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Valore aggiunto INSERTO DI POLIZIAMODERNA - marzo 2010 mensile ufficiale della polizia di stato La divisa, le donne la vogliono di più................................................... ............................................................................................................................................... II Scalando la carriera ........................................................................................ ..............................................................................................................................................III Studiose e ambiziose per natura........................................................... ............................................................................................................................................. VI Ogni reparto ha le sue rose ....................................................................... .......................................................................................................................................... VIII Mogli e mamme ................................................................................................ ............................................................................................................................................XII La provincia con più gonne ....................................................................... ......................................................................................................................................... XIV Le donne della Polizia di Stato di Annalisa Bucchieri con la collaborazione della Direzione centrale per le risorse umane SOMMARIO

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I N S E R T O D I POLIZIAMODERNA - m a r z o 2 0 1 0

m e n s i l e u f f i c i a l e d e l l a p o l i z i a d i s t a t o

La divisa, le donne la vogliono di più................................................... ............................................................................................................................................... IIScalando la carriera ........................................................................................ ..............................................................................................................................................IIIStudiose e ambiziose per natura ........................................................... .............................................................................................................................................VIOgni reparto ha le sue rose ....................................................................... .......................................................................................................................................... VIIIMogli e mamme ................................................................................................ ............................................................................................................................................XIILa provincia con più gonne ....................................................................... ......................................................................................................................................... XIV

Le donne della Polizia di Stato

di Annalisa Bucchiericon la collaborazione della Direzione centrale per le risorse umane

SOMMARIO

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Mezzo secolo fa il cremisi, il colore istitu-zionale della Polizia di Stato, acquistava una sfumatura rosa: era il 1960 quando le donne iniziarono a vestire la divisa (se-

condo l’apertura al loro ingresso prevista dalla legge 1083 del 7 dicembre 1959). Cinquant’anni sono un ar-co temporale che chiama al bilancio. E Poliziamoder-na non si è sottratta al compito. Chi sono e cosa fanno oggi le signore con il distintivo? Per capirlo abbiamo interrogato i numeri, strumenti di presa diretta e og-gettiva della realtà, condizione di luce necessaria per fotografare il gruppo del gentil sesso in divisa.

La divisa, le donne la vogliono di piùAumenta esponenzialmente la presenza delle donne in polizia: rispetto a cinque anni fa (12.992) sono cre-sciute di quasi 2mila unità e in vent’anni sono diven-tate oltre il doppio: da 6.791 nel 1990 a 14.862 nel 2010, ovvero 8.071 unità in più (un rafforzamento del 118%). Dato maggiormente significativo se para-gonato a quello degli uomini, aumentati di 5.118 unità – 84mila nel 1990 e 89.118 a gennaio 2010 – un indi-ce di progressione nettamente inferiore a quello del-le colleghe, le quali dimostrano un desiderio superio-

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marzo 2010POLIZIAMODERNAII

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re di vestire la divisa. Rilevante la presenza nei ruoli tecnico-scientifici e professionali di cui rappresen-tano oltre il 30%. Ma anche nei ruoli ordinari, pur co-stituendo solo il 13% della forza complessiva, sono presenti in tutte le specialità e funzioni particolari, persino quelle a “tradizione” maschile.

Scalando la carrieraParagonate ai livelli nazionali occupazionali femmi-nili registrati dall’Istat, secondo i quali il nostro Pae-se è l’ultimo dell’Ue con la più bassa percentuale di donne che lavorano e uno dei Paesi con il maggior tasso di discriminazione – a parità di qualifica e inca-rico, infatti, le italiane guadagnano un quinto in me-no dei colleghi maschi – le garanzie lavorative offer-te dall’Azienda Polizia sono preziose non solo per le pari opportunità di accesso iniziale al posto in divisa ma anche per le condizioni ugualitarie di trattamen-to economico e di avanzamento di carriera. Da sfata-re perciò il luogo comune che la scalata ai ruoli supe-

Distribuzione per ruolo ordinario/tecnico

Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

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Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

CINQUANT’ANNI DI POLIZIA “AL FEMMINILE”

Il Corpo di polizia fem-

minile, istituito in se-

no all’Amministrazione

della pubblica sicurez-

za, per il miglior esple-

tamento dei propri

compiti d’istituto, na-

sce a seguito della leg-

ge n. 1083 del 7 dicem-

bre del 1959. È un cor-

po civile, con compe-

tenze limitate per ma-

teria ed alle esclusive

dipendenze del mini-

stero dell’Interno.

Tale Corpo era artico-

lato su due ruoli: uno

direttivo denominato

delle ispettrici di poli-

zia, ed uno di concetto, denominato delle assistenti di polizia.

A tutto il personale venivano applicate, salvo quanto diversa-

mente disposto dalla legge istitutiva, le disposizioni inerenti

gli impiegati civili dello Stato.

Al personale femminile di polizia erano affidate le seguen-

ti attribuzioni:

prevenzione e accertamenti dei reati contro la moralità

pubblica ed il buon costume, la famiglia e l’integrità e sa-

nità della stirpe nonché dei reati in materia di tutela del

lavoro delle donne e dei minori;

indagini ed atti di polizia giudiziaria relativi a reati com-

messi da donne o da minori degli anni 18 o in loro danno;

vigilanza ed assistenza di donne e di minori nei cui con-

fronti siano stati adottati provvedimenti di pubblica sicu-

rezza o di polizia giudiziaria o che siano stati, comunque,

convocati presso gli uffici di pubblica sicurezza;

eventuali compiti di assistenza nei confronti di donne

nonché di minori in stato di abbandono morale e sociale

mediante opportuni collegamenti con autorità ed enti che

tali specifici compiti perseguono.

Il personale era inoltre suddiviso secondo le seguenti quali-

fiche:

per il ruolo delle ispettrici: ispettrice capo; ispettrice di

1^ classe; ispettrice di 2^ classe; ispettrice di 3^ classe;

vice ispettrice;

per il ruolo delle assistenti: assistente superiore di 1^

>

>

>

>

>

>

Donne Uomini

Distribuzione percentuale per ruolo di appartenenza

riori sia preclusa al cosiddetto sesso debole. Come mo-strano i due grafici a torta qui sopra, una ogni 100 donne che entrano in polizia riesce ad arrivare alle cariche più

alte, cioè ai ruoli dirigenziali, e 6 su 100 al ruolo diretti-vo di commissario, mentre un uomo ogni 150 diventa di-rigente e solo l’1,8% prende i gradi da commissario.

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classe; assistente superiore di 2^ classe; assistente di

polizia di 1^ classe; assistente di polizia di 2^ classe; as-

sistente di polizia di 3^ classe.

Per la qualifica di vice ispettrice era previsto l’accesso al pe-

riodo in prova mediante concorso pubblico per esami al quale

potevano partecipare coloro che erano in possesso della cit-

tadinanza italiana, di età compresa tra i 24 e i 32 anni1, di lau-

rea in giurisprudenza o scienze politiche, che tenevano una

buona condotta nonché appartenenti a famiglia che godeva

di ottima reputazione, possesso dell’idoneità psico-fisica al

servizio di istituto, stato di nubile o vedova. Le stesse moda-

lità di accesso erano previste per il ruolo delle assistenti, con

l’unica variante per il titolo di studio in quanto per quest’ul-

timo ruolo era sufficiente il diploma di istituto di istruzione

secondaria di 2° grado.

“Nell’esercizio delle loro funzioni e nei limiti delle loro attri-

buzioni, le ispettrici di polizia sono ufficiali di polizia giudizia-

ria ed hanno la qualifica di ufficiale di pubblica sicurezza. Le

assistenti di polizia sono ufficiali di polizia giudiziaria ed han-

1. Come previsto dal 1° comma dell’art. 19 della l. 1083/59, per la prima attuazione della presente legge, nei due anni successivi alla sua pubblicazione il limite massimo di età stabilito per l’ar-ruolamento viene aumentato di anni 5.

no la qualifica di agente di pubblica sicurezza”.2

Le vice ispettrici in prova e le assistenti di 3^ classe in prova,

dopo aver conseguito la nomina, venivano assegnate ad un

istituto di istruzione di polizia per la frequenza di un corso di

formazione della durata non inferiore a quattro mesi.

Per contrarre matrimonio le ispettrici e le assistenti neces-

sitavano dell’autorizzazione del ministero dell’Interno subor-

dinata ai requisiti di moralità dello sposo e della sua famiglia,

2. Così come recita il comma 2 dell’art. 7 della legge 1083/59.

Distribuzione per fascia di età

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se contraevano matrimonio senza la necessaria autorizzazio-

ne decadevano dall’incarico.

Le ispettrici e le assistenti di polizia possedevano una unifor-

me di servizio, le cui caratteristiche e modalità per l’uso erano

stabilite dal regolamento. La prima divisa era a carico dell’am-

ministrazione, significando che le successive uniformi erano a

carico delle dipendenti, a differenza di quanto accade invece

oggi. Il personale del Corpo di polizia femminile veniva collo-

cato a riposo al compimento del sessantesimo anno di età. Co-

loro che presentavano le dimissioni avevano comunque diritto

alla pensione qualora avessero raggiunto i 15 anni di servizio

e i 55 di età, oppure qualunque età al raggiungimento dei ven-

ti anni di servizio effettivo. Tutti i benefici concessi alla forza

pubblica riguardanti l’uso dei trasporti pubblici comunali veni-

vano estesi anche alle ispettrici ed alle assistenti.

Il personale femminile dell’Amministrazione militare

anglo-americana del territorio di Trieste

A differenza del territorio italiano, dove l’entrata delle donne

nei Corpi di polizia, nonché in molti altri settori della pubblica

amministrazione e della magistratura, era vietata dalla legge

e soprattutto estranea a quella che era allora la mentalità co-

mune, nel Territorio libero di Trieste, sotto l’amministrazione

militare anglo-americana, le donne, per la differente legislazio-

ne nonché per la differente cultura sociale, avevano invece già

da anni la possibilità di far parte della polizia civile.

Le appartenenti a tale corpo, chiamate “triestine”, venivano

pertanto ammesse nelle forze dell’ordine a parità di trattamen-

to economico e di stato giuridico con il personale maschile.

Le stesse, una volta transitate alle dipendenze del commis-

sario generale del Governo per il Territorio di Trieste, furono

impiegate esclusivamente con mansioni amministrative e nel

1960, quando ne ebbero la possibilità, alcune di loro, circa una

ventina, a richiesta confluirono nell’appena costituitosi Corpo

di polizia femminile.

All’art. 14 della legge 1083/59 si prevede che il personale fem-

minile di polizia alle dipendenze dell’Amministrazione mili-

tare anglo-americana del Territorio di Trieste, può a doman-

da da presentarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della

summenzionata legge, chiedere di essere inquadrato nei ruoli

rispettivamente delle assistenti e delle ispettrici, previo pos-

sesso dei previsti titoli di studio.

Le stesse entravano nell’amministrazione italiana con il grado

immediatamente inferiore a quello già posseduto preceden-

temente, con il criterio della precedenza per chi possedeva il

titolo di studio più elevato e, a parità, per chi aveva più anzia-

nità nel grado ricoperto.

Studiose e ambiziose per naturaComplice del posizionamento tra i ruoli dirigenziali e di-rettivi è la migliore preparazione di base che riconferma le donne “studiose per natura”. I titoli accademici nonché dottorati e master post laurea in rosa (il 22,7% delle donne è in possesso di lauree e specializzazioni suc-cessive) sono nettamente superiori a quelli in possesso dei colleghi (vedi grafici p.VII). Anche perché in generale l’ingresso in polizia delle donne, concentrate sul curri-culum scolastico, avviene più tardi nella vita rispetto ai giovani maschi, che fino al 2005 (quando il servizio nell’esercito è diventato volontario) potevano compiere direttamente il servizio di leva come ausiliario in polizia e successivamente essere inglobati nell’amministrazio-ne già al compimento del diciottesimo anno. Lo ribadi-scono le percentuali delle ventenni molto scarse (l’1%) a confronto dei ventenni (10%), mentre successivamente i dati si livellano, le generazioni di 30enni e 40enni sono dominanti per entrambi i sessi (vedi grafico p.V).

Cifre alla mano, le donne dimostrano tenacia e com-petenza adeguata per avanzare professionalmente quanto gli uomini, anzi di più “in proporzione”. Attualmen-

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marzo 2010POLIZIAMODERNAVI

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Potevano riscattare, ai fini pensionistici, gli anni prestati nel-

la precedente amministrazione e, se ammesse, venivano asse-

gnate ad un istituto di istruzione di polizia per la frequenza di un

corso professionale della durata non inferiore a quattro mesi.

La via per la parità

Con la legge istitutiva del Corpo di polizia femminile, si ravvisa

il chiaro intento del legislatore di non voler affidare alle don-

ne gli stessi compiti già attribuiti al personale maschile, come

era avvenuto per il governo alleato, né quello di affidare loro

esclusivamente compiti di supporto amministrativo-logistico,

come avevano fatto alcuni governi stranieri introducendo la fi-

gura della “ausiliarie”.

Si pensò così che la migliore soluzione fosse quella di inserire

all’interno degli uffici di polizia un nucleo ristretto di persona-

le femminile, ad ordinamento civile, che, con particolare qua-

lificazione, accertando alcune tipologie di reati, riuscisse ad

evidenziare situazioni di disagio personale, familiare, a volte

anche sociale, relativi al sesso femminile o a minorenni, nello

specifico ogni tipo di reato commesso da donne o minori o in

danno di donne o minori, e tentare di porvi rimedio.

Per la delicatezza, nonché anche per le poche e specifiche fun-

zioni ad esse affidate, per entrare in tale corpo, alle aspiran-

ti veniva chiesto un adeguato titolo di studio. Il corpo si com-

poneva quindi di un ruolo direttivo, le ispettrici, e di un ruolo

di concetto, le assistenti, ed era però privo di ruolo esecutivo,

mancando in esso il ruolo degli agenti.

Pertanto le ispettrici e le assistenti per assolvere a pieno ai loro

compiti venivano solitamente affiancate da personale maschi-

le, facente parte del ruolo degli assistenti/agenti del Corpo delle

guardie di ps, che prestava loro ausilio durante le pattuglie per la

Donne Uomini

Distribuzione percentuale per titolo di studio

Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

marzo 2010 POLIZIAMODERNA VII

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prevenzione o la repressione dei reati di cui le stesse do-

vevano occuparsi e per le attività connesse al servizio svolto.

Il Corpo di polizia femminile era composto da personale civi-

le, ma aveva ordinamento militare in quanto le dipendenti era-

no obbligate ad indossare la divisa nonché a portare la pistola

d’ordinanza. Nella pratica però alcune di esse, soprattutto per

la delicatezza dei compiti svolti, prestavano servizio sovente

in abiti civili, soprattutto nel trattamento con i minori per far

sì che gli stessi, nel denunciare reati per i quali avevano già su-

bito una violenza sia fisica che psicologica, trovassero in loro

delle figure più familiari che istituzionali. Tale Corpo fornì un

alto contributo professionale alle questure, dimostrando di

essere tecnicamente preparato a percepire con maggiore sen-

sibilità psicologica i reati subiti o consumati dai minori o dalla

popolazione femminile, espletando funzioni costanti di osser-

vazione e prevenzione di fenomeni particolari, quali: l’accatto-

naggio minorile, l’abbandono della formazione scolastica ob-

bligatoria, lo sfruttamento della prostituzione.

Il servizio da esse svolto era spesso sottovalutato, in quanto

riguardava più gli interventi di prevenzione che non di repres-

sione dei reati, ma era particolarmente impegnativo soprat-

tutto quando, trattando i reati connessi alla prostituzione, si

aveva a che fare con gli sfruttatori.

Ogni reparto ha le sue roseLe signore si sono fatte largo nelle Squadre mobi-li non solo attestandosi a capo delle sezioni mino-ri in quasi tutta Italia, favorite dalla loro sensibilità materna e abilità psicologica, ma dimostrando an-che un fiuto tutto femminile nelle indagini comples-se e nelle violenze sessuali. Ormai territori esclusi-vi dei colleghi uomini non esistono più, eccezion fat-ta per il Nocs (il Nucleo centrale operativo speciale). Ha ceduto persino quello che veniva considerato un baluardo: tra i reparti mobili preposti all’ordine pub-blico, un tipo di attività tradizionalmente maschile, si annoverano 18 donne ai ruoli direttivi, e addirittu-ra lo psicologo Vittorino Andreoli ne consiglia l’utiliz-zo anche in fase operativa per le spiccate abilità co-municative e la propensione a smorzare gli accenti di aggressività nel confronto tra parti avverse. Rela-tivamente simile a quella degli uomini la distribuzio-ne tra le quattro specialità: Stradale, Ferroviaria, Po-stale, Frontiera. Numerose signore girano in moto-cicletta, calzando gli stivaloni della Stradale, o usa-no il gimper per i controlli in stazione, non tirandosi

te vi sono due questori “in rosa”, a Teramo e a Grosse-to, rispettivamente Amalia Di Ruocco (già questore di Rovigo) e Maria Rosaria Maiorino (12 anni passati a ca-po della Squadra mobile di Cagliari). Tempi forse non ancora maturi, per questioni di anzianità di servizio, per la nomina di un direttore generale del Dipartimen-to della pubblica sicurezza donna. Di certo, però, la pre-senza femminile si rileva in settori altamente tecnici e operativi così come in posti di comando e di carattere spiccatamente investigativo. Più di un terzo della for-za complessiva femminile (34%) risulta, infatti, in forza presso le quattro specialità Stradale, Ferrovia-ria, Frontiera, Postale e i Reparti speciali (le Volanti, il Settore aereo, la Digos, i Cinofili eccetera).

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marzo 2010POLIZIAMODERNAVIII

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Queste donne svolgevano quello che era il vero compito del-

la prevenzione con l’assistenza alle vittime di reati, permetten-

do loro di parlare e di sfogarsi e di confessare problemi comun-

que risolvibili, ma che, sembrando insormontabili, potevano sfo-

ciare nel compimento di reati. Molte delle ispettrici ed assisten-

ti seppero comunque dimostrare la loro capacità e competen-

za al punto di arrivare a collaborare senza problemi con il perso-

nale maschile, che in alcune sedi di servizio le riteneva ormai in-

dispensabili.

Ciononostante, già a pochi anni dalla sua entrata in vigore,

a dispetto di quanto previsto e voluto dal legislatore, buona

parte del personale di cui era costituito il Corpo di polizia fem-

Distribuzione per specialità/ufficio di appartenenza delle donne della Polizia di Stato

Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

* Vettovagliamento, equipaggiamento, casermaggio e armamento

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>>> minile venne impiegato in attività burocratiche o in funzioni sì

indispensabili ma non di loro competenza, quali la custodia e

l’accompagnamento di donne o minori trattenuti, compiti nor-

malmente attribuiti ad agenti di sesso maschile.

Più rilevante fu l’attività che il Corpo di polizia femminile svol-

se su richiesta ed a fianco della magistratura minorile che me-

glio seppe apprezzare l’opportunità di utilizzare personale che

possedeva tanto i mezzi, i poteri, la mobilità e la continuità di

servizio delle tradizionali forze di polizia, quanto una cultura,

una specifica preparazione e una maggiore sensibilità.

La polizia femminile non si sottrasse neanche ai compiti di più

immediata assistenza alle popolazioni afflitte da gravi calami-

tà naturali, contribuendo direttamente alle opere di soccorso,

come dimostrato nell’intervento da esse effettuato nella valle

del Belice a seguito del terremoto del 14 gennaio 1968, quando

vennero lì inviate numerose ispettrici ed assistenti impegnate

per mesi nel soccorso delle popolazioni colpite e nella gestione

delle tendopoli lì installate. Per tale intervento vennero dati ri-

conoscimenti personali alle dipendenti che operarono in quella

situazione e venne conferita la Medaglia di bronzo al merito ci-

vile al Corpo di polizia femminile. Tra i vari compiti svolti da ta-

le Corpo vi era anche l’assistenza alle famiglie o agli orfani dei

poliziotti ed anche, ove possibile, la gestione di colonie destina-

te a prestare aiuto ai soggetti sopra menzionati, il tutto sempre

in raccordo con il ministero dell’Interno.

Verso la riforma

Negli Anni ’70 la società italiana accelera le sue trasformazio-

ni. Si ebbero modifiche nella legislazione civile e penale. Inizial-

mente alcuni corpi di polizia municipale, successivamente an-

che corpi di vigilanza privata iniziarono a immettere in ruolo

personale femminile, con stato giuridico e mansioni identici a

quelli del personale maschile. In virtù di ciò, all’interno dell’am-

ministrazione della pubblica sicurezza, in vista anche di una ri-

forma globale che veniva già da tempo richiesta, si iniziò a rive-

dere la presenza delle donne nell’amministrazione stessa.

Non si poteva poi omettere quella che era la difficoltà gestio-

nale ed organizzativa del personale di polizia, allora composto

da circa 70mila unità, ove erano presenti ufficiali provenienti

dall’Accademia di polizia, nel cui corso di studi erano previste

materie e schemi organizzativi molto simili a quelle delle for-

ze armate. Tali ufficiali, inquadrati militarmente, si trovavano

poi, per quel che riguardava l’ordine pubblico e l’impiego ordi-

nario di polizia giudiziaria, a dipendere in modo prevalente dal

personale inquadrato nel ruolo civile dei funzionari di pubblica

sicurezza. A questa diarchia di funzioni si andava sommando

la richiesta delle ispettrici di polizia che, svolgendo già man-

indietro per il duro lavoro con i turni in quinta a bor-do delle volanti. Amano stare sul campo. In aria, co-me in acqua. Basti pensare ad una particolare som-mozzatrice, Luisa Cavallo, con abilitazione a scende-re fino ad alte profondità, che al timone del Cnes La Spezia gestisce 140 uomini. Ma può contare anche su un’altra subacquea, manovratice di camera iperbari-ca e fornita di patentino da fotografa navale, e sulle numerose colleghe delle squadre nautiche, motori-ste navali, radariste, comandanti d’imbarcazione: si-gnore padrone del mare, capaci di cavalcare l’acqua-scooter di servizio un’intera stagione per interventi sulle coste e servizi di prossimità. Le 68 donne che sono in forza ai reparti volo sono tutte superspecia-lizzate, maestre alla cloche come all’assistenza pilo-taggio, alla manutenzione meccanica come ai servi-zi di pista, sia abilitate al volo notturno che al pronto intervento aereo. Emotive e irrazionali? Non lo dite alle poliziotte arti-ficieri, operatrici antisabotaggio ed esperte in difesa nucleare batteriologica chimica e radiologica (i cosi-detti gruppi Nbcr): sfoderano uguale freddezza, luci-

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sioni di funzionari direttivi e dirigen-

ti dello Stato, reclamavano compiti di

effettiva direzione gestionale.

Per uniformare quindi l’organizzazio-

ne della pubblica sicurezza, oltre che

alla nuova prospettiva sociale anche

alle polizie europee, si sentì l’esigen-

za di concludere questa nuova fa-

se, già iniziata nel 1979 quando ven-

ne presentato un disegno di legge di

riforma dell’amministrazione della

pubblica sicurezza, emanando la leg-

ge n. 121 del 1° Aprile 1981.

Attraverso tale legge l’autorità nazio-

nale di pubblica sicurezza è affidata al

ministro dell’Interno. La nuova ammi-

nistrazione diventa civile (ma con un

ordinamento speciale) ed è inserita

nel Dipartimento della pubblica sicu-

rezza guidato dal capo della Polizia, di-

rettore generale della ps. In tale nuo-

va amministrazione confluiranno tut-

te le figure già presenti nei disciolti

Corpo delle guardie di pubblica sicu-

rezza e Corpo di polizia femminile.

La riforma, attuata con la legge

121/81, stabilì tra l’altro che persona-

le maschile e femminile avesse pari-

tà di carriera e di mansioni.

Grazie a tale riforma oggi sono co-

muni i concorsi, la formazione inizia-

le e la partecipazione a corsi di spe-

cializzazione o qualificazione, mol-

te donne hanno avuto possibilità di

carriera pari agli uomini, diventan-

do anch’esse questore, dirigente di

commissariato, di istituto di istru-

zione o di sezioni della polizia stra-

dale, pilota d’elicottero, istruttore

di tiro, di tecniche operative o dife-

sa personale.

Roberta Cacalloro

dità oltre che competenza, dei loro colleghi. Forte e incisiva la presenza nelle investigazioni scientifiche, attività ad alto tasso “rosa”, disegnatri-ci di identikit, dattiloscopiste, analiste di laboratorio chimico e biologico, medici legali, psicologhe specia-lizzate nel criminal profiling e nel burn out. Eclettiche e poliedriche compaiono anche in zona “armi e armamenti”: istruttori di tiro (61), tiratrici scelte (3) ed esperte in tiro rapido, nonché addette all’armeria. Ve ne sono più di 250 che hanno scelto il duro addestramento dei servizi scorta e sicurezza

(il ricordo corre subito all’agente Emanuela Loi, uc-cisa nell’attentato al giudice Borsellino), servizi che richiedono una ferrata preparazione fisica. Qualità che non manca di certo alle nostre atlete delle Fiam-me oro, poche ma buone, anzi buonissime: si annove-rano stelle olimpiche, vedi alla voce Valentina Vezza-li, e campionesse europee come la slalomista Chiara Costazza e le giovanissime judoka Lucia Tangorre e Valentina Moscatt, nonché le superatlete nazionali del duathlon, Anna Maria Mazzetti e Daniela Chmet (vedi tabella di riferimento a p. IX).

marzo 2010 POLIZIAMODERNA XI

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Mogli e mammeA fronte di ottimi risultati professionali le signore paga-no lo scotto della mancata realizzazione sentimentale e familiare? A quanto rivelano i numeri non sembrerebbe. Hanno creato una famiglia con i loro compagni di vita, visto che la maggioranza è sposata (52,6%) e che non è possi-bile calcolare nella percentuale delle single (33%) le eventuali convivenze. Percentuali basse di separazioni 8,7% e di divorzi 4,7%, che non si discostano di molto

LE TAPPE LEGISLATIVE

L’ingresso delle donne nella Polizia di Stato è stato scandito da

alcune tappe legislative, che hanno permesso l’istituzione, prima

di un Corpo di polizia femminile, separato dal Corpo delle guar-

die di pubblica sicurezza, ma con esso in stretto rapporto lavora-

tivo, poi la loro unificazione a creare l’attuale assetto organizza-

tivo della Polizia di Stato, nonché l’adeguamento dell’ordinamen-

to dell’amministrazione della ps alle leggi nazionali per quanto ri-

guarda la creazione del Comitato nazionale per le pari opportuni-

tà e leggi riguardanti la tutela delle lavoratrici madri. Eccole.

La legge n. 1083, del 7 dicembre 1959, istituisce il Corpo di

polizia femminile, la cui costituzione era già prevista nella

legge 20 febbraio 1958 n. 75, “Abolizione della regolamen-

tazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento

della prostituzione altrui”, meglio conosciuta come legge

Merlin, che all’art. 12 del capo III (Disposizioni finali e tran-

sitorie) così recita: “È costituito un Corpo speciale femmi-

nile che gradualmente ed entro i limiti consentiti sostituirà

la polizia nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume

e della prevenzione della delinquenza minorile e della pro-

stituzione. Con decreto presidenziale, su proposta del mi-

nistro dell’Interno, ne saranno determinati l’organizzazione

ed il funzionamento”.

Nel 1975 con una circolare del ministro dell’Interno furono co-

stituiti i “comitati di rappresentanza” del personale civile e

militare di polizia, il cui primario compito fu di discutere il da

farsi per dare un diverso status al personale femminile.

La legge n. 903, del 9 dicembre 1977, “Parità di trattamen-

to tra uomini e donne in materia di lavoro”, anche conosciuta

come legge Anselmi, diede uno slancio decisivo alla parità in

quanto con essa fu vietata, in materia di accesso a qualsia-

si lavoro, ogni forma di discriminazione tra i due sessi. Gra-

zie a questa legge, nel 1979, due donne ebbero l’opportuni-

tà di accedere al ruolo dei commissari a parità assoluta con

i colleghi uomini, a seguito di ciò nelle questure, seppur per

breve tempo, si trovarono a convivere due categorie di lau-

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reate, le ispettrici con compiti limitati, e i commissari donna

con piene funzioni di polizia.

La legge n. 121, del 1° Aprile 1981 “Nuovo ordinamento del-

l’amministrazione della pubblica sicurezza”.

È la legge di riforma che ha portato all’attuale assetto del-

la Polizia di Stato. Significativo della parità sin qui analizza-

ta è l’art. 25 (Personale della Polizia di Stato) che al 1° com-

ma così recita: “La Polizia di Stato espleta i servizi di istitu-

to con personale maschile e femminile con parità di attribu-

zioni, di funzioni, di trattamento economico e progressio-

ne di carriera”.

A seguito del dpr n. 395 del 31 Luglio 1995, come previsto

dall’art. 20 (Pari opportunità) nel 1997 il capo della Polizia

istituì un “Comitato nazionale per le pari opportunità”.

Tale comitato, presieduto da un rappresentante dell’am-

ministrazione della pubblica sicurezza, ed in pari numero

da funzionari dell’amministrazione, ha compiti di studio,

di monitoraggio e di proposta finalizzati a creare effettive

condizioni di parità tra il personale.

A livello provinciale, come previsto dall’art. 26 del dpr

395/95, operano poi le “Commissioni per le pari opportuni-

tà nel lavoro e nello sviluppo professionale”, aventi la stes-

sa composizione del Comitato nazionale.

Il Comitato ha lavorato in questi anni sulla base di questio-

nari formulati e consegnati al personale femminile, riguar-

danti le caratteristiche dell’uniforme, per dare rilievo alle

esigenze delle poliziotte anche e soprattutto per quelle che

sono le naturali differenze fisiche rispetto ai colleghi, atti-

nenti inoltre al monitoraggio degli incarichi svolti dalle don-

ne in uffici operativi, nonché se le stesse si sentissero o me-

no in qualche modo discriminate, sia direttamente che indi-

rettamente, attraverso le mansioni loro assegnate.

La legge n. 53 dell’8 marzo 2000 “Disposizioni per il sostegno

della maternità e della paternità per il diritto alla cura e alla

formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”.

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dall’andamento nazionale (vedi grafico p. XIII). In questo sono simili ai loro colleghi e lontane dallo stereotipo let-terario e cinematografico che vede il poliziotto condan-nato ad un’esistenza sregolata e bohemien.

Quasi due terzi, la maggioranza quindi, sono mamme (vedi grafico p. XIV). È un mestiere difficile per le turna-zioni e spesso gli incarichi fuori sede ma non inconcilia-bile con la maternità. Il 37% (5.480 poliziotte) è sen-za figli, il 63% (9.382) ha figli; in quest’ultima percen-tuale prevalgono nel complesso le mamme da due figli in

marzo 2010POLIZIAMODERNAXII

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su, coronando il sogno delle italiane che pur desiderando la seconda culla in casa non si sentono di affrontare un’ul-teriore gravidanza per l’incertezza contrattuale che com-porterebbe una nuova assenza prolungata dal posto di la-voro. Ciò trova conferma nella ricerca della Commissione europea dove si legge che le mamme con lavoro “a tempo indeterminato” fanno più figli.

Certo sarebbero da studiare per le capacità di planning l’agente scelto che presta servizio alla questura di For-lì/Cesena e il collaboratore tecnico capo alla questura di Reggio Emilia, entrambe con 7 figli. Ma non è solo la real-

tà della piccola provincia a permettere una famiglia nume-rosa. A Genova come a Varese e a Catanzaro ci sono su-permamme con 6 figli. Da Milano a Napoli da Treviso a Sa-lerno, a Torino, Trieste e perfino nell’impegnativa Roma vi sono donne in divisa che si devono occupare di ben 5 figli. Sta di fatto che Centro, Nord e Sud d’Italia sono ugualmen-te presenti: la grande famiglia non appare un fondamento della sola cultura meridionale. Sebbene siano il Mezzogior-no e le isole a fornire la maggior parte delle aspiranti poli-ziotte, a seguire il Centro e il Nord (vedi grafico p. XIV), pa-rimenti a quanto accade per i colleghi uomini.

Distribuzione per stato civile

Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

marzo 2010 POLIZIAMODERNA XIII

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Distribuzione per numero dei figli

figli

La provincia con più gonne La provenienza non coincide con la distribuzione geografica della forza rosa (vedi tabella e grafico p. XV). Il Mezzogiorno e le Isole danno i natali al nu-mero più ingente di poliziotte e in maniera inversa-mente proporzionale ne vedono al lavoro sul terri-torio la percentuale minore (29%). Una presenza su-periore, il 34%, si registra al Nord. Mentre è il Cen-tro ad assorbire ben il 37% della componente fem-minile. Naturalmente questa consistenza è dovuta alla presenza a Roma di tutti gli uffici e delle dire-zioni centrali del Dipartimento della pubblica sicu-rezza. Scendendo nel dettaglio del confronto for-za lavoro maschile con forza lavoro fem-minile si scopre che la Liguria possiede due primati. Sia il primato della regione a più alto tasso rosa (19,5% con 3.304 uomini e 802 donne in servizio) che il primato della provincia, La Spezia, do-ve il gentil sesso arriva al 28% del per-sonale complessivo di polizia (155 poli-ziotte e 401 poliziotti). Fanalini di coda, su scala provinciale, Enna (15 poliziotte a fronte di 370 poliziotti, il 3,9%) mentre su scala regionale sono la Valle d’Aosta e la Basilicata, rispettivamente il 7,2% e l’8,5% di presenza femminile (sebbene vada considerato che sono anche le ulti-me due regioni d’Italia per quanto rigur-da il numero di abitanti).

Distribuzione per luogo di nascita

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Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

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marzo 2010POLIZIAMODERNAXIV

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Regione Personale femminile

Piemonte 750

Valle d’Aosta 27

Lombardia 1.265

Veneto 742

Trentino Alto Adige 168

Friuli Venezia Giulia 492

Liguria 802

Emilia Romagna 849

Nord Italia 5.095

Toscana 1.088

Umbria 160

Marche 374

Lazio 3.840

Centro Italia 5.462

Abruzzo 363

Molise 89

Campania 1.160

Puglia 641

Basilicata 65

Calabria 520

Sicilia 1.089

Sardegna 378

Sud Italia e Isole 4.305

Fonte: Dir. cen. ris. umane (gennaio 2010). Elaborazione: D. Palumbo/Poliziamoderna

Distribuzione regionale* per sede di servizio

*per un’interpretazione più esaustiva dei dati occorre considerare il loro rapporto con il numero di abitanti per regione; per il Lazio, inoltre, va tenuto conto della concentrazione degli uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza nella Capitale

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