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nascelta ........ barazzante ... ark Malloch- Brown, Financial Times, Regno Unito n premio è un omaggio ambasciatore. In questo modo ci si rispar- entimentale e stravagante al mia lo spettacolo della parata dei relatori, P assato di un' istituzione ma anche questa scelta ha un prezzo. Le po- sizioni europee, anche per gli standard gloriosa. Che oggi mostra tutta dell'Onu, il più delle volte sono talmente la sua debolezza e una totale vaghe da rasentare l'assurdo. E questo per- mancanza di coraggio ché sono il frutto di un compromesso tra tutti gli ambasciatori dell'Ue. , assegnazione del premio Nobel al presidente Barack Obama al- la fine del primo anno del suo mandato fu una curiosa scom- messa sul futuro: un giorno, forse, sarebbe diventato un paladino della pace. L'annun- cio dell'assegnazione del premio all'Unione europea, arrivato il 12ottobre, è una scom- messa ancora più curiosa sul passato. È ve- ro, l'Ue ha portato la pace dove per secoli c'era stata la guerra e ha integrato i paesi dell'est in un'Europa allargata. Qualche an- no fa sarebbero stati degli ottimi motivi per assegnarle il Nobel per la pace. Questi suc- cessi storici, tuttavia, fanno sembrare il mi- sero presente dell'Ue ancora più fosco. Più che un'iniezione di fiducia in tempi di au- sterità, il premio è un triste ricordo di come sia caduto in basso il sogno europeo. Que- sta visione è stata tradita dalle lotte interne su una crisi dell' euro ancora irrisolta, che ha smascherato la mancanza di volontà politi- ca dei leader europei. Il Nobel, tuttavia, viene assegnato per quello che un candidato ha fatto all' estero. E qui il silenzio del comitato che ha premia- to l'Ue è eloquente perché, detto brutal- mente, una politica estera europea non esiste. Su qualsiasi tema - dal processo di pace in Medio Oriente alla primavera ara- ba, dall'Iran alle relazioni con la Cina, l'Afri- ca o l'America Latina -I'Europa conta meno della somma delle sue parti. Oggi Bruxelles ha ambasciate in tutto il mondo, e nessun vertice internazionale può dirsi completo senza una nutrita presenza di funzionari che parlano "a nome dell'Europa". È un te- atrino di riti e protocolli dall'esito spesso avvilente. Alle Nazioni Unite, su molti temi l'Europa viene rappresentata da un solo Nessuna autorevolezza Per quanto riguarda la Turchia, il comitato per il Nobel sostiene che il negoziato con Bruxelles "ha favorito la democrazia e i di- ritti umani nel paese". Peccato che l'opposi- zione di diversi paesi europei all'integrazio- ne turca abbia spinto Ankara a guardare al- trove in cerca di amicizie e partnership. Quanto alla primavera araba, che fine ha fatto la leadership che l'Ue aveva esercitato in modo tanto autorevole nei paesi dell'est dopo i11989? Gli aiuti economici e ilsoftpo- wer avevano dato all'Europa un ruolo di pri- mo piano che la crisi sembra aver eroso. Sui negoziati per il nucleare in Iran, l'Ue ha la leadership formale, ma le decisioni vengono prese ancora a Washington (e sempre più spesso a Gerusalemme, a quan- to sembra). Anche nel processo di pace in Medio Oriente l'Europa, che è storicamen- te vicina a Israele ed è anche tra i maggiori sostenitori economici della Palestina, con- tinua a latitare. È questo il dilemma: anche tralasciando l'attuale crisi dellagovernance economica, l'Europa è un mercato, una società, una cul- tura, più che un sistema di governo. Ci ha ricordato i nostri valori condivisi e la nostra storia, e in tempi migliori ci ha avvolti nella prosperità e nel calore della cittadinanza comune dopo secoli di guerre. Ma la forza e il coraggio di promuovere la pace oltre isuoi confini, al servizio dei diritti umani e della democrazia, sono l'antitesi dei valori di questa Ue molle e autocompiaciuta. Sulla Cina, per esempio, la battaglia per i diritti umani è relegata in secondo piano perché gli stati membri sono troppo impegnati a farsi concorrenza a caccia di accordi com- merciali. Oggi, inoltre, in un momento di estrema difficoltà economica, Bruxelles sembra meno coraggiosa che mai. I Nobel non dovrebbero premiare l'ossessione per i processi e le procedure. Quelli più sensati sono andati a individui e istituzioni corag- giosi, che hanno sfidato le convenzioni del- la loro epoca per promuovere la pace. E per questo sono spesso stati discussi e criticati. Il Nobel dovrebbe ricompensare questi sforzi e celebrare le migliori capacità dell'essere umano. Per questo motivo il ri- conoscimento all'Unione ci sembra un omaggio stravagante e sentimentale al pas- sato dell'Europa, che ne mortifica ancora di più il presente. Solo un premio per l'econo- mia sarebbe stato più improbabile .• fas A favore I meriti di Bruxelles "Il lungo periodo di pace vissuto dall'Unione euro- pea rende il Nobel di quest'anno più giustificato rispetto a quello a Barack Obama del 2009", scrive il quotidiano estone Posti- mees. "Eppure, perché concederlo ora e non nel 2004, dopo l'integrazione dei paesi dell' est? Il valore del riconoscimento è so- prattutto simbolico. Anche in una fase di profonda cri- si, oggi l'Europa non ri- schia di scivolare verso un conflitto vero e proprio, come sarebbe successo cent'anni fa". Secondo lo slovacco Sme, "il merito principale dei sessant'anni di pace in Europa va certa- mente al piano Marshall e alla forza' militare degli Stati Uniti e della Nato. Ma questo non significa che la riconciliazione tra Francia e Germania non abbia avuto un ruolo fondamen- tale. Anche il mercato co- mune e il libero movimen- to delle persone hanno contribuito alla pace. E l'integrazione dei paesi ex comunisti ha ampliato lo spazio di pace, sicurezza e libertà. Nonostante tutte le sue deformazioni, i pia- ni di salvataggio e le trop- pe regole, la vita al di fuori di questa istituzione sareb- be più pericolosa e pove- ra". Nelle attuali difficoltà, scrive il danese Jyllands- Posten, "c'è bisogno di più Europa. Ma questo vuoi dire che certe que- stioni sull'identità e il ruo- lo dell'Ue vanno discusse prima del voto del 2014. Unità nella diversità, mag- giore fiducia in se stessi e più coraggio. Ecco cosa chiede questo premio" .• Internazionale 971 I 19 ottobre 2012 19

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nascelta........barazzante

... ark Malloch- Brown, Financial Times, Regno Unitonpremio è un omaggio ambasciatore. In questo modo ci si rispar-entimentale e stravagante al mia lo spettacolo della parata dei relatori,

Passato di un' istituzione ma anche questa scelta ha un prezzo. Le po-sizioni europee, anche per gli standard

gloriosa. Che oggi mostra tutta dell'Onu, il più delle volte sono talmentela sua debolezza e una totale vaghe da rasentare l'assurdo. E questo per-mancanza di coraggio ché sono il frutto di un compromesso tra

tutti gli ambasciatori dell'Ue.

, assegnazione del premio Nobelal presidente Barack Obama al-la fine del primo anno del suomandato fu una curiosa scom-

messa sul futuro: un giorno, forse, sarebbediventato un paladino della pace. L'annun-cio dell'assegnazione del premio all'Unioneeuropea, arrivato il 12ottobre, è una scom-messa ancora più curiosa sul passato. Ève-ro, l'Ue ha portato la pace dove per secolic'era stata la guerra e ha integrato i paesidell'est in un'Europa allargata. Qualche an-no fa sarebbero stati degli ottimi motivi perassegnarle il Nobel per la pace. Questi suc-cessi storici, tuttavia, fanno sembrare il mi-sero presente dell'Ue ancora più fosco. Piùche un'iniezione di fiducia in tempi di au-sterità, il premio è un triste ricordo di comesia caduto in basso il sogno europeo. Que-sta visione è stata tradita dalle lotte internesu una crisi dell' euro ancora irrisolta, che hasmascherato la mancanza di volontà politi-ca dei leader europei.

Il Nobel, tuttavia, viene assegnato perquello che un candidato ha fatto all' estero.E qui il silenzio del comitato che ha premia-to l'Ue è eloquente perché, detto brutal-mente, una politica estera europea nonesiste. Su qualsiasi tema - dal processo dipace in Medio Oriente alla primavera ara-ba, dall'Iran alle relazioni con la Cina, l'Afri-ca o l'America Latina -I'Europa conta menodella somma delle sue parti. Oggi Bruxellesha ambasciate in tutto il mondo, e nessunvertice internazionale può dirsi completosenza una nutrita presenza di funzionariche parlano "a nome dell'Europa". Èun te-atrino di riti e protocolli dall'esito spessoavvilente. Alle Nazioni Unite, su molti temil'Europa viene rappresentata da un solo

Nessuna autorevolezzaPer quanto riguarda la Turchia, il comitatoper il Nobel sostiene che il negoziato conBruxelles "ha favorito la democrazia e i di-ritti umani nel paese". Peccato che l'opposi-zione di diversi paesi europei all'integrazio-ne turca abbia spinto Ankara a guardare al-trove in cerca di amicizie e partnership.Quanto alla primavera araba, che fine hafatto la leadership che l'Ue aveva esercitatoin modo tanto autorevole nei paesi dell'estdopo i11989? Gli aiuti economici e ilsoftpo-wer avevano dato all'Europa un ruolo di pri-mo piano che la crisi sembra aver eroso.

Sui negoziati per il nucleare in Iran, l'Ueha la leadership formale, ma le decisionivengono prese ancora a Washington (esempre più spesso a Gerusalemme, a quan-to sembra). Anche nel processo di pace in

Medio Oriente l'Europa, che è storicamen-te vicina a Israele ed è anche tra i maggiorisostenitori economici della Palestina, con-tinua a latitare.

Èquesto il dilemma: anche tralasciandol'attuale crisi dellagovernance economica,l'Europa è un mercato, una società, una cul-tura, più che un sistema di governo. Ci haricordato i nostri valori condivisi e la nostrastoria, e in tempi migliori ci ha avvolti nellaprosperità e nel calore della cittadinanzacomune dopo secoli di guerre. Ma la forza eil coraggio di promuovere la pace oltre i suoiconfini, al servizio dei diritti umani e dellademocrazia, sono l'antitesi dei valori diquesta Ue molle e autocompiaciuta. SullaCina, per esempio, la battaglia per i dirittiumani è relegata in secondo piano perchégli stati membri sono troppo impegnati afarsi concorrenza a caccia di accordi com-merciali. Oggi, inoltre, in un momento diestrema difficoltà economica, Bruxellessembra meno coraggiosa che mai. I Nobelnon dovrebbero premiare l'ossessione per iprocessi e le procedure. Quelli più sensatisono andati a individui e istituzioni corag-giosi, che hanno sfidato le convenzioni del-la loro epoca per promuovere la pace. E perquesto sono spesso stati discussi e criticati.

Il Nobel dovrebbe ricompensare questisforzi e celebrare le migliori capacitàdell'essere umano. Per questo motivo il ri-conoscimento all'Unione ci sembra unomaggio stravagante e sentimentale al pas-sato dell'Europa, che ne mortifica ancora dipiù il presente. Solo un premio per l'econo-mia sarebbe stato più improbabile .• fas

A favore I meriti di Bruxelles"Il lungo periodo di pacevissuto dall'Unione euro-pea rende il Nobel diquest'anno più giustificatorispetto a quello a BarackObama del 2009", scrive ilquotidiano estone Posti-mees. "Eppure, perchéconcederlo ora e non nel2004, dopo l'integrazionedei paesi dell' est? Il valoredel riconoscimento è so-prattutto simbolico. Anchein una fase di profonda cri-si, oggi l'Europa non ri-schia di scivolare verso unconflitto vero e proprio,come sarebbe successo

cent'anni fa". Secondo loslovacco Sme, "il meritoprincipale dei sessant'annidi pace in Europa va certa-mente al piano Marshall ealla forza' militare degliStati Uniti e della Nato. Maquesto non significa che lariconciliazione tra Franciae Germania non abbiaavuto un ruolo fondamen-tale. Anche il mercato co-mune e il libero movimen-to delle persone hannocontribuito alla pace. El'integrazione dei paesi excomunisti ha ampliato lospazio di pace, sicurezza e

libertà. Nonostante tuttele sue deformazioni, i pia-ni di salvataggio e le trop-pe regole, la vita al di fuoridi questa istituzione sareb-be più pericolosa e pove-ra". Nelle attuali difficoltà,scrive il danese Jyllands-Posten, "c'è bisogno dipiù Europa. Ma questovuoi dire che certe que-stioni sull'identità e il ruo-lo dell'Ue vanno discusseprima del voto del 2014.Unità nella diversità, mag-giore fiducia in se stessi epiù coraggio. Ecco cosachiede questo premio" .•

Internazionale 971 I 19 ottobre 2012 19