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Mesa 1 Mesa 2 Mesa 3 Inicio Ponencias L’IMPRENDITORIA DELLA PRODUZIONE VINICOLA IN PUGLIA (ITALIA): storia di uno sviluppo locale e metodi per un racconto contemporaneo E’ necessario per inquadrare i temi del presente testo, definire gli ar- gomenti del dibattito economico, il contesto storico e il ruolo strategico in cui si è mossa la Puglia, tra il 1860 circa e il 1890, nel panorama vitivi- nicolo europeo, individuando come evento detonatore, l’attacco dei vigneti francesi da parte dell’afide della fillossera. A seguito di questo evento la domanda di vini da taglio aumenta in maniera cospicua e la risposta da parte del paesaggio agrario pugliese, disponibile e adatto per dimensione e conformazione, è immediata. A supportare questa trasformazione arriva il contratto commerciale che l’Italia stipula con la Francia il 17 gennaio 1863 1 che spinge gli agricoltori pugliesi a coltivare a vigneto le terre incolte, a convertire parte di terreni precedentemente coltivati a oliveti e seminativi, e soprattutto a bonificare vaste zone paludose. La richiesta di vini da taglio da parte della Francia però diminuisce quan- do questa ricomincia a reimpiantare i vitigni devastati dalla fillossera su piede di vite americani, inducendo l’Italia ad accettare nel 1881 un trattato più restrittivo sulle importazioni del vino. Nella necessità di cambiare stra- tegia e cercare nuovi mercati che sostituissero quello francese si sceglie il mercato austro-ungarico, scelta favorita dalle firme dei trattati commerciali prima con L’Austria -Ungheria e poi con la Germania 2 . Segue un periodo di tranquillità commerciale, ma che tuttavia, non migliora la vita dei piccoli produttori pugliesi che, non riuscendo a vendere il loro vino da taglio, sono costretti a convertire le piccole proprietà a tabacco. Il reimpianto delle barbatelle, a seguito della fillossera, dura fino al 1930, e dopo la prima guerra mondiale, la produzione e il commercio vinicolo, che tra il 1915 e il 1918 avevano subito un notevole arresto, ripresero a pieno ritmo e numerosi nuovi stabilimenti si affiancarono a quelli già esistenti. Tuttavia, anche dopo, non fu più possibile paragonare le esportazioni di vino a quelle di una volta: lo scenario internazionale era cambiato, si era attuata una più rigida politica fiscale per i viticultori, le infrastrutture regio- nali erano divenute precarie, vi era un esubero del prodotto e la mancanza dell’assistenza dello Stato. La crisi del vino si accentuò negli anni trenta tanto da rendere urgente l’attuazione di una normativa per l’istituzione ob- bligatoria dei Consorzi di Tutela dei vini tipici, impedita dal Secondo Con- flitto Mondiale. Questa variegata compagine economica e produttiva, lascia come memoria sul territorio, un numero elevato di testimonianze costruttive, l’avanguardia in campo enologico, e quasi tutte stabiliscono con le nuove vie di comunicazione, le ferrovie, un rapporto di simbiosi funzionale. Ogni edificio industriale comincia ad assumere rispetto alla città consolidata, il ruolo di una vera e propria “porta visiva”. La “periferia della periferia” di Italia, la Puglia, un confine per sua natura, per forma, per posizione, di- venta invece il luogo privilegiato di “approdo” per gli industriali dell’Italia Settentrionale e per qualche francese. In poco più di tre decenni vennero costruite imponenti strutture. Le prime furono quelle delle ditte straniere Lemarchand-Picaut, Giuseppe Auverny, Marstaller, Hausmann & C., Scher- mut & C., Perlier & Giran poi Gaston Giran, Simone Skermont, dalla ditta Gusmann & Mannarini, dai Fratelli Giulio e Giovanni Ferrario di Legnano, dal milanese Ambrogio Zonda, da Bernardino Martini di Pradleves di Cuneo, dai Fratelli Folonari di Brescia, di Camillo Scaler di Gressoney Saint Jean (Aos- ta), degli Eggimann. Negli stabilimenti vinicoli destinati ad essere le filiali delle loro cantine enologiche ubicate nelle città di provenienza si lavorarono le uve delle qualità Negroamaro, Malvasia, Sangiovese e Primitivo di Gioia, e più tardi uve destinate alla produzione di vini bianchi e rosè (soprattutto nei centri di produzione come San Severo, Barletta, Locorotondo). In una complessità di avvenimenti storici che videro la Puglia protagonis- ta nel definire le regole dei mercati nella produzione vitivinicola, e in un pos- sibile racconto multiplo di storie dei personaggi impegnati nella costruzione dell’ identità economica di questa Regione, si sceglie in questo testo di raccontare due vicende, due modi differenti di “segnare” il territorio, ma entrambi ugualmente fondamentali: i Fratelli Folonari di Brescia e Giuseppe Pavoncelli di Cerignola. I Fratelli Folonari, originari della città di Edolo, in Valcamonica, da sem- pre dediti all’industrializzazione vinicola, costruiscono nel 1892 a Brescia uno stabilimento attrezzato con tutti i macchinari più moderni in materia di costruzioni enotecniche. Le uve, provenienti da diverse regioni, venivano pigiate, e i vini, opportunamente tagliati, chiarificati e filtrati, incrementa- vano un mercato sempre più in crescita, tanto da rendere insufficiente la 1. Il 12 febbraio 1863 il ministro degli affari esteri italiano, Pasolini, presentava alla Camera, per la con- versione in legge, una, convenzione di navigazione e un trattato di commercio, sottoscritti a Parigi, la prima il 13 giugno 1862 e il secondo il 17 gennaio 1863. Le relazioni marittime tra la Francia e l’Italia, prima del trattato, erano in uno stato quasi caotico, che non poteva ulteriormente protrarsi. 2. L’Italia firmò il 6 dicembre 1891 il primo trattato commerciale, che ebbe come controparte l’Austria - Ungheria, ed entrò in vigore il 10 febbraio 1892; il secondo, stipulato il 19 aprile 1892, vide come controparte la Germania, ed entrò in vigore il 1° luglio 1892. El empresariado de la producción vitivinícola de Puglia (Italia): historia de un desarrollo local y metodologías para un cuento contemporáneo. RAFFAELLA MADDALUNO Y ANTONIO MONTE (I) - página 1 / 5

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L’IMPRENDITORIA DELLA PRODUZIONE VINICOLA IN PUGLIA (ITALIA):storia di uno sviluppo locale e metodi per un racconto contemporaneo

E’ necessario per inquadrare i temi del presente testo, definire gli ar-gomenti del dibattito economico, il contesto storico e il ruolo strategico in cui si è mossa la Puglia, tra il 1860 circa e il 1890, nel panorama vitivi-nicolo europeo, individuando come evento detonatore, l’attacco dei vigneti francesi da parte dell’afide della fillossera. A seguito di questo evento la domanda di vini da taglio aumenta in maniera cospicua e la risposta da parte del paesaggio agrario pugliese, disponibile e adatto per dimensione e conformazione, è immediata. A supportare questa trasformazione arriva il contratto commerciale che l’Italia stipula con la Francia il 17 gennaio 18631 che spinge gli agricoltori pugliesi a coltivare a vigneto le terre incolte, a convertire parte di terreni precedentemente coltivati a oliveti e seminativi, e soprattutto a bonificare vaste zone paludose.

La richiesta di vini da taglio da parte della Francia però diminuisce quan-do questa ricomincia a reimpiantare i vitigni devastati dalla fillossera su piede di vite americani, inducendo l’Italia ad accettare nel 1881 un trattato più restrittivo sulle importazioni del vino. Nella necessità di cambiare stra-tegia e cercare nuovi mercati che sostituissero quello francese si sceglie il mercato austro-ungarico, scelta favorita dalle firme dei trattati commerciali prima con L’Austria -Ungheria e poi con la Germania2. Segue un periodo di tranquillità commerciale, ma che tuttavia, non migliora la vita dei piccoli produttori pugliesi che, non riuscendo a vendere il loro vino da taglio, sono costretti a convertire le piccole proprietà a tabacco.

Il reimpianto delle barbatelle, a seguito della fillossera, dura fino al 1930, e dopo la prima guerra mondiale, la produzione e il commercio vinicolo, che tra il 1915 e il 1918 avevano subito un notevole arresto, ripresero a pieno ritmo e numerosi nuovi stabilimenti si affiancarono a quelli già esistenti. Tuttavia, anche dopo, non fu più possibile paragonare le esportazioni di vino a quelle di una volta: lo scenario internazionale era cambiato, si era

attuata una più rigida politica fiscale per i viticultori, le infrastrutture regio-nali erano divenute precarie, vi era un esubero del prodotto e la mancanza dell’assistenza dello Stato. La crisi del vino si accentuò negli anni trenta tanto da rendere urgente l’attuazione di una normativa per l’istituzione ob-bligatoria dei Consorzi di Tutela dei vini tipici, impedita dal Secondo Con-flitto Mondiale.

Questa variegata compagine economica e produttiva, lascia come memoria sul territorio, un numero elevato di testimonianze costruttive, l’avanguardia in campo enologico, e quasi tutte stabiliscono con le nuove vie di comunicazione, le ferrovie, un rapporto di simbiosi funzionale. Ogni edificio industriale comincia ad assumere rispetto alla città consolidata, il ruolo di una vera e propria “porta visiva”. La “periferia della periferia” di Italia, la Puglia, un confine per sua natura, per forma, per posizione, di-venta invece il luogo privilegiato di “approdo” per gli industriali dell’Italia Settentrionale e per qualche francese. In poco più di tre decenni vennero costruite imponenti strutture. Le prime furono quelle delle ditte straniere Lemarchand-Picaut, Giuseppe Auverny, Marstaller, Hausmann & C., Scher-mut & C., Perlier & Giran poi Gaston Giran, Simone Skermont, dalla ditta Gusmann & Mannarini, dai Fratelli Giulio e Giovanni Ferrario di Legnano, dal milanese Ambrogio Zonda, da Bernardino Martini di Pradleves di Cuneo, dai Fratelli Folonari di Brescia, di Camillo Scaler di Gressoney Saint Jean (Aos-ta), degli Eggimann. Negli stabilimenti vinicoli destinati ad essere le filiali delle loro cantine enologiche ubicate nelle città di provenienza si lavorarono le uve delle qualità Negroamaro, Malvasia, Sangiovese e Primitivo di Gioia, e più tardi uve destinate alla produzione di vini bianchi e rosè (soprattutto nei centri di produzione come San Severo, Barletta, Locorotondo).

In una complessità di avvenimenti storici che videro la Puglia protagonis-ta nel definire le regole dei mercati nella produzione vitivinicola, e in un pos-sibile racconto multiplo di storie dei personaggi impegnati nella costruzione dell’ identità economica di questa Regione, si sceglie in questo testo di raccontare due vicende, due modi differenti di “segnare” il territorio, ma entrambi ugualmente fondamentali: i Fratelli Folonari di Brescia e Giuseppe Pavoncelli di Cerignola.

I Fratelli Folonari, originari della città di Edolo, in Valcamonica, da sem-pre dediti all’industrializzazione vinicola, costruiscono nel 1892 a Brescia uno stabilimento attrezzato con tutti i macchinari più moderni in materia di costruzioni enotecniche. Le uve, provenienti da diverse regioni, venivano pigiate, e i vini, opportunamente tagliati, chiarificati e filtrati, incrementa-vano un mercato sempre più in crescita, tanto da rendere insufficiente la

1. Il 12 febbraio 1863 il ministro degli affari esteri italiano, Pasolini, presentava alla Camera, per la con-versione in legge, una, convenzione di navigazione e un trattato di commercio, sottoscritti a Parigi, la prima il 13 giugno 1862 e il secondo il 17 gennaio 1863. Le relazioni marittime tra la Francia e l’Italia, prima del trattato, erano in uno stato quasi caotico, che non poteva ulteriormente protrarsi.

2. L’Italia firmò il 6 dicembre 1891 il primo trattato commerciale, che ebbe come controparte l’Austria - Ungheria, ed entrò in vigore il 10 febbraio 1892; il secondo, stipulato il 19 aprile 1892, vide come controparte la Germania, ed entrò in vigore il 1° luglio 1892.

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potenzialità dello stabilimento di Brescia. Dopo un’attenta valutazione della condizione economica e delle potenzialità del territorio italiano decisero di investire nella costruzione di cinque stabilimenti vinicoli in Puglia realiz-zandoli tra il 1900 circa e il 1910 (fig. 1): a Squinzano e a Galatina nel Salento, a San Severo in Terra di Capitanata e a Barletta e Locorotondo in Provincia di Bari.3

Lo stabilimento di Galatina aveva una vinificazione giornaliera unica in Italia, da 4000 a 5000 quintali di uva con una produzione totale dai 100.000 ai 120.000 ettolitri di vino durante un periodo di vendemmia di circa 30 giorni. Occupava una superficie di 20.000 metri quadrati, e aveva una capienza complessiva, fra i recipienti in legno e vasche in cemento ve-trate, di 70.000 ettolitri. I macchinari a disposizione (pigiatrici, sgranatrici, pompe, torchi idraulici) erano mossi da varie motrici a vapore e a elettricità, novità assoluta per il periodo. Già dopo solo pochi anni, lo stabilimento risultò essere insufficiente alle richieste del mercato, e la necessità di ris-pondere alla domanda dei compratori nazionali e internazionali, spinse la Ditta Folonari a costruire uno stabilimento gemello a Squinzano. A seguito della chiusura del mercato Austro – Ungarico ai vini italiani, la Ditta ritenne strategico cominciare ad investire anche nel campo della produzione dei vini bianchi. Scelse, non a caso due centri nevralgici con una tradizione antica nella vinificazione: Locorotondo in provincia di Bari e San Severo in pro-vincia di Foggia, per la produzione esclusiva di vini bianchi, rosés, di mosti semi fermentati, di filtrati dolci, destinati al mercato svizzero e tedesco4.

A Locorotondo nel 1909 (foto 4) la Ditta costruisce uno stabilimento con macchinari a vapore come, sgranatrici, pompe, ozonizzatori, pastorizzatori, filtri a tela, a pasta e ad amianto, ed una modernissima applicazione di anidri-de solforosa liquida. Con la presenza di vasche dalla capacità complessiva di 60.000 ettolitri, riusciva a lavorare giornalmente 3.000 quintali di uva.

L’edificio rappresenta un unicum anche dal punto di vista costruttivo e ar-chitettonico. Costituito da spesse murature esterne in pietra calcarea bianca e da archi in tufo per le divisioni degli spazi interni, aveva una copertura a capriate in legno che lasciava ampi spazi liberi adatti per tutte le attività di vinificazione. L’anno successivo i Fratelli Folonari inaugurano un edificio gemello a San Severo, con una capacità di tutto rispetto (50.000 ettolitri), e con macchinari mossi ad elettricità e a vapore. Ma dal punto di vista della innovazione tecnologica, la Ditta Folonari raggiunge la perfezione nel 1910 con lo stabilimento di Barletta, precedentemente appartenuto alla Ditta Pavoncelli e Ferraud di Cerignola. Viene scelto per la sperimentazione e l’utilizzo di tecniche come l’applicazione del caldo, l’applicazione del freddo industriale, la concentrazione nel vuoto, e la vineria sistema dell’ing. Barbet di Parigi. All’interno dei locali vinicoli erano impiantati potenti generatori di freddo, di produzione germanica, mossi da motore a gas povero della ditta Franco Tosi di Legnano, che consentivano di trattare 1500 ettolitri di mosto o di vino alla volta. Inoltre con l’ampliamento dell’edificio di Barletta, la Ditta Folonari comprende che avrebbe potuto accelerare il successo sul mer-cato vinicolo se avesse prodotto vini di imitazione, come il Porto, Terragona, Xeres, Malaga e Madera. Lo sfruttamento delle potenzialità della vicinanza alle linee ferroviarie conduce la Ditta a brevettare degli appositi vagoni su ro-taia che nel caso di Locorotondo vengono riforniti direttamente dall’interno dello stabilimento attraverso un cavidotto interrato.5

I cinque grandi edifici vinicoli si impongono non solo nel paesaggio, ma nella memoria di chi per anni ci ha lavorato. Le costruzioni “Folonari”, (foto 2) emergevano con il proprio stile e, la loro immagine, che si incontrava lungo la ferrovia, contribuiva a costruire la forma della città e a suggerire ai compratori garanzia di modernità e affidabilità. La razionalità degli spa-zi, dovuta ad una attenta organizzazione delle fasi di lavorazione del vino, conferiva agli edifici un rigore austero che aumentava l’imponenza della loro presenza all’interno della città . Anche nell’utilizzo di materiali era chiara la

3. In un articolo si legge “la Ditta Folonari comprese perciò subito la necessità di mettersi in condizioni di produrre forti quantità di vini perfetti, (…) I componenti della Ditta, sia profittando dell’esperienza propria, sia consultando i più celebri professori di enologia italiani e stranieri, e più ancora visitando i primari recentissimi stabilimenti vinicoli della Francia, dell’Algeria, della Spagna, della Grecia e del Portogallo, acquistarono tale pratica e tali cognizioni da poter costruire a Galatina (in provin-cia di Lecce) un grandioso Stabilimento dove si introdussero tutte le innovazioni della moderna enologia(…)”Da un articolo pubblicato dal SOLE di Milano, n.° 294, 9 dicembre 1910 in “STABI-LIMENTI ENOLOGICI FRATELLI FOLONARI BRESCIA – Esposizione internazionale Torino 1911 – grand Prix e Medaglia d’oro”, BRESCIA, Leone Marca Registrata.

4. Per restituire la misura dell’importanza delle due città in campo vitivinicolo, basti pensare che a San Severo nei primi decenni del 1900 si contavano, tra cantine a produzione artigianale e stabilimenti vinicoli e della distillazione, circa 500 edifici ( Vittorio Russi, 2011).

5. “(…) da informazioni sicure assunte mi consta che la Ditta ha raggiunto una potenzialità di com-mercio annuale di 400.000 Ettolitri di vino, cifra invero impressionante, ma che non meraviglierà coloro che sanno la potenzialità di espansione della Ditta Folonari nel commercio vinicolo italiano. Basta infatti viaggiare in ferrovia per vedere nelle principali stazioni “vagoni –serbatoi” da vino con iscrizione “Fratelli Folonari”. La Ditta possiede cento di tali vagoni –serbatoi propri, fatti costruire espressamente, e della capacità di 150 ettolitri ciascuno. È noto poscia che la Ditta Folonari è riuscita da due anni sola fornitrice di tutta la R. Marina italiana da guerra, e che anche fornitrice dell’Unione Militare per rilevantissime quantità E’ noto altresì che molti degli Ospedali ed Istituti di beneficienza, come pure le più importanti Cooperative di consumo sono forniti con vini Folonari.”5

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volontà di sobrietà costruttiva: si preferiscono materiali come il mattone o il tufo o la pietra calcarea, che garantivano un alto grado di “prefabbricazione” e possibilità di reiterazione dei modelli costruttivi. Il disegno degli elementi decorativi era asciutto, severo, ma pur sempre identificabile in uno stile. Erano concesse licenze architettoniche soltanto nelle residenze private della famiglia Folonari che ognuno dei cinque impianti industriali prevedeva nella sua area.

L’atteggiamento imprenditoriale dunque, di questa famiglia di Brescia, è di imposizione di un “modello”, razionale, ripetibile, con cui ci si relaziona da una posizione di subordinazione, sebbene per l’epoca rappresentasse una condizione di idealità lavorativa per la popolazione locale. Infatti quan-do la famiglia Folonari, ritenne non più remunerativa la presenza sul territo-rio pugliese, abbandonò gli edifici vinicoli, che quasi nella maggioranza dei casi oggi (tranne in quello di Locorotondo che dopo alterne vicende continua la sua attività vinicola sotto forma di cantina sociale) versano in condizioni di estremo degrado.

Atteggiamento differente è quello invece che troviamo se ci spostiamo verso il racconto di un’altra condizione imprenditoriale. Siamo a Cerignola, a Nord della Puglia, dove ancora oggi l’opera di Giuseppe Pavoncelli (Cerig-nola 1836 – Napoli 1910), figlio di una ricca famiglia di commercianti di grano, è ben visibile.

Giuseppe Pavoncelli, si rivolse all’acquisto di nuovi terreni per le sopra-ggiunte mutate condizioni del mercato del grano, ormai di monopolio della Russia, dell’India e dell’America– trasformando in vigneto oltre duemila etta-ri e costruendo stabilimenti riconosciuti in seguito in tutta Europa. Si dedica alla politica, e nel novembre 1874 fu eletto deputato per la prima volta. Nel gabinetto Rudinì-Zanardelli fu designato all’alto ufficio di ministro dei Lavori Pubblici, carica che lo impegnerà dal 14 dicembre 1897 al 1° giugno 1898. Era uno dei più competenti parlamentari in questioni agricole e commercia-li. Fra le numerose cariche ricoperte fu membro del Consiglio Superiore di Agricoltura; del Consiglio Superiore Antifillosserico, Commissario per l’Italia all’Esposizione di Parigi nel 1909. Da Deputato e da ministro dei Lavori Pubblici fu tra i primi ad avviare a soluzione la questione dell’Acquedotto Pugliese, che fu per lui, sempre un’ardita ambizione.

Il rifacimento dei vigneti francesi, la concorrenza di Tunisi, dell’Algeria, della Spagna annientarono la produzione delle vigne negli sbocchi che pa-revano conquistati in eterno: ma Pavoncelli creò un “tipo”, fece sì che i prodotti delle sue cantine “facessero marca”, trovassero altri sbocchi nel mondo. Al “vino da taglio” affiancò una nuova offerta e propose al mercato

un tipo di vino da “pasto” capace di emulare i “piccoli bordò” ed avvicinarsi alle borse modeste. Si cominciò la produzione del “Santo Stefano”.6

Sette grandi stabilimenti agricoli erano adibiti allo smaltimento della pro-duzione delle vigne Pavoncelli: Santo Stefano, San Martino, Torre Giulia, Pozzelle, Cerignola, Stornara, Orta Nova. Vaste aziende, con macchinari che rappresentavano l’ultima parola della perfezione.

Cerignola diventa il polo di attrazione lavorativo, il centro a cui numerosi lavoratori dei campi vicini si dirigevano e affidavano le sorti. In dieci anni i vigneti di Pavoncelli raggiunsero l’estensione di oltre duemila ettari.

Dei sette edifici il più imponente per forme e dimensioni è Torre Giulia. (foto 3) L’edificio attuale è solo parzialmente riconoscibile come il grande stabilimento di Pavoncelli. I restauri condotti con poca accuratezza ne han-no alterato le forme e cambiato i materiali. Le chianche della pavimentazio-ne interna e i materiali spogli ma funzionali al processo produttivo, hanno lasciato il posto a materiali impropri (marmi, stucchi, dorature). La struttura costituita da tre nuclei costruttivi, l’edificio principale, la residenza privata (ex Torre Giulia), e l’edificio utilizzato come magazzino, nel complesso è rimasta la stessa.

L’edificio principale è suddiviso in due parti: nella prima avveniva la fase della fermentazione e invecchiamento del vino; la seconda parte (che in origine costituiva il primo degli spazi nella successione temporale produttiva della vinificazione) più elevata rispetto alla prima, era adibita alla acco-glienza dell’uva e alla prima delle lavorazioni, diraspatura e torchiatura. Successivamente avveniva la messa del mosto nei tini. Attualmente questa parte dell’edificio è stata alterata con una sopraelevazione del soffitto e di conseguenza della facciata e con l’apertura di due grandi vani scala per il collegamento con il livello inferiore. La struttura ha una cantina sotterra-nea tutta in tufo, voltata a botte con una distribuzione a navata, destinata all’invecchiamento dei vini, in precedenza deposito per grano. Attualmente è adibita a sala di ricevimenti.

La complessità e gli intrecci degli eventi, la valenza architettonica degli edifici esaminati, e l’importanza di ridefinire un racconto storico produttivo di un territorio, suggerisce quanto sia diventato fondamentale, oltre che auspicabile, cominciare a strutturare un vero e proprio programma di tutela e valorizzazione di questo patrimonio. Il tema del seguente testo scaturisce

6. Cosimo di Laurenzo, “Giuseppe Pavoncelli”, Rotary International distretto 2120, club di Cerignola, 2010.

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dai risultati ottenuti dal progetto di ricerca “Memorie di vite”7 che si è con-centrato su un innovativo lavoro di rielaborazione dei dati raccolti.

Il progetto di ricerca si è mosso lungo due vie preferenziali. La prima ha percorso una indagine teorica, fatta di lettura di archivi e documenti, di rac-colta di testimonianze dirette che hanno permesso di ridefinire il processo insediativo degli stabilimenti vinicoli in Puglia. Questa analisi ha consentito inoltre di ricostruire storicamente antichi e desueti procedimenti produttivi perpetrati negli stabilimenti.

La seconda via del progetto di ricerca ha previsto un lavoro di riela-borazione dei dati raccolti in archivio, attraverso la stesura di “schede di catalogazione scientifica” della rete di stabilimenti produttivi, ritenuti idonei secondo alcuni parametri convenzionalmente stabiliti. Le schede di catalo-gazione prevedono una serie di voci che restituiscono non solo il volto del manufatto architettonico, ma anche la memoria codificata della sua prece-dente “posizione” nella storia del territorio. Restituendo la memoria storica si da la possibilità all’insieme dei racconti di entrare a far parte di una nuova sinergica rete di connessioni di natura economica, culturale, sociale. Si restituisce così un paesaggio produttivo “codificato”, perché costituito da tanti segni “riconoscibili” in modo da poter essere letto, interpretato, ri-utilizzato.

Le schede di catalogazione scientifica di ogni singolo edificio, sono state organizzate in due parti fondamentali.

Nella prima parte, sono state analizzate le seguenti voci: dati di archivio; localizzazione: luogo dove l’edificio è stato costruito; identificazione: sito, superficie coperta, dati catastali; utilizzazione: che tipo di utilizzo se ne è fatto dalla fondazione fino ad oggi; previsione di destinazione: demolizione, deposito; oggetti che compongono il sito: stalle, fabbrica, abitazioni; dati storici: divisi in fonti bibliografiche, fonti d’archivio, fonti iconografiche, fonti orali; descrizione dei processi produttivi storici: che tipo di prodotto vinicolo veniva lavorato, il vitigno a cui apparteneva, che tipo di vino veniva prodotto, in che condizioni climatiche (temperatura, umidità) avveniva il raccolto e la fermentazione.

Nella seconda parte si è concentrata l’attenzione sull’oggetto costruttivo, come manufatto appartenente alla categoria di “archeologia industriale”. Alla stesura di questa parte di schede, hanno contribuito i disegni originali trovati8, ma soprattutto le misurazioni e rilievi sul campo, e le descrizioni e analisi comparative di tecniche costruttive. Questa parte di schede ha compreso le seguenti voci: analisi architettonica e degli elementi costruttivi: descrizione funzionale, tipologica, costruttiva, e i materiali utilizzati; stato di conservazione: individuazione di una scala valutativa per classificare il grado di degrado in cui l’edificio si trova; attuale utilizzo; documentazione grafica, iconografica, fotografica.La rielaborazione dei dati ha compreso anche una sezione dedicata alla multimedialità, ossia alla ricostruzione virtuale di un numero di edifici ra-ppresentativi delle diverse macroaree produttive della Puglia. Tra i vari edi-fici sono stati scelti la Fabbrica di Locorotondo dei Fratelli Folonari (foto 5) e Torre Giulia di Giuseppe Pavoncelli (foto 6). La modellazione tridimensio-nale degli oggetti costruttivi e la successiva animazione ne ha reso possibile la “visita” storica e permetterà di inserirli in una piattaforma multimediale prevista all’interno del “Centro di documentazione sull’industria vinicola e patrimonio industriale in Puglia” nelle sede dell’azienda Cantine Santa Barbara di San Pietro Vernotico.

BibliografíaAA.VV, “LE VIE DI MEZZOGGIORNO – STORIE E SCENARI”, Meridiana

Libri,Lamezia Terme, 1998 - Donzelli Editore, Roma, 2002,ANTONAROS, A. (2000): La grande storia del vino, Edizioni Pendragon,

Bologna.GENNARI, M.; MONTE, A.; PATERA, T.; PENNETTA, V.; STAGIRA, A.M.;

TENORE, F. (2006): L’industria agroalimentare in Puglia, in Atti del XIII° International Congres Industrial heritage and urban transformation Terni/Roma.

ANTONACCI, D. (2004): I vitigni di Puglia, Mario Adda Editore, Martina Franca (TA).

COVINO, R. (2003): Il patrimonio industriale del Salento: evoluzione, spe-cificità e occasione per lo sviluppo locale, in “I Monumenti dell’industria a San Cesario di Lecce”, Manni Editori, San Cesario di Lecce (LE).7. Il progetto di ricerca “Memorie di vite:catalogazione scientifica del patrimonio produttivo vinico-

li in Puglia” condotto dall’Architetto Raffaella Maddaluno è stato finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito del programma “Ritorno al Futuro – Ricerca, avviso 19/2009”, e ha avuto come referenti il Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali di Lecce con il tutoraggio scientifico dell’Architetto Antonio Monte e l’azienda vinicola “Cantine Santa Barbara di San Pietro Vernotico”.

8. I disegni originali trovati negli archivi sono stati pochi. Essendo infatti la costruzione degli edifici il risultato di iniziativa privata, i progettisti non avevano l’obbligo di presentare il progetto ai rispettivi organi municipali. Molto spesso il progetto e la direzione della costruzione dell’edificio vinicolo era da attribuire ad un capo mastro o allo stesso proprietario.

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C. DI LAURENZO, “Giuseppe Pavoncelli”, Rotary International distretto 2120, club di Cerignola

COVINO, R.; DE GIUSEPPE, R.; MONTE, A.; STAGIRA, A.M. (2003), I monumenti dell’industria a San Cesario di Lecce, Manni Editori, San Cesario di Lecce (LE).

DI BELLA, S.; IUFFRIDA, G. (2004): Di terra e di mare. Itinerari, uomini, economie, paesaggi nella costa napitina moderna, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ).

lL SOLE di Milano, n.° 294, 9 dicembre 1910 in “STABILIMENTI ENO-LOGICI FRATELLI FOLONARI BRESCIA – Esposizione internazionale Torino 1911 – grand Prix e Medaglia d’oro”, BRESCIA, Leone Marca Registrata.

MASTROLIA, F. A. (1996): Agricoltura, innovazione e imprenditorialità in Terra d’Otranto nell’Ottocento, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.

MASTROLIA, F. A. (2010): Tra terra e mare. Aspetti dell’economia di Terra d’Otranto (1861-1914), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.

MONTE, A. (2000): Storte e alambicchi. L’industria della distillazione a San Cesario di Lecce, Manni Editori, San Cesario di Lecce (LE).

MONTE, A. (2008): Dal palmento allo stabilimento. Luoghi e protagonisti della produzione vinicola salentina, Catalogo della mostra documentaria “Memorie di vite”, Editrice Salentina, Galatina (LE).

MONTE, A. (2011): I “Capitani coraggiosi” e le loro imprese produttive, in catalogo della Mostra “Qui... dove la terra finisce e il mare comincia. La memoria e l’immagine dell’impresa”, CRACE, Narni (TR).

VITAGLIANO, M. (1985): Storia del vino in Puglia, Edizioni Laterza, Bari.RAGOSTA, M. (1998): Le vicende dell’industria leccese tra il 1870 e il

1970, in “Fiscoli e muscoli. Archeologia industriale nel Salento lecce-se”, Capone Editore, Cavallino di Lecce (LE).

Raffaella MaddalunoF.A-U.T.L. - Facoltà di Architettura dell’Università Tecnica di Lisbona

A.I.P.A.I. - Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Indus-triale – Sezione Regionale per la Puglia [email protected]

1. Carta interesanta F. lli Folonari

2. Foto d’epoca dello stabilimento di Locoro-tondo (Ba)

3. Torre Giulia Cerignola (FG)_foto storica (Archivo Privato Torre Giulia)

4. Foto Storica_torchi continui e presse idrau-liche_Fli Folonari_Locorotondo (BA)

5. Ricostruzione virtuale della Cantina Fratelli Folonari_Locorotondo (BA)

6. Ricostruzione virtuale della Cantina Torre Giulia_Cerignola (FG)

El empresariado de la producción vitivinícola de Puglia (Italia): historia de un desarrollo local y metodologías para un cuento contemporáneo. • rAFFAellA mAddAluno y Antonio monte (i)

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