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PERIODICO DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA N. 2/2014 Bim - Ed. Ministero Difesa - € 2,80 - Taxe Perçue Intervista al Capo di Stato Maggiore della Difesa Un punto di vista sull’evoluzione della guerra La narrativa a premessa dello sviluppo di un’operazione

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  • PERIODICO DELLO STATO MAGG

    IORE DELLA DIFESA N. 2/2014

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    Intervista al Capo di Stato Maggiore della DifesaUn punto di vista sull’evoluzione della guerraLa narrativa a premessa dello sviluppo di un’operazione

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    PERIODICO DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA

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  • 2014:ANNO DI RICORRENZE

    Dal 1° luglio al 31 dicem-bre l’Italia assumerà laPresidenza del Consigliodell’Unione Europea, istituzio-ne che riunisce i governi deisingoli Stati membri, succeden-do alla Grecia. La presidenzadel Consiglio è assunta a turnodai 28 Stati membri dell’Unio-ne Europea ogni sei mesi. L’Ita-lia ha svolto tale ruolo altre un-dici volte nella storia dell’Unio-ne, iniziata il 25 marzo del 1957con i Trattati di Roma, costituti-vi della Comunità economicaeuropea (Cee) e della Comuni-tà europea dell’energia atomi-ca (Euratom). Durante questisei mesi l’Italia avrà il compitodi preparare, coordinare e presiedere i lavori del Consiglio, agendo come mediatoreneutrale “honest broker”, al fine di promuovere le decisioni legislative, le iniziative poli-tiche e negoziando compromessi tra gli Stati membri.Il 2014 è anche l’anno del Bicentenario dell’Arma dei Carabinieri. Era il 13 luglio 1814ed il Re Vittorio Emanuele I disponeva con le “Regie Patenti” la costituzione di uno spe-ciale reparto militare, il “Corpo dei Carabinieri Reali”, che “per buona condotta e saviezza di-stinti” fu incaricato di “contribuire alla difesa dello Stato in tempo di guerra e di vigilare allaconservazione della pubblica e privata sicurezza” in tempo di pace. L’Arma dei Carabinieri,attraverso innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo,costituisce il caposaldo delle nostre Istituzioni cui gli Italiani sono intimamente legatie non solo per cultura. È l’Istituzione che ha accompagnato la nascita e la vita dellaNazione, tra la gente e con la gente, gelosa custode del patrimonio di valori delle co-munità di cui costituiscono la parte migliore della nostra idea di Nazione e di Stato.Inoltre, dal 2014 sono iniziate le rievocazioni della “Grande Guerra 1914-1918”, che siprotrarranno fino al 2018. Durante questo periodo numerose saranno le commemo-razioni che riguarderanno i luoghi della memoria, gli eventi e le iniziative culturali.Lo Stato Maggiore della Difesa, proprio in tale contesto, ha presentato a Roma, loscorso 14 aprile, presso il Sacrario delle Bandiere del complesso del Vittoriano, allapresenza del Dott. Paolo Mieli, del Ministro della Difesa Senatrice Roberta Pinotti, delMinistro della Difesa serbo On. Nebojša Rodic e del Capo di Stato Maggiore della Di-fesa italiano Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il volume storico “Per l’Esercito Serbo -Una storia dimenticata”, curato dalla Dott.ssa Mila Mihajlović e da questa redazione initaliano e serbo, con il quale si rende omaggio alla Marina Italiana per una delle piùgrandi operazioni umanitarie. Dal 12 dicembre 1915 al 29 febbraio 1916 furono im-barcati e trasportati in salvo 136.000 soldati serbi, stretti dalle armate degli imperi Cen-trali in ritirata nel pieno dell’inverno attraverso i monti albanesi, oltre a circa 10.000ammalati e feriti, alla cavalleria composta da oltre 13.000 uomini e 10.000 cavalli eda 23.000 soldati austriaci, prigionieri dell’Esercito serbo.Vorrei segnalare ai nostri lettori la pubblicazione dell’intervista del Capo di SMD allaredazione di “Informazioni della Difesa”, già preannunciata ai nostri lettori, ad unanno dal suo mandato.

    Pier Vittorio Romano

    EDITORIALE 1

    Il direttore responsabile Pier Vittorio Romano

    EDITORIALE

  • INFORMAZIONI DELLADIFESA • 2/20142

    � Editoriale2014: anno di ricorrenze 1Pier Vittorio Romano

    � Forze ArmateBilancio di un anno di mandato Intervista al Capo di Stato Maggiore della DifesaAmmiraglio Luigi Binelli Mantelli 4

    Libano: un paese alla ricerca della pace 12Alessandra Mulas

    SOMMARIOINFORMAZIONI DELLA DIFESA

    Nr. 02/2014

  • � Forze ArmatePirelli, storia di gomme e aerei 22Stefania Elena Carnemolla

    Un punto di vista sull’evoluzione della guerra 32Michele Melchionna

    � Analisi e PianificazioneLa narrativa a premessa dello sviluppodi un’operazione 48Marco Stoccuto

    � DirittoLa tutela giuridica dell’interpretenelle missioni internazionali 66Paolo Cappelli

    � Panorama InternazionaleL’Albania e la NATO da rischio per l’Europaa partner per la sicurezza regionale 76Gianluca Sardellone

    � RubricheCentenario della Grande Guerra 88 Difesa e Società 98Finestra sul mondo 92 Difesa notizie 101Osservatorio strategico 96 Recensioni 103

    SOMMARIO 3

    Periodicodello Stato Maggiore

    della Difesafondato nel 1981

    Direttore responsabileed editoriale

    Ten. Col. Pier Vittorio RomanoRedazione

    Ten. Col. Pier Vittorio RomanoCap. Giuseppe TarantinoCapo 1^ cl. Francesco IrdeM.llo Capo Sebastiano Russo

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    il 19 marzo 1982 (n. 105/982)

    Copertina:Herat

    (Afghanistan)Ufficialedella Task

    Force Genioin operazioni

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    A mmiraglio, vuole condividere con i lettori di “Informazioni della Difesa”un bilancio sul suo primo anno di mandato quale Capo di Stato Maggioredella Difesa?Vorrei innanzitutto sottolineare l’importanza di questo strumento di comunica-zione. “Informazioni della Difesa” è il nostro house organ, pubblicato anche sulweb, rivolto ai militari e al pubblico esterno con l’obiettivo di favorire lo scambiodi idee e la conoscenza di particolari branche di interesse professionale.

    Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Luigi BINELLI MANTELLI

    Bilancio di un anno di mandatoIntervista al Capo di

    Stato Maggiore della DifesaAmmiraglio Luigi Binelli Mantelli

  • Per rispondere alla sua domanda, posso affermare che è stato un anno particolar-mente intenso che, nonostante una “navigazione” non certo facile, ha fatto regi-strare un bilancio sostanzialmente positivo. Un risultato raggiunto grazie al sensodi responsabilità dimostrato dal personale militare e civile della Difesa. La discipli-na, la professionalità e la dedizione dei nostri uomini e donne hanno consentitoalle Forze Armate italiane di continuare ad operare efficacemente per conseguiregli obiettivi stabiliti dall’autorità politica, in un ottica atlantica e in chiave europea,pur in presenza di una congiuntura penalizzante per il Comparto.

    Il nostro impegno si è sviluppato in uno scenario sempre più complesso e delicatoche ha visto affiancarsi alle operazioni “tradizionali” nuove missioni di diversa na-tura. Tra quelle in campo internazionale voglio citare l’iniziativa di cooperazionein Libia ed in Libano e quelle di addestramento delle forze locali in Somalia e Ma-li. A livello nazionale desidero ricordare l’avvio dell’operazione Mare Nostrum,un vasto intervento di sorveglianza e soccorso in mare, mirato alla salvaguardiadella vita umana in mare ed al contrasto delle attività dei trafficanti di morte nelMediterraneo.

    Nel ripensare a questo primo anno di mandato, evidenzio il lavoro fatto per man-tenere alta l’attenzione sul costante e metodico processo di revisione dello stru-mento militare. Si è trattato di uno sforzo attuato senza chiedere risorse aggiunti-ve al Paese, garantendo particolare attenzione alle giuste aspirazioni del personaleed assicurando continuità alle attività operative in corso.

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  • “Riorganizzarsi operando”: questa è stata e rimane la nostra unica e possibile mo-dalità di evolvere!

    A distanza di un anno dalla mia nomina a Capo di Stato Maggiore della Difesa, so-no quindi sempre più orgoglioso ed onorato di essere a capo di un’organizzazionevirtuosa, che poggia saldamente sulla tenuta morale e sulla coesione del nostropersonale e che deve rimanere tale per il bene della Nazione.

    Per definire meglio i termini di questa riorganizzazione, vuole illustrarci il gradodi attuazione della revisione dello strumento militare?Lo strumento legislativo che ci permette di conseguire questo obiettivo è la Leggedelega 244/2013. È importante ribadire che la revisione dello strumento militareva inquadrata non tanto come mera riduzione dei costi accompagnata da tagli albilancio della Difesa, bensì come un’opportunità, da non mancare, per rimodula-re le Forze Armate al fine di renderle più efficienti ed efficaci, riqualificando laspesa e massimizzando le sinergie. In quest’ottica occorre ricercare una integra-zione più spinta tra le diverse componenti militari nazionali e quelle dei Paesi ami-ci ed alleati con cui operiamo nelle principali aree di crisi. L’ottimizzazione dellerisorse non è, infatti, solo un’esigenza italiana ma una necessità sentita da tutti inostri alleati e partner.

    Nell’attuale situazione, in ragione delle risorse assegnate, è opportuno adottareun modello virtuoso in cui la spesa sia ripartita per il 50% al personale, il 25%all’esercizio ed il restante 25% all’investimento, ovviamente a invarianza di bilancio.

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  • Non sono percentuali teoriche, bensì rappresentano la suddivisione ottimale del-le risorse disponibili per non compromettere la capacità operativa dello strumen-to con l’addestramento e le manutenzioni e salvaguardando la sicurezza del per-sonale ed il progresso tecnologico per disporre di sistemi d’arma moderni edavanzati.

    Chiaramente si tratta di un processo difficile e delicato, da attuare con lungimi-ranza e genuino spirito interforze, ben consci delle ripercussioni che esso puòcomportare sul complesso delle aspettative del personale. Si pensi al blocco sti-pendiale che da 4 anni colpisce i dipendenti della pubblica amministrazione o allariduzione del turn over con il conseguente innalzamento dell’età media del perso-nale. Sono problematiche alle quali stiamo lavorando nella duplice ottica di evita-re il fenomeno degli “esodati” e al tempo stesso assicurare al meglio l'assolvimentodella missione delle Forze Armate.

    In definitiva, per continuare a garantire al Paese la disponibilità di uno strumentosempre all’altezza della situazione e sostenibile con le risorse finanziarie disponi-bili sarà necessario un nuovo approccio alle tematiche della Difesa, sempre piùmultidimensionale, interforze, interministeriale e interagenzia evitando duplica-zioni e riformando struttura e organizzazione.

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  • Lei ricordava che la crisi economica è presente non solo in Italia ma interessa an-che gli altri Paesi dell’Unione Europea e si riflette sulla necessità di avere una Di-fesa comune sostenibile ed all’altezza della situazione per ben operare soprattuttonelle varie aree di crisi. Al riguardo, alcune tematiche da Lei evidenziate lo scorsonovembre nell’ambito dell’audizione presso le Commissione Difesa di Camera eSenato, sono state recepite in seno al Consiglio Europeo del 19 e 20 dicembre intema di PSDC (Politica di Sicurezza e Difesa Comune). Quali sono gli asset di svi-luppo a livello strategico militare? È un segno di attenzione verso una nuova poli-tica di Difesa Comune Europea?Ad oggi, nonostante i progressi raggiunti negli ultimi anni, l’Europa non disponedi capacità che le assicurino autonomia di azione e pari dignità strategica rispettoall’alleato statunitense. Per invertire questa tendenza è necessario superare l’ideache lo sviluppo degli strumenti militari possa essere realizzato secondo logicheesclusivamente nazionali ed invece indirizzare le risorse verso la realizzazione dicapacità comuni e complementari, mirate a valorizzare le eccellenze ed a capitaliz-zare le differenze. Si tratterebbe di affrontare la questione delle specializzazioniestendendo al contesto militare la teoria economica del “vantaggio comparato”.

    Inoltre, come ho riferito nell‘audizione al Consiglio Europeo del 19-20 dicembre,una difesa “europea” veramente integrata ha senso solo in presenza di una “reale”politica estera comune e non può prescindere dalla condivisione delle politiche didifesa nazionali.

    Il Consiglio ha individuato tre assi di sviluppo, il primo dei quali fa riferimentoall’aumento dell’efficacia, della visibilità e dell’impatto della PSDC (Politica di Si-curezza e Difesa Comune). A tal proposito è bene ricordare che sono in corso 12missioni civili e 4 militari nelle quali l’Unione Europea è attiva attraverso la PSDC.Sarà pertanto necessario continuare a migliorare le capacità di dispiegamento delpersonale e contestualmente definire una strategia comune per la difesa ciberne-tica e la sicurezza marittima, oltre a rafforzare la cooperazione in materia di ge-stione delle frontiere, controllo dei flussi migratori, contrasto al terrorismo, lottaalla criminalità organizzata e tutela della sicurezza energetica. Tutte tematiche traloro strettamente correlate. Circa il secondo asse, che riguarda lo sviluppo dellecapacità militari, è indispensabile che gli Stati membri proseguano nel rafforza-mento di impegni congiunti con il sostegno dell’Agenzia Europea della Difesa.Voglio qui ricordare lo sviluppo di velivoli a controllo remoto a media altitudine elunga autonomia, capacità di rifornimento in volo, comunicazioni satellitari e di-fesa cibernetica. Riguardo al terzo asse, relativo all’industria europea della difesa,l’indirizzo è quello di perseguirne il rafforzamento. È un comparto strategico, conun fatturato di circa 93 miliardi di euro e oltre 700 mila addetti. Peraltro, anche inconsiderazione del particolare momento storico, il rilancio del settore può essereun formidabile stimolo sia per la ricerca sia per l’occupazione, con importanti ri-flessi sulla crescita in tutta l’Unione. Si consideri inoltre il ruolo, giustamente rico-nosciuto, delle piccole e medie imprese (PMI) quale elemento vitale della catena

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  • di approvvigionamento della Difesa per le loro qualità di innovazione e competi-tività. Il coinvolgimento delle PMI nei futuri programmi di finanziamento dell’UEcostituisce una chance importante per l’Italia la cui struttura imprenditoriale è for-temente caratterizzata da aziende di questo tipo.

    Come ci ha illustrato, la revisione dello strumento militare nazionale è di fatto“strutturalmente” interconnessa con la PSDC. Ma nel frattempo le nostre ForzeArmate, mentre si riconfigurano, continuano ad operare sul terreno. Quale è ilnostro impegno nelle principali aree di crisi?L’Italia fornisce un concreto contributo alla comunità internazionale per crearecondizioni di stabilità e prosperità in numerose aree di crisi. Per citarne alcune, ri-cordo i Balcani, il Libano e l’Afghanistan, tutte realtà impegnative e molto diversetra loro. In Kosovo, nell’ambito della missione KFOR di cui al momento deteniamoil comando (che manterremo anche nel prossimo anno), siamo presenti con uncontingente che è andato nel tempo riducendosi. È un’area complessivamente paci-ficata, dove non possiamo però abbassare la guardia poiché sono ancora presentifattori di instabilità latenti. Questo nostro ruolo di stabilizzazione è riconosciuto an-che in Libano, dove siamo schierati sotto bandiera dell’ONU nella missioneUNIFIL, anch’essa a guida italiana per il secondo mandato consecutivo. È un’oper-azione particolarmente sensibile in ragione dell’instabilità di tutta l’area dovuta alleriverberazioni del cosiddetto “Risveglio arabo”, della crisi siriana e della recente crisiisraelo-palestinese. Ma l’importanza del lavoro svolto è visibile anche in Afghanistan,dove operiamo nell’ambito della missione ISAF, l’impegno più importante edoneroso cui le Forze Armate italiane abbiano preso parte dal termine della Seconda

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    Momento della visita a Shama

  • guerra mondiale. In quest’area siamo presenti da dodici anni e ritengo che, a frontedi sacrifici importanti – voglio qui ricordare tutti i nostri caduti – i progressi sianostati significativi. Basti pensare all’oscurantismo nel quale il Paese era precipitato econfrontarlo con la situazione odierna, dove al di là di episodi contingenti seppurgravi, la società afghana sta tornando a vivere. L’emancipazione femminile,l’istruzione, la sanità, lo sviluppo economico e la sicurezza non sono più concetti as-tratti. La strada da fare è ancora difficile, ma la transizione tra ISAF e le forzeafghane è ormai ampiamente avviata e noi ci teniamo pronti a rimanere, qualorachiesto, con aliquote di supporto per compiti di formazione e addestramento.

    È il concetto del capacity building. L’investimento in missioni addestrative più con-tenute e mirate all’addestramento delle Forze di sicurezza locali, civili e militari, rap-presenta il percorso per conseguire la stabilità anche in altre regioni difficili come ilCorno d’Africa ed il Sahel. A parte l’Afghanistan dove, come dicevamo, con-tribuiamo sia con ISAF sia con la NATO Training Mission alla ricostruzione delle forzedi sicurezza afghane, stiamo operando su diversi “fronti”. In Libia, nell’ambito del-l’iniziativa del G8 Compact, con la Missione Militare Italiana (MIL), operiamo per or-ganizzare, condurre, sviluppare, coordinare e monitorare le attività addestrative, diassistenza e consulenza nel settore della Difesa. In Somalia ed in Mali siamo impeg-nati nell’addestramento delle locali Forze militari e di sicurezza. Non dimentichiamo

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  • poi che anche nell’ambito di operazioni più “convenzionali” ricerchiamo, laddovepossibile, occasioni di scambio e di training congiunto con le forze delle nazioni os-pitanti (host nations). Nello stesso Libano in cui siamo già storicamente presenti sottoegida ONU siamo in procinto di ampliare il nostro impegno attraverso un articolatoprogramma di supporto all’addestramento delle Lebanese Armed Forces (LAF).

    Ammiraglio, per concludere, quale ritiene siano gli scenari geostrategici nei qualile Forze Armate potrebbero trovarsi ad operare nel prossimo futuro?Oggi siamo di fronte ad uno scenario complesso e articolato, in presenza di quellache io definisco “una seconda guerra fredda”, alimentata da ambizioni nazionalistecome quelle che hanno portato alla recente crisi ucraina e dal fronteggiarsi, in Me-dioriente e in molte aree africane, delle due anime principali dell’Islam: sciiti e sun-niti sostenuti da Potenze Regionali in palese competizione. Ma ci sono anche scena-ri connessi al controllo delle risorse energetiche e delle rotte marittime e delle vieterrestri da cui queste risorse provengono, come l’Oceano Pacifico e l’Indiano, do-ve le potenze emergenti giocheranno un ruolo sempre più importante. Garantirela fruibilità delle risorse necessarie ed i flussi commerciali ed economici diretti nelMediterraneo diventerà una irrinunciabile priorità strategica nazionale. Ci trovere-mo ad affrontare situazioni di guerra asimmetrica o terroristica sempre più com-plesse e altre situazioni conflittuali o potenzialmente conflittuali ad alta e media in-tensità, in un quadro geostrategico imprevedibile e indeterminato, dove è necessa-rio possedere una capacità adeguata di risposta a rischi e minacce, esercitando an-che, ove necessario, una deterrenza militare. Ne consegue che Forze Armate italia-ne dovranno mantenersi efficienti ed efficaci per garantire un’adeguata presenza esorveglianza nelle aree di crisi, unitamente ad una capacità di cogliere anche i se-gnali più deboli per poterli analizzare ed interpretare, al fine di poter prendere lenecessarie contromisure. Per fare questo è necessario capitalizzare e non disperde-re l'esperienza maturata in questo ultimo ventennio di intense operazioni multina-zionali di stabilità e umanitarie. La NATO ha risposto a questa esigenza attraverso ilconcetto CFI (Connected Forces Initiative). Non sono più ipotizzabili interventiunilaterali, ma solo azioni congiunte. Ogni nazione dovrà fornire capacità specifi-che, interoperabili, flessibili e proiettabili, caratteristiche fondamentali per agirenell’ambito delle organizzazioni internazionali e delle alleanze delle quali le nostreForze Armate sono elemento imprescindibile. La vera sfida non è comunque quelladi essere presenti nel maggior numero possibile di aree di crisi quanto di operare inmodo sempre più multidisciplinare e coordinato a livello internazionale, dandocontinuità agli impegni che il Paese ha assunto e rispondendo, con rapidità ed effi-cacia, alle richieste d’intervento correlate all’insorgere di nuovi rischi ed al manife-starsi di minacce trans-regionali sempre più mutevoli nel tempo. In estrema sintesivorrei chiudere con una nota di sereno e consapevole ottimismo, che poggia, comeho detto in apertura, sulla tenuta morale, sulla disciplina, sulla determinazione esulla virtuosa professionalità del nostro personale, militare e civile, uomini e donne,senza distinzione. La coesione e la motivazione del personale sono le fondamentadella nostra operatività ed il miglior viatico per il nostro futuro.

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  • INFORMAZIONI DELLADIFESA • 2/201412

    LIBANO: UN PAESE ALLARICERCA DELLA PACE

    di Alessandra Mulas

  • Il Libano continua ad essere uno dei punti nevralgici del Medio Orien-te. La sua posizione geografica, a cavallo tra Siria e Israele, oggi piùche mai rende il Paese dei Cedri il polo di congiunzione tra Oriente eOccidente. Comprenderne le dinamiche aiuta a focalizzare tutta una se-rie di obiettivi legati a questa vasta regione che continua ad essere uno deicentri di interesse politico, culturale e strategico mondiale.Ho incontrato alla base di Naqoura il Generale Paolo Serra, Force Comman-

    der di Unifil dal 2012; an-cora un italiano a capodell’importante schiera-mento di forze interna-zionali composto da12mila tra uomini e don-ne di ben 37 diverse na-zioni. Un attestato di fidu-cia per l’Italia e per le no-stre Forze Armate da par-te della comunità interna-zionale. È proprio il Ge-nerale Serra a spiegarecome sia grazie alla pro-fessionalità, competenzae all’approccio compren-sivo con le istituzioni econ la popolazione loca-le, tipici del soldato italia-no, il fattore di successonel mantenimento di sta-bilità nella parte sud delLibano, al confine conIsraele. Qui la situazioneè abbastanza complicata,tra i due paesi le ostilitànon si sono mai sopitecompletamente, le forzeUNIFIL fungono da de-terrente, impegnate quo-tidianamente per garanti-re la pace. “È determinan-te il nostro ruolo all’inter-no del contesto libanese

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    Libano - Missione UNIFIL

  • e, a livello politico, il riconoscimento di imparzialità sul terreno da parte siadi Libano che di Israele. Bisogna prevenire ogni possibile scontro, l’attivitàè logorante e pericolosa ma eseguita bene da tutti i peacekeeper presenti estraordinariamente bene dagli italiani che si muovono con un grande baga-glio di capacità operative e professionali, ma anche grazie alla nostra cultu-ra riusciamo ad integrarci, farci ben volere da entrambe le parti. Ci rispetta-no perché li rispettiamo”. Il contingente italiano è composto da circa 1100tra uomini e donne di base a Shama’, poco distante da Naqoura, dove ap-punto ha sede il Sector West HQ Joint Task Force di UNIFIL. Attualmente il co-mando è affidato alla Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli”, che ha se-de a Gorizia, al quarto mandato, impegnata nell’operazione Leonte 14.120 km di uno dei confini più caldi sono costantemente monitorati, attra-verso la definizione della Blue Line, linea di demarcazione che è stata presacome punto di riferimento a seguito del ripiegamento delle Forze Armateisraeliane dal territorio libanese. L’importanza della missione, senza laquale il progetto di pace non avrebbe potuto avere successo, è racchiusanella risoluzione ONU 1701 e può essere riassunta in tre punti: monitorag-gio del cessate il fuoco, supporto all’esercito libanese affinché un giornopossa autonomamente gestire la sicurezza, assistenza alla popolazione. Co-

    INFORMAZIONI DELLADIFESA • 2/201414

    Libano - Pillar della Blue Line

  • me sappiamo, nella regione sotto controllo UNIFIL, l’incidenza della co-munità sciita raggiunge il 90% della cittadinanza, ciò determina una fortepresenza dei partiti Hezbollah e Amal, “Hezbollah – prosegue il Generale – faparte del tessuto sociale della popolazione che continua ad avere molteaspettative da parte loro. Sino al 2006 qui era presente solo Hezbollah e inquegli anni era stato in grado di esprimere tutte le potenzialità politiche esociali, di sostegno alla popolazione e di preparazione a una difesa o un at-tacco da parte militare. Poi dal 2006 la situazione è totalmente cambiata cisiamo solo noi di UNIFIL e le Forze Armate Libanesi a controllare il terri-torio e, almeno esteriormente, non vi è una presenza armata del partito diDio, non ci sono uomini in uniforme, non ci sono loro checkpoint. Le LAF(Forze Armate Libanesi) hanno oltrepassato il fiume Litani e oggi stannoproducendo uno sforzo importante e decisivo che, attraverso lo strategicdialogue, le porterà ad un livello totale di autonomia, grazie al supporto of-ferto da UNIFIL, su un piano paritetico per poter discutere di pace”.La decisione ultima dell’Unione Europea di inserire nella lista nera del ter-rorismo il braccio armato di Hezbollah arriva proprio durante la mia per-manenza in Libano; in una situazione tanto delicata tutto potrebbe cambia-re in un istante, proprio qui dove la presenza sciita è forte e consolidata. Ap-parentemente la decisione non produce alcun effetto, anche se chiaramen-te il livello di attenzione si è alzato notevolmente. Il leader politico di Hez-bollah, Hassan Nasrallah, il giorno successivo alla dichiarazione è intervenu-to direttamente in un discorso ai suoi sostenitori sostenendo che “l’Unione

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    Libano - Militari UNIFIL in movimento

  • Europea si è dimostrata debole e sottomessa alla volontà di Israele e degliStati Uniti; io mi chiedo invece perché nessuno abbia il coraggio di condan-nare i crimini che da decenni si commettono contro il popolo palestinese elibanese. Questa decisione ha sottomesso la dignità e la credibilità di questiPaesi, ed ha dato la copertura legale ad Israele per qualsiasi aggressione fu-tura contro il Libano. Io ringrazio tutti coloro che hanno scherzato sui so-cial network – aggiunge il capo della resistenza – dichiarando che adesso nonpossiamo più andare in vacanza all’estero. Noi non abbiamo ne il tempo, nei soldi per andare in giro, noi restiamo qui nel nostro Libano”. Rivolgendosipoi al suo interlocutore politico in parlamento, il movimento libanese del14 marzo, Sayyed Nasrallah aggiunge “non vogliono Hezbollah nel governo,dico che nel prossimo governo saranno proprio gli uomini dell’ala militarea farne parte”. Si perché il partito di Dio non ha una separazione internatra combattenti e politici, una invenzione questa tutta occidentale di unmovimento che ha una storia che dovrebbe essere letta cercando di non far-si condizionare dalla propria cultura di provenienza, anche perché il nume-ro di sostenitori è costantemente aumentato.Ma nella sostanza attualmente nulla è cambiato, lo status quo è saldo e an-che dagli incontri con alcuni esponenti delle istituzioni locali, quali il sin-daco del villaggio di Al Mansouri, legato ad Hezbollah, e il presidente delleMunicipalità a Tiro Abdul Mohsen Al Husseini, del partito Amal, emerge

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    Libano - Militari UNIFIL durante un posto di controllo

  • che la presenza dei caschi blu è un elemento fondamentale per il mante-nimento della stabilità e per monitorare la cessazione delle ostilità. Il pre-sidente Al Husseini, un uomo anziano dotato di grande carisma, da sem-pre amico dei nostri militari, ha addirittura voluto sottolineare che questadichiarazione non andrà ad intaccare gli ottimi rapporti stabiliti tra le duecomponenti, militari (UNIFIL) e popolazione; anzi ha voluto rimarcare lasua amicizia con il contingente italiano definendoli uomini sempre prontie disponibili alle necessità dei cittadini del Libano. “le forze di interposi-zione UNIFIL sono riuscite a garantire al paese 7 anni pace” ha dichiaratoAl Hussein “adesso bisogna lasciar sedimentare la questione, bisognaprendere tempo. Bisogna mantenere i rapporti tra l’Europa e il Libano,di amicizia e fratellanza perché il popolo vuole questo”.Appena un mese prima attraverso una mia intervista al Capo del Diparti-mento degli Affari Esteri di Hezbollah, Ali Daamoush, a Beirut il leader siera espresso favorevolmente nei confronti dell’Italia con la quale intende-va consolidare i rapporti politici e di amicizia. Sayyed Daamoush ha con-fermato anche qualche giorno fa che per il momento i rapporti con l’Eu-ropa e l’Italia non si modificheranno. Certo se si mantenesse questa lineala situazione potrebbe logorarsi, non bisogna mai dimenticare che qui an-che una piccola scintilla potrebbe scatenare un incendio.Nell’intervista Sayyed Daamoush aveva contestualizzato l’intervento in Si-ria, elemento utile a comprendere il pensiero e i meccanismi del suo par-

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    Libano - Militari UNIFIL in pattugliamento

  • tito, affermando che “inSiria non si può parlaredi primavera araba, sivuole arrivare ad una di-struzione graduale dellaRegione. Si vuole colpirela Siria per mettere final-mente a tacere la Resi-stenza. Ecco perché noisiamo dalla parte del po-polo siriano e del suoPresidente; tutti i regimihanno bisogno di rifor-me e quindi anche la Si-ria e Al-Assad si era già re-so disponibile ad attuarleprima della rivolta, manon gli hanno lasciatol’opportunità di portarlea compimento. Questaguerra sarà lunga, tantigli interessi in gioco e iprotagonisti internazio-nali. Il problema pertan-to riguarda tutti anche ipaesi occidentali perché iribelli in Siria sono deiterroristi, non sono siria-

    ni, sono loro a gestire la situazione e non la politica di opposizione. Eccoperché tutti i paesi sono in pericolo, per le possibili ripercussioni terroristi-che e se Stati Uniti e Occidente li appoggeranno dovranno poi assumersila responsabilità degli atti che questi andranno a compiere. Noi lo abbia-mo detto sin dall’inizio, vorremmo una soluzione politica della crisi per-ché non crediamo che la guerra sia la soluzione. Ma non potranno esseretollerati interventi militari esterni, e se questo dovesse accadere Hezbollahnon starà a guardare e si schiererà insieme agli altri paesi amici della Siria”.Sottolinea con voce pacata ma molto determinata Sayyed Daamoush. An-che il Responsabile Affari Esteri Ammar Moussawi, incontrato qualchegiorno dopo conferma la linea e aggiunge che “deve essere chiaro che Hez-bollah non appoggia il regime, ma difende la Siria come Stato e combatteper l’unità del suo popolo. Crediamo che alcune richieste dell’opposizio-ne siano giuste ma non è questa la vera causa della guerra. Si vuole punirela Siria perché appoggia i movimenti di Resistenza nel Medio Oriente. Bi-sogna che i governi occidentali raccontino la verità ai loro popoli; oltre 700

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    Libano - Militare UNIFIL Italiano

  • persone di altra nazionalità e anche europei combattono illegalmente inSiria, l’ha confermato anche il Ministro dell’Interno tedesco”.Ma uno dei problemi più gravi che attanaglia non solo il Libano ma l’interaregione è quella dei profughi palestinesi e gli interlocutori sottolineanocon fermezza che “senza una soluzione del problema palestinese il MedioOriente non potrà trovare pace”. In Libano il numero dei profughi palesti-nesi si avvicina al milione, su una popolazione totale di 4 milioni, rinchiusidentro i campi gestiti dalle varie autorità palestinesi. La visita di alcuni diquesti campi mi ha portato dentro una realtà difficile e dolorosa, peggiora-ta notevolmente dall’attuale diaspora siriana a causa della guerra. Uno deicampi più difficili è proprio quello di Ain El Helweh a Sayda, qui anche so-lo entrare è un problema, anche per noi giornalisti, servono vari permessia cominciare da quello dell’esercito libanese che presidia dall’esterno, aquello del responsabile regionale (Libano, Siria, Palestina, Giordania e Ci-sgiordania) dei Campi Profughi, appartenente alle Brigate dei Martiri diAl-Aqsa, Mounir Maqdah, che ci fa da guida. Ha definito le donne italianeforti e coraggiose, visto che sia all’interno che all’esterno del campo nonmancano le agitazioni, gruppi di salafiti premono per il potere. Purtroppo

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    Libano - Missione UNIFIL

  • si può solo documentare il dolore di questa valle dell’inferno che neppureDante sarebbe stato capace di descrivere; la scorta armata fa strada lungo ivicoli del campo, sembra che il mondo alle mie spalle non esista più in unattimo si è trasformato in un groviglio di vicoli polverosi e fili elettrici, di ca-se fatiscenti, dove mancano corrente elettrica, acqua potabile, viabilità, cu-re ma soprattutto i generi di prima necessità. L’unico ospedale ormai nonè più in grado di dare assistenza a causa dell’assenza di medicinali, inutilecome dire procedere ad una diagnosi quando non si può avere accesso allecure. Ma il peggio deve ancora venire, il Comandante Maqdah ci accompa-gna poi in quello che viene definito “il campo nel campo”, una tendopolitirata su tra tessuti consunti delle tende e muri di cartone, servizi igieniciche non possono essere descritti. In questo luogo risiedono i 22000 profu-ghi giunti in massima parte dai campi siriani di Yarmuk e Sbayna.I più fortunati hanno trovato qualche camera libera in quella che è statachiamata la “casa bianca” una costruzione che prima era adibita a scuolae sede di un’associazione, oggi è in grado di dare ospitalità a 3 o 4 famiglieper stanza (circa 20 persone). Fa molto caldo e dentro le tende l’aria è ir-respirabile. Qui tutti esprimono il desiderio di vedere finire questa guerrae di poter tornare in Siria, perché spiegano, “in Siria anche noi palestinesisiamo trattati con gli stessi diritti dei cittadini, avevamo un lavoro, una ca-sa e i servizi sociali, sanitari, istruzione etc. Ora qui non abbiamo neppureda mangiare per i nostri figli”. La grande dignità che contraddistinguequesto popolo, alle volte, li fa vergognare della loro miseria e ci chiedonodi non essere fotografati, ci domandano però di non essere dimenticati.Sono colpita da una donna, le rughe del suo volto sono i solchi della sof-ferenza di un intero popolo; ci racconta che la sua fuga è iniziata nel lon-tano 1948 e ancora non ha una casa. Aveva trovato dimora in Siria ma oraquesta guerra le ha levato anche quella e sollevando lo sguardo afferma“non ricordo più la mia età”. Qui gli aiuti non arrivano e se arrivano sonotroppo esigui per le necessità attuali.Negli altri campi la situazione non è diversa per esempio il campo di BurjEl Barajneh di Beirut ha le stesse problematiche. Hosni Abo Taka, Presi-dente del Comitato Popolare del Campo, descrive la situazione e sottoli-nea che per quanto riguarda la crisi siriana la posizione ufficiale dei pale-stinesi è neutrale. Anche lui dichiara che la causa palestinese ha un’im-portanza fondamentale per la soluzione di qualsiasi crisi nella regione.Per quanto riguarda gli aiuti dice che bisogna fare presto, i campi sono alcollasso; attualmente qualcosa proviene dall’UNRWA, dalla Croce RossaInternazionale e da Hezbollah. Purtroppo in Libano, al contrario di quantoavveniva in Siria, i palestinesi non hanno alcun diritto. Non possono svol-gere almeno una settantina professioni, soprattutto quelle più importanticome medico, insegnante, ingegnere, farmacista, architetto etc, insommaquelle che hanno un progresso culturale, determinando un tasso di disoc-cupazione molto elevato.

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  • Dentro i campi, e in genere per questo popolo, la vita è davvero moltocomplicata, al limite della sopportazione ed è vero che la soluzione deveessere trovata al più presto dalla comunità internazionale se si vuole met-tere fine a questa diatriba infinita in uno dei posti più belli del mondo. Ec-co perché in un contesto tanto complicato la presenza dei caschi blu, an-che se solo in una piccola parte del paese, assume una posizione di gran-de rilievo. Riprendendo le parole del Generale Serra si può meglio sinte-tizzare il concetto: “oggi UNIFIL rappresenta una forza di deterrenza, svi-luppata attraverso attività di controllo e di contatto con le parti. La nostracollaborazione si concretizza anche nella capacità di favorire il dialogo trai due paesi, che di fatto non hanno relazioni diplomatiche. Periodicamen-te ha luogo un incontro tripartito, UNIFIL, Libano e Israele a Ras Naqou-ra, anche per definire i punti esatti per posizionare i Blue Pillar, elementidi demarcazione visiva della Blue Line. I due interlocutori non si parlanodirettamente: si rivolgono a noi e noi trasmettiamo il messaggio alla con-troparte: sembra un film in bianco e nero dei tempi della Guerra Fredda”.Questo dovrebbe già essere sufficiente a spiegare la necessità di una pre-senza internazionale di così lungo periodo. Un eventuale ritiro delle forzedi interposizione potrebbe mettere a repentaglio il faticoso equilibrio si-no ad oggi costruito tra i due paesi che non possono certo definirsi amici,che non hanno mai firmato un accordo di pace, e questo è certo un ele-mento da non trascurare.

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    Libano - Militari di UNIFIL

  • INFORMAZIONI DELLADIFESA • 2/201422

    PIRELLI, STORIADI GOMME E AEREI

    di Stefania Elena Carnemolla

  • La Fondazione Pirelli di Milano ha ospitato, curata da Daniele Piro-la, che per la Fondazione si occupa di ricerca e documentazione, laretrospettiva “Pirelli, storia di gomme e aerei”, un racconto, attra-verso cimeli, fotografie, dépliant, diplomi, opuscoli e altri documentid’archivio, dei pneumatici Pirelli per aerei e velivoli civili e militari. L’oc-casione è stato il recupero, con restauro a Parabiago, di uno dei primi DC-3 della LAI-Linee Aeree Italiane, oggi esposto, con la sua culletta, come

    parte del suo patrimoniostorico, nello open spacedella Fondazione.Fra gli aerei civili congomme Pirelli si ricorda-no il Breda BZ-308 del1948 e il Fiat G212 dellaALI-Avio Linee Italiane.Nel 1958 la Pirelli invecerealizzò, prima al mon-do, su brevetto della EST-Bonmartini di Desenza-no, un pneumatico-cin-golo per aerei Piper ca-pace di favorire il rullag-gio di decollo e atterrag-gio su terreni particolar-mente aspri.Dal 1915 al 1975 i pneu-matici Pirelli affiancaro-no passo dopo passo l’Ita-lia che “spiccava il volo”.Nel “campo, di impor-tanza sempre crescente,dell’aviazione” scriverànel 1946 Alberto Pirelli,figlio del fondatore Gio-van Battista “i pneumati-ci di nostra produzionehanno potuto equipag-

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    Fiat G91Y - caccia tattico ricognitoreleggero equipaggiato con pneumaticiPirelli

  • giare con risultati pienamente soddisfacenti tutte le classi di velivoli corri-spondendo alle sempre maggiori esigenze dei costruttori, sia che si trat-tasse di ridurre al minimo l’ingombro ed il peso dei pneumatici destinatiagli apparecchi da primato o da caccia, sia che si dovessero raggiungere leelevatissime prestazioni richieste dai grossi apparecchi da trasporto e dabombardamento”1.Nel 1922 la Pirelli celebrò il suo cinquantenario e nel ricordare la sua pro-duzione nel ramo dei pneumatici e delle gomme piene con quel grandesuccesso su strada che fu il raid Pechino-Parigi del 1907 del Principe Sci-pione Borghese a bordo della ITALA 35/45 HP, non mancò di rievocare isuccessi dell’aria con il raid del Tenente Arturo Ferrarin, giunto a Tokyo,dopo più di tre mesi di volo, a bordo del suo SVA9 in legno e tela: “Tredicianni dopo, nel 1920 il Tenente Ferrarin compiva per le vie dell’aria unviaggio consimile, tracciando una scia tricolore attraverso il continente

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    1 A. Pirelli, La Pirelli, vita di una azienda industriale, Milano, 1946, p. 39.

    Rotta raid aereo Roma-Tokio del 1920

  • asiatico da Roma a Tokyo; l’apparecchio italiano era munito di nostripneumatici che durante il lungo viaggio, malgrado atterramenti aspri edavventurosi, diedero piena soddisfazione”2. È invece del 1930 il primo Gi-ro Aereo d’Italia, vinto dal Colonnello Paride Sacchi, che in un telegram-ma da Roma alla Pirelli loderà i “meravigliosi pneumatici” del suo Bre-da15S da turismo.Nel 1920 la Pirelli partecipò all’Esposizione Aeronautica di Parigi, nel1928 alla Mostra Aeronautica di Taliedo, sede di un grande aerodromo,quindi, nel 1935, al Primo Salone Internazionale Aeronautico e, nel 1952,a una Fiera dell’Aeronautica.In casa Pirelli l’amore per il volo arrivò ben prima delle gomme per veli-voli. Il 24 ottobre 1908, Alberto Pirelli, di ritorno da un viaggio d’affari aLondra, si fermò a Camp d’Avours, presso Le Mans, dove c’era WilburWright con il suo aeroplano. “Oggi feci bellissimo volo con Wright” scrive-rà in un telegramma alla famiglia “arriverò Milano lunedì mattina 6,40”.Nell’agosto del 1913 egli invece volò con Arturo Mercanti, Segretario Ge-

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    Alberto Pirelli - raid Milano Venezia 1913

    2 Pirelli & C. nel suo cinquantenario, 1872-1922, Milano, Alfieri e Lacroix, p. 84.

  • nerale del Touring Club Italiano, e il pilota Filippo Cevasco, a bordo di unmonoplano Gabardini a costruzione metallica, da Milano a Venezia, dovefu costretto a un atterraggio di fortuna sull’isola di Sant’Elena. Del suofondo fotografico fanno invece parte, come collezione “Early Aviation1908-1909”, alcuni scatti di volo di Maurice-Louis Branger, che nel 1905aveva fondato a Parigi l’agenzia Photopresse e che nel 1913 sarà uno fra i po-chi reporter a documentare la prima guerra dei Balcani contro l’ImperoOttomano.Durante la Prima Guerra Mondiale la Pirelli fu protagonista con le suegomme del Volo su Vienna della 87ª Squadriglia Serenissima, decollata il9 agosto 1918 da San Pelagio, vicino Padova, al comando del MaggioreGabriele D’Annunzio, per un lancio di volantini sulla città austriaca. Fragli scatti della retrospettiva, uno d’archivio in bianco e nero con l’SVA5,matricola 11721, del Maggiore Giordano Bruno Granzarolo, oggi nell’-Hangar Troster del Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna diValle. Un altro SVA5, quello di Gino Allegri, matricola 11777, è invece nel

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    Fiat CR 20 impiegato negli anni 30 in Africa Orientale

  • Museo Caproni di Trento, mentre l’SVA10 di Gabriele D’Annunzio, ma-tricola 12736, si trova a Gardone Riviera, presso il Vittoriale degli Italiani.Negli anni Venti la Pirelli armò con le sue gomme il monoplano da primatoad ala bassa Savoia Marchetti S64, simbolo dell’aeronautica e del progressotecnico del tempo. Progettato da Alessandro Marchetti, nell’estate del 1928il velivolo fu protagonista, con a bordo il Tenente Arturo Ferrarin e il Capi-tano Carlo Del Prete, della trasvolata Italia-Brasile, dove, atterrato su unaspiaggia, fu trasportato via mare a Rio de Janeiro e donato al Brasile.Negli anni Trenta la Pirelli equipaggiò invece il biplano Fiat CR20 impe-gnato in Africa Orientale, quindi il Savoia Marchetti SM81 Pipistrello, de-stinato, inviato da Mussolini a Francisco Franco, alla Guerra Civile spagno-la, quindi alla campagna d’Abissinia. Il Savoia Marchetti SM81 Pipistrellofu attivo anche durante la Seconda Guerra Mondiale allorquando attaccònel 1940 Port Sudan, compiendo altresì ricognizioni nel Mar Rosso.Nel 1951 la Pirelli dedicò al Colonnello Mario De Bernardi “maestro diacrobazia di alta scuola”, nonché “il più famoso e intrepido aviatore italia-no”, ora ritratto con cuffietta e occhiali da aviatore a bordo di un aereorosso e nero, il foglio di novembre del suo Calendario Sportivo.

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    Fiat G91caccia tattico leggero vincitore concorso NATO bandito nel 1954

  • Nel 1954, sulla base degli studi dello SHAPE3 sulla difesa dell’Europa oc-cidentale, la NATO bandì un concorso per la realizzazione di un aeropla-no leggero di appoggio tattico capace di decollare e atterrare su strisce er-bose o su terreni semipreparati, primo passo verso il decollo verticale. Dalconcorso uscì vittorioso il Fiat G91, caccia tattico leggero con turbogettoOrpheus B.Or.3 progettato dall’ingegner Giuseppe Gabrielli, Direttoredella Divisione Fiat Aviazione e ordinario del Politecnico di Torino4. Quilaureatosi nel 1925, nel 1926 Gabrielli aveva vinto una borsa di studio del-la Fondazione Marco Besso di Roma per il perfezionamento in Germaniapresso l’Istituto di Aerodinamica della Technische Flochschule di Aachen, al-lora diretta da Theodor von Kármán, futuro ideatore e presidente del-l’AGARD5, l’ente NATO, istituito nel 1952, per la consulenza nel campodelle ricerche aeronautiche6. Conseguito il titolo di Doktor-Ingenieur conuna monografia sulla rigidezza torsionale delle ali a sbalzo, Gabrielli tor-nò in Italia, assistente al Politecnico di Torino e in forze alla Società Piag-gio di Finale Ligure prima di essere assunto il 12 gennaio 1931 dalla Fiatcome Direttore dell’Ufficio Tecnico della Aeronautica d’Italia.Il primo prototipo del Fiat G91 decollò dall’aeroporto di Caselle, vicino To-rino, nel 1956. Collaudatore fu il pilota Riccardo Bignamini, dottore in ma-tematica, già ufficiale dell’Aeronautica Militare, e vincitore, anni prima, deltrofeo McKenna della Empire Test Pilots’ School di Farnborough. Il velivoloera stato progettato per l’attacco contro obiettivi terrestri mobili e fissi conbombe, razzi e armi di bordo, ricognizione fotografica a breve e medio rag-gio, e, grazie ai suoi pneumatici Pirelli a bassa pressione, per poter operareda qualsiasi prato o pista erbosa, con il vantaggio di poter abbandonare lepiste permanenti, costose e vulnerabili agli attacchi nemici. “Il pneumaticoper gli aerei a reazione” scriverà nel 1960 sulla Rivista Pirelli Alberto Mondi-ni, esperto di aeronautica “deve essere il risultato di accurati studi rivolti adottenere la massima leggerezza contemporaneamente alla massima robu-stezza limitando le dimensioni di ingombro ai minimi valori. I materiali diattacco devono resistere alla forza centrifuga che tende a separare il batti-strada dalla carcassa e all’impatto contro il terreno, all’atterraggio, quandola copertura inizialmente ferma deve in pochi istanti assumere una velocitàperiferica pari alla velocità del velivolo. Oltre alla resistenza alle sollecitazio-ni dinamiche si pone inoltre il problema della resistenza a temperature

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    3 Supreme Headquarters Allied Powers in Europe.4 G. Gabrielli, Una vita per l’aviazione, Milano, Bompiani, 1982, pp. 155-177.5 Advisory Group for Aeronautical Research.6 L’AGARD: la scienza al servizio della difesa, a cura del Servizio Informazioni della NATO diParigi e del Comitato Italiano Atlantico di Roma, 1954.

  • molto più alte emolto più bassedi quelle incon-trate da pneuma-tici per veicolinormali. I pneu-matici della Pirel-li, fornitrice degliequipaggiamentiper gli aerei NA-TO, hanno sem-pre soddisfattoalle prove richie-ste e fornisconoun comporta-mento d’eserci-zio assai soddisfa-cente”7. Nell’arti-colo, accanto auna immaginecon tre Fiat G91della Aeronauti-ca Militare ripresidurante il riforni-mento di carbu-rante e una con ilMacchi MB326biposto da adde-stramento ad alabassa, fu pubbli-cata una immagi-ne con il partico-lare del carrello anteriore del Fiat G91 dove si ricordava come “dimensionee pressione di gonfiamento dei pneumatici” fossero tali da “consentire al ve-livolo di operare con sicurezza su campi di fortuna”8. Anche la copertina fudedicata all’aereo NATO.Dal 23 settembre al 5 ottobre 1961 il Fiat G91, scomposto nei suoi principa-

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    7 A. Mondini, Gli italiani tornano in campo, in Rivista Pirelli, Maggio-Giugno 1960, p. 30.8 A. Mondini, Gli italiani tornano in campo, in Rivista Pirelli, Maggio-Giugno 1960, p. 30.

    Rivista Pirelli del 1960 con Fiat G91 in copertina

  • li elementi co-stitutivi, fu alle-stito dalla FiatAviazione nelpadiglione cen-trale dell’XI Sa-lone Interna-zionale di Aero-nautica di Tori-no. All’esterno,vicino all’in-gresso princi-pale, fu invececollocato, ac-canto a unSVA5 del 1917,un Fiat G91T.Il 4 novembre1961, in occa-sione dellaGiornata delleForze Armate,l’Aeronautica

    Militare organizzò alcune “mostre illustrative” nelle principali città italia-ne. La Fiat Aviazione fu presente a Torino, Bologna, Vicenza e Milano, do-ve un Fiat G91 fu esposto in un parco cittadino.Il Fiat G91 volò anche negli Stati Uniti, dove i tecnici del Laboratorio Cli-matico della base aerea di Eglin, in Florida, lo sottoposero, nel chiuso diuna apposita cella a bassi valori di temperatura, a prove di climatizzazio-ne. Il responso fu che il velivolo poteva operare anche nei climi più fred-di, tipo quelli polari.Della famiglia del Fiat G91 fece anche parte, scelto fra quelli della prese-rie, il Fiat G91 della Pattuglia Acrobatica Nazionale, cui, installato l’im-pianto fumogeno, furono tolti, a tutto vantaggio delle sue prestazioniacrobatiche, tutti gli accessori operativi come l’armamento e l’impiantofotografico.Nel 1962 la Rivista Pirelli annunciò la progettazione del caccia FiatG95/6 VTOL del nuovo concorso NATO per un caccia tattico leggero a

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    Sala retrospettiva conpneumatico

  • decollo corto o verticale “azionato da un sistema a propulsione compostafornito da turbogetti principali per la propulsione normale e da turbo-getti ausiliari per il sostentamento al decollo e all’atterraggio” nonché ca-pace di “partire e atterrare in obliquo e in verticale, anche su terreni nonpreparati”9. Il velivolo fu presentato a Roma, il 16 maggio 1962, dall’Inge-gner Giuseppe Gabrielli, presenti il Presidente della Repubblica, Anto-nio Segni, nonché autorità civili e militari, e sotto gli auspici del CentroItaliano di Studi per la Riconciliazione Internazionale, nella sede delBanco di Roma10.Nel 1967 la Rivista Pirelli diede, infine, notizia dei pneumatici Pirelli peril G91Y ora montati su un prototipo di cui veniva illustrata una immaginecon il velivolo in fase di atterraggio dopo un volo di prova: “Pneumatici Pi-relli equipaggiano il G91Y, caccia tattico-ricognitore leggero, bimotore,progettato e realizzato dalla Fiat per appoggio tattico alle truppe di terra,ricognizione armata, interdizione e ricognizione fotografica. Il velivolo èlungo m 11,78, ha un’altezza massima di m 4,42, apertura alare di 9 metri;pesa, a vuoto, kg 4300. È equipaggiato con due turbogetti General Elec-tric GE J 85/13 che forniscono una spinta totale al decollo di 8.160 libbre;raggiunge una velocità massima di Mach 0,96”11.

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    9 Rivista Pirelli, Febbraio 1962, p. 19. 10 G. Gabrielli, La presenza dell’Italia con il G95/6 nel concorso internazionale per aeroplani adecollo e atterramento verticale e corto, a cura del Banco di Roma, 1962.

    11 Rivista Pirelli, Gennaio-Febbraio 1967, p. 30.

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    UN PUNTO DI VISTASULL’EVOLUZIONE

    DELLA GUERRAdi Michele Melchionna

  • La storia dell’umanità è fatta di ostilità, combattimenti, guerre. Ilmondo continua ad essere percorso da conflitti1 al punto che l’uo-mo sembra incapace di trovare un modo pacifico di vivere. La stes-sa evoluzione del genere umano si sviluppa collateralmente a quella del-la guerra. Si tratta di due linee evolutive che spesso, nei periodi più tristi,tendono a intersecarsi inesorabilmente. Da questo punto di vista, la guer-ra non è mai scomparsa, forse è solo mutata nelle sue forme col passaredel tempo. Eppure, tornando indietro di qualche decennio, verso la fine

    del secolo scorso, l’anno1989 ha segnato le sortidi una guerra mai inizia-ta, ma vinta, alla fine, dalmondo occidentale (mo-dello capitalistico) sulblocco sovietico (sociali-smo reale). Si è quindicreduto di poter viverein un mondo nuovo, sen-za minacce. Tuttavia,l’euforia iniziale è imme-diatamente svanita conle macerie di tale guerra,come si evince dallosmembramento del-l’Unione Sovietica e del-la Jugoslavia. Ciò ha in-fluito sino al punto che siè rimpianta la rigida ar-chitettura bipolare cheaveva garantito un perio-do di pace eccezional-mente lungo. Inoltre,l’11 settembre del 2001,giorno dell’attacco alleTorri Gemelle del WorldTrade Center di New York,

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    1 Per ragioni di chiarezza/sem-plicità, nel presente testo i ter-mini “guerra” e “conflitto” ver-ranno utilizzati nella medesimaaccezione.

    Afghanistan - Militari italiani e soldati dell'Afghan National Army (ANA)

  • il mondo intero ha subito un forte shock, di rara intensità. In seguito,l’ondata dei conflitti non si è arrestata: le diverse crisi regionali, la proli-ferazione di estremismi integralisti in Medio Oriente, l’instabilità neiPaesi Africani2, la cosiddetta Primavera Araba3, nonché la rinascita di na-zionalismi strumentalizzati per espansioni territoriali4 sono solo alcuniesempi di ostilità che hanno caratterizzato gli ultimi tempi, rischiando didestabilizzare l’ordine mondiale. Sembra quasi che la guerra, ricompar-sa, abbia risvegliato antiche passioni, proprio quando si era accarezzata5la speranza di vivere in un mondo ormai pacifico, libero dal flagello dellaguerra e dal suo seguito di orrori.

    INFORMAZIONI DELLADIFESA • 2/201434

    2 Il traffico di esseri umani, con i discendenti fenomeni migratori attraverso il Mediterraneo, rap-presenta uno degli esiti più evidenti di questa instabilità.

    3 Le rivoluzioni e l’ondata di proteste che hanno attraversato i regimi arabi, in particolar modo,nel corso del 2011.

    4 La recente situazione in Ucraina, con particolare riferimento al caso della Crimea, che è stataannessa dopo un referendum alla Russia.

    5 Cfr. Kant, Emmanuel: Verso una pace perpetua, trad. da Jean-François Poirier e da FrançoiseProust, Flammarion, Parigi, 1991.

    Afghanistan - Pattugliamento appiedato presso un villaggio

  • Quindi, cosa ha contribuito a modificare il concetto di guerra? Continue-rà la guerra ad essere una costante della nostra vita? In tal caso, quali po-trebbero essere le strategie da adottare, almeno per contenerla? Per ri-spondere a questi interrogativi, si analizzerà in primo luogo il mutato qua-dro geopolitico di riferimento, osservando poi le incidenze del progressotecnologico e il ruolo giocato dai media nell’evoluzione della guerra; sifornirà altresì una prospettiva dell’ambiente operativo e delle nuove for-me di minaccia (guerra asimmetrica, terrorismo) nonché della rottura -presunta - tra Oriente ed Occidente; si concluderà quindi l’analisi eviden-ziando come la guerra non sia, di fatto, mai scomparsa e che potrebberoesistere delle condizioni per contrastarla.

    IL MUTATO QUADRO GEOPOLITICO E GIURIDICO DI RIFERIMENTOPrima di tutto si osserverà, in maniera obiettiva, che il quadro geopoliticodi riferimento è mutato e si caratterizza ora per un’elevata dinamicità de-gli elementi sociali, culturali e giuridici, sui quali poggia il sistema dellerelazioni internazionali. Esiste infatti una sola superpotenza mondialecon il suo modello economico (il libero mercato) e politico (la democra-zia), la quale esercita una supremazia che non ha mai conosciuto eguali inambito militare. Tuttavia, a livello globale, gli equilibri stanno cambiando,oltre per la riemergente Russia, anche per l’ascesa di nuove potenze (Ci-

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    Afghanistan - Key Leader Engagement

  • na, India, Brasile). Al momento questi attori non manifestano esplicita-mente volontà egemoniche, se non in casi specifici, che in genere risulta-no però riferiti ad una dimensione essenzialmente regionale.Inoltre, la crisi relativa al modello westfaliano6 dei rapporti tra gli Statinonché il più esteso potere di talune entità transnazionali quali l’ONU, laNATO, l’Unione Europea, ed il Fondo Monetario Internazionale - che sisono appropriate di parte dei poteri che sono da sempre prerogativa na-

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    Afghanistan - Elicottero da trasporto medio CH-47C. Trasporto di un mine roller

    6 Lo “Stato westfaliano” era inteso come il soggetto per antonomasia delle relazioni internaziona-li: aveva la piena sovranità sul suo territorio e sulla sua popolazione (ovvero, nessun altro entegiuridico, ad esempio un’organizzazione internazionale, poteva esercitare forme di sovranitàsullo Stato).

  • zionale7 - mettono in evidenza che il comune cittadino si identifica in mi-sura molto minore con i valori tradizionali di una Nazione, quali la patriae la bandiera. Oltre a ciò, ha ormai preso piede l’idea di un interventoumanitario al di sopra delle frontiere nazionali e del diritto di ingerenzanegli Stati in presenza di evidenti violazioni dei diritti fondamentali8. Perla prima volta nella storia si è assistito alla nascita di organismi quali laCorte Penale Internazionale ed il Tribunale Penale Internazionale per icrimini commessi nella ex-Jugoslavia, con sede all’Aia (Paesi Bassi). Dettiorganismi, de facto, hanno tolto allo Stato parte del potere che questo eser-citava sui propri soggetti. Sempre per la prima volta si afferma che - comericonosciuto dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani del 1948 -“gli individui (non soltanto gli Stati) sono sottoposti al sistema internazio-nale”, come se si volesse riprendere il pensiero formulato da Kant due se-coli fa in merito all’ideale di diritto cosmopolita e di cittadinanza univer-sale. E ancora, relativamente alla recente crisi in Ucraina, con particolareriferimento al referendum del 16 marzo 2014 - che avrebbe sancito la vo-lontà della Crimea di essere annessa alla Russia - si è assistito in manierasbalorditiva ad un evento inaspettato, che ha inciso anche nel quadro giu-ridico. Al riguardo, alcuni esperti di diritto internazionale hanno fatto unpo’ fatica a dichiarare l’illegittimità di questo evento, ancorché ci sia stataun’evidente deterrenza/forzatura russa9, palesatasi in Crimea con l’im-missione di truppe, l’invasione dello spazio aereo, il rafforzamento dellapresenza di unità navali nei porti e nel Mar Nero. Quantunque non esi-stessero i presupposti del principio di autodeterminazione dei popoli(non c’era un regime coloniale né una minoranza oppressa), si è trattatodi un chiaro “pronunciamento” di una etnia ben definita, quella russa. Edanche se, dal punto di vista politico occidentale, il “non gradimento” diquanto accaduto porterebbe a considerare l’evento illegittimo, sembraproprio il caso in cui il Diritto Internazionale, ancora una volta, sia statoderivato, ovvero condizionato, dalle motivazioni politiche delle Parti incausa. Oppure, il “costume secondo il diritto delle genti”, che già Clause-

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    7 Habermas definisce la “costellazione post-nazionale” come la logica ed inevitabile conseguenzadi un processo di disgregazione delle tradizionali forme di Stato e di Nazione. Si riferisce ad unasorta di nuova forma di politica né accentrata né gerarchizzata che, tuttavia, funziona grazie alleinterazioni tra diversi livelli (intra-nazionali, nazionali e transnazionali). Cfr. Habermas, Jür-gen: Die Postnationale Konstellation, Suhrkamp, Frankfurt, 1996, p. 135.

    8 È noto che, nella carta ONU (art. 2 § 4), il divieto di ricorrere alla forza prevede due sole ec-cezioni: il ricorso alla forza da parte del Consiglio di Sicurezza al fine di mantenere la pace edi garantire la Sicurezza Internazionale (Capitolo VII della Carta) ed il “diritto naturale” dilegittima difesa, riconosciuto agli Stati qualora siano oggetto di un’aggressione armata (art.51 della Carta).

    9 In realtà la presenza russa è sempre stata rilevante nell’Area.

  • witz citava - con una chiara allusione al diritto internazionale - comportasolo una limitazione irrilevante all’uso della violenza, appena degna dimenzione10.Come si vede, molte sono le variabili che condizionano il quadro geopoli-tico di riferimento; come si avrà modo di vedere nei paragrafi seguenti, al-tri fattori entrano in gioco nell’evoluzione del concetto di guerra.

    LE INCIDENZE DEL PROGRESSO TECNOLOGICO E L’INFLUENZA DEI MEDIANegli ultimi anni, il progresso tecnologico ha subito un’accelerazioneesponenziale che consente di immaginare una forma di guerra diversa,pressoché fantascientifica, fatta quasi esclusivamente da macchine. Oggisi parla di gestione dell’intelligence come dell’elemento-chiave di un con-flitto (Toffler11 individua, da questa angolazione, la causa di una nuova Ri-voluzione degli Affari Militari), di satelliti e di veicoli senzaequipaggio/Unmanned Aerial Vehicle (UAV)12, dotati di avanzate capacitàIntelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance (ISTAR), ingrado di condurre per prolungati periodi tempo e a notevole distanza, an-che in aree contaminate e pericolose, attività di sorveglianza, ricognizio-ne aerea e supporto al combattimento. Si tratta di uno degli aspetti ovveroun’implementazione di una macro capacità derivante dal progetto dellaForza Network Enabled Capabilities (NEC). Con tale iniziativa si intende di-gitalizzare i principali mezzi, sistemi e componenti di una unità13 ed i rela-tivi supporti, sfruttando le capacità offerte dalle nuove tecnologie dell’in-formazione e della comunicazione. Ciò allo scopo di collegare, in manie-ra diretta e immediata, ogni singolo soldato con il centro decisionale. Edancora, si parla della capacità di sferrare attacchi chirurgici, soprattuttocon le più moderne Forze aeree, ma anche con le artiglierie più sofistica-te - con una maggiore efficacia del tiro - tenendo l’uomo lontano dal cam-po di battaglia; della possibilità di paralizzare i centri di comando e con-trollo del nemico, semplicemente ad opera di una neutralizzazione elet-tronica e non più fisica.Inoltre, la presenza dei media nelle diverse operazioni militari costringe aprendere in considerazione l’aspetto mediatico quale elemento crucialedi un’operazione militare, al punto tale che la ricerca del consenso inter-no, e non soltanto esterno, diviene il primo compito da assolvere. A taleproposito, si può anche considerare l’aspetto psicologico dei media come

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    10 Cfr. Carl von Clausewitz, Della Guerra (nuova edizione a cura di Gian Enrico Rusconi), Einauditascabili, Torino, p.18.

    11 Toffler, Alvin e Heidi: War and Anti-War: Survival at the Dawn of the 21st Century, Little, Brownand Company, New York, 1993, p. 32.

    12 Ovvero Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) o droni.13 Al momento, di livello Brigata (media).

  • un insieme di tecniche che mirano ad utilizzare l’informazione qualestrumento per confondere, dissuadere, ingannare o persuadere l’opinio-ne pubblica. Secondo Panebianco14, se “la leadership politica non è forte,sarà costretta, al fine di avere sostegno per le decisioni prese, a basarsi sul-la ricerca di consensi, piuttosto che a suscitarli”. Al riguardo, occorre te-nere presente anche il fattore che reca il nome di “CNN politics” che, eli-minando l’aspetto esclusivo dell’intelligence, con la condivisione immedia-ta di quasi tutte le informazioni - un tempo detenute solo dai governanti -sovverte la razionalità delle scelte politico-strategiche. Detto fenomeno dàluogo alla scomparsa della frontiera che separa la politica interna da quel-la estera, comportando il rischio di subordinare la seconda alla prima. Alriguardo, Panebianco afferma che “le democrazie richiedono, tra i proprisoldati, un numero di morti esiguo e risultati in breve tempo”15.

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    14 Panebianco, Angelo: Democrazie in guerra in: Il Mulino, vol. 48, n° 382, Bologna, 1999, p. 211-220.15 Ibid..

    Afghanistan - Bambini ricevono aiuti umanitari da un militare italiano

  • Tutti gli aspetti sopra evocati contribuiscono a formulare un nuovo con-cetto della guerra, che Luttwak ha definito “post-eroica”16 o “a zero mor-ti”: un tipo di guerra condotta da un numero limitato di professionisti, dipersonale specializzato, con una popolazione spettatrice non reclutata elontana dalle tragiche conseguenze. Detto tipo di guerra presenta unsempre maggior numero di nuove/particolari caratteristiche nonché unasuddivisione in diverse tipologie (guerra psicologica17, cyberwar 18, etc.)

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    16 Luttwak, Edward: A Post-heroic Military Policy: the new season of bellicosity, in : Foreign Affairs, vol. 75,n° 4, New York, 1996, p. 33-44.

    17 In tale ambito, si potrebbe inserire anche la cosiddetta “guerra di parole”, citata più volte neicomunicati della BBC e di altre importati piattaforme giornalistiche in occasione della reto-rica accusatoria fra USA/potenze europee nei confronti della Russia e viceversa, nel contestodegli scontri civili nell’est dell’Ucraina (primavera 2014).

    18 Termine che indica diverse metodologie di guerra caratterizzate dall’uso di tecnologie infor-matiche, elettroniche e di telecomunicazione.

    Afghanistan - Avamposto italiano con VTLM LINCE

  • L’AMBIENTE OPERATIVO E LE NUOVE FORME DI MINACCIA(GUERRA ASIMMETRICA E TERRORISMO)Nello scenario geopolitico contemporaneo, quando si deve analizzareuna minaccia, non si può prescindere dal considerare l’ambiente operati-vo in cui essa si manifesta e in cui le operazioni militari si svilupperanno.Tale ambiente può essere definito come parte del dominio di ingaggio19e, in quanto tale, composto dall’interconnessione, in varia misura, di fat-tori politici, militari, economici, sociali, informativi, infrastrutturali e,non da ultimo, quelli culturali; questi sono gli elementi imprescindibili divalutazione nell’approccio alla condotta di campagne/operazioni milita-ri.All’interno di questo ambiente, altamente diversificato per tipologie dicomponenti che devono essere tenute in considerazione, si è compresocome la precedente concezione che contemplava esclusivamente tregrandi condizioni di riferimento (pace-crisi-guerra) sia stata superata e, dicontro, ci sia un nuovo ventaglio più ampio di situazioni che rappresenta-no al meglio le diverse sfumature degli attuali scenari operativi. Questoventaglio di opzioni è meglio conosciuto sotto il nome di temi predomi-nanti della campagna20, che si identificano come: combattimento classico,sicurezza, sostegno alla pace e attività militari in tempo di pace21. Tuttavia,la categorizzazione di un’operazione militare non deve essere interpreta-ta in senso rigido, ma la possibilità di passare da un tema predominantead un altro deve essere consentita in ogni momento della condotta del-l’operazione stessa sulla base delle valutazioni fatte dal comandante, infunzione dei mutamenti dell’ambiente operativo. Da questa riflessioneemerge l’importanza, già a partire dal livello strategico-militare, di defini-re il tema della campagna entro cui verranno condotte le operazioni mi-litari.Questa serie di valutazioni è imprescindibile in un contesto contempora-neo in cui gli attuali ambienti operativi comprendono una serie di minac-ce e rischi sempre più diversificati e imprevedibili. In merito, gli attualistudi militari convergono nel considerare che con sempre maggior proba-bilità ci si dovrà confrontare con elementi armati appartenenti ad orga-nizzazioni non-statuali, che agiscono in maniera poco prevedibile. In talequadro, possono iscriversi gli attentati dell’11 settembre, che hanno pale-

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    19 “Porzione interconnessa di ambiente di riferimento, direttamente interessato dalla crisi”,PID/S-1, La Dottrina Militare Italiana, ed. 2011.

    20 Ibidem pp. 60-63.21 L’individuazione di uno di questi temi è fondamentale in sede di pianificazione per pondera-

    re l’impiego dello strumento militare nell’operazione o campagna che si vuole affrontare.

  • sato la possibilità, per attori che disponevano di scarsi mezzi militari e tec-nici, di nuocere, provocando danni irreparabili contro la prima potenzamondiale. Si tratta di un esempio di guerra asimmetrica nell’ambito dellaquale si rifiutano le regole del gioco imposte dall’avversario, rendendo co-sì del tutto improvvise le operazioni. Ciò presuppone, nel contempo, l’uti-lizzo di forze imprevedibili (come i civili)22, contro le quali i mezzi di dife-sa non risultano appropriati (persino le armi di distruzione di massa23),l’uso di metodi che ricusano la guerra convenzionale nonché di inattesiluoghi di scontro24 con ricerca dell’effetto-sorpresa25. Tra i metodi sum-menzionati possiamo includere il terrorismo, in particolare il terrorismointernazionale. Si tratta di una variabile che entra in gioco nel difficilemomento successivo alla guerra fredda che non vede ancora ben definitoil sistema internazionale. Secondo Bonanate, “quasi mai i movimenti ter-roristici hanno considerato le proprie attività come il preciso e mirato sco-po della lotta. In effetti, gli stessi ritengono che la loro azione abbia ilcompito precipuo di sovvertire una situazione altrimenti impossibile damodificare (…)”26. In altri termini, il terrorista vuole “appiccare il fuoco”,esercitando una pressione contro alcuni Stati. Lo scopo non è quello divincerli né di conquistarli, ma di indurli ad adottare tale o tal altro com-portamento, provocando morti, panico e confusione. Occultato dall’ap-parenza ideologica o religiosa, il terrorismo ci rammenta che non abbia-mo fatto abbastanza per contrastare violenza ed ingiustizie, nonostante lastrada fosse già stata intrapresa dalla democrazia27.In tale ambito, emerge anche il concetto di Hybrid Threat 28 che, ripren-dendo i concetti espressi nelle definizioni proposte sia dagli Stati Uniti

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    22 Le ultime crisi hanno dimostrato il ruolo fondamentale della popolazione civile. Per questo mo-tivo, il successo delle operazioni di risposta alle crisi dipende soprattutto da un’accurata piani-ficazione delle attività “post-conflitto” che mirano ad ottenere il consenso della popolazione ci-vile. Cfr. Linds, Willam S. and Nightengale Col. Keith: The changing face of War: into the fourth gen-eration, in: Marine Corps Gazette, Oct./1989, pp.22-26.

    23 De facto, la politica di dissuasione nucleare sembra aver perso molta importanza. Nonostantedetta riflessione, non si può escludere la strategia nucleare: basti solo immaginare quali con-seguenze potrebbe avere il possesso, da parte dei terroristi, di armi nucleari.

    24 Gli spazi ristretti, i contesti urbani si stanno sempre più sostituendo ai grandi campi di batta-glia del passato.

    25 “L’asimmetria può essere assimilata all’arma dei poveri”. Boniface, Pascal (Direttore dell’Isti-tuto per le Ricerche Internazionali e Strategiche di Parigi): Les guerres de demain, Ed. Du Seuil,Paris, 2001, p.150.

    26 Bonanate, Luigi: Terrorismo Internazionale, Giunti, Firenze, 2001, pp. 20-21.27 Secondo Amarya Sen (Premio Nobel per l’Economia nel 1998), la democrazia tutela il popo-

    lo dall’abuso di potere e riveste un “ruolo costruttivo nel promuovere lo sviluppo”.28 “is the diverse and dynamic combination of regular forces, irregular forces, and/or criminal elements all

    unified to achieve mutually benefitting effects” U.S. ARMY , TC 7-100 . Oppure secondo la NATO:“Hybrid threats are those posed by adversaries, with the ability to simultaneously employ conventionaland non conventional means adaptively in pursuit of their objective” NATO IMSM-0292-2010.

  • che dalla NATO, sostanzialmente postula la presenza di un avversario (dimutevole matrice come organizzazioni criminali, gruppi paramilitari, ter-roristici etc.), che si contrappone alle volontà dell’Alleanza e che per farciò utilizza tutti i mezzi e le conoscenze a sua disposizione, convenzionalie non, per ottenere gli effetti desiderati.Tra le forme di minaccia più conosciute, è d’obbligo citare quella che ne-gli ultimi anni ha maggiormente attirato l’attenzione degli osservatori in-ternazionali e cioè la presenza del gruppo terroristico di al-Qaeda in Af-ghanistan. Questo gruppo rispecchia chiaramente i tratti della minacciaibrida sopra definita, poiché si confronta in modo asimmetrico contro leforze delle coalizione e privilegia come mezzo di offesa l’utilizzo deglisfortunatamente famosi IED (Improvised Explosive Device), ossia dei conge-gni non convenzionali diretti a colpire le forze contrapposte non solo nelloro dominio fisico, ma soprattutto in quello morale.Approfondendo la natura asimmetrica intrinseca alla minaccia IED emer-gono alcune caratteristiche peculiari che la contraddistinguono e cioè:- la difficoltà nella chiara individuazione dell’avversario (al-Qaeda o in-

    surgents) poiché si confonde facilmente con la popolazione locale;- una matrice culturale molto differente da quella occidentale e quindi

    le azioni perpetrate contro le forze della coalizione hanno un’imposta-zione molto difficile da valutare in termini di prevenzione, poiché

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    Afghanistan - Advance Combat Reconnaissance Team (ACRT)

  • muovono senza tenere conto di vincoli quali il Diritto Internazionaledei conflitti armati o di qualsivoglia altra limitazione;

    - utilizzo di componenti quanto più diversificati e di facile approvvigio-namento (come fertilizzanti o componenti elettroniche molto diffuse)con le quali sperimentare e realizzare ordigni sempre più complessi edevastanti in termini di effetti.

    Tutto ciò ha fatto comprendere che, così come nell’ambiente operativol’approccio alle operazioni deve essere improntato in senso olistico (il co-siddetto “Approccio Nazionale Multidimensionale”) - per stimolare lacooperazione e la condivisione di capacità29- anche il contrasto e la scon-fitta di una minaccia di siffatta complessità deve essere sviluppata in sensosistemico (lavorando come network) ossia integrando e sincronizzando tut-

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    Afghanistan - Militare italiano con bambino

    29 In tal senso, si parla anche di smart defense in ambito NATO ovvero di pooling & sharing nel qua-dro dell’Unione Europa. Filosofie queste che si basano per l’appunto sullo sviluppo comune dicapacità – specialmente quelle pregiate – e sulla loro messa in condivisione, al fine di colmare lelacune endemiche dei membri delle due organizzazioni.

  • te le azioni che vengono condotte dai vari strumenti di potere30, che inter-vengono nel dominio di ingaggio.

    LA “ROTTURA” TRA ORIENTE ED OCCIDENTENegli ambienti occidentali, così come in quelli caratterizzati dal fanatismoislamico, si torna a lanciare un’idea di “guerra santa” per forgiare l’iden-tità di una Nazione. Secondo detta idea, si giunge a dividere il mondo indiversi blocchi su una base non più ideologica, ma culturale. É l’approc-cio di Huntington31 che, nello “Scontro delle civiltà”, scrive: “In questomondo nuovo, i conflitti più vasti, più importanti e più pericolosi nonavranno luogo tra classi sociali, tra ricchi e poveri, tra gruppi definiti dacriteri economici, ma tra popoli appartenenti a diverse entità culturali(...). La violenza tra gli Stati ed i gruppi appartenenti a diverse civiltà com-porta un rischio di escalation qualora altri Stati o gruppi appartenenti adette civiltà si mettano a sostenere i propri “fratelli”.È indubbio che l’opposizione più forte si colloca tra la civiltà occidentale(che ha gli USA come guida) da un canto, e le civiltà islamica (per il mo-mento senza uno Stato-guida) e confuciana (la quale ha come Stato-guidala Cina) dall’altro. L’autore ritiene soprattutto che la civiltà occidentalemanterrà, sul piano mondiale, la propria egemonia ancora per molti an-ni. La stessa dovrà soltanto entrare in collisione con il mondo islamico (inespansione dal punto di vista demografico e particolarmente dedito allaviolenza) e con la civiltà confuciana (in espansione sul piano demograficoed economico). Questi ultimi tenteranno di reagire contro il tentativo dimondializzazione dei valori occidentali fondamentali e, nel contempo, ac-cresceranno la propria potenza militare ed economica. È, questa, una teo-ria che, per quanto condivisibile, non sempre spiega tutte le ragioni dellapresenza dei conflitti.

    VERSO UNA CONCLUSIONEDopo anni di silenzio, ecco che la guerra, nelle sue diverse forme, è tor-nata a bussare alla nostra porta, coinvolgendo e turbando lo spirito degliuomini. In questa epoca di mondializzazione e globalizzazione non esi-stono certezze assolute, neanche per i più potenti. Ahimè, la guerra nonè scomparsa dal paesaggio! È tornata, come un camaleonte che cambiacolore, adattandosi ad ogni nuovo ambiente32. Già l’implosione del-

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    30 Cap. 2, PID/S-1, La Dottrina Militare Italiana, ed. 2011.31 Huntington, Samuel P.: Le choc des civilisations, Odile, Jacob, Paris, 2007, p.20.32 ‘‘La minaccia è in grado di adattarsi e di passare da un tipo di lotta all’altro fino a quando non

    avrà esaurito la le opzioni a propria disposizione oppure la volontà di continuare a combatte-re’’. Cfr. Pubblicazione 13/A/1 - Le attività addestrative e di approntamento dei Comandi edelle unità dell’Esercito”, Stato Maggiore dell’Esercito, Ed. 2011.

  • l’URSS aveva dimostrato che il conflitto tra Oriente ed Occidente nonpoteva, da solo, spiegare le tensioni. Tuttavia, la volontà delle grandi po-tenze di non avere rivali è ormai una costante geopolitica; occorre co-munque aggiungere che il processo costitutivo del nuovo sistema inter-nazionale non è ancora giunto al termine: come si è visto, nuove entitàstanno emergendo facendo appello a mezzi diversi. È il caso di organizza-zioni quali al-Qaeda, che utilizza il terrorismo allo scopo di guadagnare ilproprio posto sulla scena internazionale. “Quando la situazione - dichia-ra Baudrillard - è dunque monopolizzata dalla potenza mondiale (…),quale altra via è possibile se non una trasposizione della situazione inchiave terroristica?”. È il sistema stesso che ha ingenerato le condizioniobiettive di tale brutale ritorsione”33.Ciononostante, come si può contrastare la strategia di un avversario invul-nerabile che utilizza il proprio sacrificio come un’arma? Il miglioramentodelle condizioni di vita nei diversi angoli del pianeta potrebbe rappresen-tare una soluzione per privare i terroristi dell’acqua in cui possono nuota-re”34. Quindi, se si concepisce l’economia come il fenomeno di una mino-ranza di persone, si riduce lo spazio del controllo democratico, dimo-strando la netta contraddizione tra globalizzati e globalizzatori. Senza fareappello ad inutili pretesti, come l’Asse del Male o lo scontro delle civiltà,la “condizionalità democratica”35 potrebbe rappresentare un’efficace stra-tegia di azione verso l’instaurarsi di una comunità planetaria pacifica, fon-data su principi di responsabilità e condivisione.Alla luce di ciò, non possiamo accontentarci di osservare la guerra dal no-stro balcone. La crisi davanti la porta - ovvero ai margini dell’area di inte-resse nazionale - attraverserà velocemente la fragile soglia che ad essa ci se-para. Non c’è altra soluzione che andare al suo contatto, prima di tutto percontenerla, successivamente per ridurla, infine per sradicare le radici dellaviolenza. Ecco perché bisogna interessarsi delle conflittualità - nelle diver-se forme che assumono, non per rivendicare aspirazioni guerrafondaie,tutt’altro, per essere capaci di realizzare le missioni al servizio degli inten-dimenti politici36. Pertanto, solo un’attività politica ed economica intelli-gente potrà ridurre i disordini che offuscano – come nuvole – il nostro

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    33 Baudrillard, Jean: L’esprit du terrorisme, Le Monde, 03 11 01.34 Bonanate, Luigi: op.cit., 2001, p.183.35 Tendenza dei Paesi democratici a condizionare la concessione di aiuti economici ai Paesi in

    via di sviluppo per l’impegno di questi ultimi a realizzare riforme politiche secondo linee didemocratizzazione e di rispetto per i diritti fondamentali dell’uomo. Cf. Coralluzzo, Valter:Globalizzazione o frammentazione? Fascicolo distribuito agli Ufficiali tirocinanti durante il Ma-ster in Strategia – Scuola di Applicazioni dell’Esercito italiano – Torino, 2003.

    36 Tra l’altro, secondo Clausewitz (op. citata) non può esservi nessuna guerra se non è chiaro apriori il fine strategico, e quindi politico, per cui essa viene intrapresa e combattuta.

  • orizzonte. Detta attività dovrà essere realizzata per mano di leader che pre-sentino nuove e specifiche attitudini e che siano in grado di trovare una te-rapia sociale ed una cultura della tolleranza, procedendo ad una esporta-zione e non ad una imposizione della democrazia. Tutto ciò, anche se – si-no ad oggi – la decisione di portare avanti una guerra è stata considerata ilcriterio prioritario per una valutazione della leadership di una Nazione37.Al fine di realizzare tutto ciò, occorrerà una grande dose di coraggio38 perdialogare con i nuovi attori della scena internazionale, contrastando la ra-pida ascesa e trasformazione delle crisi in guerra, giacché “la guerra è co-me il fuoco e, se non viene fermata, consumerà se stessa”39, con il rischiodi un’autodistruzione!

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    Afghanistan - Bersaglieri in attività di pattugliamento nel distretto di Bakwa

    37 Cfr. Woodward, Bob (autore liberale del Washington Post, noto, insieme a Carl Bernstein, per averportato alla luce lo scandalo del Watergate): La guerra di Bush, Sperling & Kupfer Ed., Milano, 2002.

    38 “La felicità scaturisce dalla libertà e la libertà dal coraggio”. Cfr. Discorso di Pericle agli Ate-niesi (461 a.c.) Thucydide, Storie, II, pp. 34-36.

    39 Cfr. Sun Tzu: L’arte della guerra (a cura di Thomas Cleary), Ubaldini Editore, Roma, 1999, p. 58.

  • INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/201448

    LA NARRATIVAA PREMESSA DELLO SVILUPPO

    DI UN’OPERAZIONEdi Marco Stoccuto

  • “È necessario affidarsi ad una narrativa ben tratteggiata per creareordine dal caos. Tuttavia in un momento così complesso come quel-lo attuale, il vecchio approccio alla narrativa non è sufficiente aspiegare la realtà, o ad aiutarci a delineare il futuro.In un mondo interconnesso e interdipendente, è necessario capire tanto le storiealtrui tanto quanto le nostre. Ecco perché emerge la necessità di Narrative Stra-tegiche, storie cioè in grado di spiegare come vogliamo realizzare il futuro nel mo-do che gli altri vorrebbero sentirselo raccontare”

    (Amy Zalman1).

    INTRODUZIONEL’idea di condurre le Operazioni sotto la di-rezione univoca di una singola linea narrati-va, che ne delinei lo sviluppo, seppur rappre-senti ancora un concetto dottrinale non suf-ficientemente ampliato e consolidato, espo-ne un’area di discussione controversa, ben-ché in fase di sempre maggior consolida-mento concettuale.La complessità dell’attuale ambiente opera-tivo è il risultato della convergenza di molte-plici fattori associati alla globalizzazione del-le informazioni, e alla loro diffusa conoscen-za, oltre che a una maggior consapevolezzadelle differenze culturali.Questa complessità consente, tra l’altro, lacopresenza di un ampio spettro di attori ingrado di influenzare, partecipare e a lorovolta essere oggetto d’influenza sia nelle fasiattive di un conflitto, sia nelle fasi antece-denti o susseguenti lo stesso. Le forze regola-ri, che si trovano a essere impiegate in opera-

    ANALISI E PIANIFICAZIONE 49

    1 Esperta di comunicazione strategica, la Dr. Zalman peroltre un decennio ha approfondito questi aspetti nel-l’ambiente degli esperti di politica estera, militare e dellacomunità dell’intelligence americano, conducendo ri-cerca e sviluppo mirati a creare un approccio di “soft po-wer” nell’ambito della politica estera americana. Attual-mente lavora quale ricercatrice e consulente presso il Na-tional War College US Army ed è membro del Councilfor Emerging National Security Affairs (CENSA).

  • zioni di gestione delle crisi o di stabilizzazione, devono confrontarsi conun complesso insieme di elementi rappresentato da: forze irregolari; an-tagonisti asimmetrici; attori politici; organizzazioni criminali; organizza-zioni governative e non; rappresentanti dei media e, non da ultimo, la po-polazione civile.Inoltre l’impiego della componente militare in aree sempre più popolate,condotto da unità sempre più piccole operanti a livello tattico, implica ri-levanti effetti strategici.L’impressionante sviluppo tecnologico dell’ultimo decennio, ha consen-tito una condivisione delle informazioni attraverso internet e vari socialmedia, tale da comprimere i concetti di spazio e tempo con un impattosconcertante sul settore delle odierne operazioni militari. I confini tra illivello tattico, operativo e strategico si sono sfumati, confondendosi l’unonell’altro.

    INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/201450

    Narrativa di ISAF

  • Ogni evento di livello tattico fornisce agli oppositori politici, così come aimedia, l’opportunità di amplificarne gli effetti per caratterizzare,