Insegnam Indiv In Classe

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Come si può tradurre operativamente l'insegnamento individualizzato in classe? Ecco alcune idee...

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INSEGNAMENTO INDIVIDUALIZZATO IN CLASSE Le condizioni che permettono un insegnamento individualizzato in una classe sono diverse e si possono articolare a diversi livelli. Proviamo a vedere in primo luogo le condizioni di cornice che permettono di progettare un intervento educativo-didattico individualizzato:

• Conoscenza delle abilità/disabilità dello studente, delle sue motivazioni e dei suoi punti di forza, e conseguente scelta consapevole di una programmazione per obiettivi minimi o differenziata

• Condivisione della programmazione e degli obiettivi da parte del gruppo di lavoro formato da insegnanti, operatori, tecnici ASL, famiglia

• Scrittura del PEP come documento che sintetizza l’accordo tra i diversi attori e costituisce il punto di riferimento nelle diverse fasi del progetto

• Monitoraggio dell’andamento dell’intervento educativo-didattico nelle sede più appropriata: il gruppo operativo.

All’interno di questa indispensabile cornice istituzionale si può pensare a come attuare un insegnamento individualizzato in classe, ma anche in altri contesti educativi. Una certa ideologia radicale dell’integrazione vuole che tutti i processi educativi-didattici si svolgano in classe, così come,d’altra parte, la prassi prevalente vuole che spesso si formino piccole classi differenziali per i disabili più gravi. Ovviamente le scelte devono variare da caso a caso, ma ritengo che vada sempre presa in

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considerazione una certa alternanza di momenti in diversi contesti educativo-didattici. Quali strategie didattiche possono essere ipotizzate per l’insegnamento individualizzato in classe? Vediamo le diverse possibilità. Quando pensiamo all’insegnamento in classe pensiamo innanzitutto alle lezioni frontali nelle diverse discipline. In questo caso la domanda è come possono essere adattati i contenuti della lezione frontale? Ovviamente la risposta cambia se siamo di fronte ad una programmazione per obiettivi minimi o ad una programmazione per obiettivi differenziati. Nel primo caso può essere utile predisporre uno schema della lezione nel quale i contenuti vengono proposti tramite parole chiave e mappe concettuali. In altri termini, questo primo momento, utile anche per gli altri studenti, deve costituire una spiegazione chiara dei concetti in gioco e dei loro legami logici. Su questa struttura minima di conoscenze si può procedere all’approfondimento utilizzando diversi mediatori: la parola, ma anche filmati, immagini. Normalmente l’intelligenza è un costrutto che viene legato alla padronanza dei codici linguistici verbali, ma non è sempre così. Molte persone, non necessariamente disabili, hanno più facilità quando i messaggi vengono veicolati da immagini. Possiamo parlare in questo caso di intelligenza iconica. Ipotizzare diversi mediatori dei contenuti può favorire, quindi, non solo l’alunno disabile ma anche altri compagni. Nel caso di programmazione per obiettivi differenziati, bisogna valutare quali possano essere i punti di contatto tra i contenuti disciplinari proposti nella lezione e i contenuti

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della programmazione individualizzata. In base alle conoscenze sulle abilità/disabilità di un certo studente è ipotizzabile un percorso parallelo che abbia però punti di contatto con il percorso di una certa disciplina? Si può pensare, ad esempio, che un certo percorso differenziato possa contribuire alla conoscenza o approfondimento di una parte del programma disciplinare? Penso ad esempio al caso di Mario, studente autistico ad alto funzionamento, appassionato di cinema, che partendo dalla visione di Matrix, ha portato alla sua classe di quinta liceo, durante l’ora di filosofia, una riflessione, maturata con l’aiuto dell’insegnante di sostegno, sul mondo virtuale e il mondo reale con dei collegamenti al pensiero di Platone e di Schopenhauer. Ma la didattica in classe non è necessariamente lezione frontale. Una modalità di lavoro poco utilizzata è quel tipo di didattica attiva che richiede la cooperazione in piccolo gruppo. In questo caso l’insegnante propone un processo di insegnamento-apprendimento nel quale il gruppo classe si configura come comunità di ricerca. In questo caso l’insegnante ridefinisce il proprio ruolo, passando dal ruolo di fonte dispensatrice di informazioni al ruolo di facilitatore e coordinatore delle diverse attività di ricerca. Questo tipo di didattica dovrebbe puntare a valorizzare i punti di forza del disabile all’interno del lavoro di gruppo. Ad esempio, lo studente disabile potrebbe fungere da esperto nel caso si tratti di argomenti che lui padroneggia oppure fare le ricerche su Internet nel caso sappia utilizzare i motori di ricerca; potrebbe svolgere il ruolo di segretario che trascrive i risultati del lavoro svolto

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nel caso abbia buone capacità di letto-scrittura oppure svolgere il ruolo di chi documenta i risultati costruendo dei cartelloni nel caso di buone capacità a livello di motricità fine (ad esempio tagliare immagini e incollarle su un cartellone). Ovviamente le due modalità didattiche non si escludono, anzi! Si può pensare all’avvio di un percorso didattico con una lezione frontale del tipo di quella descritta (organizzazione dei contenuti con mappe concettuali e utilizzo di diversi mediatori), per poi proseguire con attività di ricerca in piccolo gruppo, in cui ogni gruppo approfondisce determinati ambiti dell’argomento principale, per poi presentare i risultati all’intero gruppo classe.