Intensi combattimenti nel Nagorno-Karabakh...di Sicuani (Perú) e ne ha no-minato primo Vescovo Sua...

8
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 223 (48.547) Città del Vaticano mercoledì 30 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!}!%!"! la buona notizia Il Vangelo della XXVII Domenica Tempo ordinario (Matteo 21, 33-43) Anche gli scarti dell’umanità sono diventati polvere di stelle La tensione tra Baku e Yerevan non accenna a diminuire Intensi combattimenti nel Nagorno-Karabakh YEREVAN , 29. Non accenna a dimi- nuire la tensione nel Nagorno-Kara- bakh, uno tra i più longevi conflitti al mondo. Intensi combattimenti tra le truppe azere e armene sono stati segnalati anche oggi lungo l’intero fronte. Lo riportano le agenzie di stampa internazionali. Da due giorni, gli armeni del Na- gorno-Karabakh e l’Azerbaigian si accusano reciprocamente di avere aperto il fuoco nella regione contesa. Secondo Baku, le forze armene avrebbero tentato di «riprendere le posizioni perdute» con azioni milita- ri nelle direzioni di Fizuli-Jabrailsky e Agder-Tertersky, ma sarebbero sta- te respinte dalle truppe azere, che ora riferiscono di portare avanti un’offensiva per conquistare la citta- dina di Fizuli. Yerevan, da parte sua, sostiene che le forze armene del Nagorno-Kara- bakh abbiano «respinto le offensive azere in vari settori della linea del fronte», annunciando «gravi perdi- te» tra le file azere. Gli azeri hanno dichiarato che «una colonna moto- rizzata e una unità di artiglieria ar- mene sono state distrutte». Al mo- mento, si ha notizia di almeno 95 morti nei combattimenti. Dopo gli scontri a fuoco di ieri sera con le truppe azere, che hanno provocato la morte di 26 soldati ar- meni, Yerevan si è detta pronta ad «un contrattacco proporzionato» contro l’Azerbaigian. Lo ha annun- ciato il Governo dell’Armenia, dopo una riunione nella notte del Consi- glio di sicurezza, convocato d’emer- genza dal premier, Nikol Pashinyan, al quale erano presenti anche il pre- sidente della Repubblica, Armen Sarkisyan, e il presidente del Parla- mento, Ararat Mirzoyan. «Non c'è dubbio che difenderemo i nostri confini fino all’inverosimile perché non possiamo arrenderci», ha detto Sarkisyan, aggiungendo che «il dia- logo continua a essere la soluzione umana ai problemi umani». Il segretario generale dell’O nu, António Guterres, ha parlato nelle ultime ore con i leader di Azerbai- gian ed Armenia per esortare ad un cessate il fuoco. Lo ha dichiarato il portavoce del Palazzo di Vetro di New York, Stéphane Dujarric, speci- ficando che Guteress ha sottolineato «la necessità di un immediato stop dei combattimenti» e la ripresa sen- za condizioni e senza rinvii dei ne- goziati di pace sotto l’egida del Gruppo di Minsk. Il segretario ge- nerale dell’Onu ha anche espresso la necessità che «vengano immediata- mente inviati di nuovo nella regione gli osservatori dell’Osce», l’O rganiz- zazione per la sicurezza e la coope- razione in Europa. I colloqui di pace condotti dal Gruppo di Minsk dell’Osce, con l’obiettivo di rafforzare il cessate il fuoco del 1994, sono in fase di stallo da diversi anni. Il Gruppo di Minsk è guidato da una co-Presidenza at- tualmente composta da Francia, Russia e Stati Uniti. Del gruppo fanno parte anche Belarus, Germa- nia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia e Turchia, oltre a Armenia e Azerbaigian. In una nota, l’Osce si è detta for- temente impegnata a trovare una so- luzione pacifica alla grave crisi. Una fonte diplomatica ha rivelato come questi sforzi coinvolgano Andrzej Kasprzyk, l’inviato speciale dell’l’O r- ganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa per il con- flitto tra Armenia e Azerbaigian. Anche l’Unione europea è tornata ad auspicare che la situazione si nor- malizzi al più presto. «È urgente che si cessino tutte le ostilità poiché c'è un rischio di gravi conseguenze e di destabilizzazione di tutta la regio- ne», ha dichiarato alla stampa Peter Stano, portavoce della Politica estera di Bruxelles. L’Unione europea ha poi sollecitato «tutti gli attori della regione a contribuire a fermare il confronto armato e ad evitare inter- ferenze dall’esterno». Il tema della prossima Giornata delle comunicazioni sociali «Vieni e vedi» «“Vieni e vedi” (Gv 1, 46). Comu- nicare incontrando le persone come e dove sono»: è questo il tema, re- so noto martedì 29 settembre, scel- to da Papa Francesco per la 55 a Giornata mondiale delle comuni- cazioni sociali, che si celebrera nel maggio 2021. “Vieni e vedi”, le parole dell’apo- stolo Filippo, sono centrali nel Vangelo: l’annuncio cristiano prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola, vita. E proprio quelle parole, citate nel Vangelo di Giovanni (1, 43-46), so- no state scelte dal Pontefice come tema del messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali. Questa la citazione evangelica: «Il giorno dopo Gesù aveva stabi- lito di partire per la Galilea; incon- trò Filippo e gli disse: “Seguimi”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incon- trò Natanaèle e gli disse: “Abbia- mo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profe- ti, Gesù, figlio di Giuseppe di Na- zaret”. Natanaèle esclamò: “Da Na- zaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”». Nell’attuale cambio epocale, in un tempo che obbliga alla distanza sociale a causa della pandemia, la comunicazione può rendere possi- bile la vicinanza necessaria per ri- conoscere ciò che è essenziale e comprendere davvero il senso delle cose. Non è possibile conoscere la verità se non se ne fa esperienza, se non si incontrano le persone, se non si partecipa alle loro gioie e ai loro dolori. Il vecchio detto «Dio ti incontra dove sei» può essere una guida per quanti sono impe- gnati nel lavoro dei media o delle comunicazioni nella Chiesa. Nella chiamata dei primi discepoli, con Gesù che va a incontrarli e li invita a seguirlo, si può vedere anche l’in- vito a utilizzare tutti i media, in tutte le loro forme, per raggiungere le persone come sono e là dove vi- vono. Non si ferma nel mondo lo slancio dei mistici Quel desiderio di comunione quotidiana LAURA BOSIO A PAGINA 4 ALLINTERNO Nelle miniere di cobalto dalla parte degli ultimi GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 Soldati azeri nel corso di un’operazione (Epa) A breve disponibili test rapidi nei Paesi più poveri L’Onu chiede l’impegno di tutti per sconfiggere il virus NOSTRE INFORMAZIONI Entro ottobre la decisione sulla proposta vaticana di prorogare “ad experimentum” le norme provvisorie Santa Sede e Cina le ragioni di un Accordo sulla nomina dei vescovi di ANDREA TORNIELLI L’ Accordo Provvisorio siglato il 22 settembre 2018 tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, riguardante la no- mina dei vescovi, è entrato in vigore un mese dopo la firma e dunque scadrà il prossimo 22 ottobre. Sigla- to a Pechino, prevedeva una durata di due anni ad experimentum, prima di un’eventuale conferma definitiva o altra decisione. Il cardinale segre- tario di Stato Pietro Parolin ha spie- gato di recente che l’intenzione è di proporre alle autorità cinesi una proroga, continuando ad adottare l’Accordo in forma provvisoria, «co- me è stato fatto in questi primi due anni, in modo da verificarne ulte- riormente l’utilità per la Chiesa in Cina». Nonostante lentezze e diffi- coltà, aggravate negli ultimi dieci mesi dalla pandemia, ha detto Paro- lin «mi pare che si è segnata una direzione che vale la pena di conti- nuare, poi si vedrà». Fin dal primo comunicato, pub- blicato congiuntamente dalla Santa Sede e dal Governo cinese il 22 settembre 2018, era stata subito ben specificata la materia dell’Ac- cordo stesso, che non riguarda di- rettamente le relazioni diplomati- che tra la Santa Sede e la Cina, lo status giuridico della Chiesa catto- lica cinese, i rapporti tra il clero e le autorità del Paese. L’Accordo Provvisorio riguarda esclusivamen- te il processo di nomina dei vesco- vi: una questione essenziale per la vita della Chiesa e per la comunio- ne dei pastori della Chiesa cattolica cinese con il vescovo di Roma e con i vescovi del mondo. L’obietti- vo dell’Accordo Provvisorio non è dunque mai stato meramente di- plomatico e men che meno politi- co, ma è sempre stato genuinamen- te pastorale: il suo fine è di per- mettere ai fedeli cattolici di avere vescovi che siano in piena comu- nione con il Successore di Pietro e allo stesso tempo siano riconosciuti dalle autorità della Repubblica Po- polare Cinese. Papa Francesco, nel «Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa uni- versale», nel settembre 2018, subito dopo la firma dell’Accordo Provvi- sorio, aveva ricordato che negli ulti- mi decenni, ferite e divisioni in seno alla Chiesa cattolica in Cina si era- no polarizzate «soprattutto intorno alla figura del vescovo quale custo- de dell’autenticità della fede e ga- rante della comunione ecclesiale». Gli interventi delle strutture politi- che nella vita interna delle comuni- tà cattoliche avevano provocato il sorgere del fenomeno delle cosid- dette comunità “clandestine”, che cercavano di sottrarsi al controllo della politica religiosa del governo. Ben cosciente delle ferite alla co- munione della Chiesa causate dalle debolezze e dagli errori, ma anche da indebite pressioni esterne sulle persone, Papa Francesco, dopo an- ni di lunghe trattative iniziate e portate avanti dai suoi predecesso- ri, ha ristabilito la piena comunio- ne con i vescovi cinesi ordinati sen- za mandato pontificio. Una deci- sione presa dopo aver riflettuto, pregato ed esaminato ogni singola situazione personale. L’unico scopo dell’Accordo Provvisorio, ha chiari- to il Pontefice, è quello di «soste- nere e promuovere l’annuncio del Vangelo in Cina e di ricostituire la piena e visibile unità nella Chie- sa». I primi due anni hanno portato a nuove nomine episcopali con l’accordo di Roma e sono stati ri- conosciuti ufficialmente dal gover- no di Pechino alcuni vescovi. I ri- sultati — anche a causa della pan- demia che di fatto ha bloccato i contatti negli ultimi mesi — sono stati positivi, pur se limitati, e sug- geriscono di andare avanti con l’applicazione dell’Accordo per un altro periodo di tempo. Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Malay- sia e in Timor Orientale e De- legato Apostolico in Brunei Darussalam Sua Eccellenza Monsignor Wojciech Załuski, Arcivescovo titolare di Diocle- ziana, finora Nunzio Apostoli- co in Burundi. Erezione di Diocesi e relativa Provvista Il Santo Padre ha eretto in Diocesi la Prelatura territoriale di Sicuani (Perú) e ne ha no- minato primo Vescovo Sua Eccellenza Monsignor Pedro Alberto Bustamante López, fi- nora Vescovo Prelato. Nomina di Vicario Apostolico Il Santo Padre ha nominato Vicario Apostolico di Gambel- la (Etiopia) Sua Eccellenza Monsignor Roberto Bergama- schi, S.D.B., Vescovo titolare di Ambia, finora Vicario Aposto- lico di Awasa. Il Santo Padre ha nominato Membro Ordinario della Pon- tificia Accademia delle Scienze la Professoressa Fabiola Gia- notti, Direttrice Generale del «Conseil européen pour la re- cherche nucléaire» (Cern) a Ginevra (Svizzera). di FRANCESCO COSENTINO D all’immagine dei molti vigneti di Israele, affidati dai proprietari ai contadini, Gesù trae una parabola che racconta il “dram- ma” della storia della salvezza. Dio ha scelto Israele come sua vigna, si è preso cura di lei, l’ha piantata, l’ha circondata con una siepe per custo- dirla, ha scavato una buca per il torchio così che l’uva pigiata potesse dare il vino della gioia, ha costruito anche una torre dalla quale, come una sentinella, Egli potesse vigilare su di essa. Ma Israele non ha portato frutto ed è diventata una vigna selvatica, dando vita a una storia ferita, di infedeltà, di rifiuti, di tradimenti e violenza. Gesù parla ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani, che stanno per condannarlo a morte, “scartando” così anche l’ultima “pietra” inviata da Dio. Prima hanno spento la voce dei profeti, che disturbavano la falsa religiosità fatta di osservan- ze e liturgie in mezzo a relazioni personali e so- ciali ferite; ora, stanno per cacciare dalla vigna il Figlio che Dio ha inviato, per condannarlo e uc- ciderlo fuori da Gerusalemme. Così è anche la nostra storia personale ed eccle- siale. Dio, dopo averci creato ed essersi preso cura di noi, ha affidato tutto alle nostre mani: la Chiesa, la vita, la terra che abitiamo, le persone che ci pas- sano accanto, tutto ciò che ci circonda. Possiamo scegliere di custodire, di amare, di far germogliare la vita, oppure essere come quei contadini: impos- sessarci della vigna, spegnere la voce profetica del Vangelo e di coloro che lo annunciano, “cacciare fuori” Dio stesso e, così fare della vigna un luogo di sopraffazione, egoismi, rancori, violenze. Tuttavia, la parabola volge alla speranza: la pietra che voi avete scartato è diventata pietra fondamentale, dice Gesù. Egli è ucciso fuori da Gerusalemme, eppure da lì inizia una storia nuo- va. Questo è il miracolo dell’amore di Dio: dallo scarto Egli inizia qualcosa di nuovo, dalla debo- lezza costruisce una storia di salvezza. Anche se l’amore è ferito e tradito, Dio non si arrende. Tenta di nuovo, si fida ancora di noi, ci consegna ancora Suo Figlio e — davvero “folle” questo Pa- dre — “lo mette” nelle nostre mani. E se anche ci sembra che il Vangelo non germogli, in tante si- tuazioni di vita personale e sociale, in realtà, pur in mezzo ai fallimenti, Dio fa cose grandi. Dalle pietre scartate della nostra vita, dai falli- menti, dai cedimenti, dalle debolezze, dalle paure che ci abitano dentro, Egli inizia una vita nuova. E per ogni volta che, con la nostra vita appesan- tita e ferita, ci sentiremo “pietre di scarto”, ricor- diamo le parole di don Tonino Bello: «Da quan- do Gesù è stato sconfitto sulla croce nell’emargi- nazione più nera, anche gli scarti dell’umanità so- no diventati polvere di stelle». NEW YORK, 29. Il segretario genera- le delle Nazioni Unite, António Gu- terres, ha espresso ieri tutta la pro- pria angoscia nel momento in cui il bilancio complessivo dei decessi per cause riconducibili al nuovo corona- virus ha oltrepassato la barriera del milione. «Il nostro mondo oggi deve piangere una cifra atroce: la perdita di un milione di vite a causa della pandemia da covid-19», ha detto Guterres in un videomessaggio, sot- tolineando come il dolore per la morte di «padri e madri, mogli e mariti, fratelli e sorelle, amici e colle- ghi» sia stato amplificato dalla «spietatezza di questa malattia», che ha lasciato nella completa solitudine gli ammalati e soprattutto le vittime. Tuttavia, il numero uno delle Nazioni Unite si è detto convinto, nonostante non si possa ancora in- travedere la fine di questa pande- mia, di poter «vincere questa sfida, ma dobbiamo imparare dagli erro- ri». Per questo è necessaria una leadership responsabile, coadiuvata dalla scienza, caratterizzata dalla solidarietà e da un’adeguata infor- mazione. «La disinformazione uc- cide» ha esclamato Guterres, chie- dendo alla popolazione mondiale di fare tutto il possibile per salvare vite umane, seguendo le indicazio- ni date dall’Organizzazione mon- diale della sanità (Oms), tra cui mantenere la distanza fisica tra le persone, indossare una mascherina e lavarsi spesso le mani. Questo nell’attesa che arrivi a conclusione la sperimentazione di un vaccino che si riveli efficace. Su questo fronte è intervenuta ieri la dottoressa Maria van Kherkove dell’Oms. «Non stiamo prendendo scorciatoie per quanto riguarda la si- curezza: c’è un processo molto soli- do in corso per lo sviluppo di un vaccino efficace e sicuro» le sue pa- role nel corso di un briefing online. L’Oms ha poi presentato, tramite il direttore esecutivo del Global Fund, Peter Sands, l’iniziativa per colmare il drammatico divario nell’attività di test tra Paesi ricchi e poveri. Sands ha annunciato che saranno presto disponibili 120 milioni di test rapidi nei Paesi a basso e medio reddito.

Transcript of Intensi combattimenti nel Nagorno-Karabakh...di Sicuani (Perú) e ne ha no-minato primo Vescovo Sua...

  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

    Unicuique suum

    POLITICO RELIGIOSO

    Non praevalebunt

    Anno CLX n. 223 (48.547) Città del Vaticano mercoledì 30 settembre 2020

    .

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

    +"!z!}!%

    !"!

    la b

    uona

    not

    izia Il Vangelo della XXVII Domenica Tempo ordinario (Matteo 21, 33-43)

    Anche gli scarti dell’umanità sono diventati polvere di stelle

    La tensione tra Baku e Yerevan non accenna a diminuire

    Intensi combattimentinel Nagorno-Karabakh

    YE R E VA N , 29. Non accenna a dimi-nuire la tensione nel Nagorno-Kara-bakh, uno tra i più longevi conflittial mondo. Intensi combattimenti trale truppe azere e armene sono statisegnalati anche oggi lungo l’i n t e rofronte. Lo riportano le agenzie distampa internazionali.

    Da due giorni, gli armeni del Na-gorno-Karabakh e l’Azerbaigian siaccusano reciprocamente di avereaperto il fuoco nella regione contesa.Secondo Baku, le forze armeneavrebbero tentato di «riprendere leposizioni perdute» con azioni milita-ri nelle direzioni di Fizuli-Jabrailskye Agder-Tertersky, ma sarebbero sta-te respinte dalle truppe azere, cheora riferiscono di portare avantiun’offensiva per conquistare la citta-dina di Fizuli.

    Yerevan, da parte sua, sostiene chele forze armene del Nagorno-Kara-bakh abbiano «respinto le offensiveazere in vari settori della linea delfronte», annunciando «gravi perdi-te» tra le file azere. Gli azeri hannodichiarato che «una colonna moto-rizzata e una unità di artiglieria ar-mene sono state distrutte». Al mo-mento, si ha notizia di almeno 95morti nei combattimenti.

    Dopo gli scontri a fuoco di ierisera con le truppe azere, che hannoprovocato la morte di 26 soldati ar-meni, Yerevan si è detta pronta ad

    «un contrattacco proporzionato»contro l’Azerbaigian. Lo ha annun-ciato il Governo dell’Armenia, dopouna riunione nella notte del Consi-glio di sicurezza, convocato d’emer-genza dal premier, Nikol Pashinyan,al quale erano presenti anche il pre-sidente della Repubblica, ArmenSarkisyan, e il presidente del Parla-mento, Ararat Mirzoyan. «Non c'èdubbio che difenderemo i nostriconfini fino all’inverosimile perchénon possiamo arrenderci», ha dettoSarkisyan, aggiungendo che «il dia-logo continua a essere la soluzioneumana ai problemi umani».

    Il segretario generale dell’O nu,António Guterres, ha parlato nelleultime ore con i leader di Azerbai-gian ed Armenia per esortare ad uncessate il fuoco. Lo ha dichiarato ilportavoce del Palazzo di Vetro diNew York, Stéphane Dujarric, speci-ficando che Guteress ha sottolineato«la necessità di un immediato stopdei combattimenti» e la ripresa sen-za condizioni e senza rinvii dei ne-goziati di pace sotto l’egida delGruppo di Minsk. Il segretario ge-nerale dell’Onu ha anche espresso lanecessità che «vengano immediata-mente inviati di nuovo nella regione

    gli osservatori dell’Osce», l’O rganiz-zazione per la sicurezza e la coope-razione in Europa.

    I colloqui di pace condotti dalGruppo di Minsk dell’Osce, conl’obiettivo di rafforzare il cessate ilfuoco del 1994, sono in fase di stalloda diversi anni. Il Gruppo di Minskè guidato da una co-Presidenza at-tualmente composta da Francia,Russia e Stati Uniti. Del gruppofanno parte anche Belarus, Germa-nia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi,Svezia, Finlandia e Turchia, oltre aArmenia e Azerbaigian.

    In una nota, l’Osce si è detta for-temente impegnata a trovare una so-luzione pacifica alla grave crisi. Unafonte diplomatica ha rivelato comequesti sforzi coinvolgano AndrzejKasprzyk, l’inviato speciale dell’l’O r-ganizzazione per la sicurezza e lacooperazione in Europa per il con-flitto tra Armenia e Azerbaigian.

    Anche l’Unione europea è tornataad auspicare che la situazione si nor-malizzi al più presto. «È urgente chesi cessino tutte le ostilità poiché c'èun rischio di gravi conseguenze e didestabilizzazione di tutta la regio-ne», ha dichiarato alla stampa PeterStano, portavoce della Politica esteradi Bruxelles. L’Unione europea hapoi sollecitato «tutti gli attori dellaregione a contribuire a fermare ilconfronto armato e ad evitare inter-ferenze dall’esterno».

    Il tema della prossima Giornata delle comunicazioni sociali

    «Vieni e vedi»«“Vieni e vedi” (Gv 1, 46). Comu-nicare incontrando le persone comee dove sono»: è questo il tema, re-so noto martedì 29 settembre, scel-to da Papa Francesco per la 55a Giornata mondiale delle comuni-cazioni sociali, che si celebrera nelmaggio 2021.

    “Vieni e vedi”, le parole dell’ap o-stolo Filippo, sono centrali nelVangelo: l’annuncio cristiano primache di parole, è fatto di sguardi,testimonianze, esperienze, incontri,vicinanza. In una parola, vita. Eproprio quelle parole, citate nelVangelo di Giovanni (1, 43-46), so-no state scelte dal Pontefice cometema del messaggio per la Giornatadelle comunicazioni sociali.

    Questa la citazione evangelica:«Il giorno dopo Gesù aveva stabi-lito di partire per la Galilea; incon-trò Filippo e gli disse: “Seguimi”.Filippo era di Betsàida, la città diAndrea e di Pietro. Filippo incon-trò Natanaèle e gli disse: “Abbia-mo trovato colui del quale hannoscritto Mosè nella Legge e i Profe-

    ti, Gesù, figlio di Giuseppe di Na-z a re t ”. Natanaèle esclamò: “Da Na-zaret può mai venire qualcosa dibuono?”. Filippo gli rispose: “Vi e n ie vedi”».

    Nell’attuale cambio epocale, inun tempo che obbliga alla distanzasociale a causa della pandemia, lacomunicazione può rendere possi-bile la vicinanza necessaria per ri-conoscere ciò che è essenziale ecomprendere davvero il senso dellecose. Non è possibile conoscere laverità se non se ne fa esperienza, senon si incontrano le persone, senon si partecipa alle loro gioie e ailoro dolori. Il vecchio detto «Dioti incontra dove sei» può essereuna guida per quanti sono impe-gnati nel lavoro dei media o dellecomunicazioni nella Chiesa. Nellachiamata dei primi discepoli, conGesù che va a incontrarli e li invitaa seguirlo, si può vedere anche l’in-vito a utilizzare tutti i media, intutte le loro forme, per raggiungerele persone come sono e là dove vi-vono.

    Non si ferma nel mondolo slancio dei mistici

    Quel desideriodi comunione quotidiana

    LAU R A BOSIO A PA G I N A 4

    ALL’INTERNO

    Nelle minieredi cobalto dalla partedegli ultimi

    GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

    Soldati azeri nel corso di un’operazione (Epa)

    A breve disponibili test rapidi nei Paesi più poveri

    L’Onu chiede l’impegno di tutti per sconfiggere il virus

    NOSTREINFORMAZIONI

    Entro ottobre la decisione sulla proposta vaticanadi prorogare “ad experimentum” le norme provvisorie

    Santa Sede e Cinale ragioni di un Accordosulla nomina dei vescovi

    di ANDREA TORNIELLI

    L’Accordo Provvisorio siglatoil 22 settembre 2018 tra laSanta Sede e la RepubblicaPopolare Cinese, riguardante la no-mina dei vescovi, è entrato in vigoreun mese dopo la firma e dunquescadrà il prossimo 22 ottobre. Sigla-to a Pechino, prevedeva una duratadi due anni ad experimentum, primadi un’eventuale conferma definitivao altra decisione. Il cardinale segre-tario di Stato Pietro Parolin ha spie-gato di recente che l’intenzione è diproporre alle autorità cinesi unaproroga, continuando ad adottarel’Accordo in forma provvisoria, «co-me è stato fatto in questi primi dueanni, in modo da verificarne ulte-riormente l’utilità per la Chiesa inCina». Nonostante lentezze e diffi-coltà, aggravate negli ultimi diecimesi dalla pandemia, ha detto Paro-lin «mi pare che si è segnata unadirezione che vale la pena di conti-nuare, poi si vedrà».

    Fin dal primo comunicato, pub-blicato congiuntamente dalla SantaSede e dal Governo cinese il 22settembre 2018, era stata subitoben specificata la materia dell’Ac-cordo stesso, che non riguarda di-rettamente le relazioni diplomati-che tra la Santa Sede e la Cina, lostatus giuridico della Chiesa catto-lica cinese, i rapporti tra il clero ele autorità del Paese. L’A c c o rd o

    Provvisorio riguarda esclusivamen-te il processo di nomina dei vesco-vi: una questione essenziale per lavita della Chiesa e per la comunio-ne dei pastori della Chiesa cattolicacinese con il vescovo di Roma econ i vescovi del mondo. L’obietti-vo dell’Accordo Provvisorio non èdunque mai stato meramente di-plomatico e men che meno politi-co, ma è sempre stato genuinamen-te pastorale: il suo fine è di per-mettere ai fedeli cattolici di averevescovi che siano in piena comu-nione con il Successore di Pietro eallo stesso tempo siano riconosciutidalle autorità della Repubblica Po-polare Cinese.

    Papa Francesco, nel «Messaggioai cattolici cinesi e alla Chiesa uni-versale», nel settembre 2018, subitodopo la firma dell’Accordo Provvi-sorio, aveva ricordato che negli ulti-mi decenni, ferite e divisioni in senoalla Chiesa cattolica in Cina si era-no polarizzate «soprattutto intornoalla figura del vescovo quale custo-de dell’autenticità della fede e ga-rante della comunione ecclesiale».Gli interventi delle strutture politi-che nella vita interna delle comuni-tà cattoliche avevano provocato ilsorgere del fenomeno delle cosid-dette comunità “clandestine”, checercavano di sottrarsi al controllodella politica religiosa del governo.

    Ben cosciente delle ferite alla co-munione della Chiesa causate dalledebolezze e dagli errori, ma ancheda indebite pressioni esterne sullepersone, Papa Francesco, dopo an-ni di lunghe trattative iniziate eportate avanti dai suoi predecesso-ri, ha ristabilito la piena comunio-ne con i vescovi cinesi ordinati sen-za mandato pontificio. Una deci-sione presa dopo aver riflettuto,pregato ed esaminato ogni singolasituazione personale. L’unico scopodell’Accordo Provvisorio, ha chiari-to il Pontefice, è quello di «soste-nere e promuovere l’annuncio delVangelo in Cina e di ricostituire lapiena e visibile unità nella Chie-sa».

    I primi due anni hanno portatoa nuove nomine episcopali conl’accordo di Roma e sono stati ri-conosciuti ufficialmente dal gover-no di Pechino alcuni vescovi. I ri-sultati — anche a causa della pan-demia che di fatto ha bloccato icontatti negli ultimi mesi — sonostati positivi, pur se limitati, e sug-geriscono di andare avanti conl’applicazione dell’Accordo per unaltro periodo di tempo.

    Il Santo Padre ha nominatoNunzio Apostolico in Malay-sia e in Timor Orientale e De-legato Apostolico in BruneiDarussalam Sua EccellenzaMonsignor Wojciech Załuski,Arcivescovo titolare di Diocle-ziana, finora Nunzio Apostoli-co in Burundi.

    Erezione di Diocesie relativa Provvista

    Il Santo Padre ha eretto inDiocesi la Prelatura territorialedi Sicuani (Perú) e ne ha no-minato primo Vescovo SuaEccellenza Monsignor PedroAlberto Bustamante López, fi-nora Vescovo Prelato.

    Nominadi Vicario Apostolico

    Il Santo Padre ha nominatoVicario Apostolico di Gambel-la (Etiopia) Sua EccellenzaMonsignor Roberto Bergama-schi, S.D.B., Vescovo titolare diAmbia, finora Vicario Aposto-lico di Awasa.

    Il Santo Padre ha nominatoMembro Ordinario della Pon-tificia Accademia delle Scienzela Professoressa Fabiola Gia-notti, Direttrice Generale del«Conseil européen pour la re-cherche nucléaire» (Cern) aGinevra (Svizzera).

    di FRANCESCO COSENTINO

    Dall’immagine dei molti vigneti di Israele,affidati dai proprietari ai contadini, Gesùtrae una parabola che racconta il “dram-ma” della storia della salvezza. Dio ha sceltoIsraele come sua vigna, si è preso cura di lei, l’hapiantata, l’ha circondata con una siepe per custo-dirla, ha scavato una buca per il torchio così chel’uva pigiata potesse dare il vino della gioia, hacostruito anche una torre dalla quale, come unasentinella, Egli potesse vigilare su di essa. MaIsraele non ha portato frutto ed è diventata unavigna selvatica, dando vita a una storia ferita, diinfedeltà, di rifiuti, di tradimenti e violenza.

    Gesù parla ai capi dei sacerdoti, agli scribi eagli anziani, che stanno per condannarlo a morte,“scartando” così anche l’ultima “pietra” inviata daDio. Prima hanno spento la voce dei profeti, chedisturbavano la falsa religiosità fatta di osservan-ze e liturgie in mezzo a relazioni personali e so-ciali ferite; ora, stanno per cacciare dalla vigna ilFiglio che Dio ha inviato, per condannarlo e uc-ciderlo fuori da Gerusalemme.

    Così è anche la nostra storia personale ed eccle-siale. Dio, dopo averci creato ed essersi preso curadi noi, ha affidato tutto alle nostre mani: la Chiesa,la vita, la terra che abitiamo, le persone che ci pas-sano accanto, tutto ciò che ci circonda. Possiamo

    scegliere di custodire, di amare, di far germogliarela vita, oppure essere come quei contadini: impos-sessarci della vigna, spegnere la voce profetica delVangelo e di coloro che lo annunciano, “c a c c i a refuori” Dio stesso e, così fare della vigna un luogodi sopraffazione, egoismi, rancori, violenze.

    Tuttavia, la parabola volge alla speranza: lapietra che voi avete scartato è diventata pietrafondamentale, dice Gesù. Egli è ucciso fuori daGerusalemme, eppure da lì inizia una storia nuo-va. Questo è il miracolo dell’amore di Dio: dalloscarto Egli inizia qualcosa di nuovo, dalla debo-lezza costruisce una storia di salvezza. Anche sel’amore è ferito e tradito, Dio non si arrende.Tenta di nuovo, si fida ancora di noi, ci consegnaancora Suo Figlio e — davvero “folle” questo Pa-dre — “lo mette” nelle nostre mani. E se anche cisembra che il Vangelo non germogli, in tante si-tuazioni di vita personale e sociale, in realtà, purin mezzo ai fallimenti, Dio fa cose grandi.

    Dalle pietre scartate della nostra vita, dai falli-menti, dai cedimenti, dalle debolezze, dalle paureche ci abitano dentro, Egli inizia una vita nuova.E per ogni volta che, con la nostra vita appesan-tita e ferita, ci sentiremo “pietre di scarto”, ricor-diamo le parole di don Tonino Bello: «Da quan-do Gesù è stato sconfitto sulla croce nell’e m a rg i -nazione più nera, anche gli scarti dell’umanità so-no diventati polvere di stelle».

    NEW YORK, 29. Il segretario genera-le delle Nazioni Unite, António Gu-terres, ha espresso ieri tutta la pro-pria angoscia nel momento in cui il

    bilancio complessivo dei decessi percause riconducibili al nuovo corona-virus ha oltrepassato la barriera delmilione. «Il nostro mondo oggi devepiangere una cifra atroce: la perditadi un milione di vite a causa dellapandemia da covid-19», ha dettoGuterres in un videomessaggio, sot-tolineando come il dolore per lamorte di «padri e madri, mogli emariti, fratelli e sorelle, amici e colle-ghi» sia stato amplificato dalla«spietatezza di questa malattia», cheha lasciato nella completa solitudinegli ammalati e soprattutto le vittime.

    Tuttavia, il numero uno delleNazioni Unite si è detto convinto,nonostante non si possa ancora in-

    travedere la fine di questa pande-mia, di poter «vincere questa sfida,ma dobbiamo imparare dagli erro-ri». Per questo è necessaria unaleadership responsabile, coadiuvatadalla scienza, caratterizzata dallasolidarietà e da un’adeguata infor-mazione. «La disinformazione uc-cide» ha esclamato Guterres, chie-dendo alla popolazione mondialedi fare tutto il possibile per salvarevite umane, seguendo le indicazio-ni date dall’Organizzazione mon-diale della sanità (Oms), tra cuimantenere la distanza fisica tra lepersone, indossare una mascherinae lavarsi spesso le mani. Questonell’attesa che arrivi a conclusione

    la sperimentazione di un vaccinoche si riveli efficace.

    Su questo fronte è intervenuta ierila dottoressa Maria van Kherkovedell’Oms. «Non stiamo prendendoscorciatoie per quanto riguarda la si-curezza: c’è un processo molto soli-do in corso per lo sviluppo di unvaccino efficace e sicuro» le sue pa-role nel corso di un briefing online.L’Oms ha poi presentato, tramite ildirettore esecutivo del Global Fund,Peter Sands, l’iniziativa per colmareil drammatico divario nell’attività ditest tra Paesi ricchi e poveri. Sandsha annunciato che saranno prestodisponibili 120 milioni di test rapidinei Paesi a basso e medio reddito.

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 30 settembre 2020

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

    Unicuique suumPOLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

    Città del Vaticano

    o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

    ANDREA MONDAdirettore responsabile

    Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

    Piero Di Domenicantoniocap oredattore

    Gaetano Vallinisegretario di redazione

    Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

    Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

    Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

    fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

    Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

    Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

    Concessionaria di pubblicità

    Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

    Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

    s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

    Aziende promotricidella diffusione

    Intesa San Paolo

    Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

    Società Cattolica di Assicurazione

    Necessaria nella Repubblica Democratica del Congo una specifica regolamentazione del settore minerario artigianale

    Nelle miniere di cobaltodalla parte degli ultimi

    Migliaia in fuga

    Le inondazioni devastanoil Sud Sudan

    JUBA, 29. È allarme in Sud Sudandove le piogge hanno costretto mi-gliaia di persone alla fuga. Le in-tense piogge, ancora in corso, stan-no peggiorando una già devastanteemergenza umanitaria e per questole ong chiedono alle istituzioni lo-cali di aumentare la loro rispostaper prevenire una situazione ancorapiù disastrosa.

    Per il secondo anno consecutivo,fiumi in piena e inondazioni stan-no colpendo le comunità nella re-gione del Grande Nilo Superiore auna velocità allarmante. Da luglio,le inondazioni hanno sfollato centi-naia di migliaia di persone e nehanno lasciate molte altre senza ac-cesso a cibo e acqua potabile. Sonoesposte a malaria, malattie trasmes-se dall’acqua e grave insicurezzaalimentare, mentre le alluvioni tra-volgono le loro case e le loro fatto-rie. «Quando sono iniziati i nuovicombattimenti, lo scorso giugno,siamo fuggiti nella boscaglia con ilnostro bestiame» afferma Martha,un’abitante locale citata dalle agen-zie. «Prima mi hanno rubato qua-ranta mucche, mentre oggi, a causadelle inondazioni, ho perso le altresessanta per malattia. Praticamentenon ho più nulla» aggiunge. In-tanto Kony, suo nipote di sei mesi,si sta riprendendo da una malariacerebrale in una clinica gestita daMedici senza frontiere nella città diPibor. Per raggiungerla, Martha esua nuora hanno trasportato il pic-colo per due giorni, il tempo ne-cessario per raggiungere Pibor dalloro insediamento di Neemach.

    Il fiume Pibor si è ingrossato eha invaso parti della città, lascian-dole inaccessibili. Molte aree nonpossono essere raggiunte a piediperché l’acqua è troppo alta e imezzi di trasporto locali sono co-stosi per la popolazione. Un teammobile di Medici senza frontiere,composto da un medico, un infer-miere e un promotore della salute,sta fornendo assistenza medica perprevenire e trattare le condizioni disalute più gravi nelle aree più diffi-cili da raggiungere. «Non riescoancora a credere al livello di distru-zione di infrastrutture e risorse cheho visto a Pibor» ha dichiarato Si-mon Peter Olweny, coordinatore diMedici senza frontiere per le attivi-tà legate all’acqua e l’igiene.«Mancano bagni pubblici in città.Nella nostra clinica ne abbiamo so-lo due e non c'è spazio per co-struirne di più per garantire unostandard minimo per le centinaiadi pazienti che curiamo ogni gior-no. Queste condizioni rappresenta-no un terreno fertile per le malat-tie» ha aggiunto.

    Le continue lotte tra le comunitàlocali, l’impatto della pandemia dicovid-19 sulla capacità di rispostaalle emergenze e la crescente insi-curezza alimentare nella regionedestano preoccupazione per ilprossimo futuro. Le ostilità sono ri-prese pochi mesi fa e hanno causa-to molte vittime e fughe di massadai villaggi. Secondo le ong, la si-tuazione rischia di peggiorare.L’emergenza di oggi è solo «un’al-tra situazione che aggrava le condi-zioni di vita delle comunità locali»dicono gli esperti. «Il peggio delleinondazioni deve ancora arrivare ele comunità sono già preoccupateper l’insicurezza alimentare. Nelleprossime settimane sarà più diffici-le accedere alle cure mediche e cosìle condizioni di vita delle personesaranno ancora più precarie».

    Delegazioni di Tripoli e Tobruk discutono di sicurezza sotto l’egida dell’O nu

    Colloqui in Egitto sulla Libia

    Truppe leali al governo di Tripoli (Reuters)

    Aiuti alle famiglie poveredel Sudan

    Allarme in Etiopiaper le violenze etniche

    ADDIS ABEBA, 29. Allarme violen-ze in Etiopia. Almeno 40 funzio-nari del governo dello Stato regio-nale del Benisciangul e del Gumussono stati licenziati dopo gli scon-tri della scorsa settimana. Lo haannunciato il Partito della prospe-rità (Pp), forza politica di governocitata da Bbc Africa, aggiungendoche dieci funzionari sono ora sottoinchiesta ma senza fornire ulterioridettagli. Cinque distretti dello Sta-to a ovest dell’Etiopia sono sottocontrollo militare per contenere leviolenze che hanno provocato de-

    cine di morti e centinaia di sfolla-ti. In un attacco prima dell’alba divenerdì, infatti, sono state uccisealmeno 15 persone, tra le qualiquattro donne. Altri attacchiall’inizio del mese hanno provoca-to la morte di 30 persone, anchese gli attivisti affermano che il nu-mero delle vittime potrebbe arriva-re a 80. La Commissione etiopeper i diritti umani, collegata al go-verno, ha affermato di essere «pro-fondamente allarmata» dalle vio-lenze, che hanno preso di mira so-prattutto i civili.

    KHARTOUM, 29. L’Unione europea,alcuni suoi Stati membri e la Ban-ca mondiale hanno firmato un ac-cordo per quasi 190 milioni di dol-lari di aiuti in forma di finanzia-menti diretti alle famiglie poveredel Sudan. Il Programma di sup-porto alla famiglia del Sudan (Sf-sp) ha l’obiettivo di dare a circal’80 per cento della popolazione500 sterline sudanesi (nove dollariUsa al tasso di cambio ufficiale) atesta ogni mese per un anno, se-condo la Banca mondiale. I paga-menti diretti alle persone che vivo-

    no nei diversi stati del Sudan ini-zieranno a ottobre, dicono le agen-zie, e la durata del programma saràgradualmente estesa a due anni,per una spesa totale di 1,9 miliardidi dollari. Il finanziamento dell’Uee della Banca mondiale ammonta a110 milioni di dollari, mentre i con-tributi di Italia, Francia, Germania,Paesi Bassi, Spagna e Svezia porta-no altri 78,2 milioni di dollari.L’accordo è stato firmato ieri nellacapitale del Sudan, Khartoum, allapresenza del primo ministro ad in-terim, Abdalla Hamdock.

    La Repubblica Democratica delCongo è una miniera a cieloaperto. Detta così potrebbesembrare un’esagerazione, ma è lasemplice verità. Lo scorso anno ilgiornalista statunitense Michael J.Kavanagh pubblicò sul «New YorkTimes» — per l’esattezza nell’edizio-

    mative per garantire la tutela dellasalute e la sicurezza. Questo indiriz-zo ha fatto sì che si acuisse a dismi-sura la mobilità interna — soprattut-to reduci da conflitti sanguinosinell’est del paese — tutte personespinte dal miraggio di ottenere gua-dagni facili.

    Nel frattempo si è creato un mo-dello ibrido, vale a dire le societàmultinazionali che hanno le conces-sioni e dunque i diritti di sfrutta-mento del sottosuolo, fanno investi-menti ridottissimi con infrastrutturetrascurabili, impiegando formalmen-te poco personale locale specializza-to e sfruttando invece il lavoro digruppi più o meno organizzati di ar-tigiani minerari, moltissimi dei qualiminori.

    Tutto questo avviene con l’inter-mediazione di concessionari, ai prez-zi decisi dai gruppi societari stranie-ri senza che i creseurs abbiano nes-sun margine di trattativa sui prezzi,né la possibilità di vendere al difuori della concessione a possibilimigliori acquirenti.

    Occorre rilevare che il governocongolese ha cercato di arginarequesti fenomeni, promulgando nelmarzo 2018 un nuovo Codice Mine-rario, che prevede l’aumento dellafiscalità per le imprese minerarie, so-prattutto per materie strategiche chesubiscono la volatilità dei prezzi suimercati internazionali delle commo-dity, imponendo un investimentonel welfare da parte delle aziende(0,3 per cento del volume d’affari).Tale normativa, considerata favore-volmente dalla società civile, è stataperò successivamente ridimensiona-ta, dietro pressione dei colossi mine-rari, dando la possibilità alle multi-nazionali di negoziare le condizionidelle concessioni “caso per caso”,singolarmente.

    Rimane comunque aperto il temadi una riforma redistributiva che in-cluda una specifica regolamentazio-ne del settore minerario artigianaleche rappresenta ufficialmente il 20per cento del mercato, ma nei fattiarriva fino al 40 per cento per il co-balto. In questo difficile contesto, incui a pagare il costo più alto sono iminori che vengono sfruttati e sotto-posti a condizioni lavorative subu-mane, in questi anni si è particolar-mente distinta una Organizzazionenon governativa locale, Bon Pasteur,

    affiliata con la Fondazione Interna-zionale Buon Pastore onlus, che haavviato nel 2013 un programma disviluppo comunitario e protezionesociale. Tale Fondazione è stata invi-tata a partecipare al Forum su Re-sponsible Minerals dell’Ocse nell’apri-le del 2018 per fare il punto sull’ap-plicazione delle linee guida promul-gate dalla stessa Ocse per garantirela responsabilità della filiera dei mi-

    nerali provenienti da zone di conflit-to o ad alto rischio ed eliminare leforme di sfruttamento del lavoro mi-norile.

    In base ai dati raccolti dalla Fon-dazione, anche in tempi recenti, tut-ti gli indicatori di “alto rischio” le-gati alla violazione dei diritti umani— ad eccezione di quelli connessi aiconflitti — sono ancora prevalentinelle comunità minerarie di Kolwe-zi. Un segnale di grande speranza èrappresentato dalla manifestazioned’interesse» (manifestation d’intérêt)della Fondazione, in qualità di so-cietà di consulenza incaricata di for-nire supporto sociale (scuola, ana-grafica sanitaria, nutrizionale, psico-logica e civile) dei minori coinvoltinella filiera del cobalto nelle provin-ce di Lualaba e Haut-Katanga,nell’ambito di un lungimirante pro-getto del governo di Kinshasa, fi-nanziato dall’African DevelopmentBank Group (Afdb). La Fondazioneha d’altronde una credibilità notevo-le avendo già reintegrato nel sistemascolastico 4.176 minori, garantendoloro la protezione sociale. Inoltre,gode del pieno sostegno dell’O spe-dale pediatrico Bambino Gesù (Op-bg) che si è reso disponibile a con-dividere il proprio know-how per unamissione pienamente in linea con laDottrina Sociale della Chiesa.

    di GIULIO ALBANESE

    ne del 26 gennaio 2019 — un aned-doto estremamente illuminante.«Una sera del 2014, un agente dipolizia a Kolwezi, una polverosa cit-tà mineraria di mezzo milione dipersone nella Repubblica Democra-tica del Congo meridionale, deciseche la sua famiglia aveva bisogno diuna nuova latrina. Prese una pala einiziò a scavare una fossa nel suocortile e presto rimase paralizzatodalla luccicante terra nera che avevadissotterrato: davanti a lui c’era unmucchio di cobalto, uno dei minera-li più ricercati al mondo». Nei gior-ni successivi alla scoperta, il fortuna-to poliziotto, iniziò a scavare nelsuo soggiorno, nel suo bagno, nellasua camera da letto, nella sua cucinae si accorse che l’intera abitazionepoggiava su un vero e proprio teso-ro. Sta di fatto che nel giro di pochesettimane, anche i suoi vicini di casalo imitarono con il risultato che inmeno di un anno quel quartiere col-linare di Kolwezi, conosciuto con ilnome di Kasulo, venne letteralmentespazzato via dai cercatori di cobalto.Originariamente era abitato, scriveKavanagh da famiglie di cuochi eaddetti alle pulizie, meccanici e auti-sti che lavoravano per l’industria mi-neraria, ma già nel 2015 la desolazio-ne regnava sovrana: le case eranoruderi e le strade crivellate di buched’ogni genere. Da quelle parti, or-mai — non solo a Kasulo — tutti, inun modo o nell’altro si sono inge-gnati a trovare fortuna con la ricercadel prezioso minerale.

    D’altronde, il cobalto è una dellematerie prime fondamentali per larealizzazione delle batterie agli ionidi litio che alimentano le auto elet-triche e i dispositivi elettronici dilargo consumo, ovvero tutti quegliapparati e gadget di quel «newdeal» ecologico che dovrebbe, nelleintenzioni di molti governi tra cuiquelli dell’Unione Europea (Ue),stimolare la ripresa economica post-coronavirus un po’ a tutte le latitu-dini.

    L’interesse del mercato estrattivo,legato alla crescente domanda delleaziende che se ne devono approvvi-gionare, è in gran parte concentratonell’ex Zaire — da cui proviene il 60-70 per cento della fornitura mondia-le — e più precisamente in una re-gione circoscritta denominata Luala-ba (parte dell’ex-Katanga). A Kol-wezi, in particolare, il cobalto si tro-va spesso con vasti depositi di ramee con il boom dell’elettronica in tut-to il mondo, la domanda di entram-bi i minerali è schizzata alle stelle.Eppure, paradossalmente, nonostan-te questa ricchezza offerta da MadreNatura sia così evidente, il redditopro-capite congolese continua ad es-sere tra i più bassi al mondo. Il mo-tivo è presto detto.

    A seguito del grande indebita-mento dell’economia nazionale, legrandi istituzioni finanziarie interna-zionali e non pochi governi hannoimposto la privatizzazione e la libe-ralizzazione delle commodity (mate-rie prime), tra cui figura natural-mente anche il cobalto. Con il risul-tato che molte concessioni minerariesono passate in mani straniere e l’at-tività estrattiva statale è stata forte-mente penalizzata.

    Per tentare di evitare che il busi-ness del cobalto fosse totalmentemonopolizzato dalle multinazionali,le autorità governative di Kinshasahanno dato la possibilità ai propriconnazionali di diventare artigianiminerari, (creseurs), senza però chevi fossero adeguate coperture nor-

    TRIPOLI, 29. Colloqui a livello mili-tare tra le parti in conflitto in Libiasi sono tenuti nella località egizianadi Hurghada, sul Mar Rosso. Lariunione — a cui partecipano dele-gazioni del governo di Tripoli e delcosiddetto Esercito nazionale libicoal comando del generale KhalifaHaftar — si è tenuta sotto l’egidadelle Nazioni Unite in preparazio-ne del prossimo incontro dellacommissione militare nel formato5+5, come riporta il quotidiano egi-ziano «Al Ahram». E, dopo i re-centi colloqui in Svizzera e Maroc-co, la riunione arriva a meno diuna settimana dalle visite al Cairo,dal presidente egiziano Abdel Fat-tah al-Sisi, di Haftar e del capo delParlamento di Tobruk, Aguila Sa-leh.

    La missione Onu ha espressosoddisfazione per questa prima tor-nata di colloqui parlando di un«approccio positivo volto alla de-escalation della situazione nella Li-bia centrale» da parte di tutti gliattori coinvolti. I colloqui si sonoconcentrati soprattutto sul temadella sicurezza.

    Pochi giorni fa il premier libicoFayez al-Serraj ha chiesto «il ri-spetto del cessate il fuoco e la ri-presa della produzione di petrolio»nel Paese. Intervenendo con un vi-deo messaggio all’Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite, al-Serrajha affermato che «l’aggressione diTripoli (da parte di Haftar, ndr) èstata una grande violazione dei di-

    ritti umani». La Libia deve diven-tare «un Paese libero dalle armi» eper farlo «le milizie si devono riti-rare» ha detto, sottolineando che«un dialogo costruttivo e i mezzipacifici sono gli unici modi per ri-solvere le questioni».

    Il prossimo 5 ottobre è in pro-gramma a Berlino una nuova con-ferenza internazionale di pace perla Libia. La conferenza è sostenutasoprattutto dalle Nazioni Unite edal governo tedesco. L’obiettivo èrafforzare il cessate il fuoco.

  • L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 30 settembre 2020 pagina 3

    I due candidati alla presidenza si sfideranno alla Case Western University di Cleveland in Ohio

    Primo confrontotra Trump e Biden

    Scontro sull’Internal Market Bill

    Sulla Brexit l’Ue pronta ad azioni legali

    WASHINGTON, 29. Mancano pocheore al primo dei tre confronti tele-visivi tra i candidati alla presidenzaUsa, Donald Trump e Joe Biden.Si svolgerà questa serà presso laCase Western University di Cleve-land, nell’Ohio, uno degli statichiave che decideranno l'esito delleelezioni presidenziali statunitensidel 3 novembre. Durerà novantaminuti senza interruzioni pubblici-tarie e arriva a 60 anni di distanzadal primo duello televisivo fra duecandidati alla Casa Bianca. Era il1960 e sul palco, davanti alle teleca-mere, si presentarono John Fitzge-rald Kennedy e Richard Nixon. Adetta degli analisti il duello di sta-

    sera potrebbe avere risvolti decisiviper determinare la guida degli StatiUniti per il prossimo quinquennio,in quanto potrebbe determinare ilvoto degli indecisi (in particolare inFlorida e in North Carolina) inquegli Stati che decideranno le ele-zioni, dove il margine di differenzatra Trump e Biden è minimo. I dueprossimi “scontri” avranno luogo il15 ottobre all’Adrienne Arsht Cen-ter for the Performing Arts di Mia-mi. e il 22 ottobre alla BelmontUniversity di Nashville, in Tennes-see.

    Per il 7 ottobre è poi previsto an-che un dibattito televisivo tra i duecandidati alla vicepresidenza, MikePence per i repubblicani e KamalaHarris per i democratici.

    In questi giorni l’attenzione me-diatica si è concentrata prettamentesulla nomina decisa da Trump delgiudice Amy Coney Barrett allaCorte Suprema Usa al posto di Ru-th Bader Ginsburg, morta il 18 set-tembre, e sulle rivelazioni del «NewYork Times» su presunte irregolaritànelle dichiarazioni dei redditi delpresidente repubblicano. Eventi chehanno stravolto la campagna eletto-rale, soppiantando i temi che finoral’avevano caratterizzata, ossia la ge-stione della crisi sanitaria legata allapandemia, con oltre 200.000 deces-si, e quella economica da essa deri-

    vante, con gravi ripercussioni sulmondo del lavoro. Argomenti, que-sti ultimi, cavalcati, chiaramente conidee totalmente divergenti, siadall’attuale presidenza che dall’op-posizione democratica, guidata daJoe Biden e dalla sua vice, KamalaHarris.

    Le domande di questa sera almomento sono note solo al mode-ratore, il giornalista di Fox News,Chris Wallace, considerato una del-le voci più rispettate dei canali tele-visivi Usa, e che in passato è statoautore di interviste a tutto campocon l’attuale inquilino della CasaBianca. Gli argomenti scelti daWallace, in sei segmenti da 15 mi-nuti, dovrebbero essere: il bac-kground dei due candidati, la sceltaper la Corte Suprema, la gestionedella pandemia da covid-19, la crisieconomica, le tensioni razziali conla violenza nelle città e l’integritàdel processo elettorale, più voltemessa in discussione dal presidenteTru m p .

    Alcuni mass media statunitensinon escludono però che ci possa es-sere spazio anche per l’inchiesta del«New York Times» sulle irregolaritànelle dichiarazioni dei redditi diTrump del 2016 e del 2017, che lostesso presidente ha bollato come«fake news».

    Il commissario Grandi chiede che il nuovo patto entri in funzione quanto prima

    L’Unhcr: sui migranti l’E u ro p adeve puntare sulla solidarietà

    BRUXELLES, 29. L’Ue ha ribadito la richiesta al RegnoUnito di ritirare le «parti contenziose» dell’InternalMarket Bill entro la fine del mese e «ripristinare così lafiducia». Lo ha detto ieri il vicepresidente della Com-missione europea, Maroš Šefčovič, al termine del Comi-tato misto con la controparte britannica.

    «Ma non ho avuto indicazioni da Michael Gove chelo faranno», ha aggiunto Šefčovič. Proprio per questo,ha precisato, «valutiamo tutte le opportunità legali di-sponibili e informeremo a tempo debito sui prossimipassi al riguardo». «Nonostante tutto, sappiamo che

    abbiamo una grande responsabilità ed useremo ogniminuto, ogni opportunità del nostro tempo a disposi-zione per il negoziato, per trovare l’accordo della par-tnership futura tra l’Unione europea e il Regno Unito»,e per permettere «la piena operatività del protocollosulle frontiere irlandesi e l’accordo di recesso», ha ag-giunto Šefčovič.

    Con l’Internal Market Bill, il premier britannico, Bo-ris Johnson, intende rimettere in discussione le lineeguida dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea,facendo marcia indietro sulla questione irlandese.

    B e l a ru s :non si allenta

    la tensioneper le proteste

    MINSK, 29. Non si allenta la ten-sione in Belarus a causa delle pro-teste. Ieri le ong hanno denuncia-to che il bilancio degli arresti nel-le manifestazioni di domenicascorsa è molto più alto di quantoinizialmente comunicato dalle au-torità. Si parla infatti di oltre 340arresti, e non di 200 come dettodalla polizia.

    Intanto, oggi il presidente fran-cese Emmanuel Macron ha incon-trato a Vilnius la leader dell’opp o-sizione Svetlana Tikhanovskaya ele ha promesso che l’Europa ten-terà di mediare nella crisi politicain Belarus. «Noi faremo del no-stro meglio in quanto europei peraiutare a mediare» ha detto Ma-cron ai giornalisti dopo l’i n c o n t ro .«Il presidente ci ha promesso difare tutto per aiutare nella media-zione per la crisi politica nel no-stro Paese», ha confermato laprincipale candidata dell’opp osi-zione alle contestate elezioni pre-sidenziali del 9 agosto. Tikhanov-skaya nelle scorse settimane ha in-contrato i ministri degli Esteri Uee i leader di Polonia e Lituania.Proteste di massa contro il regimedi Aleksandr Lukashenko si regi-strano da ormai oltre un mese emezzo in Belarus, dove le autoritàhanno spesso cercato di soffocarele manifestazioni pacifiche con laforza e con ondate di arresti.

    Il premier croato alle commemorazionidelle vittime civili serbe del 1995

    Wa s h i n g t o nsostiene

    il dialogonel Mediterraneo

    ATENE, 29. Gli Stati Uniti sonoimpegnati per una «soluzionepacifica» della disputa tra Greciae Turchia legata alle esplorazioniper la ricerca di idrocarburi nelMediterraneo orientale. Lo ha ri-badito ieri il segretario di Statoamericano, Mike Pompeo, a se-guito di un incontro con il mini-stro degli Esteri greco, NikosDendias, nella città portuale diSalonicco. Il capo della diploma-zia Usa ha sottolineato la neces-sità di risolvere il problema attra-verso il diritto internazionale.

    «A Salonicco, abbiamo parlatodel forte rapporto tra Grecia eStati Uniti, dei Balcani e della ri-duzione della tensione nel Medi-terraneo orientale» ha dichiaratoPompeo in un tweet. Il segretariodi Stato si è detto «emozionato»di tornare in Grecia, definita «unalleato cruciale» per gli StatiUniti, con il quale condividono«una strategia comune». Pompeoè atteso oggi nella base navale diSouda (Isola di Creta), una dellepiù grandi della regione e nellaquale operano la Marina militaregreca e la Nato. È la prima voltada decenni che un alto funziona-rio americano si reca in visita inGrecia ma non in Turchia.

    Intanto, da Ankara non sonomancate polemiche e critiche allavisita di Pompeo. Tuttavia, il go-verno turco ha cercato di stempe-rare i toni assicurando il proprioimpegno nel dialogo. «La Tur-chia non cerca tensioni nel Medi-terraneo, ma pace» ha dichiaratoil presidente turco, Recep TayyipErdoğan, nel suo intervento allaconferenza sul diritto marittimointernazionale e il Mediterraneoorientale che si è svolta a Istan-bul. Erdoğan ha insistito sul fat-to che la Turchia sia «un Paeseospitante e non ospite nel Medi-terraneo» e ha sottolineato che«ogni passo compiuto in questaregione interessa direttamente lasicurezza, i diritti e gli interessidel nostro Stato».

    Maduro annuncia una leggecontro le sanzioni statunitensi

    Rifugiati sull’isola greca di Lesbo (Afp)

    BRUXELLES, 29. «Spero che i nego-ziati tra la Commissione e gli Statimembri sul nuovo patto per migra-zione e asilo riesca e che qualcheforma di sistema che sancisca la so-lidarietà tra Stati membri sia in fun-zione prima della prossima estate».Il sistema poi «può sempre esseremigliorato dopo. Ma è urgente».Così si è espresso ieri l’Alto com-missario dell’Onu per i rifugiati(Unhcr) Filippo Grandi dopo unincontro con l’Alto rappresentanteUe per la politica estera e di sicu-rezza comune, Josep Borrell, ed al-cuni commissari europei.

    Nel nuovo patto «la solidarietàha una forma d’obbligatorietà, per-ché gli Stati dovranno scegliere» trai ricollocamenti ed i rimpatri spon-sorizzati. «Dal mio punto di vista —ha sottolineato Grandi — è impor-tante che tutti gli Stati partecipinoalla solidarietà». La mancanza diuna solidarietà formale «sarebbeprofondamente ingiusta per i Paesiin prima linea, come Grecia, Cipro,Malta, Italia e Spagna».

    L’alto commissario ha evidenziato«elementi molto importanti nellanuova proposta, come ad esempio ilsalvataggio in mare riconosciuto co-me un dovere. Qualcosa che non èstato fatto abbastanza dall’E u ro p afino ad ora».

    Torra condannatoLa Catalogna

    tornaalle urne

    MADRID, 29. La Corte supremaspagnola ha confermato ieri serala condanna a un anno e mezzodi interdizione dalle cariche pub-bliche per il presidente della Ge-neralitat della catalogna, QuimTorra, accusato di «disobbedien-za» per essersi rifiutato di oscura-re, durante il periodo elettorale,gli striscioni a sostegno degli indi-pendentisti in carcere. Lo riferi-scono i principali media spagnoli.

    La sentenza porta la Catalognaalla fine anticipata della legislatu-ra e a nuove elezioni, che dovreb-bero tenersi il 31 gennaio o il 7febbraio del prossimo anno.

    Oltre all’interdizione, Torra èstato condannato alla multa di30.000 euro. Nella sentenza, laCorte suprema ritiene che Torra«abbia ripetutamente e ostinata-mente disobbedito» agli ordinidel Consiglio elettorale centrale diritirare alcuni simboli dagli edificipubblici dipendenti dalla Genera-litat durante le elezioni generalidel 28 aprile del 2019, quando lostesso Consiglio stimò che fossestata violata la neutralità richiestaalle pubbliche amministrazioni.

    «Alcuni giudici, e non i catala-ni, hanno deciso che io non possoessere presidente» della Catalo-gna, ha dichiarato Torra.

    CARACAS, 29. «Abbiamo ideato, scrittoe creato una legge costituzionale concarattere speciale contro le sanzionicriminali degli Stati Uniti. Domani laconsegneremo all’Assemblea nazionalecostituente (Anc) affinché la esaminicon urgenza e la approvi sull’onda diun dibattito che nel Paese è molto cal-do». Con queste parole, ieri, il Presi-dente venezuelano Nicolás Maduro haannunciato un provvedimento control’embargo unilaterale deciso da Wa-shington. La legge — ha aggiunto Ma-duro — permetterà di «affrontare glieffetti di quelle misure sulla nostraeconomia, sulle risorse finanziarie esulla vita sociale del Paese e permette-rà di porre le basi per il rilancio deisettori economico e sociale in mododa avere una buona fine per il 2020».

    Intanto, sul fronte dei diritti umani,ieri il Procuratore generale, TarekWilliam Saab, ha reso noto che unacommissione del governo si recherà

    nei prossimi giorni presso diverse or-ganizzazioni internazionali, per pre-sentare un rapporto in risposta a undocumento presentato dalla MissioneInternazionale Indipendente “per ladeterminazione dei fatti sulla Repub-blica Bolivariana del Venezuela”, delConsiglio per i Diritti Umani delleNazioni Unite, che aveva indicato ilPresidente Maduro, e altri membri delsuo esecutivo, responsabili di «criminicontro l’umanità». Il rapporto, dal ti-tolo «La verità del Venezuela control’infamia. Dati e testimonianze di unPaese sotto assedio», è stato conse-gnato ieri al Nunzio apostolico, mon-signor Aldo Giordano, e al Coordina-tore delle Nazioni Unite in Venezuela,Peter Grohmann. «Andremo all’este -ro, alla Corte penale internazionaledell’Aia, al Consiglio dei diritti umanidelle Nazioni Unite, per dire la veritàsu questo lavoro che merita rispetto»,ha detto Tarek William Saab.

    Crisi di governoin Bolivia

    a 20 giorni dal votoLA PAZ, 29. A una ventina di gior-ni dalle elezioni generali in Boli-via, tre ministri hanno lasciato illoro incarico nel governo ad inte-rim della Bolivia. Il titolare ad in-terim del ministero dell’economia,Óscar Ortiz, è stato destituito.Poco dopo i ministri del lavoro edello sviluppo produttivo, ÓscarMercado e Abel Martínez, hannorassegnato le dimissioni per diver-genze interne all’interno dell’ese-cutivo guidato dal presidente adinterim Jeanine Áñez. Óscar Ortizha ammesso pubblicamente diaver ricevuto pressioni e di esserentrato in disaccordo con il mini-stro degli Interni, Arturo Murillo.

    Áñez ha prontamente nominatoi nuovi ministri di economia e la-voro, mentre rimane vacante il di-castero dello sviluppo produttivo.

    Piano a sostegnodell’o ccupazione

    in CileSANTIAGO DEL CILE, 29. Il gover-no del Cile ha previsto un ambi-zioso piano di incentivi alle assun-zioni che mira a creare o recupera-re un milione di posti di lavoro insei mesi e che si concentra, in par-ticolare, su donne e giovani, duedei gruppi più colpiti dalla duris-sima crisi economica che attana-glia il paese. Una crisi peggioratacon la pandemia al punto tale chein questi mesi in Cile si sono persi1,8 milioni di posti di lavoro. Ilpiano è stato presentato domenicadal presidente Sebastián Piñerache ha sottolineato l’imp ortanzadi mettere «sempre al primo postola protezione della nostra salute, eperseverare nel mettere pienamen-te in funzione il nostro paese, riat-tivare la nostra economia e recu-perare i posti di lavoro».

    ZAGABRIA, 29. Il primo ministrodella Croazia, Andrej Plenković,leader del partito Unione democra-tica croata, ha reso omaggio ieri al-le vittime civili serbe uccise dalleforze croate 25 anni fa nel villaggiodi Varivode, nella regione diSebenico e Knin, nell’e n t ro t e r r adella Dalmazia.

    Plenkovic ha assistito alla ceri-monia in memoria di nove anzianiserbi uccisi a sangue freddo quasidue mesi dopo la conclusione,nell’agosto del 1995, dell’offensivadenominata “Temp esta” dell’e s e rc i -to di Zagabria, che pose fine alla ri-bellione dei serbi di Croazia, inizia-ta nel 1991 con l’appoggio delle for-ze di Belgrado.

    Dopo l' attacco-lampo dei croatiil 28 settembre di 25 anni fa, oltre150.000 serbi fuggirono in massa.Rimasero nella zona solo poche mi-gliaia di anziani. E proprio dodici

    persone tra i 60 e gli 85 anni furo-no le vittime della strage di Varivo-de. Per quel massacro furono accu-sati nel 2002 dalla magistratura diZagabria sei soldati croati, poi rila-sciati per mancanza di prove. Nel2012, la Corte Suprema della Croa-zia ha stabilito che la Repubblicadi Croazia è stato responsabile perle uccisioni. «Il crimine di Varivodenon fu, purtroppo, l’unico di que-sto genere, ce ne sono stati anchealtri, e nessuno può avere giustifica-zioni e per questo tutti noi dobbia-mo esprimere il nostro dispiacere»,ha dichiarato Plenković.

    E’ stata la prima volta, indicanogli analisti politici, che un primoministro della Croazia ha preso par-te alle commemorazioni del massa-cro di Varivode, gesto che si inqua-dra nella nuova politica diPlenković di riconciliazione con laminoranza serba in Croazia.

    Un dimostrante pro-Brexit durante una manifestazione di fronte a Westminster (Reuters)

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 30 settembre 2020

    Non si ferma nel mondo lo slancio dei mistici

    Quel desideriodi comunione quotidiana

    di LAU R A BOSIO

    Nel migliore dei casi li rele-ghiamo a un passato lonta-no. Eppure esistono, per lopiù sconosciuti. Uomini edonne che coltivano unsentimento di unione con gli altri, con lanatura, con gli animali, e con il principiodi tutto questo che chiamiamo divino.Dove cercare oggi lo slancio mistico, nel-la nostra epoca disorientata, affannata,confusa che tende a trascurarlo, a circo-scriverlo o a sminuirlo? Il filosofo e psi-coanalista junghiano Romano Madera loindividua in un desiderio di «comunionequotidiana», al di là dei limiti confessio-nali, di affiancamento nell’assemblea cao-tica e spesso sconcertante o intollerabileche formiamo. Lo rintraccia, ad esempio,in un pensatore e religioso di cultura in-diana e catalana come Raimon Panikkar,che dice: «Siamo tutti uniti; cose, anima-li, uomini e Dei, formano la famiglia del-la realtà», o in una filosofa laica di cultu-ra socialista come Rosa Luxemburg, chenel carcere di Breslavia, in una lettera aun’amica, parla così di un animale ferito:«Aveva l’espressione di un bambino cheviene punito duramente e non sa perquale motivo né perché, che non sa comescappare dalla sofferenza e dalla forzab ru t a … Ero davanti a lui, l’animale miguardava, le lacrime colavano dai mieiocchi, erano le sue lacrime».

    È uno slancio che supera la transitorie-tà effimera dei bisogni e degli interessidel “piccolo io” e che sente nella connes-sione con gli altri una necessità improro-gabile. Alcune grandi donne, che dagli

    inizi del Novecento arrivano a noi, sem-brano incarnarlo pienamente.

    Nasce a Parigi nel 1909 Simone Weil,ebrea per educazione familiare, filosofaper formazione culturale e “g re c a ” p ervocazione ideale. Conquistata dal cristia-nesimo, Simone non entra nella Chiesa eper tutta la vita rimane sulla soglia,nell’attesa. Muovendo dalla memoria de-gli oppressi e dall’affermazione della mi-seria umana, il suo pensiero indipenden-te e antisistematico è un appello estremo.La vocazione morale di essere presentetra gli esclusi la spinge a un attivismopolitico e sociale fino al sacrificio di sé.André Gide la definisce «la santa degli

    esclusi». A Le Puy-en-Velay, dove inse-gna in un liceo femminile, dà scandalodistribuendo lo stipendio agli operai insciopero. Del denaro che percepisce conil lavoro spende solo l’equivalente al sus-sidio dei disoccupati, per sperimentareuguali ristrettezze. Nel 1934 si fa assume-re come operaia in officine metallurgiche,dove più volte, per scarsa abilità, si bru-cia, si taglia, prima di subire il licenzia-mento. La decisione di farsi operaia e dientrare in fabbrica risponde all’esigenzadi rispettare una scelta radicale: solol’esperienza, non l’immaginazione, puòconsentire di comprendere veramente «lecondizioni reali che determinano la servi-tù o la libertà operaia» e di riscoprire lepossibilità di una politica cosciente e in-formata, irriducibile alle astrazionidell’ideologia. In fabbrica, però, ha sem-pre il timore di apparire un’infiltrata, sisente un’intrusa. Per questo non si conce-de sconti, si sfianca di lavoro. Ne escecon la convinzione di avere ricevuto persempre il marchio della schiavitù.

    Durante la guerra civile spagnola si ar-ruola con i repubblicani, al fianco deicontadini affamati contro i proprietariterrieri e un clero complice. Ferita, devetornare in Francia, quando ormai la guer-ra, come dirà, si è trasformata in un con-flitto di potere tra Russia, Germania eItalia. Inevitabile che in Italia, duranteun viaggio, si avvicini a Francesco d’Assi-si, che come lei non si era rinchiuso inuna solitudine ispirata, non aveva abban-donato il mondo, ma aveva lottato con ilmondo, accanto ai più deboli. All’inva-sione nazista, nel 1940, Simone si rifugiaa Marsiglia, dove legge, scrive molto efrequenta i quartieri poveri: per subire lecose in prima persona, per mantenere vi-va «un’ombra di reazione» allo scandaloeterno del potere. Nell’autunno del 1941lavora di nuovo come operaia nella fatto-ria del «filosofo contadino» GustaveThibon, che raccoglierà gli scritti da leilasciati in L’ombra e la grazia, apparsopostumo nel 1947, pensieri e meditazioniilluminati da un profondo «senso univer-sale». Sarà la tubercolosi a toglierle la vi-ta nel 1943, a 34 anni. Un anno prima,

    nelle Riflessioni sull’utilità degli studi sco-lastici al fine dell’amore di Dio, aveva rie-vocato una storia eschimese sull’originedella luce: «Il corvo che nella notte eter-na non poteva trovare cibo, desiderò laluce, e la terra si illuminò».

    Secondo il teologo Karl Rahner «il se-colo XXI o sarà mistico o non sarà». Af-fermazione variamente attribuita, peren-toria quanto enigmatica, e perciò da in-terrogare. Mistico nell’auspicabile, “im-p ossibile” senso di comunione quotidia-na? E in effetti, quali ricercatori, se non imistici, hanno l’esperienza più lancinantee più luminosa delle possibilità dell’im-p ossibile?

    Nasce nel 1914, Etty Hillesum, inOlanda. Ebrea, condivide in modo totaleil destino del suo popolo, fino alla mortead Auschwitz nel 1943, a 29 anni. Attra-verso la filosofia greca, i cristiani, Agosti-no, la sapienza orientale, Leonardo, Mi-chelangelo, Dostoevskij, Rilke, tende aun ecumenismo — inteso come casa co-mune — che non dimentichi le radiciebraiche. La scrittura di un diario, dopoaver conosciuto lo psico-chirologo JuliusSpier, allievo di Jung, di cui diventaamante, per Etty si fa centrale: è lo stru-mento che le consente di riformularel’esperienza grazie a un’attenzione nonoccasionale. La sua ricerca spirituale, irri-ducibile a un copione “misticheggiante”,è piuttosto vicina alla nostra comune ri-cerca di senso. E sappiamo che questa ri-cerca, per essere autentica, deve passaredalla prova dell’inferno. La tempesta del-la storia, che la travolgerà, si incarica difornirglielo. Quanto più il cerchio le sistringe intorno, tanto più Etty acquistaforza. Non pensa alla propria salvezza,ma al modo per essere d’aiuto agli altriche spartiscono con lei quel destino disterminio. L’avvilimento fisico e psichicooperato dai nazisti su Etty produce l’ef-fetto opposto: il suo cuore si fa semprepiù pensante, la sua voce sempre più tra-sparente. «Se anche non rimanesse cheun solo tedesco decente» scrive nel dia-rio, in prigionia, «quest’unico tedescomeriterebbe di essere difeso contro quellabanda di barbari, e grazie a lui non si

    avrebbe il diritto di riversare il proprioodio su un popolo intero (…). L’odio in-discriminato è una malattia dell’anima».Allontana l’odio e tiene Dio dentro di sé,determinata a rigenerarlo per se stessa eper gli altri. A salvare Dio, a dissotterrar-lo in noi. Al macello della storia opponeuna preghiera: «Usa e impiega bene ogniminuto della giornata, e rendila fruttuo-sa; fanne un’altra salda pietra su cui pos-sa ancora reggersi il nostro povero e an-goscioso futuro». Un’esortazione cheapre, dà respiro: ossigeno che entra neipolmoni, nel sangue, dentro ciascuno dinoi.

    Nasce nel 1904, anche lei in Francia,Madeleine Delbrêl. Di famiglia cattolica,da ragazza professa uno spavaldo atei-smo: «Dio è morto... viva la morte». Maun giorno il ragazzo di cui è innamoratasi fa domenicano e lei, sull’esistenza diDio, comincia a interrogarsi, fino adaverne una percezione così acuta da pen-sare di entrare nel Carmelo. Decide inve-ce di seguire, da laica, una vita di vange-lo integrale, nella periferia operaia di Pa-rigi, a Ivry-sur-Seine, dove abiterà in po-vertà con alcune compagne, a partire dal1933, fino all’ultimo. «Quello che noi cer-cavamo, quello che volevo — scriverà —era la libertà di vivere gomito a gomito

    con gli uomini e le donne di tutta la ter-ra, con i miei vicini di tempo, gli annidegli stessi calendari e le ore degli stessiorologi». Nell’aspro confronto tra comu-nisti e cattolici, Madeleine non esiterà acollaborare, senza steccati, con chiunquetenti di sanare ingiustizie, fedele alle ra-gioni evangeliche delle proprie scelte. Findagli inizi del suo lavoro come assistentesociale, proseguito a Ivry per trent’anni,avvertirà la necessità di un intenso impe-gno sociale e di un’attiva vicinanza a chiè in difficoltà, a ogni altro. Noi della stra-da, intitolerà uno scritto, con questa con-sapevolezza: chi conduce una vita umile,oscura, anonima, sente lontani modelli disantità legati al martirio o all’isolamento;crede più ai testimoni che ai maestri, sifida più dell’esperienza che della dottri-na. Madeleine non metterà mai in attonessuna fuga dal mondo, né si adopereràa costruire strutture volte a imporsi nellasocietà come cristiane. Giorno per gior-no, con le sue compagne di lotte e spe-ranze, cercherà di far riaffiorare le esigen-ze fondamentali del vangelo, liberandoleda schematismi e pesantezze. «Se dovessiscegliere — scriverà in una delle sue poe-sie — laverei i piedi del vagabondo, /dell’ateo, del drogato, / del carcerato,dell’omicida, / di chi non mi saluta più,/ di quel compagno per cui non pregomai, / in silenzio / finché tutti abbianocapito nel mio / il tuo amore». Moriràsconosciuta ai più, nel 1964. Nel 2018 pa-pa Francesco l’ha dichiarata venerabile.

    In Francia nasce un’altra piccola gran-de donna, nostra contemporanea, Mad-dalena Lowit, conosciuta come Maddale-na di Spello dal nome del paese umbrodove arriva nei primi anni Sessanta. Daallora vive nella “Casa della povera gen-te”, in “via della Povera vita”, un po’benvoluta e un po’ tollerata, con il mari-to, una piccola comunità di persone e itanti senza dimora che lì trovano un tettoe un’amicizia sincera, che non si sottrae,all’occorrenza, a una ferma severità. Lai-ca, ama Gesù e gli «innamorati di Dio»di ogni parte del mondo. Dopo tanti an-ni, sembra non aver perso nulla delloslancio che l’ha spinta in quella terra disanti e di cristiani anticonformisti, peradesione all’essenza del vangelo. Lo di-mostrano, oltre alla vita quotidiana, i li-bri che scrive. In un capitolo, intitolato«Mondo», del libro che ha dedicato allaVia della Povera vita, Maddalena esprimecosì la sua “comunione”: «Ciò che vedo,ciò che sento, ciò che gusto, ciò che toc-co non è da respingere né da disprezzarecome un’ombra. La bellezza sparsa dap-pertutto parla al nostro cuore con il lin-guaggio di una rivelazione».

    La «Fornarina» e la chimica

    Raffaello, «La Fornarina» (1518-1520, particolare)

    Simone Weil

    Etty Hillesum

    Il premio «Arcadia - Nicola Maria de’ Angelis»

    Marco Capriotti, con l’op era L’i m p ro v v i s a z i o n epoetica nel Settecento italiano: un catalogo (1690-1800) è il vincitore del premio Arcadia - NicolaMaria de’ Angelis, che gli verrà assegnatodurante la cerimonia che avrà luogo nelpomeriggio di mercoledì 30 settembre a Roma,presso il Bosco Parrasio. Sarà il linguista efilologo Luca Serianni a presentare la tesidottorale vincitrice nel corso dell’incontro cheprevede letture di Marcello Ravesi. Oltreall’autore, saranno presenti Rosanna Pettinelli,Custode generale dell’Arcadia, e FrancescaRomana de’ Angelis. Il riconoscimentos’inserisce nella nobile tradizione dell’Accademiadell’Arcadia, che è una delle più antiche erappresentative accademie italiane. Infatti laprima “Radunanza degli Arcadi” — alla qualeparteciparono quattordici letterati, tra i qualiGiovan Mario Crescimbeni, che ne fu il primo

    Custode generale — si tenne nel giardino delconvento di San Pietro in Montorio il 5 ottobre1690. Quell’incontro si poneva a idealecontinuazione delle adunanze ospitate nelpalazzo romano della regina Cristina di Sveziamorta nel 1689. L’uso di pseudonimi pastorali etutti gli altri elementi rituali che caratterizzaronola vita associativa dell’Accademia, ispiratiall’Arcadia di Jacopo Sannazzaro e ad altriclassici della letteratura bucolica, furonocodificati nelle dieci leggi composte da GianVincenzo Gravina nel 1696. Nata per contrastaregli aspetti più stravaganti e turgidi dellaletteratura barocca attraverso un ritorno alclassicismo, l’Arcadia ha avuto subito grandevitalità e costituì la prima vera forma diorganizzazione nazionale della cultura italiana,in particolare mediante la fondazione di coloniesull’intero territorio della penisola.

    Vita e PensieroPubblichiamo stralci da unarticolo uscito sull’ultimo numerodella rivista culturaledell’Università Cattolica del SacroCuore «Vita e Pensiero». Nellarubrica “Polemiche culturali”,parlando dei mistici la scrittricepiemontese sottolinea come «nelmigliore dei casi li releghiamo aun passato lontano. Eppureesistono, per lo più sconosciuti.Uomini e donne che coltivano unsentimento di unione con gli altri,con la natura, con gli animali, econ il principio di tutto questoche chiamiamo divino».

    Ora è possibile risalire ai pigmenti utilizzatida Raffaello e comprendere il processo ese-cutivo con cui li ha applicati sulla tavolagrazie alla campagna di indagini i cui risul-tati sono stati presentati nei giorni scorsi. Èstata effettuata in particolare una scansione

    della fluorescenza dei raggi X a cura di Em-mebi diagnostica artistica e Ars Mensuraecon degli strumenti messi a punto nell’ambi-to del progetto Multichannel Scanner forArtworks (Musa) in collaborazione conl’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn)sezione di Roma Tre, con il dipartimento diScienze università Roma Tre e con il dipar-timento di Scienze di base e applicate perl’ingegneria. Lo strumento realizzato dall’In-fn costituisce uno dei più brillanti esempi dicome una tecnologia d’avanguardia svilup-pata inizialmente per rispondere alle esigen-ze della ricerca in fisica strumentale, abbiapoi trovato applicazione in ambiti di ricercamolto diversi, portando un contributo fon-damentale nello studio e nella conservazionedei beni culturali. Le immagini della distri-buzione del ferro e del piombo hanno con-fermato l’impostazione di una sotto-stesuradi base chiaroscurata, una pratica diffusa aiprimi del Cinquecento e presente anche inaltri dipinti raffaelleschi La distribuzione delmercurio ha ribadito l’importante modificadel fondo, che ha comportato un riassettochioaroscurale della figura della Fornarina.(gabriele nicolò)

  • L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 30 settembre 2020 pagina 5

    Il ruolo del denaro nel pensiero del Poverello

    Come acquache deve scorrere

    Una mostra in Assisi

    di FL AV I O FELICE

    In vista della firma di PapaFrancesco della sua terza en-ciclica Fratelli tutti, sullatomba di san Francesco ilprossimo 3 ottobre, è statainaugurata venerdì 18 settembre alSacro Convento d’Assisi, con il sa-luto di monsignor Domenico Sor-rentino, vescovo d’Assisi, la mostra«Economia fraterna», con la qualesi è aperta anche la sesta edizionedel Cortile di San Francesco, dedi-cato al tema dell’economia. L’op e-ra, che consta di dodici pannellicon i relativi approfondimenti, èstata realizzata dai frati del SacroConvento e da due laici (OresteBazzichi e Paolo Capitanucci).

    Parlare di economia e francesca-nesimo può apparire un paradosso,ma, a ben vedere, nella realtà nonlo è, perché Francesco era un mer-cante e quindi ha conosciuto le lo-giche economiche del suo tempo;esalta le creature concrete nella loro

    pretare le res novae — civiltà cittadi-na e risveglio mercantile — creare lamatrice dalla quale sortì il primitivolessico dell’economia di mercato,dando luogo, da un lato, alla viad’uscita dal persistente divieto delprestito ad interesse (usura) attra-verso la felice intuizione dei Montidi Pietà e Monti Frumentari,dall’altro, fornendo alcune basi epi-stemologiche alla futura scienzaeconomica.

    I francescani guardarono il capi-tale e il denaro in analogia con so-rella acqua, che è “utile, umile, pre-ziosa e casta” quando è acqua cor-rente, ma che, se ristagna, imputri-

    Pubblichiamo la prefazione al libro «Prima edopo. I protomartiri francescani, Antonio diPadova e Francesco d’Assisi» a cura di Fa-bio Scarsato (Padova, Edizioni MessaggeroPadova, 2020, pagine 132, euro 14).

    di PIETRO MESSA

    Parlare di economia di Francescod’Assisi non solo è corretto mapersino è indispensabile perraggiungere lo strato culturalepiù profondo e quindi persi-stente del suo pensiero e spiritualità. In-fatti egli è innanzitutto il figlio di Pietrodi Bernardone, ossia di un mercante, e co-

    che ringraziare per poi passare alla resti-tuzione di tali benefici mediante la lode eil fare misericordia con i fratelli. In ciò èimplicata però la libera volontà per cuiuno può anche prendere tali doni quasifossero frutti di un ladrocinio e appro-priarsene indebitamente e per Francescoquesto è il peccato. In sintesi si può direche il pensiero e la spiritualità di France-sco è un’economia eucaristica in cui sipassa dalla gratitudine, rallegrandosi in-nanzitutto dell’amore del donatore, allagratuità, dal rendimento di grazie allacondivisione.

    La gioia di tale vita secondo la formadel Vangelo seguendo le orme di Gesùspinse Francesco e gli altri membri dellafraternità minoritica ad andare a predicar-la non solo nelle zone limitrofe ad Assisima anche oltre la penisola italiana e persi-no nella terra dei non cristiani. Francia,Germania, Ungheria, Penisola iberica evicino Marocco furono le loro mete; l’ac-coglienza non fu delle migliori a motivodelle incomprensioni, insulti, percosse epersino l’uccisione di cinque di loro nel1220. Di questi ultimi, denominati proto-martiri francescani, a distanza di anni fucomposta una vita il cui autore pose inbocca a san Francesco l’e s p re s s i o n e«Adesso posso dire veramente di averecinque frati Minori!». Tale affermazionenon si distanzia molto dal pensiero e spi-ritualità dell’Assisiate (cfr. Francesco profe-ta. La costruzione di un carisma, Roma2020); infatti essi furono testimoni, cioèmartiri, di quell’approccio evangelico contutti i beni, compresa la propria esistenza,

    grazie al quale la gioia di essere amati di-venta capacità di amare.

    Originari dell’Umbria meridionale se-guirono Francesco fino alla Porziuncolada dove furono inviati a predicare nellaterra dei non cristiani. Il loro entusiasmodovette essere grande ma proporzional-mente inverso alla preparazione, come pe-raltro avveniva anche per gli altri frati in-viati nei diversi territori.

    Questa vita nuova espressa nel dono to-tale affascinò il canonico agostiniano Fer-

    I protomartiri francescani, Antonio di Padova e Francesco d’Assisi

    Ogni cosaè un dono

    Il pensiero e la spiritualità di Francescorappresentano un’economia eucaristicain cui si passa dalla gratitudine— rallegrandosi innanzituttodell’amore del donatore —alla gratuitàdal rendimento di grazie alla condivisione

    me tale ricevette l’educazione per conti-nuare l’attività paterna cioè saper leggere,scrivere e far di conto. Anche quandocambiò vita in seguito al fare misericordiacon i lebbrosi tali mores patrum non scom-parvero ma si ritrovano nel suo agire epersino nella sua personalità. Infatti i ter-mini più usati negli scritti dell’Assisiatehanno una matrice mercantile e quindieconomica: bene, restituire, appropriarsi,ricevere e così via. Tale mentalità venneintegrata, più o meno consapevolmente,nella sua scelta evangelica la quale non èdifficile — come a volte si afferma — masemplice. Infatti per frate Francesco ognicosa è un dono che rimanda a un donato-re, il Signore, definito come «il bene pie-no, ogni bene, tutto il bene, vero e som-mo bene»; a chi ne beneficia non resta

    funzione e utilità comunitaria e so-ciale; abbraccia tutto il creato cumtucte le creature, che diventano fra-telli e sorelle; sceglie per sé e per isuoi frati la povertà volontaria co-me segno di libertà dai beni mate-riali, indicando nella bellezza e fe-condità del creato, l’impegno ditutti per la cura della “casa comu-

    disce e puzza. Il capitale è comel’acqua, quando circola è utile albene comune e proprio qui assistia-mo ad un interessante incontro conil modello dell’economia sociale dim e rc a t o .

    La mostra narra una sintesi docu-mentata per mostrare che Francescod’Assisi non aveva della povertàuna visione pauperistica, né tanto-meno una scelta ideologica dettatada una visione utopistica della sto-ria, ma un approccio realistico dellasocietà, offrendo i lemmi di un pa-radigma fondato sull’ecologia inte-grale, che ha al centro il principiodi fraternità, di relazione, di alteri-tà, di gratuità, di dono, di sobrietà,di condivisione, di solidarietà e di“grazia del lavoro”, eseguito concompetenza, collaborazione, dedi-zione e devozione (Regola bollata,1223, capitolo V). Il fil rouge che le-ga il pensiero della mostra è il pa-radigma della fraternità, parentepovero della libertà e dell’ugua-glianza, che invece hanno segnatoprofondamente la storia politica deipopoli. Oggi c’è estremo bisognoche essa sia messa al centrodell’esperienza umana, non solo co-me valore esistenziale, ma anche co-me principio politico, economico eculturale.

    «Al di là del Mekong. Lettere dalla Cambogia» di don Alberto Caccaro

    Un confronto onesto con la vita e con la mortedi SI LV I A GUSMANO

    «O spedali escuole sonoambiti pernoi inaggi-rabili, dob-biamo essere lì. Sono luoghi cheportano le nostre storie a intrec-ciarsi. E si evangelizza solo se si hauna storia insieme», scrive don Al-berto Caccaro chiudendo Al di làdel Mekong. Lettere dalla Cambogia(Milano, Fondazione Pime 2020,pagine 176, euro 10). «Il nostroDio — prosegue il sacerdote classe1968 — quello di Abramo, Isacco eGiacobbe, quello di Gesù, è unDio di storia, di legami, di allean-

    ze. Di passione reciproca. Di presain carico. Anche senza soluzione,ma con passione. Perché c’è salvez-za solo dentro una storia insieme».

    Ed è una parte piccola ma signi-ficativa di questa “storia insieme”quella che emerge dal suo secondolibro di lettere dal Paese asiatico.Missionario del Pime in Cambogiaed ex direttore del Centro missio-nario del capoluogo lombardo, pa-dre Caccaro è stato ordinato preteventicinque anni fa e dopo unquinquennio di attività pastorale aMilano nel 2011 arriva in Cambo-gia. Oggi vive il suo ministero nel-la prefettura apostolica di Kom-pong Cham, occupandosi di edu-cazione.

    Se già con Cento specie di amori(Lindau 2012) il sacerdote avevaraccontato, attraverso lettere e arti-coli, il decennio 2001-2011 trascorsonel Paese, i testi di questo nuovolibro sono forse ancora più interes-santi.

    Il senso di Al di là del Mekong èben colto da Silvano Petrosino,che ne firma l’introduzione. «Ciòche queste pagine offrono a chi haorecchi per intendere e occhi perguardare — scrive il filosofo dellaCattolica — è molto di più diun’analisi puntuale di determinatesituazioni geografiche o di un’ac-curata interpretazione di certi feno-meni sociali, rivelando piuttostol’abitare di un uomo di fede nellacarne del mondo. E ciò non misembra affatto poco, visto che so-no ancora molti coloro che sonofermamente convinti che la fede,qualsiasi fede religiosa, non riescaa frequentare altro che i “re t ro -mondi” affollati, nella migliore del-le ipotesi, da pie illusioni e buonisentimenti».

    Colpisce di queste lettere (origi-nariamente raccolte nel blog di pa-dre Caccaro) la forza e l’intensitàdi ciò che comunicano, un’esp e-rienza che «sarebbe certamente ri-masta nell’ombra — scrive ancoraSilvano Petrosino — senza certe pa-role, senza un certo modo di scri-vere e raccontare». Un modo diraccontare che pone questioni checi interpellano. Perché non vi è so-lo la cronaca di ciò che don Cacca-ro vive, non ci sono solo gli incon-tri, i dolori e le gioie delle personecon cui procede nel cammino; cisono anche riflessioni, spunti, me-ditazioni sul senso della sofferenzae della fede. Su amore, amicizia,confronto e ascolto in un dialogoche accoglie le parole di donGnocchi e don Milani, Ada Negri,Pèguy, Bernanos, Carron, padreTuroldo, Etty Hillesum, Flannery

    O’Connor, Chandra Livia Candia-ni, Mariangela Gualtieri e PapaFrancesco. Un coro ampio, e ric-chissimo.

    «Quante volte avrei voluto tor-nare indietro — confessa a venticin-que anni dall’ordinazione sacerdo-tale — riavvolgere il nastro dellamia vita missionaria, riscriverla dinuovo. Quante volte mi sono mes-so alla ricerca di quel tempo per-duto. Quante volte il senso di col-pa mi ha messo fretta e solo l’esp e-rienza della fede mi ha spinto acercare una porta che fosse per meun accesso pieno al mondo di Dioche è Misericordia. Una misericor-dia che mi fa amare la vita».

    C’è la ricerca continua dell’In-contro, in queste lettere. C’è il con-fronto onesto con la vita e con lamorte («come parti di una stessa

    Nelle missive l’a u t o re ,missionario nel Paese asiatico,alimenta la ricerca dell’I n c o n t roin cui si manifestanoil bisogno e la speranzadi avvicinarsi al Mistero di Dioe dell’uomo

    avventura nuziale corrisponde aquanto la Scrittura lascia presagi-re»), c’è il bisogno e la speranza diavvicinarsi al Mistero di Dio. Edell’uomo.

    In chiusura del libro, irrompe ilcoronavirus. Prima come eco lonta-na, poi come presenza, con tuttociò che esso comporta anche intermini di chiusure e gravi proble-mi economici. Soprattutto per iPaesi e le persone più in difficoltà.

    Luca Giordano, «San Francesco» (XVII Secolo)

    Allegoria della povertà e, sopra, Francesco che dona un mantello a un povero (Basilica di Assisi)

    Particolare della copertina del libro

    I protomartiri furono testimonidi quell’approccio evangelicocon tutti i benicompresa la propria esistenza,grazie al quale la gioia di essere amatidiventa capacità di amare

    nando da Lisbona che a Coimbravedendo i primi cinque frati Mi-nori martirizzati decise di diven-tare francescano assumendo il no-me di Antonio. Proprio i martirisono testimoni con la vita diquell’economia evangelica di frateFrancesco che ha saputo stupire emotivare lungo i secoli scelte eco-nomiche alternative a quelle diun mercato del puro profitto.

    Parlare di economiae francescanesimopuò apparire un paradossoma non lo èperché Francescoera un mercante

    ne”, con uno stile di vita impronta-to alla responsabilità. Fraternizzasia con il Papa che con il Sultano,sia con la gente povera e umile siacon i nobili e i ricchi; respira la fe-sta della libertà creativa del volto diDio e del volto dell’uomo che loaiutano a non chiudersi in sé stesso,ma ad aprirsi agli altri.

    Nel capitolo 23 della Regola nonbollata (1221) c’è un testo essenzialenel quale Francesco mette sullostesso piano tutti i gruppi del suotempo senza preoccuparsi se sianosocialmente privilegiati o esclusi, fa-voriti o sfavoriti socialmente. La di-namica della nostra società crea ine-vitabilmente il nemico necessario,che bisogna eliminare come ostaco-lo. Francesco si colloca molto oltrele differenze antagoniste e rivali perincontrare l’essenziale dell’uomo e isuoi problemi. Per questo fu unprofeta della pace, dell’armonia edella fraternità.

    Francesco d’Assisi, scegliendoper sé e per i suoi frati la povertàvolontaria come segno di libertàdalle cose materiali, distante dalladeriva utopistica, ridette senso e di-rezione ad una società bloccata,dando risposte alle due questionipiù delicate e intrecciate: la povertàe lo sviluppo. Toccherà proprio aifrancescani del XIII-XV secolo inter-

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 30 settembre 2020

    Per una politica dell’umanoGiorgio La Pira, l’Europa e il Mediterraneo

    Pubblichiamo il testo dell’intervento pronunciatogiovedì 24 settembre dal cardinale presidentedella Conferenza episcopale italiana all’Am b a -sciata d’Italia presso la Santa Sede, in occasio-ne del convegno «Giorgio La Pira: diplomazia,politica e pace nel Mediterraneo».

    di GUA LT I E R O BASSETTI

    Carissimi amici e amiche, come sapete,dopo due anni di preparazione, loscorso mese di febbraio, a Bari, si èsvolto l’incontro «Mediterraneo frontiera dipace». Un incontro di riflessione e spirituali-tà a cui hanno partecipato i vescovi cattolicidei paesi che si affacciano sul Mediterraneoe che appartengono a ben tre diversi conti-nenti: Asia, Africa ed Europa. Non è statoun grande convegno scientifico-culturale enon è neanche stata una conferenza in cui sisono sperimentate nuove forme di dialogointerreligioso. Si è trattato, invece, di qual-cosa di diverso e di speciale, per moltiaspetti unico, che racchiude sicuramente an-che quegli aspetti culturali e religiosi che hoprima richiamato, ma che ha messo al centroil nostro modo più autentico di vivere e diessere Chiesa. Prima di tutto, è stato un in-contro di vescovi, ovvero dei padri della fe-de, dei pastori del gregge. Un incontro divescovi che hanno a cuore il Mediterraneoconcreto e non un sogno di Mediterraneo.Vescovi che, in altre parole, rispecchianoquella Chiesa mediterranea che rappresentail cuore pulsante della storia primigenia delcristianesimo. In secondo luogo, è stato unincontro basato sull’ascolto e sul discerni-mento comunitario che ha permesso di valo-rizzare appieno il metodo sinodale e ha ini-ziato a tracciare un primo piccolo tratto distrada verso la promozione di una culturadel dialogo e verso la costruzione della pacein Europa e in tutto il bacino del Mediterra-neo.

    Se dovessi scegliere tre parole per sintetiz-zare quell’incontro sceglierei vescovi, sinodali-tà e concretezza. Ma per capire ancora me-glio l’importanza di quest’evento — oserei di-re l’importanza storica e non contingente —occorre far riferimento ad altre tre categoriedi fondamentale rilevanza: la profezia, la crisie la pace. Su queste tre categorie è necessariosoffermarsi un po’ di più. È necessario partiredalla profezia. Oggi il Mediterraneo è diven-tata un’area geografica sempre più drammati-camente all’attenzione dell’opinione pubblica:è sufficiente far riferimento alle cronache cheinvestono paesi come la Siria, la Libia o il Li-bano — le cui ferite sono ancora sotto gli oc-chi di tutti — oppure a fenomeni come i mi-granti del mare, per cogliere immediatamentela centralità sociale e politica di questa regio-ne. Eppure questo incontro aveva le sue radi-ci spirituali e teologiche in una storia ben piùantica, che precede e anticipa i fatti recenti e,in un certo senso, li racchiude tutti all’internodi una visione profetica che ha attraversatotutto il XX secolo.

    Nel lontano 3 ottobre 1958, il sindaco diFirenze, Giorgio La Pira, che non era unpolitico tout court, ma un mistico prestatoalla politica, inaugurò a Firenze i «Colloquimediterranei» con lo scopo ambizioso, comedisse nel suo discorso iniziale, di «cooperarealla costruzione della pace nel Mediterraneoe nel mondo». Non si trattava soltanto diuna visione geopolitica e non era neanchel’utopia irenica di un ingenuo sognatore, maera qualcosa di molto più profondo. Si trat-tava infatti di una visione profetica che ve-deva il Mediterraneo come il mare della “tri-plice famiglia di Abramo” oppure, metafori-camente, come il “grande lago di Tiberiade”.Un mare che ha generato cultura, commercie che, attraverso il quale, si è trasmesso ilcristianesimo. Il Mediterraneo, affermava LaPira, è «un universo delle nazioni illuminatoda Cristo e dalla Chiesa».

    Il Mediterraneo è stato, dunque, un luogodi incontro, di comunicazione e non solo unconfine. Senza dubbio un mare dall’«irridu-cibile complessità», come lo ha definito lostorico Andrea Riccardi, che ha visto unastoria segnata da conflitti ma che, allo stessotempo, ha una vocazione altissima: un mareche unisce e non divide. Lo sapeva beneGiorgio La Pira che, essendo cresciuto in Si-cilia e abituato da sempre a contemplare ilmar Mediterraneo, elaborò un’immagine chesvilupperà lungo tutta la sua vita: la cosid-detta “storiografia del profondo”. La «storio-grafia del profondo» evoca l’idea di una sto-ria «messianica» con cui La Pira descrive «ilmovimento teleologico della storia sotto laferma e immutabile guida di Dio e il soffiotrasformatore dello Spirito». È un’immagineche il sindaco di Firenze elabora propriodall’osservazione del mar Mediterraneo:«Sotto le tempeste della superficie, temibiliper le singole barche — scrive PiersandroVanzan — le immote profondità marine inca-nalano, senza deviazione possibile, correntiimpetuose e sorreggono immobili l’alternarsidelle maree».

    In questo equilibrio cosmico e in questavisione profetica, La Pira sviluppa la sua vi-sione sul Mediterraneo. Una visione di in-contro fra le tre religioni di Abramo ma an-che e soprattutto una visione di pace. Doposecoli di “scontri” il Mediterraneo può di-ventare, se lo vogliamo, e se ci mettiamo inuna prospettiva di ascolto dei “segni deitempi”, un luogo di pace. La visione profeti-ca di La Pira, pertanto, ha un’origine lonta-

    na — si colloca nella grande stagione prepa-ratoria del concilio Vaticano II — ma interro-ga profondamente il Mediterraneo attualeche, non lo dimentichiamo mai, è un mareche abbraccia tre grandi regioni geografiche(e tre continenti) percorse da profonde crisiso cio-p olitiche.

    Nel continente europeo assistiamo, infatti,a una fase di stagnazione politica ed econo-mica che si combina, drammaticamente, conl’emergere di un diffuso rancore sociale eun’opinione pubblica sempre più impauritaverso i forestieri. Nel Nord Africa e nel Me-dio Oriente, invece, la stagnazione è sostitui-ta dall’instabilità politica che si combina conlo sviluppo di guerre intestine, morti inno-centi e nuove schiavitù. Tre regioni geografi-che e tre continenti fortemente interconnessitra loro. Oggi, è bene sottolinearlo, parlaredella Siria o del Libano, della Libia o dellaTurchia, non significa far riferimento solo alMedio Oriente ma significa parlare anchedell’Europa e dell’Africa. In altre parole, si-gnifica parlare del mondo intero, scegliendocome angolo prospettico il Mediterraneo.Ovvero, un crocevia straordinario di popoli eculture da sempre rischiarato dalla fede diAbramo e dalla luce di Cristo. E mi sento diauspicare con forza, anche oggi, mentre avolte si parla di terza guerra mondiale a pez-zetti, che questa fede e questa luce illumininoi cuori dei popoli mediterranei.

    L’aver evocato la paura di una nuovaguerra mondiale — le immagini drammatichedell’esplosione al porto di Beirut hanno ri-chiamato nella mente di ognuno di noiun’esplosione nucleare — introduce immedia-tamente la seconda categoria a cui avevo fat-to riferimento all’inizio: la crisi, o meglio, lecrisi. La gravità delle crisi che attraversanol’area mediterranea rimanda, innanzitutto, auno squilibrio economico che troppo spessomoltiplica le diseguaglianze e alimenta divi-sioni e odi sociali. È importante citare alcunidati: i 500 milioni di persone che popolanoil Mediterraneo rappresentano il 17 per centodella popolazione mondiale e produconocirca il 10 per cento del prodotto interno lor-do mondiale. Le disuguaglianze economicheche esistono però tra le due sponde del Me-diterraneo sono enormi. Non dobbiamo cer-to imboccare la strada del rivendicazionismosociale, ma occorre ricordare quello che am-moniva tanti anni fa Paolo VI: «Lo sviluppoè il nuovo nome della pace». Uno sviluppoche però non potrà mai essere armonico edequo se continuano a sopravvivere visioniparticolaristiche ed egoistiche.

    La seconda crisi a cui voglio far riferimen-to rimanda inoltre a un’atavica frammenta-zione politica e all’assenza di una visioneunitaria della regione. Una divisione e unalacuna che producono una mancanza di sta-bilità nella sponda sud del Mediterraneo edi conseguenza anche una mancanza di sicu-rezza nella sponda nord. Un’instabilità chesi riverbera in una conflittualità latente edesplicita e quindi nell’assenza di pace. Non èpossibile sostenere che i conflitti in Libia oin Siria non ci riguardano. Si tratta di un er-rore clamoroso e dalle conseguenze poten-zialmente catastrofiche. Il Mediterraneo rap-presenta la culla di una civiltà in cui il cri-stianesimo è senza dubbio tra i soci fondato-ri. Per questo motivo, come Chiesa mediter-ranea abbiamo il dovere morale di impe-gnarci per promuovere luoghi di incontro edi pace facendoci promotori del dialogo reli-gioso e culturale che rappresenta, poi, unaprecondizione decisiva del dialogo politicotra le nazioni e della costruzione della pace.

    La crisi del Mediterraneo è poi la crisi deimigranti che si consuma nel silenzio assor-dante di un’opinione pubblica che sembraaver fatta propria quella globalizzazionedell’indifferenza denunciata più volte daFrancesco. L’ultimo rapporto dell’O rganiz-zazione internazionale per le migrazioni ciinforma che, anche se diminuiscono le mortiin mare, il rischio delle traversate rimane al-tissimo. Nel 2019 i migranti, arrivati in Euro-pa via mare, sono stati più di 110.000 e peril sesto anno consecutivo la cifra ha superato

    quota centomila. I migranti morti ufficial-mente (ma il conteggio rischia di essere benpiù alto) è di 1.283. Questa crisi migratoriadiventa poi una crisi dei diritti umani: inparticolar modo, nei campi e nelle prigioniin Libia, nei campi profughi di Turchia, nel-le isole greche come Lesbo. Anche per que-sto motivo, la situazione migratoria non puòessere letta solo alla luce della mancanza disviluppo e della instabilità ma deve essereinserita, invece, in un processo epocale cheva governato con carità e responsabilità. Unprocesso alla cui base si colloca la difesadell’incalpestabile dignità della personaumana. Come cristiani non possiamo tacerequando una vita, foss’anche una sola vita,viene uccisa o rischia di essere cancellata.

    L’elenco delle crisi potrebbe essere moltopiù lungo e complesso. Senza dubbio, fra ipaesi del Mediterraneo le contraddizioniemergono con forza. Perché in questa regio-ne oggi è ancora ben visibile la frontiera frail mondo dell’opulenza e quello della mise-ria, tra quello dell’esclusione e quello dell’in-clusione, tra i produttori e gli scarti. Ma invirtù dell’eredità conciliare e dello sguardoprofetico a cui facevo prima riferimento, icristiani possono essere un seme di profondocambiamento delle prospettive storiche. Inparticolar modo, come cristiani che abitanocon fiducia i cammini ecumenici siamo chia-mati a contribuire a costruire l’unità nelledifferenze e ad essere un vaccino contro ognitentazione di scontro di civiltà o di utilizzo

    ideologico dell’identità religiosa per dividereo alzare muri.

    Mai come oggi, pertanto, c’è un enormebisogno di pace. Che come sappiamo non èsoltanto assenza di guerra ma impegno inde-fesso a promuovere la dignità della personaumana. Pace nei nostri cuori, indubbiamen-te, ma anche pace per tutti quegli uomini,donne e bambini che trovano la morte neiconflitti del Mediterraneo e pace per tuttequelle famiglie che in questi paesi, in parti-colar modo in Siria, hanno perso tutto: gliaffetti, la casa, la vita. Papa Francesco a Ba-ri, nel 2018, ha detto che «la speranza ha ilvolto dei bambini». E ha poi aggiunto: «InMedio Oriente, da anni, un numero spaven-toso di piccoli piange morti violente in fami-glia e vede insidiata la terra natia, spessocon l’unica prospettiva di dover fuggire».Questa è senza dubbio “la morte della spe-ranza”. Per opporsi concretamente a questeatrocità bisogna aprire, come ha detto Fran-cesco, dei «sentieri di pace» dove si possavolgere «lo sguardo a chi supplica di convi-vere fraternamente con gli altri». L’i n c o n t rodi Bari del febbraio 2020 promosso dallaChiesa italiana ha voluto essere proprio que-sto: il cantiere di un sentiero di pace, il luo-go di costruzione concreta di un cammino dicoesione sociale, di incontro tra le persone edi dialogo tra uomini e donne. Una paceconcreta, vera, autentica che parta da quellavisione dell’uomo che la tradizione abramiti-ca ci ha lasciato in eredità. «Chi è l’uomo e

    perché te ne curi?», si chiede il salmista. Ec-co questo non è solo un interrogativo ma èun orizzonte di fede che si trasforma in unimperativo di vita che deve prendere formaquotidianamente nel nostro vissuto.

    La pace non può essere derubricata sol-tanto a parola affettu