Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi E alle Titolazioni Complessometriche F. Salvatore

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Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi E alle Titolazioni Complessometriche

F. Salvatore

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Capitolo 1

Introduzione alle reazioni di formazione di complessi  7 

1.1 Premessa  7 1.2 Reazioni di Formazione di Complessi in Acqua  11 1.3 Stabilità dei Complessi  18 1.4 Dai Complicati Meccanismi di Reazione dei Leganti 

Monodentati ai Semplici Meccanismi dei Chelanti  21 

1.5 Tecniche di Isolamento degli Equilibri di Formazione di Complessi in Acqua  31 

1.5.1 Soppressione delle Reazioni Collaterali per Aggiunta di un Eccesso di Acido Perclorico  33 

1.5.2 Reazioni di Formazione di Complessi a pH Fissato e Reazioni fra Gruppi di Specie.   37 

1.5.2.1 Grafici di Distribuzione dei Gruppi  46  1.6 Indicatori Metallocromici  50 1.6.1 Concetti di base  50 1.6.2 Influenza del pH sul Viraggio degli Indicatori 

Metallocromici   51 1.6.3 Valutazione dell’Effetto di Reazioni Collaterali sulla 

Sensibilità degli Indicatori Metallocromici  54 

 

 

 

Capitolo 2

Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici  61 

2.1 Concetti di Base  61 2.2 Titolazioni complessometriche fra Gruppi  64 2.3 Titolazioni Complessometriche con Acidi 

Amminocarbossilici  67 2.3.1 Effetto delle Reazioni di Protonazione del Legante sulle 

Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici   72 

2.3.2 Effetto delle Reazioni di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici   73 

2.3.3 Effetto Combinato delle Reazioni di Protonazione del Legante e di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici   75 

2.3.4 Effetto delle Reazioni del Catione con il Legante Ausiliario sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi  Ammino carbossilici   78 

2.3.5 Effetto della Formazione di Complessi Acidi e Basici sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi  Amminocarbossilici   80 

2.4 Curve di Titolazione Complessometriche con Acidi Amminocarbossilici  82 

2.5 Scelta dell’Indicatore Metallocromico  84 2.6 Errore Sistematico di Titolazione  85 2.7 Schemi Alternativi di Titolazione  89 2.8 Preparazione e Standardizzazione della Soluzione 

di EDTA.   91 

Sommario

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Capitolo 1

Introduzione alle Reazioni  di Formazione  di Complessi 

1.1 Premessa 

Dalla trattazione delle reazioni AcidoBase, le basi emergono come ioni o molecole ricche di elettroni, in grado di dissipare l’energia della loro carica elettronica  sulla  carica  positiva  del  protone,  formando  gli  acidi.  La formazione di legami base‐protone è, tuttavia, solo uno dei vari modi in cui le  basi manifestano  la  loro  attività  nucleofilica  (cioè  la  loro  tendenza  a stabilire legami con centri di carica positiva). In generale, una base è capace di stabilire legami con un vasto numero di elettrofili (cioè di molecole o ioni dotati di centri di carica positiva che attraggono gli elettroni).  I cationi dei metalli,  nei  loro  vari  stati  di  ossidazione,  sono,  evidentemente,  centri  di elevata densità di  carica  positiva  e quindi  suscettibili  all’attacco da parte delle  basi,  come  si  può  vedere  in  Figura1.1  e  Figura1.2.  A  seguito  della reazione  di  una  base  con  un  catione metallico  si  forma  un  composto  di coordinazione (o  complesso metallico, o, brevemente,  complesso) in cui è stabilito,  fra  la  base  e  il  catione metallico,  un  legame  di  coordinazione. Quando  riguardate  sotto  questo  profilo  generale  le  basi  sono  chiamate leganti.  I  leganti  sono  basi  di  Lewis,  perché possiedono sempre almeno un  doppietto  elettronico  in  grado  di  formare  un  legame.  I  cationi metallici sono acidi di Lewis, in quanto possono accettare il doppietto di elettroni  

  Figura1.1  –  Interazione di una base  con  il  centro di  carica positivo del protone  e di un catione metallico. 

 Figura1.2 – Numero di coordinazio quattro (N = 4) del catione Cu2+. 

 

Cu2+

NH3

Cu2+

NH2H2N

H2N NH2

Legame di coordinazione 

Tetramminorame(II)

bis(etilendiammina)rame(II) Etilendiammina (en) 

Chelazione

NH3

H3N

H2N

H2N

CH2

CH2

CH2

CH2

H3N

H2C 

H2C 

H+       + N

H

H

H

N

H

H

H

H

Cu2+ + N

H

H

H

N

H

H

H

Cu

2+

+

Protone Base (ammoniaca) Acido (ammonio)

Catione Legante  Complesso

+ =

+ =

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della base. Un  complesso può quindi  essere pensato  come  il prodotto di una reazione AcidoBase secondo Lewis.  Il  legame  di  coordinazione  legante‐metallo  è  formalmente  costituito,  in generale, dalla  condivisione di una  coppia di  elettroni  solitari provenienti dal  legante, che vengono collocati  in un orbitale di  legame,  formato dalla sovrapposizione  di  un  orbitale  del  legante  con  un  orbitale  vuoto  del catione.  I  complessi  di  coordinazione  possono  essere  cationi,  anioni  o molecole  neutre.  Per  esempio,  il  Ferricianuro  di  potassio,  K3[Fe(CN)6] contiene  il  complesso  anionico  [Fe(CN)6]

3‐, mentre  il  complesso Cr(CO)6 è neutro e contiene sei molecole di monossido di carbonio legate a un atomo di cromo.   I  legami covalenti coordinati sono più deboli dei  legami covalenti rinvenuti nei  comuni  composti  chimici;  ciò  conferisce  ai  composti di  coordinazione un’estrema  flessibilità,  nel  senso  che,  in  generale,  essi  si  formano  e  si decompongono  attraverso  reazioni  che  si  possono  condurre  sotto condizioni blande, analogamente alle reazioni AcidoBase.  I  complessi  svolgono  un  ruolo  fondamentale  nella  chimica  dei metalli,  e sono estremamente diffusi  in natura e nei  sistemi biologici. Per esempio, l’emoglobina,  che  trasporta  l’ossigeno  alle  cellule  animali,  contiene  un complesso del Ferro  (II)  (heme) a cui viene  legato  l’ossigeno, che quindi è distribuito ai tessuti.  Per  lungo tempo  l’esistenza dei complessi  in chimica è stata  ignorata, e  la loro  formazione  scarsamente  compresa  (è  a  questo  stato  di  cose  che  si allude  con  il  termine  complesso).  Ciò  è  sorprendente  se  si  pensa  che  la formazione  di  complessi  in  soluzione  è  spesso  accompagnata  da spettacolari  cambiamenti  di  colore  delle  soluzioni.  Per  esempio,  se  si scioglie Fe(NO3)3×9H2O (che è un sale di colore porpora) in acqua, si ottiene una soluzione di colore giallo pallido. Il colore è dovuto alla dissociazione di un protone dal complesso acido Fe(H2O)6

3+ e alla formazione del complesso di colore giallo Fe(H2O)5OH

2+: 

 

L’aggiunta di HNO3 alla soluzione che contiene Fe(H2O)5OH2+ fa regredire la 

dissociazione. Se ora alla soluzione si aggiunge cloruro, Cl‐, viene ripristinato un  colore  giallo  paglierino  dovuto  ad  un  cloro  complesso  che  si  forma attraverso la reazione:  

 

Se  invece  si  aggiunge  tiocianato  di  potassio,  KSCN,  la  soluzione  diventa intensamente colorata in rosso, a causa della reazione: 

 

Se alla soluzione rossa si aggiunge sodio fluoruro, NaF, si ha decolorazione a causa della formazione di un fluoro complesso incolore: 

 

Se  si  aggiungono  infine  alcune  gocce  di  una  soluzione  di  Ferrocianuro  di potassio, K4FeCN6,  si  forma un precipitato di  colore blu  (blu di Prussia) di composizione Fe4[Fe(CN)6]3.  Analogamente una soluzione di Nickel solfato, NiSO4×6H2O, ha un  intenso colore  verde  che  vira  al  blu  per  aggiunta  di  ammoniaca  a  causa  della formazione di ammino complessi: 

 

Aggiungendo  invece etilendiammina, H2NC2H4NH2, alla  soluzione di Nickel solfato, si sviluppa un colore porpora, grazie alla reazione: 

 

Infine,  l’aggiunta  di  dimetilgliossima,  alla  soluzione  di  Nickel  solfato,  dà luogo a un precipitato rosso porpora che contiene un complesso di Ni2+ con la dimetilgliossima. 

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Le reazioni di formazione di complessi sono ora ben comprese, anche se la chimica  dei  composti  di  coordinazione  appare  pur  sempre  complessa,  a causa della enorme varietà di  composti  che  sono  stati descritti, e a  cui è giustamente applicato  il  termine di complesso. Questa varietà dipende da due circostanze.  La prima è banalmente che esistono una varietà di cationi metallici e una varietà  ancora  più  grande  di  leganti.  La  classe  dei  leganti  è molto  vasta, tanto che è un’impresa ardua elencarli  tutti.  I  leganti vanno dalle comuni basi  inorganiche e organiche  fino alle macromolecole, poiché,  in astratto, qualunque molecola dotata di coppie di elettroni solitari è, a buon diritto, un  legante.  Nuovi  leganti  continuano  a  essere  progettati  e  sintetizzati, specialmente nell’industria, per preparare complessi metallici che abbiano proprietà desiderabili. Si pensi che un complesso dell’alluminio e titanio è il catalizzatore della polimerizzazione, a bassa pressione, dell’etilene, che ha condotto  l’umanità nell’era del polietilene. Del resto  il cisplatino, che è un complesso del platino con cloruro e ammoniaca, preparato dalla  reazione seguente, è un attivo agente anticancro: 

 

La  seconda  circostanza  è  che  un  dato  catione metallico  può  in  generale formare, con un dato legante, diversi complessi. Il numero di coordinazione, N,  è  definito,  per  ogni  metallo,  come  il  numero  massimo  di  legami  di coordinazione  che  esso  può  formare.  Il  numero  di  coordinazione  non  è, strettamente,  una  caratteristica  del  solo  metallo,  poiché  un  catione metallico  può  esibire  differenti  numeri  di  coordinazione  in  differenti complessi. Tuttavia, tenendo presente questo warning, è usuale attribuire a ciascun catione metallico un proprio numero di coordinazione, che è quello che esso di solito esibisce sotto molte circostanze. Così al catione Cu2+ è di solito attribuito un numero di coordinazione di quattro (N = 4), poiché esso forma  in  generale  quattro  legami  di  coordinazione  indipendentemente 

dalla natura del legante (vedi Figura1.2). Le N posizioni di coordinazione (N può avere valori da 2 a 9  )  intorno a un catione metallico possono essere occupate da leganti diversi, e con un dato catione metallico, M (la carica è omessa  per  semplicità),  e  due  leganti,  X  e  Y,  si  possono,  in  astratto, originare una pletora di complessi che vanno da M(X)N a M(Y)N    (che sono detti  complessi  puri,  poiché  contengono  un  singolo  tipo  di  legante)  e comprendono tutte  le specie M(X)x(Y)y  (tali che x + y = N), che sono dette complessi misti. Questo meccanismo  di  sostituzione  di  vari  tipi  di  leganti intorno a un catione metallico, enormemente dilata  il numero di differenti complessi osservati, ed è una delle principali ragioni della complessità della chimica dei complessi.  Il  complesso  di  stechiometria  1:2  (leggi  uno  a  due)  di  Cu2+  con l’etilendiammina,  presentato  in  Figura1.2, mostra  che  i  gruppi  basici  che occupano  le  posizioni  di  coordinazione  intorno  ad  un  metallo  possono appartenere alla stessa molecola, ed essere collegati fra di  loro da comuni legami covalenti. Leganti che sono dotati di gruppi basici dislocati  lungo  la struttura  di  una  singola molecola  sono  detti  polidentati  (o  chelanti)  e  i complessi da essi  formati complessi chelati. Evidentemente,  la  formazione di  un  chelato  comporta  la  formazione  di  un  ciclo,  che  contiene  lo  ione metallico,  e  le  cui  dimensioni  dipendono  dalla  distanza  fra  i  centri  di coordinazione  nel  chelante.  Per  esempio,  la  chelazione  di  un metallo  da parte  dell’etilediammina  comporta  la  formazione  di  un  ciclo  a  cinque termini  (vedi  Figura1.2).  Si  conoscono  e  sono  largamente  impiegati  nella chimica analitica, e altrove, chelanti  tridentati,  tetradentati, pentadentati, esadentati, etc… I complessi chelati hanno un ruolo molto importante nella chimica e anche nella vita quotidiana. Per esempio, un modo di togliere  la ruggine dalle superfici metalliche è quello di trattare  la superficie con una soluzione di acido ossalico, H2C2O4. L’acido ossalico scioglie la ruggine grazie alla reazione: 

 

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L’efficacia dell’acido ossalico dipende dalla formazione del complesso

chelato solubile :

Una caratteristica primaria dei complessi è che le posizioni di coordinazione

intorno ad un catione metallico sono geometricamente fissate dalla

struttura elettronica del catione. La formazione di un complesso risulta

nell’orientazione dei leganti secondo la geometria di coordinazione del

metallo. Questo, per così dire, potere di orientare le molecole coordinate è

alla base della funzione dei metalli in molti sistemi chimici.

Vi è una forte correlazione fra il numero di coordinazione e la geometria dei

complessi.

I metalli che esibiscono numero di coordinazione 2 dispongono spesso i

leganti secondo una geometria lineare. Tipici esempi sono Cu(Cl)2- e

Ag(NH3)2+:

Com’è facile immaginare, la geometria più ricorrente nel caso di complessi

tricoordinati è quella in cui i leganti occupano i vertici di un triangolo

centrato intorno al metallo. Questo è il caso dell’anione HgI3-:

Il numero di coordinazione quattro è molto frequente. Nei complessi

tetracoordinati i leganti sono orientati in modo da occupare o i vertici di un

quadrato o i vertici di un tetraedro:

Il numero di coordinazione cinque non è molto diffuso. Vi sono due

geometrie che sembrano essere più probabili, la bipiramide trigonale e la

piramide a base quadrata:

L M

L

L

L

L

L

M L L

L

L

Bipiramide trigonale Piramide a base quadrata

Cl

Cl

NH3

Pt

OH

Be

2-

NH3

Planare quadrato OH

HO OH

Tetraedrico

H g 2 +

I

- I I -

- -

- C l C u + C l - H 3 N A g + N H 3

Fe O

O O

O

O

O

C2O42- O

O -O

O-

3-

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Il numero di coordinazione sei è quello più diffuso, e quasi invariabilmente i leganti  sono disposti ai vertici di un ottaedro  il  cui  centro è occupato dal catione metallico. Un esempio è il complesso Co(NH3)6

2+: 

                           

 

I numeri di coordinazione superiori a sei sono rari. Si possono menzionare i complessi UO2F5

3‐ e TaF83‐ come esempi di numeri di coordinazione sette e 

otto rispettivamente: 

                     

 

  

1.2 Reazioni di Formazione di Complessi in Acqua 

I cationi metallici in acqua esistono come acquocomplessi, per esempio: Ag(H2O)2

+,  Cu(H2O)42+,  Ni(H2O)6

2+,  etc…  Le  reazioni  di  formazione  di complessi  in acqua  sono  reazioni di  sostituzione dell’acqua  coordinata da parte di un legante aggiunto alla soluzione di un catione metallico. Nel caso che questo  legante (che verrà  in seguito detto  legante esterno o primario) sia l’ammoniaca, si ha, per esempio: 

—                                                       .  

                                     .  

                                   .  

                                    .  

                      

La stabilità (o forza) dei complessi di un dato catione metallico con un dato legante  è  misurata  dalla  costante  di  formazione,  che  è  la  costante  di equilibrio della reazione in cui il complesso è formato dall’acquoione. Nella  fattispecie,  le  costanti di equilibrio delle  reazioni  (1.1),  (1.2),  (1.3) e (1.4)  sono  le  costanti di  formazione  (o  costanti di  stabilità) dei  complessi NH4

+,  Ag(NH3)2+,  Cu(NH3)4

2+,  Ni(NH3)62+.  Applicando  la  legge  di  azione  di 

massa (LAM) a queste reazioni si ha: 

                                                                    .  

                                                      .  

F

F

F

F

O

O

3‐

U

F FF F

FF

FF

Ta

Antiprisma quadrato

3‐

Bipiramide pentagonale 

Co

NH32+

H3N NH3

NH3

NH3

H3N

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Alle costanti di formazione è riservato il simbolo n, in cui il pedice n indica

il numero di leganti coordinati al catione metallico.

Prego nota che, nel presente contesto, gli acidi sono riguardati come

complessi della base con il protone, e la costante 1 della reazione (1.1) è

uguale al reciproco della costante di dissociazione (Ka-1) dello ione

ammonio. Il protone è unico fra i cationi poiché dispone di una sola

posizione di coordinazione.

Come già per altri tipi di reazione, le costanti di formazione di complessi

andrebbero strettamente espresse usando le attività di reagenti e prodotti

invece delle concentrazioni. L’uso della LAM con le concentrazioni al posto

delle attività è solo un’approssimazione, che si ritiene non produca errori

apprezzabili in soluzioni diluite, ma che diventa meno attendibile in

soluzioni concentrate.

L’acqua, che è prodotta nelle reazioni di formazione di complessi, è omessa

dall’espressione delle costanti di formazione, poiché la sua attività è con

buona approssimazione unitaria (o, se si preferisce, perché la sua

concentrazione è costante). In tal modo, sottintendendo l’acqua che vi è

invariabilmente coinvolta, la scrittura delle reazioni di formazione di

complessi in acqua diventa assai più agile. Infatti, le reazioni (1.1)-(1.4) sono

correntemente scritte:

Le reazioni da (1.9) a (1.12) producono facilmente l’idea erronea che le

reazioni di formazione di complesso in acqua siano reazioni di addizione, in

cui il legante occupa i siti di coordinazione vuoti del catione metallico. Un

tale processo, in acqua, è puramente ipotetico e non osservabile, poiché i

cationi metallici sono idratati e i siti di coordinazione del metallo sono

sempre completamente occupati da acqua o da altro legante.

In acqua è sempre presente un legante che occupa una posizione

privilegiata: questo legante è lo ione idrossile, OH-. I complessi dei cationi

metallici con OH- sono chiamati idrossocomplessi e la loro stabilità è, come

quella di qualsiasi altro complesso, specificata dalle pertinenti n. La

particolarità degli idrossocomplessi, in acqua, dipende dal fatto che la loro

formazione può essere formalmente trattata da due punti di vista:

1 Gli idrossocomplessi sono le basi derivanti dalla dissociazione acida

dell’acqua coordinata ai cationi metallici.

2 Gli idrossocomplessi sono complessi derivanti dalla sostituzione

dell’acqua coordinata al catione metallico da parte del legante OH-.

Per esempio la formazione dell’idrossocomplesso Cu(OH)42- del rame può

essere pensata avvenire secondo la reazione (1.13) o (1.14):

Le reazioni (1.13) e (1.14) sono equivalenti. Infatti, esse non sono

indipendenti ma connesse dal prodotto ionico dell’acqua. Tuttavia, la

reazione (1.13) è utilizzata in un contesto AcidoBase, mentre la reazione

(1.14) è quella che viene utilizzata nel contesto generale degli equilibri di

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formazione  di  complessi,  di  cui  gli  equilibri  AcidoBase  sono  un  caso particolare.  Un  caso molto  suggestivo  si  verifica  quando  si  considera  la formazione di complessi del legante OH‐ con il protone secondo la reazione: 

—                                             .  

Formalmente l’acqua appare come un complesso di H+ con OH‐. La costante di stabilità del <<complesso acqua>> si scrive: 

                                                  .  

Dalla  (1.16)  si  può  giudicare  che  la  costante  di  equilibrio  della  reazione (1.15) è solo il reciproco del prodotto ionico dell’acqua, Kw. Di conseguenza, βw = 1014.0 a 25°C. Benché a prima vista ciò possa non essere percepito, quanto è stato fin qui esposto costituisce la premessa di una situazione chimica che diventa assai spesso molto intricata per la concorrenza di due circostanze.  In primis, la reazione di formazione di complessi fra un dato legante esterno e  un  catione metallico  idratato  non  si  limita mai  alla  formazione  di  un singolo  complesso.  Per  esempio  le  reazioni  (1.1)‐(1.4)  considerano,  per ciascun  catione,  esclusivamente  la  completa  sostituzione  dell’acqua coordinata da parte di un  legante esterno  (i.e.,  l’ammoniaca).  Tuttavia  la sostituzione  dell’acqua  non  avviene  in  un  singolo  step  ma  in  maniera graduale,  attraverso  una  serie  di  reazioni  in  cui  l’acqua  è  gradualmente sostituita dal  legante. La  serie completa di  reazioni di  sostituzione,  fra un metallo e un legante, costituisce il meccanismo di formazione di complessi. Per  esempio  il meccanismo  di  formazione  di  complessi  fra  Ag+  e  NH3  è costituito dalle reazioni (1.17) e (1.10): 

           

    .             .  

        .           .  

                

I meccanismi di  formazione di  complessi  fra Cu2+, Ni2+ e ammoniaca  sono più  complessi  poiché  sono  costituiti  rispettivamente  da  quattro  e  da  sei reazioni di formazione di complessi e da altrettante costanti di stabilità: 

                   .       .  

           

   .      .  

        

     .     .  

        

   .      .  

                                     

                 .    .  

             

   .      .  

           

   .     .  

          

   .     .  

Page 14: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

14

              .      .  

              .      .  

                                       

La seconda circostanza è che, com’è già stato detto,  in acqua vi è sempre un ulteriore legante oltre a quello esterno, e cioè OH‐. Quindi è necessario considerare sempre la possibile formazione di idrossocomplessi del metallo considerato. Per esempio, benché noi possiamo desiderare di  sintetizzare gli ammino complessi di Cu2+, aggiungendo a una soluzione di  ioni rameici una certa concentrazione di ammoniaca, nella soluzione si potranno anche formare  idrossocomplessi  del  rame,  la  cui  stechiometria  e  stabilità  è esposta  dal  pertinente  meccanismo  di  formazione  di  complessi,  che  è specificato  sotto  dalle  reazioni  di  formazione  di  idrossocomplessi  di  Cu2+ (1.28)‐(1.32): 

            

 .           .  

              

 

   .     .  

         

   .     .  

         

   .     .  

      , 

 . .  

                   . .,             

Le reazioni di formazione di  idrossocomplessi sono spesso anche chiamate reazioni di  idrolisi. Prego nota che  il meccanismo di  idrolisi di Cu2+ è anche più  complesso  di  quello  che  uno  si  poteva  aspettare,  in  quanto  viene formato  un  complesso  polinucleare,  cioè  un  complesso  che  contiene  più ioni  metallici  (il  complesso  Cu2(OH)2

2+  è  un  complesso  dinucleare).  Gli idrossocomplessi polinucleari  sono dovuti  alla  speciale  capacità  degli  ioni OH‐ di porsi a ponte fra due ioni metallici: 

 

          

Vi sono vari altri  leganti  in grado di formare ponti fra  ioni metallici, fra cui Cl‐, Br‐,  I‐, etc., e  i complessi polinucleari  sono un’evenienza  tutt’altro che rara. Essi, tuttavia, sono favoriti a concentrazioni relativamente elevate del metallo.  Nelle  soluzioni  diluite  la  loro  formazione  è  spesso  trascurabile. Sulla base di questa giustificazione, e del fatto che la presenza di complessi polinucleari  produce  notevoli  complicazioni  nella  trattazione  quantitativa degli equilibri di  formazione di  complessi, essi  saranno, per necessità più che per scelta, di qui in poi ignorati.  Anche  trascurando  la  formazione di complessi polinucleari  si vede che,  in una soluzione di Cu2+ a cui fosse stata aggiunta ammoniaca per sintetizzare gli  ammino  complessi,  possono  essere  presenti  all’equilibrio  numerosi idrossocomplessi.  

H

H

Cu2+ Cu2+

O

OH2O OH2

OH2 H2O

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 15: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

15

La questione non è ancora completamente esaurita, in quanto, ovviamente, occorre considerare la possibile formazione di complessi misti, in cui alcune posizioni  di  coordinazione  sono  sostituite  da  OH‐  e  altre  dal  generico legante esterno, L. I complessi misti hanno la formula generale M(OH)mLn in cui m ed n sono due interi. Nel caso del sistema Cu2+‐NH3, i complessi misti hanno la stechiometria Cu(OH)m(NH3)n (la carica è omessa per semplicità). I complessi misti sono molto difficili da caratterizzare e  le  informazioni sulla loro stabilità generalmente non sono facilmente disponibili, per cui, difficile dire se a  torto o a ragione, essi vengono generalmente  ignorati. Questa è un’approssimazione  che  può  anche  essere  giusta,  ma  che,  al  momento appare difficile da giustificare.  Del  resto  il  legante  esterno,  è  in  genere  una  base  in  grado  di  formare, attraverso  reazioni  di  protonazione,  complessi  con  H+,  che  come  OH‐  è sempre presente in acqua. A questa regola si sottraggono solo i leganti che sono basi  coniugate di  acidi  forti  (nella  fattispecie, Cl‐, Br‐,  I‐, ClO4

‐, NO3‐, 

etc.) e che, ovviamente non possono essere protonati.  In  una  soluzione  di  Cu2+  e  ammoniaca,  anche  ignorando  il  complesso polinucleare e i complessi misti Cu2+‐ OH—NH3, si possono contare, presenti contemporaneamente  all’equilibrio,  ben  13  differenti  specie  (includendo anche  [H+]  e  [OH‐]).  Il  calcolo  di  equilibrio,  il  cui  obiettivo  è  quello  di calcolare la concentrazione delle varie specie all’equilibrio in una soluzione, sulla  base  delle  conoscenza  delle  concentrazioni  analitiche  assegnate  dei costituenti e delle pertinenti costanti di equilibrio, si trova, evidentemente, ad  affrontare  una situazione piuttosto intricata.  Ovviamente, in una data soluzione  vi  saranno  specie  presenti  a  concentrazioni  relativamente elevate, e altre a concentrazioni basse e, magari, trascurabili. Tuttavia, fare una  valutazione  in  proposito,  dalla  semplice  ispezione  dei  dati  di  un problema  di  calcolo  di  equilibrio  relativo  ad  equilibri  di  formazione  di complessi, appare piuttosto arduo.     

Esempi Svolti 

Esempio I 

La formazione di complessi in acqua può essere riguardata come un processo graduale  in  cui  l’acqua  coordinata  al  catione  metallico  viene  gradualmente sostituita dal legante esterno. Per esempio, se il catione metallico idratato viene indicato  con  M,  omettendo  per  semplicità  la  carica,  e  il  legante  esterno  o primario con L  (omettendo analogamente per  semplicità  la carica eventuale)  la reazione di  formazione di  complessi  in  cui  tutta  l’acqua di  coordinazione viene sostituita dal legante esterno si scriverà: 

                                                                           

In  cui N  è  il  numero  di  coordinazione  del  catione M  e  la  carica  eventuale  sul complesso MLN, è ancora una volta  stata omessa.  La  reazione di  formazione di complesso (I) può essere pensata come la somma di N reazioni parziali, in cui in ogni step una singola molecola di acqua di coordinazione viene sostituita con un legante. Decomponendo la reazione (I) in N steps successivi si ha:  

                                                                                       

                                          

                                     

……………………………                       …………….                                      …….     

                                  

                                 

……………………………                       …………….                                      …….                                  

                                                                        

Le  reazioni  di  formazione  graduale  di  complessi  da  (II)  a  (V)  sono  un  modo alternativo di  scrivere  il meccanismo di  formazione di  complessi del  catione M con il legante L. Le costanti di equilibrio Kn che compaiono in questo meccanismo sono dette costanti graduali di formazione di complesso. Qual è la relazione fra le costanti graduali Kn e le costanti di stabilità, βn? 

Page 16: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

16

Se si sommano n reazioni graduali di formazione di complessi si ha:

La costante di equilibrio della reazione (VI), che è la somma di n processi di

sostituzione successiva di un legante è per definizione la costante di stabilità .

Quindi, βn è il prodotto delle prime n costanti di formazione graduali, che è ciò che

si vede in (VI). In particolare se n =1, si ha β1.= K1.

Esempio II

Il catione Fe2+, in acqua è un acido tetraprotico che si dissocia secondo le

reazioni:

Calcolare le costanti di stabilità βn dei quattro idrossocomplessi ,

, ,

β1 è la costante di equilibrio della reazione (VI) che come si vede dallo schema

sotto si ottiene combinando la reazione di dissociazione acida (I) con il prodotto

ionico dell’acqua:

La costante di stabilità del complesso Fe(OH)+ è quindi il rapporto fra Ka1 e il

prodotto ionico dell’acqua, che è quanto si vede nella relazione (VI).

Facendo le appropriate combinazioni delle costanti di dissociazione Ka1, Ka2, Ka3 e

Ka4 con il prodotto ionico dell’acqua si possonor ottenere β2, β3 e β4.

Per β2 si ha:

Per β3 si ha:

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 17: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

17

Infine per β4 si ha:

Esempio III

II prodotto di solubilità dell’Argento Cloruro, AgCl(s) è:

AgCl(s) non si scioglie apprezzabilmente in acqua. Se l’Argento cloruro è messo in

contatto con una soluzione concentrata di ammoniaca (e.g. 1 M) lo ione Ag+ nella

soluzione viene complessato formando l’ammino complesso secondo

la reazione:

Valutare la solubilità di AgCl(s) in una soluzione in cui [NH3] = 1 M.

Combinando le reazioni (I) e (II) si può vedere che AgCl(s) reagisce con

l’ammoniaca nella soluzione secondo la reazione (III):

A seguito della reazione (III) nella soluzione si produce un ugual concentrazione di

equilibrio dell’ammino complesso dell’argento e di cloruro, i.e.

Usando la relazione (IV) nella costante di equilibrio della reazione di dissoluzione

(III) si ha:

Poiché nell’esempio è specificato che nella soluzione all’equilibrio [NH3] = 1 M,

dalla relazione (V) si calcola che l’Argento(I) presente nella soluzione sotto forma di

ammino complesso ha la seguente concentrazione:

Si vede che in una soluzione di ammoniaca è possibile sciogliere quantità molto

maggiori di AgCl(s) che in acqua (la solubilità in acqua di AgCl(s) è circa 10-5 M). La

dissoluzione di sali insolubili mediante una soluzione di un legante che complessa il

catione metallico è un importante uso pratico e analitico delle reazioni di

formazione di complessi.

Esempio III

L’idrossido di alluminio Al(OH)3(s) esiste in due forme cristalline α-Al(OH)3(s)

(gibbsite) e β-Al(OH)3(s) (bayerite). La gibbsite è la fase stabile a temperatura

ambiente. Il suo prodotto di solubilità è:

Page 18: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

18

La solubilità dell’alluminio idrossido in soluzioni alcaline è proporzionale alla

concentrazione di idrossido poiché la reazione di dissoluzione è:

Valutare la costante di stabilità β4 dell’idrossocomplesso .

Sottraendo la reazione (I) dalla (II) si ottiene:

L’idrossido di alluminio è un idrossido anfotero, cioè esso, oltre ad essere solubile

in acidi, ha anche una cospicua solubilità in alcali. Si può vedere che il

comportamento anfotero dell’alluminio è dovuto alla formazione

dell’idrossocomplesso anionico (alluminato).

1.3 Stabilità dei Complessi

A dispetto del fatto che i complessi metallici risultano dalla reazione di

entità chimiche (i.e., il catione metallico idratato e il legante) capaci di

esistere separatamente, e le cui proprietà possono essere studiate

indipendentemente, finora si è dimostrato impossibile prevedere

accuratamente il meccanismo di formazione di complessi (cioè la

stechiometria dei complessi formati e le rispettive costanti di formazione)

dalle proprietà del catione metallico e del legante. Ciò deriva dalla

molteplicità di fattori da cui dipende la stabilità dei complessi. Un

meccanismo di formazione di complessi è quindi, allo stato attuale delle

cose, il risultato di un’indagine sperimentale. La costante di stabilità

determinata sperimentalmente costituisce sia un’importante informazione

chimica sia la prova dell’esistenza di un dato complesso sotto descritte

condizioni.

Un’enorme mole di lavoro è stata necessaria per chiarire i meccanismi di

formazione di complessi dei cationi metallici con una sterminata schiera di

leganti, e lo studio comparato di questi dati ha, in parte, chiarito i fattori

che regolano la stabilità dei complessi metallici.

In primis, quando si esamina il meccanismo di reazione di un dato metallo

con un dato legante si trova, pressoché invariabilmente, che le costanti di

stabilità, n, aumentano all’aumentare di n. E’ facile riscontrare un tale

andamento confrontando i valori delle costanti di formazione dei complessi

di Ag+, Cu2+, Ni2+ con NH3 e OH- riportati sopra. Ciò è facile da comprendere

se si tiene conto del fatto che la costante di equilibrio di una reazione

riflette la variazione standard di energia libera di Gibbs, ∆G°, che si verifica

nel trasformare i reagenti in prodotti. Sia G°1 la variazione standard di

energia libera per la formazione del complesso 1:1 del metallo M con il

legante esterno L secondo reazione (1.33):

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 19: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

19

La variazione di energia libera standard della reazione (1.34) di formazione 

del complesso 1:n potrebbe, in astratto, essere n×ΔG°1: 

         ∆   ∆ .           .  

Infatti,  la  reazione  (1.34)  ripete  n  volte  il  processo  della  reazione  (1.33), cioè la sostituzione di 1 molecola di acqua di coordinazione con il legante L. Se  tale  ipotesi è  completamente verificata, allora, a  causa della  relazione logaritmica  fra  la  costante  di  equilibrio  di  una  reazione  e  la  variazione standard di energia libera, si dovrebbe avere: 

∆   ∆                                     .  

Secondo la relazione (1.35) la reazione di formazione del complesso 1:n, di un  dato  catione  metallico  con  un  dato  legante,  dovrebbe  avere  una costante  di  formazione  pari  alla  costante  di  formazione  del  primo complesso elevata alla n‐esima potenza. In virtù del fatto che le costanti di stabilità hanno di norma valori >> 1, ciò  implica un  rapido aumento della costante βn al crescere di n. Si può constatare facilmente, dai meccanismi di formazione degli ammino complessi di Ag+, Cu2+ e Ni2+, e dal meccanismo di idrolisi di Cu2+,  riportati  sopra, che  le cose non  stanno esattamente come previsto dalla relazione  (1.35), specialmente per  i valori alti di n. Tuttavia, ciò  è  comprensibile,  poiché  l’ipotesi  che  la  reazione  (1.34)  produca  una diminuzione  di  energia  libera  standard  pari  a  n  volte  la  diminuzione osservata nella  reazione  (1.33), non può  essere  vera  in  assoluto,  a  causa principalmente  del  gioco  di  due  fattori.  Il  primo  è  di  natura  puramente statistica  (o  entropica),  ed  attiene  al  fatto  che  la  formazione  del  primo legame di coordinazione, del catione metallico con il legante L, è molto più probabile che non la formazione dei legami successivi. Il primo legante ha N posizioni disponibili per formare un legame di coordinazione M‐L, mentre i successivi  ne  hanno  solo N  –  n  +  1.  Anzi,  il  legame  del  n‐esimo  legante avviene su una sfera di coordinazione che contiene già n ‐ 1  leganti, i quali possono  essere  persino  dissociati.  In  definitiva,  l’entrata  del  n‐esimo 

legante è statisticamente (i.e., entropicamente) sfavorita rispetto al primo, sia  perché  vi  sono  solo  N  ‐  n  +  1  posizioni  disponibili,  sia  perché  la formazione  di  un  nuovo  legame  può  essere  accompagnata  dalla dissociazione contestuale di un  legante  legato da una delle n  ‐ 1 posizioni occupate.  Quindi,  già  da  questo  onnipresente  effetto  entropico  noi dobbiamo dedurre che in generale si avrà più verosimilmente: 

                                               .  

Accanto  all’effetto  entropico,  lungo  un  meccanismo  di  formazione  di complessi  di  solito  operano  effetti  entalpici,  che  portano  a  un’ulteriore diminuzione del rapporto fra costanti di formazione successive. Se il legante è  un  anione  (i  leganti  cationici  sono  rari),  la  sostituzione  dell’acqua  di coordinazione  con  l’anione  porta  gradualmente  a  un  accumulo  di  carica negativa  sul  complesso,  che, naturalmente, ostacola  il  legame di ulteriori leganti  all’aumentare  di  n. Un  analogo  effetto  entalpico  è  prodotto  se  il legante  è  una  molecola  ingombrante,  poiché  per  alti  valori  di  n  vi  è repulsione sterica fra i leganti legati. Tenendo conto degli sfavorevoli effetti entropici  ed  entalpici  che modificano  sostanzialmente  le  previsioni  della relazione  (1.35),  e  con  possibili  variazioni  da  caso  a  caso,  le  costanti  di formazione consecutive seguono spesso una sequenza del tipo: 

                                      .  

Gli idrossocomplessi dei metalli sono stati intensivamente studiati per oltre mezzo  secolo  a  causa della  loro ubiquitarietà  nelle  soluzioni  acquose dei cationi  metallici.  La  stabilità  relativa  degli  idrossocomplessi  è  stata parzialmente  spiegata  in  base  ad  un  semplice modello  elettrostatico  che considera  la  formazione  degli  idrossocomplessi  dal  punto  di  vista dell’interazione elettrostatica fra  la carica negativa di OH‐ e quella positiva del  catione metallico.  In base a questo modello è  facile prevedere  che  le costanti di formazione aumentino all’aumentare della carica sul catione e al diminuire del suo raggio ionico. L’effetto della carica è apparente quando si 

Page 20: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

20

paragonano gli idrossocomplessi dello stesso metallo in stati di ossidazione diversi:  di  norma  gli  idrossocomplessi  nello  stato  di  ossidazione  più  alto sono più stabili. Così la costante di formazione del primo idrossocomplesso 

del Ferro(II), FeOH+, è β1 = 104.5, mentre il corrispondente idrossocomplesso 

di  Ferro(III),    FeOH2+,  ha  β1  =  1011.8.  L’operare  dell’effetto  carica  è  anche 

visibile dal fatto che  l’idrossocomplesso UO2OH+ (che è  il primo complesso 

di OH‐ con  l’uranio(VI), che esiste  in soluzione sotto forma di  ione uranile, 

UO22+,  e  quindi  ha  carica  +2)  è  β1  =  10

8.1,  mentre  il  complesso  UOH3+ 

dell’uranio (IV) ha β1 = 1013.3.  

L’effetto delle dimensioni ioniche è visibile nella sequenza: 

Be(OH)+    → β1= 108.6 ;    

Mg(OH)+     → β1= 102.58;     

Ca(OH)+      → β1= 101.3;  

Sr(OH)+       → β1= 100.8;   

Ba(OH)+      → β1= 100.1 

nella quale  si può osservare,  a parità di  carica, una  vistosa diminuzione della  costante  di  formazione  di  MOH  dal  piccolo  ione  berillio all’ingombrante Ba2+.  In definitiva, la stabilità degli idrossocomplessi aumenta all’aumentare del rapporto  carica  raggio  del  catione  come  mostrato  nella  Tabella1.1  .  Il grosso  ione Hg2+,  che  con un  rapporto  carica/raggio di  solo  1.8  esibisce 

una costante di formazione del complesso HgOH+, β1 = 1010.6, dimostra che tutte  le  generalizzazioni  concernenti  la  chimica  di  coordinazione  dei metalli vanno interpretate prudentemente senza eccessiva rigidità.  

Tabella 1.1 - Correlazione della costante di formazione del primo idrossocomplesso con il rapporto carica/raggio del catione.

           

                  

 Mz+ 

 

Raggio ionico, Å 

Rapporto Carica/raggio 

β1                           Mz+ + OH‐= MOH(z‐1)+ 

Li+  0.60 1.7 100.36

Ca2+  0.99 2.0 101.3

Ni2+  0.69 2.9 104.1

Y3+  0.93 3.2 106.3

Th4+  1.02 4.0 1010.8

Al3+  0.50 6.0 109.0

Be2+  0.31 6.5 108.6

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 21: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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1.4 Dai Complicati Meccanismi di Reazione dei Leganti Monodentati ai Semplici Meccanismi dei Chelanti 

Un legante polidentato è un agente chimico che dispone, in una singola molecola, di due o più centri ricchi di elettroni in grado di formare legami di coordinazione.  I  centri  di  legame  dei  leganti  polidentati  sono  atomi  di ossigeno,  azoto,  zolfo,  etc…,  della  stessa  natura  di  quelli  dei  leganti monodentati.  Se  i  centri  di  coordinazione  di  un  legante  polidentato occupano posizioni appropriate entro la molecola del legante, in modo che essi  possano,  senza  eccessive  distorsioni,  essere  portati  nelle  posizioni geometricamente  fisse  di  coordinazione  intorno  ad  un  singolo  catione metallico,  allora  il  legante  polidentato  è  chiamato  chelante.  Grazie all’operare di un preciso principio termodinamico (che è noto come effetto chelante),  un  chelante  impiega  preferenzialmente  i  suoi  siti  di coordinazione  per  occupare  le  posizioni  di  coordinazione  intorno  ad  un singolo  catione metallico.  Le  alternative  possibili,  e  cioè  che  il  chelante impieghi  i suoi centri di  legame  indipendentemente per coordinare cationi diversi  (con  la  conseguente  formazione  di  complessi  polinucleari),  o  che due  molecole  del  chelante  coordinino  lo  stesso  catione,  sono entropicamente (statisticamente) sfavorite.  Per esempio, una molecola di etilendiammina, NH2‐CH2‐CH2‐NH2 (= en) può, in  astratto,  utilizzare  le  due  coppie  di  elettroni  basiche  dei  due  atomi  di azoto  in  differenti  modi,  come  mostrato  nella  Figura1.3.  Tutti  e  tre  i complessi  (A),  (B)  e  (C)  realizzano  due  legami  di  coordinazione M‐NH2  di energia  paragonabile,  e  perciò  ci  si  aspetterebbe  che  le  soluzioni  del catione metallico, M,  e  di  etilendiammina  contenessero  una miscela  dei complessi  (A),  (B)  e  (C).  Tuttavia  il  complesso  (A)  è  largamente  favorito poiché la reazione: 

                                         .             

 Figura1.3 – Possibili stechiometrie e strutture dei complessi del catione metallico, M, con il legante bidentato etilediammina. 

  

   

NH2H2C

CH2

H2N

M

NH2

H2C

CH2

H2N

M

H2N CH2

CH2

H2N

M

NHH2C

CH2H2N

M

(A) en in funzione chelante con anello a 5 termini

(B) en come legante monodentato

(C) en come legante a ponte fra due cationi

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comporta una variazione di entropia più positiva che non le reazioni (1.39) e (1.40) : 

                                     .  

                          

                                        .  

                       

Il  complesso  M(en)  è  formato  per  cattura  da  parte  del  metallo,  dal disordine prevalente nella soluzione, di una singola molecola di en, la quale stabilisce due  legami di coordinazione. Per formare gli stessi due  legami di coordinazione  attraverso  il  complesso M(en)(en),  il metallo deve  ripetere due  volte  il  processo  di  cattura  di  una  molecola  di  en,  e  ciò  è statisticamente un processo meno probabile. Quindi, rispetto alla reazione (1.38),  la  reazione  (1.39)  è  sfavorita.  Analogamente,  la  reazione  (1.38)  è statisticamente  più  semplice  da  eseguire  rispetto  alla  reazione  (1.40). Secondo la reazione (1.40), il metallo, dopo aver catturato una molecola di en, deve poi, per stabilire gli stessi due legami di coordinazione presenti nel complesso  M(en),  catturare,  dal  disordine  della  soluzione,  un  secondo catione metallico. Questa  sequenza  di  due  eventi  ha  una  probabilità  più bassa del semplice evento di cattura di una molecola di en da parte di un singolo  ione metallico,  i.e.,  la  reazione  (1.38).    Il  risultato  netto  è  che  le reazioni  (1.39)  e  (1.40)  sono  sostanzialmente proibite,  e  il  chelato M(en)  largamente prevale sui complessi M(en)2 e M2(en). Un  complesso  chelato  inevitabilmente  espone  una  struttura  ciclica,  ed  è ben  stipulato  che gli anelli a  cinque e  a  sei  termini  sono  i più  stabili. Ciò presume che gli atomi donatori della struttura del chelante siano separati da tre o quattro  legami. I  leganti polidentati  inorganici di solito non hanno dimensioni  tali  da  soddisfare  questa  richiesta,  e  solo  le molecole  o  ioni organici  possono  avere  le  dimensioni  minime  richieste  per  un  efficace chelazione del metallo. Naturalmente è possibile  immaginare  strutture di 

leganti  polidentati  con  diversi  gruppi  donatori,  appropriatamente distanziati  nella  molecola,  in  grado  di  formare  3,  4,  5  etc…,  legami  di coordinazione  con  lo  stesso  catione metallico.  Tali  complessi  esibiscono strutture  contenenti  diversi  anelli  a  cinque  o  a  sei  termini  fusi  (o interlocked). Benché, a un’attenta analisi,  i singoli  legami di coordinazione presenti  in un complesso chelato policiclico siano della stessa natura, e di energia paragonabile ai legami dei semplici leganti monodentati inorganici, con lo stesso atomo donatore, i meccanismi di formazione di complessi che coinvolgono  chelanti  esibiscono  due  aspetti  preminenti.  Il  primo  è  che  il numero di complessi prodotti all’equilibrio diminuisce via via che aumenta il  numero  di  gruppi  donatori  sul  chelante.  Così  un  chelante  bidentato  di norma forma al massimo N/2 differenti complessi, e un chelante tridentato solo N/3, etc…  Per esempio, il nickel forma sei complessi con l’ammoniaca (i.e.  Ni(NH3)n

2+,  n  =1,  2,  3,  4,  5,  6.)  ma  solo  tre  complessi  con l’etilendiammina  (i.e. Ni(en)n

2+; n =1, 2, 3). Al  limite un chelante potrebbe essere  in grado di occupare  tutte  le posizioni di  coordinazione  intorno al metallo, e,  in tal caso, verrebbe presumibilmente formata   una sola specie di stechiometria 1:1.  Il secondo aspetto è che, poiché, nella reazione di formazione del chelato, più  legami di coordinazione sono formati contemporaneamente  in un solo step,  è  possibile  osservare  valori  delle  costanti  di  formazione molto  più elevati che non durante  la  formazione di complessi con  leganti unidentati della stessa stechiometria.  In aggiunta  l’effetto chelante anche opera nella direzione di un ulteriore aumento della stabilità dei complessi formati per reazione di un metallo con un agente chelante.  Per esempio, se si considera la reazione: 

          .                  .  

si trova che  la costante di formazione del complesso Cu(en)2+ è   β1= 1010.5. 

Questa costante di formazione è ovviamente enormemente più grande 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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della costante di formazione del complesso Cu(NH3) 2+: 

          .                .  

con  la stessa stechiometria, per via del fatto che  in Cu(en)2+ sono presenti due legami di coordinazione Cu‐N mentre in CuNH3

2+ ve ne è uno solo. Ma anche  se  si  considera  la  diminuzione  di  energia  libera  standard  della reazione: 

           .       .  

in cui sono formati  due legami Cu‐N , come nella reazione di formazione di Cu(en)2+, si riscontrerà una diminuzione di energia libera standard maggiore nel caso della formazione di Cu(en)2+, che non nel caso di Cu(NH3)2

2+ (come si può vedere  confrontando  le  costanti di equilibrio delle  reazioni  (1.41) e (1.43)). Analogamente il complesso Ni(en)3

2+, che contiene tre anelli chelati a  cinque  termini  di  etilendiammina  e  sei  legami  di  coordinazione  azoto‐nickel,    ha  una  costante  di  formazione  di  2×1018,  mentre  il  complesso Ni(NH3)6

2+, che ha ancora sei  legami di coordinazione azoto‐nickel ma non contiene  anelli  chelati, ha una  costante di  formazione di 5.5×108. Questa diminuzione  extra  di  energia  libera  (aumento  della  costante  di  stabilità), che si verifica per  la formazione di un complesso con un chelante, rispetto ad un analogo complesso  in cui  lo stesso numero di  legami è stabilito con un  legante  monodentato,  recante  lo  stesso  centro  di  coordinazione,  è l’effetto chelante.  In sintesi vi è un esteso sinergismo fra la semplificazione del meccanismo di formazione  di  complessi  e  l’aumento  di  stabilità  dei  complessi  formati. Cioè,  i  meccanismi  di  formazione  di  complessi  di  metalli  con  i  chelanti espongono  un  numero  inferiore  di  reazioni  e  costanti  di  formazioni  più elevate,  dei  meccanismi  di  formazione  di  complessi  con  leganti monodentati. Tale caratteristica è di fondamentale importanza per i metodi 

di  analisi,  come  per  esempio  le  titolazioni  complessometriche  per  il dosaggio  dei metalli,  che  sono  basate  su  una  reazione  di  formazione  di complesso  fra un  legante  titolante e un catione metallico da determinare nella soluzione titolata. Un generico chelante ha una struttura aperta e flessibile che gli consente di formare  complessi,  stabilizzati  dall’effetto  chelante,  in  pratica indipendentemente dalla natura del catione metallico e dalla geometria di coordinazione di quest’ultimo. Ne consegue che  in genere  i chelanti  sono agenti complessanti scarsamente selettivi.  Per  contro molti  leganti  naturali,  e  specialmente  biologici,  sono  chelanti specializzati,  e  quasi  sempre  esibiscono  un’elevata,  e  talvolta  estrema, selettività  verso  un  particolare metallo  o  gruppo  di metalli.  A  un  esame approfondito  si  trova  che  tali  leganti  invariabilmente esibiscono  strutture estremamente  rigide,  con  gli  atomi  donatori  che  occupano  posizioni geometricamente  fisse.  I  cationi metallici  sono  così  discriminati  in  prima istanza  sulla  base  della  loro  geometria  di  legame,  che  deve  essere complementare  a  quella  del  sito  indeformabile  di  coordinazione  del chelante, e poi eventualmente sulla base delle dimensioni. I cationi troppo voluminosi  saranno  incapaci di penetrare  il  sito di  coordinazione, e quelli troppo  piccoli  non  saranno  legati  stabilmente,  in  quanto  i  legami  di coordinazione  avranno  lunghezze  maggiori  di  quelle  corrispondenti  al minimo  di  energia.  L’ingombro  sterico  nell’immediato  intorno  del  sito  di legame può produrre elementi complementari di selettività. La rigidità e la geometria  del  sito  di  coordinazione  sono  riconosciute  come  importanti elementi di reale e generale selettività di un chelante.  In astratto, sembra possibile progettare chelanti che esibiscano qualunque desiderato grado di selettività,  e  questo  rappresenta  un  importante  settore  di  ricerca  della chimica di coordinazione. Gli  amminoacidi,  NH2CHRCOOH,  che  sono  fra  i  più  comuni  chelanti incontrati nei  sistemi naturali,  sono chelanti bidentati, che  formano anelli 

Page 24: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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eterociclici a  cinque  termini, e  che  sono  in grado di  complessare un gran numero di cationi: 

              

 

La maggior  parte  dei meccanismi  di  reazione  degli  amminoacidi  con  vari metalli espongono due o tre specie di stechiometria ML, ML2 e ML3.   Per  contro,  la porfirina, e  i  suoi derivati, offrono un esempio di  chelante specializzato, capace di complessare solo un ristretto numero di cationi che siano  in  grado  di  adattarsi  al  suo  indeformabile  sito  di  coordinazione.  I leganti porfirinici costituiscono un gruppo di grande importanza nei sistemi biologici dove fungono da trasportatori di ioni specifici (ionofori): 

                        

                               .

 

Il motivo  di  base  dei  complessi  della  porfirina,  con  quattro  anelli  a  sei termini interlocked, può essere variamente modulato attraverso opportune sostituzioni  sugli  anelli  pirrolici,  o  addirittura  inglobato  nella  struttura  di una proteina, originando un  gran numero di  chelanti dotati di  eccellente selettività.  Può  essere  una  fertile  strategia  cercare  ispirazione  dalla struttura  e  dalla  funzione  dei  chelanti  naturali  per  progettare  ex  novo strutture di leganti che realizzano un desiderato obiettivo. L’etilendiammina, en, è un chelante di sintesi che, come mostrato sopra, è in grado di coordinare un ampio numero di cationi attraverso la formazione di anelli eterociclici a cinque termini. Essa tuttavia è una base diprotica di forza paragonabile all’ammoniaca: 

         

 .                  .  

         

 .             .  

e, pertanto, perde  rapidamente  le  sue  capacità  complessanti  in  soluzioni anche debolmente acide. Un  vasto  numero  di  chelanti  multidentati  possono  essere  sintetizzati legando  tra di  loro diverse unità en.  La dietilentriammina  (dien)  contiene due unità en con un atomo di azoto in comune: 

                        

               

 

H 2N C H 2CH 2N H CH 2C H 2N H 2

H 2 N H 2 C

H N

C H2

C H 2

C H 2H 2N

M

 

N

H C

N

C

H C

H

N

N

C H M

 

n

M

OC

O

C H 2N

R

H

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 25: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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La dien è una base triprotica, e, in linea di principio, un legante tridentato in grado di formare complessi che contengono due anelli fusi a cinque termini. Ci  sono due alternative per aggiungere un’ulteriore unità en alla dien per formare il trien, come mostrato sotto: 

 

         ’ à         

 Questi due leganti possono essere descritti entrambi come trien, e sono, in principio,  leganti tetradentati, che danno origine a meccanismi di reazione molto semplici, spesso riducibili a un solo complesso ML; per il Ni2+ tuttavia è stata  riportata anche  la specie Ni(trien)2

2+. Ci sono ancora due strutture che  possono  essere  descritte  come  tetren.  La  tetraetilenepentammina (tetren)  a  struttura  lineare  (rappresentata  sotto)  contiene  cinque  gruppi coordinanti ed è quella più efficace. 

                

 In sintesi le poliammine sono forti coordinatori in grado di formare sistemi di anelli multipli, e dispiegano a pieno la loro forza nei riguardi dei cationi di transizione dipositivi, che sono acidi relativamente deboli (i.e. Ni2+, Co2+, Zn 2+, Cu2+, Ag2+, Pb2+, Fe2+, Mn2+, e Hg2+). 

Un  altro  gruppo  di  chelanti  si  ottiene  estendendo  il  motivo  strutturale presente nell’amminoacido glicina. Qui,  in maniera analoga alla serie delle polietilenammine, leganti in grado di formare più anelli eterociclici a cinque termini  fusi  si ottengono  sostituendo  gli atomi di  idrogeno  sull’azoto  con radicali acetile ‐CH2COOH:  

          

 Il primo rappresentante di questa strategia è l’acido imminodiacetico (IDA), che è un legante tridentato di grande interesse: 

         ’    

 

L’IDA  è una base  trivalente,  con  costanti di protonazione β1  =  109.8, β2  = 

1012.6,  β3  =  1014.5.  L’IDA  è  un  chelante  in  grado  di  complessare  un  vasto 

numero di cationi, dai voluminosi cationi dei metalli alcalino terrosi fino ai piccoli  e  fortemente  acidi  cationi  tripositivi  dei  metalli  di  transizione.  I 

H N

H 2C

H 2 C

C

O

O H

C

O

OH

IDA

  

M

OC

O

C H2H

N

HC H 2

CO OH

H 2 N C H2H2C

HN

H2 C

H2C

H N

H2C

H2C

HN

H2C

H2C N H 2

Tetren a struttura lineare

H 2 N C H 2 H 2 C

H N

H 2 C

H 2 C

H N

H 2 C

H 2 C N H 2

trien(II) 

N C H 2

C H 2

H 2C

H 2 C H 2 N

H 2 C

H 2 C N H 2

N H 2

trien I

Page 26: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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gruppi carbossilato sono solo debolmente basici e in tal modo l’ubiquitaria reazione  di  protonazione  e  disattivazione  del  legante  risulta  molto ridimensionata. L’acido nitrilotriacetico  (NTA) presenta  tre radicali acetile,  ‐CH2COOH, sull’ atomo di azoto della glicina: 

            

 Il NTA  estende  il motivo  strutturale dell’IDA.  È un  chelante  tetradentato, molto  efficace,  in  grado  di  complessare  praticamente  tutti  i  cationi metallici.  Un chelante, che dovrebbe presentare sia  le capacità coordinanti dell’IDA, che  dell’etilendiammina,  è  l’acido  N‐(2‐Aminoetil)imminodiacetico,  che corrisponde alla struttura 

           ’      

 

Tuttavia,  esso  non  sembra  presentare  particolari  capacità  rispetto  alle polietilendiammine. 

Una strategia che si è rivelata di successo consiste nel sintetizzare derivati dell’acido  imminodiacetico  (IDA),  trasferendo  i  siti  di  legame  dell’IDA  in consciamente selezionate posizioni dello scheletro di atomi di carbonio di un gran numero di composti organici. Si possono sostituire uno, due o più gruppi  imminodiacetici  producendo  leganti  pluridentati  che  sono  potenti agenti  chelanti.  La  struttura  recante  i  gruppi  imminodiacetici  può  essere progettata per conferire al legante che ne risulta le proprietà desiderate. Il gruppo  imminodiacetico  è  un  chelante  tridentato,  e  due  gruppi imminodiacetici  opportunamente  distanziati  e  orientati  l’uno  rispetto all’altro  danno  origine  ad  un  chelante  esadentato,  che,  in  astratto,  può essere  in grado di occupare fino a sei posizioni di coordinazione  intorno al metallo,  e  di  sostenere meccanismi  di  reazione  che  presentano  un  solo complesso di stechiometria 1:1. 

                       

 

Il  più  semplice  ed  anche  il  più  fortunato  legante  ottenuto  da  questa strategia  è  l’acido  etilendiamminotetracetico  (EDTA),  che  è  costituito  da due gruppi imminodiacetici separati da due atomi di carbonio metilenici:  

  

N

H

CH2

CH2 C O 

O

C

O

H

H

C CC

CC

Scheletro di atomi di carbonio 

IDA

N

H2C

H2C

C

O

O H

C

O

O H

H2CH 2C

N H 2

N

H2C

H 2C

C

O

O H

C

O

O H

H 2C C

O

HO

NTA

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 27: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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   ’               ’

 

       ’ .                  

            .  

La  ragione  della  grande  efficienza  dell’EDTA  risiede  nella  circostanza  che esso  riunisce  il motivo strutturale dell’IDA con quello dell’etilendiammina, come si può vedere dal fatto che gli atomi di azoto dell’EDTA sono situati, l’uno  rispetto  all’altro,  come  nell’etilendiammina.  I  complessi  dell’EDTA sono  costituiti  da  due  gruppi  di  due  anelli  a  cinque  termini,  che rappresentano  il motivo  strutturale  dell’IDA.  I  quattro  anelli  sono  quindi 

fusi  in  una  singola  struttura  da  un  ulteriore  anello  a  cinque  termini,  che coinvolge  i  due  atomi  di  azoto,  secondo  il  motivo  strutturale  presente nell’etilendiammina: Aumentando  la  lunghezza della catena metilenica che separa  i due gruppi imminodiacetici si può produrre una serie di leganti (analoghi dell’EDTA) di formula generale:  

                  ’                      

 

Il  primo  membro  di  questa  serie,  l’acido  trimetilendinitrilotetracetico (TMDTA,  n  =  1),  è molto  simile  all’EDTA,  con  la  sola differenza  che  nella struttura dei complessi di questo  legante  l’anello a cinque membri dell’en, presente  nell’EDTA,  è  sostituito  dall’anello  a  sei  membri  della trimetilendiammina. Come  facilmente prevedibile  si osserva una graduale 

caduta della stabilità dei complessi per n ≥ 2, poiché ciò richiede la chiusura di anelli con più di sei termini. L’acido  (1,2‐cicloesilene)dinitrilotetracetico  (CDTA)  ha  due  gruppi imminodiacetici sull’anello del cicloesano, producendo una situazione che è molto  simile  a  quella  dell’EDTA,  benché  una  certa  rigidità  ed  ingombro strutturale siano introdotti dalla presenza dell’anello idrocarburico: 

N

H2C

H2C

C

O

OH

C

O

O H

H2C(CH2)n

H2CN

CH2

CH2

C

O

HO

C

O

HO

MN

N

O

O

O

O

IDA 

IDA 

en

EDTA

H2C  CH2

N

H2C

CH2

C

C O

O

O

O H

H

H2C

CH2

C O 

OH 

H H 

Page 28: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

28

           ’   ,     

 

E’ stata studiata sia la forma cis che la forma trans del CDTA. Il trans‐CDTA è uno  dei  più  forti  complessanti  noti, mentre  la  forma  cis  è molto meno efficace,  probabilmente  a  causa  di  una  sfavorevole  orientazione  dei  due gruppi  imminodiacetici  l’uno rispetto all’altro. Sono anche stati studiati gli analoghi  del  trans‐CDTA,  ottenuti  dal  ciclobutano  e  dal  ciclopentano (CPDTA). L’EEDTA e l’EGTA corrispondono alle strutture seguenti: 

 

                                                                          

 

Di questi,  l’EGTA è quello più  impiegato nella pratica analitica. Sono anche stati  studiati  i  tioanaloghi  di  EEDTA  e  di  EGTA, ma  non  sono  di  impiego comune. Infine  tra gli  innumerevoli derivati dell’acido  imminodiacetico è d’obbligo menzionare  il DTPA  e  il  TTHA  che  sono    agenti  complessante di  estrema potenza:  

 

                                                                             

 

 Di gran lunga il più noto e largamente usato in chimica analitica, dei derivati dell’acido  imminodiacetico, è  l’EDTA, ma  trans‐CDTA, EGTA e   DTPA  sono valide alternative. Tutti questi leganti sono acidi multiprotonici HnL, con n  

N

CH2 C O

OH

CH2 C

OH

O

OH

C O

C

O

OH

N

CH2H2C

CHO

O

NN

O H

CO

TTHA 

N

O

CH O

N

CH2H2C

C

O

OH

C O

OH

OC

OH

N

CH2 C O

OH

CH2

DTPA 

N

H2C

H2C

C

O

OH

C

O

OH

H2C

H2C

H 2 C H2

CN

CH2

CH2

C O

H O

C O

H OO H 2

C H2C O

EGTA 

N

H2C

H2C

C

O

O H

C

O

O H

H2C

H2C

H 2 C H 2

C N

CH 2

CH2

C

O

HO

C

O

HO

O

EEDTA 

N

CH2 C O

O

CH2 C

O

O

O C

O

N C H 2CO

O

H 2C

HH

H HCDTA

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 29: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

29

variabile fra 4 e 6, e quindi essi sono variamente protonati in una misura

che dipende dal pH. Le costanti di protonazione di EDTA, trans-CDTA, EGTA

e DTPA sono riportate nella Figura2.9 del Capitolo 2.

I meccanismi di reazione di EDTA, CDTA, EGTA e DTPA con un gran numero

di metalli sono estremamente semplici riducendosi, in ampi intervalli di

pH, alla reazione:

Nel complesso ML, il chelante occupa completamente la sfera di

coordinazione del metallo. Tuttavia, i singoli legami di coordinazione M-L

sono gradualmente scissi all’aumentare dell’acidità della soluzione, con

formazione di complessi protonati di stechiometria MHL, MH2L, etc. In

soluzioni molto basiche, OH – è anche in grado di scindere uno o più legami

M-L con formazione di specie basiche miste MOHL, M(OH)2L, etc… Solo nel

caso del TTHA, che chiaramente ha un numero di siti di coordinazione

ampiamente in eccesso rispetto alle esigenze della maggior parte dei

cationi, sono formate specie polinucleari di stechiometria M2L.

EDTA, trans-CDTA, EGTA e DTPA, che sono analiticamente i chelanti più

interessanti di questo vasto gruppo formano complessi stabili con

praticamente tutti i cationi metallici (vedi Figura2.7 del Capitolo 2), e la

stabilità generalmente aumenta, in primis, all’aumentare della carica sul

catione, e in secundis al diminuire del suo raggio ionico secondo uno

schema ben collaudato. L’abilità dei leganti qui in discussione di

complessare in maniera scarsamente selettiva quasi tutti i metalli è, da un

lato, un fatto desiderabile, in quanto è in linea di principio possibile pensare

allo sviluppo di titolazioni analitiche applicabili a tutti i metalli. L’aspetto

negativo di questa diffusa capacità di complessazione è la scarsa selettività

verso i metalli, che, durante le applicazioni analitiche, crea problemi di

interferenza fra cationi, in particolar modo fra quelli di carica e dimensione

simile. Per esempio, ognuno di questi leganti è perfettamente adatto per la

determinazione di Ca2+ o Mg2+ in un campione, mediante una titolazione

complessometrica, se presenti da soli. In una miscela di Ca e Mg sarà solo

possibile determinare la somma di questi due metalli, a meno che uno dei

due non venga preventivamente separato. Ciò dipende dal fatto che,

benché i complessi del Mg siano invariabilmente meno stabili di quelli del

Ca, il gap fra le costanti di formazione non è sufficiente a consentire la

determinazione separata dell’uno in presenza dell’altro. Da questo punto di

vista il legante più promettente, nel particolare caso di calcio e magnesio, è

l’EGTA, che esibisce un’inusuale caduta della costante di formazione nel

passare da Ca a Mg. Ciò fornisce una giustificazione per considerare

chelanti diversi dall’EDTA, che è il più largamente usato, nell’intento di

sfruttare sporadici elementi di selettività, che possano evitare la necessità

di ricorrere a lunghe separazioni.

Esempi Svolti

Esempio I

L’EDTA è un acido esaprotico (H6EDTA2+) con le seguenti costanti di

protonazione:

Page 30: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

30

                 .           

Calcolare le costanti di dissociazione acida di H6EDTA2+ (i.e., Ka1, Ka2, Ka3, Ka4, Ka5, 

Ka6). 

La prima costante di dissociazione acida di H6EDTA2+, Ka1 è data dal rapporto fra 

β5 e β6. Infatti, la reazione di dissociazione acida di H6EDTA2+, si ottiene sottraendo 

dalla reazione (V) la reazione (VI). In tal modo si ha: 

H EDTA      HH EDTA

10 .

10 . 10 .                  VII  

Analogamente la seconda costante di dissociazione, Ka2, è il rapporto fra β4 e β5. Si ha: 

H EDTA    HH EDTA

10 .

10 . 10 .                  VIII  

La terza costante di dissociazione, Ka3, è il rapporto fra β3 e β4. Si ha: 

H EDTA   HH EDTA 

10 .

10 . 10 .                  IX  

La quarta costante di dissociazione,Ka4, è il rapporto fra β2 e β3. Si ha: 

H EDTA    HH EDTA  

10 .

10 . 10 .                  X  

La quinta costante di dissociazione, Ka5, è il rapporto fra β1 e β2. Si ha: 

H EDTA    HH EDTA  

10 .

10 . 10 .                  XI  

Infine,  si  vede  immediatamente  che  la  sesta  e  ultima  dissociazione  dell’acido H6EDTA

2+, corrisponde alla reazione inversa della reazione (I). Quindi, si ha: 

EDTA    HH EDTA  

110 . 10 .                  XII  

L’acido H6EDTA2+ ha allora: pKa1 = ‐0.1, pKa2 = 1.5, pKa3 = 2.0, pKa4 = 2.7, pKa5 = 6.2, 

pKa6 = 10.5. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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31

1.5 Tecniche di Isolamento degli Equilibri di Formazione di Complessi in Acqua 

Da  quanto  detto  fin  qui  si  deve  capire  che  la  valutazione  delle concentrazioni di equilibrio delle specie presenti  in una soluzione acquosa in  cui  hanno  luogo  reazioni  di  formazione  di  complessi  fra  un  catione metallico, M, e un  legante esterno primario, L, è  in generale un problema piuttosto  intricato. Tuttavia, nella pratica,  tali  valutazioni  sono necessarie per giudicare sotto quali condizioni  le  reazioni di  formazione di complessi producono gli effetti desiderati rispetto a un predeterminato obiettivo. Per esempio,  per  progettare  una  titolazione  complessometrica  e  stimarne  i limiti  è  necessario  valutare  la  resa,  sotto  determinate  condizioni,  della reazione di formazione di complesso fra il titolante e il titolato, man mano che  la  titolazione  avanza.  Ciò  naturalmente  implica  la  valutazione  delle concentrazioni  di  equilibrio  dei  reagenti  e  dei  prodotti  delle  reazioni  di formazione di complessi durante la titolazione.  È  bene  stabilire  esplicitamente  che  una  volta  assegnata  la  composizione analitica  della  soluzione,  il  meccanismo  di  formazione  di  complessi  nei sistemi M‐L e M‐OH, e le costanti di protonazione del legante L, il problema di calcolare le concentrazioni di equilibrio delle in genere numerose specie formate nella soluzione è, da un punto di vista strettamente matematico, ben  definito.  Occorre  convogliare  le  informazioni  analitiche  sulla concentrazione  dei  costituenti  della  soluzione,  e  le  informazioni  sulla reattività  delle  varie  sostanze  nella  soluzione,  esposte  nei meccanismi  di formazione  di  complessi,  in  appropriate  relazioni,  che  complessivamente vanno a costituire un sistema di  tante equazioni quante sono  le differenti specie presenti nella soluzione. Per ottenere le concentrazioni di equilibrio delle  varie  specie  presenti  nella  soluzione  è  necessario  risolvere  tale sistema di equazioni. Prego nota che in questo, come in altri casi, un calcolo di equilibrio è sempre riducibile alla risoluzione di un sistema di equazioni. 

 

Figura1.5 – Meccanismo generale di formazione di complessi fra il catione metallico M e il legante L. N è il numero di coordinazione del metallo e n è un intero (n   N). Per chiarezza le cariche sul metallo, sul legante e sui complessi non sono rappresentate. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

                  

                     

                                       

 

  

Page 32: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

32

Il tratto caratteristico degli equilibri di  formazione di complessi  in acqua è costituito dalla pletora di differenti  specie presenti nella  soluzione  (i.e.,  il catione metallico  libero,  il  legante  libero,  i complessi  formati per reazione del catione metallico con  il  legante,  i prodotti dell’idrolisi del metallo e di protonazione  del  legante,  eventuali  complessi  misti,  etc.)  cosicché  il numero d’incognite e di equazioni, che compongono il sistema da risolvere, è  relativamente  elevato  (per  esempio  10  o  più,  anche  in  un  caso relativamente  semplice).  Naturalmente,  la  risoluzione  di  un  precisato sistema, con qualsiasi numero di equazioni e  incognite, può essere fatta  in breve tempo con un computer dotato di un appropriato software. Questo è certamente  di  grande  utilità ma,  in  questa  sede,  la  discussione  non  può essere ridotto semplicemente a un problema matematico, poiché  il nostro prevalente  interesse è di  svelare  la  chimica  che è  facilmente  smarrita  fra una massa d’intricate relazioni algebriche.  In  quel  che  segue,  è  dimostrato  in  che  modo,  e  sotto  quali  vincoli,  è possibile  semplificare  i  calcoli  necessari  in  un  certo  numero  di  situazioni d’interesse  pratico  e/o  analitico  in  cui  gli  equilibri  di  formazione  di complessi giocano un ruolo prevalente.  Un generico meccanismo di formazione di complessi fra un metallo, M, e il legante primario, L, sarà rappresentato con una serie di generali reazioni di formazione di complessi, come mostrato nello schema della Figura1.5. Cioè, un  qualunque  meccanismo  di  formazione  di  complessi  fra  un  catione metallico  e  un  legante  sarà  considerato  un’istanza  del  generale meccanismo  della  Figura1.5.  E’  bene  prendere  atto  che  la maggior  parte delle  difficoltà  connesse  con  l’interpretazione  e  l’uso  degli  equilibri  di formazione di complessi in acqua derivano dalla circostanza che le reazioni di formazione di complesso, esposte nel meccanismo della Figura1.5, hanno in genere  luogo contestualmente ad altre  reazioni  indesiderate o equilibri secondari. La Figura1.6 mostra che ciascuna delle reazioni di formazione di complesso può essere perturbata da  reazioni  collaterali, di  formazione di idrossocomplessi del metallo, di formazione di specie miste o di  

 Figura 1.6 – Perturbazione di una reazione di formazione di complesso da parte di reazioni collaterali del metallo, del legante e del complesso. 

               

Formazione di  idrossocomplessi: 

MOH 

M(OH)2 

M(OH)3 ………… M(OH)m 

Formazione di  complessi misti: 

MLn(OH) 

MLn(OH)2 

MLn(OH)3 ………… MLn(OH)m 

Protonazione del legante: 

HL 

H2L 

H3L …… HhL 

1 2 3

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 33: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

33

protonazione del  legante  che  in  genere  è una base mono o plurivalente. Questi equilibri  collaterali alle  reazioni di  formazione di  complessi  spesso non sono d’interesse in sé e per sé, ma creano un rumore di fondo da cui è difficile districare i fatti essenziali che concernono le reazioni di formazione di complessi.  Considera  ora  il  problema  di  immaginare  condizioni  appropriate  che consentano  di  isolare  le  reazioni  di  formazione  di  complesso  del meccanismo di  Figura1.5,  e di poterle osservare  in assenza delle  reazioni collaterali.  Cioè,  indaghiamo  se  sia  possibile  sopprimere  le  reazioni collaterali  del metallo,  del  legante  e  dei  complessi.  Evidentemente,  se  le reazioni collaterali possono essere soppresse o in qualche modo ignorate, il numero di differenti  specie nella  soluzione  si  riduce drammaticamente, e tutte  le  valutazioni  relative  alle  reazioni  di  formazione  di  complessi risulteranno di molto semplificate. Del  resto,  l’isolamento  delle  reazioni  di  formazione  di  complessi  dalle reazioni collaterali è un’esigenza assoluta per  l’uso analitico di questo tipo di  reazioni.  Infatti,  i metodi  chimici di  analisi  sono,  in  generale, basati  su sistemi  la  cui  chimica  è  estremamente  semplice,  e  riducibile, preferenzialmente,  ad  una  singola  reazione,  che  avvenga,  pressoché quantitativamente,  fra  un  analita  e  un  appropriato  reagente.  Allo  stato attuale delle  cose  le  reazioni di  formazione di  complessi,  che  in generale producono una varietà di prodotti contemporaneamente, sono lontane dal soddisfare questo requisito.  Le due strategie presentate in quel che segue consentono di disconnettere gli  equilibri  di  formazione  di  complessi  da  altri  equilibri  indesiderati.  La prima  strategia,  presentata  nel  seguente  §1.5.1,  è  applicabile  solo  in  un ristretto numero di casi ma produce una soppressione reale degli equilibri collaterali. La seconda strategia, presentata al §1.5.2 è  invece di carattere generale ma, benché consenta di trattare  la soluzione come se  le reazioni collaterali non avessero  luogo, procura solo una disconnessione apparente degli  equilibri  secondari,  che  comunque  continuano  ad  esistere  nella 

soluzione.  Tuttavia,  strettamente,  la  prima  strategia  (§1.5.1)  può  essere considerata un caso limite della seconda (§1.5.2).   

1.5.1 Soppressione delle Reazioni Collaterali per Aggiunta di un Eccesso di Acido Perclorico 

Vi è una minoranza di leganti che sono basi coniugate di acidi forti. Tipici rappresentanti  di  questa  categoria  sono  gli  alogenuri,  Cl‐,  Br‐,  I‐.  Questi leganti non possono essere protonati, e occupano un posto di  rilievo nel presente contesto, poiché non sono coinvolti in alcuna reazione collaterale di  protonazione  (il  cammino  2  in  Figura1.6  è  soppresso).  In  astratto,  le reazioni  di  formazione  di  complessi  degli  alogenuri  (o  in  genere  di  basi coniugate  di  acidi  forti)  si  possono  facilmente  isolare  conducendo  le reazioni di  formazione di complessi  in  soluzioni molto acide  (per esempio pH  =  0).  In  soluzioni  sufficientemente  acide  la  concentrazione  di  OH‐  è evanescentemente  bassa,  e,  quindi,  anche  le  reazioni  di  formazione  di idrossocomplessi e di complessi misti (cammini collaterali 1 e 3 in Figura1.6) sono  in  larga misura  soppresse. Tuttavia,  ciò  richiede  che venga aggiunto alla soluzione del metallo e dell’alogenuro un eccesso di un acido forte, HX, per imporre alla soluzione un pH sufficientemente basso. Ora, l’aggiunta di un eccesso di HX necessariamente introduce un eccesso di X‐, che in linea di principio  può  competere  con  il  legante  primario,  L,  per  il  metallo,  e innescare  nuove  reazioni  collaterali  del  metallo.  Se  HX  non  è  scelto oculatamente,  si  rischia,  con  una  tale  procedura,  di  adottare  un  rimedio peggiore del male, complicando  lo scenario degli equilibri nella soluzione, attraverso  l’introduzione  di  un  secondo  legante  esterno,  in  aggiunta  al legante primario, L. Se  la nostra strategia d’isolamento del meccanismo di reazione dei metalli con anioni che sono basi coniugate di acidi  forti deve sortire il risultato desiderato, allora si deve poter disporre di un acido forte, HX, molto  speciale.  HX  deve  essere  un  acido  il  cui  anione  X‐  non  forma complessi con il catione metallico considerato, M. Fortunatamente questo 

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speciale acido  forte esiste, ed è  l’acido perclorico, HClO4.  Il grosso anione perclorato, ClO4

‐, è incapace di complessare i cationi metallici, e i complessi dei  metalli  con  il  perclorato  si  possono  a  tutti  gli  effetti  considerare inesistenti.  In aggiunta,  il perclorato è anche  inattivo da un punto di vista redox,  il  che  evita  la  possibile  ossidazione  del  catione  metallico  o  del legante in soluzioni molto acide. L’acido perclorico è  in chimica di coordinazione un reagente  insostituibile, poiché  consente  la manipolazione del pH delle  soluzioni  senza  introdurre un  anione  che  possa  in  qualche modo  dar  luogo  a  indesiderate  reazioni collaterali di formazione di complessi o redox. Il meccanismo di formazione di  complessi  degli  alogenuri  (o  in  genere  degli  anioni  che  sono  basi coniugate di acidi forti) si può osservare, senza  le complicazioni  introdotte dalle  reazioni  collaterali,  aggiungendo  alla  soluzione  del  metallo  e  del legante un eccesso di acido perclorico.  Per  esempio,  in  una  soluzione  1  M  di  HClO4  e  che  contenga  variabili concentrazioni di Hg2+ e cloruro, le uniche reazioni che hanno luogo sono le reazioni di formazione di complessi fra Hg2+ e Cl‐ (reazioni da (1.44) a (1.47)) a dispetto del fatto che Hg2+ forma idrossocomplessi  estremamente stabili (reazioni da (1.48) a (1.50)), come si vede dai meccanismi di formazione di complessi che seguono: 

            

 .           .  

              

 

   .     .  

         

   .      .  

             .         .  

                       

 

Figura1.7 – Sistema di sei equazioni in sei incognite per il calcolo delle sei concentrazioni di equilibrio  delle  sei  specie  presenti  in  una  soluzione  che  contiene  una  concentrazione analitica  CHg M  di Mercurio(II)  e  CCl‐ M  di  cloruro,  e  un  eccesso  di  HClO4  sufficiente  a sopprimere  le  reazioni  collaterali.  Il  sistema  è  costituito  dalle  espressioni  delle  quattro costanti di formazione dei clorocomplessi di Hg2+, dal bilancio di massa del Mercurio e dal bilancio di massa del Cloro.  

  

           

 .  

       .                                                               

      .                                                                 

    .                                                                 

                       

                                                                                                

               

                                                                                                       

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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35

            

 .           .  

            

 

   .        .  

         

   .        .  

                   . .,             

Sotto  tali  condizioni  il  calcolo  delle  sei  differenti  specie  presenti  in  una soluzione di  assegnate  concentrazioni  analitiche di Mercurio(II)  e Cl‐  (i.e., [Hg2+],  [Cl‐],  [HgCl+],  [HgCl2], [ HgCl3

‐]  e [ HgCl42‐])  è  sempre  riducibile  alla 

soluzione di un sistema di sei equazioni nelle sei concentrazioni di equilibrio incognite.  Tale  sistema  è  costituito  dalle  quattro  relazioni  fornite  dalle quattro  costanti  di  formazione  di  complessi,  da  un  bilancio  di massa  del Mercurio e da un bilancio di massa del cloruro (vedi Figura1.7). Se si aggiunge Cl‐ a una soluzione che contiene Hg2+, acidificata con HClO4, si formano  esclusivamente  i  cloro  complessi  del  mercurio  (II).  È  possibile rappresentare graficamente una  tale soluzione per vedere  in che modo  la concentrazione di equilibrio dei singoli cloro complessi si modifica al variare della  concentrazione  di  cloruro.  Un  modo  semplice  per  descrivere l’evoluzione della  composizione di  equilibrio di una  soluzione  in  cui  sono formati  complessi  è  quello  di  definire,  per  ciascuna  specie,  X,  nella soluzione una frazione, fX, che rappresenta il rapporto fra la concentrazione di  equilibrio  di  X,  i.e.  [X],  e  la  concentrazione  totale  del  metallo  nella soluzione, i.e., CM. Per definizione, si ha: 

     

                      

Nel  caso dei  cloro  complessi di Hg2+  sono quindi definite  cinque  frazioni, rispettivamente: 

,  ,  ,  ,   

È  facile  mostrare  che,  quando  le  reazioni  collaterali  sono  soppresse,  le frazioni  fX,  dipendono  esclusivamente  dalla  concentrazione  del  legante libero, [L], nella soluzione. Per esempio per  i cloro complessi di Hg2+ risulta quanto segue. Secondo la definizione,  H  è dato da: 

  

 

          

   

Per  ricavare  questa  espressione  è  stato  usato  il  bilancio  di  massa  del Mercurio  (relazione  (V)  della  Figura1.7).  Nell’espressione  di  H   si 

possono sostituire  le concentrazioni dei complessi al denominatore con  le relazioni (I), (II), (III) e (IV) della Figura1.7.  Si ha: 

    

.   .         .      .      

 

   .   .         .      .      

     

Procedendo  analogamente  con  le  frazioni  H C ,  H C ,  H C ,  H C   si 

ottengono  le espressioni della Figura1.8. Si può vedere dalla Figura1.8 che le  frazioni  fX,  sono  indipendenti  dalla  concentrazione  del  metallo  e dipendono solo dalla concentrazione del legante libero. Un grafico che rappresenta le frazioni fX, moltiplicate per 100, in funzione di pL =  ‐log[L],  in una soluzione  in cui hanno  luogo reazioni di  formazione di complessi è chiamato grafico di distribuzione. Il grafico di distribuzione dei 

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cloro  complessi  di  Hg2+  è  presentato  in  Figura1.9.  Nel  grafico  di distribuzione vi è una  curva per ogni  complesso presente nella  soluzione. Una verticale tracciata nel grafico di distribuzione, ad un arbitrario pCl (= ‐log[Cl‐]), intercetta ciascuna curva in un punto la cui ordinata rappresenta la frazione percentuale di Mercurio che è presente sotto forma del complesso indicato sulla curva.  Dal grafico di distribuzione si può a colpo d’occhio apprezzare in che modo la  composizione  di  equilibrio  della  soluzione  evolve  al  variare  della concentrazione del legante.  Per esempio, dal grafico di distribuzione di una soluzione di Hg2+ e Cl‐ si può vedere  che ad alti pCl  (basse  concentrazioni di cloruro)  il mercurio non è  complessato ed esiste principalmente sotto  forma del catione  libero Hg2+. Tuttavia, già quando  la concentrazione del cloruro  libero nella soluzione è solo  10‐9  M,  comincia  a  formarsi  il  complesso  HgCl+.  All’aumentare  del cloruro  nella  soluzione  la  concentrazione  di  HgCl+  aumenta  fino  a  un massimo  e  poi  declina  a  causa    della  formazione  di  HgCl2.  HgCl2  appare come un complesso dotato di eccezionale stabilità che domina  lo scenario in  un  ampio  range  di  concentrazioni  di  cloruro.  Per  contro, HgCl3

‐  è  una specie secondaria che esiste solo in un intervallo ristretto di concentrazioni di cloruro, e rappresenta sempre una  frazione piccola  (< 20%) del metallo totale nella soluzione.  In altre parole, è  impossibile preparare soluzioni di mercurio(II)  e  cloruro  che  contengono  HgCl3

‐  come  specie  prevalente. Secondo uno  schema ben collaudato a elevate concentrazioni del  legante libero  si  forma  e  predomina  il  complesso  con  il  più  alto  rapporto legante/metallo. Quindi, HgCl4

2‐ è  la specie  limite e rappresenta  il punto di arrivo  delle  reazioni  di  formazione  di  clorocomplessi.  Dal  diagramma  di distribuzione  della  soluzione  si  può  apprezzare  che  per  produrre  HgCl4

2‐ come specie prevalente nella soluzione occorrono concentrazioni di cloruro libero (e quindi anche di cloruro totale) al di sopra di 1 M.  La Figura1.9 è completamente consistente con l’idea che la formazione di  

 

Figura1.8 – Espressioni delle frazioni  ,  ,  ,  ,   in una soluzione 

di Hg2+ e Cl‐. Ciascuna frazione rappresenta la frazione del metallo totale nella soluzione che è presente sotto forma della specie indicata. Si può vedere che le frazioni dipendono esclusivamente dalla concentrazione del legante libero, i.e. [Cl‐], e sono indipendenti dalla concentrazione del metallo. 

 

 

 

       

 . . . .

        

   .  

.   .         .      .                    

   .    

.   .         .      .                    

   .     

.   .         .      .                    

   .      

.   .         .      .                    

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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complessi  in  una  soluzione  avviene  gradualmente  all’aumentare  della concentrazione  del  legante.  I  complessi  con  un  basso  rapporto legante/metallo sono formati prima (ad alti pCl) e, da questi, per ulteriore aggiunta  di  legante  si  formano  i  complessi  con  i  più  alti  rapporti legante/metallo. Prego nota che il grafico di distribuzione di Figura1.9 rappresenta soluzioni reali  di  Mercurio(II)  e  cloruro  grazie  alla  soppressione  degli  equilibri collaterali per  aggiunta di un eccesso di acido perclorico.  

1.5.2 Reazioni di Formazione di Complessi a pH Fissato e Reazioni fra Gruppi di Specie. 

La  strategia  d’isolamento  del meccanismo  di  formazione  di  complessi nel  sistema M‐L  descritta  nel  paragrafo  precedente  è  applicabile  solo  ad alcuni  leganti particolari. Essa è  impraticabile nella maggior parte dei casi, poiché  il  legante primario è di norma  la base coniugata di un acido debole (come,  per  esempio,  ammoniaca,  etilendiammina,  EDTA,  etc.). L’acidificazione della soluzione con un eccesso di acido perclorico potrebbe, anche  in tal caso, servire a sopprimere  le reazioni collaterali di formazione di idrossocomplessi e di complessi misti ma, sfortunatamente, porta anche alla  completa  protonazione  del  legante  (cammino  collaterale  2  in Figura1.6).  Il  risultato  è  l’inattivazione  del  legante  e,  di  conseguenza,  la soppressione  delle  reazioni  primarie  (i.e.  le  reazioni  di  formazione  di complessi del catione metallico con il legante primario, L). Allora, sia sancito esplicitamente, i complessi di un catione metallico con leganti che sono basi coniugate di acidi deboli sono soppressi dall’aggiunta di un eccesso di acido forte. Considera, tuttavia, gli equilibri di formazione di complessi fra il metallo M e  il  legante  L  in  una  soluzione  il  cui  pH  sia  mantenuto  a  un  valore predeterminato  e  noto,  per  esempio  con  l’aggiunta  di  un  appropriato tampone. L’aggiunta di un tampone di pH a una soluzione che contiene il  

 Figura1.9 – Distribuzione di Hg2+  fra  i clorocomplessi  in  funzione di pCl =  ‐log[Cl‐]  in una soluzione di Mercurio(II) e cloruro acidificata con un eccesso di HClO4 per sopprimere  le reazioni collaterali alle reazioni di formazione di cloro complessi. L’ordinata rappresenta la frazione percentuale di mercurio  totale nella  soluzione presente  sotto  forma di  ciascun complesso, i.e., 100×([HgCln]/CHg).   

      

0

20

40

60

80

100

120

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

f  %

pCl

Hg2+

HgCl+

HgCl2

HgCl3‐

HgCl42‐

Distribuzione dei cloro complessi di Hg2+

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catione metallico  e  il  legante  primario  può,  in  pratica,  introdurre  nuove complicazioni poiché  la base del  tampone è, ovviamente, un  legante  che può innescare nuove reazioni collaterali con il metallo. La base del tampone introdotto  nella  soluzione  per  controllare  il  pH  sarà  chiamata  legante ausiliario. Per non  introdurre nuove reazioni collaterali  il  legante ausiliario dovrebbe  essere  scelto  in  modo  che  esso  non  formi  complessi  con  il metallo. La possibilità di realizzare in pratica questo requisito dipende dalla natura  del metallo  e  dal  valore  del  pH  che  si  desidera mantenere  nella soluzione, che determina  la  scelta del  tampone  che può essere utilizzato.  Tuttavia,  tenendo presente questo warning,  in quel  che  segue verrà  fatta l’assunzione  che  il  legante  ausiliario  non  interagisce  con  il  metallo. L’introduzione  degli  effetti  di  un’elevata  concentrazione  di  legante ausiliario  è  considerata  un  raffinamento  che  verrà  introdotto successivamente.  In  una  soluzione  del  catione  metallico,  M,  e  del  legante  primario,  L, tamponata  al  pH  desiderato  con  un  tampone  che  non  interagisce  con  il metallo, si possono raccogliere le numerose specie presenti in soluzione in tre gruppi, rispettivamente a., b. e c.: 

a.  In  questo  gruppo  sono  poste  tutte  le  specie  che  contengono  il metallo, eccetto quelle che contengono contemporaneamente il metallo e il legante primario, L. Cioè,  in questo gruppo sono posti  il metallo  libero, M, e tutti  i suoi  idrossocomplessi  formati  secondo  il  cammino 1 di  Figura1.6. Questo gruppo di specie sarà indicato con M  (leggi M‐segnato). Prego nota che, se il  legante ausiliario  forma complessi con  il catione metallico,  il gruppo M' contiene  anche  le  specie  formate per  reazione del metallo  con  il  legante ausiliario.  In  tal caso  le  relazioni date  sotto devono essere modificate per tener conto della modifica della composizione del gruppo M  introdotta dal legante ausiliario.   M'  non  è  una  specie  chimica  reale  ma  rappresenta  indistintamente  il metallo  libero,  M,  e  tutti  i  prodotti  di  reazioni  collaterali  alle  reazioni 

primarie di  formazione di complessi  in cui è coinvolto  il catione metallico. Benché M' non sia una specie chimica, si può definire una concentrazione fittizia,  [M'],  stipulando  che  [M']  è  una  concentrazione  di  gruppo,  il  cui valore corrisponde alla  somma della  concentrazione del catione metallico libero,  [M],  con  le  concentrazioni  di  equilibrio  di  tutte  le  specie  che appartengono  al  gruppo  M'.  In  pratica,  [M'],  è  la  somma  delle concentrazioni  di  tutte  le  specie  che  contengono  il  catione metallico ma non contengono il legante primario, L. Nel caso qui in discussione, in cui si è supposto  che  le  uniche  reazioni  collaterali  del  metallo  siano  quelle  di formazione di idrossocomplessi, si ha: 

..         

. . . .          

                                .  

      ’            

Per  derivare  la  relazione  (1.51),  la  reazione  di  formazione  del  m‐esimo idrossocomplesso è stata scritta: 

                                           . ) 

Quindi, dalla costante di equilibrio della reazione (1.52) si ha: 

             .  

Si  può  vedere  dalla  (1.51)  che  il  coefficiente  αM,  che  collega  la concentrazione di gruppo [M'] alla concentrazione del metallo libero [M], è dipendente dal pH. Tuttavia, se  il pH è fissato, αM assume un ben definito valore  che  può  essere  calcolato  dalla  definizione  (1.51).  Si  deve  quindi capire che se le reazioni di formazione di complesso sono considerate a un pH  fissato,  la  fittizia  concentrazione  di  gruppo,  [M'],  è  una  variabile 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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proporzionale  alla  concentrazione del metallo  libero nella  soluzione,  [M]. Dalla definizione  consegue  facilmente  che  αM    1, e  la  concentrazione di gruppo [M']   [M].  

b.  In  un  secondo  gruppo  sono  raccolte  tutte  le  specie  che  contengono  il legante,  L, eccetto  le  specie  che  contengono anche  il metallo, M. Questo gruppo,  indicato con L' (leggi L‐segnato), contiene  il  legante  libero e tutti  i suoi prodotti collaterali di protonazione.  Si può attribuire un significato alla concentrazione  di  gruppo  [L'],  convenendo  che  essa  sia  la  somma  delle concentrazioni di equilibrio delle singole specie che compongono il gruppo L'. Cioè poniamo: 

..         

. . .         

                           .  

      ’            

Per derivare  la  (1.54),  la  generale  reazione di protonazione del  legante è stata scritta: 

                                                     .  

Quindi, dalla costante di equilibrio della generale reazione di protonazione del legante primario (1.55) si deriva immediatamente: 

                                .  

Per un legante che fosse solo una base monoprotica, le relazioni date sopra si riducono a una forma molto semplice, in quanto solo β1   0. 

Dalla relazione (1.54) si può vedere che la fittizia concentrazione di gruppo, [L'], è proporzionale, attraverso  il coefficiente αL (che può essere calcolato dalla definizione (1.54)), alla concentrazione di equilibrio del legante libero, [L].  Benché  αL  sia  strettamente  dipendente  dal  pH  della  soluzione,  noi possiamo  ritenere  che  esso  abbia  un  costante  e  definito  valore  se  le reazioni di formazione di complesso hanno luogo ad un pH predeterminato. Dalla definizione deve risultare che αL     1 e [L']     [L]. 

c.  

In quest’ultimo gruppo, per ciascuna specie MLn, prodotta dalla reazione fra il  metallo  e  il  legante  primario,  secondo  il  meccanismo  di  reazione  di Figura1.5,  sono  raccolte  tutte  le  specie  che  contengono  il  metallo  e  il legante  nel  rapporto  1:n,  indipendentemente  se  esse  contengono  altri leganti, nella fattispecie OH‐, oltre al  legante primario, L. Questo gruppo è indicato  con MLn .  Analogamente  a  quanto  fatto  sopra  si  attribuisce  un significato alla concentrazione di gruppo [MLn ], convenendo che essa sia il valore ottenuto sommando le concentrazioni di equilibrio di tutte le specie che compongono il gruppo MLn . Per definizione si ha:  

. . . .       

, , . . , . .       

                                        .  

                  

Prego nota che per derivare la relazione (1.57) sono state usate le costanti di equilibrio  , .  ,  rappresenta la costante di equilibrio della reazione: 

                                     .  

in cui m ioni OH‐ sono legati al generico complesso MLn. Si ha quindi: 

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, , .  

Secondo  la  relazione  (1.57),  a  ciascun  complesso,  MLn,  fra  il  catione metallico, M,  e  il  legante  primario,  L,  è  associata  una  concentrazione  di gruppo [MLn ] che differisce dalla concentrazione di equilibrio [MLn] per un fattore, αML , che, a pH fissato, ha un ben definito valore. αML  può essere 

valutato dalla definizione  (1.57),  se  le  costanti di  equilibrio delle  reazioni (1.58) sono note. Se non sono formate specie miste il gruppo MLn  contiene la sola specie MLn e αML  = 1.  

Dall’esposizione precedente deve immancabilmente risultare quanto segue. A  ciascuna  specie  che  compare  nella  generica  reazione  estratta  dal meccanismo di formazione di complessi di Figura1.5, cioè nella reazione:  

.   .

si può associare un gruppo e una concentrazione di gruppo, i.e., M' e  [M'], L'    e  [L'], MLn e  [MLn ].  A  un  dato  pH  le  concentrazioni  di  gruppo  sono proporzionale,  attraverso  i  coefficienti  αM,  αL  o  αML   alle  reali 

concentrazioni di equilibrio [M], [L] e [MLn].   Ciò suggerisce di associare al meccanismo  generale  di  formazione  di  complessi  della  Figura1.5  un meccanismo fittizio di formazione di complessi in cui il catione metallico M, il  legante  primario  L  e  tutti  i  complessi  formati  per  reazione  del  catione metallico con il legante primario sono sostituiti con i corrispondenti gruppi. Ciò  si  ottiene  semplicemente  segnando  con  un  apice  tutte  le  specie  che compaiono nel meccanismo di Figura1.5. La Figura1.10 presenta il risultato di una tale operazione.  Il meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura1.10 è composto da strane reazioni in cui reagenti e prodotti sono gruppi di specie, piuttosto che  singole  specie,  com’è  abituale  nelle  comuni  reazioni  chimiche.  Tali peculiari  reazioni  fra gruppi di  specie  chimiche  saranno chiamate  reazioni 

fra gruppi. Rifletti ora sul significato che si potrebbe attribuire alle reazioni fra  gruppi  che  compongono  il  meccanismo  di  formazione  di  complessi segnato.  La  generica  reazione  fra  gruppi  estratta  dal  meccanismo  di formazione di complessi segnato è:  

.             

.  

Com’è stato detto,  la reazione (1.61), di fatto, sostituisce all’usuale  idea di una  reazione  chimica,  in  cui  i  reagenti  sono ben definite  entità  chimiche presenti nella soluzione, un concetto astratto di reazione chimica fra gruppi di specie. Cionondimeno, ad essa si può attribuire il significato seguente.  La  reazione  fra  gruppi  (1.61)  rappresenta  un  qualunque  processo  di formazione  di  complesso  in  cui  una  specie  qualunque  del  gruppo  M' (ricorda  che  tutte  le  specie  di  questo  gruppo  contengono  il  catione metallico)  per  reazione  con  una  qualunque  delle  specie  del  gruppo  L' (ricorda  che  tutte  le  specie  di  questo  gruppo  contengono  il  legante primario) forma una qualunque delle specie del gruppo MLn , le quali tutte contengono  n  leganti.  Cioè,  la  reazione  fra  gruppi  allude  all’essenza  del processo di formazione di complesso, in cui il fatto essenziale è appunto la sostituzione  di  n  molecole  di  acqua  coordinata  con  n  leganti,  senza specificare le reali specie chimiche che reagiscono per produrre tale effetto. In pratica, se noi potessimo osservare  la soluzione con uno strumento che vedesse  solo  il catione metallico e  il  legante primario, vedremmo proprio ciò che è descritto dal meccanismo di  formazione di complessi segnato, e cioè la formazione di complessi attraverso reazioni fra gruppi. Il fatto è e sta che, in molti casi pratici, la formazione di complessi per reazione tra gruppi e le concentrazioni dei gruppi è esattamente ciò a cui noi siamo interessati, mentre  la composizione dettagliata dei gruppi, che dipende dalle  reazioni collaterali,  è  priva  d’interesse.  Per  esempio,  noi  dobbiamo  guardare  alle concentrazioni  di  gruppo  [M']  e  [MLn']  in  tutti  i  casi  in  cui  vogliamo conoscere  con  quale  efficacia  il  catione metallico  viene  complessato  dal 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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legante primario. Quindi, dal punto di vista della valutazione della resa delle reazioni  di  formazione  di  complessi,  che  in molti  casi  è  l’unico  dato  che interessa,  le  concentrazioni  di  gruppo  sono  persino  più  utili  delle concentrazioni di singole specie. Ma com’è possibile calcolare o valutare le concentrazioni di gruppo?  La cosa è molto più semplice di quello che si può pensare in quanto, se il pH della soluzione è fissato, le concentrazioni di gruppo e le reazioni fra gruppi si  possono  trattare,  rispettivamente,  come  se  fossero  concentrazioni  di specie chimiche reali e normali reazioni chimiche fra specie singole.  Ciò dipende dal  fatto  che a una  reazione  fra gruppi è possibile attribuire una  ben  definita  costante  di  equilibrio.  Infatti,  se  si  applica  la  LAM  alla generica  reazione  fra gruppi  (1.61) e si utilizzano  le precedenti definizioni delle concentrazioni di gruppo, si ottiene: 

.  

à  

Dalla  (1.62)  si  può  vedere  che,  a  ogni  fissato  pH,  il  rapporto  di concentrazioni di gruppo che deriva dalla LAM: 

.  

ha un unico e ben definito valore che è semplicemente proporzionale a βn (la  costante  di  equilibrio  della  reazione  non  segnata  corrispondente  alla reazione  fra  gruppi  (1.61)).  Ciò  perché  i  coefficienti  alfa  che  compaiono nella  (1.62) hanno un definito e costante valore ad un dato pH.  In effetti, questo è esattamente quello che ci si aspetta dall’applicazione della LAM a una  reazione. Quindi,  fintanto che  il pH è costante, si può  ritenere che  le reazioni fra gruppi obbediscono alla LAM e   può, a tutti gli effetti, essere considerata la costante di equilibrio della reazione fra gruppi (1.61).  

 

Figura 1.10 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra il catione metallico M e il legante  primario,  L.  Questo meccanismo  può  essere  usato  al  posto  di  quello  reale  di Figura1.5 se le reazioni di formazione di complessi sono condotte a pH fissato. In tal caso le  concentrazioni  di  gruppo  e  le  costanti  condizionali  vengono  adoperate  come concentrazioni e costanti reali. Le reazioni collaterali non vanno più considerate poiché la loro  influenza  si  manifesta  esclusivamente  attraverso  il  valore  attribuito  alle  costanti condizionali. 

           

 

 

 

 

 

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Tuttavia, una variazione di pH produce  inevitabilmente una variazione dei coefficienti  alfa  e  infine  una  variazione  di  . Questa  è  la  fondamentale differenza  fra  la  costante  di  equilibrio  di  una  reazione  fra  gruppi  e  la costante di equilibrio di una reale reazione chimica, che, ovviamente, ha un valore costante indipendente dal pH dell’ambiente. Per sottolineare questa fondamentale  caratteristica  (i.e.,  la  dipendenza  dal  pH)  le  costanti  delle reazioni  fra  gruppi  (i.e.,  )  sono  chiamate  costanti  condizionali  di formazione  di  complessi.  Si deve  capire  che,  avendo dimostrato  (sotto  la restrizione  di  un  pH  fissato  della  soluzione)  che  le  reazioni  fra  gruppi seguono  la  LAM  ed  hanno  una  definita  costante  di  equilibrio,  le  inusuali reazioni  fra  gruppi  si  possono  trattare  come  se  fossero  normali  reazioni chimiche.  Da  ciò  segue  che  le  concentrazioni  di  gruppo  possono  essere trattate,  utilizzate  e  interpretate  come  concentrazioni  di  reali  specie chimiche.   Prego nota che dalla relazione (1.62) si può facilmente dedurre che  le  costanti  condizionali,  ,  sono  di  norma  più  piccole  delle corrispondenti  βn  in quanto  i  coefficienti  alfa  che  compaiono nella  (1.62) sono  tutti   1 ma, di solito,  l’effetto di αL e αM predomina  largamente su quello  di  αML .  In  pratica,  una  reazione  fra  gruppi  ha  in  genere  (a 

qualunque pH) una costante di equilibrio inferiore alla costante di equilibrio della corrispondente reazione di formazione di complesso non segnata. Ciò è,  in  effetti,  quanto  ci  si  aspetta,  in  quanto,  in  generale,  l’effetto complessivo delle reazioni collaterali, è di sottrarre  il catione metallico e  il legante alle reazioni primarie di formazione di complessi la cui resa è quindi diminuita. La  precedente  discussione  si  può  sintetizzare  come  segue. Quando  il  pH della soluzione è fissato e noto, è possibile sostituire alla soluzione reale un modello che fornisce, per così dire, una descrizione a bassa risoluzione della soluzione  considerata.  In  questo  modello  a  bassa  risoluzione  le  specie chimiche  singole  e  le  reazioni  fra  specie  singole  scompaiono completamente.  Nella  soluzione  sono  presenti  solo  gruppi  di  specie chimiche che reagiscono esclusivamente secondo  le reazioni fra gruppi del 

meccanismo di formazione di complessi segnato, per formare prodotti che, identicamente, sono gruppi di specie. Ciascuna reazione fra gruppi ha una propria costante di equilibrio, che ha un preciso valore a ogni fissato pH. Da ciò  consegue  che  le  reazioni  fra  gruppi  e  le  concentrazioni  di  gruppo  si possono  trattare  e  calcolare,  rispettivamente,  come  comuni  reazioni  fra specie  singole  e  concentrazioni  di  reali  specie  chimiche.  Il  calcolo  di equilibrio  applicato  al modello  a bassa  risoluzione  della  soluzione  fornirà solo  il  valore  delle  concentrazioni  dei  gruppi  all’equilibrio.  Il  numero  di gruppi è,  in generale, di gran  lunga  inferiore al numero di specie chimiche nella  soluzione,  e  quindi  il  calcolo  delle  concentrazioni  di  gruppo  è  un problema matematico molto più semplice del calcolo delle concentrazioni delle  singole  specie.  Infatti,  nel  caso  del  meccanismo  di  formazione  di complessi di Figura1.5, in cui sono formati N differenti complessi, il numero di gruppi e di concentrazioni di gruppo da calcolare è sempre N + 2 (cioè N complessi,  [M']  e  [L'])  indipendentemente  dal  numero  e  tipo  di  singole specie presenti nella soluzione e dal numero e tipo di reazioni collaterali. Il calcolo richiederà in tal caso la risoluzione di un sistema di N + 2 equazioni nelle  N  +  2  concentrazioni  di  gruppo  incognite.  Come  si  vede  dalla Figura1.11,  questo  sistema  di  equazioni  è  costituito  dalle  N  espressioni delle  costanti  di  equilibrio  condizionali,  dal  bilancio  di massa  del  catione metallico e dal bilancio di massa del legante. Prego nota come nei bilanci di massa del metallo e del  legante  le concentrazioni dei gruppi siano trattate esattamente come concentrazioni di specie reali.  Per  esempio,  nel  caso  di  un metallo  che  forma  quattro  complessi  con  il legante primario il numero delle concentrazioni di gruppo da calcolare è sei, e cioè, [M' ,  L' ,  ML' ,  ML2' ,  ML3' ,  ML4' , e ciò richiede  la soluzione di un sistema di sei equazioni in sei incognite.  L’utilità di tutto ciò dipende dal fatto  che,  l’analisi  a  bassa  risoluzione  delle  reazioni  di  formazione  di complessi,  è  sufficiente  a  dipanare  la  maggior  parte  dei  problemi  che sorgono  durante  la  loro  applicazione  pratica  e  analitica.  Per  esempio,  la trattazione  delle  titolazioni  complessometriche  può essere, e sarà, nel prossimo  

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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capitolo,  esclusivamente  basata  su  un modello  a  bassa  risoluzione  della soluzione  titolata. Ciò è possibile poiché, per  ragioni  che  saranno dette a tempo debito, una titolazione complessometrica è invariabilmente eseguita mantenendo un pH costante della soluzione titolata.  Le  titolazioni  complessometriche,  che  di  norma  sono  eseguite  con  un chelante  multidentato,  come  l’EDTA,  rappresentano  un  caso  limite  particolarmente  semplice  dell’uso  delle  reazioni  fra  gruppi.  Infatti,  di norma, durante una  titolazione  complessometrica di un  catione metallico con EDTA viene formato un singolo complesso.  In tal modo  il meccanismo di  formazione  di  complessi  segnato  è  costituito  da  una  sola  reazione  fra gruppi e nel modello a bassa  risoluzione della  soluzione vi  sono, per ogni assegnata  concentrazione  analitica  del  metallo  e  del  legante,  solo  tre concentrazioni  di  gruppo  da  calcolare.  Un  tale  calcolo  si  può  eseguire rapidamente,  senza  grandi mezzi,  poiché  è  riducibile  alla  soluzione  di  un sistema  di  tre  equazioni  nelle  tre  concentrazioni  di  gruppo  incognite. Questo sistema di equazioni è nella  forma sempre  lo stesso e ciò agevola ulteriormente la sua soluzione.  Tuttavia,  la  completa  progettazione  di  una  titolazione  complessometrica visuale, oltre alla  reazione  titolato‐titolante,  richiede anche  la valutazione della  reazione  di  formazione  di  complesso  dell’indicatore metallocromico con il catione metallico, M. Infatti, come si vedrà nel successivo paragrafo, un  indicatore metallocromico  (che, ovviamente deve essere presente per segnalare il punto di arresto della titolazione) è esso stesso un chelante che compete  con  il  titolante  per  complessare  il  catione  analizzato,  M.  La valutazione  dell’equilibrio  Metallo‐Indicatore  serve  a  determinare  se  il viraggio dell’indicatore ha  luogo  in un punto vicino al punto equivalente e quindi,  in definitiva, per determinare  se un prescelto  indicatore  è  adatto per  una  particolare  titolazione  complessometrica.  Anche  la  reazione metallo‐indicatore è analizzata per mezzo delle reazioni fra gruppi. Quindi, la  strategia  delle  reazioni  fra  gruppi  viene,  nel  caso  delle  titolazioni complessometriche, applicato a due reazioni di formazione di complessi  

   Figura1.11 ‐ Sistema di equazioni in N + 2 concentrazioni di gruppo incognite derivato dal meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura1.8. A pH fissato, il calcolo delle concentrazioni di gruppo è ridotto alla soluzione del sistema di equazioni presentato, per un’assegnata concentrazione analitica del catione metallico, CM, e del legante primario, CL. Prima  che  ad  un  dato  pH  si  possa  passare  alla  soluzione  del  sistema  di  equazioni  è necessario valutare N costanti condizionali al pH considerato. 

         

 

                                               

                                              

                                          

. . . .                          , ,    

 

. . . .     , ,

 

 

 

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dello  stesso metallo  con  due  diversi  leganti  che  coesistono  nella  stessa soluzione.  Queste  due  reazioni  fra  gruppi  interagiscono  fra  loro  poiché condividono la stessa concentrazione di gruppo M', e da questa interazione dipende il viraggio dell’indicatore.  Occorre precisare che l’uso della strategia delle reazioni fra gruppi è basato sulla  conoscenza delle  costanti  condizionali di  formazione di  complessi  al pH predeterminato. Ciò richiede un lavoro di calcolo supplementare, poiché le costanti condizionali devono essere valutate dalle corrispondenti costanti di  formazione  di  complessi  e  dai  coefficienti  alfa  attraverso  la  relazione (1.62). Tale calcolo richiede quindi la valutazione dei tre coefficienti α (i.e., αM, αL o αML ), che può essere eseguita se  le reazioni collaterali e  le  loro 

costanti di equilibrio sono note. Quindi, l’uso del modello delle reazioni fra gruppi non esonera dalla conoscenza delle reazioni collaterali, benché esso consenta  di  ignorarle  durante  i  calcoli,  una  volta  che  le  costanti condizionali, al pH d’interesse, siano state valutate.  

Esempi Svolti 

Esempio I 

A  una  soluzione  0.01 M  di  AgClO4  venne  aggiunta  ammoniaca  fino  a  una concentrazione  di  0.1 M. Da  una misura  con  un  elettrodo  di  vetro  il  pH  della soluzione  all’equilibrio  risultò  essere  11.05.  In  questa  soluzione  si  formano  i complessi amminici e gli idrossocomplessi dell’Argento (I), secondo i meccanismi seguenti: 

           

    .              

        .            

                

             .              

        .            

          

Inoltre  l’ammoniaca  può  essere  protonata  ad  ammonio  secondo  la  seguente reazione di protonazione: 

               .      

Calcola  la  percentuale  di  argento  che  è  complessivamente  trasformata  negli ammino complessi Ag(NH3)

+ e Ag(NH3)2+.  

Questo  caso  è  stato  scelto  di  proposito  per  la  sua  semplicità,  in  quanto l’Argento(I) ha un numero di  coordinazione due,  e  il numero di  specie prodotte all’equilibrio è relativamente modesto. Cionondimeno, nella soluzione vi sono sette differenti  concentrazioni  di  equilibrio  incognite  che  devono  essere  valutate  (in quanto il pH della soluzione è noto). Ciò strettamente implica che occorre scrivere un  sistema di  sette equazioni nelle  sette  concentrazioni di equilibrio  incognite e risolvere per ottenere  la concentrazione di ogni singola specie nella soluzione.  In alternativa  si  può  rispondere  al  quesito  dell’esercizio  usando  la  strategia  delle reazioni  fra gruppi. A  tal  fine occorre  riformulare  il meccanismo di  formazione di complessi fra Ag+ e ammoniaca nel seguente modo: 

Ag NH Ag NH             Ag NH  

NH   Ag 10?            VI  

Ag 2NH Ag NH         Ag NHNH Ag

   10?          VII  

              A    NH 

Si può vedere che nel meccanismo di  formazione di  complessi  segnato appaiono quattro  differenti  concentrazioni  di  gruppo.  Il  problema  matematico  è  quindi ridotto  alla  soluzione  di  un  sistema  di  quattro  equazioni  nelle  quattro 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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concentrazioni  di  gruppo.  Il  sistema  di  equazioni  da  risolvere  è  costituito  dalle espressioni delle due costanti condizionali, dal bilancio di massa dell’argento e dal bilancio di massa dell’ammoniaca. Si ha: 

 

Prego nota come nei bilanci di massa  (X) e  (XI)  le concentrazioni di gruppo siano usate esattamente come concentrazioni di reali specie chimiche. Evidentemente  prima  di  poter  risolvere  il  sistema  di  equazioni  costituito  dalle equazioni (VIII), (IX), (X) e (XI) è necessario calcolare le costanti condizionali   e  . Ciò richiede la valutazione dei seguenti coefficienti α: 

αA 1 10 .   OH 10 . OH   

αA 1 10 .   10 . 10 . 10 . 1.11           XII  

αNH 1 10 .   H 1 10 .  10 . 1.015       XIII  

αA NH αA NH 1                                                                             XIV  

Prego  nota  che  poiché  nel  presente  caso  si  suppone  che  non  siano  formati complessi misti  i coefficienti alfa di entrambi  i complessi sono unitari. Si possono ora  calcolare  le  costanti  condizionali  di  formazione  dei  due  ammino  complessi usando la relazione (1.62) . Si ha: 

    αA NH

αNH αA   10 . 1

1.015 1.11  10 .           XV  

    αA NH

αNH αA   10 . 1

1.015 1.1110 .         XVI  

Sostituendo questi valori nelle relazioni  (VIII) e  (IX) del sistema di equazioni è ora possibile  risolvere  per  ottenere  le  concentrazioni  di  gruppo  [Ag(NH3)']  e [Ag(NH3)2']. I risultati della risoluzione del sistema di equazioni sono come segue: 

Ag 9.66 10  M 

Ag NH   1.56 10  M 

Ag NH 9.98 10  M  NH 7.89 10  M 

La  percentuale  di  Ag+  convertito  nel  complesso  con  un  solo  legame  Ag‐NH3  è quindi: 

% Ag NH   100Ag NH  

A100

1.56 100.01

0.16% 

Mentre la percentuale di Ag+ convertito nel complesso con due legami Ag‐NH3 è: 

% Ag NH 100Ag NH

A100

9.98 100.01

99.8% 

Prego nota che in questo caso i gruppi di specie Ag NH    e Ag NH  contengono le  sole  specie  Ag(NH3)

+  e  Ag(NH3)2+,  in  quanto  non  si  formano  complessi misti. 

Tuttavia, la formazione di complessi misti avrebbe modificato i valori calcolati delle costanti condizionali, mentre il sistema di equazioni sarebbe rimasto invariato. Per contro  il  gruppo Ag'  contiene  le  specie Ag+, AgOH  e AgOH2

+.  Il  valore  di  [Ag']  = 9.66×10‐8  M  ottenuto  nel  calcolo  non  specifica  le  concentrazioni  rispettive  di queste  tre  specie ma  solo  la  somma delle  loro  concentrazioni. Questa perdita di dettaglio è, tuttavia, ininfluente ai fini del quesito dell’esempio.      

Ag NHNH   Ag

10? VIII  

Ag NHNH Ag

   10?                     IX  

Ag NH   2 Ag NH NH 0.1 M           XI           

Ag Ag NH   Ag NH 0.01 M           X   

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1.5.2.1 Grafici di Distribuzione dei Gruppi  

Una soluzione, in cui hanno luogo reazioni di formazione di complessi secondo un  determinato  meccanismo  di  formazione  di  complessi  segnato,  può  essere rappresentata  graficamente  mediante  un  grafico  di  distribuzione  dei  gruppi  di specie. Il grafico di distribuzione dei gruppi è un grafico che rappresenta la frazione di  catione  metallico  totale  presente  sotto  forma  di  un  particolare  gruppo,  in funzione di pL  (= ‐log[L ]) nella soluzione. In pratica, un grafico di distribuzione dei gruppi è identico nella sostanza a quello di distribuzione dei complessi presentato nella Figura1.9, con la differenza che i complessi sono sostituiti con gruppi di specie chimiche. Per  esempio,  considera  una  soluzione  che  contiene  il  catione  Cu2+,  il  cui  pH  è fissato a 9.0, a cui viene aggiunta ammoniaca per formare gli ammino complessi del Rame(II). In una tale soluzione si formano gli ammino complessi di Cu2+ secondo il meccanismo: 

                   .                  .  

         

   .                  .  

        

     .                 .  

       

   .            .  

                                     

Inoltre  vi  sono  reazioni  collaterali  di  formazione  di  idrossocomplessi  secondo  il meccanismo: 

            

 .           .  

              

 

   .     .  

         

   .     .  

         

   .     .  

                   . .,             

Il legante primario, i.e. l’ammoniaca, può essere protonato secondo la reazione:  

           .           .  

                           

Il  meccanismo  di  formazione  di  ammino  complessi  di  Cu2+  è  trasformato  nel meccanismo segnato seguente: 

            

                        .  

        

                      .  

       

                     .  

       

                     .  

                                        

Le relazioni fra i gruppi presenti nella soluzione sono: 

                                 .  

                                    .  

                                  .  

                                    .  

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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                   .  

               .  

                                      

La frazione di rame presente sotto forma del gruppo X’ è per definizione: 

                    

               

                 .  

Sostituendo al posto di  [X’] nella  (1.75),  [M’] per  la  frazione  M  e  le espressioni (1.69),  (1.70),  (1.71)  e  (1.72)  rispettivamente  per  le  frazioni  MNH   ,  M NH   , 

M NH  e    M NH   si ottengono  le espressioni di Figura1.12 per  le  frazioni dei 

vari gruppi nella soluzione.  Per poter usare  le espressioni delle  frazioni dei gruppi  in Figura1.12 è necessario calcolare le costanti condizionali dei quattro ammino complessi di Cu2+. Ciò, ovviamente,  richiede  il  calcolo di αC   , αNH   , αC NH   , αC NH   , αC NH  

e αC NH  .  

Poiché si suppone che non vi siano reazioni collaterali di formazione di complessi misti,  tutti  i gruppi Cu NH   , Cu NH   , Cu NH , e Cu NH   sono costituiti dalle singole specie  Cu NH   ,  Cu NH  , Cu NH , e Cu NH  e quindi tutti  i  coefficienti  alfa  dei  complessi  (cioè, αC NH ,   αC NH ,   αC NH  

e αC NH ) sono uguali a 1. È solo necessario calcolare αC  e αNH .  

Il  gruppo  NH3   è  composto  dalle  specie  NH3  e  NH4+.  Quindi,  dalla  costante  di 

protonazione dell’ammoniaca e dalla relazione (1.54) si ha: 

    . .           .      

 Figura1.12  ‐  Frazioni  di  rame  in  ciascuno  dei  cinque  gruppi  di  specie  presenti  in  una soluzione di Cu2+ e ammoniaca.                 

        

                 

  

            

  

          

  

          

Page 48: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

48

Il gruppo Cu  è composto dalle specie Cu2+, CuOH+, Cu(OH)2, Cu(OH)3‐ e Cu(OH)4

2‐. Quindi dalle costanti di  formazione di  idrossocomplessi e dalla  relazione  (1.51) si ha: 

 

. . . .  

.                                    .  

Dai  valori  dei  coefficienti  alfa  valutati  sopra,  dalle  costanti  di  formazione  degli ammino complessi di Cu2+ e dalla relazione (1.62): 

                                 .  

si ottengono i seguenti valori delle costanti condizionali: 

.. .  

.                               .  

.. .  

.                               .  

.. .  

.                               .  

.. .  

.                               .  

Prego  nota  la  drammatica  diminuzione  delle  costanti  condizionali  rispetto  alle corrispondenti costanti non segnate, a causa della formazione di idrossocomplessi e della protonazione del legante.  Inserendo  i  valori  delle  costanti  condizionali  nelle  espressioni  delle  frazioni  di Figura1.12 è possibile tracciare il grafico di distribuzione dei gruppi di Figura1.13.  Il grafico di distribuzione di Figura1.13 è una rappresentazione a bassa risoluzione dell’evoluzione della composizione di equilibrio della soluzione di Cu2+, via via che viene modificata la concentrazione del gruppo NH3’. Infatti, non è possibile vedere dal  grafico  la  composizione  dei  gruppi,  benché,  nel  presente  caso,  i  gruppi  dei complessi siano costituiti da singole specie. Tuttavia, ciò che si vede dal grafico è che il gruppo Cu’ predomina fino a pNH3’   3. Ciò si deve interpretare nel senso  

 

Figura1.13 ‐ Grafico di distribuzione dei gruppi per una soluzione di Cu2+ e ammoniaca a pH = 9.0. 

 

 

 

 

 

 

0

20

40

60

80

100

120

0 1 2 3 4 5 6

f% 

pNH3′

Cu′

CuNH3′Cu(NH3)2′

Cu(NH3)3′

Cu(NH3)4

Distribuzione dei gruppi in una soluzione di  Cu2+ e NH3 a pH = 9.0

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 49: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

49

che, fino a tal punto, non sono formati legami di coordinazione, mentre non è

possibile dire se nella soluzione predomina Cu2+ o qualche suo idrossocomplesso.

Se il nostro interesse è nella formazione degli ammino complessi del rame, tale

informazione è superflua. Noi vediamo che specie con un singolo legame di

coordinazione (quelle del gruppo CuNH3’) o con due legami di coordinazione

(quelle del gruppo Cu(NH3)2’) sono specie secondarie che non rappresentano se

non piccole frazioni del Rame nella soluzione. Infatti, la formazione di complessi

sembra aver luogo stabilendo immediatamente tre legami di coordinazione Cu-

NH3, come si vede dal fatto che il gruppo Cu(NH3)3’ è formato in pratica

direttamente dal gruppo Cu’. Aumentando la concentrazione di NH3’ (il che si può

fare aggiungendo ammoniaca o ammonio) si producono infine quattro legami di

coordinazione, come dimostrato dalla prevalenza del gruppo Cu(NH3)4’ a bassi

pNH3’.

Nota che il commento al grafico di distribuzione dei gruppi di Figura1.13 è identico

nella sostanza a quello della Figura1.9, a parte il fatto che le specie chimiche sono

state sostituite dai gruppi.

Page 50: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

50

1.6 Indicatori Metallocromici 

1.6.1 Concetti di base 

 Secondo  la definizione, un  indicatore metallocromico,  In, è un  agente chelante la cui forma libera (i.e. non complessata) ha un colore diverso dal complesso, MIn,  che  esso  forma  con un  generico metallo M.  In  astratto, quindi,  quando  a  una  soluzione  contenente  l’indicatore  viene  aggiunto  il metallo, M,  si  osserverà  un  cambiamento  di  colore  della  soluzione,  che passa dal colore di In al colore di MIn, nel momento in cui è stato aggiunto sufficiente metallo da  trasformare  l’indicatore, quasi completamente,   nel corrispondente complesso MIn. Si può vedere che  il meccanismo alla base del  cambiamento  di  colore  di  un  indicatore metallocromico  è  analogo  al meccanismo  di  variazione  del  colore  di  un  indicatore  AcidoBase,  con  il catione metallico  che  sostituisce  il  protone.  Gli  indicatori metallocromici sono  principalmente  usati  per  rivelare  il  punto  di  fine  di  una  titolazione complessometrica visuale ed è a questo tipo di applicazione che è mirata la successiva discussione. Per esempio un comune indicatore metallocromico, il Nero Eriocromo T (o NET), è un chelante che in soluzione alcalina corrisponde alla struttura: 

 

Il NET è capace di complessare diversi cationi, Ca2+, Mg2+, Zn2+, Pb2+, Co2+, Cu2+, etc… attraverso la seguente reazione:  

                        

 

La reazione di formazione di complesso altera  la struttura elettronica del NET  e,  conseguentemente,  l’assorbimento  di  radiazione  da  parte  del cromoforo. I complessi del NET assorbono nella regione di basse lunghezze d’onda del visibile e sono invariabilmente di colore rosso. Il colore del NET libero dipende dal pH: a pH fra 7 e 11 le soluzioni di NET sono blu, per cui il passaggio dell’indicatore dalla forma  libera alla forma complessata risulta in un netto viraggio dal blu al rosso. Nella  maggior  parte  dei  casi  d’interesse  pratico  il  meccanismo  di formazione di complessi di un metallo con un indicatore metallocromico è assai semplice, e si riduce alla sola reazione: 

                      

                  .  

          

La forma logaritmica della costante di formazione del complesso Metallo‐Indicatore è: 

                             .  

                

Ponendo: 

O2 N

-O3S N N

O- O-

O2N

-O3SN N

O OM

+ M

NET Complesso M­NET

O2N

-O3S N N

O- 3 ‐

Nero Eriocromo T (NET)

O-

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 51: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

51

                                                 .  

                                                         

La relazione (1.83) si può scrivere: 

                                     .  

Dalla  relazione  (1.85)  si  può  dedurre  che  quando  nella  soluzione  sono presenti  uguali  concentrazioni  di  equilibrio  della  forma  complessata  e della  forma  libera,  la concentrazione di equilibrio del metallo soddisfa  la condizione: 

                                 .                  ’  

 è    à  

È vero anche l’inverso, e cioè, se la concentrazione di equilibrio del metallo soddisfa  la  relazione  (1.86)  nella  soluzione  sono  presenti  uguali concentrazioni della forma libera e complessata dell’indicatore. pMtrans,   ossia  il valore di pM quando  il 50% dell’indicatore è nella  forma libera  e  il  50%  è  nella  forma  complessata,  è  il  punto  di  transizione,  ed identifica la concentrazione di equilibrio del metallo a cui si ha il passaggio dalla prevalenza della forma libera alla prevalenza della forma complessata dell’indicatore,  con  conseguente  cambiamento di  colore. A pM  > pM  trans prevale  la  forma  libera  dell’indicatore, mentre  a  pM  <  pMtrans  prevale  la forma  complessata.  pMtrans  è  chiamato  sensibilità  dell’indicatore.  Dalla (1.86)  si deduce  che,  fra due  indicatori, è più  sensibile quello  che  con un dato metallo  forma  il  complesso  più  stabile.  Si  può  vedere  che  per  un indicatore  di  alta  sensibilità  (che  ha  pMtrans  relativamente  elevato),  il cambiamento  di  colore  avviene  a  concentrazioni  relativamente  basse  del metallo (i.e., ad alti pM). Semplificativamente si può assumere che quando il rapporto:  

    

sia visibile solo  il colore della  forma complessata,  i.e., MIn. Analogamente quando il rapporto: 

    

sarà  visibile  solo  il  colore  della  forma  libera,  i.e.  In.  Allora,  risulta  che  il 

completo viraggio dell’indicatore metallocromico avviene entro ± 1 unità di pM intorno al punto di transizione. Poiché pMtrans coincide con il logaritmo 

della  costante di  formazione del  complesso metallo  indicatore,  log β1, ne risulta che il viraggio dell’indicatore è regolato dalla stabilità del complesso metallo indicatore.  

1.6.2 Influenza del pH sul Viraggio degli Indicatori Metallocromici 

Alla  luce  di  quanto  esposto  nei  precedenti  paragrafi,  la  trattazione dell’equilibrio metallo indicatore svolta sopra è astratta e sovrasemplificata poiché  considera  la  reazione  di  formazione  del  complesso  Metallo‐Indicatore  isolata  dall’ambiente  chimico  della  soluzione.  Tuttavia,  la reazione  Metallo‐Indicatore  in  acqua  è  affetta,  come  qualunque  altra reazione di  formazione di  complesso, dalle  complicazioni  introdotte dalle reazioni  collaterali. Per brevità  verrà  considerato  in dettaglio  solo  il Nero Eriocromo T che è uno degli indicatori metallocromici di uso più frequente ma i principi presentati sono simili per la maggior parte degli indicatori.  Un  indicatore  metallocromico  è,  come  tutti  i  chelanti,  una  base multiprotonica,  che  può  essere  variamente  protonata.  La  protonazione dell’indicatore è una reazione di complessazione del protone, che ha luogo sugli  stessi  siti  basici  che  vengono  impiegati  nella  coordinazione  del 

Page 52: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

52

metallo. Da  ciò  segue  che  la protonazione dell’indicatore metallocromico può  produrre,  e  di  solito  produce,  una  variazione  di  colore,  che  molto spesso è analoga alla variazione di colore prodotta dalla complessazione del metallo. Da questa circostanza conseguono tre fatti di grande rilievo pratico per l’uso di un indicatore metallocromico: 

1. Un indicatore metallocromico è anche un indicatore AcidoBase. 

2. I  colori  fra  cui  avviene  il  viraggio  dell’indicatore  metallocromico dipendono  dal  pH  (soprattutto  il  colore  della  forma  libera dell’indicatore).  

3. Il grado di  conversione dell’indicatore nel  complesso  con  il metallo, e quindi  la sensibilità, dipendono dal pH e dall’eventuale presenza nella soluzione di leganti ausiliari.  

Ciascuno di questi punti ha un riflesso sull’uso dell’indicatore, per cui è utile esaminarli  in maggior  dettaglio.  Di  seguito  sono  discussi  i  punti  1.  e  2., mentre  le  conseguenze  della  questione  sollevata  al  punto  3.  sono presentate nel paragrafo successivo.  Nella Figura1.14 è presentato il diagramma logaritmico AcidoBase del NET, il  quale,  per  protonazione  agli  atomi  di  ossigeno  fenolici  e  al  gruppo solfonico,  produce  la  forma  neutra  H3NET,  che,  peraltro,  esiste  in concentrazioni apprezzabili soltanto  in soluzioni molto acide (le costanti di protonazione del NET sono β1=1011.6, β2= 1017.9, β3=1017.9). Poiché H2Net

‐ è di  colore  rosso,  HNet2‐  di  colore  blu  e  Net3‐  è  arancio,  si  vede immediatamente  che  il  NET  è  un  indicatore  AcidoBase  con  un  primo intervallo di viraggio  intorno a pHtrans = 6.3 (dal rosso al blu) e un secondo intervallo di viraggio  intorno a pHtrans = 11.6  (dal blu all’arancio). Tenendo presente che i complessi Metallo‐NET sono di colore rosso, è chiaro che, se la  reazione metallo  indicatore  ha  luogo  a  pH    11,  si  avrà  un  indefinito viraggio dall’arancio al rosso. Per contro nella regione di pH fra  7 e  11 il viraggio è fra blu e rosso. Infine, in soluzione acida la formazione del  

 Figura1.14 ‐ Diagramma logaritmico acido‐base dell’indicatore metallocromico H3NET (pKa1=0; pKa2 =6.3; pKa3=11.6). Colori: H3Net → giallo; H2NeT

‐ → rosso; HNET2‐ → blu; NET3‐

→ arancio. 

 Figura 1.15 ‐ Variazione dei colori con il grado di protonazione dell’indicatore metallocromico Nero Eriocromo T. 

H2Net‐ 

Rosso HNet2‐ Blu 

Net3‐

Arancio 

pH = pKa2 = 6.3 pH = pKa3 = 11.6

14pH  0 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 53: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

53

complesso non produce alcuna variazione di colore, in quanto sia la forma

libera che quella complessata sono dello stesso colore. E’ evidente che il

NET non è di alcuna utilità come indicatore metallocromico in soluzioni

acide. La variazione di colore più netta si ha a pH fra 7 e 11, mentre a pH

molto alcalini il cambiamento di colore è piuttosto vago. Da ciò si può

dedurre che la convenienza di un indicatore metallocromico dipende

fondamentalmente dal pH a cui è impiegato. Per l’uso di un indicatore

metallocromico è necessario preventivamente decidere, sulla base del

colore del complesso con il metallo e delle varie forme protonate

dell’indicatore, in quale regione di pH l’indicatore può essere usato. Un

diagramma logaritmico dell’indicatore metallocromico, come quello di

Figura1.14 è persino eccessivo per risolvere una tale questione, che può

essere affrontata rapidamente con uno schema come quello di Figura1.15. I

dati necessari per costruire schemi come quello di Figura1.15 per un certo

numero di indicatori di uso comune sono riportati nella Figura1.16.

Per alcuni indicatori è possibile (con alcuni cationi metallici) la formazione

di complessi misti, di stechiometria MInOH, che contengono OH-. Di norma i

complessi MInOH, che sono detti complessi basici, si formano solo a pH

nettamente alcalini. Per contro, a pH acidi è possibile la formazione di

complessi acidi di stechiometria MInH. Vi è, quindi, la possibilità che i

complessi acidi e basici del metallo con l’indicatore abbiano colori diversi da

quello di MIn, il che impartisce una dipendenza dal pH anche al colore del

complesso.

Si deve capire da quanto esposto che l’uso di un indicatore metallocromico

richiede un certo numero di informazioni, che non possono essere riassunte

in un singolo parametro come nel caso degli indicatori AcidoBase. Inoltre, a

causa di possibili variazioni di colore dovute a variazioni di pH, un indicatore

metallocromico è, per così dire, tale solo se il pH della soluzione in cui viene

usato è mantenuto costante. Questa è una delle fondamentali ragioni per

cui le titolazioni complessometriche visuali sono sempre eseguite

mantenendo un pH costante nella soluzione titolata.

Figura 1.16 – Caratteristiche AcidoBase di alcuni degli indicatori metallocromici più

comuni.

Page 54: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

54

1.6.3 Valutazione dell’Effetto di Reazioni Collaterali sulla Sensibilità degli Indicatori Metallocromici 

A  ogni  selezionato  pH,  vi  è  un  effetto  sul  grado  di  conversione dell’indicatore nel  complesso Metallo‐Indicatore  (e quindi  sul  colore della soluzione)  da  parte  delle  reazioni  collaterali  del metallo,  del  legante  e, eventualmente,  del  complesso  MIn,  secondo  quanto  è  stato  detto  in proposito al §1.5 per la generale reazione di formazione di complesso ed è visualizzato  nella  Figura1.17.  Anzi,  gli  indicatori  metallocromici  sono  un caso favorevole per illustrare l’utilità della strategia delle reazioni fra gruppi per  eseguire  in maniera  semplice  le  valutazioni  necessarie  per  la  scelta dell’indicatore da usare durante una titolazione complessometrica.  La reazione fra gruppi corrispondente alla reazione (1.82), di formazione del complesso Metallo‐Indicatore, si scrive: 

'                     

                  .  

                  

Ciò  che  ci  occorre  valutare  è  proprio  in  che  misura  il  gruppo  M',  sia trasformato nel gruppo MIn', poiché  il  colore della  soluzione dipende dal rapporto  fra  le  concentrazioni  di  questi  due  gruppi,  i.e.,  [MIn' /[In' .  In pratica, vi è un colore associato al gruppo MIn'  (cioè,  il colore della forma complessata dell’indicatore) e un  colore al gruppo  In'  (cioè  il  colore della forma  libera  dell’indicatore  al  pH  della  soluzione  titolata).  Il  viraggio dell’indicatore ha  luogo quando si passa dalla prevalenza del gruppo MIn' alla prevalenza del gruppo  In'.  La differenza  fondamentale  fra  la  reazione (1.82)  e  la  sua  corrispondente  segnata  (1.87)  è  che,  ad  un  dato  pH,  noi possiamo  trattare  l’equilibrio Metallo‐Indicatore  come  se  l’unica  reazione nella soluzione fosse la reazione fra gruppi (1.87).  Elaborando l’espressione della costante condizionale   si ricava subito che: 

 

Figura 1.17 – Reazioni collaterali alla reazione di formazione del complesso fra un catione metallico e un indicatore. 

                

Formazione di  complessi basici e acidi: 

MIn(OH) Complesso basico 

MInH Complesso acido 

Formazione di  idrossocomplessi: 

MOH 

M(OH)2 

M(OH)3 ………… M(OH)m 

1 2 3

Protonazione dell’indicatore: 

HIn 

H2In 

H3In …… HhIn 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 55: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

55

                              .  

Il punto di transizione dell’indicatore  (ossia  la sua sensibilità) è  il valore di pM  per cui  le due concentrazioni di gruppo  [MIn ] e  [In ] sono  identiche. Dalla (1.88) si ha: 

                                              .  

à              

Dalla (1.89) si può vedere che nel modello a bassa risoluzione della reazione  Metallo‐Indicatore  la  sensibilità dipende dalla  costante  condizionale delle reazione  fra  gruppi  (1.87).  Ciò  impartisce  alla  sensibilità  degli  indicatori metallocromici una dipendenza dal pH,  in quanto  la costante condizionale 

  ha  un  definito  valore  ad  ogni  pH.  Se  si  tiene  conto  del  fatto  che  la costante  condizionale    è,  di  norma,  più  bassa  della  corrispondente costante  di  stabilità  non  segnata,  si  può  anche  dedurre  che  l’effetto complessivo  delle  reazioni  collaterali  è  di  diminuire  la  sensibilità dell’indicatore. A  pM M   la  soluzione  assume  il  colore  del  gruppo  In , mentre  se pM M   il  colore  della  soluzione  corrisponderà  a  quello  del  gruppo MIn .  Se  si  assume  che, quando  il  rapporto  [MIn /   In ] > 10,  sia  visibile solo  il colore di MIn ; e, per contro, quando  [MIn /   In ] < 0.1, sia visibile  solo  il colore di In , risulta che il completo viraggio dell’indicatore ha  luogo entro   1 unità di pM , intorno a pM   (cioè, intorno a log   ). Infine,  il  colore  della  soluzione  dipenderà  dal  valore  della  variabile  pM , piuttosto  che  da  pM.  La  costante  condizionale  del  complesso  metallo indicatore si calcola dalla relazione: 

        

                             .  

              

Quindi, prima che  la reazione di gruppo  (1.87) possa essere  impiegata per valutare  la  sensibilità  dell’indicatore  è  necessario  valutare,  al  pH  di interesse,  i tre coefficienti alfa che compaiono nella relazione  (1.90) e che servono  per  il  calcolo  della  costante  condizionale  ,  dal  corrispondente valore di    . Ciò è fatto utilizzando le definizioni dei gruppi come mostrato nel  §1.5.2.  Se  supponiamo  che  il metallo  sia  esclusivamente  coinvolto  in reazioni  collaterali  di  formazione  di  idrossocomplessi  (la  praticabilità  di questa ipotesi dipende dalla natura del metallo e dall’eventuale presenza di un legante ausiliario), αM si calcola dalla relazione: 

. . . .    .  

    ;   è                  

αIn,  che  dipende  dalle  costanti  di  protonazione  dell’indicatore  si  calcola dalla relazione: 

 . .              .  

    ;   è          

La relazione (1.92) è una relazione generale che nel caso del NET contiene solo tre costanti di protonazione. Infine se si assume, com’è spesso il caso, che al pH considerato non vi siano complessi misti metallo  indicatore,  il valore di alfa del complesso,  αMIn,  si può porre uguale a 1, cioè: 

                                                            .  

                  

In caso contrario αMin si valuta dalla relazione: 

Page 56: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

56

, che viene usata nella relazione (1.94) è la costante di formazione

del complesso basico MInOH da MIn:

La relazione (1.95) è una forma semplificata della relazione (1.57) del

§1.5.2, che tiene conto del fatto che, nel caso degli indicatori,

invariabilmente si forma un unico complesso basico di stechiometria

MInOH e, peraltro, in genere, solo a pH molto alcalini.

Si dà anche l’eventualità che in soluzioni acide si formi un complesso misto

acido di stechiometria MInH secondo una reazione del tipo:

La relazione da impiegare per il calcolo di αMIn in soluzioni acide è allora:

Esempi Svolti

Esempio I

Il Nero Eriocromo T è usato come indicatore durante la titolazione di Mg2+ con

una soluzione standard di EDTA. Il pH della soluzione titolata è tamponato a 10.0

con un tampone NH3/NH4+. La costante di formazione del complesso MgNET è:

Al pH = 10 della titolazione, il complesso MgNET- è di colore rosso mentre la forma prevalente dell’indicatore libero, HNET2- (vedi Figura1.14) è di colore blu. In tal modo la titolazione viene arrestata quando, per aggiunta di EDTA si ha il viraggio dal rosso al blu. Considerato che le costanti di protonazione di NET3- sono: β1=1011.6, β2= 1017.9,

β3=1017.9, e che lo ione Mg2+ forma un solo idrossocomplesso di stechiometria

MgOH+ secondo la reazione:

Calcola la sensibilità del NET per il Magnesio a pH = 10. Assumi che Mg2+ non

formi complessi con l’ammoniaca, che in questo caso ricopre il ruolo di legante

ausiliario nella soluzione, e che al pH della titolazione non siano presenti

complessi basici.

La reazione fra il magnesio e il NET scritta come reazione fra gruppi è:

Da quanto esposto nella traccia dell’esempio si può subito porre:

Quindi, il gruppo MgNET′ è costituito dalla sola specie MgNET-, che è di colore

rosso.

Il gruppo Mg′ è costituito da due specie, Mg2+ e Mg(OH)+. Dalla relazione (1.91) si

ha quindi:

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 57: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

57

Il gruppo NET′ è costituito da quattro specie, i.e., NET3-, HNET2-, H2NET-, H3NET. A

pH = 10 il colore di NET′ è blu poiché la specie prevalente nel gruppo è HNET2-, che

è appunto di colore blu. Dalla relazione (1.92) e dalle costanti di protonazione del

NET si ha:

Con i valori dei coefficienti alfa calcolati nella (IV), (V) e (VI) si ha:

Di qui si ottiene immediatamente che la sensibilità del NET come indicatore per il Magnesio a pH = 10 è:

Si può giudicare dalla (VIII) che, a causa principalmente delle reazioni di

protonazione dell’indicatore (in questo particolare caso l’idrolisi del metallo è

molto limitata ed ha un effetto secondario), il NET, a pH = 10, è un indicatore di

sensibilità molto più bassa di quello che si poteva giudicare dal valore della

costante di formazione di MgNET- (i.e. β1 = 107).

Nella figura che segue è mostrata la sensibilità del Nero Eriocromo T per il

magnesio in funzione del pH. La sensibilità (i.e., pM’trans) diminuisce all’aumentare

dell’acidità della soluzione a causa delle reazioni di protonazione dell’indicatore.

Questo è un andamento che si verifica con tutti gli indicatori metallocromici. La

sensibilità del NET per il Magnesio è massima a pH maggiori di circa 12, ma in

questa regione di pH l’indicatore non può essere usato a causa di un viraggio

difficile da apprezzare. Per molti metalli, che sono più fortemente idrolizzati del

magnesio, la sensibilità degli indicatori metallocromici declina anche in soluzione

alcalina a causa della formazione di idrossocomplessi e la curva della sensibilità in

funzione del pH è di solito dotata di un massimo a pH intermedi.

Esempio I

Il Nero Eriocromo T è instabile in soluzione, probabilmente a causa della

presenza nella molecola sia di un gruppo nitro ossidante che di un gruppo azo

riducente. Il NET può essere vantaggiosamente sostituito con la Calmagite la cui

struttura è mostrata nella Figura1.16. Si può vedere che la Calmagite deriva dal

NET per sostituzione del gruppo nitro con un gruppo metile. Tale sostituzione

altera le costanti di protonazione dell’indicatore che diventano: β1=1012.4, β2=

1020.5, β3=1020.5. Come nel caso del NET il colore della Calmagite dipende dal

grado di protonazione: H2In è rosso, HIn è blu e In è arancio. I complessi con i

metalli sono di colore rosso. In tal modo la Calmagite può essere usata

nell’intervallo di pH fra circa 8.5 e 12 dove si produce un viraggio dal rosso del

complesso al blu di HIn. La costante di formazione del complesso della calmagite

con il Magnesio è β1=108.1. Valuta la sensibilità della Calmagite per il Magnesio

sotto le stesse condizioni descritte nell’Esempio I (ie., pH = 10.0 in tampone

NH3/NH4+)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

6 7 8 9 10 11 12 13 14pH

Sensibilità del NET per il Magnesio

pMg'trans

NET' = blu NET' = Arancio

Page 58: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

58

Per valutare la sensibilità della Calmagite per il Magnesio è, come nell’esempio precedente,  necessario  valutare  la  costante  condizionale  della  reazione Metallo‐Indicatore.  Evidentemente  tutti  i  valori  dei  coefficienti  alfa,  eccetto  αIn,  sono identici a quelli calcolati nell’esempio precedente  (in quanto si tratta dello stesso metallo  allo  stesso pH). Quindi, è  solo necessario  rivalutare  αIn per  la  calmagite. Procedendo come nell’esempio precedente si ha: 

αIInIn

1 H H H H H H               

αI 1 10 . 10 10 . 10 10 . 10    255.4       I  

  αMIαI   αM  

10 . 11.04 255.4

  10 .         II  

Di qui si ottiene immediatamente che la sensibilità della Calmagite come indicatore per il Magnesio a pH = 10 è: 

pMg log  5.7                                            III  

Si  può  vedere  confrontando  i  valore  della  sensibilità  calcolata  nella  (VII)    con  il valore della sensibilità   calcolata nell’Esempio  I che  la Calmagite è, a pH = 10, un indicatore  per  il  Magnesio  di  sensibilità  paragonabile  al  NET  (strettamente  la Calmagite è più sensibile del NET che ha una sensibilità per il Magnesio nelle stesse condizioni di 5.4). Da ciò consegue che la Calmagite, che è stabile in soluzione, può essere  vantaggiosamente  sostituita  al  NET  senza  apportare  variazioni  alle procedure.  Prego  nota  che  ciò  non  è  quello  che  si  dedurrebbe  confrontando direttamente le costanti di stabilità dei complessi del NET e della Calmagite, poiché la  costante  del  complesso  della  Calmagite  con  il Magnesio  è  oltre  un  ordine  di grandezza più grande della corrispondente costante del NET. Tuttavia la Calmagite è  anche una base più  forte del NET  (e  affetta  in misura maggiore dalle  reazioni collaterali  di  protonazione),  e  ciò  compensa  per  l’aumentata  stabilità  del  suo complesso. Prego  nota  che  sia  nel  presente  esempio  che  in  quello  precedente  la  costante condizionale  non  dipende  dalla  concentrazione  del  legante  ausiliario  (i.e., l’ammoniaca). Questo è in generale il caso dei metalli alcalino terrosi. Per i cationi dei metalli di transizione ciò cessa di essere vero e occorre introdurre modifiche al calcolo  della  costante  condizionale  per  tener  conto  dell’effetto  del  legante ausiliario. Ciò è mostrato nell’esempio seguente.    

Esempio III 

Il  Nero  Eriocromo  T  forma  con  lo  ione  Zn2+  un  complesso  di  coloro  rosso secondo la reazione: 

          

 .            

Il meccanismo di idrolisi di Zn2+ consiste delle seguenti quattro reazioni: 

            

 .            

              

 

   .       

         

   .      

          

   .      

                   . .,             

Zn2+ forma anche ammino complessi stabili secondo il seguente meccanismo: 

                   .        

         

   .        

        

     .      

            

   .        

                                     

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 59: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

59

Una soluzione che doveva essere sottoposta a titolazione complessometrica per

la determinazione dello zinco venne tamponata a pH = 9.3 con un tampone 0.1 M

NH3/0.1 M NH4+. Calcola la sensibilità del NET per lo zinco sotto tali condizioni.

Assumi che al pH della titolazione non siano formati complessi basici. Poiché

l’ammoniaca è presente in largo eccesso rispetto al metallo è una buona

approssimazione pensare che la concentrazione di equilibrio dell’ammoniaca

[NH3], resti per tutta la titolazione 0.1 M.

La reazione fra lo Zinco e il NET, scritta come reazione fra gruppi è:

Da quanto esposto nella traccia dell’esempio si può subito porre:

Quindi, il gruppo ZnNET′ è costituito dalla sola specie ZnNET-, che è di colore

rosso. Ciò è identico ai casi degli ’Esempi I e II.

Il gruppo NET′ è costituito da quattro specie, i.e., NET3-, HNET2-, H2NET-, H3NET. A

pH = 9.3 il colore di NET′ è blu poiché la specie prevalente nel gruppo è HNET2-, che

è appunto di colore blu. Dalla relazione (1.92) e dalle costanti di protonazione del

NET si ha:

Il gruppo Zn′ è costituito da nove specie, Zn2+ e Zn(OH)+, Zn(OH)2, Zn(OH)3

-.

Zn(OH)42-, Zn(NH3)2+, Zn(NH3)2

2+, Zn(NH3)32+, Zn(NH3)4

2+. La composizione del

gruppo Zn’ costituisce la principale differenza fra questo caso e il caso analizzato

nell’esempio precedente. L’ammoniaca, che è praticamente inattiva verso il

Magnesio e i metalli alcalino terrosi svolge verso lo Zinco il ruolo di un legante

ausiliario, che innesca reazioni collaterali di formazione di ammino complessi. Per

calcolare αZn occorre aggiungere termini alla relazione (1.91) per tener conto della

formazione di ammino complessi con il legante ausiliario. L’estensione della (1.91)

è immediata. Si ha:

Con i valori dei coefficienti alfa calcolati nella (XI), (XII) e (XIII) si ha:

Dal valore della costante condizionale calcolata in (XIV) si vede che la sensibilità del NET come indicatore per lo Zinco a pH = 9.3 è:

Da questo calcolo si può giudicare che la presenza di 0.1 M ammoniaca nella

soluzione ostacola la reazione dello zinco con l’indicatore e ne deprime la

sensibilità di circa sette ordini di grandezza. Evidentemente, la sensibilità

diminuisce all’aumentare della concentrazione dell’ammoniaca. In una soluzione in

cui l’ammoniaca fosse 1 M probabilmente il complesso Zinco-NET non si forma

affatto, se non in un largo eccesso di zinco. E’ facile concludere che il NET può

essere usato come indicatore dello zinco solo se la concentrazione dell’ammoniaca

è al di sotto di 0.1 M e se non è richiesto un indicatore di elevata sensibilità. Prego

nota infine che nonostante la costante di formazione del complesso Magnesio-NET

(vedi Esempio I) sia oltre cinque ordini di grandezza più bassa di quella del

complesso Zinco-NET, in ambiente ammoniacale il NET ha sensibilità paragonabili

per Zn2+ e Mg2+. Il tipo di calcolo eseguito in questo esempio è necessario per

calcolare la sensibilità degli indicatori metallocromici per la maggior parte dei

cationi di transizione, e.g., Ni2+, Co2+, Cd2+, etc…, i quali, in genere, formano

complessi con la base del tampone usato per mantenere un pH costante nella

soluzione titolata durante la titolazione complessometrica.

Page 60: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

60

                                  

                                 

 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 61: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

61

Capitolo 2

Titolazioni Complessometriche con

Acidi AmminoCarbossilici

2.1 Concetti di Base

Nell’analisi chimica volumetrica, una titolazione complessometrica è

intrapresa per stabilire la concentrazione (o il numero di moli) di un catione

metallico target in una soluzione. La soluzione titolata quasi mai coincide

con il campione da analizzare ma è il prodotto finale di un trattamento

controllato del campione che può prevedere uno o più steps di

precipitazione, dissoluzione, separazione delle interferenze, etc...

Durante una titolazione complessometrica, a un volume misurato di

soluzione titolata, V0 ml, contenente il catione target, M, a una

concentrazione incognita, M, è aggiunta, in piccoli incrementi misurati,

la soluzione standard a concentrazione nota, M, di un appropriato

legante, L (titolante), che provoca, attraverso una o più reazioni di

formazione di complessi, la scomparsa dell’analita target (titolato) dalla

soluzione. Una titolazione complessometrica può anche servire per l’analisi di un

composto o di un anione che ha le proprietà di un legante per titolazione

con la soluzione standard di un appropriato catione. Tuttavia, in quel che

segue, noi assumeremo il punto di vista che le titolazioni

complessometriche servono per la determinazione dei metalli per

titolazione con un legante appropriato, poiché questo è il modo in cui esse

sono presentemente usate.

Lo scopo di una titolazione analitica è la determinazione del punto

equivalente, ossia del punto della titolazione in cui è stato aggiunto un

volume equivalente, Veq ml, di titolante.

Il punto equivalente di una titolazione è un concetto strettamente

connesso con le reazioni (reazioni di titolazione) che provocano la

scomparsa dell’analita dalla soluzione a seguito dell’aggiunta di titolante.

Infatti, in una titolazione è postulato un punto equivalente per ciascuna

delle reazioni che, durante la titolazione, provocano la scomparsa

dell’analita dalla soluzione. Per definizione, il punto equivalente connesso a

una data reazione fra il titolante e il titolato è il punto della titolazione in

corrispondenza del quale sono stati aggiunti un numero di moli di titolante

che sta in rapporto con il numero di moli di titolato come i coefficienti del

titolante e del titolato nella reazione considerata. Se è sperimentalmente

possibile determinare il punto equivalente di una titolazione, sarà allora

possibile calcolare il numero di moli incognito del titolato dal numero di

moli noto del titolante aggiunto fino al punto equivalente. Infatti, il loro

rapporto è noto e uguale al rapporto fra i corrispondenti coefficienti della

reazione rispetto alla quale il punto equivalente è definito. Il caso più

semplice, e anche più comune, è quello in cui vi è una sola reazione

titolante-titolato, ed è quindi postulato un singolo punto equivalente.

Questo unico punto equivalente può di solito essere individuato

accuratamente e senza grandi mezzi se la reazione titolato-titolante

procede con un alto grado di completezza (i.e., ha un’elevata costante di

equilibrio). Titolazioni per cui vi sono più reazioni possibili fra il titolato e il

titolante hanno diversi punti equivalenti. In generale, la capacità di

individuare accuratamente almeno un punto equivalente durante una

titolazione diminuisce all’aumentare del numero di punti equivalenti, cioè

all’aumentare del numero di reazioni che provocano la scomparsa

dell’analita dalla soluzione a seguito dell’aggiunta del titolante.

Dipendentemente dal caso e dalle informazioni analitiche richieste può

Page 62: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

62

essere sufficiente, durante una titolazione, essere in grado di individuare un solo punto equivalente o può essere desiderabile individuarne più di uno. Per esempio, considera la titolazione di V0 ml di una soluzione che contiene 

una concentrazione,  H  M, di Mercurio(II) con una soluzione a titolo noto 

di  cloruro  di  sodio,  NaCl,  C  M.  Supponi  che  prima  della  titolazione  la soluzione di Mercurio sia stata acidificata con un eccesso di HClO4, in modo da isolare il meccanismo di formazione di complessi fra  Hg2+ e  Cl‐. Sotto tali condizioni, l’aggiunta del titolante alla soluzione provoca la scomparsa dello ione Hg2+ dalla soluzione a seguito delle reazioni di formazione di complessi di Figura2.1. Per questa titolazione sono postulati quattro punti equivalenti, ciascuno connesso ad una delle quattro reazioni di formazione di complessi. Al  primo  punto  equivalente,  Veq1,  il  numero  di moli  di  cloruro  aggiunti, 

C , è uguale al numero di moli di mercurio presenti nella soluzione 

titolata, cioè: 

                                   .  

In generale al n‐simo punto equivalente vale la relazione: 

                                   .  

È  evidente  dalla  condizione  (2.2),  che  si  applica  in  corrispondenza  del  n‐esimo  punto  equivalente,  che,  se  noi  siamo  in  grado  di  arrestare  la titolazione  a  un  volume  di  arresto,  Varr,  che  sia  abbastanza  vicino  a  uno degli n punti equivalenti, allora  sarà possibile determinare  il contenuto di 

mercurio,  H  , della soluzione titolata.  

La Figura2.2 presenta le curve di titolazione di 50 ml di soluzioni di Hg2+ alle concentrazioni di 0.002, 0.01 e 0.020 M con una soluzione standard di NaCl 0.05 M.  Le  curve  di  titolazione  sono  state  costruite  riportando  pHg  (=  ‐ log[Hg2+]) in funzione del volume complessivo di titolante aggiunto durante la titolazione, Vt ml.  

 Figura2.1 – Meccanismo di formazione dei cloro complessi di Mercurio(II) 

                 

   .       

             

 

   .      

         

   .       

             .          

                       

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 63: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

63

Questo  è  solo  un  esempio  di  una  curva  di  titolazione  complessometrica, poiché,  in  generale,  la  curva  di  titolazione  complessometrica  del  catione metallico M con un dato legante è il grafico che rappresenta pM (= ‐log[M]) in funzione del volume di titolante aggiunto. Dalla Figura2.2 si deve estrarre l’idea  che  una  titolazione  complessometrica  consiste  nella  scansione  del pM (pHg nel caso della Figura2.2) della soluzione titolata eseguita mediante l’aggiunta  di  un  legante  che  causa  un  aumento  del  pM  durante  la titolazione.  Il valore di pM corrispondente a un punto equivalente, è pMeq (pHgeq  nel  caso  della  Figura2.2).  Una  titolazione  complessometrica  può essere  di  valore  analitico  se  la  curva  di  titolazione mostra  un  repentino aumento di pM in corrispondenza dei punti equivalenti, cioè se la pendenza della  curva  di  titolazione  nell’immediato  intorno  dei  punti  equivalenti  è sufficientemente  alta.  I  punti  equivalenti  che  possono  essere analiticamente utili corrispondono a punti di flesso della curva di titolazione e a massimi della sua pendenza. L’analisi delle  curve di  titolazione di Figura2.2 mostra  che vi è un  singolo punto  equivalente  in  corrispondenza  del  quale  la  concentrazione  di Hg2+ nella  soluzione  diminuisce  repentinamente  e  che  può  essere  di  utilità analitica.  La  Figura2.3,  che  rappresenta  i  rapporti  incrementali  ∆pHg/∆Vt delle curve di titolazione della Figura2.2 (calcolati con incrementi ∆Vt = 0.06 ml), mostra che questo punto equivalente corrisponde a un massimo della pendenza  della  curva  di  titolazione.  Si  può  vedere  che  l’unico  punto equivalente  individuabile  sulla  curva  di  titolazione  del  Mercurio(II)  con cloruro corrisponde alla formazione del complesso HgCl2, mentre gli altri tre punti  equivalenti,  postulati  in  corrispondenza  delle  quattro  reazioni  di formazione  di  complessi  di  Figura2.1  e  corrispondenti  a  HgCl+,  HgCl3

‐  e HgCl4

2‐  non  sono  individuabili.  pHg  al  punto  equivalente  è  praticamente indipendente  dalla  concentrazione  di Mercurio  titolata  (pHgeq    6.7  per tutte  le  curve  di  titolazione  di  Figura2.2).  Quindi,  se  è  disponibile  un qualche mezzo che indica quando, durante la titolazione, pHg raggiunge un  

 Figura2.2 ‐ Curve di titolazione di 0.001, 0.01 e 0.02 M Mercurio (II) con soluzione standard 0.05 M  NaCl.  Le  frecce  sulle  curve  indicano  un  intervallo  di  pHg  entro  cui  l’errore  di titolazione è al di sotto di 1%. 

 Figura2.3 ‐ Curve dei rapporti incrementali delle curve di titolazione di Figura2.2. I rapporti sono stati calcolati con incrementi di 0.06 ml. 

0

2

4

6

8

10

12

14

0 10 20 30 40 50 60

pHg

Vt, ml

0.010 M0.0010 M

0.020 M

0.0

2.0

4.0

6.0

8.0

10.0

12.0

14.0

16.0

0 10 20 30 40 50 60

∆pHg/∆Vt

Vt, ml

0.0010 M

0.010 M

0.0020 M

Page 64: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

64

valore  nell’immediato  intorno  di  6.7,  sarà  possibile  determinare  il Mercurio(II)  in una  soluzione acida per HClO4  titolando con una  soluzione standard  di NaCl.  La  quantità  di mercurio  nella  soluzione  viene  calcolata dalla relazione: 

                                   .  

L’errore  sul mercurio  può  essere  contenuto  entro  1%  se  la  titolazione  è arrestata a un pHg nell’intervallo compreso fra le frecce in Figura2.2. Si può vedere  che  al diminuire della  concentrazione di Mercurio nella  soluzione diminuisce anche  l’ampiezza dell’intervallo di pHg utile per  l’arresto della titolazione, mantenendo un errore costante.  È  bene  stabilire  esplicitamente  che  la  titolazione  del  Mercurio(II)  con cloruro  è  un  caso  eccezionale,  più  che  la  regola,  che  è  dovuto all’eccezionale stabilità del complesso HgCl2, cosicché durante la titolazione tutto avviene come se l’unica reazione titolante‐titolato fosse: 

             

 

   .     .  

Classicamente le favorevoli caratteristiche del meccanismo di formazione di complessi  fra  il  mercurio  e  il  cloruro  sono  state  utilizzate  per  la determinazione  del  cloruro  con  una  soluzione  standard  di  Hg(NO3)2 (mercurimetria). Tuttavia,  nella  maggior  parte  dei  casi  le  titolazioni  complessometriche eseguite con un  legante monodentato presentano curve di titolazione che ascendono  dolcemente  senza  repentini  cambiamenti  di  pM  in corrispondenza dei punti equivalenti. Ciò è dovuto principalmente al  fatto che  i  meccanismi  di  formazione  di  complessi  dei  metalli  con  leganti monodentati  sono  composti  da  numerose  reazioni  di  formazione  di complessi, che hanno  luogo contemporaneamente a  seguito dell’aggiunta del  legante,  il  che  si  traduce  nella  presenza  sulla  curva  di  titolazione  di diversi  punti  equivalenti  che  sono  difficili  da  individuare  accuratamente. 

Inoltre molte reazioni di formazione di complessi con  leganti monodentati esibiscono  costanti  di  stabilità  non  sufficientemente  elevate  da  produrre curve di titolazione che possono essere impiegate a scopi analitici.  

2.2 Titolazioni complessometriche fra Gruppi 

Nel  precedente  paragrafo  la  titolazione  del  Mercurio(II)  con  una soluzione  standard  di  cloruro  è  stata  eseguita mantenendo  un  ambiente nettamente acido nella soluzione titolata al fine di isolare il meccanismo di formazione  di  complessi  del  Mercurio(II)  con  il  cloruro.  Ciò  serve  a semplificare  la chimica che si svolge nella soluzione a seguito dell’aggiunta del legante, il che ha effetti favorevoli sulla forma della curva di titolazione. Nel caso di  leganti che sono basi coniugate di acidi deboli,  l’acidificazione della  soluzione  titolata per  sopprimere  le  reazioni  collaterali alla  reazione primaria non è praticabile. In questi casi, per semplificare  la chimica che si svolge  nella  soluzione  titolata  a  seguito  dell’aggiunta  di  titolante,  la titolazione è eseguita mantenendo un pH costante nella soluzione titolata mediante  l’aggiunta  di  un  appropriato  tampone.  Sotto  tali  condizioni  la titolazione può essere efficacemente trattata con la strategia delle reazioni fra gruppi.  Nel contesto della  strategia delle  reazioni  fra gruppi,  il  legante  titolante L aggiunto  alla  soluzione  titolata  durante  una  titolazione  complessometrica fra gruppi può reagire con  il catione metallico  titolato, M, esclusivamente secondo  le reazioni del meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura2.4. In questa  rappresentazione della  soluzione  l’analita  target è  il gruppo M , che viene titolato aggiungendo  il gruppo L . La scomparsa dell’analita dalla soluzione è provocata dalla generale reazione fra gruppi  (2.5), estratta dal meccanismo  di  formazione  di  complessi  segnato  (vedi  Figura2.4)  fra  il catione target, M, e il titolante, L: 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 65: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

65

                                      .             

                  .    

In connessione con  la reazione  fra gruppi  (2.5) è definito  il n‐esimo punto equivalente  che  corrisponde  al  punto  della  titolazione  in  cui  è  stato aggiunto un numero di moli del gruppo L’, che è n volte  il numero di moli del  gruppo  M’.  Cioè  nel  n‐simo  punto  equivalente  vale  la  seguente relazione: 

                                         .  

Nell’equazione  (2.6)  L     è  la  concentrazione  analitica  del  legante  nella 

soluzione titolante e  M  è  la concentrazione analitica del gruppo M’ nella 

soluzione  all’inizio  della  titolazione.  M   coincide  con  la  concentrazione 

analitica del metallo nella soluzione titolata,  M   , che è il dato analitico che si desidera dedurre dalla titolazione.  Una curva di titolazione, per una titolazione complessometrica fra gruppi, è costruita,  in  stretto  parallelismo  con  quanto  fatto  nel  precedente paragrafo, riportando pM’ in funzione del volume Vt di titolante aggiunto. Il problema  analitico,  i.e.,  la  determinazione  della  concentrazione  del 

metallo,  M  , ovvero del numero di moli  M , è come al solito ridotto 

al  problema  di  produrre  una  curva  di  titolazione  con  punti  equivalenti chiaramente e facilmente discernibili  in modo che, senza grandi mezzi, sia possibile arrestare  la titolazione  in prossimità di un punto equivalente. Ciò dipende dal numero di reazioni del meccanismo di formazione di complessi segnato e dal  valore delle   costanti di  formazione  condizionali  al pH della titolazione.  Per  esempio,  considera  un’ipotetica  titolazione  del  catione  Cu2+,  con l’ammoniaca mentre il pH della soluzione titolata è impostato a 9.0 con un tampone che non interagisce con il Rame(II). L’ammoniaca reagisce con il  

 Figura 2.4 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra il catione metallico M e il legante titolante, L.  

 Figura 2.5 – Meccanismo di formazione di complessi segnato fra Cu2+ e NH3, Il valore delle costanti condizionali è stato calcolato a pH = 9.0 tenendo conto dell’idrolisi del Rame(II) e della protonazione dell’ammoniaca (vedi §1.5.3.1) 

   .  

        

 .         

       

 .         

       

 .         

   

                  

                     

                                        

 

 

Page 66: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

66

rame durante la titolazione secondo il meccanismo di formazione di

complessi segnato di Figura2.5. I valori delle costanti condizionali a pH = 9.0

sono stati calcolati secondo la procedura descritta al §1.5.2.1. La curva di

titolazione di 50 ml di una soluzione di Rame(II) con una soluzione standard

di NH3 0.05 M a pH = 9.0 è presentata in Figura2.6. In astratto, sulla curva di

titolazione sono definiti quattro punti equivalenti, ciascuno connesso ad

una delle quattro reazioni fra gruppi del meccanismo di Figura2.5. Tuttavia

la forma della curva di titolazione è oltremodo sfavorevole. In prossimità

dei punti equivalenti non vi è alcun repentino aumento di pM’, né sulla

curva di titolazione si vedono punti di flesso. Di conseguenza, nessuno dei

punti equivalenti può sperimentalmente essere individuato con certezza e

la titolazione complessometrica del Rame(II) con ammoniaca a pH = 9.0 non

è di alcun valore analitico. Anche una riflessione superficiale mostrerà che la causa di un tale stato di

cose è il numero delle reazioni di formazione di complessi fra titolante e

titolato congiunto con i valori non eccezionalmente alti delle costanti di

formazione condizionali (vedi Figura2.5). Sfortunatamente la situazione

descritta nella Figura2.6 è assai frequente cosicché, l’uso delle titolazioni

complessometriche per la determinazione dei metalli è stato per lungo

tempo limitato a pochi sporadici casi in cui il meccanismo di formazione di

complessi aveva caratteristiche favorevoli e tali da produrre curve di

titolazione analiticamente utili. Questo è il caso della titolazione del

Mercurio(II) con cloruro presentata nel paragrafo precedente.

Figura 2.6 – Curva di titolazione di 50 ml di 0.01 M Rame(II) con NH3 0.05 M a pH = 9.0.

Sulla curva sono segnati i quattro punti equivalenti postulati per questa titolazione sulla

base del meccanismo di formazione di complessi segnato di Figura2.5.

1.5

2

2.5

3

3.5

0 10 20 30 40 50 60

pCu'

Vt ml

Rame(II) = 0.01 M

I Punto equivalente

II Punto equivalente

III Punto equivalente

IV punto equivalente

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 67: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

67

2.3 Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici  

Gli  inconvenienti  connessi  con  le  titolazioni  complessometriche  con leganti monodentati possono essere largamente superati impiegando come titolante  un  agente  chelante.  Infatti,  i  meccanismi  di  formazione  di complessi  dei  metalli  con  i  chelanti  sono  molto  più  semplici  dei corrispondenti meccanismi con  leganti monodentati.  Inoltre,  in generale,  i complessi chelati sono più stabili ed esibiscono costanti di  formazione più elevate  delle  costanti  di  formazione  dei  complessi  della  stessa stechiometria di leganti non chelanti.  Ciò promette di rimuovere i principali inconvenienti delle titolazioni complessometriche con leganti monodentati. In  particolare,  gli  acidi  amminocarbossilici  presentati  nella  Figura2.7  (i.e., EDTA,  trans‐CDTA, EGTA e DTPA)  sono potenti  agenti  chelanti  che  con  la maggior  parte  dei  metalli  danno  luogo  a  meccanismi  di  formazione  di complessi  particolarmente  semplici,  riducibili,  in  generale,  a  un  singolo complesso di stechiometria 1:1.  Il più fortunato, e anche  il primo ad essere  introdotto  in chimica analitica (Schwarzenbach,  1945),  degli  acidi  amminocarbossilici  è  l’acido etilendiamminotetraacetico,  abbreviato  EDTA. A  seguito  dell’introduzione degli  acidi  amminocarbossilici  come  titolanti,  le  titolazioni complessometriche  sono diventate pratica comune per  la determinazione volumetrica dei metalli. Oltre 50 elementi possono essere determinati per titolazione con EDTA, trans‐CDTA, DTPA e/o EGTA. Ciò è stato reso possibile poiché  contemporaneamente  allo  sviluppo  degli  acidi  amminocarbossilici sono stati individuati un certo numero di sensibili indicatori metallocromici che  consentono  di mettere  in  evidenza  l’unico  punto  equivalente  che  è postulato per la titolazione di un metallo con un acido amminocarbossilico. In  quel  che  segue  noi  ci  riferiremo  spesso  alle  titolazioni complessometriche con EDTA, ma i principi esposti si possono estendere 

 

EDTA  trans­CDTA  EGTA  DTPA 

Catione logML 

logMLH

logMLOH

logML

logMLH

logMLOH

logML

logMLH

logMLOH

logML

logMLH

 logMLOH

Li+  2.79 3.1 Na+  1.64 K+  0.8 Ag+  7.32 6.01 9.0 6.9 7.5 Tl+  6.54 5.77 6.7 4.0 9.1 Be2+  9.2 11.51 Mg2+  8.83 3.85 11.05 5.3 7.6 9.3 7.0 Ca2+  10.69 3.18 13.2 10.9 3.8 10.8 6.1 Sr2+  8.68 3.93 10.6 8.4 5.3 9.7 5.4 Ba2+  7.86 7.57 8.7 6.9 8.3 5.3 8.8 5.4 Mn2+  13.81 3.1 17.43 2.8 12.2 4.1 15.5 4.4 Fe2+  14.27 2.75 4.93 18.9 2.7 11.8 4.3 16.5 5.3 5.0 Co2+  16.26 3.0 19.6 2.9 12.4 5.0 19.2 4.9 Ni2+  18.52 3.2 1.8 20.2 2.7 13.5 5.1 20.2 5.7 Cu2+  18.7 3.0 2.5 22.0 3.1 17.6 4.3 21.4 4.8 Zn2+  16.5 3.0 2.1 19.4 2.9 12.7 5.0 18.3 5.6 Cd2+  16.4 2.9 19.9 3.0 16.5 3.5 19.1 4.2 Hg2+  21.5 3.1 4.9 24.9 3.1 3.5 23.0 3.1 26.5 4.2 Sn2+  18.3 2.5 17.8 3.1 18.7 2.7 20.7 4.1 Pb2+  17.9 2.8 20.2 2.8 14.6 5.2 18.7 4.5 Sc3+  23.1 2.0 3.3 26.1 2.6 18.2 24.4 Y3+  18.1 19.9 2.2 17.2 22.1 1.9 La3+  15.5 2.2 17.0 2.2 15.8 19.5 2.6 Ce3+  15.9 17.5 16.1 20.3 Fe3+  25.0 1.3 6.5 30.0 4.3 20.5 28.0 3.6 3.9 Co3+  41.4 3.0 Al3+  16.5 2.5 8.2 19.6 2.3 6.2 13.9 4.0 5.2 18.7 4.3 6.6 Ga3+  20.3 1.8 8.4 23.2 2.4 6.5 25.5 4.4 6.5 In3+  25.0 1.5 5.4 28.8 5.0 29.0 2.1 Tl3+  38.0 8.0 38.3 46.0 Bi3+  27.8 1.4 3.0 31.9 1.3 3.0 35.6 2.6 2.7 U4+  25.7 9.3 27.6 9.2 Th4+  23.2 1.98 7 25.6 2.5 6.2 28.8 2.2 4.9

Figura2.7  –  Costanti  di  stabilità  di  cationi metallici  con  gli  acidi  amminocarbossilici  più frequentemente impiegati in chimica analitica. 

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68

senza modifiche apprezzabili alle titolazioni complessometriche con gli altri

acidi amminocarbossilici.

Un aspetto fondamentale per l’uso degli acidi amminocarbossilici è

connesso con le loro proprietà AcidoBase. Per uniformità è utile pensare

che gli acidi amminocarbossilici più frequentemente adoperati in analisi

chimica (i.e., EDTA, trans-CDTA, EGTA e DTPA) siano acidi esaprotici,

benché alcuni di essi siano solo acidi pentaprotici o tetraprotici. La forma

completamente protonata di uno di questi leganti verrà indicata con H6Y2+.

La dissociazione di protoni da H6Y2+ produce in sequenza H5Y+, H4Y, H3Y-,

H2Y2-, HY3- e infine la specie completamente deprotonata Y4-. Le specie

cariche H6Y2+, H5Y+, H3Y-, H2Y2-, HY3- e Y4- verranno abbreviate per

convenienza con H6Y, H5Y, H3Y, H2Y, HY e Y, omettendo la carica, quando

non ci possono essere equivoci.

La Figura2.8 è il grafico logaritmico AcidoBase dell’EDTA costruito per una

concentrazione arbitraria di 1 M. Si può giudicare dal grafico (che è

rappresentativo di tutti gli acidi amminocarbossilici) che la reazione di

formazione di complesso:

sarà influenzata dalle reazioni collaterali di protonazione del legante

praticamente su tutto il range di pH, eccetto che a pH > ∼ 12 dove tutto il

legante, in genere, esiste nella forma completamente deprotonata Y4-. Le

reazioni di protonazione del legante avvengono secondo reazioni del tipo:

in cui h è un intero ≤ 6. I valori delle costanti di protonazione βh, di EDTA,

trans-CDTA, DTPA e EGTA sono riportati nella Figura2.9.

Figura 2.8 – Grafico logaritmico AcidoBase di 1 M EDTA..

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 69: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

69

Come si può dedurre dai dati  riportati nella Figura2.7,  la  reazione  (2.7) di formazione  di  complesso  fra  un  catione  metallico  e  un  acido amminocarbossilico  è  anche,  in  generale,  perturbata  da  una  reazione collaterale di protonazione del complesso MY(4‐z)‐ : 

                            .  

                        

in  cui  è  formato  un  complesso  acido  di  stechiometria MYH. Del  resto  in ambiente alcalino è possibile una reazione collaterale del complesso MY(4‐z)‐  che produce un complesso basico di stechiometria MYOH: 

            .  

                            

Infine, ovviamente,  la reazione (2.7) sarà perturbata da reazioni collaterali che  coinvolgono  il  catione metallico Mz+. Queste  sono,  da  una  parte,  le ubiquitarie  reazioni  di  formazione  di  idrossocomplessi  del  metallo,  che hanno luogo secondo la reazione generale (2.11): 

                       .  

          ,    

E,  dall’altra,  le  reazioni  di  formazione  di  complessi  con  eventuali  leganti ausiliari presenti nella  soluzione  titolata.  Il  legante ausiliario  sarà  indicato con  X  e,  nella maggior  parte  delle  situazioni  pratiche,  X  sarà  un  legante monodentato  coincidente  con  la  base  del  tampone  utilizzato  per controllare il pH durante la titolazione. Tipicamente X = NH3, poiché un gran numero di titolazioni complessometriche sono eseguite in presenza di un  

Legante 

EDTA4­|H6EDTA2+  10.5 16.7 19.4 21.4 22.9 22.8

trans­CDTA4­|H5CDTA+  12.3 18.4 21.9 24.3 26.0

EGTA4­|H4EGTA  9.4 18.2 20.9 22.9

DTPA5­|H5DTPA  10.5 19.1 23.4 26.0 27.8

Figura2.9  ‐  Costanti  di  protonazione  di  EDTA,  trans‐CDTA,  EGTA  e  DTPA.  Questi  acidi amminocarbossilici sono in linea di principio acidi esaprotici, H6Y

2+, ma alcuni di essi sono, rispetto alla dissociazione del primo protone o dei primi due protoni, degli acidi forti per cui β6 o β6 e β5 non sono riportate e vanno considerate uguali a zero. 

                

Page 70: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

70

tampone  ammoniaca/  ammonio  a  pH  compreso  fra  8  e  10.  In  alcune titolazioni,  nella  fattispecie  quelle  che  coinvolgono  cationi  di  metalli  di transizione,  il  legante  ausiliario  ha  un  ruolo  attivo  importante  in  quanto impedisce  la  precipitazione  dell’idrossido  del  metallo  ai  pH  alcalini generalmente  impiegati per  eseguire  le  titolazioni  complessometriche.  La complessazione  del  metallo  target  da  parte  del  legante  ausiliario  verrà descritta attraverso la reazione generale: 

                                     .  

          ,         , 

Poiché  X  è  un  legante  monodentato  il  meccanismo  di  formazione  di complessi  del  catione  target  M  con  il  legante  ausiliario  X  è  di  solito costituito da  varie  reazioni,  tipicamente da quattro  a  sei  (cioè  attraverso reazioni del tipo (2.12) vengono formati vari complessi con  1   x   6). Le  titolazioni complessometriche  con  acidi  amminocarbossilici  sono  per  convenienza e per uso consolidato  trattate come  titolazioni  fra gruppi nel senso che è stato attribuito a questo termine nel paragrafo precedente.  Il  primo  passo  della  strategia  delle  reazioni  fra  gruppi  consiste  nel trasformare  la  reazione  (2.7),  che  è  l’unica  reazione  del meccanismo  di formazione  di  complessi  dei  cationi  metallici  con  un  acido amminocarbossilico,  in  una  reazione  fra  gruppi,  segnando  con  un  apice tutte  le  specie  che  in  essa  compaiono.    Da  questa  operazione  risulta  la reazione fra gruppi (2.13): 

                                               .  

                          

È bene stabilire esplicitamente che,  in quel che segue, si assumerà che,  in tutte le titolazioni con acidi amminocarbossilici, la reazione fra gruppi (2.13) 

è  l’unica  reazione  che  ha  luogo  nella  soluzione  titolata  a  seguito dell’aggiunta  della  soluzione  standard  del  titolante.  Qualunque  altra reazione è una reazione collaterale il cui effetto è completamente riversato  sulla costante condizionale,  , che, a ogni pH fissato, deve essere valutata dalla costante di formazione del complesso MY(4‐z)‐ ,    , usando la relazione: 

            

    

         .  

                  à      

Conseguentemente, nella soluzione sono presenti solo ed esclusivamente i gruppi di  specie M’, Y’ e MY’.  Secondo  la  strategia  stabilita al §1.5.2, nel presente caso il gruppo M’ è costituito da tutte le specie che contengono il catione metallico  target, ma  non  contengono  l’acido  amminocarbossilico titolante Y. In pratica  il gruppo M’ è costituito dal catione metallico  libero, M, dai  suoi prodotti di  idrolisi M(OH)m e dagli eventuali complessi, M(X)x,  formati con  il  legante ausiliario.   Il gruppo Y’ è costituito dalle sette specie che derivano dalla protonazione dell’acido amminocarbossilico,  i.e., Y, HY, H2Y, H3Y, H4Y, H5Y e H6Y. Il gruppo MY’ è costituito dal complesso puro del catione target con l’acido amminocarbossilico, i.e., MY, dal complesso acido MYH,  e  dal  complesso basico MYOH. Nella maggior parte dei  casi pratici sarà corretto assumere che il gruppo MY’ sia esclusivamente composto dal complesso MY,  in quanto  i complessi acidi e basici sono formati solo a pH, rispettivamente, molto acidi o molto basici, che, per ragioni che diverranno apparenti  in seguito, non sono condizioni di pH utilizzate frequentemente. Secondo  la  strategia  delle  reazioni  fra  gruppi  (vedi  §1.5.2)  ciascuna delle concentrazioni di gruppo [M’], [L’] e [MY’] è definita come  la somma delle concentrazioni delle specie incluse nel rispettivo gruppo. La  curva  di  titolazione  del  catione  metallico  M  con  l’acido amminocarbossilico Y è  costruita  riportando  in grafico pM’  (=  ‐log[M’])  in funzione del volume di titolante aggiunto, Vt ml. Su tale curva di titolazione 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 71: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

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è postulato un singolo punto equivalente connesso con  l’unica reazione di gruppo fra il titolante e il titolato. In corrispondenza del punto equivalente il numero di moli del gruppo M’ è identico al numero di moli del gruppo L’. Cioè al punto equivalente vale la relazione:  

                                      .  

                        

La  concentrazione  analitica  del metallo  nella  soluzione  titolata  M   (o  il 

numero di moli:  M ),  si può  calcolare dalla  relazione  (2.15)  se dalla 

titolazione  è  possibile  valutare  accuratamente  Veq.  A  tal  fine  occorrerà predisporre  un metodo  che  consenta  di  rivelare  il momento  durante  la titolazione  in cui  il valore di pM’ nella soluzione ha raggiunto pM . Nelle 

titolazioni  complessometriche  visuali  viene  usato  un  indicatore metallocromico  che ha una  sensibilità vicina a pM  e  che quindi  cambia 

colore in corrispondenza del punto equivalente. Benché  sulla  curva  di  una  titolazione  complessometrica  eseguita  con  un acido amminocarbossilico vi sia sempre un solo punto equivalente, la forma della curva di titolazione dipende dalla costante condizionale della reazione di  gruppo  (2.13).  Questa  a  sua  volta  dipende  dal  pH  fissato  durante  la titolazione  che,  insieme  alla  natura  e  alla  concentrazione  del  legante ausiliario,  determina  i  coefficienti  alfa  nella  relazione  (2.14).  Risultati accurati  sono  ottenuti  più  facilmente  se  la  pendenza  della  curva  di titolazione  nell’immediato  intorno  del  punto  equivalente  è sufficientemente alta, il che implica, in pratica, che la costante condizionale deve essere  sufficientemente elevata.   Come  regola guida  si può  stabilire che, per  risultati  accurati,  la  costante della  reazione di  gruppo  (2.13),  , non dovrebbe discendere al di sotto di 108.  Questo caso limite è presentato nella  Figura2.10,  in  cui  sono mostrate  le  curve  di  titolazione  di  50 ml  di soluzioni, contenenti concentrazioni di un catione metallico di 0.002, 0.005 e 0.01 M, con una soluzione standard 0.02  di un acido ammino carbossilico.   

 Figura2.10 – Curve di titolazione ipotetiche di 50 ml di soluzioni contenenti 0.002, 0.005 e 0.01 M di un catione metallico con un acido ammino carbossilico 0.02 M. Le curve sono 

state calcolate assumendo   

 Figura2.11 – Curve dei rapporti incrementali delle curve di titolazione della Figura2.13. Le curve sono state calcolate con incrementi di 0.03 ml di titolante  

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0.00 5.00 10.00 15.00 20.00 25.00 30.00 35.00 40.00

pM'

Vt ml

0.0020 M 0.0050 M0.010 M

0

5

10

15

20

0.00 5.00 10.00 15.00 20.00 25.00 30.00 35.00 40.00

pM'/∆Vt

Vt ml

0.0020 M

0.0050 M

0.010 M

Page 72: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

72

Le curve sono state calcolate assumendo e gli intervalli di pM’

compresi fra le frecce delimitano una regione intorno al punto equivalente

corrispondente a un errore costante di 1% sul metallo titolato.

In generale, per mantenere l’errore entro 1%, quando , sarà

necessario arrestare la titolazione entro ± 1 unità di pM’ da . Un tale

risultato, per le titolazioni di Figura2.10, si può ottenere con un indicatore

metallocromico con una sensibilità vicina a 5 (vedi§1.6).

2.3.1 Effetto delle Reazioni di Protonazione del Legante

sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi

AmminoCarbossilici

Le reazioni collaterali di protonazione del legante Y hanno un effetto

sulla curva di titolazione attraverso il coefficiente αY che compare nella

relazione (2.14) per il calcolo della costante condizionale, , dalla

corrispondente costante di stabilità non segnata, :

Ciascun acido amminocarbossilico ha sei costanti di protonazione che,

insieme al pH mantenuto durante la titolazione, determinano il valore di αY.

Tenendo conto della composizione del gruppo Y’ e che la protonazione

dell’acido ammino carbossilico avviene secondo la reazione (2.8):

si può dedurre la seguente relazione generale che consente di calcolare αY

ad ogni pH fissato:

Prego nota che per uniformità tutti gli acidi amminocarbossilici sono trattati

come esaprotici ma per alcuni di essi β6 o β6 e β5 possono essere nulli (vedi

Figura2.9). Come si può vedere dalla (2.16) αY è sempre ≥ 1 e,

invariabilmente, aumenta al diminuire del pH. Ciò produce una diminuzione

della costante condizionale al diminuire del pH ed ha effetti sfavorevoli

sulla curva di titolazione e sulla sua pendenza intorno al punto equivalente.

Se l’effetto della protonazione dell’acido amminocarbossilico è considerato

isolatamente si deve concludere che un ambiente nettamente alcalino,

idoneo a sopprimere le reazioni di protonazione del legante, è più

favorevole per una titolazione complessometrica, rispetto a un ambiente in

cui il legante esiste sotto forma di una o più specie protonate. Tuttavia,

questa facile previsione deve essere confrontata e modulata con gli effetti

delle altre reazioni collaterali che influenzano il valore della costante

condizionale.

Esempi Svolti

Esempio I

L’acido etilendiamminotetraacetico (EDTA) viene protonato secondo le

reazioni:

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 73: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

73

Calcolare il coefficiente αY per l’EDTA a vari pH e costruire un grafico di logαY in

funzione del pH.

Applicando la relazione (2.16) con le costanti di protonazione dell’EDTA si ha:

Con un foglio di calcolo elettronico si può facilmente calcolare dalla relazione (VII)

αY per un certo numero di valori arbitrari del pH e quindi costruire un grafico come

quello riportato di seguito:

Si può vedere che αY assume un valore minimo (αY ≅ 1) al di sopra di pH ∼11 dove

la specie prevalente dell’EDTA è la base completamente deprotonata EDTA4-.

Tuttavia αY aumenta rapidamente al di sotto di pH 10, e ciò provoca una caduta

delle costanti di formazione condizionali dei complessi dei cationi metallici con

l’EDTA. Per esempio, a pH = 5 la protonazione dell’EDTA provoca una diminuzione

della costante condizionale di oltre sei ordini di grandezza. Questa è la

fondamentale ragione per cui, in generale, un pH acido è sfavorevole per una

titolazione complessometrica. Il comportamento di trans-CDTA, DTPA e EGTA è

simile a quello dell’EDTA con piccole differenze dovute a variazioni delle costanti di

protonazione.

2.3.2 Effetto delle Reazioni di Idrolisi del Catione sulle

Titolazioni Complessometriche con Acidi

AmminoCarbossilici

L’idrolisi del catione titolato ha un effetto sulla costante condizionale

attraverso il coefficiente αM che compare nell’equazione (2.14). L’effetto è

limitato sui metalli alcalino terrosi che sono solo debolmente idrolizzati ai

pH più alcalini ma è di solito assai considerevole per i cationi dei metalli di

transizione. Se la formazione di idrossocomplessi del catione metallico

avviene secondo la seguente reazione generale:

il contributo dell’idrolisi al coefficiente αM, tenendo conto della

composizione del gruppo M’, si può calcolare dalla relazione:

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

22

24

26

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

logαY

pH

EDTA

Page 74: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

74

Prego nota che la (2.17) consente di calcolare solo il contributo a αM delle

reazioni collaterali di idrolisi del catione. Questo contributo è stato indicato

con, . se il legante ausiliario, X, non forma complessi con

il catione target. Tuttavia, in generale, a deve essere sommato il

contributo delle reazioni collaterali di formazione di complessi con il

legante ausiliario. Se quest’ultimo contributo è indicato con si avrà in

generale:

Il calcolo di verrà discusso in un paragrafo successivo.

invariabilmente aumenta all’aumentare del pH e ciò produce una

diminuzione crescente della costante condizionale man mano che il pH

della soluzione titolata aumenta. Considerato isolatamente l’aumento di

col pH suggerisce che le titolazione complessometriche devono

essere condotte ad un pH sufficientemente basso da sopprimere le reazioni

di idrolisi del catione. Questa prescrizione è tuttavia incompatibile con il

contestuale aumento di αY che si verifica a bassi pH.

Esempi Svolti

Esempio I

L’idrolisi dello ione Zn2+ avviene secondo il seguente meccanismo di idrolisi:

Calcolare il contributo delle reazioni collaterali di idrolisi al coefficiente αZn a vari

pH e costruire un grafico di logαZn in funzione del pH

Applicando la relazione (2.17) con le costanti di formazione degli

idrossocomplessi dello ione Zn2+ date nelle equazioni (I), (II), (III) e (IV) si ha:

Dalla relazione (V), con un foglio di calcolo elettronico, si possono facilmente

calcolare i valori di per un certo numero di valori arbitrari del pH e costruire

un grafico come quello della figura che segue.

Il caso presentato dello Zinco è rappresentativo del comportamento di molti

cationi dipositivi dei metalli di transizione. ha valori molto vicini all’unità fino

a che il pH della soluzione titolata non raggiunge la neutralità. Ma di qui in poi il

suo valore aumenta drammaticamente al crescere del pH. Ciò ovviamente provoca

una contestuale diminuzione della costante di formazione condizionale della

reazione di formazione di complesso di Zn2+ con un acido amminocarbossilico. Per

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

logαZn

pH

Zn2+

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 75: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

75

esempio, a pH = 10 l’idrolisi di Zn2+, provocherebbe una diminuzione della costante condizionale di circa tre ordini di grandezza. 

2.3.3 Effetto Combinato delle Reazioni di Protonazione del Legante e di Idrolisi del Catione sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi AmminoCarbossilici  

In  quel  che  segue  noi  consideriamo  il  caso  in  cui  ipoteticamente  il catione target non interagisce con il legante ausiliario (i.e. αM H αM). Ciò servirà a porre restrizioni non superabili alle condizioni sotto cui si possono convenientemente  eseguire  le  titolazioni  complessometriche  con  acidi amminocarbossilici. Sotto questa ipotesi, l’effetto combinato delle reazioni collaterali di  idrolisi del catione e di protonazione del  legante dipende dal prodotto αY αM H  che appare a denominatore della relazione  (2.14). La 

prescrizione definitiva è quindi che una titolazione complessometrica deve essere  condotta  a  un  pH  che  minimizza  il  prodotto  αY αM H .  Ciò 

corrisponde  al  valore  massimo  della  costante  condizionale  che  si  può realizzare per un dato catione metallico. Da questa definitiva prescrizione è possibile deviare  in una misura  che dipende dalla  costante di  formazione del  complesso  MY.  Al  crescere  di  αY αM H   la  costante  condizionale 

diminuisce ma fintanto che essa resta al di sopra di 108, si possono ottenere risultati  accurati  (vedi  Figura2.10).  Nella  Figura2.12  è  mostrata  la dipendenza dal pH della  costante  condizionale   di  alcuni  cationi metallici con  EDTA.  Le  curve  sono  state  calcolate  tenendo  conto  esclusivamente delle  reazioni di  idrolisi del metallo e di protonazione del  legante. Cioè  la costante condizionale riportata in ordinata è stata calcolata dalla relazione: 

  

                                         .  

 Figura2.12  –  Variazione  della  costante  condizionale  dei  complessi  di  alcuni metalli  con EDTA dovuta alle  reazioni collaterali di protonazione del  legante e di  idrolisi del catione metallico. 

     

3

4

5

6

7

8

910

11

12

13

14

15

16

17

18

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 pH

Fe 3 +

Ni2+

Al 3+

Fe 3+ 25 . 1 Mn2+ 14 .0

Cu 2+ 19 .8

Ca2+ 10 . 9Fe 2+ 14 . 3

Mg2+ 8.7Ba2+ 7. 8

Cd 2+ 16 . 4

Hg 2+ 21 .8

Zn 2+ 16 .5

Al 3 + 16 . 5

Ni2+ 18 . 5

log β  

log β 

Page 76: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

76

Si può pensare che, a ogni dato pH, il valore della costante condizionale

calcolato dalla relazione (2.19) e presentato nella Figura2.12 sia il valore

massimo realizzabile per un dato catione. Infatti, l’eventuale presenza di un

legante ausiliario aumenta il valore di αM e sposta verso il basso le curve di

Figura2.12.

Dalla Figura2.12 si vede che le curve vs. pH sono dotate di larghi

massimi che per la maggior parte dei cationi cadono a valori di pH fra 7 e

11. Ciò implica che le titolazioni possono essere eseguite con risultati

paragonabili in un relativamente ampio intervallo di pH. I cationi dei metalli

di transizione possono in genere essere titolati anche al di fuori del range

ottimale di pH corrispondente al massimo, poiché hanno costanti di

formazione del complesso con l’EDTA abbastanza elevate da poter tollerare

valori di ben al di sopra del valore minimo senza che la costante

condizionale scenda al di sotto del valore critico di 108. Per esempio il

valore della costante condizionale del complesso NiEDTA a pH = 5 è ancora

1012 che è ben al di sopra del valore minimo di 108. Quindi, lo ione Ni2+ può

essere titolato a pH = 5 a patto che il legante ausiliario interagisca solo

debolmente con Ni2+. La situazione è diversa per i metalli alcalino terrosi

che hanno costanti di formazione con l’EDTA fra 108 e 1010 cosicché non

possono essere titolati sotto condizioni di pH in cui il prodotto

eccede di molto l’unità, in quanto ciò porterebbe la costante condizionale

al di sotto del valore limite di 108. Di norma i metalli alcalino terrosi sono

titolati a pH > 10, cioè nella regione di pH dove la costante condizionale è

massima.

Una retta tracciata nella Figura2.12 in corrispondenza del valore 108 della

costante condizionale intercetta ciascuna delle curve della figura in un

punto la cui ascissa rappresenta il valore del pH a cui la costante

condizionale scende al di sotto del valore limite 108. Quindi per ogni catione

esiste un valore minimo del pH al di sotto del quale una titolazione

complessometrica non può più essere eseguita con un’accuratezza

adeguata senza impiegare grandi mezzi. E’ consueto, e in pratica molto

Figura2.13 – pH minimo per la titolazione di cationi metallici con EDTA.

Fe3+

In3+

Sc3+Th4+

Hg2+

Ga3+

Lu3+

Cu2+VO2+

Ni2+

Y3+

Pb2+

Sm3+

Zn2+, Cd2+, Co2+

Al3+

La3+

Fe2+

Mn2+

Ca2+

Sr2+Mg2+

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

26

27

28

0 2 4 6 8 10 12 14

logβ1

pH

Grafico di Ringbom per l'EDTA.

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 77: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

77

suggestivo, riportare in un grafico, per ciascun catione, il pH minimo

consentito per la sua titolazione con un acido amminocarbossilico. Nel

grafico di Ringbom per l’EDTA, presentato nella Figura2.13, ciascun

elemento è rappresentato da un punto la cui ordinata è il logaritmo della

costante di formazione del complesso Metallo-EDTA, i.e. logβ1, mentre

l’ascissa coincide con il pH minimo (determinato come descritto sopra) a cui

può aver luogo la titolazione del catione. Il grafico di Ringbom in pratica

riproduce sotto altra forma l’informazione già contenuta nel grafico di

Figura2.12.

Esempi Svolti

Esempio I

Tenendo conto del meccanismo di idrolisi dello ione Zn2+ presentato

nell’Esempio I del §2.3.2 e delle costanti di protonazione dell’EDTA della

Figura2.9 calcolare la costante condizionale della reazione:

a vari pH e costruire un grafico di in funzione di pH. Assumi che non vi

siano interazioni con il legante ausiliario e che la formazione di complessi acidi e

basici sia trascurabile.

Per l’EDTA Y si può calcolare a un pH arbitrario dalla relazione:

ottenuta nell’Esempio I del §2.3.1.

Per lo ione Zn2+, si calcola, a un pH arbitrario, dalla relazione:

derivata all’Esempio I del §2.3.2.

Quindi, per un certo numero di valori arbitrari del pH, Y e sono calcolati

rispettivamente dalle relazioni (II) e (III), e la costante condizionale è calcolata dalla

relazione (2.19):

Con un foglio di calcolo elettronico si può facilmente costruire un grafico come

quello presentato sotto riportando i valori di logβ’ calcolati ai vari pH in funzione

del pH:

È evidente che la curva riportata nel grafico coincide con la curva dello ione Zn2+ di

Figura2.12.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

logβ'

pH

costante condizionale della reazione: Zn' + EDTA' = ZnEDTA'

Page 78: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

78

2.3.4 Effetto delle Reazioni del Catione con il Legante Ausiliario sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi  AmminoCarbossilici  

Il  legante  ausiliario  presente  nella  soluzione  durante  una  titolazione complessometrica  influenza  la  costante  condizionale  della  reazione  fra 

gruppi,  che  ha  luogo  durante  la  titolazione,  poiché  contribuisce  a αM  che compare nell’equazione (2.14): 

  

                                         .  

                    à     

 

In particolare, αM è considerato risultare dalla somma di due contributi: 

α α                                            .  

Tenendo conto della composizione del gruppo M’ e della definizione (2.17) di αM H  , αMX,  nella precedente equazione (2.18), è definito come segue: 

                                  .  

α :                       α . 

Per  derivare  la  relazione  (2.20)  la  generale  reazione  di  formazione  di complesso fra il catione target e il legante ausiliario è stata scritta: 

                                     .  

          ,         , 

Dalla  (2.20)  si  può  vedere  facilmente  che  il  contributo  delle  reazioni  del 

catione target con il legante ausiliario a  αM dipende dalla concentrazione di 

equilibrio del  legante ausiliario, [X], al pH della titolazione, e dalle costanti di  stabilità  dei  complessi MXx.  In  particolare αMX   aumenta  all’aumentare 

della concentrazione del  legante ausiliario nella soluzione. Ciò ovviamente deprime  la  costante  condizionale  del  complesso  del  catione  target  con l’acido amminocarbossilico. Come detto  in precedenza X sarà  in molti casi una  base  di  un  sistema  AcidoBase  HX|X  presente  nella  soluzione  a  una concentrazione analitica CX. In tal modo [X] può essere espresso in funzione del pH della  soluzione  titolata e della  concentrazione  totale CX attraverso l’equazione (2.21): 

                                                .  

                                 ;    è            .

 

Relazioni che esprimono [X]  in funzione di CX e del pH si possono derivare anche quando X è la base di un sistema AcidoBase poliprotico. Allora il contributo αMX  si può esprimere in funzione del pH della soluzione 

e della concentrazione totale del legante ausiliario sostituendo la relazione (2.21) nella relazione (2.20). Si ha: 

  

                                .  

α :                       α . 

Dalla (2.22) si deve capire che αMX   in generale aumenta all’aumentare del 

pH  della  soluzione  titolata  e  della  concentrazione  totale  del  sistema AcidoBase HX|X. 

Utilizzando  la  definizione  (2.18)  di αM,  la  relazione  (2.17)  per αM H   e  la 

relazione (2.22) per αMX , si può infine ottenere la seguente relazione per il 

calcolo di αM  in funzione del pH della soluzione titolata (quando  il  legante ausiliario X è la base coniugata del sistema AcidoBase HX|X): 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 79: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

79

 

α α∑   

contributo dell idrolisi        

∑    

contributo del legante ausiliario              .  

 

Esempi Svolti 

Esempio I 

Lo  ione  Zn2+  forma  complessi  con  l’ammoniaca  secondo  il  seguente meccanismo: 

                   .        

          

   .       

         

     .      

          

   .       

Tenendo conto del meccanismo di idrolisi dello ione Zn2+ presentato nell’Esempio I del §2.3.2 e delle costanti di protonazione dell’EDTA della Figura2.9 calcolare la costante condizionale della reazione: 

                             

a vari pH e costruire un grafico di    in  funzione di pH  in una soluzione che contiene un  tampone ammoniaca/ammonio a una  concentrazione  totale di 0.2 M. Assumi che la formazione di complessi acidi e basici sia trascurabile. 

Per l’EDTA, αY si può calcolare a un pH arbitrario dalla relazione: 

αY 1 10 . H   10 . H   10 . H   10 . H    

 10 . H   10 . H                  VI  

ottenuta nell’Esempio I del §2.3.1. Per lo ione Zn2+, α   si calcola, a un pH arbitrario in una soluzione che contiene 0.2 M NH3|NH4

+  (i.e., CX = 0.2 M), usando  la relazione  (2.23),  in cui sono sostituite  le costanti  di  formazione  degli  idrossocomplessi  e  degli  ammino  complessi  di  Zn2+ date rispettivamente  nell’esempio I del §2.3.2 e nel presente esempio. Si ha: 

α 1 10 . OH   10 . OH   10 . OH   10 . OH      

10 . 0.21 10 . H 10 . 0.2

1 10 . H 10 . 0.21 10 . H  

10 . 0.21 10 . H             VII  

 

Quindi,  per  un  certo  numero  di  valori  arbitrari  del  pH  αY  e  α   sono  calcolati rispettivamente dalle  relazioni  (VI)  e  (VII),  e  la  costante  condizionale  è  calcolata dalla relazione:  

  

αY   αM                                       VIII  

Con  un  foglio  di  calcolo  elettronico  si  può  facilmente  costruire  un  grafico  come quello presentato sotto riportando  i valori di  logβ’ calcolati ai vari pH  in  funzione del pH:  

   

Page 80: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

80

                  ,      

      .   Nella  figura  sono  confrontati  i  valori  delle  costanti  condizionali  calcolate  dalle relazioni  (VI)  e  (VII)  tenendo  conto  delle  interazioni  dello  ione  Zn2+  con l’ammoniaca, con quelle calcolate nell’Esempio I del §2.3.3, in cui l’interazione con il  legante  ausiliario  era  stata  volutamente  ignorata.  Si può  vedere  che  il  legante ausiliario non modifica la costante condizionale ai bassi pH, dove la reazione dello zinco con NH3 è soppressa dalla protonazione dell’ammoniaca. Anche ai più alti pH la  presenza  di  ammoniaca  lascia  inalterato  il  valore  della  costante  condizionale, poiché ad alti pH gli idrossocomplessi predominano sugli ammino complessi di Zn2+. Tuttavia,  la presenza del  legante ausiliario produce una drammatica caduta della costante condizionale a pH neutri o leggermente alcalini, che è la regione di pH più utile  per  la  determinazione  dello  zinco  con  EDTA. Dalla  figura  si  può  facilmente estrapolare  il  fatto  che  la  diminuzione  della  costante  condizionale  aumenta all’aumentare della concentrazione del tampone. Quindi, in un tampone NH3|NH4

+ troppo  concentrato  potrebbe  non  essere  possibile  realizzare  a  nessun  pH  una 

costante  condizionale pari    al  valore  limite di 108 necessario per una  titolazione accurata. In tal modo, nella determinazione dello zinco con EDTA, in presenza di un tampone  ammoniaca/ammonio,  occorre  esercitare  una  stretta  sorveglianza  sulla concentrazione  del  tampone  che,  in  generale,  come  si  può  dedurre  dalla  figura precedente, non dovrebbe eccedere di molto 0.2 M. 

2.3.5 Effetto della Formazione di Complessi Acidi e Basici sulle Titolazioni Complessometriche con Acidi  Amminocarbossilici  

La  formazione del complesso acido, di stechiometria MYH, o basico, di stechiometria MYOH,  costituisce  l’unico modo  in  cui  reazioni  collaterali  a quella  primaria  di  formazione  del  complesso  MY  possono  aumentare  il valore  della  costante  condizionale.  Infatti,  i  complessi  acido  o  basico, 

possono  aumentare  il  valore  di  αMY  che  compare  a  nominatore  della relazione (2.14): 

  

                                         .  

                    à     

 

Tenendo conto della composizione del gruppo MY’, αMY si può calcolare  in funzione del pH dalla relazione: 

                                 .  

Ciò  richiede  le  costanti  di  formazione  βMYH  e  βMYOH  che  possono  essere reperite per molti complessi MY nella Figura2.7. Tuttavia, in pratica, a causa della  stabilità dei  legami M‐Y  la  formazione di  complessi acidi e basici ha luogo  ai  pH  estremi,  per  cui  il  loro  effetto  sulle  costanti  condizionali  è spesso trascurato in quanto si palesa sotto condizioni di pH che non sono di norma impiegate per eseguire titolazioni complessometriche. 

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15pH

Senza legante ausiliario

con 0.2 M ammoniaca/ammonio

costante condizionale della reazione: Zn' + Y' = ZnY'

logβ

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 81: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

81

Esempi Svolti

Esempio I

Il complesso ZnY dello Zn2+ con EDTA in ambiente acido reagisce con H+

secondo la reazione:

In ambiente alcalino la reazione di ZnY con OH- produce ZnYOH:

Calcolare ZnY a vari pH e costruire un grafico di logZnY in funzione del pH.

Inserendo i valori di βZnYH e βZnYOH dati in (I) e (II) nella relazione (2.24) si ottiene

immediatamente:

Dalla relazione (III) si può calcolare ZnY a qualunque desiderato pH utilizzando un

foglio di calcolo elettronico e quindi costruire un grafico come quello della figura

(A) che segue. Si può vedere che, come anticipato, nel caso dello zinco un aumento

di ZnY al di sopra dell’unità si verifica solo a pH < ∼ 3 a causa della formazione di

ZnYH, e a pH > ∼ 11 a causa della formazione di MYOH.

La figura (B) è il grafico della costante condizionale del complesso ZnEDTA in un

tampone 0.2 M ammoniaca/ammonio calcolata tenendo conto di tutte le reazioni

collaterali. Per confronto è riportata anche la curva vs. pH calcolata

includendo solo l’effetto della protonazione dell’EDTA e dell’idrolisi di Zn2+, e la

curva calcolata includendo la protonazione dell’EDTA, l’idrolisi di Zn2+ e la

formazione di ammino complessi con il legante ausiliario.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

logαZnY

pH

ZnY2- (A)

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

logβ'

pH

con 0.2 M ammoniaca/ammonio

senza legante ausiliario

con ZnYH e ZnYOH

costante condizionale della reazione: Zn' + Y' = ZnY'

(B)

Page 82: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

82

2.4 Curve di Titolazione Complessometriche

con Acidi Amminocarbossilici

La reazione fra gruppi (2.13) è l’unica reazione che ha luogo durante la

titolazione del catione metallico target M con un acido amminocarbossilico

Y:

Durante la titolazione complessometrica nella soluzione sono presenti

esclusivamente i gruppi M’, Y’ e MY’. Fra le concentrazioni di equilibrio di

questi tre gruppi di specie esistono le seguenti relazioni:

Figura2.14 - Curve di titolazione di 50 ml di soluzione 0.010 M di un catione metallico con

soluzione standard 0.02 M di un acido amminocarbossilico per diversi valori della costante

condizionale.

Figura2.15 – Curve dei rapporti incrementali (calcolate con ∆Vt = 0.05 ml) delle curve di

titolazione di Figura2.14

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

pM'

Vt ml

β'= 108

β'= 1010

β'= 106

pMeq'= 5.09

pMeq'= 4.09

pMeq'= 6.09

0

5

10

15

20

25

30

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

∆pM'/∆Vt

Vt ml

β'= 108

β'= 1010

β'= 106

Concentrazione di metallo 0.010 M

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 83: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

83

Le tre equazioni (2.25), (2.26) e (2.27) costituiscono un sistema di equazioni nelle  tre  concentrazioni  di  gruppo  incognite  [M’],  [Y’]  e  [MY’].  Per  ogni valore del volume di titolante aggiunto, Vt, è possibile risolvere tale sistema di  equazioni  per  ottenere  la  concentrazione  di  equilibrio  del  gruppo M’ nella soluzione e costruire la curva di titolazione teorica, pM’ vs. Vt, per una data titolazione (i.e., per valori assegnati della costante condizionale, di V0, 

della concentrazione analitica  iniziale del catione,  M   , e del  legante nella 

buretta,  Y  ). Durante una titolazione complessometrica vengono di norma titolati 50 ml di  una  soluzione  del  catione metallico  con  una  soluzione  standard  di  un acido amminocarbossilico che può avere una concentrazione di 0.02 M. È utile  studiare,  sotto queste  condizioni  tipiche,  in  che modo  si modifica  la curva di titolazione complessometrica al variare della costante condizionale della reazione  fra gruppi e della concentrazione analitica del metallo nella soluzione titolata.  Nella Figura2.14 sono presentate le curve di titolazioni calcolate di soluzioni 0.010 M di cationi metallici che hanno costanti condizionali rispettivamente di  106,  108  e  1010.  È  evidente  che  la  curva  di  titolazione  si modifica  in maniera  analiticamente  sfavorevole  al  diminuire  della  costante condizionale poiché si ha una contestuale diminuzione della pendenza della curva  intorno  al  punto  equivalente  (vedi  Figura2.15).  Ciò  ha  implicazioni negative  sull’errore  sistematico  di  titolazione,  come  sarà  discusso  in seguito.  Nella  Figura2.16  sono  invece  riportate  le  curve  di  titolazione  a diverse concentrazioni di un catione che sotto le condizioni di titolazione si è  supposto abbia una  costante  condizionale di 1010. È ovvio  che anche  la concentrazione  del  catione  ha  un’influenza  sulla  curva  di  titolazione  e  in particolare  sulla  sua  pendenza  intorno  al  punto  equivalente.  Dalla Figura2.17 si può vedere che la pendenza della curva di titolazione aumenta al diminuire della concentrazione del metallo.  A parte ciò, dalla Figura2.14 e Figura2.16 si deve capire che il valore di pM’ al punto equivalente di una titolazione complessometrica dipende sia dal 

 Figura2.16 ‐ Curve di titolazione di 50 ml di soluzioni a diverse concentrazioni di un catione metallico  con  soluzione  standard 0.02 M di un acido amminocarbossilico.  Le curve  sono state calcolate assumendo un valore di 1010 della costante di formazione condizionale.  

 Figura2.15 – Curve dei  rapporti  incrementali  (calcolate con ∆Vt = 0.05 ml) delle curve di titolazione di Figura2.16 

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

pM'

Vt ml

β'= 1010

pMeq'= 6.20pMeq'= 6.51

pMeq'= 6.09

0.010 M0.005 M0.0010 M

‐5

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

∆pM'/∆Vt

Vt ml

β'= 1010

0.010 M0.005 M

0.0010 M

Page 84: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

84

valore  della  costante  condizionale  che  dalla  concentrazione  del  catione metallico.  Sotto  le normali  condizioni operative  il  calcolo di pM  di una 

titolazione  complessometrica  è  un  affare  piuttosto  semplice.  Infatti,  una titolazione complessometrica è intrapresa sotto condizioni in cui la costante condizionale è almeno 108. Ciò  implica  che al punto equivalente,  che è  il punto  in cui alla soluzione è stato aggiunto un numero di moli di titolante esattamente uguale al numero di moli del catione  titolato,  la reazione  fra gruppi: 

                                               .  

ha  trasformato praticamente in maniera completa i gruppi di specie M’ e Y’ nel  gruppo  di  specie MY’.  Inoltre  le  concentrazioni  di M’  e  Y’  rimaste  al punto  equivalente  sono  identiche  a  causa  della  stechiometria  1:1  della reazione fra gruppi. Quindi al punto equivalente si ha: 

                                 .  

                  

Se  le condizioni espresse dalla  (2.28) sono utilizzate nell’espressione della costante condizionale della reazione fra gruppi si ha: 

        

                       .  

                

Dalla (2.29), passando ai logaritmi, si deriva subito: 

                               .  

                

Prego nota  che  la  (2.30)  è  approssimata  in  quanto  è  stata derivata dalla (2.28)  ignorando,  per  semplicità,  l’effetto  della  diluizione  sulla concentrazione analitica del metallo ma è, cionondimeno, sufficiente per la maggior parte degli scopi pratici. Per esempio,  il pM  per una titolazione 

di un catione 0.01 M che ha una costante condizionale di 108 è secondo la relazione  (2.30) 5.0. Dalla  Figura2.14  si  vede,  tuttavia,  che nel  caso  reale della titolazione di 50 ml di una soluzione 0.010 M di un tale catione con un acido amminocarbossilico 0.02 M,  pM  = 5.09. 

2.5 Scelta dell’Indicatore Metallocromico 

L’indicatore  metallocromico  scelto  per  seguire  visualmente  una titolazione  complessometrica  deve  essere  di  sensibilità  adeguata.  Dalla trattazione  degli  indicatori  metallocromici  svolta  al  §1.6  del  Capitolo  1 risulta che  la sensibilità di un  indicatore metallocromico, pM , coincide con  la  costante  condizionale  di  formazione  del  complesso  Metallo‐Indicatore: 

                                        .  

sotto le descritte condizioni della titolazione complessometrica. Allora: 

                                              .  

à              

Durante  una  titolazione  complessometrica  con  un  acido amminocarbossilico  l’indicatore  aggiunto  è  presente  all’inizio prevalentemente  sotto  forma  del  suo  complesso,  MIn’,  con  il  metallo titolato.  All’aumentare  di  pM’,  per  aggiunta  di  titolante,  il  complesso Metallo‐Indicatore  viene  gradualmente  decomposto.  Quando  pM’  della soluzione  ha  raggiunto pM ,  dato  dalla  (2.32),  50%  dell’indicatore  è 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 85: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

85

nella forma complessata e 50% è nella forma libera: il colore della soluzione è allora intermedio fra quello della forma complessata e quello della forma libera.  In  pratica  per  avere  il  completo  viraggio  dell’indicatore  è  spesso necessario giungere a un valore di pM’ nella soluzione che è circa un’unità al  di  sopra  di pM .  Sulla  base  di  queste  osservazioni  si  può  stabilire come  regola  guida per  la  scelta dell’indicatore metallocromico  che  venga soddisfatto il seguente criterio: 

                                 .  

        ’   

Secondo  questo  criterio  quindi  un  indicatore  idoneo  per  una  data titolazione  è quello  che ha una  sensibilità per  il  catione  titolato,  sotto  le condizioni  della  titolazione,  di  poco  al  di  sotto  di  pM   della  titolazione. 

Poiché,  tuttavia,  pM ,  varia  al  variare  della  concentrazione  del metallo 

titolato, per applicare questo criterio è necessario fissare un valore centrale per  le  concentrazioni  di  metallo  di  interesse.  In  molti  casi  pratici  è ragionevole scegliere un valore centrale di 0.010 M per  la concentrazione del metallo nella soluzione titolata. Con questa scelta della concentrazione centrale del metallo, applicando la relazione (2.30) si ha: 

                              .  

               

Sostituendo la (2.33) nella (2.32) risulta il seguente semplice criterio per la scelta  dell’indicatore  durante  una  titolazione  complessometrica  eseguita con  una  costante  condizionale      del  complesso  del  catione  target  con l’acido amminocarbossilico: 

                                .  

Secondo  la (2.34)  la sensibilità dell’indicatore scelto per eseguire una data titolazione  deve  essere  all’incirca  uguale  alla  metà  del  logaritmo  della costante  condizionale,  sotto  le  condizioni della  titolazione, del  complesso del catione target con l’acido amminocarbossilico titolante.  

2.6 Errore Sistematico di Titolazione 

Per quanto attentamente si possa scegliere  l’indicatore metallocromico da  usare  in  una  titolazione  complessometrica  visuale,  occorre  prendere atto che  la  titolazione non verrà, praticamente mai, arrestata  in un punto coincidente con il punto equivalente. Un tale stato di cose implica che fra il valore  di  pM’  al  punto  di  arresto,  pM ,  e  il  valore  di  pM’  al  punto equivalente, pM , vi sia sempre una differenza, ∆pM’ così definita: 

∆    ∆                           .  

Se noi titoliamo oltre il punto equivalente, ∆pM’ è positivo e ciò implica che un  volume  di  titolante,  ∆Vt ml,  è  stato  aggiunto  in  più  rispetto  a  quello richiesto per raggiungere il punto equivalente. Ovviamente ciò si traduce in un  errore  in  eccesso  sulla  concentrazione  dell’analita  determinata  dalla titolazione. Il contrario succede se la titolazione è arrestata prima del punto equivalente.  Tuttavia,  il  valore  di  ∆pM’,  in  sé  e  per  sé  non  dice molto sull’entità  dell’errore  sistematico  che  si  commette  a  causa  di  un  arresto tardivo o prematuro della  titolazione. Molto più utile  sarebbe  il valore di ∆Vt corrispondente a un dato ∆pM’. Infatti, se ∆Vt è minore della precisione della buretta,( ∆Vt)bur , noi possiamo ritenere che  l’arresto della titolazione in un punto diverso dal punto equivalente non produce un errore rilevabile e la titolazione si può ritenere esente da errore sistematico. In tal caso noi diremo  che  l’errore  di  titolazione  è  sotto  il  controllo  della  buretta.  Per contro  se  ∆Vt >  (  ∆Vt)bur,  la  titolazione  è  affetta da un errore  sistematico rivelabile  e  diremo  che  l’errore  di  titolazione  è  sotto  il  controllo 

Page 86: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

86

dell’indicatore.  Si  deve  capire  che  è  opportuno  avere  un  fattore  che consente  di  convertire  un  dato  ∆pM’  nel  corrispondente  ∆Vt.  Cioè,  noi abbiamo bisogno di un fattore di conversione, che verrà chiamato ξ (leggi: csi) tale che:  

∆∆

                                             .  

Evidentemente, affinché la relazione (2.36) sia dimensionalmente corretta, ξ  deve  avere  le  dimensioni  di  unità  di  pM’  per millilitro.  Com’è  possibile intuire dalle  sue dimensioni,  ξ è  connessa  con  la pendenza della  curva di titolazione.  Strettamente,  infatti,  ξ  nell’equazione  (2.36)  coincide  con  il valore medio della pendenza della curva di titolazione nell’intervallo di pM’ fra il punto di arresto e il punto equivalente. Poiché non è possibile derivare un’espressione ragionevolmente semplice di ξ  in funzione delle variabili di una titolazione complessometrica  la relazione (2.36) verrà sostituita con  la relazione  (2.37),  in  cui  a  ξ  è  stato  sostituito  ξmax  che  rappresenta  la pendenza della curva di titolazione al punto equivalente: 

∆∆

                                             .  

Naturalmente  il valore di ∆Vt calcolato dalla (2.37) è  inferiore  in una certa misura  a  quello  reale  che  sarebbe  calcolato  dalla  (2.36).  La  differenza aumenta  man  mano  che  il  punto  di  arresto  e  il  punto  equivalente divergono. Tuttavia,  la  (2.37) è molto utile per avere  in maniera  semplice una stima dell’errore di titolazione, a patto di tener presente che il suo uso inevitabilmente  conduce  a una  certa  sottostima dell’errore di  titolazione, che,  tuttavia,  non  è  drammatica  se  il  punto  di  arresto  è  vicino  al  punto equivalente.  Il vantaggio di sostituire la relazione (2.37) alla (2.36) dipende dal fatto che è possibile  correlare  ξmax  alle  variabili  della  titolazione  complessometrica. Infatti, si ha: 

.   /

                                             .  

 La relazione (2.38) è valida per valori della costante condizionale > 106, che è  una  condizione  che  è  sempre  verificata  per  una  titolazione  analitica. Inserendo la (2.38) nella (2.37) si ha: 

%∆ ∆

.   /∆  /         .  

Secondo  la  relazione  (2.39)  l’errore  percentuale  sulla  concentrazione  del metallo titolato, dovuto a un arresto della titolazione non coincidente con il punto  equivalente,  dipende  esclusivamente  dal  prodotto  della  costante condizionale  di  formazione  del  complesso  MY  con  la  concentrazione analitica del metallo  titolato.  In pratica  l’errore che si commette aumenta sia al diminuire della concentrazione del catione  target che della costante condizionale.  Se  l’arresto  avviene  entro    1  unità  di  pM’  dal  punto equivalente, per mantenere  l’errore percentuale  sul metallo  titolato al di sotto  di  1%,  che  rappresenta  un  ragionevole  standard  di  accuratezza,  è 

necessario che    CM 10 . . Ciò implica che se il catione titolato ha una 

concentrazione  di  0.010  M  la  costante  condizionale  deve  essere:   10 .  . 

 

Esempi Svolti 

Esempio I 

Considera,  alla  luce  di  quanto  detto  sopra,  la  titolazione  di  100 ml  di  un campione 0.001 M di zinco con una soluzione standard 0.02 M di EDTA usando come indicatore il Nero Eriocromo T. Supponi  che la soluzione venga tamponata a pH = 9.3 con un tampone NH3/ NH4

+ di concentrazione totale 0.2 M. La costante 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

Page 87: Introduzion Agli Equilibri Di Formazione Di Complessi E Alle Titolazioni Comp Les So Metric He

87

di  formazione  del  complesso  ZnEDTA  è  β1  =1016.5  e  la  costante  del  complesso 

ZnNET  è  βZnNET  =1012.9.  Calcola    e  l’errore  sistematico  di  titolazione 

assumendo  che  la  titolazione  venga  arrestata  quando  il  91%  dell’indicatore  è stato convertito nella forma libera (HNET2‐) di colore blu. 

Per  valutare  se  questa  titolazione  è  analiticamente  favorevole  occorre preventivamente  calcolare  le  costanti  condizionali  sia  del  complesso  Zinco‐EDTA che del complesso Zinco‐NET, sotto le condizioni sperimentali descritte.  

Ciò richiede in sostanza la valutazione di tre coefficienti α e cioè αZn, αNET e αEDTA. 

Infatti,  si può assumere che αZnNET e  ZnEDTA  siano unitari poiché al pH considerato non sono formati in concentrazione apprezzabile né complessi basici né complessi acidi (vedi figure dell’Esempio I del §2.3.5). Ovviamente per calcolare i coefficienti 

α necessari occorre conoscere il meccanismo di formazione degli idrossocomplessi e dei complessi amminici dello zinco e le costanti di protonazione di EDTA e NET.  

αZn si calcola sommando i contributi delle reazioni collaterali di idrolisi dello zinco e di  formazione  di  ammino  complessi  usando  la  relazione  generale  (2.23)  con  le costanti di equilibrio appropriate al presente caso. Si ha: 

α 1 10 . OH   10 . OH   10 . OH   10 . OH      

10 . 0.21 10 . H 10 . 0.2

1 10 . H 10 . 0.21 10 . H  

10 . 0.21 10 . H             I  

 Il valore di αZn = 105.02 è subito calcolato dalla relazione (I) usando [H+] =10‐9.3 M e 

[OH‐]  =  10‐4.7 M.  Il  valore  calcolato  di  αZn  servirà  per  il  calcolo  della  costante condizionale sia del complesso ZnEDTA che del complesso ZnNET 

Il  valore  di αEDTA  si  ottiene  immediatamente  usando  le  costanti  di  protonazione dell’EDTA di Figura2.9  nella relazione generale (2.16). Si ha: 

αEDTA 1 10 . H   10 . H   10 . H   10 . H    

 10 . H   10 . H                           II  

Il valore αEDTA = 16.86 si calcola  immediatamente dalla relazione (II) ponendo [H+] =10‐9.3 M. 

Il calcolo di αNET è analogo a quello di αEDTA e richiede  i valori delle tre costanti di protonazione del NET che possono essere  reperiti nella Figura1.16 del Capitolo1. Utilizzando la relazione (1.92) del Capitolo 1 si ha: 

αNET 1 H H H H H H               

αNET 1 10 . 10 . 10 . 10 . 10 . 10 .    200.7              III  Le  costanti  condizionali  si  calcolano  ora  dalla  relazione  (2.14).  Per  il  complesso 

ZnEDTA si ha: 

   αMEDTAαEDTA   α   10 . 1

16.86 10 . 10 .              IV  

E per il complesso ZnNET: 

   αMNETαNET   α   10 . 1

200.7 10 . 10 .              V  

pZn  si può ora calcolare dalla relazione (2.30). Si ha: 

p Zn    12 log

  12 log M 5.125 1.5 6.625          VI  

Sotto  le condizioni specificate  la sensibilità del NET per  lo Zinco è pZn = 5.58. Secondo quanto specificato nell’esempio l’arresto della titolazione avviene quando il  rapporto  fra  la  forma  libera  (di  colore  blu)  e  la  forma  complessata  (di  colore rosso)  dell’indicatore  è  10:1.  Ciò  implica  che  l’arresta  avviene  una  unità  di  pZn’ oltre pZn , cioè pZn =5.58 + 1 = 6.58. Quindi, in astratto, ∆pZn’ = 6.58 ‐6.625 = ‐0.045.  È possibile ora usare  la  relazione  (2.39) per valutare  l’errore  relativo percentuale sullo zinco commesso poiché la titolazione viene arrestata 0.045 unità di pM’ prima del punto equivalente. Si ha: 

Errore% 455∆pM  CM

/455 0.04510 . 0.001 /    0.005%     VII  

Da questo risultato si può facilmente concludere che la titolazione dello zinco a pH =  9.3,  utilizzando  il  NET  come  indicatore,  è,  sotto  le  condizioni  descritte dall’esempio, un metodo accurato esente da errore sistematico. 

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88

Esempio II 

Un campione contenente circa 1 mM di Mg2+ viene titolato con EDTA usando come  indicatore  il NET che forma con  il Magnesio  il complesso MgNET di colore 

rosso. La costante di  stabilità del complesso MgNET è βMgNET = 107.0.  Il pH della 

soluzione è tamponato a 10 con un tampone 0.2 M NH4Cl/1 M NH3. Il magnesio forma  deboli  complessi  con  l’ammoniaca:  β1(MgNH32+)  =  100.23  e β2(Mg(NH3)22+)  =  100.08;  e  un  solo  complesso  di  idrolisi,  MgOH+  con  una costante di stabilità di 102.58.  Valutare   e l’errore di titolazione assumendo 

che  la  titolazione  venga  arrestata quando  il   91% dell’indicatore  è nella  forma libera di colore blu. Assumi che la costante di stabilità del complesso MgEDTA sia β1 =10

8.8 e che al pH della titolazione non siano formati complessi acidi e basici. Per  le  costanti  di  protonazione  del  NET  fare  riferimento  alla  Figura1.6  del Capitolo 1 e per quelle dell’EDTA all Figura2.9. 

Per  rispondere  ai  quesiti  dell’esempio  si  procede  come  nell’esempio precedente  alla  valutazione  delle  costanti  condizionali  del  complesso MgEDTA  e MgNET  sotto  le condizioni prospettate della  titolazione. Ciò  in pratica  richiede  la 

valutazione di tre coefficienti alfa e cioè αMg, αNET e αEDTA poiché non sono formati 

complessi acidi o basici e quindi αMgNET = 1 e i αMgEDTA = 1. 

αMg  si  calcola  sommando  i  contributi  delle  reazioni  collaterali  di  idrolisi  del Magnesio e di formazione di ammino complessi usando le relazioni (2.17), (2.18) e (2.20) con le costanti di equilibrio appropriate al presente caso. Si ha: 

αM 1 10 . OH   10 . NH    10 . NH  

1 10 . 10 10 . 1   10 . 1 3.93                          I  

Il  valore  di αEDTA  si  ottiene  immediatamente  usando  le  costanti  di  protonazione dell’EDTA di Figura2.9  nella relazione generale (2.16). Si ha: 

αEDTA 1 10 . H   10 . H   10 . H   10 . H    

 10 . H   10 . H                           II  

Il valore αEDTA = 4.16  si calcola  immediatamente dalla  relazione  (II) ponendo  [H+] =10‐10 M. 

Per calcolo di αNET si può utilizzare la relazione (1.92) e le costanti di protonazione della Figura1.16 del Capitolo 1 . Si ha: 

αNET 1 H H H H H H               

αNET 1 10 . 10 10 . 10 10 . 10    40.83              III  Le  costanti  condizionali  si  calcolano  ora  dalla  relazione  (2.14).  Per  il  complesso 

MgEDTA si ha: 

   αM EDTA

αEDTA   αM   10 . 14.16 3.93 10 .              IV  

Per il complesso MgNET si ha: 

   αM NET

αNET   αM   101

40.82 3.93 10 .              V  

pMg  si può ora calcolare dalla relazione (2.30). Si ha: 

p Mg    12 log

  12 log M 3.80 1.5 5.3          VI  

Sotto  le  condizioni  specificate  la  sensibilità del NET per  il Magnesio è pMg = 4.79.  Secondo  quanto  specificato  nell’esempio  l’arresto  della  titolazione  avviene quando  il  rapporto  fra  la  forma  libera  (di  colore blu) e  la  forma  complessata  (di colore rosso) dell’indicatore è 10:1. Ciò  implica che  l’arresto avviene una unità di pMg’ oltre pMg , cioè pMg  = 4.79 + 1 = 5.79. Quindi ∆pZn’ = 5.79 – 5.3 = + 0.49  È possibile ora usare  la  relazione  (2.39) per valutare  l’errore  relativo percentuale sul Magnesio  commesso  poiché  la  titolazione  viene  arrestata  0.49  unità  di  pM’ dopo il punto equivalente. Si ha: 

Errore% 455∆pM  CM

/455 0.49

10 . 0.001 /    1.1 %     VII  

 Come si può vedere dall’errore relativo percentuale la titolazione del Magnesio con EDTA a pH = 10 usando  il Nero Eriocromo T come  indicatore è affetta da un non trascurabile errore sistematico in eccesso. A ciò concorrono la relativamente bassa 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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stabilità del complesso MgEDTA e il fatto che il NET è un indicatore troppo sensibile per il Magnesio. 

2.7 Schemi Alternativi di Titolazione 

Per  superare eventuali  insufficienze della  reazione di  formazione di complesso  fra  il metallo e  il  titolante e/o  fra  il metallo e  l’indicatore è talvolta  necessario  utilizzare  strategie  di  titolazione  alternative  alla titolazione diretta del metallo con un acido amminocarbossilico  fin qui considerata.   Benché  la  reazione  di  formazione  del  complesso  con  il  titolante  (e.g. EDTA)  sia  in  genere  sufficientemente  rapida,  vi  sono  casi  ben  noti  di cationi  (specialmente cationi  tri‐ e  tetrapositivi che  formano complessi estremamente  stabili  , e.g., Cr3+, Al3+, Zr4+) che  reagiscono  lentamente. Sono  anche noti  casi  in  cui  la decomposizione del  complesso metallo‐indicatore,  che  deve  aver  luogo  al  punto  di  fine  della  titolazione complessometrica,  è  lenta,  e  così  l’indicatore  inevitabilmente  resta bloccato senza dare la desiderata variazione di colore, o, almeno, dando una  variazione graduale di  colore  su un esteso  intervallo di  volume di titolante (il complesso CaNET‐ ne è un esempio). Il realizzarsi dell’una o dell’altra  di  tali  situazioni  rende  la  titolazione  diretta  inattuabile. Un’ovvia  misura  per  accelerare  la  velocità  della  reazione  metallo‐titolante  è  quella  di  usare  una  temperatura  più  alta  durante  la titolazione, ma  ciò non  sempre è  sufficiente. Un modo più  generale  e alternativo  di  risolvere  la  questione  è  quello  di  ricorrere  ad  una titolazione  in  ritorno.  In  questa  versione  delle  titolazioni complessometriche  viene  aggiunto  in  un  singolo  step  un  volume accuratamente misurato di  soluzione  standard di  titolante  (i.e., EDTA), calcolato  in  modo  da  contenere  un  numero  di  moli  di  titolante leggermente  in  eccesso  (circa  doppio),  rispetto  a  quelli  richiesti 

stechiometricamente  per  complessare  il metallo  target  presente  nella soluzione  titolata.  L’eccesso  residuo  di  EDTA  è  quindi  determinato  in ritorno  con una  soluzione  standard di un  catione metallico usando un opportuno  indicatore.    Il  metallo  usato  per  la  titolazione  in  ritorno dell’EDTA è in pratica un catione che può essere titolato accuratamente con  EDTA  conformemente  alla  procedura  diretta.  Questo  schema permette di  superare  la  lentezza della  reazione di  titolazione poiché  il metallo resta esposto a un eccesso di legante per un prolungato periodo di  tempo  prima  di  iniziare  la  titolazione  di  ritorno,  che,  al  limite,  può anche  essere  eseguita  il  giorno  successivo.  Il  blocco  dell’indicatore  è evitato in quanto esso può essere aggiunto subito prima della titolazione di ritorno. In questo schema si osserva una variazione di colore al punto equivalente  corrispondente  al  passaggio  dell’indicatore  dalla  forma libera  al  complesso  con  il metallo  titolante,  e  quindi  via  un  processo inverso  rispetto  a  quello  osservato  in  una  titolazione  diretta.  Un requisito necessario per ottenere risultati accurati è che il metallo usato per  la  titolazione  in  ritorno  non  decomponga  il  complesso  dell’analita con  l’EDTA  (reazione  di  metatesi),  mettendo  in  libertà  di  nuovo  il legante, e quindi causando un errore  in eccesso sulla concentrazione di EDTA residua, e in difetto sulla concentrazione dell’analita. Quest’ultima viene,  infatti,  calcolata  sottraendo dall’eccesso noto di EDTA, aggiunto inizialmente,  la  concentrazione  di  EDTA  residua  determinata  nella titolazione di ritorno. In pratica il complesso dell’analita con l’EDTA deve essere  sufficientemente  stabile,  da  potersi  ritenere  che  la  quantità stechiometrica  di  EDTA  resti  bloccata  sotto  forma  di  complesso  con l’analita  durante  l’esecuzione  della  titolazione  in  ritorno.  In  effetti, questo  significa  che  il  complesso dell’EDTA  con  il metallo determinato deve essere notevolmente più stabile di quello con il metallo impiegato nella  titolazione  in  ritorno.  In pratica  però  la  reazione di metatesi dei due metalli non è mai un problema essendoci un perfetto sinergismo fra questo  schema di  titolazione e  la  lentezza della  reazione primaria, che 

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ovviamente  si  traduce  in un altrettanto  lenta  reazione di  trasposizione del metallo, una  volta  che  il  complesso  si  è  formato.  Tuttavia, questo aspetto della questione va sorvegliato attentamente se  la titolazione  in ritorno  viene  eseguita  per  superare  il  problema  del  blocco dell’indicatore.  Per  esempio,  nel  caso  del  blocco  del  NET  da  parte  di Ca2+,  sarebbe  difficilmente  proponibile  titolare  in  ritorno  con  una soluzione  standard  di  Ni2+  poiché  il  Nichel  sposterebbe  il  Calcio  dal complesso Ca‐EDTA durante la titolazione di ritorno. Come esempi di applicazione della strategia della titolazione in ritorno si può citare il caso dell’Alluminio e dello Zirconio.  L’Alluminio non può essere titolato direttamente con EDTA a causa della lentezza con cui è formato  il complesso AlEDTA‐ (  = 1016.5). Il metodo volumetrico  più  importante  per  la  determinazione  dell’alluminio consiste nell’aggiungere  alla  soluzione di  alluminio un eccesso noto di soluzione  standard  di  EDTA  0.05  M,  e  dopo  aver  tenuto  a  caldo  la soluzione per un congruo periodo di tempo (per completare la reazione fra Al3+ e EDTA4‐ che è lenta anche in presenza di un eccesso di EDTA) di retrotitolare  l’EDTA residuo con soluzione standard di ZnSO4 0.05M. La retrotitolazione è condotta nello stesso ambiente della determinazione diretta dello Zinco con EDTA (pH = 4.5 con tampone CH3COOH/CH3COO

).  Il Ditizone è usato  come  indicatore dello Zinco.  La  retrotitolazione è arrestata  al  viraggio  dal  verde‐grigio  al  rosso  dei  complessi  Zinco‐Ditizone. Lo  zirconio  (che  forma  lentamente  complessi  con  l’EDTA)  viene determinato  in una  soluzione acida    retrotitolando un eccesso noto di EDTA  con  soluzione  standard  0.05  M  di  Fe(III)  secondo  la  seguente procedura: alla soluzione di zirconio è aggiunta una concentrazione circa doppia di  EDTA, prelevando  con una buretta un opportuno  volume di soluzione standard, e quindi un tampone CH3COOH/CH3COO

‐ a pH = 5.5 . La  soluzione  è  scaldata  all’ebollizione  per  due  minuti,  e  dopo raffreddamento si aggiungono circa 200 mg di acido sulfosalicilico come 

indicatore  del  ferro,  calcolati  in  maniera  che  la  concentrazione dell’indicatore nella  soluzione  sia circa 10 mM. La  soluzione  incolore è retrotitolata  con  Fe(III)  0.05M  fino  alla  comparsa  del  colore  rosso  dei complessi del ferro con l’acido sulfosalicilico. Un  ulteriore  e  molto  ingegnoso  schema  di  titolazione  può  essere impiegato per superare le sopra menzionate difficoltà. Questa strategia, che  per  ragioni  che  saranno  subito  evidenti,  è  detta  titolazione  per spostamento,  impiega come  reattivo ausiliario una soluzione  titolata di Mg2+  (o  anche  di  un  altro  metallo  che  forma  complessi  non eccezionalmente forti con  l’EDTA). Una soluzione titolata di Mg2+ è una soluzione  che  contiene  una  certa  concentrazione  del  complesso Mg(EDTA)2‐,  come  potrebbe  essere  la  soluzione  al  punto  equivalente della  titolazione del Magnesio con EDTA o anche meglio una soluzione del  sale Na2MgEDTA.  L’aggiunta  di  un  eccesso  di  soluzione  titolata  di Magnesio  alla  soluzione  che  contiene  il metallo  da  titolare, M,  risulta invariabilmente  nello  spostamento  quantitativo  dello  ione  Mg2+  dal complesso con l’EDTA: 

                         .  

Ciò perché il Magnesio è uno dei metalli che forma i complessi più deboli con  l’EDTA (vedi Figura2.7). Il risultato della trasposizione del magnesio da  parte  dell’analita  è  la  produzione  nella  soluzione  di  una concentrazione di Mg2+  libero esattamente uguale a quella del metallo da determinare. La  titolazione diretta del Magnesio secondo  il metodo usuale permette di calcolare la concentrazione incognita del metallo. In pratica è possibile  ridurre  la determinazione di qualunque metallo che forma con l’EDTA un complesso più forte di quello del Magnesio (e cioè quasi tutti) alla determinazione del Magnesio. La semplicità e la genialità di  questa  procedura  è  del  tutto  evidente.  In  astratto,  utilizzando  una soluzione standard di EDTA, il NET come indicatore per il magnesio e una soluzione  del  complesso  MgEDTA,  dovrebbe  essere  possibile 

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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determinare  per  sostituzione  con  Magnesio  praticamente  qualunque catione.  Il principale e unico  svantaggio di una  tale metodologia è che l’errore  di  titolazione  nella  titolazione  per  spostamento  di  un  dato analita è ovviamente più alto se confrontato con quello della titolazione diretta dell’analita, qualora si potessero assicurare opportune condizioni e un opportuno  indicatore per  la  titolazione diretta.  Infatti,  l’errore di titolazione  è  sempre  lo  stesso,  ed  è  quello  che  si  commette  nella titolazione diretta del Magnesio, che non è tra  i più favorevoli, a causa del valore relativamente basso della costante di formazione di MgEDTA2. E’  bene  sottolineare    che  anche  nella  titolazione  in  ritorno  l’errore  di titolazione è maggiore, paragonato con quello di una titolazione diretta dell’analita, per il fatto che la concentrazione incognita è ottenuta come differenza tra due concentrazioni, ciascuna affetta da un errore.  Un caso particolare di  titolazione per spostamento è basato sull’uso di una  soluzione  di  tetracianonichelato,  Ni(CN)4

2‐,  ed  è  utile  per  la determinazione  di  Ag+,  Pd2+  ed  altri metalli  nobili.  In  questo metodo l’aggiunta  di  un  eccesso  noto  di Ni(CN)4

2‐  alla  soluzione  contenente  il catione da determinare, i.e., Ag+, Pd2+, etc…, risulta nello spostamento di una concentrazione stechiometrica di Ni2+ secondo le reazioni:  

                            β   .   

                          β   .   

Il Ni2+ liberato è quindi determinato con una soluzione standard di EDTA secondo  il  metodo  usuale.  Ovviamente  in  questo  caso  l’eccezionale stabilità  di  complessi  con  il  cianuro  ha  un  ruolo  essenziale,  poiché consente di determinare il Nichel libero senza trasporre i metalli bloccati sotto forma di cianuro‐complessi. Alcuni  anioni  possono  essere  determinati  precipitando  il  sale  di  un catione  titolabile  con  EDTA.  Il  precipitato  è  quindi  separato,  lavato  e 

ridissolto  e  il  catione  del  sale  determinato  complessometricamente.  Il fosfato  può  essere  determinato  precipitando MgNH4PO4  e  titolando  il magnesio.  Il  solfato  può  essere  determinato  precipitandolo  con  un eccesso noto di Ba2+ e titolando in ritorno il Bario residuo. 

2.8 Preparazione e Standardizzazione della Soluzione di EDTA. 

Attualmente  sono disponibili commercialmente  in un grado di purezza analitico  sia  l’acido etilendiamminotetraacetico  (H4EDTA, peso molecolare 

292.25  uma)  che  il  suo  sale  disodico  diidrato  (Na2H2EDTA×2H2O,  peso molecolare 372.25 uma). L’acido etilendiamminotetraacetico ha  il grado di purezza di uno standard primario  e  necessita  solo  di  essere  essiccato  per  qualche  ora  a  una temperatura compresa fra 130 e 140°C. Tuttavia esso è insolubile in acqua e deve essere sciolto per aggiunta di soda. Un litro di soluzione a titolo noto di  EDTA,  che  non  abbisogna  di  standardizzazione,  può  essere  preparata pesando accuratamente un’appropriata quantità di H4EDTA, e trasferendola in un becker con circa 500 ml di acqua. Si aggiungono, poi, una per volta, delle pellets di NaOH fino a completa dissoluzione dell’acido. La soluzione è quindi trasferita quantitativamente dal becker a un matraccio tarato da un litro, e, dopo raffreddamento, a temperatura ambiente è portata a volume; infine  è  trasferita  a  una  bottiglia  di  polietilene.  Infatti,  il  titolo  delle soluzioni  di  EDTA  conservate  in  vetro  diminuisce  a  causa  della  reazione dell’EDTA con i metalli del vetro. Se l’acqua impiegata è esente da tracce di metalli,  il  titolo  della  soluzione  così  preparata  è  accurato  entro  0.1%.  Le tracce  di  rame  sono  particolarmente  temibili  poiché  bloccano  diversi indicatori fra cui il Nero Eriocromo T. L’uso  del  sale  disodico  diidrato  dell’acido  etilendiamminotetraacetico 

(Na2H2EDTA×2H2O)  per  la  preparazione  di  soluzioni  standard  di  EDTA 

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presenta il vantaggio che è direttamente solubile in acqua. Tuttavia il sale di solito contiene circa il 3% in più di acqua adsorbita, che può essere rimossa solo  con una prolungata  (alcuni  giorni)  essiccazione  a  80°C.  Temperature più alte non possono essere usate a causa del rischio di perdita dell’acqua 

di  cristallizzazione.  In  generale  quando  si  usa  Na2H2EDTA×2H2O,  per  la preparazione della soluzione standard di EDTA, si procede successivamente ad una standardizzazione. Per preparare un  litro di soluzione di EDTA 0.02 

M  si  pesano  circa  7.4  g  di  Na2H2EDTA×2H2O  e  si  trasferiscono  in  una bottiglia di polietilene con un litro di acqua di qualità analitica. La soluzione può  quindi  essere  standardizzata  contro  una  soluzione  di  calcio  di concentrazione accuratamente nota. Si pesano accuratamente circa 0.250 g di carbonato di calcio di purezza analitica e si trasferiscono in un becker da 250 ml con poca acqua. Si aggiungono quindi lentamente circa 10 ml di HCl 1M  fino  a  completa  dissoluzione  di  CaCO3.  La  soluzione  è  quindi quantitativamente  trasferita  in un matraccio  tarato da 250 ml e portata a volume (la concentrazione del calcio nella soluzione è circa 0.01 M e deve essere nota accuratamente). Per  la standardizzazione 50.0 ml di soluzione di  calcio  standard  (prelevati  con  una  pipetta  o  con  una  buretta)  sono trasferiti  in  una  beuta  da  50 ml,  dove  sono  aggiunti  20 ml  di  tampone NH3/NH4

+ a pH 10. Il tampone si può preparare sciogliendo (sotto cappa) 7 g di NH4Cl  in 57 ml di NH3 28‐30 %   e aggiungendo acqua fino a 100 ml. Alla soluzione nella beuta sono quindi aggiunti alcuni ml di soluzione 0.1 M di Na2MgEDTA, e alcune gocce di soluzione allo 0.5 % di Nero Eriocromo T  in etanolo.  Infine, si  titola con  la soluzione da standardizzare  fino al viraggio dal rosso del complesso MgNET‐ al blu del NET libero a pH 10. Si deve capire che la titolazione di standardizzazione dell’EDTA contro il calcio è condotta per sostituzione con il magnesio. Questa procedura è necessaria se si vuole usare  il NET come  indicatore poiché  il calcio provoca  il blocco del NET. Ciò significa che  il complesso CaNET‐ reagisce molto  lentamente con  l’EDTA al punto di fine e la comparsa del colore blu dell’indicatore libero è graduale e ritardata.  Il  magnesio  elimina  questo  problema,  poiché  in  presenza  di 

magnesio  si  forma  il  complesso MgNET‐,  che  è più  stabile  del  complesso CaNET‐  e che  libera prontamente il NET al punto di fine.      Come  per  altri  reagenti  dell’analisi  volumetrica  è  possibile  acquistare  da produttori specializzati concentrati di EDTA, che, diluiti ad 1 litro, producono una soluzione di EDTA di titolo accuratamente noto. E’ disponibile un vasto assortimento di concentrati che servono a preparare 1  litro di soluzione di EDTA di titolo variabile fra 0.01 e 0.1 M.                          

Introduzione agli Equilibri di Formazione di Complessi e alle Titolazioni Complessometriche

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