonata di uno di questi leganti verrà indicata con H6Y2+.
La dissociazione di protoni da H6Y2+ produce in sequenza H5Y+, H4Y, H3Y-,
H2Y2-, HY3- e infine la specie completamente deprotonata Y4-. Le specie
cariche H6Y2+, H5Y+, H3Y-, H2Y2-, HY3- e Y4- verranno abbreviate per
convenienza con H6Y, H5Y, H3Y, H2Y, HY e Y, omettendo la carica, quando
non ci possono essere equivoci.
La Figura2.8 è il grafico logaritmico AcidoBase dell’EDTA costruito per una
concentrazione arbitraria di 1 M. Si può giudicare dal grafico (che è
rappresentativo di tutti gli acidi amminocarbossilici) che la reazione di
formazione di complesso:
sarà influenzata dalle reazioni collaterali di protonazione del legante
praticamente su tutto il range di pH, eccetto che a pH > ∼ 12 dove tutto il
legante, in genere, esiste nella forma completamente deprotonata Y4-. Le
reazioni di protonazione del legante avvengono secondo reazioni del tipo:
in cui h è un intero ≤ 6. I valori delle costanti di protonazione βh, di EDTA,
trans-CDTA, DTPA e EGTA sono riportati nella Figura2.9.
Figura 2.8 – Grafico logaritmico AcidoBase di 1 M EDTA..
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
69
Come si può dedurre dai dati riportati nella Figura2.7, la reazione (2.7) di formazione di complesso fra un catione metallico e un acido amminocarbossilico è anche, in generale, perturbata da una reazione collaterale di protonazione del complesso MY(4‐z)‐ :
.
in cui è formato un complesso acido di stechiometria MYH. Del resto in ambiente alcalino è possibile una reazione collaterale del complesso MY(4‐z)‐ che produce un complesso basico di stechiometria MYOH:
.
Infine, ovviamente, la reazione (2.7) sarà perturbata da reazioni collaterali che coinvolgono il catione metallico Mz+. Queste sono, da una parte, le ubiquitarie reazioni di formazione di idrossocomplessi del metallo, che hanno luogo secondo la reazione generale (2.11):
.
,
E, dall’altra, le reazioni di formazione di complessi con eventuali leganti ausiliari presenti nella soluzione titolata. Il legante ausiliario sarà indicato con X e, nella maggior parte delle situazioni pratiche, X sarà un legante monodentato coincidente con la base del tampone utilizzato per controllare il pH durante la titolazione. Tipicamente X = NH3, poiché un gran numero di titolazioni complessometriche sono eseguite in presenza di un
Legante
EDTA4|H6EDTA2+ 10.5 16.7 19.4 21.4 22.9 22.8
transCDTA4|H5CDTA+ 12.3 18.4 21.9 24.3 26.0
EGTA4|H4EGTA 9.4 18.2 20.9 22.9
DTPA5|H5DTPA 10.5 19.1 23.4 26.0 27.8
Figura2.9 ‐ Costanti di protonazione di EDTA, trans‐CDTA, EGTA e DTPA. Questi acidi amminocarbossilici sono in linea di principio acidi esaprotici, H6Y
2+, ma alcuni di essi sono, rispetto alla dissociazione del primo protone o dei primi due protoni, degli acidi forti per cui β6 o β6 e β5 non sono riportate e vanno considerate uguali a zero.
70
tampone ammoniaca/ ammonio a pH compreso fra 8 e 10. In alcune titolazioni, nella fattispecie quelle che coinvolgono cationi di metalli di transizione, il legante ausiliario ha un ruolo attivo importante in quanto impedisce la precipitazione dell’idrossido del metallo ai pH alcalini generalmente impiegati per eseguire le titolazioni complessometriche. La complessazione del metallo target da parte del legante ausiliario verrà descritta attraverso la reazione generale:
.
, ,
Poiché X è un legante monodentato il meccanismo di formazione di complessi del catione target M con il legante ausiliario X è di solito costituito da varie reazioni, tipicamente da quattro a sei (cioè attraverso reazioni del tipo (2.12) vengono formati vari complessi con 1 x 6). Le titolazioni complessometriche con acidi amminocarbossilici sono per convenienza e per uso consolidato trattate come titolazioni fra gruppi nel senso che è stato attribuito a questo termine nel paragrafo precedente. Il primo passo della strategia delle reazioni fra gruppi consiste nel trasformare la reazione (2.7), che è l’unica reazione del meccanismo di formazione di complessi dei cationi metallici con un acido amminocarbossilico, in una reazione fra gruppi, segnando con un apice tutte le specie che in essa compaiono. Da questa operazione risulta la reazione fra gruppi (2.13):
.
È bene stabilire esplicitamente che, in quel che segue, si assumerà che, in tutte le titolazioni con acidi amminocarbossilici, la reazione fra gruppi (2.13)
è l’unica reazione che ha luogo nella soluzione titolata a seguito dell’aggiunta della soluzione standard del titolante. Qualunque altra reazione è una reazione collaterale il cui effetto è completamente riversato sulla costante condizionale, , che, a ogni pH fissato, deve essere valutata dalla costante di formazione del complesso MY(4‐z)‐ , , usando la relazione:
.
à
Conseguentemente, nella soluzione sono presenti solo ed esclusivamente i gruppi di specie M’, Y’ e MY’. Secondo la strategia stabilita al §1.5.2, nel presente caso il gruppo M’ è costituito da tutte le specie che contengono il catione metallico target, ma non contengono l’acido amminocarbossilico titolante Y. In pratica il gruppo M’ è costituito dal catione metallico libero, M, dai suoi prodotti di idrolisi M(OH)m e dagli eventuali complessi, M(X)x, formati con il legante ausiliario. Il gruppo Y’ è costituito dalle sette specie che derivano dalla protonazione dell’acido amminocarbossilico, i.e., Y, HY, H2Y, H3Y, H4Y, H5Y e H6Y. Il gruppo MY’ è costituito dal complesso puro del catione target con l’acido amminocarbossilico, i.e., MY, dal complesso acido MYH, e dal complesso basico MYOH. Nella maggior parte dei casi pratici sarà corretto assumere che il gruppo MY’ sia esclusivamente composto dal complesso MY, in quanto i complessi acidi e basici sono formati solo a pH, rispettivamente, molto acidi o molto basici, che, per ragioni che diverranno apparenti in seguito, non sono condizioni di pH utilizzate frequentemente. Secondo la strategia delle reazioni fra gruppi (vedi §1.5.2) ciascuna delle concentrazioni di gruppo [M’], [L’] e [MY’] è definita come la somma delle concentrazioni delle specie incluse nel rispettivo gruppo. La curva di titolazione del catione metallico M con l’acido amminocarbossilico Y è costruita riportando in grafico pM’ (= ‐log[M’]) in funzione del volume di titolante aggiunto, Vt ml. Su tale curva di titolazione
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
71
è postulato un singolo punto equivalente connesso con l’unica reazione di gruppo fra il titolante e il titolato. In corrispondenza del punto equivalente il numero di moli del gruppo M’ è identico al numero di moli del gruppo L’. Cioè al punto equivalente vale la relazione:
.
La concentrazione analitica del metallo nella soluzione titolata M (o il
numero di moli: M ), si può calcolare dalla relazione (2.15) se dalla
titolazione è possibile valutare accuratamente Veq. A tal fine occorrerà predisporre un metodo che consenta di rivelare il momento durante la titolazione in cui il valore di pM’ nella soluzione ha raggiunto pM . Nelle
titolazioni complessometriche visuali viene usato un indicatore metallocromico che ha una sensibilità vicina a pM e che quindi cambia
colore in corrispondenza del punto equivalente. Benché sulla curva di una titolazione complessometrica eseguita con un acido amminocarbossilico vi sia sempre un solo punto equivalente, la forma della curva di titolazione dipende dalla costante condizionale della reazione di gruppo (2.13). Questa a sua volta dipende dal pH fissato durante la titolazione che, insieme alla natura e alla concentrazione del legante ausiliario, determina i coefficienti alfa nella relazione (2.14). Risultati accurati sono ottenuti più facilmente se la pendenza della curva di titolazione nell’immediato intorno del punto equivalente è sufficientemente alta, il che implica, in pratica, che la costante condizionale deve essere sufficientemente elevata. Come regola guida si può stabilire che, per risultati accurati, la costante della reazione di gruppo (2.13), , non dovrebbe discendere al di sotto di 108. Questo caso limite è presentato nella Figura2.10, in cui sono mostrate le curve di titolazione di 50 ml di soluzioni, contenenti concentrazioni di un catione metallico di 0.002, 0.005 e 0.01 M, con una soluzione standard 0.02 di un acido ammino carbossilico.
Figura2.10 – Curve di titolazione ipotetiche di 50 ml di soluzioni contenenti 0.002, 0.005 e 0.01 M di un catione metallico con un acido ammino carbossilico 0.02 M. Le curve sono
state calcolate assumendo
Figura2.11 – Curve dei rapporti incrementali delle curve di titolazione della Figura2.13. Le curve sono state calcolate con incrementi di 0.03 ml di titolante
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0.00 5.00 10.00 15.00 20.00 25.00 30.00 35.00 40.00
pM'
Vt ml
0.0020 M 0.0050 M0.010 M
0
5
10
15
20
0.00 5.00 10.00 15.00 20.00 25.00 30.00 35.00 40.00
pM'/∆Vt
Vt ml
0.0020 M
0.0050 M
0.010 M
72
Le curve sono state calcolate assumendo e gli intervalli di pM’
compresi fra le frecce delimitano una regione intorno al punto equivalente
corrispondente a un errore costante di 1% sul metallo titolato.
In generale, per mantenere l’errore entro 1%, quando , sarà
necessario arrestare la titolazione entro ± 1 unità di pM’ da . Un tale
risultato, per le titolazioni di Figura2.10, si può ottenere con un indicatore
metallocromico con una sensibilità vicina a 5 (vedi§1.6).
2.3.1 Effetto delle Reazioni di Protonazione del Legante
sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi
AmminoCarbossilici
Le reazioni collaterali di protonazione del legante Y hanno un effetto
sulla curva di titolazione attraverso il coefficiente αY che compare nella
relazione (2.14) per il calcolo della costante condizionale, , dalla
corrispondente costante di stabilità non segnata, :
Ciascun acido amminocarbossilico ha sei costanti di protonazione che,
insieme al pH mantenuto durante la titolazione, determinano il valore di αY.
Tenendo conto della composizione del gruppo Y’ e che la protonazione
dell’acido ammino carbossilico avviene secondo la reazione (2.8):
si può dedurre la seguente relazione generale che consente di calcolare αY
ad ogni pH fissato:
Prego nota che per uniformità tutti gli acidi amminocarbossilici sono trattati
come esaprotici ma per alcuni di essi β6 o β6 e β5 possono essere nulli (vedi
Figura2.9). Come si può vedere dalla (2.16) αY è sempre ≥ 1 e,
invariabilmente, aumenta al diminuire del pH. Ciò produce una diminuzione
della costante condizionale al diminuire del pH ed ha effetti sfavorevoli
sulla curva di titolazione e sulla sua pendenza intorno al punto equivalente.
Se l’effetto della protonazione dell’acido amminocarbossilico è considerato
isolatamente si deve concludere che un ambiente nettamente alcalino,
idoneo a sopprimere le reazioni di protonazione del legante, è più
favorevole per una titolazione complessometrica, rispetto a un ambiente in
cui il legante esiste sotto forma di una o più specie protonate. Tuttavia,
questa facile previsione deve essere confrontata e modulata con gli effetti
delle altre reazioni collaterali che influenzano il valore della costante
condizionale.
Esempi Svolti
Esempio I
L’acido etilendiamminotetraacetico (EDTA) viene protonato secondo le
reazioni:
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
73
Calcolare il coefficiente αY per l’EDTA a vari pH e costruire un grafico di logαY in
funzione del pH.
Applicando la relazione (2.16) con le costanti di protonazione dell’EDTA si ha:
Con un foglio di calcolo elettronico si può facilmente calcolare dalla relazione (VII)
αY per un certo numero di valori arbitrari del pH e quindi costruire un grafico come
quello riportato di seguito:
Si può vedere che αY assume un valore minimo (αY ≅ 1) al di sopra di pH ∼11 dove
la specie prevalente dell’EDTA è la base completamente deprotonata EDTA4-.
Tuttavia αY aumenta rapidamente al di sotto di pH 10, e ciò provoca una caduta
delle costanti di formazione condizionali dei complessi dei cationi metallici con
l’EDTA. Per esempio, a pH = 5 la protonazione dell’EDTA provoca una diminuzione
della costante condizionale di oltre sei ordini di grandezza. Questa è la
fondamentale ragione per cui, in generale, un pH acido è sfavorevole per una
titolazione complessometrica. Il comportamento di trans-CDTA, DTPA e EGTA è
simile a quello dell’EDTA con piccole differenze dovute a variazioni delle costanti di
protonazione.
2.3.2 Effetto delle Reazioni di Idrolisi del Catione sulle
Titolazioni Complessometriche con Acidi
AmminoCarbossilici
L’idrolisi del catione titolato ha un effetto sulla costante condizionale
attraverso il coefficiente αM che compare nell’equazione (2.14). L’effetto è
limitato sui metalli alcalino terrosi che sono solo debolmente idrolizzati ai
pH più alcalini ma è di solito assai considerevole per i cationi dei metalli di
transizione. Se la formazione di idrossocomplessi del catione metallico
avviene secondo la seguente reazione generale:
il contributo dell’idrolisi al coefficiente αM, tenendo conto della
composizione del gruppo M’, si può calcolare dalla relazione:
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
logαY
pH
EDTA
74
Prego nota che la (2.17) consente di calcolare solo il contributo a αM delle
reazioni collaterali di idrolisi del catione. Questo contributo è stato indicato
con, . se il legante ausiliario, X, non forma complessi con
il catione target. Tuttavia, in generale, a deve essere sommato il
contributo delle reazioni collaterali di formazione di complessi con il
legante ausiliario. Se quest’ultimo contributo è indicato con si avrà in
generale:
Il calcolo di verrà discusso in un paragrafo successivo.
invariabilmente aumenta all’aumentare del pH e ciò produce una
diminuzione crescente della costante condizionale man mano che il pH
della soluzione titolata aumenta. Considerato isolatamente l’aumento di
col pH suggerisce che le titolazione complessometriche devono
essere condotte ad un pH sufficientemente basso da sopprimere le reazioni
di idrolisi del catione. Questa prescrizione è tuttavia incompatibile con il
contestuale aumento di αY che si verifica a bassi pH.
Esempi Svolti
Esempio I
L’idrolisi dello ione Zn2+ avviene secondo il seguente meccanismo di idrolisi:
Calcolare il contributo delle reazioni collaterali di idrolisi al coefficiente αZn a vari
pH e costruire un grafico di logαZn in funzione del pH
Applicando la relazione (2.17) con le costanti di formazione degli
idrossocomplessi dello ione Zn2+ date nelle equazioni (I), (II), (III) e (IV) si ha:
Dalla relazione (V), con un foglio di calcolo elettronico, si possono facilmente
calcolare i valori di per un certo numero di valori arbitrari del pH e costruire
un grafico come quello della figura che segue.
Il caso presentato dello Zinco è rappresentativo del comportamento di molti
cationi dipositivi dei metalli di transizione. ha valori molto vicini all’unità fino
a che il pH della soluzione titolata non raggiunge la neutralità. Ma di qui in poi il
suo valore aumenta drammaticamente al crescere del pH. Ciò ovviamente provoca
una contestuale diminuzione della costante di formazione condizionale della
reazione di formazione di complesso di Zn2+ con un acido amminocarbossilico. Per
0
2
4
6
8
10
12
14
16
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
logαZn
pH
Zn2+
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
75
esempio, a pH = 10 l’idrolisi di Zn2+, provocherebbe una diminuzione della costante condizionale di circa tre ordini di grandezza.
2.3.3 Effetto Combinato delle Reazioni di Protonazione del Legante e di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici
In quel che segue noi consideriamo il caso in cui ipoteticamente il catione target non interagisce con il legante ausiliario (i.e. αM H αM). Ciò servirà a porre restrizioni non superabili alle condizioni sotto cui si possono convenientemente eseguire le titolazioni complessometriche con acidi amminocarbossilici. Sotto questa ipotesi, l’effetto combinato delle reazioni collaterali di idrolisi del catione e di protonazione del legante dipende dal prodotto αY αM H che appare a denominatore della relazione (2.14). La
prescrizione definitiva è quindi che una titolazione complessometrica deve essere condotta a un pH che minimizza il prodotto αY αM H . Ciò
corrisponde al valore massimo della costante condizionale che si può realizzare per un dato catione metallico. Da questa definitiva prescrizione è possibile deviare in una misura che dipende dalla costante di formazione del complesso MY. Al crescere di αY αM H la costante condizionale
diminuisce ma fintanto che essa resta al di sopra di 108, si possono ottenere risultati accurati (vedi Figura2.10). Nella Figura2.12 è mostrata la dipendenza dal pH della costante condizionale di alcuni cationi metallici con EDTA. Le curve sono state calcolate tenendo conto esclusivamente delle reazioni di idrolisi del metallo e di protonazione del legante. Cioè la costante condizionale riportata in ordinata è stata calcolata dalla relazione:
.
Figura2.12 – Variazione della costante condizionale dei complessi di alcuni metalli con EDTA dovuta alle reazioni collaterali di protonazione del legante e di idrolisi del catione metallico.
3
4
5
6
7
8
910
11
12
13
14
15
16
17
18
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 pH
Fe 3 +
Ni2+
Al 3+
Fe 3+ 25 . 1 Mn2+ 14 .0
Cu 2+ 19 .8
Ca2+ 10 . 9Fe 2+ 14 . 3
Mg2+ 8.7Ba2+ 7. 8
Cd 2+ 16 . 4
Hg 2+ 21 .8
Zn 2+ 16 .5
Al 3 + 16 . 5
Ni2+ 18 . 5
log β
log β
76
Si può pensare che, a ogni dato pH, il valore della costante condizionale
calcolato dalla relazione (2.19) e presentato nella Figura2.12 sia il valore
massimo realizzabile per un dato catione. Infatti, l’eventuale presenza di un
legante ausiliario aumenta il valore di αM e sposta verso il basso le curve di
Figura2.12.
Dalla Figura2.12 si vede che le curve vs. pH sono dotate di larghi
massimi che per la maggior parte dei cationi cadono a valori di pH fra 7 e
11. Ciò implica che le titolazioni possono essere eseguite con risultati
paragonabili in un relativamente ampio intervallo di pH. I cationi dei metalli
di transizione possono in genere essere titolati anche al di fuori del range
ottimale di pH corrispondente al massimo, poiché hanno costanti di
formazione del complesso con l’EDTA abbastanza elevate da poter tollerare
valori di ben al di sopra del valore minimo senza che la costante
condizionale scenda al di sotto del valore critico di 108. Per esempio il
valore della costante condizionale del complesso NiEDTA a pH = 5 è ancora
1012 che è ben al di sopra del valore minimo di 108. Quindi, lo ione Ni2+ può
essere titolato a pH = 5 a patto che il legante ausiliario interagisca solo
debolmente con Ni2+. La situazione è diversa per i metalli alcalino terrosi
che hanno costanti di formazione con l’EDTA fra 108 e 1010 cosicché non
possono essere titolati sotto condizioni di pH in cui il prodotto
eccede di molto l’unità, in quanto ciò porterebbe la costante condizionale
al di sotto del valore limite di 108. Di norma i metalli alcalino terrosi sono
titolati a pH > 10, cioè nella regione di pH dove la costante condizionale è
massima.
Una retta tracciata nella Figura2.12 in corrispondenza del valore 108 della
costante condizionale intercetta ciascuna delle curve della figura in un
punto la cui ascissa rappresenta il valore del pH a cui la costante
condizionale scende al di sotto del valore limite 108. Quindi per ogni catione
esiste un valore minimo del pH al di sotto del quale una titolazione
complessometrica non può più essere eseguita con un’accuratezza
adeguata senza impiegare grandi mezzi. E’ consueto, e in pratica molto
Figura2.13 – pH minimo per la titolazione di cationi metallici con EDTA.
Fe3+
In3+
Sc3+Th4+
Hg2+
Ga3+
Lu3+
Cu2+VO2+
Ni2+
Y3+
Pb2+
Sm3+
Zn2+, Cd2+, Co2+
Al3+
La3+
Fe2+
Mn2+
Ca2+
Sr2+Mg2+
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
0 2 4 6 8 10 12 14
logβ1
pH
Grafico di Ringbom per l'EDTA.
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
77
suggestivo, riportare in un grafico, per ciascun catione, il pH minimo
consentito per la sua titolazione con un acido amminocarbossilico. Nel
grafico di Ringbom per l’EDTA, presentato nella Figura2.13, ciascun
elemento è rappresentato da un punto la cui ordinata è il logaritmo della
costante di formazione del complesso Metallo-EDTA, i.e. logβ1, mentre
l’ascissa coincide con il pH minimo (determinato come descritto sopra) a cui
può aver luogo la titolazione del catione. Il grafico di Ringbom in pratica
riproduce sotto altra forma l’informazione già contenuta nel grafico di
Figura2.12.
Esempi Svolti
Esempio I
Tenendo conto del meccanismo di idrolisi dello ione Zn2+ presentato
nell’Esempio I del §2.3.2 e delle costanti di protonazione dell’EDTA della
Figura2.9 calcolare la costante condizionale della reazione:
a vari pH e costruire un grafico di in funzione di pH. Assumi che non vi
siano interazioni con il legante ausiliario e che la formazione di complessi acidi e
basici sia trascurabile.
Per l’EDTA Y si può calcolare a un pH arbitrario dalla relazione:
ottenuta nell’Esempio I del §2.3.1.
Per lo ione Zn2+, si calcola, a un pH arbitrario, dalla relazione:
derivata all’Esempio I del §2.3.2.
Quindi, per un certo numero di valori arbitrari del pH, Y e sono calcolati
rispettivamente dalle relazioni (II) e (III), e la costante condizionale è calcolata dalla
relazione (2.19):
Con un foglio di calcolo elettronico si può facilmente costruire un grafico come
quello presentato sotto riportando i valori di logβ’ calcolati ai vari pH in funzione
del pH:
È evidente che la curva riportata nel grafico coincide con la curva dello ione Zn2+ di
Figura2.12.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
logβ'
pH
costante condizionale della reazione: Zn' + EDTA' = ZnEDTA'
78
2.3.4 Effetto delle Reazioni del Catione con il Legante Ausiliario sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici
Il legante ausiliario presente nella soluzione durante una titolazione complessometrica influenza la costante condizionale della reazione fra
gruppi, che ha luogo durante la titolazione, poiché contribuisce a αM che compare nell’equazione (2.14):
.
à
In particolare, αM è considerato risultare dalla somma di due contributi:
α α .
Tenendo conto della composizione del gruppo M’ e della definizione (2.17) di αM H , αMX, nella precedente equazione (2.18), è definito come segue:
.
α : α .
Per derivare la relazione (2.20) la generale reazione di formazione di complesso fra il catione target e il legante ausiliario è stata scritta:
.
, ,
Dalla (2.20) si può vedere facilmente che il contributo delle reazioni del
catione target con il legante ausiliario a αM dipende dalla concentrazione di
equilibrio del legante ausiliario, [X], al pH della titolazione, e dalle costanti di stabilità dei complessi MXx. In particolare αMX aumenta all’aumentare
della concentrazione del legante ausiliario nella soluzione. Ciò ovviamente deprime la costante condizionale del complesso del catione target con l’acido amminocarbossilico. Come detto in precedenza X sarà in molti casi una base di un sistema AcidoBase HX|X presente nella soluzione a una concentrazione analitica CX. In tal modo [X] può essere espresso in funzione del pH della soluzione titolata e della concentrazione totale CX attraverso l’equazione (2.21):
.
; è .
Relazioni che esprimono [X] in funzione di CX e del pH si possono derivare anche quando X è la base di un sistema AcidoBase poliprotico. Allora il contributo αMX si può esprimere in funzione del pH della soluzione
e della concentrazione totale del legante ausiliario sostituendo la relazione (2.21) nella relazione (2.20). Si ha:
.
α : α .
Dalla (2.22) si deve capire che αMX in generale aumenta all’aumentare del
pH della soluzione titolata e della concentrazione totale del sistema AcidoBase HX|X.
Utilizzando la definizione (2.18) di αM, la relazione (2.17) per αM H e la
relazione (2.22) per αMX , si può infine ottenere la seguente relazione per il
calcolo di αM in funzione del pH della soluzione titolata (quando il legante ausiliario X è la base coniugata del sistema AcidoBase HX|X):
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
79
α α∑
contributo dell idrolisi
∑
contributo del legante ausiliario .
Esempi Svolti
Esempio I
Lo ione Zn2+ forma complessi con l’ammoniaca secondo il seguente meccanismo:
.
.
.
.
Tenendo conto del meccanismo di idrolisi dello ione Zn2+ presentato nell’Esempio I del §2.3.2 e delle costanti di protonazione dell’EDTA della Figura2.9 calcolare la costante condizionale della reazione:
a vari pH e costruire un grafico di in funzione di pH in una soluzione che contiene un tampone ammoniaca/ammonio a una concentrazione totale di 0.2 M. Assumi che la formazione di complessi acidi e basici sia trascurabile.
Per l’EDTA, αY si può calcolare a un pH arbitrario dalla relazione:
αY 1 10 . H 10 . H 10 . H 10 . H
10 . H 10 . H VI
ottenuta nell’Esempio I del §2.3.1. Per lo ione Zn2+, α si calcola, a un pH arbitrario in una soluzione che contiene 0.2 M NH3|NH4
+ (i.e., CX = 0.2 M), usando la relazione (2.23), in cui sono sostituite le costanti di formazione degli idrossocomplessi e degli ammino complessi di Zn2+ date rispettivamente nell’esempio I del §2.3.2 e nel presente esempio. Si ha:
α 1 10 . OH 10 . OH 10 . OH 10 . OH
10 . 0.21 10 . H 10 . 0.2
1 10 . H 10 . 0.21 10 . H
10 . 0.21 10 . H VII
Quindi, per un certo numero di valori arbitrari del pH αY e α sono calcolati rispettivamente dalle relazioni (VI) e (VII), e la costante condizionale è calcolata dalla relazione:
αY αM VIII
Con un foglio di calcolo elettronico si può facilmente costruire un grafico come quello presentato sotto riportando i valori di logβ’ calcolati ai vari pH in funzione del pH:
80
,
. Nella figura sono confrontati i valori delle costanti condizionali calcolate dalle relazioni (VI) e (VII) tenendo conto delle interazioni dello ione Zn2+ con l’ammoniaca, con quelle calcolate nell’Esempio I del §2.3.3, in cui l’interazione con il legante ausiliario era stata volutamente ignorata. Si può vedere che il legante ausiliario non modifica la costante condizionale ai bassi pH, dove la reazione dello zinco con NH3 è soppressa dalla protonazione dell’ammoniaca. Anche ai più alti pH la presenza di ammoniaca lascia inalterato il valore della costante condizionale, poiché ad alti pH gli idrossocomplessi predominano sugli ammino complessi di Zn2+. Tuttavia, la presenza del legante ausiliario produce una drammatica caduta della costante condizionale a pH neutri o leggermente alcalini, che è la regione di pH più utile per la determinazione dello zinco con EDTA. Dalla figura si può facilmente estrapolare il fatto che la diminuzione della costante condizionale aumenta all’aumentare della concentrazione del tampone. Quindi, in un tampone NH3|NH4
+ troppo concentrato potrebbe non essere possibile realizzare a nessun pH una
costante condizionale pari al valore limite di 108 necessario per una titolazione accurata. In tal modo, nella determinazione dello zinco con EDTA, in presenza di un tampone ammoniaca/ammonio, occorre esercitare una stretta sorveglianza sulla concentrazione del tampone che, in generale, come si può dedurre dalla figura precedente, non dovrebbe eccedere di molto 0.2 M.
2.3.5 Effetto della Formazione di Complessi Acidi e Basici sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici
La formazione del complesso acido, di stechiometria MYH, o basico, di stechiometria MYOH, costituisce l’unico modo in cui reazioni collaterali a quella primaria di formazione del complesso MY possono aumentare il valore della costante condizionale. Infatti, i complessi acido o basico,
possono aumentare il valore di αMY che compare a nominatore della relazione (2.14):
.
à
Tenendo conto della composizione del gruppo MY’, αMY si può calcolare in funzione del pH dalla relazione:
.
Ciò richiede le costanti di formazione βMYH e βMYOH che possono essere reperite per molti complessi MY nella Figura2.7. Tuttavia, in pratica, a causa della stabilità dei legami M‐Y la formazione di complessi acidi e basici ha luogo ai pH estremi, per cui il loro effetto sulle costanti condizionali è spesso trascurato in quanto si palesa sotto condizioni di pH che non sono di norma impiegate per eseguire titolazioni complessometriche.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15pH
Senza legante ausiliario
con 0.2 M ammoniaca/ammonio
costante condizionale della reazione: Zn' + Y' = ZnY'
logβ
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
81
Esempi Svolti
Esempio I
Il complesso ZnY dello Zn2+ con EDTA in ambiente acido reagisce con H+
secondo la reazione:
In ambiente alcalino la reazione di ZnY con OH- produce ZnYOH:
Calcolare ZnY a vari pH e costruire un grafico di logZnY in funzione del pH.
Inserendo i valori di βZnYH e βZnYOH dati in (I) e (II) nella relazione (2.24) si ottiene
immediatamente:
Dalla relazione (III) si può calcolare ZnY a qualunque desiderato pH utilizzando un
foglio di calcolo elettronico e quindi costruire un grafico come quello della figura
(A) che segue. Si può vedere che, come anticipato, nel caso dello zinco un aumento
di ZnY al di sopra dell’unità si verifica solo a pH < ∼ 3 a causa della formazione di
ZnYH, e a pH > ∼ 11 a causa della formazione di MYOH.
La figura (B) è il grafico della costante condizionale del complesso ZnEDTA in un
tampone 0.2 M ammoniaca/ammonio calcolata tenendo conto di tutte le reazioni
collaterali. Per confronto è riportata anche la curva vs. pH calcolata
includendo solo l’effetto della protonazione dell’EDTA e dell’idrolisi di Zn2+, e la
curva calcolata includendo la protonazione dell’EDTA, l’idrolisi di Zn2+ e la
formazione di ammino complessi con il legante ausiliario.
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
logαZnY
pH
ZnY2- (A)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
logβ'
pH
con 0.2 M ammoniaca/ammonio
senza legante ausiliario
con ZnYH e ZnYOH
costante condizionale della reazione: Zn' + Y' = ZnY'
(B)
82
2.4 Curve di Titolazione Complessometriche
con Acidi Amminocarbossilici
La reazione fra gruppi (2.13) è l’unica reazione che ha luogo durante la
titolazione del catione metallico target M con un acido amminocarbossilico
Y:
Durante la titolazione complessometrica nella soluzione sono presenti
esclusivamente i gruppi M’, Y’ e MY’. Fra le concentrazioni di equilibrio di
questi tre gruppi di specie esistono le seguenti relazioni:
Figura2.14 - Curve di titolazione di 50 ml di soluzione 0.010 M di un catione metallico con
soluzione standard 0.02 M di un acido amminocarbossilico per diversi valori della costante
condizionale.
Figura2.15 – Curve dei rapporti incrementali (calcolate con ∆Vt = 0.05 ml) delle curve di
titolazione di Figura2.14
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
pM'
Vt ml
β'= 108
β'= 1010
β'= 106
pMeq'= 5.09
pMeq'= 4.09
pMeq'= 6.09
0
5
10
15
20
25
30
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
∆pM'/∆Vt
Vt ml
β'= 108
β'= 1010
β'= 106
Concentrazione di metallo 0.010 M
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
83
Le tre equazioni (2.25), (2.26) e (2.27) costituiscono un sistema di equazioni nelle tre concentrazioni di gruppo incognite [M’], [Y’] e [MY’]. Per ogni valore del volume di titolante aggiunto, Vt, è possibile risolvere tale sistema di equazioni per ottenere la concentrazione di equilibrio del gruppo M’ nella soluzione e costruire la curva di titolazione teorica, pM’ vs. Vt, per una data titolazione (i.e., per valori assegnati della costante condizionale, di V0,
della concentrazione analitica iniziale del catione, M , e del legante nella
buretta, Y ). Durante una titolazione complessometrica vengono di norma titolati 50 ml di una soluzione del catione metallico con una soluzione standard di un acido amminocarbossilico che può avere una concentrazione di 0.02 M. È utile studiare, sotto queste condizioni tipiche, in che modo si modifica la curva di titolazione complessometrica al variare della costante condizionale della reazione fra gruppi e della concentrazione analitica del metallo nella soluzione titolata. Nella Figura2.14 sono presentate le curve di titolazioni calcolate di soluzioni 0.010 M di cationi metallici che hanno costanti condizionali rispettivamente di 106, 108 e 1010. È evidente che la curva di titolazione si modifica in maniera analiticamente sfavorevole al diminuire della costante condizionale poiché si ha una contestuale diminuzione della pendenza della curva intorno al punto equivalente (vedi Figura2.15). Ciò ha implicazioni negative sull’errore sistematico di titolazione, come sarà discusso in seguito. Nella Figura2.16 sono invece riportate le curve di titolazione a diverse concentrazioni di un catione che sotto le condizioni di titolazione si è supposto abbia una costante condizionale di 1010. È ovvio che anche la concentrazione del catione ha un’influenza sulla curva di titolazione e in particolare sulla sua pendenza intorno al punto equivalente. Dalla Figura2.17 si può vedere che la pendenza della curva di titolazione aumenta al diminuire della concentrazione del metallo. A parte ciò, dalla Figura2.14 e Figura2.16 si deve capire che il valore di pM’ al punto equivalente di una titolazione complessometrica dipende sia dal
Figura2.16 ‐ Curve di titolazione di 50 ml di soluzioni a diverse concentrazioni di un catione metallico con soluzione standard 0.02 M di un acido amminocarbossilico. Le curve sono state calcolate assumendo un valore di 1010 della costante di formazione condizionale.
Figura2.15 – Curve dei rapporti incrementali (calcolate con ∆Vt = 0.05 ml) delle curve di titolazione di Figura2.16
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
pM'
Vt ml
β'= 1010
pMeq'= 6.20pMeq'= 6.51
pMeq'= 6.09
0.010 M0.005 M0.0010 M
‐5
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
∆pM'/∆Vt
Vt ml
β'= 1010
0.010 M0.005 M
0.0010 M
84
valore della costante condizionale che dalla concentrazione del catione metallico. Sotto le normali condizioni operative il calcolo di pM di una
titolazione complessometrica è un affare piuttosto semplice. Infatti, una titolazione complessometrica è intrapresa sotto condizioni in cui la costante condizionale è almeno 108. Ciò implica che al punto equivalente, che è il punto in cui alla soluzione è stato aggiunto un numero di moli di titolante esattamente uguale al numero di moli del catione titolato, la reazione fra gruppi:
.
ha trasformato praticamente in maniera completa i gruppi di specie M’ e Y’ nel gruppo di specie MY’. Inoltre le concentrazioni di M’ e Y’ rimaste al punto equivalente sono identiche a causa della stechiometria 1:1 della reazione fra gruppi. Quindi al punto equivalente si ha:
.
Se le condizioni espresse dalla (2.28) sono utilizzate nell’espressione della costante condizionale della reazione fra gruppi si ha:
.
Dalla (2.29), passando ai logaritmi, si deriva subito:
.
Prego nota che la (2.30) è approssimata in quanto è stata derivata dalla (2.28) ignorando, per semplicità, l’effetto della diluizione sulla concentrazione analitica del metallo ma è, cionondimeno, sufficiente per la maggior parte degli scopi pratici. Per esempio, il pM per una titolazione
di un catione 0.01 M che ha una costante condizionale di 108 è secondo la relazione (2.30) 5.0. Dalla Figura2.14 si vede, tuttavia, che nel caso reale della titolazione di 50 ml di una soluzione 0.010 M di un tale catione con un acido amminocarbossilico 0.02 M, pM = 5.09.
2.5 Scelta dell’Indicatore Metallocromico
L’indicatore metallocromico scelto per seguire visualmente una titolazione complessometrica deve essere di sensibilità adeguata. Dalla trattazione degli indicatori metallocromici svolta al §1.6 del Capitolo 1 risulta che la sensibilità di un indicatore metallocromico, pM , coincide con la costante condizionale di formazione del complesso Metallo‐Indicatore:
.
sotto le descritte condizioni della titolazione complessometrica. Allora:
.
à
Durante una titolazione complessometrica con un acido amminocarbossilico l’indicatore aggiunto è presente all’inizio prevalentemente sotto forma del suo complesso, MIn’, con il metallo titolato. All’aumentare di pM’, per aggiunta di titolante, il complesso Metallo‐Indicatore viene gradualmente decomposto. Quando pM’ della soluzione ha raggiunto pM , dato dalla (2.32), 50% dell’indicatore è
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
85
nella forma complessata e 50% è nella forma libera: il colore della soluzione è allora intermedio fra quello della forma complessata e quello della forma libera. In pratica per avere il completo viraggio dell’indicatore è spesso necessario giungere a un valore di pM’ nella soluzione che è circa un’unità al di sopra di pM . Sulla base di queste osservazioni si può stabilire come regola guida per la scelta dell’indicatore metallocromico che venga soddisfatto il seguente criterio:
.
’
Secondo questo criterio quindi un indicatore idoneo per una data titolazione è quello che ha una sensibilità per il catione titolato, sotto le condizioni della titolazione, di poco al di sotto di pM della titolazione.
Poiché, tuttavia, pM , varia al variare della concentrazione del metallo
titolato, per applicare questo criterio è necessario fissare un valore centrale per le concentrazioni di metallo di interesse. In molti casi pratici è ragionevole scegliere un valore centrale di 0.010 M per la concentrazione del metallo nella soluzione titolata. Con questa scelta della concentrazione centrale del metallo, applicando la relazione (2.30) si ha:
.
Sostituendo la (2.33) nella (2.32) risulta il seguente semplice criterio per la scelta dell’indicatore durante una titolazione complessometrica eseguita con una costante condizionale del complesso del catione target con l’acido amminocarbossilico:
.
Secondo la (2.34) la sensibilità dell’indicatore scelto per eseguire una data titolazione deve essere all’incirca uguale alla metà del logaritmo della costante condizionale, sotto le condizioni della titolazione, del complesso del catione target con l’acido amminocarbossilico titolante.
2.6 Errore Sistematico di Titolazione
Per quanto attentamente si possa scegliere l’indicatore metallocromico da usare in una titolazione complessometrica visuale, occorre prendere atto che la titolazione non verrà, praticamente mai, arrestata in un punto coincidente con il punto equivalente. Un tale stato di cose implica che fra il valore di pM’ al punto di arresto, pM , e il valore di pM’ al punto equivalente, pM , vi sia sempre una differenza, ∆pM’ così definita:
∆ ∆ .
Se noi titoliamo oltre il punto equivalente, ∆pM’ è positivo e ciò implica che un volume di titolante, ∆Vt ml, è stato aggiunto in più rispetto a quello richiesto per raggiungere il punto equivalente. Ovviamente ciò si traduce in un errore in eccesso sulla concentrazione dell’analita determinata dalla titolazione. Il contrario succede se la titolazione è arrestata prima del punto equivalente. Tuttavia, il valore di ∆pM’, in sé e per sé non dice molto sull’entità dell’errore sistematico che si commette a causa di un arresto tardivo o prematuro della titolazione. Molto più utile sarebbe il valore di ∆Vt corrispondente a un dato ∆pM’. Infatti, se ∆Vt è minore della precisione della buretta,( ∆Vt)bur , noi possiamo ritenere che l’arresto della titolazione in un punto diverso dal punto equivalente non produce un errore rilevabile e la titolazione si può ritenere esente da errore sistematico. In tal caso noi diremo che l’errore di titolazione è sotto il controllo della buretta. Per contro se ∆Vt > ( ∆Vt)bur, la titolazione è affetta da un errore sistematico rivelabile e diremo che l’errore di titolazione è sotto il controllo
86
dell’indicatore. Si deve capire che è opportuno avere un fattore che consente di convertire un dato ∆pM’ nel corrispondente ∆Vt. Cioè, noi abbiamo bisogno di un fattore di conversione, che verrà chiamato ξ (leggi: csi) tale che:
∆∆
.
Evidentemente, affinché la relazione (2.36) sia dimensionalmente corretta, ξ deve avere le dimensioni di unità di pM’ per millilitro. Com’è possibile intuire dalle sue dimensioni, ξ è connessa con la pendenza della curva di titolazione. Strettamente, infatti, ξ nell’equazione (2.36) coincide con il valore medio della pendenza della curva di titolazione nell’intervallo di pM’ fra il punto di arresto e il punto equivalente. Poiché non è possibile derivare un’espressione ragionevolmente semplice di ξ in funzione delle variabili di una titolazione complessometrica la relazione (2.36) verrà sostituita con la relazione (2.37), in cui a ξ è stato sostituito ξmax che rappresenta la pendenza della curva di titolazione al punto equivalente:
∆∆
.
Naturalmente il valore di ∆Vt calcolato dalla (2.37) è inferiore in una certa misura a quello reale che sarebbe calcolato dalla (2.36). La differenza aumenta man mano che il punto di arresto e il punto equivalente divergono. Tuttavia, la (2.37) è molto utile per avere in maniera semplice una stima dell’errore di titolazione, a patto di tener presente che il suo uso inevitabilmente conduce a una certa sottostima dell’errore di titolazione, che, tuttavia, non è drammatica se il punto di arresto è vicino al punto equivalente. Il vantaggio di sostituire la relazione (2.37) alla (2.36) dipende dal fatto che è possibile correlare ξmax alle variabili della titolazione complessometrica. Infatti, si ha:
. /
.
La relazione (2.38) è valida per valori della costante condizionale > 106, che è una condizione che è sempre verificata per una titolazione analitica. Inserendo la (2.38) nella (2.37) si ha:
%∆ ∆
. /∆ / .
Secondo la relazione (2.39) l’errore percentuale sulla concentrazione del metallo titolato, dovuto a un arresto della titolazione non coincidente con il punto equivalente, dipende esclusivamente dal prodotto della costante condizionale di formazione del complesso MY con la concentrazione analitica del metallo titolato. In pratica l’errore che si commette aumenta sia al diminuire della concentrazione del catione target che della costante condizionale. Se l’arresto avviene entro 1 unità di pM’ dal punto equivalente, per mantenere l’errore percentuale sul metallo titolato al di sotto di 1%, che rappresenta un ragionevole standard di accuratezza, è
necessario che CM 10 . . Ciò implica che se il catione titolato ha una
concentrazione di 0.010 M la costante condizionale deve essere: 10 . .
Esempi Svolti
Esempio I
Considera, alla luce di quanto detto sopra, la titolazione di 100 ml di un campione 0.001 M di zinco con una soluzione standard 0.02 M di EDTA usando come indicatore il Nero Eriocromo T. Supponi che la soluzione venga tamponata a pH = 9.3 con un tampone NH3/ NH4
+ di concentrazione totale 0.2 M. La costante
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
87
di formazione del complesso ZnEDTA è β1 =1016.5 e la costante del complesso
ZnNET è βZnNET =1012.9. Calcola e l’errore sistematico di titolazione
assumendo che la titolazione venga arrestata quando il 91% dell’indicatore è stato convertito nella forma libera (HNET2‐) di colore blu.
Per valutare se questa titolazione è analiticamente favorevole occorre preventivamente calcolare le costanti condizionali sia del complesso Zinco‐EDTA che del complesso Zinco‐NET, sotto le condizioni sperimentali descritte.
Ciò richiede in sostanza la valutazione di tre coefficienti α e cioè αZn, αNET e αEDTA.
Infatti, si può assumere che αZnNET e ZnEDTA siano unitari poiché al pH considerato non sono formati in concentrazione apprezzabile né complessi basici né complessi acidi (vedi figure dell’Esempio I del §2.3.5). Ovviamente per calcolare i coefficienti
α necessari occorre conoscere il meccanismo di formazione degli idrossocomplessi e dei complessi amminici dello zinco e le costanti di protonazione di EDTA e NET.
αZn si calcola sommando i contributi delle reazioni collaterali di idrolisi dello zinco e di formazione di ammino complessi usando la relazione generale (2.23) con le costanti di equilibrio appropriate al presente caso. Si ha:
α 1 10 . OH 10 . OH 10 . OH 10 . OH
10 . 0.21 10 . H 10 . 0.2
1 10 . H 10 . 0.21 10 . H
10 . 0.21 10 . H I
Il valore di αZn = 105.02 è subito calcolato dalla relazione (I) usando [H+] =10‐9.3 M e
[OH‐] = 10‐4.7 M. Il valore calcolato di αZn servirà per il calcolo della costante condizionale sia del complesso ZnEDTA che del complesso ZnNET
Il valore di αEDTA si ottiene immediatamente usando le costanti di protonazione dell’EDTA di Figura2.9 nella relazione generale (2.16). Si ha:
αEDTA 1 10 . H 10 . H 10 . H 10 . H
10 . H 10 . H II
Il valore αEDTA = 16.86 si calcola immediatamente dalla relazione (II) ponendo [H+] =10‐9.3 M.
Il calcolo di αNET è analogo a quello di αEDTA e richiede i valori delle tre costanti di protonazione del NET che possono essere reperiti nella Figura1.16 del Capitolo1. Utilizzando la relazione (1.92) del Capitolo 1 si ha:
αNET 1 H H H H H H
αNET 1 10 . 10 . 10 . 10 . 10 . 10 . 200.7 III Le costanti condizionali si calcolano ora dalla relazione (2.14). Per il complesso
ZnEDTA si ha:
αMEDTAαEDTA α 10 . 1
16.86 10 . 10 . IV
E per il complesso ZnNET:
αMNETαNET α 10 . 1
200.7 10 . 10 . V
pZn si può ora calcolare dalla relazione (2.30). Si ha:
p Zn 12 log
12 log M 5.125 1.5 6.625 VI
Sotto le condizioni specificate la sensibilità del NET per lo Zinco è pZn = 5.58. Secondo quanto specificato nell’esempio l’arresto della titolazione avviene quando il rapporto fra la forma libera (di colore blu) e la forma complessata (di colore rosso) dell’indicatore è 10:1. Ciò implica che l’arresta avviene una unità di pZn’ oltre pZn , cioè pZn =5.58 + 1 = 6.58. Quindi, in astratto, ∆pZn’ = 6.58 ‐6.625 = ‐0.045. È possibile ora usare la relazione (2.39) per valutare l’errore relativo percentuale sullo zinco commesso poiché la titolazione viene arrestata 0.045 unità di pM’ prima del punto equivalente. Si ha:
Errore% 455∆pM CM
/455 0.04510 . 0.001 / 0.005% VII
Da questo risultato si può facilmente concludere che la titolazione dello zinco a pH = 9.3, utilizzando il NET come indicatore, è, sotto le condizioni descritte dall’esempio, un metodo accurato esente da errore sistematico.
88
Esempio II
Un campione contenente circa 1 mM di Mg2+ viene titolato con EDTA usando come indicatore il NET che forma con il Magnesio il complesso MgNET di colore
rosso. La costante di stabilità del complesso MgNET è βMgNET = 107.0. Il pH della
soluzione è tamponato a 10 con un tampone 0.2 M NH4Cl/1 M NH3. Il magnesio forma deboli complessi con l’ammoniaca: β1(MgNH32+) = 100.23 e β2(Mg(NH3)22+) = 100.08; e un solo complesso di idrolisi, MgOH+ con una costante di stabilità di 102.58. Valutare e l’errore di titolazione assumendo
che la titolazione venga arrestata quando il 91% dell’indicatore è nella forma libera di colore blu. Assumi che la costante di stabilità del complesso MgEDTA sia β1 =10
8.8 e che al pH della titolazione non siano formati complessi acidi e basici. Per le costanti di protonazione del NET fare riferimento alla Figura1.6 del Capitolo 1 e per quelle dell’EDTA all Figura2.9.
Per rispondere ai quesiti dell’esempio si procede come nell’esempio precedente alla valutazione delle costanti condizionali del complesso MgEDTA e MgNET sotto le condizioni prospettate della titolazione. Ciò in pratica richiede la
valutazione di tre coefficienti alfa e cioè αMg, αNET e αEDTA poiché non sono formati
complessi acidi o basici e quindi αMgNET = 1 e i αMgEDTA = 1.
αMg si calcola sommando i contributi delle reazioni collaterali di idrolisi del Magnesio e di formazione di ammino complessi usando le relazioni (2.17), (2.18) e (2.20) con le costanti di equilibrio appropriate al presente caso. Si ha:
αM 1 10 . OH 10 . NH 10 . NH
1 10 . 10 10 . 1 10 . 1 3.93 I
Il valore di αEDTA si ottiene immediatamente usando le costanti di protonazione dell’EDTA di Figura2.9 nella relazione generale (2.16). Si ha:
αEDTA 1 10 . H 10 . H 10 . H 10 . H
10 . H 10 . H II
Il valore αEDTA = 4.16 si calcola immediatamente dalla relazione (II) ponendo [H+] =10‐10 M.
Per calcolo di αNET si può utilizzare la relazione (1.92) e le costanti di protonazione della Figura1.16 del Capitolo 1 . Si ha:
αNET 1 H H H H H H
αNET 1 10 . 10 10 . 10 10 . 10 40.83 III Le costanti condizionali si calcolano ora dalla relazione (2.14). Per il complesso
MgEDTA si ha:
αM EDTA
αEDTA αM 10 . 14.16 3.93 10 . IV
Per il complesso MgNET si ha:
αM NET
αNET αM 101
40.82 3.93 10 . V
pMg si può ora calcolare dalla relazione (2.30). Si ha:
p Mg 12 log
12 log M 3.80 1.5 5.3 VI
Sotto le condizioni specificate la sensibilità del NET per il Magnesio è pMg = 4.79. Secondo quanto specificato nell’esempio l’arresto della titolazione avviene quando il rapporto fra la forma libera (di colore blu) e la forma complessata (di colore rosso) dell’indicatore è 10:1. Ciò implica che l’arresto avviene una unità di pMg’ oltre pMg , cioè pMg = 4.79 + 1 = 5.79. Quindi ∆pZn’ = 5.79 – 5.3 = + 0.49 È possibile ora usare la relazione (2.39) per valutare l’errore relativo percentuale sul Magnesio commesso poiché la titolazione viene arrestata 0.49 unità di pM’ dopo il punto equivalente. Si ha:
Errore% 455∆pM CM
/455 0.49
10 . 0.001 / 1.1 % VII
Come si può vedere dall’errore relativo percentuale la titolazione del Magnesio con EDTA a pH = 10 usando il Nero Eriocromo T come indicatore è affetta da un non trascurabile errore sistematico in eccesso. A ciò concorrono la relativamente bassa
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
89
stabilità del complesso MgEDTA e il fatto che il NET è un indicatore troppo sensibile per il Magnesio.
2.7 Schemi Alternativi di Titolazione
Per superare eventuali insufficienze della reazione di formazione di complesso fra il metallo e il titolante e/o fra il metallo e l’indicatore è talvolta necessario utilizzare strategie di titolazione alternative alla titolazione diretta del metallo con un acido amminocarbossilico fin qui considerata. Benché la reazione di formazione del complesso con il titolante (e.g. EDTA) sia in genere sufficientemente rapida, vi sono casi ben noti di cationi (specialmente cationi tri‐ e tetrapositivi che formano complessi estremamente stabili , e.g., Cr3+, Al3+, Zr4+) che reagiscono lentamente. Sono anche noti casi in cui la decomposizione del complesso metallo‐indicatore, che deve aver luogo al punto di fine della titolazione complessometrica, è lenta, e così l’indicatore inevitabilmente resta bloccato senza dare la desiderata variazione di colore, o, almeno, dando una variazione graduale di colore su un esteso intervallo di volume di titolante (il complesso CaNET‐ ne è un esempio). Il realizzarsi dell’una o dell’altra di tali situazioni rende la titolazione diretta inattuabile. Un’ovvia misura per accelerare la velocità della reazione metallo‐titolante è quella di usare una temperatura più alta durante la titolazione, ma ciò non sempre è sufficiente. Un modo più generale e alternativo di risolvere la questione è quello di ricorrere ad una titolazione in ritorno. In questa versione delle titolazioni complessometriche viene aggiunto in un singolo step un volume accuratamente misurato di soluzione standard di titolante (i.e., EDTA), calcolato in modo da contenere un numero di moli di titolante leggermente in eccesso (circa doppio), rispetto a quelli richiesti
stechiometricamente per complessare il metallo target presente nella soluzione titolata. L’eccesso residuo di EDTA è quindi determinato in ritorno con una soluzione standard di un catione metallico usando un opportuno indicatore. Il metallo usato per la titolazione in ritorno dell’EDTA è in pratica un catione che può essere titolato accuratamente con EDTA conformemente alla procedura diretta. Questo schema permette di superare la lentezza della reazione di titolazione poiché il metallo resta esposto a un eccesso di legante per un prolungato periodo di tempo prima di iniziare la titolazione di ritorno, che, al limite, può anche essere eseguita il giorno successivo. Il blocco dell’indicatore è evitato in quanto esso può essere aggiunto subito prima della titolazione di ritorno. In questo schema si osserva una variazione di colore al punto equivalente corrispondente al passaggio dell’indicatore dalla forma libera al complesso con il metallo titolante, e quindi via un processo inverso rispetto a quello osservato in una titolazione diretta. Un requisito necessario per ottenere risultati accurati è che il metallo usato per la titolazione in ritorno non decomponga il complesso dell’analita con l’EDTA (reazione di metatesi), mettendo in libertà di nuovo il legante, e quindi causando un errore in eccesso sulla concentrazione di EDTA residua, e in difetto sulla concentrazione dell’analita. Quest’ultima viene, infatti, calcolata sottraendo dall’eccesso noto di EDTA, aggiunto inizialmente, la concentrazione di EDTA residua determinata nella titolazione di ritorno. In pratica il complesso dell’analita con l’EDTA deve essere sufficientemente stabile, da potersi ritenere che la quantità stechiometrica di EDTA resti bloccata sotto forma di complesso con l’analita durante l’esecuzione della titolazione in ritorno. In effetti, questo significa che il complesso dell’EDTA con il metallo determinato deve essere notevolmente più stabile di quello con il metallo impiegato nella titolazione in ritorno. In pratica però la reazione di metatesi dei due metalli non è mai un problema essendoci un perfetto sinergismo fra questo schema di titolazione e la lentezza della reazione primaria, che
90
ovviamente si traduce in un altrettanto lenta reazione di trasposizione del metallo, una volta che il complesso si è formato. Tuttavia, questo aspetto della questione va sorvegliato attentamente se la titolazione in ritorno viene eseguita per superare il problema del blocco dell’indicatore. Per esempio, nel caso del blocco del NET da parte di Ca2+, sarebbe difficilmente proponibile titolare in ritorno con una soluzione standard di Ni2+ poiché il Nichel sposterebbe il Calcio dal complesso Ca‐EDTA durante la titolazione di ritorno. Come esempi di applicazione della strategia della titolazione in ritorno si può citare il caso dell’Alluminio e dello Zirconio. L’Alluminio non può essere titolato direttamente con EDTA a causa della lentezza con cui è formato il complesso AlEDTA‐ ( = 1016.5). Il metodo volumetrico più importante per la determinazione dell’alluminio consiste nell’aggiungere alla soluzione di alluminio un eccesso noto di soluzione standard di EDTA 0.05 M, e dopo aver tenuto a caldo la soluzione per un congruo periodo di tempo (per completare la reazione fra Al3+ e EDTA4‐ che è lenta anche in presenza di un eccesso di EDTA) di retrotitolare l’EDTA residuo con soluzione standard di ZnSO4 0.05M. La retrotitolazione è condotta nello stesso ambiente della determinazione diretta dello Zinco con EDTA (pH = 4.5 con tampone CH3COOH/CH3COO
‐
). Il Ditizone è usato come indicatore dello Zinco. La retrotitolazione è arrestata al viraggio dal verde‐grigio al rosso dei complessi Zinco‐Ditizone. Lo zirconio (che forma lentamente complessi con l’EDTA) viene determinato in una soluzione acida retrotitolando un eccesso noto di EDTA con soluzione standard 0.05 M di Fe(III) secondo la seguente procedura: alla soluzione di zirconio è aggiunta una concentrazione circa doppia di EDTA, prelevando con una buretta un opportuno volume di soluzione standard, e quindi un tampone CH3COOH/CH3COO
‐ a pH = 5.5 . La soluzione è scaldata all’ebollizione per due minuti, e dopo raffreddamento si aggiungono circa 200 mg di acido sulfosalicilico come
indicatore del ferro, calcolati in maniera che la concentrazione dell’indicatore nella soluzione sia circa 10 mM. La soluzione incolore è retrotitolata con Fe(III) 0.05M fino alla comparsa del colore rosso dei complessi del ferro con l’acido sulfosalicilico. Un ulteriore e molto ingegnoso schema di titolazione può essere impiegato per superare le sopra menzionate difficoltà. Questa strategia, che per ragioni che saranno subito evidenti, è detta titolazione per spostamento, impiega come reattivo ausiliario una soluzione titolata di Mg2+ (o anche di un altro metallo che forma complessi non eccezionalmente forti con l’EDTA). Una soluzione titolata di Mg2+ è una soluzione che contiene una certa concentrazione del complesso Mg(EDTA)2‐, come potrebbe essere la soluzione al punto equivalente della titolazione del Magnesio con EDTA o anche meglio una soluzione del sale Na2MgEDTA. L’aggiunta di un eccesso di soluzione titolata di Magnesio alla soluzione che contiene il metallo da titolare, M, risulta invariabilmente nello spostamento quantitativo dello ione Mg2+ dal complesso con l’EDTA:
.
Ciò perché il Magnesio è uno dei metalli che forma i complessi più deboli con l’EDTA (vedi Figura2.7). Il risultato della trasposizione del magnesio da parte dell’analita è la produzione nella soluzione di una concentrazione di Mg2+ libero esattamente uguale a quella del metallo da determinare. La titolazione diretta del Magnesio secondo il metodo usuale permette di calcolare la concentrazione incognita del metallo. In pratica è possibile ridurre la determinazione di qualunque metallo che forma con l’EDTA un complesso più forte di quello del Magnesio (e cioè quasi tutti) alla determinazione del Magnesio. La semplicità e la genialità di questa procedura è del tutto evidente. In astratto, utilizzando una soluzione standard di EDTA, il NET come indicatore per il magnesio e una soluzione del complesso MgEDTA, dovrebbe essere possibile
Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche
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determinare per sostituzione con Magnesio praticamente qualunque catione. Il principale e unico svantaggio di una tale metodologia è che l’errore di titolazione nella titolazione per spostamento di un dato analita è ovviamente più alto se confrontato con quello della titolazione diretta dell’analita, qualora si potessero assicurare opportune condizioni e un opportuno indicatore per la titolazione diretta. Infatti, l’errore di titolazione è sempre lo stesso, ed è quello che si commette nella titolazione diretta del Magnesio, che non è tra i più favorevoli, a causa del valore relativamente basso della costante di formazione di MgEDTA2. E’ bene sottolineare che anche nella titolazione in ritorno l’errore di titolazione è maggiore, paragonato con quello di una titolazione diretta dell’analita, per il fatto che la concentrazione incognita è ottenuta come differenza tra due concentrazioni, ciascuna affetta da un errore. Un caso particolare di titolazione per spostamento è basato sull’uso di una soluzione di tetracianonichelato, Ni(CN)4
2‐, ed è utile per la determinazione di Ag+, Pd2+ ed altri metalli nobili. In questo metodo l’aggiunta di un eccesso noto di Ni(CN)4
2‐ alla soluzione contenente il catione da determinare, i.e., Ag+, Pd2+, etc…, risulta nello spostamento di una concentrazione stechiometrica di Ni2+ secondo le reazioni:
β .
β .
Il Ni2+ liberato è quindi determinato con una soluzione standard di EDTA secondo il metodo usuale. Ovviamente in questo caso l’eccezionale stabilità di complessi con il cianuro ha un ruolo essenziale, poiché consente di determinare il Nichel libero senza trasporre i metalli bloccati sotto forma di cianuro‐complessi. Alcuni anioni possono essere determinati precipitando il sale di un catione titolabile con EDTA. Il precipitato è quindi separato, lavato e
ridissolto e il catione del sale determinato complessometricamente. Il fosfato può essere determinato precipitando MgNH4PO4 e titolando il magnesio. Il solfato può essere determinato precipitandolo con un eccesso noto di Ba2+ e titolando in ritorno il Bario residuo.
2.8 Preparazione e Standardizzazione della Soluzione di EDTA.
Attualmente sono disponibili commercialmente in un grado di purezza analitico sia l’acido etilendiamminotetraacetico (H4EDTA, peso molecolare
292.25 uma) che il suo sale disodico diidrato (Na2H2EDTA×2H2O, peso molecolare 372.25 uma). L’acido etilendiamminotetraacetico ha il grado di purezza di uno standard primario e necessita solo di essere essiccato per qualche ora a una temperatura compresa fra 130 e 140°C. Tuttavia esso è insolubile in acqua e deve essere sciolto per aggiunta di soda. Un litro di soluzione a titolo noto di EDTA, che non abbisogna di standardizzazione, può essere preparata pesando accuratamente un’appropriata quantità di H4EDTA, e trasferendola in un becker con circa 500 ml di acqua. Si aggiungono, poi, una per volta, delle pellets di NaOH fino a completa dissoluzione dell’acido. La soluzione è quindi trasferita quantitativamente dal becker a un matraccio tarato da un litro, e, dopo raffreddamento, a temperatura ambiente è portata a volume; infine è trasferita a una bottiglia di polietilene. Infatti, il titolo delle soluzioni di EDTA conservate in vetro diminuisce a causa della reazione dell’EDTA con i metalli del vetro. Se l’acqua impiegata è esente da tracce di metalli, il titolo della soluzione così preparata è accurato entro 0.1%. Le tracce di rame sono particolarmente temibili poiché bloccano diversi indicatori fra cui il Nero Eriocromo T. L’uso del sale disodico diidrato dell’acido etilendiamminotetraacetico
(Na2H2EDTA×2H2O) per la preparazione di soluzioni standard di EDTA
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presenta il vantaggio che è direttamente solubile in acqua. Tuttavia il sale di solito contiene circa il 3% in più di acqua adsorbita, che può essere rimossa solo con una prolungata (alcuni giorni) essiccazione a 80°C. Temperature più alte non possono essere usate a causa del rischio di perdita dell’acqua
di cristallizzazione. In generale quando si usa Na2H2EDTA×2H2O, per la preparazione della soluzione standard di EDTA, si procede successivamente ad una standardizzazione. Per preparare un litro di soluzione di EDTA 0.02
M si pesano circa 7.4 g di Na2H2EDTA×2H2O e si trasferiscono in una bottiglia di polietilene con un litro di acqua di qualità analitica. La soluzione può quindi essere standardizzata contro una soluzione di calcio di concentrazione accuratamente nota. Si pesano accuratamente circa 0.250 g di carbonato di calcio di purezza analitica e si trasferiscono in un becker da 250 ml con poca acqua. Si aggiungono quindi lentamente circa 10 ml di HCl 1M fino a completa dissoluzione di CaCO3. La soluzione è quindi quantitativamente trasferita in un matraccio tarato da 250 ml e portata a volume (la concentrazione del calcio nella soluzione è circa 0.01 M e deve essere nota accuratamente). Per la standardizzazione 50.0 ml di soluzione di calcio standard (prelevati con una pipetta o con una buretta) sono trasferiti in una beuta da 50 ml, dove sono aggiunti 20 ml di tampone NH3/NH4
+ a pH 10. Il tampone si può preparare sciogliendo (sotto cappa) 7 g di NH4Cl in 57 ml di NH3 28‐30 % e aggiungendo acqua fino a 100 ml. Alla soluzione nella beuta sono quindi aggiunti alcuni ml di soluzione 0.1 M di Na2MgEDTA, e alcune gocce di soluzione allo 0.5 % di Nero Eriocromo T in etanolo. Infine, si titola con la soluzione da standardizzare fino al viraggio dal rosso del complesso MgNET‐ al blu del NET libero a pH 10. Si deve capire che la titolazione di standardizzazione dell’EDTA contro il calcio è condotta per sostituzione con il magnesio. Questa procedura è necessaria se si vuole usare il NET come indicatore poiché il calcio provoca il blocco del NET. Ciò significa che il complesso CaNET‐ reagisce molto lentamente con l’EDTA al punto di fine e la comparsa del colore blu dell’indicatore libero è graduale e ritardata. Il magnesio elimina questo problema, poiché in presenza di
magnesio si forma il complesso MgNET‐, che è più stabile del complesso CaNET‐ e che libera prontamente il NET al punto di fine. Come per altri reagenti dell’analisi volumetrica è possibile acquistare da produttori specializzati concentrati di EDTA, che, diluiti ad 1 litro, producono una soluzione di EDTA di titolo accuratamente noto. E’ disponibile un vasto assortimento di concentrati che servono a preparare 1 litro di soluzione di EDTA di titolo variabile fra 0.01 e 0.1 M.
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