Internazionalizzazione e reti di impresa: come costruire ... · Competitività e reti di...
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Internazionalizzazione e reti di impresa: come costruire un vantaggio competitivo? Prof. Fernando G. Alberti Direttore, Institute for Entrepreneurship and Competitiveness – LIUC Affiliate Faculty, MOC-Institute for Strategy and Competitiveness – HBS
giovedì 17 aprile 2014
Temi di oggi
Ø Alle radici della competitivita’ Ø La competitivita’ dell’Italia e delle imprese italiane Ø Le sfide alla competitivita’ delle imprese italiane Ø Strategie di successo Ø Competitività e reti di collaborazione Ø L’internazionalizzazione: come, dove e perche’ Ø Le forme di internazionalizzazione e le reti per l’internazionalizzazione Ø La trasformazione delle reti in Italia Ø Reti: varietà e classificazione Ø I vantaggi di operare in rete Ø Lo sviluppo di relational capabilities in impresa Ø Il management delle reti Ø I contratti di rete: natura e caratteristiche Ø I contratti di rete: il fenomeno ad oggi Ø Pro e contro del contratto di rete
© Prof. F.G. Alberti – iEC
Crisi e ricerca di competitività
Ø L’Italia intera si trova in una fase di profonda crisi:
Ø Domanda stagnate o in declino Ø Concorrenza intensa dai Paesi in via di sviluppo Ø Le nostre aziende fatturano sempre meno Ø Ricorso alla cassa integrazione e al licenziamento Ø Perdite di bilancio Ø Cessazioni di attività Ø Piccole e piccolissime imprese in una spirale recessiva
Ø Per progettare un’uscita dalla crisi, occorre concentrarsi su un obiettivo assai trascurato: la competitività!
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à Crisi: cosa abbiamo imparato e come uscirne? Ø La crisi ha almeno tre facce che si sovrappongono ma non vanno confuse
(perché i rimedi sono diversi):
Ø Crisi di DOMANDA (da interdipendenza non governata) Ø Crisi di COMPETITIVITA’ (da riposizionamento incompiuto) Ø Crisi da INSOSTENIBILITA’ (da crescita dissipativa, che non riproduce le sue
premesse)
Ø Le tre crisi hanno tempi e rimedi diversi: la prima va affrontata nell’immediato, al seconda in un arco di 10 anni, la terza in un arco di 50 anni. Ma, sommandosi, sono tutte e tre fonti di instabilità
La lezione della crisi
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Fonte: Enzo Rullani
Perché occuparsi di competitività?
Ø Qui ci occupiamo solo della crisi di competitivita’ che – nelle condizioni date – significa un arresto della crescita dal 2000 ad oggi
Ø La competitività è importante perché:
Ø rappresenta la chiave per accrescere la prosperità di un Paese, di una regione, di un territorio;
Ø non importa su cosa si compete, ma come si compete! Ø ciò che conta è quindi la produttività nell’uso del capitale umano, intellettuale,
economico, tecnologico e fisico… Ø …e perché cresca la produttività è necessario lavorare sulla capacità
competitiva delle imprese
© Prof. F.G. Alberti – LIUC
La prosperità delle economie avanzate
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Prosperity performance of OECD countries (Fonte: M.E. Porter elaboration on Economist Intelligence Unit data, 2012)
Le dimensioni della competitività
competitività
interna esterna - creazione e mantenimento del
differenziale competitivo - supporto competitivo dal contesto
industriale e dal sistema Paese
© Prof. F.G. Alberti – LIUC
Le dimensioni della competitività
competitività
interna esterna - creazione e mantenimento del
differenziale competitivo - supporto competitivo dal contesto
industriale e dal sistema Paese
© Prof. F.G. Alberti – LIUC
La competitività del contesto italiano
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Global Competitiveness Report 2013-2014 (World Economic Forum, 2013)
La competitività del contesto italiano
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Global Competitiveness Report 2013-2014 (World Economic Forum, 2013)
La competitività del contesto italiano
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Global Competitiveness Report 2013-2014 (World Economic Forum, 2013)
La competitività del contesto italiano
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Ease of Doing Business 2013 (Fonte: The World Bank, 2013)
73°
Le ragioni della bassa competitività ‘esterna’
Ø Pressione fiscale su individui e imprese
Ø Inefficienza delle istituzioni Ø Bassa produttivita’ Ø Lacune nel sistema del credito e della
finanza Ø Gap infrastrutturale Ø Complessita’ del sistema normativo Ø Stato delle finanze pubbliche Ø Inefficienza e rigidita’ del mercato del
lavoro
Ø Entita’ dei costi amministrativi Ø Cuneo fiscale e contributivo sul lavoro Ø Costo dell’energia Ø Lentezza della giustizia civile Ø Grado di corruzione Ø Mancanza di investimenti strategici Ø Legislazione societaria
© Prof. F.G. Alberti – LIUC
Ø Fino alla crisi aumenta l’OCCUPAZIONE, ma non LA PRODUTTIVITÀ (quantità versus qualità)
Ø dal 2001 all’ottobre 2008, l’occupazione era in crescita in Italia Ø ma non cresceva la produttività (il valore aggiunto pro-capite) Ø nella manifattura questo vuol dire che i prezzi e i margini sono ridotti e che le
quantità non possono crescere più di tanto se si riducono le quote di mercato Ø nei servizi il problema della produttività è tuttora irrisolto (troppa regolazione,
domanda non qualificata, tecnologie poco usate, permeabilità dal basso, innovazioni che non si propagano)
Il problema irrisolto
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Fonte: Enzo Rullani
La produttività
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Productivity growth vs GDP growth (Fonte: M.E. Porter su dati Groningen Growth and Development Center e EIU, 2013)
Tasso di partecipazione della forza lavoro
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Workforce participation rate (Fonte: M.E. Porter su dati EIU, 2012)
Tasso di disoccupazione
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Unemployment rate (Fonte: M.E. Porter su dati EIU, 2012)
L’innovazione delle economie avanzate
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Innovative output (Fonte: M.E. Porter su dati USPTO 2010 e Groningen Growth and Development Center 2010)
FDI in entrata
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Inbound FDIs (Fonte: M.E. Porter su dati UNCTAD, World Investment Report, 2012)
FDI in uscita
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Outbound FDIs (Fonte: M.E. Porter su dati UNCTAD, World Investment Report, 2012)
L’indice della corruzione globale
© Prof. F.G. Alberti – LIUC L’indice di corruzione globale 2011 (Fonte: Transparency International, 2012)
L’indice di competitività regionale
1. Utrecht 2. Great London 3. Stoccolma 7. Francoforte 8. Parigi 9. Copenhagen 139. Lombardia 152. Emilia Romagna 154. Lazio
157. Liguria 163. Piemonte 169. Veneto 246. Sicilia
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Regional Competitiveness Index 2013 (Fonte: Commissione Europea, 2013)
Superare la sindrome dell’abbandono
Ø lo sviluppo si allontana dal capitalismo italiano Ø le multinazionali “fuggono” Ø l’export e i mercati si spostano verso Paesi sempre più lontani Ø le grandi imprese italiane adottano sempre più una logica globale, e non sono più
identificate con il paese di origine Ø la crescita degli investimenti, della domanda e dei profitti si sposta altrove Ø la sensazione prevalente è che l’Italia non sia più il luogo giusto per costruire il futuro MA E’ PROPRIO COSI’?
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Fonte: Enzo Rullani
Il lavoro low cost dei paesi emergenti ci pone un problema a cui non abbiamo ancora trovato un risposta
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Fonte: Enzo Rullani + Nomisma
La nuova geografia competitiva
Svezia 28,7 Portogallo 6,0 Germania 27,1 Turchia 5,2 Giappone 24,4 Rep. Ceca 4,5 USA 24,3 Ungheria 4,3 Francia 20,9 Argentina 4,1 ITALIA 18,0 Brasile 3,4 Spagna 16,7 Messico 3,0 Corea 16,4 Polonia 2,5 ______________________________________________ Cina 2,0 Sudafrica 2,2 Romania 1,7 Marocco 2,1 India 0,5 Tunisia 1,5
* salari orari pagati da una nota multinazionale che opera in 23 paesi diversi
Le sfide per le nostre imprese
Ø Competività del sistema Paese Ø Qualità del contesto industriale Ø Maturità settoriale ostile Ø Crescita dimensionale critica Ø Superamento dei distretti industriali Ø Successione generazionale nelle imprese familiari à Le imprese italiane fanno impresa, nonostante! Ma, si tratta di un processo selettivo…
© Prof. F.G. Alberti – LIUC
Tasso di crescita del num. imprese italiane
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Tasso di crescita della popolazione delle imprese italiane 2008-2012 (Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese, 2013)
0,00%
0,20%
0,40%
0,60%
0,80%
1,00%
1,20%
2008 2009 2010 2011 2012
Tass
o d
i cre
scit
a
0,31% (-364.972 imprese)
La produzione industriale italiana
90,2
100
105,4
82,7 82,5
80
85
90
95
100
105
110
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Serie storica della produzione industriale – Dati corretti per gli effetti di calendario – Numeri indice base 2005=100 (Fonte: ISTAT, 2013)
crisi congiunturale mondiale
Le dimensioni della competitività
competitività
interna esterna - creazione e mantenimento del
differenziale competitivo - supporto competitivo dal contesto
industriale e dal sistema Paese
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Le nostre ricerche
Quali sono i fattori di competitività delle imprese ? Studio di casi:
– imprese lombarde – di successo – varietà di settori rappresentativi del territorio – interviste semi-strutturate – analisi bilanci e documentazione aziendale
Studi statistici:
– campione statistico di 254 PMI italiane (focus su competitività) – campione statistico di 276 PMI italiane (focus su innovazione)
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I principali settori coperti nelle ricerche
Gli ambiti settoriali rappresentati
– confezione di prodotti moda – calzaturiero – finissaggio tessile – chimica per il tessile – chimica per tintura/concia del pellame – lavorazione polimeri – produzione masterbatches – chimica per la cosmetica – finitura superficiale dei metalli e delle leghe metalliche – produzione di torni e valvole – produzione di sistemi oleodinamici – produzione di scambiatori di calore – fabbricazione di sistemi di irrigazione – produzione di macchine da caffè – componentistica per settore aeronautico civile e militare
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Le performance rilevate
Le performance (economiche e competitive)
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2012 2011 2010
ROE – Redditività Capitale Proprio 8% (2%) 9% (5%) 14% (5%)
ROI – Redditività del Capitale Investito 8% (3,6%) 9% (4,2%) 11% (4,2%)
ROS – Redditività delle Vendite 9% (3%) 10% (4%) 10% (4%)
Tasso di Crescita del Fatturato 2% (0,3%) 5% (0,8%)
(x%) = benchmark di riferimento rappresenta le prestazioni delle imprese manifatturiere, attive, non quotate, delle medesime classi dimensionali del campione, situate nel medesimo territorio e nel medesimo arco temporale di riferimento
La ‘ricetta’ strategica!
Emerge un pattern comune tra le imprese di successo:
Ø continua innovazione di prodotto Ø incessante innovazione di processo Ø gestione attenta e selettiva del parco clienti Ø forte apertura ai mercati internazionali Ø produzione locale e attenzione globale Ø controllo della filiera Ø attenzione all’efficienza e alla produttività
è centralità delle reti di collaborazione
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La centralità dei processi di innovazione
L’innovazione svolge un ruolo chiave nelle strategie competitive adottate dalle imprese: Ø innovazione di prodotto; Ø innovazione di processo; Ø processo continuo, ma frammentato e informale; Ø innovazione incrementale e quasi mai radicale; Ø presidio della famiglia sull’innovazione.
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L’innovazione diventa ‘aperta’
Sempre più diffuse sono le pratiche di open innovation nelle aziende studiate Ø apertura a collaborazioni esterne nei processi innovativi; Ø accesso a nuovo know-how tecnologico e di mercato; Ø network limitato a pochi soggetti noti (ancor più limitato nelle imprese famigliari); Ø ancora poca consapevolezza sulla open innovation; Ø volontà di partecipare a tavoli strutturati di innovazione aperta.
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L’innovazione diventa ‘aperta’
© Prof. F.G. Alberti – LIUC Open Innovation: Renewing Growth from Industrial R&D (Fonte: Chesbrough, 2004)
La centralità dei processi di internazionalizzazione
Tratto comune delle imprese di successo è anche la forte proiezione internazionale: Ø In media superiore al 75% del fatturato. Ø Con una forte diversificazione di Paesi. Ø Commerciale in prevalenza, ma anche produttiva, finanziaria e relativa agli acquisti Ø Spesso in forma di rete, partnership, alleanze Ø Molti sono i contratti di rete tesi all’internazionalizzazione Ø La rete si presta ad essere impiegata come strumento diretto ad accorciare la
filiera del valore, coordinando l’offerta tra più fornitori e in relazione ad imprese capofila, siano essi produttori finali, intermediari o imprese della distribuzione.
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Quali implicazioni
È in atto una trasformazione del tessuto manifatturiero che richiede anche un cambiamento nelle policy di territorio, che sappia tener conto di:
Ø scomparsa dei confini geografici delle reti di prossimità Ø passaggio dall’impresa alla rete di imprese
e che si concentri su:
Ø formazione/informazione su open innovation Ø attivazione/supporto alla creazione di innovation network Ø attivazione e accelerazione di cluster e ecosistemi imprenditoriali Ø promozione e supporto alla creazione di reti tra imprese Ø conoscenza/presidio delle global value chains sui mercati internazionali
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La globalizzazione
Ø Il fenomeno della globalizzazione può essere definito come quel processo attraverso il quale si intensificano le relazioni sociali che uniscono nel mondo luoghi distanti tra loro, in modo tale che ciò che accade a livello locale sia influenzato da ciò che accade a migliaia di chilometri di distanza (Giddens, 2000).
Ø Le cause del fenomeno:
Ø Il progresso tecnico Ø Il progresso sociale Ø Le politiche di integrazione Ø Le politiche della concorrenza
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Gli effetti della globalizzazione sulle PMI
Ø La globalizzazione comporta importanti conseguenze sulla concorrenza all’interno dei settori e sulle strategie perseguite o perseguibili dalle imprese:
Ø Aumento della concorrenza che porta le PMI a confrontarsi non solo con gli operatori nazionali ma anche con operatori stranieri, dotati di competenze differenti e capaci di interpretare i bisogni dei consumatori in modo differente. L’aumento della concorrenza comporta una riduzione dei prezzi e della redditività e sprona le imprese a ricerca nuovi vantaggi competitivi.
Ø Si aprono nuove possibilità di sviluppo in altri mercati geografici e/o la possibilità di acquisire più facilmente conoscenze e competenze sviluppate all’estero.
Ø La globalizzazione investe tutta la catena del valore, grazie al riposizionamento delle imprese operanti nelle diverse fasi della catena in paesi differenti a seconda dei vantaggi ottenibili
Ø Non riguarda solo le imprese di produzione ma anche quelle di servizi (logistica, banche, assicurazioni, pubblicità, consulenza).
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Le ondate della globalizzazione
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La globalizzazione dei settori
Ø Yip (1992) individua un potenziale di globalizzazione per ciascun settore in funzione delle caratteristiche assunte da una serie di fattori raggruppabili in quattro categorie:
Ø Market globalization drivers Ø Cost globalization drivers
Ø Government globalization drivers
Ø Competitive globalization drivers
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La globalizzazione dei settori
Settori Internazionali
Settori Globali
Settori Protetti
Settori Commerciali
Alto
Basso Alto
Basso
Importanza del commercio internazionale
Importanza degli investimenti diretti all’estero
Settori Internazionali
Settori Globali
Settori Protetti
Settori Commerciali
Alto
Basso Alto
Basso
Importanza del commercio internazionale
Importanza degli investimenti diretti all’estero
Fonte: Grant, 1994 © Prof. F.G. Alberti – iEC
Le direttrici dell’internazionalizzazione
Ø Processo attraverso il quale un'impresa instaura e consolida rapporti (commerciali, produttivi, finanziari) con interlocutori appartenenti a Paesi diversi. In base ai rapporti tra le imprese si ha:
Ø l'internazionalizzazione dei mercati di sbocco (decentramento di alcune attività a valle della catena del valore dell'impresa su mercati internazionali)
Ø l'internazionalizzazione dei mercati di approvvigionamento (presenza nei prodotti nazionali di componenti fabbricate all'estero)
Ø l'internazionalizzazione della produzione (decentramento di unità produttive all'estero)
Ø l'internazionalizzazione del mercato dei capitali (presenza su mercati nazionali di operatori finanziari esteri e di operatori istituzionali esteri che investono nel capitale di rischio delle imprese nazionali)
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Come si internazionalizzano le imprese?
Ø La complessità di tali processi è determinata dalla molteplicità di scelte che il management deve assumere. In particolare, gli ambiti decisionali che le imprese devono considerare in un processo di internazionalizzazione sono elencati qui di seguito.
Ø I business da internazionalizzare: non tutti i business del portafoglio di attività che l’impresa gestisce sono e/o dovrebbero essere oggetto delle strategie di internazionalizzazione. In tale scelta rientrano anche valutazioni di equilibrio del portafoglio aziendale.
Ø Il mercato geografico in cui operare: è necessario stabilire in quali mercati geografici si intende essere presenti, valutando le sinergie attuali e prospettiche rispetto ai mercati in cui si è già presenti.
Ø Le modalità di presenza nel mercato estero: una volta stabilito che cosa internazionalizzare e dove operare, occorre decidere “come” essere presenti in un mercato estero, con modalità che possono avere livelli di coinvolgimento e di complessità gestionale diversi.
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La scelta dei business da internazionalizzare
Ø Obiettivi strategici – La crescita dimensionale – Il reperimento di fattori produttivi – Il bilanciamento del portafoglio strategico
Ø Fattori competitivi – Anticipare le mosse dei concorrenti – Attaccare i rivali – Conquistare mercati non ancora dominati da un leader affermato
Ø Fattori settoriali – Economie di scala – Costi di ricerca e sviluppo – Ciclo di vita dei prodotti – Innovazione tecnologica – Apprendimento – Vantaggi di posizionamento
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La scelta dei paesi verso cui internazionalizzarsi
Ø Ciascun paese ha una propria specificità: è portatore di una cultura differente e di una determinata situazione economica e politica. L’entrata quindi in un paese estero non può prescindere da un’attenta valutazione del contesto: – Condizioni giuridico-normative – Condizioni culturali e sociali – Condizioni politiche – Condizioni di natura economica
Ø A questi si uniscono gli elementi di natura competitiva associati all’ingresso in un paese: – Orientamento all’impresa – Caratteristiche dei mercati – Struttura della concorrenza nel settore – Strategie dei concorrenti
Ø In termini generali la scelta dovrebbe tenere maggiormente in considerazione le sinergie competitive che non geografiche.
PEST analysis
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La selezione dei paesi
Ø Talora la scelta è obbligata e i gradi di libertà sono limitati.
Ø Tuttavia, soprattutto per quanto concerne l'internazionalizzazione dei mercati di sbocco, la selezione dei Paesi segue un approccio che prende in considerazione almeno i seguenti fattori:
– la distanza culturale (tanto più questa sarà elevata e tanto più sarà difficoltoso intrattenere rapporti commerciali)
– la distanza geografica (che ostacola il flusso di beni, persone, informazioni) – il grado di rischio (relativo alla situazione politica del Paese in esame)
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La compatibilità culturale
Ø Le differenze culturali si manifestano con la condotta degli individui, ma sono il frutto di un insieme di norme, tradizioni, simboli, credenze, miti relativi a un aggregato sociale, trasmessi mediante meccanismi di apprendimento nel tempo, con funzione di guida del comportamento.
Ø Nell'avviare il processo di internazionalizzazione il problema più rilevante consiste nel prendere coscienza e a imparare a gestire i comportamenti specifici di individui culturalmente dissimili e coordinarli in modo da aumentare l'efficacia delle azioni dell'intera azienda.
Ø Alcuni studi hanno permesso di studiare empiricamente 5 principali dimensioni che connotano e differenziano tra loro le culture nazionali (Hofstede):
– il grado di accettazione della distanza di potere – il grado di avversione all'incertezza – il grado di individualismo o collettivismo – la mascolinità o femminilità della cultura – orientamento al breve o al lungo termine
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La compatibilità culturale/2
Fonte: Scheneider & Barsoux, 1997 © Prof. F.G. Alberti – iEC
La compatibilità culturale/3
Ø Schneider & Barsoux (1997) hanno identificato tre strategie principali per gestire le differenze culturali: ignorarle (considerarle irrilevanti), minimizzarle (considerarle un problema o una minaccia), utilizzarle (considerarle un’opportunità).
Ø Alcune imprese utilizzano le 3 strategie simultaneamente in contesti diversi e molto spesso essere risultano anche implicite.
– Ignorare le differenze culturali. – Minimizzare le differenze culturali. – Utilizzare le differenze culturali.
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La scelta delle modalità di ingresso in un mercato estero
Tre tipologie:
Ø modalità indiretta (vendita dei prodotti a intermediari che si incaricano della penetrazione dei nuovi mercati)
Ø modalità diretta (il produttore vende direttamente al consumatore-cliente finale o a un operatore del mercato estero tramite una propria organizzazione commerciale)
Ø modalità cooperative (il produttore rende disponibile sul mercato estero il proprio prodotto mediante un accordo con un'impresa locale di cui utilizzare la struttura organizzativa e/o commerciale)
Valutate in base a:
Ø il coinvolgimento richiesto Ø la possibilità di controllo dell'operazione Ø i tempi necessari per il raggiungimento di quote di mercato significative Ø il contributo al profitto aziendale
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La modalità indiretta: vantaggi e svantaggi
Svantaggi:
Ø bassa controllabilità delle leve del marketing mix Ø assoggettamento alle politiche e strategie commerciali degli intermediari
Vantaggi:
Ø minori costi e maggiore flessibilità operativa Ø più facile penetrazione iniziale del prodotto Ø possibilità di usufruire di servizi di vario tipo svolti dall'intermediario
© Prof. F.G. Alberti – iEC
La modalità indiretta: quali forme?
Ø buyers internazionali (risiedono nel mercato di importazione dove agiscono in rappresentanza di grandi compratori esteri)
Ø importatori esteri o esportatori nazionali (società che agiscono da intermediario tra cliente estero e produttore locale)
Ø importatori-distributori (catene di supermercati, imprese di vendita per corrispondenza o catene volontarie di negozi indipendenti)
Ø trading companies (strutture imprenditoriali indipendenti che organizzano e gestiscono operazioni di compravendita di merci e servizi nell'ambito dello scambio internazionale)
Ø consorzi di vendita (collaborazione non societaria senza scopo di lucro con la finalità di esportare i prodotti delle imprese consorziate e di svolgere attività promozionale)
Ø combination export managers -CEM- (imprese di intermediazione, specializzate per settore o per area geografica, che si occupano di realizzare le esportazioni di più imprese produttrici non concorrenti)
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La modalità diretta: vantaggi e svantaggi
Svantaggi:
Ø elevati investimenti e rischi Ø necessità di sviluppare competenze specifiche e dedicate
Vantaggi:
Ø maggiore controllo sul mercato (migliore soddisfazione della domanda) Ø possibilità di disporre di uno sbocco stabile sul mercato estero (politiche a medio
lungo termine) Ø possibilità di appropriarsi di una porzione di valore aggiunto superiore,
eliminando alcuni anelli della catena distributiva
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La modalità diretta: quali forme?
Ø agenti (intermediari indipendenti residenti nel Paese estero di cui conoscono caratteristiche e bisogni)
Ø rappresentanti (è un dipendente che effettua la vendita in nome e per conto dell'azienda sul mercato estero)
Ø filiali e sussidiarie estere (unità dedicate alla commercializzazione del prodotto nel mercato estero, le prime senza personalità giuridica, le seconde dotate di maggiore autonomia)
Ø unità produttive (volte allo sfruttamento del minor costo del lavoro estero, per beneficiare di vantaggi localizzativi, per evitare gli ingenti costi di trasporto del mercato nazionale)
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Le modalità cooperative: vantaggi e svantaggi
Svantaggi:
Ø richiedono una continua attività per la gestione delle interazioni con il partner con conseguente dispendio di risorse umane, finanziarie e di tempo
Vantaggi:
Ø possibilità di raggiungere fin da subito livelli operativi compatibili con le esigenze competitive internazionali
Ø realizzazione di un ingresso più veloce Ø possibilità di agire da insider superando eventuali pregiudizi relativi all'origine del
prodotto o barriere governative all'ingresso nel Paese
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Le modalità cooperative: quali forme? Ø piggy-back (un'impresa sfrutta la rete di vendita e i canali da essa costituiti nei
mercati esteri per distribuire i prodotti di un'altra impresa)
Ø franchising internazionale (accordo tra produttore e impresa locale in base al quale vengono trasferiti dal primo al secondo il diritto di utilizzare la propria formula commerciale sfruttandone il know how e i segni distintivi)
Ø licensing (contratto con il quale un produttore cede a un'impresa operante sul mercato estero la tecnologia e il know how per produrre un determinato bene)
Ø contratto di fabbricazione (il produttore incarica l'impresa estera della fabbricazione del proprio prodotto, riservandosi di commercializzare e distribuire il prodotto stesso)
Ø original equipment manufacturing -OEM- (un'impresa cede il diritto di commercializzare il proprio prodotto a un'altra impresa che è autorizzata ad apporvi il proprio marchio e a personalizzarlo)
Ø joint venture internazionali (due o più imprese si impegnano a collaborare, con obblighi e responsabilità ripartiti, alla realizzazione di un'iniziativa)
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Collaborare per competere
Ø Le reti inter-organizzative – nella varietà di forme che l’evidenza empirica ci suggerisce – attraverso:
Ø una flessibilità senza precedenti Ø una più veloce circolazione delle informazioni Ø la condivisione di visioni, saperi e conoscenza Ø l’efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttività.
Ø La configurazione e la natura di tali reti è in via di continua ridefinizione ed espansione e l’uso del termine rete è spesso generico o inappropriato.
Ø Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking.
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Lo scenario competitivo
Ø Lo scenario socio-economico internazionale degli ultimi anni ha stimolato nelle imprese italiane una profonda riflessione sulle strategie e sulle attività aziendali tradizionalmente svolte.
Ø Oggi le imprese, soprattutto le PMI, sono consapevoli della necessità di:
Ø intraprendere scelte strategiche più incisive e rapide, Ø realizzare significativi sforzi innovativi, Ø raggiungere dimensioni più adeguate per competere internazionalmente.
Ø Per le PMI il miglioramento della competitività e l’accrescimento della capacità innovativa passa soprattutto attraverso la cooperazione, ovvero strategie di rete, che consentono di perseguire obiettivi di sviluppo e dotarsi di una struttura organizzativa adeguata senza perdere autonomia e flessibilità.
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La retorica delle reti
La centralità delle reti di collaborazione è ormai assodata, tanto che da un lato si è sviluppata in anni recenti un’intensa attività di ricerca e dall’altro si è sviluppata in vari contesti (pubblici, privati, associativi, mediatici, politici, giuridici, ecc.) una “retorica delle reti”. Il risultato è che oggi non si sa più cosa sia “rete”.
Ø I paradigmi adoperati in letteratura e nella prassi sono numerosi Ø Si assiste ad una corsa a coprire un “dominio” linguistico Ø Il linguaggio della prassi manageriale usa a proposito (e a sproposito) il termine
“rete” Ø Nei media il termine “rete” strabocca e molte norme e politiche pubbliche usano lo
stesso termine per indicare fenomeni assai eterogenei.
Occorre quindi sfuggire ad una possibile e crescente “babele” concettuale attorno al concetto di “rete”, inquadrandolo nel contesto di trasformazione delle imprese nel nuovo scenario competitivo.
© Prof. F.G. Alberti – iEC
Ø Per rete o network si intende «un insieme di nodi e relazioni che li collegano» (Fombrun, 1982). Più in particolare si parla spesso di relazioni interorganizzative (IOR): relazioni che intercorrono quando «una o più organizzazioni scambiano tra di loro risorse di ogni genere (denaro, attrezzature e materiali, clienti e fornitori, servizi specialistici) per raggiungere obiettivi non conseguibili dalle organizzazioni separatamente» (Van de Ven, 1976).
Ø Una rete è dunque un sistema di interconnessione tra diversi soggetti, ognuno dei quali portatore di fattori specifici, in grado di far nascere possibili sinergie e occasioni di cooperazione.
Che cos’è una rete?
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I driver delle reti tra imprese
Ø Le diverse declinazioni delle reti tra imprese sono innescate da dinamiche complesse, quali:
Ø la trasformazione dei mercati (globalizzazione, diffusione di nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione);
Ø la divisione internazionale del lavoro; Ø la deverticalizzazione delle filiere produttive
Scomposizione e ricomposizione produttiva e organizzativa
Nuove traiettorie strategiche e competitive per la sopravvivenza e lo sviluppo aziendale
© Prof. F.G. Alberti – iEC
Le motivazioni teoriche della rete
Ø Sono molte le spiegazioni teoriche e le ragioni che inducono le imprese ad aggregarsi:
Ø costi di transazione; Ø manipolare le forze competitive a proprio vantaggio; Ø accesso a risorse di rilevanza strategica non presidiate; Ø ricerca della complementarieta’ e dell’integrazione delle risorse possedute; Ø acquisizione di potere attraverso controllo e coordinamento; Ø gestione della complessita’ delle diverse fonti di input; Ø rafforzamento nell’apertura di mercati; Ø infrastruttura per lo scambio di innovativi flussi di conoscenza; Ø vantaggi di scala e di specializzazione; Ø rafforzamento della legittimazione, reputazione, visibilita’; Ø veloce e efficace sviluppo dell’apprendimento; Ø riduzione della competizione; Ø riduzione di rischi e incertezza.
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La ricerca di forme organizzative reticolari
Ø La tensione verso l’individuazione di forme organizzative in grado di risolvere una serie di limiti gestionali caratteristici delle PMI è un fenomeno che si è evidenziato da diversi anni, a fronte di problematiche tra cui:
Ø Le ridotte dimensioni Ø La scarsità di risorse Ø La necessità di ottimizzare le risorse Ø La necessità di ridurre i costi e gli sprechi Ø L’esigenza di un miglioramento dei processi
Ø In questo quadro, molti studiosi e policy maker hanno individuato nella costituzione di forme reticolari la risposta organizzativa alle sfide che le PMI si trovano a fronteggiare.
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Le ragioni per fare rete tra PMI
Ø Oliver (1990) individua sei determinanti per la nascita delle reti inter-organizzative:
Ø Necessità Ø Asimmetria Ø Reciprocità Ø Efficienza Ø Stabilità Ø Legittimazione
Ø Tra le piccole imprese le principali ragioni alla base delle relazioni inter-organizzative sono di tre tipi:
Ø Efficienza economica Ø Isomorfismo Ø Complementarietà delle risorse
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Ø Le motivazioni che spingono le imprese alla condivisione delle proprie risorse e competenze si possono distinguere, da un punto di vista funzionale, in quattro tipologie:
Ø Opportunità organizzative, ovvero la possibilità di adottare forme organizzative
più complesse ed efficienti, nonché di acquisire maggiore rapidità dei flussi informativi.
Ø Le opportunità produttive si rifanno alla riduzione dei costi conseguente alle maggiori dimensioni dei sistemi di produzione, alla maggior specializzazione in particolari fasi dei processi produttivi e, quindi, alle economie di scala e di esperienza, all’aumento del raggio d’azione e alle economie di transazione.
Ø Le opportunità tecnologiche, invece, sono collegate alla complementarità delle conoscenze dei partecipanti alla strategia, alla condivisione di risorse per l’attività di ricerca e sviluppo e alla possibilità di trasferimenti tecnologici.
Ø Per quanto concerne, infine, le opportunità di marketing, queste si traducono in sensibili riduzioni dei tempi di penetrazione di un mercato e oneri connessi.
Le ragioni per fare rete tra PMI
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I vantaggi di operare in rete rilevati nei nostri studi
La messa in rete dà alle imprese molti vantaggi perché le fa operare come se fossero un unico soggetto collettivo:
Ø l’accesso ad un più alto volume e qualità di risorse finanziarie, informazioni, materie prime, legittimazione, ecc.;
Ø lo sviluppo di nuove competenze o di nuovi prodotti in forma collaborativa; Ø lo sviluppo di nuove conoscenze e di nuova informazione; Ø il perseguimento di processi di specializzazione o di diversificazione; Ø la condivisione dei rischi; Ø la riduzione dei costi di transazione; Ø la creazione di incentivi all’apprendimento e alla diffusione delle informazioni; Ø la valorizzazione delle risorse intangibili come le conoscenze tacite.
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I vantaggi del fare rete nella prassi
Ø incrementi rilevanti di produttività, dovuti alla razionalizzazione/messa a sistema di alcune attività comuni;
Ø riduzione dei costi di ricerca di input, informazioni o conoscenze specifiche (esternalità di rete dirette e indirette);
Ø maggiori impulsi all’innovazione di prodotto e di processo imputabili a economie di esplorazione ed esternalità di innovazione;
Ø maggiore varietà di risorse, competenze e informazioni disponibili, nonché riduzione dei costi di comunicazione, grazie a nuovi strumenti di interscambio che consentono relazioni comunicative many to many personalizzate, continue e flessibili;
Ø economie di condivisione di servizi attraverso la proprietà congiunta di asset co-specializzati;
Ø incrementi di visibilità e i miglioramenti di immagine (maggiore visibilità soprattutto per imprese minori);
Ø accesso a maggiori finanziamenti.
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Grado di embeddedness
Com
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effetto lock–in alti costi di coordinamento fra le imprese
L’impresa in rete è un’impresa contestualizzata (embedded) dal punto di vista:
a) relazionale b) culturale c) cognitivo d) istituzionale
Gli svantaggi di operare in rete
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Gli obiettivi delle relazioni interaziendali
Ø Obiettivi difensivi:
Ø ridurre il rischio (es. accordi orizzontali per redistribuzione di investimenti ad alto grado di incertezza);
Ø accrescere la flessibilita’ (es. accordi verticali per leva operativa o snellimento organizzativo interno);
Ø neutralizzare condizionamenti strutturali del settore (es. accordi orizzontali per contrastare il potere di mercato di imprese leader in settori concentrati; accordi verticali per processi di sviluppo in settori frammentati).
Ø Obiettivi proattivi:
Ø sinergia (combinazione di risorse, conoscenze, competenze…); Ø efficienza produttiva (riduzione costi e innalzamento qualita’/servizio); Ø innovazione tecnologica Ø perseguimento di nuovi vantaggi competitivi
Ø Consolidamento del potere di mercato (accordi tra imprese leader)
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I criteri di classificazione delle reti tra imprese
Ø Numerosi criteri di classificazione delle reti:
Ø direzione verticale o orizzontale dei legami (reti verticali e orizzontali); Ø presenza o meno di attori centrali (reti acentriche, centrate, governate); Ø grado di formalizzazione dell’accordo (reti formali e informali); Ø presenza o meno di meccanismi proprietari (reti equity e non equity); Ø grado di strategicita’ dell’accordo (alleanze strategiche e tattiche); Ø volontarieta’ dell’aggregazione (aggregazioni volontarie e coatte); Ø aree funzionali coinvolte (marketing, R&S, produzione, approvvigionamenti); Ø alleanze lineari (lungo la catena del valore) vs. alleanze “oltre confine”.
Ø Il vario combinarsi dei parametri di classificazione da’ vita a una molteplicita’ di modelli di reti di imprese (accordi, alleanze strategiche, costellazioni, consorzi, distretti, cluster, gruppi, ecc.).
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Crit
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Formalizzazione della relazione
Bassa Alta
Alto
B
asso
Relazioni di filiera
Ricorso a servizi esterni
Aggregazioni strategiche
Collaborazioni indotte dalla prossimita’
Relazioni di innovazione
Relazioni istituzionali
I tipi di reti tra imprese
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Varietà e geografia delle forme di collaborazione
Sono molte le forme di collaborazione tra imprese studiate in letteratura e divenute addirittura oggetto di atti normativi e politiche industriali:
Ø Distretti industriali Ø Cluster industriali Ø Filiere e costellazioni di imprese Ø Grandi e medie imprese transazionali Ø Sistemi imprenditoriali consortili Ø Accordi, partnership, alleanze Ø Contratti di rete Ø …
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Il distretto industriale e’ un’entita’ socio-territoriale caratterizzata dalla co-presenza attiva di una comunita’ di persone e di una popolazione di imprese in un’area geografica storicamente e naturalisticamente determinata.
Nelle analisi che hanno avuto per oggetto i distretti industriali si sono, soprattutto sottolineati i vantaggi economici differenziali fruibili dalle piccole imprese distrettuali e derivanti dalle economie esterne che in essi si formano.
Ø Economie di localizzazione Ø Economie di agglomerazione Ø Economie di scala Ø Economie di tempo Oggi, questi vantaggi sembrano essere in tutto o in parte evaporati, tanto che alcuni hanno ironizzato sul termine “distretto”, parlando di “dislargo”!
I distretti industriali
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Impresa distrettuale classica
Sub-fornitore (impresa trainata)
Impresa specializzata Sub-fornitore di forza lavoro (impresa bloccata)
Impresa guida, grande o locomotiva
Permeabilità dei confini
Confini molto chiusi
I distretti industriali hanno cambiato volto
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Che cosa non va, del vecchio modello
Di fronte a globalizzazione e smaterializzazione, i punti di forza del territorio si mutano in fattori di debolezza: Ø le reti locali non bastano più (sono piccole e non usano i fattori più convenienti) Ø il territorio che resiste all’innovazione diventa un problema, invece di una risorsa Ø le persone invecchiano e possono inibire la crescita autonoma dell’azienda, che
spesso richiede un ricambio delle persone e delle competenze
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Filiere e costellazioni di imprese
Le filiere sono sistemi di imprese che si dividono il lavoro necessario per realizzare un intero ciclo di produzione e di valorizzazione. Esse possono essere soggette alla regia di un’impresa grande o media “pivotale”, ovvero una agenzia strategica che tiene prevalentemente il rapporto con il mercato e detta le condizioni dei piani di sviluppo. Si configura in questo caso una costellazione con una impresa capofila. Nella quasi totalita’ dei casi le imprese appartenenti ad una filiera non hanno tra loro collegamenti societari ne’ organizzativi o anche solo accordi formalizzati di lunga durata. Esse dispongono sempre di potenti sistemi di cooperazione operativa, di accordi economici, di sistemi informativi, di sistemi di controllo di qualita’.
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Grandi e medie imprese transazionali
Le grandi e medie imprese transazionali ricorrono in modo estensivo all’outsourcing o all’offshoring. Tali imprese fanno anche un grande ricorso a strutture di subfornitura esterna o di collaborazione esterna, verso cui adottano politiche e sistemi operativi per influenzarne indirettamente l’organizzazione, gli standard di qualita’, il know-how. L’impresa centrale interamente decentrata e i suoi fornitori, quindi, fanno parte di un medesimo processo, anche se per certi aspetti esso è fuori dal formale controllo giuridico e organizzativo dell’impresa centrale. L’impresa centrale integra le proprie strutture interne con le aziende fornitrici non solo attraverso gli strumenti di gestione degli acquisti (procurement, pricing, tempi di pagamento, vendor rating, ecc.) ma soprattutto attraverso sistemi operativi (accordi, prezzi di trasferimento, sistemi di pianificazione, sistemi logistici, CRM, sistemi di reporting, sistemi di controllo della qualita’, ecc.), strutture integratrici (team, task force, comitati fra interno ed esterno, ecc.) e soprattutto attraverso modalita’ di regolazione sociale (corporate culture, management philosophy, brand, ecc.).
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Varietà e geografia delle forme di collaborazione
È dunque possibile individuare due macro-categorie:
Ø l’impresa rete, che configura una situazione in cui “la grande impresa diventa piccola” e “la media impresa” diventa grande” attraverso processi di decentralizzazione di attività produttive e funzioni;
Ø le reti di imprese, in cui “la piccola impresa diventa grande” entrando a far parte di reti di imprese spesso, ma non necessariamente, localizzate in un’area geografica delimitata.
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Varietà e geografia delle forme di collaborazione (2)
L’impresa rete include una grande varietà di forme:
Ø l’impresa rete “a base gerarchica”;
Ø le imprese rete “a centro di gravità concentrato”;
Le reti di impresa includono almeno due categorie:
Ø reti di imprese “con centri di gravità multipli”;
Ø reti di imprese “senza centro”;
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La trasformazione delle reti: nuove forme organizzative
Il sistema industriale italiano ha sviluppato in modo pionieristico e continua a produrre un repertorio di nuove forme organizzative basate su forme di rete:
Ø la grande impresa si è articolata in unità più autonome e ha decentrato e delocalizzato, generando vere e proprie imprese-rete;
Ø la media impresa ha attivato e animato filiere di imprese indipendenti su scala locale e globale;
Ø le piccole imprese che producono prodotti finiti o che forniscono componenti per altre imprese oggi si sviluppano in nuovi distretti allungati, distretti tecnologici, metadistretti o cluster;
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La trasformazione delle reti (2)
Ø oltre ai rapporti di subfornitura le relazione fra le imprese di diverse dimensioni hanno preso la forma di consorzi, accordi di rete, partecipazione e sostegno di fiere, programmi congiunti di internazionalizzazione, ecc.;
Ø le imprese si legano fra loro in forma di rete non solo quando producono lo stesso bene o servizio ma anche quando competono, quando condividono sul territorio gli stessi beni comuni per la competitività;
Ø le imprese sono spesso sono legate entro piattaforme che includono soggetti di dimensioni e settori diversi: la piattaforma meccanica, il sistema moda, il sistema dell’aerospazio, la piattaforma informatica, ecc.;
Ø reti organizzative meticce che includono settori diversi (industria, servizi, commercio) e entità diverse (imprese, istituzioni, professioni).
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La trasformazione delle reti (3)
Ø le reti fondate sulla prossimità geografica e la consuetudine hanno assunto un’estensione extra-territoriale, se non globale (reti lunghe e global value chain);
Ø imprese che emergono come bridging enterprise (gate-keeper e broker in global
pipelines);
Ø first-tier supplier (sub-fornitori leader) che diventano globali attivando a valle reti con clienti e a monte reti con subfornitori di secondo livello;
Ø centralità degli integratori di sistema, che esercitano un ruolo consulenziale e di fornitura nella progettazione di impianti e macchinari;
Ø controllo della filiera e delle fasi critiche (testa e coda).
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La trasformazione delle reti: la prossimità
La prossimità, nelle sue varie accezioni, è certamente il motore che tiene unite le reti di imprese, ma occorre non limitarsi a quella geografica:
Ø Prossimità geografica Ø Prossimità relazionale Ø Prossimità cognitiva Ø Prossimità organizzativa Ø Prossimità istituzionale
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Il ruolo delle istituzioni
Ø Iniziative a livello macro, nazionale o regionale Ø Attori istituzionali locali (amm. comunali e provinciali, ass. imprenditoriali,
organizzazioni sindacali, banche locali, fondazioni bancarie, scuole, università e centri ricerca, camere di commercio, centri di servizio…)
è KIBS – Knowledge Intensive Business Services è Distretti tecnologici e parchi scientifici-tecnologici è Cluster industriali
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I cluster industriali
Il cluster industriale è:
Una concentrazione geografica di imprese correlate e istituzioni specializzate operanti in specifici settori industriali collegati tra loro da complementarietà e esternalità positive.
Ø forza lavoro specializzata Ø fornitori specialistici Ø infrastrutture dedicate Ø istituzioni specifiche Ø flussi di conoscenza Ø pressioni competitive
Produttività Innovazione Competitività
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Cluster e competitività
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Il ruolo delle istituzioni
Ø Iniziative a livello macro, nazionale o regionale Ø Attori istituzionali locali (amm. comunali e provinciali, ass. imprenditoriali,
organizzazioni sindacali, banche locali, fondazioni bancarie, scuole, università e centri ricerca, camere di commercio, centri di servizio…)
Ø Ruoli emergenti:
è Fluidificatore di reti di collaborazione (supporto relazionale) è Ponte (broker) per la connessione di nodi disconnessi (copertura di buchi
strutturali)
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La competitivita’ delle reti di impresa
© 2003
Manager di rete
M
Aziende
Istituti di ricerca
Governo
Istituzioni finanziarie
Il management delle reti
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Il management delle reti – configurazione della rete Profili aziendali
prevalenti
Tipologia produttiva
Fase del ciclo di vita
Esposizione al confronto internazionale
declino
maturità
espansione
formazione
bassa
media
elevata
piccole imprese autonome
piccole imprese a rete
medie imprese
beni di consumo immediato
beni di consumo durevoli
business tobusiness
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Ø Il primo passo è quello di identificare quale tipo di rete si intende realizzare e quali caratteristiche deve avere, ovvero: Ø analizzare le attività che ne costituiscono il cuore Ø analizzare la dimensione infrastrutturale su cui si può fondare Ø analizzare le condizioni fisiche esistenti e necessarie
Ø Il secondo passo è quello di analizzare il tipo di sviluppo che si vuole che la rete segua, chiarendo gli elementi che possano favorire il suo sviluppo.
Ø Il terzo passo consiste nell’identificare dei facilitatori di rete, che sappiano fare aggregazione di soggetti e di risorse.
Le fasi di creazione di una rete
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Fattori influenzanti la nascita delle reti di imprese
Avvio della Rete
Fattori Facilitanti • Attitudine alla collaborazione interistituzionale • Complementarietà dei punti di forza e di debolezza • Concentrazione territoriale
Condizioni Necessarie • Relazioni minime tra i
membri della rete • Relazioni tra i membri
della rete e un attore centrale
Fattori Ostacolanti • Ridotta evoluzione gestionale
dei singoli membri della rete • Sponsorship politica assente
• Dispersione territoriale dei membri della rete
Condizioni di Funzionamento • Risorse Economiche adeguate
• Sponsorship politica adeguata e duratura • Risorse Umane qualificate dal punto
di vista gestionale e tecnico • Solidità e continuità della direzione
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Costruire sulla complementarietà degli attori
Punto di Forza di B,
Punto di Debolezza di A
Punto di Forza di B,
Punto di Debolezza di A
Museo A
Livello di possesso della competenza / risorsa
Competenza / Risorsa 1
Competenza / Risorsa 2
Competenza / Risorsa 3
Competenza / Risorsa 4
Museo B
Livello di possesso della competenza / risorsa
Punto di Forza di A,
Punto di Debolezza di B
A e B hanno risorse e competenze complementari
Punto di Forza di B,
Punto di Debolezza di A
Punto di Forza di B,
Punto di Debolezza di A
Museo A
Livello di possesso della competenza / risorsa
Competenza / Risorsa 1
Competenza / Risorsa 2
Competenza / Risorsa 3
Competenza / Risorsa 4
Museo B
Livello di possesso della competenza / risorsa
Punto di Forza di A,
Punto di Debolezza di B
A e B hanno risorse e competenze complementari
Museo A
Livello di possesso della competenza / risorsa
Competenza / Risorsa 1
Competenza / Risorsa 2
Competenza / Risorsa 3
Competenza / Risorsa 4
Museo B
Livello di possesso della competenza / risorsa
Punto di Forza di A,
Punto di Debolezza di B
A e B hanno risorse e competenze complementari
Soggetto A Soggetto B
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Il ruolo del management di rete nel tempo
Impegno dell’attore propulsore o centrale
Impegno dei membri della rete
Tempo
Sforzo richiesto
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Ø Un manager di rete è dunque chiamato a:
Ø imprimere alla rete un indirizzo strategico di fondo (quello che in un contratto di rete è chiamato il “programma di rete”);
Ø governare i processi politici interni alla rete, gestendo la distribuzione di potere e risorse;
Ø creare le condizioni culturali, strategiche e organizzative favorevoli all’esplicarsi delle potenzialità della rete.
Il management delle reti – ruoli chiave
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Ø Un manager di rete ha un compito complesso che dovrebbe essere ispirato a:
Ø la continua interazione con gli interlocutori chiave della rete, sia pubblici che privati, allo scopo di attivare un efficace processo di apprendimento e valorizzare l’identità di sistema;
Ø una ferma determinazione nel perseguimento del progetto di governo strategico della rete, anche a fronte delle eventuali resistenze al cambiamento;
Ø una calibrata gestione della comunicazione, soprattutto in situazioni dove la generazione del consenso risulti critica;
Ø rappresentatività delle forze politiche, sociali ed economiche operanti all’interno della rete.
Il management delle reti – principi guida
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Il management delle reti – le competenze
Tre sono le competenze fondamentali che il manager di rete deve sviluppare:
Ø Saper riconoscere: individuare la contemporanea presenza degli elementi costitutivi di una rete sulla base di una profonda e preliminare attività di carattere conoscitivo
Ø Saper intervenire: azioni volte a…
Ø promozione di aggregazione tra imprese della rete; Ø sviluppo di centri di ricerca e consulenza; Ø sviluppo sistema formativo ed educativo; Ø fiere ed eventi volti a far conoscere la rete; Ø creazione e diffusione di un marchio di rete.
Ø Saper monitorare: dovrebbe riguardare il monitoraggio di alcuni elementi critici: Ø andamento ed evoluzione della domanda; Ø iniziative effettuate; Ø evoluzione della rete e delle organizzazioni in esso operanti; Ø aspetti di natura economica e sostenibilità dello sviluppo
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Il management delle reti – gli ambiti di intervento
Cinque aree progettuali:
Ø Formulazione di visioni di sviluppo; Ø Creazione e miglioramento delle infrastrutture di rete; Ø Sviluppo del patrimonio intangibile; Ø Valorizzazione di sinergie ed interrelazioni; Ø Comunicazione interna ed esterna.
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Ø la creazione e il mantenimento di un contesto favorevole all’esplicarsi del potenziale imprenditoriale presente nella rete di imprese e nei singoli aderenti;
Ø l’identificazione dei fabbisogni di innovazione degli attori appartenenti alla rete; Ø la formulazione di visioni strategiche in merito ai percorsi di consolidamento/
sviluppo della rete di imprese; Ø la promozione di servizi (finanziari, commerciali, formativi, di consulenza, di
informazione) a supporto della rete di imprese; Ø l’impiego efficace ed efficiente delle risorse finanziarie disponibili sia all’interno
della rete sia all’esterno (finanziamenti a livello regionale, nazionale o comunitario);
Ø l’aggregazione delle competenze funzionali alla realizzazione del progetto, innescando la tensione al cambiamento, delineando una visione chiara e condivisa, generando flussi di consenso, responsabilizzando imprese e attori chiave della rete stessa;
Ø la rappresentanza degli interessi “istituzionali” della rete all’interno dei centri decisori della politica industriale a livello regionale, nazionale o comunitario.
Il management delle reti – le attività chiave
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Ø l’esistenza di sensibili spinte ad atteggiamenti di tipo individualistico, che finiscono
per limitare l’impatto di interventi a livello di rete di impresa;
Ø la necessità di coordinare posizioni tradizionalmente divergenti, quali sono quelle che caratterizzano le istituzioni pubbliche e le realtà private, genera conseguenze sul piano della condivisione delle conoscenze, dello stallo decisionale e dell’impiego non ottimale delle risorse;
Ø la difficoltà a intraprendere azioni continuative, dovuta ad una estrema articolazione della gestione e ad una ricerca continua di legittimazione, può indurre a possibili ritardi e a resistenze al cambiamento.
Ø le difficoltà connesse al passaggio da una logica di sviluppo “spontaneo” ad una di sviluppo “organizzato”.
Gli ostacoli da superare
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Lo sviluppo di relational capabilities
Ø Diventa importante per le imprese lo sviluppo di vere e proprie relational capabilities ancora molto poco studiate in letteratura (Capaldo, 2007) che consentano una costante riprogettazione delle architetture reticolari e garantiscano una governance strategica delle reti con altre imprese.
La capacità di assorbire
Ø Formazione del personale interno Ø Assunzione di personale
qualificato Ø Reti inter-organizzative con
fornitori e clienti Ø Ruoli di gate-keeping e boundary
spanning
La capacità di ricombinare
Ø Coordinamento all’interno delle funzioni e tra le funzioni
Ø Processi strategici decentrati, informali, flessibili e partecipativi
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Lo sviluppo di relational capabilities
Emergono anche nuove capacità nelle imprese studiate In primis, la capacità di bilanciare sfruttamento dei business esistenti (exploitation) con l’esplorazione di nuovi business (exploration). Exploitation (di legami forti) e Exploration (di legami deboli) Per arrivare a questo occorre: Ø sensing capacity (identificazione/generazione opportunità) Ø seizing capacity (catturare il valore delle nuove opportunità) Ø transformation capacity (rinnovamento costante)
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Scambio e condivisione di conoscenza
La diffusione di pratiche di rete fa si’ che: Ø la condivisione di conoscenza sia maggiormente correlata con la competitività di
quanto non lo sia la sola disponibilità di conoscenza; Ø scambio di conoscenza di mercato e tecnologica nei processi di innovazione e
internazionalizzazione; Ø la conoscenza di mercato (e dei mercati internazionali piu’ specificamente) sia più
importante per l’innovazione di prodotto, rispetto a quella tecnologica (acquisita)
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Un nuovo modello di business
Emerge chiaramente un nuovo modello di business:
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mindset
exploitation capacity
exploration capacity
continuous (open) innovation
absorptive capacity combinative capability
sensing capacity
seizing capacity
transformation capacity
innovation network
Le risorse connettive possono essere presenti come “capitale sociale” ad accesso gratuito o quasi (distretti) ma in certi casi vanno invece create con investimenti importanti e con l’assunzione di rischi condivisi La forma giuridica in questi casi corrisponde alla necessita’ di organizzare in modo affidabile la condivisione dell’investimento e del rischio Ma spesso la formalizzazione del rapporto arriva dopo un iter di reciproca conoscenza che ha creato affidabilità e complementarità Il CONTRATTO DI RETE risponde a questa esigenza (scopo condiviso, fondo patrimoniale comune, governance decisionale comune, rappresentanza unitaria verso l’esterno = banche, fisco, istituzioni, fornitori, clienti) La rete esiste in una molteplicita’ di forme giuridiche che il contratto di rete ordina, non crea
La forma giuridica è importante
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Il contratto di rete – origini e presupposti
Ø Già nel 2008 nello Small Business Act della Commissione Europea l’aggregazione tra imprese di dimensione minore era stata indicata come uno degli strumenti prioritari per aumentare la competitività e dare nuovo impulso ai territori e alle imprese.
Ø In particolare, si suggeriva di favorire la costituzione di reti volte a:
(a) completare le filiere produttive; (b) condividere tecnologia e innovazione di prodotto e di processo; (c) conquistare nuovi mercati esteri.
Ø Posto che la fusione trova ostacoli nell’altra caratteristica peculiare del nostro
capitalismo, cioè l’elevato peso delle famiglie nella governance delle imprese, la risposta italiana alla necessità di aggregazione, sono stati i contratti di rete.
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Il contratto di rete – origini e presupposti
Ø Il contratto di rete è stato introdotto per favorire l’aggregazione tra imprese, con maggior flessibilità sia nella definizione degli scopi e dei confini della rete, che nel livello di coinvolgimento dei partner, rispetto ad altre forme di rete.
Ø Introdotto con con l’art. 3 comma 4-ter del D.L. 10 febbraio 2009, n.5, convertito con modificazioni dalla L.9 aprile 2009, n.33, e poi oggetto di una significativa rivisitazione ad opera della L.122/2010. Recentemente, la disciplina dei contratti di rete è stata ulteriormente modificata dal D.L. 83/2012 – il cosiddetto Decreto Sviluppo – e dal D.L. 179/2012.
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Il contratto di rete – origini e presupposti
Ø Rispetto alle tipiche reti contrattuali, costituite con contratti bilaterali o plurilaterali collegati (rete di contratti collegati) e a differenza di forme tradizionali (consorzi, ATI, joint ventures, contratti di franchising, GEIE), si caratterizza per essere un contratto:
Ø ad effetti obbligatori (i contraenti si obbligano a raggiungere uno scopo
comune, ovvero esercitare in comune una o più attività); Ø plurilaterale (a cui possono partecipare due o più contraenti aventi
obbligatoriamente natura imprenditoriale); Ø a contenuto predeterminato (finalizzato all’accrescimento della reciproca
capacità innovativa e al miglioramento della competitività sul mercato).
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Il contratto di rete – che cos’è?
Ø Il contratto di rete è un accordo con il quale piu’ imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere sia individualmente (cioe’ la propria impresa) che collettivamente (cioe’ le imprese che fanno parte della rete):
Ø la propria capacita’ innovativa (intesa come la possibilita’ che l’impresa possa accedere, in virtu’ dell’appartenenza alla rete, allo sviluppo delle proprie o di nuove opportunita’ tecnologiche);
Ø la propria competitivita’ sul mercato (intesa come la capacita’ concorrenziale dei membri della rete o della rete stessa sia nel mercato nazionale che internazionale).
Ø Le imprese si obbligano, sulla base di un programma comune, a:
a. collaborare in forme e in ambiti prederminati attinenti all’esercizio delle proprie attivita’;
b. scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica;
c. esercitare in comune uno o piu’ attivita’ rientranti nell’oggetto della propria impresa.
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Il contratto di rete – collaborazione
Ø Nella pratica, la collaborazione può assumere svariate forme:
Ø attivita’ di coordinamento per ottenere migliori condizioni nei rapporti esterni (es. coordinamento del processo di controllo della qualita’ dei beni lungo la filiera o definizione di una politica di prezzi) o per raggiungere un risultato finale unitario (es. la produzione di un bene);
Ø attivita’ strumentali per raggiungere migliori risultati di gestione (gruppo di
acquisto/vendita di beni/servizi di interesse comune, gestione di logistica, magazzino, piattaforme telematiche, promozioni di beni e marchi, realizzazione di laboratorio comune, centro di ricerca comune);
Ø attivita’ complementari per fare quello che individualmente considerate le
imprese non sarebbero in grado di fare (es. la partecipazione ad appalti o gare).
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Il contratto di rete – scambio ed esercizio comune
Ø Il contratto di rete può essere utilizzato anche per lo scambio di:
Ø informazioni commerciali (andamento dei mercati nazionali e internazionali, segmentazioni e profilazioni di mercato, strutture distributive, strutture di import/export, ecc.) o dirette alla produzione di innovazione o alla condivisione della ricerca (tecniche e tecnologiche, design, co/sviluppo, ecc.);
Ø prestazioni (scambio di servizi, lavorazioni intermedie, processi inter-aziendali distribuiti, ecc.)
Ø Infine, il contratto di rete può prevedere l’esercizio in comune di una o piu’ attivita’ rientranti nell’oggetto della propria impresa (attivazione di piattaforme comuni, predisposizione di asset di rete, ecc.)
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Il contratto di rete – chi lo può stipulare?
Ø Il contratto di rete può essere stipulato da piu’ imprenditori, indipendentemente dalla loro natura.
Ø Sono, quindi, incluse anche: Ø le imprese individuali; Ø le societa’ e gli imprenditori pubblici, anche non commerciali; Ø gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attivita’ di
impresa non necessariamente commerciale; Ø aziende senza scopo di lucro.
Ø Nessun impedimento sussiste alla stipula di un contratto di rete tra imprese legate da rapporti partecipativi o collegate tra loro.
Ø La partecipazione al contratto di rete ha natura aperta (con possibilita’ di nuovi ingressi nella rete sulla base di specifici requisiti oggettivi o soggettivi).
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Il contratto di rete – struttura
Ø Nel contratto di rete devono necessariamente risultare:
Ø il nome o la ragione sociale di ogni partecipante per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva;
Ø gli obiettivi strategici che le parti intendono perseguire; Ø le modalita’ concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento
verso gli obiettivi; Ø il programma di rete indicante le singole intese per la realizzazione
dello scopo comune; Ø i diritti e gli obblighi delle parti; Ø le modalità di realizzazione dello scopo comune; Ø la durata del contratto; Ø le modalita’ di adesione di altri imprenditori; Ø le modalita’ di assunzione delle decisioni.
Ø Il contratto di rete può anche prevedere:
Ø la nomina di un organo comune per l’esecuzione del contratto; Ø la costituzione di un fondo patrimoniale comune destinato alla
realizzazione del programma;
rete leggera
rete pesante
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Il contratto di rete – governance e patrimonio
Ø La governance della rete è svolta da un organo comune :
Ø con struttura collegiale o monocratica
Ø promuove e tutela l’interesse collettivo della rete
Ø garantisce il perseguimento dello scopo comune
Ø elimina o riduce i comportamenti abusivi
Ø facilita lo scambio di informazioni
Ø fa rispettare il dovere a lealta’ Ø funge da mediatore
Ø Il fondo patrimoniale comune:
Ø non è aggredibile dai creditori particolari
Ø l’unico su cui terzi che hanno stipulato contratti con la rete possono far valere diritti
Ø la cui congruita’ è indice di serieta’ delle intenzioni
à Tipi di organi:
Ø organo collegiale (Assemblea dei partecipanti, Comitato di gestione, Comitato di rete);
Ø organo esecutivo
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Il contratto di rete – ambiti applicativi
Ø Il contratto di rete è applicabile a oggetti assai diversi:
Ø svolgere una o più fasi della filiera; Ø sviluppare congiuntamente attività di R&S; Ø organizzare un gruppo d’acquisto o di vendita; Ø adottare procedimenti condivisi di produzione; Ø sviluppare un marchio di rete o un packaging comuni; Ø partecipare a bandi pubblici; Ø reperire finanziamenti.
Ø Il contratto di rete può quindi essere utilizzato per:
Ø coordinare attività svolte indipendentemente da ciascuna impresa; Ø gestire una o più fasi o progetti; Ø realizzare in comune attività economiche di natura strumentale/accessoria.
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Il contratto di rete – pro e contro
Ø Il contratto di rete consente di:
Ø uscire dalla logica distrettuale; Ø attivare legami temporanei più o
meno profondi secondo la volontà delle parti;
Ø mantenere l’indipendenza delle singole imprese;
Ø godere dell’agevolazione della sospensione di imposta per gli utili accantonati a riserva nel fondo patrimoniale;
Ø …
Ø Il contratto di rete è problematico:
Ø la rete non è un soggetto giuridico e non è un soggetto tributario (salvo la facoltà di acquisto rimessa ad una scelta degli imprenditori);
Ø i bandi Europei non lo riconoscono come un target di possibili finanziamenti;
Ø solo recentemente alcuni dispositivi di finanziamento pubblico lo hanno riconosciuto come soggetto ammissibile;
Ø si rischia un effetto “moda” che svuota la natura delle rete stessa;
Ø …
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I vantaggi del contratto di rete
Ø I principali vantaggi competitivi del contratto di rete sono:
Ø la creazione di un circuito di trasferimento delle conoscenze; Ø focalizzazione sulle competenze distintive; Ø riduzione dei costi; Ø ridimensionamento del fabbisogno finanziario; Ø maggiore rapidita’ nella applicazione di innovazioni tecnologiche; Ø duttilita’ e flessibilita’; Ø capacita’ di coniugare i vantaggi delle PMI (velocita’ di reazione, flessibilita’,
elevata qualita’) con quelli delle grandi imprese (economie di scala); Ø …
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Gli assetti dei contratti di rete – alcuni esempi
Rete tra pari Capofila e subfornitori Capofila (sponsor) e rete tra fornitore partner e subfornitori
Capofila (sponsor) e reti di fornitura
Capofila e reti di fornitura
Reti di fornitura multi-capofila
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Gli assetti dei contratti di rete – con imprese capofila
In molti casi si assiste alla creazione di reti lungo la filiera, promosse, sponsorizzate o governate da medio/grandi aziende capofila La capofila deve ribaltare i benefici della rete sui fornitori (êcosti/costo del debito éaffidabilità/efficienza/innvoazione) è maggiore competitività per capofila e per tutti.
Benefici per le imprese capofila: Ø consolidare i rapporti con una base
di fornitori strategici Ø perseguire maggiore efficienza
attraverso collaborazioni stabili e ripetitive
Ø custodire l’unicità del prodotto, evitando la fuga di eccellenze
Ø condividere politiche di pricing/costing più trasparenti
Benefici per le PMI aderenti: Ø mutuare alcune “virtù” della capofila
(rating, order book, visibilità, investimenti in R&S, managerializzazione, processi codificati, ecc.)
Ø maggiore efficienza dovuta a maggiore integrazione
Ø assorbimento di risorse e competenze Ø sistemi operativi comuni
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I contratti di rete e le altre forme
ATI interna al contratto di rete
imprese di un settore o di una
filiera
aderenti al contratto di rete
Consorzio interno al contratto di rete
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Il contratto di rete vs. altre forme di rete Tipo Forma del contratto Governance Responsabilita’ Durata Pubblicita’
Contratto di rete
Atto pubblico o scrittura privata autenticata Aperto alla adesione successiva di altre imprese
Facolta’ di nominare un organo comune (anche esterno) che agisce su mandato collettivo
Quella prescritta dalle norme codicistiche in tema di resp. contrattuale e per ‘organo comune in tema di mandato
Durata prestabilita Obbligo di iscrizione al registro delle imprese nella sezione in cui è iscritto ciascun membro
Consorzio Atto pubblico o scrittura privata autenticata Aperto alla adesione successiva di altre imprese
Organo amministrativo (CdA, AU, Comitato Direttivo)
Limitata al fondo consortile dotato di autonomia patrimoniale propria + resp. sussidiaria e solidale dei consorziati per le obbligazioni assunte per loro conto dagli amministratori
Durata prestabilita
Obbligo di iscrizione al registro delle imprese e deposito situazione patrimoniale (consorzi con attivita’ esterna)
ATI Nessun requisito di forma Partecipazione limitata ai soli aderenti e attribuzioni ripartite in base alle specifiche competenze
Mandato collettivo irrevocabile conferito ad una delle parti partecipanti
Solidale e illimitata nelle ATI orizzontali. Pro quota per i lavori di propria competenza e solidalmente alla capogruppo nelle ATI verticali.
Sino al completamento dello specifico lavoro per cui le imprese si sono associate
Nessun obbligo pubblicitario
Societa’ consortile
Atto pubblico Aperto alla adesione successiva di altre imprese
Organo amministrativo (CdA, AU, Comitato Direttivo) e Collegio Sindacale
Quella prescritta per il tipo societario prescelto (soc. persone o capitali) purche’ non in contrasto con le norme sui consorzi.
Durata prestabilita
Quelli prescritti per il tipo societario prescelto
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Una panoramica dei contratti di rete stipulati in Italia
Ø Il primo contratto di rete stipulato in Italia risale all’aprile del 2010 Ø Giro d’affari complessivo consolidato (escludendo grandi imprese) attorno a 0,8%
del fatturato totale italiano Ø Rapida crescita del numero di contratti = interesse crescente per lo strumento Ø Ruolo propulsivo di Confindustria-Retimpresa Ø Secondo ultimo censimento InfoCamere si contano in Italia oltre 1200 contratti di
rete che coinvolgono oltre 5800 soggetti coinvolti (per lo più PMI nella forma di Srl) Ø Sono composte da un numero minimo di 2 imprese fino ad oltre 50 imprese Ø Le più diffuse sono quelle a media densità (4-9 imprese) Ø Talvolta reti diadiche sono “reti di reti” Ø Sono distribuite su tutto il territorio nazionale, con prevalenza nel Nord Italia Ø Il maggior numero di contratti si è in Lombardia, poi Emilia Romagna e Veneto Ø Non vi sono contratti di rete in provincia di Enna e di Vercelli Ø La gran parte sono costituite da imprese localizzate nello stesso territorio, solo in
minima parte i contratti sono tra imprese appartenenti a 3 o più regioni. Ø Alcune includono istituti bancari, fondazioni, enti di formazione, ecc.
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Una panoramica dei contratti di rete stipulati in Italia
Macro-settori (in ordine decrescente di importanza):
Ø manifatturiero Ø servizi professionali e tecnici Ø agricoltura e silvicoltura
Oggetti (in ordine decrescente di importanza):
Ø ricerca e sviluppo Ø innovazioni di prodotto/processo Ø accesso a progetti complessi Ø creazione di protocolli/standard
Ø marketing Ø promozione prodotti/servizi Ø sviluppo marchio comune Ø cross-selling/distribuzione
Ø produzione Ø finanza Ø approvvigionamenti
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Gli obiettivi rilevati nei contratti di rete
Ø Obiettivi di sviluppo commerciale:
Ø nuovi mercati nazionali e internazionali Ø nuovi clienti Ø nuove commesse
Ø Obiettivi di innovazione:
Ø ideazione di prototipi Ø miglioramento dei processi
Ø Obiettivi di efficienza produttiva e commerciale Ø Obiettivi di miglioramento della qualita’ di prodotto/processo Ø Obiettivi di crescita
Ø condivisione di informazioni Ø apprendimento reciproco
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Riflessioni dalle prime esperienze di contratti di rete/1
Ø Chi ha scelto il contratto di rete:
Ø imprese di tutti i settori (compreso quello agricolo) Ø relazioni orizzontali e verticali Ø tutta Italia (con prevalenza Nord) Ø medio/grande impresa (a volte solo sponsor) + filiera di subfornitura
Ø Estensione dei contratti di rete:
Ø reti sia piccole sia grandi Ø distrettuali/locali (la prossimità geografica è sinonimo di fiducia) Ø tendenza a ricomporre la filiera produttiva (no esterni al settore)
Ø Contenuti dei contratti di rete
Ø elevata varietà dei contenuti dei contratti di rete Ø similarità (copia/incolla) nei programmi di rete (effetto moda) Ø chiara distinzione da ATI (carattere temporaneo) e consorzi (usati per obiettivi
specifici)
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Riflessioni dalle prime esperienze di contratti di rete/2
Ø Obiettivi dei contratti di rete:
Ø crescita aziendale (nuovi mercati e penetrazione mercati esistenti) Ø sviluppo qualitativo (apprendimento e complementarietà risorse) Ø innovazione (produzione di nuove conoscenze) Ø internazionalizzazione (ancora troppo poco!) Ø disciplinare/governare meglio filiere produttive già abituate a lavorare insieme Ø inseguire i bandi a sostegno delle collaborazioni (UE non riconosce le reti) Ø agevolazioni fiscali Ø accrescere il rating bancario
Ø Efficacia dei contratti di rete:
Ø meccanismi di funzionamento, adesione, recesso poco definiti Ø poca rilevanza del patrimonio di rete Ø riunisce i tratti del network informale e di quello formale Ø assenza di soggettività giuridica (limita l’operato di rete) Ø molti contratti di rete hanno un nome (anche se è inconsueto dare un nome
ad un contratto!)
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Riflessioni dalle prime esperienze di contratti di rete/3
Ø Composizione dei contratti di rete:
Ø Maggiormente impiegato da imprese collocate a monte nella catena del valore (che hanno maggior difficoltà di accedere al mercato senza capofila)
Ø ¾ dei contratti sono conclusi tra imprese fornitrici (beni e servizi strumenti per altre imprese)
Ø Minima parte dei contratti vede il coinvolgimento di soli produttori finali Ø Poco più di 1% dei contratti solo tra imprese di distribuzione Ø Restante 10% fatto da contratti tra imprese di varia natura
Ø Architettura dei contratti di rete:
Ø Reti orizzontali tra pari (piccole e piccolissime imprese specialiste di fase) Ø Reti lungo la filiera (es. FiveforFoundry, Racebo, ecc.) Ø … anche promosse o sponsorizzate da medio/grandi imprese capofila (es. Gucci, Azimut Benetti, Esaote, ecc.)
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Riflessioni dalle prime esperienze di contratti di rete/4
Ø Altre caratteristiche dei contratti di rete:
Ø Secondo i dati dell’Osservatorio Intesa San Paolo-Mediocredito, tra le imprese manifatturiere che partecipano ai contratti di rete, poco più di 1/5 appartiene ad un distretto industriale. Le reti superano il modello del distretto e intercettano filiere più lunghe.
Ø La lunghezza della filiera varia da rete e a rete Ø In alcuni casi sono presenti più filiere manifatturiere nella stessa rete, con il
supporto di aziende commerciali, istituzioni del mondo della ricerca e istituti finanziari.
Ø ¾ dei contratti prevede una durata superiore ai 5 anni (e di questi più della metà fissano una durata superiore ai 10 anni).
Ø In molti casi la conclusione del contratto di rete avviene a seguito di collaborazioni pregresse (quasi il 10% ne fa specificamente menzione), soprattutto per contratti di rete verticale, per rapporti di filiera pre-esistenti.
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Le modalita’ e efficacia di governo delle relazioni
Fiducia Relazioni
inter-personali e inter-aziendali
Regole all’azione e vincoli patrimoniali
Circuito forte
Circuito debole
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I pilastri di funzionamento di una rete di imprese
Ø Definizione di obiettivi condivisi di lungo periodo Ø Definizione degli impegni di ogni partecipante al progetto/alle attivita’ comuni:
Ø compiti da svolgere; Ø risorse da apportare; Ø specifica dotazione di capitale; Ø regole di funzionamento delle attivita’ comuni
Ø Volonta’ di realizzare progetti congiunti, integrando i rispettivi processi e risorse, sia materiali che immateriali Ø Continua attivita’ di mantenimento delle relazioni inter-organizzative:
Ø incontri sistematici Ø valutazione periodica della performance rispetto agli obiettivi concordati
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Cosa fare (e non fare) per avviare un contratto di rete
Ø Partire dalla prassi:
Ø Definire gli obiettivi della relazione (perché fare una rete?) Ø Che cosa ci si propone di fare (quali attività per la rete?) Ø Cosa ci si aspetta da ciascun partecipante alla rete (quali diritti/doveri?)
NB: Il contratto di rete deve essere scritto bene sul piano degli accordi tra le parti e occorre specificare i criteri di misurazione del vantaggio che si ottiene dalla partecipazione alla rete (criteri diversi per reti diverse!)
Prima, stendere il programma di rete che è il cuore del contratto (oggetto e attività comuni, obbligazioni, modalità di adempimento e sanzioni)
Poi, “tradurlo” in termini giuridici in un contratto di rete (o anche in un altro tipo di contratto/forma di relazione) e non partire dai contratti di rete “tipo”.
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Cosa fare (e non fare) per avviare un contratto di rete
Ø Non fare un contratto di rete se:
Ø lo si fa per vantaggi fiscali Ø lo si fa per accedere a bandi di finanziamento Ø lo si fa nel tentativo di migliorare il rating bancario
L’errore spesso, vista la crescita nel
numero di contratti di rete da un anno all’altro è partire da qui!
contratto di rete esigenza e programma di rete
benefici tipici e intrinseci
altri eventuali benefici al contorno
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Impostare una rete per l’internazionalizzazione
Ø si analizzano in maniera dettagliata e precisa gli obiettivi e i rischi del network, si valutano e selezionano attentamente i potenziali partner, si studiano le caratteristiche del mercato sul quale ci si vuole aprire;
Ø si identificano le forme organizzative e i contratti più adeguati per sancire le
collaborazioni con tutti i partner del network, coerentemente con gli obiettivi del network, con le caratteristiche dei partner e con la tipologia di attività da condurre;
Ø si pianificano le attività del network, in termini di: aspetti economici e finanziari, qualità, quantità e organizzazione delle risorse umane coinvolte, utilizzo di tecnologie, divisione del lavoro tra i partner, gestione dei flussi informativi, organizzazione e gestione dei flussi fisici di prodotti e servizi;
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Impostare una rete per l’internazionalizzazione
Ø si gestiscono le attività del network, attraverso tecniche e sistemi gestionali coerenti con gli obiettivi del network e con le caratteristiche del progetto;
Ø si effettua il monitoraggio e controllo del funzionamento del network nel suo insieme e dei singoli partner, indispensabile per verificare che vengano rispettate le ‘regole del gioco’ negoziate con i partner e per identificare le necessarie azioni correttive.
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…senza dimenticare alcuni elementi operativi
Ø assegnare ad ogni partner un’attività precisa, le cui caratteristiche funzionali sono state definite in maniera quantitativa, oggettiva, misurabile;
Ø suddividere l’attività di ogni partner in diverse fasi, da verificare prima del passaggio a quella successiva;
Ø predisporre i contratti che determinano i rapporti dei diversi partner in modo preciso e dettagliato, comprensivo di tutte le informazioni quantitative relative alle attività fornite da ciascun partner;
Ø definire chiaramente il ruolo di ciascun partner.
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Il contratto di rete per la competitività?
Prassi (diffusione di
contratti di rete)
Incentivo legislativo (normativa sui
contratti di rete)
Efficacia (reti di imprese
funzionanti)
Crisi e sfide globali
Competitività
Inefficacia (effetto imitazione
e moda)
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